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Enciclopedie pratiche Sansoni 53

VOLUMI PUBBLICATI

1. La cucina 29. Le armi da fuoco


2. Gli stili in Italia 30. Bricolage 2°
3. Gli stili nel mondo 31. I fumetti
4. La padrona di casa 32. Pesca in mare
5. I genitori moderni 33. Agricoltura per tutti
6. Come si fa 34. Giardinaggio e piccolo
7. Come essere bella allevamento
8. Che cos’è la psicologia 35. L’equilibrio del corpo e
9. Il cane della mente
10. Arredamento 36. La timidezza
11. La pesca: Come e dove 37. La nautica
12. L’automobile 38. I nostri soldi
13. Il cinema: 1° I cineasti 39. Giochi e rompicapo
14. Che cos’è la psicanalisi 40. La memoria
15. Il nuovo galateo 41. L’intelligenza
16. Medicina 1° 42. Tutto quello che avreste
17. L’astronomo dilettante voluto sapere sul sesso
18. Il cinema: 2° Film A-L 43. Conoscere gli altri
19. Il cinema: 3° Film M-Z 44. La terza età
20. Medicina 2° 45. Enigmi e giochi mate-
Dizionario A-F matici 1°
21. Medicina 3° 46. La nostra salute
Dizionario G-Z 47. L’animale e l’uomo
22. Sport e Record 48. Enigmi e giochi mate-
23. Guida pratica alla matici 2°
dichiarazione dei redditi 49. L’IVA
24. I francobolli 50. Cento ricette per cenare
25. Bricolage 1° con gli amici
26. I tappeti 51. Cento ricette per la co-
27. Minerali e rocce lazione sull’erba
28. Yoga 52. Cento ricette del futuro
Enigmi e giochi
matematici 3

a cura di Martin Gardner

Sansoni
Titolo originale:
Martin Gardner’s new mathematical diversions
From Scientific American

Simon and Schuster Inc.


New York

Copyright © 1966 by M. Gardner


Per il materiale pubblicato in « Scientific American »
Copyright © 1959-1961 by Scientific American, Inc.

Traduzione di Mario Carlà

I edizione nella « Biblioteca di Galileo »: Ottobre 1969

Copyright © 1973 by G.C. Sansoni editore, nuova s.p.a., Firenze


___________________________________________

Indice

Introduzione Pag. IX

1. IL SISTEMA BINARIO 1
Appendice 9
Risposte 10

2. TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE 11


Appendice 20
Risposte 22

3. OTTO PROBLEMI 23
Sezionamento acuto, 23 – Quanto è lungo un « lu-
nare »?, 24 – Il gioco del Googol, 24 – I cadetti in
marcia e il cane che trotterella, 25 – La cintura di
Barr, 26 – Bianchi, Neri e Rossi, 27 – L’aero-
plano e il vento, 27 – Il prezzo dei cuccioli, 28 –
Risposte, 28.

4. GIOCHI E INDOVINELLI DI LEWIS CARROL 37


Appendice 42
Risposte 43

5. GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA 45


Appendice 56
Risposte 56

6. GIOCHI DA SCACCHIERA 58
Appendice 66
Risposte 68

7. QUANTE SFERE ENTRANO IN UNA SCATOLA 69


Appendice 75
Risposte 77
V
8. IL NUMERO TRASCENDENTE π 78
Appendice 87
Risposte 89
9. VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO 90
Appendice 98
Risposte 100
10. IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO
COLORI 101
Appendice 108
Risposte 111
11. IL SIGNOR APOLLINAX VISITA NEW YORK 113
Appendice 120
Risposte 121
12. NOVE PROBLEMI 123
Il gioco dell’Hip, 123 – Un problema di manovra
ferroviaria, 123 – I cartelloni pubblicitari della bir-
ra lungo l’autostrada, 125 – Il taglio del cubo e della
ciambella, 126 – La bisezione dello Yin e Yang,
126 – Le sorelle dagli occhi blu, 127 – Quanto è
antica la città di Rosa-rossa?, 127 – La gara difficile,
128 – La termite e i 27 cubi, 129 – Risposte, 130.
13. POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI 140
Appendice 147
Risposte 148
14. I GUASTAFESTE DI EULERO: LA SCOPERTA
DI UN QUADRATO GRECO-LATINO DI ORDI-
NE DIECI 153
Appendice 159
Risposte 162
15. L’ELLISSE 165
Appendice 174
Risposte 175
16. I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI CO-
LORATI 177
Appendice 186
Risposte 188
VI
17. H.S.M. COXETER 189
Appendice 199
Risposte 201
18. IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI 203
Appendice 209
Risposte 210
19. ALTRI NOVE PROBLEMI 213
Il confronto delle monete, 213 – Cronometrare il
toast, 214 – Due problemi di pentamini, 214 – Un
teorema sui punti fissi, 215 – Un paio di indovinelli
aritmetici, 215 – Come ha fatto Kant a regolare il
suo orologio?, 216 – Il gioco delle « Venti Doman-
de » fatto conoscendo i valori della probabilità, 217 –
Non dare matto in una mossa, 218 – Trovare gli
esaedri, 218 – Risposte, 220.
20. IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE 230
Appendice 237
Risposte 240

Per chi volesse approfondire gli argomenti 244

VII
INTRODUZIONE

« Un gioco matematico ben fatto, » scrisse il matematico in-


glese John Edensor Littlewood (nella introduzione al suo ‘Mathe-
matician’s Miscellany’), « è matematica molto, ma molto migliore
di una dozzina di articoli mediocri ».
Questo è un libro di giochi matematici, se « gioco » è preso in
senso abbastanza lato da comprendere qualsiasi tipo di matematica
che sia mescolata con una forte dose di divertimento. Molti mate-
matici amano questo tipo di gioco, anche se lo mantengono entro
limiti ragionevoli. V’è un fascino nella matematica ricreativa che
può diventare, per certe persone, come una specie di droga. Il
famoso racconto scacchistico di Vladimir Nabokov, « The Defense »
parla di un uomo del genere, che permette agli scacchi (uno dei giochi
matematici) di dominare la sua mente così completamente da perdere
alla fine il contatto con il mondo reale e terminare il suo miserevole
gioco della vita con quello che gli scacchisti chiamano un automatto:
si butta dalla finestra. È coerente con la continua disintegrazione del
maestro di scacchi di Nabokov il fatto che egli fosse da ragazzo
un mediocre studente, anche in matematica, pur « essendo straordi-
nariamente interessato da una raccolta di problemi intitolata ‘Merry
Mathematics’, dal fantastico comportamento irregolare dei numeri,
dal fluttuante folleggiare delle linee geometriche, dal tutto ciò che
mancava al libro di scuola ».
La morale è: gustate il gioco matematico, se avete la mente e il
gusto adatti, ma non gustatelo troppo. Fate che esso vi dia delle va-
canze occasionali. Fate che esso stimoli il vostro interesse per la scien-
za seria e per la matematica. Ma tenetelo fermamente sotto controllo.
E se non ci riuscite, potete consolarvi un poco con la sostanza del
racconto di Lord Dunsany « Il giocatore di scacchi, il Finanziere ed
un’altro ». Un uomo d’affari si ricorda di un amico di nome Smoggs
che stava per diventare un brillante finanziere senonché fu traviato
dagli scacchi. « La cosa avvenne dapprima gradualmente: egli era so-
lito giocare a scacchi con un tale durante l’ora di colazione, quando
lavoravano entrambi nella stessa Ditta. Dopo un po’ egli cominciò
a battere l'avversario ... Poi si fece socio di un circolo scacchistico e
una specie di incantesimo sembrò scendere su di lui; qualcosa come
un'ebbrezza, o forse più come un'estasi poetica o musicale ... avrebbe
IX
INTRODUZIONE
potuto essere un finanziere. Dicono che non sia più difficile degli scac-
chi, sebbene gli scacchi non approdino a nulla. Non ho mai visto un
cervello tanto sprecato ».
Ancora grazie allo « Scientific American » per il permesso di ri-
stampare questi articoli. Come nei due precedenti volumi di raccolta,
gli articoli sono stati ampliati, gli errori corretti e aggiunto molto
nuovo materiale inviatomi dai lettori. Sono grato anche a mia moglie
per l’aiuto nella correzione delle bozze; e a quella schiera sempre cre-
scente di lettori, sparsi ormai in tutto il mondo, le cui gradite lettere
hanno tanto arricchito il materiale ripresentato qui.

Martin Gardner

X
1
IL SISTEMA BINARIO

Un biglietto rosso spuntava fra il tergicristallo e


il parabrezza; con cura lo lacerai in due, quattro,
otto pezzi.
Vladimir Nabokov, Lolita

Il sistema numerico ora in uso nel mondo civile è un sistema de-


cimale basato su potenze successive di 10. La cifra all’estrema destra
di ciascun numero rappresenta un multiplo di 100,ossia di 1. La se-
conda cifra da destra indica un multiplo di 101; la terza cifra, un mul-
tiplo di 102 e così via. Sicché 777 esprime la somma di (7 x 100) +
+ (7 x 101) + (7 x 102). La diffusione dell’uso del 10 come
numero base è quasi certamente dovuta al fatto che noi abbiamo
dieci dita. Se Marte fosse abitato da umanoidi con dodici dita, si
potrebbe scommettere che l’aritmetica marziana userebbe una nota-
zione a base 12.
Il più semplice di tutti i sistemi numerici che usano la posizione
delle cifre è quello binario, basato sulle potenze di due. Alcune tribù
primitive contano in modo binario e gli antichi matematici cinesi
conoscevano il sistema, ma fu il grande matematico tedesco Gott-
fried Leibnitz che, a quanto sembra, lo sviluppò per primo in tutti
i dettagli. Per Leibnitz esso simbolizzava una profonda verità meta-
fisica. Considerava lo 0 come simbolo del non-essere o del nulla;
l’1 come simbolo dell’essere e della sostanza. Entrambi sono neces-
sari al Creatore, perché un Cosmo contenente solo sostanza pura
sarebbe indistinguibile dal cosmo vuoto, privo di suono e di moto
vorticoso, rappresentato dallo 0. Come nel sistema binario ogni intero
può essere espresso da un’opportuna disposizione di 0 ed 1, così la
struttura matematica dell’intero mondo creato diviene possibile, se-
condo Leibnitz, in conseguenza della primordiale separazione fra
essere e nulla.
Dai tempi di Leibnitz sino a poco tempo fa il sistema binario era
poco più che una curiosità, di nessun valore pratico. Poi vennero i
calcolatori. Nei conduttori passa o non passa una corrente, un inter-
ruttore è aperto o chiuso, un magnete è polarizzato in senso nord-sud
o sud-nord, un circuito di memoria a flip-flop conduce o non con-

1
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

duce *. Per queste ragioni si ottengono velocità e precisioni enormi


con la costruzione di calcolatori che possono elaborare dati codificati
in forma binaria. « Ahimè! » scrive Tobias Dantzig nel suo libro
Number, The Language of Science « quello che una volta fu salutato
come un monumento al monoteismo è finito nelle viscere di un
robot ».
Molti passatempi matematici comportano il sistema binario: il
gioco del Nim, giochi meccanici come la Torre di Hanoi e gli Anelli
di Cardano ed innumerevoli trucchi di carte e « rompicapo ». Qui
ci limiteremo a considerare un ben noto mazzo di schede per la « let-
tura del pensiero » ed un pacchetto di schede perforate, in stretta
relazione con esso, mediante il quale possono essere realizzate parec-
chie cose notevoli.
La costruzione delle schede per la lettura del pensiero è chiara-
mente mostrata in fig. 1.A sinistra sono i numeri binari da 0 a 31.
Ogni cifra in un numero binario rappresenta una potenza di 2, a
cominciare da 20 (ossia l) all’estrema destra, e procedendo poi verso
sinistra con 21 (ossia 2), 22, 23 e così via. Queste potenze di 2 sono
indicate alla sommità delle colonne. Per tradurre un numero binario
nel suo equivalente decimale, si deve semplicemente sommare le
potenze di 2 che sono espresse dalle posizioni degli 1. Così 10101 rap-
presenta 16 + 4 + 1, cioè 21. Per riportare 21 alla forma binaria,
si segue un procedimento inverso. Si divide 21 per 2. Il risultato è
10 con un resto di 1. Questo resto è la prima cifra a destra del nu-
mero binario. Poi si divide 10 per 2. Siccome non vi è resto la prima
cifra binaria successiva è 0. Poi si divide 5 per 2 e così di seguito
sino a completare il numero binario 10101. Nell’ultimo passaggio, 2
entra nell’1 0 volte con un resto di 1.
La tabella dei numeri binari è convertita in una serie di schede
per la lettura del pensiero semplicemente sostituendo ogni 1 con il
numero che corrisponde al numero binario in cui quell’1 si presenta.
Il risultato è mostrato nella parte destra della fig. 1. Ogni co-
lonna di numeri è copiata su una scheda separata. Si porgono le cin-
que schede a qualcuno e gli si chiede di pensare un qualsiasi numero
fra 0 e 31 inclusi, e di restituire poi tutte le schede sulle quali ap-
pare il numero scelto. Voi potete subito dire qual è il numero. Per

* Flip-flop è il nome inglese (onomatopeico) del circuito detto multivibratore


bistabile (N.d.T.).

2
IL SISTEMA BINARIO

3
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

saperlo basta solo addizionare i numeri posti alla sommità delle


schede che vi sono state date.
Come funziona la faccenda? Ogni numero appare in un’unica
combinazione di schede e questa combinazione è equivalente alla
notazione binaria di quel numero. Quando fate il totale dei numeri
posti nella testata delle schede, fate semplicemente la somma delle
potenze di 2 indicate dagli 1 che si trovano nella versione binaria del
numero scelto. Il funzionamento del trucco può essere ulteriormente
mascherato usando schede di cinque differenti colori. Potete allora
starvene dall’altra parte della stanza e chiedere di mettere tutte le
schede che contengono il numero scelto in una data tasca e tutte le
altre in un’altra. Naturalmente dovete osservare cosa viene fatto ri-
cordando quale colore corrisponde ad ogni potenza di 2. Per presen-
tare il gioco in un altro modo disponete le cinque schede (non co-
lorate) in fila su un tavolo. Stando dall’altra parte della stanza chie-
dete allo spettatore di girare con la faccia in basso quelle schede che
contengono il suo numero. Dato che avrete sistemato le schede con
i numeri superiori in ordine, dovrete solo osservare quali schede
vengono capovolte per sapere quali sono i numeri chiave da
sommare.
La base binaria per la selezione delle schede perforate è vivifi-
cata in modo divertente dalla serie di schede disegnate in fig. 2.
Esse possono venir fatte facilmente con un gruppo di 32 cartoncini
da schedario. I fori devono esser leggermente più grandi del diame-
tro di una matita. Un buon sistema è di fare cinque fori in una
scheda ed usare poi questa come sagoma per ricavare i fori sulle
altre. Se non avete una macchinetta perforatrice, potete ricavare i
fori con le forbici e, per far prima, tagliando simultaneamente più
schede tenute assieme. Gli angoli smussati servono a facilitare l’orien-
tamento esatto delle schede. Dopo aver fatto i cinque fori sul bordo
superiore di ogni scheda, si taglia il margine superiore che chiude
dei fori determinati come mostrato nella figura.
Questi fori aperti corrispondono alla cifra 1; quelli rimanenti
corrispondono alla cifra 0.
Ogni scheda porta in questo modo l’equivalente di un numero bi-
nario. I numeri vanno da 0 a 31, ma nella figura le schede sono siste-
mate a casaccio. Con queste schede possono esser compiuti tre insoliti
giochi di abilità. Può darsi che risultino complicati ma fanno diver-
tire molto.
4
IL SISTEMA BINARIO

Fig.2. Una serie di schede perforate che possono decrittare un messaggio, indo-
vinare un numero scelto e risolvere un problema logico.

5
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Il primo consiste nella selezione rapida delle schede in modo da


metterle in ordine di successione. Si rimescolano le schede in un modo
qualsiasi e si riassettano come un mazzo di carte da gioco. Si
inserisce una matita nel foro E e si solleva di qualche centimetro.
Metà delle schede rimarranno infilate alla matita e metà no. Si dà
qualche scossa alla matita per assicurarsi che tutte le schede libere
siano cadute e si finisce di sollevare la matita in modo da dividere
completamente le schede in due mezzi gruppi. Si sfila il pacchetto
dalla matita mettendolo davanti alle altre schede. Il procedimento
viene ripetuto per ciascuno degli altri fori, andando da destra verso
sinistra. Dopo la quinta selezione si avrà la sorpresa di trovare che
i numeri binari sono in ordine di successione, con lo O sulla prima
scheda. Scorrendo le schede si leggerà un messaggio natalizio!
Il secondo usa le schede come un calcolatore che determini il
numero scelto nella serie di schede per la lettura del pensiero. Si
inizia con le schede disposte in un ordine qualsiasi. Si inserisce la
matita nel foro E e si chiede se il numero scelto appare sulla
scheda che porta in testa il numero 1. Se la risposta è sì, si solleva
la matita e si scartano tutte le schede che vi rimangono attaccate.
Se è no, si scartano tutte le schede rimanenti. In mano resta un pac-
chetto di sedici schede. Si domanda se il numero è sulla scheda con
il numero 2 e si ripete il procedimento con la matita infilata nel
foro D. Si continua in questo modo con le schede e i fori rimanenti.
Si termina con una sola scheda il cui numero binario è quello scelto.
Se fa comodo, si possono scrivere i numeri decimali su tutte le schede
in modo da non dover tradurre i numeri binari.
Il terzo gioco impiega le schede come un calcolatore logico nel
modo proposto per primo da William Stanley Jevons, economista e
logico inglese. L’ « abaco logico » di Jevons, come egli lo chiamò,
usava delle tavolette di legno aventi sul retro dei pioli di acciaio
mediante i quali esse potevano esser estratte da un telaio; le schede
perforate operano esattamente allo stesso modo e sono molto più
semplici da realizzare. Jevons inventò anche un complesso dispositivo
meccanico, chiamato « piano logico », che opera in base agli stessi
principi, ma le schede possono fare tutto ciò che farebbe il piano.
In realtà fanno anche di più perché il piano poteva tener conto solo
di quattro termini mentre le schede arrivano a cinque.
I cinque termini A, B, C, D, ed E sono rappresentati dai cinque
fori, che a loro volta rappresentano cifre binarie. Ogni 1 (o foro

6
IL SISTEMA BINARIO

aperto) corrisponde ad un termine vero; ogni 0 ad un termine falso.


Una lineetta sopra una lettera indica che il termine è falso; altrimenti
è vero. Ogni scheda è una combinazione unica di termini veri e falsi
e poiché le 32 schede esauriscono tutte le possibili combinazioni, esse
sono equivalenti a ciò che viene chiamata « tabella di verità » dei
cinque termini. Il funzionamento delle schede viene spiegato meglio
mostrando come possono essere usate per risolvere un problema di
logica a due valori.
Il seguente indovinello appare in More Problematical Recrea-
tions, un volumetto pubblicato di recente dalla Litton Industries di
Beverly Hills in California. «Se Sara non deve, Wanda vuole. È
impossibile che le asserzioni: ‘Sara deve’ e ‘Camilla non può’ siano
entrambe vere allo stesso tempo. Se Wanda vuole, allora Sara deve
e Camilla può. Perciò Camilla può. La conclusione è valida?
Per risolvere questo problema, si comincia con le schede in un
ordine qualsiasi. Solo tre termini intervengono, sicché ci interes-
sano solo i tre fori A, B e C.

A = Sara deve
A = Sara non deve
B = Wanda vuole
B = Wanda non vuole
C = Camilla può
C = Camilla non può

Il problema ha tre premesse. La prima − « Se Sara non deve,


allora Wanda vuole » − ci dice che la combinazione di A e B non
è permessa, sicché dobbiamo eliminare tutte le schede contenenti
questa combinazione, cosa che si fa nel modo seguente. Si inserisce
la matita nel foro A e si solleva. Tutte le schede che rimangono sulla
matita contengono A . Si raggruppano e si tolgono dalla matita, in
questo gruppo la matita viene inserita in B e sollevata di nuovo. Sono
così sollevate tutte le schede contenenti A e B , la combinazione non
valida, di modo che queste schede possono essere scartate. Tutte le
schede rimanenti vengono riunite ancora una volta in un pacchetto
(l’ordine non interessa) e sono pronte per la seconda premessa.
La seconda premessa è che « Sara deve » e « Camilla non può »
non possono essere entrambe vere. In altre parole, non è permessa
la combinazione AC . Si inserisce la matita in A e si sollevano tutte

7
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

le schede con A . Queste schede non servono e vengono messe tem-


poraneamente da parte continuando con il gruppo A residuo. Si
inserisce la matita nel foro C di queste sollevando le schede C .
Queste contengono la combinazione non valida AC e perciò ven-
gono definitivamente scartate. Le schede rimanenti vengono ancora
una volta riunite.
L’ultima premessa dice che se Wanda vuole, allora Sara deve e
Camilla può. Una breve riflessione mostra che ciò elimina due com-
binazioni: AB e BC . Si mette la matita nel foro A, si solleva, e si
continua a lavorare con le schede sollevate. Si inserisce la matita in
B; si solleva. Non rimangono schede attaccate alla matita. Ciò con-
ferma che le due precedenti premesse hanno già eliminato la com-
binazione AB . Dato che queste schede contengono tutte AB (una
combinazione non valida), l’intero pacchetto viene scartato defini-
tivamente. L’unico lavoro da fare ancora è l’eliminazione di BC
dalle schede rimanenti. La matita in B solleva le schede con B , che
vengono temporaneamente messe da parte. Quando la matita viene
messa in C delle schede che rimangono, nessuna viene estratta, in-
dicando che la combinazione non valida BC è stata già eliminata.

Fig. 3. Una riga di fori complementari alla base delle schede permette una selezione
senza errori.
8
IL SISTEMA BINARIO

Ci restano così otto schede, ognuna recante una combinazione di


valori di verità di A, B e C in accordo con tutte e tre le premesse.
Queste combinazioni sono le righe valide della tabella di verità delle
tre premesse combinate. L’esame delle schede rivela che C è vera in
tutte e otto perciò la conclusione che Camilla può è corretta. Dalle
premesse possono esser dedotte anche altre conclusioni. È possibile,
per esempio, asserire che Sara deve. Ma l’interessante questione se
Wanda vuole o non vuole rimane, almeno alla luce delle conoscenze
disponibili, un imperscrutabile mistero binario.
Per coloro che gradiscono un altro problema da sottoporre alle
schede, eccone uno semplice. In una casa di periferia vivono Abner,
sua moglie Beryl e i loro tre figli, Cleo, Dale ed Ellsworth. Sono
le 8 pomeridiane di una sera invernale.
1. Se Abner guarda la televisione, anche sua moglie la guarda.
2. O Dale o Ellsworth, o entrambi, guardano la televisione.
3. Beryl o Cleo, ma non entrambi, sono a guardare la televisione.
4. Dale e Cleo contemporaneamente o guardano o non guardano
la televisione.
5. Se Ellsworth guarda la televisione, anche Abner e Dale la
guardano.
Chi guarda la televisione e chi no?

Appendice
Edward B. Grossman, di New York City, ha scritto dicendo che
ora sono reperibili in grandi magazzini di articoli di cancelleria di-
versi tipi di schede commerciali per la classificazione e la selezione. I
fori sono già preparati e si possono comprare dei punzoni speciali
per aprire le fenditure. I fori sono troppo piccoli per far passare una
matita, ma si possono usare ferri da maglia, bastoncini, fermagli per
documenti aperti o le bacchette apposite, da selezione che vengono
vendute con alcuni tipi di schede.
Giuseppe Aprile, professore di Costruzione di macchine dell’Uni-
versità di Palermo, ha inviato le due fotografie mostrate in fig. 3.
Una separazione rapida e senza errori delle schede si può ottenere
mediante una riga di fori e tagli complementari posta al bordo infe-
riore di ogni scheda. Dei pioli introdotti nei fori complementari della
riga inferiore fermano il gruppo di schede che rimangono quando le
bacchette introdotte nei fori superiori rimuovono un gruppo di schede.
9
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Risposte
Il problema logico può essere risolto mediante le schede perfo-
rate nel modo seguente: A, B, C, D, E indichino Abner, Beryl, Cleo,
Dale ed Ellsworth. Un termine è vero se la persona guarda la tele-
visione; altrimenti è falso. La premessa 1 elimina tutte le schede
con AB ; la premessa 2 elimina DE ; la premessa 3 elimina BC e BC ;
la premessa 4 elimina CD e CD ; la premessa 5 elimina AE e DE .
Rimane una sola scheda, con la combinazione ABCDE . Ne dedu-
ciamo che Cleo e Dale guardano la televisione e gli altri no.

10
2
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

Il concetto di « gruppo », una delle grandi idee unificatrici del-


l’algebra moderna e strumento indispensabile in fisica, è stato para-
gonato da James R. Newman al sogghigno dello « stregatto » in
Alice nel paese delle meraviglie. Il corpo del gatto (l’algebra insegnata
nel modo tradizionale), svanisce, lasciando solo un sogghigno astratto.
Un sogghigno implica qualcosa di divertente. Forse si può rendere
la teoria dei gruppi meno misteriosa non prendendola troppo sul serio.
Tre programmatori di calcolatori − Ames, Baker e Coombs −
vogliono decidere chi paga la birra. Naturalmente possono lanciare
una moneta, ma essi preferiscono una decisione affidata al caso in
base al seguente gioco dei percorsi. Vengono tracciate su un foglio
di carta tre linee verticali. Uno dei programmatori, tenendo la carta
in modo che i suoi amici non possano vedere cosa fa, intesta a
caso le linee con A, B e C. (fig. 4, in alto). Ripiega all’indietro il
bordo del foglio per nascondere le lettere e un secondo giocatore
traccia una serie di righe orizzontali a caso − chiamiamole trasver-
sali − ognuna congiungente due delle linee verticali (seconda illu-
strazione in fig. 4). Il terzo giocatore aggiunge qualche altra trasver-
sale, poi segna una X all’estremità inferiore di una delle linee ver-
ticali (terza illustrazione in fig. 4).
Il foglio viene aperto. Ames mette il dito alla sommità della
linea A e la percorre verso il basso. Quando arriva all’estremità di
una trasversale (trascurando le trasversali che vengono tagliate), gira
e la segue sino all’altra estremità, gira ancora e continua in basso
sino a raggiungere un’altra estremità di trasversale e continua così
sino ad arrivare in fondo. Il suo percorso (linea a tratti nell’ultima
illustrazione di fig. 4) non termina sulla X, perciò non deve pagare
da bere. Ora prima Baker e poi Coombs percorrono le loro linee allo
stesso modo. Il percorso di Baker termina sulla X sicché egli
paga. Qualunque sia il numero di linee verticali e a prescindere da
come sono tracciate le trasversali, ogni giocatore terminerà sempre
su una linea diversa.
Un esame più attento del gioco rivela che esso è basato sul più

11
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 4. Il gioco dei percorsi.

12
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

semplice dei gruppi, il cosiddetto gruppo di permutazione di tre


simboli.
Cos’è, precisamente, un gruppo? È una struttura astratta che
comprende un insieme di elementi indefiniti (a, b, c, ....) ed una sin-
gola operazione binaria indefinita (simbolizzata qui con ○) che ac-
coppia un elemento con un altro per produrne un terzo. La struttura
non costituisce gruppo se non possiede le seguenti quattro proprietà:
1. Quando due elementi dell’insieme sono combinati mediante
l’operazione, il risultato è un altro elemento dello stesso insieme.
La proprietà si chiama « chiusura ».
2. L’operazione ubbidisce alla « legge associativa »: (a○b)○c =
= a○(b○c).
3. Esiste un elemento e (chiamato « identità ») tale che a○e =
= e○a = a.
4. Per ogni elemento a esiste un elemento a' inverso tale che
a○a' = a'○a = e.

Se in aggiunta a queste quattro proprietà, l’operazione


obbedisce anche alla legge commutativa (a○b = b○a), il gruppo è
chiamato commutativo o Abeliano.
L’esempio più conosciuto di gruppo è dato dagli interi (positivi,
negativi e lo zero) rispetto all’operazione di addizione. Esso è chiuso
(un intero qualsiasi più un intero qualsiasi dà un intero). È associa-
tivo (sommare 2 e 3 e poi 4 equivale a sommare 2 a 3 più 4). L’ele-
mento identità è lo 0 e l’inverso di un intero positivo è il negativo
di quell’intero. È un gruppo abeliano (2 più 3 è la stessa cosa che
3 più 2). Gli interi non formano gruppo rispetto alla divisione: 5
diviso 2 dà 2½, che non è elemento dell’insieme.
Vediamo come il gioco dei percorsi presenta la struttura di grup-
po. La fig. 5 rappresenta le sei « trasformazioni » base che sono gli
elementi del nostro gruppo finito. La trasformazione p inverte i
percorsi di A e B sicché i tre percorsi terminano nell’ordine BAC.
Le trasformazioni q, r, s e t danno altre permutazioni. La trasforma-
zione e non è in realtà un cambiamento, ma i matematici la chiamano
egualmente « trasformazione » nello stesso senso che una classe nulla
o vuota è egualmente chiamata classe. Essa consiste nel non trac-
ciare alcuna trasversale; è la trasformazione « identica » che in realtà
13
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 5. I sei elementi del gruppo del gioco dei percorsi.

non cambia nulla. Questi sei elementi corrispondono ai sei diversi


modi in cui tre elementi possono essere permutati. La nostra opera-
zione di gruppo, simbolizzata con ○, è semplicemente quella di far
seguire una trasformazione all’altra; cioè di aggiungere trasversali.
Un rapido controllo rivela che abbiamo qui una struttura con
tutte le proprietà di un gruppo. È chiusa, in quanto comunque si
accoppino gli elementi si ottiene sempre una permutazione nell’ordine
dei percorsi che possono essere ottenuti con un solo elemento. Per
esempio, p○t = r, in quanto p seguito da t ha esattamente lo stesso
effetto sul percorso che applicare r da solo. L’operazione di aggiun-
gere trasversali è chiaramente associativa. Nessuna aggiunta di tra-
sversali è l’identità. Gli elementi p, q ed r sono inversi di se stessi,
mentre s e t sono inversi l’uno dell’altro. (Quando un elemento ed
14
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

il suo inverso sono combinati, il risultato equivale a non tracciare


alcuna trasversale). Il gruppo non è abeliano (per esempio, p seguito
da q non è lo stesso che q seguito da p).
La tavola di fig. 6 fornisce una descrizione completa della strut-
tura di questo gruppo. Qual è il risultato della successione di r ed s?
Troviamo r sul lato sinistro della tabella ed s alla sommità. L’inter-
sezione della colonna e della riga è la casella contrassegnata p. In
altre parole, lo schema di trasversali r seguito dallo schema di tra-
sversali s ha lo stesso effetto sull’ordine del percorso dello schema p.
Questo è un gruppo assai elementare che compare in molti casi. Per
esempio, se indichiamo gli angoli di un triangolo equilatero e ruo-

Fig. 6. Risultati degli accoppiamenti di elementi nel gruppo del gioco dei percorsi.

15
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

tiamo e facciamo riflettere il triangolo in modo da portarlo sempre


nella stessa posizione sul piano, troviamo che vi sono soltanto sei
trasformazioni base possibili. Queste trasformazioni hanno la stessa
struttura del gruppo ora descritto.
Non è necessario entrare nella teoria dei gruppi per vedere intui-
tivamente che il gioco dei percorsi non permetterà mai a due gioca-
tori di terminare i loro cammini sulla stessa linea verticale. Basta
semplicemente pensare le tre linee come tre corde. Ogni trasversale
ha sull’ordine dei percorsi lo stesso effetto dell’incrocio di due corde,
come se si formasse una treccia. È ovvio che comunque venga formata
la treccia e qualunque sia la sua lunghezza, vi saranno sempre tre ter-
minali separati.
Immaginiamo di intrecciare tre lunghe ciocche di capelli di una
ragazza. Possiamo tener conto delle successive permutazioni delle
trecce mediante il diagramma dei percorsi, che però non mostra
quale ciocca passi sopra e quale sotto. Se teniamo conto della com-
plicazione aggiunta da questo fattore topologico, è ancora possibile
servirsi della teoria dei gruppi per descrivere ciò che facciamo? La
risposta è sì ed Emil Artin, un eminente matematico tedesco, morto
nel 1962, fu il primo a provarlo. Nella sua elegante teoria delle
trecce, gli elementi del gruppo sono gli « andamenti ondulati » (di
numero infinito) e l’operazione consiste, come nel gioco dei percorsi,
nel far seguire ad un andamento l’altro. Come prima, l’elemento iden-
tità è uno schema di trecce rettilinee che è il risultato di nessuna
azione. L’inverso di un andamento intrecciato è la sua immagine
speculare. La fig. 7 mostra un campione di questo andamento se-
guito dal suo inverso. La teoria dei gruppi ci dice che, sommando un
elemento al suo inverso, il risultato è l’identità. Certamente i due
schemi di intreccio combinati dimostrano di essere topologicamente
equivalenti all’identità. Con una trazione all’estremità della treccia
della fig. 7, tutti i trefoli vengono fuori diritti. (Molti giochi di magia,
noti come « nodi da sciogliere » sono basati su questa interessante
proprietà dei gruppi. Per un bell’esempio vedere il Cap. 7 del secondo
volume degli Enigmi e giochi matematici). La teoria delle trecce di
Artin non solo ha fornito per la prima volta un sistema per clas-
sificare tutti i tipi di trecce; esso ha fornito anche un metodo con
cui si può determinare se due schemi di intreccio, per quanto com-
plessi, sono o no equivalenti.
La teoria delle trecce interviene in un insolito gioco ideato dal
16
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

poeta, scrittore e matematico danese Piet Hein. Si taglia un pezzo


di cartone grosso in forma di scudo araldico, come disegnato in fig.
8, che chiameremo placca. Le sue due facce devono potersi distin-
guere facilmente, colorandone una o disegnandovi una X come indi-
cato nella figura. Si praticano tre fori sul lato diritto. Ad ogni foro
viene annodato un mezzo metro di funicella robusta ma flessibile.
Le estremità opposte delle tre funicelle sono legate a qualche oggetto
fisso come la spalliera di una sedia.
Troverete che alla placca possono esser fatte fare sei rotazioni
complete differenti con cui vengono formate sei diverse trecce: può
esser ruotata lateralmente a destra o a Sinistra; in avanti o indietro
passando fra le corde A e B; in avanti o indietro tra le corde B e C.
17
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

La seconda illustrazione di fig. 8 mostra la treccia ottenuta con una


rotazione in avanti fra B e C. Sorge la domanda: è possibile scio-
gliere questa treccia facendo passare la placca dentro e fuori attra-
verso le corde e mantenendola sempre in posizione orizzontale? La ri-
sposta è no. Ma se date alla placca una seconda rotazione, secondo
uno qualsiasi dei sei diversi modi, il risultato è una treccia che può
essere sciolta spostando la placca senza ruotarla.
Per render chiare le cose, poniamo che la seconda rotazione sia

Fig. 8. La rotazione a produce la treccia ai centro; la rotazione al centro


quella di destra.

18
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

quella in avanti fra A e B, che forma la treccia mostrata nella terza


illustrazione di fig. 8. Per sciogliere questa treccia senza ruotare la
placca, si alza dapprima C sino al punto segnato Y e si passa la
placca sotto di esso da destra verso sinistra. Si distendono le corde.
Poi si solleva A sino al punto segnato Z e si passa la placca al di
sotto da sinistra verso destra. Il risultato è che le corde tornano
diritte.
Il sorprendente teorema che segue vale per qualsiasi numero di
corde superiori a due. Tutte le trecce prodotte con un numero pari
di rotazioni (ogni rotazione può essere in una direzione qualsiasi)
possono essere sempre districate spostando lateralmente la placca
senza ruotarla; le trecce prodotte da un numero dispari di rotazioni
complete non possono essere districate.
Fu in una riunione presso l’Istituto Niels Bohr di Fisica teorica,
nei primi anni del ’30, che Piet Hein sentì parlare per la prima volta
di questo teorema discusso da Paul Ehrenfest in relazione ad un pro-
blema di teoria quantistica. Fu elaborata una dimostrazione, da Piet
Hein ed altri, servendosi delle forbici della Sig.ra Bohr, legate alla
spalliera di una sedia con dei pezzi di corda. In seguito venne in
mente a Piet Hein che il corpo rotante e l’universo circostante inter-
venivano in modo simmetrico nel problema e che perciò si poteva
creare un modello simmetrico semplicemente legando la placca a
entrambe l’estremità della corda. Con questo modello due persone
possono giocare un gioco topologico. Ognuno tiene una placca e le
tre funicelle vengono tenute tese fra le due placche. I giocatori, a
turno, si pongono l’uno a formare una treccia e l’altro a scioglierla,
prendendo i tempi impiegati nell’operazione. Il giocatore che scioglie
più rapidamente la treccia vince.
Il teorema del pari-dispari si applica anche a questo gioco a due.
I principianti dovranno limitarsi alle trecce con due rotazioni, poi
procedere a trecce di ordine superiore pari, man mano che si per-
fezionano. Piet Hein chiama questo gioco « Tangloids » ed esso è
stato giocato in Europa per un certo tempo.
Perché tanta differenza fra rotazioni dispari e pari? È una que-
stione misteriosa, di difficile risposta se non ci si addentra più pro-
fondamente nella teoria dei gruppi. Un accenno è fornito dal fatto
che due rotazioni in direzioni esattamente opposte corrispondono
naturalmente a nessuna rotazione. E se due rotazioni sono quasi op-
poste, impedite dall’esser tali solo a causa del modo con cui certe
19
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

funicelle passano attorno alla placca allora l’intreccio può esser di-
stricato riportando queste stesse funi indietro attorno alla placca.
M. H. A. Newman, in un articolo pubblicato in un giornale di ma-
tematica di Londra nel 1942, dice che P. A. M. Dirac, il famoso fisico
dell’Università di Cambridge. ha usato per molti anni la forma soli-
taria di questo gioco come modello « per illustrare il fatto che il
gruppo fondamentale del gruppo delle rotazioni nello spazio tridi-
mensionale ha un singolo generatore di periodo 2 ». Newman si serve
poi della teoria delle trecce per dimostrare che le corde non possono
essere districate quando il numero delle rotazioni è dispari.
Troverete che è un affascinante passatempo formare trecce ruo-
tando a caso la placca un numero pari di volte e poi controllando con
quale rapidità riuscite a districare le corde. Tre trecce semplici,
ognuna formata da due rotazioni, sono mostrate in fig. 9. La treccia
a sinistra è formata ruotando la placca in avanti due volte attraverso
B e C; la treccia al centro, ruotando la placca in avanti attraverso
B e C e poi indietro attraverso A e B; la treccia a destra mediante
due rotazioni laterali verso destra. I lettori sono invitati a determi-
nare il metodo migliore per disintrecciare ogni treccia.

Appendice

Nel costruire il dispositivo usato per giocare il « Tangloids » di


Piet Hein, sono preferibili, naturalmente, delle placche tagliate da
laminati di legno o di plastica. Invece di tre pezzi separati, Piet
Hein raccomanda di usare una sola corda lunga. Cominciare dal primo
foro di una placca (facendo un nodo per evitare che scivoli attra-
verso di esso), passarla attraverso il primo foro della seconda placca
e farla correre lungo la placca sino al foro centrale attraverso il quale
vien fatta passare, per andare al foro centrale della prima placca,
lungo questa al terzo foro e di nuovo alla seconda per passare attra-
verso il terzo foro, dopodiché si fa un altro nodo all’estremità. Dato
che la corda può scorrere liberamente attraverso i fori, è più facile
manipolare l’arnese che non nel caso di tre tratti separati. Un let-
tore ha scritto per dire che egli aveva collegato le sue placche con
tre tratti di cordicella elastica ed aveva trovato che anche questo
rendeva il maneggio molto più facile. Il gioco può, ovviamente, esser
20
TEORIA DEI GRUPPI E TRECCE

elaborato aggiungendo altre cordicelle, ma tre sembrano renderlo


già abbastanza complicato.

Basta una sola occhiata alla tavola di fig. 6 per vedere che il
gruppo da essa rappresentato non è Abeliano (commutativo). Le ta-
vole per i gruppi abeliani sono simmetriche lungo un asse che corre
dall’angolo sinistro alto a quello destro in basso. Cioè le sezioni trian-
golari sui due lati della diagonale sono immagini speculari l’una
dell’altra.

Fig. 9. Tre problemi di districamento di trecce.

21
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Se il gioco dei percorsi è giocato da quattro giocatori invece che


da tre, il suo gruppo è il gruppo di permutazione di quattro simboli.
Esso però non è identico al gruppo che descrive le rotazioni e rifles-
sioni di un quadrato, perché certe permutazioni dei vertici di un
quadrato non sono ottenibili per rotazione o per riflessione. Le tra-
sformazioni di un quadrato sono un « sottogruppo » del gruppo di
permutazione di quattro simboli. Tutti i gruppi finiti (gruppi con un
numero finito di elementi) sono o gruppi di permutazione o sotto-
gruppi di gruppi di permutazione.
Nell’articolo di Artin del 1947 sulla teoria delle trecce egli dà
un metodo per ridurre qualsiasi treccia a « forma normale ». Ciò
richiede che si tiri la prima corda in modo che stia diritta. La se-
conda corda allora risulta diritta salvo che per le sue volute attorno
alla prima. La corda 3 viene a risultare diritta salvo che per le sue
volute attorno alle corde 1 e 2 e così via per le rimanenti corde.
« Sebbene sia stato dimostrato che ogni treccia può esser deformata
in una forma normale del genere, « dice Artin », chi scrive è convinto
che qualsiasi tentativo di farlo su una persona vivente porterebbe solo
a violente proteste P a preconcetti contro la matematica ».
In una lettera, Dirac mi diceva di aver pensato per la prima
volta al problema delle corde circa nel 1929 e di averlo usato da
allora molte volte per illustrare come due rotazioni di un corpo at-
torno ad un asse possono esser deformate in modo continuo, me-
diante un insieme di movimenti ognuno dei quali termina con la
posizione originaria, in un moto nullo. « È una conseguenza », scri-
veva « di quella proprietà delle rotazioni per cui un corpo rotante
può avere un mezzo quanto di momento angolare, ma non può avere
nessun’altra frazione di quanto ».

Risposte

I tre problemi d’intreccio vengono risolti in questo modo:


1) passare la placca sotto la corda C da destra a sinistra, poi sotto
la treccia A e B da sinistra a destra. 2) Passare la placca sotto il
centro della treccia B da sinistra a destra. 3) Passare la placca, da
sinistra a destra, sotto tutte le corde.

22
3
OTTO PROBLEMI

1. Sezionamento acuto
Dato un triangolo con un angolo ottuso, è possibile suddividerlo
in triangoli minori, aventi tutti angoli acuti? (Un triangolo acutan-
golo è un triangolo con tre angoli acuti. Un angolo retto, naturalmente,
non è né acuto né ottuso). Se ciò non è possibile, si trovi una dimo-
strazione di impossibilità. Se è possibile, qual è il minimo numero di
triangoli acutangoli in cui può esser suddiviso un triangolo ottu-
sangolo?
La fig. 10 mostra un tentativo tipico che non approda a nulla.
Il triangolo è stato diviso in tre triangoli acutangoli, ma il quarto è
ottusangolo, sicché non si è guadagnato nulla rispetto ai tagli pre-
cedenti.
Il problema (che mi è pervenuto tramite Mel Stover di Winnipeg)
è divertente perché è facile che anche il migliore matematico sia
condotto fuori strada e pervenga a conclusioni errate. Il gusto pro-
vato nel risolverlo mi ha condotto a pormi una domanda che gli è
connessa: « Qual è il minor numero di triangoli acutangoli in cui
può esser diviso un quadrato? » Per alcuni giorni fui convinto che
la risposta fosse nove; poi improvvisamente vidi come ridurli a otto.

23
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Mi domando quali lettori riusciranno a scoprire una soluzione con


otto triangoli, o una anche migliore Io non son riuscito a dimostrare
che otto sia il minimo, sebbene ne sia fortemente convinto.

2. Quanto è lungo un « lunare »?


Nel romanzo di H G. Wells Il primo uomo sulla luna il nostro
satellite naturale viene trovato abitato da insetti intelligenti che vi-
vono in caverne sotto la superficie. Queste creature, supponiamo,
hanno un’unità di distanza che chiameremo « un lunare ». Essa è
stata adottata perché la superficie della luna, espressa in lunari qua-
drati, è uguale in valore esattamente al volume lunare espresso in
lunari cubici. Il diametro della luna è 2160 miglia. Quante miglia è
lungo un lunare?

3. Il gioco del Googol


Nel 1958 John H. Fox junior, della Minneapolis-Honeywell
Regulator Company, e L. Gerald Marnie, del Massachusetts Institute
of Technology, hanno ideato un insolito gioco di scommesse a cui
hanno dato il nome di « Googol ». Esso viene giocato così: si chiede
a qualcuno di prendere dei foglietti di carta in numero qualsiasi e
su ogni foglietto scrivere un numero positivo diverso dagli altri.
I numeri possono variare da una piccola frazione di unità a numeri
dell’ordine di un « googol » (un 1 seguito da cento zeri) o anche
maggiore. I foglietti vengono posati a faccia in giù su un tavolo e
mescolati. Il giocatore li scopre uno alla volta e sospende quando
ritiene che il numero ultimo scoperto sia il maggiore della serie. Non
si può prenderne uno precedente e se si scoprono tutti i foglietti il
numero scelto è, naturalmente, l’ultimo.
La maggior parte delle persone riterrà che le probabilità contro
la possibilità di fermarsi al numero più alto siano almeno di cinque a
uno. In effetti se si sceglie la strategia migliore, le probabilità sono
leggermente migliori di uno su tre. Si pongono due domande. Prima:
qual è la strategia migliore? (Notare che non è la stessa cosa che
cercare una strategia che renda massimo il valore del numero scelto).
Seconda: seguendo questa strategia, come si può calcolare le proba-
bilità di vincere?
Quando i foglietti sono solo due, la probabilità di vittoria è ov-
24
OTTO PROBLEMI

viamente 1/2, a prescindere dal foglietto preso. Se i foglietti crescono


di numero, la probabilità di vincere (ammesso di usare la strategia
migliore) diminuisce, ma la curva si appiattisce rapidamente e cam-
bia di poco oltre i dieci foglietti. La probabilità non scende mai
sotto 1/3. Molti giocatori potrebbero supporre di poter rendere il
compito più difficile scegliendo numeri molto grandi, ma un po’ di
riflessione fa vedere che la grandezza dei numeri è del tutto irrile-
vante. È solo necessario che i foglietti portino dei numeri che pos-
sono esser messi in ordine di successione crescente.
Il gioco ha molte applicazioni interessanti. Per esempio, una ra-
gazza decide di sposarsi prima della fine dell’anno. Essa ritiene di
poter incontrare dieci uomini che possono essere indotti a far pro-
poste di matrimonio, ma che una volta respinta una proposta, l’uomo
non la rifarà. Quale strategia dovrà seguire per rendere massima la
probabilità di accettare l’uomo migliore dei dieci e qual è la proba-
bilità che vi riesca?
La strategia consiste nello scartare un certo numero di foglietti
(o proposte) e prendere poi il numero, fra quelli successivi, che su-
peri il più alto fra quelli scartati. Ciò che occorre è una formula per
determinare quanti foglietti sono da respingere, in dipendenza dal
numero totale di foglietti.

4. I cadetti in marcia e il cane che trotterella


Una formazione quadrata di cadetti dell’Esercito, di 50 metri di
lato, marcia a passo costante (fig. 11). La mascotte della compagnia,

25
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

un piccolo terrier, parte dal centro dell’ultima fila (posizione A in


fig. 11) e trotterella in avanti in linea retta sino al centro della prima
riga (posizione B), poi trotterella di nuovo indietro al centro dell’ul-
tima. All’istante in cui ritorna alla posizione A, i cadetti sono avan-
zati esattamente di 50 metri. Se il cane trotterella a velocità costante
e non perde tempo nel girarsi, quanti metri ha percorso?
Se risolvete questo problema, che richiede non più che delle no-
zioni di algebra elementare, potrete aver voglia di affrontare una ver-
sione molto più difficile proposta dal famoso enigmista Sam Loyd.
Invece di muoversi in avanti e indietro attraverso i cadetti in marcia,
la mascotte trotterella a velocità costante lungo l’esterno del qua-
drato, mantenendosi sempre il più possibile vicino al quadrato stesso.
(Per il problema ammettiamo che esso trotterelli lungo il perimetro
del quadrato). Come prima, la formazione ha marciato di 50 metri
nel tempo che il cane ha impiegato per tornare al punto A. Quanto
è lungo il percorso del cane?

5. La cintura di Barr
Stephen Barr di Woodstock, dice che la sua vestaglia ha una
lunga cintura di tessuto le cui estremità sono tagliate con un angolo
di 45° come mostrato in fig. 12. Quando la mette in valigia per
partire desidera arrotolarla nel modo più preciso possibile, a comin-
ciare da una estremità, ma le estremità a taglio inclinato disturbano
il suo senso di simmetria. D’altra parte, se ripiega una estremità per-
ché si presenti diritta, allora lo spessore ineguale del tessuto forma
delle protuberanze nel rotolo. Egli ha sperimentato forme di piega-
tura più complicate, ma per quanto abbia provato, non è riuscito ad
ottenere un rettangolo di spessore uniforme. Per esempio, la piega-
tura mostrata nella illustrazione produce un rettangolo con tre spes-
sori nella sezione A e due in R.
« Nulla è perfetto », dice uno dei filosofi in The Crock of Gold di
James Stephens. « C’è sempre qualche bozzo ». Nondimeno, Barr
riuscì finalmente a piegare la sua cintura in modo che ogni estremità
fosse diritta e parte di un rettangolo di spessore uniforme per tutta
la lunghezza. In questo caso la cintura poteva esser avvolta in un
rotolo ben fatto, senza protuberanze. Come ha fatto Barr a piegare la
sua cintura? Si può usare una lunga striscia di carta, opportuna-
mente tagliata all’estremità, per risolvere il problema.
26
OTTO PROBLEMI

Fig. 12. La cintura di Barr e un modo insoddisfacente di ripiegarla (in basso).

6. Bianchi, Neri e Rossi


Tre persone, i cui cognomi erano Bianchi, Neri e Rossi pranza-
vano insieme, una di loro era una signora.
« Non è strano » osservò la donna « che i nostri nomi corrispon-
dano a colori di capelli e che tra noi ci sia una persona con i capelli
neri, una con i capelli rossi e l’altra bianchi? »
« È davvero strano » osservò la persona con i capelli neri « e
non avete notato che nessuno di noi ha i capelli che si accordano
con il proprio nome?
« Avete proprio ragione! » esclamò Bianchi.
Se i capelli della signora non sono rossi, qual è il colore dei ca-
pelli di Neri?

7. L’aeroplano e il vento
Un aereo vola in linea retta dall’aeroporto A all’aeroporto B, poi
torna indietro in linea retta da B ad A. Esso viaggia a velocità co-
stante e non c’è vento. Il tempo di viaggio per lo stesso percorso
27
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

totale sarà maggiore, minore o lo stesso se, durante i due voli, an-
dando il motore alla stessa velocità, un vento costante soffia da A
verso B?

8. Il prezzo dei cuccioli


Il proprietario di un negozio di animaletti compra un certo nu-
mero di criceti ed un numero metà di questo di coppie di pappagal-
lini, pagando 2 dollari per ogni criceto ed 1 dollaro per ogni pappa-
gallino. Per ogni bestiola mette un prezzo di vendita superiore al
10% sul prezzo di acquisto.
Dopo aver venduto tutte le bestiole meno sette, il proprietario
si accorge di aver ricavato una quantità di moneta esattamente eguale
a quanto pagato originariamente. Il suo profitto potenziale, perciò,
era rappresentato dal valore totale di vendita dei sette animali ri-
manenti. Quanto era?

Risposte

1. Un buon numero di lettori ha inviato « dimostrazioni » del-


l’impossibilità di sezionare un triangolo ottusangolo in triangoli acu-
tangoli, ma naturalmente è possibile. La fig. 13 mostra una confi-
gurazione in sette parti che si applica a qualsiasi triangolo ottusangolo.
È facile vedere che sette è un minimo. L’angolo ottuso deve
esser diviso da una linea. Questa linea non può andare sino al lato
opposto, in quanto formerebbe un altro triangolo ottusangolo, che

28
OTTO PROBLEMI

a sua volta dovrebbe essere suddiviso e di conseguenza lo schema


per il triangolo maggiore non sarebbe minimale. La linea che divide
l’angolo ottuso deve, perciò, terminare in un punto interno al trian-
golo. In questo vertice devono incontrarsi almeno cinque linee, altri-
menti non si potrebbero avere in esso tutti angoli acuti. Questo
fatto determina il pentagono di cinque triangoli interni, con un totale
complessivo di sette triangoli. Wallace Manheimer, allora insegnante
di scuola superiore a Brooklyn, presentò questa dimostrazione come
soluzione del problema E 1406 del numero di novembre 1960 di
American Mathematical Monthly, a pag. 923. Egli dimostrò anche
come costruire lo schema per qualsiasi triangolo ottusangolo.
Sorge il problema: un qualsiasi triangolo ottusangolo può esser
suddiviso in sette triangoli isosceli acutangoli? La risposta è no.
Verner E. Hoggatt, junior, e Russ Denman (American Mathema-
tical Monthly, novembre 1961, pagg. 912-913) hanno dimostrato
che sono sufficienti otto triangoli del genere per qualsiasi triangolo
ottusangolo e Free Jamison (ibid., giugno-luglio 1962, pagg. 550-
552) ha dimostrato che sono anche necessari. In questi articoli si
possono trovare in dettaglio le condizioni sotto cui sono possibili
schemi con meno di otto parti. Un triangolo rettangolo ed un trian-
golo acutangolo non isoscele possono esser divisi ciascuno in nove
triangoli isosceli acutangoli ed un triangolo isoscele acutangolo può
esser sezionato in quattro triangoli isosceli congruenti simili all’ori-
ginale.
Un quadrato può esser sezionato in otto triangoli acutangoli come
mostrato in fig. 14. Se la suddivisione è a simmetria bilaterale, i
punti P e P' devono trovarsi entro l’area scura determinata dai
quattro semicerchi. Donald L. Vanderpool ha fatto notare, in una sua
lettera, che sono possibili distorsioni asimmetriche dello schema con
il punto P situato dovunque al di fuori dell’area tratteggiata purché
esso rimanga fuori dei due semicerchi grandi.
Circa 25 lettori hanno mandato delle dimostrazioni, con gradi
vari di esattezza, che la suddivisione in otto pezzi è minima. Una,
di Harry Lindgren, è apparsa in Australian Mathematics Teacher,
vol. 18, pag. 14-15, 1962. La sua dimostrazione mostra anche che
lo schema, a parte lo spostamento dei punti P e P', notato sopra,
è unico. H. S. M. Coxeter ha indicato il fatto sorprendente che per
qualsiasi rettangolo, anche se i suoi lati differiscono in lunghezza di
una quantità arbitrariamente piccola, il segmento PP' può essere spo-
29
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

stato verso il centro per dare allo schema una simmetria sia oriz-
zontale che verticale.
Due domande ancora senza risposta: Terence C. Terman ha diviso
il quadrato in undici triangoli acutangoli isosceli e si è chiesto se
ciò è un minimo. Alan Sutcliffe ha chiesto se esiste un quadrilatero
che non possa esser diviso in otto o meno triangoli acutangoli.
La fig. 15 mostra come il pentagramma (la stella regolare a cin-
que punte) e la croce greca possono essere ognuna divise nel minor
numero possibile di triangoli acutangoli.
2. Il volume della sfera è 4 π /3 volte il cubo del raggio. La
sua superficie è 4 π volte il quadrato del raggio. Se esprimiamo
il raggio della luna in « lunari » ed ammettiamo che la sua superficie
in lunari quadrati sia uguale al suo volume in lunari cubici, pos-
siamo determinare la lunghezza del raggio semplicemente uguagliando
le due formule e risolvendo per il valore del raggio. Si cancella π
nei due membri e troviamo che il raggio è tre lunari. Siccome il raggio
della luna è 1080 miglia, un lunare deve essere di 360 miglia.
3. Prescindendo dal numero di foglietti che intervengono nel
gioco del Googol, la probabilità di prendere quello col numero mag-
giore (ammesso che venga usata la strategia migliore) non scende
mai sotto 0,367879. Questo numero è il reciproco di e ed è anche

30
OTTO PROBLEMI

Fig. 15. Divisioni minime per il pentagramma e la croce greca.

