Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
L'elegia romana
1
Modulo L'elegia romana
L'elegia romana
All'interno della letteratura di età augustea, lo studio del genere elegiaco si inserisce come naturale
complemento: alle tematiche bucoliche, didascaliche ed epiche di Virgilio, ed alla programmatica
poikilìa tematica della lirica oraziana, può essere utile affiancare lo studio di un corpus di testi,
come quello elegiaco, che presenta una notevole e costitutiva omogeneità formale e contenutistica.
Questo costituisce per gli studenti un'opportunità preziosa di osservare da vicino, ovvero sui testi, le
dinamiche interne e lo sviluppo in diversi autori di uno dei generi più fortemente strutturati della
letteratura latina. Tale approccio risulta tanto più utile in considerazione dell'importanza centrale
che la categoria del genere letterario riveste nelle letterature classiche. La forte unitarietà tematica e
formale e le sue complesse articolazioni interne, legate alla specificità dei singoli autori, si prestano
in modo particolarmente efficace ad essere presentati nella forma didattica del 'Modulo per genere',
a sua volta articolato in Unità Didattiche.
Il modulo si articola in cinque unità didattiche, ciascuna delle quali sarà seguita da una verifica in
itinere:
• UDA 1. Lo statuto e le origini dell'elegia latina. La prima UDA illustrerà il dibattito sulle
origini dell’elegia latina, come genere letterario che pur avendo precedenti nella letteratura
greca si affermerà a Roma in modo del tutto originale. Si affronteranno, altresì, le
problematiche principali legate all'origine del genere elegiaco a Roma, facendo riferimento
alla polemica Jacoby-Leo sulla presenza o meno di un'elegia alessandrina 'soggettiva', fino
al più recente intervento di Paolo Fedeli. Si delineerà il discorso introduttivo sul genere
letterario con le sue regole interne e i suoi 'scarti'.
2
Modulo L'elegia romana
agli studenti gli snodi centrali della “rivoluzione catulliana”, e più genericamente neoterica,
nel quadro della tradizione poetica latina. Si tornerà qui sulla figura e la produzione di
Catullo nonostante tali tematiche siano già state affrontate nel corso dell’anno scolastico
precedente, in quanto il poeta può essere visto come anticipatore dei principali topoi
dell’elegia augustea. La sua figura sarà, inoltre, giustificata per la presenza, all’interno del
Liber, di componimenti in distico elegiaco. Infine si introdurrà Cornelio Gallo quale
inventor del genere elegiaco facendo riferimento alla problematicità dela ricostruzione della
sua figura poetica.
• UDA 3. Tibullo, tra rêverie rurale e raffinatezza ellenistica. Di Albio Tibullo si cercherà
di restituire un quadro il più completo possibile: non solo il cantore di un rus idealizzato, ma
anche, secondo le suggestioni della critica più avverita (vd. F. Cairns, Tibullus: a hellenistic
poet at Rome, Cambridge 1979), il letterato di raffinato gusto alessandrino e poeta capace di
rendere le diverse sfaccettature dell'amore.
3
Modulo L'elegia romana
Prerequisiti
• Possedere un quadro della storia e della cultura dell’età augustea, arricchita dai moduli su
Virgilio ed Orazio già svolti in precedenza;
• Conoscere le strutture morfo-sintattiche della lingua latina, ed essere in grado di tradurre,
con l'aiuto dell'insegnante, anche testi poetici;
• Possedere gli elementi fondamentali della prosodia latina ed i principali elementi di metrica,
legati soprattutto all'esametro dattilico;
• Saper individuare gli elementi stilistici e retorico-formali di un testo in lingua latina.
Tempi
Verifica sommativa: 2 h
Metodologie
In primo luogo, si verificherà se il gruppo-classe possiede, nella sua totalità o in parte, i prerequisiti
4
Modulo L'elegia romana
indicati sopra. Tale operazione sarà condotta tramite un ‘test d’ingresso’ scritto e la successiva
discussione in classe dei risultati di tale prova. Successivamente il docente presenterà il modulo
tenendo conto dei diversi “stili cognitivi” che verranno motivati all’apprendimento sollecitando le
loro curiosità. Pertanto le anticipazioni sul percorso da seguire serviranno affinché gli alunni
possano partecipare attivamente e consapevolmente alla costruzione del modulo. Dopo essersi
soffermati sulle caratteristiche del genere elegiaco a cui i testi appartengono, si guideranno gli
alunni a riflettere sul perché gli autori presi in considerazione abbiano scelto quel genere letterario e
su quali fossero le finalità prefissate. Da qui si procederà alla lettura dei testi e quindi si avvierà la
successiva fase di analisi, durante la quale lo studente sarà coinvolto attivamente nel processo di
traduzione ed analisi, in modo da essere spinto ad individuare in essi le strutture grammaticali,
lessicali e morfo-sintattiche, secondo la metodologia dell’“apprendimento per ricerca”. L’
insegnamento si orienterà, dunque, nella parte di lavoro dedicata ai testi, nella direzione di una
didattica frontale interattiva. Gli studenti saranno, inoltre, stimolati ad istituire collegamenti con
altre discipline tramite apporti personali e sollecitazioni del docente. Si mirerà, dunque, a creare
nella classe una piccola comunità ermeneutica capace di passare dal senso letterale alla valenza
metaforica dei testi. Nell'ipotesi che, nel corso dello svolgimento delle verifiche in itinere,
emergano difficoltà di apprendimento da parte di singoli o gruppi circoscritti all'interno della classe,
si prevedranno percorsi individualizzati, volti al recupero e all'integrazione di tutti all'interno del
dialogo educativo.
Strumenti
• Libri in adozione
• Materiali informatici
• Materiali audiovisivi
Verifiche
All'inizio della prima lezione del modulo 30 minuti saranno dedicati alla verifica dei prerequisiti
esposti supra, tramite un test comprendente 2 domande a risposta chiusa (V/F), 2 a risposta multipla
con tre opzioni di scelta e 3 a risposta aperta breve. Tale prova verterà su temi trattati
5
Modulo L'elegia romana
precedentemente nel corso dell'anno, e in particolare sulla realtà storico-culturale del principato
augusteo. La prova d'ingresso sarà anch'essa presa in considerazione all'interno della valutazione
complessiva del modulo. Essa sarà considerata sufficiente se lo studente avrà dato prova di aver
assimilato le nozioni fondamentali dei moduli precedenti e le problematiche generali inerenti la
produzione letteraria dell'età augustea.
Alla fine di ogni UDA si proporranno agli studenti dei test comprendenti domande a risposta
chiusa, a risposta multipla e aperta, riguardanti i principali aspetti trattati. Essi saranno distribuiti in
fotocopia dall'insegnante alla fine della lezione, e dovranno essere svolti dagli studenti
individualmente a casa.
