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numero 1 - 2022
C ol l a n a d i s t u d i
Direzione e redazione
Massimo Nafissi
Università degli Studi di Perugia
Alberto Calderini
Dipartimento di Lettere – lingue, letterature e civiltà antiche e moderne
Riccardo Massarelli
www.ariodante.unipg.it
EQO ‹ DUENOSIO
Studi offerti a
Luciano Agostiniani
a cura di
Alberto Calderini, Riccardo Massarelli
ISBN 978-88-9426-979-6
www.ariodante.unipg.it/ariodante001.pdf
copertina:
calice in bucchero etrusco con decorazione a pantere, VI sec. a.C.
Courtesy of Royal-Athena Galleries, 153 East 57th Street, New York
(www.royalathena.com)
i curatori ringraziano il Direttore Mr. Rick Novakovich
Indice
1. Ignasi-Xavier Adiego
Osservazioni sul teonimo osco líganakdíkeí della Tavola di
Agnone ………………………………………………………… 13
2. Petra Amann
La menzione di bambini nelle iscrizioni etrusche ……………… 21
4. Valentina Belfiore
Fenomeni protosillabici in etrusco: la vocale protetica e il nome
degli Etruschi …………………………………………………… 49
5. Vincenzo Bellelli
Contributo all'interpretazione di CIE 6673 (Veio) e CIE 10017
(Tarquinia), ovvero del significato di aχapri e zinace in etrusco … 69
6. Enrico Benelli
Antroponimi etruschi in -s. Lo stato dell’evidenza e problemi
connessi ………………………………………………………… 99
7. Guido Borghi
Toponomastica preistorica non reto-tirrenica in Etruria ……… 125
Q
Saluetod Duene
al ricco e vario bagaglio di conoscenze, alla piena padronanza del quadro sto-
rico-archeologico, alla rara sensibilità nei confronti del tessuto dei riferimenti
semiotici e pragmatici sotteso all’analisi ermeneutica dei testi epigrafici, e ad
una cospicua dose di personale ingegno ed acribia, che in lui si fondono con
un’inossidabile sistematicità. Vi abbina un’elegante prosa scientifica, tanto
raffinata quanto efficace, che rende i suoi scritti autentici pezzi di bravura
retorica, piacevoli da rileggere ed apprezzare anche solo sotto questo profilo
(per riproporre un’eloquente considerazione di Domenico Silvestri dell’epoca
della preparazione dei suoi Scritti Scelti). Ai meriti sul profilo dell’apporto
scientifico si sommano quelli meno noti ma altrettanto significativi legati
all’insegnamento, nel quale ha riversato ed amalgamato l’estremo rigore del-
lo studioso ed una dedizione autentica. Da allievi ci sta a cuore esprimergli
gratitudine per le conoscenze, l’impostazione metodologica, la visione e la
passione che ci ha trasmesso a partire dagli illuminanti corsi perugini; che
negli anni ha dedicato alla linguistica storica indoeuropea, con approfondi-
menti monografici di volta in volta tarati sui vari rami, alla linguistica etru-
sca, ma anche alla linguistica generale, con seminari su plurimi aspetti del
complesso delle problematiche sul linguaggio, e perfino sulla creolistica
(grazie ai quali sapremmo ancor oggi cavarcela in Guadalupa!). Altrettanto
gli dobbiamo per il clima di amicizia, collaborazione e costante incoraggia-
mento, per averci guidati nello studio, affiancati nelle indagini, ed anche di-
rettamente istruiti nell’approccio alle testimonianze epigrafiche con frequenti
gustosi sopralluoghi autoptici in musei, magazzini e campagne. E soprattut-
to ne lodiamo la generosità, la disponibilità, la sensibilità, la gratuità, che ri-
velano del lato più umano, ben noto agli Amici e Colleghi intervenuti a fe-
steggiarlo e a rivolgergli il saluto davvero più appropriato:
K
Ringraziamenti
Siamo riconoscenti a Guido Borghi, Giulio Giannecchini, Maria Pia Mar-
chese, Francesca Murano, Sergio Neri e Diego Poli per l’aiuto nei vari aspet-
ti dell’organizzazione. A tutti i Contributori rivolgiamo un sincero ringra-
ziamento per il rilievo degli studi offerti, per l’impegno amichevolmente
profuso ed anche per la pazienza rispetto al prolungarsi del lavoro editoria-
le. Tra loro, ci è caro dedicare un pensiero agli scomparsi Romano Lazzeroni
e Mario Torelli, amara perdita.
