Sei sulla pagina 1di 34

Ariodante – Linguistica ed epigrafia dell’Italia antica

numero 1 - 2022

C ol l a n a d i s t u d i

Direzione e redazione
Massimo Nafissi
Università degli Studi di Perugia
Alberto Calderini
Dipartimento di Lettere – lingue, letterature e civiltà antiche e moderne
Riccardo Massarelli

A R I O D A N T E è una Collana di studi monografici dedicata alla variegata tematica delle


lingue dell’Italia antica, nei molteplici aspetti e prospettive disciplinari. La denominazione
omaggia la straordinaria figura di Ariodante Fabretti (1816-1894) a cui è profondamente
debitrice l’epigrafia etrusco-italica moderna, così come lo è la lunga tradizione delle scuole
perugine di studi antichistici e storico-linguistici, che la Collana ha l’ambizione di continuare. I
volumi hanno pubblicazione non periodica online in modalità Open Access, con possibilità di
stampa on-demand presso Morlacchi Editore. L’accettazione delle opere è subordinata al
parere del Comitato Scientifico ed è altresì vincolata alla valutazione tramite procedura di
peer review a doppio cieco da parte di referee individuati dalla Direzione e dal Comitato
Scientifico. La Collana accetta opere in più lingue, e incoraggia la pubblicazione di apparati
di immagini e corredi fotografici.

Palazzo Manzoni, Piazza F. Morlacchi 11, Perugia (Italia)


massimo.nafissi@unipg.it
+39 (0)75 585 3116
alberto.calderini@unipg.it
+39 (0)75 585 3045
riccardo.massarelli@unipg.it

www.ariodante.unipg.it
EQO ‹ DUENOSIO

Studi offerti a
Luciano Agostiniani

a cura di
Alberto Calderini, Riccardo Massarelli

Università degli Studi di Perugia


Università degli Studi di Perugia
Collana Ariodante – Linguistica ed epigrafia dell’Italia antica
numero 1 – 2022

ISBN 978-88-9426-979-6

www.ariodante.unipg.it/ariodante001.pdf

copyright © Università degli Studi di Perugia


tutti i diritti riservati

copertina:
calice in bucchero etrusco con decorazione a pantere, VI sec. a.C.
Courtesy of Royal-Athena Galleries, 153 East 57th Street, New York
(www.royalathena.com)
i curatori ringraziano il Direttore Mr. Rick Novakovich
Indice

Saluetod Duene ………………………………………………… 9

1. Ignasi-Xavier Adiego
Osservazioni sul teonimo osco líganakdíkeí della Tavola di
Agnone ………………………………………………………… 13

2. Petra Amann
La menzione di bambini nelle iscrizioni etrusche ……………… 21

3. Giovanna Bagnasco Gianni


Tamera, sopra e sottoterra ……………………………………… 39

4. Valentina Belfiore
Fenomeni protosillabici in etrusco: la vocale protetica e il nome
degli Etruschi …………………………………………………… 49

5. Vincenzo Bellelli
Contributo all'interpretazione di CIE 6673 (Veio) e CIE 10017
(Tarquinia), ovvero del significato di aχapri e zinace in etrusco … 69

6. Enrico Benelli
Antroponimi etruschi in -s. Lo stato dell’evidenza e problemi
connessi ………………………………………………………… 99

7. Guido Borghi
Toponomastica preistorica non reto-tirrenica in Etruria ……… 125

8. Dominique Briquel, Gilles van Heems


Dans le prolongement d’une note de L. Agostiniani: remarques
sur une inscription d’Aleria …………………………………… 173

9. Alberto Calderini, Giulio Giannecchini, Alberto Manco,


Riccardo Massarelli
Novità e riflessioni in tema di “iscrizioni parlanti” …………… 187

10. Loredana Cappelletti


Brevi note sulla *laukelarchia napoletana …………………… 245

11. Filippo Coarelli


Le porte del Palatino e il nome di Roma ………………………… 257
6 Indice

12. Federica Cordano


Nomi che quasi sempre hanno una sottile ragione ……………… 261

13. Gabriele Costa


Sulle cosmogonie nell’Italia antica ……………………………… 273

14. Loretta Del Tutto


L’idea pericolosa di Benveniste: i delocutivi …………………… 317

15. Luigi Donati


Osservazioni sul simposio a Vetulonia ………………………… 333

16. Emmanuel Dupraz


Qualche scelta redazionale nelle versioni lunga e breve della
lustratio umbra ………………………………………………… 347

17. Heiner Eichner


Die opikischen Wörter für ‘Götter’ und ‘(Götter-)Wagenzelt’ in
der Dedikation des NIUMSIS TANUNIS aus Nordkampanien
(Capua?) ………………………………………………………… 361

18. Giulio M. Facchetti


Etrusco eprus ame ……………………………………………… 379

19. Andrea Gaucci, Elisabetta Govi, Giuseppe Sassatelli


Epigrafia e sacro a Kainua-Marzabotto: questioni di metodo e
analisi contestuale ……………………………………………… 387

20. Renato Gendre


Sul tabu del capello ……………………………………………… 419

21. Giulio Giannecchini


θapicun θapinta(i)ś e la magia dell’Etruria …………………… 427

22. Jean Hadas-Lebel


Y avait-il des labiovélaires en étrusque? ………………………… 477

23. Romano Lazzeroni


La formazione di un diasistema ortografico: la trascrizione delle
vocali lunghe nelle tavole iguvine in alfabeto latino …………… 489

24. Reiner Lipp


Umbrian FEFURE as a relic form of the Proto-Indo-European
perfect …………………………………………………………… 499
Indice 7

25. Marco Mancini


Etimologia e semantica di osco pukam ………………………… 535

26. Daniele F. Maras, Alberto Calderini


Symposium Sabinum. L’iscrizione dell’olletta di Colle del
Giglio: revisione e spigolature ………………………………… 567

27. Maria Pia Marchese, Francesca Murano


Testualità magiche e plurilinguismo. I testi oschi di magia
aggressiva nell’ambito occidentale antico ……………………… 631

28. Anna Marinetti


Annotazioni sull’iscrizione venetica con onomastica celtica da
Bologna ………………………………………………………… 647

29. Vincent Martzloff


Sicule epopaska et l’inscription du Mendolito (Adrano): aspects
institutionnels et phraséologiques ……………………………… 663

30. Riccardo Massarelli


Osservazioni sui cippi terminali iscritti da Cortona …………… 677

31. Angelo O. Mercado


Rhythm in Some Prayers to Jupiter and Tefer Jovius ………… 695

32. Marco Montedori


Il quton di Uoltenos: appunti per una rilettura ……………… 711

33. Filippo Motta


Due iscrizioni parlanti in Gallia ………………………………… 723

34. Sergio Neri


Alb. gur ‚Stein‘ und uridg. *greh2- ‚schwer, massiv sein‘ …… 731

35. Vincenzo Orioles


Per una rivisitazione di Vetter 191. Contributo all’interpretazione
della formula onomastica ………………………………………… 751

36. Paolo Poccetti


“Siculo” Reses Anires ………………………………………… 767

37. Diego Poli


Voce e fono-grafi: le scuole di scrittura, il cifrario di Polibio e la
latinità ogamica ………………………………………………… 789
8 Indice

38. Luca Rigobianco


La morfonologia del genitivo II in etrusco: *-iala oppure *-la? … 813

39. Giovanna Rocca


Errori grafici volontari, involontari e un possibile caso antico di
dislessia (Eronda III) …………………………………………… 831

40. Domenico Silvestri


Antrodoco, Introdacqua e toponimi affini. Indizi per un
presumibile nome italico dell’acqua ……………………………… 841

41. Patrizia Solinas


Sulle due iscrizioni in alfabeto leponzio dalla necropoli di
Dormelletto ……………………………………………………… 853

42. Mario Torelli


Riflessioni antiquarie e istituzionali sull'aequipondium di
Caere …………………………………………………………… 865

43. Gilles van Heems


Les épitaphes “parlantes” d’Étrurie …………………………… 897

44. Paolo Vitellozzi


Amuleti astrologici nel Libro Sacro di Hermes ad Asclepio.
Un aspetto della ricezione della tradizione astrologica egiziana
nel mondo greco-romano ………………………………………… 915