Al termine dell'intero modulo saranno previste due ore dedicate ad una verifica sommativa.
Quest'ultima assumerà la forma di un tema da svolgere in classe, sulla base di una traccia fornita
dall'insegnante. Gli studenti dovranno dimostrare di aver compreso le problematiche generali del
modulo, e di essere in grado di portare avanti un discorso complessivo che attraversi la produzione
di tutti gli autori trattati, offrendo una lettura personale e matura del fenomeno letterario dell'elegia
latina. Una traccia possibile è la seguente: Lo studente tracci un profilo evolutivo del genere
elegiaco latino, dai Neòteroi ad Ovidio, sotto l'aspetto della contrapposizione tra anticonformismo
letterario ed etico e 'integrazione difficile' al mos maiorum ed alle tendenze dominanti della
temperie culturale augustea.
Criteri di valutazione
Per raggiungere una valutazione sufficiente (6), lo studente dovrà dimostrare di sapersi orientare
all’interno del panorama elegiaco inserendovi gli autori di riferimento. Dovrà, inoltre, dar prova di
saper leggere, tradurre e orientarsi nel testo.
Per raggiungere una valutazione discreta (7), lo studente dovrà dimostrare una conoscenza
approfondita dei contenuti letterari, mentre la traduzione dei testi proposti dovrà essere resa con un
italiano corretto. Dovrà, inoltre mostrare impegno e interesse per gli argomenti trattati.
Per una valutazione buona (8) viene richiesta una buona conoscenza dei contenuti affrontati e sarà
valutata la capacità di sapere operare confronti tra gli autori proposti; l'analisi del testo dovrà essere
6
Modulo L'elegia romana
Per ottenere una valutazione ottimale (da 9 a 10), l’alunno dovrà mostrare capacità di
contestualizzare e di rielaborare criticamente i contenuti, operando collegamenti trasversali e
pluridisciplinari, ed inoltre all’alunno verrà richiesta una traduzione esatta che rielabori il senso del
testo latino in un italiano fluido, corretto ed efficace e che presti attenzione particolare alle seguenti
capacità:
individuare gli usi della lingua, cogliendo le sfumature sintattiche e lessicali, sulle quali
riflettere per orientare le modalità di traduzione;
Saranno valutati in modo insufficiente gli studenti che dimostreranno di non sapersi orientare
all’interno della tematica generale dell’elegia e che traducono con lentezza e difficoltà compiendo
errori che denotano carenze morfosintattiche e lessicali.
7
Modulo L'elegia romana
Test d’ingresso
Domande a risposta chiusa
1) Gli scrittori dell’età augustea si cimentarono gareggiando con i grandi scrittori greci sia di epoca
classica che ellenistica V F
2) Tra le opere di Virgilio solo l’Eneide si può considerare pienamente augustea, mentre nelle altre
si notano accenti polemici contro il principato V F
8
Modulo L'elegia romana
9
Modulo L'elegia romana
poco dell’elegia ellenistica greca ed è proprio questa lacuna ad alimentare, presso gli studiosi, la
questione sulle origini dell’elegia romana.
10
Modulo L'elegia romana
per Properzio, restò fuori dal canone degli antichi per il fatto che il suo libro non era costituito
interamente da elegie.
Le peculiarità dell’elegia Periodo di massima fioritura dell’elegia latina è la seconda metà del I
secolo a.C. Essa si presenta come riflesso e conseguenza indiretta del principato e della stabile
occupazione del potere di Augusto e ha tra i suoi principali esponenti Cornelio Gallo, Tibullo,
Properzio e Ovidio.
I poeti augustei, a cominciare da Gallo, che è considerato l’inventor del genere, composero, infatti,
libri di elegie. Ma già Catullo, in quella che è stata definita la “rivoluzione neoterica”, scrisse la
terza sezione e parte della seconda del suo Liber in distici elegiaci, ricorrendo ad un prezioso ed
elegante lavoro di labor limae, e anticipando il tema dell’esperienza amorosa come motivo centrale
della vita legato anche, in alcuni componimenti, all’elemento mitologico.
L’amore era stato uno dei temi principali dell’elegia greca, ma i frammenti che ci sono pervenuti
mostrano che al centro dei componimenti vi era la narrazione di amori mitici, mentre la vicenda
amorosa personale del poeta era relegata sullo sfondo.
L’elegia latina, a differenza di quella greca, caratterizzata da un tono oggettivo, si configura come
poesia soggettiva e autobiografica. L’amore è l’elemento essenziale e caratteristico, “perfetta forma
di vita” scelta dal poeta e contrapposta ai valori e ai doveri tradizionali del civis romano. Al
negotium, alla vita attiva a favore dello stato, i poeti elegiaci oppongono l’otium individuale,
contrapponendo alla gloria in battaglia la gloria dell’incontro erotico e trasferendo in esso il proprio
impegno morale. Il poeta elegiaco pratica con orgoglio, dunque, una vita di nequitia, “di
dissipazione e degradazione” lontana dai valori sociali vigenti. Ne consegue una precisa scelta di
poetica che, secondo il modulo tradizionale della recusatio, porta il poeta a giustificarsi, per aver
scelto, a causa della sua incapacità, una poesia privata e caratterizzata dall’immediatezza della
passione, piuttosto che un genere più impegnativo.
L’elegia tende, inoltre, ad inquadrare le singole esperienze in situazioni tipiche e in ruoli e
comportamenti convenzionali. Si potrebbe parlare di codice elegiaco caratterizzato da topoi
ricorrenti, come il servitium amoris e la militia amoris. La vita del poeta, totalmente dedita
all’amore, si configura come servitium, come schiavitù alla domina frivola e infedele, elegante e
spregiudicata che non condivide i sentimenti del poeta-amante. Il discorso amoroso, quindi, si basa
su continui contrasti e difficoltà, su molte sofferenze e rari momenti di gioia che portano il poeta a
proiettare la propria vicenda nel mito e nella felice età dell’oro (è opportuno precisare che il mito
non è l’elemento fondante ma accessorio rispetto all’esperienza personale del poeta, tratto questo
che, per alcuni critici, rappresenterebbe il vero elemento di novità rispetto all’elegia greca). Accanto
11
Modulo L'elegia romana
al sentimento contrastato, altro elemento convenzionale è il ricorso al linguaggio militare: quella del
poeta elegiaco è una militia amoris e il poeta è eroe di amore e non di guerra. Alla donna egli ha
offerto la propria vita e solo sporadicamente giunge alla ribellione, alla renuntiatio amoris. Siamo
di fronte a un ennesimo capovolgimento dei valori accettati dalla coscienza collettiva, da sempre
fondata sulla centralità dell’esperienza politica e sulla superiorità dell’uomo sulla donna.
