Sei sulla pagina 1di 24

Ariodante – Linguistica ed epigrafia dell’Italia antica

numero 1 - 2022

C ol l a n a d i s t u d i

Direzione e redazione
Massimo Nafissi
Università degli Studi di Perugia
Alberto Calderini
Dipartimento di Lettere – lingue, letterature e civiltà antiche e moderne
Riccardo Massarelli

A R I O D A N T E è una Collana di studi monografici dedicata alla variegata tematica delle


lingue dell’Italia antica, nei molteplici aspetti e prospettive disciplinari. La denominazione
omaggia la straordinaria figura di Ariodante Fabretti (1816-1894) a cui è profondamente
debitrice l’epigrafia etrusco-italica moderna, così come lo è la lunga tradizione delle scuole
perugine di studi antichistici e storico-linguistici, che la Collana ha l’ambizione di continuare. I
volumi hanno pubblicazione non periodica online in modalità Open Access, con possibilità di
stampa on-demand presso Morlacchi Editore. L’accettazione delle opere è subordinata al
parere del Comitato Scientifico ed è altresì vincolata alla valutazione tramite procedura di
peer review a doppio cieco da parte di referee individuati dalla Direzione e dal Comitato
Scientifico. La Collana accetta opere in più lingue, e incoraggia la pubblicazione di apparati
di immagini e corredi fotografici.

Palazzo Manzoni, Piazza F. Morlacchi 11, Perugia (Italia)


massimo.nafissi@unipg.it
+39 (0)75 585 3116
alberto.calderini@unipg.it
+39 (0)75 585 3045
riccardo.massarelli@unipg.it

www.ariodante.unipg.it
EQO ‹ DUENOSIO

Studi offerti a
Luciano Agostiniani

a cura di
Alberto Calderini, Riccardo Massarelli

Università degli Studi di Perugia


Università degli Studi di Perugia
Collana Ariodante – Linguistica ed epigrafia dell’Italia antica
numero 1 – 2022

ISBN 978-88-9426-979-6

www.ariodante.unipg.it/ariodante001.pdf

copyright © Università degli Studi di Perugia


tutti i diritti riservati

copertina:
calice in bucchero etrusco con decorazione a pantere, VI sec. a.C.
Courtesy of Royal-Athena Galleries, 153 East 57th Street, New York
(www.royalathena.com)
i curatori ringraziano il Direttore Mr. Rick Novakovich
Indice

Saluetod Duene ………………………………………………… 9

1. Ignasi-Xavier Adiego
Osservazioni sul teonimo osco líganakdíkeí della Tavola di
Agnone ………………………………………………………… 13

2. Petra Amann
La menzione di bambini nelle iscrizioni etrusche ……………… 21

3. Giovanna Bagnasco Gianni


Tamera, sopra e sottoterra ……………………………………… 39

4. Valentina Belfiore
Fenomeni protosillabici in etrusco: la vocale protetica e il nome
degli Etruschi …………………………………………………… 49

5. Vincenzo Bellelli
Contributo all'interpretazione di CIE 6673 (Veio) e CIE 10017
(Tarquinia), ovvero del significato di aχapri e zinace in etrusco … 69

6. Enrico Benelli
Antroponimi etruschi in -s. Lo stato dell’evidenza e problemi
connessi ………………………………………………………… 99

7. Guido Borghi
Toponomastica preistorica non reto-tirrenica in Etruria ……… 125

8. Dominique Briquel, Gilles van Heems


Dans le prolongement d’une note de L. Agostiniani: remarques
sur une inscription d’Aleria …………………………………… 173

9. Alberto Calderini, Giulio Giannecchini, Alberto Manco,


Riccardo Massarelli
Novità e riflessioni in tema di “iscrizioni parlanti” …………… 187

10. Loredana Cappelletti


Brevi note sulla *laukelarchia napoletana …………………… 245

11. Filippo Coarelli


Le porte del Palatino e il nome di Roma ………………………… 257
6 Indice

12. Federica Cordano


Nomi che quasi sempre hanno una sottile ragione ……………… 261

13. Gabriele Costa


Sulle cosmogonie nell’Italia antica ……………………………… 273

14. Loretta Del Tutto


L’idea pericolosa di Benveniste: i delocutivi …………………… 317

15. Luigi Donati


Osservazioni sul simposio a Vetulonia ………………………… 333

16. Emmanuel Dupraz


Qualche scelta redazionale nelle versioni lunga e breve della
lustratio umbra ………………………………………………… 347

17. Heiner Eichner


Die opikischen Wörter für ‘Götter’ und ‘(Götter-)Wagenzelt’ in
der Dedikation des NIUMSIS TANUNIS aus Nordkampanien
(Capua?) ………………………………………………………… 361

18. Giulio M. Facchetti


Etrusco eprus ame ……………………………………………… 379

19. Andrea Gaucci, Elisabetta Govi, Giuseppe Sassatelli


Epigrafia e sacro a Kainua-Marzabotto: questioni di metodo e
analisi contestuale ……………………………………………… 387

20. Renato Gendre


Sul tabu del capello ……………………………………………… 419

21. Giulio Giannecchini


θapicun θapinta(i)ś e la magia dell’Etruria …………………… 427

22. Jean Hadas-Lebel


Y avait-il des labiovélaires en étrusque? ………………………… 477

23. Romano Lazzeroni


La formazione di un diasistema ortografico: la trascrizione delle
vocali lunghe nelle tavole iguvine in alfabeto latino …………… 489

24. Reiner Lipp


Umbrian FEFURE as a relic form of the Proto-Indo-European
perfect …………………………………………………………… 499
Indice 7

