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Luciano Nunziante
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CAPITOLO
Meccanica
dei continui
Il capitolo introduce la teoria della de-
formazione del continuo solido, a par-
tire dal tensore di deformazione finita
5.1
5.2
j
j
5
Spostamento, deformazione
finita e infinitesima
Problema dell’equilibrio dei
di Green-Lagrange e passando poi al-
solidi deformabili, tensioni,
la teoria degli spostamenti e deforma-
tensore di sforzo
zioni piccoli o infinitesimi con la de-
finizione del tensore di deformazione 5.3 j Principio dei Lavori Virtuali
infinitesima. Viene poi presentato il per il solido deformabile
problema dell’equilibrio del solido
5.4 j Meccanica dei materiali.
deformabile basato sulla definizione
Legami costitutivi – Teoria
di forze e tensioni, con l’introduzione
dell’Elasticità
del tensore di sforzo di Cauchy e con
le utili e comode rappresentazioni del-
lo sforzo nello spazio di Haig-Wester- APPROFONDIMENTI
gaard e nel piano di Mohr. Viene ap-
5.1 j Deformazione delle superfici
pena introdotto il tensore di sforzo di
Piola-Kirchhoff. Segue il Principio 5.2 j Tensore di sforzo di Piola-
dei Lavori Virtuali, quale strumento Kirchhoff
principe e universale di collegamento
5.3 j Particolarizzazioni ed
fra il mondo degli spostamenti-defor-
estensioni del PLV
mazioni e quello delle forze-tensioni. La seconda parte del capitolo
tratta dei Legami Costitutivi per i materiali strutturali, con parti- 5.4 j Equazioni di Beltrami-Michell
colare rilievo alla teoria dell’elasticità lineare isotropa e alle rela-
zioni di Hooke, così importanti nelle applicazioni ingegneristiche:
la trattazione è basata sul concetto di Energia di Deformazione che
consente di definire il Potenziale Elastico. Le equazioni dell’Equi-
librio Elastico di Navier-Cauchy e di Beltrami-Michell vengono
appena introdotte. Le relazioni del materiale linearmente elastico
anisotropo vengono presentate allo scopo di fare intravedere talune
applicazioni ai materiali compositi e alle murature che l’Allievo
incontrerà nel prosieguo degli studi. Chiudono il capitolo numerosi
esercizi sull’ampia materia trattata, la cui soluzione viene lasciata
all’allievo.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 326
Microscala
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 327
Ꮾ0 Ꮾ
f
x3
u(x) y
x
e3
e2
e1 o
x2 f –1
x1
x
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 328
e3
y Ꮾ
e1 dy
o e2 x2 y*
x1
Ꮾ0 : configurazione di riferimento
Ꮾ : configurazione attuale o deformata
in cui la funzione vettoriale f(x) 5 x 1 u(x) deve godere dei requisiti di: continuità,
differenziabilità, invertibilità, affinché la deformazione sia un fenomeno sufficien-
temente graduale e regolare, senza distacchi, scorrimenti, compenetrazioni di ma-
teria e bruschi cambiamenti locali.
Nella (5.2) u(x) è il campo di spostamento, costituente la distanza orientata
fra la posizione attuale y in @ e quella iniziale x in @0 (Figura 5.4). Le (5.1) e
(5.2) consentono di esprimere la posizione attuale y in funzione di x e dello spo-
stamento u(x):
y1 5 f1(x) 5 x1 1 u1(x1, x2, x3)
tramite la:
F 5 I 1 =u 5 I 1 H (5.7)
0fi
ove nelle (5.5) e (5.6) si sono adoperate le notazioni sintetiche di derivazione , fi,j 5
. Nelle relazioni di sopra le derivate sono calcolate nel punto x origine dell’in- 0xj
torno considerato. 0ui
ui,j 5
Volendo studiare la regola con la quale gli elementi lineari (vettori) 0xj
dx 5 x* 2 x appartenenti all’intorno infinitesimo di x si trasformano nei corri-
spondenti dy 5 y* 2 y appartenenti all’intorno di y; basta differenziare la (5.2)
ottenendo dy 5 dx 1 du che si esplicita:
0u1 0u1 0u1
dx1 1 dx1 1 dx2 1 dx3
0x1 0x2 0x3
dy1
0u2 0u2 0u2
dy 5 C dy2 S 5 Fdx2 1 dx 1 dx 1 dx V 5 1I 1 =u2dx
0x1 1 0x2 2 0x3 3 (5.8)
dy3
0u3 0u3 0u3
dx3 1 dx 1 dx 1 dx
0x1 1 0x2 2 0x3 3
e a mezzo del gradiente di deformazione, consente di scrivere:
dy 5 F dx 1 y* 2 y 5 F(x* 2 x) 1 0(x* 2 x) (5.9)
La (5.9), a meno dell’infinitesimo di ordine superiore 0(x* 2 x), esprime con una
relazione lineare omogenea il vettore incremento di posizione dy in funzione di
quello iniziale dx: dy 5 Fdx.
Alla stessa relazione (5.9) si perviene espandendo in serie di Taylor la f(x) a
partire da x. Una deformazione si dice omogenea se il gradiente di deformazione
F è costante in tutto il solido.
Nella (5.9) si è utilizzato l’operatore gradiente di deformazione F che è stato
definito tensore, al quale seguiranno in questo testo altri tensori, quello di defor- Tensori
mazione infinitesima, quello di sforzo e altri. Nella relazione dy 5 Fdx, F costi-
tuisce l’operatore algebrico che applica ogni vettore dx dello spazio dei vettori
infinitesimi dell’intorno di origine x nei corrispondenti vettori dy di arrivo. Rin-
viando ad approfondimenti matematici la nozione completa di tensore, è suffi-
ciente in questa sede affermare che il termine tensore è utilizzato nel testo per
definire un operatore algebrico lineare che trasforma uno spazio vettoriale V in
un altro spazio vettoriale V9; inoltre, le componenti di un tensore, al cambiare
della base del riferimento, mutano sì da rispettare proprietà di invarianza del vet- Invarianza
tore trasformato.
Il gradiente di deformazione F è pertanto la matrice (tensore) che, applicata
al generico segmento orientato dx 5 x* 2 x, che esprime la distanza fra due punti
nella configurazione di riferimento, lo trasforma nel corrispondente vettore
dy 5 y* 2 y nella configurazione attuale.
Tramite la (5.8) e (5.9) si ottiene: du 5 Fdx 2 dx 5(F 2 I)dx 5 Hdx che
permette di esprimere lo spostamento del generico punto x* dell’intorno infini-
tesimo di x tramite lo spostamento di x e il gradiente di spostamento
H: u(x*) 5 u(x) 1 H(x 2x*) 1 0(x 2 x*) (5.10)
in cui l’ultimo addendo, infinitesimo, è nullo nel caso di deformazioni omogenee.
In precedenza (Capitolo 2) si è asserito che uno spostamento è rigido se e solo Spostamento rigido
se la deformazione f è rappresentabile come composizione di una traslazione u(x)
di un punto generico x e di una rotazione rigida attorno a esso:
y* 5 x* 1 u (x) 1 R (x* 2 x) (5.11)
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x1* u1
y1*
l1 0 0 x1 1 1 e11 0 0 x1
F 5 C 0 l2 0 S C x2 S 5 C 0 1 1 e22 0 S C x2 S (5.14)
0 0 l3 x3 0 0 1 1 e33 x3
ε 22 02 (< 0)
02
O x1
03
ε 33 03 (< 0)
FFT 5 V R RT VT 5 V2 1 V 5 "FFT
Sicché U e V si ottengono rispettivamente come tensori radici quadrate dei pro-
dotti FTF e FFT.
x3 Ꮾ0 x x*x*
0
n
u θ
s
e3 Ꮾ y y*
e1 e2 x2
x1
Ꮾ0 : configurazione di riferimento θ m
Ꮾ : configurazione attuale r
en 5 (nTFTF n)2 2 1 5 0U n 0 2 1
1
(5.19)
u0
Per calcolare la variazione dell’angolo fra le due direzioni n e s che per effetto Variazione dell’angolo
della deformazione si trasformano rispettivamente nei vettori m e r (Figura 5.7),
si ricordi che dalla definizione di prodotto scalare risulta:
mTr
0m0 0r 0
cos u 5 (5.20)
e si esplicita:
⎡ ⎡ 2 2 2⎤ ⎤
⎢∂u1 + 1 ⎢⎛ ∂u1⎞ + ⎛ ∂u2⎞ + ⎛ ∂u3⎞ ⎥ 1 ⎛ ∂u1 + ∂u2 + ∂u1 ∂u1 + ∂u2 ∂u2 + ∂u3 ∂u3⎞ 1 ⎛ ∂u1 ∂u3 ∂u1 ∂u1 ∂u2 ∂u2 ∂u3 ∂u3⎞ ⎥
+ + + +
⎢∂ x1 2 ⎢⎜⎝ ∂ x1⎟⎠ ⎜⎝ ∂ x1⎟⎠ ⎜⎝ ∂ x1⎟⎠ ⎥ 2 ⎜⎝ ∂ x2 ∂ x1 ∂ x1 ∂ x2 ∂ x1 ∂ x2 ∂ x1 ∂ x2⎟⎠ 2 ⎜⎝ ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1⎟⎠ ⎥
⎢ ⎣ ⎦ ⎥
⎢ ⎥
∂u2 1 ⎡⎛ ∂u1 ⎞ ⎛ ∂u2⎞ ⎛ ∂u3⎞ ⎤
2 2 2
1 ⎛ ∂u2 ∂u3 ∂u1 ∂u1 ∂u2 ∂u2 ∂u3 ∂u3⎞⎥ (5.24)
D= ⎢ • + ⎢⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ ⎥ + + + +
⎢ ∂ x2 2 ⎢⎝ ∂ x2⎠ ⎝ ∂ x2⎠ ⎝ ∂ x2⎠ ⎥ 2 ⎜⎝ ∂ x3 ∂ x2 ∂ x2 ∂ x3 ∂ x2 ∂ x3 ∂ x2 ∂ x3⎟⎠⎥
⎢ ⎣ ⎦ ⎥
⎢ ⎡ 2 2 2⎤ ⎥
⎢ ∂u3 1 ⎛ ∂u1⎞ ⎛ ∂u2⎞ ⎛ ∂u3⎞
• • + ⎢⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ ⎥ ⎥
⎢ ∂ x3 2 ⎢⎝ ∂ x3⎠ ⎝ ∂ x3⎠ ⎝ ∂ x3⎠ ⎥ ⎥
⎢⎣ ⎣ ⎦ ⎥⎦
Il tensore D è simmetrico e dipende dalle sole sei quantità indipendenti fra le dij
riportate nella (5.24), le quali a loro volta dipendono dalle componenti del gra-
diente di spostamento H.
v
? ? d33 0
j Approfondimento 5.1
Nella configurazione iniziale @0 si consideri un ele- ove m è il versore della normale alla superficie tra-
mento infinitesimo di superficie di area ds, di con- sformata avente area dS. Il volume dv si trasforma
torno regolare, contenente il punto x, e sia n il versore dunque nel volume dV 5 dy ? dS. Grazie alla (5.26)
della normale uscente da ds, sicché si possa assumere risulta dy ? dS 5 J dx ? ds, e per la (5.9) da cui con-
ds 5 ds n come vettore rappresentativo della super- segue:
ficie orientata scelta. Sia inoltre dx un vettore per x
coassiale con n. Il cilindretto di base ds e generatrice dS 5 J1FT 2 21 # ds (AP5.1)
dx ha volume dv 5 dx ? ds.
La (AP5.1) è la cosiddetta Formula di Nanson che
fornisce la relazione fra i vettori rappresentativi degli
m
n elementi di superficie della configurazione @0 e quel-
li corrispondenti nella configurazione @.
Poiché dS 5 m dS 5 J(FT)21 ? ds l’area dS della
superficie trasformata si ottiene calcolando il modulo
ds di dS:
x dS
y
O
5 "J2(dsTF21) # 3(FT)21 # ds4 5
x2
x1 (AP5.2)
5 "J2ds2(nTF21) # 3(FT)21 # n4
Figura AP5.1
Il coefficiente di variazione superficiale vale per-
tanto
A seguito della deformazione, i vettori dx e ds ap-
5"J2(nTF21) # 3(FT)21 # n421 (AP5.3)
partenenti a @0 siano trasformati rispettivamente nei dS2ds
cs5
vettori appartenenti a @: dy 5 F dx e dS 5 m dS, ds
x la variazione volumetrica specifica , detta anche dilatazione volumetrica, tra- Variazione volumetrica
mite la funzione integranda
V 2 V0 dV
c 5 det (=u 1 I) 2 1 5 J 2 1 (5.27) c5 5
V0 V0
la quale costituisce la variazione specifica di volume. A valori positivi di c cor-
rispondono dilatazioni volumetriche, a valori negativi contrazioni. Se c è nullo la
trasformazione è a volume costante, o isocora.
Deformazioni piccole
Per gran parte delle ordinarie applicazioni tecniche nelle quali la deformazione del
solido strutturale non ne modifica sensibilmente la geometria, si può fare l’ipotesi
di piccole deformazioni, sotto la quale si conseguono importanti semplificazioni
della teoria della deformazione. L’ipotesi di deformazioni “piccole” o “infinitesi-
me” che si adotta qui risiede nell’imporre un maggiorante d (positivo) e molto pic-
colo rispetto all’unità a tutte le componenti del gradiente di spostamento H.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 336
0ui
` ` 6 d V 1, d[R 1 (5.28)
0xj
1
eij 5 (ui,j 1 uj,i) (5.30)
2
E 5 1 =u 1 =uT 2 5
1
2 Infatti, sotto l’ipotesi (5.28), nelle componenti del tensore di deformazione finita
1 0ui 0uj
5 c 1 d D (5.24) si possono ritenere trascurabili tutti i termini costituiti da prodotti di
2 0xj 0xi due componenti di H o da loro quadrati rispetto a quelli lineari, talché D (5.23)
viene rappresentato dalla sua parte “linearizzata” costituente la parte simme-
trica di H.
Tensore di deformazione Per questa ragione E viene denominato tensore delle piccole deformazioni o
infinitesima di deformazione infinitesima.
Qui di seguito vengono specificate le particolarizzazioni delle misure della
deformazione già presentate, sotto l’ipotesi di piccole deformazioni.
e1i
0u1
exi 5 ei # E ei 5 ei # £ e2i § 5 eii 5 (5.32)
0x1
e3i
dalla quale risulta che le componenti appartenenti alla diagonale principale del
tensore di deformazione infinitesima rappresentano ordinatamente i coefficienti
Dilatazione lineare di dilatazione lineare degli assi coordinati.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 337
5 I 1 2E
poiché risulta mT ? n 5 0, si ha:
m # 2E n 5
1 1 T#
mT # 2E n
dlm dln T 1 1
gmn 5 m 2E n 5
dlm dln lm ln (em 1 1) (en 1 1)
che in forza delle ipotesi della trattazione infinitesima permette di ottenere il valore
dello scorrimento cercato: Scorrimento fra direzioni
ortogonali
gmn 5 mT # 2E n (5.35)
Tramite la (5.35) si possono dedurre gli scorrimenti fra le direzioni degli assi co- Scorrimento fra gli assi
ordinati ei, ej, ove i ? j: coordinati
Figura 5.8
n
gmn
dyn
n
q m
m
dym
dxn
dxm
x
y
x3
O
x2
x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 338
e1j
gij 5 ei # 2E ej 5 ei # 2 £ e2j § 5 2 eij (5.36)
e3j
dalla quale risulta che le componenti fuori diagonale principale del tensore di de-
formazione infinitesima rappresentano la metà degli scorrimenti fra gli assi cor-
rispondenti ai pedici.
Variazione volumetrica
Si è già mostrato (5.27) che la variazione volumetrica del solido dovuta alla de-
formazione, dipende dalla funzione c 5 det=F 2 1 5 det(=u 1 I) 2 1 5 J 2 1.
Con riferimento all’espressione (5.5) del gradiente di deformazione, sotto l’ipotesi
di piccole deformazioni che nello sviluppo del determinante consente di trascurare
Variazione voumetrica i termini provenienti da prodotti di due o tre derivate come le , rispetto a quelli
lineari, lo sviluppo della dilatazione volumetrica c vale:
0ui
0u1 0u2 0u3
0xj c5 1 1 5 e11 1 e22 1 e33 5 trE (5.37)
0x1 0x2 0x3
g12 g13 e risulta uguale alla divergenza del campo di spostamento c 5 div u.
e11
2 2 I risultati ottenuti consentono di scrivere il tensore E anche nella forma se-
g12 g23 guente: .
E5F e22 V
2 2 Gli elementi in diagonale principale della (5.39) sono le dilatazioni lineari
g13 g23 nelle direzioni degli assi, quelli fuori diagonale sono la metà degli scorrimenti
e33 angolari fra le coppie di assi del riferimento.