Al centro dell’elegia latina è la figura della donna, ispirazione (ingenium) e musa del poeta,
idealizzata a partire dal nome che spesso viene sostituito da uno pseudonimo e che, seguendo la
tradizione greca, dà il titolo alla raccolta delle poesie. La poesia diviene, dunque, mezzo privilegiato
di corteggiamento, esercizio poetico volto a sedurre la donna amata promettendole fama eterna.
Il poeta elegiaco, infine, canta un amore clandestino (furtum) e illegittimo che non può aspirare alle
gioie dell’affetto coniugale poiché lo status della donna amata è, quasi sempre, quello della
cortigiana o della donna “libera”.
Se da un lato, però, l’elegia si mostra ribelle al mos maiorum, dall’altro ne recupera i valori in
quanto l’amore tende a configurarsi come legame coniugale vincolato dalla fides e legittimato da un
foedus, da un patto affettivo, liberamente sottoscritto e addirittura superiore alle normali relazioni
matrimoniali, motivo questo che si scontra con la politica matrimoniale promossa dall’ideologia
augustea. In conclusione, l’amore è l’elemento che accomuna i componimenti elegiaci latini, anche
se ciascun poeta mostrerà caratteristiche specifiche che lo differenzieranno dagli altri autori.
Lettura critica:
P. Fedeli, Elegia latina e tradizione ellenistica, da “Properzio I, 3. Interpretazione e proposte
sull’origine dell’elegia latina”, Museum Helveticum, 31, 1974, pp. 33-38.
12
Modulo L'elegia romana
1) Il termine elegia risulta connesso alla parola èlegos, che avrebbe avuto, secondo i grammatici
antichi, il significato originario di “canto di lamento funebre” V F
13
Modulo L'elegia romana
14
Modulo L'elegia romana
un lavoro di profonda erudizione (labor limae). Personaggio di grande rilievo nel circolo dei poetae
novi fu Licinio Calvo, avvocato e autore di versi molto celebrati dai suoi contemporanei. Calvo
pianse in un’elegia, o forse in una raccolta di elegie, la morte prematura dell’amata Quintilia,
mostrando di collegarsi all’antica concezione dell’elegia come lamento (di cui si è detto in 1.1).
Possiamo notare come la donna amata dal poeta venga chiamata con il suo vero nome e non con
uno pseudonimo come fecero la maggior parte dei poeti d’amore. Delle elegie per Quintilia non è
rimasto quasi nulla, ma la loro importanza è attestata da Properzio che include Calvo in una sorta di
catalogo dei poeti elegiaci d’amore, che egli considera suoi predecessori e modelli (II, 34,vv. 85-
94). Altro rappresentante dei neoteroi fu Gaio Elvio Cinna, autore di elegie di tipo sia erudito che
erotico-sentimentale. Scrisse la Zmyrna, considerato il manifesto letterario del movimento
neoterico, che racconta la storia d’amore tra una fanciulla e il proprio padre. Dell’opera, però, si
conservano integri soltanto tre versi. Tra gli altri esponenti del circolo neoterico ricordiamo Furio
Bibàculo, autore di una serie di epigrammi di carattere mitologico, e Varrone Atacino, autore di
componimenti d’amore per una donna chiamata Leucadia.
2.2 Catullo
Tra le opere dei poetae novi ci rimane solo il Liber del più importante di essi: Gaio Valerio Catullo
(84-54 a.C.). Nato a Verona da famiglia agiata, proveniva dalla Gallia Cisalpina, provincia che era
culturalmente latinizzata per le numerose colonie ivi fondate. A Roma conosce Lesbia,
(pseudonimo che alludeva a Saffo, poetessa di Lesbo), donna di cui si innamora perdutamente e con
la quale tra entusiasmi, depressioni, rotture ed ingiurie vive una storia d’amore che dura cinque
anni. La critica è concorde nel ritenere che la Lesbia catulliana sia Clodia, seconda sorella del
celebre tribuno Clodio, che andò in sposa al console Quinto Metello Celere. Tra gli eventi più
significativi della sua vita, è da menzionare il viaggio che il poeta fece in Bitinia nel 57 a.C., al
seguito, insieme ad altri amici, di Memmio, governatore della regione dal 57 al 56 a.C. Tra le
motivazioni che lo spinsero a compiere questo viaggio, scopriamo il desiderio di visitare la tomba
del fratello, morto qualche anno prima in Asia minore.
Il Liber catulliano è costituito da 116 carmi e, sommariamente, può essere suddiviso in tre sezioni,
il cui ordine non corrisponde all’ordine di composizione: il primo gruppo (1-60) di metro vario è
costituito dalle nugae, incentrate sulle esperienze personali del poeta: i suoi amori, le amicizie, le
inimicizie e i luoghi familiari; del secondo gruppo (61-68) fanno parte carmi di maggiore
estensione, carmina docta, alcuni dei quali composti in distico e che mostrano un livello stilistico
più elevato; la terza sezione (69-116) comprende carmi brevi in distici elegiaci (epigrammi), in cui
15
Modulo L'elegia romana
ritornano i temi autobiografici della prima sezione. Tuttavia, sarebbe preferibile evitare di operare
nette demarcazioni all’interno del Liber, in quanto, in seguito a studi autorevoli, si è concordi nel
considerarlo unito sia per stile che per contenuto.
Il suo nome e la sua opera sono inevitabilmente legati alla rivoluzione neoterica: l’otium, che per la
generazione preneoterica era stato uno spazio marginale dell’esistenza, diventa ora, con Catullo e i
suoi amici, uno spazio totale, non più divertimento, ma l’impegno della vita intera.
Nonostante i primi tentativi di celebrare la donna e l’amore da parte dei poetae novi, solo con
Catullo la donna costituisce la somma degli affetti e occupa un ruolo centrale quale materia di
canto: anche se il poeta non si servì solo del distico elegiaco per narrare il suo amore, sono gli
entusiastici giudizi dei poeti elegiaci augustei a farci capire che il suo modo di cantarlo fu ben
diverso dagli esperimenti anteriori e da quelli coevi dei poetae novi.
Si vede qui quale debito l’elegia abbia nei confronti di Catullo e della poesia neoterica. Da lui
verranno ripresi alcuni importanti elementi del codice elegiaco: il concentrarsi della sfera
sentimentale sul tema dell’amore e la centralità riconosciuta alla donna, ma soprattutto l’elegia
erediterà il senso della sua rivolta morale, il gusto dell’otium contrapposto all’impegno civile.
