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XI-XIV - Origini della tradizione lessicografica: Alphabetum o Vocabulista del lombardo Papia,
Magnae Derivationes di Uguccione da Pisa, il Declarus o Liber Declari del siciliano Angelo Senisio;
XIV-XV – Repertori latino volgari: Vocabularium breve latino veneto del bergamasco Barzizza e il
Vocabulista ecclesiastico del savonese Bernardo; glossari bilingui come il glossario latino-reatino
del Cantalicio
XV – Vocabulista di Luigi Pulci. Repertorio diviso in due parti: la prima è dedicata a nomi di muse,
personaggi mitologici, divinità; la seconda raccoglie 700 vocaboli. Funzione probabilmente
autodidattica; ricchezza di voci provenienti da più settori (botanica, anatomia, zoologia, voci
gergali); lemmi non tipizzati; nomi propri registrati insieme a quelli comuni; incertezze e
approssimazioni
Fine XV – Inizio XVI – Liste di vocaboli di Leonardo da Vinci; raccolta di vocaboli dotti, detti
“latini”; funzione autodidattica; la lista procedeva via via per accostamenti spontanei,
concatenazioni mnemoniche, affinità fonetiche.
1526 – Le tre fontane di Niccolò Liburnio, lessicografo veneziano. Corpus ristretto sui tre soli
grandi trecentisti; canone bembesco anche se con alcune insofferenze (Liburnio infatti non
vorrebbe più servirsi di alcuni vocaboli delle Cantiche dantesche e del Decamerone, “di là dall’uso
moderno paruti”); struttura dell’opera tripartita; per le glosse Liburnio ricorre spesso a venetismi
(rena, cioè sabbione, mondiglia cioè caìa, sferzati cioè scuriati); separazione tra lingua poetica e
lingua prosastica; interesse nel definire le voci scientifiche (baccieli, per fave fresche, cinghiale per
porco silvestre); segnalazioni di forestierismi.
1534 – Il Vocabulario di Lucilio Minerbi; lavoro basato soltanto sul Decamerone; obiettivi: aiutare
a intendere il Decamerone e aiutare a comporre, scrivere, conoscere la “forza” del vocabolo”;
tipizzazioni delle voci (verbi all’infinito, nomi al singolare…); rimandi numerici al luogo del
Decameron; registrazione di parole non appartenenti al lessico decameroniano (cespo, ostacolo,
pigrizia, prestezza, ramuscello, sceleraggine); presenza nelle glosse di venetismi e di generici
settentionalismi.
1532 – Il fiorentino Giovanbattista Verini, maestro e calligrafo, pubblica il Dictionario; si dichiara di
essere utile a chi non sapeva leggere; costruisce un lessico dell’uso per permettere agli analfabeti
di imparare a leggere e scrivere “in mesi tre”; “l’operina” si prefigge uno scopo pratico
1535 – Rimario di Benedetto di Falco
1536 – Il Vocabulario di Fabricio Luna; registrazione delle voci di Dante, Petrarca, Boccaccio,
Ariosto, di altri autori (come il Giovio, Sannazaro, Fregoso, Cappello, Vittoria Colonna) e di
grammatici e filologi contemporanei (Castiglione, Bembo, Trissino, Dolce), ma anche di amici del
Luna e personaggi noti del tempo; fa il suo ingresso nella lessicografia cinquecentesca una lingua
“mescolata”, nella quale confluiscono esperienze linguistiche diverse e distanti, scrittori diversi per
epoca e per regione di provenienza;
1539 – Le Osservationi sopra il Petrarca, di Francesco Alunno; opera basata sul lessico
petrarchesco; alcuni lemmi hanno una definizione piuttosto approfondita; altri, come sarà
caratteristico delle prime edizioni del Vocabolario della Crusca fanno riferimento alla notorietà
dell’oggetto; presenza di voci non petrarchesche.
1543 – Le ricchezze della lingua volgare sopra il Boccaccio, di Francesco Alunno; il lessicografo
intende offrire un modello di prosa basato sul Decameron e sulle altre opere del Boccaccio
(Filocolo, Fiammetta, Ameto, Labirinto d’Amore…); tipizzazione delle forme; razionalizzazione dei
criteri messi in atto per la lemmatizzazione; attenzione a distinguere gli allotropi su base
diacronica; riferimenti a varianti regionali.
1543 – Vocabolario, grammatica et ortographia di Alberto Acarisio; il riferimento è costituito dalle
Tre Corone; grande apparato di informazioni: etimologie, osservazioni ortografiche, riferimenti a
classici latini, al Landini, al Bembo, indicazioni relative all’uso in prosa e poesia, citazioni tratte
dagli autori; grande autonomia di giudizio rispetto ai grammatici che lo avevano preceduto;
sconsiglia talora voci di grandi autori, preferendovene altre confortate dall’uso (nato più di
nasciuto); riferimento alle varietà regionali con cospicua presenza di lombardismi (pizzicore, in
Lombardia scadore); la fedeltà di seguire il canone bembesco fissato sulle voce di grandi autori è
temperato dal giudizio personale e dal criterio dell’uso.
1548 – La fabrica del mondo – Francesco Alunno. Può essere considerato il primo dizionario
metodico, suddiviso in ordine alfabetico e in dieci sezioni (Dio, cielo, mondo, elementi, anima,
corpo, uomo, quantità, qualità, inferno); registrazione delle voci delle Tre Corone, di “altri buoni
autori” (Sannazaro, Ariosto…) ed altri scrittori: tra questi l’Alunno stesso e l’anonimo T (che
starebbe per Tale autore), cui l’Alunno ricorre spesso per registrare le voci gergali.
1568 – Ortografia di Francesco Sansovino; il vocabolario si propone di risolvere problemi pratici di
ortografia e pronuncia; l’attenzione del Sansovino si sposta verso l’uso moderno toscano-
fiorentino.