A.C., R.M.
Perugia, 20 maggio 2022
Nella pagina precedente:
Luciano Agostiniani durante un esame autoptico di iscrizioni etrusche ed umbre;
Perugia, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, 2008.
Fenomeni protosillabici in etrusco:
la vocale protetica e il nome degli Etruschi
H
Valentina Belfiore
8 ET Ta 7.59, Cl 1.338.
1.179 eprθnevc.
10 ET AT 1.108.
12 ET Vc 1.93.
13 ET Vc 1.94.
14 ET Cl 1.113.
5.1 … hup2ni. ei. ịtruta). La prima lettera della forma itruta è data come in-
certa nel ThLE, sicura ad ET: l’iscrizione è incisa sulla cassa dell’urna CIE
1119 (in tufo o pietra calcarea ex CIE). Stando all’apografo, le prime due
lettere sembrano reduplicate, dunque la prima potrebbe rappresentare
una falsa partenza per una i- oppure la seconda costituisce un “errore” di
duplicazione. In ogni caso i caratteri paleografici rientrano nella seriazio-
ne individuata da Maggiani per il tipo capitale di area etrusca settentrio-
nale, dunque nell’ambito del III sec. a.C.17. Il significato proposto per
questo lemma in base alle sue occorrenze ricade all’incirca nella sfera se-
mantica del ‘disfarsi, gettare, rimuovere’ e simili18. Tale significato po-
trebbe riguardare anche la forma itruta dell’urnetta ET AS 5.1, in tal caso
attraverso l’espressione di un divieto di rimozione o demolizione relativo
alle nicchie della tomba.
A parte sembrano da considerare le forme onomastiche arcaiche eθri-
sna, etrisnaś19 rispetto alle forme recenti trisnal, trisnas, trisna-, trisnei20, dal
momento che la forma più antica si identifica con quella con iniziale vo-
calica, caduta nelle forme di età ellenistica, mentre non vi è traccia di vo-
cale interna alla prima sillaba (*terisna/θerisna).
Tra i casi in cui è documentata una vocale protetica si ricordano anche
quelli con sibilante seguiti da occlusiva o m. Nel caso dell’epiteto ismi-
nθians attestato da uno specchio di IV-III sec. a.C.21 in relazione con il te-
onimo maris, si rileva un’opposizione con le forme onomastiche sminθi di
V sec. e sminθe, sminθinal, śminθ recenti22, altrimenti caratterizzate da s +
sonante iniziale. L’anteposizione di i- rispetto a e- in tal caso sembra in-
fluenzato dalla presenza di -i- nella forma dell’epiteto.
Considerando inoltre il prenome etrusco stlakiie arcaico (ET Cm 2.18)
con le forme latine Stlaccius in funzione di gentilizio e Stlaccilla in funzio-
ne di cognomen23, il genitivo femminile Estlacial di un’iscrizione etrusca in
17 Maggiani 1990, pp. 186 ss.; cfr. anche Benelli 2012, pp. 443 ss. per ulteriori
confronto fra le due serie risale già a Morandi 2004, pp. 157-158 s.v. eθrisna. Per la
forma etri(al) cfr. anche Rix 1963, p. 265.
21 ET Vs S.14, cfr. ad CIE 10840.
23 Cfr. Schulze 1904, p. 425 per Stlaccius, con geminazione consonantica, e Schulze
di olle fittili a campana o troncoconiche impiegate come cinerari, cfr. Albani 2007, p.
123; e allo stesso periodo fino al I sec. a.C. si data il fenomeno di maggior diffusione
di iscrizioni etrusche in latino e di bilingui etrusco-latine, cfr. Benelli 1994.
26 ET Cr 1.197 1ramaθa spesias sχạ[ni]ce θui stalθi 2iχ ( ) laris armas[ii]nas putusa ziχ
3ipa ve[l]iinạisi ụθrice laricesi 4zuχunạ. Sulla forma della Tabula Capuana, solitamente
28 Belfiore 2010, pp. 158-160 e Belfiore 2019b, p. 54. Non mancano tuttavia
interpretazioni di diverso segno, che ipotizzano per scara/scare una funzione verbale
(Dupraz 2019).