31
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

il limite della probabilità di vincita quando il numero di foglietti


aumenta tendendo a infinito.
Se vi sono dieci foglietti (un numero adeguato da usare nel gioco),
la probabilità di prendere il numero più alto è 0,398. La strategia
consiste nel girare tre foglietti, segnare il numero più alto da essi
presentato, poi prendere quello dei foglietti successivi che supera
tale numero. Alla lunga si vince in media due volte su cinque.
Ecco una sintesi dell’analisi completa del gioco fatta da Leo
Moser e J. R. Pounder dell’Università di Alberta. Sia n il numero di
foglietti e p il numero di quelli scartati prima di prendere un numero
più alto di tutti quelli precedenti. Se i foglietti sono contrassegnati
in successione da 1 ad n, sia k + 1 il numero del foglietto recante
il numero più alto. Il numero superiore non verrà scelto se non
quando k è maggiore di p (altrimenti il numero sarebbe fra i primi
p scartati) e solo se il più alto dei numeri fra il 1° e il kmo è anche
più alto di quelli fra il 1° e il pmo (altrimenti sarebbe stato scelto
prima). La probabilità di trovare il numero massimo nel caso che sia
nel (k + l)mo foglietto è p/k e la probabilità che esso sia effettiva-
mente sul (k + l )mo è 1/n. Dato che il numero massimo può essere
su un solo foglietto possiamo scrivere la seguente formula per la pro-
babilità di trovarlo:

p⎛1 1 1 1 ⎞
⎜ + + + . . . . + ⎟
n⎝p p+1 p+2 n - 1⎠

Dato un valore di n (numero di foglietti) possiamo determinare


p (numero di foglietti da scartare) prendendo un valore di p che dia
il massimo della suddetta espressione. Tendendo n all’infinito, p/n
tende ad 1/e, sicché una buona stima di p è semplicemente l’in-
tero più vicino ad n/e. La strategia generale, perciò, quando il gioco
è tatto con n foglietti, è di lasciar passare n/e numeri, poi pren-
dere il successivo numero superiore a quello più alto uscito negli n/e
foglietti passati.
Ciò presuppone, naturalmente, che un giocatore non conosca
l’estensione del campo dei numeri messi sui foglietti e che perciò
non vi sia alcun riferimento che permetta di sapere se ogni singolo nu-
mero sia grande o piccolo nell’ambito del campo. Se si ha questo
dato, l’analisi non è valida. Per esempio, se il gioco è fatto con i
32
OTTO PROBLEMI

numeri che si trovano su dieci biglietti da un dollaro e la prima estra-


zione è con un numero che comincia per 9, la strategia migliore è
di prendere quel biglietto. Per ragioni analoghe, la strategia del gioco
del Googol non è applicabile in senso stretto al problema della ra-
gazza nubile, come hanno suggerito molti lettori, perché la ragazza
ha presumibilmente una buona conoscenza del campo dei valori dei
richiedenti ed ha in mente un certo campione. Se il primo uomo che
le fa la proposta si avvicina molto al suo ideale, scriveva Joseph
P. Robinson « avrebbe le pigne in testa se non accettasse subito ».
Fox e Marnie, a quanto sembra, si sono imbattuti indipendente-
mente in un problema che si era presentato ad altri qualche anno
prima. Un certo numero di lettori hanno detto che avevano sentito
parlare del problema prima del 1958 − uno ricordava di averci
lavorato nel 1955 − ma non ho potuto trovare alcuna documenta-
zione pubblicata a riguardo. Il problema di massimizzare il valore
dell’oggetto scelto (piuttosto che la probabilità di ottenere l’oggetto
di massimo valore) sembra esser stato proposto per la prima volta
dal famoso matematico Arthur Cayley nel 1875. (Si veda Leo Moser,
« On a Problem of Cayle », in Scripta Mathematica, sett.-dic. 1956,
pp. 289-292).
4. Sia 1 la lunghezza del quadrato dei cadetti ed anche il tempo
necessario perché essi percorrano marciando questa lunghezza. An-
che la loro velocità sarà 1. Sia x la distanza complessiva percorsa dal
cane ed anche la sua velocità. Durante il percorso in avanti, la velocità
del cane rispetto ai cadetti sarà x−1. Nel viaggio di ritorno la sua
velocità rispetto ai cadetti sarà x+l. Ogni viaggio è su una distanza
di 1 (relativa ai cadetti) ed i due viaggi vengono completati in una
unità di tempo, sicché si può scrivere la seguente equazione

1 1
+ =1
x-1 x+1

Essa corrisponde all’equazione quadratica: x2 − 2x − 1 = 0, per


la quale x ha il valore positivo 1 + 2 . Si moltiplichi per 50 e si
ottiene la risposta finale 120,7. . . metri. In altre parole, il cane
percorre una distanza totale uguale alla lunghezza del quadrato dei
cadetti più la stessa lunghezza moltiplicata per la radice quadrata
di 2.
33
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

La versione del problema data da Loyd, in cui il cane trotterella


attorno al quadrato in movimento, può essere affrontata esattamente
allo stesso modo. Parafraso una chiara e breve soluzione mandata
da Robert F. Jackson del Centro di Calcolo dell’Università di
Delaware.
Come prima, sia 1 il lato del quadrato ed anche il tempo richiesto
perché i cadetti percorrano 50 metri. Anche la loro velocità sarà 1.
Sia x la distanza percorsa dal cane ed anche la sua velocità. La ve-
locità del cane rispetto alla velocità del quadrato sarà x−1 nel
viaggio di andata, x 2 − 1 in ciascuno dei due viaggi trasversali
ed x + l nel viaggio di ritorno. Il circuito viene completato in un
tempo unitario, sicché possiamo scrivere l’equazione:

1 2 1
+ + =1
x −1 2
x −1 x +1

Essa può essere espressa sotto forma di equazione quartica:


x4 − 4x3 − 2x2 + 4x + 5. Si ha una sola radice positiva valida:
4,18112. . . Moltiplicandola per 50 si ottiene la risposta desiderata:
209,056. . . metri.
Theodore W. Gibson, dell’Università di Virginia, trovò che la
prima forma della suddetta equazione può esser scritta come segue,
semplicemente prendendo la radice quadrata dei due membri:

1 1
+ =1
x −1 x +1

che è notevolmente similare all’equazione della prima versione


del problema.
Molti lettori hanno inviato analisi di varianti di questo pro-
blema: una formazione quadrata marciante in direzione parallela
alla diagonale del quadrato, formazioni di poligoni regolari con più
di quattro lati, formazioni circolari, formazioni rotanti, ecc. Thomas
J. Meehan e David Salsburg hanno ognuno messo in rilievo che il
problema è lo stesso di quello di un caccia che esegue uno schema di
ricerca a quadrato attorno ad una nave in movimento e dimostra-
rono come poteva essere facilmente risolto con diagrammi vetto-
riali su quello che la Marina chiama « scacchiere di manovra ».

34
OTTO PROBLEMI

5. Il modo più semplice di piegare la cintura di Barr in modo


che ogni estremità risulti diritta e parte di un rettangolo di uniforme
spessore è mostrato in fig. 16. Ciò permette l’arrotolamento più
semplice (le cuciture compensano la piegatura lunga) e funziona a
prescindere dalla lunghezza della cintura e dall’angolo di taglio del-
l’estremità.

6. Se facciamo l’ipotesi che Rossi sia la donna si arriva rapida-


mente ad una contraddizione. La sua osservazione iniziale provoca
una risposta dalla persona con i capelli neri, perciò i capelli di Rossi
non possono essere neri. Né possono essere rossi, perché sarebbero
uguali al nome. Perciò devono essere bianchi. Ciò lascia il rosso
disponibile come colore dei capelli di Neri ed il nero per Bianchi.
Ma l’enunciato da parte della persona con i capelli neri provoca
una esclamazione di Bianchi, quindi questo assunto non può essere
vero.
È necessario pensare, perciò, che Rossi sia un uomo. I capelli
di Bianchi non possono esser bianchi (perché allora corrispondereb-
bero al suo nome), né possono esser neri perché risponde alla per-
sona dai capelli neri. Perciò i capelli devono essere rossi. Se i capelli
della signora non sono rossi, allora Bianchi non è la signora. Rossi
è un uomo, sicché la signora deve essere Neri. I suoi capelli non
possono essere né neri né rossi, perciò sarà una bionda platinata!

7. Dato che il vento aumenta la velocità dell’aereo da A verso


B e la ritarda da B verso A, si è tentati di supporre che queste forze
si compensano in modo che il tempo totale dei voli rimanga lo stesso.
Non è invece così, perché il tempo durante il quale la velocità del-
l’aereo è aumentata è più breve del tempo durante il quale è dimi-
nuita; di modo che l’effetto complessivo è un ritardo. Il tempo totale
di viaggio in un vento a velocità e direzione costanti, prescindendo
dalla velocità o direzione, è sempre maggiore che se non ci fosse
vento.

Fig. 16. Come si piega la cintura di Barr.

35
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

8. Sia x il numero di criceti comprati inizialmente ed anche il


numero di pappagallini. Sia y il numero di criceti fra le sette bestiole
non vendute; il numero di pappagallini rimasti sarà allora 7−y.
Il numero di criceti venduti (ad un prezzo di 2,20 dollari ciascuno,
che è un ricavo del 10% sul costo) sarà x−y ed il numero di pap-
pagallini venduti (a 1,10 dollari ciascuno) sarà di x−7+y.
Il costo dei cuccioli è perciò di 2x dollari per i criceti ed x dol-
lari per i pappagallini − un totale di 3x dollari. I criceti venduti
danno 2,2(x−y) dollari ed i pappagallini venduti danno 1,1(x−
−7+y) dollari, per un totale di 3,3x−1,ly−7,7 dollari.
Come si è detto, i due totali sono uguali, perciò uguagliandoli
e semplificando si ottiene la seguente equazione diofantina con due
interi incogniti: 3x = 11y+77.
Dato che x ed y sono interi positivi ed y non è maggiore di 7,
è semplice cosa provare ognuno degli otto possibili valori (zero in-
cluso) di y per determinare quale di essi rende anche x intero. Vi
sono solo due valori del genere: 5 e 2. Ognuno condurrebbe ad una
soluzione del problema se non fosse per il fatto che i pappagallini
sono stati comprati in coppie. Ciò elimina 2 come valore per y perché
darebbe per x (numero dei pappagallini comprati) il valore dispari
di 33. Concludiamo dunque che y è 5.
Ora si può trarne un quadro completo. Il negoziante ha com-
prato 44 criceti e 22 paia di pappagallini, pagando in tutto 132 dol-
lari. Ha venduto 39 criceti e 21 coppie di pappagallini per un totale
di 132 dollari. Sono rimasti cinque criceti del valore di 11 dollari
alla vendita e due pappagallini del valore di vendita di 2,20 per un
totale di 13,20 dollari, che è la risposta al problema.

36
4
GIOCHI E INDOVINELLI
DI LEWIS CARROLL

Il Reverendo Charles L. Dodgson che scrisse immortali fantasie


sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll, era un matematico di scarso
rilievo che faceva delle scialbe lezioni ad Oxford e scriveva altret-
tanto scialbi trattati su argomenti quali la geometria e i determi-
nanti algebrici. Solo quando si avvicinò alla matematica con un at-
teggiamento meno serio, i suoi argomenti ed il suo modo di scrivere
acquistarono un interesse duraturo. Bertrand Russel ha detto che le
sole scoperte significative di Carroll sono due paradossi logici pubbli-
cati come spiritosaggini nel giornale Mind. Carroll scrisse anche due
libri di logica per giovani, ognuno di essi trattava argomenti ora
superati, ma conteneva problemi per esercitazioni così strambi e as-
surdi che entrambi i volumi, riuniti di recente in una edizione econo-
mica della Dover, stanno acquistando nuovi lettori. I suoi trattati
seri sono da parecchio tempo esauriti, ma i suoi due volumi di indo-
vinelli originali, A Tangled Tale e Pillow Problems, si possono tro-
vare ancor oggi in un’unica edizione economica della Dover. Senza
entrare in alcuno degli argomenti di questi quattro libri, o ripetere
il materiale ricreativo riportato nel bell’articolo di Warren Weaver
« Lewis Carroll: Matematician », nello Scientific American dell’aprile
1956, esaminiamo qualcuna delle scorribande del Rev. Dodgson nel
campo dei giochi e indovinelli.
In Sylvie and Bruno Concluded, seconda parte del romanzo fan-
tastico, ormai dimenticato, di Carroll, Sylvie and Bruno, un profes-
sore tedesco chiede ad un gruppo di ospiti se conoscono quel curioso
anello di carta che può esser costruito dando un mezzo giro di tor-
sione ad una striscia di carta ed unendone l’estremità:
« ‘Appena ieri ne ho visto uno bell’e fatto’, rispose il Conte.
‘Muriel, ragazza mia, non ne stavate costruendo uno ieri, per far
divertire i ragazzi che avevate ospiti al the?’ »
« ‘Sì, conosco quel gioco’, disse Lady Muriel. ‘L’anello ha
solo una superficie e solo un bordo. È molto misterioso!’ »
Il Professore procede a dimostrare la stretta connessione fra la
striscia di Möbius ed un’altra notevole mostruosità topologica, il pia-
37
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Lewis Carroll (Disegno di Harry Furniss, autore delle illustrazioni del Sylvie and
Bruno di Carroll).

no proiettivo: una superficie ad una faccia senza bordi. Dapprima


chiede a Lady Muriel tre fazzoletti. Due vengono uniti e tenuti as-
sieme per gli angoli superiori. I due bordi superiori vengono cuciti,
poi ad uno dei fazzoletti viene dato un mezzo giro di torsione e i
bordi inferiori uniti allo stesso modo. Il risultato è naturalmente una
superficie di Möbius con un solo bordo costituito da quattro bordi
di fazzoletto.
38
GIOCHI E INDOVINELLI DI LEWIS CARROLL

Il terzo fazzoletto ha egualmente quattro bordi che formano anche


un anello chiuso. Se questi quattro bordi sono ora cuciti ai quattro
bordi della superficie di Möbius, spiega il professore, il risultato è
una superficie chiusa, senza bordi, come quella di una sfera, salvo che
ha una sola faccia.
« ‘ Vedo! ’ interruppe animatamente Lady Muriel. ‘ La sua super-
ficie esterna è continua con la sua superficie interna! Ma occorre un
po’ di tempo. La cucirò dopo il the ’. Lasciò da parte la borsa e ri-
prese la sua tazza di the. ‘ Ma perché la chiamate Borsa di Fortunato,
Signor mio? ’ »
« Il caro vecchio le sorrise ... ‘ Non vede, figliola ... Tutto ciò che
è dentro la borsa, ne è fuori; e tutto ciò che è fuori di essa, è dentro.
Sicché in quella piccola borsa avete tutte le ricchezze del mondo! ’ »
Ciò equivale a dire che Lady Muriel non potrà mai riuscire a cu-
cire il terzo fazzoletto. Ciò non può avvenire senza che la superficie
si intersechi, ma la costruzione proposta fornisce una valida idea della
struttura del piano proiettivo.
Gli ammiratori del Conte Alfred Korzybski, fondatore della se-
mantica generale, sono orgogliosi di dire che « la carta non è il ter-
ritorio ». Il professore tedesco di Carroll spiega come nella sua nazione
una carta ed il territorio alla fine sono divenuti identici. Per aumen-
tare la precisione, i cartografi gradualmente aumentarono la scala delle
loro carte, prima sino a sei yarde per miglio, poi a 100 yarde.
« ‘ Poi venne l’idea più grande di tutte! Facemmo effettivamente
una carta della regione alla scala di un miglio per miglio! ’ »
« ‘ L’avete usata molto? ’ domandai. »
« ‘ Non ha ancora avuto alcuna diffusione,’ disse il Signor Profes-
sore. ‘ I contadini fecero obbiezione: dicevano che essa avrebbe co-
perto tutta la regione stessa e fatto da schermo al sole! Perciò ora
usiamo lo stesso terreno, come carta di sé stesso, e posso assicurarvi
che funziona altrettanto bene ’. »
Questo è il modo in cui Carroll prendeva in giro quello che egli
riteneva un eccessivo rispetto inglese per l’erudizione tedesca.
In The Diaries of Lewis Carroll, pubblicati dalla Oxford Univer-
sity Press nel 1954, vi sono molte pagine che riflettono la sua co-
stante preoccupazione per la matematica ricreativa. Il 19 dicembre
1898, scriveva: « Ieri notte sono stato sveglio sino alle 4 di mattina,
per questo provocante problema, mandatomi da New York: trovare
tre triangoli rettangoli (uguali in area) con lati espressi da numeri
39
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

razionali. Ne ho trovati due, i cui lati sono 20, 21, 29 e 12, 35, 37;
ma non son riuscito a trovarne tre ». Magari qualche lettore vorrà
divertirsi a vedere se riesce dove Carroll ha fallito. In effetti non vi
è limite al numero di triangoli rettangoli. con lati interi ed ugual
area, che possono essere individuati ma, per un numero superiore a
tre triangoli, le superfici hanno valori non inferiori a numeri di sei
cifre. Carroll si avvicinò molto a trovare tre triangoli di tal genere,
come spiegheremo nel paragrafo delle risposte.
Esiste una risposta in cui l’area, sebbene più grande di quella di
ogni triangolo citato da Carroll, è tuttavia inferiore a 1000.
« Negli ultimi giorni ho lavorato », annota Carroll il 27 marzo
1894, « ad alcuni curiosi problemi sul tipo del dilemma della ‘ men-
zogna ’. Per es. ‘ A dice che B mente; B dice che C mente; C dice
che A e B mentono ’ ». La domanda è: chi mente e chi dice la ve-
rità? Si deve presupporre che A si riferisce all’enunciato di B, B a
quello di C e C agli enunciati combinati di A e B.
Di svariati insoliti giochi di parole inventati da Carroll. il « soli-
tario dei doppietti » divenne ai suoi giorni il più popolare, anche a
causa delle gare a premi promosse dalla rivista inglese Vanity
Fair. L’idea è di prendere due parole adatte della stessa lunghezza
e passare dall’una all’altra mediante una serie di parole intermedie,
ognuna delle quali differisce dalla parola precedente per una sola let-
tera. Non devono esser adoperati nomi propri come parole di colle-
gamento e le parole devono esser abbastanza comuni da potersi tro-
vare con un comune dizionarietto. Per esempio, un PORCO può esser
trasformato in un PASTO così:
PORCO − PORTO − PARTO − PASTO

Si deve cercare, naturalmente, di effettuare la trasformazione con


il minor numero possibile di collegamenti. Per i lettori che si di-
vertono ai giochi di parole ecco alcuni giochi. Sarà interessante ve-
dere qual è il minor numero di collegamenti che i lettori riusciranno
a realizzare:
Tingere una CASA di color ROSA
Far discendere l’UOMO dal CANE
Aumentare DUE in TRE
Cambiare il ROSSO in VERDE
Mettere del rossetto ROSA in VISO
40
GIOCHI E INDOVINELLI DI LEWIS CARROLL

Come tanti altri matematici, Carroll si divertiva con ogni sorta


di giochi di parole: comporre anagrammi coi nomi di persone fa-
mose (uno dei suoi migliori: William Ewart Gladstone = Wild
Agitator! means well = fiero agitatore! ha buone intenzioni), scrivere
acrostici in versi sui nomi di ragazze, inventare enigmi e sciarade, fare
doppi sensi. Le sue lettere ai suoi piccoli amici erano piene di questo
tipo di cose. In una lettera cita la sua scoperta che le lettere
ABCDEFGI possono esser riordinate in modo da formare una parola
composta (in inglese). Riuscite a scoprirla?
Gli scritti di Carroll abbondano di doppi sensi, che però tendono
più ad essere abili che salaci.
Il suo virtuosismo nel doppio senso matematico raggiunse il cul-
mine in un libretto di satira politica intitolato Dynamics of a Parti-cle
(dinamica di un parti-tino). Esso comincia con le seguenti defini-
zioni:
« La superficialità piana è il carattere di un discorso, in cui presi
due punti qualsiasi, l’oratore si trova ad essere completamente con-
corde con questi due punti. L’angolo piano (di vista) è l’inclinazione
rispettiva di due votanti, che si incontrano ma guardano in direzioni
diverse. Quando un deputato, incontrando un altro deputato, fa sì
che i voti dell’uno lato uguaglino quelli dell’altro, i sentimenti provati
da ciascun lato si chiamano rabbia retta [gioco di parole fra right
angle (angolo retto) e right anger (rabbia retta) - n.d.t.]. Quando
due partiti, incontrandosi provano la rabbia retta, ognuno viene detto
complementare dell’altro (sebbene, a rigor di termini, ciò si verifichi
raramente). La rabbia ottusa è quella maggiore della rabbia retta ».
Nei doppi sensi matematici è contenuta, la maggior parte del-
l’umorismo di un altro libretto di Carroll, The New Method of Eva-
luation as Applied to π.
π rappresenta il salario di Benjamin Jowett, professore di greco
e traduttore di Platone, da molti sospettato di coltivare idee religiose
non ortodosse. Il trattato satireggia il fallimento dei capi di Oxford
nel mettersi d’accordo sul salario di Jowett. Il seguente passaggio, in
cui J rappresenta Jowett, dà un saggio del gusto del libretto:
« Era stato visto da molto tempo che l’ostacolo principale al cal-
colo di π era la presenza di J e, in un periodo anteriore della
matematica, J sarebbe stato probabilmente riferito ad assi ortogo-
nali, e diviso in parti diseguali; un processo di eliminazione arbi-
traria oggi considerato non strettamente legittimo ».
41
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

I grandi scrittori che amano indulgere nei giochi di parole sono


quasi sempre ammiratori di Carroll e non fa meraviglia sapere che
Vladimir Nabokov, il cui romanzo Lolita è notevole non solo per il
suo sorprendente tema ma anche per i giochi di parole, tradusse le
Avventure di Alice nel paese delle meraviglie in russo nel 1923 (non
la prima traduzione, ma la migliore, ha detto egli stesso). Vi sono
altri interessanti legami Carroll-Nabokov. Come Carroll, Nabokov
è appassionato di scacchi (uno dei suoi racconti, La difesa, tratta di
un giocatore di scacchi monomaniaco) e Humbert Humbert, il nar-
ratore di Lolita rassomiglia a Carroll nel suo entusiasmo per le bam-
bine. Bisogna anche affrettarsi a soggiungere che Carroll sarebbe ri-
masto turbato da Lolita.
Dodgson si considerava un uomo felice, ma vi è un leggero sot-
tofondo di tristezza che scorre sotto molti dei suoi scherzi; la soli-
tudine di un celibe timido e inibito che stava sveglio di notte com-
battendo quelli che egli chiamava « pensieri peccaminosi » inventando
complicati « problemi del cuscino » e risolvendoli mentalmente.
E cosa sono tutte quelle cose allegre per me
che ho i pensieri pieni di indici e di irrazionali?
x2 + 7x + 53 =
= 11/3

Appendice
Lewis Carroll inventò i « doppietti » nel Natale del 1877 per due
bambine che « non avevano nulla da fare ». Egli pubblicò un gran
numero di articoletti ed opuscoli sul gioco, che chiamò dapprima
Word-links (Lega-parole). Per i dettagli su queste pubblicazioni ed
una storia del gioco, si veda The Lewis Carroll Handbook pubbli-
cato da Roger L. Green, edizione riveduta, Oxford Press, pp. 94-101.
Problemi di « doppietti » appaiono in passaggi di vecchi e nuovi
libri di indovinelli. Dmitri Borgmann, a pag. 155 del suo recente
Language on Vacation, Scribner’s, 1965, li chiama « scalette di pa-
role » e dice che la scala verbale ideale è quella in cui le due parole
estreme non hanno nessuna lettera identica nelle stesse posizioni e la
trasformazione viene effettuata con un numero di passaggi uguale a
quello delle lettere costituenti le parole. Un esempio è la transizione
da MARE a VELA in quattro passaggi (MARE-male-mele-mela-VELA).
42
GIOCHI E INDOVINELLI DI LEWIS CARROLL

Un labirinto ideato da Lewis Carroll ventenne. Il problema consiste nel trovare


l’uscita partendo dalla zona libera centrale. I percorsi si intersecano passandosi
vicendevolmente sopra o sotto ma, a volte, sono sbarrati da un tratto isolato
trasversale.

John Maynard Smith, in un saggio su « Le limitazioni dell’evolu-


zione molecolare » (in The Scientist Speculates, pubblicato da I. J.
Good, Basic Books, 1962, pp. 252-256), trova una impressionante
rassomiglianza fra i « doppietti » e il processo con cui una specie si
evolve in un’altra. Se pensiamo alla molecola elicoidale di DNA come
ad una « parola » enormemente lunga, allora le singole mutazioni cor-
rispondono ai passi del gioco di parole.

Risposte
Nel problema di Lewis Carroll dei tre triangoli rettangoli con
lati interi ed uguale area, la risposta che fornisce i numeri minori è
40, 42, 58; 24, 70, 74 e 15, 112, 113. In ciascun caso l’area è 840.
Se Carroll avesse raddoppiato la dimensione dei due triangoli da lui
43
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

trovati, avrebbe ottenuto i due primi triangoli sopra citati, dai quali
sarebbe stato facile il passaggio al terzo. Henry Ernest Dudeney, nella
risposta al problema 107 del suo Canterbury Puzzles, dà una formula
con cui possono esser trovati facilmente tripletti del genere.

Il problema di Carroll della verità e della menzogna ha una sola


risposta che non porta a una contraddizione logica: A e C mentono;
B dice il vero. Il problema cede facilmente al calcolo proposizionale
prendendo la parola « dice » come connettivo logico detto equiva-
lenza. Senza chiamare in causa la logica simbolica si può semplice-
mente elencare le otto possibili combinazioni di menzogna e verità
per i tre uomini, esaminare ogni combinazione ed eliminare quelle
che conducono a contraddizioni logiche.

Le soluzioni dei « doppietti » sono: CASA-cosa-ROSA, CANE-rane-


rame-ramo-remo-temo-tomo-UOMO, DUE-tue-TRE, ROSSO-posso-posto-
pasto-parto-parlo-parla-perla-perle-gerle-germe-verme-VERDE, ROSA-ri-
sa-riso-VISO.
Le lettere ABCDEFGI si possono riordinare in modo da formare
la parola composta BIG-FACED (dalla faccia grande).

44
5
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

Nel volume precedente vi è un capitolo sui giochi realizzati ripie-


gando dei fogli di carta senza tagliarli. Se nel gioco si introduce un
paio di forbici, si scovano numerose e interessanti nuove possibilità,
molte delle quali sono adatte a dar rilievo in modo curioso a fonda-
mentali ed importanti teoremi di geometria piana.
Per esempio, consideriamo il ben noto teorema che dice che la
somma degli angoli interni di qualsiasi triangolo è un angolo piatto
(ossia di 180°). Si ritagli un triangolo da un foglio di carta. Segnato
un punto vicino al vertice di ciascun angolo e tagliati gli angoli, si tro-
verà che i tre angoli segnati dai punti si adattano sempre in modo da
formare esattamente un angolo piatto (fig. 17a). Si può provare con
gli angoli di un quadrilatero. La figura può essere di qualsiasi forma,
incluse forme come quella mostrata in fig. 17b. I quattro angoli pun-
teggiati si uniscono sempre in modo da formare un angolo giro:
ossia un angolo di 360°. Se prolunghiamo i lati di un poligono con-
vesso qualsiasi, come mostrato in fig. 17c, gli angoli punteggiati sono
chiamati angoli esterni. A prescindere da quanti lati possa avere il
poligono, se i suoi angoli esterni vengono ritagliati ed uniti, anch’essi
danno come somma 360°.
Se due o più lati di un poligono si intersecano, si ha ciò che a
volte viene chiamato poligono incrociato. La stella a cinque punte,
simbolo della fraternità per gli antichi pitagorici, ne è un esempio
noto. Tracciate la stella a linee irregolari a piacere (sono incluse le
forme degeneri mostrate in fig. 18, in cui una o due punte della stella
non si estendono oltre il corpo), segnate con punti i cinque vertici,
ritagliate la stella e spuntate i vertici. Sarete sorpresi nel trovare che,
come nel caso del triangolo, le punte di qualsiasi pentagramma si uni-
scono a formare un angolo piatto. Questo teorema può esser confer-
mato con un’altra strana tecnica empirica che potrebbe esser chia-
mata « metodo dei fiammiferi scorrevoli ». Disegnate un grosso pen-
tagramma, poi mettete un fiammifero lungo una delle linee, come
mostrato in fig. 18 in alto. Fate scivolare il fiammifero verso l’alto
finché la sua testa tocca il vertice superiore, poi spostate la coda a
45
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 17. Come scoprire teoremi di geometria piana punteggiando gli angoli dei
poligoni

46
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

Fig. 18. Lo scorrimento di un fiammifero lungo un pentagramma mostra che la


somma degli angoli punteggiati dà 180°.

47
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

sinistra sino a portare il fiammifero lungo l’altra linea. Il fiammifero


ora ha cambiato il suo orientamento sul piano di un angolo uguale
all’angolo in alto della stella. Fate scivolare il fiammifero in basso
sino all’altro angolo e ripetete la stessa cosa. Continuate a far scivo-
lare il fiammifero lungo la stella, ripetendo il procedimento ad ogni
vertice. Quando il fiammifero ritorna nella sua posizione originaria, si
trova ad essere capovolto, avendo fatto una rotazione in senso orario
di 180° esatti. Questa rotazione è evidentemente la somma dei cinque
angoli del pentagramma.
Il metodo del fiammifero scorrevole può essere usato per confer-
mare tutti i teoremi menzionati, come per trovarne dei nuovi. È un
sistema pratico per misurare gli angoli di un poligono qualsiasi, com-
prese le forme stellari e le variazioni incrociate alla rinfusa. Dato che
il fiammifero deve tornare alla sua posizione iniziale nella stessa dire-
zione o in quella opposta, ne segue che (se il fiammifero ha ruotato
sempre nello stesso senso) la somma degli angoli descritti deve essere
un multiplo di un angolo retto. Se il fiammifero ruota in entrambi
i sensi durante il suo percorso, come spesso avviene nei poligoni in-
crociati, non si può ottenere una somma degli angoli, sebbene si pos-
sano enunciare altri teoremi. Per esempio, un fiammifero fatto scor-
rere lungo il perimetro dell’ottagono incrociato in fig. 19 ruoterà in
senso orario negli angoli segnati A e della stessa quantità in senso
antiorario negli angoli segnati B. Perciò non si può ottenere la somma
degli otto angoli, ma possiamo dire che la somma dei quattro angoli
A è eguale alla somma dei quattro angoli B. Ciò può esser facilmente
verificato col metodo delle forbici o con dimostrazioni geometriche
formali.
Il noto teorema di Pitagora si presta a molte eleganti dimostra-
zioni con carta e forbici. Eccone una notevole, scoperta nel secolo scor-
so da Henry Perigal, un agente di borsa e astronomo dilettante. Co-
struite dei quadrati sui due cateti di un qualsiasi triangolo rettangolo
(fig. 20). Dividete il quadrato maggiore (o uno dei due se sono di
uguali dimensioni) in quattro parti identiche tracciando due righe pas-
santi per il centro, normali fra loro, una delle quali parallela all’ipote-
nusa del triangolo. Ritagliate le quattro parti e il quadrato più pic-
colo. Si troverà che i cinque pezzi possono essere spostati, senza cam-
biare il loro orientamento sul piano, in modo da formare un quadrato
grande (mostrato con le linee tratteggiate) sull’ipotenusa.

48
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

Fig. 19. In questo ottagono intrecciato la somma degli angoli indicati con A
uguaglia la somma di quelli indicati con B.

Perigal scoprì questa suddivisione verso il 1830, ma non la pub-


blicò che nel 1873. Egli ne fu così compiaciuto che se la fece stam-
pare sui biglietti da visita e regalò centinaia di giochi costituiti dai
cinque pezzi. (Chi non abbia visto il diagramma troverà parecchia dif-
ficoltà nel mettere assieme i pezzi, per formare prima i due quadrati,
poi quello più grande). È divertente ricordare l’elogio funebre di
Perigal, nel notiziario del 1899 dalla Reale Società Astronomica di
Londra: « Il suo principale scopo astronomico, durante la sua vita, fu
di convincere gli altri, specialmente i giovani non ostinati nell’opi-
nione opposta, che era un uso gravemente errato delle parole dire
49
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 20. La dimostrazione della famosa 47a proposizione di Euclide fatta con
forbici e carta da Henry Perigal.

che la luna « ruota » quando effettua la rivoluzione attorno alla Terra.


Egli scrisse opuscoli, costruì modelli e persino compose poemi per
dimostrare le sue tesi sopportando con eroica allegria il continuo di-
sappunto di constatare che niente di tutto ciò otteneva un qualche
risultato ».
50
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

La suddivisione dei poligoni in pezzi che formano altri poligoni


è uno dei rami più affascinanti della matematica ricreativa. È stato
dimostrato che qualsiasi poligono può essere tagliato in un numero
finito di pezzi che formeranno un qualsiasi altro poligono di uguale
area, ma naturalmente divisioni del genere hanno poco interesse se
non quando il numero di pezzi è sufficientemente piccolo per rendere
il cambiamento sorprendente. Immaginerete, per esempio, che l’esa-
gramma, o stella di David a sei punte, può esser tagliato (fig. 21) in
appena cinque pezzi che formano un quadrato? (Il pentagramma re-
golare non può esser diviso in meno di otto pezzi che si ricompongono
in un quadrato).
Harry Lindgren, dell’Ufficio Brevetti australiano, è forse il prin-
cipale esperto nelle suddivisioni di questo tipo. In fig. 22 vediamo la
sua bellissima divisione di un dodecagono in sei pezzi che formano
un quadrato.
Una classe del tutto diversa di passatempi basati sul ritaglio di
figure di carta, più familiare ai prestigiatori che ai matematici, com-
porta la piegatura ripetuta di un foglio di carta, l’esecuzione di un
taglio netto unico e l’apertura di una o entrambe le parti piegate per
rivelare un qualche risultato a sorpresa. Per esempio, si può trovare
che il pezzo aperto risulta essere una figura o un disegno geometrico

Fig. 21. E. B. Escott scoprì questa divisione di un esagramma che forma un


quadrato.

51
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 22. La trasformazione di un dodecagono regolare in un quadrato ottenuta da


Harry Lindgren.

regolare o può avere un foro di tale forma. Nel 1955 la Ireland Magic
Company di Chicago pubblicò un libretto chiamato Paper Caper, di
Gerald M. Loe, che tratta quasi soltanto di questi giochetti. Il libro
insegna come piegare un foglio di carta in modo che con un solo ta-
glio si possa ottenere qualsiasi lettera dell’alfabeto, vari tipi di stelle
e croci e schemi complessi del tipo di una catena circolare di stelle,
una stella in un’altra stella e così via. Un insolito giochetto fatto con
un solo taglio, noto ai prestigiatori americani, è conosciuto col nome
di taglio bicolore. Un quadrato di carta morbida colorata in rosso e
nero per rassomigliare ad una scacchiera di otto per otto, viene pie-
gato in un certo modo, e poi tagliato con un singolo taglio. Il taglio
separa i quadrati rossi dai neri e nello stesso tempo ritaglia ogni
singolo quadrato. Con un foglio di carta riso (la carta sottile che per-
mette di vedere delle righe attraverso vari spessori) non è difficile
ideare un metodo per realizzare questo trucco, come anche dei me-
todi per tagliare con un solo colpo semplici figure geometriche; ma
disegni più complicati − per esempio la svastica − presentano pro-
blemi formidabili.
Un vecchio trucco di ritaglio, di origine ignota, è illustrato in fig.
23. Esso viene di solito presentato insieme ad un aneddoto riguar-
dante due persone: una buona e una cattiva. Entrambe muoiono e si
avvicinano alle porte del Paradiso. La cattiva, naturalmente, non ha il
foglio di carta con l’autorizzazione necessario per la sua ammissione.
Cerca l’aiuto della buona, che sta proprio dietro di lei. La buona piega
52
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

Fig. 23. Un vecchio gioco di ritaglio.

53
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 24. Come un cubo da un cm può essere ottenuto piegando una striscia larga
un cm e lunga sette.

il suo foglietto come mostrato in a, b, c, d ed e (fig. 23) e lo taglia,


secondo la linea tratteggiata indicata. Trattiene la parte di destra e
dà il resto alla cattiva.
San Pietro apre i pezzi della cattiva, li sistema in modo da for-
mare la parola « Hell » (inferno) come mostrato in basso a sinistra
(della fig. 23) e la manda via. Quando San Pietro apre il foglietto
presentato dalla buona, vi trova la forma della Croce come mostrato
in basso a destra.
Ovviamente è impossibile piegare un foglio piano in modo che un
singolo taglio diritto possa produrre figure curve, ma se un foglio
viene arrotolato in forma di cono, dei tagli piani attraverso di esso
54
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

Fig. 25. Un cubo tutto nero può esser ottenuto piegando la sagoma in alto a sini-
stra. La sagoma è nera sulla faccia inferiore.

lasciano dei bordi in forma di cerchi, ellissi, parabole o iperboli a


seconda dell’angolo di taglio. Queste sono naturalmente le sezioni co-
niche studiate dai Greci. Meno noto è il fatto che una curva sinusoi-
dale può esser rapidamente ottenuta avvolgendo più volte un foglio
di carta attorno ad una candela cilindrica e tagliando trasversalmente
sia la carta che la candela. Srotolando la carta, ogni metà avrà il bordo
del taglio in forma di curva sinusoidale, o sinusoide, una delle forme
d’onda fondamentali della fisica. Il giochetto è anche utile per una
padrona di casa che desideri costruire un bordo ondulato ad un fo-
glio di carta copri-scaffale.
55
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Ecco due affascinanti problemi di piegatura e taglio, entrambi re-


lativi ai cubi. Il primo è facile, il secondo meno.
1. Qual è la più corta striscia di carta larga 1 cm che può esser
piegata in modo da formare tutte e sei le facce di un cubo da 1 cm?
2. Un quadrato di carta largo 3 cm è nero da un lato e bianco
dall’altro. Tracciate sul quadrato delle righe che formino nove qua-
drati da l cm. Tagliandolo solo lungo le linee tracciate è possibile
ricavare una sagoma che, piegata lungo queste linee, formi un qua-
drato tutto nero all’esterno? La sagoma deve essere in un pezzo unico
e non sono permessi tagli o piegature che non siano lungo le linee
che dividono il foglio in quadretti.

Appendice
Vi sono naturalmente dimostrazioni geometriche tradizionali di
ogni genere che mostrano come le punte dei tre pentagrammi di fig.
18 formano in totale 180°. Il lettore può divertirsi ad elaborarne qual-
cuna, se non altro per vedere quanto più semplici ed evidenti siano
le dimostrazioni con i fiammiferi scorrevoli.
Perigal pubblicò la prima volta la sua divisione pitagorica in Mes-
senger of Mathematics, vol. 2°. nuova serie, 1873, pp. 103-106.
Per notizie biografiche su Perigal, vedere il suo necrologio in « Mon-
thly Notices » della Royal Astronomica1 Society di Londra, vol. 59,
1899, pp. 226-228. Alcuni dei suoi opuscoli sono discussi da Augu-
stus de Morgan nel suo ben noto Budget of Paradoxes (ristampato
dalla Dover nel 1954).
L’elegante divisione dell’esagramma in quadrato fu scoperta da
Edward Brind Escott agente di una compagnia di assicurazione, che
viveva ad Oak Park, nell’Illinois, e che morì nel 1946. Era un esperto
di teoria dei numeri e collaborò spesso a varie pubblicazioni di mate-
matica. La sua suddivisione dell’esagramma è data da Henry Ernest
Dudeney come soluzione del problema 109 in Modern Puzzles
(1926).

Risposte
La minima lunghezza di una striscia di carta, larga 1 cm, che può
esser piegata in un cubo è di 7 cm. Un metodo di piegatura è
illustrato in fig. 24. Se la striscia è nera da un lato, 8 cm sono ne-
56
GIOCHI DI CARTA RITAGLIATA

cessari per ottenere un cubo tutto nero. (Un modo per realizzarlo è
mostrato in Recreational Mathematics Magazine, febbraio 1962,
p. 52).
Foglietti da 3 cm2, anneriti da un lato, possono esser ritagliati e
piegati in forma di cubo tutto nero in molti modi. Ciò non può esser
fatto con uno schema avente meno di otto quadrati unitari, ma il qua-
dratino da l cm mancante può avere qualsiasi posizione. La fig. 25
mostra come una disposizione con il quadrato mancante al centro può
esser piegata per formare un cubo nero. In tutte le soluzioni i tagli
hanno una lunghezza totale di cinque unità. (Se per lo schema è
usato l’intero foglio, la lunghezza delle linee di taglio può esser ri-
dotta a quattro unità).

57
6
GIOCHI DA SCACCHIERA

« I giochi hanno alcune delle qualità delle opere d’arte », ha


scritto Aldous Huxley. « Con le loro semplici ed inequivocabili re-
gole, sono come tante isole di ordine nel vago e disordinato caos
dell’esperienza. Quando facciamo un gioco, o anche quando guar-
diamo giocare altri, passiamo dall’incomprensibile universo della real-
tà oggettiva a un piccolo mondo ordinato fatto dall’uomo, dove ogni
cosa è chiara, ha uno scopo ed è facile da capire. La competizione
contribuisce all’intima attrattiva dei giochi rendendoli eccitanti, men-
tre le scommesse e l’esaltazione della folla aumenta, a sua volta, l’ec-
citazione della competizione ».
Huxley parlava dei giochi in genere, ma le sue osservazioni si ap-
plicano con particolare proprietà ai giochi matematici da scacchiera in
cui il risultato è determinato dal puro pensiero, non contaminato da
abilità fisica o dal tipo di fortuna cieca data dai dadi, carte ed altri
sistemi casuali. Giochi del genere sono vecchi quanto la civiltà e va-
riati come le ali delle farfalle. Quantità fantastiche di energie mentali
sono state spese su di essi, considerando il fatto che, sino a tempi
appena recenti, non avevano alcun valore oltre quello di essere ripo-
santi e rilassanti per la mente. Oggi sono divenuti improvvisamente
importanti nella teoria dei calcolatori. Le macchine che giocano a scac-
chi e a dama e che sfruttano la loro esperienza, possono essere i pre-
cursori di cervelli elettronici capaci di sviluppare possibilità ancora
inimmaginabili.
I più antichi documenti di giochi matematici da scacchiera si tro-
vano nell’arte dell’antico Egitto, ma ci danno poche informazioni a
causa dell’uso egiziano di rappresentare le scene solo di profilo (fig.
26). Alcuni giochi che comportano scacchiere sono stati trovati in
tombe egiziane (fig. 27), ma non sono giochi da scacchiera in senso
stretto, dato che contengono qualche elemento casuale. Qualcosa di
più si sa dei giochi da scacchiera greci e romani, ma non fu che verso
il XIII secolo dell’era cristiana che qualcuno ritenne importante met-
tere per scritto le regole di un gioco da scacchiera e fu solo verso il
XVII secolo che vennero scritti i primi libri sui giochi.
58
GIOCHI DA SCACCHIERA

Fig. 26. Rilievo da una tomba di Sakkara in Egitto che mostra un gioco da scac-
chiera visto di profilo. Il bassorilievo è datato al 2500 a. C. (Metropolitan Museum
of Art, Rogers Fund, 1908).

Come gli organismi biologici, i giochi si evolvono e proliferano in


nuove specie. Alcuni semplici giochi, come il filetto, possono restare
invariati per secoli; altri fioriscono per qualche tempo, poi svaniscono
completamente. L’esempio più notevole di una specie di fossile in que-
sto campo è la « Ritmomachia », un gioco numerico estremamente
complicato giocato dagli europei nel Medio Evo su una doppia scac-

Fig.27. Il gioco da scacchiera del « Senet », trovato in una tomba egiziana del
1400 a. C. richiedeva anche il lancio di bastoncini (Metropolitan Museum of Art.
dono del Fondo per le ricerche egiziane1901).

59
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

chiera con otto caselle da un lato e sedici sull’altro e con pezzi in forma
di cerchi, quadrati e triangoli. Esso risale almeno al XII secolo e ancora
nel XVII secolo fu menzionato da Robert Burton in The Anatomy of
Melancholy, come gioco popolare inglese. Molti dotti trattati furono
scritti su di esso, ma oggi nessuno lo gioca salvo alcuni matematici
e medievalisti.
Negli Stati Uniti i due più popolari giochi da scacchiera sono natu-
ralmente la dama e gli scacchi. Entrambi hanno una lunga ed affa-
scinante storia. con inaspettate mutazioni di regole da tempo a tempo
e da luogo a luogo. Oggi la dama americana è identica a quella in-
glese (Draughts) ma in altri paesi vi sono notevoli varianti. La cosid-
detta dama polacca (inventata in realtà in Francia) è ora la forma
dominante in quasi tutta l’Europa. Essa è giocata su una scacchiera di
dieci per dieci, con venti pedine per ogni lato che possono mangiare
sia all’indietro che in avanti. I pezzi coronati (detti regine invece di
re) si muovono come gli alfieri degli scacchi e nel fare la mossa pos-
sono fermarsi in qualsiasi casella vuota al di là del pezzo preso. Il
gioco è molto diffuso in Francia (dove è chiamato dames) ed in
Olanda ed è l’oggetto di una vasta letteratura analitica. Nelle pro-
vincie francesi del Canada e in alcune parti dell’India, la dama polacca
è giocata su una scacchiera di dodici per dodici.
La dama tedesca assomiglia alla dama polacca, ma di solito viene
giocata su una scacchiera di otto per otto. Una forma simile di que-
sto gioco « polacco minore », come viene chiamato talvolta, è popo-
lare in Russia dove viene chiamato shashki. Le varianti spagnola e
italiana sono anche più vicine a quella inglese. Anche la dama turca
è giocata su una scacchiera di otto per otto, ma ogni lato porta sedici
pedine che occupano all’inizio la seconda e terza riga. I pezzi possono
muoversi e saltare in avanti e di lato ma non in diagonale e vi sono
altre radicali differenze rispetto alle forme sia inglese che polacca.
Analogamente alla dama, gli scacchi hanno variato enormemente
le loro regole, risalendo nei tempi più remoti a una sconosciuta ori-
gine indiana, probabilmente del VI secolo d.C. In verità oggi esiste
un gioco di scacchi internazionale standardizzato, ma vi sono molte
altre eccellenti forme di gioco non europee che dividono ovviamente
una origine comune con gli scacchi internazionali. Gli scacchi giappo-
nesi (shogi) vengono giocati nel Giappone moderno con altrettanto
entusiasmo quanto il go, sebbene solo quest’ultimo sia conosciuto
nelle nazioni occidentali. Lo shogi viene giocato su una scacchiera di
60
GIOCHI DA SCACCHIERA

nove per nove caselle con venti pedine per parte sistemate all’inizio
sulle prime tre righe. Il gioco viene vinto, come negli scacchi occiden-
tali, dando scacco matto ad un pezzo che si muove esattamente come
il re. Un aspetto interessante del gioco è che i pezzi catturati pos-
sono esser rimessi sulla scacchiera per esser usati da chi li ha presi.
Anche gli scacchi cinesi (tséung k'i) terminano con lo scacco
matto di un pezzo che si muove come il re degli scacchi occidentali,
ma le regole sono completamente differenti da quelle del gioco giap-
ponese. I suoi 32 pezzi sono disposti sulle intersezioni di una scac-
chiera di otto per otto caselle attraversata al centro da una riga oriz-
zontale nera detta « fiume ». Una terza variante, gli scacchi coreani
(tiyang-keui), viene giocata sulle intersezioni di una scacchiera di otto
per nove caselle. Il numero dei pezzi è lo stesso dei pezzi cinesi, con
gli stessi nomi e (salvo il re) le stesse posizioni iniziali, ma i due gio-
chi differiscono considerevolmente nelle regole e nella forza dei pezzi.
Gli appassionati di ciascuna delle tre versioni orientali degli scacchi
considerano ognuna delle altre due, e così anche gli scacchi occi-
dentali, come decisamente inferiori.
Gli scacchi marziani (jetan), spiegati da Edgar Rice Burroughs
nell’appendice al suo romanzo The Chessmen of Mars, sono una diver-
tente variante, giocata su una scacchiera di dieci per dieci con pezzi
insoliti e regole nuove. Per esempio, la principessa (che corrisponde
all’incirca al nostro re) ha il privilegio di una « mossa di fuga » per
ogni partita che le permette di fuggire a una distanza illimitata in
qualsiasi direzione.
In aggiunta a queste varianti regionali degli scacchi, i moderni
giocatori, annoiati momentaneamente dal gioco ortodosso, hanno in-
ventato uno strano assortimento di giochi noti come scacchi fantasia.
Fra i molti giochi di scacchi fantasia che possono esser giocati su una
scacchiera normale vi sono: gli scacchi a due mosse, in cui ogni
giocatore gioca due volte ad ogni turno; un gioco in cui uno dei gio-
catori gioca senza pedoni o con una riga in più di pedoni al posto
della regina; gli scacchi cilindrici, in cui il lato sinistro della scac-
chiera è considerato unito al lato destro (se la scacchiera viene con-
siderata come dotata di un mezzo giro di torsione prima della con-
giunzione dei lati, vengono chiamati scacchi a striscia di Möbius);
scacchi di trasporto, in cui ogni pezzo può esser mosso sulla cima di
una torre e portato dalla torre in un’altra casella. Sono state in-
trodotte dozzine di nuovi pezzi strani, come il cancelliere (che com-
61
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

bina le mosse della torre e del cavallo), il centauro (che combina l’al-
fiere e il cavallo) ed anche i pezzi neutri (per es., una regina blu) che
possono essere giocati da entrambe le parti.
Nel racconto di fantascienza di Lewis Padgett, The Fairy Ches-
smen, una guerra viene vinta da un matematico che si diletta di
scacchi fantasia. La sua mente, abituata a contravvenire alle regole, è
abbastanza elastica per tener testa ad un’equazione troppo bizzarra
per i suoi più brillanti ma più ortodossi colleghi.
Una divertente specie di scacchi fantasia molto vecchia, ma che
ancora fornisce un piacevole interludio a giochi più seri, si gioca così:
un giocatore dispone sedici pezzi nel solito modo, ma il suo avversario
ha un pezzo solo. chiamato il marajà. Per questo può essere usata
una regina le cui mosse combinano quelle della regina e del cavallo.
All’inizio può esser disposta su qualsiasi casella libera non minac-
ciata da un pedone; poi l’avversario fa la prima mossa. Il marajà
perde se viene catturato e vince se dà scacco matto al re. I pedoni
che giungono sulla riga finale non possono esser sostituiti con regine
o altri pezzi. Senza questa limitazione è facile sconfiggere il marajà
semplicemente facendo avanzare i pedoni di torre sino a portarli a
regina. Dato che questi e tutti gli altri pedoni sono protetti, non vi
sarebbe modo per il marajà di impedire che entrambi i pedoni dive-
nissero regine. Con tre regine e due torri in gioco, il gioco è facil-
mente vinto.
Anche con questa accortezza, si può pensare che il marajà abbia
poche possibilità di vittoria, ma la sua mobilità è così grande che se
si muove rapidamente e aggressivamente, spesso riesce a dare scacco
all’inizio del gioco. Altre volte può ripulire la scacchiera dai pezzi e
forzare il re solitario in un angolo e dargli scacco matto.
Sono stati inventati centinaia di giochi che vengono giocati su
una scacchiera normale ma non hanno nulla in comune sia con gli
scacchi che con la dama. Uno dei migliori secondo me, è il gioco,
ora dimenticato, del « reversi », che usa 64 gettoni con colori con-
trastanti, ad esempio rossi e neri, sulle due facce. Una serie grosso-
lana può esser realizzata colorando una faccia di un foglio di cartone
e ritagliandone dei piccoli cerchi; una migliore può esser realizzata
comprando delle economiche pedine o gettoni da poker rossi e neri
e incollandoli a coppie. Ne vale la pena, perché il gioco può essere
entusiasmante per ogni componente della famiglia.

