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Riassunto Greco - Argomenti di Diritto Amministrativo

Diritto amministrativo (Università degli Studi di Milano)

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INDICE – diritto amministrativo –


greco, volume I, parte generale -3 edizione

INTRODUZIONE GENERALE l’istruttoria P 102

1. Pubblica Amministrazione, attività amministrativa 11. La partecipazione al procedimento e il diritto di


e diritto amministrativo P 2 accesso agli atti P 187 – Mancanza aggiunta alla
fine
CAPITOLO 1 – LE FONTI
12. La fase decisoria e la c.d. fase integrativa
1. La Costituzione P 5 dell’efficacia P 106
2. La normativa dell’UE P 8 13. La conferenza di servizi P 108
3. La Carta dei diritti fondamentali dell’UE e la 14. Procedimenti privi di conclusione
Convenzione europea per la salvaguardia dei provvedimentale espressa P 112
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali P 13
15. Efficacia, esecutività ed esecutorietà P 114
4. Il livello legislativo P 17
16. La patologia del provvedimento. In particolare la
5. I regolamenti P 21 nullità P 116
6. Le altre fonti secondarie P 24 17. Segue: L’annullabilità P 119
CAPITOLO 2 – FIGURE SOGGETTIVE E MODELLI 18. Gli atti amministrativi di secondo grado P 123
ORGANIZZATORI DELLA P.A.
19. L’influenza del diritto europeo P 125
1. Gli enti territoriali e i livelli di governo (anche nel
contesto europeo) P 27 20. La “decisione” delle Istituzioni Europee P 128

2. Gli enti territoriali come enti autonomi P 31 CAPITOLO 4 – PUBBLICO E PRIVATO NEI CONTRATTI, NEI
RAPPORTI COL PERSONALE E NELLA GESTIONE DI BENI E
3. Gli altri soggetti pubblici: una rapida panoramica P SERVIZI
35
1. Autonomia privata e contratti ad evidenza P 131
4. Coordinate definitorie dell’ente pubblico e
dell’impresa pubblica P 38 2. Il sistema degli appalti pubblici e delle concessioni
P 134
5. Tipologie di enti pubblici (amministrativi) P 41
3. Il pubblico impiego e la sua privatizzazione P 138
6. Tipologie di imprese pubbliche P 46
4. Segue: i profili pubblicistici P 141
7. Uffici ed organi P 51
5. I beni pubblici P 143
8. Attribuzioni e competenze: la soggettività di
organismi senza personalità giuridica P 54 6. Le obbligazioni pubbliche e i vincoli di bilancio P
145
9. Distinzione degli organi in base alla funzione:
organi di amministrazione attiva, consultivi e di 7. I servizi pubblici P 149
controllo P 57 8. Segue: i profili pubblicistici P 151
10. Ulteriori categorie di organi ed uffici P 65 CAPITOLO 5 – LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELLA
11. Relazioni interorganiche e intersoggettive P 69 PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DEI SUOI AGENTI

12. Rapporti tra i vari livelli di governo P 72 1. La responsabilità dell’amministrazione:


responsabilità contrattuale, precontrattuale,
CAPITOLO 3 – ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA, extracontrattuale P 152
PROVVEDIMENTI E ALTRI ATTI A REGIME
AMMINISTRATIVO 2. Segue: responsabilità per danni derivanti
dall’attività provvedimentale P 156
1. Il provvedimento amministrativo e i suoi caratteri
principali P 75 3. La responsabilità amministrativa degli agenti P
160
2. La posizione dei cittadini di fronte all’esercizio
della potestà amministrativa: in particolare, CAPITOLO 6 – CENNI DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
l’interesse legittimo (cenni introduttivi) P 79 1. I ricorsi amministrativi P 162
3. Potestà vincolata e potestà discrezionale P 82 2. Il ricorso straordinario al Presidente della
4. Altre tipologie di potestà e provvedimenti P 86 Repubblica P 164

5. I provvedimenti ampliativi P 88 3. La tutela giurisdizionale ordinaria P 166

6. I provvedimenti restrittivi P 92 4. La giurisdizione generale di legittimità del Giudice


amministrativo: principi e azioni P 169
7. L’interesse legittimo: tipologie e vicende P 97
5. Il giudizio: caratteri e vicende principali P 172
8. Altri atti a regime amministrativo P 99
6. La giurisdizione esclusiva P 176
9. Il procedimento amministrativo: nozione e
struttura P. 186 . Mancanza aggiunta alla fine 7. Le impugnazioni P 181

10. Il procedimento amministrativo: l’iniziativa e 8. Il giudicato e l’ottemperanza P 184

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DIRITTO AMMINISTRATIVO
INTRODUZIONE GENERALE
Pubblica Amministrazione, attività amministrativa e diritto amministrativo

Il diritto amministrativo si occupa dell’amministrazione pubblica, della sua attività e dei relativi rapporti con i
cittadini. In particolare, si occupa dell’attività diretta al soddisfacimenti degli interessi pubblici.

Amministrare: cura di un interesse nei casi concreti della vita


Amministrazione pubblica: cura in concreto di interessi pubblici generali di una certa collettività.

E’ un’attività funzionalizzata perché svolta in funzione di scopi e per la tutela di interessi che esorbitano (sign.
Eccessivo) dalla sfera del soggetto agente

ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA
es compiti di difesa svolti dalle forze armate, ordine pubblico, servizio sanitario, istruzione scolastica, costruzione di
opere pubbliche
d.lgs.112/1998 contiene una elencazione di funzioni e compiti: sviluppo economico e attività produttive, territorio,
ambiente, infrastrutture, servizi alla persona e alla comunità, polizia amministrativa regionale e locale.

ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
Per svolgere questa attività servono apparati costituiti da persone fisiche e mezzi organizzati alo scopo e le scelte
organizzative condizionano l’azione amministrativa.

QUESTA E’ LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

NB: Le scelte organizzative condizionano fortemente l’azione amministrativa e la capacità di dare risposte
adeguate alle esigenze di interesse pubblico.

STRETTAMENTE CORRELATO ALL’ORGANIZZAZIONE:


Rapporto di servizio – persone fisiche preposte agli uffici pubblici
Regime dei beni appartenenti alla P.A.

L’ordinamento riserva ad essi un trattamento speciale e spesso derogatorio da quello di diritto comune.

Indica una situazione in base alla quale una norma giuridica non trova applicazione oppure viene disapplicata in
luogo di altra norma, nelle ipotesi stabilite dalla legge.

L’attività amministrativa è fortemente assoggettata alla legge > principio di legalità

QUINDI: L’organizzazione, le competenze e gli strumenti, attraverso i quali svolgerla devono essere previsti
da appositi atti normativi.

IMPORTANTI SONO QUINDI LE FONTI del diritto amministrativo che presentano istituti particolari come leggi
regionali, regolamenti, ordinanze, statuti, MA che contribuiscono a caratterizzare la materia.

Per svolgere la propria missione la Pubblica Amministrazione si avvale di strumenti di:

Diritto pubblico

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 provvedimenti

La legge prevede questo atto precettivo (atto che è idoneo ad innovare o a livello di sistema normativo, o a livello di
assetto concreto dei rapporti – quest’ultimo è il caso del provvedimento) ove reputi insufficienti le normali
dinamiche dei rapporti giuridici privati e gli strumenti negoziali del diritto privato.
es. per la realizzazione di un’opera pubblica in aree non appartenenti alla PA come una strada il cui tracciato attraversa
proprietà fondiarie. > Sussistono strumenti pubblicistici come l’espropriazione per pubblica utilità che consentono di
raggiungere il risultato.

NB: L’ampiezza degli strumenti pubblicistici dipende dalle scelte legislative.

Diritto privato

 Il procedimento amministrativo (iter di formazione dei provvedimenti) è indice del carattere di


democraticità dell’ordinamento amministrativo per l’ampia partecipazione garantita agli interessati.

 E’ espressione di pariteticità tra Amministrazione e cittadini l’intensa utilizzazione di strumenti privatistici


come negozi e contratti. > Questi tuttavia sono assoggettati ad alcuni limiti di interesse generale, come nel
caso dei pubblici servizi e spesso necessitano di procedure pubblicistiche, c.d. evidenza pubblica.

Nello svolgimento dei pubblici servizi l’amministrazione compie una serie di operazioni, prestazioni materiali e meri
atti, qualificati come COMPITI (es. dall’attività di insegnamento presso le scuole di ogni ordine e grado, alla
manutenzione delle strade, alla raccolta dei rifiuti)

Viceversa si parla di FUNZIONI (anche di attribuzioni o competenze) quando l’amministrazione esercita i propri
poteri pubblicistici, idonei ad innovare nell’assetto preesistente i rapporti giuridici.

POSIZIONI SOSTANZIALI

Le posizioni dei cittadini coinvolte nell’amministrazione non sono solo diritti e obblighi. Vi sono figure come le
POTESTA’ AMMINISTRATIVE e gli INTERESSI LEGITTIMI.

Una relazione tipica che caratterizza il diritto amministrativo è data dalla sequenza potestà amministrativa-
interesse legittimo.

TUTTAVIA i rapporti tra Autorità Amministrative e cittadini, non si esauriscono nell’ambito pubblicistico, data
l’ormai ampia applicazione di istituti di diritto comune: OVVERO vale anche per l’amministrazione lo statuto
generale della responsabilità civile per i danni arrecati a terzi e questa riguarda sia la lesione di diritti soggettivi,
sia la lesione di interessi legittimi!

Gli strumenti di giustizia amministrativa, dunque proteggono le posizioni giuridiche dei cittadini di fronte al
cattivo uso dei poteri amministrativi, di fronte a lesioni antigiuridiche derivanti dall’azione amministrativa.

LA TUTELA ANNULLATORIA E QUELLA RISARCITORIA COMPLETANO IL SISTEMA E NE GARANTISCONO


L’EFFETTIVITA’

PRINCIPI

 che connotano l’intera materia


es. principio di legalità, d’imparzialità

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 che connotano ampi settori della materia, come l’organizzazione


es. principio di sussidiarietà, principio di leale collaborazione
 l’attività provvedimentale
es. principio di affidamento, principio di ragionevolezza

I principi, sono precetti normativi che si caratterizzano per l’ampia latitudine del proprio ambito applicativo, il
quale non si estende a serie di fattispecie non predeterminate, se non dalla funzione cui il principio assolve:
sicché quest’ultimo può operare anche in ambiti privi di una propria regolazione.

I principi scaturiscono dalla Costituzione, dalle leggi, dall’interpretazione sistematica effettuata dalla
dottrina o dalla giurisprudenza e dal diritto dell’Unione Europea.

MOBILITA’ DEI CONFINI TRA DIRITTO PUBBLICO E PRIVATO

Si pensi al processo di privatizzazione che ha investito vari aspetti dell’attività amministrativa e della sua
organizzazione come la trasformazione di enti pubblici in spa, la disciplina privatistica dei rapporti di lavoro
subordinato, ect.

MA il processo non è unidirezionale infatti si registra un incremento dell’attività a regime pubblicistico in settori
cruciali come l’attività delle Autorità indipendenti, gli appalti pubblici, ect..

NASCITA DEL DIRITTO COMUNITARIO

Le origini del diritto amministrativo sono recenti e comunque incomparabilmente più recenti, rispetto ad altri rami
del diritto. > Infatti, ancora all’epoca dello Stato assoluto, non si poteva parlare di un diritto amministrativo, come lo
intendiamo oggi.

La sua nascita, la si fa dunque, risalire al periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione francese, e in
particolare alle leggi napoleoniche dell’inizio dell’ottocento, che hanno disposto l’assoggettamento del potere
pubblico ad una disciplina derogatoria del diritto comune, e sul piano dell’organizzazione dello Stato, hanno
realizzato una struttura verticistica, in guisa da assicurare uno stretto vincolo gerarchico degli organi periferici (cioè
i prefetti) al centro dell’impero.

Il tutto accompagnato da una precisa emancipazione dell’amministrazione dal potere giudiziario, con conseguente
separazione delle funzioni e divieto di straripamenti tra poteri dello Stato.

Nell’Italia post-unificazione il primo importante corpus normativo risale al 1865. Data di pubblicazione di una legge
sull’espropriazione per pubblica utilità.

CONCLUSIONE: IL 1965 E’ PER NOI L’ANNO ZERO DELLA STORIA DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO.

Per quanto riguarda invece la nascita della scienza giuridica amministrativa, si può accennare che si è partiti
nell’ottocento con un riconoscimento di sviluppo alle scuole francesi e tedesche. Mentre in Italia, per registrare un
deciso salto qualitativo nella speculazione e nella ricostruzione della materia, si aspetto il Trattato di Vittorio
Emanuele Orlando

Il cammino dunque della scienza giuridica amministrativa è continuato senza soste e con sempre maggiore
partecipazione nella seconda metà del ‘900.

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CAPITOLO I – LE FONTI

La Costituzione

Occorre partire, dalle fonti e dalla nostra Carta costituzionale, che è la massima espressione della sovranità
popolare a livello normativo. > Al pari delle altre leggi costituzionali

LA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

art 97: indica i canoni sui quali poggia la disciplina costituzionale dell’amministrazione italiana.

L’art 2 legge cost 1/2012 ha disposto l’aggiunta di un comma: Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con
l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

Art. 97 c.2: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.

SI TRATTA DI UNA DISPOSIZIONE FONDAMENTALE. > Perché introduce i principi di:

 PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO che implica:


 Efficienza
 Efficacia
 Economicità

 PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’ dell’attività e del soggetto agente riferendoci ad esempio alla:


 Legittimazione dell’organo
 Predeterminazione dei criteri di scelta
 Separazione tra politica e amministrazione
 Istituzione di autorità indipendenti
 Principio del concorso

Devono connotare l’organizzazione e l’attività amministrativa.

Vi è una netta separazione tra la funzione amministrativa e la funzione legislativa e giurisdizionale.

La funzione amministrativa: è assoggettata alla legge (Art 97 c.1.) e al controllo giurisdizionale (Art 103 e 113
Cost.) e fa capo a apparati ben distinti, riconducibile anzitutto al Parlamento. Ed anche quando la funzione
amministrativa risulta intestata ad organi aventi (pure) potere legislativo, se ne differenzia nettamente quanto a
valore (cioè, regime della relativa attività) ed efficacia.

Vi è dunque un ambito di azione riservato all’Amministrazione:


 Riserva di provvedimento nei confronti del potere legislativo
 Riserva delle scelte di merito nei confronti del potere giurisdizionale

L’ art 113 Cost assoggetto al sindacato giurisdizionale i provvedimenti amministrativi prevedendone il possibile
annullamento ma solo nel caso di vizi di legittimità!

LA PARTE I DELLA COSTITUZIONE

Presenta rilievo per l’azione amministrativa, a cominciare dall’art. 1 che, sancendo il principio della sovranità
popolare, pone il popolo al centro del sistema e, correlativamente, l’Amministrazione al servizio della comunità.

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Infatti è compito dell’ordinamento, e quindi anche dell’amministrazione, rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana considerata singolarmente o nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art 3.2 e 2 Cost).

Rilevano per la PA sicuramente anche i diritti correlati all’elettorato attivo e passivo ex artt 48-51 Cost.

Per l’attività amministrativa rilevano anche gli altri diritti fondamentali, la cui disciplina, a seconda dei casi:

 Esclude l’esercizio della PA

E’ il caso dei diritti correlati ai rapporti civili


es art 13 (libertà personale), art 14 (inviolabilità domicilio), art 15 (libertà e segretezza comunicazioni), art 17 (diritto
di riunione), art 18 (diritto di associazione), art 21 (diritto di manifestazione libera del proprio pensiero).
Per garantire tali libertà può disporre di tali diritti solo l’autorità giudiziaria, non quella amministrativa!
Sono diritti inviolabili!
Sono fatti salvi casi eccezionali e nei limiti strettamente necessari es art 17 diritto di riunione: se svolto in luogo
pubblico può essere vietato dall’autorità di sicurezza solo per comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica.
Si tratta di libertà negative che per essere garantite spesso necessitano di un adeguato sistema di servizi (postale,
di trasporto) che devono essere apprestati dal settore pubblico, ove il sistema di concorrenza delle imprese private
non risulti idoneo allo scopo.

 Impone l’esercizio della PA

E’ il caso dei diritti sociali che presuppongono e impongono interventi pubblico-amministrativi


- Definite - libertà positive
es diritto alla salute art 32, diritto all’istruzione art 33, diritto del lavoratore all’assistenza e alla previdenza alla cui
cura devono provvedere organi ed istituti preposti o integrati dallo Stato art 38.

Tali diritti impongono che i pubblici poteri intervengano per assicurare il compiuto sviluppo della persona umana e
ciò comporta un sistema a forte impronta sociale, che pone la tutela del cittadino al centro del sistema, e un
incremento dei compiti della PA.

 Consente l’intervento amministrativo

E’ il caso dei diritti economici che riguardano:


 L’iniziativa economica privata che è soggetta a programmi e controlli perché possa essere
 indirizzata e coordinata a fini sociali art 41.3 cost
 La proprietà che, pur riconosciuta e garantita dalla legge, può essere da questa limitata allo scopo di
assicurare la funzione sociale ed espropriata per motivi di interesse generale art 42.
 Le imprese che se svolgono servizi pubblici essenziali possono essere oggetto di riserva di espropriazione a
favore dello stato o di altri enti pubblici art 43 cost.

La costituzione economica è influenzata però dal sistema dell’UE, incentrato sul principio di un’economia di
mercato e in libera concorrenza sul presupposto che solo un mercato effettivamente concorrenziale
garantisca l’efficienza dei processi produttivi e migliori condizioni per i consumatori finali> art 119 TFUE.

Quindi l’attività di programmazione art 41.3 cost non può essere indirizzata a limitare l’accesso di nuovi operatori
nel mercato perché ciò contrasterebbe con i vincoli del diritto UE che impongono l’eliminazione di barriere
all’ingresso nel mercato.

Il principale strumento con cui la Costituzione preclude o limita l’intervento amministrativo è la riserva di legge.

Essa ha 2 funzioni:

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 Tutelare le posizioni di diritto e libertà riconosciute ai cittadini


 Condizionare gli interventi amministrativi alle determinazioni del potere legislativo e alle limitazioni degli
organi eletti dal popolo (parlamento e consigli regionali) in applicazione del principio democratico.

In caso di riserva assoluta di legge es artt 13, 25, 32.2 Cost. > l’intervento amministrativo è escluso.
In caso di riserva relativa di legge es artt 23, 41, 42, 97 Cost > l’intervento amministrativo è consentito a condizione
che la legge lo preveda specificamente e stabilisca anche le condizioni, criteri e limiti di tale intervento.

IN TEMA DI ORGANIZZAZIONE E’:

E’ riserva relativa, quella che concerne i pubblici uffici (Art 97.1 Cost).
E’ riserva assoluta, quella che riguarda il numero, le attribuzioni e l’organizzazione principale dei ministeri (Art.
95 Cost)

PRINCIPIO DI LEGALITA’: Può trovare fondamento costituzionale negli artt. 23, 103 e 113 Cost.

Si distinguono in:
Legalità in senso formale
Necessità che la singola funzione amministrativa sia prevista dalla legge
Legalità in senso sostanziale
Necessità che la legge indichi anche presupposti, limiti e fini dell’azione amministrativa e finisce per coincidere con
le esigenze sottese dalla riserva relativa di legge.

Il principio di legalità evoca in generale la necessaria soggezione del potere esecutivo alla legge, come espressione
principale dell’assetto democratico del nostro sistema, e costituisce la base di ogni ulteriore istituto che consenta
l’effettiva applicazione della legge nei confronti amministrativa: es. per giustificare l’annullamento d’ufficio degli atti
comunitari illegittimi.

Il principio di legalità riguarda:


 L’attività provvedimentale rivolta ai consociati
 L’attività di tipo organizzatorio
 L’attività normativa dell’Amministrazione (regolamenti e altri atti generali e astratti).

La costituzione si occupa del sistema normativo disciplinando in modo approfondito quello legislativo, ma
dedicando pochi cenni a quello regolamentare agli artt 87.5, 117.6

Il recepimento della gerarchia delle fonti si rinviene anche nell’art 1 delle Preleggi al codice civile

QUINDI: LA LEGGE COME FONTE PRIMARIA, IL REGOLAMENTO COME FONTE SECONDARIA

IMPARZIALITA’ E BUON ANDAMENTO

I principi di imparzialità e di buon andamento si estrinsecano, in primo luogo sul piano dell’organizzazione
amministrativa e dei rapporti col personale. Ma presentano importanti implicazioni anche sul piano procedimentale
e sul regime stesso del provvedimento amministrativo.

IMPARZIALITA’: Si tratta di un principio generale che guida l’intera vita amministrativa e che trova espressione gia
a partire dall’attività di reclutamento del personale, attraverso il meccanismo concorsuale. Si manifesta ad es. alla
composizione degli organi, all’obbligo di astensione nel caso concreto ect.
L’imparzialità esprime un’idea di una equidistanza fra diversi fattori che, ove applicata alla pubblica
amministrazione , si innesta all’interno di un processo decisionale e si riferisce, alla necessità di tener conto
obbiettivamente, pur nel perseguimento dell’interesse pubblico, degli interessi particolari dei cittadini coinvolti nel
procedimento. : Presenta una valenza particolarmente spiccata.

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PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE: E’ stato identificato dalla Corte Costituzionale


come il “vero cardine della vita amministrativa e quindi condizione dello svolgimento ordinato della vita sociale”.
Tuttavia, esso non è mai oggetto di una compiuta definizione, anche se è comunemente correlato ai parametri di
efficienza, efficacia ed economicità.

Al pari del principio di imparzialità, il principio del buon andamento ha certamente una valenza sia organizzativa
che funzionale.

Sul piano dell’organizzazione, esso si collega al principio di leale cooperazione istituzionale; e quindi ad un’esigenza
di raccordo fra i diversi livelli di governo, ma anche più in generale, fra gli organi amministrativi.

Esso implica un modello organizzativo attento ai risultati della azione (c.d. Amministrazione di risultato) e non solo
alla legittimità formale della stessa. Ne sono espressione i controlli sulla gestione e sulla “performance”.

La migliore estrinsecazione del principio del buon andamento è tuttavia rappresentata dalla l.241/1990 sul
procedimento amministrativo.

In questa prospettiva, il principio del buon andamento implica lo svolgimento di un’attività procedimentale
istruttoria completa, che includa la partecipazione al procedimento dei soggetti interessati in una prospettiva di
collaborazione funzionale all’emersione degli interessi rilevanti. > E’, in effetti, all’interno del procedimento
amministrativo che si realizza quel collegamento tra buon andamento e imparzialità.

A partire dagli anni 90 ha iniziato ad affermarsi una lettura orientata dei principi di imparzialità e buon andamento,
strettamente connessa alla più generale esigenza di rimodernare la “macchina amministrativa” e di riorganizzare
l’apparato amministrativo e la struttura degli organi di Governo.

In questo contesto è emersa l’idea che fosse necessario ed auspicabile separare nettamente la politica
dell’amministrazione, in base ad un criterio che si ritiene desumibile anche direttamente dalla Costituzione.

In particolare, il d.lgs 29/1993 ha incluso tra i suoi principi cardine proprio quello della separazione tra i compiti
di direzione politica e quelli di direzione amministrativa.

Successivamente, con il d.lgs 80/1998 – adottato in attuazione della legge delega n. 59/1997- la prospettiva pareva
quella di un nuovo ravvicinamento tra direzione politica e direzione amministrativa.

Venne portata avanti l’idea che fosse necessario per la direzione politica potersi avvalere di dirigenti amministrativi
basandosi su di un rapporto fiduciario; e si assistette dunque all’introduzione nel nostro ordinamento di discipline intese
ad imitare il c.d. spoil system nordamericano.

Le tendenze più recenti, tuttavia, vanno nella direzione esattamente opposta e rappresentano il rinnovato tentativo
di separare la politica dall’amministrazione, anche allo scopo di rafforzare l’autonomia della dirigenza pubblica e di
evitare il dilagare di quei fenomeni corruttivi che sono sovente connessi all’eccessiva commistione fra politica e
amministrazione.

Più in generale, appare chiaro come l’idea stessa dell’amministrazione al servizio dei cittadini si ponga
necessariamente in contrasto con ogni commistione/confusione fra politica ed amministrazione che potrebbe
produrre, in ultima analisi, un sicuro allontanamento dell’amministrazione dal soddisfacimento dell’interesse
generale, in favore del soddisfacimento di interessi “di parte”.

La normativa dell’Unione Europea

La normativa dell’Unione Europea immediatamente applicabile ha

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 Capacità innovativa a livello di legge

 Capacità di resistenza (non subisce modificazioni o abrogazioni) rispetto alle leggi statali successive con essa
contrastanti

La normativa UE direttamente applicabile è costituita da:

 Regolamenti

art 288 TFUE: Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri. Vincolano non solo il legislatore dello Stato membro, ma anche i cittadini,
i giudici e le amministrazioni.

 Norme dei Trattati

Questi vincolano sia il legislatore dello Stato membro, sia i cittadini, sia i giudici, sia le amministrazioni.

 Direttive aventi caratteri self executing

art 288 TFUE: La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva
restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

Le direttive necessitano sempre di trasposizione tramite appositi atti a contenuto normativo presso il singolo Stato
membro.

Le DIRETTIVE SELF EXECUTING: per le quali sia decorso inutilmente il termine assegnato per darvi attuazione,
hanno efficacia diretta nei confronti delle autorità dello Stato inadempiente. > effetti diretti verticali
MENTRE non producono effetti analoghi nei rapporti inter-privatistici, cioè non producono effetti diretti
orizzontali prima della loro attuazione per esigenze di certezza del diritto.

Sono norme direttamente applicabili secondo la Corte di giustizia: art 18 TFUE sul divieto di discriminazione in base
alla nazionalità, art 28 sull’abolizione dei dazi doganali, art 46 sulla libertà di stabilimento, art 56 sulla libera
prestazione di servizi.

Per l’amministrazione è rilevante la distinzione tra regolamenti e direttive il cui contenuto precettivo sia chiaro,
preciso ed incondizionato da un lato e direttive non immediatamente applicabili dall’altro.

Le DIRETTIVE NON SELF EXECUTING: sono vincolanti SOLO per il soggetto incaricato di darvi attuazione e quindi
solo per il legislatore nazionale o regionale o, nei casi in cui l’attuazione debba avvenire con regolamento
amministrativo, per l’Amministrazione.

Oltre agli atti ricompresi all’interno dell’elencazione dell’art. 288 TFUE, che sono definiti come “atti atipici”, le
istituzioni dell’UE adottano sempre più frequente anche atti che non risultano tipizzati dalle norme di rango
primario (c.d. atti atipici).

Per identificarne categorie ed effetti è necessario fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia. > Infatti
la Commissione UE utilizza solitamente la denominazione di “Comunicazione” con riguardo a tutta una serie di atti che
contengono chiarimento i indirizzi applicativi relativi a norme di diritto primario in vigore (c.d. Comunicazione
interpretative), nel linguaggio della prassi delle Istituzioni UE si trovano anche documenti denominati come
“orientamenti”, “ linee guida”, ect. In particolare nell’ambito dell’applicazione delle regole di concorrenza, in materia
di aiuti di Stato, di intese anticoncorrenziali, di abusi di posizione dominante, ect.

Non si tratta di fonti vincolanti. Esse presentano notevole importanza sia per interpretare la disciplina vigente sia

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per conoscere i programmi di azione delle stesse Istituzioni europee.

Ed al riguardo si è spesso parlato di riparto per competenze, nel quadro di una supposta separazione degli
ordinamenti.

 Vi sono materie di competenza esclusiva dell’UE: es disciplina dei dazi doganali

 Esistono materie totalmente sottratte, almeno per ora, alle competenze comunitarie: es sicurezza nazionale

Tenuto conto che vige per l’Unione europea il principio delle competenze di attribuzione e che la competenza
residuale spetta, agli Stati membri.

I Trattati hanno sempre previsto una clausola di flessibilità che consente di ampliare le competenze dell’UE – art
352 TFUE: Se un'azione dell'Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare
uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il
Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo,
adotta le disposizioni appropriate. Allorché adotta le disposizioni in questione secondo una procedura legislativa
speciale, il Consiglio delibera altresì all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del
Parlamento europeo.

 Esistono settori in cui sussiste un potere normativo concorrente che l’Unione esercita secondo i canoni
dei principi di:

SUSSIDIARIETA’

Art 5 par 3 TUE: In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione
interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente
dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti
dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.

PROPORZIONALITA’

Art 5 par 4 TUE: In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a
quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati.

SIGNIFICATO: Affinché l’UE possa legittimamente legiferare in un ambito assegnato dai Trattati alle competenze
concorrente UE/Stati membri, l’adozione di una disciplina da parte dell’UE dovrà risultare più efficace, per il
raggiungimento degli obiettivi rispetto all’adozione di discipline separate da parte degli Stati membri.

Si aggiunge che, in ordine all’applicazione dei principi nominati, sussiste un potere di controllo da parte dei
Parlamenti degli Stati membri.

La competenza normativa concorrente presuppone la persistenza del potere legislativo degli Stati membri con il
limite che la legislazione presente e futura non sia in contrasto con la disciplina comunitaria!

Art 2 par2 TFUE: Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati
membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente
vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato
la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare
di esercitare la propria.

In caso di contrasto quindi l’antinomia è risolta con il criterio della gerarchia che accorda la preferenza a una norma
solo in caso di effettivo contrasto.

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Non è applicato quindi il criterio della competenza il quale presuppone una riserva di materia per una certa fonte
e opera anche in mancanza di un effettivo contrasto con una norma della fonte competente.

La normativa comunitaria integra il nostro ordinamento a un livello superiore a quello legislativo: si tratta
di INTEGRAZIONE e non di separazione degli ordinamenti!

Ove sussista un contrasto tra legge nazionale e normativa comunitaria immediatamente applicabile, la legge italiana
deve essere disapplicata dal giudice comune e dalla Pubblica amministrazione.
Il Giudice può e talvolta deve, se è organo di ultima istanza, avvalersi del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
per ogni questione di interpretazione e validità degli atti normativi comunitari.

MA la Pubblica Amministrazione NON può fare un rinvio pregiudiziale: la decisione sulla disapplicazione della
legge nazionale è ardua.

La legge cost 3/2001 ha introdotto il nuovo primo comma dell’ art 117 Cost: La potestà legislativa è esercitata dallo
Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali.

Quindi la legge italiana in contrasto con la normativa comunitaria è inficiata da un vizio di illegittimità costituzionale
per violazione della norma interposta rispetto all’art 117.1 Cost.

L’intervento della Corte costituzionale è però escluso quando il giudice comune può procedere direttamente alla
disapplicazione: la competenza della Corte cost è limitata ai casi di:

 Violazione della normativa comunitaria non self executing


 Ai casi di ricorso diretto del Governo nei confronti delle leggi regionali ex art 127 Cost i quali non
presuppongono un giudizio pendente davanti al giudice comune (che comporterebbe invece la diretta
disapplicazione) e quindi possono riguardare anche la normativa self executing.

La normazione comunitaria è posta tra le fonti del nostro ordinamento in una posizione di superiorità
rispetto alle altre fonti di rango primario.

Gli atti comunitari di normazione derivata rimangono tali in riferimento al loro regime giuridico, senza la loro
conversione in fonti di diritto interno, ma in relazione ai loro effetti, cioè alla forza giuridica, sono idonei a innovare
negli ordinamenti degli Stati membri, integrandone l’assetto normativo.

La normazione comunitaria è in grado di innovare a livello delle norme costituzionali che non riguardino però i
diritti inviolabili della persona e i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale: primato del diritto
comunitario correlato al sacrificio di sovranità consentito dall’ art 11 Cost (L'Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.)

NB: L’adesione dell’Italia ai Trattati UE e la relativa ratifica è stata compiuta con la legge ordinaria e non
costituzionale!!!

Per questo si è potuto giustificare la contrazione dei poteri normativi, amministrativi e giurisdizionali ricorrendo
solo all’art 11 Cost.

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Questo sacrificio di sovranità è ancora più marcato se si considera la giurisprudenza della Corte di Giustizia che fa
leva sul principio di leale cooperazione. > art 4 par 3 TUE:
In virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente
nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati.
Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi
derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione.
Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di
mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.

Sulla base di questo - essa è intervenuta per correggere istituti, procedure, processi degli Stati giudicati non in linea
con le esigenza comunitarie.

Si è avvalsa di 2 criteri per modificare taluni caratteri generali dell’atto amministrativo, della responsabilità della PA
e della giustizia amministrativa (es imponendo il giudizio cautelare ante causam), il superamento delle statuizioni
passate in giudicato (Sent. sul caso Lucchini della corte di giustizia):

 Criterio dell’equivalenza: gli Stati membri devono garantire alle posizioni comunitariamente protette una
tutela non inferiore a quella accordata alle posizioni di rilievo solo nazionale.

 Criterio dell’effettività: la tutela non deve essere praticamente impossibile, né eccessivamente difficile da
esercitare.

Il sacrificio della sovranità non può riguardare diritti e libertà di cui alla prima parte della Costituzione
 Infatti la nostra Corte Cost. si è riservata ogni opportuno controllo e sindacato > c.d. controlimite

Si aggiunge che il pericolo di contrasto su tali temi è remoto anche perché oggi l’Unione aderisce alla Convenzione
europea sui diritti dell’uomo art 6 par 2 TUE: L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

Inoltre ha attribuito lo stesso valore dei Trattati alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea art 6 par 1
TUE: L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Tra le fonti del diritto europeo non si deve omettere di considerare la giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Poiché spetta alla Corte di giustizia interpretare ed assicurare l’applicazione in modo uniforme del diritto
comunitario presso tutti gli Stati membri.
Si è dedotto che qualsiasi sentenza che precisa formalmente il significato di una norma comunitaria, con l’efficacia
erga omnes che è tipica di sentenze di tal fatta, assume anche carattere integrativo del diritto europeo stesso, in
quanto ne determina in definitiva l’ampiezza e il contenuto.

Tra i grandi arretz, che interessano il diritto amministrativo, meritano segnalazione:

CASO VAN GEND EN LOOS: Ove la Corte ha riconosciuto l’effetto diretto quale caratteristica della norma del diritto
UE, idonea a creare diritti ed obblighi direttamente ed utilmente in capo ai singoli;
CASO COSTA V. ENEL: In cui è stato enunciato il principio del primato del diritto comunitario, anche per contrastare
la posizione assunta al riguardo dalla nostra Corte Costituzionale, secondo la quale l’eventuale conflitto tra leggi
nazionali e normativa europea (immediatamente applicabile) avrebbe dovuto essere risolto in base al principio
generale della successione delle leggi nel tempio.
CASO ALGERA: Dalla quale la Corte ha saputo sviluppare, nel corso del tempo, un corpo organico di principi generali
del diritto UE, molti dei quali si riferiscono proprio all’amministrazione, intesa sia come organizzazione che come
attività.
CASO SIMMENTHAL: In cui la Corte ha statuito che le disposizioni dei Trattati e gli atti delle Istituzioni direttamente
applicabili hanno l’effetto di rendere ipso iure inapplicabili qualsiasi disposizione contrastante della legislazione
nazionale preesistente e di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali incompatibili.

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CASO FRATELLO COSTANZO: E’ stato precisato che l’obbligo di disapplicare le norme nazionali che si pongano in
contrasto con previsioni comunitarie dotate di effetto diretto incombe non soltanto sul giudice, ma anche sulla PA
CASO FACTORTAME: E’ stato enunciato il principio della disapplicabilità della norma nazionale, che eventualmente
sia di ostacolo all’adozione di misure cautelari a tutela di posizioni comunitariamente protette.
CASO ZUCKERFABRIK: Ove la Corte non ha escluso il potere del giudice nazionale di sospendere l’esecuzione di un
atto amministrativo, adottato sulla base di un regolamento comunitario, sulla cui validità lo stesso giudice nutra seri
dubbi.
CASO FRANCOVICH: Ove è stato riconosciuto il diritto dei cittadini ad ottenere, a determinate condizioni, il
risarcimento dei danni a causa della mancata attuazione di direttive da parte dello Stato di appartenenza.
CASO PETERBROECK: Ove è stato sancito il principio generale, secondo cui il sistema nazionale dei rimedi
giurisdizionali deve essere tale da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente gravoso l’esercizio dei
diritti attribuiti al singolo da norme dell’UE.

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali

La carta dei diritti fondamentali approvata DAL Consiglio europeo di Nizza nel 2000 consacra i valori comuni dei
popoli dell’UE e dichiara di porre la persona al centro dell’azione dell’Unione: Consapevole del suo patrimonio
spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza
e di solidarietà; l'Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro
della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Essa contiene una catalogazione di diritti, libertà, doveri che sono espressione del patrimonio spirituale e morale di
detti popoli.

Essa proclama diritti e doveri (es dignità umana e solidarietà) non testualmente presenti nella Costituzione italiana,
ma da essa desumibili.

Essa trova applicazione SOLO nell’ambito di attuazione del diritto dell’Unione, cioè solo nelle materie attribuite
all’Unione Europea art 51 della Carta: Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi
dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del
diritto dell'Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l'applicazione
secondo le rispettive competenze.
La presente Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità e per l'Unione, né modifica
le competenze e i compiti definiti dai trattati.

Formale riconoscimento del principio di legalità che non sempre in passato è stato osservato dalla Commissione
(anche attraverso un uso disinvolto dei poteri impliciti che pur non espressamente conferiti dalla legge, si
desumerebbero da quelli esistenti perché necessari al relativo esercizio o per perseguire gli scopi assegnati a
un’autorità).

VERA NOVITA’

Proclamazione del diritto ad una buona amministrazione art 41 Carta:


Paragrafo 1:
1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed
entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione.
Paragrafo 2:
2. Tale diritto comprende in particolare:
- il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un
provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio > contraddittorio
- il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi
della riservatezza e del segreto professionale e commerciale > libertà di accesso ai documenti
- l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni.
3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o
dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli

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ordinamenti degli Stati membri.


4. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell'Unione in una delle lingue del trattato e deve ricevere una
risposta nella stessa lingua.

E’ la prima volta che in un testo dello stesso rango dei Trattati vengono delineati i tratti dei rapporti tra
cittadini e istituzioni con il fine di salvaguardare le posizioni dei cittadini.

Si tratta di uno standard di garanzie già previsto dal nostro ordinamento ma ciò che cambia è:

 La circostanza che, se le garanzie contenute nella previsione della Carta sul diritto ad una buona
amministrazione erano in larga parte gia presenti nel nostro ordinamento nazionale, lo erano però SOLO
nella forma di principi relativi al potere amministrativo e solo indirettamente alle posizioni dei cittadini.

QUINDI: La Carta trasforma queste garanzie in “diritti” dei cittadini nei confronti del potere, ponendo cosi le
posizioni dei cittadini direttamente al centro della disciplina e delle garanzie riconosciute. > Impostazione più
democratica che rafforza la giustiziabilità.

 La FONTE: questa, avendo carattere super-primario, si impone ai livelli inferiori salvaguardando le posizioni
dei cittadini nei confronti dell’Amministrazione, impedendo che eventuali ripensamenti a livello legislativo
possano sacrificarle (es per esigenze di celerità ed efficienza).

Il diritto alla buona amministrazione nella Carta, formalmente previsto SOLO per le istituzioni comunitarie, deve
valere anche nei confronti delle Istituzioni degli Stati membri che operano, nell’ambito della disciplina comunitaria,
come amministrazione comunitaria indiretta!
Inoltre, per la forza espansiva del principio di parità di trattamento (art 3 Cost), il diritto a una buona
amministrazione si estende anche al di fuori degli ambiti specificamente coperti dal diritto UE.

CEDU – Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Presenta un elenco di diritti, libertà e doveri senza limiti materiali dell’ambito di applicazione infatti non ha bisogno
di avvalersi degli effetti indotti, come fa invece la Carta.

Essa ha istituito la Corte europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo per tutte le questioni concernenti
l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli art 32 e per assicurare il rispetto degli
impegni art 19 degli Stati firmatari.

La Corte ha spesso interpretato i precetti in modo più garantistico per il singolo individuo perché essi sono
espressione dei vari Stati firmatari.

In particolare la Convenzione ha avuto un impatto maggiore su alcuni settori del diritto amministrativo, più nello
specifico in 2 ambiti:

 Tutela giurisdizionale

art 6 CEDU: Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un
termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a
pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale
formulata nei suoi confronti.
La Corte ha precisato cosa si intendesse per:
 Processo celere
 Giudice indipendente > che deve non solo essere, ma anche apparire come tale
 giusto processo > parità di armi tra le parti e necessaria motivazione di ogni pronuncia

 Diritto di proprietà

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 La Corte ha imposto l’indennizzabilità dei vincoli di lunga durata preordinati all’espropriazione


 Ha chiarito cosa si intende per giusto indennizzo
 Ha escluso che il diritto di proprietà possa essere sacrificato senza un adeguato titolo giuridico previsto dalla
legge

NE E’ DERIVATO:

 Condanne per lo Stato Italiano per la durata dei processi e perché il sacrificio del diritto di proprietà sulla
base di una espropriazione di fatto è risultato incompatibile con la Convenzione
 Rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali

IN TEMA DI SANZIONI AMMINISTRATIVE

La Corte europea in alcuni casi ha esteso ad esse la disciplina più rigorosa delle sanzioni penali e delle loro garanzie
(es il precetto del ne bis in idem e il divieto di cumulo nella stessa Autorità di funzioni istruttorie e decisorie).

PROBLEMI

 Efficacia diretta o indiretta delle norme della Convenzione?

Il problema va risolto alla luce dell’efficacia degli accordi internazionali le cui norme sono considerate di efficacia
diretta quando il loro contenuto NON sia meramente programmatico, ma presenti precetti compiuti e non
condizionati, come avviene nel caso delle disposizioni CEDU.

 Escludere la disapplicabilità delle leggi nazionali in contrasto con le norme CEDU?

La Corte Costituzionale esclude la disapplicabilità della legge italiana contrastante.

Ove tale contrasto non possa essere superato tramite una interpretazione conforme alla CEDU, l’antinomia dà luogo
a una questione di legittimità costituzionale per violazione della norma interposta ex art 117.1 Cost con relativo
giudizio accentrato da parte della stessa Corte cost.

MA non è possibile, anche con riferimento alla CEDU, l’applicazione dell’art 11 Cost? > Domanda ancora aperta
Tenuto conto che le limitazioni di sovranità, in quanto “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia
fra le Nazioni”, sarebbero certo in questo caso non meno giustificate di quanto non lo siano state con riferimento
all’ordinamento comunitario, prima, e non lo siano oggi, con riferimento all’ordinamento dell’UE.

Sovranità: potere di decidere in ultima istanza nelle questioni che riguardano la comunità.

