Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
L’epistolario di Cicerone: l’uomo pubblico e privato nella Roma del I secolo a.C.
PREREQUISITI
∙ Conoscenza della morfologia di base e delle strutture fondamentali della
lingua latina
∙ Capacità di comprensione e rielaborazione in italiano di un testo latino
∙ Capacità di sistemazione e trasformazione delle strutture fondamentali della
lingua latina
∙ Conoscenza a grandi linee del periodo storico del I secolo a.C.
OBIETTIVI GENERALI
OBIETTIVI SPECIFICI
Gli alunni devono dimostrare di :
∙ Riconoscere, ricordare, saper reimpiegare nel testo proposto(Cicerone Ad
Quimtum fratrem II,3, paragrafi 2 e 3), lessico, forme, strutture incontrate via
via in situazione ( riferimento alle ipotetiche unità didattiche di tipo linguistico
precedenti a questa)
∙ Essere in grado di comprendere già alla lettura la maggior parte del testo o
del vocabolario ridotto al minimo grazie alla spiegazione dei termini fornita
dall’insegnante nelle fotocopie e grazie ai vocaboli già memorizzati nei contesti
concreti delle altre ipotetiche traduzioni in percorsi linguistici precedenti a
questo.
∙ Essere in grado di capire la situazione descritta nel testo stimolati alla
⮚ Ad Atticum I, 13
⮚ Ad Atticum I, 18
⮚ Ad familiares XIV, 4
⮚ Ad Atticum IV, 3
⮚ Ad familiares XVI, 14
⮚ Ad familiares XIV, 5
⮚ Ad familiares XIV, 18
⮚ Ad familiares IV, 6
⮚ Ad familiares XI, 5
⮚ Ad familiares XII, 10
MODALITA’ DI LEZIONE
Percorso I
Percorso III
Antefatto
Publio Clodio, appartenente alla gens patrizia dei Claudii, è dal 61 a. C. in poi
uno degli elementi più accesi nella lotta fra opposte fazioni che porterà alla guerra
civile fra Cesare e Pompeo e alla fine della repubblica.
Passato alla plebe aveva così potuto ottenere il tribunato della plebe nel 58 e
aveva subito presentato una proposta di legge che comminava l’esilio e la confisca
dei beni a chiunque mandasse o avesse mandato a morte ( dunque con valore
retroattivo ) un cittadino romano senza regolare processo.
Era una legge ad personam che mirava cioè a eliminare un avversario politico
di Clodio, Cicerone, dalla vita politica, in quanto responsabile, come console nel
63, dell’esecuzione mediante giudizio sommario dei complici di Catilina.
Cicerone, sentendosi in quel momento isolato e senza protezione politica lasciò
Roma nella notte del 19 Marzo 58, qualche ora prima che la legge venisse
approvata dai comizi tributi.
Ma nel 57, l’anno dopo, i rapporti di forza mutarono a danno di Clodio e così
l’oligarchia e Pompeo poterono far approvare una legge nei comizi centuriati che
consentiva a Cicerone il rientro a Roma.
In questa nuova fase della lotta incontriamo un altro singolare personaggio,
anche lui una specie di avventuriero spericolato e violento, Tito Annio Milone,
plebeo che, divenuto tribuno della plebe proprio nel 57, era stato tra i più tenaci
sostenitori del rimpatrio di Cicerone.
Milone, per contrastare le bande organizzate da Clodio che spesso
intervenivano per aggredire e disperdere gli oppositori ( e spesso ci scappava il
morto ), organizzò a sua volta bande armate di gladiatori per affrontare Clodio sul
suo stesso terreno.
Così la lotta politica si trasferiva nelle piazze e nel foro paralizzando spesso
l’attività del senato, dei tribunali, dei comizi.
Questa sorta di guerriglia urbana rendeva incandescente il clima politico della
città di Roma intessuto di motivi personali e complicato da contrasti di interesse.
Del clima è testimone questa lettera di Cicerone al fratello Quinto.
In essa Cicerone fa un resoconto di quanto è successo a Roma dal 1° al 12
Febbraio del 56 a. C. fermandosi specialmente a commentare i tumulti avvenuti il
7 nel foro e le discussioni che essi provocarono in Senato.