2 2
02
O x1 O x1
B
01 u1 = c1 01
a) b)
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c1 # ,01
e11 5 5 c1 (5.45)
,01
c2 # ,02
0 0 0
E 5 H 5 £0 e22 0§ ove e22 5 5 c2 (5.46)
,02
0 0 0
j Esempio 5.2 Si consideri (Figura 5.10) la deformazione omogenea che trasforma un cubo di
lato ,0 in un parallelepipedo retto. Tale deformazione può essere riguardata come
derivante dalla sovrapposizione di tre dilatazioni lineari e11, e22, e33 degli assi
del riferimento.
Si è già definita dilatazione volumetrica (o cubica) il rapporto:
5 det 1 =u 1 I2 2 1
V 2 V0
c5 (5.47)
V0
dove V0 e V sono i volumi, rispettivamente, nella configurazione di riferimento
@0 e in quella attuale @.
Essendo i termini quadratici e cubici in eii trascurabili rispetto a quelli li-
neari, risulta:
Figura 5.10 x3
Ꮾ ε 33 0
0
Ꮾ 0
O x2
0
ε 11 0
x1 0 ε 22 0
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 341
condizioni sono possibili dilatazioni lineari eii non nulle con dilatazione volu-
metrica nulla; ovviamente in tal caso si ha:
u1 5 g12 x2 u2 5 0 u3 5 0 (5.50)
e pertanto, si ha:
1 1
0 g 0 0 g 0
2 12 2 12
0 g12 0
H 5 £0 0 0§ E 5
E1 g 0U W 5 E2 g12 0U (5.51)
1
0 0
2 12 2
0 0 0
0 0 0 0 0 0
x2
θ
e2 θ
e2
e1 e1 x1
a) b) c)
ε 12 0
ε 12 0 C*
ε 12 0
B B* C
γ12
2
0 x2
γ12 A*
2
ε 12 0
0 x1
0 x2 A
P u
n
O x2
x1
g12 g13
e11
2 2
e11 e12 e13
E 5 £ e12 e22 e23 § 5 F
g12 g23
e22 V
2 2 (5.56)
e13 e23 e33
g13 g23
e33
2 2
Si osservi infine che in generale, qualora siano non nulli gli scorrimenti, E trasforma
(Figura 5.14) un cubo in un parallelepipedo che non è né retto né rettangolo.
O x2
x1
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ove per semplicità si è posto x coincidente con l’origine O che si considera fissa.
Per il campo (5.57) corrispondente a una rotazione rigida, è facile verificare
che E 5 O, mentre W ? O, essendo . Il campo (5.57) è lo spostamento prodotto
1 da una rotazione rigida infinitesima w3 nel piano (x1, x2) attorno all’asse x3, (Figura
v125 (u1,22u2,1)52w3 5.15) che per il generico punto
2
x 5 [x1, x2]T 5 ,0[cosa, sena]T (5.58)
vale
u1 5 2w3,0 sena > 2w3x2, u2 5 w3,0 cosa > 2w3x1 (5.59)
Generalizzando alle rotazioni w1 e w2 intorno agli assi x1 e x2, il tensore antisim-
metrico W diviene:
0 v12 v13 0 2w3 w2
W 5 £ v21 0 v23 § 5 £ w3 0 2w1 § (5.60)
v31 v32 0 2w2 w1 0
Q u
m
n u = εn
P
O x2
x1
a essi corrispondono i tre versori (autovettori) nI, nII, nIII che individuano nello
spazio le tre direzioni principali di deformazione.
Data l’invarianza delle (5.65) si ha:
Sia assegnato uno stato di deformazione piana che comporti unicamente sposta-
menti nel piano (x1, x2) essendo u3 nullo; di conseguenza tutte le componenti di
deformazione ei,3 risultano nulle e il sistema di equazioni lineari (5.63) diviene:
e11 2 e e12 0 n1
£ e12 e22 2 e 0 § £ n2 § 5 0 (5.70)
0 0 0 2 e n3
Stato piano di deformazione Si osservi che la condizione I3 5 0 caratterizza un qualunque stato di deforma-
zione piana. La condizione I3 5 0 equivale al fatto che una dilatazione principale
è nulla, nel senso che è condizione necessaria e sufficiente perché lo spostamen-
to, nell’intorno, appartenga a un piano. Grazie alla (5.68) è possibile inoltre mo-
strare come lo spostamento avvenga nel piano ortogonale alla direzione princi-
pale a dilatazione nulla.
L’Equazione (5.64) ha le seguenti soluzioni, nell’ipotesi in cui le soluzioni
non nulle siano di segno opposto per non contraddire l’ordine assunto:
n21 1 n22 5 1
e ammette le soluzioni:
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 347
1 1
b # c 11 a
eI2e11 2 22 eI2e11 2 22
nI5 ; e c 1 1 a b d , a b d , 0f
T
eI2e22
e12 e12 e12
(5.74)
2 21 2 21
nIII5 ; e c 11 a b d a b # c 11 a b d 0f
T
eIII2e11 2 eIII2e22 eIII2e11 2
, ,
e12 e12 e12
ove, come noto dal corso di Geometria, la direzione è individuata a meno del
verso.
Viceversa, alla soluzione eII 5 0 corrisponde n3 5 1, ossia l’asse x3.
Si consideri (Figura 5.17) un quadrato con centro nell’origine e lati paralleli agli
assi coordinati e di lunghezza 2,0 e se ne analizzi la deformazione omogenea
di scorrimento semplice (si consulti anche l’Esempio 5.15).
0 e12 0
E 5 £ e12 0 0 § (5.75)
0 0 0
e3 2 e212e 5 0 (5.76)
0
O x1
A′ B*
B
A′*
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 348
p9 5 Rp (5.81)
p′1
α
ϕ
p2 cos ϕ (α−ϕ)
ϕ
O p1 x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 349
u9 5 Ru (5.82)
u 5 RT u9 5 E RT p9 (5.83)
u9 5 (R E RT)p9 (5.84)
E9 5 R E RT (5.85)
e11 e12 0
E 5 £ e12 e22 0 § (5.86)
0 0 0
Figura 5.19 a) e b) x2 y
rosette estensimetriche per εc
la misura sperimentale di ε2
u
stati piani di deformazione; O
c
c) esempi di rosette εb
b
estensimetriche.
ϕ = 120°
ϕ = 120°
O
x1 90°
45° a εa
u u
ϕ = 120° x
ε3 ε1
x3
a) b)
c)
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 351
g12
e11 0
2
cos w
en 5 3 cos w sen w 04 # E 0U # £ sen w §
g12
e22 (5.89)
2
0
0 0 0
g12 5 2 a en 2 b
e11 1 e22
Come discusso in precedenza, una generica deformazione si comporta come
omogenea nell’intorno del generico punto x a meno di un errore o(x* 2 x) che 2
tende a zero al tendere a zero della distanza )x* 2 x ). In questo senso i tensori
E e W possono intendersi rispettivamente come tensore di deformazione locale
e di rotazione locale e sono funzioni del punto note in relazione al campo di
spostamento. Si ritiene opportuno esplicitarne la forma in termini di compo-
nenti:
0u1 0u2 0u3
e11 5 e22 5 e33 5
0x1 0x2 0x3
(5.90)
1 0u1 0u2 1 0u1 0u3 1 0u2 0u3
e125 a 1 b e135 a 1 b e235 a 1 b
2 0x2 0x1 2 0x3 0x1 2 0x3 0x2
b0 b
P0 P0
du1(x)
du(x) 5 (W 1 E)dx 5 £ du2(x) § 5
du3(x)
Poiché
0vjk 1 0 0uj 0uk 0eji 0eik
5 a 2 b 5 2
0xi 2 0xi 0xk 0xj 0xk 0xj
i 5 l 5 2, j 5 k 5 1; i 5 l 5 3, j 5 k 5 2; i 5 l 5 1, j 5 k 5 3;
i 5 l 5 1, j 5 2, k 5 3; i 5 l 5 2, j 5 1, k 5 3; i 5 l 5 3, j 5 1, k 5 2;
S*
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 354
g(y) = 0
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 355
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 355
occorre tener conto che il generico punto x è vincolato a muoversi sulla superficie
inferiore g.
Occorre pertanto che il punto y, trasformato di x nella configurazione attuale Condizioni di vincolo bilatero
(y 5 x 1 u), appartenga alla superficie, dovendosi verificare:
g(y) 5 g(x 1 u) 5 0 (5.101)
Tenendo presente la piccolezza degli spostamenti è lecito scrivere:
g(x) 1 n` =g 5 0 (5.102)
ove il gradiente =g(x) 5 n definisce la direzione efficace del vincolo e n# è la
direzione normale a n.
Poiché anche il punto x nella configurazione iniziale verifica localmente il
vincolo g(x) 5 0, annullando la proiezione dello spostamento nella direzione ef-
ficace, la (5.102) si riduce alla seguente relazione lineare fra le componenti del
vettore spostamento:
0g 0g 0g
u1 1 u2 1 u3 50 (5.103)
0x1 0x2 0x3
ed equivale a imporre al punto di muoversi sul piano tangente in x alla superficie g.
Altri casi di vincolo possono essere studiati analogamente e comunque com-
portano, nell’ipotesi di piccoli spostamenti, l’annullarsi di combinazioni lineari
delle componenti dello spostamento, ovvero, nei casi più semplici, l’annullarsi
delle stesse.
Si consideri per esempio un vincolo semplice (carrello) che imponga al punto
x di spostarsi sul piano x3 5 0; in tal caso la (5.103) si scrive semplicemente:
u3 5 0
Le condizioni definite dalla (5.103) sono dette condizioni di congruenza esterna.
Talvolta è necessario o utile fare riferimento ai cosiddetti vincoli cedevoli. Sul- Vincoli cedevoli
la natura di tali cedimenti si entrerà altrove nel merito; basti pensare a vincoli che
non costringano rigidamente il punto vincolato a rimanere sulla superficie iniziale
ma che consentano determinati movimenti relativi rispetto a essa proporzionali
alle reazioni vincolari.
Infine, talvolta, i vincoli sono espressi tramite disequazioni del tipo:
g(x 1 u) > 0 (5.104)
che impongono, nella configurazione attuale, al punto di rimanere al di sopra della
superficie g, traducendosi in disequazioni lineari fra le componenti dello sposta-
mento. Questi vincoli vengono detti vincoli unilateri o monolateri. Vincoli monolaterali
Nel seguito si prenderanno in considerazione quasi sempre forze che sono appli-
cate a corpi inizialmente in quiete in modo tale da non indurre effetti inerziali; i
campi di accelerazione e di velocità, eventualmente indotti, si considerano quindi
trascurabili.
Le forze
Si assume che le forze agenti su un corpo possano essere classificate nel modo
seguente.
Forze di volume
Esse sono esercitate dall’ambiente sui punti interni al corpo mediante azione a
distanza. Come esempio si consideri innanzitutto l’attrazione di gravità terre-
stre, o di altri astri, esercitata sul corpo; altre interazioni a distanza sono de-
terminate dai campi di accelerazione, dalle azioni centrifughe, dai campi elet-
tromagnetici ecc.
Con riferimento al generico punto x (Figura 5.23), sia DV un volume elemen-
tare interno al corpo, contenente x, e sia Dr il vettore risultante delle forze agenti
su di esso; si assume che esista e sia finito il limite seguente (ciò esclude forze
di volume concentrate):
Dr
b(x) 5 lim (5.105)
DVS0 DV
Forza di volume La b viene chiamata forza di volume (o densità di forza volumetrica) nel punto
x e ha dimensioni [FL23].
Come esempio si consideri la forza di gravità; in tal caso Dr 5 rgDv (ove r è
la densità del mezzo e g l’accelerazione di gravità) ed è diretto verso il centro della
terra, pertanto b ne conserva direzione e verso e coincide col peso specifico.
Si osservi che l’analisi della deformazione svolta in precedenza considera
unicamente lo spostamento u del punto materiale, ovvero solo la traslazione del
punto: per questa ragione nel seguito si assume nullo il momento risultante delle
forze di volume. In altre parole nella presente trattazione non sono ammesse
coppie, né distribuite né concentrate, applicate a punti interni del corpo. Tali
ipotesi, tipiche del presente modello di solido deformabile, detto solido di Cau-
chy, non sono presenti in estensioni successive come quella introdotta agli inizi
del secolo scorso dai fratelli Cosserat, ove sono ammesse distribuzioni volume-
triche di coppie.
ΔV x
∂′Ꮾ
b
f
O x2
x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 357
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 357
Forze di superficie
Esse sono esercitate su porzioni 09@ della frontiera del corpo 0@ (o eventualmente
su tutta la frontiera) dal contatto con corpi esterni; per questa ragione si defini-
scono anche forze di contatto esterne.
Si consideri un generico punto x appartenente alla frontiera 09@ del corpo, Fi-
gura 5.23, e per semplicità, si supponga che in x sia definito un piano tangente
di normale n. Si denoti con A l’elemento di superficie sul piano tangente e sia Dr
il vettore risultante delle forze agenti su di esso; si assume che esista e sia finito
il limite (e ciò esclude forze superficiali concentrate):
Dr
f(x) 5 lim (5.106)
DAS0 DA
La f viene denominata forza di superficie (o densità di forza superficiale) nel Forza di superficie
punto x e ha dimensioni [FL22].
Per le stesse considerazioni svolte in precedenza non si considerano distribu-
zioni superficiali di coppie.
r 5 3 b dV 1 3 f dA 5 0 (5.107)
b 0b
m 5 3 (x 2 O) 3 b dV 1 3 (x 2 O) 3 f dA 5 0 (5.108)
b 0b
f
Ꮾ+
x3 – + x3
Ꮾ+ n =–n x
+
t
π
x
S –
t S
Ꮾ –
+
n Ꮾ–
O x2 O x2
f
x1 x1
f
Postulato di Cauchy
È naturale attendersi che la forza di contatto interna t dipenda non solo dal punto
x ma anche dalla sezione S. Il postulato di Cauchy assume che abbiano la stessa
forza di contatto interna tutte le possibili sezioni, sufficientemente regolari, che han-
no in x il medesimo piano tangente di normale n (Figura 5.25); tale forza specifica
Vettore tensione di Cauchy prende il nome di vettore tensione nel punto x secondo il piano p di normale n.
Con riferimento alla Figura 5.25 sia Dr il vettore risultante dell’azione super-
ficiale trasmessa in x attraverso l’area elementare DAn, si assume che esista e sia
finito il limite:
x3 r
x
Δ An
f Ꮾ n
O x2
x1 π
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 359
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 359
Figura 5.26 Un
qualunque elemento ᏼ,
interno al corpo @,
x3 in equilibrio.
O x2
x1
Dr
t(x, n) 5 lim (5.109)
DAn S0 DAn
Si osservi che nei corpi solidi, a differenza di quanto accade nei gas o nei liquidi
perfetti, t e r non sono, in genere, diretti secondo la normale n. Si osservi inoltre,
in analogia a quanto asserito nel paragrafo precedente, che nel modello di Cauchy
non sono presenti coppie di sforzo interne, presenti invece nei continui di Cosserat.
Equazioni di equilibrio
Il concetto di tensione sopra esposto consente di definire delle relazioni sufficienti
a garantire l’equilibrio di ogni parte del corpo.
Si consideri, Figura 5.26, un arbitrario volume ᏼ, di frontiera 0ᏼ, interno a
@, contenente il generico punto x. Gli assiomi di Eulero (o più in generale i prin- Assiomi di Eulero
cipi di conservazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto)
assumono che ᏼ sia in equilibrio sotto l’azione delle forze di volume b e delle
forze di contatto interne t. Pertanto dovranno risultare nulli il loro vettore risultante
r* e il loro momento m*, risultante rispetto all’origine O
r* 5 3 b dV 1 3 t(n, x) dA 5 0 (5.110)
p 0p
m* 5 3 (x 2 O) 3 b dV 1 3 (x 2 O) 3 t(n, x) dA 5 0 (5.111)
p 0p
Si consideri ora il corpo suddiviso nelle due parti @1 e @2 (Figura 5.24); l’ap-
plicazione degli assiomi sopra esposti comporta:
t1 5 t(x, n1) 5 2t2 5 t(x, n2) 5 t(x, 2n1) (5.112)
che rappresenta il principio di azione e reazione per i continui deformabili. Principio di azione e reazione
x t
O x2
x1 π
sn 5 nTt(x, n) (5.113)
Tensione tangenziale e componente tangenziale t la sua proiezione sul piano p che, omettendo nel se-
guito per semplicità di notazione la dipendenza del vettore di tensione dal punto
e dalla normale, si scrive:
t 5 t 2 snn (5.114)
che a sua volta può essere decomposta lungo due direzioni assegnate.