ESPROPRIAZIONE E INDENNIZZO

In base a quanto è stato statuito dalla Corte EDU, nella sua giurisprudenza qualsiasi ingerenza nella proprietà deve,
oltre che essere prevista dalla legge e perseguire un fine legittimo, soddisfare anche il requisito della proporzionalità.
> Occorre, trovare un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della collettività e gli imperativi di tutela
dei diritti fondamentali dell’individuo, essendo la ricerca di tale giusto equilibrio immanente a tutta la Convenzione.

Il necessario equilibrio non è raggiunto se la persona interessata sopporta un onere individuale eccessivo. > A tale
riguardo, la nostra Corte costituzionale sottolinea come, la citata previsione pur non garantendo il diritto a un pieno
indennizzo in tutte le circostanze (“poiché legittimi obiettivi di “pubblica utilità” possono esigere un rimborso inferiore
al pieno valore venale”), impone tuttavia che le modalità di indennizzo previste dalla legislazione interna consentano
la corresponsione “di una somma ragionevolmente correlata al valore del bene”, senza la quale “una privazione di
proprietà costituisce normalmente una sproporzionata interferenza.

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L’ACCESSIONE INVERTITA

E’ un altro aspetto inerente al diritto di proprietà, con interventi incisivi giurisprudenziali della Corte EDU.

Si tratta di un istituto di origine pretoria, nato con la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Lo schema di base
dell’istituto consisteva nella occupazione illegittima di un immobile da parte dell’Amministrazione a danno del
cittadino, cui faceva seguito la realizzazione di un’opera pubblica, senza previa espropriazione. > In questa ipotesi,
in base alla ricostruzione operata dalla giurisprudenza appena richiamata, si realizzava una c.d. occupazione
“appropriativa” o “acquisitiva”, che determinava l’acquisizione della proprietà del fondo a favore della Pubblica
Amministrazione per “accessione invertita”, allorché si fosse verificata l’irreversibile trasformazione dell’area.

Nonostante le forti critiche, l’istituto è stato applicato per vari decenni, sia pure tra varie incertezze e contestazioni.

La Corte EDU, tuttavia si è più volte espressa sull’irragionevolezza dell’istituto, sottolineando come il solo fatto
dell’occupazione illegittima o dell’irreversibile trasformazione non potesse costituire titolo idoneo per il
trasferimento della proprietà.

Dopo molte oscillazioni, il nostro Consiglio di Stato si è finalmente allineato sottolineando come l’intervenuta
realizzazione dell’opera pubblica non faccia venire meno l’obbligo dell’amministrazione di restituire al privato il
bene illegittimamente appreso. > Ne consegue che il mero fatto (realizzazione dell’opera pubblica sul fondo
illegittimamente occupato) è inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà.

Ne discende che è obbligo primario dell’amministrazione procedere alla restituzione della proprietà
illegittimamente detenuta, salvo che non ricorrano i presupposti e l’Amministrazione non si avvalga dell’istituto
della c.d. espropriazione in sanatoria, ex art. 42-bis del T.U. sull’espropriazione.

Nell’uno e nell’altro caso sarà comunque necessario anche provvedere al risarcimento del danno derivante dalla
illegittima occupazione del fondo.

SANZIONI AMMINISTRATIVE E CEDU

La giurisprudenza della Corte di Strasburgo riveste un’importanza fondamentale anche sulla disciplina nazionale in
materia di sanzioni amministrative e ciò anche se non sussiste nella Convenzione alcuna norma che espressamente
si riferisca a tale tipo di illeciti.

Al fine di evitare la c.d. “truffa delle etichette”, la Corte EDU ha chiarito che, al sussistere di determinate condizioni,
le garanzie di matrice penalistica previste dalla Convenzione debbano trovare applicazione anche con riferimento
agli illeciti extra-penali.

E’ stata così elaborata in via pretoria una nozione autonoma di materia penale, che impone di andare al di là delle
“etichette” utilizzate dai legislatori per definire i singoli illeciti e di assoggettare, di volta in volta, gli stessi ad una
verifica di natura sostanziale.

Nell’operare tale verifica la Corte EDU segue dei criteri interpretativi meglio noti come criteri Engel, dal nome della
pronuncia del 1976.

In base a tali criteri, che sono tra loro alternativi, si deve attribuire rilevanza, oltre alla qualificazione giuridica data
all’illecito nel diritto interno, anche allo scopo afflittivo-deterrente del precetto violato e alla severità della sanzione
che può essere comminata al trasgressore. > Sotto tale ultimo profilo occorre evidenziare che la giurisprudenza della
Corte EDU ritiene sufficiente che il malum inflitto consista anche in mere conseguenze finanziarie e precisa che si
deve aver riguardo al massimo di sanzione che avrebbe potuto essere irrogata in base alla cornice edittale di
riferimento e non, viceversa a quella che è stata in concreto applicata.

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Sulla base di tali inclusivi criteri la Corte ha ad esempio ritenuto assimilabili agli illeciti penali le sanzioni adottate
da talune Autorità amministrative indipendenti, e addirittura le sanzioni amministrative pecuniarie previste in caso
di violazione delle norme del Codice della Strada.

Diverse, sono le conseguenze che derivano dall’assimilazione, ai sensi e per effetti della CEDU, degli illeciti
amministrative a quelli penali.

SI pensi a mero titolo esemplificativo:


- Alla necessità di applicare anche ai primi le garanzie di natura procedurale stabilite dall’art. 6 CEDU (Es.
divieto di cumulo in capo ad un unico soggetto delle funzioni istruttorie e decisorie);
- All’esigenza di estendere anche alle sanzioni amministrative la presunzione di innocenza;
- All’assoggettamento delle sanzioni amministrative al principio di stretta legalità di cui all’art. 7 CEDU, che
impone che “illecito debba essere definito dalla legge in modo chiaro”;
- All’applicabilità anche alle sanzioni amministrative del principio della retroattività in mitius, vale a dire della
retroattività delle più favorevoli norme sopravvenute rispetto alla commissione dell’illecito.

Livello legislativo

Forza di legge: capacità innovativa della legge nell’ordinamento statuale (di rango primario e quindi subordinata
sia alla Costituzione, sia alla disciplina UE)

Valore di legge: trattamento riservato dall’ordinamento alla legge – ovvero il suo regime giuridico.

Nel testo costituzionale originario, esso consisteva nella:


 Abrogazione ad opera di altra norma successiva di rango legislativo
 Annullamento a seguito del sindacato di illegittimità costituzionale in caso di contrasto con norme
costituzionali o da esse richiamate (norme interposte)

Nel contesto delle necessità europea prevede:


 Disapplicazione della legge per contrasto con una normativa comunitaria immediatamente applicabile
 Possibile intervento della corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale

Forza e valore di legge valgono, oltre che per le leggi ordinarie anche per tutti gli atti normativi dello stesso rango
della legge: decreti-legge, decreti legislativi, leggi regionali, e leggi delle Province di Trento e Bolzano.

Ciò anche se il livello legislativo non è sempre pariordinato perché sussistono leggi (es leggi regionali di
approvazione degli Statuti ex art 123.2 Cost) che necessitano una procedura rinforzata per la loro applicazione e le
leggi che le modificano devono essere approvate con la stessa procedura.

Gli statuti previsti all’art 123 Cost esprimono l’autonomia regionale perché riconducibili alle determinazioni, del
singolo Consiglio regionale.
Differiscono dagli Statuti delle regioni ad autonomia speciali approvati invece con legge costituzionale, con fonte
quindi eteronoma, riservata al parlamento nazionale.

Ora questa differenza risulta meno giustificata infatti gli Statuti ordinari comportano scelte di fondo in ordine alla
forma di governo e ai principi fondamentali di organizzazione e funzionamento che esaltano l’autonomia
regionale; inoltre è mutato il modello della regione ad autonomia ordinaria in senso quasi federalistico. > ciò ha
comportato il conferimento alle Regioni ad autonomia speciali del potere di adottare una legge diretta a disciplinare
anch’esse la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento (legge cost. 2/2001).

La forma di governo è costituita dal riparto di competenze tra gli organi e dalla modulazione dei loro rapporti, salvo
l’ art 121 Cost che fornisce il disegno di base delle funzioni degli organi di governo.

Il rapporto tra Leggi nazionali e Leggi regionali è sempre stato basato sul riparto di competenze per materia.

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Ciò vale ancora oggi, dopo la riforma del Titolo V con legge cost 3/2001 con cui si è passati dalla sequenza
legislazione concorrente, facoltativa-attuativa e residuale dello stato alla sequenza legislazione esclusiva statale,
concorrente e residuale delle regioni ex art 117 cost.
Importanti per l’ordinamento amministrativo sono i poteri esclusivi statali riguardanti:

• Organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane


• Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali

Le regioni acquisiscono un ruolo più rilevante perché la loro competenza non è più circoscritta a materie
tassativamente indicate, come ora avviene per lo stato. MA allo Stato sono riservati poteri legislativi di tipo
trasversale perché suscettibili di riferirsi a una molteplicità di materie (es tutela della concorrenza, determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale).

ATTENZIONE: La legislazione regionale riveste un ruolo fondamentale per il diritto amministrativo infatti
essa non può intervenire in materia di diritto civile, penale o processuale. Le materie di sua competenza riguardano
settori di rilevanza dell’azione amministrativa: governo del territorio, urbanistica, edilizia, sanità, trasporti art 117.3
Cost.

Si può parlare di riparto di competenze anche con riferimento alla legislazione concorrente in cui allo Stato spetta
solo l’individuazione dei principi, ed alle regioni la potestà legislativa.

Sussiste uno speciale rapporto gerarchico tra la legislazione statale che detta i predetti principi
fondamentali e la legge regionale chiamata ad attuare tali principi, mediante norme di dettaglio.

Siccome la normativa compiuta e di dettaglio può essere emessa solo dalle regioni, solo queste hanno una
competenza regolatoria in materia.
Esse possono legiferare anche in assenza di leggi cornice, desumendo i principi di competenza statale dalla
legislazione vigente.

Le controversie Stato-Regioni sono risolte dalla Corte costituzionale sulla base del ricorso diretto
dell’istituzione che si reputi lesa nella propria competenza art 127 Cost.

 Legislazione concorrente nei rapporti Stato-Regioni: basata sul riparto per competenze
 Legislazione concorrente nei rapporti UE-Stati membri: basata sul criterio di gerarchia delle fonti

L’impatto della partecipazione dell’Italia all’UE non pare distribuito in modo omogeneo tra i poteri legislativi di Stato
e Regioni infatti nell’ambito coperto dalla disciplina comunitaria gli equilibri stato-regioni, basati sul riparto di
competenze per materie, risultano sbilanciati a favore dello Stato.

Ciò vale con riferimento a entrambe le fasi della normativa comunitaria:

 fase ascendente – fase di formazione della normativa comunitaria

Il potere legislativo europeo è ancora in gran parte intestato al Consiglio dei Ministri europeo o Consiglio dell'Unione
europea che risulta un protagonista fondamentale del potere decisionale in ordine a regolamenti e direttive da
adottare su proposta della commissione.
Siccome ogni stato membro partecipa al consiglio con un proprio ministro competente per la materia trattata, esso
partecipa in tal modo al potere decisorio europeo di carattere normativo. Tale partecipazione ha consentito al
Governo italiano di elaborare in piena autonomia, senza coinvolgere le Regioni, la posizione da far valere nel
Consiglio dell’UE.

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Questo monopolio della fasce ascendente non è conforme al nostro sistema in cui il potere legislativo è variamente
ripartito fra Stato e regioni!

Sono quindi stati fatti sforzi per il coinvolgimento delle Regioni: l’ art 117.5 Cost statuisce che Le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla
formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello
Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

Questa legge ha stabilito:

Forme di partecipazione diretta delle Regioni attraverso la presenza di un loro rappresentante nella
delegazione governativa

Forme di partecipazione indiretta attraverso osservazioni e intese sulla posizione da tenere in ordine alla
normativa comunitaria in itinere. Questa partecipazione è esercitata nella Conferenza permanente Stato-
Regioni (procedura complessa).

 Fase discendente

L’attuazione delle direttive comunitarie spetta alle Regioni nelle materie di loro competenza. Residua allo Stato, in
materia di legislazione concorrente, solo l’emanazione delle norme di principio.
MA si deve considerare che la responsabilità per mancata o cattiva attuazione delle direttive è imputabile SOLO allo
Stato.

Per questo si è ritenuta giustificabile la prassi che lo Stato desse piena e completa attuazione con norme sia di
principio, sia di dettaglio, anche alle Direttive riguardanti materie di competenza regionale, salva la possibilità per
queste di derogarvi, nei limiti consentiti dalle direttive stesse.

Le leggi dello stato possono quindi disciplinare le modalità di esercizio del potere sostitutivo nei confronti delle
Regioni in caso di inadempienza. > Art 117 c.5
L’ art 41 l.234/2012 conferma l’ammissibilità dell’intervento statale di prevenzione al fine di porre rimedio
all’eventuale inerzia della singola regione nel dare attuazione alle norme comunitarie.

QUINDI: Anche nella fase discendente della normativa europea lo Stato risulta aver acquisito una funzione
normativa, che va oltre il riparto per competenze. > Si parla di sacrificio di sovranità che è conseguenza
dell’appartenenza al sistema dell’Unione europea, e che finisce per gravare maggiormente sul potere legislativo delle
Regioni che più su quello Statale.

CONCLUSIONI: Nell’ambito coperto dalla disciplina dell’Unione europea gli equilibrio tra Stato e Regioni – basati sul
riparto di competenze per materie – risultano alquanto sbilanciati a favore del primo.

LA (NON APPROVATA) RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2016

Nel 2016 la proposta di revisione della Costituzione contenuta nel Disegno di legge costituzionale (c.d. riforma
Boschi-Renzi) modificava, il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni delineato dall’art. 117.

La riforma costituzionale si prefiggeva la soppressione delle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni
e il trasferimento alla competenza esclusiva statale di gran parte delle materie concorrenti.

Altre materie di legislazione concorrente, come l’istruzione, la tutela della salute, il governo del territorio, ect,
venivano assoggettate a una disciplina più articolata: da un lato, si attribuiva alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato il compito di dettare “disposizioni generali e comuni”; dall’altro, si affidavano alla competenza regionale
la programmazione, la pianificazione, l’organizzazione e la promozione dei servizi.

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Nelle materie in cui la competenza legislativa esclusiva dello Stato fosse stata limitata alle “disposizioni generali e
comuni” si sarebbe configurata una nuova forma di “co-legislazione” da parte di Stato e Regioni.

Sarebbe spettata alle Regioni ogni materia residuale non espressamente riservata alla competenza legislativa dello
Stato e sempre all’art 117 era introdotta la c.d. “clausola di supremazia” che prevedeva (anche per le materie non
di competenza statale) l’intervento del Governo qualora lo avesse richiesto “la tutela dell’unità giuridica o economica
della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.

Il testo della legge costituzionale, approvato da entrambe le Camere, in 2 deliberazione, a maggioranza assoluta dei
componenti e pubblicato nella Gazzetta ufficiale, è stato poi posto a referendum popolare confermativo.

L’esito di tale referendum è stato negativo e di conseguenza la riforma non è mai entrata in vigore e il testo
dell’art 117 è rimasto inalterato.

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLA C.D. LEGGE MADIA

La dialettica tra legislazione statale e legislazione regionale è molto complessa e la Corte Costituzionale ha sviluppato
una serie di criteri (di attrazione, e di trasversalità prevalentemente), per dirimere le questioni.

A tal riguardo è da ricordare la sentenza n 251/2016 della Corte Costituzionale. > Tale sentenza ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale, di alcune disposizioni della c.d. legge Madia (n 124/2015), la quale contiene numerose
deleghe legislative al Governo per riformare vari tronconi di disciplina della PA.

La legge è stata ritenuta incostituzionale nelle parti in cui ha previsto che i decreti legislativi attuativi siano adottati
previa acquisizione del semplice parere non vincolante reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in
sede di Conferenza Stato-Regioni.

COMPETENZE FINALISTICHE E ATTRAZIONE IN SUSSIDIARIETA’

Il riconoscimento della competenza legislativa residuale delle Regioni potenzialmente rende le leggi
regionali la regola, mentre la legge statale l’eccezione.

Va tuttavia osservato che in concreto la legislazione regionale ha avuto un ruolo e un’incidenza molto minore
rispetto a quel che si desumerebbe dal testo costituzionale.

Vari fattori hanno condotto a questo esito e tra le più importanti ricordiamo:

COMPETENZE FINALISTICHE: introduce elementi di mobilità nell’astratto riparto di competenze legislative tra
Stato e Regioni.

FUNZIONAMENTO: Alcune materie di potestà legislativa statale indicate nell’art 117 Cost, sono state definite
efficacemente come “materie-non materie”, in quanto identificano competenze legislative dello Stato in funzione
non dell’ambito di incidenza, bensì della finalità assolta (es. la tutela della concorrenza, dell’ambiente, ect.) Tali
competenze finalistiche pongono cosi la legge statale nelle condizioni di intervenire anche in ambiti in principio
riservati alla competenza residuale delle Regioni.

ATTRAZIONE IN SUSSIDIARIETA’: Introduce come l’altra elementi di mobilità nell’astratto riparto di competenze
legislative tra Stato e Regioni. Inoltre permette allo Stato di dettare disposizioni in materie di competenza regionale.

L’elaborazione di questo meccanismo è dovuto alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha sostenuto che
lo spostamento a livello statale della competenza amministrativa, per ragioni di esercizio unitario delle funzioni
produca un “effetto di trascinamento” attraendo parimenti allo stesso livello istituzionale la corrispondente
competenza legislativa.

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I regolamenti

Fonte di diritto amministrativo sono anche i REGOLAMENTI che sono atti amministrativi a contenuto normativo
(generali e astratti).
E’ una fonte gerarchicamente subordinata alla legge, è una fonte secondaria, come confermato dall’ art 1 Preleggi c.c.

FORZA GIURIDICA: il regolamento ha capacità innovativa dell’ordinamento a livello inferiore sia alla Costituzione,
sia alle leggi, sia alla normativa comunitaria.

Pertanto un regolamento in contrasto con dette fonti superiori non solo ne intacca l’efficacia, ma risulta esso
illegittimo, con tutte le implicazione che ne derivano.

VALORE GIURIDICO: i regolamenti hanno lo stesso regime dei provvedimenti amministrativi infatti possono essere:
 Annullati dal Giudice amministrativo per i vizi di legittimità
 Disapplicati anche dal giudice ordinario, nonché da quello amministrativo per contrasto con norme di
rango superiore
 Abrogati, in quanto atti normativi, da un regolamento successivo o dal sopraggiungere di una normativa di
rango superiore incompatibile

I regolamenti si distinguono dai provvedimenti amministrativi SOLO per il fatto che si tratta di atti normativi che
presentano un contenuto precettivo generale, in quanto indirizzato ad una pluralità indeterminata di soggetti e
astratto, in quanto riguarda tutti i casi della serie rientranti nella fattispecie prefigurata.
Il provvedimento amministrativo dispone invece per il caso concreto e per destinatari determinati o determinabili.

Sono entrambi sottoposti al principio di legalità: la potestà regolamentare deve essere espressamente prevista dalla
legge in capo a una certa Autorità amministrativa e tale previsione può avvenire anche per intere categorie di
regolamenti

Ai sensi dell’art 17 legge 400/1988 il Consiglio dei Ministri è abilitato ad adottare:

1) regolamenti esecutivi
2) regolamenti integrativi-attuativi
3) regolamenti indipendenti
4) regolamenti di organizzazione
5) regolamenti di delegificazione
6) regolamenti di attuazione delle Direttive comunitarie

I primi tre si distinguono in base al rapporto che hanno con le leggi che disciplinano la stessa materia; il 4 si distingue
in relazione alla materia; il 5 e 6 si distinguono in base alla funzione che svolgono.
I regolamenti governativi fin qui richiamati sono assoggettati allo stesso procedimento e hanno la stessa veste
formale: decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere
del Consiglio di Stato.

1) Regolamenti esecutivi: presuppongono una disciplina legislativa completa della materia e hanno la
funzione di consentirne l’applicazione concreta disciplinando aspetti operativi.
Per questo motivo possono essere emessi anche in materie soggette a riserva assoluta di legge!
Inoltre possono intervenire in esecuzione non solo di leggi, ma anche di decreti legislativi e di regolamenti
dell’UE.

2) Regolamento integrativo-attuativo: presuppone una disciplina legislativi di principi a maglie larghe che
necessita di essere completata.
Può essere emesso anche in materie soggette a riserva relativa di legge purchè dalla disciplina legislativa
vigente si desumano i criteri e i limiti della normazione secondaria.

3) Regolamenti indipendenti presuppongono che la materia non sia già disciplinata dalla legge e non può

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essere emesso in materie soggette a riserva di legge.

4) Regolamenti organizzativi si comportano come quelli integrativi-attuativi dato che anche l’ art 97.2 Cost
pone anch’esso una riserva relativa (I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge).

5) Regolamenti di delegificazione sono preordinati a disciplinare con normazione secondaria alcuni settori
già disciplinati dalla legge MA non coperte da riserva assoluta di legge!
La finalità è quella di decongestionare l’attività del Parlamento in alcuni settori tecnico-scientifici che
necessitano di costante e rapido aggiornamento.

APPROFONDIMENTO:

Art 17.2 legge 400/1988: Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta
di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà
regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
La Corte costituzionale nella sent 303/2005 ha chiarito che le norme generali regolatrici della materia devono
presentare un contenuto idoneo a delimitare la funzione regolamentare in modo più stringente rispetto ai principi e
criteri direttivi che sono propri della legge di delega, rispetto al decreto legislativo ex art 76 Cost.

Un regolamento non potrebbe mai superare precedenti testi legislativi, infatti deve essere la legge stessa a
consentirlo disponendo l’abrogazione dal momento dell’emanazione del regolamento (non conferendo al
regolamento forza di legge – era il modello del regolamento delegato!).
La legge di delegificazione abbassa il livello della disciplina legislativa preesistente e autorizza il regolamento ad
innovare su di essa.

6) Regolamenti di attuazione delle Direttive comunitarie: possono essere adottati anche in materie già
disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge; il che significa che possono assumere il
ruolo di regolamenti di delegificazione, sulla base di un’autorizzazione legislativa.

Ma, a differenza dei regolamenti di delegificazione, essi trovano nelle direttive europee un parametro di legittimità:

 Pure nel caso in cui non si tratti di direttive self executing; infatti, in tali casi anche la direttiva con precetti
non dettagliati, ma contenenti solo gli obiettivi da raggiungere, vincola l’organo deputato a darvi attuazione
e, dunque, non solo il legislatore ma anche l’Autorità amministrativa (il Governo), ove l’attuazione avvenga
in via regolamentare

 La vincolatività delle direttive immediatamente applicabili invece è conseguenza diretta della normativa
europea, la quale entra e permane nel nostro ordinamento e costituisce fonte di rango superiore, cui devono
conformarsi la legge e i regolamenti e le altre fonti secondarie.

L’art. 117 co. 6 Cost ha introdotto il principio del parallelismo tra competenza legislativa e regolamentare dello
Stato: ciò significa che lo Stato ha il potere di emettere regolamenti unicamente nelle materie attribuite alla sua
competenza legislativa esclusiva e tale potere può essere poi delegato alle Regioni.

La legge c.d. Buttiglione-Stucchi (Art 11 legge 11/2005) precisa che l’attuazione delle direttive europee mediante
regolamento possa essere prevista dalle leggi di delegazione europea solo nelle materie di cui all’art. 117 co. 2 Cost,
dunque solo per materie rimesse alla competenza legislativa esclusiva statale; il recepimento per via regolamentare
è poi sempre escluso ove l’attuazione delle direttive comporti l’istituzione di nuovi organi o strutture amministrative
o la previsione di nuove spese o minori entrate.

POTESTA’ REGOLAMENTARE STATALE E REGIONALE

I regolamenti governativi, così come quelli ministeriali, possono riguardare solo le materie di competenza esclusiva

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dello Stato, mentre spetta alle Regioni la potestà regolamentare “in ogni altra materia” (e dunque anche nelle materie
di competenza concorrente).

Il potere regolamentare può essere attribuito al Consiglio o alla Giunta regionale, secondo forme e modalità fissate
dallo Statuto di ciascuna Regione.

A loro volta Comuni e Province hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite. (Art 117 c.8 Cost). In particolare, i regolamenti degli enti locali
intervengono in materie come l’urbanistica, l’igiene, la viabilità e la polizia municipale.

Il potere regolamentare è attribuito al Consiglio dell’ente locale, eccezion fatta per i regolamenti comunali
sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, che sono adottati dalla Giunta, sulla base di criteri generali stabiliti dal
Consiglio.

IL RAPPORTO TRA LEGGE E REGOLAMENTO

Varia a seconda della tipologia del regolamento:

 Nel caso di regolamenti di delegificazione, è previsto che il legislatore, nel conferire al Governo la potestà
regolamentare di delegificazione, debba indicare le norme generali regolatrici della materia, con ciò
escludendo, in via espressa, che la delegificazione comporti un affidamento integrale di una materia alla
fonte secondaria, persistendo l’esigenza di minimi e generali riferimenti di rango primario

 Nel caso di regolamenti indipendenti il potere regolamentare è esercitabile in assenza di indicazione


legislativa di criteri e limiti visto che essi operano proprio con riferimento a materie in cui manchi la
disciplina da parte di leggi

 Nel caso di regolamenti di esecuzione o di attuazione, dove non può non esservi una previgente disciplina
legislativa, l’ordinata attuazione del sistema delle fonti auspica che tale esercizio venga espressamente previsto
da legge nonché attraverso l’indicazione di criteri e limiti

Tuttavia, l’assenza di indicazione da parte della legge di criteri e limiti all’esercizio della potestà regolamentare,
anche nei casi di materia sottoposta a riserva relativa di legge, non determina la illegittimità costituzionale della
norma, che, pur prevedendo la successiva adozione di un regolamento, non prevede al tempo stesso detti criteri e
limiti, e quindi la necessità di rimessione alla Corte Costituzionale.

DISTINZIONE DAGLI ATTI AMMINISTRATIVI GENERALI

I regolamenti si distinguono dagli altri atti amministrativi generali (es. bando di gara o di concorso)

 Sia per gli aspetti formali (es. auto qualificazione dell’atto come regolamento) o per la circostanza che i
destinatari degli atti generali, in un primo tempo non determinabili, lo diventano in un momento successivo,

 Sia per il fatto che gli atti amministrativi generali costituiscono espressione di potere della PA volto alla cura
di un interesse pubblico in riferimento ad un obiettivo concreto e determinato (la scelta del contraente,
l’individuazione dei vincitori di un concorso da assumere), come tale destinato ad essere temporalmente
circoscritto e strutturalmente esauribile.

Così,

 Nei regolamenti la causa fondante l’esercizio del potere consiste nella pre-definizione astratta della
disciplina di un numero indefinito e non determinato nel tempo di casi rientranti nel tipo normativo;

 Negli atti amministrativi generali essa è rappresentata dal concreto perseguimento di un interesse pubblico,
programmaticamente circoscritto e temporalmente definito.

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Con l’ulteriore conseguenza che,

 L’efficacia dei regolamenti è temporalmente indefinita (e necessita, per la sua cessazione, di un ulteriore atto
normativo),

 L’efficacia degli atti generali si esaurisce con il concreto raggiungimento dell’interesse pubblico, la cui cura
ha costituito la causa giustificatrice dell’esercizio del potere.

QUANTO AL REGIME DI IMPUGNAZIONE

Il regolamento non è di per sé impugnabile, in quanto esso si presenta privo di disposizioni immediatamente lesive,
proprio perché aventi contenuto normativo, astratto e programmatico, a nulla rilevando che tali disposizioni
possano prefigurare un’incisione futura sulla sfera giuridica di chi ne risulterà in concreto destinatario (volizione
preliminare).

Di conseguenza il regolamento potrà formare oggetto di impugnazione, e quindi il giudice potrà verificarne
l’eventuale illegittimità delle disposizioni, insieme agli atti che di queste ultime fanno applicazione, perché è
attraverso tali atti che si realizza il pregiudizio della sfera soggettiva e, quindi, si attualizza l’interesse a ricorrere.

Allo stesso tempo, un regolamento, se contiene disposizioni immediatamente lesive, è immediatamente impugnabile
(volizione azione). In tal caso, tuttavia, la natura regolamentare dell’atto, anche se sussistente dal punto di vista
formale, deve essere esclusa dal punto di vista sostanziale: l’atto presenta un contenuto provvedimentale,
determinato dal fatto che esso incide direttamente e unilateralmente sulla sfera giuridica di uno o più soggetti
individuati.

DISAPPLICAZIONE DEI REGOLAMENTI:

Il giudice, sia ordinario sia amministrativo, ha il potere di disapplicare i regolamenti qualora essi contrastino in
termini di palese contrapposizione con il disposto legislativo primario. Infatti, poiché i regolamenti sono atti
normativi, vale nei loro confronti la disapplicabilità per contrasto con norme di rango superiore.

La disapplicazione della norma regolamentare prescinde dalla richiesta delle parti ed è possibile anche nella
giurisdizione generale di legittimità.

Le altre fonti secondarie

Ulteriori importanti fonti secondarie sono gli Statuti degli enti territoriali minori e degli altri enti
pubblici, nonché le ordinanze di necessità ed urgenza.

AVVERTENZA: Il livello delle fonti “secondarie” è articolato al suo interno e non sempre pariordinato
tant’è che talvolta si parla pure di fonti terziarie

STATUTI DI COMUNI E PROVINCE

Pongono nell’ambito dei principi stabiliti dal T.U. sulle autonomie locali le norme fondamentali dell’organizzazione
dell’ente, specificando le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e partecipazione delle minoranze, i modi di
esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio…. Le forme di collaborazione fra comuni e province,
della partecipazione popolare, del decentramento, dell’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti
amministrativi art 6 c.2 d.lgs. 267/2000.
Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie
di propria competenza e in particolare per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni.
Art. 7 d.lgs. 267/2000

Gli Statuti, pur essendo atti normativi secondari:

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 Sono sottoposti solo ai principi del Testo Unico


 Sono posti in posizione gerarchicamente sovraordinata rispetto agli altri regolamenti di attuazione che
quindi, pur rimanendo fonti secondarie, scendono di livello.

L’autonomia statutaria di Comuni e Province riconosciuta dall’ art 114.2 Cost non conferisce una potestà
normativa libera da vincoli derivanti da fonte legislativa!

Essa è assoggettata infatti:

 Sia ai principi del T.U.,


 Sia alle leggi statali in tema di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Province ex art lett p
Cost: l’attribuzione degli organi che essa può prevedere riguarda i dirigenti e i consigli circoscrizionali nei
casi in cui questi possono essere costituiti con funzioni di amministrazione attiva e non riguarda quindi gli
organi di governo (sindaco, giunta, consiglio) o i loro rapporti > la forma di governo è interamente stabilita
dalla legge!

Gli Statuti comunali sono deliberati, sulla base di una procedura rinforzata di adozione, dal Consiglio a
maggioranza dei 2/3 dei componenti. Gli Statuti provinciali, a seguito della l. 56/2014 sono adottati
dall’assemblea dei sindaci, su proposta del Consiglio provinciale. > Inoltre sempre tale legge disciplina
l’adozione degli Statuti delle città metropolitane e delle unioni di Comuni.

Ordinanze di necessità e d’urgenza ove presentino un contenuto generale e astratto rientrano tra le fonti
secondarie di carattere normativo.
art 54 d.lgs. 267/2000: il Sindaco, quale ufficiale di Governo, adotta con atto motivato provvedimenti contingibili e
urgenti, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

art 50.5: in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze contingibili
e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale.

Duplice funzione del sindaco: ufficiale di governo e rappresentante della comunità locale.

Il possibile contenuto e i presupposti di esse sono ampi e non prefigurati dalla legge vista l’impossibilità di preveder
tutte le necessità che possono manifestarsi.

Dunque risulta rispettato il principio di legalità in senso formale, ma non quello in senso sostanziale nonostante
le ordinanze possano incidere su diritti costituzionali protetti con riserva di legge relativa, e possano derogare a
norme di rango primario: ne deriva, in tali casi, che esse finiscono per acquisire persino “forza di legge”

Nonostante ciò esse sono costituzionalmente legittime perché costituiscono una valvola di sicurezza
dell’ordinamento per far fronte a esigenze imperiose a situazioni imprevedibili che non hanno altri strumenti idonei.

Lo stato di necessità e urgenza assume un ruolo di fonte autorizzativa di ordinanze extra ordinem MA
temporalmente delimitate e sottoposte, per ogni altro profilo, al regime tipico delle fonti secondarie.

Normativa di regolazione: riguarda la disciplina di particolari settori economici che attengono a servizi pubblici o
di pubblica utilità la cui regolazione è diretta a disciplinare i mercati non concorrenziali per consentire loro di
raggiungere l’efficienza tipica di quelli concorrenziali.

Essa serve a correggere o evitare le disfunzioni di questi mercati e a garantire livelli adeguati di:

 Qualità
 Trasparenza
 Competitività

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Conformando l’attività delle imprese in modo varia, anche imponendo vincoli tariffari o altri obblighi di servizio (al
di fuori della logica produttiva e commerciale del singolo operatore).

Questa attività regolatoria si innesta in un quadro legislativo generico che lascia ampi margini di scelta e creatività
all’Autorità amministrativa.
Per questo motivo si è parlato anche di potestà regolamentare indipendente che quindi non necessiterebbe di una
preventiva disciplina legislativa della materia.

MA la regolazione impatta su diritti fondamentali economici garantiti dalla Costituzione all’ art 41 c.2/3 e quindi
disciplina un ambito materiale assoggettato a riserva relativa di legge (NO regolamenti indipendenti, necessaria
predeterminazione legislativa di contenuti e criteri).

FONTI TERZIARIE E LA C.D. SOFT LAW

Esistono molteplici ed eterogenei atti che solo in via residuale e per comodità possono essere definiti come fonti
terziarie del diritto.

Vengono qui in rilievo linee guida, standard, direttive, circolari, decreti di natura non regolamentare, atti di
programmazione o di pianificazione , che sempre più frequentemente sono emanati dalle pubbliche amministrazioni
nazionali e sovranazionali nell’attuale periodo storico.

Tutti questi particolari atti soddisfano un’indubbia esigenza di flessibilità e di adattamento alla realtà, ma, al
contempo, sottendono problemi, sia d’inquadramento dogmatico, sia d’individuazione del regime giuridico, sia di
certezza del diritto, sia di tutela nei confronti del loro destinatario.

ESEMPIO: i decreti di natura non regolamentare sono emanati dal Governo allo scopo di sfuggire ai vincoli fissati
dall’art. 17 della legge n.400/1988 per i regolamenti amministrativi, oppure per intervenire anche in materie sulle
quali lo Stato sia privo di potere regolamentare.

A proposito di questo fenomeno, si è parlato di “fuga dal regolamento”, di “truffa delle etichette”, di “predominio
della ragione di governo”.

Il fenomeno dell’utilizzo di fonti atipiche del diritto amministrativo riguarda non solo e non tanto il Governo, quanto
piuttosto PA diverse da quelle tradizionali, come l’Anac (Autorità nazionale anticorruzione).

Il codice degli appalti attribuisce a questa Autorità il potere di dettare “linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri
strumenti di regolamentazione flessibile”

Si è parlato a tal proposito di c.d. soft law, nozione anta nell’ambito del diritto internazionale per indicare quegli
atti, che assumono varie denominazioni (dichiarazioni di principi, risoluzioni, carte, codici di condotta, linee guida,
programmi d’azione), caratterizzati dal non essere giuridicamente vincolanti, ma che parimenti sono osservati dai
loro destinatari a causa dell’autorevolezza del soggetto da cui provengono (c.d. effetto di moral suasion).

Il giudice amministrativo ha però precisato che la soft law ha una funzione limitata: essa “può riguardare gli spazi di
contorno della regola legale”, ma “non può porsi in modo esuberante come diretta fonte del diritto”

LE ORDINANZE NON CONTINGIBILI E URGENTI

Previste dal testo originario dell’art. 54 del menzionato d. lgs. 267/2000 (T.U. enti locali). La Corte
Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della norma che le prevedeva.

Secondo il giudice costituzionale “si deve.. ritenere che la norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei
sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti.. viola la riserva di legge relativa, di cui
all’art 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito,
quello delle imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono

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tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di
dare previsti in via generale dalla legge”.

Tuttavia di recente il d.l. n 48/2017 ha nuovamente previsto in maniera estesa la categoria delle ordinanze
normative non urgenti, nonostante il ridimensionamento operato dalla Corte Cost.

La legge stabilisce che il Sindacato, “al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e
del riposo dei residenti nonché dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da
afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi”, ha il potere di
disporre “per un periodo comunque non superiore a 30 giorni”, “con ordinanza non contingibile e urgente”, “limitazioni
in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”.

REGOLAZIONE E LEGITTIMAZIONE DEMOCRATICA

La normativa di regolazione pone delicati problemi di legittimazione democratica, dal momento che le Autorità di
regolazione non sono di origine elettiva. Infatti, le Autorità sono sottratte, in tutto o in larga parte, alla direzione
della politica e pertanto non sono responsabili dal punto di vista politico, né nei confronti degli organi elettivi, né nei
confronti degli organi di vertice della Pubblica Amministrazione, né nei confronti del corpo elettorale.

Inoltre, le leggi si limitano ad affidare alle Autorità la cura di interessi molto generali, in quanto sono “leggi di
indirizzo che poggiano su prognosi incerte, rinvii in banco all’esercizio futuro del potere, inscritto in clausole generali
o concetti generali che spetta all’Autorità concretizzare”.

In assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, le Autorità troverebbero “un fondamento dal
basso”, grazie “all’esistenza di un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti
interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative”.

CAPITOLO II- FIGURE SOGGETTIVE E MODELLI ORGANIZZATORI DELLA PUBBLICA


AMMINISTRAZIONE
Gli enti territoriali e i livelli di governo (anche nel contesto europeo)

Art 114 Cost: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle
Regioni e dallo Stato.

Pari dignità degli enti territoriali e un favor nella distribuzione delle funzioni verso gli enti che costituiscono una
più immediata forma di aggregazione dei cittadini (Comuni).

L’art 1 l. 59/1997 – Legge Bassanini ha prefigurato una sorta di federalismo amministrativo a Costituzione
immutata: sono conferite alle regioni e agli enti locali … tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura
degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti
amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato,
centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.

Stato e Regioni sono comunque gli unici enti, insieme alle Province di Trento e Bolzano, dotati di potere legislativo.

Il nostro non è più un modello stato centrico nonostante lo Stato sia ancora il principale protagonista del diritto
pubblico, titolare della massima parte del potere impositivo di tipo tributario.

La riforma attuata con legge cost 3/2001 ha incrementato le competenze regionali realizzando un modello quali
federale.

Si tratta di uno Stato regionale perché mancano alcuni connotati tipici del federalismo:
 Potere giurisdizionale degli stati federati che le regioni non hanno
 E’ mancato il processo di formazione tipico dello Stato federale costituito da cessioni di sovranità daparte

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degli Stati che intendono federarsi (processo dal basso verso l’alto).

Mentre nel caso delle Regioni vi è stato un processo dall’alto verso il basso

Più accentuati caratteri federalistici presenta l’UE che, a seguito del Trattato di Lisbona, ha implementato il suo
ruolo nella politica estera e nella sicurezza comune art 42 TUE

Mancano però alle istituzioni europee alcuni caratteri tipicamente federali:


 Apparato militare, oggi di esclusiva competenza di ogni Stato membro
 Integrità territoriale e mantenimento dell’ordine pubblico

I cittadini italiani sono inseriti in un complesso di 5 livelli di governo, cioè centri dotati di un proprio indirizzo
politico-amministrativo, anche prescindendo dal considerare ulteriore enti intermedi, come l’unione di comuni e le
comunità montane. Tenendo presente, oltre agli enti elencati nell’art 114 Cost (ove Province e Città metropolitane,
in quanto alternative, costituiscono un unico livello), l’UE, con i suoi poteri non solo normativi, ma anche
giurisdizionali ed amministrativi.

Sistema multilivello il cui tratto comune è il principio di sussidiarietà (Art 118 par. 1 Cost), criterio ordinatore
minimo dell’intero sistema per quanto riguarda il riparto di funzioni amministrative.

SUSSIDIARIETA’ TRA AMMINISTRAZIONE COMUNITARIA DIRETTA E INDIRETTA

A livello europeo i Trattati conferiscono molte funzioni amministrative sia alla Commissione, sia al Consiglio dei
Ministri.

La Commissione:

 Vigila sull’applicazione dei Trattati e del diritto UE art 17 TUE


 Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione, di gestione, alle condizioni stabilite dai Trattati (es tutela
della concorrenza ex art 105 TFUE; aiuti di stato ex art 108 TFUE).

Regolamenti e direttive possono incrementare i loro poteri avvalendosi sempre del principio di sussidiarietà: ex art
291 par2 TFUE: Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti
dell'Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati
e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato sull'Unione europea, al Consiglio.

Questa è la c.d. Amministrazione comunitaria diretta

L’ amministrazione comunitaria indiretta invece è quella svolta dalle Autorità amministrative degli stati membri
nelle materie coperte dalla disciplina europea.

La regola in passato era che l’applicazione amministrativa del diritto comunitario compete essenzialmente agli Stati
membri in conformità alle loro norme costituzionali – Protocollo relativo all’applicazione dei principi di sussidiarietà
e proporzionalità annesso al Trattato di Amsterdam 1992.

Ancora oggi l’ art 291 par1 TFUE dice che Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per
l'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione.

Ma in realtà varie competenze sono svolte direttamente dagli organi comunitari.

SUSSIDIARIETA’ TRA ENTI TERRITORIALI

Il principio di sussidiarietà è stabilito dall’ art 118 c. 1 Cost che dispone Le funzioni amministrative sono attribuite ai

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Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Le funzioni amministrative devono essere distribuite e attribuite ai vari enti territoriali sulla base del principio di
sussidiarietà che si articola anche in:

 Principio di differenziazione: allocazione delle funzioni in relazione alle caratteristiche non omogenee
degli enti riceventi.
 Principio di adeguatezza: idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente.

Le funzioni e i compiti amministrativi devono essere attribuiti all’ente locale più vicino ai bisogni dei cittadini e
quindi a quello di dimensioni minori che può valutarne meglio i bisogni: c.d. criterio della prossimità > REGOLA

DEROGA > tali funzioni e compiti devono essere attribuiti ad enti territoriali di dimensioni maggiori quando:

 Vi sia l’impossibilità di svolgerli da parte di quelli più piccoli


 Gli interessi coinvolti e le misure uniformi da adottare assumano dimensioni superiori a quelle degli enti
minori

Flessibilità del criterio di allocazione delle funzioni che opera una preferenza per gli enti territoriali più a stretto
contatto con i cittadini ottenendo un effetto discendente, ma che indica anche le condizioni che impongono di salire
a un livello superiore con un effetto ascendente.

Il principio di sussidiarietà, che nell’accezione fin qui utilizzata è qualificato come sussidiarietà verticale.

