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4
agosto
NOTIZIARIO INTERNO DELLA CONGREGAZIONE DI SAN GIUSEPPE 2016
GIUSEPPINI DEL MURIALDO
SOMMARIO
Documenti
Voglia di comunità, Circolare n. 52, p. Mario Aldegani 118
Allegato 1 120
Allegato 2 122
Cronaca 158
Cronaca del padre generale e consiglio 158
Cronaca dalle comunità e dalle province 159
IL PADRE GENERALE
Circ. n. 52
VOGLIA DI COMUNITÀ
la fraternità tra noi è un cammino di speranza
(Mt 18,20)
Cari Confratelli,
la parola del Signore ci conferma nella convinzione che stare insieme come
fratelli nel suo nome, rende presente il Suo Spirito: questa è la Grazia più grande del vivere
insieme e la testimonianza più importante a cui siamo chiamati, facendoci riconoscere per
amore fraterno che regna in mezzo a noi.
Queste scelte sono segni di speranza: in India il Signore ci sta benedicendo con il dono
delle vocazioni e sostiene il nostro impegno alla missionarietà; in Spagna non ci rassegniamo
alla stagnazione prodotta dalla mancanza di vocazioni, ma osiamo il coraggio del nuovo, in
una zona periferica della città di Madrid.
Chiedo a tutti una preghiera speciale per queste nuove comunità della congregazione
e per i confratelli che vi fanno parte: la preghiera non solo ci è sempre necessaria, ma ci fa
sentire parte di quella comunità più grande che è la nostra famiglia religiosa.
Come avete potuto leggere, non manca fra noi, almeno a parole, la voglia di comunità
e la convinzione della sua necessità per la nostra testimonianza di consacrati e per il senso
della nostra vita. Sfide e difficoltà non mancano, però “non lasciamoci rubare la comunità”,
come ci dice Papa Francesco.
Punti di riferimento per rinnovare il nostro impegno di vivere insieme come fratelli ne
abbiamo in abbondanza, a partire dalla Regola e dai documenti del CG XXII, ma la comunità
è un cantiere aperto: non una formula che dà risultato sicuro e automatico mettendo in moto
taluni meccanismi, ma un edificio che si costruisce ogni giorno, con la cura, la creatività e
anche la difesa di questo bene che sentiamo necessario.
Forse è necessario “aprire” la parola comunità ad un contesto più ampio e collegare il
nostro rinnovato impegno a vivere da fratelli con la realtà della famiglia carismatica del
Murialdo, che ci affratella con altri che come noi sono appassionati del carisma del Mu-
rialdo. Anche questo è un cammino di speranza. In questo modo la voglia di comunità può
diventare un’esperienza generativa, un modo cioè di generare in mezzo a noi e intorno a
noi nuove relazioni evangelicamente ispirate.
Il tema della vita fraterna è al centro del nostro essere religiosi, ha continuamente bi-
sogno di essere ripreso e approfondito, perché il vissuto faccia sempre meglio trasparire
quegli elementi di profezia e di radicalità evangelica, ai quali continuamente ci richiama lo
stesso papa Francesco.
Vi ringrazio tutti della partecipazione a questa riflessione, che ci sarà utile anche per
il prossimo capitolo generale e vi invito ancora a riflettere e a pregare: siamo convinti che
questo lavoro è solo uno dei tanti “capitoli” di un libro che non si è mai finito di scrivere.
p. Mario Aldegani
PADRE GENERALE
PREMESSA
Occorre dare atto che si è stato fatto un discorso sincero, chiaro, senza fronzoli; esso indica
che parlare di comunità interessa ancora, perché tocca la vita di tutti e di ciascuno. E’ un
buon punto di partenza, al di là di certi pessimismi che porterebbero addirittura a chiudere
lo stesso discorso.
In genere si evidenziano aspetti umani di fragilità e di risorsa positiva per indicare limiti e
pregi della vita in comunione; meno detti, forse perché scontati?, i principi evangelici-teo-
logici-ascetici-religiosi. Nessuno mette in dubbio principi e norme; forse non si conoscono
nemmeno o magari poco; comunque c’è una fondamentale accettazione del discorso “reli-
gioso” sulla comunità, anche se poco esplicitato. Si potrebbe dedurre che ci sia una certa ri-
trosia ad appellarsi ai grandi principi di fondo, alle prospettive alte; e che si preferisca
ragionare e dire sulla realtà concreta, quotidiana, ordinaria; la vita ha il sopravvento sulle
idealità.
