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Canto III 1.

Anche se la fuga improvvisa aveva disperso quel-


Avvegna che la subitana fuga 1 le anime per la campagna, in direzione del monte,
dispergesse color per la campagna, dove la giustizia le purifica, 4. io mi strinsi al com-
rivolti al monte ove ragion ne fruga, pagno fidato: come sarei potuto correr via senza di
i’ mi ristrinsi a la fida compagna: 4 lui? chi mi avrebbe tratto su per la montagna? 7. E-
e come sare’ io sanza lui corso? gli mi appariva punto dal rimorso [per il breve indu-
chi m’avria tratto su per la montagna? gio]: o coscienza dignitosa e limpida, come un pic-
El mi parea da sé stesso rimorso: 7 colo errore ti fa provare un amaro morso! 10. Quan-
o dignitosa coscienza e netta, do i suoi piedi lasciarono quella fretta, che toglie il
come t’è picciol fallo amaro morso! decoro ad ogni azione, la mia mente, che prima era
Quando li piedi suoi lasciar la fretta, 10 concentrata [su Casella e su Catone], 13. allargò
che l’onestade ad ogn’atto dismaga, l’attenzione al viaggio, desiderosa di cose nuove, e
la mente mia, che prima era ristretta, rivolsi gli occhi al monte che s’innalza verso il cielo
lo ‘ntento rallargò, sì come vaga, 13 più di ogni altro. 16. Il sole, che fiammeggiava rosso
e diedi ‘l viso mio incontr’al poggio dietro di noi, era interrotto davanti alla mia persona,
che ‘nverso ‘l ciel più alto si dislaga. sulla quale si appoggiavano i suoi raggi. 19. Io mi
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, 16 volsi di lato con la paura di essere abbandonato,
rotto m’era dinanzi a la figura, quando vidi la terra oscura (=l’ombra) soltanto da-
ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio. vanti a me. 22. Il mio conforto: «Perché non ti fidi
Io mi volsi dallato con paura 19 ancora?» cominciò a dire rivolgendosi a me con tut-
d’essere abbandonato, quand’io vidi ta la persona. «Non mi credi con te e che ti guidi?
solo dinanzi a me la terra oscura; 25. È già sera là dove è sepolto il mio corpo, dentro
e ‘l mio conforto: “Perché pur diffidi?”, 22 il quale io facevo ombra: è a Napoli e vi è stato tra-
a dir mi cominciò tutto rivolto; sportato da Brindisi. 28. Ora, se davanti a me non
“non credi tu me teco e ch’io ti guidi? c’è alcuna ombra, non ti meravigliare più di quanto
Vespero è già colà dov’è sepolto 25 non ti meravigli che i cieli lascino passare l’uno
lo corpo dentro al quale io facea ombra: all’altro i raggi [di luce]. 31. La virtù divina (=Dio)
Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto. dispone i corpi simili al mio a soffrire tormenti, cal-
Ora, se innanzi a me nulla s’aombra, 28 di e geli; e, come fa, non vuole che a noi sia svelato.
non ti maravigliar più che d’i cieli 34. Matto è chi spera che la nostra ragione possa
che l’uno a l’altro raggio non ingombra. percorrere interamente la via infinita che tiene [Dio,
A sofferir tormenti, caldi e geli 31 che è] una sostanza in tre persone. 37. O genti uma-
simili corpi la Virtù dispone ne, accontentatevi di sapere che le cose stanno così,
che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. perché, se aveste potuto veder tutto, non sarebbe sta-
Matto è chi spera che nostra ragione 34 to necessario che Maria partorisse Cristo. 40. Perciò
possa trascorrer la infinita via vedeste desiderare invano quei pensatori che avreb-
che tiene una sustanza in tre persone. bero voluto placare il loro desiderio [di conoscenza],
State contenti, umana gente, al quia; 37 che invece devono scontare eternamente [nel limbo]:
ché se potuto aveste veder tutto, 43. parlo di Aristotele e di Platone e di molti altri.»
