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INTRODUZIONE

Al fine di individuare i nodi cruciali che hanno determinato l’evoluzione culturale della concezione
stessa di infanzia, accanto alle teorie pedagogiche, occorre indagare le trasformazioni subite dalle
istituzioni, che nel tempo si sono dedicate al sostegno infantile, in particolare ai bambini abbandonati.

Nel dettaglio, viene preso in esame le vicende che portano alla fondazione del brentrofio marchigiano
di Osimo, una cittadina in provincia di Ancona, che per secoli è appartenuta all’ex Stato Pontificio, e
il lavoro pone in evidenza come grazie a questa istituzione, ma anche ad altre, si sia sviluppato il
collegamento tra assistenza ed educazione nei confronti della prima infanzia.

Il progetto del brentrofio fu realizzato grazie alla collaborazione avviata tra potere temporale e
spirituale, ovvero tra i principi cardine della morale cristiana e quelli laici dell’impegno etico civile,
fortemente sostenuto dal cardinale Giovanni Antonio Benvenuti, vescovo di Osimo dal 1828 abile
diplomatico, tramite il supporto di numerose personalità laiche, tra cui Leopoldo Armaroli.

A fianco dei tradizionali brentrofi, nello scenario delle istituzioni rivolte alla prima infanzia, ci sono le
prime crèche in Francia, le sale lattanti, gli asili di carità di Aporti…

Inoltre, nel contesto nazionale della Restaurazione post-napoleonica, la Chiesa tentò di elaborare una
nuova forma di apostolato caritativo, basato su una concezione nuova della carità intesa in senso
pedagogico. Esso doveva costituire uno strumento di educazione civile e di divulgazione scientifica,
simbolo del processo di ammodernamento dell’assistenza.

CAPITOLO 1: L’ESPOSIZIONE INFANTILE NEL CONTESTO SOCIO-CULTURALE ITALIANO

1.1 Lo sviluppo della rete assistenziale per gli esposti in Italia attraverso i secoli

Il fenomeno dell’abbandono infantile rappresenta uno dei più drammatici problemi di storia sociale
che segno l’Europa. A esso viene associato il fenomeno dell’esposizione, cioè l’atto per cui i bambini,
solitamente neonati, venivano abbandonati in luoghi pubblici o presso le ruote di ospedali, istituti
assistenziali o conventi.
Inoltre, a seconda del periodo storico e al contento, il problema ha assunto tratti diversi; infatti,
secondo l’interpretazione di Philippe Ariès, prodotta nel contesto della storiografia degli Annales, le
prime introspettive considerazioni sull’infanzia sono da rintracciare in ambito iconografico, dove era
possibile osservare un’evoluzione verso ritratti più sensibili e realistici dei fanciulli. Da questi
presupposti, tramite una rinnovata prospettiva puerocentrica, che viene definita grazie allo sviluppo
del “sentimento dell’infanzia”, l’età infantile non è più ritenuta una mera fase di passaggio verso
l’adultità, ma come il centro dell’azione educativa e pedagogica.

Fin dalla tarda antichità esistevano delle primordiali forme di sostegno, e questo aspetto emerge dagli
studi di John Boswell, dove in Italia le prime strutture rivolte all’assistenza dei neonati risalgono al
periodo di Giustiniano. Ma è soprattutto nel corso del Medioevo che gli ordini religiosi decisero di
creare appositi istituti per l’infanzia abbandonata legati alle attività di ospedali o chiese cittadine.
In Italia, le prime ruote furono introdotte presso Santa Maria degli innocenti a Firenze nel 1445, la
quale costituì anche il primo esempio di brentrofio specializzato in Europa.
In età moderna, si aggiunge la condizione del figlio illegittimo, che la Chiesa considerava come nato
ex peccato, dove le madri perdevano l’onore e l’integrità morale, mentre il padre nel caso di rapporti
extraconiugali, sceglievano di lasciare la propria compagna in balia delle calunnie.
Il diritto canonico, già dal XII secolo affermava il profondo valore dei legami di sangue, stabilendo che
il padre doveva fornire il sostentamento ai figli, mentre il padre doveva occuparsi del nutrimento,
almeno nei primi tre anni di vita. Mentre la legge civile, rifacendosi al diritto romano, aveva introdotto
la distinzione tra i due status, ovvero tra le nozze iustae e iniustae, ovvero da quelle che producevano
effetti giuridici e da quelle prive di effetti di legge.

