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Enciclopedia

Sociologica
dei Luoghi
Volume 5

a cura di Giampaolo Nuvolati


Il lavoro di coordinamento per la realizzazione del Volume 5 è stato svolto da
Monica Bernardi e Luca Bottini.

Il Volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Sociologia


e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

© 2021 Ledizioni LediPublishing


Via Antonio Boselli, 10  –  20136 Milano  –  Italy
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Enciclopedia Sociologica dei Luoghi. Volume 5, a cura di Giampaolo


Nuvolati

Prima edizione: novembre 2021

ISBN cartaceo 978-88-5526-583-6


ISBN eBook 978-88-5526-584-3

Progetto grafico: ufficio grafico Ledizioni

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per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume,
solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da Ledizioni.
Enciclopedia
Sociologica
dei Luoghi
Volume 5

a cura di Giampaolo Nuvolati

Ledizioni
P
Pizzerie – Maria Luisa Fagiani
Pronto soccorso – Alfredo Sguglio
P Il pronto soccorso: il primo accesso alle cure

di Alfredo Sguglio1

La tipologia di tale luogo è intrecciata alla storia della medicina e dell’assistenza. L’ana-
lisi mette in risalto come la componente mistica e religiosa abbiano sempre connotato
la nascita e lo sviluppo di questi luoghi, dalla rivoluzione urbanistica delle società pri-
mitive che ne influenzarono lo sviluppo nel periodo greco e romano, così come nelle
società cristiane fino ai giorni nostri. Dalla fine del diciottesimo secolo con la nascita
della medicina moderna basata sull’esperienza empirica, sull’osservazione e sul meto-
do scientifico, la tipologia di questi luoghi subisce radicali cambiamenti: da indefiniti
e miseri contenitori della più eterogenea umanità sofferente, laddove la componente
assistenziale di carattere sociale e religioso si mescolava con l’assistenza sanitaria vera e
propria, si trasformano in luoghi più strutturati. Dalla seconda metà del ‘900 i successi
della medicina hanno incentivato una più complessa organizzazione del lavoro e una
rinnovata architettura dei luoghi capaci di rispondere oggi anche ad esigenze di natura
psico-emotiva. Lo studio rileva la presenza in Italia di luoghi nuovi di eccellenza, ma
anche la presenza di luoghi decadenti con una marcata insufficienza delle risorse rispet-
to ai bisogni dell’utenza. Il lavoro approfondisce queste tematiche alla luce anche della
crisi sanitaria da Covid-19 con l’analisi approfondita di due casi specifici.
The typology of such a place is intertwined with the history of medicine and care. The analysis
highlights how the mystical and religious component has always characterized the birth and
development of these places, from the urban revolution of primitive societies that influenced
their development in the Greek and Roman period, as well as in Christian societies up to the
present day. Since the end of the eighteenth century, with the birth of modern medicine based
on empirical experience, observation and the scientific method, the typology of these places
undergoes radical changes: from indefinite and miserable containers of the most heterogeneous
suffering humanity, where the social and religious welfare component was mixed with the real
health care, they become more structured places. From the second half of the 1900s, the suc-
cesses of medicine stimulated a more complex organization of work and, therefore, a renewed
architecture of places, capable of responding today to psycho-emotional needs. The study notes
the presence in Italy of new places of excellence, but also the presence of decadent places with a
marked lack of resources compared to the needs of users. The work explores these issues also in the
light of the health crisis from Covid-19 with an in-depth analysis of two specific cases.

1 Phd in Scienza Tecnologia e Società (STS). Coordinatore del Centro Studi Smart City Res
Novae presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica Energetica e Gestionale dell’U-
niversità della Calabria. È amministratore di Smart City Instruments, Spin-off dell’Uni-
versità della Calabria. Collabora attivamente in America Latina e nei Caraibi in progetti
P Alfredo Sguglio

1. I primi luoghi della medicina d’urgenza


Sebbene la nascita ufficiale del pronto soccorso in Italia e in ambito inter-
nazionale ci riconduca solo agli inizi del ‘900, la storia dei luoghi deputati
all’erogazione di prestazioni sanitarie di carattere medico internistico e di per-
tinenza chirurgica in regime di pronto soccorso è legata alla lunga storia della
medicina e dei luoghi deputati alla cura.
Una storia di trasformazioni sociali, politiche e culturali, un intreccio di na-
tura e di sovrannaturale, di salute e di salvezza, di scienza e di fede, che ancora
oggi ritroviamo nonostante l’affermazione e lo sviluppo di una medicina lai-
ca. Per caratterizzare e comprendere al meglio questo luogo, per approfondire
successivamente l’analisi riguardanti specifici casi studio, è dunque necessario
individuarne la nascita e lo sviluppo nel corso dei secoli, prima e dopo l’an-
nuncio cristiano.
Già nell’antica Mesopotamia, agli albori dei primi agglomerati urbani, ben-
ché la cura degli infermi avvenisse abitualmente nelle case private, si ha testi-
monianza della nascita dei primi luoghi deputatati al primo soccorso e alla
cura (Mallowan 1951). Si tratta di luoghi sacri e prevalentemente simbolici,
generalmente collocati vicino ai corsi d’acqua per la purificazione dei malati e
dei feriti. Luoghi tribali in cui la malattia era declinata in modi diversi: come
un castigo divino, un atto di “tracotanza sacrilega”, oppure di un conflitto fra
gli dèi. In ogni caso la malattia non era un prodotto umano ma l’alterazione di
un qualcosa nel rapporto fra uomini, divinità e spazi di altri mondi.
La figura 1 mostra un bassorilievo proveniente dalla stanza della Suite est
del palazzo del re assiro Ashurnasirpal II, luogo dove il re eseguiva preghiere e
rituali cerimoniali di guarigione. L’accesso era consentito solo ai consiglieri di
alto rango e ai sacerdoti del tempio, una sorta di medici-indovini.
Tra questi, gli ashipu erano considerati i luminari di prima accoglienza, un
medico di pronto soccorso. Il loro compito era quello di ricevere il peccato
commesso dal malato per capire l’espiazione richiesta dagli dèi e decretare la
gravità della malattia per dirigere il paziente alle differenti cure di altri medi-