Rispetto ai poetae novi e a Catullo, però, l’elegia augustea presenterà un elemento di distacco: essa
si proporrà come forma più ampia ed elaborata della formula breve, epigrammatica tipica dei
neoteroi (ma già Catullo aveva fornito un importante modello di elegia “lunga” nei quattro carmina
docta in distici elegiaci).
Un topos della poesia d’amore elegiaca introdotto da Catullo è quello della donna-domina nel senso
pieno del termine, perché è lei a determinare le fasi della relazione e a decretarne la fine.
Il travagliato rapporto con Lesbia costituirà un esempio per la prima generazione elegiaca che
riterrà degno di canto solo un amore travagliato e fonte di continue sofferenze in cui il tradimento
da parte della donna rappresenta la condizione normale.
Catullo e la centralità dell’amore Catullo, legando la lirica latina al mondo dei sensi e della
passione, avvierà il filone del "teter morbus" e del "servitium amoris". D'altronde, già Lucrezio
aveva proposto, nel finale del IV libro del suo capolavoro, il tema dello sconvolgimento psicofisico
che accompagna il "furor" degli amanti, restando però all'interno di un contesto filosofico, che non
riesce a distaccarsi dall'atarassia epicurea. In Catullo, invece, pur in assenza dell'effigie femminile,
l'effetto di concretezza del rapporto risulta rafforzato a causa del realismo con cui sono presentati i
sintomi dell'amore-malattia. Il poeta nobilita l'intensità totalizzante e assoluta della passione con il
rigore di un foedus che lega i due amanti, configurandosi come un vincolo matrimoniale, nonostante
lo stesso non ne parli mai in questi termini (nulla fides ullo fuit umquam foedere tanta/quanta in
16
Modulo L'elegia romana
amore tuo ex parte reperta mea est, carme 87, vv. 3-4). Il foedus catulliano è un patto d’amore
fondato sulla fides e i due termini, legati sul piano etimologico, rappresentano valori fondamentali
nella società romana e costituiscono la giustificazione morale del suo amore (carmi 76, 87, 109).
Nel momento in cui la purezza e la fedeltà del suo sentimento vengono contraccambiate con
l’ingratitudine, Catullo invoca gli dei con una preghiera affinché lo liberino dal teter morbus, da un
amore - malattia (carme 76).
Il ripetersi del tradimento da parte della donna amata provoca nell’animo del poeta una forte
conflittualità che lo spinge a separare la passione amorosa e il desiderio fisico (amare) dall’aspetto
sentimentale e affettivo (bene velle) (carme 72, 75). I due termini, sinonimi nella letteratura latina,
diventano antonimi in Catullo. Il conflitto interiore si polarizza, infine, nell’ossimoro del carme 85,
odi et amo, in cui odi è equivalente positivo di non bene velle.
Le tematiche amorose non sono soltanto legate al distico elegiaco, ma si riscontrano in
componimenti di vario metro che fanno parte di altre sezioni del Liber catulliano.
Catullo e l’amore omosessuale Accanto all’amore per Lesbia, è da ricordare l’invasamento del
poeta per un ragazzo di nome Giovenzio, a cui Catullo dedica quattro carmi del suo Liber (24, 48,
81, 99), gli ultimi due dei quali composti in distici elegiaci. Diversi sono, inoltre, i componimenti in
cui manifesta la propria gelosia nei riguardi di Giovenzio, attaccando i rivali Furio e Aurelio. Negli
ambienti mondani frequentati dal poeta, infatti, le relazioni omosessuali erano una pratica molto
diffusa, anche per influsso di comportamenti comuni in Grecia che cominciavano ad affermarsi
nello stile di vita romano.
Catullo e l’amicizia Un'altra tematica del Liber catulliano è l’amicizia, cui dedica cinque carmi
scritti in vario metro. L’amicizia, da sempre importante nel sistema dei rapporti politici e sociali,
diventa con Catullo, dimensione essenziale della vita di un uomo, rapporto disinteressato, di natura
affettiva, non lontano dalla sfera dell’amore e, per questo, regolato anch’esso dallo stesso codice
etico. Un esempio è costituito dal carme 9, composto per il ritorno di Veranio dalla Spagna
(Veranio che fra tutti i miei amici sei il primo/ti rivedrò sano e salvo/e io appoggiato al tuo collo
bacerò il tuo dolce viso e i tuoi occhi).
Catullo e la politica Oltre alla tematica amorosa, Catullo nei suoi componimenti affronta questioni
di vario genere. Celebri sono alcuni carmi d’invettiva riferiti dal poeta ad alcuni esponenti della vita
politica di Roma. La sua aggressività non si rivolge soltanto verso personaggi minori come
Mamurra, accusato in più epigrammi di aver dilapidato il patrimonio familiare, ma nel carme 29 ad
essere attaccati, perché corrotti e prepotenti, saranno direttamente Cesare e Pompeo. L’invettiva del
poeta più che manifestare una posizione politica, sottolinea la sua insofferenza verso il potere
17
Modulo L'elegia romana
per la terza sezione del Liber, i carmi 76, 81 e 93 (in traduzione italiana).
Lettura critica:
P. Fedeli, Un amore nel segno della contraddizione, da “Donna e amore nella poesia di Catullo”,
Atti Convegno A.I.C.C., 1987, pp. 148-153.
19
Modulo L'elegia romana
1) Lesbia era
a) una figura esclusivamente letteraria, il cui nome celava una complessa operazione
psicologica-letteraria
b) una donna di Lesbo
c) probabilmente lo pseudonimo di Clodia, sorella di Clodio, censore nel 60 a.C.
1) Che cosa si intende per “rivoluzione catulliana” e come essa influirà sulla successiva poesia
elegiaca? (massimo 20 righe)
2) Quali sono le tematiche principali affrontate nel Liber Catulliano? (massimo 15 righe)
3) Perché Cornelio Gallo viene considerato l’inventor del genere elegiaco? (massimo 8 righe)
20
Modulo L'elegia romana
21
Modulo L'elegia romana
nome di Tibullo, parlando dell’amore di una donna anonima che torna anche nella elegia successiva
di chiusura: è pertanto certa l’attribuzione al nostro poeta.
3.3 La poetica di Tibullo
Nonostante, e forse proprio in virtù della dura esperienza personale del poeta, che si dichiara
esperto delle asperità della guerra, nella poesia tibulliana è vivo il senso di ripugnanza per guerre e
spedizioni: di fronte ad esse, la voce poetica desidera un'impossibile fuga in un mondo agreste fatto
di piccole cose, dove sia possibile vivere nella pace una vita dedita esclusivamente all’otium
letterario ed agli amori.