Si considerino nel punto x tre piani paralleli ai piani coordinati (di normali
e1, e2, e3). Su questi piani agiscono rispettivamente i vettori tensione t1 5 t(e1),
t2 5 t(e2), t3 5 t(e3). Le nove componenti dei vettori tensione t1 5 t(e1), t2 5 t(e2),
t3 5 t(e3) definiscono le componenti speciali di tensione, che, come si mostrerà,
Tensore di sforzo di Cauchy sono le componenti sij del tensore degli sforzi di Cauchy T:
s11 s12 s13
T 5 C 21 s22 s23 S
s (5.115)
s31 s32 s33
s12 2s12
t2 5 t21 5 T e2 5 £ s22 § t2
2 5 T(2e2) 5 £ 2s22 § 5 2t2 (5.116)
s32 2s32
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 361
σ23
σ32
σ13
σ12
σ 22 σ31 σ22
σ12
σ32 O σ 21 x2
σ11
x1
−σ12 −σ11
−σ22 −σ21
−σ
O 13
−σ31
−σ32 x2
−σ23
−σ33
x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 362
t2 T
1 5 [2s11, 2s21, 2s31] ,
t2 T
2 5 [2s12, 2s22, 2s32] ,
t2
3 5 [2s13, 2s23, 2s33]
T
Inoltre all’interno del tetraedro agisce la forza di volume b. Nel caso in esame
l’equilibrio alla traslazione del triedro [Equazione (5.110)] comporta:
ove Ds1, Ds2, Ds3 e Ds sono rispettivamente le aree sulle facce parallele ai piani
coordinati e a p, e V è il volume del tetraedro. Detti n1, n2, n3 i coseni direttori
di n si ha
t5Tn (5.120)
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 363
n
x2 ϕ = π/4 x2
n
σn
t
x1 x1
x3 π x3
a) b)
Lo stato di tensione viene detto monoassiale e il tensore degli sforzi assume la Stato di sforzo monoassiale
forma:
s11 0 0
T 5 £ 0 0 0§ (5.129)
0 0 0
"2 "2
"2 s11
s11 4 4
2
t 5 t 2 snn 5 D T 2 E "2 U 5 s11E "2 U (5.124)
0 s 2
4 11 4
0
0 0
Le relazioni precedenti, che possono anche essere ottenute con semplici consi-
derazioni di equilibrio, mostrano come al variare della giacitura anche in uno
stato di tensione normale monoassiale risultino presenti tensioni tangenziali.
Si consideri, ora, un parallelepipedo con facce parallele ai piani coordinati e
soggetto a tensioni normali sulle superfici laterali di normali n1 5 [1, 0, 0]T e
n2 5 [0, 1, 0]T mentre le tensioni tangenziali sono nulle (Figura 5.31). Uno stato
di tensione normale di questo tipo viene detto biassiale e il tensore degli sforzi Stato di sforzo biassiale
assume la forma: o piano
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 364
x1
x3 σ22 > 0
s11 0 0
T 5 £ 0 s22 0 § (5.125)
0 0 0
Infine, se tutti i termini sulla diagonale principale del tensore degli sforzi sono
non nulli, mentre le tensioni tangenziali sono uguali a zero, si ha tensione nor-
Stato di sforzo triassiale male triassiale:
s11 0 0
T 5 £ 0 s22 0 § (5.126)
0 0 s33
Stato di sforzo sferico Nel caso s11 5 s22 5 s33 5 p lo stato di tensione si dice idrostatico o sferico,
in ricordo degli stati di pressione presenti nei liquidi perfetti o nei gas. Si defi-
Tensione idrostatica nisce tensione media o idrostatica la quantità
1
p5 (s 1 s22 1 s33) (5.127)
3 11
costituente la media delle tensioni normali.
3 b dV 1 3 t dA 5 0 (5.128)
p 0p
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 365
divT 1 b 5 0 (5.132)
ove div(?) è l’operatore divergenza.
È possibile derivare le equazioni indefinite di equilibrio per altra via operando
in modo del tutto analogo a quanto fatto nel caso delle travi nel Capitolo 2. Si
consideri (Figura 5.32) un elemento di volume infinitesimo a forma di parallele-
pipedo con facce parallele ai piani coordinati e lunghezza degli spigoli rispetti-
vamente pari a dx1 dx2 e dx3.
Le ipotesi di regolarità precedentemente introdotte consentono di sviluppare
in serie di Taylor, con punto iniziale l’origine, le componenti di T, in particolare,
considerando un incremento della coordinata xj si ha:
0sij
sij(xj 1 dxj)>sij 1 dxj (5.133)
0xj
dx2
∂σ 11
σ13 σ11 + dx1
σ11 ∂x1
dx3 x1
σ12 ∂σ13
σ13 + dx3
∂x3
x3 dx1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 366
dx1
x3
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 367
∂′Ꮾ x*
O x2
x1
t(x, n) 5 lim
*
t(x*, n) (5.139)
x Sx
che per equilibrio deve risultare coincidente con la densità delle forze superfi-
ciali applicate:
f(x) 5 t(x, n) per x P09@ (5.140)
L’equazione precedente scritta per esteso assume la forma:
L’equilibrio di un mezzo continuo Le equazioni che descrivono l’equilibrio Equilibrio del mezzo continuo
di un corpo continuo risultano in definitiva:
1. equazioni cardinali della statica per il sistema di forze esterne [Equazioni
(5.107) e (5.108)];
2. equazioni indefinite di equilibrio in @ [Equazione (5.132)];
3. simmetria del tensore degli sforzi; T 5 TT in @;
4. equazioni di equilibrio al bordo su 0@ [Equazione (5.141)].
I3 5 detT
Invarianti del tensore di sforzo sono funzioni delle componenti di T dette invarianti di tensione, poiché risultano
indipendenti dal sistema di riferimento. L’equazione cubica (5.145) ammette tre
soluzioni reali chiamate autovalori di T o tensioni principali che, se distinte, ven-
x x
O x2 O x2
x1 a) x1 b)
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 369
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 369
gono di norma ordinate in ordine decrescente sI > sII > sIII; a queste sostituite
ordinatamente nel sistema (5.144) corrispondono i tre autovettori nI, nII e nIII so-
luzioni del sistema omogeneo (5.144), utilizzando la condizione riguardante i ver-
sori: n12 1 n22 1 n32 5 1.
Si ricorda inoltre che, per una nota proprietà degli autovalori, la più grande e
la più piccola delle tensioni principali costituiscono rispettivamente la tensione
normale massima e minima fra tutte quelle presenti sui piani della stella nel punto
considerato.
Uno stato triassiale dicesi idrostatico, , se le tre tensioni principali coincidono, Stato di sforzo idrostatico
cioè se risulta: .
Infine si dice tensore deviatore di sforzo il tensore , ottenuto sottraendo a Tensore deviatore di sforzo
T la sua parte idrostatica:
I1
sI 5 sII 5 sIII 5
a s11 2 b
I1
s12 s13 3
3
a s22 2 b
I1
TD 5 F s12 s23 V 1
3 (5.147) TD 5 T 2 I1I
3
a s33 2 b
I1
s13 s23
3
σ22 σn σn
σ21 σ12 t t
π
σ11 x2
π1 π2
x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 370
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 371
Sia assegnato un tensore degli sforzi in cui siano nulle tutte le componenti di
pedice 3 e tale che il generico vettore di tensione t appartenga al piano ortogonale
all’asse x3:
s11 s12 0
T 5 £ s12 s22 0 § (5.150)
0 0 0
Sostituendo una delle tensioni principali non nulle sI e sIII nelle prime due righe
del sistema lineare (5.144) si ottiene:
Mentre dalla terza riga si ricava n3 5 0. Imponendo inoltre che n abbia modulo
unitario si ha
n12 1 n22 5 1 (5.153)
Pertanto le direzioni principali risultano
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 372
1 1
s2s11 2 22 s2s11 s2s11 2 22
nI, nIII5; e c11a b d ,a b c11a b d ,0f
T
(5.154)
s12 s12 s12
Alla tensione principale sII 5 0 risulta inoltre associata la direzione dell’asse x3.
Nel caso della tensione biassiale tangenziale (Figura 5.38) in cui risulta
s11 5 s22 5 si3 5 0 si ottengono le seguenti tensioni e direzioni principali
•
sI 5 s12
"2 "2
nI 5 ; c ,0d
T
,
2 2
e
sII 5 0
(5.155)
nII 5 ;30,0,14 T
•
sIII 5 2s12
"2 "2
nIII 5 ; c ,0d
T
,2
2 2
Alla tensione tangenziale agente sui piani coordinati corrispondono due direzioni
principali nI e nIII ruotate di 45° su cui agiscono rispettivamente le tensioni prin-
cipali di trazione e compressione sI 5 s12 e sII 5 2s12, come mostrato in
Figura 5.38. Per questo risultato si veda anche l’Esempio 5.15.
t9 5 R t (5.156)
sI = σ12
sIII = – σ12
x x1
σ12 –nI nIII
nII
nIII
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 373
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 373
n9 5 R n (5.157)
Ricordando che R è un tensore ortogonale (R21 5 RT) il teorema di Cauchy com-
porta:
t 5 T n 5 T RT n9 (5.158)
premoltiplicando entrambi i membri della seconda uguaglianza per R si ha:
t9 5 (R T RT) n9 (5.159)
da cui si ottiene la cercata relazione della trasformazione di T in T9 Trasformazione di T al variare
della base
T9 5 R T RT (5.160)
s11 s12 0
T 5 £ s12 s22 0 § (5.161)
0 0 0
cos w sen w 0
R 5 £ 2 sen w cos w 0 § (5.162)
0 0 1
x2
x′1
x′2
σ21
ϕ
O x1 σ11
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 374
(s11 2 s22)
s9 12 5 s12 cos 2w 2 sen 2w
2
Nel caso considerato di stato piano di tensione con x3 direzione principale a ten-
sione nulla, le altre due direzioni principali appartenenti al piano (x1, x2) possono
essere determinate cercando l’angolo per cui si annulla la componente tangen-
ziale s912, quindi risolvendo l’equazione
(s11 2 s22)
s912 5 s12 cos 2w 2 sen 2w 5 0 (5.164)
2
Nei casi in cui le tensioni normali siano diverse (s11 ? s22), si ottiene:
2s12
tan 2w 5 (5.165)
s11 2 s22
che fornisce:
arctan a b
1 2s12
w5 (5.166)
2 s11 2 s22
Figura 5.40
Stato di tensione
a nella base (x1 , x2 , x3 )
x3
x3
s33
t3n t23
t t13 t32
t31
t21 s22 x 2
s11 t12
tln m x2
sn x1
,
n
x1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 375
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 375
1t212 34n21n22 1 1122n21 2 4 1t12 1s11 2s22 2 c 4 a n21 2 b n1n2 121122n21 2n1n2 d
1
2
a sn 2 b 1 t2ln 5 a b 1 t212
s11 1 s22 2 s11 2 s22 2
(5.170)
2 2
Ricordando che l’equazione della circonferenza nel piano (x, y), di centro (x0, y0)
e raggio r si scrive , la (5.170) si interpreta come equazione del cerchio di Mohr Cerchio di Mohr
nel piano (sn, tln), avente centro di posizione , raggio dato da e presenta
l’evidenza geometrica riscontrabile nella rappresentazione di Figura 5.41. La 1x2x0 2 211y2y0 2 25r2
(5.170) permette di riconoscere che, al variare del piano a fra tutti quelli del fascio
di piani di sostegno l’asse e3, le componenti (sn, tln) del vettore tensione di Cauchy
C5 a ,0b
s11 1 s22
appartenenti al piano (x1, x2) descrivono nel piano di Mohr (sn, tln) il cerchio di
2
Mohr di Equazione (5.170).
Per costruire il cerchio di Mohr basta riportare sull’asse delle sn i punti di
r25 a b 1t12
s112s22 2 2
ascisse s11 e s22; il centro C del cerchio è il punto medio, di ascissa . Il punto 2
P di coordinate (s11, t21) permette di visualizzare il raggio r del cerchio nel
segmento CP. s11 1 s22
Si sottolinea che le componenti di tensione (s11, s22, t21), atte a definire il
2
cerchio di Mohr, vanno considerate con i loro segni nel riferimento x1, x2. Il punto
P assume in questa rappresentazione importanza particolare, in quanto ricopre il
ruolo di “polo” del cerchio. Polo del cerchio di Mohr
Una volta assodato che il punto tensione T 5 (sn, tln), al variare di a nel
fascio di piani di sostegno x3 descrive i punti della circonferenza di Figura 5.41,
resta da stabilire la relazione esistente fra l’angolo m che definisce il piano a di
normale n e il punto tensione T 5 (sn, tln). Con riferimento alla Figura 5.41, si
consideri il triangolo PRT. La tangente dell’angolo che il segmento PT forma con
quello PR, grazie alle (5.167) e (5.168) è dato da:
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 376
Figura 5.41
m
tln
x2
sm tnm n
t12 P p +m a
2
sn
r m m sn
tnm Q
r sm
sm s22 C s11 sn sn m t ln x1
m r
p +m
t ln 2 ,
R T
, x2
s 22
s22 (s11- s22)
(s11+ s22) 2
t 21
2
sn -(s11+ s22) s 11
2
s11 x1
sn
TR sn 2 s11 n2
5 5 5 tan m
PR t12 2 tln n1
Questo risultato permette dunque di riconoscere che il punto T che si ottiene quale
(seconda) intersezione della retta per P, formante con la PR l’angolo m, ha coor-
dinate T 5 (sn, tln) e determina dunque le cercate componenti della tensione
agenti sul piano a aventi le direzioni rispettivamente di n e ,.
I segni delle componenti (sn, tln) vanno considerati con riferimento alla base
σ22 (O, ,, n) che è congruente con quella (O, 2e2, e1) e pertanto sono quelli rappre-
x2
σ12 sentati sull’elementino solido in Figura 5.41. È utile sottolineare che la tensione
σ21 tangenziale tln rappresentata in Figura 5.41 è negativa e seguendo la convenzione
σ11 σ11
di Mohr il suo verso sull’elementino materiale va fissato facendo riferimento alla
base (O, ,, n). Nel seguito si utilizzerà anche una rappresentazione degli assi del
σ21
O x1
piano di Mohr che vede il verso positivo dell’asse delle tln verso il basso, in modo
σ12 da riconoscere più direttamente il loro verso.
σ22
x2 Il cerchio di Mohr per stati piani di tensione
τn In presenza di uno stato tensionale piano [Equazione (5.150)] ovvero anche nel caso
σn n
di deformazione piana in cui anche la componente di tensione normale al piano ri-
σ11
ϕ sulta diversa da zero, si può utilizzare un metodo grafico dovuto a O. Mohr per de-
σ21
x1 terminare la tensione su un piano generico e quindi direzioni e tensioni principali.
σ12 Siano s11, s22, s12 le componenti riferite al sistema (O, x1, x2) di Figura 5.42.
σ22 Si vogliono determinare le tensioni normale sn e tangenziale tn sul piano di
normale n. La costruzione grafica di Mohr si ottiene effettuando le operazioni se-
Figura 5.42 Componenti guenti (Figura 5.43).
di tensione nel piano x1, x2
1. Si traccia un sistema di assi ortogonali riportando sull’asse delle ascisse la com-
sui piani coordinati e su un
generico piano. ponente normale di tensione sn e sull’asse delle ordinate la componente tangen-
ziale tn cambiata di segno. Il piano in oggetto prende il nome di piano di Mohr.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 377
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 377
C
σn
O B(σ 22, 0) A(σ 11, 0)
S(σn, τn)
(σ11 + σ22) (σ11 – σ22)
2 2
τn σn
σ11 = σ
τn
σ
(1 + cos 2ϕ)
2
σ
A = (R, 0) B= (0, 0) R=
2
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 378
Si considera (Figura 5.46) uno stato di tensione di cui sono note le tensioni prin-
cipali e si ricerca lo stato di tensione su una giacitura generica; si assume:
C σI I
τn 2ϕ S
σI = τ
σII A τ σI σII = – τ
σ12 = τ
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 379
ϕ (σ11 + σ22)
τn=
2
sen 2ϕ
τn τ max σI = σ
σ22
σ11 + σ 22 σ − σ22
A = ( σ11, 0); B = ( σ22 , 0); C = ( ,0); M = A; R = 11
2 2
Ancora una volta si vuole determinare la tensione agente sulla giacitura la cui
normale risulta inclinata di un angolo w sull’asse x1.
Dalla costruzione risulta:
s11 1 s22 s11 1 s22 s11 2 s22
sn 5 1 R cos 2w 5 1 cos 2w
2 2 2
tn 5 2R sen 2w 5 2 a b sen 2w
s11 2 s22
2
Si osservi come su ogni giacitura, diversa da quelle principale, sia presente una
componente tangenziale di tensione, il cui valore massimo si ha per w 5 645°
e vale t 5 61>2 (sI 2 sII).
σ σ σ σ2
σI = + +τ 2
2 2 2 4
σ σ σ2
σ III = − +τ 2
τn 2 4
R2 5 c a b 1 s212 d
s11 2 s22 2
μ
2
2s12 (5.173)
tan 2g 5
s11 2 s22
5.2 j Problema dell’equilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j 381
Linee isostatiche
Un’interessante rappresentazione dello stato di tensione si ottiene tracciando,
nell’interno del solido, gli inviluppi delle direzioni principali. Si ottengono, nelle
ipotesi di regolarità assunte, tre famiglie di linee, mutuamente ortogonali, dette
linee isostatiche.