di ricerca e attività formative sui temi della sociologia dell’ambiente e del territorio con i
seguenti Atenei: Universidad Iberoamericana, Universidad Federico Henriquez y Carvajal,
Pontificia Universidad Catolica Madre y Maestra, Instituto Global de Altos Estudios en Cien-
cias Sociales (IGLOBAL) e Instituto Tecnico Superior Comunitario.

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Pronto soccorso P

ci-sacerdoti: gli asu (Dobanovački et al. 2012). Quest’ultimi si collegavano


alla corporeità del malato esercitando la medicina erboristica (Horstmanshoff
2004), pratica che consentiva loro di attribuire anche l’esistenza di cause non
soprannaturali alla guarigione.

Figura 1. Bassorilievo 883-859 a.C. Neo-assiro, Mesopotamia, Nimrud (antica Kalhu).


Gesso alabastro, 92 1/4 x 92 x 4 1/2 in. (234,3 x 233,7 x 11,4 cm). The Metropolitan
Museum of Art, New York, Dono di John D. Rockefeller Jr., 1932 (32.143.4) (Fonte:
https://www.metmuseum.org/it/art/collection/search/322611, public domain)

In quest’epoca è già possibile individuare con efficacia rappresentativa il


paradosso che sembra connotare la vera natura e la storia del pronto soccorso

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P Alfredo Sguglio

fino ai giorni nostri: prepotenza e solidarietà, violenza e pietà, civiltà e barba-


rie, guerra e pace.
La chirurgia e la traumatologia nascono, infatti, come pratiche mediche
da attuare in regime di pronto soccorso in caso di lesioni gravi dovute ad in-
cidenti e ferite di guerra. Nello specifico, la chirurgia era regolamentata nella
Mesopotamia dal codice di Hammurabi (il codice di leggi del re babilonese
Hammurabi) che stabiliva sia il compenso del chirurgo, a seconda che il pa-
ziente fosse libero o schiavo, sia le pene in caso di errore. I chirurghi, infatti,
potevano essere puniti in quanto ad essi non era attribuito lo status di sacer-
doti a differenza dei medici, che erano invece considerati al di sopra di ogni
giudizio umano.
Nel periodo greco antico così come nel primo periodo romano, i luoghi di
primo soccorso e cure prendono la denominazione di Asclepiei, luoghi di culto
caratterizzati dalla centralità del tempio del Dio Esculapio, Asclepio in lingua
greca, patrono della medicina. Sono luoghi di medicina templare a beneficio di
un cittadino individualista e cosmopolita, collocati nella natura, spesso vicino
ad un corso d’acqua, all’esterno della città. La cura, nella sua pratica spirituale,
necessita infatti della meditazione, strumento con il quale ricostruire un dia-
logo intimo con il Dio, in un rapporto discorsivo, completamente sottratto al
regime dell’enunciato e quindi al controllo del sapere del medico. Un aspetto
delle cure mediche presente ancora tutt’oggi nella medicina di tipo sciamani-
co, in gruppi antropologici che abitano le zone meno industrializzate del pia-
neta e nel mondo occidentale legato alla cultura astrologica e parapsicologica.
Accanto a questa tipologia di luogo si sviluppa in Grecia un luogo nuovo
che è quello della medicina di Ippocrate, medico che sovvertì il concetto di
medicina tradizionalmente associata alla mantica e alla divinazione, avviando
lo sviluppo di una medicina basata sul metodo scientifico, sull’esperienza e
sull’osservazione. Nella medicina ippocratica il medico abbandona il tempio
per praticare la sua professione in un locale apposito all’interno della sua casa:
lo iatreo, dove opera in un regime di visibilità sociale grazie a protocolli di
intervento nuovi e standardizzati: dalla diagnosi, alla prognosi, alla cura. Lo ia-
treo è il luogo dove si sperimenta la medicina e in particolare le prime pratiche
di chirurgia d’urgenza in un contesto sociale ben rinnovato, con norme igieni-
co-sanitario ben definite. Il riferimento allo spazio del Dio è assente e la malat-
tia viene ora individuata e descritta in rapporto diretto tra medico e paziente,
sulla base dell’esperienza empirica sostanziale, pubblicamente accessibile.