Risulta programmatica in questo senso la prima elegia del primo libro (cfr. testo 2) in cui il poeta
afferma di non aspirare alla gloria e alla ricchezza, ma di desiderare di vivere, nella sobrietà della
campagna, come un modesto agricoltore (pauper agricola) in compagnia della donna amata (Delia),
auspicando di averla vicino anche nel giorno della morte. Nell'elegia la voce del poeta si leva nitida
contro gli arma, le guerre, la sollecitudine di una vita schiava dell'ambizione e della brama di
ricchezze. La sua Lebenswahl è di segno completamente opposto: egli desidera godere dei piaceri
dell’amore finché la gioventù lo consenta – ed ancora oltre, finché i capelli di entrambi saranno
canuti. Desidera contentarsi dello spazio umile della campagna e della placida calma della vita
agreste, ricondotta in una dimensione tutta interiore. Tibullo entra così in sintonia – senza però che
si possa parlare di una derivazione diretta1 – con il principio della saggezza epicurea e lucreziana,
che indicava la via della soave quiete dell’animo a contatto con la natura. Il vagheggiamento della
pace da parte di Tibullo però non è sovrapponibile con l'ideale politico-civile della pax augusta
promossa da Ottaviano dopo la tragedia delle guerre civili: la pace per Tibullo è una conquista
personale del poeta e si attua proprio con l’evasione dalla realtà quotidiana, contaminata dall’avidità
e dalla guerra, e il rifugio nella serenità campestre. Sebbene l’esperienza umana della vita in
campagna del poeta sia molto soggettivizzata, tuttavia essa non è completamente idealizzata, né
stereotipata: Tibullo immagina di godere del fresco all’ombra degli alberi, di zappare la terra, di
custodire le greggi. La campagna tibulliana è, nel suo complesso, una delle meno stilizzate della
poesia augustea; essa con rappresenta un vago e rarefatto locus amoenus, ma in certa misura anche
un ambiente reale in cui l’individuo realizza pienamente la propria interiorità, un luogo sacro ma
vero in cui vivere. Dunque la campagna di Tibullo non è solo quella di Delia e delle tenerezze
d'amore, è anche la campagna che, con la sua idillica pace, si contrappone agli avidi guadagni e al
1
Un noto saggio di R. Vischer, Das einfache Leben. Wort- und motivgeschichtliche Untersuchungen zu einem Wertbeg,
Göttingen 1965, ha marcato rigorosamente il discrimine tra una concezione della 'semplicità' di vita di stampo
filosofico-diatribico e una 'poetico-bucolica'. A quest'ultima categoria è appunto ascrivibile la modalità tibulliana di
rappresentazione del sogno di una vita semplice in un quadro idillico campestre.
22
Modulo L'elegia romana
fragore delle armi. Essa è, ancora, la campagna delle feste contadine, quella che conserva i riti
antichi del mondo rurale (la I elegia del II libro è dedicata agli Ambarvalia, al rito della
purificazione dei campi,). Il poeta è rimasto legato alla fede della sua infanzia, agli dèi della
campagna e del focolare: nelle sue elegie compaiono i Lari (ai cui piedi Tibullo correva, da
bambino: elegia 1, 10), Silvano, Priapo, Bacco, e ancora Cerere e Pale. La campagna coi suoi riti è
per lui il rifugio sicuro, dove più genuini si manifestano gli affetti domestici e i sacri vincoli della
famiglia. Anche l'esaltazione di Roma, presente nell'elegia 2, 5 (dedicata a Messalino) si risolve
nella rievocazione, densa di ricordi virgiliani, della religiosità agreste del Lazio primitivo. E’ una
campagna che risente dell'idealizzazione bucolica di un Teocrito e di un Virgilio, ma che porta
anche in sé i segni di un sentimento personale del poeta che ha le sue radici nell’attaccamento alla
terra e nella religiosità dei piccoli proprietari terrieri di stirpe latina. In questa intima adesione alla
tradizione italica Tibullo mostra di avvicinarsi, intenzionalmente o no, all’ideologia arcaizzante del
principato, che celebrava gli antichi valori della campagna. La candida pax e la vita agreste
riportano più volte il poeta da un presente inquieto al miraggio dell’età dell’oro e alla sua passata
felicità, come nella III elegia del I libro (cfr. T 3): durante un viaggio in Oriente al seguito di
Messalla, Tibullo, che è costretto da una malattia a fermarsi a Corcíra, è pervaso dal senso della
solitudine e della lontananza, da cui nasce la rievocazione dell’età dell’oro come sogno del passato
che si proietta poi nel futuro come sogno di morte (come già visto, ricorre spesso questo senso della
precarietà dell’esistenza), come liberazione nell’attesa della vita dell’aldilà, rappresentato dai campi
Elisi, pieni di musiche e di profumi e regno dell’amore; il presente doloroso è così proteso verso un
oltretomba radioso Questa esperienza religiosa non è marginale in Tibullo e non è senza legami con
religioni orientali: ne sono prova versi intonati a Osiri nell’elegia per il trionfo di Messalla ( I, 7).
L’amore si rapporta al mondo tibulliano fatto di poche e piccole cose come un elemento che lo
supporta e lo tiene unito, ed è per questo che la stilizzazione letteraria si ritrova più nella trattazione
dell’amore che nella descrizione della natura, tanto che non è sempre facile distinguere nella
rappresentazione delle figure femminili ciò che è reale e ciò che invece è convenzione letteraria
(una prova di questo è anche costituita dal fatto che le elegie non sono ordinate cronologicamente).
I tre amori cantati dal poeta (Delia, Màrato e Nemesi) possono essere per molti aspetti accomunati,
soprattutto se considerati nella loro importanza centrale nel corpus, ma anche nella loro
stilizzazione letteraria. Così Delia (che compare nelle elegie I 1, 2, 3, 5, 6), secondo le convenzioni
alessandrine, è vista sullo sfondo della campagna e contemplata con tenerezza, talora appena tinta di
un indefinito dolore, l’amore per lei si tinge di malinconica dolcezza, oscillante tra il desiderio di
star vicino alla sua donna e la fantasia di morire. Al di fuori del quadro idillico però, laddove
23
Modulo L'elegia romana
emerge la smaliziata realtà della città, Delia perde il suo candore, apparendo capricciosa e infedele,
secondo i tipici tratti della poesia elegiaca. Gli stessi rimproveri sono rivolti a Marato, il quale,
nonostante tutte le prove di dedizione da parte del poeta- che gli ha persino procurato l’amore della
ritrosa Foloe (elegia I,8) - lo abbandona non appena trova un dives amator (elegia I,9). Contro
costui il poeta non esita a scagliare le sue più giambiche imprecazioni: ha una moglie che lo
tradisce, una sorella ubriacona e lui stesso è un essere ripugnante. Nel secondo libro compare un
nuovo amore, Nemesi («vendetta»), la figura femminile tramite la quale l’amante intende riscattarsi
dal tradimento di Delia, incorrendo tuttavia in un amore più passionale e sfortunato del precedente:
Nemesi non è solo donna infedele (elegia II, 3), ma si comporta dispoticamente, imponendo al poeta
una umiliante schiavitù. E’ il tema del servitium amoris svolto nell’elegia II,4 (cfr. testo 4): il poeta
è tenuto in vincula e catenae da Amore, ha perso ogni libertà, si era illuso che scrivere versi
d’amore bastasse per conquistare il cuore di Nemesi, aveva rinunciato a scrivere poemi epici e
didascalici, che danno fama e onori, pur di essere ricambiato (è il motivo della recusatio), eppure
per accontentare l’avidità della sua domina è disposto a procurarsi doni con delitti e omicidi o a
profanare i santuari degli dei. malgrado il suo risentimento, il poeta non riesce a liberarsi da questo
giogo, e pur di vedere il viso di Nemesi sereno, è disposto a bere qualsiasi filtro magico.