45. Rex Wallace


The enclitic article /isa/ at Caere ……………………………… 941

46. Michael Weiss


Issues in the eítuns Inscriptions of Pompeii ………………… 949

Q
Saluetod Duene

Pistoiese, allievo di Giacomo Devoto a Firenze, ricercatore ad Urbino e Fi-


renze e poi professore a Perugia (1987-2009), membro delle principali società
scientifiche ed accademie italiane e da sempre una delle anime dell’Istituto
Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, Luciano Agostiniani è figura di riferi-
mento e di rilievo imprescindibile per gli studi sulle lingue dell’Italia prero-
mana. Vi ha contribuito con saggi che hanno fatto la storia della disciplina,
ed in particolare nel campo della linguistica etrusca a lui si devono molti dei
fondamentali progressi conseguiti nell’ultimo quarantennio. In questo setto-
re i suoi interventi sono stati determinanti nella definizione di molteplici a-
spetti della fonologia, della morfosintassi e del lessico dell’etrusco: dallo stu-
dio del mutamento del sistema vocalico, alla descrizione del meccanismo di
selezione del plurale nei sostantivi con il riconoscimento del ruolo fonda-
mentale dell’animatezza, che interviene anche nella disciplina dei pronomi
relativi, altro ambito di ricerca indagato; oltre a ciò, di assoluta rilevanza so-
no i suoi studi sulla negazione, sulla categoria dei numerali, su molteplici
aspetti del lessico tra cui spicca, per i suoi risvolti sul piano testuale nonché
per le ricadute metodologiche, l’identificazione di mlaχ ‘bello’. Di non mino-
re importanza è il suo apporto agli studi sulla storia dell’etruscologia. Più in
generale ha ordinato la materia della formularità nella complessiva produ-
zione epigrafica preromana rilevando e definendo tipi e moduli testuali e
chiarendone la circolazione attraverso i vari ambiti linguistici, ed è questo
aspetto, notissimo, della produzione del Festeggiato che il titolo del volume
omaggia direttamente. Ha fondato la linguistica indigena di Sicilia, racco-
gliendo i corpora dell’elimo e del siculo, dirimendo le dinamiche del contatto
con le varietà greche coloniali e mettendo in luce sul profilo genetico i dati
significativi per l’accostamento dialettologico del siculo all’italico. Ha indivi-
duato, affrontato e chiarito testi e problematiche di tutti i vari filoni linguisti-
ci dell’ambiente lato sensu italico, dall’etrusco e dal latino arcaico e dialettale
al falisco ed alle varietà sabelliche, fino al venetico ed al greco coloniale. Ha
inquadrato e risolto molti dei quesiti inerenti alla fenomenologia della scrit-
tura nell’Italia antica riformulandone al contempo l’analisi secondo la più
consapevole impostazione su criteri semiotici. In ognuno degli specifici set-
tori ha contribuito in misura decisiva a rinnovare l’impianto metodologico
con nuovi modelli d’analisi e di ricostruzione, nonché con un’adeguata con-
siderazione delle istanze più moderne degli studi sul linguaggio, dalla tipo-
logia linguistica alla linguistica variazionista, che peraltro ha coltivato anche
negli iniziali studi di romanistica e dialettologia italiana. Agli specifici risul-
tati, in moltissimi casi riconosciuti come conclusivi, è pervenuto anche grazie
10

al ricco e vario bagaglio di conoscenze, alla piena padronanza del quadro sto-
rico-archeologico, alla rara sensibilità nei confronti del tessuto dei riferimenti
semiotici e pragmatici sotteso all’analisi ermeneutica dei testi epigrafici, e ad
una cospicua dose di personale ingegno ed acribia, che in lui si fondono con
un’inossidabile sistematicità. Vi abbina un’elegante prosa scientifica, tanto
raffinata quanto efficace, che rende i suoi scritti autentici pezzi di bravura
retorica, piacevoli da rileggere ed apprezzare anche solo sotto questo profilo
(per riproporre un’eloquente considerazione di Domenico Silvestri dell’epoca
della preparazione dei suoi Scritti Scelti). Ai meriti sul profilo dell’apporto
scientifico si sommano quelli meno noti ma altrettanto significativi legati
all’insegnamento, nel quale ha riversato ed amalgamato l’estremo rigore del-
lo studioso ed una dedizione autentica. Da allievi ci sta a cuore esprimergli
gratitudine per le conoscenze, l’impostazione metodologica, la visione e la
passione che ci ha trasmesso a partire dagli illuminanti corsi perugini; che
negli anni ha dedicato alla linguistica storica indoeuropea, con approfondi-
menti monografici di volta in volta tarati sui vari rami, alla linguistica etru-
sca, ma anche alla linguistica generale, con seminari su plurimi aspetti del
complesso delle problematiche sul linguaggio, e perfino sulla creolistica
(grazie ai quali sapremmo ancor oggi cavarcela in Guadalupa!). Altrettanto
gli dobbiamo per il clima di amicizia, collaborazione e costante incoraggia-
mento, per averci guidati nello studio, affiancati nelle indagini, ed anche di-
rettamente istruiti nell’approccio alle testimonianze epigrafiche con frequenti
gustosi sopralluoghi autoptici in musei, magazzini e campagne. E soprattut-
to ne lodiamo la generosità, la disponibilità, la sensibilità, la gratuità, che ri-
velano del lato più umano, ben noto agli Amici e Colleghi intervenuti a fe-
steggiarlo e a rivolgergli il saluto davvero più appropriato:

salute a te, o Ottimo!

K
Ringraziamenti
Siamo riconoscenti a Guido Borghi, Giulio Giannecchini, Maria Pia Mar-
chese, Francesca Murano, Sergio Neri e Diego Poli per l’aiuto nei vari aspet-
ti dell’organizzazione. A tutti i Contributori rivolgiamo un sincero ringra-
ziamento per il rilievo degli studi offerti, per l’impegno amichevolmente
profuso ed anche per la pazienza rispetto al prolungarsi del lavoro editoria-
le. Tra loro, ci è caro dedicare un pensiero agli scomparsi Romano Lazzeroni
e Mario Torelli, amara perdita.
A.C., R.M.
Perugia, 20 maggio 2022
Nella pagina precedente:
Luciano Agostiniani durante un esame autoptico di iscrizioni etrusche ed umbre;
Perugia, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, 2008.
Fenomeni protosillabici in etrusco:
la vocale protetica e il nome degli Etruschi

H
Valentina Belfiore

1. In seguito alla riflessione sempre più accurata sull’ordinamento di


fenomeni morfologici e lessicali nella lingua etrusca, è possibile effettuare
alcune considerazioni anche sulla fonetica, che scaturiscono dal confronto
tra forme arcaiche e recenti riconducibili alle stesse basi lessicali1. Per la
raccolta di studi in onore del Prof. Luciano Agostiniani vorrei quindi ri-
volgere l’attenzione verso un particolare fenomeno di variazione grafo-
fonetica che prevede la comparsa di una vocale /e/ o /i/ davanti alla base
lessicale o onomastica e si accompagna in alcuni casi alla scomparsa della
vocale della sillaba radicale.
Come già accennato in altra sede2, la vocale è introdotta davanti a nes-
si di occlusiva + sonante (VCR-), altrimenti alternanti con nessi di occlu-
siva + vocale + sonante (CVR-), e si presenta inoltre davanti a parola con
nesso iniziale composto di sibilante seguita da altra consonante senza ul-
teriori variazioni. L’anteposizione di una vocale al tema lessicale o ono-
mastico non ha una motivazione morfologica o almeno è da escludere
che tale vocale possa avere un valore prefissale, in quanto l’etrusco, coe-
rentemente con la sua classificazione tipologica, non prevede che l’utilizzo
di suffissi3. I casi in cui il fenomeno è rilevato sono sporadici, ma merita-
no un’attenzione supplementare:

1 Le osservazioni qui presentate sono tratte da un lavoro effettuato nell’ambito


del progetto postdoc “Il Thesaurus Linguae Etruscae – volume II. Il Lessico”
finanziato dalla regione Rhône-Alpes e condotto sotto la supervisione del dott. G.
van Heems, Lyon 2 – UMR 5189 – HiSoMA (Francia).
2 Belfiore c.s., 54 ss.

3 Agostiniani 1992, p. 59; Agostiniani 1993, pp. 32 ss.


50 V. Belfiore

zal > eslem


purθ > eprθieva
tursikina > um. turskum > etruscus
inc.: truθ/t, truta: ịtruta
sminθ- > isminθians
stlakiie (VI sec.) > Estlacial
inc.: scara < gr. ἐσχάρα?
inc.: sχa[θ]ce (? opp. sχa[ni]ce, seconda metà del VI sec. a.C.) > esχaθce
(TC, V sec.)

La metatesi con anteposizione di una vocale protetica sembra regola-


re nell’espressione della forma sottrattiva del numerale ‘due’, a giudica-
re dagli esempi di zal vs. la formazione eslem4 e rispetto all’avverbio nu-
merale eslz5 mentre ne sono prive le formazioni di moltiplicativo zelur[ e
zelva6 e inoltre il participio zelarvenas7. Così anche per il nome di magi-
strato purθ8, il nome di magistratura compare unicamente nella forma
eprθnevc9. Esistono inoltre una forma eprθieva impiegata in funzione
predicativa10 e una forma più incerta eprθni11, mentre altri derivati no-
minali purtśvana12, purtśvavc-ti13, e verbale purθne14 mantengono la forma
della base lessicale.
Nella stessa fenomenologia potrebbe ricadere anche il confronto fra il
verbo truθ/trut15, alla base di ulteriori derivati16, e la forma itruta attestata
da un’iscrizione funeraria all’interno di un’espressione di diveto (ET AS

4 LL VI 14; XI 8; 12, 17; ET AH 1.34; cfr. Agostiniani 1995, p. 32.


5 ET Ta 1.183; AT 1.108.
6 Rispettivamente ET Pe 5.2; LL VII 13. La restituzione di una forma zelva è stata

proposta in Belfiore 2010, mentre la lettura zelveθ è preferita ad ET LL VII.13.


7 ET AT 1.1, 1.107.

8 ET Ta 7.59, Cl 1.338.

9 ET Ta 1.27, di lettura totalmente incerta, dalla tomba Giglioli, AT 1.1, 1.108; Vs

1.179 eprθnevc.
10 ET AT 1.108.