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Pronto soccorso P

Nell’antica Roma, con l’imperatore Augusto, la medicina ippocratica tro-


verà nuovi sviluppi. La traumatologia e la chirurgia d’urgenza acquisirono un
tale avanzamento cognitivo da essere considerate all’avanguardia per molti se-
coli, divenendo le professioni mediche più diffuse, grazie in particolare all’o-
pera delle decine di medici militari sparsi attraverso l’Impero.
La grande esperienza acquisita sui campi di battaglia nella cura di ferite e
traumi venne infatti messa a disposizione di tutti e trasferita a nuovi luoghi di
pronto soccorso e alle scholae mediche.
In ambito civile la chirurgia e la traumatologia erano praticate nei valetudi-
naria civili, cioè ospedali o infermerie private, dove i patrizi più abbienti erano
soliti curare i propri familiari e gli schiavi. In ambito militare furono realizzati
i valetudinarium in castris, luoghi di pronto soccorso in cui trovavano impiego
anche infermieri, massaggiatori ed inservienti. In questi luoghi si formò lo
stesso Claudio Galeno ritenuto il più famoso e studiato medico dell’antichità,
secondo solo al greco Ippocrate, il quale sviluppò le sue competenze mediche
nei campi di battaglia e nelle arene dove per tanti anni ebbe il compito di cu-
rare ferite e traumi dei gladiatori.
Prima dell’avvento del Cristianesimo (che si affermerà nella medicina e
nell’assistenza come unico modello fino al XVIII secolo) lo spazio occupato
dalla malattia e dalla guarigione, dalle cause e dai rimedi, assunse tre diverse
forme: lo spazio tribale, in cui vi è un primo rapporto tra medico e paziente sen-
za però sviluppare un regime di enunciati scientifici; lo spazio della medicina
templare, tipico della polis greca, governata dal dio guaritore Asclepio; infine,
lo spazio logico e discorsivo, della medicina ippocratica, che portò alla nascita
della medicina moderna basata sul metodo scientifico. Logicamente queste
distinzioni non furono nette ma ci fu un graduale processo di transizione e di
contaminazione tra i tre diversi modi di intendere la medicina e la cura, con-
taminazione tutt’ora presente in alcune aree della medicina contemporanea.

2. Architetture di pronto soccorso con l’avvento della dottrina


cristiana
Dopo il battesimo di Costantino, la chiesa cristiana si incaricò della cura dei
malati e i luoghi di culto divennero anche luoghi in cui accogliere e curare i
malati. Ama il prossimo tuo come te stesso, recita il Vangelo e quest’amore verso

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P Alfredo Sguglio

il prossimo, uno degli aspetti rivoluzionari della fede cristiana, troverà consi-
stenza in un ampio piano di aiuto al prossimo sofferente che avrebbe avuto un
ulteriore sviluppo e diffusione nelle società bizantine e islamiche sopravviven-
do nel corso dei secoli fino ai giorni nostri.
La prima traccia di una disposizione relativa all’istituzione di strutture de-
stinate all’assistenza di malati o bisognosi risale al Concilio di Nicea del 325
d.C.; in una bolla venivano invitati Vescovati e Monasteri a riservare in ogni
città un’area “Hospitalis” destinata all’assistenza di pellegrini e bisognosi.
Verso la fine del IV secolo, si ebbe la fondazione del primo ospedale cristia-
no nell’Impero Romano d’Oriente da parte di Basilio di Cesarea (noto come
San Basilio Magno) che, per rispondere alle sofferenze causate dalle numero-
se carestie e pestilenze, costruì in Cappadocia una cittadella della carità con
locande, ospizi e lebbrosario, chiamata Basiliade (Sgreccia 2000) che molti
storici definiscono come “il primo ospedale d’Oriente” (Wilken 2013).
La Basiliade in realtà fu un primo grande progetto di cittadella ospedaliera,
dove la cura dei malati rientrava in una più ampia visione strategica finalizzata
a ricostruire quella dimensione comunitaria che il disagio e la malattia sottra-
evano alla persona malata e indigente.
Nel giro di pochi decenni l’ospedale come luogo di cura si diffuse gradual-
mente anche nella società islamica contribuendo ad avviare i primi progressi
nel campo della medicina che gli studiosi musulmani avrebbero perseguito nel
corso dei secoli successivi.
Prima dello sviluppo delle grandi città, in Oriente era nata la prima versione
itinerante dell’ospedale islamico, il bimaristan, con funzioni di pronto soccor-
so, allestito in tende trasportate dai cammelli, all’interno dei quali operavano
medici e infermieri, in grado di viaggiare verso i pazienti nelle aree più remote.
Gli storici riconducono la nascita di questi luoghi alla Battaglia del Fosso (627
d.C.) quando per l’occasione vennero allestite tende mediche per curare i feriti
di guerra. Quello del pronto soccorso fu inoltre il primo luogo ad essere alle-
stito e ri-organizzato negli ospedali fisici costruiti nelle nascenti città. Il primo
venne costruito nel 706 a Damasco dal Califfo omayyade di nome Al-Walid;
seguirono quello del Cairo e poi quello di Bagdad nel 805 d.C. Queste struttu-
re anticipavano l’idea del moderno policlinico: apposite istituzioni per la cura
delle malattie, con annessi servizi medici, farmaceutici e scuole di medicina
(Miller 2006).