25. Marco Mancini


Etimologia e semantica di osco pukam ………………………… 535

26. Daniele F. Maras, Alberto Calderini


Symposium Sabinum. L’iscrizione dell’olletta di Colle del
Giglio: revisione e spigolature ………………………………… 567

27. Maria Pia Marchese, Francesca Murano


Testualità magiche e plurilinguismo. I testi oschi di magia
aggressiva nell’ambito occidentale antico ……………………… 631

28. Anna Marinetti


Annotazioni sull’iscrizione venetica con onomastica celtica da
Bologna ………………………………………………………… 647

29. Vincent Martzloff


Sicule epopaska et l’inscription du Mendolito (Adrano): aspects
institutionnels et phraséologiques ……………………………… 663

30. Riccardo Massarelli


Osservazioni sui cippi terminali iscritti da Cortona …………… 677

31. Angelo O. Mercado


Rhythm in Some Prayers to Jupiter and Tefer Jovius ………… 695

32. Marco Montedori


Il quton di Uoltenos: appunti per una rilettura ……………… 711

33. Filippo Motta


Due iscrizioni parlanti in Gallia ………………………………… 723

34. Sergio Neri


Alb. gur ‚Stein‘ und uridg. *greh2- ‚schwer, massiv sein‘ …… 731

35. Vincenzo Orioles


Per una rivisitazione di Vetter 191. Contributo all’interpretazione
della formula onomastica ………………………………………… 751

36. Paolo Poccetti


“Siculo” Reses Anires ………………………………………… 767

37. Diego Poli


Voce e fono-grafi: le scuole di scrittura, il cifrario di Polibio e la
latinità ogamica ………………………………………………… 789
8 Indice

38. Luca Rigobianco


La morfonologia del genitivo II in etrusco: *-iala oppure *-la? … 813

39. Giovanna Rocca


Errori grafici volontari, involontari e un possibile caso antico di
dislessia (Eronda III) …………………………………………… 831

40. Domenico Silvestri


Antrodoco, Introdacqua e toponimi affini. Indizi per un
presumibile nome italico dell’acqua ……………………………… 841

41. Patrizia Solinas


Sulle due iscrizioni in alfabeto leponzio dalla necropoli di
Dormelletto ……………………………………………………… 853

42. Mario Torelli


Riflessioni antiquarie e istituzionali sull'aequipondium di
Caere …………………………………………………………… 865

43. Gilles van Heems


Les épitaphes “parlantes” d’Étrurie …………………………… 897

44. Paolo Vitellozzi


Amuleti astrologici nel Libro Sacro di Hermes ad Asclepio.
Un aspetto della ricezione della tradizione astrologica egiziana
nel mondo greco-romano ………………………………………… 915

45. Rex Wallace


The enclitic article /isa/ at Caere ……………………………… 941

46. Michael Weiss


Issues in the eítuns Inscriptions of Pompeii ………………… 949

Q
Saluetod Duene

Pistoiese, allievo di Giacomo Devoto a Firenze, ricercatore ad Urbino e Fi-


renze e poi professore a Perugia (1987-2009), membro delle principali società
scientifiche ed accademie italiane e da sempre una delle anime dell’Istituto
Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, Luciano Agostiniani è figura di riferi-
mento e di rilievo imprescindibile per gli studi sulle lingue dell’Italia prero-
mana. Vi ha contribuito con saggi che hanno fatto la storia della disciplina,
ed in particolare nel campo della linguistica etrusca a lui si devono molti dei
fondamentali progressi conseguiti nell’ultimo quarantennio. In questo setto-
re i suoi interventi sono stati determinanti nella definizione di molteplici a-
spetti della fonologia, della morfosintassi e del lessico dell’etrusco: dallo stu-
dio del mutamento del sistema vocalico, alla descrizione del meccanismo di
selezione del plurale nei sostantivi con il riconoscimento del ruolo fonda-
mentale dell’animatezza, che interviene anche nella disciplina dei pronomi
relativi, altro ambito di ricerca indagato; oltre a ciò, di assoluta rilevanza so-
no i suoi studi sulla negazione, sulla categoria dei numerali, su molteplici
aspetti del lessico tra cui spicca, per i suoi risvolti sul piano testuale nonché
per le ricadute metodologiche, l’identificazione di mlaχ ‘bello’. Di non mino-
re importanza è il suo apporto agli studi sulla storia dell’etruscologia. Più in
generale ha ordinato la materia della formularità nella complessiva produ-
zione epigrafica preromana rilevando e definendo tipi e moduli testuali e
chiarendone la circolazione attraverso i vari ambiti linguistici, ed è questo
aspetto, notissimo, della produzione del Festeggiato che il titolo del volume
omaggia direttamente. Ha fondato la linguistica indigena di Sicilia, racco-
gliendo i corpora dell’elimo e del siculo, dirimendo le dinamiche del contatto
con le varietà greche coloniali e mettendo in luce sul profilo genetico i dati
significativi per l’accostamento dialettologico del siculo all’italico. Ha indivi-
duato, affrontato e chiarito testi e problematiche di tutti i vari filoni linguisti-
ci dell’ambiente lato sensu italico, dall’etrusco e dal latino arcaico e dialettale
al falisco ed alle varietà sabelliche, fino al venetico ed al greco coloniale. Ha
inquadrato e risolto molti dei quesiti inerenti alla fenomenologia della scrit-
tura nell’Italia antica riformulandone al contempo l’analisi secondo la più
consapevole impostazione su criteri semiotici. In ognuno degli specifici set-
tori ha contribuito in misura decisiva a rinnovare l’impianto metodologico
con nuovi modelli d’analisi e di ricostruzione, nonché con un’adeguata con-
siderazione delle istanze più moderne degli studi sul linguaggio, dalla tipo-
logia linguistica alla linguistica variazionista, che peraltro ha coltivato anche
negli iniziali studi di romanistica e dialettologia italiana. Agli specifici risul-
tati, in moltissimi casi riconosciuti come conclusivi, è pervenuto anche grazie
10

