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DANTE · COMMEDIA poi disse: «Fieramente furo avversi «Deh, se riposi mai vostra semenza»

INFERNO, X a me e a miei primi e a mia parte, prega’ io lui, «solvetemi quel nodo
sì che per due fïate li dispersi». 48 che qui ha inviluppata mia sentenza. 96
Ora sen va per un secreto calle, «S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogni parte» El par che voi veggiate, se ben odo,
tra ’l muro de la terra e li martiri, rispuosi lui «l’una e l’altra fïata; dinanzi quel che ’l tempo seco adduce,
lo mio maestro, e io dopo le spalle. 3 ma i vostri non appreser ben quell’arte». 51 e nel presente tenete altro modo». 99
«O virtù somma, che per li empi giri Allor surse alla vista scoperchiata «Noi veggiam, come quei c’ha mala luce,
mi volvi» cominciai, «com’a te piace, un’ombra lungo questa infino al mento: le cose» disse «che ne son lontano;
parlami, e sodisfammi a’ miei disiri. 6 credo che s’era in ginocchie levata. 54 cotanto ancor ne splende il sommo duce. 102
La gente che per li sepolcri giace Dintorno mi guardò, come talento Quando s’appressano o son, tutto è vano
potrebbesi veder? già son levati avesse di veder s’altri era meco; nostro intelletto; e s’altri non ci apporta,
tutt’i coperchi, e nessun guardia face». 9 e poi che il sospecciar fu tutto spento, 57 nulla sapem di vostro stato umano. 105
Ed elli a me: «Tutti saran serrati piangendo disse: «Se per questo cieco Però comprender puoi che tutta morta
quando di Iosafàt qui torneranno carcere vai per altezza d’ingegno, fia nostra conoscenza da quel punto
coi corpi che là su hanno lasciati. 12 mio figlio ov’è? perché non è ei teco?» 60 che del futuro fia chiusa la porta». 108
Suo cimitero da questa parte hanno E io a lui: «Da me stesso non vegno: Allor, come di mia colpa compunto,
con Epicuro tutt’i suoi seguaci, colui ch’attende là, per qui mi mena, dissi: «Or direte dunque a quel caduto
che l’anima col corpo morta fanno. 15 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 63 che ’l suo nato è co’ vivi ancor congiunto; 111
Però alla dimanda che mi faci Le sue parole e ’l modo della pena e s’i’ fui, dianzi, alla risposta muto,
quinc’entro satisfatto sarà tosto, m’avean di costui già letto il nome; fate i saper che ’l feci che pensava
e al disio ancor che tu mi taci». 18 però fu la risposta così piena. 66 già nell’error che m’avete soluto». 114
E io: «Buon duca, non tegno riposto Di subito drizzato gridò: «Come E già il maestro mio mi richiamava;
a te mio cuor se non per dicer poco, dicesti? elli ebbe? non viv’elli ancora? per ch’i’ pregai lo spirto più avaccio
e tu m’hai non pur mo a ciò disposto». 21 non fiere li occhi suoi il dolce lome?» 69 che mi dicesse chi con lu’ istava. 117
«O Tosco che per la città del foco Quando s’accorse d’alcuna dimora Dissemi: «Qui con più di mille giaccio:
vivo ten vai così parlando onesto, ch’io facea dinanzi alla risposta, qua dentro è ’l secondo Federico,
piacciati di restare in questo loco. 24 supin ricadde e più non parve fora. 72 e ’l Cardinale; e delli altri mi taccio». 120
La tua loquela ti fa manifesto Ma quell’altro magnanimo a cui posta Indi s’ascose; ed io inver l’antico
di quella nobil patria natio restato m’era, non mutò aspetto, poeta volsi i passi, ripensando
alla qual forse fui troppo molesto». 27 né mosse collo, né piegò sua costa; 75 a quel parlar che mi parea nemico. 123
Subitamente questo suono uscio e sé continuando al primo detto, Elli si mosse; e poi, così andando,
d’una dell’arche; però m’accostai, «S’elli han quell’arte» disse «male appresa, mi disse: «Perché se’ tu sì smarrito?»
temendo, un poco più al duca mio. 30 ciò mi tormenta più che questo letto. 78 E io li sodisfeci al suo dimando. 126
Ed el mi disse: «Volgiti: che fai? Ma non cinquanta volte fia raccesa «La mente tua conservi quel ch’udito
Vedi là Farinata che s’è dritto: la faccia della donna che qui regge, hai contra te» mi comandò quel saggio.
dalla cintola in su tutto ’l vedrai». 33 che tu saprai quanto quell’arte pesa. 81 «E ora attendi qui» e drizzò ’l dito: 129
Io avea già il mio viso nel suo fitto; E se tu mai nel dolce mondo regge, «quando sarai dinanzi al dolce raggio
ed el s’ergea col petto e con la fronte dimmi: perché quel popolo è sì empio di quella il cui bell’occhio tutto vede,
com’avesse l’inferno in gran dispitto. 36 incontr’a’ miei in ciascuna sua legge?» 84 da lei saprai di tua vita il vïaggio». 132
E l’animose man del duca e pronte Ond’io a lui: «Lo strazio e ’l grande scempio Appresso volse a man sinistra il piede:
mi pinser tra le sepulture a lui, che fece l’Arbia colorata in rosso, lasciammo il muro e gimmo inver lo mezzo
dicendo: «Le parole tue sien conte». 39 tali orazion fa far nel nostro tempio». 87 per un sentier ch’a una valle fiede
Com’io al piè della sua tomba fui, Poi ch’ebbe sospirato e ’l capo scosso, che ’nfin là su facea spiacer suo lezzo. 136
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, «A ciò non fu’ io sol» disse, «né certo
mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?» 42 sanza cagion con li altri sarei mosso. 90
Io ch’era d’ubidir disideroso, Ma fu’ io solo, là dove sofferto
non lil celai, ma tutto lil’apersi; fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
ond’ei levò le ciglia un poco in soso, 45 colui che la difesi a viso aperto». 93

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