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Pronto soccorso P

A differenza della società islamica i luoghi della cura in occidente saranno,


fino all’alto medioevo, estensioni di complessi religiosi e monasteri. Gli xe-
nodochi erano luoghi di cura e ospizi per pellegrini e forestieri; i lebbrosari
o lazzaretti, erano luoghi in cui venivano confinati i malati di lebbra. La cura
dei malati in regime di pronto soccorso avveniva utilizzando le tecniche della
medicina ippocratica e galenica, tramite terapie medicamentose (pozioni er-
boristiche) e chirurgiche (salassi, incisioni di ascessi, causticazione di ferite).
L’assistenza medica era supportata anche da quella spirituale; in effetti era sem-
pre presente all’interno dei luoghi di cura un altare destinato alla preghiera.
Simile ai culti greci era inoltre diffusa l’idea della guarigione attraverso l’incu-
bazione (dormire nel tempio) in stanze specifiche che ospitavano le reliquie di
un santo (Nigel 1990).
Accanto agli xenodochi grande fu anche il contributo delle abbazie: i primi
luoghi in cui la zona assistenziale venne divisa da quella religiosa. La prima te-
stimonianza la fornisce l’abbazia benedettina di San Gallo eretta in Svizzera nel
612, dove accanto agli spazi dedicati alla preghiera e alle funzioni religiose sor-
ge uno spazio dedicato alla cura e alla degenza dei malati: l’infermeria. Dalle
indicazioni riconducibili a varie abbazie di tutta Europa come Canterbury,
Cluny o nelle fondazioni cistercensi, da Fountains a Fossanova, tale luogo
può essere considerato un lontano antenato del pronto soccorso. All’interno di
esso veniva infatti praticata la chirurgia d’urgenza da parte dei monaci-medici,
assistiti dai barbieri, perché dotatati di strumenti dalle lame affilate utili alla
chirurgia.
Intorno al 1200 la spedalità sorta ad opera degli ordini religiosi cominciò
ad essere affiancata anche da quella dei Comuni che, avendo inserito fra i
loro compiti anche quello dell’assistenza sanitaria, costruirono nuove strutture
ospedaliere. Accanto ai Comuni anche le corporazioni delle arti e dei mestie-
ri edificarono i propri ospedali, contribuendo a distaccare la medicina dalla
religione.
Tale riforma si attuò nel periodo compreso tra la fine del Medioevo e l’inizio
dell’età moderna, quando l’organizzazione della rete assistenziale fu raziona-
lizzata mediante l’accorpamento di vari istituti e la nascita in molte città degli
ospedali con luoghi e funzione nuove della medicina, tra cui quelli di primo
soccorso.
Una descrizione grafica attendibile di quella che doveva essere la situazione
dell’emergenza ospedaliera dell’epoca si può trovare negli affreschi dipinti tra

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P Alfredo Sguglio

il 1439 e il 1446 nella sala del Pellegrino in Santa Maria della Scala a Siena,
ospedale gestito dai canonici del Duomo che progressivamente si laicizzò pas-
sando nel Quattrocento sotto il controllo diretto del Comune.
Il Pellegrinaio è un ambiente monumentale di Santa Maria della Scala all’in-
terno del quale troviamo una serie di celebri cicli di affreschi del Quattrocento
senese. All’interno di esso, sulla parete ovest, ritroviamo l’affresco di Domenico
De Bartolo dal titolo Governo e cura degli infermi, considerato uno dei più im-
portanti della sala, la cui analisi ci può fornire la ricostruzione degli elementi
cardine della gestione sanitaria delle emergenze medico-chirurgiche in regime
di pronto soccorso.

Figura 2. Domenico di Bartolo, Cura degli infermi, dettaglio di un affresco della Chiesa
di Santa Maria della Scala a Siena. (Fonte: Wikipedia, public domain)

L’affresco raffigura l’infermeria, la sala dell’ospedale in cui i pazienti vengo-


no ricoverati e in cui ricevono le prime cure prima di essere spostati nel luogo
di degenza dietro la cancellata posta al centro dell’affresco dove è possibile in-
dividuare la figura del Rettore, i frati dell’ospedale e, al loro fianco, il chirurgo.

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Pronto soccorso P

Sulla sinistra è rappresentato un assistente che sta distendendo un malato


sulla barella e due medici che si stanno consultando sulle urine, contenute
nella matula, testimoniando le possibilità molto limitate sull’analisi clinica che
i medici avevano a disposizione a quei tempi (Morandi e Cairola 1975).
Al centro, sul lato anteriore sinistro è collocato un giovane seduto su una
panca con una ferita aperta nella parte superiore della coscia; inginocchiato
davanti a lui un frate, intento ad eseguire il lavaggio dei piedi, servizio richiesto
per ragioni igieniche e sanitarie ma anche come atto per emulare il lavaggio dei
piedi di Cristo (Toti 2008). Da dietro, un altro frate copre l’uomo ferito con
un mantello, mentre uno dei chirurghi dell’ospedale si guarda attorno, aspet-
tando con le pinze in mano che questi atti preparatori si concludano per poter
iniziare a suturare la ferita. Sulla destra un monaco ascolta la confessione di un
paziente, mentre due inservienti si muovono attraverso l’infermeria portando
un feretro sulle spalle.
Al di là delle figure nel dipinto, sono i piccoli dettagli che De Bartolo ha in-
cluso a rendere l’affresco una finestra unica sulla quotidianità di questo luogo
di pronto soccorso. Le coperte, le bottiglie, le pantofole, i lavandini, gli asciu-
gamani, i marmi, le pitture, i tessuti e persino il gatto e il cane danno il senso
dell’infermeria a quei tempi. La mescolanza di attività nel dipinto mostra la
doppia natura della missione dell’infermeria: fornire sia la cura del corpo che
quella dell’anima. Emerge inoltre come già all’epoca esisteva una netta diffe-
renziazione fra area medica ed area chirurgica con la gestione delle urgenze.
In particolare, tale distinzione tra area medica e chirurgica si rifletterà
nell’architettura di altre strutture ospedaliere del Quattrocento, come quello
dell’Ospedale Maggiore di Milano, costruito nel 1456 dal Filerete su commis-
sione del Duca Sforza. L’infermeria che sarà l’antesignana dei moderni pronto
soccorso, al contrario dei secoli precedenti, non è più assimilata nei luoghi di
culto, si adatta infatti ai tempi: è la chiesa che viene inglobata nell’ospedale e
non viceversa.
La cura in regime di pronto soccorso per molti secoli non fu tuttavia una
prerogativa esclusiva di chi aveva impiegato la propria vita nello studio e
nell’approfondimento della disciplina medica, né tanto meno delle strutture
ospedaliere.
Nel 1139, il II concilio Laterano condanna la chirurgia esercitata dai mo-
naci-medici perché la morte di un uomo li avrebbe resi incapaci di esercitare
il loro ministero. Papa Alessandro III, nel Concilio di Tours del 1163, definì