29 Ibid.
Fenomeni protosillabici in etrusco 53
30 Si veda ad es. lo studio di Rigobianco (2017, pp. 198 ss.) sui casi di mancata
apocope preistorica, su cui potrebbe influire l’accento del morfema derivazionale.
31 Rispettivamente ET Vs 1.179 (CIE 5093) – metà del IV sec. a.C.:31 vel: lạθites[:]
arnθial: rụva: larθialiśạ[m]: clan: velusum: 2neftś: marnụχ spurana: eprθnevc: tenve:
meχlum: rasneas 3clevsinsl [:] zilaχnve: pulum: rumitrinẹθi: mlace: clel: lur[i]; ET Cl
1.113 – metà del II sec. a.C.31 alθ: velu: lθ: tlesnal: cicuniaś bclan: purθne. Nell’iscri-
zione della tomba Golini la struttura sintattica sembra comporsi di 1- sintagma
con formula onomastica e filiazione; 2- elenco dei titoli magistratuali; 3- formula
finale pulum ... luri. Nell’ambito dell’unità 2 (marnụχ spurana: eprθnevc: tenve: meχ-
lum: rasneas 3clevsinsl [:] zilaχnve:) si può supporre che eprθnec sia evidenziato co-
me una delle voci dell’elenco, e dunque preceduto da una breve cesura sintattica
per staccarlo da marnụχ spurana. La forma purθne dell’iscrizione chiusina, in fun-
zione predicativa, potrebbe porre in rilievo piuttosto la conclusione del testo, ma
non si tratta che di supposizioni. Sull’accento fonosintattico nei dialetti italiani
cfr. Rohlfs 1968, pp. 28 ss.
32 Cfr. CIE VI 156, 19258, 26010a, 37250 (Iz/smaragdus); CIL VI, 5951, 6383, 13413,
16488 (Ismyrna) e Prinz 1937 per altri esempi; cfr. Rohlfs 1968, pp. 255-257, § 187.
54 V. Belfiore
senza di consonante davanti a forma con vocale protetica non si può dire
sistematica33, né le forme protetiche latine, in base alla disamina già di
Prinz, occorrono necessariamente dopo finale consonantica, ma anche
dopo vocale e a inizio di frase34. Circa l’origine del fenomeno, che nel la-
tino comincia ad essere documentato a partire dalla cronologia delle i-
scrizioni pompeiane, Prinz non è riuscito a dare una soluzione, escluden-
do in ogni modo un influsso da parte delle parlate “straniere” in territo-
rio romanizzato: tra queste sono dunque escluse tanto le lingue italiche
quanto l’etrusco in quanto ad esse estraneo35. La testimonianza di una
forma estlacial chiusina di II-I sec. a.C., rappresenta tuttavia un’attesta-
zione precoce in tal senso e in un territorio di cultura epigrafica mista.
In tali casi è la forma con nesso CRV- quella regolare in quanto meglio
attestata a cronologia più recente. Il primo confronto, fra la forma caru-
cra36 e il gentilizio ceretano crucra, è stato escluso da Colonna che ha piut-
tosto suggerito una derivazione di carucra dall’epiteto gr. κᾱρυκα all’ac-
cusativo, da cui si sarebbe formato il patronimico ricordante la funzione
araldica del dedicante pyrgense37. La genealogia dei crucra nella tomba
dei tarχna ricostruita da Morandi – con una prima generazione del 220-185
a.C. circa (ramθa crucrai) e una seconda del 185-150 circa (i suoi figli) –,
33 In etrusco la vocale i- può essere eufonica nel nesso maris isminθians, ma non
per turza esχaθce della Tabula Capuana (TC 13, 22, 23, 25, 27, 31, 33). Il confronto
fra le due forme eprθnevc e purθne ricordato alla nota precedente, attesta anzi il
contrario, ovvero che la parola iniziante per vocale segue a parola che termina per
vocale e che la parola con consonante iniziale segue a parola con consonante o
sonante finale (spurana: eprθnevc vs. bclan: purθne).
34 Prinz 1937, pp. 109-110.
lo ritiene isolato.