La sussidiarietà verticale riguarda soprattutto le scelte legislative sulla distribuzione delle funzioni amministrative
e dei relativi compiti e assurge a criterio fondamentale per il riparto di queste funzioni tra i vari livelli di governo,
perche finisce per collegarli tutti nell’ambito di una logica unitaria.
In riferimento alle scelte legislative ci si deve riferire al riparto della relativa competenza fra Stato e Regioni.
L’ art 117.2:
 Lett g) conferisce alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
 Lett f) conferisce anche la legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni,
province e città metropolitane.

Va sottolineato, inoltre, che le richiamate scelte legislative (statali e regionali) nell’applicazione del principio di
sussidiarietà non sono libere, né totalmente discrezionali. Per gli enti territoriali minori sussiste, infatti, una duplice
garanzia prevista dalla stessa Costituzione.

 La prima, è data dalla competenza, esclusiva dello Stato nel determinare le “funzioni fondamentali” di
Comuni, Province e Città metropolitane (Art 117 c.2. lett. p). > Il che preclude alle Regioni di poter intervenire
in modo limitativo su tale nucleo centrale di funzioni.

 La seconda, riguarda sia il potere legislativo regionale, sia quello statale. Infatti, ai sensi dell’art. 118 c.2
Cost. “I comuni, le province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle
conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. > Dunque le funzioni
amministrative “proprie” (che dovrebbero corrispondere a quelle tradizionalmente svolte da detti enti e
dovrebbero costituire o meno con le “funzioni fondamentali”), dovrebbero costituire un limite non
derogabile neppure per il legislatore (statale o regionale), che può conferirne altre, ma non potrebbe limitare
le prime.

In altri termini, la Costituzione, pur individuando nella sussidiarietà un criterio elastico di attribuzione delle
funzioni, si è preoccupata di individuare taluni “paletti” a tutela dell’ambito di autonomia degli enti territoriali

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minori.

L’elasticità del criterio si manifesta pienamente, viceversa, per le funzioni aggiuntive, che il legislatore (nazionale o
regionale) dovesse attribuire a detti enti: e in tale ambito un ruolo non secondario dovrebbe rivestire anche i principi
di “differenziazione” e “adeguatezza” che peraltro possono essere considerati anche come articolazioni della stesso
principio di sussidiarietà. > Quest’ultimo non può operare prescindendo dal considerare le caratteristiche (non
omogenee) degli enti anche di pari livello (differenziazioni) o l’idoneità organizzativa dell’Amministrazione
ricevente (adeguatezza).

Tali criteri presiedono, poi, all’attribuzione delle funzioni amministrative alle Regioni. Essendo stato abbandonato,
il pregresso criterio della necessaria corrispondenza tra funzioni legislative e funzioni amministrative delle Regioni
non esiste più un ambito riservato (dalla Costituzione) per queste ultime e le funzioni amministrative devono essere
attribuite (o distribuite tra Stato e Regioni) dalla legge (statale o regionale).

Anche se, essendo improntato al principio di sussidiarietà anche il riparto delle competenze legislative (Art. 117 c.
2, 3 e 4 Cost), dovrebbe comunque permanere una sostanziale coincidenza delle funzioni amministrative regionali
con le materie di cui ai commi 3/4 dell’art 117, salvo il conferimento di esse (o di talune di esse) agli enti territoriali
minori.

L’assetto (statico) che ne deriva non implica certo un assoluto irrigidimento del sistema, dato che ben
possono verificarsi vicende modificative dello stesso. E tali vicende possono riguardare veri e propri spostamenti
delle competenze (come avviene nel caso di devoluzione o delegazione amministrativa), ovvero interventi sostitutivi
nei casi singoli.

La ripartizione delle funzioni tra le varie istituzioni non sempre comporta una netta separazione delle attribuzioni,
con conseguente responsabilità esclusiva di un unico centro decisionale. > Sicché non si può escludere che, almeno
in certi settori e per certe attività, vi sia sovrapposizione di competenze tra più livelli di governo, con possibile
contrasto degli interessi, di cui ciascuno di essi è portatore.

ESEMPIO: Nel campo della pianificazione territoriale spetta al singolo Comune, la disciplina urbanistica, consistente
soprattutto nella zonizzazione (suddivisione del territorio comunale in zone omogenee con destinazioni
differenziate) e nella localizzazione (esatta individuazione delle aree destinate alla realizzazione di opere
pubbliche).

Ma spetta alla Provincia (mediante il Piano territoriale di coordinamento) determinare gli indirizzi, cui i Comuni
dovranno attenersi, in ordine alla destinazione di macro zone e alla localizzazione delle maggiori infrastrutture e
linee di comunicazione.

Viene quindi applicato il principio di leale collaborazione che comporta l’obbligo della trasparenza e
dell’informazione nei rapporti reciproci tra livelli di governo, alla cooperazione dei relativi uffici e alla
prefigurazione di organi e procedure in cui i vari enti possano rappresentare i relativi interessi.
Esso impone attività concertative e induce a privilegiare le soluzioni concordate c.d. intese, rispetto all’intervento
unilaterale del livello di governo superiore, che potrò eventualmente svolgersi solo se le prime non siano state
raggiunte.

APPROFONDIMENTO

La prima legge comunale e provinciale (del 1865) prevedeva, che i rappresentanti comunali (i sindaci) fossero
nominati dal Governo centrale (ma tra i consiglieri comunali, che erano elettivi) e analoga connotazione
presentavano anche le Province, il cui principale organo decisionale (la deputazione) era presieduta dal Prefetto. La
provincia, non era solo un ente locale, ma anche la principale articolazione periferica dello Stato, con a capo il
prefetto, che rappresentava il Governo in ambito locale (e con funzioni di controllo anche sugli enti territoriali della
circoscrizione)

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Tale assetto era coerente con l’organizzazione statale di allora, fortemente accentrata nel governo, rigorosamente
gerarchizzata nei (pochi) ministeri allora esistenti e con una struttura organizzativa dai lineamenti semplici e
uniformi in tutto il territorio dello Stato. Si trattava, di un modello che si riteneva rispondesse maggiormente alle
esigenze di uniformità delle istituzioni e di coesione delle popolazioni degli Stati preunitari, da poco ricondotte ad
unità sotto la monarchia sabauda.

Detto modello, che ripeteva in grandi linee quello francese di stampo napoleonico, fu presto superato, sotto la spinta
di esigenze territoriali che imponevano leggi ed assetti particolari.

E’ solo con la Costituzione repubblicana e con il formale riconoscimento delle autonomie locali che si è aperta la
strada ad un effettivo autogoverno di Comuni e Province, attraverso l’elezione diretta (e a suffragio universale) dei
rispettivi consigli. Ed anche il controllo sulla relativa attività è stata demandata ad organi regionali, a composizione
mista.

Analoghi controlli erano previsti per gli atti amministrativi delle regioni ad opera, di un organo statale, quale
Commissione di controllo.

Nel frattempo si stava consolidando il processo di comunitarizzazione degli Stati membri della CEE, il cui impatto è
stato originariamente del tutto sottovalutato, anche per quel che concerne la sovrapposizione delle competenze
normative, che riguardano soprattutto materie di competenza legislativa regionale.

In base alla Costituzione del 1948, le Regioni avrebbero dovuto operare (principalmente) delegando le proprie
funzioni a Comuni e Province, o avvalendosi dei relativi uffici. > Ma tale disegno, non è stato realizzato, se non in
piccola parte.

La promozione delle autonomie locali è risultata ulteriormente rafforzata dalla riforma del titolo V, operata con la
legge costituzionale n.3 del 2001, che ha concepito un assetto quasi federalistico del nostro sistema. Per la prima
volta, si è fatto espresso riferimento alla necessità scaturenti dalla partecipazione dell’Italia al contesto europeo e
alle connesse esigenze relative alla fase ascendente e discendente della normativa europea

A livello di autonomie locali sono almeno 3 le innovazioni importanti:

1) Compare per la 1 volta in Costituzione la figura della Città metropolitana;


2) Vengono espunti gli organi di controllo (sia statali, sia regionali, rispettivamente per gli atti regionali e degli
enti locali);
3) Viene omesso ogni riferimento preferenziale al sistema di deleghe e di avvalimento nei rapporti tra enti,
anche se non si tratta di modalità organizzative vietate.

L’effettiva istituzione delle (14) Città metropolitane, nelle regioni a statuto ordinario, ma dovuto attendere fino alla
legge 56/2014 (c.d. legge Delrio). Ma, nel frattempo, anche per esigenze connesse alla spending rewiev, si è iniziato
a mettere in discussine il ruolo delle Province e la necessità di un complesso così numeroso di livelli territoriali di
governo.

Ne è derivata una contrazione delle competenze provinciali e un diverso sistema di elezione dei relativi organi
(elezioni di 2 grado, da parte dei sindaci e dei consiglieri dei comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale).
Nel contempo sono state rese obbligatorie, per esigenze di contenimento della spesa e per ragioni di economicità ed
efficienza, collegate alla adeguatezza dimensionale forme associative tra Comuni con popolazione rispettivamente
inferiore a 1.000 o a 5.000 abitanti: imponendo, a seconda dei casi, la partecipazione ad una Unione di Comuni o
l’esercizio delle funzioni attraverso convenzioni, in mood tale da giungere ad un aggregazione complessiva di non
meno di 10.000 abitanti.

Ma la soppressione delle Province, in quanto previste dalla Costituzione necessitava appunto di una riforma di tipo
costituzionale. > disposto con il Disegno di legge costituzionale 12 aprile 2016 (Boschi-Renzi). E’ come ricordato in
precedenza, questo tentativo è stato vano.

Gli enti territoriali come enti autonomi

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Art 114.2 Cost: I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri
e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

Il principio di sussidiarietà, privilegiando le funzioni degli enti territoriali minori costituisce uno strumento di
realizzazione dell’ art 5 Cost: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

L’ autonomia locale presuppone la capacità di dotarsi di un proprio indirizzo politico-amministrativo e quindi di


scegliere gli interessi da perseguire e gli obiettivi da raggiungere.
Essa si esprime con:

 L’autonomia in senso stretto, cioè la capacità normativa, cioè la capacità di emanare norme proprie (anche
nelle scelte organizzative, che si esprimono negli Statuti)
 Autoamministrazione che comprende la capacità di amministrare gli interessi di cui l’ente è portatore
anche tramite l’esercizio delle potestà amministrative
 Autogoverno cioè capacità di scegliere gli organi di governo con libere elezioni.

Nel periodo fascista, gli organi rappresentativi di Comuni e Province non erano elettivi, ma di nomina governativa.
Infatti solo nell’Italia repubblicana il suffragio universale ha riguardato gli enti territoriali minori, e poi anche le
Regioni: si è realizzato così quel sistema di autonomie locali che la riforma costituzionale del 2001 pare aver avviato
alla sua piena realizzazione.

La recente riforma delle Province ha innovato profondamente anche sulle relative elezioni, nel quadro di un
complessivo ridimensionamento di tali enti > l’elezione degli organi di governo conferisce ai relativi titolari piena
legittimazione democratica, e consente di qualificare gli enti come enti politici espressione della polis, realizzando
un modello di pluralismo autonomistico (che è l’esatto contrario del modello stato-centrico) > tutto ciò risulta
accentuato dal particolare rapporto che si instaura tra tali enti ed il territorio di pertinenza, che giustifica la loro
qualificazione come enti territoriali

Si suole dire che il territorio è elemento costitutivo di tali persone giuridiche, il che è accettabile solo in senso
atecnico ed enfatico > il territorio non appartiene all’ente, che invece ha come compito primario quello di curarne la
conservazione e lo sviluppo.
Il territorio però costituisce, per tali enti, l’unico criterio per determinare i relativi associati che sono tutti i cittadini
residenti nella relativa circoscrizione; mentre per gli altri enti locali è necessario individuare ulteriori criteri di
appartenenza
Gli enti territoriali risultano titolari di una molteplicità di funzioni e di una tendenziale generalità di compiti, utili
per soddisfare il complesso dei bisogno della popolazione > gli enti territoriali sono rappresentativi di tutti i cittadini
residenti nel relativo territorio, e sono dunque enti esponenziali detti enti a pluralità di fini (enti a fini generali, in
quanto non predeterminati tassativamente).

Quanto appena detto con riguardo al territorio vale per Comuni e Regioni, ed è valso finora anche per le Province,
anche se la recente riforma delle Province ne ha radicalmente ridimensionato le funzioni, circoscrivendole a quelle
di indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni, nelle materie e nei limiti indicati con legge nazionale o regionale.
Vi è da dubitare che la Provincia possa essere ancora annoverata tra gli enti territoriali e distinta da uno dei tanti
enti intermedi tra Comuni e Regione. Verrebbe meno quella generalità dei fini che costituisce una caratteristica
precipua dell’ente territoriale.

Altre problematiche e particolarità connesse agli enti territoriali minori:

Beni demaniali:

Solo gli enti territoriali possono essere titolari di beni demaniali: essendo questi preordinati ad assolvere interessi
primari dell’intera collettività (si pensi alle strade, ai porti, alle spiagge, alle opere destinate alla difesa nazionale), non
possono che appartenere a quegli enti che rappresentano l’intera collettività installata nel territorio. Mentre gli altri

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enti pubblici sono creati ai fini del raggiungimento di una finalità specifica, questi enti territoriali invece curano tutti
gli interessi pubblici relativi ai cittadini del proprio territorio > enti a fini generali: possono essere titolari di beni
demaniali

Poteri sostitutivi statali:

Nel quadro costituzionale, l’autonomia degli enti territoriali minori – Regioni comprese – non risulta compromessa
dai poteri sostitutivi riconosciuti in capo allo Stato. Questi ultimi riguardano condotte prive di discrezionalità
nell’”an” e incidono sui rapporti tra i vari livelli di governo, ma non sui poteri di scelta delle autonomie locali, perché
sono diretti a correggere situazioni di gravi omissioni e illegittimità, che si pongono al di fuori di detti poteri di scelta.

Sistema tributario accentrato:

Non si può invece parlare di pluralismo autonomistico finché il sistema tributario risulta accentrato nello stato e la
massima parte delle risorse finanziarie degli enti territoriali minori dipendono dalla redistribuzione delle entrate
statali (basata sulla spesa storica degli enti).
In assenza di un proprio potere impositivo risulta condizionata la capacità di perseguire gli scopi ritenuti necessari
per la comunità attraverso la selezione dei relativi interessi.

art 119 Cost: I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di
spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed
entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità
fiscale per abitante.

Questo assetto dovrebbe realizzare il federalismo fiscale diretto a riavvicinare i centri di entrata con quelli di spesa
e responsabilizzare le autorità ad essi preposti visto il più intenso controllo dei cittadini chiamati ad eleggerle (no
taxation without representation).
MA il processo di attuazione iniziato con legge delega 42/2009 deve conciliarsi con i vincoli nazionali di solidarietà
sociale e di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni che impongono la conservazione di un ampio gettito
fiscale in capo allo Stato per far fronte alle imponenti spese delle funzioni ad esso intestate e per assolvere agli
obblighi redistributivi (finalità perequativa) a favore degli enti territoriali con minore capacità contributiva e per
assolvere agli obblighi di partecipazione al sistema dell’UE che si avvale della finanza derivata dal gettito fiscale
tributario dei vari Stati membri.

La situazione risulta aggravata dall’attuale crisi economica, che attraversa il nostro Paese e che ha comportato una
notevole rigidità del sistema, sia sul versante delle spese, sia su quello delle entrate.

Cittadinanza = status che rileva a livello nazionale e che può essere acquisito anche attraverso provvedimento
amministrativo di concessione > la cittadinanza conferisce diritti e doveri soprattutto politici, e combinata con la
residenza consente di esercitare i medesimi anche nell’ambito degli enti territoriali minori > istituto importante
che assume rilevanza in caso di periodi ad alto tasso di immigrazione: per gli stranieri valgono altri istituti che
permettono un particolare rapporto col territorio e il godimento di diritti/dover civili, sociali ed economici, ma
non politici di elettorato attivo/passivo

La cittadinanza nazionale è poi completata dalla cittadinanza europea, che si aggiunge conferendo ulteriori diritti
e doveri ai cittadini > consente di circolare liberamente e soggiornare nel territorio degli Stati, attribuisce il diritto
di voto e di eleggibilità al Parlamento UE (art. 20 PAR. 2 TFUE).
Proclama solennemente Art. 3 par. 2 TUE: “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per
quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta

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contro quest’ultima”
Art. 2 del TUE > “L’UNIONE SI PREFIGGE DI PROMUVERE LA PACE, I SUOI VALORI E IL BENESSERE DEI SUOI
POPOLI”
Se è pur vero che le competenze UE devono essere espressamente attribuite dai Trattati, e che qualsiasi altra
competenza spetta agli Stati, è anche vero che si tratta di competenze ampie e suscettibili di accrescimento grazie
alla clausola di flessibilità ex art. 352 TFUE

APPROFONDIMENTO: LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEGLI ENTI TERRITORIALI

In ordine alla distribuzione delle funzioni tra gli enti territoriali minori, quelle fondamentali attribuite ai
Comuni, riguardano principalmente l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale in ambito comunale,
ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale;
l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la
riscossione dei relativi tributi; la progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle
relative prestazioni ai cittadini; l’edilizia scolastica, per la parte non attribuita alla competenza delle province;
l’organizzazione e gestione dei servizi scolastici; polizia municipale e polizia amministrativa locale.

Le funzioni fondamentali delle Province – qualificate ora come “enti territoriali di vasta area” – risultano
ridimensionate rispetto al passato e riguardano soprattutto, la pianificazione territoriale provinciale di
coordinamento, la gestione dell’edilizia scolastica, la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale,
nonché la costruzione e gestione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse
inerente.

FUNZIONI: indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o
regionale – Decreto Salva Italia d.l.201/2011
Con l’attuazione di tale trasformazione verrebbe meno la generalità di fini che caratterizza l’ente territoriale.

Le funzioni fondamentali delle Città metropolitane – qualificate anch’esse come “enti territoriali di vasta area”-
ricomprendono quelle assegnate alle Province e, ricomprendono le reti di servizi e delle infrastrutture
appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse
generale di ambito metropolitano, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

Quanto alle funzioni amministrative delle Regioni, esse non possono essere indicate esaustivamente, essendo
stato abbandonato il pregresso criterio della corrispondenza (o “parallelismo”) con le funzioni legislative. Tuttavia
in base al principio di sussidiarietà, risultano, le funzioni relative, alla sanità al patrimonio culturale, al turismo
all’edilizia residenziale pubblica, alle infrastrutture e all’agricoltura.

In ordine all’elezioni degli organi di governo degli enti territoriali, occorre, tener presente che il relativo
sistema elettorale dipende dal numero di abitanti del Comune.

Il T.U. sull’ordinamento degli enti locali – d.lgs. 267/2000 disciplina il sistema elettorale di Comuni e Province.

 Comuni con numero di abitanti pari o ≤ 15 000

è previsto un sistema elettorale maggioritario a un turno e i candidati sindaci devono essere per forza collegati a
una lista di candidati al consiglio comunale: alla lista che riceve il maggior numero di voti vengono attribuiti i 2/3
dei seggi, gli altri vengono ripartiti proporzionalmente tra le altre liste.

 Comuni con numero di abitanti > 15 000

Il sistema elettorale è sempre maggioritario, ma con una formula diversa.

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I seggi del consiglio comunale vengono attribuiti, nella misura del 60%, alle liste di candidati collegate al sindaco
eletto; i seggi residui sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste di candidati.
In questi comuni viene eletto sindaco al primo turno il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti;
se nessuno la raggiunge si procede al ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto, in 1 battuta il maggior
numero di voti.

 Elezione del Presidente della provincia e del Consiglio provinciale

PRIMA: per l’elezione del presidente si seguiva il sistema dei comuni con +di 15 000 abitanti; l’elezione del
consiglio regionale era disciplinata come quella per l’elezione del consiglio comunale dei grandi comuni.

ORA: la recente riforma delle province ha come finalità il complessivo ridimensionamento di questi enti.
L’elezione riguarda solo il Consiglio provinciale composto da 10 consiglieri al massimo ed è una elezione di
secondo grado cui provvedono “gli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia”(prima era
un’elezione diretta a suffragio universale).

Analogo sistema vale per le Città metropolitane (per quel che concerne la composizione del Consiglio
metropolitano). Il Sindaco metropolitano, viceversa, è di diritto il sindaco del Comune capoluogo.

Quanto alle elezioni regionali, esse dipendono da apposite leggi delle singole Regioni. Dispone, l’art. 122, c.1 Cost.
che “Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della
Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.

IL SISTEMA FISCALE (CENNI)

Riguardo a ciò, le entrate degli enti territoriali diversi dallo Stato sono distinte in tributi propri e in trasferimenti
operati dallo Stato (e, per gli enti territoriali minori, anche dalle Regioni).

SI può precisare che le principali risorse proprie dei Comuni derivano dalla TARI (Tassa sui rifiuti), dall’IMU
(dovuta dai possessori di immobili, fabbricati, aree fabbricabili, ecc), dalla TASI (dovuta dal proprietario o
dall’occupante degli immobili), dall’imposta sulla pubblicità e dall’addizionale IRPEF. Mentre quelle delle Province
(e delle Città Metropolitane), riguardano un’addizionale sulla tassa rifiuti, l’imposta sulla trascrizione dei veicoli e
l’imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.

Le Regioni, si avvalgono di un addizionale IRPEF (divisa in componente non sanitaria e sanitaria), della tassa
automobilistica, di un’imposta sulle attività produttive.

Il complesso di tali entrate “proprie” non compre peraltro il complesso delle spese di detti enti. Sicché conservano
sempre fondamentale importanza i trasferimenti finanziari operati dallo Stato o dalle Regioni (c.d. finanza
derivata) e il loro sistema di calcolo.

A questo ultimo proposito, la legislazione più recente è diretta ad abbandonare – anche per le impellenti necessità
collegate all’austerity – il criterio basato sulla spesa storica degli enti riceventi, che del resto non trova alcuna
razionale giustificazione. E allo scopo si è risolutamente imboccata la strada dei costi standard dei servizi di
competenza dei singoli livelli di governo ( e cosi anche dei fabbisogni standard, che incidono sulle funzioni
finanziabili con trasferimenti statali), unitamente a criteri premiali o, al contrario, “sanzionatori”, per gli enti più o
meno virtuosi. > Il percorso è ancora lungo ed il meccanismo opera soltanto in via di progressiva messa a punto.

Gli altri soggetti pubblici: una rapida panoramica

L’ampliamento della base elettorale con i suoi relativi bisogni e la più spiccata impronta sociale dell’ordinamento ha
portato a una proliferazione degli enti pubblici non territoriali insieme a un incremento dell’apparato statale.

s nella sanità: prima l’assistenza sanitaria era affidata a privati e l’intervento pubblico si limitava a una vigilanza

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igienica per evitare malattie contagiose o al domicilio di soccorso per i più indigenti. Successivamente l’intervento
pubblico si è fatto più intenso anche a seguito dell’ art 32 Cost che ha sancito la tutela della salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti, creando le premesse per il
Servizio sanitario nazionale ora incentrato soprattutto sulle ASL (aziende sanitarie locali).
es nell’ istruzione: prima anch’essa era compito di istituzioni private, ma successivamente si diffusero scuole
pubbliche di ogni livello in tutto il territorio, anche grazie all’ art 33.2 Cost: la Repubblica detta le norme generali
sulla istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e i gradi.

Nel periodo tra le due guerre mondiali nascono i vari enti previdenziali (INPS, ENPAS,..) e di altri variamente
collegati alla congiuntura bellica (“opere” nazionali sugli invalidi di guerra, sugli orfani di guerra, ect..)

Il processo di pluralizzazione dei soggetti pubblici è continuato nell’Italia repubblicana, nonostante i reiterati
tentativi di limitarli e di abolire almeno quelli diventati ormai inutili

SIGNIFICATIVA E’ LA LEGGE 20 MARZO N 70 DEL 1975: ha disciplinato una particolare categoria di enti (C.d.
parastatali), che erano esenti da ogni procedura di soppressione, per la particolare e persistente rilevanza della
missione loro affidata. Si tratta di enti istituiti nel tempo dallo Stato, scorporando funzioni sue proprie, che
astrattamente avrebbero potuto essere svolte con le strutture ministeriali.

Nel frattempo, si era registrata un’altra importante forma di intervento pubblico, correlato allo sviluppo dei pubblici
servizi (ed. trasporto ferroviario, illuminazione pubblica, servizio postale, telefonico, telegrafico, ect) caratterizzato
da un’attività di tipo imprenditoriale, dall’organizzazione aziendale delle strutture e dal carattere essenzialmente
privatistico degli strumenti utilizzati > imprese pubbliche

Si pensi per esempio alle aziende pubbliche statali come l’ANAS, le ferrovie dello stato; gli enti pubblici
economici costituiti nel periodo di recessione economica degli anni ’30, come l’IRI (istituto di ricostruzione
nazionale).
L’ IRI ha avuto il compito di risanare il mercato finanziario italiano acquistando dalle banche i pacchetti azionari di
società private che queste erano state costrette a cedere (alle banche) per i finanziamenti ricevuti. Ciò ha portato
l’IRI ad assumere partecipazioni azionarie in numerose società operanti in svariati settori.
Enti pubblici economici come l’IRI e l’ENI (ente nazionale idrocarburi) fungevano da enti di gestione delle
partecipazioni statali dando attuazione agli indirizzi provenienti dall’apposito Ministero delle partecipazioni statali.
Si trattava di holding che gestivano un certo numero di società controllate costituendo due tra i più importanti gruppi
europei.
L’ IRI controllava le banche di interesse nazionale (banca commerciale italiana, credito italiano e banco di Roma), la
RAI e l’Alitalia.
L’ ENI possedeva, come ente pubblico economico, il pacchetto azionario AGIP, SNAM, ANIC, in parte ancora esistenti
nonostante la trasformazione dell’ente in Società per azioni.

Nel 1993 il Ministero delle partecipazioni statali è stato soppresso anche in previsione della trasformazione degli
enti pubblici economici in società per azioni.
MA il fenomeno non è esaurito né a livello nazionale, né a livello locale. > infatti in ambito locale la costituzione di
società miste pubblico - private con partecipazione pubblica maggioritaria o meno, è da tempo prevista come
strumento ordinario per la gestione di pubblici servizi.
Il T.U. degli enti locali 267/2000 ha previsto la possibile costituzione di società per la realizzazione di infrastrutture
e altre opere di interesse pubblico e della società di trasformazione urbana diretta a realizzare interventi su
insediamenti già esistenti per una loro trasformazione e successiva commercializzazione.

Per quanto riguarda gli enti pubblici economici o meno si può dire che sono presenti in svariati campi dell’azione
amministrativa. In riferimento alle Agenzie e alle Autorità indipendenti, segnaliamo che si tratta di organismi

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concepiti sulla base di esperienze di altri sistemi e talvolta imposti dalla normativa comunitaria.

Si trovano:
 nell’istruzione gli istituti scolastici con personalità giuridica e le università
 nel campo della ricerca il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e le università
 nell’ambito sanitario le ASL
 nel campo della previdenza l’INPS (istituto nazionale della previdenza sociale)
 nel capo delle professioni gli ordini professionali
 nello sport il CONI (comitato olimpico nazionale italiano)
 nelle attività produttive le Camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura e le autorità portuali
 nei servizi pubblici le aziende speciali ex art 114 TUEL
 nell’attività artistica e culturale gli Enti lirici, l’Accademia Nazionale dei Lincei
 in relazione agli enti territoriali i Consorzi, le Unioni di Comuni, le Comunità montane

Agenzie

Derivano dallo scorporo di attività ministeriali aventi uno spiccato carattere tecnico - operativo e sono state create
per esigenze di efficienza ed economicità che hanno indotto a concentrare funzioni e compiti omogenei in un unico
soggetto e in un unico centro di responsabilità.

Es ARAN (agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), dotata di personalità giuridica,
rappresenta le pubbliche amministrazioni nelle contrattazioni collettive nazionali attinenti al rapporto di servizio
alle dipendenze di una p.a.

Particolare importanza presentano le c.d. Agenzie fiscali (d.lgs. 300/1999). > L’agenzia delle entrate, che ha
incorporato anche quella del territorio. L’agenzia delle dogane e quella del demanio, che svolgono all’evidenza
compiti statali essenziali)

Es ANVUR (agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), le agenzie fiscali come
l’Agenzia delle entrate.
Es ARPA (agenzia regionale per la protezione ambientale), ente strumentale della regione.

Pur essendo state conferite a queste agenzie compiti propri del Ministero di provenienza raramente si tratta di
attività di amministrazione attiva, essendo prevalenti servizi, compiti tecnico-scientifici e gestionali a favore delle
amministrazioni statali e non.

Autorità indipendenti

Istituite per assolvere a compiti di garanzia o di regolazione in settori delicati del mercato e della vita civile e sociale.

Es AGCM (autorità garante per la concorrenza e il mercato) con il compito di vigilare sulle intese restrittive della
concorrenza, sugli abusi di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione. Le sono stati conferiti compiti
di tutela dei consumatori e detiene poteri ispettivi e sanzionatori efficaci.
AEEG (autorità per l’energia elettrica e il gas) che controlla la filiera della produzione, trasporto e distribuzione
garantendo l’accesso alle reti nel rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza, determinando se occorre le
tariffe e impartendo direttive per garantire il livello di qualità dei servizi. CONSOB che vigila sul mercato dei valori
mobiliari
IVASS per la vigilanza sulle assicurazioni private

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AGCOM (autorità per le comunicazioni) con compiti di garanzia e di regolazione nei settori della stampa, televisione,
telecomunicazioni.

L’attività di queste autorità implica sovente valutazioni tecniche ad alto tasso specialistico. Comporta l’esercizio di
rilevanti poteri normativi (la regolazione), amministrativi (ivi compresa l’adozione di sanzioni per i trasgressori) e
talvolta persino giudiziali (diretta a dirimere controversie tra gli operatori del settore), che rendono dette Autorità
tra i principali protagonisti della vita amministrativa del nostro Paese.

Lo stesso processo di gemmazione è avvenuto anche a livello europeo: il potere esecutivo non è più concentrato
nella Commissione e nel Consiglio (sistema monista bicefalo) ma ora vi è un sistema pluralista.

Vi sono Agenzie (talvolta simili a quelle dell’Autorità indipendenti) varie:


 Con compiti ricognitivi e informativi (ricerca, studio e diffusione conoscenze)
 Che apprestano servizi (iniziative di ricerca, progetti-pilota,..)
 Che svolgono compiti di amministrazione attiva con l’adozione di determinazioni che hanno caratteri dei
provvedimenti amministrativi

Es Agenzia europea di valutazione dei medicinali (autorizza all’immissione in commercio degli stessi); Ufficio di
armonizzazione sul marchio comunitario (registrazione marchi); Ufficio comunitario delle varietà vegetali

I Trattati non prevedevano tali figure soggettive, pur svolgendo un importante ruolo di coordinamento nei singoli
settori tra Commissione e Autorità amministrative degli Stati membri: la loro istituzione e base giuridica è a livello
di normativa derivata anche se alcune hanno trovato poi riconoscimento nei Trattati.

Si è discusso se la loro istituzione dovesse passare attraverso la procedura della clausola di flessibilità ex art 352
TFUE come espressione di un potere non previsto dai Trattati.

La giurisprudenza della Corte di giustizia non la richiede, ritenendo sufficiente base giuridica per la loro istituzione
la competenza normativa dell’UE in una certa materia (se c’è la competenza allora l’unione può istituire l’agenzia
che la può esercitare).
Coordinate definitorie dell’ente pubblico e dell’impresa pubblica

Vi sono molti soggetti che possono essere ricondotti alla nozione di amministrazione pubblica.

 Vi sono soggetti pubblici che sono essenzialmente strutture burocratiche: amministrano con atti giuridici,
si avvalgono delle entrate tributarie ed operano nei confronti dei terzi prevalentemente con atti
amministrativi. Producono beni e soprattutto servizi, ma non li “scambiano” (nel senso di cederli a titolo
oneroso) > enti pubblici amministrativi (autarchici o non economici)

 Vi sono anche soggetti pubblici che producono beni e servizi avvalendosi dei ricavi realizzati con la propria
attività ed utilizzando nei confronti dei terzi strumenti privatistici, spesso in concorrenza con le imprese
private. > imprese pubbliche

Non è chiara la distinzione tra ente pubblico e persona giuridica privata.

Questo problema doveva essere risolto alla luce della legge 50/1975 che ha prescritto che nessun ente pubblico può
essere istituito o riconosciuto, se non per legge.

MA non si può escludere che la natura pubblica possa essere desunta anche dal quadro normativo nel suo complesso!

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Il problema qualificatorio è rilevante perché dall’appartenenza alla sfera pubblica dipende l’applicabilità di
numerosi istituti, soprattutto il regime organizzatorio: i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge,
in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione – art 97 Cost.

Inoltre:
• Gli enti pubblici sono tenuti all’applicazione della legge sul procedimento amministrativo
• I loro atti autoritativi sono assoggettati al regime del provvedimento amministrativo
• I loro beni, se destinati a un pubblico servizio, sono sottoposti alla disciplina dei beni patrimoniali
indisponibili
• Il rapporto di lavoro con i propri dipendenti è assoggettato alla disciplina di diritto privato
speciale ex d.lgs. 165/2001 ed esso può costituirsi solo per pubblico concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge
• Gli affidamenti degli appalti sono soggetti, trattandosi di amministrazioni aggiudicatrici, alla
disciplina ex d.lgs. 163/2006
• La loro gestione finanziaria è assoggettata alle regole di contabilità pubblica
• Agli enti pubblici possono essere riservate per legge le imprese che gestiscono servizi pubblici essenziali ex
art 43 Cost.
• Agli enti pubblici “o “pubbliche amministrazioni”) si applicano gli obblighi di trasparenza e pubblicità)

Gli enti pubblici sono esclusi dalle procedure fallimentari ex art 2221 cc ed esenti (almeno gli enti pubblici non
economici) dalle responsabilità amministrative per fatti illeciti dipendenti da reato.
Il riconoscimento della natura di ente pubblico comporta per i relativi amministratori la qualifica di pubblico
ufficiale con le conseguenze che ne derivano in ordine alla responsabilità penale ex art 357 cp. Gli enti pubblici si
caratterizzano per la doverosità dell’esercizio dei loro compiti e non possono decidere la propria estinzione o
trasformazione.

Il problema definitorio dell’ente pubblico non è stato risolto nonostante i tentativi operati dalla giurisprudenze che
ha individuato numerosi sintomi di pubblicità nel fine pubblico, nel controllo e nel procedimento di costituzione. MA
un fine pubblico può essere perseguito anche da un privato (es istruzione), i controlli governativi possono riguardare
anche persone giuridiche private art 25 cc e infine gli enti pubblici possono partecipare alla costituzione di figure
soggettive formalmente e sostanzialmente privatistiche (es società per azioni).

Un indice importante per la qualificazione pubblicistica del soggetto è l’assoggettamento dei relativi atti al regime
tipico dell’atto amministrativo.
Inoltre il problema definitorio si pone dove questo regime dell’atto amministrativo non è indicato dalla legge,
costituisce invece una conseguenza (un posterius) rispetto alla qualificazione dello stesso soggetto agente come ente
pubblico o meno.

Di fronte al vuoto definitorio del legislatore nazionale vengono in aiuto alcuni istituti europei: il diritto UE definisce
l’impresa pubblica e l’organismo di diritto pubblico (nell’ambito degli appalti pubblici):

• Imprese pubbliche: imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o


indirettamente, un’influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria
o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione – direttiva UE 25/2014
L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici riguardo all’impresa detengono la
maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa, o controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le
azioni emesse dall’impresa o hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di
amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.

Questa nozione ricomprende le figure nazionali: dell’ente pubblico economico, dell’azienda pubblica, della spa a

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prevalente partecipazione pubblica.

• Organismo di diritto pubblico: persona giuridica che si avvale prevalentemente di finanziamento pubblico
o che è assoggettata all’influenza dominante di una pubblica amministrazione.
Sono istituiti per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o
commerciale, sono dotati di personalità giuridica e sono finanziati per la maggior parte dallo Stato; o la loro
gestione è posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi; o il loro organo di amministrazione, di direzione
o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o
locali o da altri organismi di diritto pubblico” – direttiva 25/2014

La corte di giustizia ha accolto una nozione funzionale ampia di questo organismo, comprendendo in essa
anche vari casi di attività di impresa.

L’ ente pubblico amministrativo è:

 Una persona giuridica

E’ riconosciuta all’ente pubblico piena soggettività giuridica nell’ordinamento: è titolare di piena capacità di
diritto privato e di capacità di diritto pubblico. E’ assoggettato ai doveri generali e particolari previsti dalla legge
e alle conseguenti responsabilità.

 Con finanziamento prevalente o influenza dominante da parte di un altro ente pubblico

 Istituito per soddisfare esigenze di interesse generale

Servono, a distinguere gli enti pubblici dalle persone giuridiche private.

 Senza svolgere attività di impresa


Serve a distinguere gli enti pubblici dalle imprese pubbliche.

Inoltre la sent. 326/2008 Corte Cost distingue 2 categorie di società pubbliche a seconda che svolgano:

 Attività amministrativa in forma privatistica

Vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per
conto di una pubblica amministrazione

 Attività di impresa

Vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico in regime di concorrenza

Esistono anche società che svolgono attività con strumenti prevalentemente pubblicistici, di evidenza pubblica (es.
CONSIP S.p.A) o di carattere provvedimentale (R.G.T.N.– gestore della rete di trasmissione nazionale in forma di
S.p.A.).

COSTITUZIONE dell’ ente pubblico: sono istituiti solitamente con legge che gli conferisce lapersonalità giuridica, ma,
visto il carattere relativo della riserva di legge ex art 97 Cost, possono essere costituiti anche con atto
amministrativo ogni volta in cui la legge preveda astrattamente intere categorie di enti (es consorzi, unioni di

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comuni). > In quest’ultimo caso la personalità giuridica scaturisce ope legis dalla relativa costituzione.

Le società pubbliche invece seguono le forme di costituzione delle società di capitali, anche se accompagnate da
procedure pubblicistiche particolari (es. procedure di evidenza pubblica) > In particolare la delibera di costituzione
deve fornire una motivazione analitica, con riferimento alla necessità, alla convenienza economica dell’operazione
e alla possibile destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate.

ESTINZIONE dell’ente: serve un atto avente lo stesso rango di quello che l’ha costituito.

Le numerose leggi che hanno nel tempo provveduto a tal fine, hanno altresì disciplinato la:
• SUCCESSIONE nei rapporti patrimoniali con eventuale subentro dell’ente successore – disciplinata dalla
legge
• Sorte del PERSONALE DIPENDENTE – preoccupazione di salvaguardare i relativi posti di lavoro

La nozione proposta di ente pubblico, nonché i cenni dedicati agli elenchi di “amministrazioni pubbliche”,
predisposti dall’ISTAT”, meritano un qualche approfondimento.

LA PRIVATIZZAZIONE DELLE IPAB

Occorre considerare che, nell’unico caso in cui vi è stato un intervento normativo per individuare il carattere
pubblico o privato di una persona giuridica, tali requisiti sono stati individuati (almeno, per le IPAB, a carattere non
associativo) nella costituzione dell’ente ad opera di privati, nella provenienza prevalentemente non pubblica del
patrimonio e nella presenza significativa di componenti degli organi deliberativi designati da associazioni e soggetti
privati. Sono stati applicati requisiti grosso modo speculari e contrapposti a quelli ora forniti dalla nozione di
organismo di diritto pubblico: il che conforta la tesi dell’idoneità di quest’ultima a definire la persona giuridica
pubblica, che non sia nel contempo impresa pubblica.

GLI ELENCHI ISTAT

La stessa attitudine, non pare presentare la nozione di “amministrazioni pubbliche”, che sta alla base della inclusione
negli elenchi ISTAT. Esso si basa sulle norme classificatorie del sistema statistico europeo e ricomprendere nel suo
ambito sia le c.d. “unità delle amministrazioni pubbliche”(non specificatamente definite), sia le “istituzioni senza
scopo di lucro, che producono bene e servizi non destinabili alla vendita e sono controllate da unità delle
amministrazioni pubbliche”, sia infine taluni altri produttori di beni e servizi non destinati alla vendita.

Si tratta nel complesso di una macrocategoria molto ampia, la cui qualificazione è significativa, ma difficilmente
applicabile al di fuori del settore in cui è chiamata ad operare. Essa è individuata prevalentemente con criteri
statistico-contabili (il c.d. market/non market, riferito ad un arco temporale molto breve) e presuppone un “giudizio
soggettivo”, basato su parametri elastici e diretto ad accertare la sussistenza di un controllo pubblico sulla gestione,
inteso come perdita della capacità di determinare la propria “politica generale o il programma”.

E’ importante evidenziare che i giudizi concernenti la ricognizione delle pubbliche Amministrazioni, operata
dall’ISTAT, sono attribuiti alla competenza esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti.

Tipologie di enti pubblici (amministrativi)

Gli enti pubblici presentano una disciplina frammentata, spesso espressione di uno jus singulare dettato dalla legge
istitutiva del singolo ente.
E’ possibile però individuare alcune categorie di enti pubblici elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
A)

Enti necessari
- Devono essere costituiti ed operare con continuità

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Sono diversi dalle persone giuridiche private le quali non presentano il carattere della necessarietà e possono essere
soppressi, diversamente dagli enti necessari.
 enti territoriali
 Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che svolgono funzioni di interesse generale per il
sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali.
Tra i loro compiti vi è la tenuta del registro delle imprese che consente di assicurare completezza e organicità di
informazione per tutte le imprese soggette ad iscrizione.

Enti non necessari


Unioni di comuni costituiti volontariamente da due o più comuni per svolgere congiuntamente una pluralità di
funzioni di loro competenza in caso di necessità.
B)

Enti a partecipazione necessaria


- Da parte di tutti i cittadini o di una certa categoria di cittadini o di enti:
• enti territoriali
• ordini professionali che promuovono e garantiscono la preparazione tecnica e la correttezza
deontologica dei propri iscritti

Enti ad adesione volontaria


• unioni di comuni
• consorzi di enti locali che si possono costituire per l’esercizio associato di funzioni, salvo i casi in cui
la legge non preveda la loro costituzione obbligatoria per ragioni di rilevante interesse pubblico

C) > Stampo tipicamente civilistico

 Associazioni (o corporazioni)
 Ordini professionali
 Comunità montane: Art. 27 c. 1 e 2 del d.lgs 267/2000 che “Le Comunità montane sono unioni di
comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani anche appartenenti a
province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di
funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunitari. La Comunità montana ha un
organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni
partecipanti. Il Presidente po' cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della
Comunità. I rappresentanti dei comuni della Comunità sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti
con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze”.
 Comunità isolane: Art. 29 del T.U.E.L. “In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia
e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la comunità
isolana o dell’arcipelago, cui si estendono la norme sulle comunità montane”

 Fondazioni (o istituzioni)
 IPAB
 ASP (Aziende pubbliche di servizio alle persone), subentrate alle IPAB non privatizzate.
Si tratta di istituzioni che svolgono direttamente attività di servizi assistenziali. Ai sensi dell’art 6 del d.P.R.
207/2001 “L’azienda pubblica di servizi alla persona non ha fini di lucro, ha personalità giuridica di diritto
pubblico autonomia statuaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica ed opera con criteri imprenditoriali”.
 Enti strumentali

D) distinzione che rileva per il riparto di competenze fra Stato e Regioni. La distinzione si basa su 2 criteri:
l’ambito spaziale delle attribuzioni che l’ente può esercitare a seconda che riguardi l’intero territorio statale o una
sua parte; le dimensioni degli interessi curati dall’ente.