62
GIOCHI DA SCACCHIERA

Il « reversi » comincia con una scacchiera vuota. Un giocatore ha


32 pezzi col lato rosso in vista; l’altro ne ha 32 con quello nero. I
giocatori si alternano nel disporre le pedine una per volta sulla scac-
chiera seconde le seguenti regole:
1. Le prime quattro pedine debbono esser disposte sui quattro
quadrati centrali. L’esperienza ha mostrato che per il primo giocatore
è preferibile disporre la sua seconda pedina sopra, sotto o di fianco
al suo primo pezzo (un esempio è in fig. 28), piuttosto che adiacente
in diagonale. ma ciò non è obbligatorio. Per lo stesso motivo, è cosa
saggia che il secondo giocatore non giochi in diagonale opposta alla
prima mossa del suo avversario, specialmente se il suo avversario è
un principiante. Ciò dà al primo giocatore la possibilità di fare come

Fig.28. Un’apertura del gioco del reversi. I numeri servono solo da riferimento.

63
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

seconda mossa quella di qualità inferiore lungo la diagonale. Fra


esperti, il gioco comincia sempre con lo schema mostrato in fig. 28.
2. Dopo che sono state occupate le quattro caselle centrali, i gio-
catori continuano a disporre i pezzi ad uno per volta, in modo che
ognuno risulti adiacente ad un pezzo nemico in senso ortogonale o
diagonale. Inoltre il pezzo deve essere disposto in modo da risultare
allineato con un altro pezzo dello stesso colore e con in mezzo uno
o più pezzi avversari (senza caselle vuote). In altre parole, un pezzo
deve sempre esser disposto in modo da far parte di una coppia di
pezzi amici disposti ai lati di un pezzo o di una catena di pezzi avver-
sari. I pezzi avversari che vengono a trovarsi tra pezzi amici sono
considerati catturati, ma invece di esser tolti di mezzo vengono girati,
(« reversed » in inglese) in modo da diventare pezzi amici. Subi-
scono, per così dire, il « lavaggio del cervello » in modo da passare
dalla parte dei catturatori. I pezzi rimangono fermi durante il gioco,
ma possono venir capovolti un qualsivoglia numero di volte.
3. Se la posa di un pezzo permette la cattura simultanea di più
catene di pezzi nemici, i pezzi di tutte le catene vengono capovolti.
4. I pezzi vengono catturati solo con la posa di un pezzo avver-
sario. Le catene che risultano chiuse da entrambi i lati in conseguenza
di altre cause non vengono catturati.
5. Se un giocatore non può muovere, perde il suo turno, e con-
tinua a perderlo finché non divenga possibile per lui una mossa legale.
6. Il gioco termina quando vengono riempiti tutti i 64 quadretti,
o quando nessun giocatore può più fare una mossa (sia perché non ha
mosse legali possibili o perché le sue pedine sono terminate). Il vin-
citore è la persona col maggior numero di pedine sulla scacchiera.
Due esempi chiariranno le regole: in fig. 28, il nero gioca solo
sulle caselle 43, 44, 45, 46. In ognuno di questi casi egli cat-
tura e capovolge un solo pezzo. In fig. 29, se il rosso gioca la casella
22 è portato a capovolgere sei pezzi: 21, 29, 36, 30, 38 e 46. Come
risultato la scacchiera che prima era per la maggior parte nera, im-
provvisamente diventa in maggioranza rossa. Drammatiche inversioni
di colore sono caratteristiche di questo insolito gioco e spesso è dif-
ficile dire chi ha il miglior gioco prima che siano fatte le ultime mosse.
Il giocatore col minor numero di pezzi spesso ha un forte vantaggio
di posizione.
Alcuni punti importanti per i principianti: se possibile, limitare
le prime mosse alle sedici caselle centrali e tentare di occupare spe-
64
GIOCHI DA SCACCHIERA

Fig. 29. Se il giocatore di reversi avente i pezzi colorati fa la mossa successiva,


può impadronirsi di sei pezzi.

cialmente le caselle 19, 22, 43 e 46. Il primo giocatore che viene


obbligato a uscire fuori di questa zona si trova di solito in svantaggio.
Fuori delle sedici caselle centrali, le migliori da occupare sono quelle
agli angoli della scacchiera. Per questa ragione non è opportuno gio-
care sulle caselle 10, 15, 50 e 55 perché ciò dà al vostro avversario
la possibilità di occupare le caselle d’angolo. Dopo quelle d’angolo,
le caselle migliori sono quelle distanti di una casella dagli angoli (3,
6, 17, 24, 41, 48, 59 e 62). Evitare di dare all’avversario la possibilità
di occupare queste caselle. Regole più profonde di strategia si pre-
senteranno a qualsiasi giocatore che superi lo stadio del principiante.
Non è stato pubblicato molto in fatto di analisi del « reversi »;
è difficile dire chi dei due giocatori parte in vantaggio, anche su una
65
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

scacchiera di appena quattro per quattro. Ecco un problema che a


qualche giocatore piacerà risolvere. È possibile che si verifichi un
gioco in cui il giocatore, prima della sua decima mossa, vinca to-
gliendo tutti i pezzi dell’avversario dalla scacchiera?
Due inglesi, Lewis Waterman e John W. Mollet, pretendono en-
trambi di essere il solo inventore del « reversi ». Ognuno dette al-
l’altro dell’imbroglione. Verso la fine del decennio 1880-90 quando
il gioco era enormemente popolare in Inghilterra, i due presunti in-
ventori scrissero e autorizzarono ditte rivali a fabbricare pezzi del
gioco. Prescindendo da chi lo inventò, il « reversi » è un gioco che
unisce la complessità della struttura con regole di deliziosa semplicità
ed è un gioco che non merita di esser dimenticato.

Appendice
Il gioco del « marajà » (che ho trovato in Board and Table Games
di R. C. Bell) può esser sempre vinto dal giocatore con i pezzi con-
venzionali se egli gioca con prudenza.
Richard A. Blue, Dennis A. Keen, William Knight e Wallace
Smith hanno tutti inviato delle strategie contro le quali il marajà
non può salvarsi, ma la più efficace condotta di gioco proviene da
William E. Rudge, già studente di fisica all’Università di Yale. Se
la strategia di Rudge è esente da difetti, come sembra, il marajà può
sempre essere preso in 25 mosse o meno.
La strategia è indipendente dalle mosse fatte da M (il marajà)
salvo tre possibili mosse. Sono elencate solo le mosse di attacco:
1. a2 − a4 2. a4 − a5 3. a5 − a6 4. a6 − a7
5. e2 − e3 6. Cg1 − h3 7. Ch3 − f4 8. Ag1 − d3
9. Arrocca 10. Dd1 − h5 11. Cb1 − c3 12. Ce3 − d5
13. Ta1 − a6 14. b2 − b4
M è ora obbligato a muoversi sulla sua prima o seconda riga
15. f2 − f3

Questa mossa viene fatta solo se M è in g2. La mossa forza M a


lasciare la diagonale che va da angolo ad angolo, permettendo la
mossa seguente:
16. AC1 − b2 17. Tf1 − a1 18. Ta6− e6 19. Ta1 − a6
20. Te6 − e7
66
GIOCHI DA SCACCHIERA

M è obbligato a ritirarsi sulla sua prima riga


21. Ta6 − e6 22. Ab2 − g7
Questa mossa è necessaria solo se M è in f o in g
23. c2 − c3
Questa mossa viene fatta solo se M è in g
24. Dh5 − e8
Il marajà può ora esser preso alla mossa successiva.
Le mosse da 1 a 4 possono esser scambiate con le mosse da 5 a
9, purché sia mantenuta la sequenza in ciascun gruppo. Questo scam-
bio può esser necessario se M blocca un pedone. Le mosse 15 e 22
sono mosse di stallo, richieste solo quando M è sulle caselle indi-
cate. La mossa 23 è richiesta solo se M deve esser forzato a portarsi
dal lato di regina della scacchiera.

Non molto si sa degli inizi storici del « reversi ». Sembra che


sia apparso per la prima volta a Londra nel 1870 col nome di « Gioco
dell’annessione », giocato su una scacchiera a forma di croce. Una
seconda versione, che usava la versione solita di scacchiera di otto per
otto caselle, venne chiamato « Annex, gioco delle inversioni ». Verso
il 1888 il nome era divenuto « reversi » e in Inghilterra il gioco era
diventato una mania. Degli articoli in materia apparvero in un gior-
nale londinese intitolato The Queen nella primavera del 1888. Più
tardi, la ditta londinese Jacques and Son, ne fabbricò una variante,
chiamata « reversi reale », che usava cubetti con lati diversamente
colorati. (Per una descrizione del « reversi reale » e un disegno della
scacchiera, si veda il volume The Book of Table Games del « Prof.
Hoffman » [Angelo Lewis], pp. 621-623).
Il « reversi » ed i giochi da esso derivati sono stati messi in ven-
dita in anni più recenti negli Stati Uniti, sotto svariati nomi. Nel
1938 Milton Bradley introdusse il « Camaleonte », una variante del
« reversi reale ». La Tryne Products ha riesumato il « reversi », verso
il 1960, sotto forma di un gioco chiamato « Il ritorno di fiamma di
Las Vegas ». L’« Exit », un gioco apparso in Inghilterra nel 1965,
è il « reversi » giocato su una scacchiera con caselle circolari. Un
coperchio circolare per ogni casella può esser girato per far divenire
la casella rossa, blu o bianca (neutrale), eliminando così il bisogno
di pezzi.

67
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Risposte
Può un giocatore di « reversi », vincere una partita in meno di
dieci mosse eliminando tutti i pezzi avversari? La risposta è sì. Nella
mia rubrica dello Scientific American ho dato quella che allora cre-
devo essere la partita più breve di « reversi » (corrispondente allo
« scacco del barbiere » degli scacchi), con la vittoria del primo gio-
catore all’ottava mossa. (Avevo trovato la partita in un vecchio libro
sul « reversi »). Ma due lettori hanno scoperto partite più brevi.
D. H. Peregrine di Oxford ha inviato la seguente partita in sei
mosse:

primo giocatore: 28, 36, 38, 54, 34, 20


secondo giocatore: 29, 37, 45, 35, 27

e John Petersen, di Menlo Park, in California, ha inviato questa


altra partita vincente in sei mosse, leggermente diversa:

primo giocatore: 36, 37, 21, 39, 35, 53


secondo giocatore: 28, 29, 30, 44, 45

68
7
QUANTE SFERE
ENTRANO IN UNA SCATOLA
Delle sfere di una stessa dimensione possono essere ammuc-
chiate e impacchettate in molti modi diversi, alcuni dei quali hanno
delle attraenti caratteristiche di passatempo. Queste caratteristiche
possono esser capite senza l’aiuto di modelli, ma se il lettore può
procurarsi una trentina o più di sferette, troverà un eccellente aiuto
alla comprensione. Le palline da tennis da tavolo sono forse le più
adatte allo scopo; possono esser ricoperte di adesivo, che viene la-
sciato seccare, e poi incollate l’una all’altra in modo da formare mo-
delli rigidi.
Facciamo una breve premessa bidimensionale. Se sistemiamo le
sfere in formazione quadrata (fig. 30, a destra) il numero di palline
interessate è, naturalmente, un numero quadrato. Se formiamo un
triangolo (fig. 30, a sinistra) il numero delle palline è un numero
triangolare. Questi sono i più semplici esempi di quelli che gli an-
tichi chiamavano « numeri figurati ». Essi furono studiati a fondo
dagli antichi matematici (un trattato su di essi fu scritto da Blaise
Pascal) e sebbene oggi si conceda loro poca attenzione, forniscono
ancora dei concetti intuitivi in molti aspetti della teoria elementare
dei numeri.
Per esempio, basta uno sguardo alla fig. 30, a sinistra, per vedere
che la somma di un qualsiasi numero di interi positivi consecutivi,

Fig. 30. La base dei numeri triangolari (a sinistra) e dei numeri quadrati (a destra).

69
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

cominciando da 1, è un numero triangolare. Mentre dalla figura 30,


a destra, si vede che i numeri quadrati sono formati dalla somma di
interi dispari consecutivi, a cominciare da 1. La fig. 31 rende imme-
diatamente evidente un interessante teorema noto agli antichi pita-
gorici: ogni numero quadrato è la somma di due numeri triangolari
consecutivi. La prova algebrica è semplice. Un numero triangolare
col lato di n unità è la somma di 1 + 2 + 3 + ... + n e può essere
espressa dalla formula ( 1/2)n(n + 1). Il numero triangolare preceden-
te ha la formula (1/2)n(n − 1). Sommando le due formule e semplifi-
cando il risultato è n2. Vi sono numeri che sono contemporaneamente
quadrati e triangolari? Sì, e sono infiniti. Il più piccolo (senza contare
1’1 che appartiene a qualsiasi serie figurata) è 36; poi la serie conti-
nua: 1225, 41616, 1413721, 48024900 ... Non è tanto facile trovare
una formula per l’ennesimo termine della serie.
Gli analoghi tridimensionali dei numeri figurati piani si otten-
gono ammucchiando le sfere in piramidi. Le piramidi a tre facce
laterali, con base e facce formate da triangoli equilateri, rappre-
sentano dei modelli di quelli che sono chiamati numeri tetraedrici.
Essi formano la serie 1, 4, 10, 20, 35, 56, 84, ... e possono essere rap-
presentati dalla formula (1/6)n(n + 1)(n + 2), in cui n è il numero
di palline lungo uno spigolo. Le piramidi a base quadrata con quattro
facce laterali costituite da triangoli equilateri (per esempio, la metà
di un ottaedro regolare), rappresentano i numeri piramidali (quadrati)

Fig. 31. I numeri triangolari e i numeri quadrati sono in relazione fra loro.
70
QUANTE SFERE ENTRANO IN UNA SCATOLA

1, 5, 14, 30, 55, 91, 140 ... aventi la formula (1/6)n(n+l)(2n+1).


Esattamente come un quadrato può esser diviso da una retta in due
triangoli consecutivi, così una piramide quadrata può esser divisa
mediante un piano in due piramidi tetraedriche consecutive. (Se si
costruisce un modello di numero piramidale, si deve evitare che le
palline dello strato inferiore ruzzolino da tutti i lati. Ciò si può otte-
nere sistemando dei righelli di legno o altre strisce del genere lungo
i lati).
Molti vecchi giochi sfruttano le proprietà di questi due tipi di
numeri piramidali. Per esempio, qual è il minor numero di palle da
cannone che possono essere prima disposte in quadrato sul terreno e
poi usate per erigere un monumento che abbia la forma di una pira-
mide a base quadrata? Il lato sorprendente della risposta (4900) è
che essa è l’unica possibile. (La dimostrazione è difficile ed è stata
ottenuta solo nel 1918). Un altro esempio: un fruttivendolo presenta
degli aranci disposti in due piramidi tetraedriche. Riunendo gli aranci
delle due piramidi riesce ad ottenere una piramide tetraedrica più
grande. Qual è il numero minimo di aranci occorrenti? Se le due
piramidi piccole sono della stessa grandezza, la risposta unica è 20.
Se sono di dimensioni diverse, qual è la risposta?
Immaginiamo ora di avere una cassa molto grande, diciamo un
imballaggio per un pianoforte, che vogliamo riempire col maggior
numero possibile di palle da golf. Quale metodo dobbiamo usare?
Formiamo dapprima uno strato disposto come mostrato dai cerchi
chiari con le circonferenze sottili in fig. 32. Il secondo strato è forma-
to disponendo le palle nei vuoti alternati indicati dai cerchi tratteg-
giati a bordi più scuri. Nel fare il terzo strato possiamo scegliere fra
due procedimenti:
1. Disporre ogni palla in un vuoto A direttamente sopra una
palla del primo strato. Continuando in questo modo, disponendo le
palle di ogni strato direttamente al di sopra di quelle del penultimo
precedente, produciamo una disposizione chiamata impacchettamento
stretto esagonale.
2. Disporre ogni palla in un vuoto B, direttamente al di sopra di
un vuoto del primo strato. Il risultato che si ottiene seguendo que-
sto procedimento per ogni strato (ogni palla risulta direttamente al
di sopra di una palla del terzo strato sottostante), è conosciuto come
impacchettamento stretto cubico. Sia la piramide quadrata che quella
tetraedrica hanno una struttura di impacchettamento di questo tipo
71
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 32. Nell’impacchettamento stretto esagonale, le palle vanno nei vuoti con-
trassegnati A; in quello cubico, nei vuoti contrassegnati B.

sebbene in una piramide quadrata gli strati corrano paralleli alle


facce piuttosto che alla base.
Nel formare gli strati di un impacchettamento stretto possiamo
passare a piacere dal tipo esagonale a quello cubico e viceversa in
modo da produrre varie forme ibride di impacchettamento stretto.
In tutte queste forme − cubica, esagonale e ibrida − ogni palla ne
tocca altre dodici circostanti e la densità dell’impacchettamento (rap-
porto del volume delle sfere allo spazio totale è π 18 = 0,74048,
ossia circa il 75%).
È questa la maggiore densità ottenibile? Non si conosce un altro
impacchettamento più denso; ma in un articolo pubblicato nel 1958
(sul rapporto fra impacchettamento stretto e schiume) H. S. M. Coxe-
ter, dell’Università di Toronto, ha dato il sorprendente suggerimento
che forse non è stato ancora trovato il tipo di impacchettamento più
denso. È vero che non possono esser disposte più di dodici palle
in modo che tutte tocchino una sfera centrale, ma una tredicesima
potrebbe quasi essere aggiunta. Il forte margine che in questo caso
rimane nella spaziatura delle dodici palle, in contrasto con l’assenza di
margine nella disposizione stretta dei cerchi su un piano, suggerisce
che potrebbe esservi qualche forma di impacchettamento irregolare
72
QUANTE SFERE ENTRANO IN UNA SCATOLA

con densità maggiore di 0,74. Nessuno ha ancora dimostrato che non


è possibile alcun impacchettamento più denso e neppure che sono
necessari dodici punti di contatto per ogni sfera per ottenere l’im-
pacchettamento più stretto. In conseguenza dell’ipotesi di Coxeter,
George D. Scott, dell’Università di Toronto, ha fatto di recente
alcuni esperimenti di impacchettamento a caso versando un gran
numero di sfere di acciaio in recipienti sferici, e poi pesandoli per
ottenerne la densità. Egli ha trovato che gli impacchettamenti casuali
stabili avevano una densità variante da circa 0,59 a 0,68. Sicché
se deve esserci un impacchettamento più denso di 0,74, esso deve
esser accuratamente costruito su uno schema non ancora pensato.
Ammettendo che l’impacchettamento stretto sia il migliore, i
lettori vorranno provare la loro abilità di impacchettatori con questo
piccolo problema eccezionalmente difficoltoso. L’interno di una sca-
tola rettangolare ha 10 cm di lato e una profondità di 5. Qual è il
massimo numero di sfere da l cm di diametro che possono essere
impacchettate in questo spazio?
Se dei cerchi disposti a stretto contatto su un piano si espan-
dono uniformemente sino a riempire gli spazi esistenti fra di loro,
il risultato è la nota disposizione a piastrelle esagonali dei pavi-
menti dei bagni. (Ciò spiega perché la disposizione è così comune
in natura: il favo delle api. un gruppo di bolle fra due superfici piane
quasi a contatto, i pigmenti sulla retina, la superficie di certe diatomee
e così via). Cosa avviene quando delle sfere impacchettate
strettamente si espandono uniformemente in un recipiente chiuso,
o sono soggette ad una pressione uniforme dal di fuori? Ogni sfera
diviene un poliedro che ha le facce corrispondenti ai piani tangenti
nei punti di contatto con le altre sfere. L’impacchettamento stretto
cubico trasforma ogni sfera in un dodecaedro rombico (fig. 33, in
alto), i cui dodici lati sono rombi congruenti. L’impacchettamento
stretto esagonale cambia ogni sfera in un dodecaedro trapezo-rom-
bico (fig. 33, in basso), sei facce del quale sono rombiche e sei tra-
pezoidali. Se questa figura viene tagliata a metà lungo il piano cen-
trale e una metà ruotata di 60 gradi, diviene un dodecaedro rombico.
Nel 1727 il fisiologo inglese Stephen Hales scrisse nel suo libro
Vegetable Staticks che aveva versato dei piselli freschi in un vasetto
comprimendoli e che ne aveva ottenuto « dei dodecaedri perfetta-
mente regolari ». L’esperimento divenne noto come « i piselli di
Buffon » (perché in seguito il Conte di Buffon scrisse su un espe-
73
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 33. Le sfere impacchettate si trasformano in dodecaedri.

rimento simile) e molti biologi lo accettarono senza discutere sin-


ché Edwin B. Matzke, un botanico della Columbia University, lo
ripeté. Date le dimensioni e forme irregolari dei piselli, la loro disu-
niforme consistenza e l’impacchettamento a caso che si ottiene
quando i piselli vengono versati in un contenitore, le forme dei pi-
selli dopo la compressione sono troppo distribuite a caso per essere
identificabili. In altri esperimenti, su cui riferì nel 1939, Matzke
74
QUANTE SFERE ENTRANO IN UNA SCATOLA

compresse dei pallini di piombo e trovò che se le sfere erano state


impacchettate con disposizione cubica stretta, si formavano dode-
caedri rombici; ma se venivano impacchettate a caso, predomina-
vano corpi irregolari a quattordici facce. Matzke ha messo in evi-
denza che questi risultati hanno importanti conseguenze sullo studio
di strutture quali le sostanze schiumose e le cellule viventi dei tes-
suti indifferenziati.
Il problema dell’impacchettamento più stretto suggerisce il pro-
blema opposto: qual è l’impacchettamento più lasco, cioè quale
struttura rigida ha la minore densità possibile? Perché la struttura
sia rigida, ogni sfera deve toccarne almeno quattro altre e i punti
di contatto non devono essere tutti su un emisfero o tutti su un
cerchio massimo della sfera. Nel suo volume Geometry an the Ima-
gination pubblicato per la prima volta in Germania nel 1932, David
Hilbert descrive quello che era ritenuto l’impacchettamento più
lasco: una struttura con una densità di 0,123. Nell’anno seguente,
però, due matematici olandesi, Heinrich Heesch e Fritz Laves, pub-
blicarono i dettagli di un impacchettamento molto più lasco con una
densità di solo 0,0555 (fig. 34). Se vi siano impacchettamenti ancora
più laschi è un altro difficile problema che, come quello del più
stretto. rimane indeciso.

Appendice
La risposta unica di 4900 per il numero di palline che formano
sia un quadrato che una piramide a base quadrata è stata dimostrata
da G. N. Watson in Messenger of Mathematics, nuova serie, vol. 48,
1918, pp. 1-22. Questo fatto era stato intuito sin dal 1875 dal ma-
tematico francese Edouard Lucas. Henry Ernest Dudeney fa la
stessa valutazione nella sua risposta al problema 138 di Amusements
in Mathematics, 1917.
Vi è una vasta letteratura sui numeri che sono sia triangolari che
quadrati. I punti principali sono citati in una nota editoriale al
problema E 1473, in American Mathematical Monthly, febbraio
1962, p. 169 e viene data la seguente formula per l’ennesimo nu-
mero triangolare quadrato:

(17 + 12 2 ) + (17 − 12 2 ) − 2
n n

32
75
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 34. L’impacchettamento sciolto di Heesch e Laves. Le sfere grandi sono


dapprima impacchettate come mostrato a sinistra, poi ogni sfera viene sostituita
da tre sfere più piccole in modo da ottenere l’impacchettamento mostrato a destra.
Questo ha una densità di 0,055 ...

La questione dell’impacchettamento regolare di sfere più denso


possibile è stato risolto per tutti gli spazi sino all’ottava dimensione
(si veda Proceedings of Symposia in Pure Mathematics, vol. 7, della
American Mathematical Society, 1963, pp. 53-71). Nello spazio a tre
dimensioni, la risposta al problema sono gli impacchettamenti stretti
regolari già descritti, che hanno una densità di 0,74 ... Ma, come nota
Constance Reid nel suo volume Introduction to Higher Mathematics,
1959, quando viene considerato lo spazio a 9 dimensioni, il pro-
blema prende una di quelle misteriose svolte improvvise che avven-
gono spesso nelle geometrie degli spazi euclidei superiori. Per
quanto ne so, ancora nessuno è riuscito a trovare come impacchet-
tare regolarmente delle ipersfere nello spazio a 9 dimensioni.
Lo spazio a nove dimensioni è anche la svolta per il problema
collegato di quante sfere congruenti possono esser portate a contatto
di un’altra sfera della stessa dimensione. Solo nel 1953 K. Schutte
e B. L. van der Waerden (in Das Problem der dreizehn Kugeln,
Math. Ann., vol. 125, 1953, pp. 325-334) dimostrarono, per la
76
QUANTE SFERE ENTRANO IN UNA SCATOLA

prima volta, che la risposta per lo spazio a tre dimensioni è 12. (Per
una dimostrazione successiva, si veda « The Problem of the 13
spheres di John Leech (in Mathematical Gazette, vol. 40, n. 331,
febbraio 1956, pp. 22-23). Il corrispondente problema sul piano ha
la ovvia risposta di 6 (non più di sei monete possono essere disposte
a toccare un’altra moneta uguale) e se pensiamo ad una retta come
ad una « sfera » degenere, la risposta per uno spazio monodimen-
sionale è 2. In quattro dimensioni è stato dimostrato che 24 ipersfere
possono toccare una venticinquesima e per gli spazi a 5, 6, 7 ed 8
dimensioni, si sa che il numero massimo di ipersfere è rispettiva-
mente 40, 72, 126, e 240. Ma nello spazio a 9 dimensioni, il pro-
blema rimane insoluto.

Risposte
Il più piccolo numero di aranci che possono formare sia due pi-
ramidi tetraedriche di dimensioni differenti che una piramide tetrae-
drica più grande è di 680. Questo è un numero tetraedrico che può
esser diviso in due numeri tetraedrici più piccoli: 120 e 560. Gli
spigoli delle tre piramidi sono 8, 14 e 15.

Una scatola di 10 cm di lato e 5 di altezza può esser riempita di


palline di acciaio da 1 cm strettamente impacchettate in una sorpren-
dente varietà di modi, ognuno con possibilità di sistemare un nu-
mero diverso di palline. Il numero massimo, 594, si ottiene così:
si gira la scatola sul fianco e si forma il primo strato con righe di
cinque e quattro palline alternate. È possibile formare undici righe
(sei righe da cinque e cinque da quattro palline ciascuna), compren-
denti 50 palline e con uno spazio libero tra loro di non più di 0,3
cm. Il secondo strato prenderà anche 11 righe alternate di quattro e
cinque palline ciascuna, ma stavolta lo strato comincia e finisce con
righe di quattro palline, in modo che il numero delle palline nello
strato è solo di 49. (L’ultima riga di quattro palline si proietta di
0,28 ... cm oltre il margine del primo strato, ma siccome questa quan-
tità è inferiore a 0,3 , ci rientra). Nella scatola possono esser siste-
mati dodici strati (con una altezza totale di 9,98 ... cm), alternando
strati di 50 palline con strati di 49, sino a fare un totale di 594
palline.

77
8
IL NUMERO TRASCENDENTE π
La faccia di era mascherata e si capiva che nes-
suno avrebbe potuto vederla e restare vivo. Ma
dalla maschera usciva uno sguardo penetrante, ine-
sorabile, freddo ed enigmatico.
Bertrand Russel: « L’incubo del matematico »
da Gli incubi delle persone eminenti

Il rapporto fra diametro e circonferenza di un cerchio, simboliz-


zato dalla lettera greca π, spunta fuori in ogni sorta di situazioni che
non hanno a che fare con i cerchi. Il matematico inglese Augustus
de Morgan descrisse una volta π come « questo misterioso 3,14159 ...
che entra da ogni porta e finestra e scende da ogni camino ». Per
dare un esempio, se due numeri vengono scelti a caso da un insieme
di numeri positivi, qual è la probabilità che non abbiano divisori
comuni? La sorprendente risposta è 6/π2. Tuttavia è la sua relazione
col cerchio, che ha reso π il membro più familiare della classe degli
infiniti numeri trascendenti.
Cos’è un numero trascendente? Esso viene definito come un ir-
razionale che non sia radice di un’equazione algebrica a coefficienti
razionali. La radice quadrata di due è irrazionale ma è un « irrazio-
nale algebrico » perché è radice dell’equazione x2=2.
π non può essere espresso come radice di un’equazione del ge-
nere ma unicamente come limite di un qualche tipo di processo
infinito. La forma decimale di π, come quella di tutti i numeri irra-
zionali è infinita e non periodica.
Nessuna frazione con interi sopra e sorto la linea può essere
esattamente uguale a π, ma vi sono molte frazioni semplici che gli
arrivano straordinariamente vicine. La più notevole fu riportata nel
V secolo d.C. da Tsu Ch’ung-Chih, un famoso astronomo cinese, e
non fu scoperta in Occidente che 1000 anni dopo. Possiamo ottenere
questa frazione mediante una specie di funambolismo numerologico.
Scriviamo due volte i primi tre numeri interi dispari: 1, 1, 3, 3, 5, 5;
poi disponiamo gli ultimi tre sopra i primi tre ottenendo la frazione
355/ 11 3. Non ci si crederebbe, ma questa frazione dà π esatto alle
prime sei cifre decimali. Vi sono anche radici che approssimano π.
La radice quadrata di 10 (3,162 ...) fu molto usata per π nei tempi
78
IL NUMERO TRASCENDENTE π

antichi, ma la radice cubica di 31 (3,1413 ... ) è molto più approssi-


mata. (Ancora della numerologia: 31 è formato dalle prime due cifre
di π). Un cubo del volume di 31 cm3 ha uno spigolo che differisce
da π di meno di un millesimo di cm. La somma della radice qua-
drata di due e della radice quadrata di 3 è 3,146 ..., anch’essa dà una
discreta approssimazione di π.
I primi tentativi per trovare un valore di π furono strettamente
collegati con i tentativi di risolvere il classico problema della quadra-
tura del cerchio. È possibile costruire un quadrato, usando solo riga e
compasso, che abbia esattamente un’area uguale all’area di un cer-
chio dato? Se π potesse essere espresso come frazione razionale o
come radice di un’equazione di primo o secondo grado, allora sarebbe
possibile, con riga e compasso, costruire un segmento di retta esat-
tamente uguale alla circonferenza di un cerchio. Ne seguirebbe im-
mediatamente la quadratura del cerchio. Avremmo solo da costruire
un rettangolo con un lato uguale al raggio del cerchio e l’altro uguale
a mezza circonferenza. Questo rettangolo avrebbe un’area uguale a
quella del cerchio e vi sono dei semplici procedimenti per trasfor-
mare un rettangolo in un quadrato di uguale area. Inversamente, se
il cerchio potesse esser quadrato, esisterebbe un metodo per co-
struire un segmento di lunghezza esattamente eguale a π. Però vi
sono dimostrazioni incontrovertibili che π è trascendente e che non si
possono costruire con riga e compasso segmenti di lunghezza uguale
ad un numero trascendente.
Vi sono centinaia di costruzioni approssimate di π, fra le quali
una delle più accurate è basata sulla frazione dell’astronomo cinese
che abbiamo ricordato.
In un quadrante di raggio unitario si tracciano le linee mostrate
in fig. 35 in modo che bc sia i 7/8 del raggio, dg è 1/2, de parallelo
a ac e df parallelo a be. Si dimostra facilmente che la distanza fg è
16/113 ossia 0,1415929 ... Dato che 355/113 è uguale a 3 + 16/113,
si tracci una linea uguale a tre volte il raggio, prolunghiamola della
distanza fg e abbiamo un segmento che differisce da π per meno di un
milionesimo di unità.
I quadratori del cerchio che hanno creduto di aver scoperto un
valore esatto di π sono legioni, ma nessuno ha superato il filosofo
inglese Thomas Hobbes nell’unire l’altezza dell’ingegno alla profon-
dità dell’ignoranza Agli inglesi colti dei tempi di Hobbes non veniva
insegnata la matematica e fu solo a 40 anni che egli poté dare
79
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 35. Come costruire un segmento rettilineo la cui lunghezza differisce da


π meno di 0,0000003.

un’occhiata all’opera di Euclide. Quando lesse un enunciato del teo-


rema di Pitagora dapprima esclamò: « Dio mio, questo è impossibi-
le! ». Poi rifece la dimostrazione all’inverso sinché si convinse che
era così. Per il resto della sua lunga vita Hobbes seguì la geometria
con tutto l’ardore di un innamorato. « La geometria ha in sé qual-
cosa di inebriante », scrisse in seguito e si dice che fosse solito, in
mancanza di superfici più idonee, disegnare figure geometriche sui
pantaloni e sulle lenzuola. Se Hobbes si fosse accontentato di restare
un matematico dilettante, i suoi ultimi anni sarebbero stati più tran-
quilli, ma la sua notevole presunzione lo condusse a ritenersi capace
di grandi scoperte matematiche. Nel 1655, all’età di 67 anni, pub-
blicò un libro in latino intitolato De Corpore che conteneva un in-
gegnoso metodo per quadrare il cerchio. Il metodo dava un’eccellente
approssimazione, ma Hobbes credette che fosse esatto. John Wallis,

80
IL NUMERO TRASCENDENTE π

un eminente matematico e crittografo inglese, mise in chiaro in un


libello gli errori di Hobbes e così cominciò uno dei più lunghi,
sciocchi e inutili duelli verbali che abbiano mai impegnato due menti
brillanti. Esso durò quasi un quarto di secolo, con scritti pieni di sar-
casmo e della graffiante acrimonia dei due contendenti. Wallis prose-
guì il duello in parte per suo divertimento, ma principalmente perché
era un modo di far apparire Hobbes ridicolo e mettere così in dubbio
le sue opinioni politiche e religiose, che Wallis detestava.
Hobbes rispose al primo attacco di Wallis ristampando il suo li-
bro in inglese con una aggiunta intitolata Sei lezioni ai professori
di matematica... (Confido che il lettore mi scuserà se abbrevio gli
interminabili titoli del XVII secolo). Wallis rispose con Doverose
correzioni in Disciplina scolastica al Sig. Hobbes per non aver espo-
sto correttamente le sue lezioni. Hobbes controbatté con Note sulla
geometria assurda, sul linguaggio contadino, sulla politica della Chiesa
scozzese e sul barbarismo di John Wallis; Wallis reagì con Hobbiani
puncti dispunctio! ossia Spuntamento del punto di vista hobbesiano!
Dopo svariati libelli (nel frattempo Hobbes aveva pubblicato anoni-
mamente a Parigi un assurdo metodo di duplicazione del cubo)
Hobbes scrisse: « O sono pazzo soltanto io, o essi (i professori di
matematica) sono tutti fuori di senno: sicché non può esserci una
terza opinione, a meno che qualcuno non voglia dire che siamo
tutti matti ».
« Non c’è bisogno di contraddirlo », fu la risposta di Wallis.
« Perché se è matto, non c’è da pensare che possa esser convinto con
la ragione; d’altra parte se fossimo matti noi, non saremmo in con-
dizione di tentarlo ».
La battaglia continuò, con momentanei periodi di tregua, sino
alla morte di Hobbes all’età di 91 anni. « Il Sig. Hobbes è sempre
stato lungi dal provocare qualcuno », scrisse Hobbes in uno dei suoi
ultimi attacchi a Wallis (in effetti, nelle relazioni sociali Hobbes era
estremamente timido), « sebbene, quando viene provocato, possiate
trovare che la sua penna è altrettanto tagliente quanto la vostra.
Tutto ciò che avete detto è sbagliato e insolente; cioè è vento maleo-
dorante come quello che la giada emette quando viene legata troppo
stretta sullo stomaco pieno. Io Vi ho preso in considerazione sinora,
ma non lo farò più ... »
Non è il caso di entrare nei dettagli circa la strana « incapacità »
di Hobbes, come la enunciò Wallis, « di tollerare l’insegnamento di
81
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

ciò che non sa ». In complesso Hobbes pubblicò una dozzina di me-


todi diversi per la quadratura del cerchio. Il suo primo, ed uno dei
migliori, è mostrato in fig. 36. In un quadrato unitario, si tracciano
gli archi ac e bd. Questi sono quadranti di archi di cerchio con rag-
gio unitario. Si bisechi l’arco bf in q. Si tracci la linea rq parallela
al lato del quadrato e la si prolunghi in modo che qs sia uguale ad
rq. Si tracci poi la linea fs, sino a farle incontrare il lato del quadrato
in t. bt, asseriva Hobbes, è esattamente eguale all’arco bf. Dato che
bf è 1/12 della circonferenza del cerchio di raggio unitario, π è sei
volte la lunghezza di bt. Ciò dà per π il valore di 3,1419.
Una delle maggiori difficoltà del filosofo fu la sua incapacità di
credere che punti, linee e superfici potessero essere considerate in
astratto come aventi meno di tre dimensioni. « Sembra che sia sceso
nella tomba », scriveva Isaac Disraeli nel suo Quarrels of Authors
« con la ferma convinzione, a dispetto di tutti i ragionamenti dei geo-
metri di questa opinione, che le sue superfici avessero sia estensione

Fig. 36. Il primo metodo di Hobbes per la quadratura del cerchio.

82
IL NUMERO TRASCENDENTE π

Frontespizio del libro di Hobbes in cui era descritto un metodo di quadratura del
cerchio.
83
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

che spessore ». Hobbes è un caso classico di uomo di genio che si


avventura in un ramo della scienza per cui è mal preparato e dis-
sipa le sue grandi energie in sciocchezze pseudo-scientifiche.
Sebbene il cerchio non possa esser quadrato, le figure delimitate
da archi circolari spesso possono esserlo; questo fatto di frequente
suscita false speranze in molti quadratori del cerchio. Un esempio
interessante è mostrato in fig. 37. La parte inferiore di questo vaso
è tre quarti della circonferenza di un cerchio con diametro, diciamo,
di dieci cm. La metà superiore è delimitata da tre quadranti di cer-
chio della stessa dimensione. Quanto ci mette il lettore a dare la
lunghezza esatta, all’ultimo decimale, del lato di un quadrato che ha
la stessa superficie di questa figura?
Parenti stretti dei quadratori del cerchio sono stati i calcolatori
di π; uomini che hanno dedicato anni al calcolo manuale dei deci-
mali di n oltre quelli precedentemente calcolati. Ciò può esser fatto,
naturalmente, usando una qualsiasi espressione che converga verso π.
Lo stesso Wallis scoprì una delle espressioni più semplici:

⎛2 2 4 4 6 6 8 8 ⎞
π = 2⎜ × × × × × × × . . .⎟
⎝1 3 3 5 5 7 7 9 ⎠

I numeratori di queste frazioni sono numeri pari in successione,


presi a coppie. (Notare la fortuita rassomiglianza dei primi cinque
denominatori con le cifre della frazione dell’astronomo cinese!). Al-
cuni decenni più tardi il filosofo tedesco Gottfried Wilhelm von
Leibnitz trovò un’altra bellissima formula:

⎛1 1 1 1 1 ⎞
π = 4⎜ − + − + . . .⎟
⎝ 1 3 5 7 9 ⎠

Il più instancabile dei calcolatori di π fu il matematico inglese


William Shanks. Per 20 anni continuò a calcolare π sino ad arrivare
a 707 decimali. Ahimè, il povero Shanks fece un errore alla 528a ci-
fra decimale e tutte le rimanenti vennero errate. (Ciò non fu scoperto
sino al 1945, sicché le 707 cifre decimali di Shanks si trovano ancora
in molti libri correnti). Nel 1949 il calcolatore elettronico Eniac
venne usato per 70 ore di macchina per calcolare π con oltre 2000
84
IL NUMERO TRASCENDENTE π

Fig. 37. Quante unità quadrate contiene questa figura?

decimali; in seguito un altro calcolatore lo portò a oltre 3000 deci-


mali in 13 minuti. Nel 1959, un elaboratore elettronico in Inghil-
terra e un altro in Francia avevano calcolato π con 10000 decimali.
Uno dei più strani aspetti dei 707 decimali di Shanks era il fatto
che essi sembravano snobbare il numero 7. Ogni cifra compariva
85
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

circa 70 volte nelle prime 700 cifre, proprio come doveva, salvo
il 7 che compariva appena 51 volte. « Se i ‘ ciclo metrici ’ e gli ‘ apo-
calittici ’ volessero riunire i loro cervelli », scrisse De Morgan, « allo
scopo di giungere ad un verdetto unanime su questo fenomeno, e
volessero non pubblicare niente finché non fossero tutti della stessa
opinione, si guadagnerebbero la gratitudine della razza a cui appar-
tengono ». Mi affretto ad aggiungere che il corretto valore di π sino
a 700 cifre ha reintegrato i 7 mancanti. La scuola intuizionista di
matematica, secondo la quale non si può dire di un enunciato che sia
« vero o falso » a meno che non sussista un modo conosciuto per
poterlo verificare e negare, ha sempre usato come esempio tipico
l’asserzione: « Vi sono tre 7 consecutivi in π ». Questo asserto deve
ora esser cambiato in « Vi sono cinque 7 consecutivi in π ». Le nuove
cifre di π presentano non solo il numero previsto di tripletti per
ogni cifra, ma anche diverse serie di 7777 (e una imprevista di
999999).
Sino ad ora π ha superato tutte le prove statistiche di distribu-
zione casuale. Questo fatto è sconcertante per coloro che pensano
che una curva così semplice e bella come il cerchio dovrebbe avere
un rapporto meno disordinato fra contorno e attraversamento (circon-
ferenza e diametro), ma la maggior parte dei matematici pensano che
nessuno schema o ordinamento sarà mai trovato nell’espressione
decimale di π. Naturalmente le cifre non sono a caso in senso rife-
rito alla rappresentazione di π e in questo senso non lo sono nep-
pure il milione di cifre pubblicate dalla Rand Corporation. Anche
queste rappresentano un numero specifico e intero per giunta.
Se è vero che le cifre di π sono casuali, può darsi che sia giusti-
ficato l’enunciato di un paradosso in qualche modo simile all’asser-
zione che un gruppo di scimmie, pestando sufficientemente a lungo
su delle macchine da scrivere, potrebbe alla fine battere tutte le
opere di Shakespeare. Stephen Barr ha messo in evidenza che se non
si mette limite alla precisione con cui due sbarre possono essere co-
struite e misurate, allora queste due sbarre, senza alcuna graduazione
incisa, possono comunicare una quantità di informazioni pari a tutta
l’Enciclopedia Britannica. Una sbarra viene presa come unità. L’al-
tra differisce dall’unità per una frazione esprimibile con un numero
decimale lunghissimo. Questo decimale può codificare l’Enciclopedia
Britannica col semplice processo di assegnare un differente numero
(escludendo lo zero come cifra nel numero) ad ogni parola e segno
86
IL NUMERO TRASCENDENTE π

di interpunzione del linguaggio. Lo zero viene usato per separare i


numeri di codice. È ovvio che l’intera Enciclopedia Britannica può
in tal modo esser codificata in un solo numero. anche se inconce-
pibilmente lungo. Mettendo davanti a questo numero una virgola e
aggiungendo 1, si ha la lunghezza della seconda sbarra di Barr.
Dove compare π? Ecco, se le cifre di π sono realmente distribuite
a caso, allora da qualche parte in questa infinita ciambella deve
esservi una fetta che contiene l’Enciclopedia Britannica; o, da questo
punto di vista, qualsiasi libro scritto, da scrivere o che potrebbe esser
scritto.

Appendice
Il 20 luglio 1961, un anno prima che la precedente parte del ca-
pitolo apparisse sullo Scientific American, π è stato calcolato sino a
100265 cifre decimali con un complesso IBM 70900 presso il Cen-
tro Dati IBM di New York. Il lavoro è stato fatto da Daniel Shanks
(nessuna relazione con William Shanks; giusto un’altra di quelle
strane coincidenze che perseguitano la storia di π) e John W. Wrench.
Il tempo di macchina è stato di otto ore e un minuto. più altri
42 minuti per trasformare il risultato binario in decimale. Calcolare
π con alcune migliaia di decimali è ora un comune artificio di prova
per un calcolatore nuovo o per l’addestramento dei nuovi program-
matori. « Il misterioso e meraviglioso π », scrive Philip J. Davis nel
suo libro The Lore Of Large Numbers, « è ridotto ad un gargarismo
che aiuta le macchine calcolatrici a schiarirsi la voce ».
Fra non molto probabilmente π sarà conosciuto con un milione
di decimali. Come anticipo, il Dr. Matrix, il famoso numerologo,
mi ha inviato una lettera chiedendomi di prender nota della sua pre-
dizione che la milionesima. cifra di π sarà un 5. Il suo calcolo è
basato sul terzo libro della Bibbia del Re Giacomo, cap. 14, versetto
16 (esso menziona il numero 7 e la settima parola ha cinque lettere),
combinato con alcuni calcoli coinvolgenti la costante di Eulero ed
il numero trascendente e.
Norman Gridgeman. di Ottawa, ha scritto per segnalare che le
sbarre di Barr possono esser ridotte ad una sola con un segno su di
essa. Il segno la divide in due parti il cui rapporto codifica l’Enci-
clopedia Britannica nel modo già descritto.
87
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 38. Come « quadrare » il vaso.

88
IL NUMERO TRASCENDENTE π

Risposte
È stato suggerito che il lettore dia il lato del quadrato di area
uguale alla figura a forma di vaso di fig. 38, delimitata da archi di
cerchio con diametro di 10 cm. Anche la risposta è 10 cm. Se trac-
ciamo i quadrati tratteggiati mostrati nell’illustrazione, è ovvio che
le parti A, B, C entrano negli spazi A', B', C' in modo da formare
due quadrati dall’area totale di 100 cm2. La fig. 39 mostra come il
vaso può esser « quadrato » tagliando in un minimo di tre parti che
formano un quadrato da 10 cm.

Fig. 39. Trasformazione in tre parti dal vaso al quadrato

89
9
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO
Luzhin non ebbe difficoltà ad imparare diversi
trucchi di carte ... Egli trovava nell’abile e preciso
modo di far riuscire il trucco un misterioso piacere,
una vaga promessa di delizie ancora inesplorate ...
Vladimir Nabokov, La difesa

Un crescente numero di prestigiatori dilettanti con tendenze ma-


tematiche ha rivolto in tempi recenti l’attenzione alla « matemagica »,
cioè a quei giochi con dei trucchi che dipendono strettamente da
princìpi matematici. I « maghi » di professione rifuggono da trucchi
del genere perché sono troppo cerebrali e noiosi per la maggior
parte delle platee, ma come giochi da salotto, se presentati più con
lo spirito di indovinelli che di imprese di magia, possono essere inte-
ressanti e divertenti. Il mio amico Victor Eigen, un ingegnere elet-
tronico già presidente della « Fratellanza dei Detentori Americani
della Bacchetta Magica », fa di tutto per tenersi informato sugli ul-
timi sviluppi in questo curioso campo. Nella speranza di trovare un
po’ di materiale insolito per questa rubrica, sono andato a fargli una
visita.
Mi aprì l’ingresso principale Victor − un uomo grassoccio, dai
capelli grigi sui cinquantacinque anni con divertenti rughe attorno
agli occhi. « Ti dispiace se ci fermiamo in cucina? » Mi chiese gui-
dandomi verso il retro del suo appartamento. « Mia moglie è assor-
ta in un programma televisivo e penso che sia meglio non distur-
barla sino alla fine. Posso offrirti un Bourbon? »
Sedemmo di fronte ai due lati del tavolo da cucina e brindammo.
« Alla matemagica », dissi. « Cosa c’è di nuovo? »
Victor non perdette tempo e prese un mazzo di carte dal taschino
della camicia. « L’ultima novità in fatto di carte è il principio di
Gilbreath. È uno strampalato teorema scoperto da Norman Gilbreath,
un giovane mago californiano ». Mentre parlava le sue corte dita
sistemavano abilmente il mazzo in modo che le carte rosse e nere si
alternassero. « Saprai certamente che il modo a sfogliata di mesco-
lare le carte è notoriamente inefficiente come metodo per ottenere
una distribuzione a caso ».
90
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO

« No, non lo sapevo ».


Le sopracciglia di Victor si inarcarono. « Bene, questo dovrebbe
convincerti. Per favore, mescola ben bene il mazzo con una sfo-
gliata ».
Divisi il mazzo in due parti e le mescolai.
« Dai una occhiata alle facce », disse. « Vedrai che la disposi-
zione alternata dei colori è stata completamente sovvertita ».
« Naturalmente ».
« Ora taglia il mazzo », continuò, « ma taglialo fra due carte
dello stesso colore. Squadra il mazzo e dammelo con le carte co-
perte ».
Feci come richiesto. Egli tenne il mazzo sotto il tavolo fuori di
vista per entrambi. « Cerco di distinguere i colori mediante il tatto »,
disse, « e di estrarre le carte a coppie nera-rossa ». Senza dubbio la
prima coppia che mise sul tavolo consisteva di una carta rossa e una
nera. Il secondo paio fu uguale e così la successiva dozzina.
« Ma come mai ... ? »
Victor mi interruppe con una risata. Sbatté il resto delle carte
sul tavolo e cominciò a tirar le carte dalla sommità, due per volta,
posandole a faccia in su. Ogni coppia conteneva una carta rossa e
una nera. « Non potrebbe esser più semplice », spiegò, « la mesco-
latura e il taglio − ricorda che il taglio deve esser fatto fra due
carte dello stesso colore − distrugge l’alternanza, sì, di rosso e nero
ma lascia le carte sostanzialmente ordinate. Ogni coppia contiene
ancora entrambi i colori ».
« Non posso crederlo! »
« Bene, pensaci sopra un momentino e vedrai che è così, ma non
è tanto facile darne una dimostrazione in poche parole. A proposito,
il mio amico Edgar N. Gilbert, dei Bell Telephone Laboratories, ha
inserito un interessante indovinello su un principio similare in un
recente suo articolo, non pubblicato, sul mescolamento delle carte
e la teoria dell’informazione. Eccolo, te lo butto giù ».
Mi porse un foglio su cui era scritto a stampatello:
TLVEHEDINSAGMELRLIENATGOVRAR
GIANESTYOFOFIFFOSHHRAVEMEVSO
« È una frase rimescolata », disse, « presa da un articolo dello
Scientific American di cinque anni fa. Gilbert scrisse ogni lettera su
un cartoncino, poi ordinò il mazzo in modo da formare la frase dal-
91
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

l’alto verso il basso. Tagliò le carte in due mucchi, le mescolò a


sfogliata e poi copiò la nuova sequenza di lettere. Mi dice che una
persona media impiega circa mezz’ora per rimetterle in ordine. Il
punto chiave è che la mescolatura a sfogliata è una così insufficiente
distruttrice dell’informazione contenuta nella sequenza originale di
carte, e la ridondanza delle varie combinazioni di lettere in inglese
così alta, da rendere estremamente improbabile − in effetti, Gilbert
calcola nel suo articolo l’esatta probabilità − la ricostruzione di un
messaggio differente da quello esatto ».
Io feci tintinnare i cubetti di ghiaccio nel mio bicchiere.
« Prima di riempirlo », disse Victor, « ti mostro un interessante
esperimento di precognizione. Occorrono il tuo bicchiere e nove carte
da gioco ». Sistemò nove carte, con valori dall’uno al nove, sul ta-
volo, formando il noto quadrato magico di tre per tre (fig. 40). Le
carte erano tutte cuori, salvo il cinque di picche al centro. Tirò fuori
una busta dalla tasca e la posò davanti al quadrato.
« Desidero che tu metta il tuo bicchiere su una qualsiasi delle nove
carte » disse, « ma lasciami spiegare che in questa busta c’è una
scheda su cui ho segnato delle istruzioni. Le istruzioni sono basate
sulle mie valutazioni circa la carta che stai per scegliere e su come
muoverai a caso il bicchiere da carta a carta. Se le mie stime sono
corrette, il tuo bicchiere andrà a finire sulla carta centrale ». Egli
tamburellò col dito sul cinque di picche. « Ora posa il bicchiere su una
qualsiasi carta, compresa quella centrale, se vuoi ».
Io posai il bicchiere sul due di cuori.
« Proprio come pensavo, » sorrise. Prese la scheda dalla busta e
la tenne in modo che potessi leggere le seguenti istruzioni:
1. Togliere il sette.
2. Muovere sette volte e togliere l’otto.
3. Muovere quattro volte e togliere il due.
4. Muovere sei volte e togliere il quattro.
5. Muovere cinque volte e togliere il nove.
6. Muovere due volte e togliere il tre.
7. Muovere una volta e togliere il sei.
8. Muovere sette volte e togliere l’asso.

« Una ‘ mossa ’, » spiegò, « consiste nel trasferire il bicchiere su


una carta adiacente sopra, sotto o su uno dei lati, ma non in diago-
nale ». Io seguii le istruzioni accuratamente, facendo tutte le mosse
92
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO

Fig. 40. Le carte e un bicchiere sistemati per una dimostrazione di precognizione.

il più a caso possibile. Con mia grande sorpresa il bicchiere non si


fermò mai su una carta che dovevo togliere e dopo aver eliminato
otto carte ecco che il mio bicchiere era posato sul cinque di picche
proprio come Victor aveva predetto!
« Mi hai completamente confuso », ammisi. « Supponiamo che
all’inizio avessi posato il mio bicchiere sul sette di cuori, la prima
carta chiamata? »
« Devo confessare », disse, « che c’entrano un po’ di espedienti
non matematici. La sistemazione in quadrato magico non ha nulla
a che fare con il trucco. Solo la posizione delle carte ha importanza.
Quelle in posizione dispari − i quattro angoli e il centro − for-
mano un gruppo; quelle in posizione pari formano un gruppo di pa-
93
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

rità opposta. Quando ho visto che per prima mossa hai messo il
bicchiere su una carta del gruppo dispari, ti ho mostrato queste istru-
zioni. Se avessi messo il bicchiere su una carta del gruppo pari avrei
capovolto la busta prima di tirar fuori la scheda ».
Rigirò la scheda. Sul retro era una seconda serie di istruzioni:

1. Togliere il sei.
2. Muovere quattro volte e togliere il due.
3. Muovere sette volte e togliere l’asso.
4. Muovere tre volte e togliere il quattro.
5. Muovere una volta e togliere il sette.
6. Muovere due volte e togliere il nove.
7. Muovere cinque volte e togliere l’otto.
8. Muovere tre volte e togliere il tre.