Al disegno di Cicerone di vedere realizzato in Pompeo il suo ideale politico di
concordia ordinum (concordia tra l’ordo dei senatori e quello equestre) si
opponevano sia Clodio che Licinio Crasso (nominato nella lettera) uomo
ricchissimo, legato agli ambienti finanziari del ceto dei cavalieri e politicamente
ambizioso, sia altri oligarchici (anch’essi nominati nella lettera) come Bibulo,
Curione, Favonio, Servilio.
I fatti specifici che danno origine ai disordini e alle discussioni del senato sono
i seguenti :
Clodio aveva intentato a Milone, difeso da Pompeo, un processo con l’accusa di
violenza (de vi), processo che si svolgeva secondo la procedura detta iudicium
populi. In base ad esso l’accusato (Milone) doveva comparire tre volte davanti
all’assemblea del popolo radunato nel foro (contio), in tre giorni distinti per
l’interrogatorio suo e dei testimoni; in una quarta adunanza si pronunciava la
sentenza.
Nel caso specifico di questo processo contro Milone la prima di queste udienze
pubbliche era avvenuta il 2 Febbraio e si era svolta senza incidenti.
Per la seconda, quella narrata e descritta nel testo, il 7 Febbraio, Clodio ha
fatto meglio i suoi preparativi…………
Dopo la lettura ripetuta più volte del testo si presentano agli alunni i seguenti
supporti per la comprensione globale del brano in fotocopia :
∙ E il sentimento generale?
Milo adfuit R
Dixit Pompeius R
Sive voluit R
Ut surrexit D
Operae Clodianae clamorem sustulerunt R
Ei perpetua oratione contigit R
Ut acclamatione impediretur D
Qui ut peroravit D
(in eo sane fortis fuit R
non est deterritus R
dixit omnia R
atque interdum cum auctoritate peregerat) R
sed ut peroravit D
surrexit Clodius R
Ablativo
1) Raccogli tutti gli ablativi del brano distinguendoli per parti del discorso e per
declinazione.
Es. perpetua : agg. I classe
oratione : nome III declinazione
Dallo studio storico-comparativo del latino e delle altre lingue della famiglia
indoeuropea si sa che l’ablativo latino ha tanti valori semantici perché esso
risulta dalla fusione di tre casi più antichi:
a) il caso del “con chi”, “con che cosa” (caso strumentale)
Genitivo
2) Confronta :
operae fugiunt fuga operarum ( par. 2 r. 19 )
malevoli silent silentium malevolorum ( par. 3 r. 8-9 )
Pronomi
b) Che differenza c’è tra il quem della r. 12 del par. 2 e il quem della r. 11 del
par. 3?
c) Scrivi tutte le forme del nom. sing.
- del pronome relativo
- dell’aggettivo interrogativo
Osserva :
frase?
- Ricordi come lo si può chiamare?
Aggettivi
- rex potens
- mulier sapiens
Frasi dipendenti
- il valore semantico
b) Conseguenza
c) Scopo
dipendente?
- Indica il valore semantico dei seguenti congiuntivi :
▪ Par. 2 r. 14 necaret
▪ Par. 3 r. 12 interemisset
Par. 2 r. 13 esset
r. 15 cuperet
r. 15 vellent
- Si tratta di interrogative totali o parziali?
Par. 2 r. 19 moverent
r. 22-25 tacerem…aut offenderem
par. 3 r. 2 adesset
- Le frasi esprimono :
□ condizione
□ causa
□ scopo
□ conseguenza
- segna nella casella che ritieni quella giusta e controlla come hai tradotto.
- prova a rendere ut moverent in altri modi in latino mantenendo il suo valore
semantico.
5. Dipendenti all’infinito.
6. Osservazioni
Par.2 riga 23 defendendo; par.3 riga 10 custodiendam
Si tratta di :
a) gerundivo come attributo dominante che va tradotto invertendo il rapporto
nucleo-espansione?
b) gerundivo come nome del predicato (perifrastica passiva)?
c) gerundivo come semplice attributo?
- Controlla la tua traduzione e segna con la lettera a, b, o c :
□
parola segnale?
Questo tipo di ablativo, come del resto anche gli altri col participio, deriva dalle
varie funzioni dell’ablativo normale (causa, tempo, etc.); perciò in espressioni
come questa non è sottinteso il participio del verbo sum (che del resto in latino
non è mai usato), anche se talvolta esso si può aggiungere nella traduzione
italiana.