Sembra di notare una forte concentrazione sul presente, molto meno sul futuro; con il rischio
di guardare indietro per cercare risposte sicure a problemi di oggi.
LA COMUNICAZIONE SPIRITUALE
La parte più debole del discorso riguarda la condivisione spirituale che richiede alcune con-
dizioni (di tempo, di spazio, di buone relazioni) che spesso sono difficili da avere; forse non
manca la convinzione di un cammino comunitario di fede e di santità di vita che la fraternità
può sostenere ed esplicitare; tuttavia la sua assenza, o almeno la sua debolezza, farebbe
venir meno uno dei perché fondamentali del fatto che siamo insieme: fare comunitariamente
esperienza di Dio.
In genere su questo punto la difficoltà è spiegata per avere avuto un certo tipo di formazione.
Si può notare, tuttavia, che se è evidenziato un rapporto molto stretto tra formazione iniziale
e vita comunitaria, nel senso che siamo stati poco preparati ad essa, meno esplicito è il rap-
porto formazione continua e vita comunitaria; mettiamo meglio in discussione il passato,
poco il “presente formativo”, quasi in una sorta di auto-assoluzione.
Il CG XXII ha posto come fine generale per il sessennio il rinnovamento spirituale; sarebbe
difficile dire quanto sia stato fatto per sostenerlo, esprimerlo, condividerlo.
ALLEGATO 2
LE RISPOSTE PERVENUTE
SULLE QUALI E’ STATA COSTRUITA LA SINTESI
ASPETTI PROBLEMATICI
- nelle relazioni comunitarie si cerca una certa sintonia ma non si va oltre le cose quotidiane
e scontate
- sono spesso relazioni superficiali, di circostanza, ma mancano di una comunicazione più
profonda
- forse si va dal padre spirituale e magari anche dal confessore, ma, in genere, non si fa il
primo passo verso il confratello in modo diretto, nel torto o nella ragione
- c’è molta distanza tra quello che dice la Regola e che in fondo condividiamo e la vita reale
- siamo poco propensi a pensare che il Signore ci affida l’uno all’altro quando ci chiama a
formare comunità
- qualche confratello assume su di sé una serie di incarichi per cui qualcuno si sente poco
valorizzato
- rendere più evidente l’amore fraterno, andando oltre pregiudizi, etichette, o chiusure, ge-
losie, invidie
- non screditare il confratello che la pensa diversamente
- i mezzi della rete di comunicazione sociale, rischiano di sostituire l’incontro faccia a faccia,
diretto, tra confratelli
-facciamo fatica a superare il sospetto, la sfiducia e il timore di perdere la nostra privacy
CONFRATELLI IN FORMAZIONE:
È sempre interessante leggere una storia. Quando la storia è vera, raccontarla diventa
un’azione complessa e particolarmente carica di emozioni. Con questa premessa vorrei
condividere con voi che leggete, la storia di una quindicina di confratelli provenienti
dall’America Latina, dall’Europa e dall’Africa che si sono incontrati e conosciuti a Roma
dal 3 al 22 luglio scorsi.
Una storia, questa – vi lascio immaginare – costituita già essenzialmente dalla ricchezza
delle diverse provenienze e culture: una mescolanza di «diversità», nell’unità di una co-
mune vocazione, quella giuseppina.
Ci siamo riuniti per un’esperienza di vita comunitaria, di studio e di preghiera, nella nostra
casa generalizia, Roma. Non tutti ci conoscevamo ma grazie all’osservanza di un clima
quasi claustrale e di raccoglimento, abbiamo potuto apprezzare il significato della rela-
zione.
Sostanzialmente, di cosa si tratta quando parliamo, ogni anno, di corso in Preparazione
alla Professione Perpetua? Sono due settimane intense, che alternano tempi di studio del
nostro fondatore – San Leonardo Murialdo –, della Congregazione dei Giuseppini – alla
quale noi tutti partecipanti apparteniamo –, del Carisma spirituale e apostolico, della Re-
gola e della vita religiosa, ecc. In poche parole, si tratta di aiutare noi candidati alla pro-
fessione perpetua, a capire bene che cosa voglia dire essere giuseppini «per sempre».
E piuttosto di raccontare, a mo’ di cronistoria, che cosa il corso ha offerto, preferisco, in
queste righe che mi sono rimaste, testimoniare l’esperienza di vita che il Signore ci ha
concesso, come grazia e grande dono, di vivere.
