Sei sulla pagina 1di 14

FISIOLOGIA APPARATO RESPIRATORIO

Vie di conduzione e zone di respirazione


•Vie di conduzione: naso, faringe, trachea,
bronchi e bronchioli terminali (filtrano,
riscaldando e umidificano l'aria in ingresso,
proteggendo le superfici della parte inferiore)
•Zone di respirazione: bronchioli respiratori e
alveoli (scambi gassosi fra aria e sangue)

1
Vie di conduzione
•Le vie di conduzione filtrano, riscaldano e umidificano l’aria inalata. Quando l'aria raggiunge gli
alveoli, la maggior parte dei corpi estranei e dei patogeni è stata rimossa e la sua umidità e
temperatura sono entro limiti idonei.

Vie di conduzione: filtrazione


Nelle cavità nasali e nella porzione superiore della faringe l'epitelio è di tipo pseudostratificato
cilindrico ciliato.
Nella parte inferiore della faringe è di tipo squamoso pluristratificato (per protezione meccanica e
chimica da contatto con cibo).
All'inizio delle vie aeree inferiori la mucosa presenta di nuovo l'epitelio pseudostratificato
cilindrico ciliato che diventa epitelio cubico con poche ciglia all'inizio dei bronchioli più piccoli.

Nelle vie aeree superiori, nella trachea e nei bronchi la lamina propria contiene anche ghiandole
mucose che secernono muco vischioso
- Nelle cavità nasali le ciglia delle cellule epiteliali spingono questo muco ed ogni corpo estraneo o
microorganismo in esso intrappolato verso la faringe, dove viene deglutito ed esposto all'acido e
agli enzimi della secrezione gastrica.
- Nelle vie aeree inferiori le ciglia battono ugualmente verso la faringe muovendo ancora il
rivestimento mucoso verso la faringe, ripulendo così le superfici ove passa l'aria.

2
Nelle cavità nasali le ciglia delle cellule epiteliali spingono questo muco ed ogni corpo estraneo o
microorganismo in esso intrappolato verso la faringe, dove viene deglutito ed esposto all'acido e
agli enzimi della secrezione gastrica.
In questo modo vengono rimosse dall'aria le particelle di dimensioni fino a 5 µm.
L'esposizione a stimoli sgradevoli come vapori nocivi e gran di quantità di polveri oppure ad
allergeni o patogeni causa di solito un rapido aumento della secrezione mucosa nelle cavità nasali
e nei seni paranasali (raffreddore).
La maggior parte delle particelle di dimensioni comprese fra 1 e 5 µm sono intrappolate dal muco
che riveste i bronchioli respiratori o dal liquido che si trova sulle superfici alveolari; queste zone
non sono soggette a clearance muco-ciliare, ma i corpi estranei possono essere inglobati dai
macrofagi alveolari.
La maggior parte delle particelle di diametro inferiore a 0,5 µm rimangono sospese nell'aria e sono
le principali responsabili delle malattie respiratorie.

Vie di conduzione: riscaldamento e umidificazione


La mucosa delle cavità nasali prepara l'aria che respiriamo a raggiungere le vie aeree inferiori.
La lamina propria della mucosa contiene molte arterie, vene e capillari che trasportano nutrimento
e acqua alle cellule secernenti. Questa vascolarizzazione costituisce un meccanismo per riscaldare
ed umidificare l'aria in ingresso (e per raffreddare e deumidificare l'aria in uscita).
Quando aria asciutta e fredda passa sulla mucosa, l'epitelio caldo irradia calore e l'acqua
contenuta nel muco evapora, cosicché l'aria che raggiunge i polmoni viene portata quasi alla
temperatura del corpo ed è pressoché satura di vapore acqueo.
Questo meccanismo protegge le delicate superfici respiratorie dal raffreddamento e dalla
disidratazione, due eventi potenzialmente disastrosi.
Respirare con la bocca elimina quasi completamente la preliminare filtrazione, umidificazione e
riscaldamento dell'aria inspirata. Per evitare rischi come questo i pazienti che sono attaccati ad un
respiratore ricevono direttamente in trachea aria preventivamente filtrata e umidificata.
Mentre esce dalle vie aeree l'aria passa nuovamente sull'epitelio della cavità nasale ed è ora più
calda e più umida di quando è entrata e può così riscaldare e umidificare la mucosa stessa;
respirare attraverso il naso aiuta quindi anche a risparmiare calore e acqua.