Anche questo è un ablativo assoluto. Tale forma di ablativo assoluto indica
sempre contemporaneità.
- Ricordi come si chiama questo infinito che serve a dare forma più vivace e
drammatica all’espressione?
L’epistolario è documento
Storico Autobiografico
In esso troviamo le vicende di Roma Sono lettere scritte senza
nel periodo tra il 68 e il 43 a.C., con preoccupazione letteraria. Riflesso
in luce gli avvenimenti che ruotano dell’animo di Cicerone, delle sue
attorno alle figure di Pompeo e ansie, paure, gioie, sofferenze, idee
Cesare politiche
ANTOLOGIA DI LETTERE (delle quali sono stati presi i passi più significativi)
(Le premesse sono state elaborate personalmente cercando di contestualizzare le lettere)
Ad Attico 1
Ho già ricevuto da te tre lettere: una portatami da Mario Cornelio a cui devi averla consegnata alle
Tre Taverne2 , l’altra l’ebbi dal tuo ospite di Canusio, la terza, che, come scrivi, hai data al corriere
dalla navicella, levata l’ancora. Tutte e tre sparse dell’arguzia propria di uno spirito colto e bello per
i segni del tuo affetto.
Sono così obbligato a risponderti, ma forse non mi potrai leggere subito perché non trovo un
corriere fidato. Quanti corrieri infatti ci sono che sappiano portare una lettera di qualche peso senza
alleggerirla rubandone con gli occhi il contenuto? A ciò si aggiunga che non so mai dove tu sia
quando ne parte uno per l’Epiro. Così non oso affidare lettere un po’ più ampie ad uomini
dell’Epiro. Dunque, dopo che mi hai lasciato, sono accadute cose che meriterebbero sì una lettera,
ma non poi da esporsi al pericolo di andare perdute o di essere fiutate o intercettate…
Credo che tu abbia saputo che un uomo travestito da donna (Clodio) si è introdotto in casa di Cesare
mentre si faceva un sacrificio…Ed ecco un senato consulto con cui si deferisce la faccenda ai
pontefici che la dichiarano sacrilegio… Ma Pisone3 spinto dalla sua amicizia per Clodio cerca in
tutti i modi che la mozione che egli stesso ha presentato per il senato consulto e in materia di
religione sia respinta. Messalla4 sostiene che si debba agire con energia. Ma le preghiere di Clodio
allontanano tutti i buoni. Si raccolgono già bande armate ed io stesso mi vado intiepidendo ogni
giorno di più…
Ad Attico
Sappi che nulla oggi tanto mi manca quanto un amico a cui poter confidare tutto quello che mi
tormenta, un amico che mi ami, che mi sappia ascoltare, col quale io possa parlare senza alcuna
finzione, senza dissimulazioni, senza nulla nascondere…
Tu che molto spesso con le tue parole, col tuo consiglio, mi confortavi quand’ero preoccupato e
addolorato, tu, mio alleato nelle cose pubbliche, conoscitore delle lotte del mio spirito, dove sei?
Sono stato messo così in disparte da tutti che trovo solo un po’ di pace nei momenti che passo a
fianco di mia moglie, della mia figlioletta e del mio dolce e piccolo Cicerone…
Ti aspetto, ti desidero, ti invoco anche; ci sono molte cose che mi affannano e mi angosciano, e mi
sembra che una volta che ti avessi qui ad ascoltarmi potrei buttarle tutte fuori nelle chiacchiere di
una sola passeggiata. Ma non ti dirò nulla di tutte le spine, di tutti gli scrupoli che mi danno le
preoccupazioni della famiglia e non le voglio affidare a questa lettera e a un corriere ignoto…
A Terenzia
Vi scrivo il meno che posso perché se tutte le ore della mia vita sono piene di miseria, specialmente
poi quando vi scrivo o leggo le vostre lettere, gli occhi mi si riempiono di lacrime e non mi è più
possibile andare avanti…
Ma se questi mali sono irrimediabili, io vorrei al più presto, vita mia, rivederti e morire tra le tue
braccia quando gli dei che tu pregavi così piamente, né gli uomini ai quali mi sono dedicato, non ci
sono stati per nulla grati.