Solo nel corso del Cinquecento, verrà predisposta una conformazione del diritto civile e di quello
ecclesiastico, determinando il dovere di occuparsi degli alimenti, anche nei confronti dei figli
illegittimi e che il rispetto di tale imposizione poteva essere garantito sia dai tribunali ecclesiastici, sia
da quelli secolari.
Inoltre, il codice civile nel periodo antecedente l’Unità d’Italia, imponeva il diritto di compiere indagini
sulla maternità e sulla paternità naturale nel caso degli illegittimi, ciononostante in alcuni brentrofi
vennero ammesse delle sommarie e ufficiose ricerche sulla genitorialità biologica, per scopi
prettamente amministrativi e sanitari, al fine di occuparsi della necessaria organizzazione del
mantenimento dei bambini e in maniera tale da poter accertare le cause dell’abbandono fossero
effettivamente gravi e ineluttabili.

Proprio in questo periodo però, emerge un’attenzione allo sviluppo psico-sensoriale del bambino e
di una puntuale riflessione sulle caratteristiche fisiche e cognitive della prima infanzia. A questo
momento storico, risale la costituzione degli asili aportiani, che si proponevano di contribuire
all’educazione infantili, così come quella dei primi presepi, che sul modello delle crèche offrivano
un’alternativa ai tradizionali brentrofi. In questo scenario, emerge il benefattore Giuseppe Sacchi,
dove in collaborazione con la Società per l’Incoraggiamento di Scienze, lettere ed Arti e della
filantropia locale, nel 1850 istituì il Pio ricovero per i bambini lattanti.
All’interno di questo istituto, il filantropo era il principale promotore degli asili aportiani e proponeva
un metodo educativo oggettivo, graduale e intuitivo, con cui intendeva esaltare la dimensione
sensoriale dei bambini, e intensificò l’attenzione verso l’opportuna formazione del personale attivo
nella rete dei servizi educativi e assistenziali.
Quest’ultima esigenza emerge con l’avvio del processo di statalizzazione della beneficenza e
dell’assistenza, prendendo coscienza degli imprescindibili requisiti formativi e professionali di cui il
personale doveva disporre.

Allo scopo di combattere l’alto tasso di mortalità infantile, un’altra questione che si rivelò cruciale fu
allora quella del baliatico (allattamento da parte di balie), che venne organizzato all’interno degli
istituti assistenziali, che si preoccupavano di coordinare sia il sistema baliatico interno, tramite
l’allattamento artificiale o materno, avveniva dietro compenso, ma portava a malnutrizione e
diffusione di malattia, perché la stessa balia allattava più bambini. Si preferiva quindi quello esterno,
che aveva una durata di circa tre anni, ma era più incentivato perché il bambino veniva mandato in
famiglie e quindi veniva in un certo modo “adottato”.
Inoltre, emergeva il problema della formazione e professionalità delle nutrici e la trasmissione di
malattie.
Il sistema del baliatico era diffuso anche nelle famiglie aristocratiche per motivi culturali, estetici e
per l’asse ereditario.
Purtroppo, il contesto sociale italiano si rivelò essere il più ancorato alle antiche tradizioni religiose e
assistenziali, e questo fu la causa di una sostanziale situazione di arretratezza nazionale rispetto alla
compagnia europea. La chiave di volta è rappresentata dall’Unità d’Italia nel 1861, il primo
provvedimento che sancì il processo di moderninazzione della carità pubblica può essere considerato
l’emanazione della Legge Crispi del 1890, dove viene imposto un controllo amministrativo sulle Opere
pie gestite dalle Congregazioni di carità.
Questa direttiva aveva tra i suoi obiettivi principali quello di ridurre i costi dell’assistenza e
l’introduzione dell’obbligo per le madri di allattare il proprio figlio.

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, emerge un’ulteriore emergenza nell’infanzia
abbandonata, ovvero quella dei così detti “orfani di guerra”, che necessitavano di importanti
interventi assistenziali.
Solo nel 1918, in Italia, viene imposta una complessiva supervisione degli istituti di pietà e in
particolare un controllo sull’operato delle balie.