Zone di respirazione
Le superfici di scambio degli alveoli sono formate da
un sottile epitelio squamoso semplice.
Al livello dell’epitelio alveolare si trovano macrofagi alveolari
(cellule della polvere) che fagocitano materiale particolato
che ha superato le altre difese respiratorie e raggiunto la
superficie alveolare.
Sempre nell’epitelio alveolare vi sono cellule che producono
una secrezione oleosa costituita da una miscela di fosfolipidi
e proteine, detta surfactante, che una volta secreto riveste
3
internamente l'alveolo stesso.
A livello alveolare, gli scambi gassosi avvengono in modo rapido ed efficace perché la distanza fra il
sangue contenuto in un capillare polmonare e l'aria che riempie gli alveoli è minima, in genere
meno di 1 µm e in certi casi solo 0.1 µm.
Per soddisfare le richieste metaboliche dei tessuti periferici la superficie di scambio del polmone
deve essere assai ampia e, in realtà, giunge nell'adulto ad un valor e pari a 35 volte quella del
corpo; pur essendo difficile misurare con precisione la superficie respiratoria totale, si può stimare
un valore da 70 a 140 m2.

Surfactante
Il surfactante riduce la tensione superficiale del velo liquido che riveste la superficie alveolare.
La tensione superficiale è dovuta all'attrazione fra le molecole d'acqua al confine acqua-aria. In un
a bolla d'aria, la tensione superficiale crea una barriera che da un lato tende ad impedire il
passaggio di materiale particolato attraverso il velo d'acqua, dall'altro tende a far collassare la
bolla; poiché gli alveoli assomigliano a bolle d'aria a causa della loro sottilissima parete, senza la
presenza del surfattante essi collasserebbero. Il surfattante forma un sottile strato superficiale che
interagisce con le molecole d'acqua riducendo la tensione superficiale e mantenendo così gli
alveoli aperti.
La forza prodotta dalla tensione superficiale è descritta dalla legge di Laplace ed è inversamente
proporzionale al raggio dell’alveolo:

P=2T/r
dove T è il valore della tensione superficiale
Più piccolo è l’alveolo, maggiore è la pressione che la tensione superficiale esercita sulle sue
pareti. Per questo motivo, gli alveoli più piccoli collasserebbero spingendo l’aria in essi contenuti
negli alveoli più grandi che comunicano con questi. Il surfactante, modificando il valore della
tensione superficiale, evita questo collassamento.

Respirazione esterna e interna


All’interno del nostro organismo avvengono 2 processi di respirazione, cioè di scambio di gas: la
respirazione esterna e la respirazione interna:
•Respirazione esterna: processi implicati nello scambio di O2 e CO2 fra il liquido interstiziale del
corpo e l'ambiente esterno. Scopo della respirazione esterna è soddisfare le necessità respiratorie
delle cellule;
•Respirazione interna: consiste nell'assunzione di O2 e rilascio di CO2 da parte delle cellule stesse
(mitocondri), e non verrà esaminata nell’ambito dello studio dell’apparato respiratorio.
La respirazione esterna comprende 3 meccanismi:
•Ventilazione polmonare: movimento fisico dell'aria ai e dai polmoni (atto respiratorio);
•Diffusione dei gas: dagli spazi aerei alveolari ai capillari alveolari e tra il sangue dei capillari
sistemici e i vari tessuti;
•Trasporto di O2 e CO2 fra i capillari alveolari e i capillari sistemici e viceversa.

4
Ventilazione polmonare
La ventilazione polmonare consiste nel movimento fisico dell'aria dentro e fuori dall'apparato
respiratorio. La funzione principale della ventilazione polmonare è il mantenimento di una
adeguata ventilazione degli alveoli, cioè di un movimento dell'aria dentro e fuori gli alveoli. La
ventilazione alveolare impedisce l'accumulo di CO2 negli alveoli ed assicura un continuo
rifornimento di O2 che rimpiazza quello assorbito nel torrente ematico.