Come ha dimostrato F. Cairns2, nonostante l’assenza dell’artificiosità espressiva e degli inserti
mitologici ed eruditi, l’architettura3 e lo stile delle elegie tibulliane è sicuramente riconducibile al
gusto di matrice alessandrina, sia per il linguaggio sorvegliatissimo, elegante, pur nell’apparente
semplicità al punto di far credere al frutto dell’immediatezza espressiva, sia per il recupero di una
serie di topoi della poesia erotica ed epigrammatica alessandrina, quali l’amore omoerotico, la
venalità dell’amante, l’incostanza della sua passione amorosa e la sua indifferenza alle pene del
poeta; il loro uso però è controllato dal sentimento e dalla umanità del poeta, che dettano la poesia
in prima persona, dando in questo modo vita ad un tipo personale di composizione elegiaca, che
nasce da un flusso libero di sentimenti. Tibullo è dunque un poeta doctus, la cui posizione non è di
semplice imitazione, ma di rielaborazione dei modelli in rapporto alla propria sensibilità e al
proprio vissuto interiore.
Lo stile di Tibullo sarà definito da Quintiliano (Institutio oratoria 10,1,93) tersus atque elegans,
intendendo che dietro l’effetto di naturalezza c’era una raffinata elaborazione stilistica.
Testi proposti:
Testo 1: “A Messalla per augurio”, Tib. 1, 7, 1-12 (in traduzione italiana);
2
Nel noto saggio Tibullus: A Hellenistic poet at Rome (Cambridge 1979).
3
L’ordine di successione delle elegie dei primi due libri del Corpus è improntato al criterio alessandrino della poikilia
o varietas, cioè alla molteplicità di temi e di motivi.
24
Modulo L'elegia romana
Testo 2: “Possim contentus vivere parvus”, Tib. 1, 1, 1-10; 25-32; 53-78 (in latino);
Testo 3: “In terre sconosciute”, Tib. 1, 3 (in traduzione italiana);
Testo 4: Il servitium amoris, Tib. 2, 4 (in latino, con traduzione a fronte).
Lettura critica:
La Penna, L’elegia di Tibullo come meditazione lirica, da "Atti del convegno internazionale di
studi su Albio Tibullo", Roma 1986, 89-140.
25
Modulo L'elegia romana
6) Illustra il binomio amore per la donna/ amore per la campagna quale si esprime nell’opera di
Tibullo.
7) Illustra le caratteristiche dello stile di Tibullo e i motivi per cui verrà definito da Quintiliano
tersus atque elegans.
26
Modulo L'elegia romana
27
Modulo L'elegia romana
Il poeta si sente vittima d'amore e proclama più volte il suo "servitium Amoris", la sua dedizione
totale alla passione. Questa è una precisa scelta di vita, lontana dalle tradizionali ambizioni del foro
e della politica, è una vita di nequitia di cui il poeta è consapevole; ed è pure una scelta di poesia e
di poetica (particolarmente illuminante, al riguardo, è la "programmatica" I elegia del I libro): di
una poesia che esprima una vita dedita completamente all'amore, e che dunque sia idonea a far
innamorare la donna, e di una poetica, quella callimachea, che con la sua brevitas e l'impiego del
mito meglio si presti agli intenti del poeta elegiaco.
Il tema dell’amore predominante nel primo libro delle elegie di Properzio, e ancora in buona parte
del II, si riduce nel III libro, fino quasi a scomparire nel IV: allo stesso modo, passando dal I al IV
libro, il sentimento nei confronti di Cinzia sembra diventare meno intenso e più realistico.
Il primo libro (22 elegie), noto anche col nome greco di monóbiblos, trasmesso da alcuni
manoscritti, cioè libro a tema unico, fu pubblicato nel 28 a.C., secondo una consuetudine
alessandrina, nel nome di Cynthia. Cinzia è donna elegante, raffinata, ricca di cultura letteraria e
musicale, che vive da cortigiana negli ambienti mondani. Legarsi a una tale donna significa per
Properzio compromettersi socialmente. Ma della degradazione, cui si condanna, egli fa una
rivendicazione e un vanto: chi vive come "fedele d'amore", anche se infelice, compie una scelta
difficile, ma superiore a quella di chi intraprende la carriera politica o militare. Il rapporto con la
donna amata, tirannica e infedele, si configura come servitium. Il tono prevalente è quello
dell'abbandono malinconico e di un'atmosfera sognante.
Il successo immediato del primo libellus proiettò Properzio sulla scena letteraria, sollecitando
l’interesse di Mecenate, che cercò di orientarlo verso nuove forme poetiche. Di queste pressioni e
della resistenza opposta da Properzio vi sono tracce evidenti nel II libro (34 elegie), che si apre con
una recusatio, in cui il poeta dichiara la sua inadeguatezza a servire la Musa della poesia epico-
storica, mentre ribadisce il suo ossequio alla tradizione callimachea (Non haec Calliope, non haec
mihi cantat Apollo: ingenium nobis ipsa puella facit). Il carattere si fa decisamente più
impegnativo: anche materialmente, il numero dei versi è circa il doppio rispetto al monóbiblos.
Inoltre, rispetto al precedente, il II libro, pubblicato nel 25 a.C., è più complesso perché meno
omogeneo nel contenuto e problematico sia per lo stato in cui è giunto il testo, sia per alcune sue
caratteristiche: è sempre dominante il tema amoroso, ma si acuisce il senso di incompiutezza per la
vita di nequitia che insinua talora la coscienza dolente di un’esistenza irrisolta. Particolarmente
interessante è l’elegia II, 7, in cui i due amanti esultano per il ritiro da parte di Augusto di una
proposta di legge matrimoniale che avrebbe costretto il poeta a sposarsi e, di conseguenza, a
28
Modulo L'elegia romana
lasciare Cinzia: evidentemente Properzio non poteva prendere legalmente in moglie una donna di
rango sociale inferiore, probabilmente una liberta.