Nel 1923, viene emanato il Regolamento generale per il servizio di assistenza degli esposti, ovvero il
primo atto legislativo che prende in considerazione i brentrofi quanto le istituzioni per lattanti in tutte
le loro forme, ponendo sullo stesso piano finalità e obiettivi; e quindi c’è la definitiva abolizione della
ruota.
Inoltre, sempre secondo questo decreto tutti gli istituti pubblici e privati sono impegnati nella cura
dell’infanzia abbandonata, e sono obbligati ad attenersi alle norme igieniche ed essere organizzati e
strutturati in maniera adeguata, alla stipulazione di stabili contratti con il personale medico
qualificato e richiedere la provenienza del latte di cui i bambini sarebbero stati nutriti.

Il fenomeno dell’abbandono, tramite l’evoluzione scientifica, culturale, intellettuale e politica, ha


subito una battuta d’arresto nella seconda metà del Novecento; infatti, l’istituzione del brentrofio
viene posta in disuso su quasi tutto il territorio nazionale, ma è grazie ai riferimenti al passato che ci
si è indirizzati su una tutela del bambino nella sua integrità dal punto di vista assistenziale, educativo,
psicologico e giuridico.

1.2 Le Marche e il fenomeno dell’abbandono in età moderna e contemporanea

Dai dati raccolti grazie a indagini promosse nel corso dell’800, si evince che nelle zone dell’Italia
centrale, si registrò la maggior percentuale di bambini assistiti nei ricoveri oltre al più alto tasso di
nascite illegittime e al più elevato tasso di illegittimi riconosciuti dai genitori naturali.
Fino al 1924, per la raccolta dei dati non vennero utilizzati modelli unitari, ma erano i comuni, che
con cadenza mensile si occupavano di inviare un proprio prospetto riassunti dei nati vivi e morti e se
fossero legittimi o no.
Inoltre, con l’emanazione del Codice civile unitario, entrato in vigore il 01/01/1866, emerge la
decisione di annullare tutti gli effetti giuridici prodotti dal matrimonio religioso, insieme alla scelta di
mantenere il rito civile come unica forma di unione legittima. E proprio per questo, ci fu un
innalzamento del numero degli illegittimi, a causa del contrasto tra l’attuazione delle leggi civili e i
precedenti retaggi spirituali.
Un altro eleemnto che definisce lo scenario degli interventi ecclesiastici è rappresentano dalla
configurazione di numerose congregazioni religiose maschili e femminili che si sono diffuse con la
consapevolezza per cui l’impegno in ambito educativo e assistenziale fosse da considerarsi come una
forma eminente della carità e come testimonianza dell’amore cristiano.
In questa prospettiva, si sviluppa l’esperienza assistenziale marchigiana, in quanto territorio
appartenuto fino al 1860 allo Stato Pontificio e caratterizzato da una tradizione caritativa piuttosto
antica. In questo periodo ci sono numerose iniziative promosse da singole personalità o istituzioni
ecclesiastiche (chiese, monasteri…). Un esempio sono gli hospitalia, che rappresentano il legame tra
l’assistenza ospedaliera e lo spirito religioso, e quindi nella carità verso il prossimo.

Questo impegno solidaristico, si è declinato in molteplici forme e fu applicato all’interno di un


contesto ancorato a conoscenze e superstizioni popolari e religiose, a una fiducia nell’intervento
divino o nel supporto spirituale, e alla tradizione contadina.

In effetti, le Marche sono state per lungo tempo, una regione caratterizzata per lo più da un’economi
agricola, in cui a partire dalla fine del Trecento si diffuse il sistema mezzadrile, che oltre a modellare
l’aspetto territoriale, contribuì a un’impostazione nel contesto socio-culturale ed economico. Questo
sistema, indica una tipologia di contratto agrario, a causa della conformazione della zona dove i
terreni dovevano essere coltivati in modo eterogeneo pe prevenire il pericolo di dissesto
idrogeologico.