al ricco e vario bagaglio di conoscenze, alla piena padronanza del quadro sto-
rico-archeologico, alla rara sensibilità nei confronti del tessuto dei riferimenti
semiotici e pragmatici sotteso all’analisi ermeneutica dei testi epigrafici, e ad
una cospicua dose di personale ingegno ed acribia, che in lui si fondono con
un’inossidabile sistematicità. Vi abbina un’elegante prosa scientifica, tanto
raffinata quanto efficace, che rende i suoi scritti autentici pezzi di bravura
retorica, piacevoli da rileggere ed apprezzare anche solo sotto questo profilo
(per riproporre un’eloquente considerazione di Domenico Silvestri dell’epoca
della preparazione dei suoi Scritti Scelti). Ai meriti sul profilo dell’apporto
scientifico si sommano quelli meno noti ma altrettanto significativi legati
all’insegnamento, nel quale ha riversato ed amalgamato l’estremo rigore del-
lo studioso ed una dedizione autentica. Da allievi ci sta a cuore esprimergli
gratitudine per le conoscenze, l’impostazione metodologica, la visione e la
passione che ci ha trasmesso a partire dagli illuminanti corsi perugini; che
negli anni ha dedicato alla linguistica storica indoeuropea, con approfondi-
menti monografici di volta in volta tarati sui vari rami, alla linguistica etru-
sca, ma anche alla linguistica generale, con seminari su plurimi aspetti del
complesso delle problematiche sul linguaggio, e perfino sulla creolistica
(grazie ai quali sapremmo ancor oggi cavarcela in Guadalupa!). Altrettanto
gli dobbiamo per il clima di amicizia, collaborazione e costante incoraggia-
mento, per averci guidati nello studio, affiancati nelle indagini, ed anche di-
rettamente istruiti nell’approccio alle testimonianze epigrafiche con frequenti
gustosi sopralluoghi autoptici in musei, magazzini e campagne. E soprattut-
to ne lodiamo la generosità, la disponibilità, la sensibilità, la gratuità, che ri-
velano del lato più umano, ben noto agli Amici e Colleghi intervenuti a fe-
steggiarlo e a rivolgergli il saluto davvero più appropriato:

salute a te, o Ottimo!

K
Ringraziamenti
Siamo riconoscenti a Guido Borghi, Giulio Giannecchini, Maria Pia Mar-
chese, Francesca Murano, Sergio Neri e Diego Poli per l’aiuto nei vari aspet-
ti dell’organizzazione. A tutti i Contributori rivolgiamo un sincero ringra-
ziamento per il rilievo degli studi offerti, per l’impegno amichevolmente
profuso ed anche per la pazienza rispetto al prolungarsi del lavoro editoria-
le. Tra loro, ci è caro dedicare un pensiero agli scomparsi Romano Lazzeroni
e Mario Torelli, amara perdita.
A.C., R.M.
Perugia, 20 maggio 2022
Nella pagina precedente:
Luciano Agostiniani durante un esame autoptico di iscrizioni etrusche ed umbre;
Perugia, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, 2008.
Tamera, sopra e sottoterra

H
Giovanna Bagnasco Gi anni

1. Tamera
In appendice al suo fondamentale lavoro su tamera, in cui metteva un
punto fermo sul sistema numerale etrusco, Luciano Agostiniani richia-
mava con forza lo studio di Adriana Emiliozzi, uscito mentre il suo era in
bozze1. Evidenza delle piante tombali alla mano, tale studio non faceva
che confermare la tesi di L. Agostiniani relativa al senso del raddoppiarsi
e del quadruplicarsi della camera funeraria, ricavato invece dal dato lin-
guistico. Una proficua dialettica fra studiosi impegnati su serie testimo-
niali differenti che si poneva come vitale e produttiva ai fini dell’ermeneusi
del lessico etrusco e del suo contorno culturale.
Mi è sembrato perciò opportuno rendere omaggio all’insigne Studio-
so, capace di illuminare il cammino dei nostri studi etruscologici, ritor-
nando proprio su tamera. Spero così che il mio contributo possa apportare
qualche minore osservazione a margine del significato di questo lemma
nella cultura etrusca, ancorché ormai consolidato e condiviso.

2. Occorrenze di tamera sopra e sottoterra


Come dimostra l’evidenza epigrafica, tamera è utilizzato per indicare
sottoterra tombe e sopra terra uno spazio costruito. Quest’ultima con-
dizione è resa evidente dal testo della lamina A di Pyrgi dove restituisce
l’idea di ‘cella’, vale a dire di ‘luogo chiuso, interdetto ai comuni fedeli, in
cui abita la dea’2. Proprio perché dal punto di vista fisico e rituale si tratta
comunque di situazioni diverse, pare opportuno fare ancora un tentativo