mestier non era parturir Maria; Qui chinò la fronte e più non disse, venendo preso
e disiar vedeste sanza frutto 40 da turbamento. 46. Noi giungemmo intanto al piè
tai che sarebbe lor disio quetato, del monte; qui trovammo la roccia così scoscesa,
ch’etternalmente è dato lor per lutto: che invano avremmo cercato di salire. 49. Al con-
io dico d’Aristotile e di Plato 43 fronto, la costiera più deserta e più dirupata tra Lè-
e di molt’altri”; e qui chinò la fronte, rici e Turbìa è una scala agevole e larga. 52. «Ora
e più non disse, e rimase turbato. chi sa da che parte la costa è meno ripida» disse il
Noi divenimmo intanto a piè del monte; 46 mio maestro fermandosi, «così che possa salirla chi
quivi trovammo la roccia sì erta, va senz’ali?» 55. Mentre egli con il viso abbassato
che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte. rifletteva sul cammino e io guardavo in alto le pen-
Tra Lerice e Turbìa la più diserta, 49 dici del monte, 58. alla mia sinistra comparve una
la più rotta ruina è una scala, schiera d’anime, che camminavano verso di noi, ma
verso di quella, agevole e aperta. che sembravano ferme, tanto avanzavano lentamen-
“Or chi sa da qual man la costa cala”, 52 te.
disse ‘l maestro mio fermando ‘l passo,
“sì che possa salir chi va sanz’ala?”.
E mentre ch’e’ tenendo ‘l viso basso 55
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,
da man sinistra m’apparì una gente 58
d’anime, che movieno i piè ver’ noi,
e non pareva, sì venian lente.

Divina commedia. Purgatorio, a cura di P. Genesini 14


“Leva”, diss’io, “maestro, li occhi tuoi: 61 61. «O maestro» dissi, «alza gli occhi. Ecco qui chi
ecco di qua chi ne darà consiglio, ci darà consiglio, se tu non puoi averlo da te.» 64.
se tu da te medesmo aver nol puoi”. Allora egli guardò e con fare deciso rispose: «An-
Guardò allora, e con libero piglio 64 diamo in là, perché esse vengono [troppo] piano. Tu
rispuose: “Andiamo in là, ch’ei vegnon piano; intanto, o dolce figlio, conferma la speranza [che
e tu ferma la spene, dolce figlio”. troveremo la salita]». 67. Dopo un migliaio di passi
Ancora era quel popol di lontano, 67 quel popolo era ancora lontano io dico quanto un
i’ dico dopo i nostri mille passi, buon lanciatore scaglierebbe una pietra con la mano,
quanto un buon gittator trarria con mano, 70. quando si strinsero tutte alla parete rocciosa del
quando si strinser tutti ai duri massi 70 monte e rimasero ferme e strette l’una all’altra, co-
de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti me se ne sta a guardare chi è preso da dubbi. 73. «O
com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. spiriti morti in grazia di Dio, o spiriti già destinati al
“O ben finiti, o già spiriti eletti”, 73 paradiso» Virgilio incominciò, «per quella pace che,
Virgilio incominciò, “per quella pace io credo, voi tutti aspettate, 76. diteci dove la mon-
ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, tagna è meno ripida, così che sia possibile salire,
ditene dove la montagna giace 76 perché perder tempo a chi più sa più dispiace.» 79.