π
4
III
C1 C2 C3
+σ
III
σn
+σ
2
I
σ
O
ax
τ
2
I
σ
m
=
III
−σ
I
2
σ
σIII n
π
4
τ max nI
σII
σI
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 382
j Approfondimento 5.2
Come già intuito in tempi antichi e sancito dal motto di definire il cosiddetto primo tensore di sforzo di
“ut tensio, sic vis” (anagrammato come “ceiiinos- Piola-Kirchhoff, ottenibile trasponendo l’integrando
ssttuv” da Robert Hooke), che si tradurrebbe oggi della (AP5.4):
“dalla deformazione dipende lo sforzo”, lo stato di
sforzo interno di un solido deve dipendere dalla sua S 5 J F21 T (AP5.5)
deformazione, e pertanto il tensore di sforzo non po- che opera sulla configurazione indeformata del soli-
trebbe a rigore essere definito in @0 (come si fa sotto do, trasformando su @0 il tensore di Cauchy T, e per-
l’ipotesi di piccoli spostamenti) bensì sulla configu- mette di calcolare la cercata risultante tramite la:
razione deformata @. Qui, a titolo didattico, si vuole
solo mostrare il filo del ragionamento cha va svilup-
RS 5 3 ST n ds
pato quando si voglia correttamente trattare l’equili-
s
brio tenendo conto della deformazione.
Nella configurazione deformata @ del solido oppor- nella quale l’integrale opera sulla configurazione inde-
tunamente caricato, sia presente lo sforzo interno, rap- formata del solido. Si noti che T, tensore di sforzo di
presentato dal tensore di sforzo di Cauchy T. In @ su Cauchy, è definito sulla configurazione deformata @ e
un elemento di superficie infinitesimo dS passante per per questo motivo viene anche chiamato tensore reale
y agisce dunque il vettore tensione t 5 Tm, che sulla di sforzo. T è simmetrico, come mostrato precedente-
superficie S, per la formula di Nanson (AP5.1), risulta mente. A T, nella configurazione @0 corrisponde peral-
tro il tensore S (AP5.5), che perde il carattere della sim-
RS 5 3 Tm dS 5 3 J T(F 21)Tn ds (AP5.4) metria. Si tenga inoltre conto del fatto che, mentre in @
S s
le componenti di T agiscono sui piani di un riferimento
cartesiano, mutuamente ortogonali, in @0 le componenti
in cui F è il gradiente di deformazione, J è il deter- di S agiscono sulle facce trasformate all’indietro e cioè
minante Jacobiano della trasformazione da @0 a @, tramite l’applicazione inversa della deformazione, del
m è il versore della normale a S in y P @, n è il ver- cubetto cartesiano presente in @, e pertanto su piani che
sore della normale a s in x P @0. La (AP5.4) consente non sono, in generale, fra loro ortogonali.
3f
T # u dA 5 #
3 fi ui dA 5 3 sijnjuidA (5.180)
3 (sijui)njdA 5 0b 0b 0b
Identità fondamentale che assume il nome di identità fondamentale e si riassume in notazione assoluta:
3f
T # u dA 5 3u
T # divT dV 1 3 T ? =u dV (5.182)
0b b b
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 385
Il primo membro della (5.183) è il cosiddetto lavoro virtuale delle forze o lavoro Lavoro virtuale esterno
esterno, che è costituito dal prodotto scalare delle forze agenti su @f per gli sposta-
menti presenti in @u, il secondo membro è il cosiddetto lavoro virtuale interno delle Lavoro virtuale interno
tensioni sij in equilibrio con le assegnate forze, per le deformazioni connesse con u.
La funzione integranda sij eij del lavoro interno Li ha un significato meccanico
riconducibile al lavoro interno che le tensioni sii, tij agenti sull’elemento infini-
tesimo di volume dV, compiono per le deformazioni corrispondenti eii, gij, come
rappresentato in Figura 5.52.
Il campo u è uno spostamento virtuale, ove con questo termine si intende un Spostamento virtuale
arbitrario campo di spostamento piccolo appartenente a una classe di opportuna
regolarità.
La (5.183) è stata ricavata postulando l’equilibrio per il sistema forze-tensioni Condizione necessaria
(f, b, T), pertanto essa costituisce una condizione necessaria di equilibrio; risulta di equilibrio
dunque dimostrato il seguente teorema.
σij
εij
σji dxj dxj
σji σji σji
Figura 5.52
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 386
Teorema degli spostamenti Questo teorema si chiama degli spostamenti virtuali, a sottolineare il ruolo di campo
virtuali di prova assunto dal generico spostamento u appartenente alla prescelta classe.
Si nota esplicitamente che i lavori di cui si parla non vengono realmente com-
piuti, ma sono soltanto dei prodotti scalari fra campi di enti duali. In questo teo-
rema gli spostamenti e le corrispondenti deformazioni sono soltanto strumenti di
prova da inserire nell’equazione dei Lavori Virtuali, allo scopo di ottenere tramite
il soddisfacimento dell’equazione una condizione necessaria di equilibrio per il
sistema di forze-tensioni.
Utilizzando una tecnica matematica propria del calcolo delle variazioni, è pos-
sibile dimostrare il seguente teorema.
j Approfondimento 5.3
Particolarizzazioni ed estensioni del PLV
Si riportano qui di seguito una particolarizzazione e PLV per il corpo rigido costituisce particolarizzazio-
due estensioni del PLV a campi discontinui, che ri- ne di quella per il corpo deformabile, allo svanire del-
sultano assai utili in talune applicazioni particolari in la deformazione.
meccanica dei solidi.
Campi di spostamento discontinui
Corpo parzialmente rigido
In taluni problemi il campo di spostamento presenta
Nel caso in cui in una parte del solido br 8 b lo spo- discontinuità di prima specie. A titolo di esempio, in
stamento u è del tipo rigido, risulta ivi Figura 3.29c è rappresentato lo scivolamento di una
parte di un terrapieno, dovuto a un meccanismo di
E 5 [eij] 5 0
scorrimento in corrispondenza di una certa superficie
e l’equazione del PLV sopra scritta si particolarizza SD, talché il moto incipiente è del tipo scorrimento ri-
nella forma: gido delle due parti b1, b2 separate del solido SD. Lo
spostamento relativo fra le due parti Du 5 u1 2 u2,
ove u1, u2 sono i due limiti destro e sinistro dello
3 fiuidA 1 3 biuidV 5 3 sijeijdV (AP5.6)
spostamento nelle due parti volumetriche, è del tipo
0b b b2br
“tangente” in ogni punto alla superficie di disconti-
Se in tutto il solido lo spostamento è del tipo rigido, nuità SD. Non sono consentite discontinuità delle
la (AP5.6) diventa: componenti normali a SD dello spostamento, in quan-
to queste potrebbero comportare una inconsistenza
volumetrica dell’ipotesi di biunivocità della deforma-
3 fi ui dA 1 3 bi ui dV 5 0
0b
zione y 5 f(x) (5.1).
b
L’estensione del PLV a questo tipo di discontinui-
e coincide con l’equazione del PLV per il corpo ri- tà si persegue considerando la SD, come ulteriore su-
gido, potendo quindi affermare che l’equazione del perficie di frontiera per le due parti b1, b2. Sulle due
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 387
Questo teorema fornisce una condizione sufficiente di equilibrio fra forze e ten- Condizione sufficiente
sioni. di equilibrio
Si faccia poi riferimento a un preassegnato spostamento infinitesimo u definito
su @, e a uno stato di deformazione infinitesima E, preassegnati e non a priori ne-
cessariamente compatibili fra loro. Invertendo il ruolo di parametri di prova fra gli
enti spostamenti-deformazioni (u, E) e forze-tensioni (f, b, T) fra loro equilibrati e
arbitrariamente scelti in una classe di opportuna regolarità, è possibile dedurre tramite
l’Equazione dei Lavori Virtuali la seguente condizione di compatibilità fra u ed E.
Questo teorema fornisce dunque una condizione sufficiente di compatibilità fra Condizione sufficiente
spostamento e deformazione. di compatibilità
superfici, nell’ambito del sistema forze, emergono i ficie SD viene riguardata come frontiera per ciascuna
vettori di sforzo di Cauchy (5.120): della due parti del solido b1, b2 che si affacciano su
di essa. In ogni punto x di SD, per la parte b2 di nor-
ti1 5 sij nj 5 ti x[SD1 male uscente n, il vettore tensione di Cauchy emer-
gente (5.120) vale t2i 5 s9ijnj, e per la parte b1 il
ti2 5 2sij nj 5 2ti x[SD2
vettore di Cauchy vale t1i 5 s0ij(2nj). Per l’equilibrio
e l’equazione del PLV assume la forma generalizza- in x su SD, devono risultare soddisfatte le tre equa-
ta: zioni di equilibrio
3 (ti 1 ti ) ui dA 5 0
1 2
Campi di tensione discontinui
SD
Nel solido esista una o più superfici SD di separazione che non modificano l’equazione del PLV:
fra parti b1, b2 nelle quali siano definiti rispettiva-
mente tensori di sforzo T9 5 [s9ij], T0 5 [s0ij] diversi 3 fi ui dA 1 3 bi ui dV 5 3 sij eij dV
e con discontinuità di prima specie su SD. La super- 0b b b
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 388
In questo capitolo dedicato alla meccanica dei solidi, fino a questo punto sono
stati introdotti ed esaminati gli enti meccanici che hanno consentito di definire lo
spostamento e la deformazione dei corpi solidi deformabili mediante una tratta-
zione avente evidenza geometrica; d’altro canto l’introduzione dei concetti di for-
za e di tensione secondo Cauchy ha permesso di definire le relazioni di equilibrio
del solido deformabile di tipo anche puntuale, a differenza del corpo rigido.
Si noti che gli spostamenti e le rotazioni dei solidi deformabili sono misurabili
sperimentalmente tramite opportuni apparati, macchine, strumenti (Figura 5.53)
Rilevazione sperimentale e tecniche di prova, con opportuna precisione (comparatori meccanici, tecnica in-
di spostamenti e deformazioni terferometrica Moirè, interferometria laser, tecniche ottiche ecc.). La stessa de-
formazione dell’intorno di un punto accessibile di una struttura è leggibile tramite
la rilevazione di spostamenti relativi su basi molto piccole, a mezzo di estensimetri
potenziometrici, strain gauge (Figura 5.19) o altre apparecchiature. Le forze e le
tensioni sono invece enti convenzionali di cui non è possibile la misura, se non
facendo riferimento ai loro effetti: questi enti rimangono un importante strumento,
pur rimanendo di un carattere astratto che li sottrae a una diretta misurazione. In
elasticità lineare, utilizzando gli enti spostamenti-deformazioni, duali di quelli for-
ze-tensioni, è possibile dedurre l’entità di questi ultimi per confronto analogico.
Il Principio dei Lavori Virtuali ha fornito condizioni di tipo globale di equi-
librio per le forze-tensioni, o di compatibilità per spostamenti-deformazioni, che
generano altresì condizioni locali, di equilibrio o compatibilità, in maniera indi-
pendente dalle reali caratteristiche del singolo materiale strutturale utilizzato.
Finora gli enti statici e quelli cinematici non sono stati posti in una relazione
di causa-effetto su un particolare materiale, mentre in realtà essi coesistono nel-
l’effettiva modellazione del problema strutturale di una costruzione.
Premesse
La Scienza delle Costruzioni deve avviare allo studio e alla soluzione dei reali pro-
blemi strutturali e non può prescindere a questo punto dal trattare i principali aspetti
Figura 5.53
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 389
delle costruzioni ordinarie. Qualche cenno verrà dato in seguito sulla descrizione
delle condizioni di crisi del materiale e sul comportamento plastico.
La descrizione matematica del comportamento macroscopico dei diversi ma-
teriali reali in opportuni intervalli di deformazione e temperatura conduce a certe
relazioni coinvolgenti gli enti meccanici fin qui trattati (tensioni, deformazioni)
Equazioni costitutive che si chiamano equazioni costitutive o legami costitutivi.
Per materiale ideale si intende quello il cui comportamento è idealmente de-
scritto da un certo legame costitutivo che consiste in una legge matematica coin-
volgente le variabili meccaniche, capace di interpretare la qualità della risposta
sperimentale di un’ampia classe di materiali reali.
La meccanica del continuo solido tratta svariati materiali reali accorpandoli
in classi aventi caratteristiche comuni, più che studiare le proprietà di ogni singolo
materiale; ogni legame costitutivo va quindi inteso come rappresentativo del com-
portamento di svariati materiali reali.
Nella descrizione del legame costitutivo di un materiale si possono seguire
Teoria molecolare essenzialmente due strade. La prima, chiamata teoria molecolare e risalente a
studi di Navier e Cauchy (1820), formula un modello meccanico capace di inter-
pretare i legami esistenti fra gli atomi e le molecole del materiale reale, pervenendo
poi alle equazioni matematiche che ne descrivono la legge di comportamento.
La seconda, largamente affermatasi nello scorso secolo, cui si farà riferimento
nel seguito, utilizza la descrizione del continuo solido, pervenendo a una legge
matematica valida per il continuo quale equazione di campo; essa prescinde dal-
l’interpretazione degli effettivi legami fra le particelle preferendo fare riferimento
Legge fenomenologica a una legge di tipo fenomenologico, che è capace di interpretare in media su parti
di materia finite la risposta sperimentale del materiale indagato.
Lo stesso Cauchy contribuì in modo decisivo ad abbandonare la teoria mo-
lecolare che conduceva ad alcune contraddizioni e a formulare la teoria feno-
menologica del continuo, che ancora oggi costituisce base per le più moderne
trattazioni.
La definizione di questo tipo di legame presuppone la cosiddetta omogeneiz-
zazione, che consiste nello stabilire proprietà medie del materiale, a partire dalla
Elemento di volume risposta sperimentale di un certo elemento di volume rappresentativo (RVE) della
rappresentativo risposta del materiale reale. La dimensione dell’elemento di volume rappresen-
tativo da prendere in considerazione deve essere la più piccola possibile, dovendo
dare conto di qualità locali all’interno del modello del Continuo di Cauchy, ma
contemporaneamente di dimensione non inferiore a quella che consente di com-
prendere e mediare le eventuali notevoli disomogeneità puntuali. Per esempio,
per il conglomerato cementizio realizzato con inerti delle dimensioni di 3 cm,
sabbia, cemento e acqua, un volume rappresentativo delle dimensioni di una de-
cina di centimetri consente di cogliere le proprietà medie dell’impasto da porre
a base del materiale ideale omogeneizzato, evitando di descrivere le forti diso-
mogeneità presenti fra inerte, malta e sabbia. Per l’omogeneizzazione di un muro
in mattoni con allettamenti di malta il volume rappresentativo deve avere dimen-
sione tale da comprendere diversi corsi di mattoni e malta. Per un osso quale il
femore, l’RVE deve comprendere al proprio interno vari fasci di trabecole ossee
e di vasi, quindi avere dimensioni del centimetro cubo.
Presentano un legame costitutivo elastico, in opportune condizioni, materiali
reali molto diversi fra loro quali le terre, gli acciai, i materiali polimerici, la ghisa,
il legno, le ossa ecc.
Si noti peraltro che con il termine materiale reale si intendono non solo i ma-
teriali disponibili in natura ma anche quelli costruiti dall’uomo.
Materiali progettati Oggi, infatti, esistono i cosiddetti materiali progettati, le cui caratteristiche
vengono progettate a tavolino e ottenute mediante processi produttivi e tecnologici
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 391
mirati a ottenere talune desiderate qualità (per esempio i materiali compositi con
fibre di rinforzo progettati per ottenere la scocca di un’auto da corsa, o la vela
di una barca, o un paio di sci, o un casco da motociclista): la moderna ingegneria
dei materiali è la disciplina che studia tali processi.
Nei materiali progettati dalla moderna ingegneria, si punta a doti particolari
di leggerezza, resistenza e rigidezza, dipendenti dallo specifico impiego cui sono
destinati.
Per risolvere problematiche avanzate in ambito aerospaziale, aeronautico, bio-
medico, civile e meccanico è oggi usuale progettare il materiale partendo dalla
microstruttura o dalla nanostruttura (1026 m, 1029 m), cioè dal disegno degli ele-
menti componenti a livello finissimo, che dipende dal processo tecnologico se-
guito nella sua produzione, per potere dedurre il legame costitutivo “omogeneiz-
zato” del materiale a livello della meso e macroscala: la disciplina nella quale
queste tamatiche sono sviluppate è la “micromeccanica dei materiali eterogenei”, Micromeccanica dei materiali
materia che comincia a essere inserita in alcuni curricula universitari. eterogenei
Un esempio di rilievo per la cui analisi è necessario utilizzare la micromec-
canica è costituito dai compositi rinforzati per esempio con fibre di vetro o di car-
bonio e – più di recente – da materiali con strutture formate da nano-tubi di car-
bonio, come quello della figura all’inizio del Capitolo 5. In particolare, tali na-
no-strutture sono in grado di offrire incrementi di rigidezza fino all’ordine dei
TPa (1012 Pa) e resistenze dell’ordine dei GPa (109 Pa).
Frequentemente si utilizzano materiali compositi, cioè formati mediante as- Materiali compositi
semblaggi di diversi materiali, ognuno con le sue caratteristiche, la cui risposta
complessiva dipende dal disegno dell’assemblaggio e dalle caratteristiche mec-
caniche dei singoli materiali (scocche di veicoli, di imbarcazioni, alberi di navi
a vela, vele, sci ecc.).