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— enti nazionali > Ai sensi dell’art 1 lett. z, della legge n 82/2005 sono “pubbliche amministrazioni
nazionali” …. “le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni
educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le istituzioni universitarie, gli enti
pubblici non economici nazionali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN),
le agenzie di cui al decreto legislativo n 300/1999”

 Enti lirici diretti a diffondere l’arte musicale. > Enti diretti a diffondere l’arte musicale, a curare la
formazione professionale dei quadri artistici e concertistici e a promuovere l’educazione musicale della
collettività.
 Enti parco sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’ambiente. > Gestiscono aree protette nazionali e
che sono sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’ambiente. Le loro funzioni consistono nella attività
pianificatoria, di valorizzazione dell’ambiente naturale e di controllo dei vincoli posti all’edificazione,
alle destinazioni d’uso, alle emissioni sonore, ecc. nell’area protetta di un parco pubblico.
 Enti parastatali, cioè enti vicini allo Stato perché titolari di funzioni strettamente collegate con quelle dei
ministeri.

Es INPS (istituto nazionale per la previdenza sociale), CNR (consiglio nazionale delle ricerche), CONI (comitato
olimpico nazionale).
Es enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e assistenza (INAIL-istituto nazionale di assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro), associazione italiana croce rossa (CRI); nel campo della promozione economica
l’istituto nazionale per il commercio estero (ICE); enti preposti a servizi di pubblico interesse come l’Automobil club
d’Italia (ACI); enti preposti ad attività sportive, turistiche, il Club alpino italiano; enti scientifici di ricerca e
sperimentazione, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); enti culturali e di promozione artistica,
l’Accademia nazionale dei Licei.

Questi operano in svariati settori di interesse pubblico statale e la loro entificazione è dovute ad esigenze di
efficienza e di razionalizzazione organizzativa.

 Agenzie statali con personalità giuridica,


 Autorità indipendenti

Enti locali

Enti territoriali minori e relative figure associative e gli enti pubblici da essi costituiti. Es enti gestori di parchi
regionali

E) Criterio distintivo dato dal grado di dipendenza o indipendenza dagli enti territoriali di riferimento

Enti strumentali

Svolgono attività di supporto agli enti territoriali, come

 Gli enti parastatali

La strumentalità di funzioni e l’entificazione come modulo alternativo alla struttura ministeriale si ripercuotono
sull’assetto organizzativo: si ha una notevole ingerenza del Ministro competente per materia, detto vigilante il
quale:
 Nomina gli organi di vertice
 Svolge funzioni di indirizzo
 Approva i bilanci

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 Controlla
 Può portare al commissariamento dell’ente

 Agenzie nazionali con personalità giuridica che godono di un’autonomia limitata dal potere di indirizzo e dal
controllo del Ministero di riferimento.

I loro statuti sono adottati con regolamenti governativi e sono approvati dal Ministero competente; i loro organi di
vertice sono di nomina governativa o ministeriale.
Esse possono essere Agenzie c.d. tecniche se operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle
regionali e locali o Agenzie fiscali.

Esse godono di un autonomia, fortemente limitata dal potere di indirizzo e dal controllo del Ministero di riferimento.
Gli statuti sono adottati con regolamenti governativi o sono approvati dal Ministero competente e i loro organi di
vertice sono sempre di vertice sono sempre di nomina governativa o ministeriale

Più forte è la dipendenza delle Agenzie europee, soprattutto quelle esecutive, rispetto alla Commissione: sussiste un
rapporto quasi gerarchico infatti la commissione detiene un potere generale di decisione sui ricorsi amministrativi
che possono essere proposti contro gli atti delle Agenzie stesse.

 Enti dipendenti

La categoria era menzionata nel precedente testo dell’art. 117 c.1. Cost. che faceva riferimento all’ordinamento degli
uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni” > Ora richiamata dall’art 42 c. 2 lett. g del TUEL, a
proposito degli enti dipendenti di Comuni e Province.

Tale qualificazione può essere conservata, purché sia chiaro che si tratta pur sempre di un rapporto di strumentalità e
non di un rapporto di totale soggezione all’ente territoriale

 Enti autonomi o ad autonomia funzionale

 Ordini professionali
 Camere di commercio
 Università

Art 33 Cost: riconosce loro il diritto di darsi ordinamenti autonomi > Ampia autonomia
legge 240/2010: le università sono sedi primarie di libera ricerca e di libera formazione nell’ambito dei rispettivi
ordinamenti…. in attuazione delle disposizioni di cui all’art 33 Cost ciascuna università opera ispirandosi ai principi di
autonomia e di responsabilità. > Il che si riflette sugli organi elettivi (Rettore e Senato accademico).

In quanto esponenziali di una specifica comunità di settore, gli enti autonomi sono dotati di:

 Autogoverno
 Potestà normativa (soprattutto statuaria)
 Autonomia finanziaria (entrate fiscali o parafiscali come i diritti camerali, tassa di iscrizione, tasse
universitarie,..)

Si tratta di enti monofunzionali, diversamente da quelli territoriali, a funzioni ben limitate e pre-determinate dalla

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legge.

art 118 Cost: impone agli enti territoriali, oltre le Università, di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale > principio di sussidiarietà orizzontale applicabile sia
alle formazioni sociali di diritto privato, sia agli enti associativi di diritto pubblico. > Si parla di tutela costituzionale
degli altri enti ad autonomia funzionale

Persiste un limitato (Ma non contrasta con tale principio) potere di controllo del Ministro vigilante diretta ad
assicurare il funzionamento dell’ente (il controllo può spingersi sino allo scioglimento degli organi che non
funzionano o che compiono gravi irregolarità) e la coerenza della sua attività con il fine istituzionale.
Il controllo è limitato a un sindacato di legittimità e non incide sulle scelte strategiche e operative che costituiscono
il nucleo dell’autonomia dell’ente: il ministro può rinviare gli statuti e i regolamenti delle università indicando loro
le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito ma se le università confermano gli atti adottati, il ministro
può solo ricorrere contro di essi in sede giurisdizionale per i soli vizi di legittimità.

 Autorità indipendenti

Sono poste in posizione di terzietà rispetto agli operatori di mercato e al potere politico e governativo.
Sono sottratte a ogni forma di indirizzo e di controllo ministeriale (separate dagli apparati governativi).
La terzietà dell’Autorità indipendente è garantita dalle qualità personali e professionali di chi può essere nominato
a presiederle, dal regime delle incompatibilità e dalla particolare procedura di nomina.
L’indipendenza di dette Autorità costituisce, un modello di rottura rispetto a quello tradizionale, incentrato sulla
responsabilità ministeriale.
Questo modello non è coperto da previsione costituzionale ma la sua stabilità è garantita dalla disciplina europea.

Pur essendo indipendenti, sono sempre autorità amministrative e quindi:

• Non possono operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia (la questione può essere sollevata solo
dagli organi giurisdizionali degli Stati membri)
• Deve osservare i principi delle amministrazioni, tra cui il principio di legalità
• I suoi atti sono assoggettati al regime degli atti amministrativi, sui quali è consentito il controllo
giurisdizionale
• Devono garantire la verifica della legittimità formale e sostanziale nello svolgimento della loro funzione,
soprattutto nei settori in cui, con la privatizzazione delle imprese pubbliche e l’arretramento dello Stato dal
mercato, vi è un forte pericolo di distorsioni sul mercato stesso a danno degli utenti finali.

Può essere utile, soffermarci su alcune categorie di enti pubblici e sulle loro funzioni:

QUANTO AGLI ENTI STRUMENTALI

Un ruolo particolarmente importante presenta L’INPS. > Istituto nazionale per la previdenza sociale. Di recente (l.
201/2011) ha assorbito anche le funzioni dei soppressi INPDAP e ENPALS. Presso l’INPS sono obbligatoriamente
assicurati i lavoratori dipendenti pubblici e privati e anche i lavoratori autonomi, privi di una propria cassa di
previdenza.

L’attività dell’Istituto, che vigila sul corretto versamento dei contributi di legge e detiene a tal fine anche poteri
ispettivi, riguarda prevalentemente l’erogazione delle pensioni di anzianità e vecchiaia, oltre che delle pensioni
“assistenziali” (es. invalidità civile). Ed ha un importante ruolo di sostegno del reddito (es. in tema di cassa
integrazione guadagni ordinaria e straordinaria)

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CONI > Comitato olimpico nazionale italiano” - è stato istituito per promuovere lo sport italiano italiano e la
preparazione degli atleti ai fini della partecipazione ai giochi olimpici. Ad esso fanno capo le varie Federazioni
sportive nazionali, oltre che specifici organi di giustizia sportiva.

Esso ha il compito precipuo di promuovere la pratica sportiva (anche attraverso la realizzazione di impianti
sportivi), e i suoi valori, con particolare riguardo ai giovani e all’ambiente scolastico. Fa capo al CONI anche tutto
sistema c.d. di giustizia sportiva, la cui autonomia rispetto agli organi giurisdizionali dello Stato è sempre stato
oggetto di ampio dibattito.

QUANTO AGLI ENTI AUTONOMI (AD AUTONOMIA FUNZIONALE)

CNF > Consiglio nazionale forense – organismo di rappresentanza istituzionale della classe forense.
Finanziato esclusivamente con i contributi degli iscritti, determina la propria organizzazione con appositi
regolamenti ed è assoggettato alla vigilanza del Ministero della Giustizia. Esso emana e aggiorna periodicamente il
codice deontologico degli avvocati, promuove attività di coordinamento e indirizzo nei confronti dei Consigli
circondariali e collabora con questi ultimi per la tutela dell’indipendenza e del decoro professionale della categoria
Esercita funzioni giurisdizionali in ordine alle sanzioni disciplinari comminate agli iscritti e le sue decisioni in
materia sono suscettibili di impugnazione solo con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

QUANTO AGLI ENTI INDIPENDENTI

ACGM > compito di garantire la concorrenza nel cercato. Vigila sulle intese restrittive della concorrenza, sugli abusi
di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione, che comportano la costituzione o il rafforzamento di
una posizione dominante, in modo da eliminare o ridurre in misura sostanziale e duratura la concorrenza. Sono stati
conferiti anche compiti di tutela dei consumatori, contro le pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive.

Nell’uno e nell’altro caso l’Autorità detiene poteri ispettivi e sanzionatori molto efficaci e dissuasivi.

AEEGSI > controlla la filiera della produzione, trasporto e distribuzione del gas e dell’energia elettrica, garantendo
l’accesso alle reti nel rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza, determinando (ove occorra) le tariffe ed
impartendo le direttive necessarie a garantire i livelli di qualità dei servizi. > Anche esso dispone di importanti poteri
sanzionatori e di decisione dei reclami presentati dagli operatori nei confronti degli enti gestori dei servizi.

ANAC > subentrata nei compiti e nelle funzioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Esso vigila sugli
appalti di lavori, servizi e forniture, affinché sia garantita l’economicità dell’esecuzione, vigila sul sistema di
qualificazione degli esecutori ed esercita i correlati poteri sanzionatori, opera anche attività di vigilanza
collaborativa, finalizzata alla predisposizione di atti e alla gestione di commesse di particolare interesse.

Inoltre, si segnala il compito (SU RICHIESTA) di fornire “parere vincolante” sulle questioni insorte durante lo
svolgimento delle procedure di gara, nonché il potere di impugnare innanzi al Giudice amministrativo le procedure
di affidamento dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture, inficiate da gravi violazioni.

Tipologie di imprese pubbliche

Il connotato particolare dell’impresa pubblica è il suo rapporto con l’amministrazione.


Si tratta di un’impresa che è assoggettata all’influenza dominante di un ente pubblico, essenzialmente territoriale.

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Art 106 TFUE:


1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui
riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle
contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi.
2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio
fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui
l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica
missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli
interessi dell'Unione.

Anche ad essa devono essere applicate le regole della concorrenza e del libero mercato evitando che la proprietà
pubblica possa porle in una posizione privilegiata nella competizione con le altre imprese, falsando così la
concorrenza.
Anche per le imprese pubbliche vige dunque:
• Divieto di aiuti di Stato
• Divieto di conferire loro monopoli o diritti esclusivi, se non nei limiti in cui ciò sia necessario per la specifica
missione loro conferita, nel quadro dei servizi di interesse economico generale.

FIGURE RIENTRANTI NELL’AMBITO DELL’IMPRESA PUBBLICA

 Aziende

Sono strutture organizzate per svolgere compiti di tipo produttivo (servizi) ed originariamente prive di personalità
giuridica.
OGGI invece le aziende speciali di Comuni e Province sono dotate di:
 Personalità giuridica
 Autonomia imprenditoriale
 Qualificate come enti strumentali rispetto a comuni e province art 114 TUEL

Presentano la stessa natura i consorzi che gli enti locali possono costituire per la gestione associata di uno o più
servizi.

Ciò vale anche per le Aziende sanitarie locali (ASL) che sono le strutture di base del servizio sanitario nazionale,
dirette ad assicurare livelli essenziali di tutela del diritto alla salute, nel rispetto della dignità e della libertà della
persona umana – art 3.1bis d.lgs.502/1992: in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie
locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale.

 Enti pubblici economici

 Dotati di personalità giuridica


 Gli aspetti relativi alla struttura organizzativa sono pubblicistici infatti i regolamenti di organizzazione
sono regolamenti amministrativi
 Esercitano un’attività (di impresa) privatistica
 Ciò dovrebbe garantire almeno l’economicità, cioè la necessità di coprire i costi con le entrate
derivanti dalla propria attività produttiva.
 Sono imprese e quindi hanno l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese ex art 2201 cc
 Sono sottratti alle procedure fallimentari ex art 2201 cc

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Es di enti pubblici economici:

 Enti portuali > Istituti per la gestione delle operazioni portuali e per la manutenzione delle infrastrutture
relative ai più importanti porti nazionali
 Enti fieristici > Istituti per l’organizzazione sistematica di fiere nazionali e internazionali, come forma di
promozione di svariati settori economici
 Enti di edilizia economica e popolare
 Agenzia del demanio, sempre meno frequente e rimpiazzato dalle Società a partecipazione pubblica. > Anche
perche è venuto meno, a seguito dell’ampia privatizzazione del pubblico impiego, una delle sue
caratteristiche precipue, costituita dall’intrattenere rapporti di lavoro non soggetti alla disciplina
pubblicistica.

Vi sono stati casi in cui esse sono passate da azienda autonoma statale ad ente pubblico economico o ad S.p.A. a
partecipazione statale (Ferrovie dello stato).

La trasformazione degli enti pubblici economici in società di capitali assolve 2 compiti:

• Modificando la veste giuridica ma mantenendo la totalità o la maggioranza del pacchetto azionario in capo
all’ente pubblico, limita l’influenza del potere politico su queste strutture, dotando la amministrazione di uno
strumento più agevole per svolgere i servizi in un’ottica di concorrenzialità con le imprese private > c.d.
privatizzazione in senso formale

Operano in regime di concorrenza Poste italiane spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato.

Questo tipo di privatizzazione non esclude la presenza di alcuni istituti tipicamente pubblicistici, data la proprietà
pubblica della società:

• Lo statuto può prevedere la nomina diretta da parte dell’ente pubblico di un numero di amministratori e
sindaci proporzionato alla partecipazione al capitale sociale ex art 2449 cc
• Soggezione al controllo di gestione della Corte dei Conti, ove si tratti di enti cui lo Stato contribuisce in via
ordinaria ex art 100.2 Cost: La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del
Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme
stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.

• Pone le basi per dismissioni più radicali nei settori non strategici, consentendo di cedere sul mercato la
partecipazione azionaria con benefici per le finanze pubbliche in vista di un progressivo abbandono
dell’intervento pubblico diretto nell’economia > c.d. privatizzazione in senso sostanziale

es Eni, ENEL, Telecom


art 115 TUEL: 1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali
in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla
trasformazione.

Questo processo di trasformazione è derivato in larga misura da necessità comunitarie:

 Lo Stato italiano ha dovuto rimuovere posizioni di monopolio degli enti pubblici economici che operavano
in settori che l’Unione ha aperto alla concorrenza es energia elettrica, gas, poste, trasporti ferroviari

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 Lo Stato ha dovuto contenere il proprio debito pubblico sulla base degli impegni assunti a livello comunitario

 SPA a partecipazione pubblica

La loro costituzione non deriva solo dal processo di privatizzazione, infatti sin dalla legge 142/1990 art 28 è stata
configurata come modulo organizzativo alternativo cui gli enti pubblici potevano accedere per lo svolgimento di
pubblici servizi e per la costruzione di opere pubbliche: in tal caso (c.d. società mista) il partner privato è chiamato
a un contributo finanziario e ad assicurare gli strumenti tecnici, l’organizzazione aziendale e il know how necessari.

Il fenomeno ha finito per interessare il diritto comunitario degli appalti pubblici.

La materia è stata di recente ridisciplinata dal d.lgs n 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione
pubblica), che ha operato un riassetto dell’intero settore. > Introducendo definizioni e classificazioni di rilievo.

E’ stato precisato che per società a partecipazione pubblica si intende una società a partecipazione pubblica si
intende una società partecipata direttamente o indirettamente da una amministrazione pubblica : Il che ha chiarito
una volta per tutte che le società costituite da società a partecipazione pubblica, sono soggette, a certe condizioni,
alla medesima disciplina delle prime
Inoltre ha chiarito che la partecipazione pubblica può essere costituita da una o più amministrazioni. : Infatti essa
comprende “ le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni
pubbliche o da società a controllo pubblico”

Emerge così la categoria delle società a controllo pubblico. > Ovvero una società in cui una o più amministrazioni
esercitano poteri di controllo ai sensi dell’art. 2359 cc. > Il che si verifica se le prime dispongano della maggioranza
dei voti o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria.

Dette società sono infatti assoggettate a precisi limiti sia per quel che concerne il numero dei consiglieri di
amministrazione, sia per quel che concerne i compensi massimi che possono essere loro riconosciuti, sia per il
reclutamento del personale. Inoltre si applicano loro le disposizioni in tema di pubblicità, trasparenza e diffusione
delle informazioni (c.d. pacchetto anticorruzione), nonché in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

L’entità della partecipazione pubblica è rilevante sulla configurazione societaria:

 Solo la partecipazione totalitaria, consente di indirizzare la gestione verso modelli di economicità e non
di profitto (ovvero l’utile di gestione).

La partecipazione di soci privati invece, anche se di minoranza, impone la ricerca di una redditività! (In mancanza
di questa partecipazione non risulterebbe giustificata)

Solo in questo tipo di partecipazione si può verificare l’assetto di società in house che si realizza quando l’ente
pubblico esercita sulla società un controllo analogo a quello relativo ai propri uffici e la società realizza la parte più
importante dell’attività con l’ente o con gli enti che la controllano > fenomeno di autoproduzione (Da qui l’istituto di
origine comunitario “dell’in house providing”) che si avvale di una disciplina derogatoria rispetto al generale
principio di affidamento degli appalti con gara.

Società a partecipazione pubblica maggioritaria

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 La nozione di impresa pubblica riguarda questa categoria


 Solo queste sono tenute all’applicazione della legge 241/1990, allorché esercitino funzioni amministrative

Società a partecipazione pubblica minoritaria

Esclude che normalmente gli enti pubblici che vi partecipano possano avere il controllo strategico della società,
tranne condizioni particolari (es la golden share) che garantisce alla parte pubblica diritti come il diritto di veto
sull’acquisizione di azioni da parte di terzi, particolarmente incisivi.

La Corte di giustizia ha giudicato tale istituto in contrasto con il divieto di restrizioni ai movimenti di capitali ex art
63 TFUE.

APPROFONDIMENTO DELLE SOCIETA’ IN HOUSE

E’ di origine giurisprudenziale.
Perche vi sia una società cosi sono necessari 3 requisiti:

- La partecipazione totalitaria dell’ente pubblico,


- La destinazione dell’attività a favore dell’ente proprietario,
- Controllo analogo a quello che l’ente pubblico esercita sui propri uffici.

Il tutto con le precisazioni che seguono:

Quanto alla necessità della partecipazione totalitaria – esse risulta in linea di principio confermata, salvo il
caso in una partecipazione diretta di capitali privati sia prescritta da norme di legge e non sia tale da
comportare un controllo o un potere di veto, né un’influenza determinante sulla società.

Quanto all’attività dedicata all’ente pubblico socio, il requisito è soddisfatto se oltre l’80% del fatturato sia
effettuato nello svolgimento di compiti affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che l’ulteriore
20% consenta economie di scala o recuperi di efficienza.

Quanto al controllo analogo – esso deve consistere in un’influenza determinante sia sugli obbiettivi
strategici che sulle decisioni significative della società controllata.

Trattandosi di un controllo analogo a quello svolto nei confronti dei propri uffici, tale società finisce per costituire
una sorta di organo dell’ente. E tale, indifferenziazione giustifica l’affidamento diretto di commesse, trattandosi
(sostanzialmente) dello stesso oggetto.

Il complesso normativo di derivazione europea ha avuto cura di precisare anche le varie figure in cui l’in house può
manifestarsi:

1) IN HOUSE “VERTICALE” > Ricorre allorquando il controllo analogo è esercitato da una persona giuridica
diversa, a sua volta controllata dall’ente pubblico (o amministrazione aggiudicatrice);
2) IN HOUSE “ORIZZONTALE” > Ricorre allorquando il rapporto intercorra tra 2 persone giuridiche
entrambe assoggettate al controllo analogo da parte di un ente pubblico (o amministrazione
aggiudicatrice);
3) IN HOUSE “PLURIPARTECIPATO” > Ricorre allorché il controllo analogo sia esercitato da una pluralità di
enti pubblici (o amministrazioni aggiudicatrici), attraverso la partecipazione congiunta agli organi

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decisionali della società controllata)

In tutti questi casi si riproduce una situazione di sostanziale indifferenziazione tra i vari soggetti
coinvolti, che giustifica - a livello europeo e nazionale – l’affidamento di commesse senza gara.

Uffici e organi

Per lo svolgimento dei propri compiti (prestazioni materiali come i servizi, manifestazioni di volontà come i
provvedimenti amministrativi, attività propedeutiche a tali fini) l’ente pubblico deve avvalersi di persone fisiche e
di beni strumentali.

Gli uffici sono strutture organizzative in cui si articola la persona giuridica pubblica, costituite da persone fisiche ad
essi preposti e da una dotazione finanziaria e di beni che consentano l’espletamento dell’attività. : In altre parole
sono, centri di attività che costituiscono le unità organizzative di base, di cui si compone la struttura complessiva
dell’ente.

La preposizione delle persone fisiche negli uffici tramite investitura o assegnazione con conseguente “presa di
servizio” dà luogo al rapporto d’ufficio.

Questo presuppone però un rapporto di servizio, un particolare legame della persona fisica con l’ente. Esso può
essere un rapporto di servizio:

Onorario (per personale elettivo o di nomina politica)


Professionale (rapporto di lavoro che presuppone l’espletamento di un pubblico concorso Art. 97 c. 3 Cost)

APPROFONDIMENTO RAPPORTO DI SERVIZIO:

Il rapporto di servizio è normalmente circoscritto al solo lavoro subordinato, che comporta tra l’altro il diritto alla
retribuzione, al trattamento previdenziale, ecc. Ma se si considera che anche per il funzionario onorario sono spesso
previste indennità (che possono essere anche rilevanti) e talvolta persino un trattamento pensionistico, non pare
inappropriato estendere anche ad esso la categoria del rapporto di servizio, dato che tali diritti patrimoniali non
sono certo ricompresi nel rapporto d’ufficio.

Rapporto di servizio: rapporto giuridico vero e proprio che implica una relazione tra soggetti diversi (ente pubblico
e singolo addetto), con il relativo fascio di diritti e obblighi reciproci, come il diritto allo stipendio, da una parte e
l’obbligo di prestare professionalmente la propria attività dall’altra.

Rapporto d’ufficio: non esprime una relazione intersoggettiva e quindi non è un vero rapporto perché si limita a
descrivere l’inquadramento e l’appartenenza del singolo addetto alla struttura organizzativa.

Nel 1 caso: addetto ed ente di appartenenza sono soggetti ben distinti e talvolta contrapposti (come nello
controversie di lavoro)
Nel 2 caso, vi è immedesimazione dell’addetto nella struttura e, dunque indistinzione tra le 2 figure.

Questi due rapporti possono infatti far capo a organismi diversi come nel caso di un dipendente distaccato presso
altro ente: in tal caso il rapporto di servizio permane con il primo ente, mentre quello d’ufficio si instaura con l’ente

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presso cui l’agente è distaccato.

Tra gli uffici ci sono gli organi che sono legittimati a manifestare all’esterno la volontà dell’ente.
Ne parla anche la Costituzione all’ art 121 in relazione agli organi delle Regioni: Sono organi della Regione: il Consiglio
regionale, la Giunta e il suo presidente.
Nell’ambito del diritto pubblico si ritiene che il fenomeno di imputazione giuridica debba essere spiegato attraverso
l’immedesimazione organica del soggetto agente, al posto dell’istituto della rappresentanza.

Infatti..

 La rappresentanza realizza una struttura trilatera (rappresentante, rappresentato e terzo) e imputa


(ricollega giuridicamente) al rappresentato solo gli effetti della dichiarazione di volontà (atto), non la
dichiarazione stessa.
 Nell’ immedesimazione organica invece, siccome il soggetto agente non si differenzia dall’organo, a sua
volta parte (articolazione) dell’ente, l’imputazione riguarda sia gli effetti, sia l’atto stesso! > il che consente
anche di riconoscere alla persona giuridica pubblica una propria capacità d’agire, che risulterebbe viceversa
mortificata, ove si ritenesse di applicare l’istituto della rappresentanza.
Questa raffigura quindi l’indistinzione del soggetto agente rispetto all’ente e ciò rileva nei confronti dei terzi
che così interagiscono con un unico soggetto e in un unico rapporto giuridico.

La qualificazione di organo va riservata solo agli uffici che hanno la capacità di manifestare all’esterno la volontà
dell’ente, MA la immedesimazione organica esprime un concetto più ampio che è presente TUTTE le volte che
sussistono effetti nei confronti di terzi! Essa viene applicata a tutti gli uffici, non solo agli organi!
Es in caso di responsabilità per atto illecito in danno di terzi vi sarà immedesimazione organica anche quando l’autore
materiale del danno non è preposto a un organo in senso tecnico, ma appartenga solo a un semplice ufficio dell’ente.

E’ invalsa anche una nozione più ampia di organo, comprensiva di tutte quelle unità organizzative che partecipano
a vario titolo ad un procedimento amministrativo, contribuendo al risultato finale. : In tal quadro possiamo
distinguere:

- ORGANI INTERNI
- ORGANI ESTERNI
- ORGANI DI AMMINISTRAZIONE ATTIVA, CONSULTIVA E DI CONTROLLO

Occorre tenere presente anche questa diversa accezione dell’istituto (ORGANI IN SENSO LATO) > Non senza
sottolineare, che la nozione di ORGANO IN SENSO TECNICO è da riservare, soltanto a quegli uffici, che sono abilitati
a manifestare all’esterno la volontà della persona giuridica pubblica (organi esterni o di amministrazioni attiva)

OGNI ufficio è costituito da persone fisiche assegnate all’ufficio per consentirne il funzionamento. > si tratta degli
addetti all’ufficio e i loro compiti variano.

Il titolare dell’ufficio o il suo supplente è l’unico a poter assumere determinazioni riferibili all’intero ufficio (o
all’intero ente se è titolare di un organo).
Le persone fisiche preposte all’ufficio possono cambiare ma la struttura non muta > Tale caratteristica, manifesta la
continuità dell’organo o dell’ufficio. Ciò implica che l’attività pregressa vincoli anche il nuovo titolare dell’organo!

Il titolare dell’ufficio deve avere la legittimazione che consiste nell’osservanza delle regole che presiedono alla sua
formazione (es presenza di un certo numero di componenti perché l’organo collegiale possa deliberare) e nella
presenza di tutti i presupposti relativi al soggetto stesso perché possa esercitare le sue funzioni (es il funzionario in

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regime di prorogatio può adottare solo atti di ordinaria amministrazione o indifferibili e urgenti, ma non ha
legittimazione per ogni altro atto, pur rientrante nella competenza dell’organo di appartenenza).

La prorogatio è la condizione in cui può trovarsi il titolare di un ufficio per il quale si è verificata una causa di
cessazione della carica in attesa del nuovo titolare.
Questa situazione tende a garantire la continuità dell’organo e della sua azione, circoscritta temporalmente a soli
45gg. Decorso tale termine ogni atto da lui adottato è colpito dalla espressa sanzione della nullità.

Non vi è legittimazione per il soggetto che versa in una situazione di incompatibilità (contrasto di interessi)
rispetto al caso concreto.
Incompatibilità che riguarda il singolo procedimento e inficia il provvedimento conclusivo con un vizio equiparato
dalla giurisprudenza alla incompetenza (relativa).
Valgono anche per i pubblici amministratori le cause di astensione obbligatoria e facoltativa previste per i giudici all’
art 51 cpc, espressione del principio di imparzialità.

In tal caso il soggetto che versa in condizione di incompatibilità deve astenersi. > Codificato all’art. 6bis l. 241/1990
che statuisce “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni
tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi,
segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

TUTTO CIO DIMOSTRA L’IMPORTANTE RUOLO CHE RIVESTE LA PERSONA FISICA NELL’AMBITO DEL SINGOLO
ORGANO OD UFFICIO.

Ma essendo l’organo e l’ufficio, delle articolazioni della persona giuridica, presentano analoghi caratteri non solo per
il substrato materiale, ma anche per l’aspetto funzionale, costituito da meri compiti, per l’ufficio (che svolge attività
preparatoria o meramente esecutiva e prestazionale, senza manifestare all’esterno la volontà dell’ente) e da vere e
proprie funzioni (poteri negoziali e provvedimentali) per gli organi: si può dire che gli uffici svolgono compiti
strumentali (preparatori o di esecuzione), mentre gli organi funzioni e compiti finali.

APPROFONDIMENTO TEMI PRECEDENTEMENTE ESPLICATI:

INCOMPATIBILITA’ > che riguarda l’assunzione di una certa carica e che inficia, ove non rimossa, con l’investitura e
non direttamente l’attività svolta dal soggetto carente di legittimazione (es lo status di professore a tempo definito è
incompatibile con la carica accademica di Rettore).
Il soggetto incompatibile deve optare ex post, ad elezione avvenuta, tra il mantenimento della precedente
carica e il munus pubblico derivante dalla conseguita elezione.

INELEGGIBILITA’ > Può inficiare anche questo l’atto di investitura, il quale, come ogni atto amministrativo, può
risultare illegittimo, e come tale annullato o dichiarato nullo. Il soggetto ineleggibile deve eliminare ex ante la
situazione di ineleggibilità in cui versa

Può accadere anche che nel frattempo l’agente abbia operato, e in ipotesi di titolarità di un organo vero e proprio,
abbia emesso anche atti amministrativi. Sorge quindi il problema di questi ultimi. Si tratta di capire, se la caducazione
(ex tunc) dell’atto di investitura travolga o meno anche gli atti compiuti dall’agente.

La risposta è normalmente negativa e basata sulla teoria (risalente al diritto romano) del:

C.d. funzionario di fatto > In base al quale, detti atti, sarebbero sempre imputabili all’amministrazione in base al
rapporto di immedesimazione organica, che si sarebbe comunque costituito, e come tali conserverebbero la propria
efficacia, anche per ragioni che di volta in volta vengono rinvenute nel principio di continuità dell’organo, ovvero nel
principio della tutela dell’affidamento dei terzi.

Occorre considerare inoltre che anche tali atti risultano illegittimi e come tali annullabili su (tempestiva)

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impugnazione dei terzi o su autotutela della medesima amministrazione.

CONCLUSIONE: Si deve ritenere che l’invalidità dell’investitura costituisca una illegittimità viziante e non caducante
e la spiegazione del fenomeno può essere rinvenuta proprio in tale diversa vicenda della patologia dell’atto
amministrativo (annullabilità vs. nullità).

Attribuzioni e competenze: la soggettività di organismi senza personalità giuridica

Art 97.2 Cost: Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le
responsabilità proprie dei funzionari.

Attribuzione: complesso di potestà e compiti assegnati a un intero ente pubblico.


Il riparto deve avvenire per legge e, nel caso di enti territoriali, sulla base del principio di sussidiarietà verticale.

Competenza: quota parte di tali potestà e compiti assegnati con legge o con regolamento o atto amministrativo
(vista la riserva di legge relativa dell’art 97 cost) al singolo organo.

Il riparto è operato sulla base di 3 criteri:

 Materia (criterio principale)


 Territorio (per gli organi periferici dello stato)
 Valore (nella distribuzione di competenze tra vari livelli dirigenziali all’interno dei ministeri, ad es. in materia
di stipulazione dei contratti)

Il riparto di compiti tra gli uffici in senso stretto (non organi) è normalmente privo di rilevanza esterna e ad esso si
provvede con atti interni dell’ente > detti atti di micro-organizzazione

Il conferimento di attribuzioni e competenze deve seguire anche il principio di responsabilità e unicità


dell’amministrazione art 4.3 legge 59/1997: attribuire in base alla sussidiarietà a un unico centro decisionale o a
un unico livello di governo (che se ne assume la responsabilità), un complesso di funzioni e compiti omogenei (es
edilizia ricompresa quasi interamente nella competenza comunale).
Ciò però non è sempre possibile perché vi sono settori come l’ambiente o l’urbanistica che presentano varie
sfaccettature e gradi di interesse da tutelare. Qui è necessario ripartire i poteri tra più organi dello stesso ente o tra
più enti > si parla qui di articolazione e di sovrapposizione delle competenze e delle attribuzioni, non di unicità!

Il riparto di attribuzioni e competenze dà luogo a un assetto stabile e duraturo ma vi sono alcuni istituti che vi possono
derogare:

1) Avocazione: spostamento della competenza per una singola pratica o per un complesso di pratiche da
un’Autorità all’altra.
Si ha solo nei rapporti intergorganici (tra organi) e solo ove sussista ancora un rapporto di gerarchia.

2) Sostituzione: vicenda analoga alla precedente ove la causa dello spostamento è l’inerzia dell’autorità
competente o gravi casi di illegittimità.

Art 2.9bis legge 240/1990: L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il
soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo
si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al
funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione.
Si applica anche nei rapporti intersoggettivi come quelli tra Stato e Regioni.

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3) Devoluzione (DELEGAZIONE): assegnazione ad altro ente, ovvero ad un altro organo di funzioni e compiti
spettanti all’ente (es. delega delle funzioni relative alle autorizzazioni paesaggistiche dalla Provincia ai
Comuni) o ad altro organo delegante (es. delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri ai ministri
senza portafoglio)
Può quindi essere intersoggettiva (1) o interorganica (2)

Nel 1 – incide sulle attribuzioni dell’ente


Nel 2 – incide sulle competenze dell’organo.

Nell’uno che nell’altro vengono stabilmente assegnati ad altri apparati amministrativi compiti spettanti al soggetto
delegante con l’avvertenza che non si tratta di un’applicazione di specie dell’istituto civilistico della delega!!!

Qui infatti il soggetto investito di tali compiti agisce in nome e per conto proprio e sotto la propria
responsabilità!

Il soggetto delegante conserva un potere di direttiva e può anche riassumere nella propria sfera di attribuzione o
competenza i compiti che ha trasferito tramite un contrarius actus che deve essere della stessa natura di quello
utilizzato per il primo trasferimento.

E’ un conferimento non definitivo di compiti e funzioni!

4) Avvalimento

Il nome deriva dall’originario art 118 Cost, prima della riforma della legge cost 3/2001, che prevedeva che le regioni
esercitassero normalmente le proprie funzioni o delegandole a province, comuni e altri enti locali, o valendosi dei
loro uffici.

Qui non vi è un trasferimento, i compiti e le funzioni rimangono al soggetto o all’organo cui sono stati
originariamente assegnati (es regione) ma sono svolti dagli uffici e dagli organi di altra struttura amministrativa (es
provincia) che sono posti alle dipendenze funzionali dei primi.

Divengono quindi uffici ed organi con 2 ruoli:

 Uno corrispondente a quello tipico della propria struttura organizzativa


 L’altro che funge da terminale periferico del soggetto o dell’organo che se ne avvale e che al riguardo detiene
poteri di direzione e controllo.
ES. Art 29.2 d.lgs 300/1999 “Il Ministero delle attività produttive si avvale degli uffici territoriali di Governo,
nonché, sulla base di apposite convenzioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”.

Si parla a questo proposito anche di organi (o uffici) a duplice dipendenza. L’una strutturale e funzionale rispetto
all’ente di appartenenza, l’altra meramente funzionale, rispetto all’ente che opera l’avvalimento.

CONCLUSIONE: Le attribuzioni e le competenze fissate dalla legge possono subire spostamenti operati con atti
amministrativi.

Questi spostamenti possono portare a fenomeni di:

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 Concentrazione di competenze (es figure associative degli enti territoriali locali)


 Decentramento (es istituzione dei Consigli circoscrizionali –facoltativa per comuni con +di 100 000 e meno di
250 000 abitanti- che hanno compiti di partecipazione, di consultazione e di gestione dei servizi di base e di
esercizio delle funzioni delegate dal comune ex art 17 TUEL).

Lo STATO si presenta attraverso le strutture dei Ministeri (> è un soggetto disaggregato): l’attribuzione va
collegata al singolo Ministero e NON allo stato apparato nel suo complesso.

I MINISTERI (plessi organizzatori talvolta molto ampi e persino con più di un milione di addetti, come nel caso del
Ministero dell’istruzione) hanno proprie distinte funzioni ex d.lgs.300/1999 art 2.1 e sono:

1) Ministero degli affari esteri


2) Ministero dell'interno > tutela l’ordine e la sicurezza pubblica e tra i suoi compiti vi sono anche la protezione
civile, la prevenzione incendi ect.
3) Ministero della giustizia
4) Ministero della difesa
5) Ministero dell'economia e delle finanze
6) Ministero dello sviluppo economico
7) Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
8) Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
10) Ministero del lavoro e delle politiche sociali
11) Ministero dell'istruzione, dell’università e della ricerca
12) Ministero per i beni e le attività culturali
13) Ministero della salute > Sono attribuite le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana,
di coordinamento del sistema sanitario nazionale, di sanità veterinaria, di tutela della salute nei luoghi di
lavoro

E’ possibile raggruppare i ministeri in macroaree funzionali :

 Ministeri con funzioni di ordine e giustizia: 1-2-3-4


 Ministeri con funzioni correlate all’economia: 5-6-7
 Ministeri con funzioni relative ai lavori e servizi (anche sociali): 9-10-11-12
 Ministeri con funzioni che riguardano la salute e l’ambiente: 8-13

I Ministeri hanno:

 Un proprio organico, propri mezzi


 Propria imputazione sostanziale in quanto titolari di diritti e obblighi scaturenti dai loro atti
 Legittimazione processuale
 Propria responsabilità degli atti compiuti
 NON hanno personalità giuridica infatti i conflitti tra di essi non possono essere risolti in sede giudiziaria,
ma in sede di Consiglio dei Ministri con le modalità dei conflitti interorganici

L’unitarietà dello Stato (inteso come apparato) trova conferma nella presenza di organi di raccordo tra i vari
ministeri

Sussistono organi, che, pur essendo strutturalmente incardinati presso un ministero, svolgono la propria funzione
al servizio di più o di tutti i ministeri. : Es. gli Uffici centrali del bilancio, che, pur appartenendo al Ministero

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dell’economia e delle finanze, svolgono funzioni a favore dei vari ministeri presso cui operano la propria attività di
controllo preventivo degli atti di spesa e di contributo alla formazione del bilancio.
Anche l’Avvocatura dello Stato, pur strutturata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, opera a favore di tutti
i ministeri, prestando la propria attività di difesa (legale) in giudizio, nonché di consulenza giuridica.

Si tratta di organi dotati di ampia soggettività (si parla di rifrazione della personalità giuridica dello Stato).

La personalità giuridica spetta solo allo Stato nel suo complesso ed essa rileva nei rapporti internazionali. A livello
Nazionale lo Stato si presenta, come una figura soggettiva “disaggregata” e non “compatta” in quanto costituita da
un complesso di strutture organizzative (i ministeri) che sono in grado di svolgere una propria attività nel
perseguimento di specifiche missioni loro affidate dalla legge.

L’ampia soggettività può essere riconosciuta anche ad altri organi che, pur non dotati formalmente di personalità
giuridica, sono configurati dall’ordinamento come centri autonomi di imputazione giuridica, cui sono conferite
attribuzioni non competenze in senso tecnico.

Es Agenzie senza personalità giuridica, separate dallo Stato apparato cui viene riconosciuta una ampia soggettività
sostanziale, legittimazione processuale e responsabilità civile indipendentemente dal formale riconoscimento della
relativa personalità giuridica > la personalità giuridica può anche essere desunta dal complesso della disciplina
legislativa!!!

Si parla di soggettività senza formale personalità giuridica

Può esistere il fenomeno inverso di una persona giuridica che assuma la funzione di organo di un altro ente: organo
con personalità giuridica nel caso in cui l’attività di un ente si ripercuote automaticamente nella sfera giuridico-
economica di un altro ente es istituto della società in house (ancora imperfetta di tale fenomenologia; oppure esempi
(rispetto allo Stato) le Agenzie con personalità giuridica, istituzioni scolastiche, che, pur avendo acquisito anch’esse la
personalità giuridica, continuano a svolgere le funzioni statali relative all’istruzione, imputando allo Stato i relativi
risultati (titoli di studio ed altro)).

Allo Stato è pacificamente riconosciuta la personalità giuridica, come è riconosciuta, anche all’Unione europea ex
art 47 TUE (L'Unione ha personalità giuridica.). > Ciò comporta che, in quanto soggetto dell’ordinamento, non è
legibus solutus ed è tenuto all’osservanza delle leggi, coerentemente con i principi dello Stato di diritto e con il
riconoscimento che la sovranità appartiene al popolo ex art 1.2 Cost.
Esso è anche assoggettato alla responsabilità civile.

Distinzione degli organi in base alla loro funzione: organi di amministrazione attiva, consultivi e di controllo

La principale distinzione degli organi attiene alla loro funzione.