Di questi giorni, porto con me un «fagotto» veramente ricco: la condivisione delle nostre
gioie davanti a Gesù eucaristia, appuntamento quotidiano nella Messa e nell’adorazione
serale, ci hanno fatto riscoprire la gioia di condividere con altri fratelli la medesima con-
sacrazione; lo scambio delle nostre sensibilità ha favorito l’accoglienza reciproca, la pros-
simità, il clima sempre serio ma sempre festoso perché accompagnato da grande gioia.
Particolarmente significativi sono stati i giorni di esercizi spirituali. Il tema della miseri-
cordia – infinito e attuale come lo è la misericordia stessa di Dio – ha scombussolato i
cuori di tutti noi, perché ci ha messi in discussione come «peccatori per vocazione» come
i pubblicani, uomini superficiali con il nostro prossimo come il sacerdote e il levita, figli
e fratelli incapaci e indegni di fronte al Padre della celeberrima parabola lucana. Ma ab-
biamo compreso che la grandezza della misericordia del Signore significa riuscire a vedere
le situazioni di peccato e ad avere compassione; ad accostarci, cioè a ridurre le distanze,
ad ascoltare per poter parlare la lingua dell’altro, a camminare insieme nelle difficoltà e
nelle delusioni, a condividere la vita nonostante le incomprensioni o la durezza dei nostri
caratteri; un abbraccio, insomma che è così immenso e incommensurabile che diventa re-
sponsabilità irresistibile e respiro di pace.
Non sono mancati gli interessanti interventi storici di p. Giovenale Dotta, quelli spirituali
I 15 partecipanti all’esperienza:
Iber Malu, Jacob Yeboah, Ciro Cà, Alecson Marcon, Pedro Paulo Da Silva, Francisco
Ocante, Fredrick Alorbu, Felix Bempah, Christian Angurum, Victor Abreu, Sergio Gon-
zález, Diego Cadena, Vitalis Ohaekwe, Marius Minut, Marco D’Amaro.
L’EDUCAZIONE INTEGRALE
alla luce della esperienza di p. Ettore Cunial
Alle radici
I Giuseppini del Murialdo vedono nascere la loro congregazione nella seconda metà
dell’800 italiano e sono figli di una tradizione educativa che spesso si esprimeva in una
frase: Formare buoni cristiani e onesti cittadini.
Un’educazione che nella formazione umana, cristiana, professionale, vedeva il proprio
fine perché il giovane potesse affrontare la vita sociale con la migliore preparazione pos-
sibile, soprattutto maturato nelle sue convinzioni umane e cristiane.
E’ interessante notare questo binomio inscindibile: educazione cristiana e umano-sociale
insieme; un giovane protagonista nella chiesa in forza della sua fede e attivo nel mondo
civile per il suo modo di partecipare alla vita sociale e politica del suo paese.
Noi oggi possiamo condividere il fine educativo espresso da chi ci ha preceduto, ma non
possiamo non tener conto dei cambiamenti culturali e sociali che sono intervenuti in que-
sto lasso di tempo.
Tuttavia mi pare opportuno mettere in risalto degli elementi di continuità tra loro e noi.
Prima di tutto una convinzione: si educa stando in mezzo ai giovani da “amici, fratelli e
padri”. Una convinzione mai venuta meno nel tempo, forse oggi difficile da realizzare,
tuttavia rimane il centro del “metodo giuseppino-murialdino”.
Se la persona è fondamentalmente relazione, essa cresce e matura in base alle relazioni
che vive. L’educazione integrale del giovane passa attraverso il mondo delle sue relazioni
“Sapere ricominciare”.
In un testo ricco di passione, firmato davanti al Signore nella notte del nuovo anno 1993,
p. Ettore invitava tutti “al coraggio di ripensare, rivedere, amare e costruire”. Essere edu-
catori non può essere uno stato tranquillo, dato una volta per sempre. E’ mettersi in gioco,
è sapere ricominciare, è lasciarsi interpellare dalla realtà, è farsi carico dell’altro oltre le
nostre attese. Un sano realismo fa parte del bagaglio dell’educatore, capace di rimettersi
in gioco, perché i giovani sanno sfuggire ad ogni schema.
“Imitare san Giuseppe educatore”. San Giuseppe è stata una figura cara e famigliare a p.