Una branca della moderna ingegneria dei materiali che sta assumendo grande
importanza è quella dei cosiddetti Functionally Graded Materials, che sono as- Functionally Graded Materials
semblaggi di diversi materiali ciascuno dei quali può essere isotropo o anisotropo,
ma omogeneo. Esempi rilevanti di tali materiali sono individuabili nelle fibre ot-
tiche, nella struttura degli osteoni e in molti altri materiali artificiali e tessuti bio-
logici. (Nunziante et al, Mechanics of Advanced Materials and Structures, 2007).
Prima guida alla formulazione del legame costitutivo di una certa classe di ma-
teriali deve essere l’evidenza sperimentale: è necessario cioè conoscere nel modo Evidenza sperimentale
più completo possibile la risposta sperimentale di elementi del materiale in studio,
sotto le più svariate condizioni di lavoro; solo partendo dall’esperienza di labora-
torio è infatti possibile poi estrarre i principali parametri che regolano il compor-
tamento del materiale e legarli in un’equazione atta a definire il modello di mate-
riale ideale capace di interpretare correttamente il comportamento di quello reale.
Il concetto di materiale ideale è squisitamente locale, nel senso che il legame
costitutivo descrive in termini matematici il comportamento di un intorno del ma-
teriale reale, di dimensioni teoricamente piccole quanto si vuole; in tal senso de-
scrive le proprietà del materiale in un certo punto del corpo.
Consistenza
Ogni equazione costitutiva deve essere consistente con i principi generali di equi-
librio, di congruenza e di bilancio stabiliti dalla meccanica classica, così come
con i principi della termodinamica.
È utile qui ricordare che una teoria matematica si dice consistente se essa è Consistenza
non contraddittoria, ovvero se da essa non è possibile dedurre un enunciato e la
sua negazione. Una teoria consistente non può quindi essere onnicomprensiva;
infatti debbono esistere enunciati non deducibili logicamente da essa (A. Tarski,
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 392
Le negazioni, 1930); essa quindi deve dire qualcosa e non può ammettere come
deducibile qualsiasi risultato.
Isotropia
Isotropia Si dice isotropo, rispetto a una certa proprietà, un materiale per il quale tale pro-
prietà non dipende da una particolare direzione e si manifesta, quindi, nello stesso
modo qualunque sia la direzione di prova, dell’elemento considerato. In questo
capitolo verrà trattata l’isotropia elastica del materiale, consistente nel fatto che
la risposta elastica del materiale, che verrà definita di seguito, è la stessa qua-
lunque sia la direzione di prova e quindi è indipendente dalla direzione, nell’in-
torno del punto.
Omogeneità
Omogeneità Si definisce omogeneo un materiale che, a un’opportuna scala, è rappresentabile
con una unica legge costitutiva in tutta l’estensione del solido. Per i corpi omo-
genei il legame costitutivo non varia al variare dell’intorno considerato ed è quindi
lo stesso per gli intorni di tutti i suoi punti.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 393
24
Figura 5.55
22.5
21
16.5 40 1.4
15 30 1.2
13.5 25 1.0
12 20 0.8
15
Diagramma completo 0.6
10.5
per l’Acciaio A.37
9 10 0.4
Diagramma completo
7.5 5 0.2 per il piombo
5
0 50 100 150 200 250 300 350 0 100 200 300 400 500 600 700
4.5 Ghisa G12 mm per m di lunghezza dell’asta
3.0 (millesimi di mm per mm di provetta
1.5 Piombo
kg/mm2
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 394
Figura 5.56 σ
tensione
effettiva
σ tensione
nominale
O ε εr
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 395
σ Figura 5.57
Y P R
σs
E
L
σ艎
O S
ε ε0 εr εR ε
L′
Y′
Per tale motivo la sezione circolare, inizialmente di raggio r0 e area A0, nel corso
della prova si tramuta in cerchi di raggio r(t) decrescente.
Tale situazione degenera poi per deformazioni vicine a quelle massime, in
quanto nella parte centrale del provino, prima della rottura (R), si ha una forte e
rapida riduzione del raggio, con un effetto irreversibile detto strizione; la strizione, Strizione
localizzata in una piccola zona, produce un improvviso aumento della tensione Tensione effettiva
effettiva in quella zona, ben più consistente di quanto non rilevato dalla tensione
nominale e la rottura improvvisa del provino.
La maggiore complessità e ricchezza della prova lasciano intravedere defini-
zioni alternative e più precise della tensione e della deformazione; in particolare
la tensione media assiale riferita alla sezione effettiva di area A determinatasi nel- F(t)
l’istante t vale e la deformazione assiale, nell’istante t, presenta incrementi s(t) 5
A(t)
dati da sicché la deformazione attuale al tempo t si ottiene integrandone gli
incrementi fra 0 e t: .
Il risultato della prova riportato più sopra in Figura 5.57 in termini di defor- de(t)5
mazione e tensione nominali, si presta alle seguenti osservazioni. ,(t1dt)2,(t)
5 lim 5
,(t)
Deformazione elastica d,
5
,(t)
Nel tratto iniziale OL e fino ai valori nominali (e,, s,) la curva di risposta è pres-
soché lineare; tale curva viene percorsa in modo del tutto reversibile, cioè sia che t
d, ,(t)
si carichi il provino (verso di percorrenza della curva da O verso L) sia che lo si e(t) 5 3 5 ln
scarichi (curva percorsa da L verso O). ,(t) ,0
0
Le deformazioni sono di tipo istantaneo, cioè evolvono istantaneamente e sen-
za ritardi rispetto agli incrementi delle tensioni.
In tale tratto, grazie alla reversibilità e alla linearità della risposta, il materiale
evidenzia un comportamento detto linearmente elastico.
Il tratto LE, non più lineare, viene percorso al crescere della tensione al di sopra
di s,; tale tratto rappresenta ancora trasformazioni reversibili del materiale, nel senso de(t)5
che tutto il tratto OE viene percorso sia nella fase di carico sia in quella di scarico. ,(t1dt)2,(t)
La curva viene percorsa nella fase di carico da O verso un qualunque punto 5 lim 5
,(t)
fino a quello E e nel successivo scarico di nuovo verso O senza che nel materiale
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b)
Limite elastico – tensione di snervamento
Si definisce limite elastico lo stato del materiale rappresentato dal punto Y in cor-
rispondenza del quale, per convenzione, allo scarico, cioè riportando il materiale
alla tensione nulla (tratto Y, e0), viene determinato un primo valore della defor-
mazione residua er 5 e0 apprezzabile dalla strumentazione adoperata. Per esem-
pio, per le barre di armatura in acciaio del cemento armato questa deformazione
è dell’ordine del 2>1000.
Figura 5.58 Il punto di limite elastico Y così definito corrisponde a un valore della tensione
detto tensione limite o tensione di snervamento ss.
Tensione limite
Deformazione plastica
Per il materiale che abbia raggiunto lo stato (e, s) corrispondente a un generico
punto P appartenente al tratto YR, avente andamento pressoché parallelo all’asse
delle deformazioni, che venga scaricato tramite riduzione della s presente, la
linea della risposta (e, s) è sensibilmente parallela a quella di carico iniziale OL;
in tale caso, a scarico completato (punto S) con valore nullo della tensione no-
minale, è presente una deformazione residua di valore er di tipo permanente che
Deformazione plastica si chiama deformazione plastica e si indica anche con ep.
Nel tratto YR il materiale, sotto tensione nominale pressoché costante e pari
al valore limite ss, presenta incrementi plastici crescenti della deformazione no-
minale; alla fine di questo tratto si ha un picco nella tensione effettiva, corrispon-
dente all’improvviso effetto di strizione precedente la rottura. Le deformazioni
plastiche sono di tipo irreversibile, esse infatti permangono nel materiale anche
quando si riduca a zero la tensione.
Tali deformazioni dipendono da spostamenti relativi degli atomi a livello dei
Dislocazioni cristalli dette dislocazioni, che creano difetti nell’iniziale regolarità del reticolo
cristallino e che permangono alla scomparsa del carico (Figura 5.58). Anche tali
Duttilità deformazioni, come quelle elastiche, evolvono istantaneamente.
La caratteristica di certi materiali di esplicare grandi deformazioni plastiche
Fragilità prende il nome di duttilità.
Un materiale si definisce duttile se presenta un rapporto eR>e0 molto maggiore
σ di uno; in caso contrario il materiale si dice fragilefragilità. In Figura 5.59 è rap-
presentato il diagramma di risposta (e, s) di un materiale fragile, in una prova a
σs controllo di forza.
Le considerazioni qui sopra svolte per la prova di trazione di un provino me-
tallico possono ripetersi pressoché identicamente per una prova di compressione:
gli aspetti sia qualitativi sia quantitativi della risposta rimangono sostanzialmente
immutati; ciò comporta quindi un diagramma di risposta quale quello OL9Y9 di
Figura 5.57, polarsimmetrico rispetto all’origine O di quello OLY determinato
O ε 0 εR ε nella prova di trazione.
Un materiale che presenta una risposta come quella di Figura 5.57, con il tratto
Figura 5.59 nel quale si esplicano le deformazioni plastiche, sotto la tensione limite ss pres-
soché costante, molto esteso e quindi a risposta duttile, viene detto elastico-per-
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 397
fettamente plastico. La sua risposta viene riassunta dalla bilatera di Figura 5.60
del comportamento idealmente elastico-perfettamente plastico.
Incrudimento
Per taluni materiali metallici, ma non solo per questi, al crescere della tensione, nel
tratto YR gli aggregati cristallini del metallo, detti policristalli, scorrono gli uni ri-
spetto agli altri, ma i cambiamenti di orientazione fra i piani cristallografici esistenti
nei diversi aggregati determinano barriere per lo scorrimento, per vincere le quali
è necessario un aumento del carico F e conseguentemente della tensione per gene-
rare incrementi della deformazione; tale incremento della resistenza agli scorrimen-
ti, nel comportamento plastico, viene chiamato incrudimento (Figura 5.61a). Incrudimento
Per i materiali incrudenti, nel tratto YR la curva (e, s) di risposta si presenta
crescente.
σ
σs
Anisotropia da deformazione permanente
Generalmente le deformazioni fin qui trattate, per i metalli così come per altri
materiali, avvengono in modo isotropo, cioè in modo invariante rispetto alla di- O
rezione di prova. Ciò vuol dire che provini uguali ottenibili secondo generiche e ε0 ε
diverse orientazioni a partire da un blocco grande del materiale, evidenziano, se
provati in modo uguale, lo stesso comportamento, indipendentemente dall’origi-
–σs
naria giacitura nel blocco di provenienza.
Le deformazioni residue o permanenti nei metalli dipendono da dislocazioni
di atomi che determinano slittamenti con conseguenti microdeformazioni e auto-
Figura 5.60
tensioni elastiche residue, necessarie ad assicurare la compatibilità a seguito della
nascita delle dislocazioni (Figura 5.58). Tale stato instabile di deformazioni ela-
stiche locali presenti al livello macroscopico, con i corrispondenti sforzi autoe-
quilibrati, sono causa della riduzione del carico necessario a produrre scorrimenti
di segno opposto a quelli precedentemente verificatisi, fenomeno questo ultimo
particolarmente evidente per i metalli incrudenti.
Al livello macroscopico ciò si traduce in una anisotropia derivante dalle de-
formazioni permanenti verificatesi, che si manifesta attraverso una riduzione della
tensione limite in compressione, per un materiale che abbia precedentemente su-
bito deformazioni plastiche di allungamento (tratto SY9 di Figura 5.61b).
L’effetto di tale anisotropia consiste nel raggiungimento di una tensione limite
ss0 in compressione di valore assoluto minore di s9s per il materiale preceden- 0s0 s 0 6 0 s9 s
temente snervato in trazione (tratto OYS). Tale effetto di anisotropia indotta dalle
deformazioni plastiche è noto sotto il nome di effetto Bauschinger. Effetto Bauschinger
σ σ Figura 5.61
R S
Y σs′ Y
σs
O ε
O ε σ s′′ Y′
a) b)
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Figura 5.62 ε
σ
σ3 > σ2 compressione
σ2 > σ1
σ1
O O
τ τ
a) b)
σ
Figura 5.63
Y – εt /ε
σs′
0.5
O 0.3
s ε
Y′ O
– σ′′s ε0 ε
a) b)
certo intervallo di tempo (più o meno grande a seconda del livello di sforzo) la
pendenza della curva di risposta cresce rapidamente, fino alla rottura del provino.
Se durante la prova il carico viene rimosso, la parte elastica della deformazione
viene recuperata istantaneamente. Le deformazioni viscose possono essere o meno
recuperate nel tempo. I polimeri, dopo un certo tempo, ritornano alle condizioni
iniziali, mentre nei metalli le deformazioni viscose sono in generale permanenti.
In Figura 5.62b è rapresentata la risposta tipica di una prova di rilassamento
in compressione. Il provino viene accorciato e mantenuto in tale stato deformativo;
lo sforzo indotto dall’accorciamento, misurato al suo evolversi nel tempo a de-
formazione costante, decade nel tempo. Un materiale che presenta comportamento
viscoso in condizioni di creep, in generale presenta anche il fenomeno del rilas-
samento: queste due proprietà sono dunque, in generale, correlate.
Il comportamento dipendente dal tempo dei materiali da costruzione, presenta
alcune analogie con quello di un fluido viscoso perfetto. I modelli costitutivi per Fluido viscoso perfetto
questi comportamenti combinano le leggi che governano la risposta di tale fluido
con quelle che predicono la parte indipendente dal tempo nella risposta del ma-
teriale. In letteratura vengono formulati modelli viscoelastici o elasto-viscopla-
stici, a seconda che contengano solo parametri atti a descrivere proprietà elastiche
e viscose o anche plastiche.
Punto di rottura
È il punto terminale R della curva di carico, corrispondente all’improvvisa perdita
di continuità del provino che si spezza in due parti. La deformazione eR ultima
del provino in corrispondenza della rottura si chiama deformazione alla rottura. Deformazione alla rottura
Incompressibilità
Le deformazioni plastiche e quelle viscoplastiche dei metalli, fatta eccezione per
quei reticoli nei quali sono presenti dislocazioni (Figura 5.58), non alterano la
struttura cristallina delle rimanenti parti, essendo riconducibili a meccanismi di
scorrimento; pertanto esse modificano molto poco il volume degli aggregati cri-
stallini, risultando giustificato in modelli semplificati considerare nulla la varia-
zione volumetrica in ambito plastico.
In ambito elastico si hanno piccole deformazioni volumetriche reversibili. Per Deformazioni volumetriche
approfondimenti su questo tema è utile la descrizione degli esperimenti di J. Bau-
shinger, Civilingenieur, Leipzig, 1879, 25, 81-124.
Gli esperimenti effettuati sui metalli, come quello della prova di trazione mo-
nodimensionale sopra descritta, hanno mostrato che alla dilatazione e del provino
nella direzione del suo asse, che coincide con quella della tensione s applicata,
si accompagna la deformazione trasversale di valore et, uniforme in qualunque
direzione normale all’asse del provino. La et è di contrazione e quindi negativa.
Il rapporto n 5 2et>e nell’ambito delle piccole deformazioni elastiche viene chia-
mato modulo di contrazione trasversale o modulo di Poisson e assume valori ca- Modulo di Poisson
ratteristici per i diversi materiali.
Per un acciaio, il valore iniziale di n 5 0.30 , 0.33 durante la prova tende a
incrementarsi, evidenziando all’insorgere del fenomeno della strizione e alla na-
scita delle deformazioni plastiche valori prossimi a n 5 0.5 (Figura 5.63b). Questo
comportamento si accompagna a quello della strizione, il cui effetto macroscopico
è quello di una drastica e repentina riduzione del diametro del provino, in una
zona di piccola estensione.
Si è mostrato precedentemente che il coefficiente di variazione volumetrica
[Equazione (5.37)] vale
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 400
et 5 20.5e e cv 5 e 22(0.5)e 5 0
Questo risultato evidenzia che un rapporto 2et>e tendente a 0.5 comporta una so-
Incompressibilità stanziale invariabilità del volume e quindi l’incompressibilità del materiale du-
rante l’esplicazione delle deformazioni plastiche, che sono dunque connesse con
meccanismi di tipo essenzialmente da scorrimento.
Questo comportamento peraltro è del tutto diverso da quello evidenziato da
numerosi altri materiali da costruzione (conglomerati, terre, materiali granulari,
porosi, materiali polimerici), che anche al limite della resistenza evidenziano valori
molto più bassi di 0.5 del valore et>e. Questi materiali presentano pertanto una
consistente variabilità volumetrica, quindi compressibilità in condizioni limite.
Frattura
Le deformazioni elastiche e quelle permanenti derivanti da spostamenti relativi
degli atomi mantengono la coesione della materia.
Frattura La frattura invece, per sua definizione, è un meccanismo che interrompe la
continuità della materia e crea discontinuità di superficie o di volume all’interno
del materiale.
Le fratture avvengono inizialmente a livello degli aggregati cristallini; esse
hanno dimensioni di centesimi o millesimi di centimetro e la loro propagazione
può determinare linee di frattura delle dimensioni dei millimetri o dei centimetri.
La frattura fragile dipende dalla rottura dei legami interatomici dovuta a con-
centrazione di sforzi e di energia di deformazione.
Sfaldatura I piani cristallografici si distaccano direttamente per clivaggio o sfaldatura.