« Vuol dire che queste due serie di istruzioni − una da usare


se si comincia su una carta di posizione pari e l’altra se si comincia
su una dispari − porteranno sempre il bicchiere sul centro? »
Victor annuì. « Perché non pubblichi le due facce della scheda
nella tua rubrica per far trovare ai lettori perché il trucco funziona? »
Dopo aver riempito i bicchieri, Victor disse: « Parecchi trucchi
di tipo ESP (Extra Sensorial Perception - Percezione extra senso-
riale) sfruttano un principio di parità. Eccone uno che sembra ri-
chiedere della chiaroveggenza ». Mi porse un foglio bianco di carta
ed una matita. « Mentre sono voltato, desidero che disegni una curva
chiusa complicata, che si intersechi almeno una dozzina di volte, ma
non più di una volta in ciascun punto ». Girò la sedia in modo da
esser rivolto al muro mentre disegnavo la curva (fig. 41).
« Contrassegna ogni intersezione con una lettera diversa », disse
sempre rivolto verso il muro.
Feci come diceva.
« Ora poni la matita in un punto qualsiasi sulla curva e comincia
a percorrerla. Ogni volta che arrivi ad un incrocio, dì ad alta voce
la lettera. Continua finché non hai percorso tutta la curva, ma in un
punto di essa − non importa quale − inverti due lettere quando le
chiami. Le due lettere devono essere adiacenti lungo il percorso.
Non dirmi quando le scambi ».
Io cominciai dal punto N, mossi verso P e continuai lungo la
curva, dicendo le lettere man mano che le incontravo. Potei vedere
94
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO

che Victor le scriveva su un taccuino. Quando mi avvicinai a B


per la seconda volta, vidi che la lettera seguente era F, sicché chia-
mai prima F e poi B. Feci lo scambio senza interrompere il ritmo

Fig. 41. Curva chiusa tracciata e contrassegnata a caso per un esperimento di


chiaroveggenza

95
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

della lettura delle lettere, in modo che Victor non potesse avere un
indizio sulla coppia scambiata.
Appena terminai disse: « Hai scambiato la B con la F ».
« Stupefacente! » dissi io. « Come fai a saperlo? »
Victor sorrise e si rigirò verso di me. « Il trucco è basato su un
teorema topologico importante in teoria dei nodi », disse. « Lo tro-
verai chiaramente dimostrato nel volume The Enjoyment of Mathe-
matics di Hans Rademacher ed Otto Toeplitz ». Mi passò il taccuino
su cui aveva scritto le lettere. Esse apparivano alternate sopra e sotto
una linea orizzontale così:

NSGQIRTKDMLFCFHOVPUJAE
PIBHLSCUERGQKBTJAODNMV

« Se non ci fossero scambi » spiegò, « allora ogni lettera do-


vrebbe apparire una volta sopra ed una sotto la riga. Tutto quello che
devo fare è guardare quale lettera appare due volte sopra e due
sotto. Queste sono le due lettere che sono state scambiate ».
« Bellissimo! » dissi.
Victor aprì una scatola di cracker, ne prese due e li mise sul ta-
volo, uno alla sua destra ed uno a sinistra. Su entrambi tracciò una
freccia diretta verso Nord (fig. 42). Prese il biscotto a sinistra fra
pollice e medio, come mostrato, poi con la punta del suo indice de-
stro spinse l’angolo A in modo da capovolgere il cracker facendolo
ruotare attorno alla diagonale fra i due vertici in cui era trattenuto.
Poi disegnò sul biscotto un’altra freccia sempre diretta verso Nord.
Poi prese allo stesso modo il cracker alla sua destra con la mano
destra e lo fece girare spingendolo con l’indice sinistro sul vertice B.
Questa volta però, invece di disegnare una freccia diretta verso Nord,
egli ne disegnò una verso Sud.
« Eccoci pronti ». disse sorridendo, « per un giochetto diver-
tente in cui entra la simmetria di rotazione di un quadrato. Noterai
che a sinistra ho un cracker con una freccia verso Nord sui due
lati ». Prese il biscotto con la sinistra e lo fece girare diverse volte
per mostrare che su entrambi i lati la freccia era diretta a Nord.
« E a destra invece abbiamo frecce verso Nord e verso Sud ». Prese
il biscotto con la destra e lo ruotò rapidamente diverse volte per
mostrare che le due frecce erano dirette in direzioni opposte.
96
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO

Fig. 42. Come vengono tenuti i cracker per il gioco delle frecce trasposte.

Victor rimise i cracker sulla tavola. Poi, lentamente e senza al-


terare il loro orientamento, scambiò le posizioni dei due. « Per fa-
vore falli girare tu stesso, » disse. « Desidero che tu verifichi che il
cracker con due frecce verso Nord è ora alla mia destra, e l’altro alla
mia sinistra ».
Mi porse ciascun cracker che feci girare esattamente nello stesso
modo in cui lo aveva fatto lui, uno nella mia destra e uno alla mia
sinistra. Sì, i biscotti erano stati scambiati.
Victor si mise i cracker davanti, poi fece schioccare le dita co-
mandando ai biscotti di ritornare invisibilmente nelle loro posizioni
iniziali. Fece ruotare il cracker alla sua sinistra. Rimasi meravigliato
vedendo che ora le frecce puntavano verso Nord su entrambi i lati!
E quando ruotò l’altro cracker, le sue frecce saltavano avanti e in-
dietro da Nord a Sud!
« Prova »,disse Victor, « vedrai che funziona automaticamente.
In effetti i due cracker sono esattamente eguali. La differenza in
apparenza dipende interamente dalla mano che li tiene. Quando si
chiede allo spettatore di controllare i cracker, bisogna esser sicuri
che prenda il cracker alla nostra destra con la sua sinistra e quello
alla nostra sinistra con la sua destra. E fare attenzione che metta il
97
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

cracker con la freccia Nord-Sud in modo che la freccia superiore


sia diretta a Nord ».
Vuotai il mio bicchiere. Ne era rimasto nella bottiglia giusto
quanto bastava per un altro sorso. La cucina ondeggiava leggermente.
« Ora ne mostro io uno a te », dissi, prendendo un altro cracker
dalla scatola. « È una prova di probabilità. Getterò il cracker in aria.
Se cade con il lato ruvido in su, il whisky restante lo prendi tu,
se cade con quello liscio, prendi ugualmente ciò che resta del whisky.
Se non cade su alcuna faccia (e tenni il cracker perpendicolare al
tavolo senza fare altri commenti), allora sarò io a prendere il whi-
sky ».
Victor sembrò scettico; « Va bene », disse.
Sbriciolai il cracker in mano e gettai le briciole in aria.
Silenzio di tomba. Anche il frigorifero smise di ronzare. « Noto
che la maggior parte di entrambe le facce è caduta sulla tua testa »,
disse infine Victor senza sorridere « E devo dire che è proprio un
bel tiro da giocare ad un vecchio amico ».

Appendice
Il principio di Gilbreath ed il suo uso nel trucco descritto furono
spiegati per la prima volta da Norman Gilbreath in un articolo, « Co-
lori magnetici », in un periodico di magia intitolato Linking Ring
vol. 38, n. 5, pp. 60, luglio 1958. Sin d’allora dozzine di abili gio-
chi di carte sono stati basati su questo semplice principio. Per coloro
che hanno confidenza con le riviste di magia, ecco un po’ di biblio-
grafia:
Linking Ring, vol. 38, n. 11, pp. 54-58, gennaio 1958. Giochi
di Charles Hudson e Ed Marlo.
Linking Ring, vol. 39, n. 3, pp. 65-71, maggio 1959. Giochi di
Charles Hudson, George Lord e Ron Edwards.
Ibidem (un periodico canadese di magia), n. 16, marzo 1959.
Giochi di Tom Ransom.
Ibidem, n. 26, settembre 1962. Gioco di Tom Ransom.
Ibidem, n. 31, dicembre 1965. Gioco di Allan Slaight.
98
VICTOR EIGEN: UN MATEMAGICO

Il principio può esser dimostrato intuitivamente così. Quando il


mazzo viene tagliato per mescolarlo a sfogliata, vi sono due situazioni
possibili: le carte inferiori sono o dello stesso o di un diverso colore.
Ammettiamo che siano di colore diverso. Dopo che cade la prima
carta le carte inferiori delle due metà saranno dello stesso colore,
diverso da quello della carta che è caduta. Non fa differenza, perciò,
se la carta successiva passa sotto il pollice sinistro o il destro; in en-
trambi i casi, una carta di colore opposto deve cadere sulla prece-
dente. Ciò mette sul tavolo un paio di carte di colore diverso. La
situazione è ora esattamente come prima. Le carte inferiori delle due
metà in mano non sono eguali. Qualsiasi sia la carta che cade, le
carte inferiori avranno entrambi il colore opposto. E così via. La sto-
ria si ripete per ogni paio sinché il mazzo viene esaurito.
Ora supponiamo che il mazzo sia stato inizialmente tagliato in
modo che le due carte inferiori siano dello stesso colore. Una o l’altra
delle due carte può esser deposta per prima. L’argomento precedente
si applica ora a tutte le coppie di carte che seguono. Rimane solo
un’ultima carta. Essa naturalmente deve risultare di colore opposto
a quello della carta deposta per prima. Quando il mazzo viene ta-
gliato fra due carte dello stesso colore (cioè, nel mezzo delle coppie
ordinate), le carte superiori e inferiori del mazzo vengono portate a
contatto e tutte le coppie ritornano intatte.

Vi sono molti modi diversi di presentare il gioco delle carte e del


bicchiere. Ron Edwards, di Rochester, New York, dice che egli di-
spone nove carte scelte a caso in quadrato. Lo spettatore poi mette
un teschio in miniatura su una delle carte. Vi è un foro sulla som-
mità del teschio in cui Edwards mette un pezzo di carta arrotolato
su cui egli ha scritto la sua predizione: il nome della carta centrale.
La carta delle istruzioni vera e propria viene estratta allora dalla
tasca (le due carte sono in tasche diverse). Le istruzioni danno le
posizioni (piuttosto che i valori) delle carte che devono esser rimosse
ad ogni passo.

Dopo che questo gioco apparve nello Scientific American, Hal


Newton, di Rochester, New York, elaborò una versione chiamata
« Voce dall’altro mondo » in cui una registrazione fonografica viene
ripetuta per dare istruzioni ad uno spettatore mentre muove un og-
getto avanti e indietro su nove carte che portano il nome dei nove
99
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

pianeti. Il disco ha naturalmente due facce, e si mette l’una o l’altra


a seconda della mossa iniziale.

Risposte

La frase sui cartoncini disordinati si decifra in: « The smelling


organs of fish have evolved in a great variety of forms » (Gli organi
dell’odorato dei pesci si sono evoluti in una grande varietà di forme).
È la prima frase dell’ultimo paragrafo a p. 73 dell’articolo « Il sal-
mone si dirige a casa », di Arthur D. Hasler e James A. Larsen, in
Scientific American, agosto 1955.

100
10
IL TEOREMA DELLA MAPPA
A QUATTRO COLORI

Fra tutte le grandi ipotesi matematiche ancora indimostrate, la


più semplice − semplice nel senso che anche un bambino può ca-
pirla − è il famoso teorema topologico dei quattro colori. Quanti so-
no i colori necessari per colorare una qualsiasi mappa in modo che due
regioni con un confine in comune non abbiano lo stesso colore? È
facile costruire mappe che richiedono quattro colori e basta solo una
conoscenza di matematica elementare per seguire una dimostrazione
rigorosa che cinque colori sono sufficienti. Ma sono i quattro colori
necessari e sufficienti? Per dirla con altre parole, è possibile costruire
una mappa che richieda necessariamente cinque colori? I matematici
interessati alla questione pensano di no, ma non ne sono sicuri.
Ogni pochi mesi ricevo per posta una lunga « dimostrazione » del
teorema dei quattro colori. In quasi tutti i casi risulta che il mittente
ha confuso il teorema con uno molto più semplice che dice che è
impossibile disegnare una mappa di cinque regioni in modo che ogni
regione sia adiacente alle altre quattro. (Due regioni che hanno un
solo punto di contatto non sono considerate adiacenti). Io stesso una
volta ho portato un piccolo contributo a questa confusione scrivendo
un racconto di fantascienza intitolato « L’isola dei cinque colori », su
un’isola immaginaria divisa da un topologo polacco in cinque zone
che avevano tutte dei confini in comune. Non è difficile provare che
una mappa di questo tipo non può essere disegnata. Si potrebbe sup-
porre che il teorema dei quattro colori ne sia una conseguenza auto-
matica, ma non è così.
Per vedere il perché, consideriamo la semplice mappa in fig. 43 a.
(Le forme reali delle regioni non hanno importanza; ha importanza
solo in che modo sono connesse. Il teorema dei quattro colori è
topologico proprio perché esso si articola su una proprietà delle figure
piane che rimane inalterata distorcendo la superficie sulla quale sono
tracciate). Che colore dobbiamo usare per la zona bianca? Ovvia-
mente deve essere marrone o un quarto colore. Supponiamo di sce-
gliere la seconda alternativa e sia il colore mostrato in b nella fig. 43.
Aggiungiamo poi un’altra regione. È ora impossibile completare la
101
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 43. Nel costruire una mappa con quattro colori è spesso necessario rico-
minciare con colori diversi.

carta senza usare un quinto colore. Ritorniamo, allora, alla posizione


a e invece di mettere il rosa nella regione bianca, usiamo il marrone.
Ma questo ci mette in difficoltà se ci sono altre due regioni che toc-
cano le prime quattro, come mostrato in c. È chiaro che un quarto
e quinto colore sono necessari per le due aree bianche. Tutto questo
prova forse che per certe mappe sono necessari cinque colori? Niente
affatto. In entrambi i casi possiamo farcela con quattro colori, ma
solo tornando indietro e cambiando il precedente schema di colori.
Nella colorazione di mappe complicate, con dozzine di regioni, ci
si trova costantemente a correre in vicoli ciechi di questo tipo che
obbligano a ritornare sui propri passi. Per dimostrare il teorema dei
quattro colori, perciò, bisogna mostrare che un simile cambiamento
può esser fatto in tutti i casi con esito positivo, o individuare un
procedimento che elimini tutte queste alterazioni nel processo di co-
lorazione di una qualsiasi mappa con quattro colori. Stephen Barr ha
suggerito un delizioso gioco topologico a due persone basato sulla
difficoltà di prevedere questi vicoli ciechi coloristici. Il giocatore A
disegna una regione. Il giocatore B la colora e aggiunge un’altra re-
gione nuova. Il giocatore A colora la nuova regione e ne aggiunge
una terza. Si continua così ed ogni giocatore colora l’ultima regione
disegnata dal suo avversario, finché uno dei due perde per esser stato
obbligato ad usare un quinto colore. Non conosco modo più, rapido
per constatare le difficoltà che intervengono nella dimostrazione del
teorema dei quattro colori che mettersi a giocare questo curioso gioco.
Vien detto spesso che i cartografi furono i primi ad accorgersi
che non occorrono più di quattro colori per qualsiasi mappa, ma que-
102
IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO COLORI

sto è stato messo in dubbio da Kenneth O. May, un matematico del


Carleton College. Dopo ampie ricerche sull’origine del teorema dei
quattro colori, May non riuscì a trovare alcuna enunciazione del teo-
rema sugli antichi libri di cartografia, o alcuna indicazione che il teo-
rema fosse conosciuto. Sembra che sia stato formulato per la prima
volta esplicitamente da Francis Guthrie, studente ad Edimburgo. Egli
lo citò a suo fratello Frederick (che in seguito divenne un chimico),
e Frederick a sua volta lo trasmise, nel 1852, al suo insegnante di
matematica, Augustus de Morgan. L’ipotesi divenne molto nota dopo
che il grande Arthur Cayley ammise nel 1878 che egli aveva lavorato
al teorema ma non era stato capace di dimostrarlo.
Nel 1879 l’avvocato e matematico Sir Alfred Kempe pubblicò
quella che egli credeva una dimostrazione e un anno dopo scrisse
sulla rivista inglese Nature un articolo dal titolo fiducioso « Come
colorare una mappa con quattro colori ». Per dieci anni i matematici
pensarono che il problema fosse sistemato; poi P. J. Heawood sco-
prì un fatale difetto nella dimostrazione di Kempe. D’allora in poi
i più fini cervelli matematici hanno affrontato senza successo il pro-
blema. L’aspetto provocante del teorema è che esso sembra facilis-
simo da dimostrare. Nel suo volume autobiografico Ex-prodigy, Nor-
bert Wiener scrive di aver provato, come tutti i matematici, a trovare
una dimostrazione del teorema dei quattro colori, solo per vedere la
sua dimostrazione « sbriciolarsi », secondo la sua espressione. Allo
stato attuale delle cose, il teorema è stato dimostrato vero per tutte
le mappe con non più di 38 regioni. Può sembrare che questo sia un
numero piccolo, ma esso diviene meno comune se si pensa che il
numero di mappe topologicamente diverse aventi 38 o meno regioni
sarebbe oltre 1038. Anche un moderno calcolatore elettronico non
sarebbe capace di esaminare tutte queste configurazioni in un ragio-
nevole lasso di tempo.
La mancanza di una dimostrazione del teorema dei quattro colori
è resa ancor più esasperante dal fatto che sono state trovate analoghe
dimostrazioni per superfici assai più complicate del piano. (La super-
ficie di una sfera, fra l’altro, è equivalente al piano, per quanto con-
cerne il problema; qualsiasi mappa sulla sfera può essere trasformata
in una mappa piana equivalente tagliando la carta sferica in un punto
interno di una regione qualsiasi e poi spianando la superficie). Su
una superficie ad una faccia come la striscia di Möbius, la bottiglia
di Klein ed il piano proiettivo è stato stabilito che sei colori sono
103
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

necessari e sufficienti. Sulla superficie di un toro, il numero è di sette.


Una mappa del genere è mostrata in fig. 44. Notare che ogni regione
è delimitata da sei segmenti di curva e che ogni regione è adiacente
alle altre sei. In effetti, il problema della colorazione di una mappa
è stato risolto per ogni superficie di ordine superiore che sia stata
esaminata seriamente.
È solo quando il teorema viene applicato alle superfici topologi-
camente equivalenti al piano o alla superficie della sfera che la sua
dimostrazione continua a sfuggire ai topologhi; e ciò che è peggio,
non c’è alcuna ragione apparente perché debba essere così. Sembra
opera di spiriti il modo con cui i tentativi di dimostrazione sembrano
funzionare magnificamente, solo per presentare delle lacune irritanti
proprio quando la catena deduttiva sta per essere completata. Nes-
suno può predire cosa il futuro deciderà su questo famoso problema,
ma possiamo esser certi che la prima persona, che riuscirà a sfondare
uno dei tre possibili sbarramenti, acquisterà fama in tutto il mondo.
1. Scoprire una mappa che richieda cinque colori. « Se fossi così
audace da fare una ipotesi », scrive H. S. M. Coxeter nel suo eccel-
lente articolo « Il problema dei quattro colori, 1840-1890 », « pen-
serei che una mappa che richiede cinque colori può esser possibile,
ma che la più piccola mappa del genere avrebbe tante facce (forse
centinaia o migliaia) che nessuno, di fronte ad essa, avrebbe la pa-
zienza di fare tutte le prove necessarie richieste per escludere la pos-
sibilità di colorarla con quattro colori ».
2. Trovare una dimostrazione del teorema, possibilmente con una
tecnica nuova che possa improvvisamente aprire molte altre porte
matematiche sbarrate.
3. Dimostrare che il teorema non è dimostrabile. Ciò può sem-
brare strano, ma nel 1931 Kurt Gödel stabilì che in ogni sistema
deduttivo abbastanza complicato per includere l’aritmetica, vi sono
teoremi matematici che sono « indecidibili » nell’interno del sistema
stesso. Sinora pochissime delle grandi congetture insolute della ma-
tematica si sono dimostrate indecidibili in questo senso. Il teorema
dei quattro colori è un teorema del genere? Se è così, esso può es-
sere accettato come « vero » solo adottandolo, o adottando qualche
altro teorema indecidibile strettamente collegatogli, come postulato
nuovo e indimostrabile di un sistema deduttivo ampliato.
Sfortunatamente la dimostrazione che cinque colori sono suffi-
cienti per le mappe piane, o che sei o più colori sono necessari e suffi-
104
IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO COLORI

Fig. 44. Sette colori bastano a fare una mappa su una superficie torica (c). Il foglio
(a) viene prima arrotolato in un cilindro (b). Il toro risultante è stato ingrandito.

105
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

cienti per certe superfici di ordine superiore, è troppo lunga per essere
inclusa qui. Ma forse la seguente abile dimostrazione di un teorema
per due colori darà al lettore una qualche nozione di come si può
procedere per stabilire un teorema di colorazione di mappe.
Consideriamo tutte le possibili mappe su un piano che possono
esser formate con rette. L’ordinaria scacchiera ne è un esempio
comune. Uno schema meno regolare è mostrato nell’illustrazione di
sinistra in fig. 45. Sono sufficienti due colori per tutte queste mappe?
La risposta è affermativa e lo si dimostra facilmente. Se aggiungiamo
un’altra linea retta (per esempio, la linea nera nella stessa illustra-
zione) a qualsiasi mappa a linee rette, colorata opportunamente, la
linea dividerà il piano in due mappe separate, ognuna correttamente
colorata se considerata a sé, ma con coppie di regioni adiacenti dello
stesso colore lungo la linea. Per ripristinare una colorazione giusta
all’intera mappa, tutto ciò che dobbiamo fare è scambiare i colori
da un lato (non importa quale) della riga. Ciò è mostrato nell’illu-
strazione a destra di fig. 45. La mappa sopra la riga è stata invertita,
come se una stampa negativa fosse scambiata in una positiva e, come
si può vedere, la nuova mappa è ora colorata nel modo giusto.
Per completare la dimostrazione, consideriamo un piano che è
diviso in due regioni da una singola linea. Esso naturalmente può
esser coperto con due colori, tracciamo una seconda linea e ricolo-
riamo la nuova mappa invertendo i colori da un lato della riga. Trac-
ciamo una terza linea e così via. È chiaro che questo procedimento

Fig. 45. Due colori bastano per qualsiasi mappa tracciata con linee che ne attra-
versino l’intera superficie.

106
IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO COLORI

è valido per qualsiasi numero di linee, sicché con un metodo noto


come « induzione matematica » abbiamo stabilito un teorema per
due colori valido per tutte le possibili mappe disegnate con linee rette.
La dimostrazione può venire generalizzata sino a coprire mappe meno
semplici, quale quella in fig. 46, che sono disegnate con linee senza
fine che traversano l’intera mappa o giacciono su di essa come curve
chiuse semplici. Se aggiungiamo una linea che taglia la mappa, pos-
siamo invertire i colori da un lato come abbiamo fatto prima. Se la
nuova linea è una curva chiusa, invertiamo i colori di tutte le regioni
all’interno della curva o, se lo preferiamo, i colori delle regioni al-
l’esterno della curva. Le curve chiuse possono anche intersecarsi, ma
allora la ricolorazione diviene più complicata.
Si noti che tutte le mappe a due colori qui mostrate hanno vertici
di ordine pari; cioè in ogni vertice si incontrano un numero pari di
linee. Si può dimostrare che ogni mappa sul piano può esser colorata

Fig. 46. Due colori bastano anche per una mappa disegnata con linee che l’attra-
versano completamente o formano curve chiuse.

107
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

con due colori se, e solo se, tutti i suoi vertici sono pari. Questo è
noto come « teorema delle mappe a due colori ». Che esso non sia
valido sul toro lo si vede facilmente tracciando su un foglio di carta
quadrato delle righe in modo da formare nove quadrati minori (come
una scacchiera di filetto) e arrotolandolo a forma di toro. Questa ciam-
bella a scacchi ha vertici pari ma richiede tre colori.
Ora, più per divertimento, che per chiarificazione, ecco tre pro-
blemi di coloritura di mappe che non sono difficili, sebbene ognuno
abbia un qualche elemento di « sorpresa » che rende la soluzione un
po’ diversa da quella che ci si sarebbe aspettati a prima vista:
1. Quanti colori sono richiesti per la mappa di fig. 47 (ideata dal-
l’enigmista inglese Henry Ernest Dudeney) in modo che non vi siano
due regioni dello stesso colore confinanti?
2. Stephen Barr narra che un pittore desiderava completare una
grande tela con il capolavoro astratto delineato in fig. 48. Egli decise
di limitarsi a quattro colori e di riempire ogni regione con un colore
pieno in modo che vi fosse un diverso colore da ciascun lato di ogni
confine comune. Ogni zona aveva un’area di otto metri quadrati
eccettuata la zona superiore, di dimensioni doppie delle altre. Quando
egli controllò le sue scorte di colori, si accorse di avere a disposi-
zione soltanto: abbastanza rosso per coprire 24 metri quadrati, ab-
bastanza giallo per coprire la stessa superficie, abbastanza verde per
coprire sedici metri quadrati e abbastanza blu per dipingere otto
metri quadrati. Come fece per completare la sua tela?
3. Leo Moser, un matematico dell’Università di Alberta, chiede:
come si può disegnare su un piano una mappa a due colori in modo
che comunque vi venga posto sopra un triangolo equilatero di lato 1,
tutti e tre i vertici non siano su punti dello stesso colore?

Appendice
L’asserzione che cinque regioni non possono esser disegnate sul
piano, in modo che ogni paio abbia un confine in comune, fu fatta
da Möbius in una lezione del 1840. Egli la dette in forma di un
racconto di un principe orientale che lasciò il suo regno a cinque
figli a condizione che esso fosse diviso in cinque regioni, ognuna
confinante con le altre. Il problema è equivalente al seguente pro-
108
IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO COLORI

blema di teoria dei grafi: è possibile disporre cinque punti su un


piano e congiungere ciascuno agli altri mediante rette che non si
intersechino? Dimostrazioni di impossibilità non sono difficili e pos-
sono essere trovate in qualsiasi volume di teoria elementare dei grafi.
Una dimostrazione facile da seguire è data da Heinrich Tietze nel suo

109
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

capitolo « Sui domini vicini » in Famous Problems of Mathematics.


In sostanza la stessa dimostrazione è schizzata da Henry Dudeney
nella sua soluzione al problema 140 in Mathematical Puzzles. Dude-
ney continua argomentando, erroneamente, che ciò implica una di-
mostrazione del teorema dei quattro colori. La mia libertà di lin-
guaggio nel parlare del teorema dei quattro colori come « indecidi-
bile secondo Gödel » ha provocato la seguente lettera dal cosmologo
inglese Dennis Sciama (Scientific American, novembre 1960, p. 21):

Signori,
Mi è molto piaciuto l’articolo di Martin Gardner sul problema dei
quattro colori. In realtà è impossibile provare che non è possibile
dimostrare il teorema. In quanto se il teorema è falso, lo si può mo-
strare esplicitamente esibendo una mappa che non possa esser colo-
rata con quattro colori. Perciò se il teorema è indimostrabile deve
esser vero. Ciò significa che non possiamo dimostrare che esso è indi-
mostrabile, in quanto ciò equivale a dimostrare che esso è vero, il che
è una contraddizione.
Lo stesso rilievo vale per qualsiasi teorema la cui falsità può esser
dimostrata da un esempio contrario; per esempio l’ultimo teorema di
Fermat. Teoremi del genere possono essere indimostrabili, ma solo
se sono veri. In tal caso non possiamo mai sapere che sono indimo-
strabili, sicché i matematici cercheranno indefinitamente di dimo-
strarli. Questo stato di cose è terrificante. Far della fisica potrebbe
sembrare una buona alternativa, ma la « Gödelria » potrebbe inva-
dere anche questo regno ...

La situazione è un po’ meno tragica quando ci rendiamo conto che


un teorema indecidibile secondo Gödel entro un dato sistema dedut-
tivo può sempre esser deciso metamatematicamente ampliando il
sistema. Se il teorema dei quattro colori venisse riscontrato esser
indecidibile secondo Gödel entro un certo sistema basato su certi
postulati di topologia e teoria degli insiemi, esso diverrebbe auto-
maticamente « vero » (come Sciama chiarisce), ma « vero » nel senso
metamatematico di esser decidibile in un sistema ampliato, magari
un sistema in cui lo stesso teorema della mappa sarebbe un nuovo
postulato.

110
IL TEOREMA DELLA MAPPA A QUATTRO COLORI

Risposte
Le risposte ai tre problemi di coloritura delle mappe sono le se-
guenti (le prime due risposte si riferiscono alle fig. 47 e 48 che ac-
compagnano i problemi):
1. La mappa con le svastiche potrebbe esser colorata con due
colori se non ci fosse la piccola riga nell’angolo sinistro basso. In
questo punto si toccano tre regioni, sicché sono necessari tre colori.
2. L’artista ha colorato il suo disegno astratto mescolando tutta
la sua tinta blu con un terzo della tinta rossa ottenendo abbastanza
violetto per colorare sedici metri quadrati di tela. Dopo aver tinto
in giallo la zona grande alla sommità della tela e la zona al centro, è
stato semplice colorare le rimanenti regioni in rosso, verde e vio-
letto.
3. Per colorare il piano con due colori in modo che i tre punti
che segnano i vertici di un triangolo equilatero di lato 1 non cadano
sullo stesso colore, il metodo più semplice è di dividere il piano in
strisce parallele, ognuna larga 3 2 , poi colorarle alternativamente
in bianco e nero come mostrato in fig. 49. Ciò non risolve il proble-
ma, però, sinché non sia introdotto il concetto di insieme aperto e
chiuso. Un continuo di numeri reali − diciamo da 0 ad 1 − è detto
intervallo chiuso se include 0 ed 1 ed intervallo aperto se non li
include. Se include uno e non l’altro, viene detto chiuso ad un estre-
mità ed aperto all’altra.
Le strisce sulla mappa sono chiuse lungo il loro lato sinistro;
aperte lungo quello destro. La striscia grigia a sinistra si estende da
0, sull’asse inferiore della mappa, sino a una larghezza di 3 2 .
Essa include lo 0 ma non 3 2 . La striscia successiva è larga da
3 2 incluso a 2 3 2 escluso, e così di seguito per le altre strisce.
In altre parole, ogni linea verticale appartiene solo alla striscia alla
sua destra. Ciò è necessario per tener conto dei casi in cui il trian-
golo, in rosso, giaccia con tutti i suoi tre vertici sulle righe di confine.
Leo Moser, dell’Università di Alberta, che ha inviato questo pro-
blema, scrive che non si sa quanti colori sono necessari per colorare
il piano in modo che due punti qualsiasi, distanti una unità, non
vengano a trovarsi sullo stesso colore. È stato dimostrato che quattro
colori sono necessari, e sette sufficienti. (Che sette siano sufficienti
è reso evidente con una copertura regolare di esagoni, ognuno con
111
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 49. Soluzione del problema del triangolo e della mappa a due colori.

raggio del cerchio circoscritto leggermente inferiore all’unità ed


ognuno circondato da esagoni che differiscono per colore da quello
interno e fra di loro). L’intervallo fra quattro e sette è tanto grande
che il problema sembra assai distante dalla soluzione.

112
11
IL SIGNOR APOLLINAX
VISITA NEW YORK
Quando il Sig. Apollinax visitò gli Stati Uniti le
sue risate tintinnavano fra le tazze di thè.
T.S. Eliot

P. Bertrand Apollinax, il brillante protetto del famoso matema-


tico francese Nicolas Bourbaki, era poco conosciuto anche in Francia
sino alla primavera del 1960. Fu allora, come tutti sanno, che il
mondo matematico fu sconvolto dalla rivelazione, in una rivista di
matematica francese, di quella che ora è conosciuta come funzione
di Apollinax. Mediante questa notevole funzione Apollinax riuscì
d’un colpo a 1) provare l’ultimo teorema di Fermat, 2) dare un con-
troesempio (una mappa con 5693 regioni) del famoso teorema di to-
pologia dei quattro colori, 3) porre la base per la scoperta fatta da
Channing Cheetah, tre mesi dopo, di un intero con 5693 cifre − il
primo conosciuto di questo tipo − sia perfetto che dispari.
Il lettore comprenderà la mia eccitazione quando il Professor
Cheetah, dell’Università di New York, mi invitò a casa sua per un
thè pomeridiano in cui Apollinax sarebbe stato l’ospite di onore.
(L’appartamento di Cheetah è al Greenwich Village, in un grande
caseggiato di pietra scura vicino alla Quinta Strada. Il palazzo è di
proprietà della Signora Orville Phlaccus, vedova del ben noto finan-
ziere ed è chiamata Phlaccus Palace dagli studenti della vicina Uni-
versità). Quando arrivai il thè era al culmine. Riconobbi diversi mem-
bri della facoltà di matematica dell’Università di New York e imma-
ginai che la maggior parte dei presenti dovevano essere studenti dei
corsi superiori.
Non c’era da sbagliare su Apollinax. Era l’ovvio centro dell’at-
tenzione: uno scapolo appena passata la trentina, alto, con tratti rudi
che non potevano dirsi belli ma nondimeno davano una forte im-
pressione di virilità fisica combinata con una mente capace. Aveva un
piccolo pizzo nero e orecchie piuttosto grandi con punte di Darwin
prominenti. Sotto una giacca di tweed ostentava un panciotto rosso
brillante.
113
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Mentre la Signora Phlaccus mi serviva una tazza di thè, udii una


giovane dire: « Quell’anello d’argento al suo dito, Sig. Apollinax,
non è una striscia di Möbius? »
Egli si tolse l’anello e glielo porse. « Sì, è opera di un mio amico
artista che ha un negozio di gioielleria sulla Riva Sinistra, a Parigi ».
Parlava con un roco accento francese.
« È strano », disse la ragazza restituendogli l’anello. « Non teme
che si rigiri e faccia sparire il suo dito?
Apollinax dette in una gran risata. « Se lei pensa che questo sia
strambo eccole qualcosa che penso sia ancor più strambo ». Mise la
mano nella sua tasca laterale e prese una scatola di legno quadrata
e piatta. Era riempita da diciassette piastrelle di plastica che vi en-
travano adattandosi perfettamente (fig. 50, a sinistra). Le piastrelle
erano di spessore tale che i cinque piccoli pezzi al centro erano cubi.
Apollinax richiamò l’attenzione sul numero dei cubi, ammucchiò le
piastrelle su un tavolo vicino e rapidamente le rimise a posto nella
scatola nel modo mostrato a destra nella figura. Esse vi entrarono
esattamente come prima. Ma ora vi erano solo quattro cubi. Un
cubo era sparito completamente!
La giovane guardò sbalordita la disposizione, poi si rivolse ad
Apollinax che si torceva dalle gran risate. « Posso studiarlo un mo-
mento? » Chiese, togliendogli di mano la scatola e se ne andò in
un angolo tranquillo della stanza.
« Chi è la pollastrella? » disse Apollinax a Cheetah.

Fig. 50. Il mistero della piastrella sparita.

114
IL SIGNOR APOLLINAX VISITA NEW YORK

« Prego? » rispose il professore.


« La ragazza con il maglione ».
« Oh! Si chiama Nancy Ellicot. Una ragazza di Boston. È una
dei nostri capoclasse dei corsi inferiori di matematica ».
« Molto attraente ».
« Crede? Non l’ho mai vista indossare altro che calzettoni e lo
stesso maglione sporco ».
« Mi piacciono questi anticonformisti del vostro ‘ Village ’ »,
disse Apollinax. « Sono talmente tutti uguali fra loro ».
« A volte », rilevò qualcuno del gruppo, « è difficile distinguere
l’anticonformismo dalla nevrosi ».
« Questo mi rammenta », dissi io, « un gioco di parole matema-
tico sentito poco tempo fa. Qual è la differenza fra uno psicopatico
ed un nevropatico? »
Nessuno parlò.
« Uno psicopatico », continuai, «pensa che due più due fa
cinque. Un neuropatico sa che fa quattro, ma ciò lo rende nervoso ».
Ci fu qualche risatina di convenienza, ma Apollinax sembrava
pensieroso. « Quello ha ben ragione di essere nervoso. Non fu Ales-
sandro Pope che scrisse: « Ah perché, o numi!, due e due fan quat-
tro? Perché mai? Chi sa dire perché le tautologie sono tautologi-
che? E chi può dire che anche la semplice aritmetica è libera da con-
traddizioni? » Tirò fuori dalla tasca un taccuino e scribacchiò la
seguente serie infinita: 4 − 4 + 4 − 4 + 4 − 4 + 4 . . . . . « Qua-
l’è la somma della serie?» chiese. «Se raggruppiamo i numeri così,
(4 − 4) + (4 − 4) + (4 − 4) . . . . . . la somma è ovviamente zero.
Ma se li raggruppiamo in quest’altro modo, 4 − (4 − 4) − (4 −
− 4) − (4 − 4) . . . . . . la somma è chiaramente quattro. Suppo-
niamo di provare ancora in un altro modo: 4 − (4 − 4 + 4 −
− 4 + 4 . . . . . .). Ora la somma della serie è quattro meno la somma
della stessa serie. In altre parole, il doppio della somma è uguale a
quattro sicché la somma deve essere uguale alla metà di quattro,
ossia due ».
Io stavo per cominciare a commentare, quando Nancy si fece
largo a spintoni nel gruppo e disse: « Queste piastrelle mi stanno
facendo diventare matta. Cosa se n’è fatto del quinto cubetto? »
Apollinax rise sino a farsi venir le lacrime. « Le darò una trac-
cia, mia cara. Forse è scivolato in una dimensione di ordine supe-
riore ».
115
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

« Vuole prendermi in giro? »


« Magari lo potessi », sospirò. « La quarta dimensione, come
sapete, si estende lungo una quarta coordinata perpendicolare alle
tre coordinate dello spazio tridimensionale. Ora consideriamo un
cubo. Esso ha quattro diagonali principali, ognuna delle quali va da un
vertice verso il vertice opposto passando per il centro del cubo. A
causa della simmetria del cubo, ogni diagonale è chiaramente orto-
gonale alle altre tre. Sicché perché non dovrebbe un cubo, se ne
ha voglia, scivolare lungo una quarta coordinata? »
« Ma il mio professore di fisica » disse Nancy aggrottando la
fronte, « ci ha detto che la quarta dimensione è il tempo ».
« Sciocchezze! » fece con una smorfia Apollinax. « La relatività
generale è morta come i dinosauri. Il suo professore non ha sentito
parlare di una recente scoperta di Hilbert Dongle circa un fatale
piccolo errore nella teoria di Einstein? »
« Ne dubito » rispose Nancy.
È facile da spiegare. Se fate girare rapidamente una sfera di
gomma morbida, cosa avviene al suo equatore? Si espande. Nella
teoria della relatività, si può spiegare il rigonfiamento in due modi
diversi. Si può ammettere che il cosmo sia un sistema di riferimento
fisso − un cosiddetto sistema inerziale −. Allora si può dire che
la sfera ruota e che l’inerzia fa rigonfiare l’equatore. O si può pren-
dere la sfera come sistema fisso di riferimento e si può considerare
ruotante l’intero cosmo. Allora si può dire che le masse delle stelle
in moto instaurano un campo tensoriale gravitazionale che esercita
la sua maggiore forza attrattiva sull’equatore della palla immobile.
Naturalmente ... »
« Io metterei la cosa un po’ diversamente », interruppe Cheetah.
« Direi che vi è un moto relativo fra la sfera e le stelle e questo moto
relativo causa un certo cambiamento nella struttura spazio-tempo-
rale dell’universo. È la pressione, per così dire, di questa matrice
spazio-temporale che produce il rigonfiamento. Il rigonfiamento può
esser visto sia come un effetto gravitazionale che inerziale. In en-
trambi i casi le equazioni di campo sono esattamente le stesse ».
« Molto bene », rispose Apollinax. « Naturalmente, questo è esat-
tamente ciò che Einstein chiamò principio di equivalenza − l’equi-
valenza fra gravità e inerzia −. Come piaceva dire ad Hans Reichen-
bach, non vi è distinzione fra la verità delle due. Ma ora voglio
chiederle questo: la teoria della relatività non considera impossi-
116
IL SIGNOR APOLLINAX VISITA NEW YORK

bile che i corpi fisici abbiano moti relativi superiori alla velocità
della luce? Tuttavia se prendiamo la nostra palla di gomma come si-
stema fisso di riferimento. basta soltanto una debole rotazione della
palla per dare alla luna un moto relativo assai più veloce della ve-
locità della luce ».
Cheetah annuì lentamente.
« Vedete » continuò Apollinax, « noi non possiamo proprio man-
tener ferma la palla mentre facciamo ruotare l’universo attorno ad
essa. Ciò significa che dobbiamo considerare la rotazione della palla
come assoluta, non come relativa. Gli astronomi si imbattono nello
stesso tipo di difficoltà in quello che essi chiamano l’effetto Doppler
trasversale. Se la terra gira, la velocità trasversale relativa fra l'os-
servatore ed un raggio di luce proveniente da una stella distante è
molto piccola, sicché lo spostamento è piccolo. Ma se si considera il
cosmo come rotante. allora la velocità trasversa della stella distante,
relativamente all’osservatore, è molto grande e lo spostamento
Doppler dovrebbe aumentare corrispondentemente. Dato che l’ef-
fetto Doppler trasversale è piccolo, dobbiamo ammettere che sia la
terra a ruotare. Naturalmente, ciò inficia la teoria della relatività ».
« Allora », mormorò Cheetah, apparendo leggermente pallido,
« come spiega il fatto che l’esperimento di Michelson-Morley non è
riuscito a rilevare alcun moto della terra relativo ad uno spazio
fisso? »
« Molto semplice », disse Apollinax. « L’universo è infinito. La
terra gira attorno al sole, il sole gira attraverso la galassia. la ga-
lassia si muove relativamente alle altre galassie, le galassie sono in
ammassi galattici che si muovono relativamente ad altri ammassi e
gli ammassi sono parte di superammassi. La gerarchia è infinita.
Sommate insieme una serie infinita di vettori, di velocità e direzioni
distribuite a caso: cosa avviene? Che si annullano vicendevolmente.
Zero e infinito sono parenti e ve lo dimostro ».
Indicò un grosso vaso sulla tavola. « Immaginate che il vaso sia
vuoto. Cominciamo a riempirlo con dei numeri. Se vi aggrada, po-
tete pensare a dei piccoli gettoni con dei numeri. Un minuto prima
di mezzogiorno mettiamo i numeri da 1 a 10 nel vaso e togliamo
l’uno. Mezzo minuto prima di mezzogiorno, mettiamo quelli da 11 a
20 e togliamo il 2. Un terzo di minuto prima di mezzogiorno met-
tiamo i numeri da 21 a 30 e togliamo il 3. Un quarto di minuto
117
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

prima di mezzogiorno mettiamo dal 31 al 40 e togliamo il 4. E così


di seguito. Quanti numeri ci saranno nel vaso a mezzogiorno? »
« Infiniti » disse Nancy. « Ogni volta che ne prendete uno, ne
mettete dieci ».
Apollinax schiamazzò come una gallina. « Non ci sarebbe nulla
nel vaso! Il 4 è nel vaso? No, lo abbiamo tolto alla quarta opera-
zione. Il 518 è nel vaso? No, è venuto fuori alla 518a operazione.
I numeri nel vaso, a mezzogiorno, formano un insieme vuoto. Ve-
dete quanto l’infinito è vicino allo zero? »
La signora Cheetah si avvicinò a noi portando un vassoio con
pasticcini e dolcetti. « Penso che metterò in pratica l’assioma della
scelta di Zermelo », disse Apollinax, tirandosi il pizzetto, « prenden-
done uno di ogni tipo ».
« Se lei pensa che la teoria della relatività sia morta », dissi io
dopo qualche minuto, « qual è il suo atteggiamento verso la moderna
teoria dei quanti? Pensa che vi sia una fondamentale casualità nel
comportamento delle particelle elementari? O la casualità è giusto
una espressione della nostra ignoranza delle leggi sottostanti? »
« Io accetto il punto di vista moderno », disse lui. « In realtà,
vado anche oltre. Sono d’accordo con Karl Popper che vi siano ra-
gioni logiche per cui il determinismo non possa esser preso sul serio ».
« È difficile crederlo », disse qualcuno.
« Bene, mettiamola in questo modo. Vi sono parti del futuro
che in linea di principio non possono mai esser predette corretta-
mente, anche se uno possiede una totale informazione circa lo stato
dell’universo. Ve lo dimostro ».
Prese dal suo taschino una scheda da archivio e tenendola in modo
che nessuno potesse vedere cosa scriveva, vi scarabocchiò sopra qual-
cosa e me la porse, con lo scritto volto in basso. « La metta nella
tasca destra dei pantaloni ».
Feci come aveva detto.
« Su quella scheda », disse, « ho descritto un evento futuro.
Ancora non si è verificato, ma è indubbio che prima delle sei », e
dette uno sguardo all’orologio da polso, « esso o si sarà verificato
o no ».
Prese un’altra scheda dalla tasca e me la porse. « Le chiedo di
provare a prevedere se l’evento che ho descritto proprio adesso av-
verrà. Se pensa che lo sarà, scriva ‘ sì ’ sul cartoncino che tiene
in mano. Se no, scriva ‘ no ’ ».
118
IL SIGNOR APOLLINAX VISITA NEW YORK

Cominciai a scrivere, ma Apollinax mi afferrò il polso. « Un


momento, vecchio mio. Se vedessi la vostra predizione, potrei fare
qualcosa per farla fallire. Aspetti che mi sia girato e non faccia ve-
dere a nessuno quello che scrive ». Girò su sé stesso e si mise a
guardare il soffitto sinché non ebbi finito di scrivere. « Ora metta
il biglietto nella tasca sinistra, dove nessuno la possa vedere ».
Si girò di nuovo verso di me. « Io non so quale sia la sua pre-
dizione. Né lei sa quale sia l’evento. La probabilità che lei abbia
ragione è di uno su due ».
Annuii.
« Allora le propongo la seguente scommessa. Se la sua predizione
è errata, lei mi darà dieci centesimi. Se è giusta, le darò io un milione
di dollari ».
Tutti apparvero sbalorditi. « È un affare », dissi io.
« Mentre aspettiamo », disse Apollinax a Nancy, « torniamo alla
teoria della relatività. Le piacerebbe sapere come potrebbe sempre
indossare un maglione relativamente pulito, anche avendone due
soli e non lavandone mai nessuno?
« Sono tutta orecchie », disse lei sorridendo
« Lei ha anche delle altre caratteristiche », disse lui, « e molto
graziose per giunta. Ma torniamo a quei maglioni. Lei indossa il
più pulito, diciamo il maglione A, sinché non diventa più sporco
del B. Allora se lo toglie e indossa quello relativamente più pulito,
cioè il B. Quando B è più sporco di A, toglie B e rimette quello
relativamente più pulito A. E così via ».
Nancy fece una smorfia.
« Proprio non posso fermarmi sino alle sei », disse Apollinax.
« Tanto meno in questa calda sera primaverile di Manhattan. Sapre-
ste per caso se Thelonious Monk suona in qualche posto stasera in
città? »
Gli occhi di Nancy si spalancarono. « Ma certo, suona proprio
qui, al ‘ Village ’. Le piace il suo stile? »
« Lo adoro », disse Apollinax. « E ora se vuole farmi da guida
al più vicino ristorante, dove le offrirò la cena, ceneremo, io le spie-
gherò il mistero delle piastrelle e poi andremo a sentire Monk »
Dopo che Apollinax si allontanò dando il braccio a Nancy, la
notizia della scommessa sulla predizione si diffuse rapidamente nella
sala. Quando si fecero le sei, tutti si riunirono per vedere cosa ave-
119
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

vamo scritto Apollinax ed io. Aveva ragione. L’evento era logica-


mente impredicibile ed io gli dovevo un diecino.
Il lettore potrà divertirsi a cercar di trovare quale evento fu-
turo Apollinax aveva descritto su quella scheda.

Appendice
Molti lettori hanno preso sul serio Apollinax (anche se ho detto
che era un protetto di Bourbaki, il ben noto, inesistente matematico
francese) e mi hanno scritto per chiedermi dove avrebbero potuto
trovare notizie sulla « funzione di Apollinax ». Sia Apollinax che
Nancy, come altri presenti al thè, sono scaturiti da due poesie di
T. S. Eliot, « Mr. Apollinax » e « Nancy », che appaiono una di
fronte all’altra in due pagine dei Collected Poems: 1909-1962 di
Eliot (Harcourt Brace, 1963).
« Mr. Apollinax », fra l’altro, è una poesia su Bertrand Russell.
Quando Russe1 visitò Harvard nel 1914, Eliot assistette alle sue le-
zioni di logica e si incontrò con lui ad un thè; il thè che Eliot de-
scrive nella sua poesia. Un matematico del Trinity College, di Cam-
bridge, ha scritto per chiedermi se il nome « Phlaccus » fosse una
parola di mascheramento combinante « flaccido » e « fallo »; la cito
come un contributo minore all’esegesi di Eliot. Hilbert Dongle de-
riva da Herbert Dingle, il fisico inglese che in anni recenti ha so-
stenuto che se il paradosso dell’orologio della teoria della relatività
è vero, allora non lo è la relatività. (Si veda il mio capitolo sul pa-
radosso dell’orologio in La relatività per tutti, uscito in questa col-
lana). Thelonious Monk è... Thelonious Monk.
Il ragionamento di Apollinax circa il maglione sporco di Nancy
è ripreso da un poemetto di Piet Hein, già menzionato nel Cap. 2.
Il paradosso dei numeri nel vaso proviene da A Matematician’s
Miscellany di J. E. Littlewood. Esso illustra un caso in cui la sot-
trazione del numero transfinito aleph zero da dieci volte aleph zero
dà come risultato zero. Se i gettoni numerati vengono estratti dal
vaso nell’ordine 2, 4, 6, 8, ... rimane un infinito di ordine aleph zero,
cioè l’insieme di tutti i numeri dispari. È possibile anche estrarre un
insieme infinito di gettoni in modo da lasciare un qualsiasi numero
finito di gettoni. Se si vuole lasciare esattamente, diciamo, tre get-
toni, basta semplicemente estrarre i numeri in successione a comin-
120
IL SIGNOR APOLLINAX VISITA NEW YORK

ciare dal 4. La situazione è una divertente dimostrazione del fatto


che quando si toglie un aleph zero da un aleph zero, il risultato
è indeterminato; esso può esser reso uguale a zero, a infinito o a
qualsiasi numero intero positivo desiderato, in dipendenza della na-
tura dei due insiemi infiniti interessati.
La disposizione per il paradosso del cubo che svanisce si basa
su un principio poco noto scoperto da Paul Curry, di New York, e
discusso a lungo nel capitolo « Sparizioni geometriche » del mio
volume in edizione economica della Dover Mathematics, Magic and
Mystery.
La mia versione del paradosso della predizione nella forma di
scommessa per renderlo più vivace è stata pubblicata per la prima
volta in Ibidem, una rivista canadese di magia, n. 23, marzo 1961,
p. 23. Ho presentato una versione leggermente differente, sotto la
forma di cartolina inviata ad un amico, al British Journal for the
Philosophy of Science, vol. 13, p. 51, maggio 1962.

Risposte
Il paradosso delle piastrelle, mostrato da P. Bertrand Apollinax,
si spiega così. Quando tutte le diciassette piastrelle vengono disposte
in forma di quadrato, i lati del quadrato non sono perfettamente
diritti ma convessi di una impercettibile quantità. Quando un cubo
viene rimosso e le sedici piastrelle ridisposte in quadrato, i lati del
quadrato sono concavi di un’uguale impercettibile quantità. Questo
tien conto dell’apparente cambio di area. Per rendere più drammatico
il paradosso, Apollinax eseguì un po’ di prestidigitazione facendo
sparire nel palmo della mano il quinto cubo mentre ridistribuiva le
tessere.
Nella scommessa sulla predizione l’evento descritto da Apollinax
sulla scheda era: « Lei metterà nella tasca sinistra dei suoi panta-
loni un biglietto su cui avrà scritto ‘ no ’ ». Il modo più semplice di
presentare lo stesso paradosso è chiedere a qualcuno di predire, di-
cendo sì o no, se la prossima parola da lui pronunciata sarà « no ».
Le ragioni di Karl S. Popper per pensare che parte del futuro è per
principio impredicibile sono basate non su questo paradosso, che è
semplicemente una versione del vecchio paradosso del mentitore,
ma su considerazioni molto più profonde. Queste considerazioni
121
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

sono poste nell’articolo di Popper « Indeterminismo in fisica quan-


tistica e in fisica classica », nel British ]ournal for the Philosophy of
Science, vol. 1, n. 2 e 3, 1950 e saranno discusse più profondamente
in un suo prossimo libro « Poscritto: venti anni dopo ». Un paradosso
predittivo essenzialmente uguale a quello di Apollinax, salvo che in
esso entrano un calcolatore ed un ventilatore elettrico invece che
una persona ed un pezzo di carta, è discusso nel cap. 11 di A
Philosopher Looks at Science di John G. Kemey, pubblicato da
D. Van Nostrand nel 1959.
Il paradosso delle serie infinite di 4, alternativamente sommati
e sottratti si spiega col fatto che la somma della serie non è con-
vergente ma oscilla alternativamente fra i valori zero e quattro. La
spiegazione dei paradossi della rotazione richiederebbe di entrare
troppo in profondità nella teoria della relatività. Per una stimolante
presentazione di un approccio moderno a queste classiche difficoltà
si raccomanda il recente libro di Dennis Sciama, The Unity of the
Universe, pubblicato dalla Doubleday & Company, Inc.

122
12
NOVE PROBLEMI

1. Il gioco dell’Hip
Il gioco dell’« Hip », così detto per la nota antipatia degli arti-
sti d’avanguardia (hipsters) verso i « quadrati », si gioca su una
scacchiera di sei per sei così:
Uno dei giocatori ha diciotto pedine rosse; il suo avversario ne
ha diciotto nere. A turno mettono una pedina per volta su una qual-
siasi delle caselle vuote della scacchiera. Ognuno cerca di disporre le
pedine in modo da evitare che un qualsiasi gruppo di quattro di esse
vengano a trovarsi ai vertici di un quadrato, qualunque ne sia la
dimensione e inclinazione. I quadrati possibili sono 105, alcuni dei
quali sono mostrati in fig. 51.
Un giocatore vince quando il suo avversario forma uno dei 105
possibili quadrati. Il gioco può esser giocato su una scacchiera con
pedine effettive o con matita e carta. Basta disegnare la scacchiera
e registrare le mosse segnando delle X o degli 0 sulle caselle.
Per parecchi mesi dopo aver ideato questo gioco ho creduto che
fosse impossibile giungere ad una patta. Poi G. M. McLaury, uno
studente di matematica dell’Università di Oklahoma, ha dimostrato
che il gioco poteva terminare con una patta. Il problema è dimostrare
come il gioco può terminare alla pari dividendo le 36 caselle in
due gruppi di diciotto ciascuno in modo tale che non vi siano quat-
tro caselle dello stesso gruppo a contrassegnare i vertici di un qua-
drato.