Il senso di disagio per la nequitia, a cui la militia amoris lo obbliga, raggiunge uno stadio più
avanzato nel III libro (25 elegie), pubblicato intorno al 22 a.C., dove Cinzia è sempre presente, coi
suoi sbalzi d’umore, i suoi abbandoni e le sue ripulse, ma accanto a questi temi soliti appaiono, ben
rilevati, altri motivi: la promessa a Mecenate di una poesia impegnata (9), che sarà mantenuta nel
successivo libro, la condanna della corruzione del tempo presente (13) e delle donne dissolute (19),
l’elogio di Roma e dell’Italia (22). Le elegie amorose sono meno frequenti e soprattutto meno
appassionato e più nostalgico appare l’atteggiamento di Properzio, che spesso raffigura la propria
condizione con tratti autoironici. Il libro si chiude con due elegie che segnano il definitivo
discidium (24-25), l’addio a Cinzia.
dell'antica Roma con una visione finale del mito che viene usato per proiettare la sua storia
personale su un piano più elevato, sottraendolo alla banalità del quotidiano. Al "mito" di Cinzia
allora subentra o, meglio, si alterna quello di Roma con un atteggiamento poetico sostanzialmente
coerente: il "mito" è utilizzato da Properzio per trasferire la realtà attuale in un passato esemplare
che la renda in certo modo nobile ed eterna. La Roma arcaica, il mondo del mito sono per lo più
interpretati secondo il gusto callimacheo, con grazia, ironia e talora una leggera comicità.
Fra i carmi di argomento eziologico, il più riuscito artisticamente è l’elegia di Tarpea, in cui la
versione dell’episodio leggendario offre al poeta la possibilità di far parlare, ancora una volta, una
donna innamorata. Il componimento di Tarpea è esemplare dimostrazione di come Properzio tenti di
uniformare l’elegia latina al programma augusteo, senza per questo rinunziare mai alla tematica
erotica.
Anche le altre elegie del IV libro risultano frutto di maggiore estensione e di maggiore impegno
rispetto a tutte le precedenti. Sono presenti elegie dedicate all’esaltazione degli affetti familiari e
delle virtù domestiche, segno di quel sofferto processo di integrazione che accompagna la carriera
poetica di Properzio: in particolare, l’ultima (11), che la tradizione suole denominare "regina
elegiarum", si risolve in una rivalutazione dell’eros coniugale e in una celebrazione delle antiche
virtù delle matrone romane, nelle nobili parole che, dopo la morte, Cornelia rivolge al marito Emilio
Paolo. La stessa Cinzia vi ritorna ancora, due volte: una come ombra (7), ma sempre amara e
aggressiva, che appare in sogno al poeta e lo rimprovera di essersi dimenticato di lei e dei momenti
felici vissuti insieme; un'altra ancora in vita (8), gelosa e vittoriosa, in una sorta di elegia trionfale.
Per altra via, dunque, e soprattutto attraverso il mito, la presenza di Cinzia diviene, nel poeta,
memoria grandiosa, preziosa eredità della poetica alessandrina: ma, a differenza dell’uso ellenistico,
il mito adottato da Properzio non è inteso come brillante e divertito sfoggio di erudizione; in lui, la
realtà stessa, l'intero suo mondo degli affetti viene trasfigurato e, per così dire, eternato
dall'atmosfera incantata del mito. Basandosi su questo presupposto, la critica recente è portata a non
ravvisare una reale frattura, né spirituale né artistica, tra il Properzio cantore d'amore e il Properzio
che canta antichi miti romani e italici.
Testi proposti:
Prop. 1, 1 (in latino)
Prop. 2, 1 (in latino con traduzione a fronte)
Prop. 4, 4 (in traduzione italiana)
Letture critiche:
30
Modulo L'elegia romana
31
Modulo L'elegia romana
Eserciziario
Properzio: Elegia 1, 1
1) Il componimento è strutturato armonicamente in diversi momenti: mostra una perfetta fusione tra
esperienza personale, digressione mitologica, richiamo alla magia, colloquio con gli amici.
Individua ciascuno di questi momenti nel testo.
2) I versi 1-8 propongono il tormentato rapporto d’amore che lega il poeta al Cinzia: quali sono gli
aspetti più significativi di questa relazione amorosa?
4) Spiega l’epilogo del testo (vv. 35-38): quale messaggio pensi che il poeta intendesse esprimere?
32
Modulo L'elegia romana
33
Modulo L'elegia romana
1) Come viene caratterizzata la figura di Cinzia nelle diverse fasi dell’amore di Properzio?
(massimo 10 righe)
2) Quale funzione Properzio assegna alle digressioni mitologiche all’interno dei suoi
componimenti? (massimo 7 righe)
3) Che cosa si intende per “integrazione difficile” in Properzio”? Illustra questo aspetto
facendo riferimento al mutamento di prospettiva che accompagna la stesura di alcuni
componimenti. (massimo 15 righe)
34
Modulo L'elegia romana
4
Tra gli altri, si può citare almeno N. Scivoletto, Musa iocosa. Studio sulla poesia giovanile di Ovidio, Roma 1976.
5
Il saggio più significativo, e forse di lettura più piacevole, al riguardo resta P. Veyne, La poesia, l'amore,
l'occidente. L'elegia erotica romana, trad. it. Bologna 1985. Nonostante molti eccessi polemici (tra cui quello di
voler negare ogni rispondenza biografica all'intera produzione elegiaca), che invitano a leggerlo cum grano salis,
esso rimane un saggio estremamente stimolante, e ricco di intuizioni brillanti e coraggiose.
6
Tra i saggi più lucidi sull'autoconsapevolezza del genere elegiaco è possibile citare G.B. Conte, L’amore senza
elegia. I Rimedi contro l’amore e la logica di un genere, in Id., Generi e lettori. Lucrezio, l’elegia d’amore,
l’enciclopedia di Plinio, Milano 1991, 53-94.