1 Cfr. Agostiniani 1997; Emiliozzi 1993.


2 Cfr. Colonna 2002, pp. 297-298.
40 G. Bagnasco Gianni

per cercare di individuare quale denominatore comune possa essere stato


tanto significativo da motivare l’impiego di uno stesso termine per definir-
le, rafforzando così un’affinità concettuale già da più parti rilevata3.
Nella lamina di Pyrgi, la parola tamera è utilizzata in associazione con
due date espresse al locativo4. Lasciando da parte il problema di collocare
queste date nell’arco dell’anno, la loro menzione approssimativamente al
centro della lamina etrusca A (linee 7-11) e della lamina fenicia C (linee 4-9)
permette di porle in corrispondenza. Nel testo fenicio esiste una certa di-
stanza tra le linee contenenti le date: nella linea 4 è citato il mese in cui uno
ʾŠR QDŠ fu costruito e donato all’interno di un BT, mentre le linee 7-8 sta-
biliscono un mese e un giorno di tre anni dopo5. Su entrambe le lamine lo
stesso personaggio (Thefarie Veliana in etrusco; TBRY WLNŚ in fenicio) è re-
sponsabile dell’azione: sulla lamina fenicia l’azione è BN (‘costruire’) men-
tre sulla lamina etrusca A l’azione è turuce (‘donare’).
Dal momento che i due testi non sono l’uno la traduzione letterale
dell’altro6, è opportuno concentrarsi prima sul testo fenicio e sull’azione
di costruire, iniziando da BN (che finisce in corrispondenza della linea 5)
e TW (che segue immediatamente dopo, all’inizio della linea 6). Qui TW è
un unicum con una traduzione a lungo dibattuta. J. Friedrich, istituendo
un confronto al di fuori del fenicio con l’accadico, aveva proposto di in-
dividuarvi il significato di ‘cella’7. G. Garbini, pur accettando la tesi di
Friedrich sul senso generale delle lamine, ha suggerito di leggere TW an-
che in senso più ampio, come in ebraico. Questo segno potrebbe essere
stato utilizzato “con allusione specifica all’edicola di tipo etrusco: il ter-

3 Cfr. Belfiore 2015, per una recente rassegna degli studi sul lemma tamera, anche
nel quadro del confronto con šuθi, muni (ivi, §33 e §37), in quanto termini che, pur
indicando spazi funerari, potrebbero “rappresentare, oltre a connotazioni diverse,
anche registri diversi (ufficiale vs. privato)” (ivi, §42). Su muni-, cfr. particolar-
mente la trattazione di G.M. Facchetti (2000, pp. 23-26). In merito ai rapporti di
tamera con šuθi si sono espressi tra gli altri: Morandi 1998, pp. 126, 146; D.H.
Steinbauer (1999, pp. 472-473), che propone una differenza riscontrabile fra šuθi,
in quanto Grab(stelle), e tamera, in quanto Grab(kammer).
4 Cfr. Colonna 2015, pp. 63-64; Belfiore 2016, p. 111. Per i dettagli morfologici, cfr.

G.M. Facchetti, in Bagnasco Gianni, Facchetti 2015, pp. 51-52.


5 Su questi temi la letteratura è, come noto, assai ampia e sono di grande utilità i

due volumi dedicati alle lamine recentemente editi (Lamine ScAnt 2015; Lamine
SEL 2016), in particolare per il testo fenicio e le sue sezioni, cfr. Xella 2016, pp. 63-
64; Zamora 2016, pp. 70-78.
6 Cfr. Colonna 2010, pp. 277-286.

7 Cfr. Friedrich 1969.


G. Bagnasco Gianni 41

mine tāw, che con riferimento alla forma dell'omonima lettera alfabetica
significa anche ‘croce’ che, secondo Dolabella (Gromatici Veteres, I, p. 303,
22 ss. Lachmann) gli aruspici disegnavano dinanzi ai templi”8.
G. Garbini basava la sua tesi sulla lettura delle ultime righe della lamina
A di Pyrgi proposta da G. Pugliese Carratelli9, interpretate come allusive al
rituale dell’inauguratio che comportava l’apposizione di stellae o cruces (croci)
di fronte al tempio da parte dei sacerdoti, ai fini di marcarne l’orientamento:
la formula fenicia avrebbe così potuto richiamare un rituale etrusco10.
Va tuttavia annotato che le ultime tre righe della lamina si trovano in
un contesto diverso da quello in cui sono tamera e TW. A ciò si aggiungo-
no le osservazioni di G. Colonna che negli ultimi suoi contributi, ripren-
dendo intuizioni di autori precedenti11, sostiene come il riferimento alle
‘stelle’ possa in realtà meglio adattarsi alle bullae infisse su uno degli sti-
piti della porta del tempio e indicare il rituale dei clavi annales12.
J.A. Zamora e M.G. Amadasi Guzzo13 hanno recentemente avanzato la
possibilità di leggere BNTW come parola unica, con BNT da intendere qua-
le prima persona della coniugazione del verbo BN e -W come forma pro-
nominale dell’oggetto a esso aggiunto, maschile e singolare, da tradurre ‘io
lo ho costruito’. Tuttavia, come più sopra ricordato, riferimenti simili a date
specifiche sia nel testo fenicio sia etrusco orientano verso una stretta corri-
spondenza fra le strutture degli stessi due testi, per cui TW potrebbe ancora
essere letto come termine separato14. È dunque ancora possibile seguire
quanto a suo tempo affermato da G. Colonna a proposito della corrispon-
denza fra TW e tamera, quali termini indicanti le unità costruite più piccole
all’interno del santuario di Pyrgi15, talché sia tamera, in etrusco, sia TW, in
fenicio, potrebbero essere riferiti a spazi costruiti16.

8 Cfr. Garbini 1970, pp. 5-6; interpretazione abbandonata tuttavia più recentemen-
te dallo stesso Studioso che traduce il termine semplicemente con ‘cella’, cfr.
Garbini 2016, p. 23.
9 Cfr. Pugliese Carratelli 1965, p. 305.