2. Un problema di manovra ferroviaria


L’efficiente manovra dei vagoni ferroviari pone spesso degli este-
nuanti problemi nel campo della ricerca operativa. Il problema di
commutazione tracciato in fig. 52 ha il merito di combinare la sem-
plicità con una sorprendente difficoltà.
Il tunnel è abbastanza ampio per far passare la locomotiva ma
123
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 51. Quattro dei 105 modi di formare un « quadrato » nel gioco dell’Hip.

non abbastanza per i due carri. Il problema richiede di usare la loco-


motiva per scambiare la posizione dei carri A e B, riportandola alla
fine nel posto iniziale. Entrambe le estremità della locomotiva pos-

Fig. 52. Un problema di ricerca operativa.

124
NOVE PROBLEMI

sono essere adoperate per spingere o tirare e i due carri possono,


se occorre, essere agganciati l’uno all’altro.
La migliore soluzione è quella che richiede il minor numero di
operazioni. Una « operazione » viene definita in questo caso come
un qualsiasi movimento della locomotiva fra due fermate, conside-
rando come fermata quando cambia senso di marcia, quando aggan-
cia un carro per spingerlo o lo sgancia dopo averlo mosso. I movi-
menti dei due scambi non sono contati come operazioni.
Un modo conveniente di lavorare al problema è disporre una
moneta da cinque, da dieci e da venti lire sulla figura e farle scivo-
lare lungo i binari, ricordando che solo la moneta rappresentante
la locomotiva può passare sotto alla galleria. Nella fig. 52, i carri
sono stati disegnati vicini agli scambi. Nello sviluppo del problema
si può pensare che entrambi i carri possono essere disposti abba-
stanza lontano verso la galleria tanto da lasciare sufficiente spazio
fra ciascun carro e lo scambio per farvi entrare sia la locomotiva che
l’altro carro.
Non sono ammesse manovre di « scambi volanti ». Per esempio,
non è permesso considerare che lo scambio venga mosso rapidamente
subito dopo che è stato superato da un carro libero spinto dalla
macchina, in modo da far andare il carro da una parte e la macchina
dall’altra senza fermate.

3. I cartelloni pubblicitari della birra lungo l’autostrada


Rossi guida a velocità costante sull’autostrada, con la moglie ac-
canto. « Hai notato », dice, « che quei noiosi cartelloni della birra
Flatz sembrano essere a distanza regolare lungo la strada? Chissà a
che distanza sono ».
La Signora Rossi guarda l’orologio da polso e conta il numero
di cartelloni della birra Flatz che passano in un minuto.
« Che strana coincidenza! » esclama Rossi. « Moltiplicando quel
numero per 10, si ha esattamente la velocità della nostra macchina in
chilometri all’ora ».
Ammettendo che la velocità della macchina sia costante, che i
cartelloni siano a distanze uguali e che il minuto della Signora Rossi
cominci a terminare quando la macchina si trova in posizione inter-
media fra due cartelloni, quanto dista un cartellone dal successivo?
125
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

4. Il taglio del cubo e della ciambella

Un ingegnere, noto per la sua abilità nel vedere intuitivamente


una struttura tridimensionale, stava prendendo un caffè con delle
ciambelle. Prima di metter nella tazza un cubetto di zucchero, mise
il cubo sulla tavola e pensò: se passo un piano orizzontale per il
centro del cubo, la sezione che si ottiene sarà naturalmente un qua-
drato. Se la faccio passare per il centro e i quattro vertici del cubo,
la sezione è un rettangolo. Supponiamo che tagli il cubo in questo
modo con il mio piano ... Con suo sorpresa, la sezione immaginata
mentalmente risulta essere un esagono regolare.
Come deve esser fatto il taglio? Se il lato del cubo è di mezzo
centimetro, quale è il lato dell’esagono?
Dopo aver fatto cadere il cubo nel caffè, l’ingegnere volse la
sua attenzione ad una ciambella che giaceva in piano su un vas-
soio. « Se faccio passare un piano orizzontalmente per il centro »,
disse a se stesso, « la sezione trasversale risulta di due cerchi con-
centrici. Se faccio passare il piano verticalmente per il centro, la
sezione risulta di due cerchi separati dalla larghezza del foro. Ma
se giro il piano così ... « Egli fischiò stupefatto. La sezione consi-
steva di due perfetti cerchi intersecantisi!
Come era fatto il taglio? Se la ciambella è un toro perfetto, con
diametro esterno di tre centimetri e con un foro di un centimetro di
diametro, quali sono i diametri dei due cerchi che si intersecano?

5. La bisezione dello Yin e Yang

Due matematici pranzavano allo Ying e Yang, un ristorante cinese


nella Terza Strada Ovest di Manhattan. Essi chiacchieravano circa il
simbolo inciso sulla carta del menù del ristorante (fig. 53).
« Suppongo che sia uno dei più vecchi simboli religiosi », disse
uno di essi. « Sarebbe difficile trovare un modo attraente di simboliz-
zare i due grandi poli della natura: bene e male, maschio e fem-
mina, inflazione e deflazione, integrazione e differenziazione ».
« Non è anche il simbolo della ‘ Northern Pacific Railway ?’ »
« Sì. Mi risulta che uno degli ingegneri capi della linea vide
l’emblema su una bandiera coreana alla Fiera di Chicago del 1893
126
NOVE PROBLEMI

e sollecitò la sua compagnia ad adottarlo. Egli disse che esso sim-


bolizzava gli estremi del fuoco e dell’acqua che muovevano la mac-
china a vapore ».
« Pensi che esso abbia ispirato la costruzione della moderna
palla da baseball? »
« Non mi sorprenderebbe. Fra l’altro lo sai che esiste un elegante
metodo per tracciare una retta attraverso il cerchio in modo che
bisechi esattamente le aree dello Yin e dello Yang? »
Ammettendo che lo Yin e lo Yang siano separati da due semi-
cerchi, mostrare come ciascuno possa essere simultaneamente bi-
secato dalla stessa retta.

6. Le sorelle dagli occhi blu


Se vi capita di incontrare due delle sorelle Bianchi (si ammette
che le due siano scelte a caso dal gruppo di tutte le sorelle Bianchi),
potete scommettere esattamente alla pari che entrambe le sorelle
saranno con gli occhi blu. Qual è la vostra migliore valutazione del
numero totale di sorelle Bianchi dagli occhi blu?

7. Quanto è antica la città Rosa-rossa?


Due professori, uno di inglese e uno di matematica, erano al bar
della facoltà a bere qualcosa.
127
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

« È curioso », disse il professore di inglese, « come alcuni poeti


possano scrivere un verso immortale e più nient’altro di valore du-
raturo. John William Burgon, per esempio. I suoi poemi sono così
mediocri che ora nessuno li legge più, tuttavia egli scrisse uno dei
versi più meravigliosi della poesia inglese:
Una città rosa e rossa, vecchia quanto la metà del Tempo.

Il matematico, che si divertiva a tormentare i suoi amici con dei


rompicapo improvvisati, pensò uno o due istanti, alzò il suo bicchiere
e recitò:
Una città rosa e rossa vecchia quanto la metà del Tempo.
Un miliardo di anni fa l’età della città
era proprio due quinti di quella che sarà l’età del Tempo
fra un miliardo di anni. Puoi calcolare
quanto è vecchia oggi la città purpurea?

Il professore di inglese aveva dimenticato da parecchio tempo le


sue conoscenze di algebra e, fece rapidamente scivolare la conver-
sazione su un altro argomento, ma i lettori non dovrebbero trovare dif-
ficile il problema.

8. La gara difficile

Tre scuole superiori − Washington, Lincoln e Roosevelt − fecero


un incontro di atletica. Ogni scuola presentò un concorrente, ed uno
solo, ad ogni gara. Susanna, studentessa della Lincoln, era sulle gra-
dinate per salutare il suo amico, campione di getto del peso della
scuola.
Quando sul tardi Susanna tornò a casa, suo padre le chiese cosa
aveva fatto la sua scuola.
« Lui ha vinto il getto del peso regolarmente » disse, « ma la
Washington ha vinto l’incontro con un punteggio finale di 22. Noi
abbiamo fatto 9 e altrettanto la Roosevelt ».
« Quali sono stati i punteggi delle gare? » chiese il padre.
« Non lo ricordo esattamente », rispose Susanna, « ma c’era un
certo numero di punti per il vincitore di ogni gara, uno inferiore
128
NOVE PROBLEMI

per il secondo posto e ancora minore per il terzo. I numeri erano


uguali per tutte le gare ». (Per « numero » Susanna intendeva na-
turalmente un intero positivo).
« Quante gare erano in tutto? »
« O Dio, papà, non lo so. Tutto quello che ho guardato è stato
il getto del peso ».
« C’era un salto in alto? » chiese il fratello di Susanna.
Susanna annuì.
« Chi lo ha vinto? »
Susanna non lo sapeva.
Per quanto possa sembrare incredibile, quest’ultima domanda può
aver risposta in base alle sole informazioni date. Quale scuola ha
vinto il salto in alto?

9. La termite e i 27 cubi

Immaginate un grosso cubo formato incollando assieme 27 cubetti


di legno di grandezza uniforme (fig. 54). Una termite comincia al
centro della faccia di uno qualsiasi dei cubi esterni e scava un per-
corso che la fa passare una volta attraverso ogni cubo. Il suo movi-
mento è sempre parallelo ad un lato del cubo grande, mai in dia-
gonale.
È possibile che la termite passi attraverso ognuno dei 26 cubi
esterni una ed una sola volta e termini il suo percorso entrando nel

129
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

cubetto centrale per la prima volta? Se possibile, mostrare come fa;


se impossibile, dimostrarlo.
Si suppone che la termite, una volta forato un cubo piccolo, segua
un percorso interamente interno al cubo grande. Altrimenti potrebbe
sbucar fuori sulla superficie del cubo grande e muoversi lungo la su-
perficie esterna sino ad un nuovo punto di entrata. Se ciò fosse per-
messo, il problema non sussisterebbe.

Risposte
1. La fig. 55 mostra il finale di una partita patta di Hip. Questa
soluzione bella e difficile a trovarsi fu scoperta per primo da C. M.
McLaury, studente di matematica all’Università di Oklahoma al quale
avevo comunicato il problema tramite Richard Andree, un suo pro-
fessore.
La scacchiera di ordine 6 è la più grande su cui è possibile una
patta. Ciò è stato dimostrato nel 1960 da Robert I. Jewett, allora
studente dell’Università dell’Oregon. Egli riuscì a dimostrare che una
patta è impossibile su quella di ordine 7 e dato che tutti i quadrati
più grandi contengono quadrati minori di sette per sette, anche su di
essi sono evidentemente impossibili le patte.
L’Hip su una scacchiera di ordine 6 è un gioco rigorosamente
equo. David H. Templeton, professore di chimica al Lawrence Ra-

130
NOVE PROBLEMI

diation Laboratory dell’Università di California a Berkeley, ha fatto


notare che il secondo giocatore può sempre forzare la patta giocando
una semplice strategia di simmetria. Egli può fare ogni mossa in modo
da controbilanciare l’ultima mossa fatta dal suo avversario o con una
riflessione rispetto ad una bisettrice della scacchiera o con una rota-
zione di 90 gradi attorno al centro della scacchiera. (Quest’ultima
strategia condurrebbe alla patta rappresentata in fig. 55). Una strate-
gia alternativa è giocare nella casella opposta corrispondente su una
linea che dall’ultima mossa dell’avversario passa per il centro della
scacchiera. Strategie di patta per il secondo giocatore sono state anche
inviate da Allan W. Dickinson, Richmond Heights, Missouri e Mi-
chael Merritt, studente al Texas A. & M. College. Queste strategie
si applicano a tutti i campi di ordine pari, e dato che non sono pos-
sibili patte su campi del genere di ordine superiore a 6, la strategia
garantisce la vittoria per il secondo giocatore su tutte le scacchiere
pari di ordine 8 o superiore. Anche su quella di ordine 6, una stra-
tegia di riflessione rispetto ad una parallela alla bisettrice dà una
vittoria sicura, dato che l’unico schema di patta non ha questo tipo di
simmetria.
Il gioco di simmetria fallisce sui campi di ordine dispari a causa
della casella centrale. Dato che nulla si sa circa le strategie sulle scac-
chiere dispari, quella di ordine 7 è la migliore per il gioco effettivo.
Essa non può finire in una patta e nessuno attualmente sa se, gio-
cando razionalmente entrambi, sarà il primo o il secondo giocatore a
vincere.
Nel 1963 Walter W. Massie, studente di ingegneria civile all’Isti-
tuto Politecnico di Worcester, ha ideato un programma di gioco del-
l’Hip per il calcolatore numerico IBM 1620 e ne ha fatto una tesina.
Il programma consente al calcolatore di giocare come primo o se-
condo giocatore su qualsiasi campo quadrato di ordine 4 sino al 10.
Il calcolatore prende una casella a caso se gioca per primo. In altre
partite, segue una strategia di riflessione salvo quando una mossa ri-
flessa forma un quadrato; allora fa delle scelte a caso sino a trovare
una casella sicura.
Su tutti i campi quadrati di ordine n, il numero di quadrati di-
versi che possono esser formati da quattro caselle è (n4 - n2)/12. La
deduzione di questa formula come anche una per scacchiere rettan-
golari, è data in Play Mathematics di Harry Langman, Hafner 1962,
pp. 36-37.
131
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

2. La locomotiva può scambiare la posizione dei carri A e B e


tornare al posto iniziale in sedici movimenti:

1. La locomotiva va a destra, aggancia il carro A.


2. Tira A verso il basso.
3. Spinge A verso sinistra e lo sgancia.
4. Si sposta a destra.
5. Percorre un cerchio in senso orario passando per la galleria.
6. Spinge B verso sinistra. I tre veicoli vengono agganciati
assieme.
7. Tira A e B a destra.
8. Spinge A e B sul binario alto. A viene sganciato da B.
9. Tira B in basso.
10. Spinge B a sinistra, lo sgancia.
11. Gira in senso antiorario passando per la galleria.
12. Spinge A in basso e lo sgancia.
13. Si sposta a sinistra.
14. Tira B verso destra.
15. Spinge B in alto, lo sgancia.
16. Si sposta verso sinistra nella posizione originaria.

Questo procedimento funziona anche quando alla locomotiva non


è permesso tirare con la parte frontale, purché all’inizio sia disposta
con il retro verso i carri.
Howard Grossman, di New York, e Moises V. Gonzales, di Mia-
mi, hanno fatto notare entrambi che se il binario morto inferiore è
completamente eliminato, il problema può ancora esser risolto, seb-
bene siano necessari altri due movimenti, diciotto in tutto. Può il
lettore scoprire come si fa?

3. L’aspetto curioso del problema dei cartelloni della birra Flatz


è che non è necessario conoscere la velocità della macchina per de-
terminare la distanza fra i cartelloni. Sia x il numero di cartelloni che
passano in un minuto. In un’ora ne passeranno 60x. La velocità della
macchina, è detto, è di 10x chilometri all’ora. In 10x chilometri
vedrebbe passare 60x cartelloni, sicché in un chilometro passano
60x/10x, ossia 6, cartelloni. Essi perciò sono distanti fra loro 1/6
di chilometro, ossia 166,6 ... metri.
132
NOVE PROBLEMI

4. Un cubo tagliato a metà da un piano che passa per i punti


medi di sei lati come mostrato in fig. 56, produce una sezione di
forma esagonale regolare. Se il cubo è di mezzo centimetro di lato,
il lato dell’esagono è 2 4 di centimetro.
Per tagliare un toro in modo che la sezione consista di due cerchi
intersecantisi, il piano deve passare per il centro ed essere tangente
al toro sopra e sotto, come mostrato in fig. 57. Se il toro ed il foro
hanno diametri di tre ed un centimetro, ogni cerchio della sezione
avrà evidentemente un diametro di due centimetri.
Questo modo di tagliare ed i due descritti prima, sono i soli con
cui è possibile tagliare una ciambella in modo che le sezioni siano cir-
colari. Everett A. Emerson, della divisione elettronica della National
Cash Register, di Hawthorne, California, ha mandato una dimostra-
zione algebrica completa che non vi è un quarto modo.

Fig. 56. Risposta al problema del taglio del cubo.

133
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 57. Risposta al problema del taglio della ciambella.

134
NOVE PROBLEMI

6. La fig. 58 mostra come costruire una retta che biseca sia lo Yin
che lo Yang. Una semplice dimostrazione si ottiene disegnando i due
semicerchi tratteggiati. Il diametro del cerchio K è metà di quello
della monade; perciò la sua area è un quarto di quella della monade.
Si prenda la regione G da questo cerchio, si aggiunga H e la regione
che ne risulta è ancora un quarto dell’area della monade. Ne segue
che l’area G uguaglia l’area H e naturalmente metà di G deve essere
uguale a metà di H. La linea che biseca toglie metà di G dal cerchio
K, ma ripristina la stessa area (metà di H) al cerchio, di modo che
l’area nera sotto la linea bisecante deve avere la stessa area del cer-
chio K. Il cerchio piccolo ha un’area pari ad un quarto dell’area del
cerchio grande, perciò lo Yin viene bisecato. Lo stesso ragionamento
si applica allo Yang.
La suddetta dimostrazione è stata fornita da Henry Dudeney nella
sua risposta al problema 158 in Amusements in Mathematics. Dopo
la presentazione in Scientific American, quattro lettori (A. E. Decae,
F. J. Hooven, Charles W. Trigg e B. H. K. Willoughby) hanno in-
viato la seguente dimostrazione alternativa, assai più semplice. In
fig. 58, tracciare un diametro orizzontale del cerchio piccolo K. Il se-
micerchio sotto questa linea ha un’area chiaramente uguale a 1/8 del
cerchio grande. Sopra il diametro c’è un settore di 45 gradi del cer-
chio grande (delimitato dal diametro orizzontale del cerchio piccolo
e dalla linea diagonale) che è anche ovviamente 1/8 dell’area del cer-

135
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

chio grande. Complessivamente, il semicerchio ed il settore hanno


un’area pari a 1/4 di quella del cerchio grande, perciò la diagonale
deve bisecare sia lo Yin che lo Yang. Circa i modi di bisecare lo Yin
e Yang mediante linee curve, si rinvia il lettore al sopracitato pro-
blema di Dudeney, ed all’articolo di Trigg, « Bisezione dello Yin e
dello Yang », in Mathematics Magazine, vol. 34, n. 2, novernbre-di-
cembre 1960, pp. 107-108.
Il simbolo dello Yin-Yang (chiamato in Cina T’ai-chi-t’u e in
Giappone Tomoye) è disegnato di solito con un piccolo Yin interno
allo Yang ed un piccolo Yang interno allo Yin. Questo vuol simbo-
lizzare il fatto che le grandi dualità della vita raramente sono pure;
ognuna di solito contiene un poco dell’altra. Esiste un’ampia lettera-
tura orientale sul simbolo. Sam Loyd, che basa sulla figura svariati
indovinelli (Sam Loyd’s Cyclopedia of Puzzles, p. 26) la chiama la
Grande Monade. Il termine « monade » è ripreso da Dudeney e usata
anche da Olin D. Wheeler in un volumetto intitolato Wonderland,
pubblicato nel 1901 dalla Northern Pacific Railway. Il primo capitolo
di Wheeler è dedicato alla storia del marchio di fabbrica ed è pieno
di curiose notizie e riproduzioni a colori da fonti orientali. Per altre
notizie sul simbolo, vedere Schuyler Cammann, « The Magic Square
of Three in Old Chinese Philosophy and Religion » in History of
Religions, vol. 1, n. 1, 1961, pp. 37-80, il mio Ambidextrous Uni-
verse, Basic Books, 1965, pp.249-250 e George Sarton, A History of
Science, vol. 1, Harvard University Press, 1952, p. 11. Carl Gustav
Jung cita alcuni riferimenti inglesi sul simbolo nella sua introduzione
al libro di I Ching (1929), e c’è ancora un libro intitolato The Chinese
Monad: Its History and Meaning, di Wilhelm von Hohenzollern,
di cui non conosco né data né editore.

6. Probabilmente vi sono tre sorelle Bianchi dagli occhi blu e


quattro in totale. Se vi sono n ragazze di cui b con gli occhi blu, la
probabilità che due scelte a caso siano con gli occhi blu è: b(b − 1)/
/n(n − 1). Il valore di questa probabilità è 1/2, sicché il problema ri-
chiede di trovare per b ed n valori interi che diano alla suddetta
espressione il valore 1/2. I più piccoli valori sono n = 4, b = 3.
I valori immediatamente superiori sono n = 21, b = 15, ma è estre-
mamente improbabile che vi siano 21 sorelle, sicché quattro sorelle,
tre delle quali con gli occhi blu, è la migliore valutazione.
136
NOVE PROBLEMI

7. L’età della città rosa-rossa è di sette miliardi di anni. Sia x l’età


attuale della città; y, l’età attuale del Tempo. Un miliardo di anni
fa la città avrebbe avuto x − l miliardi di anni e fra un miliardo di
anni l’età del Tempo sarà di y + 1. I dati del problema permettono
di scrivere due semplici equazioni: 2x = y ; x − l = 2(y + 1)/5.
Queste equazioni danno per x, l’età attuale della città, un valore
di sette miliardi di anni; e per y, età attuale del tempo, un valore di
quattordici miliardi di anni. Il problema presuppone una teoria del
tipo del « Big Bang » per la creazione del cosmo.

8. Lo spazio disponibile consente solo di suggerire il procedimento


con cui si può dimostrare che la scuola di Washington vinse la gara
di salto in alto nella competizione atletica a cui partecipavano le tre
scuole. Tre interi positivi differenti costituiscono il punteggio per il
primo, secondo e terzo posto in ogni gara. L’intero per il primo posto
deve essere almeno 3. Sappiamo che vi sono almeno due gare nella
competizione e che la Lincoln (che ha vinto il lancio del peso) ha
un punteggio finale di 9, sicché l’intero per il primo posto non può
esser superiore ad 8. Può esser 8? No, perché allora potrebbero esser
fatte solo due gare e non vi sarebbe possibilità per Washington di
arrivare ad un totale di 22 punti. Non può esser sette perché questo
non permette più di tre gare e tre non sono ancora sufficienti a per-
mettere che Washington raggiunga un punteggio di 22. Argomen-
tazioni leggermente più complicate eliminano 6, 4 e 3 come interi
per il primo posto. Rimane possibile solo il 5.
Se 5 è il valore per il primo posto, devono esserci almeno cinque
gare nell’incontro. (Un numero minore non sarebbe sufficiente a dare
a Washington un totale di 22 e più di cinque farebbe aumentare il
totale di Lincoln a più di 9). Lincoln ha ottenuto 5 nel getto del peso,
sicché gli altri quattro risultati devono essere 1. Washington può
raggiungere 22 in due soli modi: 4, 5, 5, 5, 3 oppure 2, 5, 5, 5, 5.
Il primo viene eliminato perché darebbe al Roosevelt un totale di 17,
mentre sappiamo che è 9. La restante possibilità dà un conto finale
corretto per il Roosevelt e così abbiamo una ricostruzione unica del
punteggio come mostrato nella tabella in fig. 59.
La Washington vinse tutte le gare eccetto il lancio del peso e di
conseguenza deve avere il punteggio più alto.
Molti lettori hanno mandato soluzioni più brevi di quella su
esposta. Due lettori (la Signora Erlys Jedlicka, di Saratoga, California
137
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 59. Risposta al problema dell’incontro di atletica.

e Albert Zoch, studente all’Illinois Institute of Technology) hanno


notato che vi è una scorciatoia alla soluzione basata sull’ipotesi che
il problema abbia una soluzione unica. La signora Jedlicka l’ha vi-
sta così:

Egregio sig. Gardner,


sapeva che questo problema può esser risolto senza alcun calcolo?
L’indizio necessario è nell’ultimo capoverso. La soluzione alle equa-
zioni intere deve indicare senza ambiguità quale scuola ha vinto il
salto in alto. Ciò può avvenire solo se una scuola ha vinto tutte le
gare, salvo il getto del peso; altrimenti il problema non potrebbe esser
risolto con le informazioni date, anche dopo aver calcolato il pun-
teggio e il numero delle gare. Dato che la scuola che ha vinto il
getto del peso non è la vincitrice finale, è ovvio che il vincitore finale
ha vinto tutte le gare rimanenti. Perciò senza calcoli si può dire che
Washington ha vinto il salto in alto.

9. Non è possibile che la termite passi una volta sola attraverso


i 26 cubetti esterni e termini il suo viaggio in quello centrale. Ciò
si dimostra facilmente immaginando che i cubi siano di colori al-
ternati come le caselle di una scacchiera tridimensionale o come gli
atomi di sodio e cloro nel reticolo cristallino cubico del sale ordinario.
138
NOVE PROBLEMI

Il cubo grande consisterebbe in questo caso di 13 cubi di un colore


e 14 di un altro. Il percorso della termite è sempre all’interno di
cubi che si alternano in colore lungo il percorso; perciò se il per-
corso deve includere tutti i 27 cubi, deve cominciare e terminare
con un cubo appartenente al gruppo dei 14. Il cubo centrale, però,
appartiene al gruppo dei 13; perciò il percorso desiderato è impos-
sibile.
Il problema può esser generalizzato come segue: un cubo di
ordine pari (con un numero pari di caselle nel lato) ha lo stesso
numero di caselle di uno e dell’altro colore. Non vi è cubo centrale,
ma i percorsi completi possono cominciare da qualsiasi casella e
terminare in qualsiasi casella di colore diverso. Un cubo di ordine
dispari ha una casella in più di un colore rispetto all’altro, sicché
un percorso completo deve cominciare e terminare sul colore del
gruppo più numeroso. Nei cubi di ordine dispari 3, 7, 11, 15, 19 ...
la casella centrale appartiene al gruppo più grande, sicché può essere
quella terminale di un qualsiasi percorso che comincia da una casella
dello stesso colore. Nessun percorso chiuso che passi per ogni cu-
betto unitario è possibile su un qualsiasi cubo di ordine dispari a
causa del cubo extra di uno dei colori.
Molti indovinelli a due dimensioni possono esser risolti rapi-
damente mediante « controlli di parità » del genere. Per esempio,
non è possibile che una torre cominci da un angolo di una scacchiera
e segua un percorso che la faccia passare una volta per ogni casella
e termini sulla casella nell’angolo diagonalmente opposto.

139
13
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

I polimini − le misteriose forme che su una scacchiera coprono


gruppi di quadretti congiunti − furono introdotti nel mondo mate-
matico nel 1954 da Solomon W. Golomb, ora professore di inge-
gneria e matematica all’Università della California del Sud. Se n’è
discusso per la prima volta in Scientific American nel 1957. Da
allora essi son divenuti un divertimento matematico enormemente
popolare e centinaia di nuovi giochi di polimini e insolite configu-
razioni sono venuti alla luce. La seguente comunicazione di Golomb
tratta alcune delle recenti scoperte.
« Le forme che coprono cinque quadrati connessi », scrive Go-
lomb, « sono chiamate pentamini ».Vi sono dodici forme del genere:
disposte come mostrato in fig. 60 rassomigliano a lettere dell’alfabeto
e queste lettere forniscono dei nomi opportuni per indicare i pezzi.
A scopo mnemonico, occorre ricordare solo la fine dell’alfabeto
(TUVWXYZ) e la parola FILiPpiNo.
Nei due precedenti volumi di questa collana è stato mostrato
che i dodici pentamini, costituiti in totale da 60 quadratini, pos-
sono formare configurazioni quali un rettangolo di tre per venti, di
quattro per quindici, di cinque per dodici e di sei per dieci. Possono
esser tutti sistemati su una scacchiera di otto per otto, con le quattro
caselle in eccesso disposte in quadrato di due per due in qualsiasi
punto specificato della scacchiera stessa. Dato un qualsiasi penta-
mino, nove dei rimanenti possono essere usati per triplicarlo, ossia
per farne un modello in scala tre volte più lungo e tre volte più
alto dell’originale. È anche possibile disporre i dodici pentamini in
due rettangoli, ciascuno di cinque per sei.
(Quest’ultima configurazione è nota col nome di problema di
sovrapposizione, perché interessa forme che possono esser sovrap-
poste. Golomb riferisce su cinque nuovi problemi di sovrapposizione,
pubblicati qui per la prima volta. Il lettore che non ha ancora
scoperto il fascino di giocare con i pentamini, si affretti a costruirsene
una serie di cartone e tentare la sua abilità su qualcuno dei problemi
140
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

Fig. 60.

seguenti. In tutti questi problemi, i pezzi possono esser disposti


con una qualunque delle due facce in alto).
1. Dividere i dodici pentamini in tre gruppi di quattro cia-
scuno. Trovare una forma di 20 quadretti che possa esser coperta
da ciascuno dei tre gruppi. Una delle svariate soluzioni è disegnata
in fig. 61.
2. Dividere i dodici pentamini in tre gruppi di quattro ciascuno.
Suddividere ogni gruppo in due coppie di forme. Per ogni gruppo
trovare una regione di 10 quadretti che ciascuna delle due coppie
possa coprire. Una soluzione è mostrata in fig. 62. Può il lettore
trovare altre soluzioni, compresa una senza buchi?

Fig. 61.
141
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 62.

3. Dividere i dodici pentamini in tre gruppi di quattro ciascuno.


Ad ogni gruppo aggiungere un monomino (un quadretto singolo) e
formare un rettangolo di tre per sette. La fig. 63 mostra la soluzione.
Si sa che essa è unica salvo che nel primo rettangolo, il monomino
e il pentamino Y possono esser disposti diversamente ed occupare
sempre la stessa regione.

Fig. 63.

La dimostrazione di unicità segue un suggerimento di C. S.


Lorens. Per cominciare, nello schema mostrato in fig. 64, il pentamino
X può essere usato solo in unione col pentamino U. Poi, né il pen-
tamino F né il W possono essere usati per completare questo ret-
tangolo. Inoltre, con il pentamino U necessario a far da sostegno
alla X, è impossibile usare l’F e il W nello stesso rettangolo di tre
per sette. Perciò, dei tre rettangoli di tre per sette, uno conterrà
X ed U, un altro conterrà W (ma non U) ed il terzo conterrà F (ma

142
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

non U). Quando vengono elencati e confrontati tutti i possibili modi


di completare questi tre rettangoli (un’impresa che richiede parec-
chio tempo), si trova che la soluzione mostrata è la sola possibile.

4. Dividere i dodici pentamini in quattro gruppi di tre sagome


ciascuno. Trovare una regione di 15 quadretti che possa esser co-
perta da ognuno dei quattro gruppi, Non si conosce alcuna soluzione
di questo problema. D’altra parte non è stato dimostrato che il pro-
blema sia insolubile.

5. Trovare la parte minima di scacchiera in cui ognuno dei dodici


pentamini, presi uno alla volta, può esser contenuto. L’area minima
di una tale regione è nove quadretti. Vi sono solo due esempi di una
regione del genere (fig. 65).
L’adeguatezza di tale regione viene provata osservando che ogni
pentamino a turno deve esservi contenuto. L’impossibilità di meno
di nove quadretti è dimostrata nel modo seguente: se fosse possi-
bile usare una regione con meno di nove quadretti allora in par-
ticolare i pentamini I, X e V occuperebbero una regione non superiore
a otto quadretti. I pentamini I ed X avrebbero tre quadretti in
comune. (Diversamente occorrerebbero nove quadretti, oppure l’al-
lineamento più lungo sarebbe di sei quadretti, un’inutile strava-
ganza). Ciò può avvenire solo in due modi distinti (fig. 66). In
entrambi i casi, però, l’adattamento di un pentamino ad U richie-
derebbe un nono quadretto. Così otto quadretti non sono suffi-
cienti, mentre è dimostrato per esemplificazione che nove quadretti
sono sufficienti.
Di recente le risorse dei moderni calcolatori elettronici sono state
largamente utilizzate su vari problemi di pentamini. Il capitolo sui
polimini nel primo volumie Enigmi e giochi matematici, il n. 4 di
questa collana, contiene una breve relazione su come Dana S. Scott ha
programmato il calcolatore Maniac. Dell’Università di Princeton
per determinare tutti i modi in cui i dodici pentamini possono esser
disposti sulla scacchiera di otto per otto, lasciando un vuoto di due

143
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

per due al centro. Si è trovato che vi sono 65 soluzioni sostanzial-


mente diverse nel senso che due soluzioni differenti solo per rota-
zione o per riflessione non sono considerate come diverse. Più di
recente, C. B. Haselgrove, un matematico dell’Università di Man-
chester, ha programmato un calcolatore per trovare tutti i possibili
modi di formare un rettangolo di sei per dieci con i dodici pentamini.
Escluse le rotazioni e riflessioni, egli ha trovato 2339 soluzioni so-
stanzialmente differenti! Ha anche verificato il programma di Scott
per il problema della scacchiera otto per otto.
Diversi problemi speciali di configurazione dei pentamini costi-
tuiscono eccellenti indovinelli. La fig. 67 mostra una piramide di
64 quadratini che può esser formata con i dodici pentamini e il
tetramino quadrato di due per due. La croce in fig. 68 richiede
solo i dodici pentamini ed è particolarmente difficile. Ancora non ri-
solta (non costruita né dimostrata impossibile) è la disposizione mo-
strata in fig. 69. Anche spostando il monomino vuoto in un altro pun-
to, non è stata trovata alcuna soluzione. La più vicina approssimazione
tuttora conosciuta è rappresentata in fig. 70. È anche ritenuta impos-
sibile la configurazione di Herbert Taylor, mostrata in fig. 71, seb-
bene ancora nessuno abbia trovato una dimostrazione di impossi-
bilità.
Fortunatamente non tutti i problemi di questo genere sono in-
decidibili. Lo schema mostrato in fig. 72, per esempio, non può
essere formato con i dodici pentamini, come ha dimostrato R. M.
Robinson. un matematico dell’Università di California. Esso ha il
bordo formato da 22 quadrati marginali. Se i pentamini vengono esa-
minati separatamente e si ricava il massimo numero di quadrati
marginali con cui ognuno di .essi può contribuire allo schema, il
totale risulta 21, giusto uno meno del numero richiesto. Questo
tipo di ragionamento è usato nell’elaborazione dell’indovinello dei
144
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

145
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

pezzi ad incastro. È pratica comune separare i pezzi marginali dai


pezzi interni in modo da fare prima il bordo della figura.
I polimini che coprono quattro quadrati di una scacchiera sono
chiamati tetramini. A differenza dei pentamini, i cinque distinti
tetramini non formano rettangoli. Per provarlo, si colorino a scac-
chiera i quadrati di un rettangolo di cinque per quattro e di un
rettangolo di due per dieci (i soli due rettangoli con una superficie
di 20 quadretti) (fig. 7.3). Quattro dei cinque tetramini (fig. 74) co-
priranno sempre due quadrati chiari e due scuri ma il tetramino a
forma di T copre sempre tre quadrati di un colore ed uno dell’altro.

Complessivamente, perciò, le cinque sagome copriranno un numero


dispari di quadrati scuri ed un numero dispari di quadrati chiari.
Però, i due rettangoli in questione hanno dieci quadrati di ciascuno
dei colori e 10 è un numero pari.
D’altra parte parecchi dei differenti pentamini possono esser com-
binati singolarmente con i cinque tetramini per formare dei quadrati
di cinque per cinque. Due esempi sono mostrati in fig. 75. Questo
fa sorgere un’interessante questione: quanti diversi pentamini pos-
sono essere usati in questo modo?
Robert I. Jewett, uno studente diplomato in matematica all’Uni-
versità di Oregon (menzionato nella risposta al primo problema del
precedente capitolo) ha proposto un problema basato su dei duomini
(polimini con due quadratini) del tutto diverso da ognuno dei pro-
blemi sinora discussi. È possibile formare un rettangolo con duomini
in modo che non vi sia alcuna linea retta, verticale o orizzontale,

146
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

congiungente lati opposti del rettangolo? Per esempio, in fig. 76 vi


è una linea verticale nel centro che si estende completamente dal-
l’alto al basso. Se i duomini vengono considerati come dei mattoni,
una linea del genere rappresenterebbe una zona debole della strut-
tura. Il problema di Jewett è così analogo a quello di trovare degli
schemi rettangolari di costruzione muraria senza « linee di frattura ».
Molta gente che si cimenta con questo problema subito abbandona,
convinta che non vi sia soluzione. In realtà ve ne sono infinite.
Il lettore è invitato a farsi o procurarsi una serie di duomini
− la serie standard di 28 tavolette del domino è più che suffi-
ciente − per vedere se riesce a determinare il più piccolo rettangolo
« senza linee di frattura » realizzabile con questi pezzi. La soluzione
a questo bellissimo problema sarà data nella sezione delle risposte,
insieme a una notevole dimostrazione, ideata da Golomb, che non
esistono quadrati di sei per sei senza linee di frattura.

Appendice
Da quando questo capitolo è apparso nello Scientific American
si è progredito molto nello studio dei polimini e dei rettangoli per-
fetti. Il lettore interessato è invitato a consultare il volume di Go-
lomb Polyminoes, pubblicato da Scribner nel 1965, in cui l’argomento
è trattato in profondità e vengono dati molti risultati nuovi.
La configurazione di Herbert Taylor (fig. 71) e il quadrato den-
tellato (fig. 69) sono stati entrambi dimostrati impossibili, benché
non si siano ancora trovate dimostrazioni concise ed eleganti per

147
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

entrambe le forme. Circa la configurazione di Taylor ho ricevuto delle


dimostrazioni da Ivan M. Anderson, Leo J. Brandenburger, Bruce
H. Douglas, Micky Earnshaw, John C. Fletcher, Meredith G.
Williams e Donald L. Vanderpool. Dimostrazioni di impossibilità
per il quadrato dentellato sono venute da Bruno Antonelli, Leo J.
Brandenburger, Cyril B. Carstairs, Bruce H. Douglas, Micky Earn-
shaw, E. J. Mayland junior e Robert Nelson.
J. A. Lindon, di Surrey, Inghilterra ha trovato una soluzione del
quadrato dentellato col monomino (vuoto) sul margine, adiacente ad
un vertice (la sua soluzione appare a p. 73 del volume di Golomb).
Altri lettori hanno trovato soluzioni col monomino nel vertice. D. C.
e B. G. Gunn, di Sussex, Inghilterra hanno inviato sedici diversi
schemi di questo tipo. Non si sa ancora se il monomino può esser
disposto sul margine, ma ad un quadrato di intervallo dal vertice.
William E. Patton, un ingegnere idraulico a riposo che vive a
South Boston, in Virginia, ha scritto che sin dal 1944 sta facendo
ricerche sui rettangoli perfetti fatti con duomini. Mi ha inviato dei
riassunti di alcuni suoi risultati, molti dei quali suggeriscono inte-
ressanti problemi. Qual è, per esempio, il più piccolo rettangolo
perfetto con lo stesso numero di duomini orizzontali e verticali?
La risposta è di cinque per otto. I lettori provino a trovare altre
soluzioni.
Il concetto di un quadrato perfetto fatto con duomini suggerisce
una varietà di giochi, nessuno dei quali, per quanto ne so, è stato
ancora analizzato. Per esempio, i giocatori dispongono a turno dei
pezzi di domino su una scacchiera quadrata. Vince chi per primo com-
pleta una linea di frattura, verticalmente o orizzontalmente. Oppure
si può giocare all’inverso: perde chi per primo completa una linea
di frattura.

Risposte
Le risposte all’indovinello della piramide e della croce sono rap-
presentate in fig. 77 e 78. Nessuna delle due soluzioni è unica. Ai
lettori era stato richiesto di determinare quali singoli pentamini
possono esser combinati con i cinque tetramini per formare un qua-
drato di cinque per cinque. Ciò è possibile con tutti i pentamini
eccetto I, T, X e V.
148
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

Fig. 77. Una risposta al gioco della piramide.

Fig. 78. Una risposta al gioco della croce.

149
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Il più piccolo rettangolo senza linee di frattura (ossia un rettan-


golo in cui nessuna linea retta unisce lati opposti) che può esser
formato con duomini è di cinque per sei. Le due soluzioni sostanzial-
mente differenti sono indicate in fig. 79.
« Non è difficile dimostrare », scrive Solomon W. Golomb, « che
la minima dimensione per i rettangoli senza linee di frattura deve
superare 4 ». (I casi di larghezza 2, 3 e 4 si trattano meglio separata-
mente). Perciò dato che cinque per cinque dà un numero dispari
di quadratini e i duomini coprono sempre un numero pari di qua-
dratini, il rettangolo di cinque per sei è la soluzione minima.
Un rettangolo di cinque per sei può essere ampliato sino ad una
scacchiera di otto per otto e soddisfare ancora alla condizione di
essere senza linee di frattura. Un esempio è mostrato in fig. 80. È
sorprendente che non vi siano rettangoli perfetti di sei per sei.
Di questo fatto esiste una notevole dimostrazione.
Consideriamo un rettangolo di sei per sei coperto interamente
di duomini. Una figura del genere contiene diciotto duomini (metà
della superficie) e dieci linee del reticolato (cinque orizzontali e
cinque verticali). Essa sarebbe senza difetti se ogni linea
intersecasse almeno un duomino.

Fig. 79. Risposte al problema del


rettangolo senza fratture

150
POLIMINI E RETTANGOLI PERFETTI

Fig. 80. Rettangolo senza fratture su


una scacchiera di otto per otto.

Il primo passo della nostra dimostrazione è di far vedere che,


in ogni rettangolo senza linee di frattura, ogni linea del reticolato
deve tagliare un numero pari di duomini. Consideriamo una qual-
siasi linea verticale. L’area alla sua sinistra (espressa in unità qua-
drate) è pari (6, 12, 18, 34 o 30). I duomini che sono completa-
mente sulla sinistra di questa linea devono coprire un’area pari perché
ogni duomino copre due quadratini. I duomini tagliati dalla linea
devono anch’essi coprire un’area pari sul lato sinistro, perché que-
st’area è differenza fra due numeri pari (l’area totale sulla sinistra
e l’area dei duomini non tagliati sulla sinistra). Dato che ogni
duomino tagliato occupa un quadrato della parte sinistra della linea
del reticolo, vi deve essere un numero pari di duomini tagliati
dalla linea del reticolo.
Il quadrato di sei per sei ha un reticolato di dieci linee. Per
essere senza fratture, ogni linea deve intersecare almeno due duomini.
Ma nessun duomino può esser tagliato da più di una linea, perciò
almeno venti duomini devono esser tagliati dalle linee del retico-
lato. Ma nel quadrato di sei per sei vi sono solo diciotto duomini!
Un ragionamento analogo mostra che, affinché possa esistere un
rettangolo di sei per otto senza fratture, ogni linea di reticolo deve
intersecare esattamente due duomini. Un rettangolo del genere è
mostrato in fig. 81.
Il risultato più generale è il seguente: se un rettangolo ha
un’area pari e sia la sua larghezza che la lunghezza superano 4, è
possibile trovare una copertura senza fratture del rettangolo me-
diante duomini, salvo che nel caso del quadrato di sei per sei. Effet-
tivamente, per tutti i rettangoli maggiori, si possono ottenere coper-
151
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 81. Rettangolo di sei per otto


senza fratture.

ture a partire dal rettangolo di cinque per sei e da quello di sei per
otto, usando un metodo di ampliamento di 2 quadratini nella lar-
ghezza o nella lunghezza. Il metodo è spiegato più facilmente con
la fig. 82. Per estenderlo orizzontalmente di 2, si dispone un duo-
mino orizzontale di seguito ad ogni duomino orizzontale lungo il
vecchio margine, mentre i duomini verticali vengono spostati dalla
posizione adiacente al vecchio margine in quella adiacente al nuovo,
riempiendo lo spazio vuoto che si crea con due duomini orizzontali.
Il lettore potrà trovare interessante studiare i trimini come mat-
toni. In particolare, qual è il più piccolo rettangolo che può esser
coperto con due o più « trimini diritti » (rettangoli di uno per tre)
senza linee di frattura?

Fig. 82. Una soluzione generale del problema del rettangolo senza fratture.

152
14
I GUASTAFESTE DI EULERO:
LA SCOPERTA DI UN QUADRATO
GRECO-LATINO DI ORDINE DIECI

La storia della matematica è piena di valutazioni fatte ad intuito


da uomini dotati di grande introspezione matematica, abili conget-
ture che spesso aspettano per secoli prima di essere dimostrate
valide o false. Quando ciò finalmente avviene, è un evento mate-
matico di prima grandezza. Non uno ma due fatti del genere furono
annunciati nell’aprile del 1959 alla riunione annuale della Società
Americana di Matematica. Uno di essi non ci interessa (la dimostra-
zione di una ipotesi in teoria superiore dei gruppi), ma l’altra, la
negazione di una famosa ipotesi del grande matematico svizzero
Leonardo Eulero, è collegata a molti problemi classici di matematica
ricreativa. Eulero aveva espresso la sua convinzione che non potes-
sero esistere quadrati greco-latini di certi ordini. Tre matematici (E.
T. Parker, della Remington Rand Univac, divisione della Sperry
Rand Corporation, ed R. C. Bose ed S. S. Shrikhande, dell’Univer-
sità del North Carolina) hanno completamente demolito la conget-
tura di Eulero. Essi hanno trovato dei metodi per costruire un nu-
mero infinito di quadrati di quel tipo che gli esperti, seguendo Eulero,
hanno per 177 anni creduto impossibili.
I tre matematici, soprannominati dai loro colleghi « i guastafe-
ste di Eulero », hanno scritto un breve resoconto della loro scoperta.
Le seguenti citazioni da quel resoconto sono inframmezzate da
commenti miei per chiarire alcuni dei concetti o riassumere i passaggi
più tecnici.
« Negli ultimi anni della sua vita, Leonardo Eulero (1707-1783)
scrisse una lunga memoria su una nuova specie di quadrato magico:
Recherches sur une nouvelle espèce de quarres magiques. Oggi que-
ste costruzioni sono chiamate quadrati latini in seguito alla prassi
adottata da Eulero di indicarne le caselle con ordinarie lettere latine
(diverse dalle lettere greche).
153
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Si consideri, per esempio, il quadrato a sinistra in fig. 83. Le


quattro lettere latine a, b, c, d occupano le sedici caselle del qua-
drato in modo che ogni lettera si presenta una sola volta in ogni
riga ed una sola volta in ogni colonna. Un quadrato latino diverso,
con le sue caselle contrassegnate dalle quattro lettere greche corri-
spondenti, è mostrato al centro della fig. 83. Se sovrapponiamo questi
due quadrati, come mostrato a destra, troviamo che ogni lettera
latina si combina una ed una sola volta con ogni lettera greca.
Quando si possono combinare in questo modo due o più quadrati
latini, essi si dicono quadrati ortogonali. Il quadrato combinato è
noto come quadrato greco-latino ».
Il quadrato a destra in fig. 83 fornisce una soluzione di un po-
polare giochetto di carte del XVIII secolo: prendere tutti gli assi,
re, regine e fanti da un mazzo di carte e sistemarli in quadrato in
modo che ogni riga e colonna contenga i quattro valori e i quattro
colori. I lettori possono divertirsi a cercare un’altra soluzione in cui
le due diagonali principali contengano anche una carta di ogni va-
lore e di ogni colore.
« In generale un quadrato latino di ordine n è definito come un
quadrato di n per n, di cui le n2 caselle sono occupate da n simboli
distinti in modo tale che ogni simbolo si presenta esattamente una
volta in ogni riga ed una volta in ogni colonna. Può esistere un
insieme di due o più quadrati latini tali che ogni coppia di essi siano
ortogonali. In fig. 84 sono mostrati quattro quadrati latini di ordine
5 mutuamente ortogonali, in cui sono usate come simboli delle cifre
numeriche ».
Al tempo di Eulero era facile dimostrare che non sono possibili
quadrati greco-latini di ordine due. Si conoscevano quadrati di ordine

a b c d α β γ δ aα bβ cγ dδ

b a d c γ δ α β bγ aδ dα cβ

c d a b δ γ β α cδ dγ aβ bα

d c b a β α δ γ dβ cα bδ aγ

Fig. 83. Il quadrato greco-latino (a destra) è formato sovrapponendo due qua-


drati latini (a sinistra e al centro).

154
I GUASTAFESTE DI EULERO

0 1 2 3 4 0 1 2 3 4

1 2 3 4 0 2 3 4 0 1

2 3 4 0 1 4 0 1 2 3

3 4 0 1 2 1 2 3 4 0

4 0 1 2 3 3 4 0 1 2

0 1 2 3 4 0 1 2 3 4

3 4 0 1 2 4 0 1 2 3

1 2 3 4 0 3 4 0 1 2

4 0 1 2 3 2 3 4 0 1

2 3 4 0 1 1 2 3 4 0

Fig. 84. Quattro quadrati latini di ordine 5 mutuamente ortogonali.

3, 4 e 5, ma cosa si poteva dire circa quelli di ordine 6? Eulero la


vide così: ognuno di sei diversi reggimenti ha sei ufficiali, ciascuno
avente uno dei sei diversi gradi. È possibile sistemare questi 36 uffi-
ciali in una formazione quadrata in modo che ogni riga e fila con-
tengano un ufficiale di ciascun grado e di ciascun reggimento?
« Eulero dimostrò che il problema degli n2 ufficiali, che è uguale
a quello di costruire un quadrato greco-latino di ordine n, può sempre
esser risolto se n è dispari o se n è “ completamente pari ” (cioè
è un numero divisibile per 4). Sulla base di numerose prove egli
enunciò: “ Io non esito a concludere che è impossibile costruire un
qualsiasi quadrato completo di 36 caselle e la stessa possibilità si
estende ai casi di n = 10, n = 14 e in generale a tutti i numeri non
155
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

completamente pari (numeri pari non divisibili per 4) ”. Questo


enunciato divenne famoso come ipotesi di Eulero. Più formalmente
può enunciarsi così: “ non esiste una coppia di quadrati latini orto-
gonali di ordine n = 4k + 2 per qualsiasi intero positivo k ” ».
Nel 1901 il matematico francese Gaston Tarry pubblicò una di-
mostrazione che l’ipotesi di Eulero valeva effettivamente per un
quadrato di ordine 6. Tarry, aiutato dal fratello, lo provò nel modo
più faticoso. Semplicemente elencò tutti i possibili modi di costruire
un quadrato latino di ordine 6, poi fece vedere che nessuna coppia
avrebbe formato un quadrato greco-latino Ciò, naturalmente, rese
più forte l’ipotesi di Eulero. Diversi matematici pubblicarono addi-
rittura delle « dimostrazioni » che l’ipotesi era vera, ma in seguito si
vide che le dimostrazioni contenevano dei difetti.
Il lavoro necessario per sistemare la questione con un’enumera-
zione con carta e matita che esaurisca tutti i casi cresce rapida-
mente col crescere dell’ordine del quadrato. Il successivo caso inco-
gnito, quello di ordine 10, era di gran lunga troppo complicato per
esser deciso in questo modo e nel 1959 era ancora quasi al di fuori
delle capacità dei calcolatori. All’Università di California, a Los
Angeles, i matematici programmarono il calcolatore SWAC per un
esame dei quadrati greco-latini di ordine 10. Dopo oltre 100 ore
di lavoro di macchina, non si riuscì a trovarne uno solo. La ricerca
si era limitata, però, ad una così microscopica parte del totale dei
possibili casi che non si poteva trarne alcuna conclusione. Si stimò
che, se l’ipotesi di Eulero era vera, il più veloce dei calcolatori del
1959, usando il programma dello SWAC, avrebbe richiesto almeno
un secolo per dimostrarlo.
« L’ultima frase della memoria di Eulero dice: “ A questo punto
chiudo la mia ricerca su una questione, che anche se di poca utilità
in sé stessa, ci ha condotto ad importanti osservazioni in teoria delle
combinazioni, come anche per la teoria generale dei quadrati ma-
gici ”. È un esempio impressionante dell’unità della scienza il fatto
che l’impulso iniziale che condusse ad una soluzione dell’ipotesi di
Eulero venisse dai bisogni pratici della sperimentazione agricola e
che le investigazioni che Eulero pensava inutili si siano dimostrate
di enorme valore nel progetto degli esperimenti controllati ».
Sir Ronald Fisher, ora professore di genetica all’Università di
Cambridge ed uno dei maggiori statistici del mondo, fu il primo a
mostrare (verso i primi del 1920) come i quadrati latini potessero
156
I GUASTAFESTE DI EULERO

essere usati nella ricerca agricola. Supponiamo, per esempio, che si


voglia provare con la minima perdita di tempo e denaro gli effetti
di sette diversi composti chimici per agricoltura sulla crescita del
grano. Una difficoltà che si incontra in una prova del genere è che
la fertilità dei differenti appezzamenti di terreno di solito varia in
modo irregolare. Come possiamo progettare un esperimento che
provi contemporaneamente tutti e sette i composti chimici ed allo
stesso tempo elimini ogni tendenza particolare dovuta a queste varia-
zioni di fertilità? La risposta è: si divide il campo di grano in « ap-
pezzamenti » corrispondenti alle caselle di un quadrato di 7 per 7,
poi si applicano i sette « trattamenti » secondo lo schema di un qua-
drato latino scelto a caso. Dato lo schema, una semplice analisi sta-
tistica dei risultati eliminerà ogni condizionamento dovuto a varia-
zioni nella fertilità del terreno.
Supponiamo che invece di una varietà di grano per questa prova
se ne abbiano sette. Possiamo progettare un esperimento che tenga
conto di questa quarta variabile? (Le altre tre sono la fertilità per
riga, la fertilità per colonna ed il tipo di trattamento). La risposta
ora è un quadrato greco-latino. Le lettere greche mostrano dove
piantare le sette varietà di grano e le lettere latine dove applicare i
sette diversi composti chimici. Ancora una volta l’analisi statistica
dei risultati è semplice.
I quadrati greco-latini sono ora ampiamente usati per proget-
tare esperimenti in biologia, medicina, sociologia ed anche prove di
mercato. Il « campo » naturalmente non occorre sia un pezzo di ter-
reno. Può essere una mucca, un paziente, una foglia, una gabbia di
animali, il punto dove si fa una iniezione, un periodo di tempo e
persino un osservatore o un gruppo di osservatori. Il quadrato greco-
latino è semplicemente un diagramma dell’esperienza. Le sue righe
tengono conto di una variabile, le colonne tengono conto di un’altra,
i simboli latini di una terza e i simboli greci di una quarta. Per
esempio, un medico ricercatore vuol provare gli effetti di cinque
diversi tipi di pillole (una delle quali è assolutamente non medica-
mentosa, un cosiddetto placebo) su persone in cinque diversi campi
di età, cinque diversi gruppi di peso e cinque diversi stadi della
medesima malattia. Un quadrato greco-latino di ordine 5, scelto a
caso fra tutti i possibili quadrati di questo ordine, è il progetto più
efficiente che il ricercatore possa usare. Un maggior numero di varia-
bili può esser preso in considerazione sovrapponendo ulteriori qua-
157
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

drati latini, sebbene per qualsiasi ordine n non vi siano mai più di
n − l quadrati mutuamente ortogonali.
La storia di come Parker, Bose e Shrikhande riuscirono a trovare
dei quadrati greco-latini di ordine 10, 14, 18, 22 (e così via)
cominciò nel 1958 quando Parker fece una scoperta che gettò gravi
dubbi sulla correttezza dell’ipotesi di Eulero. Seguendo la scia di
Parker, Bose sviluppò alcune rigorose regole generali per la costru-
zione di quadrati greco-latini di ordine elevato. Poi Bose e Shrik-
hande, applicando queste regole riuscirono a costruire un quadrato
greco-latino di ordine 22. Dato che 22 è un numero pari non divi-
sibile per 4, l’ipotesi di Eulero risultò contraddetta. È interessante
notare che il metodo per costruire questo quadrato era basato sulla
soluzione di un famoso problema di matematica ricreativa detto pro-
blema della scolara di Kirkman, proposto da P. T. Kirkman nel
1850. Un maestro ha l’abitudine di portare ogni giorno a passeggio
le sue quindici alunne sistemandole su cinque righe di tre. Il pro-
blema è di sistemarle in modo che, per sette giorni consecutivi, nes-
suna delle ragazze si trovi a far la passeggiata più di una volta nella
stessa riga con una delle rimanenti ragazze. La soluzione a questo
problema è un esempio di un tipo importante di progetto di esperi-
menti noto col nome di « blocchi incompleti bilanciati ».
Quando Parker vide i risultati ottenuti da Bose e Shrikhande,
riuscì a sviluppare un nuovo metodo che condusse alla sua costru-
zione di un quadrato greco-latino di ordine 10. Esso è mostrato in
fig. 85. I simboli di uno dei quadrati latini sono le cifre da 0 a 9 sul
lato sinistro di ogni casella. Le cifre sul lato destro di ogni casella
appartengono al secondo quadrato latino. Con l’aiuto di questo qua-
drato, proprio quello la cui esistenza è negata in molti comuni testi
scolastici sui metodi sperimentali, gli statistici possono ora proget-
tare per la prima volta degli esperimenti in cui quattro gruppi di
variabili, ognuno con dieci diversi valori, possono essere facilmente
ed efficacemente tenuti sotto controllo.
(Notare che il quadrato di ordine 3 nell’angolo in basso a destra
del quadrato di ordine 10 è un quadrato greco-latino di ordine 3.
Tutti i quadrati di ordine 10 costruiti inizialmente da Parker e
dai suoi collaboratori contenevano un sottoquadrato di ordine 3 nel
senso che si poteva sempre formare il quadrato minore permutando
le righe e le colonne di quello maggiore. Cambiare l’ordine delle
righe o colonne ovviamente non ha conseguenze sulle proprietà di
158
I GUASTAFESTE DI EULERO

un qualsiasi quadrato greco-latino. Tali permutazioni sono comuni;


se un quadrato può essere ottenuto da un altro spostando le righe o
le colonne, i due quadrati sono considerati come uno « stesso »
quadrato. Per un certo tempo rimase aperta la questione se tutti i
quadrati greco-latini di ordine 10 avessero dei sottoquadrati di or-
dine 3, ma questa ipotesi fu dimostrata falsa quando furono scoperti
molti quadrati che non avevano questa caratteristica).
« A questo stadio », concludono nel loro rapporto i tre mate-
matici, « seguì una febbrile corrispondenza fra Bone e Shrikhande
da un lato e Parker dall’altro. I metodi vennero sempre più affinati;
da ultimo fu stabilito che l’ipotesi di Eulero è falsa per tutti i va-
lori di n = 4k + 2, in cui n sia maggiore di 6. La rapidità con
cui il completo successo venne ottenuto in un problema che aveva
eluso i matematici per quasi due secoli meravigliò tanto gli autori
quanto tutti gli altri. Ciò che lo rende ancora più sorprendente è
che i concetti impiegati non sono neppure vicini alle frontiere della
moderna profonda matematica ».