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P Alfredo Sguglio

gli interventi chirurgici incompatibili con il sacerdozio. Infine, il IV concilio


Laterano del 1215 proibì definitivamente ai monaci di compiere atti di chirur-
gia compresa l’estrazione dei denti, l’incisione di ascessi e l’asportazione della
cataratta.
Tali prescrizioni consentirono ai barbieri, per anni assistenti dei monaci-me-
dici, di specializzarsi ulteriormente nell’ambito della chirurgia dando vita a
diverse corporazioni sparse in tutt’Europa e a luoghi nuovi di pronto soccorso.

Figura 3. Josef Horemans – Interior with a Surgeon and His Apprentice Attending to a
Patient- (Fonte: Wellcome Collection London, public domain)

La figura 3 ritrae un dipinto ad olio di Josef Horemans, mostra un barbiere


chirurgo, detto anche “cerusico”, nella sua bottega intento a curare una ferita
seguendo le istruzioni di un medico.

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Pronto soccorso P

Le botteghe dei barbieri chirurghi riportavano all’esterno un’asta più o


meno lunga, con un pomo di bronzo all’estremità a fasce rosse e bianche che
simboleggiavano il colore del sangue e il colore delle fasce che venivano usa-
te durante gli interventi. Il cosiddetto palo del barbiere è un’insegna ancora
tutt’oggi visibile all’esterno di molti saloni di bellezza.
Molto diffusa, ad opera dei barbieri, era la sagnatura che consisteva nel sot-
toporre le persone, spesso anche i cavalli, a salasso terapeutico, allo scopo di
eliminare gli umori venosi, contro infiammazioni interne ed esterne, per le
neoplasie e persino per guarire dalla scabbia.
Il barbiere chirurgo opererà in regime di pronto soccorso, anche all’interno
dei bagni pubblici. Questi luoghi, infatti, saranno per secoli pronto soccorso in
particolare per i piccoli interventi di ortodonzia, oltre che luoghi di cura estetica.
Questo doppio lavoro del barbiere è stato ben tollerato dalla medicina
ufficiale come una professione di tutto rispetto. Ad esempio, Michelangelo
Buonarroti, erigendo e decorando Porta Pia, a Roma, su ordinazione di Pio IV
(che era stato studente di medicina a Bologna), volle alludere al barbiere-chi-
rurgo nonno del committente e dispose in rilievo, sul monumento, asciuga-
mani, catino e saponette a riferimento dell’antico mestiere dell’avo.
Per centinaia d’anni operarono diverse corporazioni di barbieri in Italia, in
Francia, in Inghilterra, in Germania. In Inghilterra fino al 1754 le corporazio-
ni dei chirurghi esisteranno in parallelo con quelle dei barbieri. In Germania i
barbieri conservarono il diritto di estrarre i denti fino alla promulgazione della
legge sulla medicina dentale nel 1952.

3. La funzione dei nuovi luoghi di emergenza dall’Ottocento


ai giorni nostri
Nell’Ottocento con lo sviluppo della medicina specialistica e il diverso rap-
porto che la malattia ha con la società, cambia anche la morfologia fisica degli
ospedali. Il modello quadrato come quello a crociera lascerà il posto al modello
a padiglioni, in questo modo le varie funzioni ospedaliere potevano avere più
ambienti di servizio, una migliore areazione e illuminazione.
Anche l’assistenza sanitaria cambia, si passa gradualmente ad una medicina
laica, in cui si ha una gerarchizzazione delle malattie e dei medici e la malattia
ha una causa oggettiva. La gerarchizzazione delle malattie fa nascere l’esigenza

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P Alfredo Sguglio

di spazi di ricovero suddivisi. Si raggruppano i pazienti in categorie omogenee;


si usano stanze separate per l’isolamento e nascono sale operatorie dedicate agli
interventi chirurgici fino ad allora eseguite nelle corsie.
Lo sviluppo tecnologico e le conoscenze scientifiche acquisite fin dalla metà
dell’Ottocento furono supportate dall’invenzione di nuove strumentazioni,
da subito introdotte nella diagnostica come lo stetoscopio, il progenitore del
moderno fonendoscopio e la scoperta dei Raggi X, novità che a fine secolo
rivoluzionò la medicina.
In questo rinnovato contesto socio-tecnico, nella seconda metà dell’Otto-
cento in tutta Europa si diffondono diversi servizi di pronto soccorso.
Milano, ad esempio, in quegli anni era dotata di varie strutture di pronto soc-
corso gratuito che operavano sul territorio al servizio dei poveri e dei bisognosi:
la Guardia medico chirurgica notturna (1876), la Poliambulanza delle specialità
medico-chirurgiche (1882) nota come Poliambulanza di Milano (una sorta di
associazione di medici con pluralità di specializzazione), la Guardia medico-chi-
rurgica diurna (1886), la Guardia ostetrica (1887) l’Associazione per l’assistenza
medica negli infortuni del lavoro (1898) (Franchini 2019).
Nel 1905 viene pubblicata sulla rivista medica inglese The Lancet un artico-
lo che descrive la nascita di luoghi nuovi di pronto soccorso (Sanitätswache e
Unfallstationen) nella città di Berlino. L’articolo mette in luce, nello specifico,
i limiti dell’affidamento ai privati della gestione dei servizi di emergenza ur-
genza, in termini gestionali, di preparazione medica e di accesso ai servizi che
si mostrava essere discriminatorio nei confronti delle fasce sociali più deboli.
Nel 1911 all’ospedale di Louisville in USA si ha testimonianza del primo
servizio di primo soccorso, designato alla cura di pazienti con ferite e fratture. In
realtà più che un luogo di pronto soccorso si tratta di reparti infortuni che ca-
ratterizzeranno il sistema di pronto soccorso anglo-americano fino agli anni ’60.
Nel ‘900 furono i due conflitti mondiali ad incentivare un avanzamento
delle conoscenze nel sistema di pronto soccorso. Durante i conflitti, infatti,
furono introdotte e sviluppate nuove tecniche logistiche e nuove procedure di
emergenza-urgenza, molte delle quali ancora in uso negli ospedali da campo e
nelle strutture di Emergency nei territori di guerra. La necessità di curare molte
persone in un periodo di tempo ridotto costrinse i medici ad affrontare nuove
sfide e a sviluppare metodi innovativi per facilitare il proprio lavoro. Le inno-
vazioni riguardarono le prime cure sul campo, l’organizzazione dell’assistenza
e i tempi di trasporto con l’introduzione dei trasporti aerei.