10 Sul rituale etrusco dell’inauguratio: Torelli 1966, p. 303 (già supposto nel caso di

Pyrgi per le tre ultime righe del testo della lamina etrusca A); Prosdocimi 1991,
pp. 37-43; Cherici 2006, pp. 24-25; Colonna 2016, p. 160.
11 Confluiti e discussi in: Durante 1965, pp. 309-314.

12 Cfr. Colonna 2016, pp. 150-162.

13 Cfr. Zamora 2016, p. 76; Amadasi Guzzo c.s.

14 Sono grata a M.G. Amadasi Guzzo per avermi dato la possibilità di leggere il suo

testo e di discutere questo specifico tema con la sua consueta grande liberalità.
15 Da ultimo: Colonna 2016, p. 64 (con riferimento ai suoi precedenti contributi, in

particolare: Colonna 1992, p. 211; Colonna 2002, p. 298 e nt. 187). Secondo lo Stu-
42 G. Bagnasco Gianni

Riassumendo, se da un lato abbiamo convergenza sull’idea che tamera


indichi uno spazio costruito, dall’altro la proposta di G. Garbini di indi-
viduare in TW l’espressione della croce a quattro bracci in fenicio incon-
tra un tema cruciale della religiosità etrusca. L’impiego di TW poteva es-
sere stato causato dalla necessità di esprimere il rituale più sopra ricorda-
to dell’inauguratio, consistente nell’apposizione di una stella o crux sulla
soglia o di fronte al tempio ai fini di orientarne la pianta. Si apre così la
possibilità di un confronto fra tamera e TW in quanto termini utilizzati
per indicare una struttura costruita orientata secondo uno dei quattro
bracci della croce, ovvero quello corrispondente alla fronte.
Non vi sono per ora elementi all’interno dell’etrusco che consentano di
dare a tamera la valenza qui proposta di spazio costruito e orientato, ricava-
ta esclusivamente in base al confronto con TW, letto nel senso datogli a suo
tempo da G. Garbini. Tuttavia, tornando alla situazione etrusca più in ge-
nerale, la necessità di selezionare e indicare un orientamento preciso ben si
adatterebbe all’evidenza di santuari dove coesistono edifici e strutture sa-
cre dall’orientamento fra loro diverso17. Ciò riguarda anche le tombe delle
necropoli etrusche che mostrano orientamenti diversi, presumibilmente
dipendenti da esigenze dettate dalle tradizioni e dai culti delle singole fa-
miglie, come è stato recentemente dimostrato nel caso della necropoli dei
Monterozzi a Tarquinia a proposito delle tombe dipinte18. Parimenti, luo-
ghi di culto sotterranei potevano assumere orientamenti diversi a seconda
delle necessità, come è stato ben studiato per Cerveteri19.

dioso (1992, pp. 215-216), la sequenza della costruzione permette di far escludere
che TW fosse costruito dopo ’ŠR QDŠ. L’altra possibilità potrebbe essere stata che
TW si trovasse al di fuori di ’ŠR QDŠ, ma questo sarebbe impossibile all’interno
del santuario pyrgense: l’unica altra area costruita riferibile a una donazione a-
vrebbe potuto essere solo l’area C, inestricabilmente connessa alla fondazione del
tempio B e a esso connaturata.
16 Cfr. Xella 2016, p. 50.

17 Esempi significativi si ritrovano a Tarquinia al santuario dell’Ara della Regina

con le strutture alpha e beta orientate in maniera diversa rispetto al tempio (Ba-
gnasco, Bortolotto, Magli 2013, § 2-3), così pure a Veio al santuario di Portonaccio
(Colonna 2001) e a Orvieto nei santuari del Belvedere (Stopponi 1985) e Campo
della Fiera (Stopponi 2012). Per una recente disamina dei diversi orientamenti
delle strutture templari etrusche, cfr. Pernigotti 2019.
18 Cfr. Torelli 2005; Marzullo 2017, pp. 201-202.

19 Cfr. Torelli, Fiorini 2008; Colivicchi 2014, pp. 57-64; Colivicchi, Gregori, Lanza

2016, pp. 378-389. Per un confronto con la situazione a Roma: Marcattili 2006, pp.
644-648.
G. Bagnasco Gianni 43

3. Tamera come concetto chiave dell’Etrusca Disciplina


I quattro bracci di una croce potevano dare indicazione di come orien-
tare un edificio o una struttura a carattere sacro verso uno specifico pun-
to che poteva trovarsi sull’orizzonte. Se tale punto dell’orizzonte si tro-
vava all’interno degli archi solstiziali, ovverosia lungo i due archi di oriz-
zonte posti al di sopra dei punti di alba e tramonto del sole al solstizio
d’inverno e al di sotto di quelli relativi al solstizio d’estate, l’orientamento
della struttura sarebbe risultato collegato con il sorgere o il tramontare
del sole in due precise date dell’anno. Così come accade per la maggior
parte dei templi etruschi tuttavia, anche nel caso degli edifici sacri pre-
senti all’interno del santuario nord di Pyrgi, si prescinde dall’orientamen-
to condizionato da queste date all’interno degli archi solstiziali. Viene in-
fatti favorito piuttosto quello che punta verso l’arco di cielo meridionale
dove il sole non sorge né tramonta mai, ma passa tutti i giorni dell’anno,
illuminando la fronte degli edifici sacri per più ore al giorno20.
Di tutta evidenza appare dunque come l’orientamento delle strutture
etrusche possa mutare di sito in sito e anche all’interno di uno stesso sito,
in accordo con il ruolo rivestito all’interno del contesto di riferimento, sia
nei santuari sia in necropoli.
Come sopra affermato, a Pyrgi l’orientamento del tempio B ricade al
di fuori degli archi solstiziali e avrebbe potuto tendere più verosimilmen-
te verso un particolare punto sull’orizzonte, che poteva essere dipenden-
te da un corpo celeste anche diverso dal sole21, oppure verso un qualche
altro tipo di punto cospicuo materiale o immateriale. L’uso del riferimen-
to alla croce (TW) nella lamina fenicia avrebbe potuto essere perciò un
espediente per restituire questo specifico tratto della ritualità etrusca le-
gata all’orientamento degli edifici di culto. Del resto, secondo quanto ge-
neralmente accettato a proposito del formulario della lamina fenicia, pur
essendo il testo aderente a forme linguistiche fenicie, sarebbe stato forte-