La mezzadria, si configurò per secoli come un mezzo capace di favorire vantaggiosi guadagni e di
determinare un “processo di valorizzazione fondiaria”, ma questa tipologia di contratto non era
configurata per i coloni, che per molto tempo non furono tutelati.
Le famiglie erano povere e in genere molto numerose, vivevano in case piccole e in condizioni
precarie per la mancanza di risorse economiche con cui poterle sistemare, mentre i padroni
imponevano diversi lavori, di cui molti non retribuiti e in caso di malattie potevano essere cacciati. →
desolanti condizioni di questa categoria di contadini che si modificarono solo nel corso del Novecento

Il problema dell’abbandono infantile emerge nelle Marche sul finire del XVI secolo, dal biennio 1590-
1592, quando in seguito a un’epidemia e di un generale peggioramento climatico, si scatenò una
terribile carestia che investì l’intera popolazione, causando anche un flusso emigratorio che dalle
montagne si diresse nelle miti località medio-collinari. Lo storico Stuart Woolf. Infatti, afferma che
proprio in questo periodo i poveri si trasformano in “una categoria sociale distinta”, presente più o
meno in ogni società, e quindi le istituzioni, le autorità e le singole coscienze furono spinte a prendere
provvedimenti. → inizialmente l’assistenza viene offerta presso istituti religiosi, ospizi o ospedali a
causa delle peculiari esigenze dei neonati legate all’allattamento.

L’apogeo del problema dell’esposizione infantile fu raggiunto nelle Marche come nel resto del
contesto europeo nel corso dell’Ottocento, durante il cosiddetto secolo degli esposti, ovvero quando
l’elevato tasso di abbandoni e di mortalità dei trovatelli fece parlare di un vero e proprio “Infanticidio
legalizzato”.

Nei territori dello Stato Pontificio, al fine di affrontare le emergenti questioni sociali venne incentivato
l’uso delle visite pastorali, utilizzate come “strumento” per il controllo politico e burocratico, e per
manifestare la vicinanza spirituale alla popolazione. → con questo mezzo si evince l’urgenza di
apportare particolari modificazioni ai regolamenti delle strutture dedite alla prima infanzia.
Inoltre, la crisi strutturale di questi istituti era stata aggravata dalle ormai ingenti spese per il
mantenimento degli esposti e dalla scarsità dei Conservatori.
Vengono promosse una serie di ricerche sul numero e sulla funzionalità delle strutture presenti nel
territorio, al fine di conoscere lo “stato dell’arte” dell’assistenza e successivamente procedere con gli
interventi.

Queste indagini nell’area Marchigiana sono state fatte da Leopoldo Armaroli, avvocato e politico
maceratese, e questa sua inchiesta fu ripresa in un lavoro sviluppato da Eugenio Sonnino alla fine del
Nocvento che lo usò come presupposto “quantitativo” per ricostruire il panorama dell’esposizione
dello Stato Pontificio, in cui già nel XIX secolo si contavano 33 istituzioni preposte all’accoglimento e
all’assistenza dell’infanzia abbandonata. Nonostante il numero elevato di istituti, la somma degli
esposti accolti era contenuta, visto che si preferì utilizzare lo “strumento” delle piccole istituzioni, che
permettevano di garantire maggiori possibilità di sopravvivenza e prevenire le criticità connesse alle
eccessive e prolungate istituzionalizzazioni.

Sul fine del secolo, il tasso di esposizione e di mortalità era ancora alto nelle Marche, e perciò i
brentrofi cercarono di incentivare il baliatico esterno e adottare altri provvedimenti.

CAPITOLO 2: IL CARDINALE GIOVANNI ANTONIO BENVENUTI E L’IMPEGNO PER LA


PROTEZIONE DELLA PRIMA INFANZIA

2.1 Il cardinale Benvenuti e l’elaborazione del progetto dei brentrofi consorziali di Osimo e Cingoli

Nel periodo della restaurazione post-napoleonica, le esigenze spirituali e materiali della popolazione
dello Stato Pontificio, divennero il fulcro dell’azione di Pio VII, eletto nel marzo del 1800. Infatti, la
Chiesa cerca di riaffermare la propria autorità temporale e religiosa, proponendosi di perseguire i
principi dell’uniformità e della centralizzazione servendosi del sostanziale apporto di grandi
personalità religiose che dovevano costituire dei veri e propri modelli di fede.
In questo ambito la crisi diplomatica e la questione infantile divennero due temi centrali del dibattito
politico e intellettuale dell’epoca, che iniziarono ad essere connessi all’azione politica e all’impegno
sociale di singole personalità laiche e religiose.