Ettore. In una lettera ai laici e ai religiosi parlando dell’artigiano san Giuseppe, p. Ettore
declinava così la figura dell’educatore. Lascio a lui la parola: «Artigiano primariamente
è colui che rispetta l’originalità e le caratteristiche della materia che viene a lui presen-
tata... Una realizzazione è tanto più luminosa quanto più riesce a salvare ogni singola con-
notazione… E’ un artigiano che viene chiamato a leggere i segni dei tempi… E’ un
artigiano chiamato ad interpretare le aspirazioni dei tempi nuovi, il desiderio delle genti,
il gemito del creato… E’ vera opera educativa e vero segno di umanità rispettare l’origi-
nalità di ciascuno in un unico disegno costruttivo». Come si può notare l’artigiano non è
un professionista mancato, ma è chi sa costruire con arte, con una partecipazione personale
profonda, mettendo insieme fantasia e mestiere, perché l’opera riesca nella sua identità.
p. Tullio Locatelli
Un cammino durato 50 anni! Era giusto fare una sosta contemplativa: uno sguardo al pas-
sato, una presa di coscienza sul presente e nuovo slancio verso il futuro. Un primo som-
mario bilancio: dei 12 ordinati quel mattino del 25 giugno 1966 a S. Rosa siamo rimasti
in 6: 4 italiani e 2 brasiliani. Dei 6 mancanti 2 sono morti e 4 hanno preso altre strade.
Scaturisce di qui un primo motivo per ringraziare il Signore: ci consideriamo dei graziati
e dei privilegiati, come 50 anni fa. Magnifichiamo Dio con il cantico della Vergine Maria.
In questi giorni la Casa Generalizia ci ha accolti e ospitati con il cuore e la premura di
una madre affettuosa: ringraziamo tutta la comunità con un particolare riguardo per P.
Tullio Locatelli che si è messo a nostra completa disposizione e ha organizzato metico-
losamente tutti gli eventi. Il primo: l’incontro con il P. Generale. E’ stato un momento fa-
miliare e confidenziale: P. Mario ha letto e commentato la lettera del Papa ai sacerdoti in
occasione del giubileo sacerdotale e ciascuno di noi ha potuto rievocare la propria espe-
rienza di vita alla luce della storia della Congregazione. Nel corso del cinquantennio ab-
biamo partecipato da protagonisti alle sue vicende, alle sue sfide e alle sue conquiste.
Abbiamo sempre amato la nostra famiglia religiosa: piccola, ma sempre cara.
Non è stata una coincidenza fortuita celebrare le nostre nozze d’oro in comunione con
migliaia di sacerdoti provenienti da tutto il mondo. Abbiamo potuto ascoltare una cate-
chesi del Card. Ravasi sulla misericordia e poi tre meditazioni pensate da Papa Francesco
per i suoi sacerdoti. La concelebrazione in Piazza S. Pietro, il 3 giugno mattina, ha coro-
nato degnamente il nostro giubileo. Ascoltando la parola del Papa, abbiamo ripensato alle
nostre esperienze pastorali all’interno della storia della Chiesa: sono stati i tempi del do-
poconcilio, tempi di mutamenti e di trasformazioni, di contrasti e di nuovi equilibri. A
volte ci siamo sentiti anche noi sballottati dalle onde della tempesta e del dubbio e con
P. Gino Giansante
In questo momento della vita è fortificante e quindi consolante il passo seguente di Isaia
46,3-4 : "Ascoltatemi, casa di Giacobbe e voi tutti, superstiti della casa di Israele; voi,
portati da Me fin dal seno materno, sorretti fin dalla nascita. Fino alla vostra vecchiaia io
sarò sempre lo stesso, io vi porterò fino alla canizie. Come ho già fatto, così io vi sosterrò,
vi porterò e vi salverò. " Questo essere portati da Dio costituisce la bellezza del vivere
quotidiano, anche dentro la incapacità di corrispondere a questo Amore paterno. Il cuore
di Dio è stato ed è più grande di qualsiasi infedeltà che il mio cuore possa rimproverarmi.
Vivere nel grembo della Chiesa, sotto lo sguardo di Maria, di Giuseppe e di san Leonardo
Murialdo è il dono di cui continuo a godere e che desidero comunicare a tutti quelli che
il Signore vorrà ancora farmi incontrare. Un saluto cordialmente fraterno a te e tutti i con-
fratelli della casa generalizia tutti gentilissimi con i 50enni!
don Carlo Da Gualdo
A participação nossa enquanto confrades irmãos leigos na GMG juntamente com os jovens
da Província da Itália foi uma benção de Deus em nossas vidas, e uma grande oportuni-
dade de conhecer um pouco do perfil dos jovens italianos, bem como da cultura. Na Po-
lônia através das catequeses oportunizadas pelas padres josefinos, bem como pelo santo
padre ficou muito claro a importância da misericórdia nas nossas vidas enquanto religiosos
e jovens cristãos e do quanto é importante termos fé e esperança que um mundo melhor
é possível pois Deus é a força de quem tem fé e misericódia.