20Cfr. Pernigotti 2019, p. 8.


21 Condizioni queste che potrebbero essere riconosciute nello stesso santuario
pyrgense nell’area sud dove N. de Grummond si è espressa in merito alla presenza
di una divinità, Cavatha, connessa ai movimenti della luna “a goddess who reflected
the cosmic rhythms of the moon and the sea” in quanto efficace nel culto pyrgense
legato alle nascite, cfr. de Grummond 2008, in partic. p. 427. Per un tentativo di
esplorare possibili correlazioni fra aspetti astronomici e configurazione dell’assetto
delle strutture sacre (tempio orientato a 95° e altare alpha a 340°) al santuario
dell’Ara della Regina, cfr. Bagnasco, Bortolotto, Magli 2013, § 4-5.
44 G. Bagnasco Gianni

mente influenzato dal contesto etrusco dominante22. Le riflessioni di C.


Bonnet, a partire dalla testimonianza epigrafica del lessico fenicio-punico
dei luoghi di culto, affidata prevalentemente a termini quali BT (casa o
palazzo degli dei) e MQDŠ (luogo sacro ritagliato nello spazio comune
profano), sembrerebbero individuare nel santuario espressione di ‘un
doppio radicamento della devozione: concreto e simbolico, orizzontale e
verticale’23. Tenendo presente tale specifica accezione fenicio-punica di
santuario, il significato di TW, finora unicum esclusivo di Pyrgi, si confi-
gurerebbe più distintamente quale espressione di un concetto ulteriore da
definire nella prospettiva rituale etrusca.
Lo schema rappresentato dalla croce (TW) potrebbe dunque esprimere
uno dei principi fondanti dell’Etrusca Disciplina, coinvolgendo in partico-
lare l’orientamento combinato con partizione e delimitazione. Questi
principi emergono chiaramente in siti come Marzabotto, dove pietre se-
gnate con la decussis indicano che l’assetto del cosmo era in maniera ana-
loga riflesso sul terreno24 e anche nella marcatura di suppellettile presen-
te nelle aree sacre25.
Sia TW sia tamera si configurerebbero quali astrazioni che superano
l’ambito architettonico: ‘croce’ è di per sé un concetto astratto mentre di fat-
to tamera mostra di adattarsi alla situazione sia della tomba sia del santua-
rio. Attraverso il paragone tra croce (TW) e tamera nello stesso contesto lin-
guistico, si potrebbero dunque recuperare i tre principali indicatori dello
spazio sacro secondo l’Etrusca Disciplina26: oltre all’orientamento, sussiste-
rebbe un riferimento alla partizione (i quattro bracci basilari della croce) e
delimitazione (nella forma dello spazio costruito definito da tamera).
Tornando all’inizio di questo contributo e in conclusione, il minimo
comune denominatore tra le due situazioni definite da tamera – sopra e
sottoterra – potrebbe forse individuarsi in una sfera semantica più artico-
lata rispetto all’azione di ‘costruire’. Potrebbe collocarsi vicino all’idea di

22 Cfr. Campus 2015, p. 217; Amadasi Guzzo 2016, in partic. pp. 7-8. Per il quadro

storico che avrebbe nel clero “il principale responsabile della versione fenicia
della dedica di Pyrgi”, ma in un contesto prettamente etrusco e senza aperture
del santuario in senso emporico, cfr. Colonna 2010, pp. 281-283.
23 Sul tema della percezione dei luoghi di culto in ambito fenicio-punico, cfr.

Bonnet 2008, in part. p. 674.


24 Cfr. Sassatelli 2017.

25 Cfr. Bagnasco Gianni 2008. A seguito delle indagini condotte per il progetto

DIVORI, è evidente come questo schema ricorra insistentemente in epigrafia alla


scala minore dei vasi: Bagnasco Gianni, Gobbi, Scoccimarro 2015.
26 Su questo tema, con bibliografia precedente, cfr. Bagnasco Gianni 2008.
G. Bagnasco Gianni 45

esprimere una struttura costruita sì, ma in osservanza di un orientamento


dettato da norme religiose etrusche specifiche concretizzate nella basilare
forma di una croce.
Di conseguenza, tamera potrebbe rappresentare una parola chiave
dell’Etrusca Disciplina, espressione di un concetto fondante, ovvero la sua
applicazione pratica nell’organizzazione dello spazio, nonché nei suoi ri-
flessi al suolo27. Se ciò coglie nel segno, in tamera si potrebbe individuare il
termine indicante il rapporto fra uno spazio sacro delimitato, sopra o sotto-
terra, e la sua collocazione nel più ampio spazio cosmologico, orientata a
seconda delle situazioni e delle necessità della comunità di riferimento.
In questi termini tamera sembrerebbe avvicinarsi all’affermazione di
Varrone a proposito del latino templum (De lingua latina 7.5-13), la cui sto-
ria culturale e linguistica, come noto, si sviluppò in modi diversi e arrivò
a definire strutture religiose costruite, in particolare i templi, in un buon
numero di lingue moderne28.