Tra le figure di maggior rilievo c’è quella di Benvenuti, che rappresentò l’emblema di questo connubio
tra impegno apostolico, speso a favore dell’istruzione e dell’assistenza, ed efficacia diplomatica.
Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1788, nel 1797 si rega a Pietroburgo come ambasciatore
straordinario per riprendere relazioni con la Russia. Di ritorno dall’Italia nel 1804 viene impiegato
presso la Segreteria di Stato come esposto per le questioni russe.
Nel 1828, gli fu affidata la diocesi di Osimo-Cingoli, nelle Marche. Alla morte del Papa, viene candidato
al soglio pontificio, e per cause politiche non viene eletto, al suo posto viene eletto Cappellari, con il
nome di Gregorio XVI.

Agli inizi del 1830 una serie di moti rivoluzionari anticlericali, aveva investito le Legazioni,
diffondendosi ben presto anche nei territori marchigiani e umbri, e in questa particolare tensione,
Benvenuti viene nominato legato a latere, incaricato di occuparsi di ripristinare l’ordine e l’autorità
pontificia in determinate zone.
Però i moti rivoluzionari del 1830-1831, segnarono profondamente nel corpo e nello spirito il
cardinale Benvenuti, oltre alla sua carriera; infatti, viene arrestato e fatto prigioniero dalle Province
Unite, come possibile “oggetto di scambio” per liberare i detenuti politici. A favore della
scarcerazione c’era sia il Papa che avviò una protesta personale al corpo diplomatico, al quale si
appoggiarono anche le autorità spagnole, francesi e austriache, ma ciò non porto a nulla di fatto.
Benvenuti si mostrò disposto a trattare, attraverso la firma di una convenzione in 12 punti, ma questo
atteggiamento non viene riconosciuto dallo Stato Pontificio e da quello austriaco, giudicandola
estorta e Benvenuti viene deposto dalla carica di legato. → questo porta all’inizio dell’ostilità tra Curia
romana e operato politico del cardinale Benvenuti.

Nel 1831, torna a Osimo, e si premurò fin da subito di elaborare e promuovere una serie di editti e
notificazioni, ma anche visite pastorali, interventi in ambito educativo e assistenziale.
Nel 1832, inizia la sua battaglia per l’apertura di due brentrofi a Osimo e Cingoli, in cui provvedere
direttamente alla cura, all’assistenza e all’educazione dei trovatelli delle zone sottoposte alla sua
autorità. Questo porta all’opposizione della Curia e di Macerata e Montemilone che erano contro
l’uscita dall’alleanza recanatese. → questo incrina ancora di più i rapporti.

Il progetto verrà realizzato solamente nel luglio del 1838.

2.2 Il legame politico e intellettuale con il conte Leopoldo Armaroli

Per promuovere la sua battaglia a sostegno degli esposti, Benvenuti necessitò dell’ausilio e del
supporto di numerose autorità civili, tra le quali emerge la figura di Leopoldo Armaroli, il cui
contributo fu essenziale per la creazione dei brentrofi.
Il conte Armaroli è stato un avvocato, che ha effettuato studi sull’esposizione infantile e ha avuto
trascorsi politici in quanto implicato nelle rivoluzioni di Milano e nei moti del ‘30/’31.

Il conte Armaroli stese due rapporti difronte a Benvenuti, ai gonfalonieri e ai priori comunali coinvolti,
e andava ad affrontare questioni economiche, sociali, politiche, problemi locali, mortalità,
caratteristiche di regolamento, la nomina della Congregazione dei deputati per ragioni
amministrative e la differenza tra i grandi e i piccoli istituti (quelli più piccoli erano più efficaci, perché
erano a stretto contatto con la popolazione e meno burocratici.
Inoltre, la direzione doveva essere affidata a persone competenti che oltre ad occuparsi
dell’amministrazione finanziaria, dovevano provvedere alla formazione dei cittadini, dotati di retta
moralità.

Nel 1838, decise di pubblicare un testo: Ricerche storiche sull’esposizione degl’infanti presso gli
antichi popoli e specialmente presso i Romani, questa indagine fu portata alla luce e valorizzata dal
demografo Eugenio Sonnino che ne riprese le annotazioni e le tavole statistiche. Da quanto si evince,
la metodologia di indagine utilizzata dal conte fu principalmente quella del questionario, che veniva
inviato direttamente alle deputazioni amministrative degli istituti assistenziali, al quale chiedeva di
rispondere a domande relative alla nascita e all’ordinamento amministrativo del luogo pio, alle risorse
finanziarie ed eventuali accordi con i comuni limitrofi, al fine di formare dei consorzi e di specificare
quando possibile le aree di provenienza degli esposti.
Inoltre, aveva creato delle tabelle e una serie di prospettive oltre a sviluppare brevi saggi statistici. In
particolare, le sue ricerche furono importarti soprattutto nell’area marchigiana, dove l’intervento a
favore dell’infanzia abbandonata si rivelò capillare e positivamente strutturato.
CAPITOLO 3: L’ISTITUZIONE DEL BRENTROFIO CONSORZIALE DI OSIMO