A Brindisi mi sono fermato tredici giorni in casa di Marco Lenio Flacco, ottimo uomo, che per
salvarmi non ha temuto di arrischiare le sue sostanze e la sua testa né fu distolto dai suoi doveri di
ospite e di amico dalle pene di una legge odiosissima1 . Lasciata Brindisi il 29 aprile mi dirigo ora a
Cizico attraverso la Macedonia. Ma quanto sono infelice! E dovrei io pregarti che tu mi raggiunga,
o moglie mia, tu malata, tu sfinita nel corpo e nell’anima? E allora dovrò stare senza di te? Penso
che farò così; se c’è qualche speranza di tornare, fammela più salda e aiutami, ma, come temo, se
non c’è più rimedio, fai tutto il possibile per raggiungermi. Sappi soltanto questo: se ti avrò con me,
non mi sembrerà di essere l’uomo finito che sono.
Ma che sarà della mia Tulliola? Pensa tu a lei! Io non so più dar consigli. E il mio piccolo che fa?
Ma lui voglio averlo al mio fianco, fra le mie braccia! Non posso più scrivere, le lacrime me lo
impediscono. E di te? Non so che cosa possa esserti accaduto: hai ancora qualcosa, o, come temo, ti
hanno preso tutto?…Tu mi esorti che mi faccia coraggio e non disperi di tornare in patria, ed io
vorrei poter sperare. Ed ora, me disgraziato, quando potrò ricevere una lettera? Chi me la
porterà?…Ti rimando il fedele Clodio Filetero 2 perché si è ammalato d’occhi. Sallustio vince tutti
in zelo. Pescennio ci vuol molto bene e spero che ci sarà devoto. Sicca3 diceva di voler venire con
me, ma poi restò a Brindisi. Quanto più puoi cerca di star bene e pensa che io mi affliggo più per le
tue che per le mie miserie.
Addio mia Terenzia fedelissima e ottima moglie, e tu carissima figlia, e tu, unica speranza nostra,
Cicerone.
1.Quella di Clodio che comminava la pena di morte a chi avesse aiutato uno colpito dalla pena dell’esilio
2.Un liberto, come gli altri nominati dopo
3.L’amico che l’aveva ospitato a Brindisi
1.Presso la casa di Cicerone. Nella sua furia Clodio l’aveva fatta abbattere e tentava ora di impedirne la ricostruzione
decretata dal Senato
2.Intentatogli da Milone con un’accusa de vi
3.Uno dei tanti violenti delle fazioni dell’ultima Roma repubblicana
Ad Familiares XVI,14 dal Cumano,11 Aprile 53
( Nella primavera del 53 Cicerone, accompagnato dal fedele schiavo-segretario Tirone, è in viaggio
per la Campania, dove intende incontrare Pompeo. Attraversando le paludi Pontine Tirone si
ammala ( forse di malaria) ed è costretto a fermarsi in una villa. Cicerone, che ha urgenza di
proseguire il viaggio, lo lascia a malincuore e, preoccupato, scrive, riceve, risponde, tramite servi
fedeli: Andrico e Acasto.)
A Tirone 1
Andrico2 è arrivato il giorno dopo quello in cui l’aspettavo e così passai una notte piena di spavento
e di angoscia. Io manco dei piaceri dello studio e non ne potrò più trovare prima che tu torni. Si
prometta al medico tutto l’onorario che chiede: l’ho già scritto ad Unnio.3
Sento che ti lasci abbattere e che il medico dice che in questo sta il tuo male. Se mi ami, sveglia in
te la passione per gli studi e quella tua cultura che mi ti fa carissimo. Ora bisogna che tu stia bene di
spirito, se vuoi star meglio fisicamente. E ti chiedo che questo tu faccia per te e per me. Trattieni
Acasto per esser servito meglio, conservati al mio affetto: s’avvicina il giorno della promessa della
libertà, che io anticiperò se arriverai. E ancora una volta stammi bene. Il giorno 11 ora sesta.