 Organi di amministrazione attiva

Sono organi abilitati a manifestare la volontà provvedimentale e negoziale dell’Amministrazione. Hanno la capacità
di manifestare all’esterno la volontà dell’ente con imputazione degli atti e degli effetti all’ente stesso.
Attraverso gli organi di amministrazione attiva il soggetto pubblico “provvede” a realizzare assetti di rapporti che
consentono di curare l’interesse pubblico nel caso concreto.

Sono previsti direttamente dalla Costituzione alcuni di essi:

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 Presidente della Repubblica art 87 Cost > Si tratta per lo più di compiti e funzioni che già spettavano
all’ex sovrano. Tra quelli più strettamente amministrativi, si ricordano: il potere di emanare i
regolamenti (governativi), il potere di nomina (nei casi indicati dalla legge) dei funzionari dello Stato,
il comando delle forze armate, la presidenza del Consiglio di difesa e del Consiglio superiore della
magistratura, il potere di accreditamento dei rappresentanti diplomatici, ect.
Inoltre il Presidente della repubblica “nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di
questo, i Ministri (Art. 92 Cost).
 Presidente del consiglio dei ministri art 95.1 cost : “che dirige la politica generale del governo”
 Consiglio dei ministri art 92 Cost
 Singoli Ministri art 95.2 Cost : che “sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e,
individualmente, degli atti dei loro dicasteri”
Giova ricordare che non tutti i Ministri sono responsabili di un Ministero. Ve ne sono alcuni (c.d. Ministri
senza portafoglio) che ne sono privi e che svolgono funzioni delegate dal Presidente del Consiglio dei
Ministri: anche se, al pari dei Ministri <<con portafoglio>> sono componenti del Consiglio dei Ministri.
Ai sensi dell’art 9 della legge 400/1988 i Ministri senza portafoglio sono nominati dal Presidente della
Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri: essi non necessitano, dunque di un
apposito atto legislativo, che ne istituisca la carica.

NON SI TRATTA DEGLI UNICI ORGANI DI AMMINISTRAZIONE ATTIVA PREVISTI DA NORME SUPERPRIMARIE

Si aggiungono ad essi altri organi europei artt 16-17 TUE e artt 237-244 TFUE

 Commissione

Promuove l’interesse generale dell’UE e adotta le iniziative appropriate a tal fine.. dà esecuzione al bilancio e gestisce i
programmi
Costituisce quindi il principale organo di amministrazione comunitaria diretta (cura in concreto degli interessi
comunitari attraverso istituzioni europee e non nazionali).

 Consiglio dei Ministri dell’Unione europea

Essi sono competenti ad emettere decisioni (provvedimenti amministrativi) nei casi previsti dal TFUE e dalla
normativa derivata ex art 291 TFUE

 Organi consultivi

Forniscono pareri agli organi di amministrazione attiva, in modo da facilitarne il compito e da consentirne scelte
informate e meditate, vista la delicatezza e complessità anche tecnica dell’attività dell’amministrazione talvolta
attraverso organi elettivi che non sempre selezionati per la loro capacità professionali necessarie).

Allorché i pareri si basano su particolari competenze scientifiche e se sono emessi da organi qualificati al riguardo
si parla di valutazioni tecniche > Ad esse l’ordinamento riserva una disciplina in parte differenziata.

Vi sono organi consultivi a tutti i livelli di governo:

 Ambito ministeriale centrale es Consiglio superiore dei lavori pubblici, Consiglio superiore di sanità
 Negli enti territoriali minori es Segretario comunale, Commissione edilizia...

Art 49 TUEL:
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere

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richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di
ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle
sue competenze.
art 97.2 :
2. Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-
amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo
statuto ed ai regolamenti.

Egli è dipendente di una apposita Agenzia autonoma per la gestione del relativo albo infatti è nominato dal Sindaco,
scegliendolo dall’Albo.

Avvocatura dello Stato che rappresenta obbligatoriamente in giudizio tutte le Amministrazioni statali, svolge
attività consultiva tecnico-giuridica.

IMPORTANTE E’ IL:

Consiglio di Stato: istituito nel lontano 1831, come organo di consulenza del Sovrano e poi assunse funzioni
giurisdizionali nel 1889.

Art 100.1 Cost: il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia
nell’amministrazione.
Esso è chiamato a fornire pareri alle amministrazioni statali e vi provvede su loro richiesta spontanea o su richiesta
obbligatoria per legge. I pareri infatti possono essere facoltativi, obbligatori o vincolanti.
Anche i pareri non vincolanti incidono sulla condotta delle amministrazioni pubbliche vista l’autorevolezza
dell’organo che li ha emanati.

Pur trattandosi di un organo dello stato, formalmente incardinato presso la Presidenza del consiglio dei ministri,
esso è posto in una posizione di indipendenza rispetto agli altri organi e rispetto in particolare alle strutture
ministeriali.
A garanzia della sua indipendenza esiste un apposito organo di autogoverno, il Consiglio di Presidenza (simile al
Consiglio Superiore della Magistratura in quanto a funzioni).

Nell’ambito della sua funzione consultiva rilevano i pareri sugli atti normativi del Governo per cui è istituita una
apposita Sezione consultiva degli atti normativi. Svolgono funzioni consultive anche le sezioni I e II; svolgono funzioni
giurisdizionali la III, la IV, la V e la VI, oltre al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia.
Svolge funzioni consultive l’Adunanza generale; svolge quelle giurisdizionali l’Adunanza Plenaria. Sono rilevanti
anche i pareri resi in sede di ricorso straordinario.

 Funzioni di controllo

La funzione di controllo consiste nella verifica di un atto, di un’attività o di comportamenti di soggetti pubblici, svolta
sulla base di parametri predeterminati.
In realtà i controlli possono distinguersi non solo per l’oggetto, ma anche per i parametri di riferimento, che possono
riguardare sia la disciplina generale dell’attività amministrativa, sia norme tecniche, che scaturiscono da discipline
specialistiche. E col mutar dei parametri cambia anche la finalità del controllo, che può essere, di stretta legalità,
ovvero anche di efficienza ed economicità, sia con riferimento specifico agli aspetti finanziari, sia con riferimento

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più generale al rendimento di una singola struttura e dei relativi addetti ( in questo caso la verifica riguarda i risultati
ottenuti rispetto a quelli programmati).

Si possono dunque individuare varie tipologie di controlli:

CONTROLLI SUGLI ATTI: possono essere di –

 Legittimità o di merito (a seconda che riguardino, la legittimità, ovvero l’opportunità, la convenienza o meno
del singolo atto),
 Preventivi o successivi (a seconda che intervengano prima o dopo che l’atto abbia iniziato a produrre i suoi
effetti),
 Interni o esterni (a seconda che siano svolti da organi dello stesso ente o da organi di ente diverso).

Tali controlli si manifestano con atti di varia denominazione (a seconda del proprio ruolo), tra i quali si possono
menzionare i visti e le approvazioni. > Nel caso di esito negativo le conseguenze del controllo possono essere a loro
volta diversificate (ad esempio, inefficacia o annullamento dell’atto controllato).

CONTROLLO SULL’ATTIVITA’: riguarda aspetti vari dell’attività (complessiva) di un ente e delle sue strutture e
può dar luogo ad un controllo di gestione o ad un controllo sugli organi.

CONTROLLI DI GESTIONE: riguardano l’efficacia dell’azione amministrativa, attraverso una verifica dello stato di
attuazione dei programmi (e dunque, una comparazione tra i risultati raggiunti e gli obbiettivi prefissati). Essi
possono essere interni o esterni e possono condurre, in caso di esito negativo, a interventi (in senso lato) punitivi o
ad interventi meramente collaborativi (di segnalazione delle criticità agli stessi organi controllati, per stimolarne il
superamento). Esempio di controllo gestionale è quello relativo al rendimento dei dirigenti.

CONTROLLO SUGLI ORGANI: Riguardano la verifica del loro corretto funzionamento, anche con riferimento ai
comportamenti delle persone fisiche ad essi preposte. > Si tratta di controlli essenzialmente esterni, che possono
portare alla sostituzione dell’organo nel singolo affare.
Nei casi di valutazione più grave della condotta degli amministrazioni, considerati singolarmente o collegialmente.
> può portare allo scioglimento degli organi, alla nomina di un commissario ad acta ed alla rimozione degli stessi
amministratori.

APPROFONDIMENTO:

Sono previsti poteri statali di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del suo Presidente in caso di atti
contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge – art 126 Cost.
Lo stesso potere sussiste nei confronti dei consigli comunali e provinciali, anche nel caso in cui non possa essere
assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi – art 141.1 lett b) TUEL. Sono previsti anche casi di
rimozione di singoli amministratori locali per atti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge
o per gravi motivi di ordine pubblico – art 142 TUEL.
Infine vi sono casi di scioglimento dei Consigli conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo
mafioso – art 143 TUEL.

In passato il controllo più diffuso era il controllo preventivo di legittimità: controllo “preventivo” svolto prima
che l’atto produca i suoi effetti (contrapposto al successivo che riguarda atti già produttivi di effetti) e controllo di
“legittimità” (contrapposto al controllo di merito).

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Questo tipo di controllo si estrinseca in un giudizio di tipo sillogistico e in caso di esito negativo può sfociare in
determinazioni paralizzanti l’efficacia dello stesso (in passato l’annullamento dell’atto).

MA la riforma del Titolo V della Costituzione ha abolito tutti i controlli preventivi previsti per gli atti amministrativi
regionali, provinciali e comunali da parte di organi rispettivamente statali e regionali (vecchi artt 125 e 130 Cost).
Gli istituti previsti in sostituzione non sono altrettanto efficaci e sussiste quindi il forte rischio di deficit di legalità. >
Questi nuovi istituti sono i controlli interni che sono svolti da organi dello stesse ente che viene controllato (es
Collegio dei revisori ex art 234 TUEL)

art 1 d.lgs. 289/1999: Le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti
adeguati a:

 Garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità


amministrativa e contabile);
 Verificare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche
mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione);
 Valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);
 Valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di
determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti
(valutazione e controllo strategico).

QUINDI: Nonostante l’ampio spettro del sindacato, che riguarda la regolarità amministrativa, e contabile, l’efficacia,
l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, fino al “controllo strategico”, i controlli interni danno meno
garanzie di imparzialità rispetto a quelli esterni, ora affidati essenzialmente solo alla Corte dei Conti.

La Corte dei Conti si avvale di una posizione di indipendenza, a garanzia della sua terzietà rispetto agli apparati
statali e alle amministrazioni che controlla (anche regioni ed enti locali).
art 100.2 Cost: La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello
successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo
sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (enti pubblici e privati che ricevono
finanziamenti sistematici dallo Stato o si avvalgono di tributi, contributi o di apporti al patrimonio in capitale, beni
o servizi da parte delle amministrazioni pubbliche).

APPROFONDIMENTO:

In tema di indipendenza, posizione e funzioni analoghe sono svolti, a livello comunitario dalla Corte dei Conti dell’UE.
La quale “controlla la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese ed accerta la sana gestione finanziaria”, con
riferimento – ovviamente – ai conti dell’Unione.
Una volta, peraltro, che le politiche economiche degli Stati membri costituiscono “una questione di interesse comune”,
e che l’impegno dei medesimi Stati membri di “evitare disavanzi pubblici eccessivo”, costituisce a sua volta una
questione comunitaria, sotto la sorveglianza della Commissione è chiaro che l’attività di controllo delle 2 Corti è
destinata ad una sempre maggiore collaborazione e integrazione.

Negli ultimi tempi, mentre si è incrementato il controllo sulla gestione, risulta molto circoscritto il controllo
preventivo di legittimità a pochi atti amministrativi del Governo rilevanti per le finanze e il patrimonio pubblico.

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Un nuovo controllo preventivo di legittimità è stato istituito su vari atti regionali: si tratta degli atti normativi aventi
riflessi finanziari, degli atti amministrativi adottati in adempimento dei vincoli europei, nonché degli altri atti di
programmazione e pianificazione, compreso il riparto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario
Regionale.

APPROFONDIMENTO:

Art. 1.2 d.l 174/2012: “Sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità delle sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti secondo le procedure previste per il controllo preventivo sugli atti dello Stato di cui all’art 3 della l.
20/1994, con riduzione alla metà dei termini, gli atti normativi a rilevanza esterna, aventi riflessi finanziari, emanati
dal governo regionale, gli atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati dal governo regionale e
dall’amministrazione regionale, in adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea, nonché gli atti di programmazione e pianificazione regionali, ivi compreso il piano di riparto delle risorse
destinate al finanziamento del Servizio sanitario regionale. Il controllo ha ad oggetto la verifica del rispetto dei vincoli
finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Ue, del patto di stabilità interno, nonché del diritto dell’Ue e di
quello costituzionale”

L’ampliamento delle funzioni di controllo, anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali, ha fatto insorgere
dubbi di legittimità costituzionale, in relazione alla ipotizzata violazione delle autonomie locali. > Ma la Corte
Costituzionale ha sempre respinto tali censure, non solo per la natura collaborativa dei controlli della Corte dei conti,
ma anche per la “posizione di indipendenza e neutralità del giudice contabile al servizio dello Stato-ordinamento,
quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico nel suo complesso”.

Proprio la particolare funzione e posizione della Corte, che esplica anche attività amministrativa dei dipendenti
pubblici, ha posto il problema della sua legittimazione ad operare rinvii pregiudiziali alla Corte Cost. e alla Corte di
Giustizia, per sottoporre ai relativi consessi questioni di legittimità costituzionale e di interpretazione della
disciplina comunitaria. > La risposta è stata prevalentemente negativa, in considerazione dell’attività
amministrativa e non giurisdizionale svolta dalla Corte dei Conti in sede di controllo.

Il controllo di gestione ha ad oggetto non singoli atti, ma l’attività complessiva di apparati, organi o enti ed è diretto
a garantire l’applicazione del principio di buon andamento ex art 97 Cost.

APPROFONDIMENTO:

Sul controllo di gestione vale quanto rilevato dalla Corte Cost n 29/1995, che ha tra l’altro riconosciuto “il carattere
essenzialmente empirico del controllo di gestione, carattere il quale comporta che quest’ultimo debba essere compiuto
sulla base di criteri di riferimento o modelli operativi nascenti dalla comune esperienza e razionalizzati nelle
conoscenze tecnico-scientifiche delle discipline economiche, aziendalistiche e statistiche, nonché dalla contabilità
pubblica. Nondimeno, trattandosi di un controllo basato sulla verifica della rispondenza dei risultati effettivamente
ottenuti dall’azione amministrativa con gli obiettivi prescritti dalla legge, tenuto conto delle risorse e dei mezzi da
quest’ultima apprestati, non si può dubitare che parte dei parametri di valutazione siano contenuti nelle leggi stesse”
La corte dei conti svolge tale controllo con criteri e modalità diversi a seconda che questo controllo di gestione:

 Sia di tipo finanziario: esame dei bilanci, dei rendiconto, la regolarità contabile dell’attività, la veridicità e
corretta rappresentazione delle operazioni. Vi sono assoggettati gli enti a cui lo stato contribuisce in via
ordinaria.

Che riguardi la funzionalità

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Concerne la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando
comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa.
In tal caso farà una valutazione complessiva di tutte le amministrazioni pubbliche, compresi gli enti locali, sulla base
dei criteri di economicità, efficienza, efficacia.
art 7.7 legge 131/2003: la Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli
equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno
ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei
conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti
dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione
finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche
esclusivamente ai consigli degli enti controllati.

I controlli di gestione della corte dei conti sono svolti in funzione di collaborazione con le amministrazioni
interessate: i risultati vengono ad esse comunicati per consentire loro di attivare misure di autocorrezione.

Art 3 legge 20/1994:


5. Nei confronti delle amministrazioni regionali, il controllo della gestione concerne il perseguimento degli
obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di programma.
6. La Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull'esito del controllo
eseguito. Le relazioni della Corte sono altresì inviate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte
formula, in qualsiasi altro momento, le proprie osservazioni. Le amministrazioni comunicano alla Corte ed agli
organi elettivi, entro sei mesi dalla data di ricevimento della relazione, le misure conseguenzialmente adottate.

Nel caso in cui l’esito sia negativo del controllo non sono previste conseguenze lato sensu sanzionatorie, anche se gli
accertamenti possono essere utilizzati per far valere la responsabilità amministrativa a carico dei singoli funzionari.

Negli ultimi anni sono stati però predisposti strumenti di coazione: nel caso del mancato rispetto del patto di
stabilità interno vi sono penalità a carico dell’ente responsabile sottoforma di versamenti a favore del bilancio
statale di importi corrispondenti agli scostamenti registrati o sottoforma di limiti di spesa, di blocco delle assunzioni
del personale, ecc.

E’ stato istituito un altro sistema di controllo, il controllo sulla performance, cioè sulle prestazioni delle singole
strutture amministrative e del relativo personale – d.lgs. 150/2009.
Si muove in un’ottica di promozione dei risultati con il fine di migliorare i servizi resi dalle amministrazioni pubbliche
e la professionalità dei dipendenti.

Si incentra sul ciclo di gestione della performance:

a. Individuazione degli obiettivi


b. Misurazione delle prestazioni organizzative ed individuali
c. Erogazione di premi secondo criteri di valorizzazione del merito.

Sono quindi state istituite nuove figure organizzative come la Commissione per la valutazione, la trasparenza e
l’integrità delle amministrazioni pubbliche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’organismo indipendente
per la valutazione della performance presso ogni amministrazione singola o associata.
Esse si affiancano a quelle esistenti dei dirigenti e organi di indirizzo politico-amministrativo.

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L’idoneità del sistema dipende dalla capacità di individuare parametri predefiniti e trasparenti per misurare
chiaramente il rendimento, in relazione agli obiettivi che devono essere coerenti con i bisogni della collettività.

 Organi di coordinamento

Non è una funzione autonoma dalle altre. Visto l’inevitabile intreccio di attribuzioni tra enti e di competenze tra
organi, il compito del coordinamento, sotteso alla esigenza della reductio ad unitatem, assume un certo rilievo.

 Organi di coordinamento orizzontale

Operano nei confronti di enti o organi posti sullo stesso piano.

 Comitati interministeriali (CIPE – comitato interministeriale per la programmazione economica; CIACE


(Ridenominato CIAE) – comitato interministeriale per gli affari comunitari europei). Servono a risolvere
questioni a cavallo tra più ministeri e le loro delibere sono vincolanti per i ministri partecipanti e per i
relativi ministeri.
 Consiglio dei ministri
 Presidente del consiglio dei ministri
Questi 2 sopra - Sono organi di coordinamento a livello ministeriale insieme al Capo dipartimento rispetto agli uffici
di livello dirigenziale e al Segretario generale rispetto alle direzioni generali.
 Prefetto in ambito periferico con riferimento agli uffici statali presenti nella sua circoscrizione

D.lgs 300/1999: statuisce che


2. La Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, ferme restando le proprie funzioni, assicura l’esercizio coordinato
dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantisce la leale collaborazione di detti uffici con gli
enti locali. Sono in ogni caso fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale ed alle province
autonome.
3. Fermo restando quanto previsto dalla l. 131/2003, il Prefetto, titolare della Prefettura – Ufficio territoriale del
Governo, è coadiuvato da una conferenza provinciale permanente, dallo stesso presieduto e composta dai responsabili
di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato che svolgono la loro attività nella provincia nonché da
rappresentanti degli enti locali. Il Prefetto titolare della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo nel capoluogo della
regione è altresì coadiuvato da una conferenza permanente composta dai rappresentanti delle strutture periferiche
regionali dello Stato, alla quale possono essere invitati i rappresentanti della Regione”
 Segretario che in ambito comunale e provinciale sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti e ne coordina le attività

 Organi di coordinamento verticale

Operano nei confronti di enti o organi posti su livelli diversi


Pur non essendo previsti dalla Costituzione svolgono una funzione determinante per l’autonomia degli enti
territoriali.
E’ previsto però il Consiglio delle autonomie, organo di consultazione fra le regioni e gli anti locali –art 123.4 Cost. >
Nel quale vengono in rilievo la:

Conferenza Stato-regioni presieduta dal presidente del consiglio dei ministri e composta dai presidenti delle
regioni e delle province autonome. Può dar luogo a intese e al raggiungimento di posizioni unitarie in caso di
interferenza di competenze.
Conferenza Stato-città ed autonomie locali con la partecipazione di una delegazione di sindaci e presidenti

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delle province
Conferenza unificata che ricomprende in un unico collegio le due conferenze precedenti.

Sono dirette al raggiungimento di intese, accordi e soluzioni condivise. Se non si formano?

- Vi sono intese forti che non possono mancare se si intende concludere il procedimento con l’atto prefigurato
- Vi sono intese deboli che se non raggiunte possono comunque essere superate dal soggetto cui compete la
decisione finale.

Questa distinzione in base alle funzioni non significa che un organo sia titolare di una sola funzione. Si pensi al ruolo
multiforme della Commissione europea:
- Organo di controllo (CUSTODE DEL TRATTATO): vigila sull’applicazione del diritto UE anche promuovendo
procedure di infrazione davanti alla Corte di giustizia ex artt 258-260 TFUE
- Organo di coordinamento, di esecuzione, di gestione art 17 TUE
- Organo di amministrazione attiva
- Partecipa al processo di produzione normativa avendo l’esclusiva sul potere di iniziativa legislativa

A proposito del cumulo di funzioni, non si può omettere di sottolineare che talune autorità amministrative sono
chiamate anche a svolgere funzioni giustiziali. > Nel senso che sono chiamate a risolvere controversie, insorte
normalmente tra la stessa amministrazione e i destinatari dell’attività amministrativa.

Si tratta di una funzione cui il ricorso gerarchico costituisce il prototipo. > Negli ultimi tempo il fenomeno si è
moltiplicato, dando luogo ad altrettante figure di A.D.R. (alternative dispute resolution).

In particolare alcune Autorità indipendenti (come L’AEEGSI, E L’Agcom), sono state investite del compito di risolvere
controversie tra gli operatori dei relativi settori.

Altri organi amministrativi con tale funzione sono quelli della c.d. giustizia sportiva. : Infatti sia i “giudici federali”;
sia il Collegio di garanzia dello sport sono stati qualificati dalla giurisprudenza come organi amministrativi, che
danno luogo, a decisioni amministrative. > NB: Si tratta di organi delicati e non di funzioni giustiziali che si
aggiungono ad altre di amministrazione attiva.
Ulteriori categorie di organi ed uffici

Vi sono ulteriori categorie di organi e uffici proposte dalla dottrina e dalla giurisprudenza e presupposte dalla legge.

A seconda della loro stabilità:

Organi permanenti (ordinari)


Organi temporanei (straordinari): Sono istituiti per svolgere un compito specifico e si sciolgono con l’esaurimento
del compito stesso.
Es commissione di concorso, commissario straordinario che sostituisce il Consiglio comunale in caso di suo scioglimento
e che dura in carica fino alle successive elezioni.

A seconda dell’esercizio continuativo delle funzioni:

Organi titolari
Organi supplenti (es vicesindaco, vicepresidente della provincia)

A seconda della struttura dell’organo:

Organo monocratico: E’ preposta all’organo una singola persona fisica (organi individuali come il Prefetto, il
Ministro, il Sindaco, il Dirigente..)

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Organo collegiale: Sono costituiti di norma da almeno 3 persone fisiche (tres faciunt collegium, Es. consiglio
comunale, provincia ect.) e svolgono funzioni consultive o di controllo nel caso della Corte dei conti, o di
amministrazione attiva.

Possono essere organi collegiali:

 Perfetti o reali se impongono la presenza di tutti i componenti per poter operare (es commissione di
concorso)
 Virtuali se è necessaria la presenza di almeno la metà +1 dei componenti o di un quorum più qualificato.

Vi è organo collegiale quando la pluralità di persone ad esso preposte è chiamata ad esprimere congiuntamente la
volontà dell’organo e quindi dell’ente.
QUINDI non è un organo collegiale il singolo Ministero: è un organo composto da più organi individuali (es dirigenti)
e collegiali (es Consigli superiori) e da una pluralità di uffici che svolgono attività strumentale di rilievo soprattutto
interno.

L’ISTITUZIONE DI UN ORGANO COLLEGIALE RISPONDE ALL’ESIGENZA DI RACCOGLIERE E RIDURRE AD UNITA’


UNA PLURALITA’ DI OPINIONI, VALUTAZIONI O MANIFESTAZIONI DI VOLONTA’ DI SOGGETTI CON DIVERSE
COMPETENZE TECNICHE O PORTATORI DI INTERESSI ETEROGENEI.

Nel funzionamento dell’organo collegiale vale il principio della maggioranza. > Nel senso che di regola è
sufficiente, perché possa operare che alla singola seduta siano presenti la metà +1 dei relativi componenti ( quorum
strutturale); ed è sufficiente, perche la singola proposta sia approvata, che riceva + della metà dei voti dei presenti
(quorum funzionale).

Occorre precisare che devono essere computati tra i voti contrari non solo quelli dichiaratamente tali, ma anche le
schede bianche, le schede nulle e gli astenuti: Anche se per questi ultimi possono valere regole diverse (nel senso
che non si computano come presenti o come votanti, facendo così abbassare il quorum funzionale)

D)

Organi centrali
Organi periferici

art 5 Cost: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che
dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Si tratta dunque di una tematica che riguarda essenzialmente le Amministrazioni statali e la struttura dei Ministeri:

APPROFONDIMENTO:

Anche a livello comunale sussistono, i “consigli circoscrizionali”, con il compito di agevolare la partecipazione
popolare e con funzioni istruttorie, consultive, ma talora anche di amministrazione attiva.
Nel quadro del contenimento della spesa pubblica è stata prevista una fotte contrazione dei consigli circoscrizionali,
con la soppressione di quelli gia istituiti nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti. I comuni più grandi
hanno la “facoltà di articolare il loro territorio in circoscrizioni, la cui popolazione media non può essere inferiore a
30.000 abitanti”.

 A livello centrale

i Ministeri sono composti da una pluralità di strutture organizzative.

Alcuni ministeri sono articolati in Direzioni generali (coordinate dal Segretario generale, il quale vigila sulla loro

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efficienza e rendimento), strutture di primo livello, che comprendono più Direzioni a loro volta suddivise in Sezioni
secondo un modello piramidale (come nella struttura organizzativa della Commissione UE).

Altri ministeri presentano i Dipartimenti come struttura di primo livello che sono unità operative poste sullo stesso
piano, cui sono conferiti compiti finali e strumentali relativi a grandi aree di materie omogenee di competenza del
singolo Ministero.

La Commissione dell’Unione Europea è articolata in 26 Direzioni generali cui sono preposti i singoli Commissari che
la compongono.
Ogni Direzione generale ha un proprio portafoglio, è ripartita in Direzioni, unità e settori ed è sottoposta a un
Direttore generale che ha la responsabilità e gestisce tutta la struttura sotto gli indirizzi impartiti dal Commissario
competente.

Il singolo ministero è quindi un organo di organi e al suo interno spicca la figura del Ministro, responsabile dell’intera
struttura. > E’ un organo di raccordo tra autorità politica (Consiglio dei ministri) e autorità amministrativa (singolo
Ministero) ed è quindi qualificato come organo duble face.
Si aggiunge anche il fatto che le sue funzioni si esplicano anche a livello europeo per essere componente del Consiglio
dei Ministri, ove questo si riunisca per decidere su questioni rientranti nel Ministero stesso di appartenenza.

Sempre a livello centrale occorre segnalare la sussistenza di uffici alla diretta collaborazione del Ministro (c.d. uffici
di staff) che sono succeduti ai “gabinetti” ministeriali, aventi un’origine storica risalente.

Inoltre, al di là delle strutture di line (costituite dalle Direzioni generali e dai Dipartimenti), sussiste tutta una serie
di organi collegiali, prevalentemente con funzione consultiva (es, i vari Consigli superiori, che hanno una specifica
specializzazione tecnica), ma anche con funzioni operative (es. i Consigli di amministrazione, con compiti di gestione
del personale)

CONCLUSIONE: A livello centrale i ministeri si presentano come strutture complesse, con organi collegiali e
monocratici, con funzioni varie, di tipo finale o strumentale, ma con talune caratteristiche costanti).

 A livello periferico

Non esiste una circoscrizione territoriale standard per tutti i Ministeri infatti l’ambito di competenza è ripartito a
seconda delle esigenze di servizio dei vari apparati ( es distretti militari, organi periferici delle forze dell’ordine).

Rilievo preminente presenta l’ambito provinciale dove spicca il Prefetto come rappresentante del Governo, con
funzioni di coordinamento delle altre amministrazioni periferiche statali nella circoscrizione.

Si ricorda anche il Sindaco, cui sono attribuite funzioni in materie di competenza statale (art 54 TUEL – es tenuta dei
registri di stato civile). In tali casi egli opera come ufficiale di governo, non come rappresentante dell’ente locale.
Come ufficiale di governo il sindaco imputa i suoi atti e la relativa responsabilità allo Stato e non al comune di
appartenenza ed è soggetto al potere sostitutivo del Prefetto e ai poteri di indirizzo del Ministro dell’interno.

Si ricordano anche le articolazioni locali delle forze di polizia come le Stazioni dei Carabinieri.

L’affermarsi delle autonomie locali ha ridimensionato i compiti delle autorità statali periferiche, ma non ha
pregiudicato il decentramento:

 Molte funzioni rimaste allo Stato sono svolte da organi periferici > profilo quantitativo
 Nello svolgimento dei loro compiti gli organi periferici godono di uno spazio di discrezionalità > profilo
qualitativo

La Costituzione sembra escludere che gli organi periferici abbiano funzioni meramente esecutive delle scelte degli
organi centrali!

E)

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Parametro dell’autonomia dell’ente:

Organi rappresentativi
es Sindaco, Presidente della provincia e della regione

Organi non rappresentativi della collettività


es Prefetto, Questore

Si tratta di una distinzione vicina ma non sovrapponibile a quella tra:

Organo elettivo
Organo nominato

L’organo elettivo è rappresentativo della collettività di riferimento


MA l’organo nominato può essere sia rappresentativo, sia non rappresentativo: i ministri sono rappresentativi,
anche se nominati dal Capo dello Stato perché hanno ricevuto la fiducia del parlamento.

Questa distinzione è importante per stabilire l’esistenza di una vera autonomia dell’ente, soprattutto
dell’autogoverno: attualmente gli organi degli enti territoriali minori definiti di governo (art 36 TUEL) sono tutti
elettivi e di investitura popolare diretta (Consiglio comunale, sindaco) o indiretta (Giunta municipale e consiglio
provinciale).

Se si applicano queste categorie alle Istituzioni europee si ha che:

 Il Parlamento europeo è un organo rappresentativo dei cittadini europei perché eletto asuffragio universale
 Il Consiglio dei Ministri non è un organo rappresentativo. Nonostante sia il principale organo legislativo,
dotato anche di poteri amministrativi, esso costituisce un organo di Stati
 perché i propri componenti rappresentano i rispettivi Stati membri e i relativi interessi, non solo gli interessi
dell’UE in generale. Si tratta di un organo di rappresentatività indiretta.
 Il Consiglio europeo è formato dai vari capi di Stato e di Governo e quindi è nella stessa situazione del
precedente. Si tratta di un organo di rappresentatività indiretta.
 La Commissione rappresenta invece l’intera Unione di cui è il principale organo esecutivo: quando è eletto il
suo Presidente dal Parlamento e quando anche gli altri componenti sono sottoposti all’approvazione del
Parlamento stesso, risulta superato il deficit di democraticità. art 17 TUE

F)

Organi politici

Essenzialmente elettivi o nominati da organi elettivi.


E’ loro riservato un potere di indirizzo con individuazione degli obiettivi e dei programmi, oltre al controllo sui
risultati e la loro rispondenza agli indirizzi impartiti.

Organi burocratici

Costituiti da personale di carriera.


E’ loro riservata l’attività gestionale

art 4 d.lgs. 165/2001:

1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico- amministrativo, definendo gli obiettivi ed i
programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento ditali funzioni, e verificano la rispondenza
dei risultati dell'attività' amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano

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l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri
di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva
dell'attività' amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

Questa distinzione ha assunto un rilievo crescente correlato al principio di separazione tra politica e
amministrazione che deriva dai principi di imparzialità e buon andamento.
Per garantire una maggiore imparzialità (gli organi politici sono meno impermeabili ai condizionamenti di chi li ha
eletti o scelti) e per utilizzare pienamente le risorse e le capacitò tecnico- amministrative (che il personale di carriera
può fornire meglio) è prevalso il criterio di separazione.

Questo modello di separazione è attuato sia a livello ministeriale, sia a livello di enti territoriali minori: si realizza
una sorta di competenza concorrente tra organo politico e organo burocratico infatti la singola funzione è ripartita
tra potere di indirizzo e potere gestionale.

Art 107 TUEL:

1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai
regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico- amministrativo
spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai
dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno.
Relazioni interorganiche e intersoggettive

Le relazioni scaturiscono dall’attuale assetto della distribuzione delle competenze e delle attribuzioni e i criteri
ordinatori sono tendenziali. > AVVERTENZA: i criteri ordinatori, che seguono, sono meramente tendenziali, perché
la varietà dei fenomeni è tale da non consentire una completa ricomprensione entro schemi concettuali rigidi, che
del resto il legislatore non si è dato cura di prefigurare.

Inoltre, occorre avvertire che solo le relazioni intersoggettive possono dar luogo a rapporti giuridici veri e propri (di
diritto-obbligo o di potestà-interesse legittimo) e come tali giustiziabili.

Le relazioni interorganiche, viceversa, devono trovare all’interno dell’amministrazione di appartenenza la soluzione


degli eventuali conflitti.

 Relazioni interorganiche

Modello gerarchico o sovraordinazione in senso stretto

Nello stato post-unitario il modello tipico delle relazioni era dato dalla gerarchia (dal centro > alla periferia) per
assicurare compattezza e univocità dell’azione amministrativa in un periodo in cui l’unità dell’ordinamento doveva
essere consolidata.

La gerarchia comporta una serie di poteri nell’organo superiore e correlati obblighi e soggezioni in quello inferiore:

 Potere d’ordine (comandi o divieti su come svolgere la propria attività che l’organo inferiore deve eseguire
nei limiti del lecito)
 Potere di controllo dell’attività dell’organo inferiore e sua possibile sostituzione per inerzia o per altro
inadempimento
 Potere di avocazione della singola pratica o di un complesso di pratiche dall’organo inferiore a quello
superiore
 Potere di delega
 Potere disciplinare
 Potere di annullamento e di revoca degli atti dell’organo inferiore

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 Potere di risoluzione dei conflitti tra più organi inferiori


 Potere di decisione in sede di ricorso gerarchico

Non tutti tali poteri sono tipici solo della gerarchia ma sicuramento lo sono quelli che comportano un controllo di
merito (es in sede di ricorso gerarchico) degli atti dell’inferiore perché ne escludono l’autonomia.
Nella gerarchia è attenuato il concetto di competenza propria del singolo organo, potendo esser assorbita da quella
dell’organo superiore.

La gerarchia ora permane nelle amministrazioni militari; all’interno dei ministeri nei rapporti tra dirigenti,
soprattutto tra dirigente preposto all’ufficio di livello più elevato e i dirigenti di uffici inferiori.

Il dirigente preposto all’ufficio superiore è sovraordinato ai secondi e ha nei loro confronti poteri di ordine, di
controllo e coordinamento, poteri sostitutivi e di decisione dei ricorsi contro gli atti amministrativi non definitivi da
essi adottati.

Art 15.3 d.lgs. 165/2001:


In ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio di
più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore.
Art 16.1 lett e):
I dirigenti di uffici dirigenziali generali.. dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei responsabili dei
procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei confronti dei
dirigenti, delle misure previste dall'articolo 21 (riguardano la c.d. responsabilità dirigenziale)

Occorre tener presente che una relazione di gerarchia persiste nei rapporti, tra gli organi e gli uffici strumentali, che
svolgono compiti di supporto rispetto ai primi e di esecuzione delle relative decisioni. > In questo contesto si tratta
di un modello assolutamente generalizzato.

 Modello di direzione/gestione o di preminenza (di gerarchia/ sovraordinazione in senso lato)

Si ha preminenza dell’organo di indirizzo (organo politico) su quello di gestione (organo burocratico e di tipo
dirigenziale): l’organo politico ha poteri di direttiva, non di ordine e quindi individua i programmi, gli obiettivi ma
lascia libero l’organo burocratico in relazione alle modalità e ai mezzi per raggiungerli.

Art 15 d.lgs 150/2009:


L’organo di indirizzo politico-amministrativo promuove la cultura della responsabilità per il miglioramento della
performance, del merito, della trasparenza e dell’integrità.
L’organo di indirizzo-politico-amministrativo di ciascuna amministrazione:
a) Emana le direttive generali contenenti gli indirizzi strategici;
b) Definisce in collaborazione con i vertici dell’amministrazione il Piano e la Relazione
c) Verifica il conseguimento effettivo degli obiettivi strategici;
d) Definisce il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, nonché gli eventuali aggiornamenti annuali.

All’organo politico spettano poteri di controllo dei risultati e a volte anche poteri di annullamento per vizi di
legittimità, oltre a poteri sostitutivi in caso di inerzia o di grave inosservanza delle direttive.

art 14 d.lgs. 165/2001:


1. Il Ministro..
a) definisce obiettivi, priorita', piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attivita'
amministrativa e per la gestione;
b) effettua, ai fini' dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai
centri di responsabilita' delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del
presente decreto..
3. Il Ministro non puo' revocare, riformare, riservare o avocare a se' o altrimenti adottare provvedimenti o atti di
competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro puo' fissare un termine perentorio entro il quale il
dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle

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direttive generali da parte del dirigente competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro
puo' nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente
del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento..
Resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimita'.

In materia è intervenuta la legge 15/2009 che ha delegato anche il governo a modificare la disciplina della dirigenza
pubblica al fine di rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di
governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza
costituzionale in materia, regolando il rapporto tra gli organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo
da garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo.

Il d.lgs. 150/2009 ha provveduto allo scopo intervenendo in materia di contrattazione collettiva, di valutazione delle
strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche, di valorizzazione del merito, di promozione delle pari
opportunità, di dirigenza pubblica, di responsabilità disciplinare.

All’ organo di gestione spettano invece in concreto gli affari e la responsabilità del conseguimento o meno degli
obiettivi assegnatigli.

E’ un modello utilizzato ora nell’organizzazione degli uffici centrali dei ministeri nei rapporti tra Ministro e dirigente
e nell’ordinamento degli enti locali nei rapporti tra organi politici e burocratici.
 Questo modello ESCLUDE ogni potere di ordine, di avocazione o di revoca, cioè esclude ogni potere
sostitutivo di carattere generale.

 Modello di equiordinazione

Gli organi sono posti allo stesso livello (es più ministri o più dipartimenti dello stesso ministero) e nessuno può dare
all’altro ordini o direttive.

In tal caso la possibilità di funzionamento dipende dalla chiara ripartizione delle competenze e dalla sussistenza di
procedure e di organi di coordinamento.

In mancanza, si tratterebbe di molecole slegate, incapaci di cooperare nell’assolvimento dei propri compiti e delle
proprie funzioni

I più importanti organi di coordinamento sono, nell’ambito statale centrale, i Comitati interministeriali e il
Consiglio dei Ministeri, mentre in ambito periferico il Prefetto.

Si tratta di organi posti in posizione autonoma e di terzietà rispetto agli organi che devono coordinare e permangono
quindi sullo stesso livello. Il modello esclude che tra questi vi possano essere poteri di indirizzo, di controllo dei
risultati e di annullamento degli atti.

NB: Se l’organo di coordinamento è in grado di imporre le proprie decisioni, superando eventuali dissensi, è chiaro
che lo stesso finisce per trovarsi in una posizione di sovraordinazione rispetto agli organi “coordinati”, che tra di
loro sono viceversa in posizione di equiordinazione: sicché i 2 modelli possono coesistere, ancorché riferiti a
rapporti interorganici diversi

 Modello di indipendenza

Vi sono organi che in base alla Costituzione presentano una particolare indipendenza rispetto a tutti gli altri organi
dello stesso ente e non necessitano di coordinamento: Consiglio di Stato e Corte dei Conti ex art 100.3: la legge
assicura l’indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo.

La corte cost nella sent 29/1995 ha precisato che la Corte dei Conti è un organo posto in posizione di indipendenza
e neutralità, posto al servizio dello Stato-comunità e NON dello Stato-governo.

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Analoga “indipendenza” ( >si differenzia dall’equiordinazione perche esclude la soggezione a coordinamenti


esterni) presentano gli organi di autogoverno della magistratura ordinaria e amministrativa, soprattutto il
Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) disciplinato dall’art 104 e 105 Cost: Spettano al Consiglio
superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i
trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Il CSM è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è costituito da 2 membri di diritto (Presidente e Procuratore
generale della Cassazione) e da ulteriori componenti eletti all’interno della stessa magistratura ordinaria (componenti
“togati”), ovvero dal Parlamento (componenti “laici”).
Il vicepresidente - che sostituisce il Capo dello Stato, le numerose volte in cui non può essere presente alle sedute – è
scelto tra i membri “laici”.
I membri “togati”, costituiscono la maggioranza dei componenti eletti (2/3), cosi garantendo l’autogoverno della
magistratura.

Si tratta di funzioni amministrative che si manifestano in provvedimenti amministrativi assoggettati al relativo


regime.

 Relazioni intersoggettive

Nel caso dell’ente strumentale (anche le Agenzie) sussiste un fascio di relazioni equiparabile al rapporto di
preminenza e quindi di direzione/gestione tra organi

Nel caso dell’ente autonomo si può instaurare un parallelo con il rapporto di equiordinazione

NB: L’equiordinazione degli enti autonomi rispetto all’ente di riferimento è attenuata dai poteri di vigilanza
ministeriale, che comporta un limitato controllo sulla capacità di funzionamento degli enti e che quindi non ne
intacca la sfera di discrezionalità.

Nel caso dell’ amministrazione indipendente si parla di indipendenza

Rapporti tra i vari livelli di governo

Rapporti tra enti territoriali (enti territoriali minori e la Regione; ovvero lo Stato, e tra Regioni e lo Stato
medesimo).

Il quadro di recente è mutato per:

 La soppressione dei controlli preventivi di legittimità


 La soppressione dei poteri statali di indirizzo e coordinamento ex art 8 legge 131/2003

Il potere di indirizzo è rimasto solo nell’ambito dell’esecuzione degli obblighi comunitari e sempre che si tratti di
materie previste dall’ art 117.2 Cost.

I rapporti tra enti territoriali si ispirano a un modello di equiordinazione, anche in considerazione della pari dignità
degli enti elencati nell’ art 114 Cost.