11 CIE 1305, corrispondente a ET Cl 1.136.

12 ET Vc 1.93.

13 ET Vc 1.94.

14 ET Cl 1.113.

15 Cfr. truθ LL V 17, XI 6; truθt LL V 18; trutum LL XI 2; congiuntivo truta ET OA

3.9; participio trutanaśa LL XI 3.


16 Cfr. trutnuθ (ET Ta 1.174); trutnvt (Um 1.7); di senso incerto trutana (Cr 2.163);

trutvecie (OA 3.5).


Fenomeni protosillabici in etrusco 51

5.1 … hup2ni. ei. ịtruta). La prima lettera della forma itruta è data come in-
certa nel ThLE, sicura ad ET: l’iscrizione è incisa sulla cassa dell’urna CIE
1119 (in tufo o pietra calcarea ex CIE). Stando all’apografo, le prime due
lettere sembrano reduplicate, dunque la prima potrebbe rappresentare
una falsa partenza per una i- oppure la seconda costituisce un “errore” di
duplicazione. In ogni caso i caratteri paleografici rientrano nella seriazio-
ne individuata da Maggiani per il tipo capitale di area etrusca settentrio-
nale, dunque nell’ambito del III sec. a.C.17. Il significato proposto per
questo lemma in base alle sue occorrenze ricade all’incirca nella sfera se-
mantica del ‘disfarsi, gettare, rimuovere’ e simili18. Tale significato po-
trebbe riguardare anche la forma itruta dell’urnetta ET AS 5.1, in tal caso
attraverso l’espressione di un divieto di rimozione o demolizione relativo
alle nicchie della tomba.
A parte sembrano da considerare le forme onomastiche arcaiche eθri-
sna, etrisnaś19 rispetto alle forme recenti trisnal, trisnas, trisna-, trisnei20, dal
momento che la forma più antica si identifica con quella con iniziale vo-
calica, caduta nelle forme di età ellenistica, mentre non vi è traccia di vo-
cale interna alla prima sillaba (*terisna/θerisna).
Tra i casi in cui è documentata una vocale protetica si ricordano anche
quelli con sibilante seguiti da occlusiva o m. Nel caso dell’epiteto ismi-
nθians attestato da uno specchio di IV-III sec. a.C.21 in relazione con il te-
onimo maris, si rileva un’opposizione con le forme onomastiche sminθi di
V sec. e sminθe, sminθinal, śminθ recenti22, altrimenti caratterizzate da s +
sonante iniziale. L’anteposizione di i- rispetto a e- in tal caso sembra in-
fluenzato dalla presenza di -i- nella forma dell’epiteto.
Considerando inoltre il prenome etrusco stlakiie arcaico (ET Cm 2.18)
con le forme latine Stlaccius in funzione di gentilizio e Stlaccilla in funzio-
ne di cognomen23, il genitivo femminile Estlacial di un’iscrizione etrusca in

17 Maggiani 1990, pp. 186 ss.; cfr. anche Benelli 2012, pp. 443 ss. per ulteriori

considerazioni sull’origine tarquiniese di questo tipo alfabetico.


18 Belfiore 2012, pp. 14-16.

19 Rispettivamente ET Ve 5.1 prima metà V sec; OB 2.7 arcaica. Tra le attestazioni

onomastiche naturalmente non rietra la forma eθri (LL XI 13).


20 Rispettivamente ET Cl 1.1524, Pe 1.816; OA 2.66; Pe 1.840; Cl 1.1050, Pe 1.544. Il

confronto fra le due serie risale già a Morandi 2004, pp. 157-158 s.v. eθrisna. Per la
forma etri(al) cfr. anche Rix 1963, p. 265.
21 ET Vs S.14, cfr. ad CIE 10840.

22 Rispettivamente CII 39, TLE 938; ET Vs 1.307; Pe 1.299, 1.300; OB 2.21.

23 Cfr. Schulze 1904, p. 425 per Stlaccius, con geminazione consonantica, e Schulze

1904, pp. 238, 463 per la forma Stlaccilla.


52 V. Belfiore

alfabeto latino incisa e rubricata su un’olla fittile chiusina si direbbe u-


gualmente caratterizzata da una e- protetica24 in una cronologia compresa
fra il II e il I sec. a.C.25.
Con queste forme si ricorda anche il preterito esχaθce della Tabula
Capuana, che potrebbe richiamare la forma lacunosa sχa[-(-)]ce della
Tomba delle Iscrizioni Graffite26: se si integra come sχa[θ]ce, questa atte-
sterebbe un ulteriore esempio di una forma di VI sec. a.C. priva di vocale
protetica rispetto ad una forma più tarda, di inizio V, con iniziale vocali-
ca. Il confronto è tuttavia reso incerto dalla lacuna nella parte centrale del
predicato, da Colonna già integrato come sχa[ni]ce per confronto con il
preterito ścanince e con l’imperativo ścanin, unicamente attestati dal liber
linteus (rispettivamente LL III 15-16; X 8, 12) e riconoscibile tra i verba sa-
crificalia malgrado il senso ancora imprecisato27. L’incertezza sul significa-
to dei lemmi in questione e la lacunosità dell’attestazione ceretana im-
pongono in ogni caso di prescindere da questa attestazione.
Un ulteriore esempio di presenza/caduta di vocale davanti a s + occlu-
siva potrebbe essere documentato da scara, loc. scare, se effettivamente da
intendere come imprestito da una forma greca ἐσχάρα28. Come altrove
proposto, il termine, attestato in contesti di preparazione del rito di offer-
ta nel liber linteus, sembra infatti rappresentare una sorta di tecnicismo
per indicare un tipo di altare o di fuoco sacro29. Se l’ipotesi di una deriva-
zione di scara dal greco si rivelasse corretta, si assisterebbe al fenomeno
inverso, di soppressione della vocale davanti a s impura nell’imprestito
attribuibile, per la cronologia del liber linteus, alla metà del II sec. a.C.

24 ET Cl 1.1803 LARTIA. HERENNIA. Estlacial; CIE 2303. Gli herini ricordati

nell’iscrizione rappresentano una gens in vista della Chiusi di II sec., imparentata


con varie famiglie dell’aristocrazia chiusina, fra l’altro commemorata nella tomba
di Vigna Grande, cfr. Benelli 2009, pp. 149 ss.
25 Al II sec. a.C. è genericamente riferita anche la produzione e la maggior diffusione

di olle fittili a campana o troncoconiche impiegate come cinerari, cfr. Albani 2007, p.
123; e allo stesso periodo fino al I sec. a.C. si data il fenomeno di maggior diffusione
di iscrizioni etrusche in latino e di bilingui etrusco-latine, cfr. Benelli 1994.
26 ET Cr 1.197 1ramaθa spesias sχạ[ni]ce θui stalθi 2iχ ( ) laris armas[ii]nas putusa ziχ

3ipa ve[l]iinạisi ụθrice laricesi 4zuχunạ. Sulla forma della Tabula Capuana, solitamente

accompagnata da turza in funzione di oggetto dell’offerta cfr. Cristofani 1995, p. 77.


27 Cfr. G. Colonna, in REE 71 (2007), p. 170, n. 26.

28 Belfiore 2010, pp. 158-160 e Belfiore 2019b, p. 54. Non mancano tuttavia

interpretazioni di diverso segno, che ipotizzano per scara/scare una funzione verbale
(Dupraz 2019).
29 Ibid.
Fenomeni protosillabici in etrusco 53

2. L’occorrenza di un’iniziale vocalica per termini che etimologicamente


ne sono privi, a giudicare dai pochi esempi, non sembra riguardare la tra-
sformazione della parola da monosillabica in una forma derivata bi- o pluri-
sillabica, come dimostrano i confronti per la forma zal (eslem, elsz vs. zelur[,
zelarvenas, zelva) e purθ (eprθnevc, eprθieva, eprθni? vs. purtśvana, purtśvavc-
ti, purθne), che attestano una situazione mista e in qualche modo legata al
mantenimento di paradigmi morfologico-flessionali. Né ulteriori fattori
morfologici-derivazionali possono chiarire in modo più soddisfacente il
rapporto tra forme con vocale protetica e forme che non l’assumono (purθ
– sostantivo derivato in -vc/-uχ con vocale protetica – predicato privo di
vocale iniziale, in qualche modo assimilabile a zal – eslem/eslz – zelarvenas).
Se inoltre il fenomeno delle vocali protetiche fosse legato a fatti di ac-
cento30, lo sviluppo di una vocale di appoggio per rafforzare la tonicità
della prima sillaba non sembra giustificato a livello morfonotattico nelle
forme alternanti CVR-/VCR-. Il confronto di due derivati come eprθnevc e
purθne ad esempio non sembra fornire un adeguato discrimine tra l’una e
l’altra a meno di non postulare l’influsso di ulteriori fenomeni ritmici
nell’ambito dell’unità frasale31.
Se è corretto considerare alla stessa stregua il fenomeno delle vocali
protetiche nelle parole CVR-/VCR- e in quelle che iniziano per s- + conso-
nante, si potrà richiamare qualcosa di analogo nel latino tardo (istella ispa-
tha iscala) e proseguito nelle lingue romanze, di norma dopo finale con-
sonantica (in italiano per ischerzo, per iscritto, etc.)32. Nell’etrusco la pre-