A Terenzia
Se tu e Tullia, la nostra luce, state bene, io e il mio dilettissimo figliolo stiamo bene. Il giorno 14 di
ottobre siamo arrivati ad Atene1 , dopo aver avuto venti contrari e perciò una navigazione lenta e
penosa. Al nostro sbarco troviamo Acasto con la tua lettera dopo venti e un giorno di viaggio:
davvero ha fatto in fretta…E non mi son stupito della brevità di questa che mi ha portato Acasto,
poichè tu aspetti, meglio ci aspetti. Anche noi desideriamo impazientemente di rivedervi,
quantunque io capisca in quale repubblica torniamo. Infatti dalla lettera di molti amici e persino da
quel che mi dice Acasto, intendo che andiamo verso la guerra 2. Quando sarò tornato non potrò più
nascondere i miei sentimenti; ma poiché bisogna pur correr dei rischi, così cerchiamo di venire più
in fretta che si può, per poter decidere più facilmente di tutti gli ostacoli. E purchè tu lo possa fare
senza stancarti troppo, vorrei che tu mi venissi incontro più avanti che puoi…
Noi, se gli Dei ci aiuteranno, contiamo di essere in Italia circa alle Idi di novembre. E così, o mia
carissima e desideratissima Terenzia, e voi se ci amate, abbiate cura della vostra salute. Addio.
A Terenzia e a Tullia
Anime mie, credo che tocchi a voi riflettere molto attentamente che cosa dobbiate fare: se vi
convenga restare a Roma o venire con me in luogo sicuro.1 Tutto ciò non solo riguarda me, ma
anche voi. Io ragiono così: in Roma voi potreste essere sicure per mezzo di Dolabella2 e questi
potrebbe esserci d’aiuto se cominciassero violenze e rapine. D’altra parte m’impensierisce il fatto
che tutti i galantuomini lasciano Roma portando con sé le loro donne. Ora in questo posto dove mi
trovo3 ci sono non solo città nostre, ma abbiamo anche le nostre terre, di modo che voi potreste
essermi vicinissime, e allontanandovi, star sempre bene e in casa nostra. Ma francamente non so
quale delle due cose sia la migliore: vedete voi quello che fanno le donne della vostra condizione e,
se credete opportuno uscire, badate di non indugiar troppo. Io vorrei che su ciò si riflettesse
seriamente tra voi e gli amici. Dite a Filotimo4 di fortificare la casa e di radunar gente. E vorrei che
cercaste corrieri sicuri, in modo da ricevere ogni giorno vostre lettere. Ma cercate soprattutto di star
bene se volete che noi stiamo bene.
A Servio Sulpicio
Io, sì, avrei voluto, Servio, che tu, come mi scrivi, mi fossi stato vicino nel mio grandissimo lutto; e
quanto con la tua presenza mi avresti potuto giovare e consolandomi e unendoti a me nel mio
dolore, facilmente comprendo dal fatto che la lettera del tuo scritto mi ha dato un po’ di
sollievo…Ma non soltanto mi consolano le tue parole e l’essermi, per così dire, compagno nel
dolore, ma anche la tua autorità: poiché giudico vergognoso saper così poco sopportare il mio caso,
come tu, provvisto di tanta saggezza, vorresti. Ma talvolta devo dichiararmi vinto, male resistendo
al dolore, perché mi mancano quei diversivi che a tutti gli altri in simili circostanze non sono
mancati…Lucio Paolo2 che due ne perdette in sette giorni… e Marco Catone3 a cui morì un figlio di
grande ingegno e di grande virtù: ebbene costoro vissero in tempi in cui il loro pianto poteva essere
consolato dalla stessa dignità che loro veniva dagli uffici occupati nella Repubblica. A me, invece
perduti tutti quegli onori, a cui tu anche accenni nella lettera e che coi più grandi sforzi mi ero
guadagnato, a me restava questo solo conforto…Una volta quando tornavo a casa esacerbato per la
contrarietà del governo, qui tutto mi sollevava; ora che la mia casa è la casa del pianto, non posso
più rifugiarmi nelle cure del governo, per aver pace nelle sue fortune. Pertanto non ho più casa, non
ho più Foro, perché la casa più non mi può consolare del dolore che mi viene dalla repubblica né