Per comprendere il meccanismo con cui avviene la ventilazione polmonare, è necessario


introdurre il concetto di pressione di un gas:
La pressione esercitata da un gas contenuto all'interno di un contenitore è causata dalla continua
collisione delle molecole del gas contro le pareti del contenitore stesso. Maggiore è il numero di
collisioni, maggiore è la pressione esercitata dal gas. La pressione all'interno di un contenitore può
essere variata modificandone le dimensioni e dando quindi alle molecole di gas più o meno spazio
per il loro movimento.
Se il volume del contenitore viene ridotto, le collisioni saranno più frequenti nell'unità di tempo
perché le molecole devono percorrere uno spazio minore prima di colpire le pareti del
contenitore. La pressione esercitata dal gas aumenta;
Se il volume del contenitore viene aumentato, meno collisioni avvengono nell'unità di tempo,
perché le molecole devono percorrere uno spazio maggiore prima di colpire le pareti del
contenitore. Quindi la pressione del gas diminuisce.
Esiste quindi una relazione inversa fra la pressione di un gas (P) e il volume del suo contenitore
chiuso (V): la pressione di un gas è inversamente proporzionale al suo volume.
Ne consegue che: se si diminuisce il volume del contenitore, la pressione del gas aumenta. Se si
aumenta il volume del contenitore, la pressione del gas diminuisce.
Inoltre, la relazione fra pressione e volume è lineare: se si dimezza il volume di un contenitore
raddoppia la pressione del gas al suo interno e viceversa.

Questa relazione: P = 1/V è detta legge di Boyle


L'aria si muove seguendo il suo gradiente di pressione, da una zona con pressione più elevata ad
una zona con pressione meno elevata.
Questo fenomeno assieme alla legge di Boyle sono alla base della ventilazione polmonare.
Un ciclo respiratorio consta di una fase di inspirazione e di una di espirazione. Inspirazione ed
espirazione sono legate a variazioni del volume dei polmoni che creano gradienti pressori in grado
di far muovere l'aria verso l'interno o l'esterno dell'apparato respiratorio. Il volume della cavità
toracica cambia in conseguenza al movimento del diaframma e delle coste.
DIAFRAMMA: Il diaframma forma il pavimento della cavità toracica e, quando è rilassato, forma
una cupola che si spinge all'interno della cavità toracica. Quando il diaframma si contrae, si
abbassa ed esercita una maggiore pressione sul contenuto della cavità addominale aumentando al
tempo stesso il volume di quella toracica. Quando il diaframma si rilassa, ritorna alla forma
originale e il volume della cavità toracica diminuisce.

5
COSTE: A causa della conformazione delle articolazioni costo-vertebrali, un movimento verso l'alto
della gabbia toracica si associa ad aumentata profondità e larghezza della cavità toracica, un
movimento verso il basso al fenomeno opposto.

I polmoni sono rivestiti dalla pleura viscerale che a sua volta aderisce alla pleura parietale che
riveste la gabbia toracica, in questo modo i polmoni seguono il movimento di espansione della
gabbia toracica. Nello spazio virtuale esistente tra le due pleure vi è una piccola quantità di liquido
pleurico (2-3 ml) che funge da lubrificante, permettendo alle due pleure di scivolare l’una
sull’altra.
Pressione intrapolmonare
All'inizio le pressioni all'interno e all'esterno del torace sono identiche e non si ha movimento
d'aria verso l'interno o l'esterno dei polmoni. Quando la cavità toracica aumenta di volume, le
cavità pleuriche e i polmoni si espandono per occupare il maggior spazio disponibile, ciò riduce la
pressione dell'aria contenuta nei polmoni stessi (P interna) al di sotto di quella atmosferica (P
esterna) e determina l'ingresso di nuova aria dall'ambiente fino a riequilibrare le due pressioni.
Con la diminuzione di volume della cavità toracica, la pressione intrapolmonare aumenta e l'aria è
spinta fuori lungo le vie aeree.
Quando si respira in modo tranquillo, la differenza fra la pressione dell'aria atmosferica e quella
intrapolmonare è modesta:
- Con l'inspirazione i polmoni si espandono e la pressione al loro interno scende a circa 759 mmHg,

6
1 mmHg sotto di quella atmosferica. La differenza viene indicata con segno negativo: -1mmHg.
- Con l'espirazione i polmoni ritornano alla dimensione di partenza e la pressione intrapolmonare
sale a 761mm Hg (+ 1 mmHg).
Pressione intrapleurica
La pressione intrapleurica è la pressione che si misura nello spazio fra le pleure viscerale e
parietale. Ha un valore di circa - 4 mm Hg. Diminuisce durante l’inspirazione e aumenta durante
l’espirazione, pur mantenendo sempre valori negativi.