35
Modulo L'elegia romana
36
Modulo L'elegia romana
Un passaggio importante è quello compiuto con la concezione delle Heroides, in cui la Kreuzung
avviene tra il genere elegiaco e quello epistolare. Ma soprattutto, l'io narrante non si identifica più –
se non a un livello più alto della finzione letteraria – con l'autore effettivo dell'opera, bensì con
figure del mito di cui sono presentate improbabili corrispondenze poetiche, non prive di un''ironia
tragica' costruita per essere decodificata da un lettore colto ed 'onniscente' rispetto alla vicenda
mitica in cui l'epistola si inserisce (o comunque più informato dell'autore/autrice della lettera,
inevitabilmente caratterizzato da un punto di vista parziale e fallace sulla propria vicenda). La voce
poetica parla ancora in prima persona, ma alla pretesa soggettività autobiografica si è sostituita la
rappresentazione di tematiche mitiche, ovvero 'esterne' rispetto al vissuto dell'autore. L'elemento
della soggettività, comunque fondamentale per l'identità del genere elegiaco, viene salvato tramite
la finzione epistolare, in quanto è sempre un io narrante a descrivere le proprie vicende. Ma dal
piano del vissuto individuale, dal mondo 'quotidiano' dell'eros, siamo ormai passati nel campo del
mythos. Viene così recuperata in parte, ma in modo assolutamente originale, l'istanza mitologico-
narrativa che aveva caratterizzato, con ogni probabilità, l'elegia ellenistica, e che ancora
sopravviveva nell'elegia properziana (sotto forma di digressioni narrative o riferimenti dotti legati
alla mitologia).
5.5 I Fasti
Le Metamorfosi, naturalmente, risultano estranee al presente percorso didattico, e saranno trattate in
un modulo apposito. Ci rivolgeremo invece ai Fasti, i quali costituiscono probabilmente il momento
più 'audace' della sperimentazione ovidiana sul sistema dei generi. In quest'ultima opera, opera della
maturità del poeta, la forma metrica elegiaca si espande nella forma del poema didascalico, ed
ospita un disteso commento eziologico-sacrale sugli elementi principali della scansione dell'anno
secondo il calendario romano. All'interno del tessuto dell'opera trova ampio spazio la narrazione di
aitia mitologico-storici attinti tanto dal patrimonio mitico greco quanto da quello romano, come
anche l'esposizione di riti di origine antichissima. Tematiche epiche, mitologiche, religiose, persino
legate alla 'storia sacra' di Roma, vengono armonizzate tra di loro e con una forma poetica, quella
elegiaca, che è loro estranea nel quadro della classificazione tradizionale dei generi a Roma. Il
punto di riferimento, l'auctor la cui memoria letteraria sta alle spalle di questa operazione è
senz'altro Callimaco, il poeta ellenistico che nei suoi Aitia (poema didascalico giuntoci in forma
frammentaria) aveva piegato la materia mitologico-sacrale alle esigenze ed al gusto nuovo della
raffinata ed erudita arte ellenistica. I materiali rielaborati da Ovidio nel suo poema eziologico, però,
in qualche modo 'entrano in risonanza' con la forma poetica in cui sono inseriti: nelle letterature
classiche, comunque, il metro 'pesa'. Giusto per fare un esempio, storie mitiche come quelle di
37
Modulo L'elegia romana
Cerere e Proserpina (vd. testo 3) vengono narrate con un'enfasi speciale sugli aspetti 'elegiaci',
patetici, sentimentali. Ed anche la narrazione degli episodi della preistoria dello stato romano, come
quello del ratto delle Sabine, mitigano quel tratto di gravitas che ne costituisce altrove, nelle
narrazioni epiche e storiografiche, il tratto fondamentale.
5.6 Le opere dell’esilio
L'esperienza originalissima dei Fasti, nella sua stessa orditura strutturale, reca in più punti le tracce
più 'vive' dell'evento biografico che ha segnato in modo evidente la produzione poetica ovidiana:
durante la composizione del poema, che infatti fu lasciato interrotto, il poeta fu confinato da
Augusto a Tomi, località di confine dell'Impero Romano nelle zone semibarbariche del mar Nero7.
Nella produzione poetica dell'esilio, Ovidio, dopo aver esperito le più complesse ed audaci
potenzialità combinatorie del genere elegiaco coi i temi ed i modelli più diversi, giunge all'esito per
certi versi paradossale di recuperare la 'forma-elegia' nella sua natura originaria, ma andando
addirittura al di là della realtà specifica dell'elegia romana, per recuperare quella matrice prima che
già Orazio, seguito da molta della tradizione erudita antica, individuava all'origine dell'elegia:
l'elegos come verso della querimonia, del lamento, del lutto. Le opere maggiori che egli comporrà
durante la relegatio a Tomi (i Tristia e le Epistulae ex Ponto) saranno in distici elegiaci, e
costituiranno nel loro insieme una accorata, per quanto dottissima ed estermamente 'letteraria',
lamentatio su se stesso, su una condizione di vita che è quasi una morte (vd. testo 4).
5.7 Conclusioni
La lunga parabola del genere elegiaco a Roma è iniziata con la creazione da parte di Gallo, e poi di
Tibullo e Properzio, di un genere nuovo, che mettesse al centro della poetica elegiaca l'amore come
esperienza totalizzante; come abbiamo visto, è proseguita con le continue 'pulsioni centrifughe' del
genere verso temi e modalità espressive diverse (tra cui la didascalica, l'eziologia, già nel quarto
libro di Properzio, la narrazione mitologica), pulsioni che in Ovidio si sono materializzate in una
fucina di invenzione letteraria che ha coinvolto (e sconvolto) lo stesso 'sistema dei generi'. Ma
infine, nell'ultima fase della produzione dello stesso Ovidio, la linea evolutiva tracciata dal genere si
'chiude' circolarmente recuperando le radici lontane, le risonanze arcaiche della forma metrica – che
costituisce comunque la vera marca identitaria del genere. L'ultima elegia dell'ultimo degli elegiaci
non è poesia d'amore. La genealogia letteraria tracciata da Orazio nell'Ars poetica sembra aver
ombreggiato il destino del genere: l'elegos è tornato querimonia, lamento funebre – ma sul poeta
stesso.
7
Non solo l'incompiutezza dell'opera costituisce un elemento 'tangibile' della travagliata vicenda redazionale del
poema: anche la presenza di più dediche (ad Augusto e a Germanico) indicano un rapporto con i dedicatari imperiali
problematico, e la sua valutazione ha costituito un problema esegetico di non poco rilievo per gli studi ovidiani.
38
Modulo L'elegia romana
Testi proposti:
Testo 1: Ov. Am. 1, 1 (in latino)
Testo 2: Ov. Am. 3, 1 (in latino con traduzione a fronte)
Testo 3: Ov. Fast. 4, 423-494 (in traduzione italiana)
Testo 4: Ov. Pont. 5, 1, 1-48 (in latino con traduzione a fronte).
Lettura critica:
N. Scivoletto, Poesia e carica sentimentale negli Amores di Ovidio, da ID., Musa iocosa. Studio
sulla poesia giovanile di Ovidio, Roma 1976, pp. 32-34.
39
Modulo L'elegia romana
40