30 Si veda ad es. lo studio di Rigobianco (2017, pp. 198 ss.) sui casi di mancata
apocope preistorica, su cui potrebbe influire l’accento del morfema derivazionale.
31 Rispettivamente ET Vs 1.179 (CIE 5093) – metà del IV sec. a.C.:31 vel: lạθites[:]

arnθial: rụva: larθialiśạ[m]: clan: velusum: 2neftś: marnụχ spurana: eprθnevc: tenve:
meχlum: rasneas 3clevsinsl [:] zilaχnve: pulum: rumitrinẹθi: mlace: clel: lur[i]; ET Cl
1.113 – metà del II sec. a.C.31 alθ: velu: lθ: tlesnal: cicuniaś bclan: purθne. Nell’iscri-
zione della tomba Golini la struttura sintattica sembra comporsi di 1- sintagma
con formula onomastica e filiazione; 2- elenco dei titoli magistratuali; 3- formula
finale pulum ... luri. Nell’ambito dell’unità 2 (marnụχ spurana: eprθnevc: tenve: meχ-
lum: rasneas 3clevsinsl [:] zilaχnve:) si può supporre che eprθnec sia evidenziato co-
me una delle voci dell’elenco, e dunque preceduto da una breve cesura sintattica
per staccarlo da marnụχ spurana. La forma purθne dell’iscrizione chiusina, in fun-
zione predicativa, potrebbe porre in rilievo piuttosto la conclusione del testo, ma
non si tratta che di supposizioni. Sull’accento fonosintattico nei dialetti italiani
cfr. Rohlfs 1968, pp. 28 ss.
32 Cfr. CIE VI 156, 19258, 26010a, 37250 (Iz/smaragdus); CIL VI, 5951, 6383, 13413,

16488 (Ismyrna) e Prinz 1937 per altri esempi; cfr. Rohlfs 1968, pp. 255-257, § 187.
54 V. Belfiore

senza di consonante davanti a forma con vocale protetica non si può dire
sistematica33, né le forme protetiche latine, in base alla disamina già di
Prinz, occorrono necessariamente dopo finale consonantica, ma anche
dopo vocale e a inizio di frase34. Circa l’origine del fenomeno, che nel la-
tino comincia ad essere documentato a partire dalla cronologia delle i-
scrizioni pompeiane, Prinz non è riuscito a dare una soluzione, escluden-
do in ogni modo un influsso da parte delle parlate “straniere” in territo-
rio romanizzato: tra queste sono dunque escluse tanto le lingue italiche
quanto l’etrusco in quanto ad esse estraneo35. La testimonianza di una
forma estlacial chiusina di II-I sec. a.C., rappresenta tuttavia un’attesta-
zione precoce in tal senso e in un territorio di cultura epigrafica mista.

3. Altre forme con sillaba iniziale composta come occlusiva + sonante


+ vocale (CRV-) presentano un’alternanza con una forma con inserimento
della vocale (CVRV-) già in età arcaica, come si osserva dai seguenti e-
sempi:

carucra (V sec. a.C.) > crucra


celeniarasi/cliniiaras (VI sec. a.C.) > clenar
malaχ/malak- (VII sec. a.C.) > mlaχ (VII sec. a.C. – età ellenistica)

In tali casi è la forma con nesso CRV- quella regolare in quanto meglio
attestata a cronologia più recente. Il primo confronto, fra la forma caru-
cra36 e il gentilizio ceretano crucra, è stato escluso da Colonna che ha piut-
tosto suggerito una derivazione di carucra dall’epiteto gr. κᾱρυκα all’ac-
cusativo, da cui si sarebbe formato il patronimico ricordante la funzione
araldica del dedicante pyrgense37. La genealogia dei crucra nella tomba
dei tarχna ricostruita da Morandi – con una prima generazione del 220-185
a.C. circa (ramθa crucrai) e una seconda del 185-150 circa (i suoi figli) –,

33 In etrusco la vocale i- può essere eufonica nel nesso maris isminθians, ma non

per turza esχaθce della Tabula Capuana (TC 13, 22, 23, 25, 27, 31, 33). Il confronto
fra le due forme eprθnevc e purθne ricordato alla nota precedente, attesta anzi il
contrario, ovvero che la parola iniziante per vocale segue a parola che termina per
vocale e che la parola con consonante iniziale segue a parola con consonante o
sonante finale (spurana: eprθnevc vs. bclan: purθne).
34 Prinz 1937, pp. 109-110.

35 Prinz (1937, p. 107, nota 3) menziona il caso di maris isminθians dell’etrusco ma

lo ritiene isolato.
36 ET Cr 3.43, ẹtun hercles carucra 2II, metà V sec. a.C.

37 G. Colonna, in REE 69, 2003, p. 321, n. 29.


Fenomeni protosillabici in etrusco 55

testimonia che la forma crucra esiste almeno dalla seconda metà del III
sec. a.C.38. Vista la possibilità di confrontare la caduta della vocale proto-
sillabica anche con altre attestazioni, il confronto fra le due forme onoma-
stiche non sembra del tutto peregrino39.
L’oscillazione di celeniarasi40 con cliniiaras41, mostra che l’alternanza dei
gruppi CRV-/CVRV- iniziali è attestata nell’ambito del VI sec. Come le
precedenti, anche le forme malak/χ-, documentate da instrumentum già nel
VII sec. a.C.42 alternano nello stesso periodo con la forma “ordinaria”
mlaχ che perdura, come clan, fino all’età recente43.
Per le forme carucra, celeniarasi, malaχ/malak- si parla di introduzione
di una vocale secondaria in sillaba iniziale44, come si può dedurre soprat-
tutto in base alla netta prevalenza della forma mlaχ su malaχ già in età
arcaica45. La cronologia elevata in cui sono attestate le forme con vocale
aggiunta è in apparente contraddizione con l’assunto relativo alla con-
servazione della sillaba inziale, che in quanto sede dell’accento tonico

38 Morandi 2004, pp. 143-144.


39 Belfiore 2014, p. 120. Altre forme onomastiche di età recente soggette alla
soppressione della vocale nella sillaba radicale quando di tipo CVR- sono ad es.
prknś, prpris, prsnte (in luogo di *per-). Il fenomeno era già spiegato da Pfiffig
(1969, 55, p. 55 ss.) come apparente soppressione della vocale in presenza delle
sonanti    .
40 ET AV 1.29, alarθ l/a/ucies θamequ/ larecesi ka/iseriθesi celeniarasi bmịni -----e -eθur

kam/arteθi, su una stele funeraria di VI sec. a.C., Maggiani 1999, p. 53.


41 ET Ta 3.2, itun turuce venel atelinas tinas cliniiaras, su kylix attica del 510-500 a.C.

(ad CIE 10021).


42 ET Ve 2.8, mi: raq[u]nθia: tipeia: θina: malaχ[: malaka]śi: ita: menạ[q]u, sul fondo di

grande olla della seconda metà del VII sec. a.C. ex CIE 6325; AV 2.3, mi malak
vanθ, terzo quarto del VII sec. su un aryballos protocorinzio del 630 a.C. ex CIE
11448.
43 ET Ta 2.1, prima metà del VII sec. a.C.; Fa 3.1 + 6.1, secondo quarto del VII sec.

a.C.; Fa 2.3, terzo quarto del VII sec. a.C.; Cr 6.2, ultimo quarto del VII sec. a.C.;
Ve 3.30, inizi VI sec. a.C.; Cr 0.13, VI-V sec. a.C.; La 4.1, metà V sec. a.C.
44 G. Colonna, in REE 65-68, 2002, p. 356, n. 71. A rigore, l’esiguità delle atte-

stazioni di età arcaica per le forme carucra e clan non permette di stabilire se la
forma con gruppo iniziale CVRV- sia etimologica o dovuta all’inserzione effettiva
di una vocale secondaria. La prima ipotesi, già proposta in Belfiore 2014, p. 120,
tuttavia non sembra in effetti verificabile (cfr. più avanti).
45 Agli esempi sopra prodotti si potrebbero anche aggiungere gli epiteti derivati

dal greco Τελαμών(ιος), telmun/ telmuns/ tlamunu/ tlamunus di IV-III sec. a.C., per
i quali tuttavia l’etrusco documenta solo un fenomeno di metatesi (tel-/ tla-), cfr.
De Simone 1968, pp. 116-117.
56 V. Belfiore

tende a rimanere inalterata, almeno da quando tale accento risulta ope-


rante e produttivo di effetti nell’etrusco46. Il fenomeno qui descritto si di-
rebbe piuttosto dipendere da un condizionamento di parole, ovvero da
un’interferenza grafofonetica (maggior agio del parlante ad articolare
muta + liquida inserendo una vocale eufonica) non necessariamente sen-
tita come espressione colloquiale. Probabilmente in tal modo possono
trovare un chiarimento anche le forme con vocale protetica, per lo più
lessicali e di cronologia di preferenza recente (IV-III sec. a.C. fino al II-I
sec. a.C.). Non è inoltre da escludere che tali grafie possano essere state
influenzate anche da un ipercorrettismo per convergenza con le condi-
zioni fonetiche che si verificano nei processi flessivi e derivativi di forme
meglio documentate, come ad esempio i pronomi dimostrativi.
Tali forme pronominali con vocale iniziale i- in età arcaica, e- in età re-
cente, alternano infatti con forme prive di iniziale vocalica. Pfiffig ha par-
lato in proposito di forme con vocali protetiche o enfatiche47. Le condi-
zioni fonologiche che possono aver dettato una sovrapposizione con i ca-
si sopra rilevati sono ad es. presenti nelle forme di genitivo II con pospo-
sizione di locativo (cfr. tabella).