Tipi di respirazione
A seconda dell'andamento dell'attività
muscolare nel corso di un singolo ciclo
respiratorio si hanno 2 tipi di
respirazione:
- tranquilla
- forzata
Nella respirazione tranquilla (o eupnea) l'inspirazione è determinata dalla contrazione muscolare e
l'espirazione è passiva.
La respirazione forzata (o iperpnea) si realizza con movimenti attivi sia in inspirazione che in
espirazione
Respirazione tranquilla
Nella respirazione tranquilla (o eupnea) l'inspirazione è determinata dalla contrazione muscolare e
l'espirazione è passiva; L'inspirazione avviene di solito per contrazione sia del diaframma che dei
muscoli intercostali esterni, secondo proporzioni variabili.
Nella respirazione diaframmatica (o respirazione profonda) è la contrazione del diaframma a
garantire le necessarie variazioni nel volume toracico. L'aria è introdotta nei polmoni man mano
che il diaframma si contrae ed è espirata passivamente quando il diaframma si rilassa.
Nella respirazione costale (o respirazione superficiale) il volume toracico cambia per variazioni di
forma della gabbia toracica. L'inspirazione avviene quando la contrazione degli intercostali esterni
solleva le coste ed amplia la gabbia toracica; l'espirazione è passiva ed avviene quando i muscoli si
rilassano.
Durante la respirazione tranquilla l'espansione dei polmoni distende le fibre elastiche polmonari;
inoltre, l'elevazione delle coste distende i muscoli antagonisti e le fibre elastiche nel connettivo
della parete del corpo. Quando i muscoli inspiratori si rilassano tutte queste componenti elastiche
ritornano alla dimensione originaria, riportando il diaframma o la gabbia toracica (oppure
entrambi) alla posizione di partenza. Questo fenomeno è detto ritorno elastico.
La respirazione diaframmatica avviene tipicamente a livelli minimi di attività. Quando servono
volumi d'aria superiori, i movimenti respiratori divengono più ampi e il contributo delle coste
aumenta; anche quando si è a riposo la respirazione costale può essere predominante se la
pressione addominale o la presenza di liquidi o masse riduce i movimenti del diaframma. Ad
esempio, una donna gravida utilizza sempre più la respirazione costale man mano che l'utero
ingrandisce e spinge i visceri addominali contro il diaframma.

7
Respirazione forzata
La respirazione forzata si realizza con movimenti attivi sia in inspirazione che in espirazione.
Questa mette al lavoro i muscoli accessori nell'inspirazione e utilizza gli intercostali interni per
l'espirazione. Quando la respirazione forzata è ai massimi livelli, i muscoli addominali sono
impiegati nell'espirazione; la loro contrazione comprime il contenuto addominale e lo spinge
contro il diaframma riducendo così ulteriormente il volume della cavità toracica.

Atto (o ciclo) respiratorio


Per atto respiratorio si intende l’insieme di una inspirazione e di una espirazione consecutive. La
durata media di un atto respiratorio in una respirazione tranquilla è di circa 5 sec:
2 sec per l’inspirazione e 3 sec per l’espirazione (maggiore durata per ritorno elastico).

Frequenza respiratoria
La frequenza respiratoria è il numero di atti respiratori compiuti in un minuto ed è pari, in un
adulto a riposo, a 12-18 atti/min, circa un atto respiratorio ogni quattro battiti cardiaci.

Volumi polmonari
Volume corrente
Il volume corrente è pari al volume di aria che affluisce e defluisce dai polmoni in un atto
respiratorio a riposo (eupnea), è in media di 500 ml (cresce fino a 3000 ml ad esempio durante il
lavoro muscolare - iperpnea).
Volume minuto respiratorio
Il volume minuto respiratorio è la quantità d'aria mobilizzata in un minuto ed è pari al prodotto tra
la frequenza respiratoria e il volume corrente. Con un volume corrente a riposo di 500 ml, Il
volume minuto respiratorio a riposo è, nell'ipotesi che siano compiuti 12 atti respiratori, di circa 6
litri/min.
Spazio morto anatomico
Solo una parte dell'aria inalata raggiunge le superfici di scambio alveolari. Un'inspirazione normale
introduce 500 ml d'aria nel sistema respiratorio; i primi 350 ml viaggiano lungo le vie aeree e
giungono agli spazi alveolari, ma gli ultimi 150 ml rimangono nelle vie aeree, non arrivano mai agli
alveoli e quindi non possono partecipare agli scambi gassosi con il sangue. Il volume d'aria che
rimane nelle vie aeree non respiratorie è noto come spazio morto anatomico ed è pari a 150 ml

