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Dopo la fondazione di Tibur, che cosa Tiburto abbia fatto, quali leggi abbia stabilito non è attestato negli

scritti da nessuno, tuttavia è credibile che abbia organizzato il suo modo di vivere secondo i costumi dei
Greci e dei Siculi. Si pensa che frattanto Tiburto sia morto, e non si dubita che sia giunto un periodo di
interregno e di autonomia.

Alla sua morte il successore fu il fratello Catillo, uomo illustre per prudenza e forza. Appena sostituì il
fratello Tiburto, aumentò in grandezza la città già fondata e l'abbellì a tal punto da essere considerato da
Catone nel libro “De originibus” il solo fondatore di Tivoli.

Secondo le fonti mitologiche Catillo rapì Salia la figlia di Re Anio, sovrano etrusco, e si diede alla fuga con la
giovane su di un monte. Anio tentò di intervenire attraversando il fiume a cavallo ma le impetuose correnti
del Parensius lo inghiottirono tra i flutti ed il re morì. Di lì a poco un bagliore rischiarò le tenebre notturne e
lo spirito del defunto Anio apparve per trarre in salvo la figlia Salia, costringendo Catillo a prigionia eterna
tra le rocce calcaree del monte che, ancora al giorno d'oggi, reca il suo nome. Il fiume, anticamente
chiamato Parensius, venne ribattezzato Aniene in onore del coraggioso Re Anio.

Successivamente i latini per indicare Tivoli ed il suo territorio usarono la parola Tiburi che, a sua volta, si
trasformò in Tibori, poi in Tiboli ed infine nell’attuale toponimo: Tivoli.

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