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DANTE · COMMEDIA «O qual che se’ che ’l di su tien di sotto, Né Pier né li altri tolsero a Mattia

INFERNO, XIX anima trista come pal commessa», oro od argento, quando fu sortito
comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto». 48 al luogo che perdé l’anima ria. 96
O Simon mago, o miseri seguaci Io stava come ’l frate che confessa Però ti sta, ché tu se’ ben punito;
che le cose di Dio, che di bontate lo perfido assessin, che poi ch’è fitto, e guarda ben la mal tolta moneta
deon essere spose, voi rapaci 3 richiama lui, per che la morte cessa. 51 ch’esser ti fece contra Carlo ardito. 99
per oro e per argento avolterate; Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto, E se non fosse ch’ancor lo mi vieta
or convien che per voi suoni la tromba, se’ tu già costì ritto, Bonifazio? la reverenza delle somme chiavi
però che nella terza bolgia state. 6 Di parecchi anni mi mentì lo scritto. 54 che tu tenesti nella vita lieta, 102
Già eravamo, alla seguente tomba, Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio io userei parole ancor più gravi;
montati dello scoglio in quella parte per lo qual non temesti torre a ’nganno ché la vostra avarizia il mondo attrista,
ch’a punto sovra mezzo il fosso piomba. 9 la bella donna, e poi di farne strazio?» 57 calcando i buoni e sollevando i pravi. 105
O somma sapïenza, quanta è l’arte Tal mi fec’io, quai son color che stanno, Di voi pastor s’accorse il Vangelista,
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, per non intender ciò ch’è lor risposto, quando colei che siede sopra l’acque
e quanto giusto tua virtù comparte! 12 quasi scornati, e risponder non sanno. 60 puttaneggiar coi regi a lui fu vista; 108
Io vidi per le coste e per lo fondo Allor Virgilio disse: «Dilli tosto: quella che con le sette teste nacque,
piena la pietra livida di fori, ‘Non son colui, non son colui che credi’»; e dalle diece corna ebbe argomento,
d’un largo tutti e ciascun era tondo. 15 e io rispuosi come a me fu imposto. 63 fin che virtute al suo marito piacque. 111
Non mi parean men ampi né maggiori Per che lo spirto tutti storse i piedi; Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento:
che que’ che son nel mio bel San Giovanni, poi, sospirando e con voce di pianto, e che altro è da voi all’idolatre,
fatti per luogo di battezzatori; 18 mi disse: «Dunque che a me richiedi? 66 se non ch’elli uno, e voi ne orate cento? 114
l’un delli quali, ancor non è molt’anni, Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto, Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
rupp’io per un che dentro v’annegava: che tu abbi però la ripa corsa, non la tua conversion, ma quella dote
e questo sia suggel ch’ogn’uomo sganni. 21 sappi ch’i’ fui vestito del gran manto; 69 che da te prese il primo ricco patre!» 117
Fuor della bocca a ciascun soperchiava e veramente fui figliuol dell’orsa E mentr’io li cantava cotai note,
d’un peccator li piedi e delle gambe cupido sì per avanzar li orsatti, o ira o coscienza che ’l mordesse,
infino al grosso, e l’altro dentro stava. 24 che su l’avere, e qui me misi in borsa. 72 forte spingava con ambo le piote. 120
Le piante erano a tutti accese intrambe; Di sotto al capo mio son li altri tratti I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,
per che sì forte guizzavan le giunte, che precedetter me simoneggiando, con sì contenta labbia sempre attese
che spezzate averien ritorte e strambe. 27 per le fessure della pietra piatti. 75 lo suon delle parole vere espresse. 123
Qual suole il fiammeggiar delle cose unte Là giù cascherò io altressì quando Però con ambo le braccia mi prese:
muoversi pur su per la strema buccia, verrà colui ch’i’ credea che tu fossi e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,
tal era lì dai calcagni alle punte. 30 allor ch’i’ feci ’l subito dimando. 78 rimontò per la via onde discese. 126
«Chi è colui, maestro, che si cruccia Ma più è ’l tempo già che i piè mi cossi Né si stancò d’avermi a sé distretto,
guizzando più che li altri suoi consorti» e ch’io son stato così sottosopra, sì men portò sovra ’l colmo dell’arco
diss’io, «e cui più roggia fiamma succia?» 33 ch’el non starà piantato coi piè rossi: 81 che dal quarto al quinto argine è tragetto. 129
Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti ché dopo lui verrà di più laida opra Quivi soavemente spuose il carco,
là giù per quella ripa che più giace, di ver ponente un pastor sanza legge, soave per lo scoglio sconcio ed erto
da lui saprai di sé e de’ suoi torti». 36 tal che convien che lui e me ricopra. 84 che sarebbe a le capre duro varco.
Ed io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace: Nuovo Iasòn sarà, di cui si legge Indi un altro vallon mi fu scoperto. 133
tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto ne’ Maccabei; e come a quel fu molle
dal tuo volere, e sai quel che si tace». 39 suo re, così fia lui chi Francia regge». 87
Allor venimmo in su l’argine quarto: I’ non so s’i’ mi fui qui troppo folle,
volgemmo e discendemmo a mano stanca ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:
là giù nel fondo foracchiato e arto. 42 «Deh, or mi di’: quanto tesoro volle 90
Lo buon maestro ancor della sua anca Nostro Segnore in prima da san Pietro
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto ch’ei ponesse le chiavi in sua balia?
di quel che sì piangeva con la zanca. 45 Certo non chiese se non ’Viemmi retro’. 93

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