Ventilazione alveolare
La ventilazione alveolare, è la quantità d'aria che effettivamente raggiunge gli alveoli in un minuto
ed è inferiore al volume minuto respiratorio proprio perché dell'aria non raggiunge mai gli alveoli
ma rimane nello spazio morto. La ventilazione alveolare minuto è pari a 4,2 litri/min = (12 atti x
(500 ml -150 ml)). Il gas che raggiunge gli alveoli è significativamente diverso da quello
atmosferico, perché l'aria inalata si mescola sempre con l'aria "usata" che trova nelle vie aeree (lo
spazio morto anatomico) prima di giungere agli alveoli. L'aria alveolare contiene quindi meno O2 e
più CO2 dell'aria atmosferica.

8
Volumi polmonari
Solo una piccola parte dell'aria presente nei polmoni è scambiata con il sangue durante un singolo
ciclo di respirazione tranquilla; il volume corrente può essere aumentato inspirando ed espirando
in modo più vigoroso e completo. Possiamo suddividere il volume polmonare totale in una serie di
volumi che si determinano sperimentalmente; i valori così ottenuti sono utili nella diagnosi dei
problemi della ventilazione polmonare. Molti volumi respiratori sono diversi tra maschi e femmine
perché le femmine adulte, in media, hanno dimensioni corporee inferiori a quelle dei maschi e,
quindi anche volumi polmonari più piccoli.
Volumi polmonari
•Il volume corrente a riposo è la quantità d'aria che entra ed esce dai polmoni durante un ciclo
respiratorio a riposo. Questo volume è di circa 500 mi sia nei maschi che nelle femmine
•Il volume di riserva espiratoria è la quantità d'aria che si può espellere volontariamente dopo
aver completato un normale ciclo di respirazione tranquilla. Se, per esempio, utilizzando al
massimo i muscoli accessori si possono espellere ulteriori 1000 ml d'aria
•il volume residuo è la quantità d'aria che rimane nei polmoni anche dopo un'espirazione
massimale e vale tipicamente attorno ai 1200 ml nei maschi e ai 1100 ml nelle femmine
•Il volume minimo, una componente del volume residuo, è la quantità d'aria che rimarrebbe nei
polmoni se questi potessero collassare. Il volume minimo varia da 30 a 120 ml ma, a differenza
degli altri volumi, non può essere misurato in una persona viva
•Il volume di riserva inspiratoria è la quantità d'aria che si può inspirare oltre il volume corrente. Il
volume di riserva inspiratoria differisce notevolmente tra maschi e femmine perché, in media, i
polmoni dei maschi sono più grandi di quelli delle femmine. Il volume di riserva inspiratoria è
mediamente 3300 ml nel maschio e 1900 ml nella femmina
Capacità respiratorie
Possiamo determinare alcune capacità respiratorie sommando i valori di certi volumi:
•La capacità inspiratoria è la quantità d'aria che può essere immessa nei polmoni a partire dal
termine di un ciclo respiratorio quieto; la capacità inspiratoria è quindi la somma di volume
corrente e volume di riserva inspiratoria
•La capacità funzionale residua è la quantità d'aria che rimane nei polmoni al termine di un ciclo
respiratorio quieto. La capacità funzionale residua è la somma di volume di riserva espiratoria e
volume residuo
•La capacità vitale è la massima quantità d'aria che può essere introdotta ed espulsa dai polmoni
durante un singolo ciclo respiratorio. La capacità vitale è la somma di riserva espiratoria, volume
corrente, riserva inspiratoria ed è in media circa 4800 ml nei maschi e 3400 ml nelle femmine
•La capacità polmonare totale rappresenta il volume totale dei polmoni ed è la somma di capacità
vitale e volume residuo; il suo valore è di circa 6000 ml nel maschio e 4500 ml nella femmina.

Scambi gassosi
Gli scambi gassosi fra aria alveolare e sangue avvengono con il meccanismo della diffusione, un
fenomeno che avviene in seguito alla presenza di gradienti di concentrazione.

