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Caso Maurizio

Il profilo del giovane Maurizio mi ha particolarmente incuriosito, meno invece le altre figure, dalla
professoressa alla madre del ragazzo. Preferisco quindi sorvolare sul fatto finale del ratto, la cui
dinamica mi è apparsa in verità molto prevedibile. Mi ha invece colpito la storia del ragazzo,
chiaramente un punto di partenza per trattare del rapporto tra scuola e lavoro e della scarsa
incidenza del mondo pratico sul pacchetto di materie dei nostri alunni. Parliamo intanto del
protagonista della vicenda.
Maurizio sembra un ragazzo molto sicuro di sé, già autonomo, convinto delle proprie scelte e che
inevitabilmente ha un certo ascendente sugli altri compagni di classe. Inoltre, ha un anno in più
sulle spalle e ha già acquisito una certa esperienza in campo lavorativo. Non è poi un ragazzo
cattivo: protegge dai problemi del mondo il suo compagno di banco, un ragazzo handicappato che
stravede per lui. Tuttavia, Maurizio rappresenta tutto ciò che la scuola ripugna: non studia, si
comporta male in classe, eppure è il punto di riferimento dei suoi compagni. Incarna quindi un
modello oscuro che verrebbe ad opporsi alla rettitudine dei professori. Inevitabilmente allora,
Maurizio instaura una vera e propria contesa con i suoi insegnanti, costretti di volta in volta ad
arrendersi abbandonando le classi dove stava lui. Arriva però la Professoressa Bianchi e la vicenda
si complica.
La nuova insegnante ritiene di potere risollevare la media decisamente bassa di Maurizio
sottraendolo alle sue passioni: il motorino e il lavoro in officina. Tuttavia, passione è qui sinonimo
di lavoro ed è simbolo della personalità del giovane: Maurizio, abbinando l’utile al dilettevole, ha
scelto da sé di coltivare questo mestiere. Non è quindi il caso di Nuccio, costretto un giorno a
raccogliere l’eredità del padre come meccanico. Maurizio ha fatto tutto da solo, per di più i suoi
genitori non si occupano di motori. Pertanto, sradicarlo dal suo habitat felice è solo un’infruttuosa
forzatura.
Il sequestro del motorino e l’allontanamento forzato dal lavoro in officina non possono dunque
essere la soluzione vincente. Conosciamo tanti ragazzi che, certo più volenterosi di Maurizio, si
fanno carico di una seconda attività parallelamente all’impegno scolastico. Pensiamo soltanto alla
nuotatrice Simona Quadarella, già ricca di successi in campo sportivo in giovanissima età ma con la
media del 9 a scuola. E lo sport, soprattutto in forma agonistica, è un’attività lavorativa a tutti gli
effetti.
Il problema è quindi un altro. Il lavoro, decisamente complicato da avviare, consisterebbe intanto
nel trovare un anello di congiunzione tra la passione dei motori e lo studio della grammatica o delle
scienze. Maurizio dovrebbe sapere dell’esistenza di un percorso scolastico/accademico non estraneo
alla sua grande passione per i motori: ci riferiamo ad istituti tecnici, percorsi di laurea in ingegneria
meccanica e così via. Potrebbe un giorno, con una solida preparazione alle spalle, aspirare ad un
impiego all’interno di grandi aziende motociclistiche. Maurizio si troverà bene in quella officina,
ma un ragazzo con la passione dei motori non può che sognare di trattare veicoli più potenti e
veloci. Per farlo, servono però conoscenze adeguate e molto ricche.
Ultimo appunto: la scuola dovrebbe potenziare, sin dai primi anni, il suo approccio al mondo
pratico. I ragazzi come Maurizio, con la passione dei motori, non trovano infatti alcun appiglio o
materia “amica” e si disinteressano assai presto della vita scolastica. Si intravede qualcosa soltanto
dalle scuole secondarie di secondo grado in poi, con alcuni indirizzi specializzati anche se non
particolarmente ricchi di laboratori pratici, ma è già tardi. Tanti ragazzi hanno già preso una strada
diversa, inevitabilmente parecchio distante da banchi e penne.
Manfredi Maria Tuttoilmondo

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