36 ET Cr 3.43, ẹtun hercles carucra 2II, metà V sec. a.C.
testimonia che la forma crucra esiste almeno dalla seconda metà del III
sec. a.C.38. Vista la possibilità di confrontare la caduta della vocale proto-
sillabica anche con altre attestazioni, il confronto fra le due forme onoma-
stiche non sembra del tutto peregrino39.
L’oscillazione di celeniarasi40 con cliniiaras41, mostra che l’alternanza dei
gruppi CRV-/CVRV- iniziali è attestata nell’ambito del VI sec. Come le
precedenti, anche le forme malak/χ-, documentate da instrumentum già nel
VII sec. a.C.42 alternano nello stesso periodo con la forma “ordinaria”
mlaχ che perdura, come clan, fino all’età recente43.
Per le forme carucra, celeniarasi, malaχ/malak- si parla di introduzione
di una vocale secondaria in sillaba iniziale44, come si può dedurre soprat-
tutto in base alla netta prevalenza della forma mlaχ su malaχ già in età
arcaica45. La cronologia elevata in cui sono attestate le forme con vocale
aggiunta è in apparente contraddizione con l’assunto relativo alla con-
servazione della sillaba inziale, che in quanto sede dell’accento tonico
grande olla della seconda metà del VII sec. a.C. ex CIE 6325; AV 2.3, mi malak
vanθ, terzo quarto del VII sec. su un aryballos protocorinzio del 630 a.C. ex CIE
11448.
43 ET Ta 2.1, prima metà del VII sec. a.C.; Fa 3.1 + 6.1, secondo quarto del VII sec.
a.C.; Fa 2.3, terzo quarto del VII sec. a.C.; Cr 6.2, ultimo quarto del VII sec. a.C.;
Ve 3.30, inizi VI sec. a.C.; Cr 0.13, VI-V sec. a.C.; La 4.1, metà V sec. a.C.
44 G. Colonna, in REE 65-68, 2002, p. 356, n. 71. A rigore, l’esiguità delle atte-
stazioni di età arcaica per le forme carucra e clan non permette di stabilire se la
forma con gruppo iniziale CVRV- sia etimologica o dovuta all’inserzione effettiva
di una vocale secondaria. La prima ipotesi, già proposta in Belfiore 2014, p. 120,
tuttavia non sembra in effetti verificabile (cfr. più avanti).
45 Agli esempi sopra prodotti si potrebbero anche aggiungere gli epiteti derivati
dal greco Τελαμών(ιος), telmun/ telmuns/ tlamunu/ tlamunus di IV-III sec. a.C., per
i quali tuttavia l’etrusco documenta solo un fenomeno di metatesi (tel-/ tla-), cfr.
De Simone 1968, pp. 116-117.
56 V. Belfiore
ET iscrizione cronologia
Ta 1.200 eclθi śu[θiθ] 2larθ: alθu[-?-] 3avils huθ[s -?-] recente48
AH 1.47 eclθi ramθa cainei IV-III sec.49
AH 1.29 luvcatrus. laris. arnθal. r XXXỊỊ. - / zilaχncẹ θui
2 seconda metà
cal[θi -?-] III sec. a.C.50
Vc 1.59 clθị[: śuθi]θi: ra[m(θa):] ceisatrui 2cesu: p[ru]ślnas: III-II sec. a.C.51
[p]ụia / velus 3rapi: [----(-)]e: te[
Ta 1.81 θui. clθi. mutnaiθi 2vel. veluśa. avils 3cis. zaθrmisc terzo quarto del
4seiṭiθ̣ialiśa IV sec. a.C.:52
CIE 5544.
49 Sarcofago in nenfro dal sepolcreto del colle Talone, cfr. Morandi 2004, p. 103,
s.v. cainie.
50 Cfr. Morandi 2004, p. 290 s.v. luvcatru. Per le forme di locativo e la compren-
sione di calθi come variante di clθi cfr. Van Heems 2006, part. p. 48.
51 Dalla tomba delle Iscrizioni di Vulci, in uso dal III fino probabilmente alla fine
1.
arc. ica, icam(sanθuni); ikam; loc. icei; gen. icel?
eca, ec, (e)ca; gen. I ecs, acc. ecn; eka, ka, gen. II kla, acc. kn
rec. ca, gen. II cla; clal; clal(-um); clel; gen. I cś; riformato cśl (1x Ta); czl
(1x cippo Pe); gen. o piuttosto abl. ceś (nella lamina di Monte Pitti);
acc. cn.