9
Legge di Dalton e concetto di pressione parziale:
L'aria che noi respiriamo è costituita da una miscela di gas:
- le molecole di azoto (N2) sono le più abbondanti e costituiscono circa il 78,6% delle molecole
gassose presenti nell'atmosfera;
- Le molecole di ossigeno (02) costituiscono circa il 20,9% dell'atmosfera;
- La maggior parte del restante 0,5% è formato da molecole d'acqua, mentre il biossido di carbonio
(C02) contribuisce solo per lo 0,04%
La pressione atmosferica, mediamente pari a 760 mm Hg, rappresenta l'effetto combinato delle
collisioni prodotte da tutti i tipi di molecole contenute nell'aria; In ogni momento il 78,6% di
queste collisioni riguarda molecole d'azoto, il 20,9% molecole d'ossigeno e così via.
Quindi ciascuno dei gas contribuisce alla pressione totale in proporzione alla sua abbondanza
relativa. Questa relazione è detta legge di Dalton.
La pressione parziale di un gas è la pressione dovuta ad un singolo gas all'interno di una miscela
gassosa. La pressione parziale si abbrevia usando il prefisso «p». La somma delle pressioni parziali
equivale alla pressione totale esercitata dalla miscela di gas; per quanto riguarda l’aria
atmosferica, poiché conosciamo le percentuali dei singoli gas presenti in questa miscela gassosa,
possiamo facilmente calcolare le pressioni parziali di ciascuno dei gas che la compongono,
calcolando la percentuale relativa:
La percentuale dell’02 presente nell’aria atmosferica è pari al 20,90%. Per una pressione
atmosferica pari a 760 mmHg, la pressione parziale dell’02, p02, sarà pari al 20,90 % di 760
mmHg, cioè p02 = 20,90 % di 760 mmHg = 159 mm Hg
Diffusione fra liquidi e gas (legge di Henry)
Le differenze di pressione, che muovono le molecole di gas da un luogo all'altro, ne influenzano
anche il movimento all'interno e all'esterno di una soluzione. Ad una data temperatura, la quantità
di uno specifico gas in una soluzione è direttamente proporzionale alla pressione parziale di quel
gas:

C=kP
Un gas che esercita una pressione sulla superficie di un liquido, vi entra in soluzione finché avrà
raggiunto in quel liquido la stessa pressione che esercita sopra di esso.
Quando un gas sotto pressione entra in contatto con un liquido, la pressione tende a immettere
molecole gassose in soluzione. Ad una data pressione, il numero di molecole di gas disciolte
aumenterà fino allo stabilirsi di un equilibrio; all'equilibrio, le molecole di gas diffondono fuori dal
liquido alla stessa velocità con cui vi entrano, cosicché il numero totale di molecole gassose in
soluzione rimane costante. Se la pressione parziale sale, più molecole di gas andranno in
soluzione; se la pressione parziale scende, molecole di gas usciranno dalla soluzione.
L'effettiva quantità di gas in soluzione ad una data pressione parziale e temperatura dipende dalla
solubilità del gas in quel particolare solvente. Il biossido di carbonio è altamente solubile nei liquidi
corporei, l'ossigeno lo è un po' meno e l'azoto lo è molto poco. La quantità di gas disciolta si
misura usualmente in ml di gas per 100ml di soluzione.
L'effettiva quantità di gas in soluzione ad una data pressione parziale e temperatura dipende dalla
solubilità del gas in quel particolare solvente:
10
il biossido di carbonio è altamente solubile nei liquidi corporei, l'ossigeno lo è un po' meno e
l'azoto lo è molto poco.
La quantità di gas disciolta si misura usualmente in ml di gas per 100ml di soluzione.

Lo scambio di gas a livello della membrana respiratoria è efficiente per le seguenti cinque ragioni:
- Le differenze nelle pressioni parziali sui due lati della membrana sono significative;
- Le distanze percorse dai gas nel processo di diffusione sono brevi;
- I gas sono solubili nei lipidi;
- L'area totale di scambio è ampia;
- Flusso di sangue e flusso d'aria sono coordinati. il flusso ematico è maggiore attorno agli alveoli
con i valori di pO2 più elevati.