ET iscrizione cronologia
Ta 1.200 eclθi śu[θiθ] 2larθ: alθu[-?-] 3avils huθ[s -?-] recente48
AH 1.47 eclθi ramθa cainei IV-III sec.49
AH 1.29 luvcatrus. laris. arnθal. r XXXỊỊ. - / zilaχncẹ θui
2 seconda metà
cal[θi -?-] III sec. a.C.50
Vc 1.59 clθị[: śuθi]θi: ra[m(θa):] ceisatrui 2cesu: p[ru]ślnas: III-II sec. a.C.51
[p]ụia / velus 3rapi: [----(-)]e: te[
Ta 1.81 θui. clθi. mutnaiθi 2vel. veluśa. avils 3cis. zaθrmisc terzo quarto del
4seiṭiθ̣ialiśa IV sec. a.C.:52

46 Cfr. de Simone e Agostiniani in Agostiniani 1981, p. 106. Sugli effetti dell’ac-

cento tonico cfr. Rix 1984, pp. 204-205.


47 Pfiffig 1969, pp. 60-61, § 29b; 113, §95.

48 Pietra pertinente ad una parete tombale piuttosto che ad un sarcofago, cfr. ad

CIE 5544.
49 Sarcofago in nenfro dal sepolcreto del colle Talone, cfr. Morandi 2004, p. 103,

s.v. cainie.
50 Cfr. Morandi 2004, p. 290 s.v. luvcatru. Per le forme di locativo e la compren-

sione di calθi come variante di clθi cfr. Van Heems 2006, part. p. 48.
51 Dalla tomba delle Iscrizioni di Vulci, in uso dal III fino probabilmente alla fine

del II – inizi del I sec. a.C., cfr. Pallottino 1963.


Fenomeni protosillabici in etrusco 57

Ta 5.5 zịlci: vel[u]ṣ[i]: hul2χniẹsi larθ: vel3χas: terzo quarto del


vel[θu]ṛ(u)s: aprθṇ[al]4c: cl[a]n: sacniśa: θui 5[cl]θ: IV sec. a.C.53
śuθiθ: acazr6ce
AT 1.193 elnei: ramθa clθ śuθiθ 2sacni śa θui huts teta 3avles seconda metà
velus θansinas 4ati θuta del IV sec. a.C.54

L’iniziale vocalica è presente nelle forme di genitivo I ecs (vs. il geniti-


vo/ablativo I cś, ceś), nel locativo eclθi (vs. i locativi calθi e clθ(i) e i geniti-
vi cla; clal; clal(-um); clel (?)), e inoltre nell’accusativo ecn (rispetto a cn).
Tali condizioni fonologiche ricordano in parte (eccetto il primo esempio)
quelle evidenziate nel lessico per la comparsa di una vocale iniziale.

4. I pronomi coinvolti nei fenomeni di alternanza tuttavia non sono


limitati a ita/eta/(-)ta, ica/eca/(-)ca, ma includono anche ipa/epa e probabil-
mente sa/-ša (v. più avanti). A fronte dell’assodato valore dimostrativo
dei pronomi di base /ca/ e /ta/, resta ancora sub iudice se gli stessi cono-
scano o meno una reale opposizione di lontananza: i valori di ‘questo’ vs.
‘quello’ possono essere solo ipotizzati per l’iscrizione di Pyrgi, mentre in
tanti altri casi l’accusativo itun, tn, alterna con ecn o cn nelle iscrizioni di
dono o di dedica in riferimento all’oggetto55. Alcune incertezze sono an-
che presenti nell’analisi delle forme flesse: di seguito si fornisce un pro-
spetto delle occorrenze di ica e varianti (1) e di ita e varianti (2):

1.
arc. ica, icam(sanθuni); ikam; loc. icei; gen. icel?
eca, ec, (e)ca; gen. I ecs, acc. ecn; eka, ka, gen. II kla, acc. kn
rec. ca, gen. II cla; clal; clal(-um); clel; gen. I cś; riformato cśl (1x Ta); czl
(1x cippo Pe); gen. o piuttosto abl. ceś (nella lamina di Monte Pitti);
acc. cn.

52 La datazione alla fine del IV – pieno del III sec. a.C. della Tomba Bruschi-
Giudizi è di Morandi 2004, pp. 78-81 s.v. apuna/apunie su basi prosopografiche; la
datazione al terzo venticinquennio del IV sec. è frutto della revisione di Vincenti
2009; cfr. anche Cavalieri 2010, p. 764.
53 Tomba degli Scudi, cfr. Morandi 1995: nella rilettura dell’iscrizione (ibid., p. 285)

la forma del dimostrativo integrata fra parentesi è letta come [cl]θ, non [ecl]θ (sic
ad ET Ta 5.5). Cfr. inoltre Morandi 2004, p. 180, s.v. velχa.
54 La cronologia ad CIE 5881 assegnata alle tre tombe θansina è stata meglio

precisata da Morandi 2004, p. 159 s.v. elna.


55 Agostiniani 1979; Agostiniani 1993, p. 39, che ha proposto un’opposizione del

tipo ‘questo’ : ‘codesto’.


58 V. Belfiore

loc. cei; clθ, clθi, clθil; eclθi; calti.


Agglutinato con -tra (+ m): cltral; arc. celetra, cletram; cntram
Agglutinato con etnam: cntnam.
Agglutinato con hen: cehen, cen; cên56.

2.
arc. ita, gen. ital, loc. itai, acc. itan, itun, it-n; itanim?57
rec. eta, acc. etan, etun
rec. ta, acc. tn, tanna (?); anche scr. θn; gen. tś, loc. tei, têi, encl. -θn; abl.
teiś, teis.

In generale le occorrenze di (i)ta ortotonico sono in numero più esiguo


rispetto a quelle di (i)ca: calcolando le attestazioni elencate negli indici di
ET, dunque riferite al 2014 (ovvero alla bibliografia raccolta fino al 2011),
le prime contano, salvo errori, 76 occorrenze contro 152 per le seconde.
Considerando le forme articolate, il trend sembra inverso: una quarantina
sono i lemmi agglutinati con il pronome -ta contro 22 forme con -ca.

56 Cfr. Agostiniani in Agostiniani, Nicosia 2000, pp. 86-87. Il riconoscimento di


queste come nominativi impone di ripensare l’analisi della forma cnl del cippo di
Perugia (ET Pe 8.419), che difficilmente può rappresentare un genitivo articolato
su una base di accusativo (così Pfiffig 1969, p. 109, che lo analizza come ‘def.
Akk.’), in quanto la presenza di terminazione flessionale presuppone che la base
(in questo caso cn-) si sia neutralizzata. La forma cnl dunque non può che
rappresentare un gen. II della forma rafforzata cehen (< *cen + l).
57 L’inclusione della forma itanim fra le attestazioni del dimostrativo (i)ta dipende

dall’analisi di Rix, che ha distinto itanim delle lamine di Pyrgi da etnam, normalmente
ritenuto esito recente. La forma itanim sarebbe dunque da analizzare come *ita-ni-m a
partire da un accusativo arcaico seguito dalla congiunzione enclitica avversativa -m
(Rix 1991, p. 684) mentre etnam sarebbe formato, come il latino item, da una base eθ
‘così’ (lat. ita) e da un ulteriore elemento -nam (Agostiniani in Agostiniani, Nicosia
2000, pp. 97-98). Di fatto, la forma itanim risulta attestata solo dalla lamina pyrgense
ET Cr 4.4 in probabile relazione con nac ... nac ... alle linee precedenti; è inoltre
possibile che una struttura sintattica analoga sia quella della lamina più breve Cr 4.5
nac ... vacal (Belfiore 2015-16). Qui è inoltre presente una forma genitivale etanal che,
se deve essere considerata con itanim per l’analoga derivazione pronominale e per il
breve divario cronologico, non si può considerare come genitivo articolato su una
forma di accusativo, bensì come genitivo di forma derivata in -na. Nel complesso,
difficilmente si può rinunciare alla funzione avverbiale rivestita da itanim; piuttosto,
il confronto con la forma etanal di inizio V sec. e con il recente etnam valgono a
dimostrare che si tratta di un diverso insieme di derivati formati mediante suffissi
derivativi diversi piuttosto che flessionali.
Fenomeni protosillabici in etrusco 59