Riferimenti bibliografici

Agostiniani L. 1997, Sul valore semantico delle formule etrusche tamera ze-
larvenas e tamera sarvenas, in Studi linguistici offerti a Gabriella Giaco-
melli dagli amici e dagli allievi, a cura di A. Catagnoti, Padova, Unipress,
pp. 1-18.
Amadasi Guzzo M.G. 2016, Sull’ambientazione della lamina fenicia di Pyrgi,
in Lamine SEL 2016, pp. 5-19.

27 Ciò andrebbe in altra direzione rispetto a quanto potrebbe affiorare in Cicerone,


secondo la lettura di A. Maggiani (2009, in part. p. 236), a proposito di una
differenza fra dottrina augurale romana, la cui specificità sarebbe il templum in
terris, e quella etrusca che non contemplerebbe la trasposizione dal templum in
caelo a quello in terris. Sembrerebbero tuttavia esistere elementi per meditare
ancora su questa differenza e sul suo effettivo significato nelle fonti, tenendo con-
to di evidenze materiali quali il caso summenzionato di Marzabotto o forse anche
della città etrusca stessa come riflesso del cosmo, cfr. Bagnasco Gianni 2018.
28 Cfr. Cipriano 1983, pp. 141-142.
46 G. Bagnasco Gianni

Amadasi Guzzo M. G. c.s., Hypothesis on the suffixed pronouns used in the


Phoenician text of Pyrgi.
Bagnasco Gianni G. 2008, Rappresentazioni dello spazio “sacro” nella docu-
mentazione epigrafica etrusca di epoca orientalizzante, in Saturnia Tellus.
Definizioni dello spazio consacrato in ambiente etrusco, italico, fenicio-
punico, iberico e celtico. Atti del Convegno Internazionale svoltosi a
Roma dal 10 al 12 novembre 2004, a cura di X. Dupré Raventós, S. Ribi-
chini, S. Verger, Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, pp. 267-281.
Bagnasco Gianni G. 2018, Indicators of the perception of textile production in
the Etruscan society: a different approach, in G. Bagnasco Gianni, M. Ca-
taldi, G.M. Facchetti, Inscribed objects associated with textile production:
news from Tarquinia, Origini XL, pp. 277-283.
Bagnasco Gianni G., Bortolotto S., Magli G. 2013, Astronomy and Etruscan
Ritual: The Case of the Ara della Regina in Tarquinia, Nexus Network
Journal. Architecture and Mathematics 2015, pp. 445-455.
Bagnasco Gianni G., Gobbi A., Scoccimarro N. 2015, Segni eloquenti in ne-
cropoli e abitato, in L’écriture et l’espace de la mort. Épigraphie et nécropoles
à l'époque pré-romaine, a cura di M.-L. Haack (Collection de l'École
française de Rome, 502), Roma, École Française de Rome, pp. 253-301
(https://books.openedition.org/efr/2756).
Bagnasco Gianni G., Facchetti G.M. 2015, Considerazioni sulla rilettura di
CIE 5992, Alessandria 8 (2014), pp. 27-56.
Belfiore V. 2015, Definizioni locali di spazi tombali, in L’écriture et l’espace de la
mort. Épigraphie et nécropoles à l'époque pré-romaine, a cura di M.-L. Haack
(Collection de l'École française de Rome, 502), Roma, École Française de
Rome, pp. 141-163 (https://books.openedition.org/efr/2776?lang=en).
Belfiore V. 2016, Nuovi spunti di riflessione sulle lamine di Pyrgi in etrusco, in
Lamine SEL 2016, pp. 103-134.
Bonnet C. 2008, Dove vivono gli dei? Note sulla terminologia fenicio-punica dei
luoghi di culto e sui modi di rappresentazione del mondo divino, in Saturnia
Tellus. Definizioni dello spazio consacrato in ambiente etrusco, italico, feni-
cio-punico, iberico e celtico. Atti del Convegno Internazionale svoltosi a
Roma dal 10 al 12 novembre 2004, a cura di X. Dupré Raventós, S. Ribi-
chini, S. Verger, Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, pp. 673-685.
Campus A. 2015, “Nel mese di krr, nel giorno della sepoltura della divinità”. Il
tempo nelle iscrizioni fenicio-puniche, in Lamine ScAnt 2015, pp. 213-224.
Cherici A. 2006, Per una scienza etrusca, Science and Technology for cultu-
ral Heritage 15, pp. 9-28.
G. Bagnasco Gianni 47