Assunzione dei gas nel sangue e loro trasporto a destinazione


L’O2 e la CO2 hanno una solubilità limitata nel plasma sanguigno; per esempio, 100 ml di plasma
assorbono circa 0,3 ml di O2.
La limitata solubilità di questi gas è un problema, perché i tessuti periferici necessitano di maggiori
quantità di O2 e producono più CO2 di quanto il plasma ne può assorbire e trasportare.
Il problema è risolto dai globuli rossi, che prelevano molecole di O2 e CO2 in soluzione dal plasma
e le legano (nel caso dell'O2) o le usano per produrre composti solubili (nel caso del CO2). Poiché
queste reazioni rimuovono gas in soluzione dal plasma, nuovo gas può diffondere nel sangue senza
mai raggiungere un equilibrio. Il punto chiave in queste reazioni è che esse sono temporanee e
completamente reversibili: quando le concentrazioni plasmatiche di O2 o CO2 sono elevate, le
molecole in eccesso sono assunte dai globuli rossi; quando le concentrazioni plasmatiche iniziano
a scendere, i globuli rossi liberano le proprie riserve.
Trasporto dell'ossigeno
100 ml di sangue che lasciano i capillari alveolari portano con sé circa 20 ml di ossigeno; di questa
quantità, solo 0,3 ml (1,5%) circa sono in soluzione, il rimanente (98,5%) è legato alle molecole di

11
emoglobina (Hb) e, specificamente, agli ioni ferro posti al centro delle unità eme. Una molecola di
emoglobina è formata da quattro subunità proteiche globulari ciascuna contenente una unità
eme; ciascuna molecola di emoglobina può quindi legare quattro molecole di O2 e formare
ossiemoglobina. Questo legame è reversibile e può essere riassunto nei termini: Ciascun globulo
rosso contiene circa 280 milioni di molecole di emoglobina; poiché una molecola di emoglobina
contiene quattro unità eme, ciascun globulo rosso è potenzialmente in grado di tra sportare più di
un miliardo di molecole di O2.
La percentuale di unità eme che, in un dato momento, lega molecole di O2 è detta saturazione
dell'emoglobina. Se tutte le molecole di emoglobina nel sangue fossero completamente cariche di
O2, la saturazione sarebbe del 100%; se, in media, ogni molecola di emoglobina legasse due
molecole di O2, la saturazione sarebbe del 50%.
La conformazione e le proprietà funzionali di una proteina possono cambiare in funzione di
variazioni nell'ambiente che la circonda. L'emoglobina non fa eccezione: ogni variazione nella sua
conformazione influenza il legame dell'O2. In condizioni normali i fattori ambientali più importanti
che influiscono sull'emoglobina sono:
- la pO2 del sangue
- il pH del sangue
- la temperatura del sangue
- l'attività metabolica all'interno dei globuli rossi
Emoglobina e pO2
La curva di saturazione dell'emoglobina con l'O2, o curva di dissociazione dell'ossigeno
dall'emoglobina, è un grafico che mette in rapporto la saturazione dell'emoglobina e la pressione
parziale di O2. Il legame e la dissociazione dell'ossigeno dall'emoglobina rappresentano una tipica
reazione reversibile, all'equilibrio, le molecole di ossigeno si legano all'eme con la stessa velocità
con cui altre molecole di ossigeno se ne dissociano. Se si aumenta la pO2 la reazione si sposta
verso destra e più ossigeno si lega all'emoglobina; se si diminuisce la pO2 la reazione si sposta a
sinistra e più ossigeno viene rilasciato dall'emoglobina. Il grafico che esprime questa relazione è
una curva piuttosto che una retta, perché la conformazione della
molecola di Hb varia leggermente ogni qualvolta una molecola di
ossigeno vi si lega e questo cambia la sua affinità di legame per la
successiva molecola di ossigeno: la prima molecola di ossigeno
che si lega all'emoglobina rende più facile il legame della seconda
e così via. Poiché ciascuna molecola di ossigeno in arrivo aumenta
l'affinità dell'emoglobina per la successiva, la curva di saturazione
prende la forma illustrata nella figura. La pendenza della curva è
modesta finché la prima molecola di ossigeno si lega alla proteina,
quindi aumenta rapidamente e infine si appiana quando la saturazione è vicina al 100%.
Emoglobina e pH
Quando il pH cala, la conformazione della molecola di emoglobina si modifica e ne risulta un più
facile rilascio delle molecole di O2 cosicché la pendenza della curva di saturazione dell'emoglobina
cambia: la saturazione diminuisce. Ad esempio, ad una pO2 di 40 mm Hg la molecola di
emoglobina rilascia il 15% in più di ossigeno a pH 7,2 che a pH 7,4. Questo effetto del pH sulla
curva di saturazione dell'emoglobina è detto effetto Bohr.
12
Il CO2 è il composto principalmente responsabile dell'effetto Bohr: Quando CO2 diffonde nel sangue, passa
rapidamente all'interno dei globuli rossi; qui, un enzima detto anidrasi carbonica catalizza la reazione fra CO2 e
molecole d'acqua: Il prodotto di questa reazione enzimatica, H2C03 (acido carbonico) si dissocia in uno ione idrogeno
(H+) e in un o ione bicarbonato (HC03-). La velocità di formazione dell'acido carbonico dipende dalla quantità di
biossido di carbonio in soluzione e questa, a sua volta, dipende dalla pCO2 come detto in precedenza. Quando la pCO2
cresce, la reazione procede da sinistra a destra e la velocità di formazione dell'acido carbonico aumenta; gli ioni
idrogeno così prodotti diffondono fuori dai globuli rossi e il pH del plasma diminuisce. Quando la pCO2 diminuisce, la
reazione procede da destra a sinistra e allora ioni idrogeno diffondono nei globuli rossi aumentando così il pH del
plasma