sì che possibil sia l’andare in suso; Come le pecorelle escono dall’ovile ad una ad una,
ché perder tempo a chi più sa più spiace”. a due a due, a tre, e le altre stanno timidette con
Come le pecorelle escon del chiuso 79 l’occhio e il muso abbassato a terra, 82. e ciò che fa
a una, a due, a tre, e l’altre stanno la prima fanno anche le altre, addossandosi a lei, se
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; si ferma, [rimanendo] semplici e tranquille, senza
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno, 82 sapere perché; 85. così io vidi allora muoversi per
addossandosi a lei, s’ella s’arresta, venire verso di noi la prima fila di quella schiera
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno; fortunata, pudìca in faccia e dignitosa nei movimen-
sì vid’io muovere a venir la testa 85 ti. 88. Le prime anime, quando videro per terra la
di quella mandra fortunata allotta, luce del sole interrotta alla mia destra, così che la
pudica in faccia e ne l’andare onesta. mia ombra si proiettava sulla parete rocciosa, 91. si
Come color dinanzi vider rotta 88 arrestarono e si ritrassero un po’ indietro. Tutte le
la luce in terra dal mio destro canto, altre, che venivano dietro, pur non sapendo il moti-
sì che l’ombra era da me a la grotta, vo, fecero altrettanto. 94. «Senza che lo domandia-
restaro, e trasser sé in dietro alquanto, 91 te, vi dico apertamente che questo che vedete è il
e tutti li altri che venieno appresso, corpo di un uomo; perciò la luce del sole è rotta per
non sappiendo ‘l perché, fenno altrettanto. terra. 97. Non meravigliàtevi, ma state ben sicuri
“Sanza vostra domanda io vi confesso 94 che soltanto con l’aiuto proveniente dal cielo egli
che questo è corpo uman che voi vedete; cerca di salire questa parete impervia.» 100. Così
per che ‘l lume del sole in terra è fesso. disse il maestro. Quella gente destinata alla beatitu-
Non vi maravigliate, ma credete 97 dine disse: «Tornate indietro e procedete davanti a
che non sanza virtù che da ciel vegna noi». E ci fece cenno con il dorso della mano. 103.
cerchi di soverchiar questa parete”. Uno di loro incominciò: «Chiunque tu sia, pur con-
Così ‘l maestro; e quella gente degna 100 tinuando il cammino, volgi lo sguardo a me, cerca di
“Tornate”, disse, “intrate innanzi dunque”, ricordare se di là mi vedesti mai». 106. Io mi volsi
coi dossi de le man faccendo insegna. verso di lui e lo guardai fisso: era biondo e bello e di
E un di loro incominciò: “Chiunque 103 gentile aspetto, ma un colpo di spada gli aveva ta-
tu se’, così andando, volgi ‘l viso: gliato uno dei cigli. 109. Quando io risposi cortese-
pon mente se di là mi vedesti unque”. mente che non l’avevo visto mai, egli disse: «Ora
Io mi volsi ver lui e guardail fiso: 106 osserva qui» e mi fece vedere una ferita in mezzo al
biondo era e bello e di gentile aspetto, petto. 112. Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi
ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. di Svevia, nipote dell’imperatrice Costanza d’Alta-
Quand’io mi fui umilmente disdetto 109 villa, perciò io ti prego, quando ritorni sulla terra,
d’averlo visto mai, el disse: “Or vedi”; 115. di andar dalla mia bella figlia, madre del re di
e mostrommi una piaga a sommo ‘l petto. Sicilia (=Federico II di Sicilia) e del re di Aragona
Poi sorridendo disse: “Io son Manfredi, 112 (=Giacomo II di Aragona) e di dirle il vero (=che io
nepote di Costanza imperadrice; sono salvo), se [nel mondo dei vivi] si dice diversa-
ond’io ti priego che, quando tu riedi, mente. 118. Dopo che ebbi il corpo ferito da due
vadi a mia bella figlia, genitrice 115 colpi mortali, io piansi le mie colpe e mi rivolsi a
de l’onor di Cicilia e d’Aragona, colui che perdona volentieri (=Dio).
e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice.
Poscia ch’io ebbi rotta la persona 118
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona.