L’assunzione di una forma specifica per l’accusativo, altrove assente


nell’etrusco, impone inoltre su base tipologica di riconoscere in ca e ta
due forme maggiormente marcate rispetto ad altri pronomi e voci lessica-
li58. D’altro canto, mentre queste ultime non presentano una forma speci-
fica per il plurale o collettivo, è il pronome sa/-ša a presentare una forma
distinta (sve/-šu/vla -šu/vle nei casi obliqui).59 Rispetto ai pronomi ta/ca tut-
tavia sa/-ša non sembra assumere una forma specifica per l’accusativo (al-
cune forme in -sn/-san sono di incerta interpretazione). Il pronome ipa/epa,
analogamente a sa/-ša, resta a sua volta inalterato nei casi retti ma come
ta/ca non presenta una forma specifica per il plurale.
Il pronome sa (foneticamente [s]a, distinto dal suffisso -[š]a) è attestato
principalmente dalle ‘Bauinschriften’ come soggetto di un verbo di ‘co-
struire’ (solitamente ceriχunce), che Wylin ha proposto di interpretare
come corrispettivo di ipse/ αὐτός60. Il valore dimostrativo è stato poi este-
so anche al pronome agglutinato -ša con sibilante palatale, ricorrente nel-
le formule onomastiche di età recente e di area chiusina, e motivato come
espressione di una deissi riferita a soggetto animato sulla scia di quanto
già proposto da H. Rix a proposito di -ša in opposizione a -ca nelle formu-
le del liber linteus61. L’identificazione delle due forme pronominali sa e -ša
è stata già messa in dubbio da chi scrive per la diversa struttura fonetica e
presumibilmene morfologica62. Il pronome sa/-ša può rientrare nella serie
delle forme pronominali con iniziale vocalica in base al confronto con le
forme articolate eś-ta, eś-tla del cippo perugino63. Nonostante la forma or-

Nella gerarchia di animatezza (cfr. Comrie 1981, pp. 185 ss.; Dixon 1994, p. 85;
58

Corbett 2006), i pronomi dimostrativi sono omologati ai pronomi di 3a persona:

59 Diversamente, le forme -itule, -itale non sembrano riferite a degli oggetti plurali
e la vocale intermedia, di timbro oscillante come atteso nel V sec. è ritenuta etimo-
logica (cfr. Rix 1981, pp. 91-92; Adiego 2005, pp. 6-7, § 6).
60 Pfiffig 1972; Wylin 2005.

61 Cfr. *sacni-ca vs. sacniša, Rix 2002, p. 80; Wylin 2005; Belfiore 2014, pp. 172 ss.;

Belfiore 2015-16, pp. 113-114, 127.


62 Mentre la prima forma sembra identificabile con un dimostrativo, probabilmen-

te corrispondente ad uno dei temi suppletivi del dimostrativo indoeuropeo (*to-/


*so), cfr. Petit 1999, il pronome agglutinato presenta una sibilante palatale che
sembra dipendere da una diversa morfostruttura (Belfiore 2014, pp. 172-176).
63 Cfr. Belfiore 2019a, p. 174 e Rigobianco 2021.
60 V. Belfiore

totonica sia meno attestata, anche per il pronome *eśa/sa sembra di poter
ricostruire lo stesso ‘paradigma’ di ita/eta/ta, ica/eta/ca, con tendenza alla
perdita della vocale iniziale, come nelle forme di dimostrativo note64.
Il pronome ipa, insieme a inpa, è stato di recente oggetto di riesame da
parte di Agostiniani, che contro la communis opinio di un’identificazione
tra le due, ha sottolineato che si tratta di fatto di due forme distinte65. In
base all’analisi dello studioso, inpa e inpein sono formati da una base in,
pronome relativo inanimato, e dalla particella -pa, con cui si confronte-
rebbero anche -pi, -pe che occorrono ad es. in minipi/ menpe66. L’insieme
delle occorrenze di inpa non permette di trarre conclusioni positive sul
valore del termine. In ogni caso, inpa “va staccato dal pronome ipa, di cui
non può in nessun modo essere considerato né una forma flessa, né un
antecedente cronologico, né un derivato”67.
Benché le forme note del pronome ipa siano quelle ortotoniche (ipa
gen. ipas̓, ipal; loc. ipe, ipei; dest. iperi; assol. epa, ep-c; gen. epl, epl-c), si può
immaginare che, come nella serie ita/eta/ta e ica/eca/ca, anche ipa/epa cono-
sca una forma */pa/. Questa sembra infatti identificabile nel suffisso che
interviene nella formazione di inpa e di inpein, già analizzati come *in +
pa; *in + pa + in, con palatalizzazione della vocale davanti a -in. Se quanto
osservato coglie nel segno, il rapporto fra il pronome suffisso -pa e le po-
sposizioni -pi/-pe non può che essere indiretto: queste ultime esprimono
infatti una funzione destinativa e sono indeclinabili (cfr. aritimipi, turanpi,
minipi, menpe), diversamente dalla forma pronominale soggetta a ulterio-
re agglutinazione.
Considerando le funzioni proposte per il pronome ipa (relativo, relati-
vo-interrogativo, dimostrativo indefinito, etc.)68, vi è quella di deittico di

64 Non è chiaro invece se nella stessa serie vadano anche ricomprese le forme
estrei del liber linteus, a rigore e[š]trei, in nesso con alφazei (LL IV 11-12, V 9, XI 16,
XI 17). Il significato del secondo termine non è noto; verosimilmente tuttavia sia
tratta di un tipo di offerta solida, cfr. Belfiore 2010, p. 95.
65 Agostiniani 2009. Sull’identificazione di ipa come nominativo e di inpa come

accusativo cfr. da ultimo Rix 2004, p. 955. Contro l’introflessione in etrusco cfr.
Agostiniani 2009, p. 67. Lo studioso ha osservato in particolare l’esistenza di un
confine di morfema nella struttura fontattica di inpa che ha impedito l’assimilazione
altrimenti presente tra nasale e ostruente (ibid., pp. 65-66).
66 Agostiniani 2009, pp. 66-67.

67 Agostiniani 2009, p. 67.

68 Rix 2004, p. 955, § 4.3.3.; il valore di idem è invece stato proposto da Wylin 2000,

pp. 220-227; G. Colonna, REE 71, 2007, p. 175 ad n. 26; rispetto a ipse sostenuto da
Morandi 1987.
Fenomeni protosillabici in etrusco 61

lontananza69 che tuttavia finisce col confliggere con il valore ad oggi as-
segnato al pronome sa. Dal punto di vista dell’animatezza, tolti i casi di
incerta interpretazione70, il nominativo (assolutivo?) ipa si direbbe riferito
tanto a soggetti animati, quanto a meno animati o non animati71. Malgra-
do le incertezze ancora esistenti, difficilmente ipa potrà rappresentare una
congiunzione dichiarativa72, dal momento che la forma è soggetta a fles-
sione73. La funzione di questo pronome sembra dunque collocarsi a metà
tra quella di un pronome relativo, essenzialmente ricoperta da an/ in, e di
un pronome dimostrativo, espresso da ta/ ca e sa.
Analogamente a eclθi, anche il genitivo epl del cippo perugino, rispet-
to all’arcaico ipal (e diversamente dal genitivo I ipas, per il quale non è
documentata una forma *ips/eps/ps) rientra nelle condizioni che attestano

69 Per ipa = ‘quello’ cfr. Agostiniani 1993, pp. 38-39, in opposizione a ita, ica ‘que-
sto’, ‘codesto’.
70 LL X 5 … ipa seθumati. simlχa 6θui. χurve. acil; 7 … ipei. θuta. cnl. χaśri; 9ipe. ipa.

maθcva. ama ..., 14 ... ipa θucu petna ama. Nella lamina di Castellina ET Cr 4.10 il
contesto è troppo lacunoso per poter stabilire a cosa si riferiscano tanto ipal quan-
to ipas̉ (cfr. Massarelli 2014); così l’iscrizione su lamina bronzea ET Ta 8.1; AT 3.3
nuna vasieiθi arisvia ia vineia ia vir ia ipas ev[.
71 Referenti animati sembrano rappresentati, nella tomba delle Iscrizioni graffite

ET Cr 1.197, da ramaθa spesias o laris armas[ii]nas; nell’iscrizione falisca ET Fa 0.4


aipas̓: ikam, dalla forma ipas come relativo-interrogativo (“di chi è questo?” Rix

2004, p. 955); nell’iscrizione veiente ET Ve 3.50 ]ce ipac turuce, dalla forma ipac se
indica il soggetto dedicante (qui calzante il senso di ipse); nell’iscrizione di Laris
Pulenas Ta 1.17 ipa ruθcva caθas hermeri ... ipa può riferirsi allo stesso Laris
Pulenas; nell’iscrizione sul lastrone a chiusura della tomba di Castelluccio, ET Cl
1.946+6.1, cmi vete tinake aniana 2itunia 3ipa amake 4ipa emke, il pronome ipa può
essere riferito a vete tinake. Diversamente, nell’iscrizione tombale ET Ta 5.6 ipa
può avere a referente lavtn pumpus 2scunu[i]s, così come il pronome relativo in,
altrimenti da riferire alla tomba (al locativo, śuθiθi); nell’iscrizione di San
Manno, ET Pe 5.2, l’espressione eθ: fanu: lautn: precuś: ipa: murzua: cerurum: ein:
3heczri: tunur: clutiva: zelur [: ----]r con ipa riferibile a lautn, sebbene il senso

dell’iscrizione sia ancora contestato; nel cippo di Perugia ET Pe 8.1 … ipa ama hen
naper 6XII il pronome può essere riferito al precedente tezan piuttosto che alle
famiglie velθina o afuna, dal momento che la prescrizione riguarda qualcosa
fissato a dodici misure naper; ibid. a … velθinaθuraś. araś. pe7raś cemulmlescul zuci
en8esci epl tularu la forma epl può avere un referente meno o non animato, cfr.
Belfiore 2019a, p. 177.
72 Facchetti 2002, pp. 67-68.

73 Si vedano le forme arcaiche ipal, ipas, iperi, e le forme recenti epl del cippo

perugino, già elencate sub 3.