Appendice
Negli anni successivi al 1959, la velocità dei calcolatori è aumen-
tata enormemente, così come l’ingegnosità dei matematici nell’ideare
metodi più efficienti di programmazione. Usando una tecnica deno-
minata « backtrack » (ritracciamento), Parker ha preparato un pro-
gramma per il calcolatore militare Univac 1206 capace di prendere
un dato quadrato latino di ordine 10 e completare la ricerca esau-
riente di un corrispondente ortogonale con 28 ÷ 45 minuti di tempo
di macchina. Questo ha migliorato il tempo di ricerca del vecchio
programma SWAC per un fattore di circa uno a un triliardo! Ri-
sultato: la produzione di centinaia di nuovi quadrati greco-latini di
ordine 10. In effetti si è visto che tali quadrati sono del tutto co-
muni. L’Univac ha trovato compagni ortogonali per più della
metà dei quadrati latini costruiti a caso che gli sono stati sottoposti.
« Perciò Eulero ha sbagliato di grosso », ha scritto Parker, « e l’evi-
denza dei primi calcoli ha dimostrato solo che la ricerca è questione
di grandezza di estensione ».
Il grande disappunto nel recente lavoro dei calcolatori in materia
di quadrati greco-latini è che sinora non è stato trovato alcun tri-
159
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

pletto di quadrati latini di ordine 10 mutuamente ortogonali. Era


stato dimostrato in precedenza che per qualsiasi ordine n, il maggior
numero possibile di quadrati latini mutuamente ortogonali è n − l.
Un insieme di n − l quadrati del genere è conosciuto come « insieme
completo ». Per esempio, il quadrato latino di ordine 2 ha un in-
sieme completo consistente del singolo quadrato stesso. Il quadrato
di ordine 3 ha un insieme completo di due quadrati ortogonali e il
quadrato di ordine 4 ha un insieme completo di tre. Un insieme
completo di quattro quadrati latini ortogonali di ordine 5 è mo-
strato in fig. 84. (Qualsiasi coppia di questi, naturalmente, si com-
bina per produrre un quadrato greco-latino). Non esiste un insieme
completo di ordine 6; in realtà, non esiste nemmeno una coppia
ortogonale. Insieme completi esistono per gli ordini 7, 8 e 9. L’or-
dine 10 perciò è il più piccolo per cui ancora non si conosce se un
insieme completo è possibile. Non si sa nemmeno se esista un gruppo
di tre.
La questione aumenta di interesse per la sua connessione con
quelli che sono chiamati « piani finiti proiettivi ». (Il lettore inte-
ressato troverà queste affascinanti strutture spiegate in diversi dei
riferimenti elencati nella bibliografia di questo capitolo). È stato
dimostrato che se un insieme completo di quadrati latini mutua-
mente ortogonali esiste per un dato ordine n, è possibile dedurne
una costruzione di un piano proiettivo finito di ordine n. Inversa-
mente, se un piano finito proiettivo di ordine n è noto, si può co-
struire un insieme completo di quadrati latini di ordine n mutua-
mente ortogonali. Da quando Tarry ha dimostrato che non sono
possibili nemmeno due quadrati latini ortogonali di ordine 6, ne
segue che non sono possibili piani finiti proiettivi di ordine 6. In-
siemi completi (e perciò piani proiettivi) esistono per gli ordini 2,
3, 4, 5, 7, 8 e 9. Il piano proiettivo finito di ordine più basso, la
cui esistenza non è stata né provata né non provata, è quello di
ordine 10. La scoperta, perciò, di un insieme completo di nove
quadrati latini di ordine 10 risponderebbe contemporaneamente a
uno dei più grossi problemi non ancora risolti sui piani proiettivi
finiti. Al momento la questione è fuori della portata dei programmi
dei calcolatori e non è probabile che sia risolta a meno che la velo-
cità dei calcolatori non venga notevolmente aumentata o qualcuno
scopra una nuova via.
160
I GUASTAFESTE DI EULERO

La copertina dello Scientific American del novembre 1959 ripro-


duceva una notevole pittura ad olio di un artista del corpo redazio-
nale, Emi Kasai, raffigurante il quadrato greco latino di ordine 10
riprodotto in fig. 85. Le dieci cifre erano sostituite da dieci colori
diversi, di modo che ogni casella conteneva una coppia unica di co-
lori. La fig. 86 mostra un bel tappeto a punto ago fatto nel 1960
dalla Signora Karl Wihtol, di Middletown, nel New Jersey, che ha
copiato il disegno della copertina. (Esso equivale al quadrato di fig.
85 ruotato di un quarto di giro in senso orario). I colori esterni di
ogni casella formano un quadrato latino, i colori interni ne formano
un altro. In ogni riga e colonna ogni colore appare solo una volta

00 47 18 76 29 93 85 34 61 52

86 11 57 28 70 39 94 45 02 63

95 80 22 67 38 71 49 56 13 04

59 96 81 33 07 48 72 60 24 15

73 69 90 82 44 17 58 01 35 26

68 74 09 91 83 55 27 12 46 30

37 08 75 19 92 84 66 23 50 41

14 25 36 40 51 62 03 77 88 99

21 32 43 54 65 06 10 89 97 78

42 53 64 05 16 20 31 98 79 87

Fig. 85. Il quadrato greco-latino di E. T. Parker di ordine 10, un esempio che


contraddice l’ipotesi di Eulero.

161
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 86. Un tappeto sagomato basato su un quadrato greco-latino di Parker.

come colore esterno e come colore interno. Il disegno originale della


Signora Kasai è stato comprato dalla Remington Rand e dato in
dono a Parker.

Risposte
La fig. 87 mostra un modo di sistemare le sedici carte da gioco
più alte in modo che nessun valore o colore appaia due volte in
una qualsiasi riga, colonna o delle due diagonali principali. Notare
che le quattro carte ad ogni angolo, come anche le quattro carte
centrali, formano anch’esse dei gruppi in cui sono presenti va-
lore e colore. Sarebbe bello se vi fosse una soluzione che per-
mettesse di alternare i colori a mo’ di scacchiera, ma questo non è
possibile.
162
I GUASTAFESTE DI EULERO

Fig. 87. Soluzione del problema delle carte.

W. W. Rouse Ball, in Mathematical Recreations and Essays,


p. 190, cita una fonte del 1723 sul problema e dice che esso ha 72
soluzioni fondamentalmente diverse, senza contare le rotazioni e ri-
flessioni. Ma Henry Dudeney, in Amusements in Mathematics, pro-
blema 304, fa risalire il problema a una edizione del 1624 di un
libro di Claude Gaspar Bachet e indica un errore nel calcolo delle
72 diverse soluzioni. Esse sono 144. Questo valore è stato calcolato
163
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

indipendentemente da Bernard Goldenberg, di Brooklyn, dopo che


avevo dato il valore errato nella mia risposta.
Se si considerano solo le righe e le colonne (lasciando da parte
le due diagonali), è possibile trovare soluzioni in cui i colori si al-
ternano come in una scacchiera. Adolf Karfunkel, di New York
City, mi ha mandato diverse soluzioni del genere una delle quali
è questa:

QC KF JQ AP
JF AC QP KQ
AQ JP KC QF
KP QQ AF JC

Si possono ottenere altre soluzioni semplicemente scambiando le


righe 3 e 4 o le righe 1 e 2 nella fig. 87.

164
15
L’ELLISSE
Senza dubbio un cerchio ha una certa semplicità
attraente a prima vista, ma un’occhiata a un’ellisse
dovrebbe convincere anche il più mistico degli astro-
nomi che la perfetta semplicità del cerchio è pa-
rente al vacuo sorriso della idiozia completa. In
confronto a quello che può dirci un’ellisse, un
cerchio ha ben poco da dire. Può darsi che la stessa
nostra ricerca di semplicità cosmiche nell’universo
fisico sia dello stesso tipo circolare: una proiezione
della nostra non complicata mentalità su un mondo
esterno estremamente complicato.
Eric Temple Bell

I matematici hanno l’abitudine di studiare, per il gusto di farlo,


cose che sembrano tremendamente inutili; poi, secoli dopo, i loro
studi vengono ad avere un enorme valore scientifico. Non vi è esem-
pio migliore del lavoro fatto dagli antichi greci sulle curve non cir-
colari di secondo grado: ellisse, parabola e iperbole. Esse furono
studiate per la prima volta da uno dei discepoli di Platone. Nessuna
importante applicazione scientifica fu trovata per esse sino al XVII
secolo, quando Keplero scoprì che i pianeti si muovono su ellissi
e Galileo dimostrò che i proiettili viaggiano lungo parabole.
Apollonio da Perga, un geometra greco del III secolo a.C., scrisse
il più grande degli antichi trattati su queste curve. Il suo lavoro Le
coniche fu il primo a mostrare come tutte e tre le curve, assieme al
cerchio, possono essere ottenute tagliando lo stesso cono con un piano
inclinato di un angolo variabile in modo continuo. Se un piano
passa per un cono in modo da esser parallelo alla base (fig. 88), la
sezione è un cerchio. Se il piano viene inclinato, sia pur di poco, la
sezione diviene ellittica. Più il piano viene inclinato, più allungata
diventa l’ellisse, o, come dice il matematico, più eccentrica. Ci si
potrebbe attendere che con l’aumentare dell’inclinazione del piano
la curva divenisse sempre più della forma di una pera (dato che più
scende in basso il piano più si allarga il cono), ma non è così. Essa
rimane un’ellisse perfetta sinché il piano diventa parallelo al lato del
cono. A questo punto la curva cessa di esser chiusa su sé stessa;
i suoi rami si estendono verso l’infinito e la curva diventa una pa-
165
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

rabola. Inclinando ulteriormente il piano lo si porta ad intersecare


un cono invertito posto al di sopra del primo (fig. 88 in basso).
Le due sezioni coniche sono ora i due rami dell’iperbole. (È un
errore comune supporre che il piano debba esser parallelo all’asse
del cono per tagliare un’iperbole). Esse variano in forma man mano
che il piano settore continua a ruotare sinché finalmente degenerano
in rette. Le quattro curve sono chiamate curve di secondo grado
perché esse sono le forme dei grafici cartesiani di tutte le equazioni
di secondo grado fra due variabili.
L’ellisse è la più semplice di tutte le curve piane che non siano
rette o cerchi. Essa può esser definita in numerosi modi, ma forse
il più semplice a capirsi intuitivamente è questo: un’ellisse è il
luogo, o traccia, di un punto che si muove su un piano in modo che
la somma delle sue distanze da due punti fissi sia costante. Questa
proprietà è alla base di un ben noto metodo per disegnare un’ellisse.
Si fissino due puntine su un foglio di carta, si metta attorno ad
esse un anello di spago e lo si tenga teso con la punta di una matita,
come in fig. 89. Muovendo la matita attorno alle puntine si traccia

Fig. 88. Le quattro sezioni coniche.

166
L’ELLISSE

Fig. 89. Il più semplice modo di disegnare un’ellisse.

un’ellisse perfetta. (La lunghezza dello spago non può variare; per-
ciò la somma delle distanze della punta della matita dalle due pun-
tine rimane costante). I due punti fissi (puntine) sono chiamati fuochi
dell’ellisse e giacciono sull’asse maggiore. Il diametro perpendico-
lare a quest’asse è l’asse minore. Se si avvicinano le puntine (man-
tenendo lo stesso anello di spago), l’ellisse diviene sempre meno eccen-
trica. Quando i due fuochi vanno a coincidere, l’ellisse diventa un
cerchio. Quando i fuochi si allontanano, l’ellisse diventa più allun-
gata sinché alla fine degenera in una linea retta.
Vi sono molti altri modi di costruire le ellissi. Un metodo curioso
può esser realizzato con una teglia da dolce di forma circolare ed
un disco di cartone di diametro uguale alla metà di quello della
teglia. Si mette del nastro adesivo attorno al bordo interno della
teglia per impedire al disco di slittare quando lo si fa ruotare lungo
il bordo. Si fissa un foglio di carta sul fondo della teglia con strisce
167
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

di nastro adesivo ai bordi. Si fa un foro con una matita in un punto


qualsiasi del disco, si appoggia la punta della matita sulla carta e
si fa rotolare il disco lungo il bordo della teglia (fig. 90). Sulla carta
rimane disegnata un’ellisse. È meglio tener la matita leggermente
pressata con una mano mentre si gira lentamente il disco con l’al-
tra, mantenendolo fortemente a contatto del bordo della teglia. Se
il foro è al centro del disco, la punta della matita traccerà natural-
mente un cerchio. Più vicino è il foro al margine del disco, maggiore
sarà l’eccentricità dell’ellisse. Un punto sulla circonferenza del disco
traccia un’ellisse degenerata in una retta.
C’è un altro divertente modo di ottenere un’ellisse. Si taglia un
grosso cerchio da un foglio di carta. Segnato un punto in un qual-
siasi posto nell’interno, ma non al centro del cerchio, si piega il
cerchio in modo che la circonferenza vada a passare per il punto.
Si apre e si ripiega di nuovo il foglio usando un punto diverso della
circonferenza e si continua a ripetere l’operazione finché la carta ri-
sulta piegata diverse volte in varie direzioni. Le piegature formano
un insieme di tangenti che delineano un’ellisse (fig. 91).
Sebbene non sia semplice quanto il cerchio, l’ellisse è nondimeno
la curva « vista » più spesso nella vita quotidiana. La ragione è che
ogni cerchio visto obliquamente, appare di forma ellittica. Inoltre,
tutte le ombre chiuse non circolari proiettate su un piano da cerchi e

Fig. 90. Un ellissografo fatto con una teglia circolare da dolci ed un disco di cartone.

168
L’ELLISSE

Fig. 91. Se si piega un cerchio di carta in modo che il suo bordo passi per un punto
eccentrico si genera un’ellisse.

sfere sono ellissi. Le ombre sulla sfera stessa − la curva interna


di una luna crescente, per esempio − sono delimitate da cerchi
massimi, ma noi le vediamo come archi di ellisse. Inclinando un
bicchiere d’acqua (non importa se il bicchiere ha forma cilindrica o
conica) la superficie del liquido acquista un contorno ellittico.
Una palla ferma sulla superficie di un tavolo (fig. 92) ha un’om-
bra ellittica che è la sezione di un cono di luce in cui la palla si
adatta esattamente. La palla si appoggia precisamente in uno dei
fuochi dell’ombra. Se immaginiamo una sfera più grande tangente
alla superficie dal di sotto e che si adatti esattamente nello stesso
cono, la sfera maggiore tocca l’ombra nell’altro fuoco. Queste due
sfere forniscono la seguente famosa e magnifica dimostrazione (di
G. P. Dandelin, matematico belga del XIX secolo) che la sezione
conica è effettivamente un’ellisse.
Il punto A è un punto qualsiasi sull’ellisse. Tracciare una linea
(colorata nella figura) che passa per A e per il vertice del cono. Questa
linea sarà tangente alle sfere nei punti D ed E. Tracciare una linea
da A a B, dove la sfera piccola tocca l’ombra, ed una linea simile
da A a C, dove la sfera maggiore tocca l’ombra. AB è uguale ad AD
perché entrambe le linee sono tangenti a una sfera dallo stesso punto
fisso. AE è uguale ad AC per la stessa ragione. Sommando le ugua-
glianze: AD + AE = AB + AC. Ora AD + AE è uguale a DE.
Data la simmetria del cono e delle sfere, questo segmento ha una
169
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 92. Mediante un sfera più grande si può dimostrare che l’ombra di una sfera
piccola è un’ellisse.

lunghezza costante a prescindere di dove è scelto il punto A sul-


l’ellisse. Se la somma di AD e AE è costante, allora la suddetta
equazione rende la somma di AB e AC anch’essa costante. Dato che
AB e AC sono le distanze di A dai due punti fissi, il luogo di A deve
essere un’ellisse con B e C come fuochi.
In fisica l’ellisse risulta, il più delle volte, la traiettoria di un
oggetto che si muove in un’orbita chiusa sotto l’influenza di una
forza centrale che varia inversamente al quadrato della distanza. I
pianeti e i satelliti, per esempio, hanno orbite ellittiche col centro
170
L’ELLISSE

di gravità del corpo principale in uno dei fuochi. Quando Keplero


annunciò per la prima volta la sua grande scoperta che i pianeti si
muovono lungo ellissi, andò tanto contro l’opinione generale secondo
la quale Dio non avrebbe permesso che i percorsi dei corpi celesti
fossero meno perfetti dei cerchi, da sentire il bisogno di scusarsi.
Egli parlò delle ellissi come scorie che aveva dovuto forzatamente
introdurre per spazzare dall’astronomia un’altra più grande quantità
di impurezze che vi si erano accumulate attorno ai tentativi di con-
servare le orbite circolari. Lo stesso Keplero non scoprì mai perché
le orbite fossero ellittiche; toccò a Newton dedurlo dalla natura della
gravitazione. Anche il grande Galileo nel giorno della sua morte
rifiutava di credere, anche davanti alla sempre maggiore evidenza,
che le orbite fossero non circolari.
Un’importante proprietà di riflessione dell’ellisse è illustrata in
fig. 93. Si tracci una retta tangente all’ellisse in un punto qualsiasi.
Le rette congiungenti questo punto con i fuochi formano angoli
uguali con la tangente. Se pensiamo l’ellisse come una striscia di me-
tallo disposta di taglio su una superficie piana, allora qualsiasi corpo
o treno d’onde di impulsi, che esca secondo una retta da uno dei
fuochi, colpirà il bordo e rimbalzerà direttamente verso l’altro fuoco.
Inoltre se il corpo o l’onda si muove verso il bordo a velocità uni-
forme, prescindendo dalla direzione che prende quando parte da un
fuoco, essa rimbalzerà nell’altro fuoco dopo lo stesso intervallo di
tempo (poiché le due distanze hanno una somma costante). Imma-

Fig. 93. La tangente forma angoli uguali


con due linee

171
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

giniamo un basso serbatoio pieno d’acqua. Se iniziamo un impulso


ondulatorio circolare immergendo un dito nell’acqua in uno dei
fuochi delle ellisse, un momento dopo vedremo una convergenza di
onde circolari nell’altro fuoco.
Lewis Carroll inventò un tavolo da biliardo circolare e pubblicò
un libretto su di esso. Non conosco alcuna seria proposta per un
tavolo da biliardo ellittico, ma Hugo Steinhaus (nel suo libro
Mathematical Snapshots ristampato recentemente in una edizione
riveduta dalla Oxford University Press) dà una sorprendente triplice
analisi di come si comporterebbe una palla su un tavolo del genere.
Messa nel fuoco e tirata in una qualsiasi direzione, la palla rimbal-
zerebbe e passerebbe nell’altro fuoco. Ammettendo che non vi fosse
attrito a rallentare il movimento della palla, essa continuerebbe a
passare per uno dei fuochi ad ogni rimbalzo (fig. 94 a). Però
dopo solo pochi passaggi il percorso diverrebbe indistinguibile dal-
l’asse maggiore dell’ellisse. Se la palla non viene posta in un fuoco,
ma viene spinta in modo che non passi fra i fuochi, essa continua
per sempre lungo percorsi tangenti ad un’ellisse minore con gli
stessi fuochi (fig. 94 b). Se la palla viene lanciata fra i fuochi
(fig. 94 c) essa viaggia indefinitamente lungo percorsi che non
si avvicinano mai ai fuochi oltre una iperbole avente gli stessi fuochi.
Nell’operetta The Mikado vi sono dei versi su un giocatore di bi-
liardo obbligato a giocare:

Su un panno grossolano / con una stecca storta / e con palle da


biliardo ellittiche!

In A Portrait of the Artist as a Young Man di James Joyce un


insegnante ripete questi versi e spiega che con « ellittico » W. S.
Gilbert in realtà intendeva « ellissoidico ». Cos’è un ellissoide? Ve ne
sono tre tipi principali: un ellissoide di rotazione, più propriamente
chiamato sferoide, è la superficie di un solido ottenuto facendo ruo-
tare un’ellisse attorno ad uno degli assi. Se la rotazione è attorno
all’asse minore, essa genera uno sferoide oblato, appiattito ai poli
come la terra. La rotazione attorno all’asse maggiore genera lo sfe-
roide prolato, come la palla da rugby. Immaginiamo una superficie
di sferoide prolato la cui faccia interna sia speculare. Se si accen-
desse una candela in uno dei fuochi, un pezzo di carta nell’altro fuoco
si infiammerebbe d’un colpo.
172
L’ELLISSE

Fig. 94a. Percorso di una palla che


passa sul fuoco di un’ellisse.

Fig. 94b. Percorso di una palla esterna ai due fuochi.

Fig. 94c. Percorso di una palla


interna ai due fuochi.

Le stanze acustiche sono stanze dal soffitto sferoidale. Dei deboli


suoni prodotti in uno dei fuochi possono esser uditi chiaramente
nell’altro fuoco. Negli Stati Uniti la più nota galleria dei « sussurri »
è la Statuary Hall nel Campidoglio di Washington (Non c’è gita
che sia completa senza la dimostrazione). Una più piccola ma eccel-
lente camera acustica è un’area quadrata appena fuori l’entrata al-
l’Oyster Bar al piano più basso della Grande Stazione Centrale di
New York. Due persone ferme nei due angoli diagonalmente opposti,
rivolte verso il muro, possono udirsi distintamente anche quando
l’ambiente quadrato ferve di attività.
Gli sferoidi sia oblati che prolati hanno sezioni trasversali cir-
colari quando sono secati da piani perpendicolari ad uno dei tre assi
coordinati, sezioni trasversali ellittiche se secati da piani perpendi-
colari agli altri due assi. Quando tutti e tre gli assi sono di lunghezza
173
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

diversa, e le sezioni perpendicolari a ciascuno sono ellissi, la forma


è un vero ellissoide (fig. 95). Questa è la forma che i ciottoli su
una spiaggia tendono ad assumere dopo lunghi periodi di rotola-
mento provocato dalle onde.
I « rompicapo » ellittici sono rari. Eccone due facili.
1. Provare che nessun poligono, avente un numero di lati supe-
riore a un quadrato, può esser disegnato su un’ellisse in modo che
ogni vertice sia sul perimetro dell’ellisse.
2. Nel metodo di costruzione dell’ellisse basato sulla piegatura del
foglio, prima indicato, il centro del cerchio e il punto sul cerchio sono
i due fuochi. Provare che la curva delineata dalle piegature è real-
mente un’ellisse.

Appendice
Henry Dudeney, nel problema 126 di Modern Puzzles, spiega il
metodo per costruire con spago e puntine un’ellisse avente assi mag-
giore e minore dati. Il metodo è semplice:
Disegnare prima i due assi. Il problema è ora di trovare i due
fuochi, A e B, di un’ellisse che ha questi assi. Sia C l’estremità del-
l’asse minore. I punti A e B sono disposti simmetricamente sull’asse
maggiore in punti tali che AC e CB siano ciascuno uguali a metà della
lunghezza dell’asse maggiore. È facile dimostrare che un anello di
spago di lunghezza uguale al perimetro del triangolo ABC servirà
a disegnare l’ellisse desiderata.
Tavoli da biliardo di forme ellittiche sono stati messi realmente
in vendita negli Stati Uniti nel 1964. Un annuncio a piena pagina
nel New York Times (l luglio 1964) diceva che il giorno successivo
il gioco sarebbe stato presentato nei magazzini Stern dai divi Joanne
Woodward e Paul Newmann. « Elliptipool », come viene chiamato,
è una invenzione brevettata da Arthur Frigo, di Torrington, nel

Fig. 95. Ogni sezione di ellissoide è ellittica.

174
L’ELLISSE

Connecticut. allora studente diplomato dell’Union College a Sche-


nectady. Dato che l’unica buca del tavolo è in uno dei fuochi, si
possono fare con facilità svariati tiri strani di rimbalzo sulla sponda.
L’undicesima edizione della Enciclopedia Britannica nel suo
articolo sui biliardi riporta una nota a piè di pagina che dice: « Nel
1907, tanto per cambiare, in Inghilterra fu introdotto un tavolo
ovale ». Però né questo tavolo né quello circolare di Lewis Carroll
avevano una buca. Un brevetto (n. 198.571) fu concesso nel lu-
glio 1964 ad Edwin E. Robinson, di Pacifica, in California, per un
tavolo da biliardo circolare con quattro buche.

Risposte

1. Nessun poligono regolare con un numero di lati superiore al


quadrato può essere inscritto in un’ellisse per questo motivo: i vertici
di tutti i poligoni regolari giacciono su un cerchio. Un cerchio non
può intersecare un’ellisse in più di quattro punti. Perciò, nessun po-
ligono regolare con più di quattro vertici può esser disposto con tutti
i suoi vertici su un’ellisse. Questo problema è stato proposto da
M. S. Klamkin al Mathematics Magazine del settembre-ottobre 1960.
2. La dimostrazione che il metodo della piegatura di un foglio
di carta per la costruzione di un’ellisse produce effettivamente un’el-
lisse è il seguente. Sia il punto A in fig. 96 un punto qualsiasi su
un cerchio di carta che non sia il centro del cerchio (O). Il foglio
viene piegato in modo che un qualsiasi punto (B) sulla circonferenza
cada su A. Cioè piegando la carta lungo XY. Dato che XY è l’asse
di AB, deve essere BC uguale ad AC. È chiaro che OC + AC =
= OC + CB. OC + CB è il raggio del cerchio, che non può variare,
perciò anche OC + AC deve essere costante. Dato che OC + AC
è la somma delle distanze del punto C da due punti fissi A ed O, il
luogo di C (quando B si muove lungo la circonferenza) deve essere
un’ellisse con A ed O come fuochi.
La piegatura XY è tangente all’ellisse nel punto C perché forma
angoli uguali con le linee che congiungono C ai fuochi. Ciò viene
stabilito facilmente notando che l’angolo XCA uguaglia l’angolo XCB,
che a sua volta uguaglia l’angolo YCO. Dato che le piegature sono
sempre tangenti all’ellisse, questa diviene l’inviluppo dell’insieme in-
175
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 96. Risposta al pro-


blema delle piegature della
carta

finito di piegature che può esser prodotto dalla ripetuta piegatura del
foglio. Questa dimostrazione è presa dal volumetto di Donovan A.
Johnson Paper Folding for the Mathematics Class, pubblicato nel
1957 dal Consiglio Nazionale degli Insegnanti di Matematica.

176
16
I 24 QUADRATI COLORATI
E I 30 CUBI COLORATI

Generalmente una serie normale di pezzi da dominio consiste


di 28 tavolette nere oblunghe, ognuna divisa in due quadrati che
sono o vuoti o marcati da punti bianchi. Non vi sono due tavolette
uguali e complessivamente esse presentano le 28 possibili maniere di
combinare a due per volta i numeri da 0 a 6. Le tavolette possono
esser considerate come segmenti di linea sistemati di seguito in
modo da formare delle catene lineari; in questo senso tutti i giochi
di domino sono strettamente unidimensionali. Quando il concetto
del domino viene esteso a pezzi bi- o tridimensionali, ne derivano
ogni sorta di pittoreschi e poco noti passatempi.
Percy Alexander MacMahon, un’autorità inglese in fatto di ana-
lisi combinatoria, ha dedicato molto tempo allo studio di questi su-
perdomini ed è dal suo libro New Mathematical Pastimes, pubbli-
cato nel 1921, che è stato preso molto del materiale seguente.
Per un domino bidimensionale, il triangolo equilatero, il qua-
drato e l’esagono sono le forme più convenienti perché in ogni caso
degli identici poligoni regolari possono essere adattati in modo da
coprire completamente un piano. Se vengono usati i quadrati e i loro
lati vengono contrassegnati in tutti i possibili modi con n simboli
diversi, si possono formare un insieme di ¼n(n + l) (n2 − n + 2)
quadrati. La fig. 97 mostra il completo gruppo di 24 pezzi di domino
quadrati che risultano quando n = 3. Se il lettore si costruisce una
serie del genere con del cartone ha quanto occorre per un gioco di
prima categoria. Con i colori si lavora più facilmente che con i sim-
boli, sicché si suggerisce di usare dei colori al posto dei simboli.
Il problema è di unire assieme tutti i 24 quadrati in un rettangolo
di quattro per sei, a due condizioni:
1) ogni coppia di lati che si toccano deve essere dello stesso
colore;
2) il bordo del rettangolo, per tutto il perimetro, deve essere
dello stesso colore.
Si suppone che i quadrati di cartone siano colorati solo da una
177
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 97. Una serie di pezzi per domino quadrati a tre colori.

178
I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI COLORATI

parte. Qualsiasi colore può esser messo al bordo e per ogni scelta
sono possibili un gran numero di soluzioni diverse.
Il rettangolo di quattro per sei è il solo che possa esser formato
con le suddette limitazioni. Uno di due per dodici è ovviamente
impossibile perché richiederebbe che ogni quadrato avesse un trian-
golo del colore del bordo. Può il lettore, semplicemente guardando
i 24 quadrati colorati di fig. 97, dimostrare che anche il quadrato di
tre per otto è impossibile?
In tre dimensioni, i cubi sono i soli solidi regolari che possono
addensarsi in modo da riempire completamente uno spazio tridimen-
sionale; per questa ragione essi sono la forma più soddisfacente
per i pezzi di domino tridimensionali. Se per le facce sono usati due
colori, non possono esser dipinti più di dieci cubi differenti − nu-
mero troppo piccolo per avere qualche interesse. D’altra parte, usando
tre colori risultano troppi cubi (57). Con sei colori il numero sale
a 2226, ma da questo insieme possiamo prendere un sottoinsieme
di 30 che è ideale per i nostri scopi. Esso è composto dai cubi che
hanno tutti i sei colori sulle sei facce.
È facile vedere che 30 è il numero massimo di questi cubi. Su
ogni cubo deve esserci una faccia, poniamo, rossa. Quella opposta
può essere con uno qualsiasi dei cinque differenti colori residui. I
rimanenti quattro colori possono esser distribuiti in sei modi diversi,
sicché il numero totale di cubi diversi deve essere di 5 X 6 = 30.
(Due cubi sono considerati differenti se è impossibile disporli fianco
a fianco in modo che tutte le facce corrispondenti abbiano lo stesso
colore). La fig. 98 mostra i 30 cubi « aperti ».
I 30 cubi, scoperti a quanto sembra da MacMahon, sono divenuti
un pezzo classico di geometria ricreativa. Farne una serie è un grosso
lavoro, ma lo sforzo è largamente compensato. Una serie di cubi
ben dipinti sono un gioco dal fascino inesauribile. Esso non ha nes-
suna complicazione e può durare per decenni.
I blocchi di legno o plastica, con lati lisci, possono essere acqui-
stati nella maggior parte dei negozi di giocattoli o procurati presso
un falegname. Un’alternativa per la coloritura è di incollare sulle
facce dei cubi, quadrati di carta colorata.
Come esercizio introduttivo, prendete uno qualsiasi dei 30 cubi.
Ora trovate un secondo cubo che possa esser disposto faccia a faccia
con il primo, con lo stesso colore a contatto, le facce opposte di uno
stesso secondo colore e con gli altri quattro colori a tinta unita sulle
179
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 98. I 30 cubi aperti.

rimanenti coppie di facce laterali. Questo si può sempre fare, in


quanto ogni cubo, come ogni particella fondamentale della materia,
ha il suo anticubo.
(Per risparmiare molto tempo nella ricerca di un dato tipo di
cubo, si possono mettere i cubi in fila e girarli in un colpo solo tenen-
doli pressati all’estremità. Per esempio, supponiamo che si cerchino i
cubi con rosso e nero sui lati opposti. Sistemato un gruppo di cubi in
fila con le facce rosse in alto, si fa ruotare la riga di mezzo giro pren-
dendo poi tutti i cubi che presentano la faccia nera in alto. O suppo-
niamo che si voglia lavorare con cubi in cui nero, grigio e rosa si
toccano nello stesso vertice. Sistemata una riga con tutti i neri in
180
I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI COLORATI

alto, la si rigira e si scartano i rosa ed i grigi. Si girano i rimanenti


cubi in modo da presentare il rosa in alto, e dopo l’inversione si
scartano i neri e i grigi. I cubi che rimangono sono quelli del tipo
voluto).
Non è possibile formare una catena lineare lunga più di due cubi
aventi i quattro lati di colore uniforme, ma si può fare facilmente
una riga di sei che abbia su ogni lato tutti i sei colori. Un grazioso
problema è di fare in modo che tutte le facce che si toccano e anche
l’estreme siano dello stesso colore.
Ora un gioco più difficile. Scegliere un cubo qualsiasi e metterlo
da una parte. Dai rimanenti 29 sceglierne otto che possano esser
disposti in forma di cubo di due per due per due e che sia un modello
esatto di quello scelto, salvo che ha il lato doppio. In aggiunta, ogni
coppia di facce che si toccano devono andar d’accordo nel colore.
(MacMahon attribuisce la scoperta della possibilità di ottener sempre
questo risultato, a prescindere dal cubo scelto, al suo amico Julian
R. Jocelyn).
C’è un solo gruppo di otto cubi che va bene e non è facile tro-
varlo con un procedimento sistematico. Il seguente è forse il migliore.
Notare le tre coppie di facce opposte nel prototipo, poi eliminare dai
29 cubi tutti quelli che hanno una coppia di facce opposte corrispon-
dente a una qualsiasi delle tre coppie sul prototipo. Rimangono
sedici cubi. Girare il prototipo in modo che uno dei suoi vertici
superiori sia diretto verso di voi e siano visibili solo le tre facce che
si incontrano in quel vertice. Fra i sedici cubi, se ne troveranno due
che possono esser disposti in modo che le stesse tre facce siano nella
stessa posizione delle tre nel prototipo. Mettere questi due da parte.
Girare il cubo in modo che un altro dei vertici superiori sia diretto
verso di voi e trovare i due cubi che vanno d’accordo con questo ver-
tice. Gli otto cubi scelti in questo modo − due per ogni vertice
superiore del prototipo − sono i cubi richiesti. A questo punto è
semplice costruire il modello.
In realtà vi sono due modi sostanzialmente diversi di costruire il
modello con questi otto cubi. L. Vosburgh Lyons, un neuropsichiatra
di Manhattan, ha ideato un ingegnoso procedimento, rappresentato
in fig. 99, mediante il quale un qualsiasi modello può esser tramu-
tato nella sua seconda forma. I due modelli sono correlati in modo
notevole. Le 24 facce esterne di ogni modello sono le 24 facce interne
dell’altro, e quando i due modelli sono orientati nello stesso modo,
181
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 99. Il metodo di


Lyons per trasfor-
mare un modello nel-
la sua seconda forma.

182
I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI COLORATI

ogni cubo ha una posizione opposta in senso diagonale a quella del-


l’altro.
Lyons ha scoperto che dopo aver realizzato un modello è sempre
possibile scegliere un nuovo prototipo fra i rimanenti 21 cubi e
costruire un modello di due per due per due del nuovo prototipo
con otto dei rimanenti 20 cubi. Pochi vi riescono a meno che non
gli si accenni che il nuovo prototipo deve essere un’immagine spe-
culare del primo. Gli otto cubi necessari per il modello sono gli otto
scartati fra i sedici presi in esame nell’ultimo passaggio del proce-
dimento col quale sono stati scelti i cubi per il primo prototipo.
Sono stati proposti molti altri problemi di costruzione di cubi
colorati. I seguenti modelli di due per due per due, tutti possibili,
sono presi da Das Spiel der 30 Bunten Würfel, di Ferdinand Winter,
un libro sui cubi colorati, pubblicato a Lipsia nel 1934. In tutti que-
sti modelli i cubi devono obbedire alla regola del domino di avere
le facce che si toccano dello stesso colore.
1. Un colore sulle facce sinistra e destra, un secondo colore sul
fronte e retro, un terzo colore sopra, un quarto sotto.
2. Un colore su due facce opposte, colori diversi sulle altre
quattro.
3. Un colore sulle facce sinistra e destra, un secondo colore su
fronte e retro, i rimanenti quattro colori in alto (ogni quadrato di
colore diverso) e gli stessi quattro colori sul fondo.
4. Ogni faccia con quattro colori, ripetuti su ogni faccia.
A quanto sembra non è possibile costruire un cubo di due per
due per due con un colore avanti e dietro, un secondo a destra e
sinistra. un terzo in alto e in basso, e con tutte le facce che si toc-
cano dello stesso colore. È possibile costruire un cubo di tre per tre
per tre con ogni faccia di diverso colore, ma non senza violare la
regola del domino circa le facce che si toccano.
I giochi tipo domino possono esser giocati con qualsiasi specie
di pedine da domino bi- o tridimensionali; in effetti, la Parker
Brothers vende tuttora un piacevole gioco chiamato « Contack » (lan-
ciato per la prima volta nel 1939), che viene giocato con piastrelle
triangolari equilatere. Dei diversi giochi proposti per i cubi colo-
rati, il migliore sembra essere uno chiamato Torre dei Colori.
Due giocatori sono di fronte. Ognuno ha davanti a sé uno scher-
mo, ricavato facilmente da una lunga striscia di cartone, largo circa
dieci cm e piegato all’estremità in modo da restare ritto. I cubi ven-
183
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

gono messi in un contenitore in cui non possono esser visti, ma da


dove possono esser estratti uno alla volta. Una busta di carta o una
scatola di cartone con un buco sul coperchio serviranno allo scopo.
Ogni giocatore estrae sette cubi dalla scatola e li mette dietro
il suo schermo dove rimangono nascosti all’avversario. Il primo gio-
catore apre il gioco piazzando un cubo al centro della tavola. (Il
privilegio dell’apertura può esser deciso facendo ruzzolare un cubo
dopo che un giocatore ha nominato tre colori. Se esce uno dei tre,
egli gioca per primo). Il secondo giocatore pone poi un cubo contro
il fianco del primo, facendo coincidere i colori delle facce che si
toccano. I giocatori si alternano a turno, ognuno aggiungendo un
cubo alla struttura e in questo modo costruiscono una torre che
poggia su una base quadrata di quattro cubi. Lo scopo di ciascun
giocatore è di liberarsi di tutti i propri cubi.
Le regole sono le seguenti:
1. Ogni strato di quattro cubi deve esser completato prima di
cominciare lo strato successivo.
2. Un cubo può esser posto in qualsiasi posizione libera in uno
strato, purché soddisfi a due condizioni: tutte le facce che sono
a contatto di altre devono combinarsi in colore e non deve rendere
impossibile un’altra giocata nello strato. In fig. 100 per es., il cubo
A verrebbe giocato illegalmente se una qualsiasi delle sue facce for-
masse un angolo retto con una faccia libera dello stesso colore.
3. Se un giocatore non può giocare nessuno dei suoi cubi, ne
estrae un’altro dal suo contenitore. Se il cubo estratto può esser
giocato, può giocarlo, se vuole. Se non può o non desidera giocarlo,
aspetta il turno successivo.
4. Se per ragioni strategiche un giocatore desidera passare al
suo turno, può farlo ogni volta che vuole, ma deve estrarre un cubo
dal suo contenitore.
5. Il gioco termina quando un giocatore si libera di tutti i suoi
cubi. Se vince prende tre punti, più il numero corrispondente ai
cubi che restano in mano all’avversario.
6. Se tutti i cubi vengono estratti dal contenitore, si alternano
i turni sinché un giocatore non possa o non voglia giocare. L’altro
giocatore allora gioca sinché il suo avversario non sia in grado o
voglia giocare di nuovo. Se entrambi non possono o non vogliono
giocare, il gioco termina e quello con il minor numero di cubi in mano
vince. Il suo punteggio è la differenza fra i cubi rimanenti.
184
I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI COLORATI

Fig. 100. Il gioco della Torre dei


Colori.

7. Il fine di una serie di giocate può essere un numero convenuto


di punti. Se giocato come gioco di interesse, il vincitore riceve dopo
ogni partita una somma uguale al suo punteggio.
Varie strategie si presentano a chiunque giochi per un po’ la
Torre dei Colori. Supponiamo che il vostro avversario abbia appena
cominciato un nuovo strato e che a voi rimangano due cubi. Sa-
rebbe poco saggio giocare in diagonale opposta al suo cubo in modo
da rendere ingiocabile il vostro ultimo cubo in ognuno dei rima-
nenti possibili giochi su tre facce. Può esser necessario giocare di
fianco al suo cubo per lasciare aperta la possibilità di chiudere alla
prossima mossa. La scoperta di strategie del genere rende l’appren-
dimento della Torre dei Colori una stimolante esperienza e conduce
ad un’abilità di gioco che aumenta grandemente la probabilità
di vittoria.
Se un qualsiasi lettore ha dei suggerimenti per migliorare la
Torre dei Colori, come anche qualsiasi altro gioco o nuovi in-
185
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

dovinelli insoliti fatti con i cubi, mi renderebbe felice mettendosi in


contatto con me. I 30 cubi colorati hanno più di 70 anni di vita ma
probabilmente non hanno ancora svelato tutti i loro segreti.

Appendice
Quando ho spiegato il problema di MacMahon con i 24 quadrati
colorati, ho sbagliato (interpretando male uno dei commenti di Mac-
Mahon) dicendo che aveva una sola soluzione. Questa si è dimostrata
l’affermazione più errata mai fatta nella mia rubrica. Per prima cosa,
circa cinquanta lettori mi hanno mandato più di uno schema. Thomas
O’Beirne ha dedicato la sua rubrica, « Indovinelli e Paradossi », in
The New Scientist (febbraio 1961) al gioco ed ha mostrato come
si possono ottenere dozzine di soluzioni.
A Buenos Aires il problema ha attirato l’interesse di Federico
Fink; con i suoi amici ha trovato centinaia di soluzioni distinte
(le rotazioni e le riflessioni non sono, naturalmente, contate come
differenti) e con i mesi il suo elenco è cresciuto, raggiungendo le
migliaia di soluzioni. Il 20 novembre 1963, egli ha scritto per dire
che valutava il numero totale di schemi differenti a 12.224.
La questione è stata decisa nei primi del 1964. Fink suggerì a
Gary Feldman, dello Stanford University’s Computation Center, di
preparare un programma per un calcolatore sul gioco. Feldman lo
ha fatto. Il B 5000 del Centro, usando un programma scritto in
ALGOL e con circa 40 ore di macchina, ha fornito una lista completa
di tutti i possibili schemi. Sono 12.261. Fink aveva sbagliato di
solo 37, la sua previsione era veramente sbalorditiva. La relazione
di Feldman sul suo programma, « Documentazione sul problema dei
quadrati di MacMahon », Memorandum n. 12 del Progetto Intelli-
genza Artificiale di Stanford, è stato pubblicato sotto forma di un
dattiloscritto di otto pagine dal Centro di Calcolo il 16 gennaio 1964.
Ci vorrebbero molte pagine per riassumere i principali risultati
dell’analisi di Fink delle 12.261 soluzioni. Nessuno degli schemi,
purtroppo, presenta una simmetria bilaterale. Il numero massimo di
« rombi » (quadrati ad un colore formati da due triangoli rettan-
goli) che si possono unire per formare un polimino di un colore è
dodici. La fig. 101, a sinistra, mostra uno schema del genere; il
polimino di ordine 12 ha simmetria bilaterale e assomiglia ad una
186
I 24 QUADRATI COLORATI E I 30 CUBI COLORATI

Fig. 101. Tre delle 12.701 soluzioni al problema dei quadrati colorati: l’aragosta
(a sinistra), tre rombi isolati di diversi colori (al centro), e tredici rombi isolati
(a destra).

aragosta. Il numero minimo di « rombi isolati » (rombi completa-


mente circondati da altri colori) è tre. La fig. 101, al centro, è uno
schema in cui ognuno dei tre rombi isolati è di un differente co-
lore. Il massimo numero di rombi isolati è tredici, come esempli-
ficato dalla fig. 101, a destra.
Notare che tutti e tre gli schemi mostrano un « ponte » orizzonta-
le di tre rombi del colore del margine, che congiungono i bordi
destro e sinistro. O’Beirne, nella sua rubrica in New Scientist, ha di-
mostrato che ogni soluzione deve avere un ponte del genere. La
posizione del ponte e di altre zone dello stesso colore del margine,
forniscono una conveniente classificazione di venti diverse specie di
soluzione. (O’Beirne ne aveva elencate diciotto, ma Fink in seguito
ne ha trovate altre due).
Molti giochi basati sui cubi colorati non sono ancora stati esa-
minati. Per esempio, dall’insieme di 57 cubi con uno, due e tre
colori, si possono prendere i 27 che hanno non più di due diversi
colori su ciascun cubo. Dato che i 27 cubi ne formano uno di tre
per tre per tre possono esserci dei bei problemi di struttura. Oppure
si può lavorare con il sottoinsieme dei 30 cubi che hanno tre colori
diversi su ciascun cubo. Alcune delle costruzioni che non sono pos-
sibili con i trenta cubi a sei colori possono esserle con i 30 cubi a tre
colori. Per esempio. può esser costruito un cubo tutto rosso con la
solita restrizione che le facce che si toccano siano dello stesso
colore?
187
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

MacMahon, che probabilmente ha inventato il gioco dei 30 cubi


colorati, era un Maggiore della Reale Artiglieria Inglese che inse-
gnava matematica alla Reale Accademia Militare. Egli è meglio cono-
sciuto per la sua Introduction to Combinatory Analysis e per il suo
articolo sull’argomento nell’undicesima edizione dell’Encyclopaedia
Britannica. È morto nel 1928. Thomas O’Beirne mi informa che
tempo fa era venduta in Inghilterra una serie di otto cubi colorati,
da riunire in un cubo più grande secondo date regole, col nome di
gioco di « Mayblox », attribuito, sulla copertina della scatola, all’in-
ventore MacMahon.
Un gioco popolare che si trova spesso in vendita in diversi paesi,
sotto vari nomi commerciali, consiste di quattro cubi. ognuno con
facce di quattro diversi colori. Il gioco consiste nel sistemarli in
una fila in modo che tutti e quattro i colori (in un qualsiasi ordine)
compaiano su ogni lato del prisma di quattro per uno. A volte sulle
facce appaiono dei simboli, come i quattro semi delle carte o figurine
reclamistiche di prodotti. Per le descrizioni di tali giochi, si veda
R. M. Abraham, Diversions and Pastimes, Dover 1964, p. 100; ed
Anthony Filipiak, 100 Puzzles, A. S. Barnes, 1942, p. 108. Un’ana-
lisi completa di giochi di questo tipo si può trovare nel cap. 7 di
« Cubism and Colour Arrangements » in Puzzles and Paradoxes di
O’Beirne, Oxford University Press, 1965.