Divina commedia. Purgatorio, a cura di P. Genesini 15


Orribil furon li peccati miei; 121 121. I miei peccati furono orribili, ma la bontà infi-
ma la bontà infinita ha sì gran braccia, nita [di Dio] è così grande, che accoglie chiunque si
che prende ciò che si rivolge a lei. rivolge ad essa. 124. Se il vescovo di Cosenza, che
Se ‘l pastor di Cosenza, che a la caccia 124 allora fu mandato a perseguitarmi dal papa Clemen-
di me fu messo per Clemente allora, te IV, avesse ben considerato questo aspetto di Dio
avesse in Dio ben letta questa faccia, (=la misericordia), 127. le ossa del mio corpo sareb-
l’ossa del corpo mio sarieno ancora 127 bero ancora in capo al ponte presso Benevento, sotto
in co del ponte presso a Benevento, la custodia di un pesante mucchio di sassi. 130. Ora
sotto la guardia de la grave mora. le bagna la pioggia e le muove il vento fuori del re-
Or le bagna la pioggia e move il vento 130 gno di Napoli, quasi lungo il Verde (=il fiume Gari-
di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde, gliano), dove egli le fece trasportare a lume spento.
dov’e’ le trasmutò a lume spento. 133. Per le scomuniche del papa e dei vescovi
Per lor maladizion sì non si perde, 133 l’amore eterno non si può perdere a tal punto che
che non possa tornar, l’etterno amore, non possa tornare, finché c’è un filo di speranza.
mentre che la speranza ha fior del verde. 136. È vero che chi muore in contumacia di santa
Vero è che quale in contumacia more 136 Chiesa, anche se in fin di vita si pente, deve rimane-
di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta, re escluso dal monte 139. trenta volte il periodo di
star li convien da questa ripa in fore, tempo in cui è rimasto nella sua ostinata superbia, se
per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, 139 tale tempo, stabilito dalla legge divina, non viene
in sua presunzion, se tal decreto accorciato dalle buone preghiere (=quelle di coloro
più corto per buon prieghi non diventa. che sono in grazia di Dio). 142. Vedi ora se tu mi
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, 142 puoi far contento, rivelando alla mia buona Costan-
revelando a la mia buona Costanza za che mi hai visto salvo ed anche [che devo sotto-
come m’hai visto, e anco esto divieto; stare a] questo divieto, 145. perché qui si avanza
ché qui per quei di là molto s’avanza”. 145 molto [nell’espiazione della pena] grazie alle pre-
ghiere dei vivi».

I personaggi ormai sperimentata sia agli inizi sia alla fine dei
Manfredi di Svevia (1231ca.-1266) è figlio naturale canti. Il passaggio da una parte all’altra è veloce
di Federico II di Svevia (1194-1250). Alla morte ed improvviso. Peraltro la rapidità – le «poche paro-
del padre continua l’opera di consolidamento del le», il carattere sintetico di ogni passo, la «densità
regno. Nel 1258 cinge la corona del regno di Sicilia, dei versi» – è una costante dell’opera.
del ducato di Puglia e del principato di Capua. In tal 1.1. L’inizio è il rimorso che Virgilio prova per
modo prevarica i diritti del nipote Corradino (1251- l’indugio provocato dal fascino del canto di Casella,
1268) e soprattutto va contro i divieti della Chiesa, che aveva colpito anche le anime appena giunte dal-
che vantava diritti di derivazione feudale sul suo re- le foci del Tevere. Il rimorso è ingiustificato (né lui
gno. La Chiesa reagisce con numerose scomuniche, né Dante sono sotto la giurisdizione di Minosse, egli
ma egli continua l’opera di consolidamento dello proviene dal limbo, Dante è ancora vivo). Ciò non
Stato. Il suo potere aumenta con la vittoria ghibelli- ostante si sente rimproverato, perché ha una co-
na di Montaperti (1260). Muore nella battaglia di scienza sensibile al bene e al male e perché ha effet-
Benevento (1266), combattendo valorosamente con- tivamente indugiato. Altrove inviterà il poeta ad ac-
tro Carlo I d’Angiò, che era stato chiamato in Italia celerare il cammino (Pg IV, 136-139). Il poeta ri-
dal papa Clemente IV. Nel 1268 con la decapitazio- prende un motivo già trattato in precedenza: la ca-
ne di Corradino, sconfitto a Tagliacozzo dallo stesso pacità della cultura di manipolare la ragione e i sen-
Carlo I d’Angiò, termina la casa di Svevia. si. Il riferimento va inevitabilmente a Francesca da
Costanza d’Altavilla (1154-1198) è figlia di Rug- Polenta che si abbandona all’amore di Paolo Mala-
gero II di Sicilia. Nel 1186 sposa l’imperatore Enri- testa: proprio la cultura fa scoprire a lui la bellezza
co VI di Svevia. È madre di Federico II (1194- fisica di lei e il piacere che lei gli può dare; e a lei
1250), il quale è padre di Manfredi. Dante la collo- le stesse cose (If V, 118-138). Il poeta riserva alle
ca tra gli spiriti inadempienti dei voti (Pd III, 109- donne depravate – Mirra, la moglie di Putifarre,
120). Raab – l’iniziativa sessuale verso gli uomini.
