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DANTE · COMMEDIA E come i gru van cantando lor lai, Di quel che udire e che parlar vi piace,

INFERNO, V faccendo in aere di sé lunga riga, noi udiremo e parleremo a vui,


così vidi venir, traendo guai, 48 mentre che ’l vento, come fa, ci tace. 96
Così discesi del cerchio primaio ombre portate dalla detta briga: Siede la terra dove nata fui
giù nel secondo, che men loco cinghia, per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle su la marina dove ’l Po discende
e tanto più dolor, che punge a guaio. 3 genti che l’aura nera sì gastiga?» 51 per aver pace co’ seguaci sui. 99
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: «La prima di color di cui novelle Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
essamina le colpe nell’entrata; tu vuo’ saper» mi disse quelli allotta, prese costui della bella persona
giudica e manda secondo ch’avvinghia. 6 «fu imperadrice di molte favelle. 54 che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. 102
Dico che quando l’anima mal nata A vizio di lussuria fu sì rotta, Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
li vien dinanzi, tutta si confessa; che libito fe’ licito in sua legge mi prese del costui piacer sì forte,
e quel conoscitor delle peccata 9 per tòrre il biasmo in che era condotta. 57 che, come vedi, ancor non m’abbandona. 105
vede qual luogo d’inferno è da essa; Ell’è Semiramis, di cui si legge Amor condusse noi ad una morte:
cignesi con la coda tante volte che succedette a Nino e fu sua sposa: Caina attende chi a vita ci spense».
quantunque gradi vuol che giù sia messa. 12 tenne la terra che ’l Soldan corregge. 60 Queste parole da lor ci fur porte. 108
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: L’altra è colei che s’ancise amorosa, Quand’io intesi quell’anime offense,
vanno a vicenda ciascuna al giudizio; e ruppe fede al cener di Sicheo; china’ il viso, e tanto il tenni basso,
dicono e odono, e poi son giù volte. 15 poi è Cleopatràs lussurïosa. 63 fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?» 111
«O tu che vieni al doloroso ospizio», Elena vedi, per cui tanto reo Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
disse Minòs a me quando mi vide, tempo si volse, e vedi il grande Achille, quanti dolci pensier, quanto disio
lasciando l’atto di cotanto offizio, 18 che con amore al fine combattéo. 66 menò costoro al doloroso passo!» 114
«guarda com’entri e di cui tu ti fide: Vedi Paris, Tristano»; e più di mille Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
non t’inganni l’ampiezza dell’entrare!…» ombre mostrommi, e nominommi, a dito e cominciai: «Francesca, i tuoi martiri
E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride? 21 ch’amor di nostra vita dipartille. 69 a lacrimar mi fanno tristo e pio. 117
Non impedir lo suo fatale andare: Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito Ma dimmi: al tempo de’ dolci sospiri,
vuolsi così colà dove si puote nomar le donne antiche e’ cavalieri, a che e come concedette amore
ciò che si vuole, e più non dimandare». 24 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. 72 che conosceste i dubbiosi disiri?» 120
Ora incomincian le dolenti note I’ cominciai: «Poeta, volontieri E quella a me: «Nessun maggior dolore
a farmisi sentire; or son venuto parlerei a quei due che ’nsieme vanno, che ricordarsi del tempo felice
là dove molto pianto mi percote. 27 e paion sì al vento esser leggieri». 75 nella miseria; e ciò sa ’l tuo dottore. 123
Io venni in luogo d’ogni luce muto, Ed elli a me: «Vedrai quando saranno Ma s’a conoscer la prima radice
che mugghia come fa mar per tempesta, più presso a noi; e tu allor li priega del nostro amor tu hai cotanto affetto,
se da contrari venti è combattuto. 30 per quello amor che i mena, ed ei verranno». 78 dirò come colui che piange e dice. 126
La bufera infernal, che mai non resta, Sì tosto come il vento a noi li piega, Noi leggiavamo un giorno per diletto
mena li spirti con la sua rapina: mossi la voce: «O anime affannate, di Lancialotto come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto. 129
voltando e percotendo li molesta. 33 venite a noi parlar, s’altri nol niega!» 81
Per più fïate li occhi ci sospinse
Quando giungon davanti alla ruina, Quali colombe, dal disio chiamate, quella lettura, e scolorocci il viso;
quivi le strida, il compianto, il lamento; con l’ali alzate e ferme al dolce nido ma solo un punto fu quel che ci vinse. 132
bestemmian quivi la virtù divina. 36 vegnon per l’aere dal voler portate; 84 Quando leggemmo il disïato riso
Intesi ch’a così fatto tormento cotali uscir della schiera ov’è Dido, esser baciato da cotanto amante,
enno dannati i peccator carnali, a noi venendo per l’aere maligno, questi, che mai da me non fia diviso, 135
che la ragion sommettono al talento. 39 sì forte fu l’affettüoso grido. 87 la bocca mi baciò tutto tremante.
E come li stornei ne portan l’ali «O animal grazïoso e benigno Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
nel freddo tempo a schiera larga e piena, che visitando vai per l’aere perso quel giorno più non vi leggemmo avante». 138
così quel fiato li spiriti mali 42 noi che tignemmo il mondo di sanguigno, 90 Mentre che l’uno spirto questo disse,
di qua, di là, di giù, di su li mena; se fosse amico il re dell’universo, l’altro piangea, sì che di pietade
nulla speranza li conforta mai, noi pregheremmo lui della tua pace, io venni men così com’io morisse;
non che di posa, ma di minor pena. 45 poi c’hai pietà del nostro mal perverso. 93 e caddi come corpo morto cade. 142

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