Pedro Paulo da Silva
Siamo noi la nuova gioventù del papa. Noi, che siamo giunti al luogo di ritrovo della ve-
glia di questa sera con uno zaino in spalla carico non solo di paura ed incertezze legate al
terrorismo, ma anche di tanta speranza e gioia. Siamo noi la nuova generazione di ragazzi
pronti a cambiare il mondo con occhi di misericordia. Noi, che ci emozioniamo davanti
a due milioni di giovani da tutto il mondo, pronti a scambiare con noi le bandiere della
propria nazione, la propria esperienza di vita e anche il proprio cuore. Noi, che abbiamo
scelto di trasformare la GMG in una vera e propria palestra di vita tra la fatica e la voglia
di vincerla. È questa la generazione del futuro, che tanto viene criticata, ma che ha ancora
tanto da dimostrare. Noi, vogliamo svuotare lo zaino della paura e riempirlo di miseri-
cordia, una misericordia che viene da Dio e che il Murialdo ci ha lasciato come impegno
per il futuro.
Maria Laura Brunello
Partecipare alla GMG non è una decisione da prendere "alla leggera", non è un viaggio
al mare o una camminata in montagna, la GMG è molto di più: è il Viaggio!! Da questa
esperienza ci si possono aspettare tante cose, basta guardare i tanti video: nuove amicizie,
nuovi incontri, nuove esperienze e una nuova Chiesa, ma la realtà è ben diversa, è molto
di più!! Questa GMG di Cracovia è stata fin dall'inizio speciale per i tre giorni che ab-
biamo vissuto a Oderzo prima di partire. 350 giovani provenienti dalle opere Giuseppine
in Italia e nel Mondo, radunati per essere accompagnati da San Leonardo Murialdo al-
l'evento di Cracovia. È stato emozionante vedere il Brandolini, solitamente pieno di bam-
bini e ragazzi con lo zaino in spalla, riempirsi di giovani in un intreccio di lingue e culture,
ognuno con le proprie esperienze, aspettative e sogni. È stato bello mettersi al servizio di
questi ragazzi facendoli sentire un po' a casa loro. Ci siamo sentiti utili creando un clima
di comunione e fraternità che ci ha accompagnato per tutto il viaggio in Polonia. Visitare
Auschwitz e Birkenau è stata un'esperienza che non ci ha lasciato indifferenti. Calpestare
quel terreno dove hanno camminato migliaia di prigionieri, attraversare il filo spinato e i
binari, guardare quel che resta dei forni dove hanno perso la vita un milione e centomila
persone, ti fa toccare con mano la crudeltà dell'uomo. Ed ecco che il cammino si fa silen-
zioso perché le parole sono superflue, solo la preghiera trova spazio nella mente osser-
vando quei luoghi, perché ciò che è accaduto non si ripeta mai più. Spetta a noi giovani,
ha detto il Papa, avere il coraggio di insegnare agli adulti «che è più facile costruire ponti
che innalzare muri», rispondere all'odio e alle offese con il perdono e la misericordia. È
questo quello che abbiamo fatto a Cracovia, dove l'incontro nelle strade era una festa di
colori e di canti, dove le bandiere ti facevano sentire in mezzo al Mondo, ma allo stesso
tempo orgoglioso del tuo Paese. Non c'erano differenze o rivalità ad ostacolarci, il sorriso
e la gioia di essere lì erano enormi e tutti ne venivano contagiati. Un contagio ricco di
The experience i had on the world youth day is beyond words. The first experience gave
me a best impression of WYD. it was an enriching and fruitful experience for me as being
the director of youth in the diocese of punalur. These days of togetherness nourished my
knowledge regarding on youth ministry, the taste and interest of the youth in the modern
world. The greatest achievement which i had in these days was the realisation that to be
a youth animator is to be with them and one among them. Sincerely i thank all those who
gave me this opportunity.
Fr. Josefifin, csj
A JMJ é dom. E eu que participei pela primeira vez: memória alegre. Estávamos todos
unidos no carisma de Murialdo. A juventude Josefina foi dócil mas também os partici-
pantes do evento. Ainda lembro de seus sorrisos, a vontade de aprender, de partilhar e o
esforço de se expressar em outras línguas superaram todas as barreiras. Isto nos ensina
que é possível a fraternidade. O povo anfitrião ama servir. A cada momento ressoava a
palavra de Papa Francisco: “Quem não vive para servir, não servi para viver”. Rezemos
pelo descanso eterno da Susanna Rufi.