Cipriano P. 1983, Templum, Roma, Università di Roma. Prima cattedra di


glottologia.
Colivicchi F. 2014, The Mundus of Caere and Early Etruscan Urbanization, in
Urban Dreams and Realities in Antiquity. Remains and Representations of
the Ancient City, a cura di A.M. Kemezis, Leiden-Boston, Brill, pp. 46-68.
Colivicchi F., Gregori L., Lanza M. 2016, New Excavations in the urban area
of Caere, Mouseion 13, pp. 359-450.
Colonna G. 1992, “Tempio" e "santuario" nel lessico delle lamine di Pyrgi,
Scienze dell’Antichità 3-4 (1989-90), pp. 197-216.
Colonna G. 2002, Il santuario di Pyrgi dalle origini mitistoriche agli altorilievi
frontonali dei Sette e di Leucotea, Scienze dell’Antichità 10 (2000), pp.
251-336.
Colonna G. 2010, A proposto del primo trattato romano-cartaginese (e della do-
nazione pyrgense ad Astarte), Annali della Fondazione per il Museo
Claudio Faina XVII, pp. 275-303.
Colonna G. 2015, Le lamine d’oro a cinquant’anni dalla scoperta, in Lamine
ScAnt 2015, pp. 39-74.
Colonna G. 2016, Ancora sulle lamine di Pyrgi, in Lamine SEL 2016, pp. 157-171.
de Grummond N. 2008, Moon Over Pyrgi: Catha, an Etruscan Lunar God-
dess?, AJA 112, pp. 419-428.
Durante, M. 1965, Le formule conclusive dei testi etruschi di Pyrgi, RAL 20,
pp. 308-321.
Emiliozzi A. 1993, Per gli Alethna di Musarna, in Miscellanea etrusco-italica
I, a cura di M. Cristofani, Quaderni di Archeologia etrusco-italica 22,
Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, pp. 109-146.
Facchetti G.M. 2000, Frammenti di diritto privato etrusco, Firenze, Olschki.
Friedrich J. 1969, Nochmals die phönizische Inschrift von Pyrgi, in Beiträge zu
alten Geschichte und deren Nachleben. Festschrift für F. Altheim zum
6.10.1968, a cura di R. Stiehl, H.E. Stier, Berlin, de Gruyter, pp. 205-209.
Garbini G. 1970, Le iscrizioni di Pyrgi e la lingua etrusca, GIF 1, pp. 1-21.
Garbini G. 2016, La bilingue di Tiberio, in Lamine SEL 2016, pp. 21-31.
Lamine ScAnt 2015 = Le lamine d’oro a cinquant’anni dalla scoperta. Dati Ar-
cheologici su Pyrgi nell’epoca di Thefarie Velianas e rapporti con altre realtà
del Mediterraneo, a cura di M.P. Baglione e L. Michetti, Scienze
dell’Antichità 21.2.
Lamine SEL 2016 = Le lamine di Pyrgi. Nuovi studi sulle iscrizioni in etrusco e
in fenicio nel cinquantenario della scoperta, a cura di V. Bellelli, P. Xella,
SEL 32-33 (2015-2016).
48 G. Bagnasco Gianni

Maggiani F. 2009, Deorum sedes: divinazione etrusca o dottrina augurale ro-


mana?, Annali della Fondazione per il Museo Claudio Faina XVI, pp.
221-237.
Marcattili F. 2006, Ara Consi in Circo Maximo, MEFRA 118, pp. 621-651.
Marzullo M. 2017, Spazi sepolti e dimensioni dipinte nelle tombe etrusche di
Tarquinia, Tarchna suppl. 7, Milano, Ledizioni.
Morandi A. 1998, A proposito di etrusco tamera, RBPh 76, pp. 125-158.
Pernigotti A.P. 2019, A contribution to the study of the orientation of Etruscan
temples, in Archaeoastronomy in the Roman World, a cura di G. Magli,
A.C. Gonzalez-García, E. Antonello, J.A. Belmonte, Cultural Astro-
nomy series, Springer International Pu., Cham, pp. 3-15.
Prosdocimi A.L. 1991, La ‘stella’ del templum augurale e la ‘stella’ dei groma-
tici. Una stella augurale da Alba Fucens, PP 256, pp. 37-43.
Pugliese Carratelli G. 1965, Le stelle di Pyrgi, PP 20, pp. 303-305.
Sassatelli G. 2017, La città e il sacro in Etruria padana: riti di fondazione, culti
e assetti urbanistico-istituzionali, in La città etrusca e il sacro. Santuari e i-
stituzioni politiche, Atti del Convegno (Bologna 21-23 gennaio 2016), a
cura di E. Govi, Bologna, Bononia University Press, pp.181-204.
Steinbauer D.H. 1999, Neues Handbuch des Etruskischen, St-Katharinen,
Scripta-Mercaturae-Verl.
Stopponi S. 1985, 4.7. Il santuario del Belvedere a Orvieto, in Santuari d'Etruria,
Catalogo della Mostra, a cura di G. Colonna, Milano, Electa, pp. 80-83.
Stopponi S. 2012, Il Fanum Voltumnae. Dalle divinità Tluschva a San Pietro,
Annali della Fondazione per il Museo Claudio Faina XIX, pp. 7-75.
Torelli M. 1966, Un templum augurale d’età repubblicana a Bantia, in RAL
XXI, pp. 293-315.
Torelli M. 2005, Templum, in ThesCRA IV, pp. 340-347.
Torelli M., Fiorini, L. 2008, Le indagini dell'Università degli studi di Perugia
nella vigna Marini-Vitalini, Mediterranea V, pp. 139-163.
Xella P. 2016, Il testo fenicio di Pyrgi, in Lamine SEL 2016, pp. 45-68.
Zamora J.Á. 2016, Pyrgi Revisited. An Analysis of the Structure and Formulae
of the Phoenician Text of Pyrgi, in Lamine SEL 2016, pp. 69-79.
Q

his
gemmis
luminosis
Magistro
Florentino
confectum et caelatum
est donum tam multa antiquitatum
et priscorum idiomatum e nebulis eripientibus.
sapientiam nec non liberalitatem grati et perlaeti mirantes
Eruditorum atque Amicorum consessum laudant curatores.

Potrebbero piacerti anche