Lèrici e Turbìa sono due località particolarmente 1.2. Il primo argomento è costituito da una questione
scoscese della Riviera ligure, la prima vicina a La teologica molto grave: i raggi del sole non fanno al-
Spezia, la seconda vicina a Nizza. cuna ombra quando attraversano il corpo di Virgilio,
perciò la ragione si deve accontentare di quel che
Commento vede, perché non può capire tutto, non può capire le
1. Il canto ha una struttura ormai consolidata: un ini- verità di fede. Se potesse capire tutto, non era neces-
zio, un primo argomento, quindi la parte centrale, sario che Cristo venisse sulla terra e si facesse croci-
cioè quella più importante. Le tre parti sono tra loro figgere. Il poeta riesce a trattare il problema dei li-
fortemente in contrasto per il contenuto e per le e- miti della ragione umana in poche parole e in ma-
mozioni e le reazioni che provocano nei protagonisti niera chiara ed efficace. Il lettore memorizza subito
e nel lettore. La prima parte poi collega il canto con la formulazione: «Matto è chi spera...» (v. 34).
il canto precedente. È l’«aggancio», una tecnica
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1.3. Il secondo ed ultimo argomento – il tema cen- o meno estesi, che la delimitano e la distinguono
trale del canto – è costituito da quattro motivi asso- dalla altre cose, altrimenti non esisterebbe. Il pro-
ciati e sovrapposti: a) la descrizione dell’aspetto fi- blema dei limiti quindi va posto in questi termini,
sico di Manfredi di Svevia, figlio illegittimo e di dove sono questi limiti, fin dove si estendono, che
fatto imperatore; b) la storia della vita peccaminosa cosa includono e che cosa escludono. Se si dovesse
di Manfredi; c) la dimenticanza del vescovo di Co- quantificare, si potrebbe dire che l’ambito della ra-
senza; e d) l’infinita misericordia di Dio, che è di- gione è estesissimo, perché riguarda tutto l’universo;
sposto a perdonare anche nell’ultimo istante di vita. quello della fede ristrettissimo, perché riguarda non
1.4. Il canto è efficace proprio per le parti tra loro in più di una dozzina di verità di fede. Insomma la fe-
forte contrasto e per la quadruplice sovrapposizione de, per quanto sia importante, è soltanto la punta di
che si verifica nella parte centrale, quella in cui il un iceberg.
personaggio racconta la sua storia. In tal modo il po- 3.2. Unita alla rivelazione, che si trova nelle Sacre
eta – alla fine e per bocca del testimonial – può in- scritture, la ragione poi può invadere l’ambito della
vitare i vivi a pregare per i morti e a farlo in grazia fede e costruire la teologia razionale. Essa diventa
di Dio (altrimenti le preghiere non sono efficaci; ciò impotente soltanto quando l’uomo deve abbando-
comporta che essi devono prima mettersi in grazia di narsi alla fede mistica: alla fine del viaggio Beatrice
Dio). Nello stesso tempo egli riesce a collocare nella lascia Dante e cede il posto a san Bernardo, simbolo
giusta prospettiva – né troppa né troppo poca impor- della fede mistica (Pd XXX). Soltanto davanti a Dio
tanza – le scomuniche comminate dalla Chiesa. la ragione e le parole umane sono impotenti. Ma in-