Risposte
Nell’« appendice » sono stati dati tre esempi di soluzioni del
problema dei quadrati colorati di MacMahon. Si lascia al lettore la
scoperta delle soluzioni del problema del cubo colorato.
Per provare che il rettangolo di tre per otto non può essere for-
mato con i 24 quadrati colorati, in modo da soddisfare alle condi-
zioni poste, scegliere per prima cosa quattro quadrati qualsiasi, con
triangoli adiacenti di ugual colore, per disporli nei quattro vertici.
Restano esattamente quattordici quadrati contenenti lo stesso colore;
esattamente quanti ne occorrono per le rimanenti caselle marginali
del rettangolo. Almeno tre di esse, però, avranno il colore marginale
da bande opposte richiedendo così tre quadrati interni aventi lo
stesso colore. Ma non vi sono altri quadrati contenenti questo co-
lore; tutti sono stati usati per il margine. Quello di tre per otto,
perciò, è un rettangolo impossibile.
188
17
H. S. M. COXETER

Molti matematici di professione amano fare delle occasionali corse


nel campo dei giochi matematici pressappoco quanto gradiscono
un’occasionale partita di scacchi; è una forma di riposo che evitano
di prendere troppo seriamente. D’altra parte molti enigmisti ben pre-
parati e colti hanno solo le più elementari cognizioni di matematica.
H. S. M. Coxeter, professore di matematica all’Università di Toronto,
è uno dei rari individui eminenti sia come matematici che come auto-
rità in quel settore della loro attività non altrettanto serio.
Harold Scott Macdonald Coxeter nacque a Londra nel 1907 e
ricevette la sua istruzione matematica al Trinity College, di Cam-
bridge. Dal lato serio è autore di Non-Euclidean Geometry (1942),
Regular Polytopes (1948) e The Real Projective Plane (1955). Nel
campo più leggero ha pubblicato e aggiornato il classico lavoro di
W. W. Rouse Ball Mathematical Recreations and Essays e contri-
buito con dozzine di articoli agli argomenti ricreativi in vari gior-
nali. Nel 1961 John Wiley and Sons ha pubblicato la sua Intro-
duction to Geometry, libro che costituisce l’argomento di questo
capitolo.
Sono molti i motivi per cui il volume di Coxeter è notevole. So-
prattutto ha un’estensione straordinaria. Esso spazia per ogni campo
della geometria, inclusi argomenti come la geometria non euclidea,
cristallografia, gruppi, reticoli, geodetiche, vettori, geometria proiet-
tiva, geometria affine e topologia; argomenti che non sempre si tro-
vano nei trattati introduttivi. Lo stile è chiaro, acuto e, per la maggior
parte, tecnico. Richiede una lettura lenta e attenta ma ha il merito
di permettere che una vasta quantità di matematica venga inclusa fra
le sue due copertine. Il libro è pervaso in tutto il suo sviluppo dal
senso umoristico del suo autore, dal suo occhio acuto per la bellezza
matematica e dal suo entusiasmo per il gioco. La maggior parte dei
suoi capitoli iniziano con opportune citazioni letterarie, molte tratte
da Lewis Carroll, e terminano con esercizi che sono spesso nuovi
e stimolanti indovinelli. Un certo numero di capitoli trattano com-
pletamente problemi ed argomenti di alto interesse ricreativo, alcuni
189
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

dei quali sono stati discussi, a un livello più elementare, in questo


e nei due precedenti volumi di questa serie: la sezione aurea, i
solidi regolari, curiosità topologiche, la coloritura di mappe, l’im-
pacchettamento di sfere, e così via.
Divertenti notiziole aggiuntive punteggiano qua e là il testo.
Quanti lettori sanno, per esempio, che nel 1957 la B. F. Goodrich
Company brevettò la striscia di Möbius? Il brevetto. n. 2.784.834
si riferisce a una cinghia di gomma collegata a due ruote usata per
trasportare sostanze calde o abrasive. Quando alla cinghia vien dato
la nota mezza torsione, essa si logora ugualmente sulle due facce o,
meglio, sulla sua unica faccia.
E quanti lettori sanno che all’Università di Gottinga c’è una
grossa scatola contenente un manoscritto dove viene dimostrato
come costruire, con solo riga e compasso, un poligono regolare di
65.537 lati? Un poligono con un numero primo di lati può esser
costruito nella maniera classica solo se il numero è di un tipo spe-
ciale, chiamato numero primo di Fermat; un numero primo espri-
mibile nella forma 2( 2 ) + 1 . Solo cinque primi del genere sono
n

conosciuti: 3, 5, 17, 257 e 65.537. Quel povero diavolo che riuscì


a costruire il 65.537-gono, ci dice Coxeter, impiegò dieci anni nel
lavoro. Nessuno sa se esiste un poligono con un numero primo di
lati maggiore di questo che sia in linea di principio costruibile con
riga e compasso. Se un poligono del genere c’è, la sua effettiva co-
struzione è fuor di questione, dato che il numero di lati sarebbe
astronomico.
Si potrebbe supporre che il povero triangolo, studiato così a
fondo dagli antichi, non contenga che poche sorprese. Tuttavia molti
notevoli teoremi sul triangolo − teoremi che Euclide avrebbe potuto
facilmente scoprire ma che non scoprì − sono stati trovati solo di
recente. Un esempio eminente discusso da Coxeter, è il teorema di
Morley, scoperto per la prima volta circa nel 1899 da Frank Morley,
professore di matematica alla John Hopkins University e padre dello
scrittore Cristopher Morley. Esso si diffuse rapidamente per il mondo
matematico come un pettegolezzo, scrive Coxeter, ma non ne fu
pubblicata alcuna dimostrazione sino al 1914. Quando Paul e Per-
cival Gooddman, nel cap. 5 del loro meraviglioso libretto Commu-
nitas, parlano dei beni umani che non vengono consumati mentre
vengono goduti, è il bel teorema di Morley che ne fornisce una felice
illustrazione.
190
H. S. M. COXETER

Il teorema di Morley è illustrato in fig. 102. Disegnando un


triangolo di forma qualsiasi e trisezionandone i tre angoli, le linee
di trisezione si incontrano sempre nei vertici di un triangolo equi-
latero. È l’apparizione di quel piccolo triangolo equilatero, cono-
sciuto come triangolo di Morley, che risulta del tutto inaspettata.
Il Professor Morley scrisse diversi testi e fece importanti lavori in
molti campi, ma è questo teorema che gli ha dato la notorietà. Come
mai non è stato scoperto prima? Coxeter pensa che forse i matema-
tici, sapendo che l’angolo non può esser trisecato nell’ambito delle
limitazioni classiche, tendevano a rifuggire dai teoremi che compor-
tavano trisezioni di angoli.
Un altro teorema che ha raggiunto un’ampia notorietà in que-
sto secolo è illustrato in fig. 103. Se le bisettrici interne dei due
angoli alla base di un triangolo sono uguali, sembra intuitivamente
ovvio che il triangolo debba essere isoscele. Ma è possibile provarlo?
Nessun problema di geometria elementare è più insidiosamente in-
gannatore. Il suo inverso − le bisettrici degli angoli alla base di un
triangolo isoscele sono uguali − risale a Euclide ed è facile da pro-
vare. L’altro sembra poter avere una dimostrazione altrettanto fa-
cile, ma in effetti è estremamente difficile. Ogni po’ di mesi qual-
cuno mi manda una pretesa dimostrazione di questo problema. Di
solito rispondo citando un articolo di Archibald Henderson che è
apparso nel Journal of the Elisha Mitchell Scientific Society del di-
cembre 1937. Henderson chiama il suo articolo, lungo quasi 40

Fig. 102. Il teorema di Morley Fig. 103. Il problema del bisettore


interno.

191
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

pagine, « un tentativo riguardante il problema della bisettrice in-


terna per porre fine a tutti i tentativi riguardanti la bisettrice inter-
na ». Egli fa vedere che molte dimostrazioni pubblicate, alcune anche
da matematici famosi, sono errate; poi dà dieci dimostrazioni valide,
tutte lunghe e complesse. È una piacevole emozione trovare nel
libro di Coxeter una nuova dimostrazione, così semplice che gli basta
dedicare quattro righe a un particolare dal quale la dimostrazione
viene dedotta facilmente.
Di quando in quando qualcuno, scoprendo un nuovo elegante
teorema, è spinto ad esporlo in versi. Un divertente esempio moderno
è « il bacio preciso », una poesia dell’esimio chimico Frederick
Soddy, che coniò il termine « isotopo ». Se tre cerchi di dimensioni
qualsiasi sono disposti in modo che ciascuno tocchi gli altri due,
è sempre possibile disegnare un quarto cerchio che tocchi tutti e tre.
Di solito vi sono due modi per disegnare un quarto cerchio; a volte
uno è un cerchio grande che comprende gli altri tre. In fig. 104, per
esempio, i due possibili quarti cerchi sono indicati con linee a tratto.
Che relazioni reciproche vi sono fra le dimensioni dei quattro cerchi
reciprocamente tangenti? Soddy, alla fine di un procedimento che in
seguito confessò di non aver mai effettivamente capito, giunse per
caso alla seguente bella formula simmetrica, in cui a, b, c e d sono
i reciproci dei quattro raggi:

a2 + b2 + c2 + d2 = 1/2 (a + b + c + d)2

Il reciproco di un numero n è semplicemente 1/n ed il reci-


proco di una qualsiasi frazione è ottenuto capovolgendo la frazione.
Il reciproco di un raggio è la misura della curvatura di un cerchio.
Una curvatura concava, come quella di un cerchio che comprende
gli altri tre, è considerata una curvatura negativa e trattata come un
numero negativo. Coxeter cita la seconda stanza della poesia così:
Quattro cerchi vengono a baciarsi
il più piccolo è il più curvato.
La curvatura è esattamente l’inverso
della distanza dal centro.
Sebbene il loro inviluppo abbia fatto instupidire Euclide
non c’è bisogno di regole empiriche.
Dato che una curvatura zero è una linea diritta
192
H. S. M. COXETER

e una curvatura negativa ha il segno meno,


la somma dei quadrati di tutte e quattro le curvature
è la metà della loro somma al quadrato.

La formula di Soddy fa risparmiare parecchio tempo agli enig-


misti: i problemi che comportano circoli osculanti, come se ne tro-
vano spesso nei libri di giochi enigmistici, molte volte sono difficili
da risolvere. Per esempio, se i tre cerchi a tratto pieno in fig. 104
hanno raggi di uno, due e tre centimetri, quali sono i raggi dei
cerchi a tratto? Si può rispondere disegnando un gran numero di
triangoli rettangoli e applicando supinamente il teorema di Pitagora,
ma la formula di Soddy dà una semplice equazione quadratica con

Fig. 104. « Il bacio preciso » di Frederick Soddy.

193
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

due radici che sono i reciproci dei due raggi cercati. La radice posi-
tiva dà il cerchio piccolo a tratto con curvatura di 23/6 ed un raggio
6/23; la radice negativa dà il cerchio grande a tratto con curvatura
negativa di −1/6 e raggio sei centimetri.
I lettori che hanno voglia di provare la potenza della formula
su un altro problema possono considerare questa situazione. Viene
tracciata una retta su un piano. Due sfere osculantisi, una di raggio
di quattro centimetri, l’altra con un raggio di nove centimetri, stanno
sulla retta. Qual è il raggio della maggiore sfera che può esser posta
sulla stessa linea in modo che tocchi le altre due? Invece della for-
mula di Soddy si può usare la seguente espressione equivalente, data
da Coxeter, che rende molto più facile il calcolo. Dati i tre valori re-
ciproci, a, b e c, il quarto reciproco è a + b + c ± 2 a b + b c + a c .
Da un punto di vista artistico, alcuni dei disegni più sensazionali
del volume riccamente illustrato di Coxeter accompagnano la discus-
sione della simmetria e del ruolo tenuto dalla teoria dei gruppi nella
costruzione di motivi ripetuti quali si vedono comunemente sulle
carte da parati, nei pavimenti a piastrelle, nei tappeti e via di seguito.
« Un matematico, come un pittore o un poeta, è un costruttore di
ritmi », scriveva il matematico inglese G. H. Hardy in un famoso
passaggio citato da Coxeter. « Se i suoi schemi sono più duraturi
dei loro, è perché essi sono fatti di idee ».
Quando dei poligoni vengono collegati in modo da coprire un piano
senza interstizi né sovrapposizioni, lo schema è chiamato « a mosaico ».
Un mosaico regolare è fatto interamente di poligoni regolari, tutti
esattamente uguali e incontrantisi nei vertici (cioè nessun vertice di
uno tocca il lato di un altro). Vi sono solo tre di questi mosaici:
la rete di triangoli equilateri, lo schema a scacchiera di quadrati e
lo schema esagonale del favo, della rete metallica e delle piastrelle
da bagno. Con i quadrati e i triangoli si può anche riempire il piano
senza disporli con i vertici coincidenti, ma non lo si può fare con
gli esagoni.
I mosaici « semiregolari » sono quelli in cui due o più tipi di
poligoni regolari sono disposti insieme vertice a vertice in modo che
gli stessi poligoni, nello stesso ordine ciclico, circondino ciascun
vertice. Vi sono precisamente otto di questi mosaici, fatti di dif-
ferenti combinazioni di triangoli, quadrati, esagoni, ottagoni e do-
decagoni (fig. 105). Tutti sarebbero, e alcuni lo sono, eccellenti di-
segni per pavimenti. Tutti sono invarianti per riflessione speculare
194
H. S. M. COXETER

Fig. 105. Gli otto mosaici « semiregolari ».

195
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

eccetto il mosaico nell’angolo in basso a destra, schema descritto per


la prima volta da Keplero. Esso ha due forme, ognuna di queste imma-
gine speculare dell’altra. Un piacevole passatempo è tagliare un gran
numero di poligoni di cartone delle dimensioni e forme richieste, di-
pingerli in vari colori e sistemarli in questi tipi di mosaici. Se si toglie
la limitazione circa i vertici, gli stessi poligoni formeranno un’infinita
varietà di mosaici. (Alcuni rilevanti esempi di questi mosaici non
regolari ma simmetrici sono riprodotti in Mathematical Snapshots
di Hugo Steinhaus, ristampato recentemente dalla Oxford Univer-
sity Press.
Tutti i mosaici, che coprono il piano con schemi ripetuti, appar-
tengono ad un gruppo di diciassette differenti gruppi di simmetria
che esauriscono tutti i modi fondamentalmente diversi in cui gli
schemi possono esser ripetuti all’infinito in due dimensioni. Gli
elementi di questi gruppi sono semplicemente operazioni eseguite
su uno schema fondamentale: scorrimento sul piano, rotazione o in-
versione speculare. I diciassette gruppi di simmetria sono di grande
importanza nello studio delle strutture dei cristalli; in effetti Coxeter
afferma che fu il cristallografo russo E. S. Federov a provare per pri-
mo nel 1891 che il numero di questi gruppi è diciassette. « L’arte di
riempire un piano con uno schema ripetuto » scrive Coxeter, « rag-
giunse il suo maggiore sviluppo nella Spagna del tredicesimo secolo,
dove i Mori usarono tutti i diciassette gruppi nelle loro intricate
decorazioni dell’Alhambra. La loro preferenza per gli schemi astratti
era dovuta alla loro stretta osservanza del precetto del Corano “ Tu
non disegnerai alcuna figura ... ” ».
Non è necessario, naturalmente, limitare le forme fondamentali
a schemi del tipo astratto. Coxeter prosegue discutendo le ingegnose
maniere con cui l’artista danese Maurits C. Escher, che ora vive a
Baarn, ha applicato molti dei diciassette gruppi di simmetria a mosaici
in cui sono usate per le zone fondamentali delle forme animali. Uno
degli stupefacenti mosaici di Escher, riprodotto nel libro di Coxeter,
è il cavaliere a cavallo mostrato in fig. 106; un altro è riprodotto in
fig. 107. A primo sguardo, fa rilevare Coxeter, il motivo del cavaliere
appare essere il risultato di una traslazione della forma base lungo
gli assi orizzontali e verticali; ma ad un esame più accurato si vede
che la forma base fa anche da sfondo. In effetti, il più interessante
gruppo di simmetria per questo schema è generato da quella che viene
detta riflessione con scorrimento: ossia uno scorrimento della forma
196
H. S. M. COXETER

Fig. 106. Uno dei mosaici matematici di Maurits Escher.

con un’inversione speculare. A rigore, questo non sarebbe un mo-


saico perché la regione fondamentale non è un poligono. Lo schema
appartiene ad una curiosa classe di mosaici in cui delle forme irre-
golari, tutte esattamente eguali, si connettono assieme coprendo il
piano come pezzi di un gioco a incastro. Forme astratte di questo tipo
non sono difficili da ideare, ma quando devono rassomigliare a og-
getti naturali, non è tanto facile ottenerle.
Escher è un pittore che si diverte a giocare con strutture ma-
tematiche. C’è una rispettabile scuola di estetica che guarda a tutte
le arti come se fossero una forma di gioco ed una ugualmente ri-
spettabile scuola di matematica che guarda tutti i sistemi matematici
197
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 107. Un altro mosaico di Escher. Esso è apparso a colori sulla copertina
dello Scientific American, aprile 1961.

come giochi senza significato giocati con simboli secondo regole


concordate. È la stessa scienza una specie di gioco? A questo riguardo
Coxeter cita il passo di John Lighton Synge, il fisico matematico
irlandese:
« Può essere che tutti i grandi scienziati del passato stessero
realmente giocando un gioco in cui le regole sono scritte non dal-
l’uomo, ma da Dio?... Quando giochiamo, non chiediamo perché
giochiamo; giochiamo e basta. Il gioco non obbedisce ad alcun
codice morale salvo lo strano codice che, per qualche ragione inco-
gnita, si impone nel gioco... Si cercherebbero invano nella letteratura
scientifica degli indizi del motivo. E quanto allo strano codice morale
198
H. S. M. COXETER

osservato dagli scienziati, cosa potrebbe esser più strano di un’astratta


considerazione per la verità in un mondo pieno di simulazione, in-
ganno e tabù?... Nel sottoporre alla vostra considerazione l’idea che
la mente umana si trova a suo agio quando gioca, io stesso faccio
un gioco e ciò mi fa sentire che ciò che dico può contenere un ele-
mento di verità ».
Questo passaggio fa sentire una nota caratteristica dello stile di
Coxeter. È questa una ragione per cui il suo libro è una tale miniera
di tesori per gli studiosi di matematica le cui menti vibrano su lun-
ghezze d’onda analoghe.

Appendice
La Goodrich Company non è stata la prima a brevettare un di-
spositivo basato sul nastro di Möbius. Lee De Forest, il 16 gennaio
1923, ricevette il brevetto 1.442.682 per una pellicola cinemato-
grafica di Möbius senza fine su cui si poteva registrare il suono da
entrambe le parti e il 23 agosto 1949, Owen D. Harris ricevette il
brevetto 2.479.929 per una cinghia abrasiva a forma di nastro di
Möbius. I lettori mi hanno informato di entrambi i brevetti; ma po-
trebbero essercene degli altri.
C’è un’ampia letteratura sul triangolo di Morley. La dimostra-
zione di Coxeter appare a p. 23 del suo libro che può esser consultato
per la bibliografia di opere anteriori. Una discussione completa del
triangolo, con vari altri triangoli equilateri che ne derivano (per
esempio, trisecando angoli esterni), è data da W. J. Dobbs in Mathe-
matical Gazette, febbraio 1938. Il teorema è discusso in Introduction
to Plane Geometry di H. F. Baker, del 1943, a pp. 345-349. Dopo
l’uscita del volume di Coxeter, semplici dimostrazioni del teorema
sono state pubblicate da Leon Bankoff, in Mathematics Magazine, di
settembre-ottobre 1962, pp. 223-224 e Haim Rose, in American
Mathematical Monthly di agosto-settembre 1964, pp.771-773.
Il problema del bisettore interno, conosciuto anche come teorema
di Steiner-Lehmus, ha una letteratura ancor più ampia del triangolo
di Morley. Il teorema fu suggerito per la prima volta nel 1840 da
C. L. Lehmus e dimostrato per la prima volta da Jacob Steiner. Per
l’affascinante storia del problema e delle sue molte soluzioni, vedere
J. A. McBride, in Edinburgh Mathematical Notes, vol. 33, pp. 1-13,
199
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

1943, ed Archibald Henderson, « Il problema di Lehmus-Steiner-


Terquem in un esame globale », in Scripta Mathematica, vol. 21,
pp. 223-312, 1955 e vol. 22, pp. 81-84, 1956. Un certo numero di
testi di geometrie per le scuole superiori dimostrano il teorema: L.
S. Shively, An Introduction to Modern Geometry, p. 141; David
R. Davis, Modern College Geometry, p. 61; Nathan Altshiller-Court,
College Geometry, p. 65. Una dimostrazione estremamente breve, di
G. Gilbert e D. MacDonnel, è apparsa in American Mathematical
Monthly, vol. 70, p. 79, 1963.
La poesia di Soddy, « Il bacio preciso », è ristampata completa
nella piacevole antologia di Clifton Fadiman, The Mathematical
Magpie, Simon e Schuster, 1962, p. 284. L’ultima stanza generalizza
il teorema alle sfere. Una quarta stanza, che estende la generalizza-
zione alle ipersfere a n dimensioni, fu scritta da Thorold Gosset e
pubblicata in Nature del 9 gennaio 1937. Anche questa si trova nel
libro di Fadiman, a p. 285.
La quarta forma di mosaico semiregolare in fig. 105 (contando
da sinistra a destra) è la base di una pittura di Salvador Dalì che egli
ha intitolato « Cinquanta disegni astratti che visti da due yarde di-
ventano tre Lenin che si mascherano da cinesi e visti da sei yarde
appaiono come una testa di tigre reale ». Una fotografia di questa
opera è apparsa su Time, del 6 dicembre 1963, p. 90.
La fig. 108 riproduce un altro dei notevoli mosaici di Escher:
una litografia del 1942 intitolata « Verbum ». Escher l’ha descritta
come una storia pittorica della creazione. « Dal nebuloso grigio del
“ Verbo” centrale (“ nel principio era il Verbo ”) emergono figure
triangolari. Più lontane sono dal centro più preciso diviene il contra-
sto fra luce e scuro, mentre i loro contorni originariamente rettilinei
divengono dentellati e curvi. Alternativamente il bianco diventa
sfondo per gli oggetti neri ed il nero per gli oggetti bianchi. Vicino
ai bordi le figure si sono trasformate in uccelli, pesci e rane, ogni
specie nel suo proprio elemento: cielo, acqua e terra. Allo stesso
tempo vi sono graduali trasformazioni da uccello in pesce, da pesce
in rana e da rana ancora in uccello. Vi è un percettibile movimento
in senso orario ». (La citazione è da The Graphic Work of M. C.
Escher pubblicata a Londra dalla Oldbourne Press, 1961).
Melvin Calvin, nel suo articolo su « L’evoluzione chimica » in
Interstellar Communication, edito da A. G. W. Cameron (Benjamin,
1963), riproduce questa litografia, che dice di aver visto per la prima
200
H. S. M. COXETER

Fig. 108. Il « Verbum » di Escher (litografia, 1942). (Collezione di Cornelius Van


S. Roosevelt, Washington, D. C.).

volta appesa alla parete in un ufficio di un chimico in Olanda. « La


graduale fusione delle figure, una nell’altra », commenta Calvin, « e
le trasformazioni che alla fine divengono evidenti, mi sembra rap-
presentino l’essenza non solo della vita ma dell’intero universo ».
Per altre notizie sull’arte matematica di Escher, vedere il mio
articolo nello Scientific American di aprile 1966 e la bibliografia ivi
citata.

Risposte
Ai lettori è stato chiesto di trovare il raggio della massima sfera
che può esser disposta su una retta (tracciata in un piano) in modo
che sia tangente a due sfere che si osculano, anch’esse sulla linea,
201
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 109. Risposta al problema delle sfere che si toccano.

con raggi di quattro e nove centimetri. In sezione questo può esser


visto (fig. 109) come un problema che comporta quattro cerchi reci-
procamente tangenti, con la retta considerata come un cerchio di cur-
vatura zero. La formula di Frederick Soddy per « Il bacio preciso »
fornisce i due cerchi (tratteggiati) rispettivamente di raggio
1 + 11/25 di centimetro e 36 centimetri. Il cerchio maggiore è il
cerchio massimo della sfera che risponde al problema.

202
18
IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI

L’uomo non ha mai mostrato tanta ingegnosità


quanto nei suoi giochi.
Leibnitz, in una lettera a Pasca1

I giochi matematici quali il filetto, gli scacchi, la dama ed il « go »


sono competizioni a due giocatori le quali: 1) devono terminare dopo
un numero finito di mosse, 2) non contengono elementi casuali in-
trodotti con mezzi quali dadi o carte, 3) sono giocati in modo che
entrambi i giocatori vedano tutte le mosse.
Se un gioco è di questo tipo ed ogni giocatore gioca « razional-
mente − cioè, secondo la sua migliore strategia − allora l’esito
è predeterminato. Sarà una patta oppure una vittoria certa o per il
giocatore che fa la prima mossa o per il giocatore che fa la seconda
mossa. In questo capitolo considereremo prima due semplici giochi
dei quali sono conosciute le strategie vincenti, poi un popolare gioco
da scacchiera del quale è stata appena scoperta una strategia vincente
e una classe di giochi da scacchiera non ancora analizzati.
Molti semplici giochi in cui i pezzi sono disposti su, o rimossi
da, una scacchiera si prestano a quella che è chiamata una strategia
di simmetria. Un esempio classico è il gioco in cui due giocatori a
turno dispongono un pezzo del domino in un punto qualsiasi di una
scacchiera rettangolare. Ogni pezzo deve esser disposto in piano, en-
tro il margine del rettangolo senza muovere alcun pezzo precedente.
Vi sono abbastanza pezzi da coprire completamente la scacchiera
quando i pezzi sono disposti fianco a fianco. Il giocatore che mette
giù l’ultimo pezzo vince. Il gioco non può terminare in una patta,
sicché se entrambe le parti giocano razionalmente, chi è sicuro di
vincere? La risposta è il giocatore che mette il primo pezzo. La sua
strategia è di disporre il primo pezzo esattamente al centro della
scacchiera (fig. 110) e poi copiare le mosse del suo avversario gio-
cando in modo simmetricamente opposto, come mostrato. È ovvio
che ogni volta che il secondo giocatore trova un posto libero, c’è
sempre un corrispondente posto libero contrapposto.
203
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig.110. Un gioco di domino


da tavolo.

La stessa strategia si applica a qualsiasi tipo di pezzi piatti che


conservano la stessa forma quando vengono ruotati di 180 gradi.
Per esempio, la strategia è valida se i pezzi sono delle croci greche;
non è valida se hanno la forma, diciamo, della lettera T. È facile
inventare nuovi giochi di questo tipo, in cui pezzi di diverse forme
vengono disposti alternativamente su scacchiere variamente configu-
rate secondo regole prestabilite. In alcuni casi una strategia di sim-
metria fornisce una vittoria per il primo o per il secondo giocatore;
in altri casi non vi sono strategie del genere possibili.
Un tipo diverso di gioco di simmetria dà la vittoria nel seguente
gioco. Un numero qualsiasi di monete viene disposto in cerchio sul
tavolo, di modo che ogni moneta tocchi due altre monete adiacenti.
I giocatori a turno tolgono o una moneta o due monete adiacenti.
204
IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI

Il giocatore che prende l’ultima moneta vince. In questo caso il gio-


catore che fa la seconda mossa può sempre avere la vittoria. Dopo
che il primo giocatore ha preso una o due monete, quelle restanti
formano una catena curva con due estremi. Se questa catena con-
tiene un numero dispari di monete, il giocatore che fa la seconda
mossa prende la moneta centrale. Se ne contiene un numero pari,
egli prende le due centrali. In entrambi i casi egli lascia due catene
di uguale lunghezza separate. Da questo punto in poi, qualunque sia
la mossa che l’avversario fa, prendendo delle monete da una delle
catene, il secondo giocatore gliela copia prendendo una o due monete
dall’altra catena.
Sia questa che la precedente strategia sono esempi di ciò che i
teorici dei giochi chiamano « strategia del pareggio »: una strategia
in cui le mosse sono accoppiate (non necessariamente in modo sim-
metrico). La strategia ottimale consiste nel giocare una delle mosse
della coppia ogni qualvolta l’avversario gioca l’altra mossa. Un esem-
pio evidente di strategia di pareggio è data dal gioco topologico del
Bridg-it messo in commercio nel 1960 e ormai diffuso come gioco
per bambini. Il lettore ricorderà che il Bridg-it è stato presentato
nel numero di ottobre 1968 di Scientific American col nome di
« Gale »; era stato ideato da David Gale, un matematico della Brown
University. La scacchiera del Bridg-it è mostrata in fig. 111. Se viene
giocata su carta, un giocatore usa una matita nera per disegnare dei
tratti rettilinei che uniscono coppie qualsiasi di punti neri adiacenti,
in senso orizzontale o verticale ma non in diagonale. L’altro gioca-
tore usa una matita rossa per unire analogamente coppie di punti
rossi. I giocatori a turno tracciano le linee, che non possono inter-
secarsi. Vince chi per primo forma un percorso connesso congiun-
gente i due lati opposti aventi il suo colore. (La scacchiera di Bridg-it
in commercio ha i punti in rilievo e dei piccoli ponti di plastica
colorata che vengono disposti fra i punti). Per molti anni si è saputo
che vi è una strategia vincente per il giocatore che fa la prima mossa,
ma solo ai primi di quest’anno ne è stata effettivamente scoperta una.
È stato Oliver Gross, un esperto di teoria dei giochi del reparto
di matematica della Rand Corporation, a svelare il trucco. Quando
ho saputo della sua scoperta, ho scritto immediatamente per avere
dei particolari, aspettandomi di ricevere una lunga, complessa analisi
che pensavo si sarebbe dimostrata troppo tecnica per questo volume.
Con mia meraviglia la spiegazione consisteva in nient’altro che il dia-
205
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Fig. 111. Una partita di Bridg-it finita. Il rosso ha vinto.

gramma riprodotto in fig. 112 e delle seguenti due note: fare la


prima mossa come indicato dalla linea nera a sinistra in basso nel
disegno. Dopo di ciò ogni volta che il gioco del vostro avversario
taglia l’estremità di una linea punteggiata, giocare tagliando l’estre-
mità opposta della stessa linea. Questa ingegnosa strategia di con-
trapposizione garantisce la vittoria al primo giocatore, anche se non
necessariamente nel minimo di mosse. Gross descrive questa stra-
tegia come « democratica » nel senso che « opera stupidamente con-
tro un avversario stupido, abilmente contro un avversario abile, ma
vince senza tenerne conto ». Questa non è la sola strategia di pa-
reggio scoperta da Gross, ma egli ha scelto questa per la sua rego-
larità e la facilità con cui può essere estesa a scacchiere di Bridg-it
di qualsiasi dimensione.
Notare che nel diagramma non sono indicate giocate lungo i
margini della scacchiera. Tali mosse sono permesse dalle regole del
Bridg-it (infatti, mosse di questo tipo sono mostrate sul coperchio
della scatola), ma non serve fare una mossa di questo tipo, perché
206
IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI

Fig. 112. La strategia di pareggio di Gross che fa vincere al Bridg-it.

non dà alcun contributo alla vittoria. Se durante la condotta della


strategia vincente il vostro avversario abbandona un gioco facendo
una mossa marginale, si può contrastarlo con una propria mossa
marginale. Oppure, se si preferisce, si può giocare in un punto qual-
siasi della scacchiera. Se in qualche momento successivo del gioco
questa mossa fosse quella richiesta dalla strategia, basta semplice-
mente giocare in qualche altro punto. Avere una mossa in più a di-
sposizione sulla scacchiera talvolta è un vantaggio, e mai uno svan-
taggio. Naturalmente ora che si conosce una strategia vincente per
il primo giocatore, il Bridg-it perde il suo interesse salvo che per
giocatori che ancora non conoscano la novità.
Molti giochi da scacchiera con regole relativamente semplici
hanno sfidato tutti i tentativi di analisi matematica. Un esempio è
dato da una famiglia di giochi che deriva dall’Halma, un gioco molto
diffuso in Inghilterra verso la fine del XIX secolo. « Il normale modo
di vivere inglese » scrisse George Bernard Shaw nel 1898, « è di
207
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

sedere in famiglie separate dentro stanze separate in case separate,


ogni persona occupata in silenzio con un libro, un giornale o un gioco
di Halma ... » (Questa citazione è data in The New Complete Hoyle
di Halbert H. Morehead, Richard L. Frey e Geoffrey Mott-Smith).
Il gioco dell’Halma originale (il nome deriva dalla parola greca
che significa « balzo ») era giocato su una scacchiera di sedici qua-
drati di lato, ma il modo base di giocarlo è stato presto esteso ad
altre scacchiere di dimensione e forme varie. Il gioco noto oggi col
nome di « scacchi cinesi » è una delle molte varianti posteriori di
Halma. Spiegherò qui solo una versione semplificata, che può esser
giocata su una comune scacchiera di otto per otto e conduce ad un
divertente solitario che costituisce un indovinello ancora non risolto.
Il gioco comincia con i pezzi nella posizione iniziale tipo di una
partita di dama. Le mosse sono le stesse della dama, con queste
eccezioni:
1. I pezzi che dovrebbero essere « mangiati » vengono saltati,
ma restano sulla scacchiera.
2. Un pezzo può saltare pedine di qualsiasi colore.
3. Sono permessi salti e mosse all’indietro.
Si può fare una catena ininterrotta di salti su pedine di ciascun
colore ma non si può combinare salti con mosse che non siano salti.
Scopo del gioco è che ogni giocatore vada a occupare la posizione
di partenza dell’avversario. Il primo che vi riesce è il vincitore. Un gio-
catore vince anche quando il gioco raggiunge una situazione in cui
il suo avversario non può più muovere.
Un’idea di quanto sia difficile analizzare un gioco sul tipo del-
l’Halma si può avere cercando di risolvere il seguente problema.
Sistemare dodici pezzi nella solita posizione iniziale sui quadretti neri
delle prime tre righe di una scacchiera. Il resto della scacchiera è
vuoto. Qual è il numero minimo di mosse occorrenti per trasportare
queste pedine sulle tre righe opposte della scacchiera? Una « mossa »
è definita o come un movimento del pezzo in diagonale, in avanti o
indietro, su una casella nera vicina, o come un salto al di là di una
o più pedine. Un salto ininterrotto può comprendere balzi in avanti
o indietro ed è contato come una mossa singola. Come nell’Halma,
non è obbligatorio saltare quando il salto è possibile e una serie di
salti consecutivi può esser terminata quando si vuole, anche se sono
possibili più balzi.
208
IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI

Per comodità nella registrazione delle soluzioni, si possono nu-


merare i quadrati neri, da sinistra a destra e dall’alto in basso, da
1 a 32.

Appendice
Dopo pubblicata la soluzione in venti mosse del problema di
Halma, diversi lettori hanno mandato dimostrazioni che occorrono al-
meno diciotto mosse. Un lettore, Vern Poythress, di Fresno, Cali-
fornia. ha inviato una dimostrazione del minimo in venti mosse;
sfortunatamente è troppo lunga e involuta per esporla qui.
Come ho fatto notare nel precedente volume di « Enigmi e gio-
chi matematici », il Bridg-it è identico ad un gioco di scambi chia-
mato « Bird Cage » inventato da Claude E. Shannon. Il gioco di
Shannon è descritto in una delle novelle di Arthur Clarke, « The
Pacifist », ristampata nell’antologia di Clifton Fadiman, Mathematical
Magpie, da Simon e Schuster, 1962, pp. 37-47; e in « Steps Toward
Artificial Intelligence » di Marvin Minsky in Proceedings of the
Institute of Radio Engineers, vol. 49, 1961, p.23. In aggiunta al
Bridg-it, prodotto dalla Hassenfeld Brothers c’è ora sul mercato una
versione del gioco più costosa prodotta sotto il nome di Twixt dalla
3M Brand Bookshelf Games.
Indipendentemente dal lavoro di Gross, una strategia vincente
per il Bridg-it è stata scoperta da Alfred Lehman, del Centro di ri-
cerca matematica dell’Esercito Americano, all’Università di Wiscon-
sin. Lehman ha trovato una strategia generale per un’ampia classe
di giochi del tipo di quelli di Shannon, dei quali la « Bird Cage »
(o il Bridg-it) è una specie. Lehman mi ha scritto di aver elaborato
per la prima volta il suo sistema nel marzo 1959 e, sebbene menzio-
nato in un rapporto al Signal Corps e in un appunto mandato a
Shannon, di non averlo allora pubblicato. Nell’aprile 1961 ne parlò
a una riunione dell’American Mathematical Association, e un rias-
sunto del suo articolo apparve nel notiziario di giugno dell’associa-
zione. Una presentazione completa formalmente, « Una soluzione del
problema di commutazione di Shannon », è stata pubblicata nel
Journal of the Society of Industrial Applied Mathematics, vol. 12,
n. 4 del dicembre 1964, pp. 687-725. La strategia di Lehman arrivò
molto vicino a dare una strategia vincente per l’Hex, un gioco topo-
209
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

logico ben noto simile al Bridg-it, descritto nel volume precedente,


ma l’Hex è sfuggito all’analisi ed è rimasto insoluto.
Nel 1961 Gunter Wenzel ha scritto un programma di gioco del
Bridg-it per un calcolatore IBM 1401, basandolo sulla strategia di
Gross. La descrizione del programma è stata pubblicata come dat-
tiloscritto in fotocopia dall’Istituto di Ricerche sui Sistemi IBM, a
New York e nel 1963 è stato pubblicato in Germania nel numero
di marzo di Bürotecnik und Automation.

Risposte
Il problema dello spostamento delle dodici pedine da un lato
della scacchiera all’altro, mediante mosse di Halma, ha provocato un
gran numero di risposte da parte dei lettori. Più di 30 hanno risolto
il problema in 23 mosse, 49 lo hanno risolto in 22, 31 in 21, e 14
in 20 mosse. I quattordici vincitori, in ordine di data delle loro
lettere sono: Edward J. Sheldon di Lexington, Massachusetts; Henry
Laufer, New York; Donald Vanderpool, Towanda, Pennsylvania;
Corrado Böhm e Wolf Gross, Roma, Italia; Otis Shuart, Syracuse,
New York; Thomas Storer, Melrose, Florida; Forrest Vorks, Seattle,
Washington; Georgianna March, Madison, Wisconsin; James Bur-
rows, Stanford, California; G. W. Logemann, New York; John Stout,
New York; Robert Schmidt, State College, Pennsylvania; G. L.
Lupfer, Solon, Ohio ed J. R. Bird, Toronto, Canada.
Non è giunta alcuna dimostrazione che venti sia il minimo di
mosse, sebbene molti lettori abbiano indicato un semplice modo di
dimostrare che almeno sedici mosse sono necessarie. All’inizio, otto
pedine sono sulle righe dispari 1 e 3, quattro su una riga pari 2.
Alla fine, otto pedine sono sulle righe pari 6 ed 8, quattro sulla riga
dispari 7. È chiaro che quattro pedine devono cambiare parità da
dispari a pari. Ciò può avvenire solo se ciascuna fa almeno un salto e
una mossa normale, portando ccn ciò il totale delle mosse richieste
a sedici.
È difficile pensare che le pedine possano esser spostate in meno
di venti mosse, sebbene io debba confessare che quando presentai il
problema trovai ugualmente difficile pensare che potesse esser risolto
in solo venti mosse. Ammettendo che i quadrati neri siano numerati
da 1 a 32, da sinistra a destra e dall’alto in basso, con un quadretto
210
IL BRIDG-IT ED ALTRI GIOCHI

bianco nell’angolo alto a sinistra della scacchiera, la soluzione in venti


mosse di Sheldon (la prima ricevuta) è la seguente:
1. 21 − 17 11. 14 − 5
2. 30 − 14 12. 23 − 7
3. 25 − 9 13. 18 − 2
4. 29 − 25 14. 32 − 16
5. 25 − 18 15. 27 − 11
6. 22 − 6 16. 15 − 8
7. 17 − 1 17. 8−4
8. 31 − 15 18. 24 − 8
9. 26 − 10 19. 19 − 3
10. 28 − 19 20. 16 − 12

Fig. 113. Posizione delle pedine dopo dieci mosse.

211
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Questa soluzione è simmetrica. La fig. 113 mostra la posizione


delle pedine dopo la decima mossa. Se ora la scacchiera viene inver-
tita e le prime dieci mosse ripetute in ordine inverso, viene com-
pletato il trasferimento. Per quanto mi consta, questa è la prima
soluzione in venti mosse pubblicata. Ma non è unica. Sono state
ricevute altre soluzioni in venti mosse simmetriche, assieme a una
fortemente asimmetrica della Signora March, la sola lettrice che ha
ottenuto il minimo.

212
19
ALTRI NOVE PROBLEMI

1. Il confronto delle monete


Tre monete da cento e due da cinquanta sono sistemate in fila, in
modo alternato come indicato in fig.114. Il problema consiste nel
cambiare le loro posizioni in quelle mostrate nella figura in basso me-
diante il minor numero possibile di movimenti.
Una mossa consiste nel porre le punte dell’indice e del medio su
due monete qualsiasi adiacenti, di cui una deve essere da cento e
una da cinquanta, e far scivolare la coppia in un altro posto lungo
la linea immaginaria indicata in figura. Le due monete devono restare
sempre in contatto e la moneta di sinistra della coppia deve sempre
rimanere a sinistra; quella di destra deve restare a destra. È permesso
lasciare degli intervalli nella catena dopo ogni mossa salvo l’ultima.
Dopo l’ultima mossa le monete debbono restare sulla linea immagi-
naria di partenza ma non necessariamente nello stesso posto occupato
all’inizio.
Se fosse permesso di far spostare due monete dello stesso tipo,
il problema potrebbe esser risolto facilmente in tre mosse: far sci-
volare la 1 e 2 a sinistra, riempire il vuoto con le 4 e 5, poi spostare
le 5 e 3 da destra verso sinistra. Ma con la condizione che ogni coppia
spostata deve comprendere due monete diverse il problema diventa
graziosamente elusivo.

Fig. 114. Il gioco delle monete.

213
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

H. S. Percival di Garden City, New York, è stato il primo a


richiamare la mia attenzione su questo problema.

2. Cronometrare il toast
Anche il più semplice dei compiti casalinghi può presentare com-
plicati problemi di ricerca operativa. Consideriamo la preparazione di
tre fette di toast imburrato. Il tostapane è di vecchio tipo con
due griglie a cerniera e può contenere due fette di pane per volta
abbrustolendole da una sola parte. Per abbrustolirle dai due lati è
necessario aprire le griglie e rigirare le fette. Occorrono tre secondi
per mettere una fetta di pane nel tostapane, tre secondi per estrarla
e tre secondi per rigirarla senza toglierla. Per ognuna di queste ope-
razioni sono necessarie le due mani, il che significa che non è pos-
sibile inserire, estrarre e rigirare due fette contemporaneamente. Né
è possibile imburrare una fetta mentre un’altra viene messa nel to-
stapane, girata o estratta. Il tempo per abbrustolire una fetta da un
lato è di trenta secondi. Ne occorrono dodici per imburrarla.
Ogni fetta viene imburrata da una parte sola e nessuna faccia può
essere imburrata se non è già abbrustolita. Una fetta abbrustolita e
imburrata da un lato può esser rimessa nel tostapane per tostarla
dall’altro. Il tostapane è già riscaldato inizialmente. In quanto tempo
tre fette di pane possono essere abbrustolite dai due lati e imburrate?

3. Due problemi di pentamini


Per gli appassionati di pentamini, ecco due problemi scoperti di
recente, il primo facile, l’altro difficile.
A. A sinistra della fig. 115 i dodici pentamini sono disposti in
modo da formare un rettangolo di sei per dieci. Dividere il rettangolo,
solo lungo le linee nere. in due parti che possono essere di nuovo
collegate fra loro in modo da formare la disposizione a tre fori sulla
destra della fig. 115.
B. Sistemare i dodici pentamini in modo da formare un rettan-
golo di sei per dieci in modo che ogni pentamino tocchi il margine
del rettangolo. Delle svariate migliaia di modi sostanzialmente di-
versi di formare il rettangolo di sei per dieci (le rotazioni e le rifles-
214
ALTRI NOVE PROBLEMI

Fig. 115. Un problema di pentamini.

sioni non sono considerate differenti), se ne conoscono solo due che


soddisfano la condizione di questo problema. I pezzi asimmetrici
possono esser rigirati e sistemati con una qualunque delle due facce
sulla tavola.

4. Un teorema sui punti fissi


Una mattina, esattamente all’alba, un monaco buddista cominciò
a salire su una montagna. Lo stretto sentiero, non più largo di uno
o due piedi, saliva a spirale attorno alla montagna sino ad uno splen-
dido tempio sulla cima.
Il monaco salì a differenti velocità, fermandosi molte volte per
riposare e mangiare frutta secca che portava con sé. Quando giunse
al tempio mancava poco al tramonto. Dopo diversi giorni di digiuno
e di meditazione cominciò il viaggio di ritorno lungo la stessa strada,
partendo all’alba e camminando di nuovo a diverse velocità con molte
fermate lungo il percorso. La sua velocità media in discesa era, na-
turalmente, maggiore di quella media tenuta in salita.
Dimostrare che lungo il percorso vi è un punto raggiunto dal
monaco in entrambi i viaggi esattamente nella stessa ora.

5. Un paio di indovinelli aritmetici


I due seguenti problemi sembrano richiedere un calcolatore nu-
merico per poter provare centinaia di combinazioni di cifre in un
tempo ragionevole. Ma se si affrontano opportunamente e con
l’aiuto di uno o due abili tentativi, entrambi i problemi possono esser
risolti con pochissimo lavoro di carta e matita. È con queste scor-
ciatoie che un abile programmatore spesso può far risparmiare alla
215
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

sua ditta prezioso tempo di calcolatore e in alcuni casi eliminare il


bisogno del calcolatore stesso.
A. The Square Root of Wonderful (La radice quadrata di mera-
viglioso) era il titolo di una recente commedia data a Brodway. Se
ogni lettera in WONDERFUL rappresenta una diversa cifra (zero esclu-
so) e se OODDF, nello stesso codice, rappresenta la radice quadrata,
qual è dunque la radice quadrata di « Wonderful »?
B. Vi sono molti modi di disporre le nove cifre (escluso lo zero)
in formazione quadrata per rappresentare una somma. Nell’esempio
a sinistra in fig. 116, 318 più 654 dà 972. Vi sono anche modi di
disporre le cifre in una matrice quadrata in modo da formare, se-
condo un certo ordine di successione, una catena connessa da un
percorso di torre. Un esempio è sulla destra della fig. 116. Si può
cominciare da 1 e poi, muovendo come una torre degli scacchi di un
quadrato per volta, avanzare su 2, 3, 4 e così via sino a 9.
Il problema è di combinare entrambe le caratteristiche nello
stesso quadrato. In altre parole, disporre le cifre in una matrice di
tre per tre in modo che formino una catena connessa a percorso di
torre, da 1 a 9, ed anche in modo tale che la fila in basso sia la
somma delle prime due. La risposta è unica.

6. Come ha fatto Kant a regolare il suo orologio?


Si dice che Kant fosse uno scapolo di abitudini così metodiche
che i cittadini di Königsberg regolavano i loro orologi quando lo ve-
devano passare da certi punti caratteristici.
Una sera Kant rimase atterrito nel vedere che la pendola di

Fig. 116. Si possono combinare le caratteristiche di entrambi i quadrati?

216
ALTRI NOVE PROBLEMI

casa si era fermata. Evidentemente la domestica, che aveva il giorno


di libertà, si era dimenticata di ricaricarla. Il grande filosofo non poté
regolare le lancette perché il suo orologio da tasca era in riparazione
e non aveva modo di conoscere l’ora esatta. Egli allora si recò a
casa del suo amico Schmidt, un mercante che viveva pressappoco un
miglio distante e dette un’occhiata all’orologio nell’ingresso di casa
Schmidt al momento di entrare.
Dopo diverse ore di visita a Schmidt, Kant salutò e se ne ritornò
a casa per la stessa via da cui era venuto camminando, come sempre,
con quell’andatura lenta e costante che in vent’anni non aveva mai
cambiato. Egli non aveva nozione di quanto tempo avesse richiesto
questa passeggiata. (Schmidt si era trasferito da poco nella zona e
Kant non sapeva ancora quanto tempo impiegava in questa passeg-
giata). Nondimeno, quando rientrò in casa, Kant regolò immediata-
mente il suo orologio correttamente.
Come fece Kant a sapere l’ora esatta?

7. Il gioco delle « Venti Domande » fatto conoscendo


i valori di probabilità
Nel noto gioco delle « Venti Domande » una persona pensa ad
un oggetto, per esempio alla Campana della Libertà di Filadelfia
o al dito mignolo sinistro di Tizio, mentre un’altra persona tenta di
indovinare l’oggetto facendo non più di venti domande, a ognuna
delle quali si deve rispondere sì o no. Le migliori domande sono
di solito quelle che dividono l’insieme dei possibili oggetti in due
sottoinsiemi uguali, per quanto possibile, in numero. Sicché, se
l’« oggetto » scelto dalla persona è un numero fra 1 e 9, esso può
esser indovinato con questo procedimento in non più di quattro
domande − e possibilmente in meno. In venti domande si può indo-
vinare un qualsiasi numero da 1 a 220 (ossia 1.048.576).
Supponiamo che ad ogni possibile oggetto si possa dare un di-
verso valore che rappresenti la probabilità della sua scelta. Per
esempio, poniamo che un mazzo di carte consista di un asso di
picche, due carte col due di picche, tre col tre, e via di seguito sino
a nove carte col nove, in tutto 45 carte. Il mazzo viene mescolato e
qualcuno estrae una carta. Dovete indovinare mediante domande
con risposta a sì e no. Come è possibile render minimo il numero
delle domande?
217
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

8. Non dare matto in una mossa


Karl Fabel, uno scacchista tedesco noto per i suoi problemi di
scacchi è responsabile dello sconcertante problema disegnato in fig.
117. Esso è comparso di recente nella deliziosa rubrica di indovinelli
estemporanei di scacchi pubblicata dal Mel Stover sulla rivista
Canadian Chess Chat.
Si richiede di trovare per il bianco una mossa che non dia come
risultato un immediato scacco matto al re nero.

9. Trovare gli esaedri


Un poliedro è un solido delimitato da poligoni piani chiamati
facce del solido. Il più semplice poliedro è il tetraedro, composto da
quattro facce, ognuna triangolare (fig. 118 in alto). Un tetraedro può
avere un’infinita varietà di forme, ma, se consideriamo la sua rete
di spigoli come invariante topologico (cioè possiamo variare la lun-

Fig. 117. Il bianco muove e non matta.

218
ALTRI NOVE PROBLEMI

ghezza di qualsiasi spigolo e gli angoli sotto cui si incontrano, ma


dobbiamo conservare inalterata la struttura della rete), allora vi è un
solo tipo fondamentale di tetraedro. Non è possibile in altre parole,
che un tetraedro abbia facce che siano una qualsiasi figura diversa
da triangoli.
Il poliedro a cinque facce ha due varietà base (fig. 118, al centro
e in basso). Una è rappresentata dalla Grande Piramide d’Egitto
(quattro triangoli su una base quadrilatera). L’altra è rappresentata
da un tetraedro con un vertice tagliato: tre delle sue facce sono
quadrilateri, due sono triangoli.
John McClellan, un artista in Woodstock, New York, domanda:
quante varietà base di esaedri convessi, o solidi a sei facce, vi sono
in totale? (Un solido è convesso se ognuna delle sue facce può esser
disposta in piano contro la faccia superiore di un tavolo). Un cubo è,
naturalmente, l’esempio più noto.
219
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Se si cercano gli esaedri che si ottengono tagliando i vertici di


solidi più semplici bisogna fare attenzione ad evitare duplicati.
Per esempio, la Grande Piramide, con la punta tagliata, ha uno
scheletro equivalente a quello del cubo.

Risposte
1. L’indovinello delle monete da cento e cinquanta lire può
esser risolto in quattro mosse come segue. Le monete sono numerate
da sinistra verso destra.
1. Muovere 3 e 4 sulla destra di 5 ma separate da 5 di una
distanza uguale alla larghezza di due monete.
2. Muovere 1 e 2 alla destra di 3 e 4 con le monete 4 ed 1
che si toccano.
3. Muovere 4 e 1 nello spazio fra 5 e 3.
4. Muovere 5 e 4 nello spazio fra 3 e 2.
2. Tre fette di pane − A, B e C − possono essere tostate e
imburrate col tostapane in due minuti. Nella fig. 119 mostriamo
come fare.
Dopo la pubblicazione di questa soluzione, son rimasto sbalordito
nel sentire da cinque lettori che il tempo poteva esser ridotto a
111 secondi. Quello che avevo trascurato era la possibilità di tostare
parzialmente una fetta da una parte, tirarla fuori e rimetterla più
tardi per completare l’abbrustolitura. Soluzioni di questo tipo sono
pervenute da Richard A. Brouse, un analista di sistemi di program-
mazione alla IBM, a San Jose, in California; R. J. Davis junior,
della General Precision Inc., a Little Falls, New Jersey; John F.
O’Dowd, di Quebec; Mitchell P. Marcus, di Binghamton, New York
e Howard Robbins, di Vestal, New York.
Il procedimento di Davis è il seguente:
Secondi Operazione
1−3 Inserire la fetta A.
3−6 Inserire la fetta B.
6 − 18 15 secondi di tostatura completa per un lato di A.
18 − 21 Togliere A.
220
ALTRI NOVE PROBLEMI

Fig. 119. Soluzione del problema del tostapane.

221
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Secondi Operazione
21 − 23 Inserire C.
23 − 36 B completa la tostatura da un lato.
36 − 39 Togliere B.
39 − 42 Inserire A dall’altro lato.
42 − 54 Imburrare B.
54 − 57 Togliere C.
57 − 60 Inserire B.
60 − 72 Imburrare C.
72 − 75 Togliere A.
75 − 78 Inserire C.
78 − 90 Imburrare A
90 − 93 Togliere B.
93 − 96 Reinserire A, girata in modo da completare la tosta-
tura dall’altro lato parzialmente tostato.
96 − 108 A completa la sua tostatura.
108 − 111 Togliere C.

Tutte le fette sono ora tostate e imburrate, ma la fetta A è an-


cora nel tostatore. Anche se A deve esser tolta per completare l’intera
operazione, il tempo è solo di 114 secondi.
Robbins ha fatto rilevare che verso la fine, mentre A sta termi-
nando la tostatura, si può impiegare proficuamente il tempo man-
giando la fetta B.

3. La fig. 120 mostra come il rettangolo di sei per dieci, formato


con i dodici pentamini, può esser diviso in due parti e le parti risi-
stemate per formare il rettangolo di sette per nove con tre quadretti
vuoti all’interno. La fig. 121 mostra i due soli possibili schemi di
rettangoli di sei per dieci in cui tutti i dodici pezzi toccano il mar-
gine. Il secondo di questi schemi è anche notevole perché può esser
diviso (come il rettangolo del precedente problema di pentamini)
in due metà congruenti.

4. Un uomo sale su una montagna in un giorno e scende in un


altro. C’è un punto del percorso sul quale egli passa alla stessa ora
in entrambi i viaggi? Il problema è stato portato alla mia attenzione
dallo psicologo Ray Hyman, dell’Università di Oregon, che a sua
volta lo ha trovato in una monografia intitolata « Sulla rivoluzione
222
ALTRI NOVE PROBLEMI

Fig. 120. Un rettangolo di sei per dieci fatto di pentamini è ridistribuito in uno
di sette per nove.

dei problemi », dello psicologo della Gestalt (forma) tedesco Karl


Duncker. Duncker scrive di non esser capace di risolverlo e di osser-
vare con soddisfazione che altri ai quali ha posto il problema hanno
avuto la stessa difficoltà. Vi sono diversi modi per affrontarlo, con-
tinua, « ma probabilmente nessuno è... più drasticamente evidente del
seguente. Dividiamo salita e discesa fra due persone nello stesso
giorno. Essi devono incontrarsi. Ergo ... Con ciò, da una condizione
oscuramente confusa di non facile esame, la situazione è stata im-
provvisamente portata in piena luce ».

5. A. Se OODDF è la radice quadrata di WONDERFUL, quale nu-


mero rappresenta? O non può esser maggiore di 2 perché si avrebbe
un quadrato di dieci cifre. Non può essere 1, perché in nessun modo
un numero che comincia per 11 può avere un quadrato in cui la
seconda cifra è 1. Perciò O deve corrispondere a 2.
WONDERFUL deve essere compreso fra i quadrati di 22.000 e
23.000. Il quadrato di 22 è 484; il quadrato di 23 è 529. Dato che
la seconda cifra di WONDERFUL è 2, concludiamo che WO = 52.
Quali valori delle lettere di 22DDF danno un quadrato eguale a
52NDERFUL? Ilquadrato di 229 è 52.441; il quadrato di 228 è
51.984. Perciò OODD è o 2299 o 2288.

Fig. 121. Tutti i pentamini in questi rettangoli di sei per dieci toccano il bordo
del rettangolo.

223
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Usiamo ora una scappatoia basata sul concetto di radice numerica.