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Pronto soccorso P

La guerra spinse inoltre a migliorare i sistemi di pronto soccorso anche nelle


strutture ospedaliere. In Italia con il Regio Decreto n.254 del 25/10/1938,
divenne obbligatoria l’istituzione dei pronto soccorso negli ospedali delle città
con una popolazione superiore ai 200.000 abitanti.
Dopo la guerra e fino agli anni ‘60 il pronto soccorso era tuttavia ben lungi
dall’essere un luogo attrezzato. Si presentava infatti in tutti i Paesi poco più di
una sala di medicazione, un piccolo ambulatorio e l’urgenza medica disponeva
di pochi strumenti terapeutici.

Figura 4. Fotografia del PS di Montevarchi (Arezzo), primi anni ’60


(Fonte: Rosselli, Serrani e Sergi, 2006)

Con il DPR 128/1969, in Italia il pronto soccorso divenne la principale


struttura d’accesso ai servizi ospedalieri e si trasformò in un servizio continuo
h24. Tuttavia il servizio nella maggior parte delle strutture non era gestito nel
migliore dei modi, anche nei nascenti nosocomi in sud Italia.
Sempre negli anni ’60 negli Stati Uniti nasce il modello organizzativo a
box, tutt’ora ampiamente diffuso, in cui il paziente, preso in carico, è collo-

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P Alfredo Sguglio

cato in un’area dedicata nella quale si eseguono tutte le attività: visita, attesa
degli esami diagnostici, trattamento terapeutico e dimissioni (Rosselli, Serrani
e Sergi 2006). Negli anni ’70 la medicina d’urgenza incomincia a divenire una
professione sempre più diffusa, anche se fino agli anni ’90 il pronto soccorso,
in particolare in Italia, opererà con la rotazione del personale medico degli
altri reparti. Gli Stati Uniti furono il primo paese a riconoscere formalmente
la medicina d’urgenza come disciplina a sé stante. In Italia la disciplina di me-
dicina e chirurgia di urgenza e accettazione sarà istituita nel 1997; in quegli
anni anche la maggior parte dei Paesi Arabi riconoscerà la medicina di urgenza
come disciplina uniformandosi ai modelli americani. Nel Regno Unito, que-
sto riconoscimento è avvenuto solo 2005, con l’istituzione del Royal College of
Emergency Medicine.

Figura 5. Parkland Memorial Hospital, Dallas, 1960, Trauma Room #1 dove venne
portato il Presidente Kennedy dopo l’attentato, UT Southwestern
(Fonte: Parkland Hospital Collection)

Agli inizi del secolo, il modello di pronto soccorso più diffuso a livello in-
ternazionale è quello delle ER Emergency Room sviluppato negli degli Stati

230
Pronto soccorso P

Uniti. Nell’immaginario collettivo questi luoghi ci riconducono alla famo-


sa serie televisiva ER Medici in Prima Linea ambientata nel County General
Hospital di Chicago, uno dei Medical Drama più longevi della Tv, che ha
portato alla luce, per la prima volta il retroscena nei luoghi di pronto soccorso,
valorizzando il lato umano del personale sanitario. In particolare negli Stati
Uniti il pronto soccorso è attualmente l’unico tipo di struttura medica in cui
i pazienti hanno diritto a ricevere cure, a prescindere dal fatto che abbiano o
meno un’assicurazione sanitaria.
Nel 2015 come negli Stati Uniti anche in Italia viene istituito il Sistema
Emergenza-Urgenza e il luogo del pronto soccorso sarà parte di un modello
organizzativo più complesso che stabilisce connessioni attraverso le centrali
Operative 118, la rete territoriale di soccorso e la rete ospedaliera.
La rete ospedaliera di emergenza sarà costituita da strutture con diverse com-
plessità assistenziali che si relazionano tra di loro secondo il modello di Spoke
e Hub. La struttura ospedaliera sede di DEA (Dipartimento di Emergenza
Urgenza e Accettazione) di I livello (Spoke) esegue tutti gli interventi previsti
per l’ospedale sede di Pronto soccorso e svolge funzioni di accettazione in
emergenza urgenza per patologie di maggiore complessità, di osservazione bre-
ve intensiva e di medicina di urgenza e, ove necessario, trasferisce in continuità
di assistenza al DEA di II Livello (Hub), superiore per livello di cura. È di logi-
ca comprensione come l’integrazione ed i rapporti fra le varie strutture facenti
parte del sistema richieda una architettura di collegamenti logistici che viene
garantita dal servizio di ambulanze ed altri mezzi (auto sanitarie – elicotteri –
altri mezzi) in carico e gestione a cura delle centrali operative 118.