Iber Sompi MALÚ
LA MISERICORDIA
Punto di incontro e sorgente del nostro Carisma Murialdino
Riflettendo e presentando il carisma, molte volte mi sembrava che ci fosse un poco di di-
visione tra l’asse centrale della nostra spiritualità, l’esperienza del Murialdo dell’amore
misericordioso, infinito, eterno, personale, attuale, provvidente, tenero di Dio e la devo-
zione a san Giuseppe …
Io ero solito rappresentare l’esperienza dell’amore di Dio come il tronco di un albero e lo
stile di vita di san Giuseppe come il suo fogliame. Un albero non può essere solo un tronco
(dimensione fondante, “verticale”), ma deve anche espandersi nelle relazioni umane, in
stili di vita (dimensione relazionale, “orizzontale”) …
Storicamente, questa congiunzione avvenne grazie all’incontro tra il Murialdo, con la sua
esperienza spirituale centrata sulla scoperta dell’amore di Dio, e il gruppo di educatori
del Collegio Artigianelli, dove esisteva già una forte devozione a san Giuseppe come mo-
dello di vita, artigiano, educatore di Gesù, modello di vita spirituale… San Leonardo
stesso ci dà una serie di motivazioni per le quali la nostra congregazione si intitolò a san
Giuseppe e lo prese come modello di vita (cfr. Antologia delle fonti carismatiche, pp.
194-196).
Preparado y dirigido por los Exalumnos Bentazinos se llevó a cabo el XVIII Congreso
nacional de Exalumnos Josefinos en los locales del Colegio Marcos Benetazzo de Baba-
hoyo, los días 4 y 5 de junio.
Después del saludo del Ing. Jonathan Espín, Presidente de los Exalumnos Benetazinos, a
las delegaciones de Babahoyo, Quito, Guayaquil, Ambato, Tena y Loreto, el Concejal Sr.
Arturo Alvarado, a nombre del Municipio de Babahoyo, dio la Bienvenida a los congre-
sistas y les deseó éxitos en el desarrollo del evento. Seguidamente, el P. Jaime Bravo, en
representación del P. Provincial, Inauguró el Congreso.
El Lcdo. Vicente Martínez sustentó la Conferencia. Los tres aspectos importantes de la
Familia Moderna, para ayudar a las familias de los exalumnos a afrontar y superar los
problemas de la familia de hoy.
Los refrigerios ofrecidos por los anfitriones, a lo largo de los dos días del Congreso, sir-
Angelo Catapano
Il giorno 1 giugno, in casa generalizia il padre generale incontra i confratelli che celebrano
il loro 50° di sacerdozio e celebra con loro la santa messa.
Sabato 4 presiede la seduta del consiglio generale.
Il giorno 5 parte per la visita canonica alla Delegazione India, durante la quale inaugura
la casa famiglia di Aranvoyalkuppan, e due delle tre nuove comunità aperte in questi mesi:
Punalur nel Kerala e Saksohara nel Bihar.
Rientra a Roma il 29 giugno. Dal 30 giugno al 2 luglio presiede, in casa generalizia, la
seduta annuale del consiglio generale per la revisione e la programmazione.
Lunedì 4 luglio incontra i giovani confratelli presenti in casa generalizia per il corso di
preparazione alla professione perpetua.
Il 5 tiene una conferenza nell’apertura del Capitolo generale dei Rogazionisti a Morlupo,
vicino a Roma.
Dall’ 8 al 10 guida il ritiro dei confratelli che si preparano alla professione perpetua, a
Bagnoregio. Dall’ 11 al 22 luglio è in vacanza nella comunità di Cefalù.
Dal 23 al 25 è a Oderzo con i giovani della Famiglia del Murialdo che si preparano a par-
tecipare alla GMG di Cracovia. Il 29 luglio presiede la seduta del consiglio generale.
Dall’1 al 7 agosto predica gli esercizi spirituali alle Suore Francescane di Santa Chiara,
nella loro casa di Roma. Dal 7 al 15 agosto è a Salice d’Ulzio con un gruppo di famiglie.
Il 23 agosto presiede la seduta del consiglio generale.
Il 30 e 31 agosto, a Foligno, partecipa alla parte finale dell’annuale incontro dei direttori
della Provincia Italiana.
Il 7settembre parte per la visita canonica alla Provincia Argentino-Cilena e per la conclu-
sione della visita del Brasile. Rientra a Roma il 29 ottobre.