2. Virgilio, simbolo della ragione, ribadisce più vol- terviene lo stesso Dio a farsi conoscere dal poeta.
te i limiti della conoscenza umana (vv. 34-45). 3.3. Dante pone dei limiti alla ragione umana, ma
Questo canto ne presenta la formulazione più pre- poi non si rassegna e se ne infischia di ciò che egli
gnante. Nel purgatorio Virgilio si trova in difficoltà stesso ha detto. In Pg XXV egli propone la teoria
a individuare la retta via, perciò chiede numerose del corpo umbratile, elaborata in analogia alla for-
volte la strada alle anime che i due poeti incontrano. mazione del corpo fisico nel grembo di una donna.
L’esempio più intenso dei limiti della ragione uma- 3.4. Ma la ragione umana ha per lo meno due aspet-
na è costituito dall’episodio di Ulisse: l’eroe greco ti, indicati da due figure: Ulisse (If XXVI) e Guido
sacrifica gli affetti familiari (non aveva mai visto il da Montefeltro (If XXVII). Ulisse dimentica il fi-
figlio Telèmaco), per dimostrare il suo valore e per glio, il padre e la moglie per andare a conoscere il
conseguire la conoscenza. Ma davanti alle spiagge mondo disabitato. Guido si imbroglia da solo con il
del purgatorio un turbine pone fine alla sua impresa suo ragionamento. I due personaggi in vita (il secon-
e affonda la nave, lui ed i suoi compagni (If XXVI, do anche in morte e dopo la morte) hanno praticato
85-142). la ragione fraudolenta. E con successo (grazie all’in-
3. La ragione medioevale è limitata, ma non si deve ganno del cavallo il primo rese possibile ai greci la
fraintendere sui limiti, come sempre e in malafede si conquista di Troia; grazie ad inganni e ad astuzie il
è fatto: i limiti non sono ad un palmo di naso dalla secondo s’impose in tutta l’Europa), ma ora sono
ragione, riguardano soltanto la comprensione delle puniti nel girone dei fraudolenti. Guido però ha fatto
verità di fede. Soltanto le verità di fede sono esclu- anche qualcos’altro: con la ragione ha fatto un ra-
de alla comprensione della ragione. Per il resto essa gionamento campato per aria, cioè sbagliato. La ra-
si dispiega in tutto l’universo. E non è poco. La ra- gione umana non è infallibile, può sbagliare.
gione illuministica invece, al di là delle affermazio- 4. Manfredi di Svevia è presentato con una delle più
ni, è radicalmente limitata. È soltanto la ragione in- potenti descrizioni della Divina commedia: «Bion-
ventata dalla borghesia francese per chiedere rifor- do era e bello e di gentile aspetto, Ma l’un de’ cigli
me sociali e per scalzare i privilegi della nobiltà e un colpo [di spada] aveva diviso» (vv. 107-108).
del clero. Tutto questo è giusto, perché ogni classe Dante gli attribuisce i caratteri fisici che aveva: i
fa o deve fare i suoi interessi. Ed essa li fa in parti- capelli biondi dei germani e la gentilezza, legata al-
colar modo accusando di oscurantismo e di supersti- la sua ricchezza e alla sua nobiltà. La ferità al ciglio
zione il Medio Evo, il periodo a cui risalivano i tito- dimostra anche il suo coraggio sul campo di batta-
li nobiliari. Una volta ottenuti questi risultati, sareb- glia. Com’è noto, alla corte palermitana di Federico
be ritornata a dormire. Ma essa è semplicemente una II di Svevia sorge la Scuola siciliana (1230-60ca.), i
ragione strumentale e perciò ha il respiro corto, tan- cui maggiori esponenti sono Giacomo da Lentini,
to che è sconfitta, non ottiene le riforme, ed è co- Giacomino Pugliese, Pier delle Vigne e lo stesso so-
stretta a ricorrere alla violenza per affermarsi vrano. Le corti del tempo erano luoghi di cultura.