52 La datazione alla fine del IV – pieno del III sec. a.C. della Tomba Bruschi-
Giudizi è di Morandi 2004, pp. 78-81 s.v. apuna/apunie su basi prosopografiche; la
datazione al terzo venticinquennio del IV sec. è frutto della revisione di Vincenti
2009; cfr. anche Cavalieri 2010, p. 764.
53 Tomba degli Scudi, cfr. Morandi 1995: nella rilettura dell’iscrizione (ibid., p. 285)
la forma del dimostrativo integrata fra parentesi è letta come [cl]θ, non [ecl]θ (sic
ad ET Ta 5.5). Cfr. inoltre Morandi 2004, p. 180, s.v. velχa.
54 La cronologia ad CIE 5881 assegnata alle tre tombe θansina è stata meglio
2.
arc. ita, gen. ital, loc. itai, acc. itan, itun, it-n; itanim?57
rec. eta, acc. etan, etun
rec. ta, acc. tn, tanna (?); anche scr. θn; gen. tś, loc. tei, têi, encl. -θn; abl.
teiś, teis.
dall’analisi di Rix, che ha distinto itanim delle lamine di Pyrgi da etnam, normalmente
ritenuto esito recente. La forma itanim sarebbe dunque da analizzare come *ita-ni-m a
partire da un accusativo arcaico seguito dalla congiunzione enclitica avversativa -m
(Rix 1991, p. 684) mentre etnam sarebbe formato, come il latino item, da una base eθ
‘così’ (lat. ita) e da un ulteriore elemento -nam (Agostiniani in Agostiniani, Nicosia
2000, pp. 97-98). Di fatto, la forma itanim risulta attestata solo dalla lamina pyrgense
ET Cr 4.4 in probabile relazione con nac ... nac ... alle linee precedenti; è inoltre
possibile che una struttura sintattica analoga sia quella della lamina più breve Cr 4.5
nac ... vacal (Belfiore 2015-16). Qui è inoltre presente una forma genitivale etanal che,
se deve essere considerata con itanim per l’analoga derivazione pronominale e per il
breve divario cronologico, non si può considerare come genitivo articolato su una
forma di accusativo, bensì come genitivo di forma derivata in -na. Nel complesso,
difficilmente si può rinunciare alla funzione avverbiale rivestita da itanim; piuttosto,
il confronto con la forma etanal di inizio V sec. e con il recente etnam valgono a
dimostrare che si tratta di un diverso insieme di derivati formati mediante suffissi
derivativi diversi piuttosto che flessionali.
Fenomeni protosillabici in etrusco 59
Nella gerarchia di animatezza (cfr. Comrie 1981, pp. 185 ss.; Dixon 1994, p. 85;
58
59 Diversamente, le forme -itule, -itale non sembrano riferite a degli oggetti plurali
e la vocale intermedia, di timbro oscillante come atteso nel V sec. è ritenuta etimo-
logica (cfr. Rix 1981, pp. 91-92; Adiego 2005, pp. 6-7, § 6).
60 Pfiffig 1972; Wylin 2005.
61 Cfr. *sacni-ca vs. sacniša, Rix 2002, p. 80; Wylin 2005; Belfiore 2014, pp. 172 ss.;
totonica sia meno attestata, anche per il pronome *eśa/sa sembra di poter
ricostruire lo stesso ‘paradigma’ di ita/eta/ta, ica/eta/ca, con tendenza alla
perdita della vocale iniziale, come nelle forme di dimostrativo note64.
Il pronome ipa, insieme a inpa, è stato di recente oggetto di riesame da
parte di Agostiniani, che contro la communis opinio di un’identificazione
tra le due, ha sottolineato che si tratta di fatto di due forme distinte65. In
base all’analisi dello studioso, inpa e inpein sono formati da una base in,
pronome relativo inanimato, e dalla particella -pa, con cui si confronte-
rebbero anche -pi, -pe che occorrono ad es. in minipi/ menpe66. L’insieme
delle occorrenze di inpa non permette di trarre conclusioni positive sul
valore del termine. In ogni caso, inpa “va staccato dal pronome ipa, di cui
non può in nessun modo essere considerato né una forma flessa, né un
antecedente cronologico, né un derivato”67.