questa del dolore che mi nasce in casa…
A Decimo Bruto
… Questo in breve mi sembra di doverti dire: farti cioè sapere che il popolo romano tutto aspetta da
te, pone in te ogni speranza di recuperare una buona volta la libertà… Questo è il tuo dovere…
questo da te i Romani , o meglio, tutti non soltanto aspettano, ma anche chiedono…Farò soltanto
ciò che è mio dovere, promettendoti ogni mio appoggio, il mio zelo, le mie cure, i miei pensieri…
Perciò vorrei che tu fossi così persuaso di questo, che per la causa della repubblica, che mi è più
cara della vita e anche perché voglio proprio te favorire e accrescere la tua dignità, io non verrò mai
meno ai tuoi bellissimi disegni…
A Cassio
… Mentre ti scrivo la guerra è certo grande per la criminale leggerezza di Lepido… Questo tuo
esercito con tutti i mezzi che gli saranno possibili, io te lo farò onorare, e il momento opportuno
sarà quando si potrà ben comprendere quale aiuto questi soldati saranno per dare alla repubblica o
avranno già dato… Già avevamo splendidamente vinto, se Lepido non avesse accolto Antonio,
spogliato, inerme, in fuga. Ma non mai l’odio dei cittadini arse tanto contro Antonio come ora
contro Lepido. L’uno suscitò la guerra dallo sconvolgimento della repubblica, l’altro dalla pace e
dalla vittoria… Persuaditi, dunque, che tutto è riposto in te e nel tuo Bruto, che vi aspettiamo, te e
Bruto quanto prima. Che se come spero verrete vincendo i nostri nemici, risorgerà la repubblica con
la vostra autorità e si fonderà su basi tollerabili, poiché vi sono molte cose che bisogna curare,
anche se la repubblica sembrerà abbastanza liberata dalle scelleratezze dei nemici.
INTIMI AFFETTI
Per
a) Attico: affetto, fiducia, stima
∙ Ad Att. I, 13 riga 4 “i segni del tuo affetto”
∙ Ad Att. I, 18 righe 1-3 “nulla oggi tanto mi manca quanto un amico a cui poter
confidare tutto quello che mi tormenta, un amico che mi ami,
che mi sappia ascoltare, col quale io possa parlare senza
alcuna finzione…senza nulla nascondere…”
∙ Ad Att. I, 18 riga 8 “ti aspetto, ti desidero, ti invoco”
∙ Ad Att. IV,3 righe 23-24 “che cosa debba decidere in questo stato di cose non saprei
decidere senza di te”
b) La famiglia:
-La moglie Terenzia: affetto
∙ Ad Fam. XIV,4 riga 4 “vorrei morire tra le tue braccia”
∙ Ad Fam. XIV,4 righe 13-14 “se ti avrò con me non mi sembrerà di essere l’uomo finito
che sono”
-La figlia Tullia: affetto e tenerezza
∙ Ad Att. I,18 riga 7 “della mia figlioletta”
∙ Ad Fam. XIV,4 riga 15 “ma che sarà della mia Tulliola?”
∙ Ad Fam. IV,6 riga 1 “nel mio grandissimo lutto”
∙ Ad Fam. IV,6 riga 12 “a me restava questo solo conforto”
∙ Ad Fam. IV,6 riga 13 “la mia casa è la casa del pianto”
-Il figlio Cicerone: affetto e
tenerezza
∙ Ad Att.I,18 riga 7 “mio dolce e piccolo Cicerone”
∙ Ad Fam. XIV,4 righe 15-16 il mio piccolo che fa? Lui voglio averlo fra le mie braccia”
- Tirone, lo schiavo: affetto,
fiducia, stima
∙ Ad Fam.XVI,14 riga 1 “passai una notte piena di spavento e di angoscia”
∙ Ad Fam.XVI,14 riga 5 “quella tua cultura che mi ti fa carissimo”
∙ Ad Fam.XVI,14 riga 6 “chiedo che questo tu faccia per te e per me”
Per
-La famiglia
∙ Ad Att.I,18 riga 10 “tutte le spine, tutti gli scrupoli che mi danno le
preoccupazioni della famiglia”
∙ Ad Fam.XIV,4 righe 10-11 “dovrei pregarti che tu mi raggiunga sfinita nel corpo e
nell’anima? E allora dovrò stare senza di te?”
∙ Ad Fam.XIV,18 righe 1-2 “anime mie, credo che tocchi a voi riflettere se vi convenga
stare a Roma o venire con me in un luogo sicuro”
∙ Ad Fam.XIV,18 righe 10-11 “dite a Filotimo di fortificare la casa… vorrei che cercaste
corrieri sicuri in modo da ricevere ogni giorno vostre lettere”
-Se stesso
∙ Ad Fam.XIV,4 riga 1 “tutte le ore della mia vita sono piene di miseria”
∙ Ad Fam.XIV,4 riga 10 “quanto sono infelice!”
