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III
XVI
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XC
CXXVI
Se è mio destino dunque, ed in ciò si adopera il volere del cielo, che Amore mi porti ad offuscare la vista con le lacrime,
qualche favore divino faccia sì che il mio corpo sia sepolto tra voi, e l'anima ritorni sciolta dal corpo al cielo. La morte
sarà meno dolorosa se reco questa speranza in vista di quel pauroso momento: poiché l'anima stanca non potrebbe in più
riposata quiete né in più tranquillo sepolcro abbandonare il corpo travagliato da mille angosce.
Verrà forse un giorno in cui alla meta abituale ritornerà la donna bella e crudele, e a quel luogo, dove ella mi vide nel
benedetto giorno dell'incontro, volga i suoi occhi pieni di desiderio e di letizia, cercando di me, e, divenuta pietosa,
vedendomi polvere tra le pietre del sepolcro, venga ispirata da Amore, così da sospirare tanto dolcemente e ottenere la
misericordia divina piegando la giustizia celeste, asciugandosi gli occhi con il suo bel velo.
Dai rami scendeva (dolce nel ricordo) una pioggia di fiori sul suo grembo; ella sedeva umile in tanta festa della natura,
coperta da quella pioggia di fiori, ispiratrice d'amore. Un fiore cadeva sull'orlo della veste, un altro sulle bionde trecce,
che quel giorno a vederle parevano oro fino e perle. Un altro si posava in terra ed un altro ancora sull'acqua; infine un
fiore volteggiando nell'aria pareva suggerire: "Qui regna Amore".
Quante volte dissi, preso da grande stupore: costei certo è nata in Paradiso. Il suo modo di procedere quasi divino; il suo
volto, la sua voce e il suo sorriso mi avevano fatto dimenticare a tal punto dove mi trovavo e fatto allontanare talmente
dalla realtà, che mi chiedevo sospirando come fossi potuto pervenire in un luogo simile e quando vi ero giunto. Perché
credevo di essere giunto in Paradiso non in Terra dove mi trovavo. Da quel momento in poi amo questo luogo così che
non ho pace in nessun altro.
Se tu, mia canzone, fossi bella e ornata, quanto desideri, potresti coraggiosamente uscire dal bosco e andare tra gli
uomini.
CXXVIII
Voi, Signori d'Italia, ai quali la Fortuna ha dato il governo sulle belle regioni d'Italia, per le quali sembra non proviate
nessun senso di compassione, che fanno qui tante milizie straniere? affinché il verde terreno d'Italia si colori del sangue
dei barbari? Vi seduce uno inutile inganno: vedete poco e credete di veder molto, perché cercate amore o fedeltà in un
cuore venale. Chi ha maggior quantità di queste milizie, quello è circondato da più nemici. O alluvione riunita da quali
selvaggi paesi stranieri per inondare le nostre care campagne! Se questo ce lo procuriamo con le nostre mani, a questo
punto chi sarà che ci possa salvare?
Natura provvide opportunamente alla nostra sicurezza, quando mise fra noi e la rabbia tedesca la difesa delle Alpi; ma
la cupidigia cieca e ostinata contro il proprio bene s'è ingegnato tanto che ha fatto ammalare il corpo sano. Ora dentro
una stessa nazione, fiere crudeli (come i Tedeschi) e greggi mansuete (come gli Italiani) convivono in modo che il
miglior soffre; e, per nostro maggiore dolore, questo popolo straniero è della stirpe di quella gente incivile, che Mario
sconfisse in modo tale che non è ancora venuto meno il ricordo di quell'impresa, quando stanco e assetato, volendo
bere, s'accorse che nel fiume scorreva non acqua ma sangue.
Trascuro di citare Cesare che, dove giunse con le nostre armi, in ogni luogo insanguinò l'erba con il loro sangue. Ora
sembra, non so per quale congiunzione astrale ostile, che il cielo ci odi: questo grazie a voi, a quali è stato affidato un
compito tanto grande. Le vostre divisioni rovinano la più bella parte del mondo. Per quale colpa umana, per quale
condanna divina o quale fatalità danneggiare il povero vicino e cercare di impadronirsi dei beni devastati e dispersi, e
cercare gente fuori d'Italia ed esser soddisfatti che sparga il proprio sangue e che venda per soldi la propria vita? Io
parlo per dire la verità non per partito preso per inimicizia verso qualcuno.
E non vi siete ancora accorti, dopo tante esperienze, dell'inganno di questi mercenari tedeschi, che scherzano con la
morte alzando il dito in segno di resa? La beffa è peggio del danno, secondo me; ma il vostro sangue si sparge più
abbondantemente perché siete stimolati da un odio ben diverso. Pensate per un breve tempo alla vostra condizione e
capirete come può aver caro un altro chi stima se stesso così spregevole. Nobile stirpe latina, allontana da te il peso di
queste milizie dannose: non sopravvalutare una fama vuota, senza sostanza: perché è colpa nostra, non un fatto naturale
che la violenza cieca di questi popoli nordici, gente restia alla civiltà, ci vinca di intelligenza.
Non è questo il terreno che ho toccato nascendo? Non è questo la culla nella quale fui allevato così affettuosamente?
Non è questa la patria in cui mi fido, madre benevola e devota, nella quale sono sepolti i miei genitori? Perdio, questo
solleciti talora il vostro animo, e guardate con pietà i patimenti del popolo sofferente che. dopo Dio, aspetta solo da voi
la tranquillità; e solo che voi mostriate qualche segno di compassione, il valore prenderà l'armi contro la furia cieca e la
lotta sarà breve: perché il valore antico non è ancora morto nei cuori italiani.
Signori, considerate come il tempo passa velocemente, e come la vita fugge, e la morte è già alle nostre spalle. Ora voi
siete qui sulla terra; pensate a quando la lascerete; perché bisogna che l'anima spoglia (dei beni questa terra) e sola arrivi
a quel passaggio pericoloso. Nel percorrere questa vita terrena vogliate metter da parte l'odio e l'inimicizia, passioni
contrarie alla vita tranquilla; e quel tempo che si spende per far male a qualcuno si impieghi invece in qualche azione
migliore, di opere o d'intelletto, in qualche impresa lodevole, in qualche attività onorevole: così si sta bene quaggiù
sulla terra e si spalanca a noi la via del cielo.
Canzone, io ti raccomando che tu esponga amabilmente il tuo argomento, dal momento che devi presentarti da gente
orgogliosa; e gli animi sono pieni di un'abitudine pessima e antica, nemica sempre della verità, Tenterai la tua fortuna
tra pochi dall'animo grande ai quali piace il bene. Di' loro: chi mi protegge? Io vado gridando: – Pace, pace, pace.
[ Passa la nave mia colma d'oblio]
La mia nave, piena di desiderio di dimenticare, attraversa il mare tempestoso, fra Scilla e Cariddi (stretto di Messina),
d’inverno, nel mezzo della notte; e la guida il mio signore, anzi, il mio nemico (amore).Ad ogni remo (sta) un pensiero
presente e doloroso, che sembra ignorare la tempesta e il suo esito: un vento umido, che in eterno trascina sospiri,
speranze e desideri, lacera la vela.Una pioggia di pianto, l’immagine offuscata dello sdegno aggredisce i cordami, ed io
sono avvolto dall’errore e dall’ignoranza.I due miei riferimenti abituali si nascondono: la ragione e l’arte sono morte fra
le onde, tanto che io comincio a disperare di poter giungere al porto.
CCLXXII
CCCII
CCCX