P. Alejandro Bazán, vicario generale, il 3 giugno è rientrato dal Cile; dal 7 al 10 giugno
è stato a Padova, presso la comunità “Sacro Cuore”; nei giorni 23-27 giugno ha fatto visita
ai confratelli in Albania e quindi nei giorni 28-29 è stato in Spagna. Nel mese di luglio è
stato a Oderzo nei giorni dal 23 al 26 per partecipare all’incontro dei Giovani della Fmiglia
del Murialdo. Ad Agosto ha visitato le comunità di Padova e Ravenna, nei giorni dal 3 al
5; dal 10 al 12 è stato a Padova e a Oderzo; ha partecipato nei giorni 24 e 25 all’incontro
di spiritualità delle Comunità Laici del Murialdo a Viterbo; quindi dal 27 al 31 ha preso
parte in Spagna agli incontri di programmazione della Delegazione.
P. Fidel Antón nel mese di giugno conclude i corsi accademici presso l'Istituto S. Pietro,
a Viterbo, e al Sant' Anselmo, Roma, ed anima un corso di esercizi spirituali. Dal 3 al
23 di luglio coordina il corso di preparazione alla professione perpetua, nella casa gene-
ralizia, con 15 partecipanti (8 africani, 3 brasiliani, 2 messicani, 1 italiano, 1 rumeno),
dei quali 9 si sono recati a Cracovia per la GMG. In agosto fa visita alla famiglia.
P. Tullio Locatelli, nel mese di giugno nei giorni dall’1 al 7 ha animato il gruppo dei con-
fratelli del 50mo di sacerdozio; ha continuato i ritiri mensili alle Immacolatine di Genova;
dal 16 al 21 è stato in Romania in occasione dell’ordinazione sacerdotale di p. Florin Pi-
stiean; il giorno 22 ha animato il giubileo della comunità di casa generalizia presso la ba-
silica di San Paolo fuori le mura; nei giorni 24-26 con i compagni di classe del proprio
paese in Roma ha celebrato il giubileo. Nel mese di luglio ha accolto in casa generalizia
i confratelli che si preparavano alla professione perpetua; nel giorno 12-14 ha trattato con
loro il tema della interculturalità.
P. Bruno è morto con molta probabilità di infarto nelle prime ore di questa domenica, 5
giugno 2016. Così lo ha trovato il direttore della comunità di Santa Margherita Ligure,
Genova, p. Enzo Azzarello che non vedendolo a colazione secondo abitudine andò a ve-
derlo in stanza per sincerarsi della sua situazione. Purtroppo p. Bruno era già morto.
P. Bruno è nato a Chiampo, Vicenza, il 5 febbraio 1927. Dopo il postulato a Montecchio
Maggiore, VI, fu ammesso al noviziato che fece a Vigone, TO, dall’agosto 1942 al 29
agosto 1943, data della sua prima professione.
Fece le scuole medie superiori in parte a Sommariva del Bosco (Cuneo) e in parte a Ponte
di Piave, Treviso
Da giovane religioso di voti temporanei fu inviato in Argentina e fu nel 46-47 a Morrison,
nel 47-48 a Villa Nueva, quindi ancora a Morrison, 1948-1949.
A Morrison fece la professione perpetua nel gennaio del 1949.
Studiò teologia parte a Villa Nueva e parte a Buenos Aires, divenendo sacerdote a Buenos
Aires il 19 marzo 1953.
Ritornò in Italia nel 1962 a Rossano Calabro, Cosenza, dove rimase fino al 1971; quindi
in Spagna ad Orduña, dal 1971 al 1976; in Argentina ancora per due anni fino al 1978; a
Rossano a fine 1978 dove rimase fino al 1981, anno in cui lasciò la congregazione. Fu
dimesso dalla Congregazione nel 1989, ma non chiese mai la dispensa dagli oneri legati
alla ordinazione sacerdotale. Fu un periodo vissuto a servizio presso una famiglia come
factotum, potendo così avere un posto dove vivere ed un lavoro.
Riprese i contatti con la nostra Congregazione nell’anno 2003. Dopo un periodo di prova
fu riammesso in congregazione con la professione in data 29 settembre 2005 a Viterbo
“San Pietro”. Quindi nel 2006 andò a Santa Margherita Ligure, avendo anche ottenuto il
permesso di riprendere il suo servizio sacerdotale. Il 13 ottobre 2007 fece la professione
perpetua a Santa Margherita Ligure.