Infatti i conflitti di attribuzione sulla ripartizione dei poteri amministrativi tra Stato e Regioni e tra singole regioni
sono demandati alla competenza della Corte Costituzionale ex art 134.2 Cost, cioè un organo terzo e indipendente
rispetto alle istituzioni coinvolte nei conflitti su un piano di parità.

MA la Costituzione conferisce allo Stato poteri sostitutivi in ordine alle attribuzioni amministrative delle Regioni e
altri sono conferiti dalle leggi regionali nei confronti di comuni e province.

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Art 120.2 Cost:


Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso
di

- Mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria


- Oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica,
- Ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e inparticolare la tutela
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali
dei governi locali.

In tali casi vengono in gioco interessi essenziali e unitari dell’ordinamento che giustificano, in base alla logica
ascendente del principio di sussidiarietà, l’intervento eccezionale dello Stato.
Questo articolo prevede un’applicazione del principio di sussidiarità verticale che conferisce allo Stato un potere
non allocabile a livelli inferiori di governo.

La stessa cosa avviene nel caso degli interventi statali sugli organi consiliari di Regioni (art 126 Cost), Province e
comuni (art 141 TUEL).

Il relativo scioglimento può essere disposto:

- Per gravi violazioni di legge e della Costituzione o


- Per l’impossibilità di funzionamento dell’organo (es. a causa delle dimissioni contestuali di più di metà dei
consiglieri del singolo Comune o della singola Provincia

Viene qui applicato il principio di sussidiarietà.

In tali casi non si può parlare di una vera equiordinazione tra gli enti, anche se l’applicazione del principio di leale
collaborazione, a tutela degli enti territoriali minori, svolge una funzione riequilibrartice. > art 8 legge 131/2003

Il distacco dal modello di equiordinazione risulta più evidente nei casi di sovrapposizioni di attribuzioni per il tipo
di interessi pubblici coinvolti che fanno capo a più livelli di governo (es realizzazione di una infrastruttura di
interesse nazionale).
In tali casi il conflitto tra queste amministrazioni che rappresentano interessi pubblici diversi risulta fisiologico (es
in tema di ambiente e di livelli essenziali delle prestazioni).

Esistono quindi strumenti diretti a superarlo.

Sono stati istituiti vari organi di coordinamento già visti, ed ha apprestato idonee procedure, diretta a
contemperare interessi pubblici di vari livelli: a cominciare dalla conferenza di servizi.

Tali istituti sono preordinati al raggiungimento di accordi, convenzioni e intese, e dunque al raggiungimento di una
soluzione concordata dei contrasti, in applicazione del principio di leale collaborazione.

L’approvazione dei progetti delle infrastrutture e di insediamenti produttivi strategici di preminente interesse
nazionale avviene d’intesa tra Stato e Regioni nell’ambito del CIPE allargato ai Presidenti delle Regioni o delle
Province autonome.
Altri organi possono essere costituiti anche a livello regionale: art 24 TUEL statuisce che 1. La regione, previa intesa
con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali,
attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:

a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;

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f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;


g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma

L’ordinamento ha apprestato anche procedure dirette a contemperare gli interessi pubblici dei vari livelli, come la
conferenza di servizi ex art 14 legge 241/1990.

Questi istituti sono preordinati al raggiungimento di accordi (es art 34 TUEL), convenzioni (es art 30 TUEL), intese e
quindi a una soluzione concordata dei contrasti in applicazione del principio di leale collaborazione.

Ma il mancato raggiungimento delle intese non impedisce ulteriori interventi dell’ente territoriale più grande (non
si tratta di intese forti) infatti la conferenza di servizi può dar luogo a provvedimenti sostitutivi dello Stato con
deliberazione del Consiglio dei Ministri. Ciò anche se non mancano sentenze della Corte costituzionale che paiono
imporre invece proprio intese forti (es sent 285/2005).

In questi casi il rapporto tra i vari livelli di governo si avvicina al modello di sovraordinazione che vale soprattutto
nei rapporti tra regioni e province nei confronti degli enti territoriali minori, tenuto conto degli ampi poteri di
indirizzo riservati alle prime.

Tuttavia, se si considera che il superamento delle divergenze è riemesso anzitutto a organi di coordinamento a
composizione mista e se si considera che la decisione del livello di governo superiore può imporsi unilateralmente
solo nell’ipotesi in cui i tentativi concertativi reiterati nel tempo abbiano avuto esito negativo, pare difficile parlare
di vera e propria sovraordinazione. E pare più appropriato ritenere che si tratti di un’equiordinazione, sia pure con
il limite delle esigenze ascendenti del principio di sussidiarietà: il principio di leale collaborazione opera da
contrappeso, evitando ogni eccesso.

Infatti la Corte costituzionale nella sent 179/2012 ha dichiarato l’incostituzionalità della precedente versione dell’
art 14-quater legge 241/1990 che prevedeva la drastica previsione dell’intervento unilaterale del Consiglio dei
Ministri ogni volta in cui il dissenso regionale non risultava superato nel termine di 30gg. > In tal caso risultava
infatti violato il principio di leale collaborazione che imporrebbe altri tentativi di superamento concordato del
dissenso, prima di dare la parola finale al Consiglio dei ministri.

La nuova versione della norma prevede 3 successivi tentativi infruttuosi di intesa e dovrebbe rispettare così la leale
collaborazione e anche le esigenze di sussidiarietà.

Per quanto riguarda i rapporti tra Istituzioni europee e i singoli Stati membri si rileva che le coordinate sono
sempre quelle della sussidiarietà e leale collaborazione.

Qui non esiste un potere generale di sostituzione, ma è presente l’istituto del giudizio di constatazione di
inadempienza artt 258-260 TFUE. Può essere attivato dalla Commissione quando reputa che si sia verificato un
inadempimento da parte del singolo stato membro.
Questo istituto comporta l’intermediazione di un giudice, la Corte di Giustizia, e ciò è in linea con il criterio di
equiordinazione, oltre a risultare più garantistico del potere unilaterale di sostituzione previsto nel nostro
ordinamento.
MA il potere di sostituzione italiano è circoscritto a ipotesi gravi di violazioni e omissioni, mentre il giudizio di
constatazione di inadempienza può essere attivato per qualunque violazione della normativa primaria dei Trattati e
secondaria dei Regolamenti e delle Direttive, oltre che per il principio di leale collaborazione art 4 par 3 TUE.
Il principio di leale collaborazione in ambito nazionale ha una funzione di tutela degli enti territoriali diversi dallo
Stato, mentre in ambito europeo tutela le esigenze unitarie del sistema sovranazionale. Ciò ha portato a numerose
condanne degli Stati membri.

Amministrazione comunitaria diretta è istitutita allorchè sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione
degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione art 291 TFUE > dunque in applicazione del principio di

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sussidiarietà

L’amministrazione comunitaria diretta NON sostituisce quella indiretta

Amministrazione comunitaria indiretta è compito degli Stati membri nel quadro del diritto europeo.

I casi di intreccio e sovrapposizione sono frequenti e quindi sono previste procedure di coamministrazione i cui
segmenti procedurali sono espletati sia a livello nazionale, sia comunitario e non c’è un modello unitario.
Anche le Agenzie europee svolgono un’importante funzione di coordinamento, spesso insieme a organi vari
composti da rappresentanti degli Stati membri.

In caso di conflitti effettivi o potenziali, si possono registrare:

 Casi di sostituzioni della Commissione alle Autorità amministrative degli Stati membri

Es art 54 Regolamento 1224/09 in tema di controlli comunitari per garantire il rispetto delle norme della politica
comune della pesca, che conferisce alla commissione il potere di chiusura di una zona di pesca se lo stato membro
costiero non ha provveduto a farlo

 Potere di avocazione della singola pratica

Es art 11 par 6 Regolamento 1/2003 del Consiglio : l’avvio del procedimento antitrust da parte della commissione
priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare la normativa antitrust
del Trattato. Ciò può avvenire anche nel caso in cui l’Autorità nazionale stia già svolgendo un procedimento.

 Potere di indirizzo

Es raccomandazioni e contenuto delle comunicazioni della Commissione

 Potere di risolvere contrasti tra Autorità di stati membri diversi

Art 8 Regolamento CE 2009/713: l’Agenzia per la cooperazione fra regolatori nazionali dell’energia assume decisioni
in ordine alle infrastrutture transfrontaliere se le competenti autorità nazionali di regolazione non sono riuscite a
trovare un accordo.

 Potere di ordine

Art 11 Regolamento 659/1999 in tema di recupero di aiuti illegittimi.

Il rapporto tra amministrazioni pare dunque acquisire i caratteri della sovraordinazione gerarchica.

Art 291 TFUE:


1. Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l'attuazione degli atti giuridicamente
vincolanti dell'Unione.

Tra questi vi sono anche le decisioni della Commissione, cioè i provvedimenti amministrativi.

CAPITOLO III – ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA, PROVVEDIMENTI E ALTRI ATTI A


REGIME AMMINISTRATIVO
Il provvedimento amministrativo e i suoi caratteri principali

L’ISTITUTO CHE MAGGIORMENTE CARATTERIZZA LA MATERIA, DAL PUNTO DI VISTA DOMMATICO, E’ IL


PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

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 Provvedimento amministrativo

La legge 241/1990, pur disciplinando il provvedimento, non ne fornisce una definizione.


Art 21septies: È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto
assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi
espressamente previsti dalla legge.

Nonostante il riferimento agli elementi essenziali, questi non sono indicati o precisati. Il compito spetta all’interprete e alla
giurisprudenza.
L’ art 1.1bis legge 241/1990 assoggetta a regime privatistico l’attività dell’Amministrazione di natura non
autoritativa > ciò consente di individuare a contrariis nella natura autoritativa un carattere tipico del
provvedimento amministrativo.
Autoritarietà: capacità di incidere unilateralmente nella sfera giuridica altrui. E’ manifestazione di potere, in tal
caso di potestà amministrativa.

 PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO:

Si tratta di una determinazione adottata da un’ Autorità amministrativa o da altro soggetto a ciò abilitato
nell’esercizio di una potestà amministrativa diretta a realizzare l’interesse pubblico nel caso concreto e con effetti
innovativi nella sfera giuridica altrui.

Determinazione, deliberazione o decisione > manifestazione di volontà diretta a produrre effetti giuridici.

Si tratta di un atto precettivo, idoneo a produrre effetti giuridici conformi al proprio contenuto dispositivo e volitivo.

NON sono quindi provvedimenti le manifestazioni di accertamento o di conoscenza (verbale, certificato,..) che non
sono espressione di volontà e non sono idonee a innovare nell’assetto preesistente dei rapporti giuridici.
 sono atti paritetici o meri atti amministrativi

Si tratta di atti ad efficacia meramente dichiarativa e non costitutiva dei rapporti, come lo sono invece i
provvedimenti.
Questi hanno comunque forza probatoria: quanto in essi dichiarato vale fino a querela di falso e sono espressione di
uno specifico potere pubblico, il potere di fornire certezza legale a circostanze e fatti su cui si basano ulteriori
relazioni giuridiche.

Sono atti di certezza legale quelli provenienti da una pubblica amministrazione e aventi carattere dichiarativo:
certificati, attestati, pubblicazioni in albi ecc.
Essi operano la ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi,
elenchi, registri pubblici.

In sostituzione degli atti di certezza legale vi sono le autocertificazioni che sono atti sottoscritti dallo stesso soggetto
interessato con cui egli dichiara l’esistenza di stati, qualità personali contenuti in albi, registri pubblici ecc.
Esse hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono ma non costituiscono certezze pubbliche infatti
il loro contenuto resta sempre esposto alla prova contraria (non hanno forza probatoria)!

Diversi dai provvedimenti sono anche i meri comportamenti degli agenti dell’Amministrazione, espletati per la
preparazione del provvedimento per l’esecuzione di obblighi scaturenti dalla legge, dal contratto o dal
provvedimento stesso.
 Il provvedimento produce effetti costitutivi, modificativi o estintivi di rapporti giuridici, essendo esso la
fonte di tali vicende (come avviene per il negozio giuridico privato).

L’ autore dell’atto deve essere un organo di una pubblica amministrazione.


Questo elemento però non è categorico anche per l’influenza del diritto comunitario che in materia di contratti

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pubblici ha assoggettato alla disciplina pubblicistica alcuni affidamenti di appalti operati da soggetti privati.
Le direttive comunitarie in materia di appalti hanno assoggettato allo stesso regime tipico dell’atto amministrativo
le procedure di aggiudicazione degli appalti, sia quando esse sono di competenza delle amministrazioni
aggiudicatrici (come i nostri enti pubblici amministrativi), sia quando sono attivate da soggetti formalmente privati
(es società di capitali rientranti nelle imprese pubbliche) e da soggetti privati che operano in virtù di diritti speciali o
esclusivi o i cui lavori risultino sovvenzionati direttamente in misura superiore al 50% da amministrazioni
aggiudicatrici – Direttiva 2004/17/CE e 2004/18/CE

art 1.1ter legge 241/1990: I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto
dei principi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche
amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.

art 1.1: . L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di
efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle
altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.

Anche gli atti di soggetti privati, sempre che esercitino attività amministrative, sono sottoposti alla stessa disciplina
del provvedimento amministrativo.

Poteri espropriativi possono essere esercitati da un concessionario privato a ciò espressamente delegato.

A parte tali casi circoscritti nel nostro ordinamento (es. qualificazioni delle imprese, ai fine della possibilità di
realizzare opere pubbliche, compiute dalla c.d. SIA – Società Organismi di Attestazione). Tale Società sono soggetti
sicuramente privati e tuttavia la loro attività di qualificazione è espressione di funzioni amministrative), è chiaro
che NON costituisce provvedimento ogni altro atto dei soggetti privati: NON sono provvedimenti gli atti emessi
da Autorità pubbliche NON amministrative (Autorità del potere giurisdizionale o legislativo), anche nei casi in
cui queste adottino atti dal contenuto simile ai provvedimenti amministrativi (es autorizzazioni rilasciate nel quadro
della volontaria giurisdizione, atti che incidono sulla carriera del personale impiegatizio di camera e senato: non
sono provvedimenti amministrativi perché assoggettati a un regime e a una tutela giurisdizionale diversi).

 Esercizio della potestà amministrativa

E’ espressione di una posizione sostanziale dotata di:

 Potere: attitudine a incidere nella sfera giuridica altrui

 Dovere: di intervenire ove sussistano i presupposti di legge e di osservare limiti e vincoli che sono
espressione del principio di legalità sostanziale ed operano in funzione di garanzia dei soggetti coinvolti
nell’esercizio di tale potere.

Questa posizione sostanziale conferisce all’Autorità amministrativa la forza di operare al di fuori della
autoregolamentazione della propria sfera giuridica!

Si tratta di una manifestazione di autoritarietà che risulta accentuata dall’imperatività (attitudine a produrre
effetti anche nel caso di atto illegittimo).
Siccome i provvedimenti sono espressione di potestà amministrativa, NON sono tali le manifestazioni di potestà
legislativa o giurisdizionale che alcune Autorità amministrative sono abilitate ad adottare (es decreti-legge, decreti
legislativi di competenza governativa; pronunce del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, vere sentenze).

La potestà amministrativa consente di distinguere il provvedimento dagli atti di diritto privato.

Gli atti di diritto privato sono espressione di autonomia privata e quindi di autoregolamentazione della propria sfera
giuridica (i diritti potestativi sono sempre di origine contrattuale, salvo la potestà familiare).

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Diversamente la potestà amministrativa è intestata all’Amministrazione ex lege: l’effetto unilaterale nella sfera
giuridica altrui non è autorizzato da un preventivo consenso idoneo a conferire il relativo potere!

La previsione legislativa è un presupposto fondamentale del provvedimento > principio di legalità


Il provvedimento dunque deve essere contemplato espressamente da una legge > c.d. nominatività del
provvedimento
La legge deve anche indicare il relativo contenuto precettivo > tipicità del provvedimento

 Concretezza della fattispecie

Il provvedimento amministrativo cura l’interesse pubblico intervenendo su singole e specifiche fattispecie e a tal fine
è autorizzato dalla legge a produrre effetti innovativi nei rapporti: si tratta di un precetto del caso concreto.

Differisce dagli atti normativi secondari perché questi sono atti generali e astratti di carattere normativo.
Di conseguenza esso può comportare un’incidenza unilaterale nella sfera giuridica altrui!

I destinatari dell’atto possono essere:

 Determinati (si pensi al proprietario, rispetto al decreto di espropriazione)

 Determinabili (es. destinatari di un bando di gara individuabili a posteriori nei soggetti concorrenti)

I destinatari possono essere inoltre:

 Diretti

Se l’atto è rivolto espressamente a soggetti determinati

 Indiretti

Se l’atto amministrativo si riflette indirettamente su altri soggetti.

Es destinatario principale di una autorizzazione è colui che l’ha richiesta, ma i suoi effetti possono ripercuotersi
negativamente sulla sfera giuridica di soggetti terzi che per tale ragione assumono il ruolo del destinatario. In tal
modo si hanno implicazioni in relazione alla legittimazione ad impugnare l’atto o ad altri aspetti di regime. > Si pensi
alla comunicazione di avvio del procedimento che deve essere rivolta anche a soggetti diversi dai suoi diretti
destinatari se da un provvedimento possa derivare un loro pregiudizio – art 7 legge 241/1990.
L’autoritatività (incidenza unilaterale nella sfera giuridica altrui) rappresenta il principale elemento caratterizzante
l’istituto (art 1.1bis).
Ma l’ordinamento può disporre anche diversamente riguardo a specifici atti dell’Amministrazione: l’ art 1.1bis
precisa con una clausola di salvaguardia che quanto esposto vale salvo che la legge disponga diversamente > vi
possono essere atti autoritativi assoggettati al diritto privato (es sanzioni amministrative depenalizzate – la legge
689/1981 rimette la relativa impugnazione alla competenza del Giudice ordinario).
Vi possono essere anche atti non autoritativi ma comunque assoggettati al regime amministrativo!

Cenno agli elementi essenziali del provvedimento:

Art. 21-septies, c.1., della legge generale sul procedimento amministrativo, statuisce che è nullo, tra l’altro il
provvedimento che manca degli elementi essenziali, il che impone un’individuazione di questi ultimi.
Ma il legislatore come non fornisce una definizione di provvedimento amministrativo, cosi pure non offre una
definizione dei suoi elementi essenziali.

Esempio, è ovvio che il requisito dell’accordo delle parti sia per sua natura non applicabile al provvedimento
amministrativo, atto unilaterale per eccellenza; come non lo è pure il requisito della causa, dal momento che la causa
del provvedimento amministrativo è sempre data dall’interesse pubblico specifico.

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Diverso discorso riguarda l’oggetto, che è sicuramente elemento essenziale del provvedimento amministrativo. Nel
caso del provvedimento amministrativo l’oggetto è da intendersi come la cosa, l’attività, la situazione giuridica
soggettiva cui il provvedimento si riferisce. (es. è oggetto del provvedimento espropriativo l’immobile da
espropriare).

Elemento essenziale del provvedimento è anche la forma ad substantiam e in particolare la forma scritta.

APPROFONDIMENTO SUL POTERE AUTORITATIVO:

In ordine al 1 aspetto – si rileva che gli atti, ampliativi, o almeno taluni di essi (le concessioni), sono voluti dal relativo
destinatario, che pertanto non li subisce ma anzi li richiede. > Il che dovrebbe far dubitare del carattere unilaterale
tipico del provvedimento
Ma l’autoritarietà attiene al meno fenomeno della produzione giuridica e non implica necessariamente l’imposizione
di un sacrificio in capo al destinatario del provvedimento. Inoltre l’autorizzazione, la concessione, ecc.. possono
essere atti lesivi di terzi e non è possibile che il medesimo atto unilaterale sia autoritativo per taluni dei suoi
destinatari e non per altri.

In ordine al 2 aspetto – si rileva che taluni atti non producono effetti costitutivi (o modificativi o estintivi) sui rapporti
giuridici su cui incidono, sicché mancherebbe il carattere innovativo, che dovrebbe caratterizzare il provvedimento.
Il riferimento è ai c.d. atti negativi, che, respingendo la richiesta di un atto ampliativo, lasciano indubbiamente
immutati i rapporti giuridici preesistenti. E lo stesso discorso potrebbe valere per gli atti di archiviazione, che
concludono senza l’esito prefigurato procedimenti restrittivi.

Ma predicando il carattere autoritativo al potere e non al singolo atto, si può constatare che anche gli atti negativi e
gli atti di archiviazione sono espressione di detto potere

La posizione dei cittadini di fronte all’esercizio della potestà amministrativa: in particolare, l’interesse
legittimo (cenni introduttivi)

La posizione dei cittadini in questo caso non può essere inquadrata nella categoria dei diritti soggettivi infatti queta
presuppone l’intangibilità dall’esterno della sfera giuridica del relativo titolare; la potestà amministrativa invece
implica l’incidenza nella sfera giuridica altrui!

Potestà e diritto soggettivo sono due posizioni soggettive inconciliabili tra loro all’interno di uno stesso rapporto
giuridico.
La Corte di Cassazione evoca la categoria dei diritti non comprimibili ad opera dell’azione amministrativa es diritto
alla salute e all’integrità fisica.

Si ha così la figura dell’ interesse legittimo, prevista e tutelata dalla Costituzione


Art 24 Cost: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
Art 103 Cost: Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche
dei diritti soggettivi.

Si tratta di una posizione giuridica sostanziale che ha acquisito la dignità di posizione sostanziale solo dopo
l’entrata in vigore della Costituzione.
Essa è una posizione che sintetizza l’interesse a un bene della vita protetto dall’ordinamento. L’interesse al bene
della vita che viene in rilievo di volta in volta è correlato all’esercizio della potestà amministrativa che lo può
soddisfare o sacrificare.

L’interesse legittimo si inquadra dunque necessariamente in un rapporto amministrativo. : Intendendo per tale la
relazione che si instaura tra l’Amministrazione nell’esercizio del potere e il singolo cittadino, destinatario o possibile
destinatario di tale esercizio.

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Se l’amministrazione fosse solo titolare di poteri non si potrebbe nemmeno concepire una posizione attiva o di
vantaggio in capo al destinatario del potere stesso, così come avveniva nel periodo del sovrano legibus solutus ove il
suddito si trovava in una posizione di mera soggezione.
MA la potestà presenta anche una componente di dovere che consiste nelle regole che disciplinano la sua azione
(legge). Questa componente crea in capo al possibile destinatario del potere una pretesa che ha i caratteri di una
posizione giuridica sostanziale.

Secondo una concezione ampiamente diffusa l’interesse legittimo sintetizza l’interesse del cittadino legittimo del
potere amministrativo, al fine di conseguire o conservare il “bene della vita”
INTERESSE LEGITTIMO: interesse o pretesa a un bene della vita che, in quanto oggetto di intervento
provvedimentale, è protetto nei limiti della disciplina che riguarda la relativa potestà amministrativa.
La sentenza della Cassazione Sezioni Unite 500/1999 dice che l’interesse legittimo va inteso come la posizione di
vantaggio riservata ad un soggetto in relazione a un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e
consistente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idonei a influire sul corretto esercizio del potere, in modo da
rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene!

INTERESSE LEGITTIMO STRUMENTALE → concezione secondo cui l’interesse legittimo sintetizza interesse
legittimo del cittadino all’esercizio legittimo del potere amministrativo, al fine di conseguire o conservare il ‘’bene
della vita’’. Il bene della vita non costituisce oggetto della posizione soggettiva e della sua soddisfazione; è soltanto
eventuale (un provv può essere semplicemente limitativo bene vita); si tratta dunque di una posizione giuridica di
cui può essere titolare anche un soggetto che potrebbe non conseguire il bene della vita, ove quest’ultimo non
risultasse a lui spettante in base alla disciplina del potere amministrativo.

INTERESSE LEGITTIMO FINALE → secondo altra concezione, il bene della vita è direttamente oggetto della pretesa
del cittadino, in quanto corrisponde al suo interesse sostanziale. Poiché questo bene è oggetto di intervento
provvedimentale, l’interesse si dirige in primo luogo al conseguimento di un provvedimento favorevole, che
consenta di acquisire o conservare questo bene. Dunque secondo questa concezione sussisterà l’interesse legittimo
solo dove il bene vita risulterà spettante al titolare. Può configurarsi come ‘’interesse, o pretesa, ad un bene della
vita e dunque all’emissione o non di un determinato provvedimento, che tale risultato consenta di conseguire.’’

CONCLUSIONI: titolare non è quivis populo MA soltanto colui che può vantare un INTERESSE PERSONALE,
ATTUALE, DIFFERENZIATO rispetto all’esercizio del potere amministrativo, in quanto quest’ultimo incide su un
bene della vita di sua spettanza. Oppure si può anche dire, colui che è destinatario diretto o non dell’esercizio di tale
potere.

ESEMPI:

 In relazione a ‘’personalità’’ → non sarà titolare di interesse legittimo un parente di colui che concorre per
un impiego pubblico (nonostante il suo interesse all’esito favorevole, manca requisito della personalità)
 In relazione a ‘’attualità’’ → non è titolare colui che nutre aspettative di acquisto dell’area limitrofa a quella
in cui svolge attività edificatoria.
 In relazione a ‘’differenziazione’’ → non è titolare colui che fa valere interessi generali o diffusi, esempio
interesse alla conservazione ambientale di una vasta area geografica

Gli interessi diffusi non assumono la rilevanza di una posizione sostanziale vera e propria, salvo nei casi in cui
l’ordinamento individui alcune figure soggettive come punto di riferimento qualificato degli stessi es associazioni
ambientalistiche specificamente predeterminate e iscritte in speciali enti. > SOLO in tali limiti l’interesse diffuso, cioè
l’interesse che non fa capo a un certo soggetto particolare dell’ordinamento, risulta tutelato e giustiziabile.
Ciò non esclude che i soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati possano intervenire nel
procedimento ogni volta che il provvedimento prefigurato possa arrecare pregiudizio a tali interessi.

Gli interessi collettivi sono quelli che fanno capo a un gruppo ben determinato di cittadini, legati tra loro da un
vincolo associativo.

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La tutela di interessi collettivi come interessi legittimi dell’intero gruppo interessato è riconosciuta in capo agli enti
esponenziali pubblici o privati del gruppo stesso.
Es i sindacati per le posizioni che riguardano la generalità dei propri iscritti o gli ordini professionali
nei confronti degli atti che incidono sull’intera categoria di professionisti da essi rappresentati.

Al di fuori di tali casi non è riconosciuta altra posizione qualificabile come interesse legittimo.
Potranno esservi interessi di mero fatto: ogni cittadino ha interesse a che la P.A. operi sempre legittimamente,
opportunamente e congruamente, ma tali interessi non configurano una posizione di interesse legittimo perché
mancano i suoi requisiti!

APPROFONDIMENTO:

IL DISCRIMEN TRA INTERESSE LEGITTIMO STRUMENTALE E FINALE

Occorre precisare che il discrimen tra interesse legittimo strumentale e interesse legittimo finale non passa
attraverso l’alternativa tra pretesa al provvedimento o pretesa al bene della vita, ma attraverso l’alternativa tra
pretesa ad un provvedimento legittimo, ovvero pretesa ad un provvedimento specifico, in quanto satisfattorio.

Nel 1 caso: la soddisfazione del bene della vita è solo eventuale, perche un provvedimento del tutto legittimo può
ben essere limitativo del bene della vita;

Nel 2 caso: l’interesse legittimo, se esistente, dovrebbe sempre consentire il conseguimento o la conservazione del
bene della vita.

Nella 1 configurazione e rispetto al singolo esercizio del potere amministrativo, gli interessi legittimi possono essere
numerosi e ampio è il paradigma normativo di riferimento; tuttavia è ridotto il soddisfacimento del bene della vita.

Nella 2 configurazione questo è assicurato, ma l’esistenza della posizione risulta molto più limitata

CONCLUSIONE: La distinzione tra interesse legittimo strumentale, e interesse legittimo finale, sottolinea 2 diversi
approcci interpretativi, che possono entrambi svolgere un ruolo, utile a seconda della funzione che la figura è
chiamata a svolgere nel procedimento e nel processo. > Non senza sottolineare, che solo la 2 e non la 1 consente di
configurare una vera e propria situazione giuridica sostanziale.

INTERESSE LEGITTIMO O DIRITTO SOGGETTIVO:

Una parte della dottrina dubita della configurabilità medesima dell’interesse legittimo come situazione soggettiva e
opta risolutamente per l’inquadramento del relativo fenomeno nell’ambito del diritto soggettivo.

Tuttavia, anche a voler qualificare detta situazione come di diritto soggettivo (sul presupposto che il diritto
soggettivo comprenda e racchiuda in sé tutte le situazioni giuridiche attive), in nessun caso si tratterebbe dello
stesso diritto soggettivo proprio (es. rapporti di diritto privato). > Tale assimilazione è preclusa dalla presenza, sul
versante della P.A., della componente del potere, che non può essere obliterata, anche perche presenta un suo regime
affatto peculiare, che si riflette sulle situazioni soggettiva ad esso correlata e contrapposta.

La questione finisce per assumere dunque, carattere meramente nominalistico : E non vi sono ragioni per
abbandonare, la figura dell’interesse legittimo.

CARATTERE QUALIFICATO DELL’INTERESSE LEGITTIMO

Può desumersi dall’art 7 c.1 241/1990. > La disposizione impone all’Amministrazione, una volta avviato un
procedimento, di darne immediata comunicazione ai soggetti “nei confronti dei quali il provvedimento finale è
destinato a produrre effetti diretti”, e agli eventuali ulteriori soggetti che possono trarne pregiudizio, ove facilmente
individuabili, provvedendo così a instaurare un rapporto amministrativo, intercorrente tra l’Autorità nell’esercizio
del potere e i possibili destinatari diretti o indiretti di tale potere.

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Potestà vincolata e potestà discrezionale

Il provvedimento è fonte di propri effetti (non è un mero atto o fatto).

Rapporto tra provvedimento e legge, distinguendo tra:

POTESTA’ VINCOLATA
Presuppone che la legge predetermini rigidamente tutti i presupposti al ricorrere dei quali l’atto deve
essere emesso, con il contenuto fissato dalla legge stessa (es patente automobilistica). > La categoria degli atti
vincolati ha implicazioni in ordine alla possibile applicazione della SCIA, nonché in ordine ai limiti di annullabilità
degli atti illegittimi > Si tratta pur sempre di provvedimenti veri e propri (e non di meri atti amministrativi(in quanto
la vincolatività dei presupposti e dei contenuti non fa certo venire meno il carattere precettivo dell’atto.

POTESTA’ DISCREZIONALE

Implica una facoltà di scelta nell’ambito dei confini delineati dalla legge.
La scelta così operata viene spesso descritta come un’integrazione della fattispecie normativa che, non potendo
prevedere le variegate necessità del caso concreto, conferisce all’amministrazione il compito di stabilire il precetto
adatto alle specifiche necessità, sulla base di una valutazione che tiene conto di tutte le circostanze di fatto.

La scelta può riguardare vari aspetti del provvedimento:

1) L’ an – emissione o no del provvedimento

Non si intende far riferimento alla possibilità di concludere o meno il procedimento con un provvedimento espresso.
Questa facoltà non sussiste ex art 2 legge 241/1990: Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza,
ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante
l’adozione di un provvedimento espresso.

La discrezionalità nell’an si riferisce alla facoltà di emettere o no il provvedimento ipotizzato con l’avvio del
procedimento (es avviene nel caso di concessione della cittadinanza per eminenti servizi all’Italia, resi dallo straniero
o qualora ricorra un eccezionale interesse dello Stato).

2) Il quid – oggetto del provvedimento

3) Il quomodo – modalità che si accompagnano agli effetti del provvedimento

4) Il quando – eventuali termini iniziali o finali

Il quomodo e il quando riguardano gli elementi accidentali: condizione, termine e modus.

Es poteri dell’Autorità antitrust – art 14ter legge 287/1990: l’autorità può chiudere un procedimento di infrazione
senza accertare l’infrazione ove le imprese assoggettate a tale procedimento presentino impegni tali da far venir
meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria. Il potere dell’Autorità, che può in concreto contrattare tali
impegni, presenta caratteri di discrezionalità sia nell’an, sia nel quid, sia nel quomodo.

Nel provvedimento vincolato la realizzazione dell’interesse pubblico è assicurata dalla scelta operata dalla legge; ma
nel caso del provvedimento discrezionale la realizzazione dell’interesse pubblico è demandata all’Amministrazione
e in tal caso la funzionalizzazione manifesta tutta la sua rilevanza.

Ciò non significa che per la realizzazione dell’interesse pubblico l’Autorità amministrativa possa disporre qualunque
assetto di rapporti giuridici!

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Vige infatti il principio di legalità che impone che l’atto

 Sia contemplato espressamente dalla legge > nominatività

 Abbia un ambito precettivo ed effetti variamente predeterminati e contenuti entro precisi limiti di legge >
tipicità

Il provvedimento si distingue così dal contratto di diritto privato: mentre l’autonomia privata può concepire figure
nuove di contratto o modificare i contenuti di quelle previste dal codice (contratti misti), i provvedimenti
costituiscono necessariamente un numero chiuso perché tipizzati dalla legge sia nella loro configurazione, sia nei
loro effetti.

ECCEZIONE: il carattere della tipicità manca o è attenuato solo nel caso delle ordinanze di necessità e urgenza che
possono presentare un contenuto concreto (non astratto), risultando quindi ascrivibili al genus dei provvedimenti
amministrativi, senza perdere però le caratteristiche extra ordinem che giustificano la parziale deroga rispetto ai
profili esposti.

Es art 7 legge abolitiva del contenzioso amministrativo: prevede in caso di grave necessità pubblica la possibilità di
disporre della proprietà privata senza alcuna ulteriore precisazione né sui presupposti, né sui contenuti del potere
di disposizione!

In genere invece non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore,
ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità in modo da mantenere
costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa. > sent 115/2011 Corte Cost

Nel nostro ordinamento non entra la teorica dei poteri impliciti di cui si trova traccia a proposito delle decisioni delle
Istituzioni europee: non possono essere configurati poteri non previsti da un’espressa previsione di legge e desunti
solo dalla circostanza di una loro utilità strumentale rispetto ai fini da perseguire!

Definita la discrezionalità come facoltà di scelta nell’interesse pubblico entro i confini tracciati dalla legge, è
necessario indicare quali siano le sue modalità di esercizio : Esse consistono nel bilanciamento tra l’interesse
pubblico primario e gli altri interessi i quali assumono una valenza secondaria.

L’interesse pubblico è un interesse superindividuale che si desume dalla legge che intesta attribuzioni e competenze
ad enti ed organi amministrativi! > es tutela della salute, dell’ordine pubblico, della sicurezza pubblica,
dell’ambiente..

E’ un interesse pubblico specifico, selezionato dalla legge e non può essere liberamente scelto
dall’Amministrazione sulla base del principio di legalità!

Una volta individuato tale interesse esso deve per forza essere perseguito nel caso concreto: esso è l’ago della
bussola della scelta che l’amministrazione deve operare; esso è la causa dell’esercizio del potere o lo scopo ultimo
che tale potere deve perseguire.

L’amministrazione ovviamente può avere anche altri interessi, pubblici o privati, detti interessi secondari, per
contrapporli a quelli pubblici specifici o primari.
Nel processo di formazione della scelta discrezionale gli interessi secondari possono condizionare la scelta
stessa nella misura in cui essi non pregiudichino la realizzazione dell’interesse pubblico specifico (primario).

I CRITERI che presiedono al bilanciamento di interessi sono forniti dai principi dell’azione amministrativa:

a) Imparzialità art 97 Cost

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b) Buon andamento art 97 Cost

Art 1 legge 241/1990: oltre a perseguire i fini indicati dalla legge l’attività amministrativa è retta dai criteri di
economicità, efficacia, imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.

NB: A parte questi ultimi 2 – che rilevano poco ai fini della scelta discrezionale – i primi 2 sono articolazioni del
principio di buon andamento. Inoltre l’efficacia e l’economicità (come anche l’efficienza) rilevano soprattutto per le
scelte discrezionali in tema di organizzazione.

c) Principio di ragionevolezza che impone che la scelta sia

 Consapevole e quindi presa a seguito di una istruttoria


 Meditata e adeguatamente motivata
 Logica
 Non contraddittoria

Devono essere osservati gli autolimiti, cioè i criteri che l’Amministrazione ha prefissato per circoscrivere l’ambito
della scelta e per evitare che la stessa sia influenzata indebitamente dal caso concreto (es criteri che la commissione
di concorso stabilisce prima di conoscere i candidati).

d) Principio dell’ affidamento del cittadino in ordine alla stabilità degli atti e alla relativa
Coerenza, che può costituire un limite alla scelta discrezionale, soprattutto in tema di
annullamento d’ufficio e di revoca. > Principio di origine tedesca

Si aggiungono i principi dell’ordinamento comunitario ex art 1.1 legge 241/1990 ai fini di una scelta
discrezionale.. tra il quale troviamo il:

e) Principio di proporzionalità art 5 par 4 TUE e Protocollo n2. > Si articola in:

 Idoneità della misura rispetto al risultato da raggiungere


 Necessarietà della misura e mancanza di strumenti meno invasivi-obbligo del mezzo più mite
 Proporzionalità in senso stretto: la misura scelta non deve gravare in modo eccessivo sull’interessato così
da risultare intollerabile

f) Principio di precauzione – art 191per2 TFUE

Per la tutela della salute e dell’ambiente impone scelte cautelative: il che implica, nei casi in cui sussistano incertezze
sull’esistenza e sulla portata di rischi per la salute, che dette misure possano essere subito adottate, senza attendere
i risultati della ricerca.

SEMPRE NELL’AMBITO AMBIENTALE VA RICORDATO IL:

g) Principio dello sviluppo sostenibile

Le scelte non devono compromettere i bisogni delle generazioni future

Art 3quater.2 d.lgs. 152/2006: nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da
discrezionalità, gli interessi della tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria
considerazione.

La discrezionalità dunque, comporta una facoltà di scelta che deve osservare i limiti imposti dalla legge, i principi e
canoni esposti e la loro violazione comporta il vizio dell’atto di eccesso di potere.

Se i principi e canoni sono rispettati si ha un atto legittimo e quindi indenne da ogni sindacato giurisdizionale, è
questo infatti l’ambito di valutazione riservato all’Amministrazione : c.d. merito amministrativo

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Il riesame del merito di un atto amministrativo è consentito all’Amministrazione stessa che lo ha emesso e poi SOLO
all’organo gerarchicamente superiore che ha generali poteri sostitutivi rispetto alla prima.

LA DISCREZIONALITA’ E IL MERITO SONO 2 FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

La DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA rappresenta gli aspetti esterni della scelta da operare e si confronta con
tutti i vincoli e i limiti per garantire che essa sia legittima

Il MERITO AMMINISTRATIVO invece riguarda gli aspetti interni di tale scelta (una volta che si è appurato che si
tratta di una scelta legittima). Il principio della separazione dei poteri esclude che il giudice possa inoltrarsi in tale
ambito riservato

Diversa dalla discrezionalità amministrativa è la DISCREZIONALITA’ TECNICA che, ricorre quando la valutazione
dei presupposti dell’atto richiede il supporto di scienze specialistiche ( es carattere storico e artistico di un bene). Il
tema va adeguatamente circoscritto distinguendo tra:

 Accertamento tecnico: operazione che dà luogo a risultati certi e verificabili (da ogni esperto) es emissioni
e immissioni sonore.

Qui non sorgono problemi di sindacato giurisdizionale visto che il giudice può accertare i fatti con adeguata
istruttoria.

 Valutazioni o apprezzamenti tecnici: si fondano su scienze inesatte e danno luogo a risultati opinabili e
anche la verifica degli stessi è opinabile (es cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale).

La valutazione tecnica deve essere compiuta solo sulla base di parametri tecnici senza che sulla stesa possa influire
l’interesse pubblico.

Discrezionalità tecnica e amministrativa però possono coesistere nella stessa fattispecie: nel caso di una valutazione
della pericolosità statica di un edificio che è espressione di discrezionalità tecnica e successivo ordine di demolizione
o altra misura per l’incolumità pubblica, espressione di discrezionalità amministrativa.

La discrezionalità tecnica non sottrae l’Amministrazione da un sindacato giurisdizionale! > Anche perché l’Autorità
preposta alla valutazione tecnica può operare una scelta dei criteri su cui effettuarla e questi possono ispirarsi
all’interesse pubblico tutelato dalla norma e dar luogo così a una discrezionalità amministrativa!

ATTI VINCOLANTI

Alcuni Autori ritengono che tali atti della P.A. non abbiano carattere provvedimentale. > In particolare la tesi della
c.d. Scuola fiorentina sostiene che, se il potere si qualifica come disponibilità degli interessi, una volta che di questi
si sia esaustivamente disposto a livello legislativo, non vi sarebbe più spazio per l’interposizione di un potere
amministrativo. > Tuttavia a queste teorie è stato obiettato che il potere rimane tale anche se vincolato, perche
l’effetto giuridico non deriva direttamente dalla legge, ma pur sempre dall’esercizio del potere, nonostante non
esista possibilità di scelta in ordine al contenuto del provvedimento.

TEORIE SULLA DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA

Tante sono state le teorie formulate, arrivando ancora ai giorni nostri senza una definizione legislativa.

Originariamente la discrezionalità era ritenuta una sfera originaria di libertà dell’autorità amministrativa.

Con la c.d. Scuola di Vienna si qualificò l’attività discrezionale come attività intellettiva di attuazione della legge, allo
scopo di sottoporre la P.A. al controllo da parte del giudice.

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Successivamente venne precisato che il potere discrezionale si risolvesse in un apprezzamento di interessi ammesso
sulla base di una specifica attribuzione di potere, mentre attualmente, specie a seguito dell’introduzione dell’art 1 l.
241/1990, si viene altresì a valorizzare il fatto che la scelta tra una pluralità di soluzioni possibili debba rispettare
non solo il dettato legislativo, ma anche i principi generali dell’amministrazione amministrativa.

Altre tipologie di potestà e provvedimenti.

Classificazione degli atti.

 In base al soggetto agente

Atto semplice

L’autore dell’atto è un solo organo monocratico o collegiale

Atto complesso

Atto riconducibile alla volontà di più organi (es il decreto ministeriale adottato di concerto tra i dirigenti
appartenenti a ministeri diversi).
Non implica un incontro di volontà (non come accordo o contratto), ma implica una condivisione dello stesso atto,
pur nell’esercizio di funzioni differenti.

La complessità può essere:

 Interna all’ente
 Esterna all’ente: es intesa Stato-Regioni nella localizzazione di opere di interesse statale

Può essere inoltre, a seconda della posizione paritetica o non paritetica dei soggetti agenti:

 Uguale
 Diseguale es decreto del Capo dello Stato e la proposta del Ministro competente

Un esempio di atto complesso è il Piano regolatore generale, cioè il piano urbanistico che disciplina l’attività
edilizia, le opere pubbliche, che si caratterizza per la sua procedura che da luogo all’:

Adozione del Piano, di competenza comunale:

Che fornisce una completa definizione dell’assetto territoriale.