A livello macroscopico tale fenomeno determina la rottura immediata del pro-
vino, con piccole deformazioni plastiche (Figura 5.59).
Si ha la frattura duttile quando deformazioni locali si verificano nell’intorno
di imperfezioni del reticolo cristallino. Le fratture nascono a livello microscopico,
propagandosi poi e collegando diversi rami, fino a che giunge la rottura. In questo
caso la nascita delle fratture si può accompagnare a un comportamento global-
mente duttile del materiale, cioè alla nascita di grandi deformazioni permanenti
prima della rottura (Figura 5.54, Figura 5.60).
La disciplina che tratta la nascita e la propagazione della frattura, dei difetti
e delle fessure si chiama Meccanica delle Frattura, ma i suoi scopi esulano da
questo testo. Nel Capitolo 7 verranno solo dati cenni su questa teoria.
5.4.3 Elasticità
Comportamento elastico L’aspetto principale del comportamento elastico del materiale deducibile dagli
esperimenti eseguiti a temperatura ambiente può essere descritto nello spazio delle
deformazioni come segue.
ε hk Figura 5.64
ε Bhk B
ε Ahk
A
O ε Aij ε Bij ε ij
Ciò vuol dire che nella trasformazione dello stato di deformazione da A verso B
l’elemento materiale ha scambiato energia con l’ambiente esterno, per esempio
dall’esterno è stato compiuto su di esso un lavoro che lo ha deformato; questo la-
voro deve quindi essere stato completamente immagazzinato nell’elemento sotto
forma di energia di deformazione. Questa energia viene poi completamente re-
stituita nella successiva trasformazione fra B e A. Poiché alla fine del ciclo di tra-
sformazione ABA, qualunque sia il percorso, lo stato di tensione e deformazione
del materiale non è mutato, il bilancio dello scambio di energia fra esso e l’am-
biente è nullo; se ne deduce che nella trasformazione AB lo scambio di energia
è uguale e opposto a quello relativo alla trasformazione BA, qualunque siano i
percorsi g seguiti; la variazione di energia deve allora essere funzione solo degli
stati iniziale A e finale B. L’energia, che è una funzione di stato, è una funzione
integrabile ed è differenziabile. Tale condizione è tipica delle trasformazioni re- Trasformazioni reversibili
versibili o conservative.
Con riferimento a un incremento elementare del processo di carico descritto
di un elemento unitario di materiale che parta dallo stato (sij, eij), in condizioni
adiabatiche e quasi statiche e in assenza di fenomeni dissipativi, il Principio dei
Lavori Virtuali consente di scrivere l’eguaglianza del lavoro esterno e di quello
meccanico interno:
dLe 5 dLi 5 dF 5 sijdeij (5.184)
che costituisce il legame costitutivo del materiale che ammette una funzione ener- Energia di deformazione
gia di deformazione elastica specifica F 5 F(eij), avente il ruolo di funzione po- elastica
tenziale dello stato di tensione, detta anche potenziale elastico.
L’esistenza dell’energia elastica F 5 F(eij) quale potenziale elastico, in quanto Potenziale elastico
generatore dello stato di tensione tramite la (5.185), consente di affermare che lo
stato di tensione nell’elemento che presenti valore F dell’energia elastica dipende
dallo stato deformativo raggiunto e non dalle trasformazioni precedentemente su-
bite: il materiale in tale senso non conserva memoria del processo deformativo
precedente all’istante attuale.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 402
Materiale iperelastico L’ipotesi di esistenza del potenziale elastico F(eij) definisce i materiali iperela-
stici; essa fu assunta per la prima volta da G. Green nel 1839. È il caso di notare
che in letteratura, con il termine elastico ci si riferisce normalmente al modello
iperelastico del materiale. Più avanti si esporrà, quale controesempio, un modello
di materiale non iperelastico.
La condizione necessaria di differenziabilità di F(eij) (5.184) richiede il sod-
disfacimento delle equazioni:
0sij 0shk
5 (5.186)
0ehk 0eij
È ben noto che negli aperti semplicemente connessi la (5.187) è anche condizione
sufficiente per la differenziabilità di F(eij).
Si voglia ora invertire la relazione costitutiva (5.185) che ha la forma
d(sijeij) 5 sij 5 sij(ehk). Si consideri l’elemento materiale infinitesimo nello stato elastico
caratterizzato dai valori (E, T) della deformazione infinitesima e dello sforzo, e
5 sijdeij 1 eijdsij 5
il prodotto interno T ? E 5 sijeij, già introdotto nella (5.182), definibile nello
5 dF(eij) 1 dF c(sij) spazio vettoriale di dimensione 12 delle tensioni e delle deformazioni; se per ipo-
tesi il prodotto interno è differenziabile, risulta .
La funzione Fc(sij), avente differenziale dFc(sij) 5 eijdsij, introdotta per la
prima volta da Alberto Castigliano (1875), in quanto differenza di differenziali
DF c(sij)53 eijdsij53 dF c esatti, è anch’essa un differenziale esatto e può quindi integrarsi nel processo, ri-
sultando , o equivalentemente , che fornisce (trasformazione di Legendre):
0F c 0F c
dF c(sij)5 ds 5e ds eij 5 eij(shk) 5 (5.188)
0sij ij ij ij 0sij
Figura 5.65 σ
φc
φ
O ε
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F(eij) 5 cijhkeijehk 5 E # cE
1 1
(5.189)
2 2
ove # è un tensore del quarto ordine costituito da 81 costanti, e viene chiamato
tensore delle costanti elastiche o tensore di elasticità. Tensore di elasticità
Si è già osservato che la condizione di integrabilità di F(eij) è fornita dalla
(5.187), che applicata alla (5.189) fornisce
T 5 #E (5.192)
Grazie alle proprietà di simmetria maggiore e minori è possibile condensare gli
indici presenti nella (5.191). Si consideri a ciò fare la rappresentazione vettoriale Rappresentazione vettoriale
dei tensori di deformazione e di sforzo, di seguito definita nello spazio vettoriale di tensioni e deformazioni
di dimensione 6 (dovuta a Voigt): Condensazione di Voigt
eT53e1 e2 e3 e4 e5 e6 453e11 e22 e33 2e12 2e23 2e31 453e11 e22 e33 g12 g23 g31 4
sT53s1 s2 s3 s4 s5 s6 453s11 s22 s33 s12 s23 s31 453s11 s22 s33 t12 t23 t31 4 (5.193)
T ? E 5 sT · e
La (5.189) può scriversi a questo punto:
F 5 sT # e
1
(5.199)
2
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Un materiale elastico nello stato naturale, per essere deformato, necessita l’inter-
vento di forze esterne che compiano un lavoro che si trasforma completamente
nell’energia di deformazione. L’Equazione dei Lavori Virtuali consente di affer-
mare che il lavoro delle forze, che è assunto positivo, deve uguagliare il lavoro
interno; ne consegue il carattere positivo di F qualunque sia lo stato di deforma-
zione e non nullo raggiunto:
s #e70
1 T
F5 5e?0
2 (5.200)
Questa condizione, che va sotto il nome di stabilità del materiale elastico, equivale Stabilità del materiale elastico
ad affermare che la (eT · Ce) è una forma quadratica definita positiva; risulta in- Forma quadratica definita
fatti per tali forme: positiva
eT # Ce 7 0 5e?0
(5.201)
eT # Ce 5 0 3 e50
Poiché la proprietà definitoria (5.201) vale per ogni determinazione di e, essa
deve riguardare la matrice C che viene quindi detta definita positiva.
Una matrice è definita positiva se e solo se tutti i suoi minori principali hanno
determinante positivo. Una condizione equivalente è che ciascuno dei suoi auto-
valori sia positivo.
Poiché la matrice C presenta determinante positivo essa è invertibile.
Detta C21 la sua inversa, l’equazione costitutiva (5.198) presenta l’inversa
e 5 C21s 5 As (5.202)
che fornisce in elasticità lineare la deformazione in funzione della tensione me-
diante la matrice A 5 C21 di cedevolezza elastica. Matrice di cedevolezza elastica
Il potenziale complementare nel caso di elasticità lineare assume l’espressione: Potenziale complementare
F c 5 sT # As
1
(5.203)
2
Figura 5.66
σii σii
dxi
dxi (1 + ε ii )dxi
E E E
ˇ ˇ
che legano le tensioni normali alle dilatazioni, per il materiale linearmente ela-
stico isotropo.
Similmente, l’evidenza sperimentale mostra che una tensione tangenziale t
determina lo scorrimento g corrispondente, pertanto si ha:
t12 t23 t31
g12 5 g23 5 g31 5 (5.208)
G G G
relazioni che legano le tensioni tangenziali ai corrispondenti scorrimenti. Il coef-
Modulo di elasticità ficiente G si chiama modulo di elasticità tangenziale e per la condizione di stabilità
tangenziale (5.200) deve essere positivo G . 0. Le (5.207) e (5.208) sono le relazioni inverse
Equazioni inverse di quelle di Hooke dell’elasticità lineare isotropa. Delle tre costanti elastiche (E, n, G) fin
di Hooke qui introdotte, solo due sono indipendenti.
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Figura 5.67
Tabella 5.2 Costanti Elastiche e parametri meccanici dei materiali da costruzione.
408
Ferro 7.86 180-210 78-81 0.3 169 140-200 280-400 15-20% 11.8-12
Acciaio 7.83 190-210 82 0.26-0.33 172 200-500 400-600 12-25% 12-16
Acciaio x 7.83 207-210 82-84 0.26-0.33 172 1700 1800 3-5% 11.6
precompresso
Alluminio 2.7-3.9 70-80 25-26 0.16-0.35 71.6 22-35 50-80 8-20 23.6-25
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fibre 5
0.60-65
409
Tabella di conversione unità di misura: 1 GPa 5 109 Pa 5 109 N>m2 5 104 Kg>cm2; 1 MPa 5 106 Pa 5 106 N>m2 5 105 Kg>m2 5 10 kg>cm2 5 1 N>mm2
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essi sono da considerarsi come puramente indicativi degli effettivi valori, i quali
debbono comunque essere saggiati sperimentalmente sul materiale reale in studio,
nei casi concreti in cui ciò sia necessario.
j Esempio 5.15 A titolo di esercizio si determina qui di seguito l’espressione del modulo di ela-
sticità tangenziale G, in funzione di quello di Young E e di quello di Poisson n.
Si faccia riferimento all’elemento di materiale a base quadrata, di vertici OPQR,
di dimensione dx nel piano (xi, xj), al quale sia applicata la sola tensione tan-
genziale tij (Figura 5.68). Il tracciamento del cerchio di Mohr per questo stato
sI nsII
eI 5 2 5 piano di tensione mostra che le direzioni principali di tensione nI, nII nel piano
E E (xi, xj) formano angoli di p>4 con gli assi (xi, xj). Le tensioni principali agenti
tij 11 1 n2 sui piani principali valgono rispettivamente sI 5 tij, sII 5 2tij. Le direzioni
5
E principali di deformazione coincidono con quelle di tensione nI, nII. La dilata-
zione principale eI si ottiene dalla prima delle (5.207): .
dxi Poiché le dilatazioni e gli scorrimenti forniti dalle (5.207) e (5.208) sono disac-
P9P0 5 eI 5
"2 coppiati, in funzione rispettivamente delle tensioni normali e di quelle tangenziali,
dxitij 11 1 n2
ne consegue che nel riferimento (xi, xj) non vi sono dilatazioni: ciò implica che nella
5 deformazione il punto P si sposta nel punto P9, ortogonalmente all’asse xi. Lo spo-
"2E stamento P9P0 del punto P nella direzione principale di deformazione nI vale .
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Figura 5.68
nII nI
xj
Q′
τ ij
R′
R Q τ nm
ε ij
dx τ τ ij
ij
P′
P′′
P
O
τ ij ε ij = 1/2 γij xi σn
dx
σII
σI σII σI
τ n
σII
σI
PP9 2tij 11 1 n2
gij 5 2 5
dx E
Confrontando questa relazione con quella analoga delle (5.212), si ottiene la
cercata espressione per il modulo di elasticità tangenziale:
E
G5 (5.213)
211 1 n2
I1 1E 2 5 e11 1e22 1e33, I2 1E2 52e11e22 2e22e33 2e33e11 1e12e21 1e23e32 1e31e13
l 5 k 1 2 k2 G 5 k2>2 (5.216)
s1 l 1 2G l l 0 0 0 e1
s2 l l 1 2G l 0 0 0 e2
s3 l l l 1 2G 0 0 0 e3
F V5F VF V
s4 0 0 0 G 0 0 e4 (5.219)
s5 0 0 0 0 G 0 e5
s6 0 0 0 0 0 G e6
Le (5.218) mostrano che le tensioni normali si sono funzioni delle sole dilatazioni
ej e la tij della sola omonima gij; in tale senso c’è un disaccoppiamento delle re-
lazioni tra tensioni normali e dilatazioni da un lato e fra tensioni tangenziali e
scorrimenti dall’altro.
s11 1 s22 1 s33 5 Le (5.218) si invertono agevolmente, come di seguito. La traccia di T vale
5(2G13l)(e111e221e33) che tramite la definizione della tensione media p (5.127) e del coefficiente di va-
riazione volumetrica c (5.46) fornisce:
2G 1 3l
p5 c (5.220)
3
Relazione fra variazione che costituisce la relazione elastica lineare isotropa fra variazione volumetrica
volumetrica e tensione media e tensione media; la (5.220) consente di definire il modulo di elasticità volumetrica
Modulo volumetrico (o bulk modulus):
p 2G 1 3l
cv 5 5 (5.221)
c 3
che rappresenta la tensione media necessaria per ottenere una variazione volume-
trica unitaria [il che significa dimezzamento (o raddoppio) del volume].
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3dijlp
a sij 2 b
1
eij 5 (5.222)
2G 2G 1 3l
e in forma assoluta:
T 3lp
E5 2 I (5.223)
2G 2G12G 1 3l2
G1l 2l 2l
000
G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
2l G1l 2l
e1 000 s1
2G12G 1 3l2 G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
e2 2l 2l G1l s2
e3 000 s
F V5I 2G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2 G12G 1 3l2 Y F 3 V (5.224)
g12 1 t12
0 0 0 00
g23 G t23
1
g31 0 0 0 0 0 t31
G
1
0 0 0 00
G
e3I 0 0 e2I 0 0 eI 0 0 0
2 £ 0 eII 0 § 1 II(E) £ 0 e2II 0 § 2 I2(E) £ 0 eII 0 § 1 I3(E) 5 £ 0 §
3
a dimostrazione dell’assunto.
Seguendo l’impostazione di Eric Reissner (1945), si fa qui l’ipotesi che nella
base principale della deformazione, le componenti principali della tensione
T 5 [sij] del materiale linearmente iperelastico isotropo (5.215)
0F(I1,I2,I3) 0 F 0I1 0F 0I2 0F 0I3
sij 5 5 1 1 (5.226)
0eij 0I1 0eij 0I2 0eij 0I3 0eij
nella quale, grazie all’isotropia, i coefficienti ci sono funzioni dei soli invarianti
di deformazione.
Dalla (5.225) consegue che una qualunque potenza n-esima (n P N) del tensore
E 5 [eij] può essere espressa come combinazione lineare di dij, eij, eijejk a mezzo
di coefficienti che sono funzioni polinomiali dei tre invarianti di E. Infatti la (5.225)
permette di esprimere E3 in funzione delle sole E2, E: E3 5 I1E2 2 I2E 1 I3 e di
esplicitare E4 in funzione dei soli E, E2, nella forma
E4 5 E E3 5 I1E3 2 I2E2 1 I3E 5 (I21 2 I2)E2 1 (I3 2 I1I2)E 1 I1I3I
Per iterazione del procedimento, un qualunque termine c1Ei del polinomio
(5.227) può esplicitarsi in funzione dei soli E2, E, per cui la (5.227) può riscriversi
nella forma:
T 5 3sij 4 5 a1 I 1 a2 E 1 a3 E2 (5.228)
ove le costanti a1, a2, a3 sono polinomi negli invarianti di deformazione. Il risultato
0F
c d 5a1I1a2E1a3E2
(5.228) mostra che il potenziale elastico F(eij) deve soddisfare l’equazione ,
0eij quindi il potenziale elastico, nel caso di elasticità lineare isotropa, è cubico nelle
deformazioni.
Tenendo conto delle espressioni degli invarianti di deformazione:
1
I2(E) 5 (eiiejj 2eijeji) 5 e11e22 1e22e33 1e33e11 2e12e21 2e23e32 2e13e31
2
s5 c d5c dc d
Infatti, operando a titolo di esempio in dimensione due, la relazione lineare s1 C11 C12 e1
si scrive . s2 C21 C22 e2
F 2 5 3 sde 5 e2 a b
C11 C21 C12 C22
1 1 1
2 2 2 2
g2
Materiale non conservativo Questo materiale quindi non è conservativo; infatti una trasformazione chiusa g
corrispondente per esempio al percorso (1g2 2 g1) porta a un valore dell’energia
1C 2 C21 2
e2 di deformazione non nullo pari a che in dipendenza dei valori assunti dalle co-
DF 5
2 12 stanti può essere positiva o negativa e corrisponde quindi all’accumulo nel sistema
di energia o alla produzione di energia.