Visse gli ultimi anni con la consapevolezza del suo passato ed il desiderio di riparare alle
scelte fatte, soprattutto attraverso la preghiera e la penitenza. Voleva celebrare tante messe
per recuperare quelle tralasciate per tanto tempo, ma soprattutto ha voluto essere un buon
religioso e sacerdote. Ebbe l’umiltà di riconoscere che non sempre un carattere difficile
ed un temperamento impetuoso lo avevano aiutato a fare scelte più ponderate e secondo
il suo essere religioso e sacerdote.
Lo affidiamo alla misericordia del Signore, allo stesso Signore che don Bruno in questi
ultimi anni ha pregato e contemplato in quel grande crocifisso che sta nella sua camera,
dove il Signore è venuto a riprenderselo, per sempre.
Dopo i funerali a Santa Margherita Ligure, don Bruno è stato sepolto nel cimitero di
Chiampo.
P. GIUSEPPE CAVALLIN è mancato verso le 12,50 dello stesso 5 giugno 2016. Da pochi
giorni si trovava all’ospedale policlinico di Padova, dove avevano costato che un male
devastante lo stava minando in varie parti del fisico.
Era nato a Mogliano Veneto, TV, il 7 gennaio 1937.
Dopo il postulato ad Arcugnano, VI, fece il noviziato a Vigone, TO, dove professò per la
prima volta il 29 settembre 1957.
Dopo i tre anni a Ponte di Piave per gli studi superiori, fece il suo tirocinio dal 1960 al
1963 a Oderzo, TV, quindi studi di teologia a Viterbo; venne ordinato sacerdote ad Enego
il 28 giugno 1968. Fece la professione perpetua a Viterbo il 13 ottobre 1963.
Giovane sacerdote tornò a Oderzo come insegnante dal 1968 al 1973; quindi a Mirano
per due anni; fu al Turazza di Treviso dal 1975 e qui divenne superiore nel 1976.
Dal 1982 al 1988 fu direttore ad Oderzo.
Accolse la obbedienza che lo inviò a Lunsar in Sierra Leone nel 1988; qui fu anche diret-
tore della comunità dal 1994 al 2.000. Dopo quattro anni, nel 2004, andò a Makeni, quindi
un anno e mezzo in Ghana nella comunità di Ejisu.
Arrivò in India a Chembaraky nel 2007; qui fu direttore negli anni 2009-2010; quindi di-
rettore a Vengode per un anno. Dopo un tempo a Aranvayalkuppam rientrò in Italia nel
2014 stabilendosi nella comunità del “Sacro Cuore” in Padova.
Fu uomo di idee e generoso; devoto di San Giuseppe e attento ai giovani, per i quali ha
dato le sue qualità di uomo e di religioso; attraverso di loro ha amato la loro cultura, le
loro nazioni, ha sempre voluto conoscere le loro famiglie per le quali nutriva un grande
rispetto.
I funerali di padre Giuseppe sono stati celebrati a Padova mercoledì mattina 8 giugno
alle ore 10.30 nella chiesa Ognissanti, di fronte alla comunità giuseppina “Sacro Cuore”.
E’ stato sepolto nella tomba di congregazione a Oderzo.
Ana Maria Bussolo, di anni 83, mamma di ir. Nélson Bussolo, della comunità di Londrina,
Brasile.
Miracy Comparin Camerini, di anni 89, mamma di p. Ernesto Camerini, della comunità
di Ana Rech.
ANGELO CATAPANO, Un anno con san Giuseppe, in Estudios Josefinos, a. 70, enero-
junio 2016, n. 139, pp. 105-107.
Pubblicazioni
RINO COZZA, Servitori della cultura dell’incontro, EDB, 2016, pp. 124.
Una serie di capitoletti agili e leggibilissimi per indicare un tratto particolare della predi-
cazione di papa Francesco: l’apertura all’altro, che investe la Chiesa nel suo insieme e
ciascuno credente in particolare. P. Rino invita la vita consacrata ad entrare in questo oriz-
zonte, cogliendone i vantaggi in prospettiva di futuro, di incarnazione, di partecipazione
alla costruzione del Regno, da parte della vita consacrata.
AUTORI VARI, Seminario di preghiera e di riflessione sulla figura di San Giuseppe, San
Giuseppe Vesuviano, pp. 128.
Si tratta degli ATTI del seminario tenuto nei giorni 8-9-10 aprile del 2016 a San Giuseppe
Vesuviano presso l’opera giuseppina. E' una pubblicazione molto semplice, dignitosa,
direi anche "ricca" perché i vari contenuti offrono la possibilità di riflessione (le relazioni),
di preghiera (tre incontri) di conoscenza reciproca (vedi le presentazioni delle varie con-
gregazioni). Il tutto in 128 pagine, con messaggio e presentazione.