E’ preceduta dal conferimento dell’incarico ai progettisti e consiste in una deliberazione consiliare con cui il Comune
fa proprio l’operato dei tecnici che hanno predisposto il piano.
La delibera viene pubblicata con l’avviso di deposito del piano affinché i soggetti interessati possano presentare
osservazioni o opposizioni su cui il Consiglio comunale si esprime con un’altra deliberazione.

Approvazione di competenza regionale:

Che si fa carico delle esigenze di coordinamento con piani sovracomunali e della salvaguardia di interessi ambientali
e paesaggistici di più vasto raggio.

Questa fase può apportare modificazioni al piano del Comune che possono essere:

 Facoltative se riguardano l’accoglimento delle osservazioni o opposizioni degli interessati e quindi non
possono comportare sostanziali innovazioni del piano

 Obbligatorie se dirette ad assicurare la conformità del piano agli strumenti urbanistici di ambito superiore e

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queste possono incidere sulle caratteristiche essenziali del piano stesso.

Il piano è quindi imputabile a 2 diverse Autorità che ne sono autrici congiuntamente, pur nell’esercizio di funzioni e
ruoli diversi. > Ciò comporta che l’impugnazione del Piano debba essere notificata ad entrambe le Autorità.

 In base ai destinatari

Atti particolari

I destinatari sono predeterminati.


Possono riguardare anche una pluralità individuata di soggetti (es il decreto di esproprio comporta effetti estintivi
sia sul proprietario, sia sui soggetti titolari di diritti personali o reali sul bene).
Sono atti collettivi quelli i cui destinatari sono individuati in relazione a un gruppo che viene interessato
globalmente dal provvedimento (es annullamento di una graduatoria di concorso).

Atti generali

Consentono l’individuazione dei destinatari solo a posteriori (es bando di gara e candidati interessati).
Sono diversi dai regolamenti perché si riferiscono a una fattispecie concreta e mancano dell’astrattezza, potendo
infatti essere immediatamente lesivi per i destinatari.

Ad essi non si applicano le disposizioni sul procedimento amministrativo relative alla motivazione dell’atto, al
responsabile del procedimento e alla partecipazione dei soggetti interessati al procedimento stesso ex art 13 legge
241/1990.

Ciò significa che tali garanzie sono disciplinate dalla normativa speciale che li contempla e che garantisce il
contraddittorio in modo più adeguato al carattere contenutistico degli atti generali stessi, compresi gli atti
pianificatori, programmatori e regolamentari.

La programmazione è un’attività amministrativa che è volta alla definizione delle future modalità di utilizzo di beni,
risorse o altre utilità attraverso la redazioni di piani e programmi, al fine di indirizzarne e coordinarne la
destinazione secondo gli interessi pubblici o privati prevalenti.
(es in campo economico la Costituzione all’ art 41 stabilisce che la legge può prevedere opportuni programmi e
controlli affinché l’attività economica pubblica e privata sia indirizzata e coordinata a fini sociali).

 In base al contenuto precettivo

Provvedimenti ampliativi

Solo questi possono essere sostituiti, se vi sono i presupposti, dalla SCIA o possono dar luogo al silenzio-assenso ex
art 20 legge 241/1990.

Solo nei procedimenti relativi agli atti ampliativi, essendo a istanza di parte, si applica la garanzia del preavviso di
provvedimento negativo ex art 10bis legge 241/1990.

Provvedimenti restrittivi della sfera dei destinatari

L’obbligo di comunicazione ai fini dell’efficacia riguarda solo gli atti restrittivi ex art 21bis legge 241/1990.

Solo gli atti restrittivi possono presentare i caratteri dell’esecutorietà ex art 21ter legge 241/1990.

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Questa distinzione tra atti non coincide con la distinzione tra potestà ampliative e potestà restrittive: l’esercizio di
tali potestà può infatti dar luogo a un esito diverso da quello prefigurato e il relativo procedimento potrà quindi
concludersi con un diniego di atto ampliativo (> potestà ampliativa) o con una archiviazione o altra pronuncia di
non adottare il provvedimento restrittivo ipotizzato (> potestà restrittiva).

L’atto di diniego è un provvedimento che incide negativamente nella sfera del richiedente, anche se interviene in
un procedimento ampliativo.
L’archiviazione di un procedimento restrittivo, spesso considerato un non atto, ora deve essere necessariamente
formalizzato ex art 2 legge 241/1990, il quale impone alle Amministrazioni di concludere il procedimento mediante
l’adozione di un provvedimento espresso. > Per il soggetto che ha evitato il provvedimento restrittivo esso è un atto
satisfattorio perché elimina il rischio della compressione della sua sfera giuridica.

Molti provvedimenti sono al tempo stesso sia ampliativi per alcuni destinatari, sia restrittivi per altri: es
provvedimento di espropriazione, classificato come atto restrittivo, comporta la perdita della proprietà da parte del
titolare precedente o espropriato e l’acquisizione da parte del beneficiario dell’esproprio che può essere anche un
soggetto diverso dall’amministrazione espropriante (può essere un soggetto pubblico o privato)

Si tratta di atti ad effetti doppi infatti i destinatari sono titolari, nell’ambito della stessa fattispecie, di interessi
legittimi differenti.

Altri effetti..

 Il destinatario nel complesso avvantaggiato può in certi casi essere gravato da oneri o da obbligazioni
(beneficiario di un permesso di costruire tenuto a pagare i costi di costruzione).

 Il destinatario nel complesso svantaggiato può in alcuni casi acquisire dei diritti (soggetto espropriato che
acquisisce il diritto all’indennità).

Provvedimenti costitutivi di rapporti tra privati

Hanno un’efficacia doppia e tra i destinatari si instaura un vero rapporto privatistico.


Si crea così un rapporto trilatero in cui i profili pubblicistici fanno capo all’Amministrazione e quelli privatistici
intercorrono tra i destinatari dell’atto.

Es provvedimento amministrativo costitutivo di servitù coattiva di elettrodotto, di acquedotto,..


Es la fissazione di tariffe e di modalità di espletamento del servizio da parte delle Autorità di regolazione si
impongono automaticamente sui rapporti correnti con gli utenti e finiscono per costituire provvedimenti
modificativi di tali rapporti.

I provvedimenti ampliativi.

Una prima elencazione degli atti ampliativi si rinviene in alcune disposizioni normative:

— Art 19.1 legge 241/1990:

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato,
comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o
artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da
atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti
di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola
esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle
amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza,
all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di

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acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone
sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria.

Questa norma richiama , ai fini di una possibile sostituzione con la SCIA, una serie di provvedimenti.

— Art 12 legge 241/1990:

Nel quadro della predeterminazione dei criteri da osservare per l’attribuzione di vantaggi economici, a sua volta
parla di sovvenzioni, contributi, sussidi,..

Ma a queste denominazioni non corrisponde necessariamente una precisa categoria di provvedimenti: le categorie
in cui vengono inquadrati hanno una funzione prevalentemente descrittiva e sono frutto dell’elaborazione dottrinale
e giurisprudenziale.

Nel caso dell’autorizzazioni e delle concessioni il confine è incerto: come nel caso della licenza edilizia, poi divenuta
concessione e poi ancora permesso di costruire.

APPROFONDIMENTO:

Il permesso di costruire consente la realizzazione dei seguenti “Interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio…:
- Gli interventi di nuova costruzione;
- Gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
- Gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che
comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della
sagoma di immobili sottoposti a vincoli. (Art. 10.1 d.P.R. 380/2001)

In entrambi i casi la posizione del richiedente è di interesse legittimo (non di diritto soggettivo).

Tra i provvedimenti ampliativi, bisogna fare caso alla distinzione tra:

 Autorizzazioni

Rimuovono un limite all’esercizio di un diritto soggettivo già appartenente potenzialmente alla sfera del
destinatario.
Esse riguardano attività che attengono alla sfera del privato richiedente e che l’ordinamento assoggetta a un controllo
preventivo per evitare che siano svolte in contrasto con valori e interessi preminenti da salvaguardare.
(es licenza di caccia e pesca, permesso di soggiorno degli stranieri di breve e lunga durata (d.lgs. 268/1998), nulla
osta o autorizzazione per apertura di strutture di vendita, autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all’esercizio
di attività sanitarie e socio-sanitarie, autorizzazione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili,
autorizzazione su interventi su beni culturali, autorizzazione di interventi su immobili e aree di interesse
paesaggistico).

L’autorizzazione può riguardare intere categorie di attività (es apertura di un esercizio farmaceutico). Essa può
riguardare anche, all’interno della singola categoria, solo le attività che destano allarme o preoccupazione sociale
(es guida di autoveicoli e motocicli richiede la patente di guida, diversamente da altri mezzi di trasporto la cui guida
è libera come la bicicletta).

Le autorizzazioni, riguardando attività pertinenti al soggetto interessato, sono normalmente gratuite.

Esse possono essere:

 Trasferibili se riguardano le attività in sé considerate > c.d. autorizzazioni reali

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(es permesso di costruire che si trasferisce con la proprietà dell’area interessata dal permesso stesso)
 Non trasferibili se riguardano qualità personali del destinatario > c.d. autorizzazioni personali
(es patente di guida, porto d’armi,..)

L’ attività autorizzata può essere:

Materiale
(esempi precedenti)
Giuridica
(es autorizzazione dell’AGCM nei confronti delle operazioni di concentrazione delle imprese- l. 287/1990 – c.d legge
antitrust)

Le autorizzazioni possono essere poi:

 Precauzionali

Sono preordinate alla tutela di interessi qualificati come la salute, l’igiene, l’incolumità pubblica, l’ambiente e
tendono a verificare la sussistenza di requisiti soggettivi (es capacità di condurre autoveicoli), o oggettivi (es
salubrità di una unità immobiliare per il certificato di abitabilità) per evitarne la compressione.

Si pensi all’Autorizzazione integrata ambientale AIA cui sono assoggettati gli impianti industriali che destano
maggiore preoccupazione in termini di inquinamento dell’aria, acqua, suolo e che viene rilasciata ove sia garantita
l’applicazione delle migliori tecniche disponibili per la salvaguardia dell’ambiente globalmente considerato.
Vi sono poi la VIA, Valutazione di impatto ambientale, e la VAS, Valutazione ambientale strategica, figure di origine
comunitaria che forniscono misure dirette a garantire un’alta protezione ambientale.
La VIA riguarda singole opere predeterminate per categorie; la VAS riguarda piani e programmi e diversamente
dall’AIA, vengono considerati come atti endoprocedimentali rispetto all’approvazione dei progetti dell’opera o
all’approvazione dei piani.

 A scopo economico

Svolgono una funzione di protezione degli operatori economici già presenti sul mercato e presuppongono un limite
che deve essere rispettato per consentire l’accesso al mercato stesso (es licenza di taxi, autorizzazione per apertura
di sale cinematografiche,..).

Le autorizzazioni a scopo prevalentemente economico sono però in contrasto con il diritto comunitario quando
possono essere di ostacolo alla libera circolazione di servizi.

L’ art 9 Direttiva servizi 2006/123 CE consente l’istituzione o persistenza di un regime autorizzatorio solo in
presenza di un motivo imperativo di interesse generale come la tutela dei lavoratori, la sanità pubblica, la protezione
dell’ambiente e quella dei consumatori..

Per ottemperare a tali necessità europee il legislatore ha operato un importante sfoltimento degli istituti
autorizzatori (es commercio di vicinato) evitando di assoggettarli a limiti quantitativi (es autorizzazioni relative a
sale giochi e scommesse).

 Concessioni

Conferiscono ex novo diritti soggettivi, status, potestà, non appartenenti inizialmente alla sfera giuridica del
destinatario.

Riguardano attività che attengono alla sfera dell’amministrazione perché

 Si riferiscono a beni della PA e


 Si riferiscono ad attività ad essa riservate per legge o per atto amministrativo.

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Traslative

La concessione traslativa consente l’espletamento di tali attività da parte di privati per due motivi:

o Valorizzazione e adeguato sfruttamento dei beni pubblici che possono quindi fornire anche un rendimento
economico
o Efficienza nell’espletamento dei servizi Si tratta sempre di attività di interesse pubblico.

Queste concessioni comportano il trasferimento dal concedente al concessionario di facoltà e diritti relativi a beni o
a un ambito di mercato riservati all’Amministrazione.
Si tratta di affidamento di risorse scarse e quindi appetibili da una pluralità di richiedenti: per questo la concessione
è rilasciata all’esito di una procedura di gara ed è quindi intrasferibile senza il consenso del concedente.

Queste concessioni traslative di facoltà e diritti come tali sono normalmente onerose e necessitano di complesse
pattuizioni per disciplinare le modalità di espletamento dell’attività, le posizioni reciproche di concedente e
concessionario

 la concessione è accompagnata da un disciplinare che racchiude il complesso di queste pattuizioni dando


luogo a una fattispecie composita qualificata in passato come di concessione-contratto ora invece inquadrata
nell’istituto degli accordi ex art 11 legge 241/1990.

Costitutive

Es concessione di cittadinanza che può essere rilasciata allo straniero residente da un certo numero di anni nel
territorio della Repubblica art 9 legge 91/1992;
L’atto di riconoscimento dello status di rifugiato.

Qui non vi è trasferimento di facoltà e diritti, ma attribuzione ex novo di uno status, centro di molti diritti e doveri.

Vi sono anche altre categorie di atti ampliativi:

a) Ammissione

Consente al singolo di entrare in una struttura pubblica per usufruire dei relativi servizi (es ammissione a una facoltà
o corso di laurea), o di entrare in una procedura amministrativa diretta all’emanazione di atti ampliativi (es
ammissione a un concorso di pubblico impiego).

b) Esenzione

Quando viene rimosso un obbligo o un dovere preesistente, realizzando un fenomeno inverso all’autorizzazione.
es esenzione dal servizio militare in passato o autorizzazioni in deroga al divieto di intese restrittive (esenzione al
relativo divieto)

c) Abilitazione

Viene consentito lo svolgimento di una attività in seguito al superamento di prove dirette a verificare la preparazione
e qualificazione tecnica della singola persona fisica (es titoli di abilitazione professionale) o della singola struttura
(es accreditamento nel sistema sanitario, riconosciuto alle strutture che presentano i requisiti richiesti dalla
programmazione regionale e quindi che sono ammesse a stipulare accordi per erogare prestazioni sanitarie con
costi a carico del sistema nazionale).

d) Sovvenzioni – art 12 legge 241/1990

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Sono provvedimenti aventi ad oggetto prestazioni pecuniarie o vantaggi economici a favore di persone fisiche ed enti
pubblici e privati.
Sono caratterizzati dalla predeterminazione di criteri e modalità sulla cui base vengono accordate per garantire
l’imparzialità delle scelte (autolimite da osservare a pena di illegittimità).

Rientra anche per tale aspetto la categoria delle assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica diretti a
soddisfare il fabbisogno abitativo delle categorie meno abbienti.

Questa materia si deve confrontare ancora una volta con il diritto comunitario e con il divieto di aiuti di Stato ex
art 107 TFUE che impedisce ogni forma di sovvenzione a favore di imprese pubbliche o private idonea a falsare o a
minacciare di falsare la concorrenza fra imprese nell’UE. > L’istituto è quindi stato ridimensionato e il suo ambito di
operatività ora riguarda soprattutto i sussidi a carattere sociale e i contributi destinati ad ovviare i danni arrecati da
eventi eccezionali.

Possono inoltre essere accordate sovvenzioni anche alle imprese nei casi del par.3 dello stesso articolo, come aiuti
destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni a tenore di vita anormalmente basso, e SOLO previo assenso
della Commissione dell’Unione Europea.

art 107 TFUE:

1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli
scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che,
favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
2. Sono compatibili con il mercato interno:

a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni
determinate dall'origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della
divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da
tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della
Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.

3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso,
oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto
conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure
a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non
alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni
degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

APPROFONDIMENTO: leggere Pag. 204 – 205 (Non importante)

I provvedimenti restrittivi

I provvedimenti restrittivi o ablatori sottraggono qualcosa alla sfera giuridico-economica del destinatario.

Vi sono:

Atti ablatori personali, cioè atti impositivi di obblighi personali

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- Ordini contenenti comandi o divieti.

Il loro prevalente campo di applicazione è quello dei rapporti interorganici con gerarchia e dei rapporti con personale
dipendente nel pubblico impiego.

Vi sono fattispecie di ordini rivolti anche ai cittadini:

 Intimazione di arresto dell’autoveicolo disposta da un’agente di polizia


 Precettazione degli addetti a un pubblico servizio (es precettazione dei controllori di volo per la salvaguardia
di servizi pubblici essenziali)
 Espulsione dello straniero per motivi di ordine pubblico o mancanza di permesso di soggiorno.

Gli ordini, chiamati dalla legge anche ordinanze (c.d. motivazione), fanno sorgere degli obblighi in capo ai relativi
destinatari.

Gli ordini possono essere:

Strumenti di amministrazione ordinaria

 Diffida a bonificare un sito inquinato disposta nei confronti del responsabile della contaminazione
 Ingiunzione di ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica nei confronti del responsabile
del danno

Strumenti extra ordinem

 Ordinanze di necessità e di urgenza se esse hanno un contenuto precettivo che riguarda un caso concreto.
 Ordinanze contingibili e urgenti che il Presidente della giunta regionale, della provincia o il sindaco possono
emettere per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti nell’ambito delle rispettive
competenze.

In tali casi l’urgenza è data dal pericolo attuale di compromissione di un bene tutelato dall’ordinamento e dalla
necessità pressante di porvi rimedio in assenza di strumenti ordinari previsti dall’ordinamento.

Si ricava il carattere atipico del relativo contenuto precettivo che presuppone che la situazione di pericolo derivi da
eventi eccezionali e imprevedibili (contingibili) e NON da ritardi dell’Amministrazione, e implicherebbe un’efficacia
provvisoria e temporanea della misura perché limitata alla congiuntura emergenziale.

Es ordine di demolizione è strumento ordinario di vigilanza dell’attività edilizia se si tratta di costruzione abusiva,
può essere espressione di ordinanza contingibile e urgente se si tratta di edificio pericolante

Atti ablatori reali, cioè atto che comportano la sottrazione di beni o facoltà attinenti alla proprietà e al possesso.

Espropriazione per pubblica utilità (atto autoritativo e restrittivo)


Comporta la sottrazione del diritto di proprietà ed è stata avvertita nello Stato liberale come la massima espressione
del sacrificio che l’Autorità pubblica potesse imporre ai cittadini.

art 42.3 Cost: La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per
motivi d'interesse generale.

L’esproprio può essere disposto :

- Solo nei casi previsti dalla legge


- Per motivi di interesse generale

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- Salvo indennizzo

La Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta in ordine al computo dell’indennità e ha escluso l’ammissibilità
di alcune forme anomale di espropriazione, come la accessione invertita che comportava l’acquisto senza titolo della
proprietà per il solo fatto che si fosse realizzata un’opera pubblica su un terreno privato, anche in assenza di valido
provvedimento di espropriazione o dichiarativo della pubblcia utilità dell’opera.
L’ art 43 d.P.R 327/2001 ha introdotto successivamente l’acquisizione in sanatoria, anch’esso criticato dalla Corte
europea nella sentenza 43662/2007 che ha imposto la restituzione in integrum e, in caso di impossibilità, un
risarcimento corrispondente al valore venale e integrale del bene.

Il decreto di esproprio dispone il passaggio del diritto di proprietà ma si tratta di un acquisto a titolo originario,
non derivativo, infatti il beneficiario riceve il bene livero da ogni peso (diritto) personale o reale. L’espropriazione
comporta l’estinzione automatica di ogni diritto di terzi sul bene.

art 23.1 d.P.R 327/2001:

1. Il decreto di esproprio:
a) è emanato entro il termine di scadenza dell'efficacia della dichiarazione di pubblica utilità;
b) indica gli estremi degli atti da cui è sorto il vincolo preordinato all'esproprio e del provvedimento che ha
approvato il progetto dell'opera;
c) indica quale sia l'indennità determinata in via provvisoria o urgente e precisa se essa sia stata accettata dal
proprietario o successivamente corrisposta, ovvero se essa sia stata depositata presso la Cassa depositi e
prestiti;
d) dà atto della eventuale nomina dei tecnici incaricati di determinare in via definitiva l'indennità di
espropriazione, precisando se essa sia stata accettata dal proprietario o successivamente corrisposta, ovvero
se essa sia stata depositata presso la Cassa depositi e prestiti;
e) dà atto della eventuale sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 22, comma 1, e della determinazione
urgente della indennità provvisoria;
f) dà atto degli estremi del decreto emanato ai sensi dell'articolo 22-bis e del relativo stato di esecuzione;

(lettera introdotta dal d.lgs. n. 302 del 2002)

a) Dispone il passaggio del diritto di proprietà, o del diritto oggetto dell'espropriazione, sotto la condizione
sospensiva che il medesimo decreto sia successivamente notificato ed eseguito;
b) è notificato al proprietario nelle forme degli atti processuali civili, con un avviso contenente l'indicazione del
luogo, del giorno e dell'ora in cui è prevista l'esecuzione del decreto di espropriazione, almeno sette giorni
prima di essa;
c) è eseguito mediante l'immissione in possesso del beneficiario dell'esproprio, con la redazione del verbale di cui
all'articolo 24.

art 25 d.P.R 327/2001:

1. L'espropriazione del diritto di proprietà comporta l'estinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali,
gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui l'espropriazione è preordinata.

L’espropriazione può riguardare:

— La proprietà di beni immobili


— La sottrazione di diritti relativi ad immobili
— Proprietà di imprese nei casi dell’ art 43 Cost: A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente
o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o
di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di
energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

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L’espropriazione DEVE essere preceduta da:

Apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione

Imposto dal Piano regolatore generale o da altro strumento urbanistico equivalente.

Art 9 d.P.R 327/2001:

1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del
piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di
pubblica utilità. (L)
2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il
provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. (L)
3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade
e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con d.P.R.
6 giugno 2001, n. 380. (L)

(comma così modificato dal d.lgs. n. 302 del 2002)

— Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la
rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1, e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli
standard.

Dichiarazione di pubblica utilità dell’opera

Disposta in occasione dell’approvazione del progetto definitivo dell’opera o di altro atto equivalente.

art 12 d.P.R 327/2001:

1. La dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta:

a) quando l'autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell'opera pubblica o di pubblica utilità,
ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano
di ricostruzione, il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano
di zona;
b) in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l'approvazione
di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il
perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di
un atto avente effetti equivalenti.

Si tratta di atti presupposti, dotati di autonoma incidenza lesiva (es il vincolo preordinato all’espropriazione
impedisce ogni possibilità edificatoria!).
Essi devono essere eventualmente impugnati autonomamente per contestare la loro illegittimità.

Poi vi sono la requisizione e l’occupazione che comportano la sottrazione temporanea del possesso. In entrambi i casi
è previsto un indennizzo parametrato proporzionalmente in base alla durata sull’indennità dell’esproprio.
Occupazione

Con essa si intende usare il bene per la realizzazione di altre opere sul bene stesso o su aree limitrofe.

L’ordinamento prevede almeno 2 tipologie di occupazioni di beni privati:

1) Occupazione temporanea - art 49 d.P.R 327/2001

Per esigenze strumentali all’opera pubblica da realizzare su aree espropriande o espropriate (es in occasione della
realizzazione di una strada pubblica sussiste la necessità di installare il relativo cantiere su spazi limitrofi non

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espropriati).
Lo spossessamento coattivo è temporaneo perché è prevista la restituzione del bene una volta esaurite le esigenze
dell’occupazione.

2) Occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione – art 22bis d.P.R 327/2001

Comporta l’impossessamento anticipato di un bene da parte del soggetto espropriante, nelle more del procedimento
espropriativo, quando si tratta di lavori di particolare urgenza.
Il decreto che dispone l’occupazione d’urgenza perde efficacia se non viene emanato il decreto di espropriazione
entro 5 anni.
L’occupazione, anche se temporanea, costituisce una prima fase per l’acquisizione definitiva tramite espropriazione
della proprietà del bene.

Requisizione

Con essa si intende sfruttare le utilità del bene.


Dà luogo a un provvedimento di necessità e urgenza.
La sua base normativa è l’ art 7 legge abolitiva del contenzioso amministrativo: allorchè per grave necessità
pubblica l’autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata, essa provvederà con
decreto motivato, sempre senza pregiudizio dei diritti delle parti.

Si tratta di un provvedimento di necessità e urgenza che riguarda beni immobili, mobili registrati (es roulottes per
adibirle ad alloggi per terremotati).
Comporta lo spossessamento coattivo per il tempo necessario a superare l’emergenza.

Pianificazione urbanistica ed edilizia con vari strumenti:

— Piano a livello comunale


— Piano regolatore generale

Si caratterizza per i suoi contenuti relativi a:

 Zonizzazioni

Indicano le tipologie di attività edificatoria consentita, previo permesso di costruire e con l’osservanza dei parametri.
Non hanno limiti di efficacia

 Localizzazioni

Indicano le aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche e pongono quindi un vincolo preordinato
all’espropriazione e hanno un’efficacia limitata nel tempo (5 anni).

Piano di coordinamento regionale e provinciale


Piani attuativi che riguardano solo una parte del territorio comunale e che comportano anche la dichiarazione di
pubblica utilità implicita delle opere pubbliche contemplate.

Vincoli:

 Connaturati ai beni es vincoli paesaggistici, su beni culturali

Non sono indennizzabili perché rientrano nell’ambito precettivo dell’ art 42.2 Cost: La proprietà privata è
riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne
la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

 Che subiscono un sacrificio per esigenze estranee al bene stesso in quanto correlato alla realizzazione di
opere pubbliche.

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E’ previsto l’indennizzo nel caso di reiterazione dei vincoli preordinati alla espropriazione.

Programmazione

Gli atti di programmazione forniscono una specie di pianificazione temporale, individuando gli obiettivi da
raggiungere, le attività e i compiti da espletare in un certo arco di tempo.
Questi atti costituiscono un autolimite per l’Amministrazione e possono indicare tetti e contingenti che impongono
limiti quantitativi alla possibile iniziativa economica privata degli operatori che intendono entrare nel relativo
ambito di mercato (es programmazione della pianta organica delle farmacie).

Sequestri: misure cautelari in funzione di controllo della qualità dei beni es sequestro di prodotti alimentari per
verificarne la salubrità.

Confisca: comporta la sottrazione della proprietà dei beni per ragioni sanzionatorie tipiche es nel caso di
costruzione abusiva.

Sanzioni amministrative che possono essere:

- di carattere afflittivo

es sanzioni disciplinari nel rapporto di lavoro pubblico, sanzioni in tema di circolazione stradale, sanzioni pecuniarie
amministrative.

E’ intervenuta la Corte europea dei diritti dell’uomo che in alcuni casi di pena edittale molto grave ha operato una
assimilazione alle sanzioni penali.
In tal modo si sono estese alle sanzioni amministrative alcune garanzie di quelle penali:

 La disposizioni di legge violata deve essere chiara e determinata


 Divieto del ne bis in idem per lo stesso fatto anche se le due sanzioni sono di carattere diverso
(amministrativa e penale)
 Divieto di cumulo delle funzioni istruttorie e decisorie
 Retroattività della disciplina più favorevole

- di carattere ripristinatorio

Es sanzioni in materia edilizia e ambientale

Nell’ambito degli atti restrittivi le riserve di legge esplicano pienamente la propria funzione protettiva delle
posizioni giuridiche dei cittadini e in tale ambito si manifesta pienamente anche il principio di certezza del diritto:
la normativa deve essere chiara e precisa affinchè i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed
obblighi e regolarsi di conseguenza.

Interesse legittimo: tipologie e vicende

Le caratteristiche delle potestà e dei provvedimenti non sono prive di implicazioni sulla posizione dei possibili
destinatari.
In passato si parlava di diritti affievoliti in riferimento alle posizioni dei privati correlate a potestà ablatorie;
di diritti in attesa di espansione in relazione alle posizioni correlate alle potestà autorizzatorie.

Oggi nei confronti della P.A. procedente il possibile destinatario dell’atto presenta sempre una posizione di
interesse legittimo, il quale non è però una posizione monolitica, ma si atteggia in modi differenti e presenta una
struttura diversa a seconda del tipo di potestà che viene in rilievo, cioè la potestà ampliativa o la potestà restrittiva
della sfera giuridico-economica dei destinatari.

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 Interesse legittimo: pretesa alla acquisizione o alla conservazione di un bene della vita la cui soddisfazione
dipende dall’esercizio di una potestà amministrativa.

E’ la pretesa all’emissione o meno di un certo provvedimento amministrativo.

Viene in rilievo una prima distinzione dal punto di vista descrittivo tra (sent 500/1999 Cass. S.U.):

Interessi pretensivi

Interesse all’acquisizione del bene della vita che l’atto ampliativo consente di ottenere.

Interessi oppositivi

Interesse alla conservazione del bene della vita che il provvedimento restrittivo finirebbe per compromettere.

Di fronte a procedimenti ampliativi ci sono sempre interessi legittimi pretensivi, MA ciò non significa che non
possano venire in rilievo anche interessi legittimi oppositivi!
Si pensi ai casi di soggetti che sarebbero svantaggiati dall’altrui provvedimento ampliativo, rispetto al quale essi
sono controinteressati > destinatari indiretti portatori di interessi legittimi oppositivi detti interessi oppositivi del
terzo
es proprietario di un fondo limitrofo che potrebbe risultare leso dal permesso di costruire rilasciato al suo vicino.

Inoltre si possono avere interessi legittimi pretensivi correlati a procedimenti ablatori a carico di altri soggetti >
interessi pretensivi del terzo diretto a sollecitare l’esercizio del potere ablatorio!
L’ordinamento riconosce al soggetto terzo rispetto al destinatario dell’eventuale procedimento restrittivo la
posizione di interesse legittimo.
Vi sono casi in cui l’atto restrittivo di un soggetto va a vantaggio di un altro es operatori di mercato in concorrenza
con chi opera una concentrazione di imprese non consentita dalla normativa antitrust: essi hanno l’interesse a che
l’Autorità garante precluda l’operazione evitando un’illecita alterazione del mercato.

La distinzione tra interessi legittimi pretensivi e oppositivi, anche se rispecchia prevalentemente la distinzione tra
procedimenti relativi ad atti ampliativi e restrittivi, non si esaurisce in essa.

Nel caso di provvedimenti a effetti doppi la contemporanea sussistenza di interessi legittimi pretensivi e
oppositivi è immanente alla figura e si tratta di interessi legittimi di segno opposto che fanno capo a soggetti
entrambi destinatari diretti del relativo potere.

Dal punto di vista strutturale


 perché sussista un interesse legittimo pretensivo è necessaria la presenza in concreto di tutti i presupposti
di fatto e di diritto previsti dalla complessiva fattispecie normativa per l’emissione dell’atto normalmente
ampliativo;

 perché sussista un interesse legittimo oppositivo è sufficiente la mancanza anche solo di un presupposto
per l’esercizio del potere normalmente restrittivo.

L’interesse oppositivo si radica sempre su una posizione preesistente di diritto soggettivo ( es posizione del
proprietario espropriando che rimane di diritto soggettivo e quindi tutelabile come tale nei confronti dei terzi fino
alla emissione del decreto di espropriazione).

Anche la distinzione tra potestà amministrativa discrezionale e vincolata ha implicazioni sulla posizione dei possibili
destinatari dell’atto conclusivo del procedimento.
 Nel caso di potere vincolato, se sussistono tutti i presupposti di legge per acquisire o conservare il bene
della vita, si può dire che questo bene spetti al destinatario dell’atto (spettanza).

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 Qui l’interesse legittimo si presenta a risultato garantito.

 Nel caso di potere discrezionale tale spettanza è condizionata dalle scelte della Pubblica Amministrazione.
In tal caso l’interesse legittimo si presenta come posizione a risultato condizionato dalle scelte discrezionali
dell’Amministrazione.

Vi può anche essere contrapposizione tar più titolari di interessi legittimi pretensivi (es. più partecipanti a una gara)
o tra più titolari di interessi legittimi oppositivi (es tra più proprietari rispetto alla localizzazione di un’opera
pubblica).
Si tratta di posizioni differenziate perché il bene della vita che i soggetti tendono ad acquisire o conservare è diverso.

Altri atti a regime amministrativo


Sussistono vari tipi di atti che, pur mancando di alcuni dei connotati tipici del provvedimento, risultano per legge
sottoposti al suo stesso regime.

a) Accordi amministrativi

Si tratta di contratti stipulati dall’Amministrazione nell’esercizio di potestà amministrative.

Art 11 legge 241/1990:

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’amministrazione


procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico
interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero
in sostituzione di questo.

1- BIS - Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può
predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del
provvedimento ed eventuali controinteressati.

2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che
la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia
di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi
dell’articolo 3.

3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.

4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo, salvo
l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del
privato.

4- BIS - A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una
pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell'accordo è preceduta
da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento.

Essi sono sostitutivi in tutto o in parte di provvedimenti amministrativi discrezionali:

Accordi integrativi o endoprocedimentali

Determinano il contenuto discrezionale del provvedimento che poi deve seguire

Accordi sostitutivi

Stipulati al posto del provvedimento e anche qui l’incontro di volontà riguarda la componente discrezionale della

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potestà amministrativa. L’amministrazione può concludere l’accordo SOLO se lo stesso garantisce il perseguimento
dell’interesse pubblico primario.

Gli accordi menzionati sono facoltativi perché è rimessa all’amministrazione e ai soggetti interessati la facoltà di
stipularli o no.

Ma vi sono anche accordi necessari, ove la scelta della forma consensuale è operata dalla legge es convenzioni di
lottizzazione, concessioni di beni demaniali e in tutti i casi di concessione-contratto.

Vi sono anche:

Accordi verticali tra amministrazione e privati

Accordi orizzontali tra pubbliche amministrazioni

Ex art 15 legge 241/1990:

1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra
loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2 e 3.

Art 34 d.lgs. 267/2000:

1- Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro
completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni
statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o
il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli
interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su
richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne
i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

2- L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali
inadempienze dei soggetti partecipanti.

3- Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della regione o il presidente
della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni
interessate.

4- L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei
sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o
del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L'accordo,
qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti
variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del
comune interessato.

5- Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere
ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.

Accordi di programma: costituiscono uno strumento amministrativo per la definizione ed attuazione di opere ed
interventi che necessitano dell’azione integrata e coordinata di più livelli di governo territoriale e di più soggetti
pubblici.

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Pur trattandosi di esercizio di potestà amministrativa, l’atto in cui essa si esprime è consensuale e quindi non
unilaterale come l’atto autoritativo!
Questi accordi sono assoggettati prevalentemente alla disciplina pubblicistica dei provvedimenti: la manifestazione
di volontà dell’Amministrazione conserva il regime del provvedimento e la disciplina dei principi codicistici vale solo
in via residuale, per tutti i profili non coperti dal regime pubblicistico.

Vi sono anche manifestazioni di potestà amministrativa in sede di esecuzione degli accordi (es recesso ex art 11.4).

Atti di evidenza pubblica

si tratta di atti che attengono alla formazione della volontà dell’Amministrazione e alla scelta dell’altro contraente
ai fini della conclusione di contratti privatistici (es appalti di lavori, servizi, forniture).

La formazione della volontà contrattuale dell’Amministrazione è procedimentalizzata in atti tendenti a garantire la


convenienza del contratto e l’affidabilità del contraente (interessi propri dell’Amministrazione).
Sotto la spinta del diritto europeo l’istituto è sempre più preordinato a garantire l’apertura alla concorrenza e la par
condicio dei concorrenti (interessi che vanno al di là di quelli dell’amministrazione contrattante).
L’assoggettamento di tali atti al regime amministrativo è frutto di un’elaborazione giurisprudenziale. Questo
regime infatti consente di rendere giustiziabili le posizioni dei vari soggetti interessati alla stipulazione del contratto
che altrimenti non potrebbero ricevere la stessa tutela in un contesto privatistico dell’intera fattispecie.
art 120 Codice del processo amministrativo: gli atti della procedura di affidamento.. relativi a pubblici lavori, servizi
e forniture.. sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.

 sono atti NON autoritativi che prefigurano e determinano il contenuto del contratto, individuando anche
l’altro contraente e assoggettati allo stesso regime del provvedimento per previsione normativa espressa.

Atti a contenuto organizzatorio

La legge è la principale fonte diretta delle figure di organi ed enti pubblici più rilevanti come i Ministeri. Ci sono però
varie espressioni della funzione organizzatoria a livello di normazione secondaria ( es Statuti comunali e provinciali)
e di intervento concreto e puntuale (es scioglimento di organi consiliari di province e comuni).

Ciò è possibile perché la riserva di legge ex art 97 Cost è relativa: i pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge.
Quindi è necessario e sufficiente che la legge conferisca all’Amministrazione un potere organizzatorio
individuando le caratteristiche e i limiti del relativo esercizio.

A livello di enti locali si registrano manifestazioni di poteri amministrativi di organizzazione:

 Consorzi intercomunali ex art 31 TUEL (costituzione, competenza degli organi, vicende contrassegnate da
atti amministrativi degli enti consorziati)
 Unione dei comuni ex art 32 TUEL

Vi sono vari istituti che comportano vicende modificative di attribuzioni e compentenze: avocazione, sostituzione,
devoluzione, avvalimento e sono tutte prodotte da atti amministrativi nei casi previsti dalla legge.

Questi atti NON presentano sempre un carattere autoritativo, escluso nei casi in cui l’atto di organizzazione esaurisce
i suoi effetti all’interno dell’ente che lo emana e quindi incide solo nei rapporti interorganici.
In altri casi gli atti di organizzazione sono identici a livello di contenuto alle analoghe figure di diritto privato.
> nonostante ciò tali atti sono equiparati al provvedimento amministrativo perché le decisioni in tema di
organizzazione si ripercuotono sull’attività amministrativa finale nei confronti dei consociati che può essere
svolta in modo adeguato solo da apparati idonei allo scopo istituzionale loro assegnato! Essi devono seguire le stesse
regole per consentire di raggiungere tale risultato al meglio!

Sono assoggettati alla disciplina pubblicistica:

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 Atti di macrorganizzazione, quelli riguardanti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, che
individuano gli uffici di maggiore rilevanza e le dotazioni organiche complessive.
 Tutti gli atti che presentano una rilevanza esterna, compresi quelli che operano vicende costitutive,
modificative o estintive di attribuzioni e competenze.
 Tutti gli atti che riguardano enti ed organi in senso stretto (strutture idonee a manifestare all’esterno la
volontà dell’ente imputando atti ed effetti all’ente stesso).

Sono assoggettati invece alla disciplina privatistica:

 Gli atti di microrganizzazione, cioè determinazioni per l’organizzazione degli uffici e misure inerenti alla
gestione dei rapporti di lavoro,
 Gli atti relativi agli uffici intesi in senso stretto come strutture dirette a svolgere meri compiti preparatori o
esecutivi e prestazionali.
 Atti di organizzazione delle società di capitali anche se in mano pubblica (presentano profili pubblicistici
solo all’atto della loro costituzione).

Diversamente dagli enti pubblici economici che mantengono un potere organizzatorio pubblicistico (regolamento
di organizzazione).

PRINCIPI:

 Principio di legalità
 Principio di buon andamento – imparzialità art 97 Cost
 Principio di economicità
 Principio di efficacia
 Principio di efficienza
 Principio di sussidiarietà ex art 120.2 Cost
 Principio di leale collaborazione che comporta una reciproca pretesa a un comportamento secondo buona
fede e dovrebbe consentire la tutela giurisdizionale da parte di chi ne lamenti la violazione.

Il procedimento amministrativo: iniziativa e istruttoria

Salvo ragioni eccezionali di urgenza, che possono comprimerne alcune fasi, il provvedimento amministrativo può
essere emesso solo all’esito di un particolare procedimento.
Visto il carattere autoritativo del provvedimento e la sua funzionalizzazione al perseguimento di interessi pubblici
stabiliti dalla legge, è necessaria una attenta e formalizzata attività di acquisizione ed elaborazione dei dati di fatto e
di diritto (presupposti) e di tutti gli interessi coinvolti.

PROCEDIMENTO: complesso di atti ed operazioni compiuti anche da Autorità amministrative diverse e nell’esercizio
di funzioni diverse, diretti alla formazione ed emanazione di un provvedimento e alla sua efficacia.

Il modello della legge 241/1990 (procedimento-tipo) si articola in 3 fasi necessarie:

A) Iniziativa
B) Istruttoria
C) Decisoria

e 2 fasi integrative dell’efficacia meramente eventuali.

Il procedimento ha 2 esigenze spesso in contrasto tra loro:

 Garantire il più ampio contraddittorio con la partecipazione dei soggetti interessati


 Semplificare l’azione amministrativa

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Si parla di dialettica tra amministrazione partecipata e amministrazione di risultato.

 Iniziativa

Pubblica

- d’ufficio

Se promana dallo stesso ente competente per l’adozione del provvedimento

- Su proposta

Se promana da un soggetto pubblico diverso da quello competente per l’emanazione del provvedimento

Privata

L’iniziativa è assunta dal soggetto privato interessato ad ottenere un provvedimento ampliativo e assume la forma
di istanza o domanda.
Essa deve riguardare una posizione soggettiva protetta dalla legge (da essa prevista) perché solo in tal caso sussiste
per l’amministrazione l’ obbligo di provvedere.
Quando tale obbligo non sussiste l’iniziativa del privato non può dare impulso al procedimento ma può essere usata
come un’informazione utilizzabile dall’amministrazione per un’iniziativa d’ufficio (es denuncia di un illecito altrui al
fine di attivare un procedimento sanzionatorio).

L’iniziativa su istanza è tipica dei procedimenti riguardanti potestà ampliative come autorizzazioni o concessioni,
mentre quella d’ufficio solitamente riguarda l’esercizio di potestà ablatorie.
MA vi sono alcuni casi di provvedimenti ampliativi che possono essere assunti d’ufficio es la promozione nel pubblico
impiego.
Vi sono anche casi di procedimenti diretti all’eventuale emanazione di atti restrittivi promossi dallo stesso soggetto
che potrebbe subirli es SCIA – segnalazione certificata di inizio attività.
Un altro esempio di questo ultimo caso è quello della comunicazione delle concentrazioni di imprese che apre un
procedimento di controllo da parte dell’AGCM che può vietarle o autorizzarle entro certi limiti.
Quando si dà inizio al procedimento le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante
l’adozione di un provvedimento espresso ex art 2 legge 241/1990 nel rispetto del termine finale previsto per la
singola categoria di procedimento.

Per le amministrazioni statali il termine non può superare i 90gg e nei procedimenti più complessi il massimo è di
180gg. Se non risultano fissati, i termini sono di 30gg.
La sua predeterminazione è rilevante perché il superamento del termine dà luogo a una fattispecie di silenzio che
costituisce un inadempimento, fonte di responsabilità, salvo che non si tratti di un provvedimento normativamente
equiparato a provvedimento amministrativo.