Solo nel caso C12 5 C21 tale materiale è conservativo, risultando in accordo
ε1 con la simmetria maggiore e con l’esistenza di un potenziale.
ε =ε2
γ2 5.4.6 Equazioni dell’equilibrio elastico isotropo
γ1 Nell’elastostatica lineare il problema dell’equilibrio di un solido o di una struttura
εAhk assume particolari forme, adatte alla risoluzione in forma chiusa o approssimata.
Nei Capitoli 3 e 4 sono già state trattate le particolari forme che assumono i
ε =ε1 ε2 sistemi di equazioni di equilibrio elastico per le diverse modellazioni dei sistemi
di travi e sono state altresì fornite le principali metodologie solutive, con le cor-
Figura 5.69 rispondenti esemplificazioni.
In questa sede si vuole mostrare la forma generale che il sistema di equazioni
di equilibrio elastico assume per il solido linearmente iperelastico e isotropo. Di
norma è assegnato un solido @ linearmente elastico isotropo, vincolato, sul quale
agiscono sistemi di forze superficiali e di volume.
I dati del problema sono in generale i seguenti.
• È assegnato il solido, rappresentato dal dominio connesso @, di frontiera 0@
generalmente regolare. Per la regolarità della frontiera in letteratura vengono
proposte diverse definizioni; per gli scopi che qui ci si prefigge è sufficiente
fare riferimento a una frontiera costituita dall’unione di un numero finito di
Regolarità secondo Kellog superfici differenziabili (regolarità secondo Kellog: O. D. Kellog, Foundations
of Potential Theory, Dover, 1929).
• La frontiera 0@ è a sua volta partizionata nelle due parti:
– 0@u sulla quale sono assegnate le condizioni di vincolo
u5u (5.231)
– 0@f sulla quale sono assegnate le forze superficiali f.
– Su ogni punto della frontiera sono dunque assegnati o i carichi superficiali
o i vincoli: per questo motivo si parla delle equazioni di equilibrio elastico
Problema misto al contorno come di un problema misto al contorno.
• In @ è assegnato il campo di forze di volume b.
• Il materiale linearmente iperelastico isotropo e omogeneo è assegnato tramite
due costanti elastiche, in questa sede identificate nelle (G, v).
e sforzi. L’incognito campo infinitesimo soluzione u 5 u(x1, x2, x3), deve rispettare
le condizioni di vincolo (5.230). Dallo spostamento soluzione si ottiene lo stato di
deformazione infinitesimo corrispondente, tramite le equazioni di compatibilità
1 0ui 0uj
eij 5 a 1 b (5.232)
2 0xj 0xi
ove nei monomi vanno sviluppate le somme sugli indici ripetuti. Tenendo conto
che il delta di Kroneker assume valore diverso da zero e unitario solo per j 5 i,
l’equazione diventa:
0 2ui 0 0u1 0u2 0u3
a b 1 bi 5 0
G
G 2 1 1 1 (5.235)
0xj 1 2 2n 0xi 0x1 0x2 0x3
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 418
Equazioni di Navier-Cauchy sono le equazioni differenziali dell’equilibrio elastico di Navier-Cauchy, che as-
dell’equilibrio elastico sociate alle condizioni di congruenza al contorno vincolato (5.231) e a quelle di
j Approfondimento 5.4
Equazioni di Beltrami-Michell
Il problema di equilibrio elastico è stato risolto con Le (AP5.9) e (AP5.10) permettono di ottenere:
una formulazione alternativa a quella di Navier-Cau-
0 2s11 0 2s22
chy, assumendo quali incognite le componenti di ten- (1 1 n) a 1 b 1
sione. Qui di seguito si ripropone la procedura ana- 0x22 0x21
litica che produce le equazioni di Beltrami-Michell,
0 2I1 0 2I1 0 2I1 0 2I1
1 na2 b 5
nel caso di forze volumetriche costanti.
2 2 1
Derivando la prima equazione indefinita di equi- 0x21 0x22 0x23 0x23
librio rispetto alla variabile x1, derivando la seconda
0 2s11 0 2s22 0 2s33
(1 1 n) a 2 b
rispetto alla variabile x2 e la terza rispetto a x3, som-
2 2 2 1
mando le prime due e sottraendo la terza si ottiene: 0x1 0x2 0x23
02 02 0 2s33
(11n) c
tenendo conto delle relazioni inverse di Hooke, for-
(s 111s 22 ) 1 (s 111s 22 )2 )d5
nisce: 0x21 0x22 0x23
0 2s11 0 2s22 0 2s33
2 n a 1 b 1 5 n=2I1 2 n
0 2I1
0x22 0x22 0x23 0x23
0 2t12 0 2I1
5 211 1 n2 5 n=2I1 2 n
0x1 0x2 0x23
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 419
equilibrio ai limiti (5.131), determinano la soluzione u 5 u(x1, x2, x3) del proble-
ma. Le (5.236) si scrivono in forma assoluta:
G
G=2u 1 grad div u 1 b 5 0 (5.237)
1 2 2n
e in definitiva: 0 2I 1
(1 1 n)=2 s11 1 50
0x21
0 2I1
=2 I1 2 5 (1 1 n)=2 s33 (AP5.11)
0x23 0 2I 1
(1 1 n)=2 s22 1 50
0x22
dalla quale permutando gli indici si ottengono le tre
equazioni: 0 2I 1
(1 1 n)=2 s33 1 50
0 2I1 0x23
=2I1 2 5 (1 1 n) =2s33
0x23 (AP5.14)
0 2I1
(1 1 n)=2t12 1 50
0 2I2 0x1x2
=2I2 2 5 (1 1 n) =2s22 (AP5.12)
0x22
0 2I1
(1 1 n)=2t23 1 50
0 2I1 0x2x3
=2I3 2 5 (1 1 n) =2s11
0x21
0 2I1
(1 1 n)=2t31 1 50
Sommando le tre (AP5.12) si ottiene: 0x3x1
1
Nunziante L. Scienza delle Costruzioni. Il Continuo. JOVENE,1997. Cap.1.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 421
con le inverse
E 5 bT (5.251)
E9 5 b9 T9 (5.252)
T9 5 R T RT 5 R c E RT 5 R cRTE9R RT 5 R c RTE9
la quale, confrontata con la (5.243), fornisce
c9 5 Rc RT (5.255)
che costituisce la formula di trasformazione del tensore di elasticità al ruotare del Trasformazione del tensore
riferimento. La sua inversa si ottiene premoltiplicando per RT e postmoltiplicando di elasticità al mutare
per R la (5.255): della base cartesiana
c 5 RT c9 R (5.256)
2
Nunziante L. Scienza delle Costruzioni. Il Continuo. JOVENE, 1997. Cap. 4.
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 424
Si è già dimostrato che le costanti indipendenti del materiale nel caso isotropo
sono due.
Taluni materiali, non isotropi, presentano peraltro le stesse proprietà e quindi
lo stesso legame costitutivo al ruotare della base del riferimento secondo valori
opportuni degli angoli; gli insiemi di basi ottenibili l’una dall’altra con tali dire-
Gruppi di simmetria zioni costituiscono gruppi di trasformazioni che vengono detti gruppi di simmetria
delle costanti elastiche (Smirnov V.I., Corso di Matematica Superiore, Editori
Riuniti, 1982).
Un materiale ideale avente, secondo tutte le direzioni, proprietà diverse si dice
Materiale anisotropo anisotropo; le costanti indipendenti di tali materiali sono ventuno, grazie alla sim-
metria di #.
Fra il materiale isotropo e quello anisotropo si collocano quindi una serie di
materiali dotati di certe simmetrie.
Materiale ortotropo
Definizione 1: Materiale ortotropo
Un materiale si dice ortotropo se esso presenta tre piani di simmetria delle costanti
elastiche mutuamente ortogonali.
A tale classe, per esempio, appartiene il legno, (Figura 5.71) di cui un elemento
proveniente dal taglio di un albero presenta nella direzione radiale r, orizzontale
Direzioni principali
del materiale
o e verticale v (fibre) comportamenti diversi; i tre piani ortogonali rispettivamente
r, o, v sono piani di simmetria delle costanti elastiche.
Piani principali del materiale Le direzioni r, o, e v vengono chiamate direzioni principali del materiale.
r
Definizione 2: Materiale a isotropia trasversa
o
Ricadono in questa classe materiali come il marmo, i materiali stratificati, le ar-
desie, i laminati, i metalli che abbiano subito processi di rollatura piana, nonché
Figura 5.71
taluni materiali compositi.
La n è direzione principale del materiale a isotropia trasversa.
Materiale a isotropia trasversa
s11 #1111 #1112 #1113 #1121 #1122 #1123 #1131 #1132 #1133 e11
s12 #1211 #1212 #1213 #1221 #1222 #1223 #1231 #1232 #1233 e12
s13 #1311 #1312 #1313 #1321 #1322 #1323 #1331 #1332 #1333 e13
s21 #1311 #2112 #2113 #2121 #2122 #2123 #2131 #2132 #2133 e21
H s22 X5H #2211 #2212 #2213 #2221 #2222 #2223 #2231 #2232 #2233 X?H e22 X (5.263)
s23 #2311 #2312 #2313 #2321 #2322 #2323 #2331 #2332 #2333 e23
s31 #3111 #3112 #3113 #3121 #3122 #3123 #3131 #3132 #3133 e31
s32 #3211 #3212 #3213 #3221 #3222 #3223 #3231 #3232 #3233 e32
s33 #3311 #3312 #3313 #3321 #3322 #3323 #3331 #3332 #3333 e33
con le inverse:
e 5 bs eij 5 bijhkshk (5.265)
con le inverse
c Figura 5.72
e3
a
e2 b
e1
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 426
A seguito della detta rotazione la matrice a primo membro delle costanti elastiche
deve essere coincidente con quella della (5.242) riferita alla base iniziale; ne con-
segue pertanto il necessario annullarsi delle costanti elastiche della matrice qui
sopra scritta aventi segno negativo. Le costanti nulle indipendenti, avendo scontato
le equivalenze dovute alle simmetrie maggiori e minori, sono le otto segnate con
una croce nella seguente espressione aggiornata della matrice e corrispondono a
valori nulli indipendenti delle costanti
c1113,c1123,c1213,c1223,c1322,c1333,c2223,c2333
Figura 5.73
e3
e2 b
e1
a
c
una croce, corrispondenti ai valori, che grazie alle simmetrie maggiori e minori
conducono alla:
L’ultima rotazione della base iniziale di un angolo p intorno all’asse e2, che porta 21 0 0
alla base {a, b, c} di Figura 5.74, è retta dalla matrice di trasformazione tramite R5 £ 0 1 0 §
la quale si calcolano per mezzo della (5.258) le nuove costanti, le quali lasciano 0 0 21
invariati gli zeri della forma (5.268) precedente.
La matrice di elasticità del materiale ortotropo è quindi quella (5.268) nella
quale sono sottolineate le costanti indipendenti; sono contrassegnate superior-
mente allo stesso modo le costanti uguali fra loro a causa delle simmetrie mi-
nori.
Per il materiale ortotropo le costanti indipendenti sono quindi nove. Con i
simboli E, v, G già adoperati per definire le costanti elastiche ingegneristiche nel
caso isotropo, le relazioni elastiche del materiale ortotropo si scrivono più sinte-
ticamente, nello spazio vettoriale di dimensione sei, nella forma inversa:
e3 Figura 5.74
a
e2 b
e1
c
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 428
1 n12 n13
2 2 0 0 0
E1 E2 E3
n21 1 n23
2 2 0 0 0
e11 E1 E2 E3 s11
e22 n31 n32 1 s22
2 2 0 0 0
X # Fst 33V
E1 E2 E3
F V5H
e33
Relazioni inverse di elasticità (5.269)
g12 1 12
lineare per il materiale 0 0 0 0 0
ortotropo g23 G12 t23
g31 1 t31
0 0 0 0 0
G23
1
0 0 0 0 0
G31
nella quale, per la simmetria, devono risultare soddisfatte le tre relazioni:
n12 n21 n13 n31 n23 n32
5 5 5 (5.270)
E2 E1 E3 E1 E3 E2
Delle nove costanti E1, E2, E3, v12, v21, v13, v31, v23, v32, le (5.270) riconducono a
sole sei quelle indipendenti.
Si noti che, in questo caso, le direzioni principali di sforzo non coincidono
con quelle di deformazione; ne consegue che i tre moduli tangenti G12, G23, G31
non sono correlati alle altre costanti, come accade nel caso isotropo. Le costanti
indipendenti sono quindi nove.
La (5.269) ha la forma assoluta e 5 @s avente per inversa s 5 #e. La
matrice # si scrive:
c11 c12 c13 0 0 0
c12 c22 c23 0 0 0
Relazioni di elasticità lineare c13 c23 c33 0 0 0
c5F V
per il materiale ortotropo 0 0 0 c44 0 0
0 0 0 0 c55 0
0 0 0 0 0 c66
definita tramite le:
E21 1E3n223 2 E2 2
c11 5
E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4
2E1E2 1E1n12 1 E3n13n23 2
c12 5
E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4
E1E3 1E2n13 1 E1n12n23 2
c13 5 2
E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4
E22 1E3n213 2 E1 2
c22 5
E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4
(5.271)
E1E3 1E1n212 2 E2 2
c33 5
E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 429
e2
e1
x1
⎡ Ꮿ 0 0 0 Ꮿ1122 0 0 0 Ꮿ1133 ⎤
⎢ 1111 ⎥
⎢ 0 G12 0 G12 0 0 0 0 0 ⎥
⎢ ⎥
⎢ 0 0 Ꮿ1313 0 0 0 Ꮿ1313 0 0 ⎥
⎢ 0 G12 0 G12 0 0 0 0 0 ⎥
⎢ ⎥
⎢ Ꮿ1122 0 0 0 Ꮿ1111 0 0 0 Ꮿ1133 ⎥ (5.272)
⎢ ⎥
⎢ 0 0 0 0 0 Ꮿ1313 0 Ꮿ1313 0 ⎥
⎢ 0 0 Ꮿ1313 0 0 0 Ꮿ1313 0 0 ⎥⎥
⎢
⎢ 0 0 0 0 0 Ꮿ1313 0 Ꮿ1313 0 ⎥
⎢ ⎥
⎢ Ꮿ1133 0 0 0 Ꮿ1133 0 0 0 Ꮿ 3333 ⎥
⎣ ⎦
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 430
Siano:
e5Bs
le equazioni costitutive inverse del materiale in studio nella notazione di Voigt che
utilizza le forme contratte vettoriali di sforzo e di deformazione; queste si espli-
citano agevolmente nelle componenti ingegneristiche delle tensioni e delle defor-
mazioni, utilizzando moduli meccanici di immediato significato, come segue:
1 n m
2 2 0 0 0
E E E3
n 1 m
2 2 0 0 0
e11 E E E3 s11
e22 m m 1 s22
Relazioni inverse di elasticità 2 2 0 0 0
E3 E3 E3
lineare per il materiale
trasversalmente isotropo
e
F 33 V 5
g12
H 1
X Fst 33V (5.273)
0 0 0 0 0 12
g23 G t23
g31 1 t31
0 0 0 0 0
G13
1
0 0 0 0 0
G13
Nelle (5.273) E ed E3 sono i moduli di Young nel piano di isotropia (e1, e2) e
nella direzione principale e3 a questo normale; v è il modulo di Poisson nel piano
di isotropia, mentre m è il modulo di Poisson che opera fra la direzione principale
e3 del materiale e una qualunque direzione del piano (e1, e2). G13 è il modulo tan-
gente operante fra la direzione e3 e una qualunque altra appartenente a (e1, e2).
Le cinque citate costanti sono indipendenti. Il modulo G, operante nel piano di
isotropia, dipende da E e v, come per il materiale isotropo: G 5 E>[2(1 1 v)].
La matrice # inversa della @ presente nella (5.273) si scrive:
⎡ E3 − μ 2 E μ 2 E + ν E3 μE ⎤
⎢ 0 0 0 ⎥
⎢ E3 (1− ν 2 ) E − 2 μ 2 (1+ ν ) E3 (1− ν 2 ) E − 2 μ 2 (11+ ν ) 1− ν − 2 μ 2 E E3 ⎥
⎢ ⎥
⎢ E3 − μ E2
μE ⎥
0 0 0 0
⎢ E3 (1− ν 2 ) E − 2 μ 2 (1+ ν ) 1− ν − 2 μ 2 E E3 ⎥
⎢ ⎥
⎢ E3 (ν − 1) ⎥ (5.274)
Ꮿ=⎢ 0 0 0 0 0 ⎥
ν − 1+ 2 μ E E3
2
⎢ ⎥
⎢ E ⎥
⎢ 0 0 0 0 0 ⎥
2(1+ ν )
⎢ ⎥
⎢ 0 0 0 0 G13 0 ⎥
⎢ ⎥
⎢⎣ 0 0 0 0 0 G13 ⎥
⎦
Relazioni di elasticità lineare e consente di esplicitare l’equazione costitutiva per il materiale linearmente ela-
per il materiale stico a isotropia trasversa:
trasversalmente isotropo
s 5 #e (5.275)
05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 431
j ESERCIZI j
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plicazione che l’Allievo alle prime armi deve ⎢ ⎥
⎢ ∂u1 ∂u2 ∂u3 ⎥
svolgere, richiamando procedure, formule e tutto ⎢ ⎥
l’armamentario necessario. Per tutte le operazio- ⎢ ∂x3 ∂x3 ∂x3 ⎥
⎣ ⎦
ni richieste si raccomanda vivamente l’uso del
computer sul quale sia installato uno dei pro- La trasposizione è fornita da Mathematica con il co-
grammi di matematica più diffusi (Mathematica, mando Transpose [=u].