La somma delle nove cifre in WONDERFUL (sappiamo che lo zero è
escluso) è 45, che a sua volta dà per somma 9, la sua radice nume-
rica. La sua radice quadrata deve avere una radice numerica che,
elevata al quadrato, dà un numero con una radice numerica nove.
Le sole radici numeriche che soddisfano questo requisito sono 3,
6, 9 perciò OODDF deve avere una radice numerica 3, 6 o 9.
F non può essere 1, 5 o 6 perché ognuna di queste cifre darebbe
una F alla fine di WONDERFUL. I soli possibili completamenti di
2299F e 2288F che rispondono al requisito della radice numerica
sono 22998, 22884 e 22887.
Il quadrato di 22887 è 523.814.769, l’unico che va bene con la
parola di codice WONDERFUL.
B. Si risparmia tempo in questo problema notando, per intuizione,
che se le nove cifre vengono disposte in una matrice di tre per tre
in modo da formare una catena connessa da un movimento di torre
da 1 a 9, le cifre dispari devono occupare le caselle al centro e ai
quattro vertici. Ciò si vede facilmente colorando le nove caselle a
scacchiera, con quella centrale nera. Dato che c’è una casella nera in
più di quelle bianche, il percorso deve cominciare e terminare su
caselle nere, mentre tutte le cifre pari devono cadere su caselle
bianche.
Vi sono 24 modi diversi di sistemare le quattro cifre pari sulle
caselle bianche. Otto di essi, in cui 2 è opposto a 4, possono essere
eliminati immediatamente perché non permettono un percorso com-
pleto di cifre in ordine di successione. I rimanenti sedici schemi
possono essere rapidamente controllati, tenendo presente che la som-
ma delle due cifre superiori a sinistra deve essere inferiore a 10 e
la somma delle due cifre. superiori sulla destra deve essere maggiore
di 10. La seconda asserzione vale perché le due cifre superiori nel
centro sono pari e dispari, tuttavia la loro somma è una cifra pari.
Ciò può avvenire solo se c’è un riporto di 1 dalla somma della
colonna di destra. Il solo modo per formare il percorso in modo che
la riga inferiore del quadrato sia la somma della prima e della se-
conda riga è mostrato in fig. 122.
Quando questa soluzione è apparsa su Scientific American, Har-
mon H. Goldstone, di New York e Scott B. Kilner, di Corona,
California, hanno scritto per spiegare un sistema più veloce da essi
usato. Vi sono solo tre percorsi di torre sostanzialmente differenti
224
ALTRI NOVE PROBLEMI

Fig. 122. Soluzione del problema della catena di cifre.

(trascurando le rotazioni e le riflessioni) sulla scacchiera: quello


mostrato nella soluzione, un percorso a spirale da vertice a centro ed
un percorso ad « S » da vertice a vertice opposto in diagonale. Su
ciascun percorso le cifre possono correre in ordine in due direzioni
opposte, formando sei diversi andamenti. Considerando le varie
rotazioni e riflessioni di ciascuno, si arriva rapidamente alla risposta
unica.
Notare che se la soluzione viene invertita in senso speculare
(con uno specchio posto sopra ad essa) forma un quadrato con le
sue cifre ancora in ordine di successione secondo un percorso di
torre, tale che la riga intermedia sottratta da quella superiore dà la
riga inferiore.
Charles W. Trigg, in un’analisi dettagliata delle soluzioni di
ABC + DEF = GHK (in Recreational Mathematics Magazine, n. 7,
febbraio 1962, pp. 35-36), dà le sole tre soluzioni, in aggiunta a
quelle mostrate qui, in cui le cifre da 1 a 9 sono in ordine di suc-
cessione lungo un percorso collegato secondo il movimento della
regina.

6. Kant calcolò così il tempo esatto del suo arrivo a casa. Avendo
caricato l’orologio prima di uscire, uno sguardo alle lancette gli fornì
il tempo trascorso durante la sua assenza. Da questo sottrasse il
tempo passato con Schmidt (poiché aveva controllato sull’orologio
nell’ingresso di casa Schmidt al momento del suo arrivo e della sua
partenza). Questo gli dette il tempo totale trascorso nel percorrere
la strada. Dato che era tornato per la stessa strada, alla stessa velo-
cità, dividendo a metà il tempo totale di marcia ottenne il tempo im-
225
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

piegato per tornare a casa. Questo tempo, aggiunto all’ora di par-


tenza da casa Schmidt, gli dette l’ora di arrivo a casa propria.
Winston Jones, di Johannesburg, in Sud Africa, ha scritto per
suggerire un’altra soluzione. Il Sig. Schmidt, oltre ad essere amico
di Kant, era anche il suo orologiaio. Perciò mentre Kant sedeva a
chiacchierare con lui, egli riparò l’orologio di Kant.

7. Il primo passo è elencare in ordine le probabilità delle nove


carte: 1/45, 2/45, 3/45... I due valori più bassi vengono combinati
per formare un nuovo elemento: 1/45 più 2/45 danno 3/45. In
altre parole la probabilità che la carta scelta sia un asso o un due è
di 3/45. Ora vi sono otto elementi: il gruppo asso-due, il tre, il
quattro e via di seguito sino al nove. Di nuovo i due valori più bassi
di probabilità vengono combinati: il valore 3/45 dell’asso-due e la
probabilità 3/45 che la carta sia un tre. Questo nuovo elemento,
consistente nell’asso, due e tre, ha un valore di probabilità di 6/45.
Questo valore è maggiore di quelli relativi al quattro o al cinque,
sicché quando vengono di nuovo combinati i due valori più bassi,
si devono accoppiare i quattro e cinque per ottenere un valore di
9/45. Questo procedimento di pareggiare i due valori più bassi
viene continuato sinché rimane un solo elemento. Esso avrà la pro-
babilità di 45/45, ossia 1. Il diagramma in fig. 123 mostra come
vengono combinati gli elementi. La strategia per minimizzare il
numero di domande è di riprendere questi accoppiamenti in ordine
inverso. Perciò la prima domanda potrebbe essere: la carta è nel
gruppo dei quattro dei cinque e dei nove? Se non lo è, allora è nel-
l’altro gruppo e la domanda successiva è: un sette o un otto? E così
di seguito sinché la carta viene indovinata.
Si noti che se la carta è un asso o un due richiede cinque do-
mande per essere individuata. Una strategia binaria, che divida sem-
plicemente gli elementi per quanto possibile in due metà ad ogni
domanda, assicurerebbe che non sono necessarie più di quattro do-
mande e che si potrebbe indovinare in tre. Tuttavia il procedimento
esposto darebbe alle lunghe un minimo previsto di domande leg-
germente più basso; in effetti il minimo possibile. In questo caso, il
numero minimo è tre.
Il minimo viene calcolato così: cinque domande sono necessarie
se la carta è un asso. Cinque sono anche necessarie se la carta è un
due, ma i due sono due, che fanno dieci domande in tutto. Analo-
226
ALTRI NOVE PROBLEMI

Fig. 123. La strategia per minimizzare il numero di domande « sì » - « no » occor-


renti per indovinare un oggetto fra un certo numero di oggetti aventi valori di
probabilità.

gamente i tre richiedono tre volte quattro domande, ossia dodici. Il


numero totale di domande per tutte le 45 carte è 135, ossia una
media di tre domande per carta.
Questa strategia è stata scoperta per la prima volta da David
A. Huffman ingegnere elettrotecnico al M.I.T., mentre vi frequentava
i corsi superiori. Essa è spiegata nel suo articolo « Un metodo per
la costruzione di codici a ridondanza minima », in Proceedings of
the Institute of Radio Engineers, vol. 40, pp. 1098-1101, settembre
1952. In seguito è stata riscoperta da Seth Zimmerman, che l’ha
descritta nel suo articolo su « Un procedimento ottimale di ricer-
ca », in American Mathematical Monthly, vol. 66, pp. 690-693, di
ottobre 1959. Una buona esposizione non tecnica del procedimento
si trova nel volume di John R. Pierce, Symbols, Signals and Noise,
Harper and Brothers, 1961 (Teoria dell’informazione, Mondadori),
inizia a p. 94.
227
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

8. Nel problema di scacchi il bianco può evitare di dare scacco


matto al nero muovendo la torre di quattro caselle verso sinistra.
Così si ha lo scacco al re nero, ma il nero è libero di mangiare l’al-
fiere sotto scacco della sua torre.
Quando questo problema apparve su Scientific American, dozzine
di lettori si lamentarono che la posizione mostrata non è possibile
perché vi sono due alfieri bianchi sulle caselle dello stesso colore.
Essi dimenticavano che un pedone giunto sull’ultima riga può essere

Fig. 124. Le sette varietà di esaedri convessi.

228
ALTRI NOVE PROBLEMI

cambiato con qualsiasi pezzo, non solo con la regina. Uno qualun-
que dei due pedoni bianchi mancanti può essere stato promosso a
secondo alfiere.
Vi sono state molte partite di maestri in cui i pedoni sono stati
promossi a cavalli. La promozione a alfiere, bisogna ammetterlo, è
rara, tuttavia si può immaginare delle situazioni in cui è desidera-
bile. Per esempio, per evitare un matto all’avversario. O il bianco
può trovare utile sia una nuova regina o un nuovo alfiere in uno
scacco astuto. Se chiede una regina, essa viene presa da una torre
nera, a sua volta presa da un alfiere bianco. Ma se il bianco sceglie
un alfiere, può darsi che il nero non trovi conveniente scambiare la
sua torre con un alfiere e perciò lasci stare l’alfiere.

9. Le sette varietà di esaedri convessi, con scheletri topologica-


mente distinti, sono mostrati in fig. 124. Non conosco alcun modo
semplice per dimostrare che non ve ne sono altri. Una dimostra-
zione non formale è data da John McClellan nel suo articolo sul
« Problema dell’esaedro » in Recreational Mathematics Magazine,
n. 4, agosto 1961, pp. 34-40.

229
20
IL CALCOLO
DELLE DIFFERENZE FINITE

Il calcolo delle differenze finite, un ramo della matematica non


molto ben conosciuto ma a volte estremamente utile, sta a metà
strada fra l’algebra e l’analisi. W. W. Sawyer, un matematico della
Wesleyan University, ama presentarlo agli studenti eseguendo il
seguente trucco matematico di lettura del pensiero.
Invece di chiedere a qualcuno di « pensare un numero » gli si
chiede di « pensare una formula ». Per render facile il gioco, si può
stabilire che sia una formula quadratica (una formula non conte-
nente potenze di x maggiori di x2). Supponiamo che venga pensata
la formula 5x2 + 3x − 7. Stando voltato di spalle per non vedere
i calcoli, chiedete di sostituire ad x i valori 0, 1 e 2 e fatevi dire i
tre valori che risultano dall’intera espressione. I valori ottenuti
sono −7, 1, 19. Dopo qualche calcoletto (con la pratica è possibile
farlo a memoria) potrete dire la formula originale!
Il metodo è semplice. Scrivete di seguito i valori che vi sono
stati dati. Nella riga sottostante scrivete le differenze fra coppie di
numeri adiacenti, sottraendo sempre il numero a sinistra da quello
vicino a destra. Nella terza riga mettete la differenza fra i numeri
sovraesposti. Ne verrà fuori questo schema:
−7 1 19
8 18
10

Il coefficiente di x2, nella formula pensata, è sempre la metà del


numero in basso. Il coefficiente di x è ottenuto togliendo metà del
numero inferiore dal primo numero della riga intermedia. La co-
stante nella formula è semplicemente il primo numero della riga
superiore.
Quello che avete fatto è qualcosa di analogo all’integrazione nel-
l’analisi. Se y è il valore della formula, allora la formula esprime y
in funzione di x. Quando ad x vengono dati dei valori in progres-
sione aritmetica semplice (0, 1, 2...), allora la y assume una serie di
230
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

valori (−7, 1, 19... ). Il calcolo delle differenze finite è lo studio di


tali successioni. In questo caso, applicando una semplice tecnica a
tre termini della serie, siete riusciti a dedurre la funzione quadratica
che ha generato i tre termini.
Il calcolo delle differenze finite ebbe origine nel Methodus In-
crementorum, un trattato pubblicato dal matematico inglese Brook
Taylor (che scoprì il « teorema di Taylor » dell’analisi) fra il 1715 e
1717. Il primo importante lavoro in inglese sull’argomento (dopo
che era stato sviluppato da Eulero e da altri) fu pubblicato nel 1880
da George Boole, famoso nel campo della logica simbolica. I trattati
di algebra del diciannovesimo secolo spesso contenevano un’infarina-
tura di questo calcolo, poi esso perdette importanza salvo che per
gli attuari che continuarono ad usarlo per il controllo delle tabelle
di annualità e occasionalmente per gli scienziati che lo utilizzarono
nella ricerca di formule e valori di interpolazione. Oggi è nuovamente
di moda, come valido strumento in statistica e scienze sociali.
Per lo studioso di matematica ricreativa vi sono procedimenti
elementari di calcolo delle differenze finite enormemente utili. Ve-
diamo come un procedimento del genere può essere applicato al
vecchio problema di affettare una torta. Qual è il massimo numero di
pezzi in cui può esser divisa una torta mediante n tagli piani, ognuno
dei quali interseca tutti gli altri? Il numero è chiaramente funzione
di n. Se la funzione non è troppo complessa il metodo delle differenze
può aiutarci a trovarlo empiricamente.
Senza alcun taglio si ha un solo pezzo, un taglio ne dà due, due
tagli danno quattro pezzi e così via. Non è difficile trovare per
tentativi che la serie comincia con: 1, 2, 4, 7, 11 ... (fig. 125). Fate
un diagramma come prima, formando delle righe, ognuna delle quali
rappresenta le differenze fra termini adiacenti nella riga sovrastante:

Numero dei tagli 0 1 2 3 4


Numero dei pezzi 1 2 4 7 11
Differenze prime 1 2 3 4
Differenze seconde 1 1 1

Se la serie originale è generata da una funzione lineare, i numeri


della riga delle differenze prime devono essere tutti uguali. Se la
funzione è quadratica, i numeri identici appaiono nella riga delle
231
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

differenze seconde. Una formula cubica (con potenze non superiori


a x3) avrà numeri identici nella riga delle differenze terze e così via.
In altre parole, il numero di righe delle differenze è l’ordine della
formula. Se il diagramma richiede dieci righe di differenze per giun-
gere ad una riga di numeri tutti uguali, si sa che la funzione gene-
ratrice contiene potenze fino ad x10.
Qui ci sono solo due righe, sicché la funzione deve essere qua-
dratica. Di conseguenza possiamo ricavarla rapidamente col semplice
metodo usato nel gioco della lettura del pensiero.
Il problema del taglio della torta ha una doppia interpretazione.
Possiamo vederlo come un problema astratto di geometria pura (un
cerchio ideale tagliato da rette) e come problema di geometria ap-
plicata (una torta reale tagliata con un coltello reale). La fisica è
piena di situazioni di questo tipo che possono esser considerate in
entrambi i modi e che comportano formule ottenibili da risultati em-
pirici mediante il calcolo delle differenze finite. Un esempio famoso
di formula quadratica è la formula per il massimo numero di elettroni
che possono occupare ogni « corteccia » di un atomo. Andando dal
232
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

nucleo verso l’esterno, la serie dà: 0, 2, 8, 18, 32, 50... La prima riga
di differenze è: 2, 6, 10, 14, 18... La seconda riga: 4, 4, 4... Appli-
cando la chiave al gioco della lettura del pensiero, otteniamo la sem-
plice formula 2n2 per il massimo numero di elettroni nell’n.mo
strato.
Cosa dobbiamo fare se la funzione è di ordine più elevato?
Possiamo usare una notevole formula scoperta da Isaac Newton.
Essa si applica in tutti i casi, qualunque sia il numero di righe nel
diagramma.
La formula di Newton ammette che la serie cominci con il valore
della funzione per n uguale a zero. Chiamiamo questo numero a.
Il primo numero della prima riga delle differenze è b, il primo della
successiva è c e così via. La formula dell’n.mo numero della serie è:

c n ( n − 1) d n ( n − 1)( n − 2 ) e n ( n − 1)( n − 2 )( n − 3)
a+bn+ + + ⋅⋅⋅
2 2⋅3 2⋅3⋅ 4

La formula è usata solo sino al punto in cui ogni ulteriore aggiunta


sarebbe zero. Per esempio, se applicata al diagramma del taglio della
torta, i valori 1, 1, 1 vengono sostituiti per a, b, c nella formula. (Il
resto della formula viene ignorato perché tutte le righe inferiori del
grafico consistono di zeri; d, e, f... perciò hanno il valore zero e di
conseguenza l’intera porzione della formula contenente questi termini
ha per somma zero. In questo modo otteniamo la funzione quadratica

1 2 1
n + n +1
2 2

Questo significa che ora abbiamo trovato la formula del massimo


numero di pezzi prodotti da n tagli della torta? Sfortunatamente
tutto quello che a questo punto si può dire è « probabilmente ».
Perché questa incertezza? Perché data una serie finita di numeri vi
è una infinità di funzioni che possono generarli. (Ciò è lo stesso che
dire che per qualsiasi numero finito di punti in un diagramma, pos-
sono passare una infinità di curve). Consideriamo la serie 0, 1, 2, 3...
Qual è il termine successivo? Una buona valutazione è 4. In effetti
se applichiamo la tecnica appena spiegata, la prima riga di differenze
233
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

è tutta di 1 e la formula di Newton dirà che l’n.mo termine della


serie è semplicemente n. Ma la formula

1
n+ n ( n − 1)( n − 2 )( n − 3)
24

genera anch’essa una serie che comincia con 0, 1, 2, 3... In questo


caso però la serie continua non con 4, 5, 6... ma con 5, 10, 21...
Vi è qui un’impressionante analogia con il modo con cui vengono
scoperte le leggi scientifiche. In effetti, il metodo delle differenze
può, spesso, essere applicato ai fenomeni fisici allo scopo di trovare
una legge fisica. Supponiamo, per esempio, che un fisico stia inve-
stigando per la prima volta il modo con cui cadono i corpi. Egli
osserva che dopo un secondo una pietra ha percorso 16 piedi, dopo
due secondi 64 piedi e così via. Egli registra così le sue osservazioni:

0 16 64 144 256
16 48 80 112
32 32 32

Le misure effettive non sarebbero, naturalmente, esattamente que-


ste, ma i numeri dell’ultima riga non sarebbero molto diversi da
32, sicché il fisico assumerebbe l’ipotesi che nella riga successiva le
differenze siano zero. Applicando la formula di Newton ne conclu-
derebbe che la distanza totale percorsa dalla pietra in n secondi di
caduta sarebbe 16n2. Ma non vi è nulla di certo in questa legge. Essa
rappresenta nient’altro che la più semplice funzione che rende conto
di una serie finita di osservazioni; la curva di più basso ordine che
può esser disegnata per una serie finita di punti in un grafico. È
vero che la legge viene sempre più confermata man mano che ven-
gono fatte altre osservazioni, ma non vi sarà mai la certezza che
ulteriori osservazioni non richiederebbero una modifica della legge.
Nei riguardi del taglio della torta, anche se si esamina una strut-
tura matematica pura anziché il comportamento della natura, la si-
tuazione è sorprendentemente analoga. Per quanto ne sappiamo, una
quinta fetta può non produrre i sedici pezzi predetti dalla formula.
Un solo risultato fallito di questo tipo farebbe saltare la formula,
mentre nessun numero finito di successi, per quanto grande, può
234
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

renderla definitivamente valida. « La natura », come ha detto George


Polya, « può rispondere “ Sì ” o “ No ”, ma mormora una delle ri-
sposte e tuona l’altra. Il suo “ Sì ” è provvisorio, il suo “ No ” è
definitivo ». Polya parla del mondo, non di una struttura matematica
astratta, ma è curioso come la sua tesi si applica ugualmente bene
alla ricerca delle funzioni mediante il metodo delle differenze. I
matematici lavorano molto con ipotesi, lungo linee che sono spesso
simili ai metodi induttivi della scienza e Polya ha scritto un libro
affascinante, Mathematics and Plausible Reasoning, su come essi lo
fanno.
Alcune prove per tentativi, con carta e matita, mostrano che
cinque tagli in una torta producono effettivamente sedici pezzi al
massimo. Questa riuscita previsione della formula aumenta la pro-
babilità che essa sia corretta. Ma finché essa non è rigorosamente
dimostrata (cosa che in questo caso non è difficile a farsi) rimane
solo una buona possibilità. Perché la formula più semplice sia così
spesso la migliore su cui puntare, sia nell’ipotesi matematica che
scientifica, è uno dei problemi vivamente controversi della filosofia
scientifica contemporanea. Certo è che nessuno è sicuro di cosa possa
essere considerata come « la formula più semplice ».
Ecco alcuni problemi strettamente collegati al taglio della torta
e tutti affrontabili col metodo delle differenze finite. Prima cercate
la migliore ipotesi per una formula, poi cercate di dimostrare la for-
mula con metodi deduttivi. Qual è il massimo numero di pezzi che
può esser prodotto con n tagli simultanei in una figura piana a forma
di luna crescente? Quanti pezzi si possono produrre con n tagli piani
simultanei in una focaccia cilindrica? In quante parti si può dividere
il piano mediante cerchi della stessa dimensione intersecantisi? e
di dimensioni differenti? e con ellissi di differenti dimensioni inter-
secantisi? In quante regioni si può dividere lo spazio mediante sfere
intersecantisi?
I problemi ricreativi che comportano permutazioni e combina-
zioni spesso contengono formule di basso ordine correttamente ri-
trovabili mediante il metodo delle differenze finite e successivamente
(almeno si spera) dimostrabili. Avendo a disposizione una quantità
illimitata di stuzzicadenti di n colori diversi, quanti triangoli diffe-
renti possono esser formati su una superficie piana usando tre stuz-
zicadenti per i tre lati di ogni triangolo? (Le riflessioni sono consi-
derate differenti, ma non le rotazioni). Quanti quadrati differenti?
235
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Quanti tetraedri differenti possono esser prodotti colorando ogni


faccia a colore pieno con n diversi colori? (Due tetraedri sono iden-
tici se possono esser rigirati e collocati uno di fianco all’altro in modo
che facce corrispondenti siano dello stesso colore). Quanti cubi con
n colori?
Naturalmente, se una serie è generata da una funzione diversa
da un polinomio che comporta potenze della variabile, allora si
richiedono altre tecniche per il metodo delle differenze. Per esempio
la funzione esponenziale 2n produce la serie 1, 2, 4, 8, 16... La riga
delle differenze prime è anche essa 1, 2, 4, 8, 16... sicché il proce-
dimento spiegato prima non porterebbe a nulla. A volte una situa-
zione apparentemente semplice comporta una serie che sfugge a
tutti gli sforzi per trovare una formula generale. Un esempio imba-
razzante è il problema della collana posto in uno dei libri di indo-
vinelli di Henry Ernest Dudeney. Una collana circolare contiene
n grani. Ogni grano è nero o rosso. Quante diverse. collane si pos-
sono fare con n grani? Cominciando con zero grani la serie è 0, 2, 3,
4, 6, 8, 13, 18, 30... (La fig. 126 mostra le diciotto varianti di col-
lana quando n = 7). Ho il sospetto che in questo caso siano con-
nesse due formule, una per n dispari, una per n pari, ma non so se
il metodo delle differenze può darle. « Una soluzione generale... è
difficile, se non impossibile », scrive Dudeney. Il problema è equi-

Fig. 120. Le diciotto collane a sette grani diversi che possono esser formate
con grani di due colori.

236
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

valente al seguente di teoria dell’informazione: qual è il numero di


parole diverse di lunghezza assegnata in codice binario, eliminando
come identiche tutte quelle parole che hanno lo stesso ordine ciclico
delle cifre, sia che vengano prese da sinistra a destra che da destra
a sinistra?
Un problema molto più facile col quale i lettori possono divertirsi
a provare la loro abilità mi è stato inviato da Charles B. Schorpp e
Dennis T. O’Brien, del Noviziato di Sant’Isacco Jogues in Werner-
sville, Pennsylvania: qual è il massimo numero di triangoli che pos-
sono esser formati con n linee rette? La fig. 127 mostra come si pos-
sono formare dieci triangoli con cinque rette. Quanti se ne possono
formare con sei rette e qual è la formula generale? La formula può
esser trovata dapprima con il metodo delle differenze; poi, con una
opportuna considerazione si può vedere che la formula è corretta.

Appendice

Nell’applicare la formula di Newton ai dati ottenuti empirica-


mente, si incontra a volte un’anomalia nel caso dello zero. Per
esempio, nel volume precedente di questa collana, a p. 120 viene
data la formula per il massimo numero di pezzi che possono esser
prodotti con n tagli simultanei piani su di una ciambella. La
n3 + 3n 2 + 8n
formula è una funzione cubica , che può esser rica-
6
vata applicando la formula di Newton ai risultati ottenuti empirica-
mente, ma appare non applicabile al caso zero. Quando una ciambella
non viene tagliata, è chiaro che vi è un solo pezzo, mentre la formula
dice che non dovrebbero esservene. Per rendere la formula applica-
bile, dobbiamo definire il « pezzo » come parte di ciambella prodotta
dal taglio. Dove sussiste ambiguità circa il caso zero, si deve estra-
polare all’indietro nel grafico delle differenze ed assumere per il caso
zero un valore che produca il primo numero desiderato nell’ultima
riga delle differenze.
Per dimostrare che la formula data per il massimo numero di
regioni in cui una torta (un cerchio) può esser divisa da n tagli ret-
tilinei, si consideri dapprima il fatto che ciascuna n-ma linea attra-
versa n−l linee. Le n−1 linee dividono il piano in n regioni. Quan-
237
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

do la n-ma linea taglia queste n regioni, essa le taglia ciascuna in due


parti, perciò ogni n-ma linea aggiunge n regioni al totale. All’inizio
vi è un pezzo. Il primo taglio ne aggiunge uno, il secondo due, il
terzo taglio ne aggiunge altri tre e così via sino all’n-mo che aggiunge
n pezzi. Perciò il numero totale di regioni è 1 + 1 + 2 + 3 +
1
+ ... + n. La somma di 1 + 2 + 3 + ... + n è n ( n − 1) . A
2
questo dobbiamo aggiungere 1 per ottenere la formula finale.
Il problema della collana è stato posto da Dudeney come proble-
ma n. 275 nel suo libro Puzzles and Curious Problems. John Riordan
menziona il problema a p. 162, problema 37, della sua Introduction
to Combinatorial Analysis (Wiley, 1958), indicando la soluzione
senza darne le formule effettive. (Egli aveva discusso prima il pro-
blema in « Significato combinatorio di un teorema di Polya », nel
Journal of the Society for Industrial and Applied Mathematics, vol.
5, n. 4, dicembre 1957, pp. 232-234). Il problema è stato poi trat-
tato in considerevole dettaglio, con alcune sorprendenti applicazioni
238
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

alla teoria musicale e alla teoria della commutazione, da Edgar


N. Gilbert e John Riordan in « Tipi di simmetria di sequenze
periodi- che », Illinois Journal of Mathematics, vol. 5, n. 4,
dicembre 1961, pp. 657-665. Gli autori danno nella seguente tabella
il numero di collane differenti, realizzabili con grani di due colori in
numero da uno sino a venti. numero di grani numero delle collane

numero di grani numero delle collane


1 2
2 3
3 4
4 6
5 8
6 13
7 18
8 30
9 46
10 78
11 126
12 224
13 380
14 687
15 1224
16 2250
17 4112
18 7685
19 14310
20 27012

Le formule per il problema della collana non significano, natu-


ralmente, che Dudeney fosse necessariamente in errore quando diceva
che non era possibile una soluzione, in quanto può darsi che volesse
dire soltanto che non era possibile trovare un’espressione polino-
miale idonea a calcolare il numero delle collane in funzione di n
direttamente senza richiedere una tabulazione dei fattori primi. Dato
che le formule includono la funzione Φ di Eulero, il numero di
collane deve esser calcolato in maniera ricorrente. La terminologia
di Dudeney non è precisa, ma è possibile che egli non abbia consi-
derato le formule ricorrenti come « soluzioni ». Ad ogni modo, il
239
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

calcolo delle differenze finite non è in alcun modo applicabile al


problema e si conoscono solo le formule ricorrenti.
Svariate dozzine di lettori (troppi per elencarne i nomi) hanno
mandato soluzioni corrette del problema prima che le formule di
Golomb fossero stampate, alcuni di essi facendole derivare da Rior-
dan, altri elaborandole direttamente per conto loro. Molti hanno
messo in evidenza che quando il numero dei grani è primo (diverso
da 2) la formula per il numero di collane differenti diviene molto
n −1
2n −1 − 1
semplice: + 2 2 +1 .
n
La seguente lettera di John F. Gummere, direttore della William
Penn Charter School, di Filadelfia, è apparsa nella rubrica delle let-
tere dei lettori nello Scientific American di ottobre 1961:
Signori,
Ho letto con grande interesse il vostro articolo sul calcolo delle
differenze finite. Mi accorgo che una delle più interessanti applicazioni
della formula di Newton l’ho scoperta da solo molto tempo prima
che arrivassi a studiare l’analisi. Cioè semplicemente l’applicazione
del metodo delle differenze finite alle serie di potenze. Sperimen-
tando con valori numerici, notai che, se si scrivono una serie di
quadrati come 4, 9, 16, 25, 36, 49 e si sottraggono uno dall’altro
man mano che si procede, si ottiene una serie che può esser sottratta
similarmente un’altra volta e si arriva a una differenza finita.
Sicché, dopo, provai con le potenze terze e quarte e sviluppai
una formula tale che quando la potenza è la n-ma, si effettuano n
sottrazioni e la differenza costante finale risulta n! Chiesi a mio
padre spiegazioni di ciò (egli era stato per molti anni direttore dello
Strawbridge Memorial Observatory al Collegio Haverford e inse-
gnante di matematica). In buon linguaggio quacchero disse: « Toh,
John, tu hai scoperto il calcolo delle differenze finite ».

Risposte
Quanti triangoli differenti possono esser formati con n rette?
Occorrono almeno tre rette per fare un triangolo, quattro rette for-
meranno quattro triangoli, cinque rette dieci triangoli. Applicando
il calcolo delle differenze finite si ricava la tabella di fig. 128.
240
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

NUMERO DI RETTE 0 1 2 3 4 5

NUMERO DI TRIANGOLI 0 0 0 1 4 10
DIFFERENZE PRIME 0 0 1 3 6
DIFFERENZE SECONDE 0 1 2 3
DIFFERENZE TERZE 1 1 1

Fig. 128. La risposta al problema del triangolo.

Le tre righe di differenze indicano che si tratta di una funzione


cubica. Usando la formula di Newton, si trova che la funzione è:
1
n ( n − 1)( n − 2 ) . Essa genererà la serie 0, 0, 0, 1, 4, 10 e perciò
6
ha una buona probabilità di essere la formula del massimo numero
di triangoli che possono esser fatti con n rette. Ma questa è appena
una ipotesi, basata su un piccolo numero di prove con carta e matita.
Lo si può verificare col seguente ragionamento.
Le rette devono esser tracciate in modo che nessun paio siano
parallele e non più di due si intersechino nello stesso punto. Perciò
ogni linea sicuramente interseca ogni altra linea ed ogni gruppo di
tre rette deve formare un triangolo. Non è possibile che le stesse
tre rette formino più di un triangolo, sicché il numero di triangoli
formati in questo modo è il massimo. Il problema è perciò equiva-
lente alla domanda: in quanti diversi modi n rette differenti possono
esser prese a tre per volta? La teoria combinatoria elementare fornisce
la risposta: la stessa della formula ottenuta empiricamente.
Solomon W. Golomb, un matematico già citato nel capitolo sui
polimini, è stato tanto gentile da mandarmi questa soluzione del
problema della collana. Il problema era di trovare il numero di dif-
ferenti collane che possono esser formate con n grani, ammettendo
che ogni grano possa essere di nuovo dei due colori e senza contare le
rotazioni e le riflessioni di una collana come differenti. La formula
dimostra di essere molto al di sopra delle possibilità del semplice
metodo delle differenze.
Siano i divisori di n (inclusi 1 ed n) rappresentati da d1, d2, d3 ...
Per ogni divisore troviamo quella che viene chiamata la funzione Φ
di Eulero di quel divisore, simbolizzata con Φ(d). Questa funzione
è il numero di interi positivi, non maggiori di d, che non hanno alcun
241
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

divisore comune con d. Si ammette che 1 sia uno di questi interi, ma


non lo sia d. Così Φ(8) è 4, perché 8 ha i seguenti quattro interi
primi con esso: 1, 3, 5, 7. Per convenzione, Φ(1 ) è preso come 1.
Le funzioni Φ di Eulero per i numeri 2, 3, 4, 5, 6, 7 sono 1, 2, 2,
4, 2, 6 nello stesso ordine. Sia a il numero dei colori diversi che i
grani possono avere. Per le collane con un numero dispari di grani
la formula del numero di differenti collane con n grani è quella data
in alto nella fig. 129. Quando n è pari, la formula è quella in basso
nella stessa figura.
I punti al centro della riga indicano il segno di moltiplicazione.
Golomb ha espresso queste formule in una forma più compatta tecni-
camente, ma penso che le suddette forme saranno più chiare per la
maggior parte dei lettori. Esse sono più generali delle formule
cercate, in quanto si applicano a grani che possono avere un numero
specificato qualsiasi di colori.

1 ⎡ n +1 ⎤
n n
⎢Φ ( d1 ) ⋅ a d1 + Φ ( d 2 ) ⋅ a d2 + ... + n ⋅ a 2 ⎥
2n ⎣⎢ ⎦⎥
1 ⎡ n⎤
n n
n
⎢Φ ( d1 ) ⋅ a d1 + Φ ( d 2 ) ⋅ a d2 + .. . + ⋅ (1 + a ) a 2 ⎥
2n ⎢⎣ 2 ⎥⎦

Fig. 129. Equazioni per la soluzione del problema della collana.

Le formule che rispondo alle altre domande nel capitolo sono:

1. Regioni prodotte in una luna crescente da n tagli rettilinei:


n 2 + 3n
+1
2
2. Pezzi di torta prodotti da n tagli piani:
n 3 + 5n
+1
6
3. Regioni di piano prodotte da n cerchi intersecantisi:
n2 − n + 2
242
IL CALCOLO DELLE DIFFERENZE FINITE

4. Regioni di piano prodotte da n ellissi intersecantisi:


2 n 2 − 2n + 2

5. Regioni di spazio prodotte da n sfere intersecantisi:

n ( n 2 − 3n + 8 )
3

6. Triangoli formati da stuzzicadenti di n colori:


n3 + 2n
3

7. Quadrati formati da stuzzicadenti di n colori:


n 4 + n 2 + 2n
4

8. Tetraedri formati con facce di n colori:


n 4 + 11n 2
12

9. Cubi formati con facce di n colori:


25n 4 − 120n3 + 209n 2 − 108n
6

243
Per chi volesse approfondire gli argomenti

Il sistema binario

W. Stanley Jevons, « The Logical Abacus » in The Principles of


Science, Cap. 6,. pp. 104-105, Londra, MacMillan, 1874. Ri-
stampato da Dover Pubblication Inc., nel 1958.
Constance Reid, « Two » in From Zero to Infinity, Cap. 2 Thomas
Y. Crowell, edizione riveduta, 1960.
R. S. Scorer, P. M. Grundy e C. A. B. Smith, « Some binary games »
in Mathematical Gazette, vol. 28, pp. 96-103, 1944.
Frederik Pohl, « How to Count on Your Fingers » in Digits and
Dastards, Ballantine, 1966.
John Milholland, « Card Sorting and the Binary System » in Mathe-
matics Teacher, vol. 44, pp. 312-314, 1951.
Larew M. Collister, « A Punch-card Adding Machine Your Pupils
Can Build » in Mathematics Teacher, vol. 52, pp. 471-473, ot-
tobre 1959.

Teoria dei gruppi e trecce

Emil Artin, « Theory of Braids » in Annals of Mathematics, seconda


serie, vol. 48, n. 1, pp. 101-126, gennaio 1947.
Emil Artin, « Braids and Permutations » in Annals of Mathematics,
seconda serie, vol. 48, pp 643-649, 1947.
Emil Artin, « The Theory of Braids » in The American Scientist,
vol. 38, n. 1, pp. 112-119, gennaio 1950; ristampato in Mathe-
matics Teacher, vol. 52, n. 5, pp. 328-333, maggio 1959. È una
discussione non tecnica dei risultati contenuti nei due precedenti
articoli.
M. H. A. Newmann, « On a String Problem of Dirac » in The
Journal of the London Mathematical Society, vol. 17, parte 3a,
n. 67, pp. 173-177, luglio 1942.

244
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI

SULLA TEORIA DEI GRUPPI

Marshall Hall, Jr., The Theory of Groups, MacMillan, 1959.


Georges Papy, Groups, St. Martin’s Press, 1964.
Joseph J. Rotman, The Theory of Groups: An Introduction, Allyn
e Bacon. 1965.
Richard A. Dean, « Group Theory for School Mathematics » in
Mathematics Teacher, vol. 55, n. 2, pp. 98-105, febbraio 1962.

Giochi e indovinelli di Lewis Carroll

The Lewis Carroll Picture Book. Pubblicato da Stuart Dodgson


Collingwood. Unwin, 1899. Ristampato in edizione economica
dalla Dover, 1961, col titolo Diversions and Digressions of Lewis
Carroll.
Lewis Carroll, Symbolic Logic and the Game of Logic, Dover, 1958.
Lewis Carroll, Pillow Problems and a Tangled Tale, Dover, 1958.
Warren Weaver, « Lewis Carroll and a Geometrica1 Puzzle » in
American Mathematical Monthly, vol. 45, pp. 234-236, apri-
le 1938.
Warren Weaver, « The Mathematical Manuscripts of Lewis Carroll »
in Proceedings of the American Philosophical Society, vol. 98,
pp. 377-381, 15 ottobre 1954.
Warren Weaver, « Lewis Carroll: Mathematician » in Scientific Ame-
rican, pp. 116-128, aprile 1956.
Margaret F. Willerding, « Mathematics Through a Looking Glass »
in Scripta Mathematica, vol. 25, n. 3, pp. 209-219, novem-
bre 1960.
Martin Gardner. The Annotated Alice, Clarkson Potter, 1960. Ri-
stampato in edizione rilegata dalla Forum Books, 1963, e dalla
Penguin, 1965.
Martin Gardner, The Annotated Snark, Simon e Schuster, 1962.

Giochi di carta ritagliata

Gerald M. Loe, Paper Capers, Chicago, Ireland Mapic, 1955.


Stephen Barr, A Miscellany of Puzzles, Crowell, 1965. Il volume
contiene un certo numero di nuovi giochi basati sul ritaglio e
piegatura di fogli di carta.
245
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

V. G. Boltyanskii, Equivalent and Equidecomposable Figures, D. C.


Heath, 1963. Un volumetto in edizione economica tradotto da
una edizione russa nel 1956.
Harry Lindgren, Geometric Dissections, Van Nostrand, 1964.
Un’opera completa sull’argomento.

Giochi da scacchiera

Harold James Ruthven Murray, A History of Board Games other


than Chess, Oxford Press, 1952.
R. C. Bell, Board and Table Games, Oxford Press, 1960.
SULLA RITMOMACHIA:

David Eugene Smith e Clara C. Eaton, « Rithmomachia, the Great


Medieval Number Game » in Number Games and Number Rhy-
mes, pp. 29-38. New York, Teachers College, Columbia Uni-
versity, 1914. Ristampato da The American Mathematical
Monthly, aprile 1911.
John F. C. Richards, « Boissiére’s Pythagorean Game » in Scripta
Mathematica, vol. 12, n. 3, pp. 177-217, settembre 1946.
Charles Leete, « Ye Olde Game of Rithmomachy » in Engineering
and Science Review del Case Institute, pp. 18-20, gennaio 1960.
SUGLI SCACCHI ORIENTALI:

Stewart Culin, Korean Games, with Notes on the Corresponding


Games of China and Japan, Università di Pennsylvania, 1895.
Ristampato nel 1958 da Charles E. Tuttle col titolo Games of
the Orient.
Charles F. Wilkes, A Manual of Chinese Chess, San Francisco,
Yamato Press, 1952.
E. Ohara, Japanese Chess, the Game of Shogi, Bridgeway (Tuttle)
Press, 1958.
SUGLI SCACCHI FANTASIA:

Major George Hope Verney, Chess Eccentricities, London, Long-


mans, Green and Co., 1885.
Maurice Kraitchik, « Fairy Chess » in Mathematical Recreations,
pp. 276-279, Dover, 1953.
246
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI

Joseph Boyer, Les Jeux d’Echecs non Orthodoxes, Parigi, 1951.


V. R. Parton, « Variations on Chess » in The New Scientist, p.
607, 27 maggio 1965.
Joseph Boyer, Nouveaux Jeux d’Echecs non Orthodoxes, Pari-
gi, 1954.
Joseph Boyer, Les Jeux de Dames non Orthodoxes, Parigi, 1956.

SUL REVERSI:

Jacques and Son, A Handbook of Reversi, 1888. Un volumetto di


regole. autorizzato da Lewis Waterman e venduto assieme al
gioco.
F. H. Ayres, The Handbook of Reversi, 1889. Un volumetto di re-
gole redatto dall’inventore rivale, John W. Mollet, pubblicato da
un fabbricante rivale per esser venduto assieme alla loro versione
del gioco.
« Berkeley » (W. H. Peel), Reversi and Go Bang, New York, F. A.
Stokes Co., 1890. Un volume di 72 pagine, autorizzato da Water-
man. La migliore pubblicazione sul gioco.
Alice Howard Cady, Reversi, New York, American Sports Publish-
ing Co., 1896. Una edizione economica di 44 pagine, essenzial-
mente una versione semplificata del precedente volume.
« Professor Hoffman » (Angelo Lewis), « Reversi » in The Book of
Table Games, pp. 611-623. Londra; George Routledge and
Sons, 1894.

Quante sfere in una scatola?

Edwin.B. Matzke, « In the Twinkling of an Eye » in The Bulletin


of the Torrey Botanical Club, vol. 77, n. 3, pp. 222-227, mag-
gio 1950.
H. S. M. Coxeter, « Close packing and Froth » in The Illinois
Journal of Mathematics, vol. 2, n. 48, pp. 746-758, 1958. L’ar-
ticolo riporta una ricca bibliografia.
C. A. Rogers, « The Packing of Equal Spheres » in Proceedings of
the London Mathematical Society, vol. 8, pp. 609-620, 1958.
H. S. M. Coxeter, « Covering Space with Equal Spheres » in Mathe-
matika, vol. 6, pp. 147-157, 1959.
247
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

H. S. M. Coxeter, « Close Packing of Equal Spheres » in Intro-


duction to Geometry, pp. 405-411, Wiley, 1961.
Ian Smalley, « Simple Regular Sphere Packing in Three Dimensions »
in Mathematics Magazine, pp. 295-300, novembre 1963.
L. Fejes Toth, Regular Figures, pp. 288-307, MacMillan, 1964.

Il numero trascendente π

Felix Klein, Famous Problems of Elementary Geometry, Ginn and


Co., 1897. Ristampato nel 1930 da Stechert e in commercio nor-
male nelle edizioni economiche Dover.
David Eugene Smith, « The Historv and Transcendence of π » in
Monographs on Topics of Modern Mathematics, a cura di J. W.
A. Young; Longmans, Green, 1911; Edizioni economiche Dover,
1955.
E. W. Hobson, Squaring the Circle: A History of the Problem, Cam-
bridge, 1913; Chelsea, 1953.
Heinrich Tietze, « Squaring the Circle » in Famous Problems of
Mathematics, Cap. 5, Graylock Press, 1965.
Philip J. Davis, « The Long, Long Trail of π » in The Lore of
Large Numbers, Cap. 17, Random House New Mathematical
Library, 1961.
H. von Baravalle, « The Number π » in Mathematics Teacher, vol.
45, pp. 340-348, maggio 1942.
Norman T. Gridgeman, « Circumetrics » in The Scientific Monthly,
vol. 77, n. 1, pp. 31-35, luglio 1953.

SUL CALCOLO DEI DECIMALI DI π:

William Shanks, Contributions to Mathematics, comprising chiefly


the rectification of the circle to 607 places of decimals, Lon-
dra, 1853.
N. C. Metropolis, G. Reitwiesner e J. von Neumann. « Statistical
Treatment of the Values of First 2.000 Decimal Digits of “e”
and π Calculated on the ENIAC » in Mathematical Tables and
other Aids to Computation, vol.4, pp. 109-111, 1950.
J. W. Wrench junior, « The Evolution of Extended Decimal Ap-
proximations to π » in The Mathematics Teacher, pp.644-649,
dicembre 1960.
248
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI

Daniel Shanks e John W. Wrench junior, « Calculation of π to


100.000 decimals » in Mathematics of Computation, vol. 16,
n. 77, pp. 76-99, gennaio 1962. Vi sono incluse le tavole che
danno le prime 100.000 cifre decimali di π.

SULLA CONTROVERSIA HOBBES-WALLIS:

Isaac Disraeli, « Hobbes’ Quarrels with Dr. Wallis, the Mathemati-


cian » in Quarrels of Authors, Londra, 1814.
George Croom Robertson, Hobbes, pp. 167-185, Londra, William
Blackwood, 1936.
Joseph F. Scott, The Mathematical Works of John Wallis, Londra,
Taylor and Francis, 1938.

Victor Eigen: un matemagico

Martin Gardner, Mathematics, Magic and Mystery, Dover, 1956.


William Simon, Mathematical Magic, Scribner’s, 1964.
Hans Rademacher e Otto Toeplitz, « On Closed Self-intersecting
Curves » in The Enjoyment of Mathematics, Cap. 10, Princeton
University Press, 1957.

Il teorema dei quattro colori

Philip Franklin, The Four Colour Problem, Scripta Mathematica Li-


brary, n. 5, 1941.
Richard Courant e Herbert Robbins, What is Mathematics? (Tra-
duzione italiana Cos’è la matematica? Ed. Einaudi - Boringhieri.
Vedi « Il problema dei quattro colori » e il « Il teorema dei
cinque colori »).
David Hilbert e S. Cohn-Vossen, « The Problem of Contiguous
Regions, the Thread Problem and the Color Problem » in Geo-
metry and the Imagination, pp. 333-340. Chelsea, 1952 (tra-
dotto dall’edizione tedesca nel 1932).
Hans Rademacher e Otto Toeplitz. « The Four-Color Problem » in
The Enjoyment of Mathematics, pp. 73-82, Princeton University
Press, 1957.
H. S. M. Coxeter, Introduction to Geometry, pp. 385-395, Wiley,
1961.
249
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

Bradford Henry Arnold, Intuitive Concepts in Elementary Topology,


pp. 43-55 e 85-87, Prentice Hall, 1962.
Sherman K. Stein, « Map Coloring » in Mathematics: The Man-
made Universe, pp. 175-199, W. H. Freeman, 1963.
Oystein Ore, « Map Coloring » in Graphs and Their Uses, pp. 109-
116, Random House New Mathematical Library, 1963.
L. I. Golovina ed I. M. Yaglom, Induction in Geometry, pp. 22-44,
D. C. Heath, 1963.
Heinrich Tietze, Famous Problems of Mathematics, pp. 64-89 e
226-242, Graylock Press, 1965 (tradotta dall’edizione tedesca
del 1959).
H. S. M. Coxeter, « Map-Coloring Problems » in Scripta Mathe-
matica, vol. 23, n. 1-4, pp. 11-25, 1957.
« Coloring Maps » della Direzione matematica dell’Università di
Chicago in Mathematics Teacher, pp. 546-550, dicembre 1957.
H. S. M. Coxeter, « The Four-Color Map Problem, 1840-1890 »
in Mathematics Teacher, pp. 283-289, aprile 1959.
Martin Gardner, « The Island of Five Colors » in Future Tense a
cura di Kendell Foster Crossen. Greenberg 1952; ristampato in
Fantasia Mathematica, a cura di Clifton Fadiman, Simon e
Schuster, 1958.

Polimini e rettangoli perfetti


Solomon W. Golomb, Polyominoes, Scribner’s, 1965. Una biblio-
grafia sulla copertina del volume elenca tutte le più importanti
pubblicazioni precedenti in libri e riviste.

I guastafeste di Eulero
G. Tarry, « Le problème des 36 officiers » in Comptes Rendu de
l’Association Française pour l’Avancement des Sciences Natu-
relles, vol. 1, pp. 122-123, 1900; vol. 2. pp. 173-203, 1901.
R. C. Bose ed S. S. Shrikhande, « On the Falsity of Euler’s Conjec-
ture about the Non-Existence of Two Orthogonal Latin Squares
of Order 4t+2 » in Proceedings of the National Academy of
Sciences, vol. 45, n. 5, pp. 734-737, maggio 1959.
E. T. Parker, « Orthogonal Latin Squares » in Proceedings of the
National Academy of Sciences, vol. 45, n. 6, pp. 859-862, giu-
gno 1959.
250
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI

John A. Osmundsen, « Major Mathematical Conjecture Propounded


177 Years Ago Is Disproved » in New York Times, p. 1, 26
aprile 1959.
R. C. Bose ed S. S. Shrikhande, « On the Construction of Sets of
Mutually Orthogonal Latin Squares and the Falsity of a Conjec-
ture of Euler » in Transactions of the American Mathematical
Society, vol. 95, pp. 191-209, 1960.
R. C. Bose, S. S. Shrikhande e E. T. Parker, « Further Results on the
Construction of Mutually Orthogonal Latin Squares and
the Falsity of Euler’s Conjecture » in Canadian Journal of
Mathematics, vol. 12, pp. 189-203, 1960.
E. T. Parker, « Computer Study of Orthogonal Latin Squares of
Order Ten » in Computers and Automation, pp. 1-3, agosto 1962.
Sherman K. Stein, « Orthogonal Tables » in Mathematics: the Man-
made Universe, Cap. 12, W. H. Freeman, 1963.
Herbert John Ryser, « Orthogonal Latin Squares » in Combinato-
rial Mathematics, Cap. 7, Mathematical Association of America,
1963.

SUI PIANI FINITI PROIETTIVI:

W. W. Sawyer, « Finite Arithmetic and Geometries » in Prelude


to Mathematics, Cap. 13. Penguin, 1955. (Traduzione italiana
Aritmetica finita e Geometria, Ed. Mondadori).
Truman Botts, « Finite Planes and Latin Squares » in Mathematics
Teacher, pp. 300-306, maggio 1961.
A . A. Albert, « Finite Planes for the High School » in Mathematics
Teacher, pp. 165-169, marzo 1962.
Harold L. Dorwart, « The Genera1 Projective Plane and Finite
Projective Planes » in The Geometry of Incidence, Sez. IV.
Prentice Hall, 1966.

SULL’USO DEI QUADRATI GRECO-LATINI


NEL PROGETTO DI ESPERIMENTI:

H. B, Mann, Analysis and Design of Experiments, Dover, 1949.


R. A. Fisher, The Design of Experiments, Hafner, 1951.
David John Finney, Experimental Design and Its Statistical Basis,
University of Chicago Press, 1955.
D. R. Cox, Planning of Experiments, John Wiley & Sons, 1958.
251
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI

L’ellisse

David Hilbert e S. Cohn-Vossen, « The Simplest Curves and Sur-


faces » in Geometry and the Imagination, pp. 1-24, Chelsea,
1956.
E. H. Lockwood, A Book of Curves, Cambridge University Press,
1961.
Ronald Bergman, « Something New Behind the 8-Ball » in Recrea-
tional Mathematics Magazine, n. 14, pp. 17-19, gennaio-feb-
braio 1964. Riguarda il biliardo ellittico.

I 24 quadrati e i 30 cubi colorati

Percy Alexander MacMahon, New Mathematical Pastimes, Cam-


bridge University Press, 1921.
Ferdinand Winter, Das Spiel der 30 Bunten Würfel, Lipsia, 1934.
Un’edizione economica di 128 pagine dedicate ai 30 cubi colorati.
Maurice Kraitchik, Mathematical Recreations, Dover, 1953. Si veda
la pagina 312 per un gioco che usa 30 quadrati che esauriscono
tutte le disposizioni di quattro fra cinque colori e la pagina 313
per dei problemi che comportano sedici quadrati che esauriscono
le disposizioni di due colori fra otto.
W. R. Rouse Ball, « Color-cube Problem » in Mathematical Recrea-
tions and Essays, pp. 112-114, MacMillan, 1960.
Aniela Ehrenfeucht, « Coloured Blocks » e « Constructions from
Coloured Blocks » in The Cube Made Interesting, pp. 46-66,
Pergamon Press, 1964. Il volume è una traduzione dell’edizione
polacca del 1960.
Paul B. Johnson, « Stacking Colored Cubes » in American Mathe-
matical Monthly, vol. 63, n. 6, pp. 392-395, giugno-luglio 1956.
L. Vosburgh Lyons, « Cubed » in Ibidem, n. 12, pp. 8-9, dicem-
bre 1957.
Clarence R. Perisho, « Colored Polyhedra: A Permutation Problem
in Mathematics Teacher, vol. 53, n. 4, pp. 253-255, aprile 1960.

252
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI

Bridg-it ed altri giochi

SUL BRIDG-IT:

Alfred Lehman, « A Solution of the Shannon Switching Game » in


The Journal of the Society of Industrial Applied Mathematics,
vol. 12, n. 4, pp. 687-725, dicembre 1964.

SUL HALMA:

« Professor Hoffman » (Angelo Lewis), The Book of Table Games,


pp. 604-607, George Routledge and Sons, 1894.
H. J. R. Murray, A History of Board Games, pp. 51-52, Oxford
University Press, 1952.

Il calcolo delle differenze finite

Charles Jordan, The Calculus of Finite Differences, Chelsea, 1947.


William Edmunds Milne, Numerica1 Calculus, Princeton University
Press, 1949.
L. M. Milne-Thomson, The Calculus of Finite Differences, MacMillan,
1951.
Kenneth S. Miller, An Introduction to the Calculus of Finite Diffe-
rences and Difference Equations, Henry Holt, 1960.

253
Periodico mensile n. 53 del 15 dicembre 1973. Autorizzazione del
Tribunale di Firenze, decreto n. 1749 del 18 febbraio 1966. Spedizio-
ne a tariffa ridotta editoriale, autorizzazione della direzione provincia-
le delle Poste di Milano n. 141574/PI/3 del 19 novembre 1963.
Direttore responsabile: Giorgio Gentile

Stampato nel mese di settembre 1975


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per conto di G. C. Sansoni S.p.A., Firenze

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