4. Analisi dei casi


Il Pronto Soccorso è oggi un’entità strutturale eterogena, in continua evolu-
zione, con caratteristiche morfologiche e logistiche che si devono adattare alle
esigenze sanitarie di ogni singola situazione storica e contingenziale. Questa
caratteristica è emersa in particolare nel 2020 quando tutti i pronto soccor-
so del mondo hanno dovuto far fronte all’emergenza sanitaria Covid-19. In
questo caso alcune esperienze hanno dimostrato che disponibilità di risorse,
efficienza dei processi decisionali, degli obiettivi e delle responsabilità risultano
essere fattori essenziali per fronteggiare i momenti di crisi sanitarie. Altre espe-

231
P Alfredo Sguglio

rienze, invece, operando già in un contesto sanitario critico sia da un punto di


vista strutturale, sia della disponibilità delle risorse, mostrano un elevato grado
di adattamento e di resilienza che si sono dimostrati fattori determinati per ri-
spondere alla crisi. Tali differenze sono emerse analizzando alcuni casi specifici
in Italia e con l’analisi approfondita dei casi dei pronto soccorso di Parma e di
Paola-Cetraro.

4.1. Il caso di Parma


La strategia di contrasto all’emergenza coronavirus è stata una sfida a cui il
pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore di Parma ha risposto in maniera ec-
cellente, grazie all’ottimo lavoro del personale sanitario, ad una struttura fisica
moderna ed efficiente, a strumenti di coordinamento delle relazioni con gli
altri attori del sistema e da un management ben organizzato.
Questo luogo, inaugurato a febbraio 2010, è una delle strutture più moder-
ne e all’avanguardia di pronto soccorso a livello internazionale. La struttura, di
forma ovale, permette una migliore organizzazione delle aree funzionali ester-
ne ed interne nelle quali sono erogati i diversi livelli di assistenza. Ciascuna
di esse si contraddistingue per omogeneità clinica, assistenziale e funzionalità
gestionale. Tutti gli spazi sono inoltre interpretati nella stessa misura partecipi
del processo di accoglienza dell’utenza perché non esiste alcuna distinzione tra
spazi primari e secondari. L’accettazione è gestita dal personale infermieristico
che accoglie i pazienti valutandone il quadro clinico, assegnandogli un codice
di priorità di accesso agli ambulatori suddiviso per quattro colori (dal rosso
paziente molto critico, al bianco paziente non critico) a cui se ne è aggiunto
un quinto in occasione dell’emergenza Covid-19.
Lo spazio dedicato al trattamento dei pazienti si apre su un open space, con
box dedicati per ogni utente. L’area medico-operativa è infatti organizzata in
un nucleo centrale di 26 postazioni di assistenza: 18 per codici di media gravi-
tà (verdi e gialli, di cui 2 isolati), otto postazioni per gli accessi gravi a elevata
intensità (4 per codici rossi e 4 shock room, di cui una allestita con dotazione
pediatrica). Lo spazio di accettazione e di attesa è costituito da un ampio spa-
zio unico suddiviso in un’area attesa parenti e pazienti a bassa intensità clinica
dotata di pannelli informativi che indicano i tempi di attesa in base alla tipo-
logia di codice.

232
Pronto soccorso P

Tale morfologia fisica del pronto soccorso non è legata alla sola logica fun-
zionale, in realtà ci pone difronte ad un rinnovato rapporto tra spazi, utenza
e personale sanitario. Questo luogo possiede caratteristiche architettoniche e
ambientali (dalla forma degli spazi, agli arredi, ai colori, ai materiali, alle vi-
ste e all’illuminazione) che rispondono alle esigenze di benessere dell’utente.
Quest’ultimo è inteso come portatore di una patologia ma anche come per-
sona con esigenze fisiche, funzionali e psico-emotive che coinvolgono diret-
tamente il rapporto con lo spazio fisico e relazionale (linguaggio, strumenti e
modalità di scambio comunicativo).
L’attenzione verso tutti questi ambiti ci pone dinanzi alla transizione da un
approccio biomedicale, secondo cui curare la malattia voleva dire trattare l’or-
gano malato, ad un approccio bio-psico-sociale che pone maggiore attenzione
all’ambiente psico-fisico e relazionale dell’utenza.
Tale processo di umanizzazione (Frampton e Guastello 2006) del luogo è
rivolto a ridurre le condizioni e le situazioni di stress attraverso l’innalzamento
della qualità ambientale percepita dagli utenti e dal personale sanitario e si
riflette in evidenti risposte positive sui pazienti – in termini di miglioramento
degli esiti clinici della malattia e delle condizioni di sicurezza – quanto sul
personale – in termini di potenziamento delle performance – e sull’efficacia e
qualità della cura.
Risposte positive emerse anche durante la crisi sanitaria Covid-19. Già dai
primi giorni dell’emergenza la struttura avviò l’implementazione di nuovi po-
sti letto: dai 61 posti letto totali, in terapia intensiva, si è passati in una sola
settimana a 308, convertendo altri reparti. Il proficuo sodalizio tra ospedale,
Ausl e strutture private convenzionate ha consentito di integrare inoltre la ge-
stione dell’emergenza con le attività svolte sul territorio dai medici di medicina
generale e dal dipartimento di sanità pubblica, facendo sì che negli ospedali
della provincia le cure ordinarie non si arrestassero e non venissero trascurate.
Così come a Parma in tante realtà italiane i pronto soccorso hanno risposto
in maniera eccellente alla crisi. Logicamente nelle strutture più moderne da
punto di vista socio-strutturale tale processo è stato avvantaggiato.