3.1 L’origine dell’assistenza alla prima infanzia nella città di Osimo

La diocesi di Osimo ha rappresentato un modello e un punto di riferimento per il territorio


marchigiano, di cui costituisce una delle realtà episcopali più antiche. Ci furono varie iniziative sociali,
influenzate da eventi storici e politici (es. dominio francese, dove il governo era sostenuto da alcune
famiglie facoltose).
Nella prima metà dell’800, si pone il problema all’attenzione dell’abbandono infantile, e il
conseguente dibattito per la creazione di un istituto comunale per i projetti. (es. Amoruccia, che nel
XIV secolo si preoccupò di raccogliere e curare gli orfani e i trovatelli nell’Ospedale di Roncisvalle).

L’intensa battaglia diplomatica intrapresa dal cardinale Benvenuti nel 1833 e la fitta corrispondenza
avviata con la Curia romana, con il segretario di Stato il cardinale Gamberini, si risolve con
l’approvazione del pontefice Gregorio XVI concessa con il decreto del 13 maggio 1837, ma l’apertura
del brentrofio rimase comunque nel 1838.
Con la creazione del brentrofio, Osimo si riconfermò, come una delle realtà marchigiane più attive e
“sensibili” nell’ambito assistenziale e educativo e di resistere alla volubilità delle contingenze storiche
e politiche e di perpetrare il sostegno alle classi sociali più marginali, seguendo l’esempio apostolico
e lo spirito della carità cristiana che l’avevano caratterizzata per secoli,

3.2 Il dibattito per la creazione di un istituto comunale per projetti


Il lungo dibattito che precedette l’apertura del brentrofio Osimano, si sviluppò su questioni di natura
politica ed economica, legate alle divergenti opinioni dei deputati comunali, del cardinale Benvenuti
e delle varie sedi apostoliche e alla predisposizione delle risorse finanziarie necessarie alla creazione
di un istituto dedito alla cura degli esposti.
Il territorio della diocesi apparteneva allo Stato Pontificio e il brentrofio comunale, doveva rifarsi al
suo paradigma e alle regolamentazioni dei grandi istituti assistenziali cristiani, primi tra tutti
l’Ospedale per Innocenti di Firenze o l’Ospedale degli Esposti di Bologna.

Nel 1825, furono inviati per la Curia osimana da Roma dei modelli prestampati da cui attingere.

Per la Chiesa era indispensabile riuscire a stabilire la vecchia egemonia in ambito educativo e
assistenziale, poiché costituiva un valido strumento di controllo e formazione civili e sociali, e tra le
questioni che più erano in grado di catalizzare l’attenzione del popolo cristiano, c’era quella legata
agli esposti. Inoltre, c’era l’esigenza di trasformare le istituzioni cittadine dedicate a questa
“sfortunata” categoria di bambini in luoghi in cui prendersi realmente cura di loro.

I consiglieri comunali approvano nel 1832 la delibera e la proposta relativa ai due pii stabilimenti, e
nel frattempo Benvenuti si era mobilitato per procedere con il regolamento nonché per stabilire le
norme e i metodi per il corretto funzionamento dei brentrofi.
Per questa ragione decise di interpellare i gonfalonieri dei vari comuni che si sarebbero uniti al
consorzio osimano e cingolano, tra i quali il conte Armaroli.

Nel 1834 Benvenuti, invia una comunicazione a Gamberini, ma nel 1836 è ancora tutto bloccato, e di
conseguenza si sente umiliato per la considerazione della diocesi.
Nel luglio del 1837, avviene il definito distacco da Recanati e a Osimo viene aperta la ruota presso
l’Ospedale degli Infermi dei Santi Benvenuto e Rocco, in cui furono individuati i locali per la creazione
del brentrofio osimano.
Tra il 1837 e il 1838, il rapporto tra il vicario generale di Recanati e Benvenuti consentì di rendere
lineare e omogeneo la separazione delle relative competenze e di trovare sempre risoluzioni
pacifiche e adeguate alle problematiche di carattere burocratico, nel rispetto dei rispettivi ruoli
episcopali.