Emoglobina e temperatura
Anche variazioni di temperatura sono in grado di influenzare la pendenza della curva di
saturazione dell'emoglobina; al crescere della temperatura l'emoglobina rilascia più ossigeno,
mentre al calare della temperatura l'ossigeno è legato più strettamente. L'effetto della
temperatura è significativo solo in tessuti particolarmente attivi dove si genera una grande
quantità di calore (per esempio, i muscoli scheletrici producono calore durante l'esercizio, il calore
riscalda il sangue che passa in questi organi e quindi le molecole di emoglobina rilasciano più
ossigeno di quanto ne può essere usato dalle fibre muscolari in contrazione).

Trasporto di co2
CO2 è prodotta dal metabolismo nei tessuti periferici. Una volta entrata nel torrente circolatorio,
una molecola di CO2 può essere:
- convertita in una molecola di acido carbonico
- legata alla parte proteica di una molecola di emoglobina
- sciolta nel plasma
Le tre reazioni sono tutte completamente reversibili.
La maggior parte di CO2 assorbito dal sangue (circa il 70% del totale) è trasportata sotto forma di
molecole di acido carbonico. Il biossido di carbonio è convertito ad acido carbonico per azione
dell'enzima anidrasi carbonica nei globuli rossi; la molecola di acido carbonico dissocia
immediatamente in uno ione idrogeno H+ e in uno ione bicarbonato HCO3- . Questa reazione è
completamente reversibile.
Gli ioni idrogeno e bicarbonato hanno destini diversi. La maggior parte degli ioni idrogeno si lega
alle molecole di emoglobina e forma Hb·H+. Le molecole di Hb funzionano quindi come un
tampone ed assumono gli ioni idrogeno prima che lascino i globuli rossi, andando a modificare il
pH del plasma . Gli ioni bicarbonato si spostano nel plasma attraverso un meccanismo di
controtrasporto che scambia ioni bicarbonato intracellulari con ioni cloro (Cl-) extracellulari.
Questo scambio uno contro uno non richiede ATP e il risultato è un massiccio movimento di ioni
cloro all'interno dei GR, fenomeno noto come spostamento del cloro. Circa il 23% di CO2
trasportato nel sangue è legato alla porzione proteica globulare della molecola di emoglobina. Il
composto che ne risulta è detto carbaminoemoglobina, Hb·CO2. La reazione è reversibile. Il
plasma si satura rapidamente di biossido di carbonio e ne trasporta in forma di molecole in
soluzione solo il 7% circa di quanto entra nei capillari periferici. Il resto è assorbito dai globuli rossi
per conversione da parte dell'anidrasi carbonica o depositato come carbaminoemoglobina.

Controllo della respirazione


13
Le cellule dei tessuti periferici assorbono continuamente ossigeno dal liquido interstiziale e
producono biossido di carbonio; in condizioni normali ciò è compensato dal trasporto capillare e
dagli scambi gassosi nel polmone. Se l'entità della diffusione a livello dei capillari alveolari e
periferici diviene squilibrata, si ha l'intervento dei seguenti meccanismi omeostatici:
- Variazioni controllate a livello locale nel flusso ematico e nella cessione di ossigeno dal sangue
- variazioni nella profondità e frequenza degli atti respiratori controllate dai centri cerebrali del
respiro (pneumotassico e apneustico).
L'attività di questi centri è coordinata con quella dei centri che regolano la funzione
cardiovascolare (variazioni della pressione del sangue e della gittata cardiaca).

14

Potrebbero piacerti anche