(1789). Dopo la Rivoluzione francese essa diventa Continueranno ad esserlo pure nei secoli successivi,
la ragione positivistica, che adora i fatti e si vanta anche se acquista sempre più importanza la cultura
dei risultati delle scienze. È ancora al servizio della prodotta nelle università e quella elaborata in città.
borghesia e contrabbanda come universali ed eterni i 5. Per bocca di Manfredi Dante media due tesi con-
valori della borghesia... trapposte: a) la volontà di Dio è superiore alle deci-
3.1. La parola limite va intesa in modo corretto. Si- sioni del papa; e b) quel che il papa lega sulla terra,
gnifica confine. Ed ogni cosa è limitata e delimitata sarà legato anche nei cieli. Egli sostiene che la cle-
da confini. Limite quindi non significa qualcosa di menza di Dio è infinita, perciò l’uomo può sempre
ristretto o di limitato nell’accezione moderna della sperare di salvarsi; tuttavia le pene che il papa ha
parola. E, ovviamente, ogni cosa ha dei confini, più comminato sulla terra vanno in ogni caso espiate
Divina commedia. Purgatorio, a cura di P. Genesini 17
nell’al di là (Possono peraltro essere abbreviate dal- fisicalistico fallisce: l’Enciclopedia delle scienza
le preghiere dei vivi). Una soluzione molto equili- unificate (Chicago, 1929) viene presto interrotta,
brata, che non toglie potere al papa ma che non gli poiché le difficoltà a cui va incontro risultano in-
attribuisce nemmeno un potere uguale a quello di sormontabili. Un po’ di conoscenza storica avrebbe
Dio. Il che sarebbe stato effettivamente eccessivo. evitato di intraprendere una via che era già stata e-
5.1. Il canto insiste sulla misericordia di Dio, che è sclusa da 600 anni perché impraticabile in quanto
infinita, e poi sul fatto che il papa e i vescovi se ne semplicistica.
sono dimenticati, ma che non possono in nessun caso 7. Il canto finisce sottolineando l’importanza delle
annullarla con le scomuniche. Anche nei canti suc- preghiere dei vivi nell’abbreviare le pene delle ani-
cessivi il poeta insiste sulla misericordia di Dio, su me purganti. In Pg XI, 31-33, si sottolinea l’im-
un pentimento sincero e sulla capacità che le pre- portanza delle preghiere delle anime purganti a fa-
ghiere hanno di ridurre la pena alle anime del pur- vore dei vivi. Nelle società tradizionali era intensis-
gatorio. simo il rapporto tra i vivi ed i morti, perché la soli-
6. Virgilio afferma che, più si sale la montagna del darietà e la collaborazione erano gli unici modi per
purgatorio, più la salita diventa agevole (vv. 91-93). superare la debolezza dell’uomo nei confronti della
La tesi sembra una licenza poetica, poiché in monta- natura. L’uomo era indifeso contro il grande tempo-
gna più si sale, più si fa fatica. Se non altro perché rale come contro il piccolo, contro la peste come
la fatica si accumula. Vale però la pena di tenere contro una piccola influenza. E la morte era la com-
presenti due cose. La prima è la teoria dei luoghi pagna di ogni giorno della vita. La Chiesa estende la
naturali. In base a questa teoria ogni cosa tende al solidarietà anche ai morti e dai morti ai vivi me-
suo luogo naturale: i corpi pesanti verso il basso, il diante le preghiere.
fuoco verso l’alto. E l’esperienza conferma la corret- 8. Il canto contiene una delle sentenze più significa-
tezza di questa teoria. La seconda è che il Medio tive della Divina commedia: «’l perder tempo a chi
Evo vede la realtà in modo completamente diverso e più sa più dispiace» (v. 78). La poesia di Dante è
con categorie mentali completamente diverse dalle estremamente articolata: si dispiega anche nella cul-
nostre. Tra il cielo e la terra c’era un via vai di an- tura sapienziale dei proverbi e della vita quotidiana.