Al termine delle opposizioni della Delegazione provinciale di Macerata e dell’espressione del parere
positivo da parte della Santa Sede, il 21/05/1838, il gonfaloniere di Osimo, Andrea Bonfigli invia una
comunicazione al cardinale Benvenuti dell’approvazione del regolamento del nuovo brentrofio
comunale. → entra in vigore nel luglio del 1838, e si conclude la battaglia di Benvenuti.

3.3 I regolamenti e l’attività del pio luogo osimano

Il testo definitivo del 1838 ricalcava quello approvato nel 1834; Benvenuti stabilì che la direzione dei
due stabilimenti fosse affidata a una Congregazione di deputati, presieduta sette deputati (priore,
computista, segretario, custode, cassiere e medico) più un deputato ecclesiastico, posto alle
dipendenze del vescovo.
Il testo era costituito da 137 punti suddivisi in dieci titoli:
1. Disposizioni generali
2. Della Congregazione de’ Deputati delle Comuni aggregate allo Stabilimento
3. Del priore
4. Del Computista e segretario
5. Del Custode
6. Del Professore Medico
7. Delle Nutrici e del Baliatico
8. Delle Adozioni
9. Delle Disposizioni transitorie.

Si cercò di agevolare il baliatico esterno, che veniva concesso a famiglie rurali provenienti da zone
abbastanza lontane del centro cittadino, senza prole, che avrebbe poi adottato il projetto.

Inoltre, vengono definiti i sussidi e l’età massima di permanenza negli istituti.

Attraverso l’analisi del regolamento dell’istituto osimano, si può desumere la puntuale prassi che il
personale del brentrofio doveva rispettare e seguire dopo la “raccolta” di un bambino, sia che il suoi
ingresso fosse avvenuto passando per la ruota, sia che fosse pervenuto tramite i propri genitori o
qualche familiare.
L’esposto veniva accolto presso l’Ospedale degli Infermi dei Santi Benvenuto e Rocco, in seguito alla
visita medica preliminare, successivamente veniva battezzato nel Duomo cittadino e poi veniva
aperto un fascicolo/busta personale dalla presa in carico al certificato di morte.

Nel tempo il raggio di azione si ampliò, e nella seconda metà dell’800 entrarono nel consorzio i
comuni di Castelfidardo, Montecassiano, Loreto e Offagna.

In seguito all’Unità d’Italia, vengono istituite le Congregazioni di Carità, che portano a un periodo
instabile nella direzione degli istituti perché i provvedimenti non trovavano subito applicazione.
Infatti, solo il 6/11/1863 il brentrofio di Osimo, riceve l’approvazione definita per l’accorpamento del
luogo pio agli altri istituti di assistenza, e inoltre viene nominata una Deputazione straordinaria per
eliminare i retaggi della gestione ecclesiastica.

Nel 1864, viene emanato un nuovo regolamento composto da 49 articoli suddivisi in 6 titoli più la
modificazione della composizione della Deputazione direttrice, ovvero non era più prevista la
presenza di un deputato ecclesiastico.

Tra il 1864 e il 1904, il brentrofio visse un periodo di proficua stabilità, e nel 1904, viene emanato un
nuovo testo, con il quale la ruota viene ufficialmente chiusa e con cui si stabilisce che il ricevimento
dei bambini doveva essere subordinato alla diretta presentazione del custode della struttura entro il
primo anno di vita. → c’è una conformazione degli istituti ministeriali.

Questa stabilità viene scossa dal fascismo, in seguito alla creazione dell’ECA (Ente comunale di
assistenza), che eredita le funzioni delle istituzioni precedenti in campo assistenziale.
Alcune Opere pie vengono inizialmente separate dall’ECA e poste sotto la Federazione delle Opere
pie di Osimo, e nel 1939 modificò il nome in Istituti riuniti di beneficienza.
Fu solo nel 1949 che il brentrofio venne affidato alla gestione dell’ECA, nonostante l’opposizione degli
Istituti riuniti di beneficienza.

Più tardi si trasformò in Ufficio di collocamento per i bambini abbandonati e intorno agli anni ’60
venne chiuso definitivamente.

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