62 V. Belfiore

voci con vocali protetiche. Sembrerebbe di poter concludere che la mag-


gior frequenza d’uso dei pronomi, e in particolare delle forme al genitivo
II, possa aver condizionato anche determinate voci lessicali, le quali nel
dar vita a loro volta a forme derivate, possono aver assunto forma analo-
ga in condizioni fonetiche comparabili.

5. Tornando ai fenomeni sopra notati in ambito lessicale, è opportuno


affrontare nuovamente la questione del nome degli Etruschi, più volte
discussa in letteratura74. In un recente intervento, Carlo de Simone ha ri-
cordato come le forme turs- e tusc- convivano e possano anzi considerarsi
originate da una stessa base greca, analogamente ad altri etnonimi/etero-
nimi doppi che hanno conosciuto diversi canali di diffusione75.
Riprendendo e ampliando le argomentazioni già prodotte sul tema76,
De Simone ha sottolineato che l’origine dell’eteronimo deve riconoscersi
nell’ambito dell’Egeo orientale, dove i Greci avrebbero indicato come
Τυρση/ανοί / Τυρρη/ανοί gli Etruschi di questi luoghi – nel contesto della
presenza etrusca a Lemno – per poi estenderlo agli Etruschi d’occidente77.
In tal senso il tursikina della fibula di Castelluccio di VII sec. a.C. rappre-
senterebbe la precoce testimonianza dell’arrivo dell’eteronimo in Italia
per indicare l’origine etrusca dell’individuo attraverso un termine di ma-
trice greca. Da un lato si sarebbero dunque diffuse le varianti italiche tur-
sikina e l’umbro turskum (TI Ib17), dall’altro il latino Tuscus, nome del
console del 487 a.C. e del vicus di Roma (Paulus ex Festo, p. 467 L.)78. Delle
due, la seconda forma è da considerare recenziore o derivata dalla prima
per assimilazione79.

74 Heurgon 1971; De Simone 1972; De Simone 1975.


75 De Simone 2015.
76 De Simone 1972; De Simone 1975, p. 144.

77 De Simone 2015. Sull’origine greca di *turs-, anche con influsso di substrato cfr.

Chantraine 1968-80, s.v. τύρσις; Untermann 2000, s.v. tiurrí.


78 Si vedano inoltre le forme tuscum (TI VIb 58; VIIa 47), tuscer (TI VIb 54, 59) in

grafia latina delle tavole iguvine; ibid. anche una forma tursce (TI VIIa 12).
79 La semplificazione del nesso rsk > sk si confronta con quella di altri nessi

consonantici (rsp > sp; rst > st). Quanto osservato è inoltre datato de Simone
(1972, p. 169) almeno al II sec. a.C. ma con la possibilità di risalire già alla metà
del V (per testarier nelle leggi delle XII tavole risalente a una forma *terstis dive-
nuta già testis nella tradizione indiretta delle stesse). In ambito umbro il mante-
nimento di rs è ritenuto tratto arcaico che scompare nel latino, come comprovato
da confronti tra grafia umbra e latina nelle tabule iguvine, dove persklu è solita-
Fenomeni protosillabici in etrusco 63

Per quanto riguarda la formazione del nome etruscus, la questione


tuttavia è rimasta in sospeso80. Etimologie basate sul concetto di alterità
sono state proposte in passato da Corssen e Devoto: per il primo il ter-
mine dipendeva da un tema italico etrus/etero- col significato di ‘ander-
swo herstammend’, mentre la quantità lunga di -u- in Etrūria, sottoline-
ata da Kretschmer, avrebbe suggerito a Devoto la contrazione del genti-
lizio etrusco etru con l’umbro tursko (*etro-(t)u(r)sko-)81. Skutsch ha inve-
ce motivato la forma etruscus come metatesi con anteposizione di e-82.
Quest’ultima, di fatto bollata come una non spiegazione83, può rientrare
nei fenomeni sopra osservati con vocale protetica aggiunta a gruppi ini-
ziali con occlusiva + sonante.
Le prime testimonianze letterarie della forma in latino si datano alla
tarda età repubblicana (Varr, lin. lat. V 30; ibid., 32 con distinzione fra E-
truria e Tusci); in età augustea la forma fornisce il nome alla VII regio. Tra
le iscrizioni databili si ricordano le leggi di Ostia, del 47 a.C.84; l’iscrizione
sacra di Palestrina attribuita al 9 a.C. – 37 d.C.85: l’iscrizione da Roma CIL
VI, 1308 (29-19 a.C.); i fasti trionfali del 19 a.C.86. La testimonianza più an-
tica della forma Etruscus è tuttavia rappresentata da un’iscrizione funera-
ria su cippo da Tarquinia, che permette di risalire all’ultimo quarto del II
sec. a.C. (L(ucius) Hirrius/ Etruscus/ v(ixit) a(nnos) XXX)87.
Nel complesso, quanto sopra osservato mostra come, nonostante in
età recente l’etrusco vada incontro entro certi limiti ad una codificazione
maggiore a livello di langue, alcuni fenomeni che possono essersi originati
nel parlato abbiano trovato una dignità letteraria anche grazie alla con-

mente reso come pesclo, così tursko- passa in grafia latina a tusco- (De Simone
1972, pp. 171-172).
80 De Simone 2015.

81 Devoto 1960, pp. 275-276. Cfr. Heurgon 1971, pp. 24-25 e la bibliografia ivi

citata per ulteriori proposte; cfr. inoltre Untermann 2000, s.v. etram.
82 Skutsch 1907, p. 730.

83 De Simone 2015.

84 CIL XIV, 244, cfr. da ultimo AE 2005, 305.

85 AE 2007, 312.

86 CIL I, p. 168.

87 AE 2010, 483. Ulteriori testimonianze del I sec. d.C. sono rappresentate da CIL

V, 925 da Aquileia (prima metà del I sec. d.C.); CIL V, 476 ancora da Aquileia (I
sec. d.C.); CIL XI, 2080, da Perugia (prima metà del I sec. d.C.); CIL XI, 7566 da
Tarquinia (I sec. d.C.); Engfer 2017, p. 385 da Tarquinia (35 d.C.); AE 1957, 269
ancora da Tarquinia (I sec. d.C.); CIL II, 5792 da Penalba de Castro (40 d.C.); CIL
IX, 5226 da Ascoli Piceno (I sec. d.C.); CIL VI, 8417 da Roma (I sec. d.C.).
64 V. Belfiore

vergenza di aspetti morfonotattici e al contatto di una lingua con l’altra.


Resta sub iudice se le condizioni in cui si manifestano vocali protetiche
(gruppi di occlusiva + sonante; /s/ + occlusiva o m) dipendano da una
stessa origine o se, come forse più probabile, siano stati influenzati da fat-
tori diversi (analogia con le forme pronominali, contatto in una direzione
o nell’altra con il latino, etc.). In ogni modo, in tale contesto sembra aver
avuto luogo la trasformazione, a partire dalla forma tursikina di VII, del
nome dei Τυρση/ανοί / Τυρρη/ανοί, Tursci > Tusci in Etrusci.

Riferimenti bibliografici

Albani E. 2007, Le olle cinerarie, in Etruschi. La collezione Bonci Casuccini,


edd. D. Barbagli, M. Iozzo, Siena, Protagon editori, p. 123.
Agostiniani L. 1979, A proposito di Vetter 101 = LIA 20d. Sui deittici in italico,
SE 47, pp. 386-388.
Agostiniani L. 1981, Duenom duenas : καλος καλο̄ : mlaχ mlakas, SE 49, pp.
95-111.
Agostiniani L. 1992, Contribution à l’étude de l’épigraphie et de la linguistique
étrusque, Lalies 11, pp. 37-74.
Agostiniani L. 1993, La considerazione tipologica nello studio dell’etrusco, I-
Ling 16, pp. 23-44.
Agostiniani L. 1995, Genere grammaticale, genere naturale e il trattamento di
alcuni prestiti lessicali in etrusco, in Studi linguistici per i 50 anni del Circo-
lo Linguistico Fiorentino e i secondi mille dibattiti 1970-1995, Firenze, L. S.
Olschki, pp. 9-23.
Agostiniani L. 2009, Etrusco inpa, in Παλαιὰ Φιλία. Studi di topografia an-
tica in onore di Giovanni Uggeri, edd. C. Marangio, G. Laudizi, Galatina,
Mario Congedo Editore, pp. 61-70.
Agostiniani L., Nicosia F. 2000, Tabula Cortonensis, Roma, «L'Erma» di
Bretschneider.
Belfiore V. 2010, Il liber linteus di Zagabria. Testualità e contenuto («Bibliote-
ca di Studi Etruschi», 50), Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore.
Fenomeni protosillabici in etrusco 65