Matlab, …), cosa che consentirà di realizzare Grazie alla conoscenza di H si può formare il tensore
con grande efficacia e precisione, senza errori, i gradiente di deformazione
calcoli richiesti. Sia assegnato il campo di spo-
stamento continuo e differenziabile: ⎡ ⎤
⎢ (1 + ∂u1 ) ∂u1 ∂u1 ⎥
u1(x1,x2,x3) ⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥
⎢ ⎥
u 5 £ u2(x1,x2,x3) § ⎢
⎢ ∂u2 ∂u ∂u2
⎥
⎥
F = I + ∇u = ⎢ (1 + 2 ) ⎥
u3(x1,x2,x3) ⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥
⎢ ⎥
nel dominio di una trave di luce , e sezione retta A ⎢ ∂u3 ∂u3 ∂u ⎥
⎢ (1 + 3 ) ⎥
⎢ ∂x1 ∂x2 ∂x3 ⎥
a. Si calcolino i tensori: gradiente di sposta- ⎣ ⎦
mento H, gradiente di deformazione F, de-
formazione finita D, deformazione infinite- Il tensore di deformazione finita D si ottiene tramite
sima E 5 symH, rotazione infinitesima l’espressione (5.b):
W 5 antisymH.
1
Risposta D = ⎡⎣⎢ dij ⎤⎦⎥ = (FT F - I) =
Per derivazioni parziali si calcola il tensore gradiente 2
1⎡
di spostamento: = ⎢∇u + ∇uT + ∇uT ∇u)⎤⎥ =
2⎣ ⎦
⎡ ∂u1 ∂u1 ∂u1 ⎤ ⎡
1 ∂u ∂uj 3
∂u ∂u ⎤
⎢ ⎥ = ⎢⎢ i + + ∑ k k ⎥⎥
∂x1 ∂x 2 ∂x3 ⎥ 2 ⎢⎣ ∂x j ∂xi k =1 ∂xi ∂x j ⎥⎦
⎢
⎢ ∂u2 ∂u2 ∂u2 ⎥
H = ∇u = ⎣ui , j ⎦ = ⎢
⎡ ⎤ ⎥ e si esplicita:
⎢ ∂x1 ∂x 2 ∂x3 ⎥ Il tensore di deformazione infinitesima E si ottiene
⎢ ⎥ troncando in D i termini superiori a quelli lineari nelle
⎢ ∂u3 ∂u3 ∂u3 ⎥ derivate di u, ed è di seguito fornito, anche con i sim-
⎢ ∂x1 ∂x 2 ∂x3 ⎥ boli ingegneristici della deformazione,
⎣ ⎦
1
che per trasposizione (delle righe con le colonne) de- i , ␥ij
termina anche il trasposto: 2
⎡ ⎤
⎢ ∂u1 1 ⎡⎢ ∂u1 2 ∂u ∂u ⎤ 1 ⎛⎜ ∂u1 ∂u2 ∂u1 ∂u1 ∂u2 ∂u2 ∂u3 ∂u3 ⎞⎟ 1 ⎛⎜ ∂u1 ∂u3 ∂u1 ∂u1 ∂u2 ∂u2 ∂u3 ∂u3 ⎞⎟ ⎥
⎢ + ( ) + ( 2 )2 + ( 3 )2 ⎥ ⎜ + + + + ⎟⎟ ⎜⎜ + + + + ⎟⎟ ⎥
⎢ ∂ x1 2 ⎢⎣ ∂ x1 ∂ x1 ∂ x1 ⎥⎦ 2 ⎜⎝ ∂ x2 ∂ x1 ∂ x1 ∂ x2 ∂ x1 ∂ x2 ∂ x1 ∂ x2 ⎟⎠ 2 ⎝ ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1 ∂ x3 ∂ x1 ⎟⎠ ⎥
⎢ ⎥
⎢ ∂u2 1 ⎡ ∂u1 2 ∂u ∂u ⎤ 1 ⎛⎜ ∂u2 ∂u3 ∂u1 ∂u1 ∂u2 ∂u2 ∂u3 ∂u3 ⎞⎟ ⎥⎥
D = ⎢⎢ • + ⎢( ) + ( 2 )2 + ( 3 )2 ⎥ ⎜ + + + + ⎟⎟ ⎥
⎢ ∂ x2 2 ⎢⎣ ∂ x2 ∂ x2 ∂ x2 ⎥⎦ 2 ⎝⎜ ∂ x3 ∂ x2 ∂ x2 ∂ x3 ∂ x2 ∂ x3 ∂ x2 ∂ x3 ⎠⎟ ⎥
⎢ ⎥
⎢ ∂u3 1 ⎡⎢ ∂u1 2 ∂u ∂u ⎤ ⎥
⎢ • • + ( ) + ( 2 )2 + ( 3 )2 ⎥ ⎥
⎢ ∂ x3 2 ⎢⎣ ∂ x3 ∂ x3 ∂ x3 ⎥⎦ ⎥
⎢⎣ ⎥⎦
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⎢ ∂x2 ⎥
⎢ ⎥
⎢ • ∂u3 ⎥ I1 5 TrE 5 eii 5 e11 1 e22 1 e33.
⎢ • ⎥
∂x3
⎣⎢ ⎥⎦ 1
I2 5 (eiiejj 2 eijeji) 5 e11e22 1 e11e33 1
⎡ ⎤ 2
⎢ 1␥ 1
␥ ⎥
⎢ 1
2
12
2
13 ⎥ 1 e22e33 2 e12e21 2 e23e32 2 e13e32
⎢ ⎥
=⎢ ⎢ 1 ⎥
i ␥ ⎥ I3 5 det E 5 e11e22e33 1 e12e23e31 1
⎢ 1
2
23 ⎥
⎢ ⎥
⎢ i i ⎥
⎢⎣ 1 ⎥⎦ e13e21e32 2 e13e22e31 2 e11e23e32 2 e12e21e33
Risposta Risposta
In ambito infinitesimo lo spostamento di un punto La formula di Nanson (AP5.1) è:
dell’intorno di può ottenersi tramite la relazione (5.42),
la parte di spostamento dovuta alla rotazione è quella dS = dST ⋅ dS = m ⋅ m dS2 =
uR 5 W(x* 2 x), che per un punto dell’asse di ascissa
a, fornisce: = J2 (dsT F−1 ) ⋅ [(FT )−1 ⋅ ds] =
= J2 ds2 ( nT F−1 ) ⋅ [(FT )−1 ⋅ n]
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⎛⎡ x ⎤ ⎡ x ⎤ ⎞⎟ ⎡ 0 ⎤ ⎡ −3 a ⎤
⎜⎜ ⎢ 1 ⎥ ⎢ 1 ⎥ ⎟⎟
⎜⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎟⎟ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥
uR = W ⎜⎜ ⎢ x2 + a ⎥ − ⎢ x2 ⎢ ⎥
⎥ ⎟⎟= W ⎢⎢ a ⎥⎥ = ⎢ 0 ⎥
che poiché la normale alla detta superficie è e3 5 [0
⎜⎜ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎟⎟ 0 1]T, si specifica
⎜⎜ ⎢ x3 ⎥ ⎢ x3 ⎥ ⎟⎟⎠ ⎢ 0 ⎥ ⎢ 1a ⎥
⎝⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎢⎣ ⎥⎦ ⎢⎣ ⎥⎦
dS = J2 (eT3 F−1 ) ⋅ [(FT )−1 ⋅ e3 ]
3. Coefficiente di variazione volumetrica.
Risposta nella quale F è stato calcolato in x.
Il coefficiente di variazione volumetrica in deforma- 9. Il coefficiente cs di variazione della superficie
zione finita vale: di cui al quesito precedente.
c = det(∇u + I) − 1 = J − 1 Risposta
A seguito della risposta al quesito precedente, si ot-
facilmente calcolabile, avendo già valutato J. In defor- tiene:
mazione infinitesima si ha
dS − ds
cs =
∂u1 ∂u2 ∂u3 ds
c = TrE = 11 +22 +33 = div u= + +
∂ x1 ∂ x2 ∂ x3
10. Variazione di area di un quadrato di lato 3
4. Invarianti di deformazione. cm appartenente al piano x2 5 0, dovuta alla
deformazione.
Risposta
Sono i valori che le funzioni già calcolate per il quesito Risposta
c) di sopra, assumono nel punto x. La valutazione già effettuata in 8. e 9. Va qui ripetuta
per il versore normale e2 5 [0 1 0]T, valutando dS e
5. Variazione di volume di un dominio costi- poi come già mostrato.
tuito dalla parte di trave superiore al piano
11. Si verifichi la prima equazione di congruen-
(x1, x3).
za interna.
Risposta
Risposta
Il coefficiente calcolato in 3. va integrato al dominio
Con riferimento alle funzioni e11, e22, g12, presenti nel
volumetrico prescritto.
tensore di deformazione infinitesima E, va verificato
6. Variazione di volume dell’intera trave. che risulta soddisfatta la:
Risposta Risposta
Il cercato scorrimento (x1, x2), in deformazione infi- Noto E, bisogna scrivere l’equazione caratteristica del
nitesima è dato dal valore g12, contenuto nell’espres- problema di auto-valori [Equazione (5.64)], le cui so-
sione di E. luzioni costituiscono i tre autovalori o deformazioni
principali eI, eII, eIII. Questi valori, sostituiti uno alla
8. L’area del trasformato di un quadrato di lato volta nell’equazione di autovalori (E 2 eI) ? n 5 0, in-
1 cm di superficie intorno a x, appartenente sieme alla condizione riguardante i versori n ? n 5 1,
al piano (x1, x2). permettono di determinare le tre direzioni principali di
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tazione [Paragrafo 5.4.8, Equazione (5.242)]). Risposta
Risposta
T
t = T ⋅ n = ⎡⎣-15.0111, 7.50555, 2.88675⎤⎦ MPa
⎡1 0 0 ⎤
⎢ ⎥ = t ⋅ n = -2.66667 MPa
⎢ ⎥
⎢0 3 1 ⎥
R = ⎢⎢ ⎥ = p ⋅ p − 2 = 16.8193 MPa
2 2 ⎥
⎢ ⎥
⎢ 3 1 ⎥ f. Calcolare i tre invarianti di sforzo.
⎢0− ⎥
⎢⎣ 2 2 ⎥⎦ Risposta
⎡ −150 0 0 ⎤
⎢ ⎥ I1 = −42 MPa I2 = −445 MPa2 I3 = 0
T' = R T RT = ⎢ 0 − 106 . 962 95 ⎥ ⎡ MPa ⎤
⎢ ⎥⎣ ⎦
⎢ 0 95 −3.038 ⎥⎦ g. Effettuare la decomposizione di T nella parte
⎣
idrostatica e in quella deviatorica (5.149).
5.5 Nel riferimento (x1, x2, x3) è assegnato il tensore Risposta
di sforzo di Cauchy:
⎡ 7.6 0 0 ⎤
240 20 26 I1 ⎢ ⎥
= I = ⎢⎢ 0 7.6 0 ⎥⎥ MPa
T 5 £ 20 210 3 § 3MPa4
Ti
3 ⎢ 0 0 7.6 ⎥
26 3 8 ⎢⎣ ⎦⎥
⎡ -47.66 20 −6 ⎤
a. Lo stato di sforzo è piano? ⎢ ⎥
TD = T-Ti = ⎢⎢ 20 -17.66 3 ⎥ MPa
⎥
b. Determinare tensioni e direzioni principali ri- ⎢ −6 ⎥
solvendo il problema di autovalori. ⎢⎣ 3 0.33 ⎥⎦
Risposta 5.6 In un punto della sezione rettangolare di una tra-
ve, è presente lo stato di sforzo
I = −50.77 MPa II = 8.76 MPaIII = 0 MPa
nI = [0.8887, -0.44443, 0.1134]T 0 0 8
T 5 £ 0 0 23 § 3 MPa4
nII = [-0.1014, 0.0507, 0.9935]T
8 23 10
nIII = [0.4472, 0.8944, 0]T
riferito alla’usuale base baricentrica (G, x, y, z).
c. Determinare l’espressione del tensore nel ri- a. Verificare che lo stato di tensione sia piano.
ferimento principale, utilizzando la matrice di b. Si tracci il cerchio di Mohr dello stato di sfor-
rotazione R e verificando in tal modo anche zo
1sz,tz 5 "t2xz 1 t2xy 2
gli autovalori.
Risposta
⎡ 0.888656 −0.444328 0.113415 ⎤ determinando le direzioni e le tensioni prin-
⎢ ⎥ cipali non nulle.
R = ⎢ −0.101442 0.0507208 0.993548 ⎥
⎢ ⎥ c. Tramite il cerchio di Mohr si determinino le
⎢ 0.447214 0.894427 0 ⎥ giaciture sulle quali si hanno tensioni tangen-
⎣ ⎦
ziali massime (in valore assoluto) e i loro va-
d. Tracciare i cerchi principali di Mohr e l’ar- lori.
belo di Mohr. Determinare le massime ten- d. Determinare il piano scarico.
sioni tangenziali relative ai fasci di piani di e. Determinare i cerchi di Mohr principali e l’ar-
sostegno e le direzioni principali. belo di Mohr.
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s massima e minima e su quali giaciture n12 5 0.10, n23 5 0.15, n31 5 0.2
agiscono? Operare con il cerchio di Mohr.
4. Dilatazioni lineari in direzione z, in dire- Il parallelepipedo è caricato sulle due facce paral-
zione x e y. lele al piano (x1, x3) da distribuzioni uniformi di
5. Rotazione del segmento di direzione y. forze superficiali di compressione di valore
6. Coefficiente di variazione volumetrica. f2 5 250 Ncm22 e sulle due facce parallele al pia-
7. Invarianti di deformazione e di tensione. no (x1, x2) da distribuzioni uniformi di forze su-
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8. Scomposizione del tensore di sforzo nella perficiali di trazione di valore f3 5 130 Ncm22.
parte volumetrica e in quella deviatorica. a. Si determini il tensore di sforzo uniforme T.
9. Scorrimento fra le direzioni x e y. b. A mezzo delle relazioni inverse di elasticità
10. L’area del trasformato di un quadrato di la- e 5 @s (5.261)-(5.271) si determini il ten-
to 1 cm di superficie intorno a x, apparte- sore di deformazione infinitesima E.
nente alla sezione retta [Formula di Nan- c. Tramite integrazioni si determini il campo
son: (AP5.2)]. di spostamento rispettoso di condizioni
11. Il coefficiente cs di variazione della super- omogenee nel baricentro G del rettangolo di
ficie di cui al quesito precedente (AP5.3). base iniziale.
12. Variazione di area di un quadrato di lato 2 d. In un punto qualsiasi si determini:
cm appartenente al piano x 5 0, dovuta alla 1. Direzioni principali di deformazione.
deformazione. 2. Direzioni principali di sforzo.
13. Si verifichi la prima equazione di con- 3. Autovalori di deformazione e di sforzo.
gruenza interna 4. Sui piani che si appoggiano all’asse per il
f. Variazione di volume della parte di trave su- punto parallelo a quello x2, sono presenti
periore al piano (x, z). tensioni tangenziali? Se sì, qual è il valore
g. Variazione di volume dell’intera trave. della t massima e su quale giacitura agisce?
Operare con il cerchio di Mohr.
5.9 Costruire il cerchio di Mohr per lo stato di tensione 5. Dilatazioni lineari in direzione x3, in dire-
definito dalle seguenti componenti non nulle: zione x1 e x2.
6. Rotazione di un segmento di direzione x3.
s11 5 250 MPa, s22 5 2150 MPa, t12 5 180 MPa
7. Coefficiente di variazione volumetrica.
Si determinino tensioni principali e direzioni 8. Variazione di volume dell’intero parallele-
principali. pipedo.
5.10 Un parallelepipedo che nel riferimento cartesia- 9. Invarianti di deformazione e di tensione.
no (G, x1, x2, x3) ha le dimensioni l1 5 250 cm, 10. Scomposizione del tensore di sforzo nella
l2 5 70 cm, l3 5 60 cm, è costituito da materiale parte volumetrica e in quella deviatorica.
ortotropo omogeneo linearmente elastico avente 11. Scorrimento fra le direzioni x1 e x2.
le seguenti costanti elastiche: 12. L’area del trasformato di un quadrato di lato
1 cm di superficie appartenente al piano (x1,
E1 5 10 GPa, E2 5 1 GPa, E3 5 0.8 GPa, x3) [Formula di Nanson: (AP5.2)].
13. Il coefficiente cs di variazione della super-
G12 5 2 GPa , G13 5 1.8 GPa, G23 5 0.6 GPa, ficie (AP5.3) di cui al quesito precedente.
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