Benché le forme note del pronome ipa siano quelle ortotoniche (ipa
gen. ipas̓, ipal; loc. ipe, ipei; dest. iperi; assol. epa, ep-c; gen. epl, epl-c), si può
immaginare che, come nella serie ita/eta/ta e ica/eca/ca, anche ipa/epa cono-
sca una forma */pa/. Questa sembra infatti identificabile nel suffisso che
interviene nella formazione di inpa e di inpein, già analizzati come *in +
pa; *in + pa + in, con palatalizzazione della vocale davanti a -in. Se quanto
osservato coglie nel segno, il rapporto fra il pronome suffisso -pa e le po-
sposizioni -pi/-pe non può che essere indiretto: queste ultime esprimono
infatti una funzione destinativa e sono indeclinabili (cfr. aritimipi, turanpi,
minipi, menpe), diversamente dalla forma pronominale soggetta a ulterio-
re agglutinazione.
Considerando le funzioni proposte per il pronome ipa (relativo, relati-
vo-interrogativo, dimostrativo indefinito, etc.)68, vi è quella di deittico di
64 Non è chiaro invece se nella stessa serie vadano anche ricomprese le forme
estrei del liber linteus, a rigore e[š]trei, in nesso con alφazei (LL IV 11-12, V 9, XI 16,
XI 17). Il significato del secondo termine non è noto; verosimilmente tuttavia sia
tratta di un tipo di offerta solida, cfr. Belfiore 2010, p. 95.
65 Agostiniani 2009. Sull’identificazione di ipa come nominativo e di inpa come
accusativo cfr. da ultimo Rix 2004, p. 955. Contro l’introflessione in etrusco cfr.
Agostiniani 2009, p. 67. Lo studioso ha osservato in particolare l’esistenza di un
confine di morfema nella struttura fontattica di inpa che ha impedito l’assimilazione
altrimenti presente tra nasale e ostruente (ibid., pp. 65-66).
66 Agostiniani 2009, pp. 66-67.
68 Rix 2004, p. 955, § 4.3.3.; il valore di idem è invece stato proposto da Wylin 2000,
pp. 220-227; G. Colonna, REE 71, 2007, p. 175 ad n. 26; rispetto a ipse sostenuto da
Morandi 1987.
Fenomeni protosillabici in etrusco 61
lontananza69 che tuttavia finisce col confliggere con il valore ad oggi as-
segnato al pronome sa. Dal punto di vista dell’animatezza, tolti i casi di
incerta interpretazione70, il nominativo (assolutivo?) ipa si direbbe riferito
tanto a soggetti animati, quanto a meno animati o non animati71. Malgra-
do le incertezze ancora esistenti, difficilmente ipa potrà rappresentare una
congiunzione dichiarativa72, dal momento che la forma è soggetta a fles-
sione73. La funzione di questo pronome sembra dunque collocarsi a metà
tra quella di un pronome relativo, essenzialmente ricoperta da an/ in, e di
un pronome dimostrativo, espresso da ta/ ca e sa.
Analogamente a eclθi, anche il genitivo epl del cippo perugino, rispet-
to all’arcaico ipal (e diversamente dal genitivo I ipas, per il quale non è
documentata una forma *ips/eps/ps) rientra nelle condizioni che attestano
69 Per ipa = ‘quello’ cfr. Agostiniani 1993, pp. 38-39, in opposizione a ita, ica ‘que-
sto’, ‘codesto’.
70 LL X 5 … ipa seθumati. simlχa 6θui. χurve. acil; 7 … ipei. θuta. cnl. χaśri; 9ipe. ipa.
maθcva. ama ..., 14 ... ipa θucu petna ama. Nella lamina di Castellina ET Cr 4.10 il
contesto è troppo lacunoso per poter stabilire a cosa si riferiscano tanto ipal quan-
to ipas̉ (cfr. Massarelli 2014); così l’iscrizione su lamina bronzea ET Ta 8.1; AT 3.3
nuna vasieiθi arisvia ia vineia ia vir ia ipas ev[.