Belfiore V. 2012, Studi sul lessico 'sacro': Laris Pulenas, le lamine di Pyrgi e la
bilingue di Pesaro, Rasenna. Journal of the Center for Etruscan Studies, Vol.
3, Iss. 1, Article 3 (http://scholarworks.umass.edu/rasenna/vol3/iss1/3).
Belfiore V. 2014, La morfologia derivativa in etrusco. Formazione di parole in -na
e in -ra («Mediterranea» 13), Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore.
Belfiore V 2015-16, Nuovi spunti di riflessione sulle lamine di Pyrgi in etrusco,
in Le lamine di Pyrgi. Nuovi studi sulle iscrizioni in etrusco e in fenicio nel
cinquantenario della scoperta («Studi Epigrafici e Linguistici» 32-33),
edd. V. Bellelli, P. Xella, Verona, Essedue edizioni, pp. 103-134.
Belfiore V. 2019a, Per una revisione del testo del Cippo di Perugia, SE 80
[2018], pp. 167-200.
Belfiore V. 2019b, La pratica dell’offerta fra rito etrusco e umbro-sabellico: affi-
nità e differenze intorno all’altare, in Tables Eugubines ombriennes et Livre
de lin étrusque, actes du colloque (Paris, 5 juin 2015), éd. E. Dupraz, Pa-
ris, Hermann, pp. 35-65.
Belfiore V., Van Heems G. 2010, Neue Betrachtungen zum Liber Linteus –
die Begriffe hil und sac-ni, in Neue Forschungen zu den Etruskern, Akten
der Tagung Bonn, 07-09.11.2008, («Bar international series», 2163), Ox-
ford, Archaeopress, pp. 113-121.
Benelli E. 1994, Le iscrizioni bilingui etrusco-latine («Biblioteca di Studi E-
truschi» 27), Firenze, L. S. Olschki.
Benelli E. 2009, Alla ricerca delle aristocrazie chiusine, in Écritures, cultures,
sociétés dans les nécropoles d’Italie ancienne. Mouvements et trajectoires
dans les nécropoles d’Italie d’époque pré-républicaine et républicaine, Table
ronde des 14-15 décembre 2007, éd. M.-L.Haack, Bordeaux-Paris, Dif-
fusion De Boccard, pp. 135-159.
Benelli E. 2012, La scrittura etrusca di eta recente: tradizioni locali e alfabeto
nazionale, MEFRA 124-2, pp. 439-445.
Cavalieri M. 2010, Recensione a Valentina Vincenti, La tomba Bruschi di
Tarquinia. Rome, Giorgio Bretschneider, 2009, AC 79, pp. 763-765.
Chantraine P. 1968-80, Dictionnaire étymologique de la langue grecque : his-
toire des mots, Paris, Editions Klincksieck.
Comrie B. 1981, Language Universals and Typology, Syntax and Morphology,
Oxford, Blackwell.
Corbett G. 2006, Agreement, Cambridge, Cambridge University Press.
Cristofani M. 1995, Tabula Capuana, Firenze, L. S. Olschki.
De Simone C. 1968, Die griechischen Entlehnungen im Etruskischen, Wies-
baden, Harrassowitz.
66 V. Belfiore

De Simone C. 1972, Etrusco Tursikina: sulla formazione ed origine dei gentili-


zi etruschi in -kina (-cina), SE 40, pp. 153-181.
De Simone C. 1975, Etruskischer Literaturbericht: neuverffentlichte Inschriften
1970-1973, Glotta 53, pp. 125-181.
De Simone C. 1993, Le iscrizioni chiusine arcaiche, in La civiltà di Chiusi e del
suo territorio, Atti del XVII convegno di Studi etruschi ed italici
(Chianciano Terme 1989), Firenze, L. S. Olschki, pp. 25-38.
De Simone C. 2015, Etrusco Kuršike <*Κορσικός ed il nome latino-italico degli
Etruschi: (<*Τυρσικός)> *tursko- > tusco-*, Oebalus 10, pp. 205-241.
Dixon, R.M.W. 1994, Ergativity, Cambridge, Cambridge University press.
Devoto G. 1960, Umbri ed Etruschi, SE 28, pp. 263-276.
Dupraz E. 2019, Descriptions de rituels dans les Tables Eugubines et dans le
Liber Linteus : rédactions détaillées et rédactions synthétiques, in Tables Eu-
gubines ombriennes et Livre de lin étrusque, actes du colloque (Paris, 5
juin 2015), éd. E. Dupraz, Paris, Hermann, pp. 87-114.
Engfer K. 2017, Die private Munifizenz der römischen Oberschicht in Mittel-
und Süditalien: eine Untersuchung lateinischer Inschriften unter dem A-
spekt der Fürsorge, Wiesbaden, Harrassowitz.
ET = G. Meiser (ed.), Etruskische Texte, Editio Minor, Hamburg, BAAR.
Facchetti G. 2002, Appunti di morfologia etrusca, Firenze, L. S. Olschki.
Heurgon J. 1971, Recherches dur la fibule d’or inscrite de Chiusi: la plus ancienne
mention épigraphique du nom des Étrusques, MEFRA, 83-1, pp. 9-28.
Hübeck A. 1961, Praegraeca: sprachliche Untersuchungen zum vorgriechisch
– indogermanischen Substrat, Erlangen, Universitatsbund Erlangen.
Maggiani A. 1990, Alfabeti etruschi di età ellenistica, AnnMusFaina 4, pp.
177-220.
Maggiani A. 1999, Nuovi etnici e toponimi etruschi, in Incontro di studi in me-
moria di Massimo Pallottino, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, pp. 47-61.
Maltby R. 1991, A lexicon of ancient Latin etymologies, Leeds, Francis
Cairns.
Massarelli R. 2014, I testi etruschi su piombo («Biblioteca di Studi Etruschi»
53), Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore.
Morandi M. 1995, Novità sui Velcha di Tarquinia, ArchClass 47, pp. 267-288.
Morandi M. 2004, Prosopographia Etrusca. 1. Corpus, L’Etruria Meridionale,
Roma, «L'Erma» di Bretschneider.
Pallottino M. 1963, Postilla alla Tomba delle Iscrizioni, in REE 31, pp. 195-
198.
Fenomeni protosillabici in etrusco 67

Petit D. 1999, *sue- en grec ancien: la famille du prônom réfléchi. Linguistique


grecque et comparaison indo-européenne, Leuven, Peeters.
Pfiffig A.J. 1969, Die Etruskische Sprache, Graz, Harrassowitz.
Pfiffig A.J. 1972, Etruskische Bauinschriften («Österreichisches Akademie
der Wissensschaften, philos.-hist. Klasse» 282), Wien-Köln-Graz,
Böulaus.
Pfiffig A.J. 1974, Zur etruskischen Inschrift auf der Goldfibel von Chiusi, Glot-
ta 52, pp. 290-293.
Prinz O. 1937, Zur Entstehung der Prothese vor s-impurum im Lateinischen,
Glotta 26, pp. 97-115.
Rigobianco L. 2017, Per una grammatica dell’etrusco. Considerazioni morfono-
logiche sulla derivazione di nomi e aggettivi in etrusco arcaico, Mediterra-
nea XIV, pp. 185-203.
Rigobianco L. 2021, I ‘dimostrativi’ nel testo del Cippo di Perugia: considera-
zioni linguistiche ed ermeneutiche, in Il Cippo di Perugia, vecchi problemi e
nuove letture, Atti dell’incontro di studi (Perugia, 15 febbraio 2019), ed.
V. Belfiore, MEFRA 133-1, pp. 39-51.
Rix H. 1963, Das etruskische Cognomen, Wiesbaden, Harrassowitz.
Rix H. 1984, La scrittura e la lingua, in Gli Etruschi. Una nuova immagine, ed.
M. Cristofani, Firenze, Giunti Martello, [1993], pp. 199-238.
Rix H. 2002, La seconda metà del nuovo testo di Cortona, in La Tabula Corto-
nensis e il suo contesto storico-archeologico, Atti dell’incontro di studio
(Roma 22 giugno 2001), Roma, Consiglio nazionale delle ricerche,
pp. 77-86.
Rix H. 2004, Etruscan, in Cambridge Encyclopedia of the World’s Ancient Lan-
guages, Cambridge, Cambridge University Press, pp. 943-965.
Rohlfs G. 1968, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, To-
rino, G. Einaudi.
Schulze W. 1904, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, mit einer Berich-
tigungsliste zur Neuausgabe von O. Salomies, Zurich-Hildesheim,
Weidmann, 19042 [1991].
Skutsch O. 1907, Etrusker, in Real-Encyclopädie der classischen Altertumswis-
senschaft, VI.1, edd. A.F. Pauly, G. Wissowa, Stuttgart, J. B. Metzler, cc.
730-806.
Steinbauer S. 1998, Zur Grabinschrift der Larthi Cilnei, ZPE 121, pp. 263-
281.
Untermann J. 2000, Wörterbuch des Oskisch Umbrischen, Heidelberg, C.
Winter.
68 V. Belfiore

Van Heems G. 2006, L’inscription de l’oenochoe de Montpellier, MEFRA 118-


1, pp. 41-61.
Vincenti V. 2009, La tomba Bruschi di Tarquinia, Roma, Bretschneider.
Wylin K. 2000, Il verbo etrusco. Ricerca morfosintattica delle forme usate in
funzione verbale («Studia Philologica» 20), Roma, «L'Erma» di Bre-
tschneider.
Wylin K. 2005, Un terzo pronome/aggettivo dimostrativo sa, SE 70 [2004], pp.
213-225.
Q

his
gemmis
luminosis
Magistro
Florentino
confectum et caelatum
est donum tam multa antiquitatum
et priscorum idiomatum e nebulis eripientibus.
sapientiam nec non liberalitatem grati et perlaeti mirantes
Eruditorum atque Amicorum consessum laudant curatores.

Potrebbero piacerti anche