∙ Ad Fam.XIV,4 riga 15 “non so più dar consigli”
∙ Ad Fam.XIV,4 riga 18 “mi esorti che mi faccia coraggio”
-Il patrimonio
∙ Ad Att.IV,3 riga 21 “ma il patrimonio è a pezzi”
∙ Ad Att.IV,3 riga22 “ho rimborsato mio fratello Quinto ma secondo le mie forze,
per non restare del tutto all’asciutto”
LA VITA PUBBLICA
Il percorso per temi che ha visto l’analisi di alcune parti dell’epistolario può ora
arrivare a fare un raffronto tra le lettere antologizzate e quella al fratello Quinto,
anche perché è utile vedere frasi direttamente in latino per “entrare meglio in
contatto” con quella Roma del I secolo che Cicerone ci dipinge così bene.
Siamo arrivati al III percorso che intendiamo iniziare sempre partendo dalle
lettere. Ci sono delle frasi di Cicerone sui problemi della corrispondenza che ci
offrono lo spunto per un approfondimento relativo al modo di scrivere e
comunicare a Roma.
∙ Rotoli: Per lo più di papiro (pianta egizia). Si incollavano tra loro più fogli di
papiro fino a formare un volumen. La scrittura era disposta in colonne così
che a ognuna di esse corrispondeva un foglio di papiro. Venivano conservati in
capsae (cofanetti) o si poggiavano in uno scaffale.
.
La corrispondenza:
Si corrispose a lungo su tavolette cerate. Poi si utilizzò il papiro soprattutto per le
lettere più lunghe e per la corrispondenza verso luoghi lontani.
Il viaggio della lettera:
Il mittente la consegna ai Tabellarii o per il destinatario
(che scriveva la lettera Cursores (muniti di
personalmente o la grandi cappelli d’estate
dettava o la faceva e pesanti cappotti
d’inverno)
trascrivere a schiavi o
liberti)
(N.B.: In questo periodo della storia romana le notizie principali venivano scritte
sugli “acta diurna” e corrieri pubblici ne portavano comunicazione ai magistrati
delle varie province; per questi corrieri il trasporto era gratuito e le spese di
viaggio rimborsate. Ma era un servizio molto lento al quale suppliva la
corrispondenza epistolare privata. I corrieri dei privati, a differenza di quelli
pubblici, erano pagati dai corrispondenti stessi.
Solo Augusto ordinò il “cursus publicus” o “fiscalis”, istituendo sulle vie principali
dell’impero stazioni per il cambio dei cavalli ( mutationes ) e alberghi ( mansiones).
Le lettere in arrivo:
Generalmente lette al destinatario da schiavi detti lectores e poi ben conservate:
se scritte su papiro venivano incollate progressivamente fino a formare dei
volumina conservati nelle apposite capsae ( vedi figura) o negli scaffali.
Questa cura nella conservazione ha permesso che le lettere di Cicerone
giungessero fino a noi.
La pubblicazione avvenne ad opera di Attico, editore-libraio, e Tirone.
STRUMENTI DIDATTICI
VERIFICHE
La tipologia delle verifiche è stata illustrata in precedenza con la descrizione delle
fotocopie da distribuire agli alunni.
Esse consistono dunque in :
∙ Questionario a risposta aperta sul contenuto della lettera a Quinto per la
∙ Lavori di gruppo
CRITERI DI VALUTAZIONE
Prelirminarmente si rende necessario stabilire con gli alunni il criterio con cui
saranno valutati nel corso dello svolgimento dell’unità didattica. La valutazione
sarà chiara e trasparente e si terrà conto di elementi non appartenenti alla sfera
cognitiva come :
∙ Impegno
∙ Frequenza
∙ Metodo di studio e di lavoro
∙ Partecipazione
∙ Comportamento sociale
metodologie apprese
TEMPORIZZAZIONE TOTALE
STRUMENTI BIBLIOGRAFICI
∙ Una raccolta delle lettere ciceroniane con testo latino e traduzione a fronte.
∙ Un trattato sulla storia del libro, della scrittura e degli strumenti scrittorii,
quali:
- G. Battelli, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano 1949.
- A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma 1997.