71 Referenti animati sembrano rappresentati, nella tomba delle Iscrizioni graffite
2004, p. 955); nell’iscrizione veiente ET Ve 3.50 ]ce ipac turuce, dalla forma ipac se
indica il soggetto dedicante (qui calzante il senso di ipse); nell’iscrizione di Laris
Pulenas Ta 1.17 ipa ruθcva caθas hermeri ... ipa può riferirsi allo stesso Laris
Pulenas; nell’iscrizione sul lastrone a chiusura della tomba di Castelluccio, ET Cl
1.946+6.1, cmi vete tinake aniana 2itunia 3ipa amake 4ipa emke, il pronome ipa può
essere riferito a vete tinake. Diversamente, nell’iscrizione tombale ET Ta 5.6 ipa
può avere a referente lavtn pumpus 2scunu[i]s, così come il pronome relativo in,
altrimenti da riferire alla tomba (al locativo, śuθiθi); nell’iscrizione di San
Manno, ET Pe 5.2, l’espressione eθ: fanu: lautn: precuś: ipa: murzua: cerurum: ein:
3heczri: tunur: clutiva: zelur [: ----]r con ipa riferibile a lautn, sebbene il senso
dell’iscrizione sia ancora contestato; nel cippo di Perugia ET Pe 8.1 … ipa ama hen
naper 6XII il pronome può essere riferito al precedente tezan piuttosto che alle
famiglie velθina o afuna, dal momento che la prescrizione riguarda qualcosa
fissato a dodici misure naper; ibid. a … velθinaθuraś. araś. pe7raś cemulmlescul zuci
en8esci epl tularu la forma epl può avere un referente meno o non animato, cfr.
Belfiore 2019a, p. 177.
72 Facchetti 2002, pp. 67-68.
73 Si vedano le forme arcaiche ipal, ipas, iperi, e le forme recenti epl del cippo
77 De Simone 2015. Sull’origine greca di *turs-, anche con influsso di substrato cfr.
grafia latina delle tavole iguvine; ibid. anche una forma tursce (TI VIIa 12).
79 La semplificazione del nesso rsk > sk si confronta con quella di altri nessi
consonantici (rsp > sp; rst > st). Quanto osservato è inoltre datato de Simone
(1972, p. 169) almeno al II sec. a.C. ma con la possibilità di risalire già alla metà
del V (per testarier nelle leggi delle XII tavole risalente a una forma *terstis dive-
nuta già testis nella tradizione indiretta delle stesse). In ambito umbro il mante-
nimento di rs è ritenuto tratto arcaico che scompare nel latino, come comprovato
da confronti tra grafia umbra e latina nelle tabule iguvine, dove persklu è solita-
Fenomeni protosillabici in etrusco 63
mente reso come pesclo, così tursko- passa in grafia latina a tusco- (De Simone
1972, pp. 171-172).
80 De Simone 2015.
81 Devoto 1960, pp. 275-276. Cfr. Heurgon 1971, pp. 24-25 e la bibliografia ivi
citata per ulteriori proposte; cfr. inoltre Untermann 2000, s.v. etram.
82 Skutsch 1907, p. 730.
83 De Simone 2015.
85 AE 2007, 312.
86 CIL I, p. 168.
87 AE 2010, 483. Ulteriori testimonianze del I sec. d.C. sono rappresentate da CIL
V, 925 da Aquileia (prima metà del I sec. d.C.); CIL V, 476 ancora da Aquileia (I
sec. d.C.); CIL XI, 2080, da Perugia (prima metà del I sec. d.C.); CIL XI, 7566 da
Tarquinia (I sec. d.C.); Engfer 2017, p. 385 da Tarquinia (35 d.C.); AE 1957, 269
ancora da Tarquinia (I sec. d.C.); CIL II, 5792 da Penalba de Castro (40 d.C.); CIL
IX, 5226 da Ascoli Piceno (I sec. d.C.); CIL VI, 8417 da Roma (I sec. d.C.).
64 V. Belfiore
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baden, Harrassowitz.
66 V. Belfiore
his
gemmis
luminosis
Magistro
Florentino
confectum et caelatum
est donum tam multa antiquitatum
et priscorum idiomatum e nebulis eripientibus.
sapientiam nec non liberalitatem grati et perlaeti mirantes
Eruditorum atque Amicorum consessum laudant curatores.