4.2. Il caso di Paola-Cetraro


A differenza di Parma, il sistema di pronto soccorso di Paola-Cetraro è un
luogo a servizio del sistema emergenza-urgenza di tutta l’intera fascia costiera

233
P Alfredo Sguglio

tirrenica della Provincia di Cosenza, con 27000 accessi all’anno, molti dei
quali concentrati nei mesi di luglio e agosto. L’Unità Operativa è organizzata
in due strutture di pronto soccorso, collocate rispettivamente nei comuni di
Paola e di Cetraro con un’unica arteria di collegamento, la Statale 18, molto
trafficata in particolare nella stagione estiva.
In questa regione, la Calabria, la sanità, commissariata dal 2010, è stata pe-
nalizzata da anni di mala gestione i cui risultati sono purtroppo evidenti: ospe-
dali fatiscenti, realizzazione di nuove strutture mai rese operative, chiusura di
ospedali di eccellenza, carenza di personale, reparti abbandonati, prenotazioni
in tilt, migrazione sanitaria, attrezzature obsolete, strutture di pronto soccorso
al collasso e un debito pubblico pari a 187,5 milioni di euro.
Con la crisi sanitaria da Covid-19 a queste criticità si sono aggiunte nuo-
ve e preoccupanti questioni che hanno contribuito al crollo dell’intero si-
stema sanitario regionale, lasciando nelle sole mani del personale che opera
in prima linea, in particolare in quello di pronto soccorso, la totale gestione
dell’emergenza.
Nonostante tutto, il sistema di pronto soccorso di Paola-Cetraro è riuscito
a fornire soluzioni adeguate alla gestione dell’emergenza, dimostrando un ele-
vato grado di flessibilità e resilienza.
Caratteristiche che il personale di queste strutture sanitarie ha maturato nel
tempo perché costretto ad operare di frequente in situazioni di crisi per la ca-
renza di personale e soprattutto all’interno di strutture dalla morfologia fisica
complessa e poco rispondente ai requisiti architettonici moderni.
Di fronte all’immobilismo dell’Azienda Sanitaria, il personale sanitario ha
modificato in maniera autonoma questi luoghi migliorandone le condizioni di
comfort e benessere non solo per il personale interno ma anche per l’utenza.
Un processo di umanizzazione degli spazi che si è realizzato dal basso sulla base
dell’esperienza diretta sul campo.
Il primo percorso Covid-19 è stato realizzato con lo stesso modello di au-
torganizzazione e grazie al rapporto sinergico con istituzioni locali e aziende
del territorio. Durante la crisi sanitaria il pronto soccorso è divenuto infatti
spazio sociale in cui gli attori hanno riconosciuto comuni intenti, da cui si sono
mossi collettivamente sulla base di progetti e programmi che sono riusciti a
comunicarsi, a discutere assieme, ad affinare e a condurre in direzione del bene
comune.

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Pronto soccorso P

La necessità di avere un’area dedicata al pre-triage COVID 19 è stata col-


mata dall’implementazione della tenda Covid fornita dalla protezione civile; lo
spazio dedicato alla vestizione del personale di guardia in tenda è stato fornito
dall’amministrazione comunale con l’istallazione di casette prefabbricate; la
carenza dispostivi protettivi come guanti, mascherine e occhiali è stata colmata
grazie al contributo di diverse aziende private che hanno inviato un numero di
dispositivi ben al di là delle reali necessità del pronto soccorso.
Tale dialogo personale tra medici e società civile ha portato, inoltre, alla
nascita nel 2021 di un’area pre-triage all’interno di un container, fornito dal
Municipio di Paola, appositamente attrezzato e contiguo ai locali del Pronto
Soccorso che offre maggiori garanzie di sicurezza e funzionalità, permettendo
anche di affrontare meglio le avversità climatiche ed ambientali. Parimenti
le Associazioni di Volontariato e ONLUS, molte vicine alla Chiesa, hanno
collaborato e collaborano fattivamente con le strutture di Pronto Soccorso sia
nel trasporto dei Pazienti (ambulanze – automediche e quant’altro) sia nel-
la assistenza volontaria in supporto a quella garantita dall’Azienda sanitaria.
Nello specifico la collaborazione con organismi esterni ma complementari
alla gestione della Sanità si è rivelata una risorsa importante nella gestione
dell’emergenza.
Oggi l’entrata al pronto soccorso prevede anche per il PS di Paola-Cetraro
un triage, in cui vengono assegnati i codici colore e i relativi braccialetti ai
pazienti da parte del personale infermieristico.
L’attesa dei pazienti può variare dall’accesso immediato del codice rosso ai
240 minuti del codice bianco. L’utente, dopo aver ricevuto uno tra i codici az-
zurro, verde o bianco, che sottintendono una lunga attesa, attende la visita in
un’area interna al pronto soccorso dove viene monitorato periodicamente. Al
contrario, per i pazienti identificati con un codice rosso o arancione esistono
delle stanze in cui avvengono tutte le procedure di emergenza urgenza. La ri-
definizione di questi luoghi, degli strumenti di coordinamento, delle relazioni
con gli altri attori del sistema, e dei sistemi di misurazione delle performance
sono tutti elementi definiti dal basso da un primario della struttura e da uno
staff sanitario d’eccellenza.

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