geli, tra l’inferno e la terra un via vai di demoni. 9. Dante ritiene che l’Impero debba essere garanzia
Dio era vicino e interveniva con la Provvidenza nel- di pace e di giustizia, ma vede che un papa suscita
la storia umana. Tutto mostrava la presenza della un sovrano (Carlo I d’Angiò) contro l’imperatore
Trinità divina. Il Medio Evo è troppo vicino a noi e (Manfredi prima, Corradino poi) e che l’imperatore
noi siamo troppo immersi ancora nella sua cultura, è sconfitto e ucciso. Vede anche l’inerzia degli im-
per poterlo capire. Il riferimento alla religione greca peratori tedeschi del suo tempo (Pg VI, 97-117) e le
potrebbe essere più esplicativo. Per i greci le storie continue lotte tra guelfi e ghibellini (Pd VI, 97-
mitologiche costituivano una effettiva spiegazione 111). E condanna.
della realtà. Noi oggi le consideriamo discorsi in- 10. In Pg III, 79-84, le anime sono paragonate a pe-
ventati e inverosimili, applicando anacronisticamen- corelle che escono dall’ovile. Le metafore che fanno
te ad essi il nostro concetto di realtà e di spiegazio- riferimento ad animali sono particolarmente diffuse
ne. Invece noi dovremmo avvicinarci ai miti in mo- nel poema.
do tale da sentirli effettiva spiegazione della realtà; 11. Il canto, come tanti altri, può essere considerato
per di più essi erano facili da ricordare e alla portata un esempio di analisi complessa di problemi com-
di tutti. Le altre spiegazioni, quelle che saranno det- plessi. Sono coinvolti il credente peccatore, la Chie-
te scientifiche, compariranno soltanto in séguito e sa, Dio, la misericordia di Dio, la dimenticanza del
molti secoli dopo. Erano impensabili e inimmagina- vescovo di Cosenza e di molti ecclesiastici, il rap-
bili. Non si deve poi dimenticare che la fisica mo- porto tra i vivi e i morti (e viceversa). Il poeta riesce
derna, quella di G. Galilei (1564-1642), non poteva ad essere chiaro, didattico e persuasivo: tutte le va-
nascere se non ci fossero stati i fisici parigini e la lo- riabile sono state considerate e giustamente valutate
ro teoria dell’impeto. Si potrebbe anche ricordare nell’elaborazione delle risposte. E le risposte sono
che in nessun’epoca storica la logica ha avuto uno soddisfacenti per tutti gli interessati.
sviluppo come nel Medio Evo…
6.1. La differenza maggiore tra Età contemporanea e La struttura del canto è semplice: 1) Virgilio spie-
Medio Evo è la concezione della realtà. E quella ga a Dante che Dio dispone i corpi delle anime a
medioevale, più corretta e più adeguata, è incentrata soffrire le punizioni, ma non permette che la ragione
sull’idea che il mondo sia complesso e che servano umana capisca come ciò possa succedere; 2) i due
strumenti concettuali molto complessi per cono- poeti incontrano una schiera di anime, una di esse si
scerlo. Il linguaggio si può usare in quattro modi di- presenta e racconta la sua storia; 3) è Manfredi di
versi: letterale, allegorico, anagogico, morale. Ma Svevia, che si lamenta perché il vescovo di Cosenza
non ci si deve meravigliare se talvolta il linguaggio ha dissepolto il suo corpo e lo ha portato fuori del
è inadeguato ad esprimere la realtà. Il mondo con- regno di Napoli; 4) non lo avrebbe fatto, se avesse
temporaneo scopre con estrema difficoltà la com- ricordato che Dio è sempre misericordioso: 5) le
plessità del mondo reale e l’impossibilità di una co- scomuniche del papa e dei vescovi non possono im-
noscenza semplice e chiara, che unisca un termine, il pedire di ritornare a Dio e di ottenere il suo perdo-
significante, alla cosa designata, il significato. Il no; perciò 6) il poeta può riferire sulla terra che egli
tentativo neoempiristico di costruire un linguaggio è salvo.
Divina commedia. Purgatorio, a cura di P. Genesini 18

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