Si ritiene che l’archiviazione debba essere formalizzata e dia luogo a un provvedimento amministrativo
satisfattorio dell’interesse legittimo oppositivo del destinatario ipotizzato.

Dopo che il procedimento è stato avviato se ne deve dare subito comunicazione:

- Ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e
- Agli eventuali ulteriori soggetti che possano trarne pregiudizio se facilmente individuabili (destinatari
indiretti)

Comunicazione di avvio del procedimento

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Art 7 legge 241/1990:

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del
procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il
provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti
non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a
soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire
loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.

L’ art 8.2 statuisce che Nella comunicazione debbono essere indicati:

- L’amministrazione competente;
- L’oggetto del procedimento promosso;
- L’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
- La data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento
e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
- Nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;
- L’ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

Essa fornisce l’oggetto del procedimento stesso e in tal modo consente agli interessati l’idonea rappresentazione
delle proprie posizioni e una tutela anticipata rispetto all’emissione del provvedimento. L’ interesse legittimo sorge
con l’inizio del procedimento e la partecipazione degli interessati costituisce esercizio di tale posizione di
interesse legittimo, indipendentemente dall’emissione del provvedimento. Il provvedimento, se lesivo dell’interesse
legittimo, può comportare la tutela impugnatoria ed eventualmente risarcitoria.

E’ garantito inoltre il diritto di accesso che comporta la facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di
estrarne copia. Rappresenta un’espressione del diritto all’informazione ex art 21 Cost ed è riconosciuto a tutti gli
interessati (tutti i soggetti che hanno un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente a una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso). Questo diritto trova un limite solo
con alcuni tipi di documenti tassativamente predeterminati e deve conciliarsi con il diritto al privacy.

Le osservazioni o memorie che tali soggetti interessati possono presentare, che l’Amministrazione ha l’obbligo di
valutare ex art 10.1 lett b), consentono all’amministrazione stessa di avere un quadro completo degli interessi
secondari coinvolti. Ciò vale soprattutto per gli interessi legittimi oppositivi perché quelli pretensivi sono già
rappresentati nell’istanza o domanda iniziale.

Per questi motivi la legge 241/1990 prevede la più ampia partecipazione dei soggetti con interessi coinvolti. L’ art
9 consente l’intervento a qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché ai portatori di interessi
diffusi costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento.

Il vero motore del procedimento è il responsabile del procedimento, funzionario appositamente individuato allo
scopo nell’ambito dell’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale,
nonché dell’adozione del provvedimento finale.

Art. 5. (Responsabile del procedimento)

1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto


all’unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché,
eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale.

2. Fino a quando non sia effettuata l’assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo
procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell’articolo 4.

3. L’unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai
soggetti di cui all’articolo 7 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse.

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Art. 6. (Compiti del responsabile del procedimento):

1. Il responsabile del procedimento:

Valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano
rilevanti per l’emanazione di provvedimento;
Accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per
l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la
rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed
ordinare esibizioni documentali;
Propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all’articolo 14;
Cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti;
Adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente
per l’adozione. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile
del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del
procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.

Egli ha compiti istruttori, di impulso per lo svolgimento del procedimento e funzioni decisorie se ne ha la
competenza.

Istruttoria

Dominus della fase istruttoria è il responsabile del procedimento che procede d’ufficio all’accertamento dei fatti che
costituiscono i presupposti per l’emanazione del provvedimento finale.
Può esperire anche accertamenti tecnici ed ispezioni e ordinare esibizioni documentali.
Spesso infatti non è sufficiente una mera acquisizione dei dati > richiesta di pareri facoltativi, ma è necessaria una
loro elaborazione con l’aiuto di scienze specialistiche > pareri obbligatori imposti dalla legge.
Entrambi i pareri possono essere disattesi dall’amministrazione solo sulla base di una idonea
motivazione che ne spieghi le ragioni.

Pareri:

Valutazioni o manifestazioni di opinione di competenza degli organi spesso tecnici a ciò deputati (da rilasciare entro
20gg)
NON sono provvedimenti, anche se il parere vincolante assume una natura sostanzialmente provvedimentale
perché finisce per compartecipare all’emissione del provvedimento finale visto che esso deve necessariamente essere
seguito.
Es di parere vincolante è quello che deve essere rilasciato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e
paesaggistici nell’ambito di un procedimento di autorizzazione paesaggistica. Se il parere si pensa debba essere
negativo il Soprintendente deve comunicare il preavviso del provvedimento negativo, come accade per l’esercizio
della potestà provvedimentale.

Diverse sono le valutazioni tecniche (da rilasciare entro 90gg).

Un criterio distintivo tra pareri e valutazioni può essere dato dalla composizione dell’organo che si deve
pronunciare: le valutazioni tecniche possono essere fornite SOLO da organo o uffici i cui membri siano dotati di
particolare qualificazione tecnica e non da organi a composizione mista, più adatti a fornire pareri.

RIMEDI per superare il mancato rilascio degli stessi entro i termini previsti:

L’organo procedente può concludere il procedimento anche senza il parere art 16


L’organo procedente può rivolgersi ad altre amministrazioni pubbliche con analoga qualificazione nel caso di
valutazioni tecniche art 17.

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Queste soluzioni però non si applicano in caso di pareri e valutazioni tecniche che debbano essere rilasciati da
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini: si tratta di
interessi prioritari non sacrificabili per esigenze di accelerazione del procedimento.

In questa fase l’amministrazione acquisisce anche altri atti di assenso richiesti dalla legge (intese, concerti, nulla-
osta,..) che rappresentano altri presupposti del provvedimento amministrativo il quale viene poi formato nella fase
successiva (costitutiva o decisoria).

L’istruttoria deve:

Aver consentito all’amministrazione di valutare la sussistenza o meno dei requisiti per l’emissione del
provvedimento

In caso di provvedimento discrezionale deve aver fornito tutti gli elementi idonei a consentire il bilanciamento
degli interessi, pur nel perseguimento dell’interesse pubblico primario.

Se sì.. > chiusura dell’istruttoria

Nei procedimenti su istanza di parte ove l’amministrazione ritenga che non sussistano i presupposti per il relativo
accoglimento, vi è l’obbligo della preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza
al fine di consentire a tali soggetti di presentare ulteriori osservazioni e di verificare fino in fondo l’accoglibilità della
domanda. > preavviso di diniego La comunicazione deve contenere tutte le ragioni ostative del provvedimento
infatti questo non potrebbe poi essere rifiutato per ragioni diversa da quelle indicate nel preavviso di diniego (il
quale esaurisce le ragioni del possibile diniego)!

Fase decisoria e fasi integrative dell’efficacia

Fase costitutiva o decisoria

 Se l’ organo di amministrazione attiva è monocratico esso, tenuto conto dei risultati dell’istruttoria e dei
contributi partecipativi dei soggetti interessati, adotta l’ atto vincolato se ricorrono i presupposti di legge o
l’ atto discrezionale operando il bilanciamento di interessi.
 Si tratta di un processo interno di formazione volitiva di cui si deve dar conto nella motivazione dell’atto.
 Se l’ organo amministrativo è collegiale per la formazione della volontà è necessaria la convocazione con un
preciso ordine del giorno, la sussistenza di un quorum strutturale per la validità della seduta (presenza di
un numero minimo di componenti), il raggiungimento di un quorum funzionale perché la delibera sia
approvata (numero di voti favorevoli richiesti), la redazione di un verbale,..

Art. 38. Consigli comunali e provinciali – TUEL:

2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento,
approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione
e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle
sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge
all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.

La fase decisoria risulta così procedimentalizzata, esponendo la decisione finale a eventuali vizi di legittimità ove
non si osservino le regole previste dalla legge e dalla giurisprudenza.

A seguito dell’iter l’atto risulta formato, completo, idoneo ad operare nel mondo del diritto =atto perfetto.

Se è richiesta la forma scritta esso si presenta con le seguenti parti:

 Intestazione: individua l’autorità emanante l’atto

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 Preambolo: fonti normative applicate e momenti procedimentali salienti

 Motivazione:

Art 3.1 legge 241/1990:

1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento


dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione
deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione,
in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

La motivazione non è richiesta solo per gli atti nominativi e per quelli a contenuto generale ex art 3.2.
La motivazione è particolarmente importante nei provvedimenti discrezionali perché consente di conoscere l’ iter
logico seguito dall’amministrazione.
Attraverso di essa può essere operato un sindacato sulla scelta discrezionale ed emergere un vizio di eccesso di
potere.

Art 10bis:

1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della
formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano
all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti
hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La
comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano
nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del
termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella
motivazione del provvedimento finale.

 Dispositivo: contiene il contenuto precettivo dell’atto (ciò che consente, vieta, dispone,..)
 Data e luogo dell’emissione
 Sottoscrizione del funzionario che ha provveduto
 Termine per impugnare e autorità cui è possibile ricorrere

Non tutte le indicazioni sono necessarie perché l’atto si possa dire esistente e privo di vizi di legittimità
(formalmente).

Fasi integrative dell’efficacia

Non è detto che il provvedimento così emesso sia idoneo a produrre subito i suoi effetti infatti in vari casi l’atto
perfetto è assoggettato ad altri adempimenti procedurali: fasi integrative dell’efficacia.

Esse sono:

Controllo preventivo di legittimità

Controllo che condiziona l’inizio dell’efficacia dell’atto (preventivo) oggi quasi del tutto scomparso.

Con la riforma del Titolo V Cost. sono venuti meno i controlli preventivi sugli atti amministrativi delle Regioni,
Province e Comuni.

Anche il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti sugli atti statali è ridotto a pochi casi ex art 3.1 legge
20/1994:

Il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercita esclusivamente sui seguenti atti non aventi forza di

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legge:

 Provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri;


 Atti del Presidente del Consiglio dei Ministri e atti dei Ministri aventi ad oggetto la definizione delle piante
organiche, il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali e le direttive generali per l'indirizzo e per lo
svolgimento dell'azione amministrativa;
 Atti normativi a rilevanza esterna, atti di programmazione comportanti spese ed atti generali attuativi di
norme comunitarie;
 Provvedimenti dei comitati interministeriali di riparto o assegnazione di fondi ed altre deliberazioni emanate
nelle materie di cui alle lettere b) e c);
 Provvedimenti di disposizione del demanio e del patrimonio immobiliare;
 Decreti che approvano contratti delle amministrazioni dello Stato, escluse le aziende autonome: attivi, di
qualunque importo; di appalto d'opera, se di importo superiore al valore in ECU stabilito dalla normativa
comunitaria per l'applicazione delle procedure di aggiudicazione dei contratti stessi; altri contratti passivi, se
di importo superiore ad un decimo del valore suindicato.

I provvedimenti sottoposti a controllo acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo non li sottoponga
all’esame della Sezione di controllo entro 30gg. Questa si pronuncia entro 30gg e in mancanza di pronuncia i
provvedimenti diventano comunque efficaci.

Sono previsti dall’ordinamento controlli sugli atti degli enti strumentali e delle Agenzie, a conferma della posizione
di preminenza del Ministro competente il quale è dotato di funzioni di controllo sui risultati rispetto agli indirizzi
impartiti.

Anche alcuni atti degli enti autonomi (bilancio o modifiche di statuto) sono assoggettati al controllo preventivo del
Ministero vigilante.

Resta una grave lacuna dell’ordinamento che, dopo aver abolito il preesistente sistema di controlli preventivi
esterni, non ha apprestato strumenti che lo possano validamente rimpiazzare. Infatti i controlli interni che possono
essere preventivi non hanno dato buona prova di sé (es approvazioni degli atti di affidamento di un appalto pubblico,
espressioni di controllo sia di legittimità, sia di merito, che riguardano l’aggiudicazione provvisoria che si considera
rilasciata se l’organo competente non si pronuncia nel termine di 30gg.

Comunicazione dell’atto ai destinatari

Art 21bis legge 241/1990-(Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati):

1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario
con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti
dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o
risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta
stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente
carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della
sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci.

Ciò è previsto per non aggravare, oltre quanto consentito dalla legge, la posizione del destinatario dell’atto > atti
ricettizi

La comunicazione non costituisce requisito di efficacia per gli atti ampliativi!

Conferenze dei servizi

La legge 241/1990, oltre al procedimento di tipo lineare appena esposto, nel corso del quale ogni singola pratica
passa da un’amministrazione all’altra per acquisire assensi e operare una ricognizione dei vari interessi pubblici

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coinvolti (navetta), prevede anche un meccanismo di semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa: la


conferenza di servizi.

Questa prevede la partecipazione contestuale di tutte le Autorità interessate alle riunioni convocate a fini:

a) Istruttori
b) Predecisori
c) Decisori

Essa presuppone che vi sia un’Autorità competente ad adottare la determinazione finale e che sussistano più organi
o enti che devono assumere atti e provvedimenti relativi alla stessa fattispecie.
 Ha la funzione di ridurre a unità la frammentazione dell’azione amministrativa tipica del policentrismo
autonomistico.

Il dialogo tra amministrazioni rende infatti più agevole la soluzione di problemi concreti.
 Si tratta di un modello di azione amministrativa.

Conferenza dei servizi istruttoria

Viene indetta quando è opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un
procedimento amministrativo.

art 14.1 legge 241/1990:

1. La conferenza di servizi istruttoria può essere indetta dall'amministrazione procedente, anche su richiesta di altra
amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare
un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più
procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. Tale conferenza si svolge con le
modalità previste dall'articolo 14-bis o con modalità diverse, definite dall'amministrazione procedente.

Ad essa partecipano gli organi di amministrazione attiva, organi consultivi e tecnici.


Svolge la funzione di acquisire in un'unica sede ed occasione tutti gli accertamenti, pareri e quanto necessario per la
fase decisoria.

La decisione finale rimane all’Autorità competente che non può discostarsi dai risultati della conferenza se non con
idonea motivazione.

Si tratta di una conferenza facoltativa (opportunità) e non è imposta necessariamente dalla pluralità di funzioni
incidenti sulla stessa fattispecie!

Conferenza dei servizi predecisoria o preliminare

Può essere indetta per i progetti complessi al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro
presentazione, i necessari atti di consenso ex art 14.3.

Può essere convocata anche su istanza di un soggetto privato interessato all’iniziativa.


Ha la funzione del parere preventivo di massima utilizzato per individuare la fattibilità di un progetto.
Le indicazioni fornite dalle amministrazioni partecipanti non possono essere modificate se non in presenza di
significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.

Art 14.3:

3. La conferenza di servizi preliminare può essere indetta dall'amministrazione competente, per progetti di particolare
complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, corredata, in assenza di

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progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo,
al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti,
nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati. In tal caso, la conferenza si conclude entro trenta giorni dalla
data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente. La conferenza si svolge sulla base degli atti e le
indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi
elementi emersi nelle fasi successive del procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati sul progetto
definitivo. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime
sul progetto preliminare, al fine di indicare le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le
concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa
vigente.

Questa conferenza può essere indotta anche nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche o di interesse
pubblico per indicare, sulla base del progetto preliminare, quali siano le condizioni per ottenere licenze, nulla-osta,
assensi in ordine al progetto definitivo.
Secondo l’attuale disciplina dei lavori pubblici la progettazione si articola in 3 livelli:

1- Il progetto preliminare che definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, nel quadro delle
esigenze da soddisfare;
2- Il progetto definitivo che individua compiutamente i lavori da realizzare;
3- Il progetto esecutivo che determina nel dettaglio questi lavori consentendone la concreta realizzazione.

 L’esito positivo della conferenza vincola le amministrazioni che vi hanno partecipato: è una autolimitazione della
propria sfera di apprezzamento che impone la coerenza di comportamento.

Conferenza dei servizi decisoria

E’ convocata quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla-osta o assensi comunque
denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga entro il termine di 30gg dalla richiesta per:

 Inerzia > conferenza dei servizi obbligatoria


 Dichiarato dissenso > conferenza dei servizi facoltativa

In entrambi i casi i partecipanti alla conferenza devono avere i poteri di esprimere la volontà
dell’ente o dell’organo di appartenenza art 14ter.

L’esito della conferenza dà luogo a una decisione pluri-strutturata in cui più amministrazioni intervengono
nell’esercizio delle rispettive funzioni e l’assenso di ciascuna condiziona l’approvazione dell’iniziativa (es opera
pubblica di interesse statale) che può coinvolgere interessi pubblici eterogenei (es trasporti, ambiente, tutela beni
culturali,..).

E’ comunque necessaria la determinazione conclusiva dell’Autorità procedente che è chiamata anche a ricercare
l’interesse pubblico prevalente.

L’istituto infatti è strutturato con un certo favor per un esito positivo dell’iniziativa procedimentale: Si considera
acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alla riunione,
ovvero pur partecipando alla riunione non abbia espresso la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso
non motivato ex art 14ter.7

Regime di silenzio-assenso cui non si sottrae nemmeno l’autorità preposta alla tutela della salute, dell’incolumità
pubblica, alla tutela paesaggistica territoriale e alla tutela ambientale.
Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, a pena di ammissibilità, deve essere
manifestato nella conferenza dei servizi e deve essere congruamente motivato.

Tale dissenso non sempre impedisce una decisione finale positiva!


A conclusione della conferenza dei servizi decisoria l’amministrazione procedente, valutate le specifiche risultanze

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della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede adotta la determinazione
motivata di conclusione del procedimento, che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta
o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti artt 14ter.6 e 14quater.

MA la conferenza non si trasforma in un organo collegiale! Si tratta solo di un particolare modulo procedimentale in
cui le amministrazioni partecipanti conservano la propria individualità e competenza.

DEROGA: la posizione minoritaria di alcune amministrazioni può essere superata dal consenso prevalente delle altre
anche a scapito di interessi pubblici ritenuti non prioritari.
E’ costituzionalmente legittimo visto che deroga al riparto di competenze ed attribuzioni e pare lontano dai principi
di sussidiarietà e leale collaborazione?

Il superamento del dissenso può valere SOLO nel caso in cui NON si tratti di amministrazioni portatrici di interessi
pubblici qualificati, come quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, del patrimonio storico-
artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
Questi interessi sensibili non possono infatti essere sacrificati per esigenze di efficienza e celerità.

In questi casi in passato erano previsti subprocedimenti aggravati che coinvolgevano gli organismi di
coordinamento e di raccordo interistituzionali:

 Conferenza permanente Stato-Regioni


 Conferenza unificata Stato-Regioni e Stato-Città ed autonomie locali

Le recenti modifiche normative hanno soppresso l’intervento di questi organi conferendo competenza al Consiglio
dei Ministri nella risoluzione dei contrasti.

Art. 14 – quinquies - (Rimedi per le amministrazioni dissenzienti)

1. Avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua
comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-
artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio
dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione
dei lavori della conferenza. Per le amministrazioni statali l'opposizione è proposta dal Ministro competente.

2. Possono altresì proporre opposizione le amministrazioni delle regioni o delle province autonome di
Trento e Bolzano, il cui rappresentante, intervenendo in una materia spettante alla rispettiva competenza, abbia
manifestato un dissenso motivato in seno alla conferenza.

3. La proposizione dell'opposizione sospende l'efficacia della determinazione motivata di conclusione


della conferenza.

4. La Presidenza del Consiglio dei ministri indice, per una data non posteriore al quindicesimo giorno
successivo alla ricezione dell'opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso
il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti
formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa,
che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti.

5. Qualora alla conferenza di servizi abbiano partecipato amministrazioni delle regioni o delle province
autonome di Trento e Bolzano, e l'intesa non venga raggiunta nella riunione di cui al comma 4, può essere indetta, entro
i successivi quindici giorni, una seconda riunione, che si svolge con le medesime modalità e allo stesso fine.

6. Qualora all'esito delle riunioni di cui ai commi 4 e 5 sia raggiunta un'intesa tra le amministrazioni
partecipanti, l'amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata di conclusione della
conferenza. Qualora all'esito delle suddette riunioni, e comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della
riunione, l'intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri. La questione è posta, di norma,

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all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine per
raggiungere l'intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri possono partecipare i Presidenti delle regioni o delle
province autonome interessate. Qualora il Consiglio dei ministri non accolga l'opposizione, la determinazione motivata
di conclusione della conferenza acquisisce definitivamente efficacia. Il Consiglio dei ministri può comunque adottare
una deliberazione con contenuti prescrittivi, anche in considerazione degli esiti delle riunioni di cui ai commi
4 e 5. Tale deliberazione sostituisce la determinazione di conclusione della conferenza.

Sono previste 3 riunioni da parte della Presidenza del Consiglio con la partecipazione delle Regioni e degli enti locali
per individuare una posizione condivisa, ma se all’esito delle trattative l’intesa non è raggiunta, la deliberazione del
Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle regioni o delle
province autonome interessate. Ciò soddisfa le esigenze del principio di leale collaborazione ma il modelli di
equiordinazione è raggiunto ed è incompatibile con la valenza ascendente del principio di sussidiarietà.

Procedimenti privi di conclusione provvedimentale espressa

L’Autorità ha il dovere di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e questa conclusione deve
avvenire nel termine massimo di durata per esso previsto.
MA cosa accade se i termini fissati per la conclusione vengono superati senza l’adozione di un provvedimento
espresso?

Silenzio della Pubblica Amministrazione (inerzia)

Riguarda soprattutto i procedimenti ad istanza di parte, diretti a ottenere un provvedimento ampliativo per il
richiedente: il ritardo è di per sé lesivo della posizione di chi ha presentato l’istanza indipendentemente dalla ragione
dell’inerzia.
Il nostro sistema di giustizia amministrativa è sempre stato strutturato come giudizio di impugnazione per
l’annullamento di provvedimenti amministrativi MA la mancanza di un provvedimento (silenzio della PA) non
consentiva nemmeno l’accesso alla tutela giurisdizionale!

Il legislatore poteva trasformare il silenzio in un provvedimento amministrativo tacito e quindi impugnabile dal
soggetto interessato. MA questa fictio iuris vale SOLO nei casi previsti dalla legge, cioè nelle ipotesi di silenzio
normativamente qualificato!
Questi casi erano diretti a equiparare il silenzio al provvedimento di diniego: silenzio-diniego o rigetto.

Ora la legge 241/1990 art 20 stabilisce che, salvo i casi ex art 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio
di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di
accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non
comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3 (previsto per la conclusione del procedimento),il
provvedimento di diniego.

 Il silenzio-accoglimento riguarda i casi di richiesta di provvedimenti ampliativi discrezionali

Essendo il silenzio equiparato a un provvedimento vero nei confronti dello stesso sono esperibili i normali poteri di
autotutela da parte dell’amministrazione competente:

 annullamento d’ufficio revoca

L’ art 20.4 precisa che la regola del silenzio-accoglimento NON si applica agli atti e procedimenti riguardanti il
patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica
sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la
normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il
silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri
competenti.
Queste fattispecie coinvolgono interessi particolarmente protetti.

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Se la fattispecie non rientra né in uno dei casi attualmente previsti dalla legge di silenzio-diniego o rigetto
(=provvedimento negativo es nulla osta dei vigili del fuoco o se è inutilmente richiesto l’intervento sostitutivo della
Regione nella procedura di rilascio di un permesso di costruire), né nella disciplina generale del silenzio-
accoglimento, come nei casi ricordati all’art 20.4, l’inerzia dell’amministrazione risulta normativamente non
qualificata!

Essa rileva come mero fatto lesivo del soggetto istante.


Il silenzio può essere qualificato come silenzio-inadempimento perché rappresenta una violazione dell’obbligo di
provvedere ex art 2 legge 241/1990.
MA che differenza c’è tra silenzio normativamente qualificato (silenzio-accoglimento o silenzio- diniego)e silenzio-
inadempimento?

Il silenzio normativamente qualificato è un provvedimento amministrativo a contenuto positivo o negativo ed è


quindi assoggettato al suo regime:
 Può essere impugnato dai soggetti lesi,
 Può essere inficiato da vizi di legittimità,
 Può essere annullato in sede giudiziale e
 Può essere oggetto di autotutela amministrativa.

Il silenzio inadempimento non può avere una tutela giurisdizionale affidata al giudizio di impugnazione visto che è
impossibile annullare un mero fatto!
Non è un provvedimento e quindi non è in grado di concludere il procedimento: il potere di provvedere permane
nell’amministrazione e l’interesse legittimo pretensivo di chi ha presentato l’istanza non risulta definitivamente
compromesso, anzi, è suscettibile di essere soddisfatto con l’intermediazione del giudice.

Per questi motivi con la legge 205/2000 è stato istituito un apposito rito e tipo di giudizio che può concludersi con
l’ ordine giudiziale di provvedere (giudizio sul silenzio ex artt 31 e 117 d.lgs.104/2010).

Non si può evitare il danno da ritardo e allo scopo la legge prevede una specifica fattispecie risarcitoria all’ art 2bis
legge 241/1990, preordinata a compensare i danni derivanti dalla protratta inerzia della P.A.

Segnalazione certificata di inizio di attività – S.C.I.A.

Si tratta di un altro caso di mancanza di conclusione espressa del procedimento.


Vi è l’istituto della D.I.A. (denuncia di inizio di attività), da poco sostituito dalla SCIA che presenta una struttura
complessa oggetto di dibattito.

art 19 legge 241/1990:

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato,
comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o
artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da
atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti
di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola
esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle
amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza,
all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di
acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone
sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria.

La SCIA presuppone che l’atto richiesto sia vincolato: deve trattarsi di atti il cui rilascio dipende esclusivamente
dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge e non sia previsto alcun contingente complessivo o specifici
strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi.
Inoltre ogni atto richiesto è sostituito da una segnalazione dell’interessato (SCIA) corredata dalle autocertificazioni

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e osservazioni pertinenti.
I caratteri fondamentali dell’istituto sono:

 L’attività oggetto di segnalazione può essere iniziata dalla data della sua presentazione
 L’amministrazione competente in caso di accertata carenza dei requisiti e presupposti, nel termine di 60gg,
adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti
dannosi della stessa.

E’ fatto salvo il potere di autotutela (annullamento e revoca) da parte dell’Amministrazione competente.

Trattandosi di atto vincolato l’unico potere effettivamente presente nella fattispecie riguarda un possibile
intervento inibitorio e repressivo entro 60gg.

Di fronte a tale possibile intervento, tipica espressione di provvedimento restrittivo:

 La posizione di chi opera la segnalazione è una posizione di interesse legittimo oppositivo, interesse
affinchè tali poteri restrittivi non siano esercitati;
 La posizione dei terzi che possono essere lesi dall’attività oggetto di segnalazione certificata è una posizione
di interesse legittimo pretensivo (pretesa affinchè la pa emetta le misure restrittive e inibitorie).

 La SCIA comporta la trasformazione delle posizioni di interesse legittimo dei soggetti coinvolti nella
fattispecie!

In caso di adozione delle misure restrittive il presentatore della SCIA potrà avvalersi della tutela impugnatoria
chiedendo l’annullamento del provvedimento inibitorio e quindi dell’ordine di ripristino.

MA come si configura la fattispecie lesiva del terzo in caso di mancata adozione di queste misure inibitorie, cioè se
la pa rimane inerte lasciando passare i 60gg utili?

Questa fattispecie potrebbe consistere in una mera inerzia giustiziabile quindi in base al rito speciale del silenzio-
inadempimento.

MA tenuto conto:

 Della circostanza che in tal caso l’inutile decorso dei 60gg conclude il procedimento e l’amministrazione
risulta privata dei poteri inibitori e ripristinatori ordinari
 Della circostanza che l’istituto contempla in tal caso poteri di autotutela che presuppongono l’esistenza di
un provvedimento e non di un mero fatto la costruzione preferibile è che si formi un silenzio normativamente
qualificato negativo (silenzio diniego o rigetto) e non un silenzio positivo di accoglimento, come se
l’amministrazione desse atto che non sussistono i presupposti per intervenire con i propri poteri inibitori e
ripristinatori e quindi archiviasse tacitamente il procedimento (silenzio-diniego rispetto all’esercizio di tali
poteri) > ma accoglimento della SCIA.

Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha accolto tale costruzione: la tutela del terzo si può esprimere
attraverso l’impugnazione di tale diniego (di esercitare il provvedimento di divieto della prosecuzione dell’attività),
espresso o tacito che sia.

Il legislatore ha preferito imporre l’istituto del silenzio-inadempimento con il relativo rimedio giurisdizionale.

Efficacia, esecutività, esecutorietà

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Efficacia
l’atto è idoneo a produrre i suoi effetti, cioè è idoneo a produrre effetti conformi al suo contenuto precettivo: l’efficacia
del provvedimento amministrativo muta a seconda del suo contenuto.

 Efficacia istantanea es decreto di espropriazione


 Efficacia durevole es dichiarazione di pubblica utilità dell’opera o occupazione d’urgenza preordinata
all’espropriazione che perdono efficacia dopo 5 anni dalla loro emanazione.

Incidono sull’efficacia anche gli eventuali elementi accidentali come il termine e la condizione.

L’apposizione di un termine finale o di una condizione risolutiva può riguardare solo gli atti a effetti durevoli.
Questi atti sono suscettibili anche di proroga nei casi consentiti dalla legge e di sospensione (disposte
dall’amministrazione che li ha emessi).
es permesso di costruire che può essere prorogato con provvedimento motivato solo in considerazione della mole
dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o quando si tratti di opere
pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

L’apposizione di un termine iniziale o di una condizione sospensiva possono riguardare anche gli atti a effetti
istantanei.

Esecutività

Quando il provvedimento è efficace esso deve essere eseguito.


art 21quater legge 241/1990: 1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia
diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.

Obbligo di immediata esecuzione (non riguarda gli atti autoesecutivi come un diniego di autorizzazione). Tale
obbligo incombe sull’amministrazione e anche sul destinatario se si tratta di provvedimenti restrittivi della sfera
giuridica del cittadino.

Art 21ter:

1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente
l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le
modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche
amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità
previste dalla legge.
2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per
l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato.

L’esecutività esprime tale obbligo di esecuzione rafforzato da una serie di possibili sanzioni tra cui il reato di
inosservanza di un ordine legalmente dato ex art 650 cp: Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato
dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non
costituisce un più grave reato [337, 338, 389, 509], con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a duecentosei
euro.

Esecutorietà

Quanto appena detto non esclude che vi possa essere inesecuzione e che la mancata esecuzione spontanea del
provvedimento restrittivo possa implicare la frustrazione dell’interesse pubblico perseguito: quindi
l’amministrazione ha l’esigenza di realizzare sul piano fattuale l’assetto dei rapporti costituiti dall’atto. Si tratta di
una esigenza comune a ogni creditore insoddisfatto che deve invocare l’intervento del giudice ordinario, non
potendo farsi giustizia da sé.

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MA la Pubblica Amministrazione, visto il rilievo degli interessi coinvolti e la necessità di una loro immediata
soddisfazione, può, se vi sono i presupposti, non richiedere l’intervento del giudice:

 Essa può realizzare il risultato perseguito utilizzando il proprio personale e i propri mezzi > esecuzione
diretta
 Affidando in appalto a imprese terze le operazioni del caso > esecuzione indiretta

L’esecutorietà è espressione dell’autotutela dell’amministrazione, intesa come la capacità di farsi giustizia da sé e


senza l’intermediazione del giudice.

L’esecutorietà è lo strumento con cui le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento
degli obblighi nei loro confronti, cioè nei confronti dei destinatari dell’atto.

Comportando un sacrificio aggiuntivo, le esigenze connesse alla riserva relativa di legge impongono che essa sia
esercitata dall’amministrazione SOLO nelle ipotesi e secondo le modalità stabilite dalla legge.

L’ art 21ter non disciplina il procedimento di esecuzione coattiva perché questa deve essere preceduta da una diffida
ad adempiere, cioè dall’intimazione di adempiere entro un certo termine preciso, con la comminatorio che in difetto
dell’adempimento si procederà d’ufficio.

Le modalità con cui le normative prevedono l’esecuzione coattiva mutano a seconda del tipo di obbligazione rimasta
ineseguita:

Obbligazione di dare:

Un bene determinato es a seguito di un decreto di requisizione: il mezzo di esecuzionecoattiva è dato dall’apprensione


materiale del bene compiuta dagli agenti dell’amministrazione

Pecuniarie es sanzioni comminate dall’AGCM: si applica la disciplina per l’esecuzionecoattiva dei crediti dello Stato, cioè
una procedura semplificata di riscossione che si apre con una ingiunzione e che comporta la vendita all’incanto di
beni del patrimonio del debitore dal cui ricavato l’amministrazione trova soddisfazione nei limiti del dovuto.

Obbligazioni di fare fungibili

es ordine di demolizione di un edificio pericolante o abusivo.


La prestazione è compiuta dagli agenti dell’amministrazione o da imprese incaricate in sostituzione del soggetto
inadempiente e a sue spese (esecuzione in danno).
La riscossione delle spese potrà avvenire se necessario con le modalità previste per le obbligazioni pecuniarie.

Obblighi di fare infungibili

Finiscono per incidere sulla libertà persona dell’obbligato (fattispecie di esecuzione d’ufficio tassative!).
es obbligo di espulsione dello straniero privo di titoli necessari per la permanenza nel territorio dello Stato:
l’esecuzione d’ufficio consiste nell’accompagnamento coattivo alla frontiera previo eventuale trattenimento nei
centri di permanenza temporanea.
MA trattandosi di misure che incidono sulla libertà personale ex art 13 Cost questa forme di esecuzione coattiva non
possono essere realizzate con strumenti solo amministrativi e necessitano della convalida del giudice.
L’esecutorietà costituisce un ulteriore potere, diverso da quello provvedimentale anche se ad esso correlato.

La patologia del provvedimento – la Nullità

Scostamento dal paradigma normativo > patologia del provvedimento > nullità o annullabilità a seconda della
gravità

Esistono anche altre 2 ipotesi estreme:

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Inesistenza

Presuppone uno scostamento dal paradigma normativo così forte che non si può parlare di vero e proprio atto
amministrativo (es mera bozza di provvedimento). Si tratta di un fenomeno privo di rilevanza giuridica.

Irregolarità

Si realizza quando la difformità dal modello normativo è marginale e trascurabile perché non incide su interessi
pubblici e privati che risultano comunque salvaguardati dalla valutazione dell’atto nel suo complesso (es erronea
citazione di un testo normativo).
Le componenti erronee o mancanti dell’atto possono essere ricavate altrove e quindi l’irregolarità non incide sulla
validità o sull’efficacia dell’atto.

I regimi dell’annullabilità e della nullità rispecchiano i caratteri tipici di tali istituti in linea di massima.

La sanzione tipica che l’ordinamento ha concepito come conseguenza della patologia del provvedimento
amministrativo è l’annullabilità (non la nullità) per alcune ragioni:

a. Favor per l’efficacia immediata dell’atto


b. Stabilità degli effetti dell’atto
c. Esigenze di certezza del diritto

La NULLITA’ è frutto di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale circoscritta a poche fattispecie ritenute di


particolare gravità.
Essa è una forma di invalidità radicale infatti l’atto nullo non produce alcun effetto e il relativo vizio
è rilevabile in ogni tempo anche d’ufficio.

Ma l’ art 31.4 d.lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo) ha attenuato tali conseguenze disponendo
che La domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di
180gg. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Ora la nullità risulta normativamente prevista all’ art 21septies legge 241/1990 che dispone:

1. È nullo il provvedimento amministrativo

1) Che manca degli elementi essenziali,


2) Che è viziato da difetto assoluto di attribuzione,
3) Che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato,
4) Nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.

Si tratta di ipotesi circoscritte e speciali.

Il Consiglio di Stato nella pronuncia 3173/2007 afferma che nel diritto amministrativo la nullità costituisce una
forma speciale di invalidità, che si configura nei soli casi in cui sia specificamente sancita dalla legge, mentre
l’annullabilità costituisce la regola generale di invalidità del provvedimento a differenza di quanto avviene nel diritto
civile dove la sanzione per la violazione di norme imperative è quella della nullità.

Questa disciplina non comprende la nullità virtuale, quella che deriva dalla violazione di norme imperative: la
violazione di norme di legge (sempre imperative nel diritto amministrativo, trattandosi di rilevanti interessi
pubblici) costituisce uno dei vizi tipici di illegittimità che comportano l’annullabilità del provvedimento
amministrativo > manca quindi la principale figura di nullità prevista dal codice civile!

Mancanza degli elementi essenziali dell’atto > nullità strutturale

La legge non individua gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo e quindi spetta all’interprete e alla

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giurisprudenza ogni necessaria individuazione e perimetrazione dell’istituto. Si può ricorrere alla catalogazione dei
requisiti del contratto ex art 1325 cc?

Accordo delle parti: inapplicabile al provvedimento amministrativo, trattandosi di un atto unilaterale (è


applicabile agli accordi amministrativi) NO
Causa: nel provvedimento essa è data dall’interesse pubblico specifico e la relativa mancanza dà luogo al vizio di
annullabilità dell’eccesso di potere (la pa non può agire se manca un interesse pubblico!). NO
Oggetto mancante, impossibile o illecito. SI’
es atto emanato nel quadro di un accordo corruttivo penalmente accertato (oggetto illecito).
es espropriazione con indicazione catastale di un’area inesistente
es decreto interministeriale che, nel prevedere procedure di rimborso di una tassazione corrisposta da alcuni
operatori finanziari ma non dovuta in base al diritto comunitario, ha fissato un termine per la presentazione delle
relative domande incompatibile per la sua brevità con i tempi necessari per acquisire la documentazione ai fini del
rimborso stesso (oggetto impossibile).

forma dell’atto: elemento essenziale SE la legge prevede una particolare modalità di esternazione dell’atto stesso.
Ciò dovrebbe essere un’eccezione vista la vigenza della libertà di forma. SI’
Nonostante ciò la forma scritta è la più diffusa, soprattutto per l’obbligo di motivazione e per la certezza delle
situazioni giuridiche.
La mancanza della necessaria forma scritta dà luogo a nullità (raro).

Difetto assoluto di attribuzione o incompetenza assoluta (diversa da quella relativa-vizio di annullabilità)

Sono ricompresi solo i casi di carenza in astratto di potere che ricorre quando il potere NON risulta intestato al
soggetto che ha preteso di esercitarlo perché nessuna norma dell’ordinamento glielo attribuisce.
NON sono compresi i casi di carenza in concreto che ricorre quando il potere, pur attribuito al soggetto agente
dall’ordinamento, difetta di alcuni presupposti che ne condizionano in concreto la titolarità e la sussistenza. Questi
presupposti, come il decreto di espropriazione in mancanza di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, rientrano
nella patologia dell’annullabilità.

MA in un sistema multilivello come il nostro, con numerose sovrapposizioni di attribuzioni nella stessa materia, può
capitare che un’Autorità si arroghi competenze e potestà appartenenti ad organi di altri soggetti pubblici
dell’ordinamento.
La giurisprudenza, con un’interpretazione più limitativa dell’istituto della nullità, ha ritenuto che ai fini di questa
patologia fosse necessario sia che l’atto fosse emesso da un organo o ente diverso da quello competente, sia che tale
organo non avesse nessuna competenza nel settore di riferimento del provvedimento impugnato.

Quindi nelle materie in cui vi sono competenze ripartite tra vari livelli di governo l’adozione dell’atto da
parte dell’ente incompetente (che dovrebbe dar luogo a difetto di attribuzione > nullità) non è sanzionata dalla
nullità, ma dalla annullabilità! Ciò per l’esigenza di stabilità dei rapporti.

Nullità testuale

Casi di nullità espressamente previsti da specifiche disposizioni di legge es atti provenienti da organi con titolari già
scaduti dall’incarico, delibere di spesa di enti locali che non indichino l’impegno contabile e l’attribuzione della
copertura finanziari. >

Casi limitati

Quando essa si verifica l’atto non produce effetti e non può qualificarsi come espressione dell’esercizio di ptoestà
amministrativa > le posizioni degli interessati, esistenti al momento dell’inizio del procedimento, NON sono
influenzate dall’esercizio di una potestà amministrativa e quindi nel caso di posizione originaria di diritto
soggettivo, essa rimane tale e non si trasforma e non rileva come interesse legittimo!!

La nullità dei provvedimenti restrittivi impedisce che le posizioni dei loro destinatari possano valere come interessi

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legittimi oppositivi!! La relativa tutela è affidata al giudice ordinario, salvo i casi di giurisdizione esclusiva che sono
di competenza del giudice amministrativo.

L’annullabilità

Art 21octies legge 241/1990:

1. È annullabile il provvedimento amministrativo

1) Adottato in violazione di legge o


2) Viziato da eccesso di potere o
3) Da incompetenza.

L’ art 29 Codice del processo amministrativo statuisce che l’azione di annullamento per violazione di legge,
incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di 60gg.

3 vizi di legittimità

La sanzione della annullabilità non esclude che l’atto viziato produca effetti, ma lo espone alla possibile caducazione
dalla data della sua emanazione (ex tunc – da allora) a seguito di una pronuncia costitutiva di annullamento.

L’attitudine dell’atto amministrativo a produrre effetti, anche se illegittimi, si può definire imperatività, la quale
assume una valenza definitiva quando ad essa si aggiunge l’ inoppugnabilità, cioè la condizione che segue alla
scadenza dei termini di impugnazione.

..Dai vizi di legittimità appena esposti si possono ricavare i rispettivi requisiti di legittimità, requisiti la cui presenza
è richiesta per evitare l’illegittimità..

Incompetenza relativa

Il requisito di legittimità in questo caso è la competenza dell’organo che viene individuata con il criterio
della materia, del territorio e del valore, a seconda dei casi.
≠vizio del difetto di attribuzione o incompetenza assoluta.
L’incompetenza relativa presuppone che la potestà amministrativa sussista in capo all’ente o al Ministero di
appartenenza dell’organo agente.

Questa caratteristica accumuna tutti e 3 i vizi di legittimità: essi sono vizi sulle modalità di esercizio del potere
(la sua esistenza non viene messa in discussione!).
La giurisprudenza ricomprende nell’incompetenza anche il difetto di legittimazione, vizio che attiene comunque
al soggetto che esercita il potere: vi sarà incompetenza (e non violazione di legge) se il soggetto agente versa in una
situazione di incompatibilità, se la sua investitura è risultata illegittima,..
L’inquadramento di questa patologia del difetto di legittimazione nell’incompenteza e non nella violazione di legge
non è però molto rilevante: l’incompetenza è pur sempre una specie di violazione di legge e questa categoria funge
da figura di carattere residuale.

Violazione di legge

Ricomprende ogni caso di violazione della normativa generale e particolare di riferimento.


Ricorre anche nel caso di violazione della normativa comunitaria immediatamente applicabile (amministrazione
comunitaria indiretta) infatti la disciplina europea costituisce parametro di legittimità dell’atto amministrativo
nazionale.

Essa ricorre anche nel caso di contrasto con fonti secondarie come un regolamento amministrativo infatti il termine
legge va inteso in senso lato.

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La violazione di legge può presentarsi:

 Nel caso concreto


 Sottoforma di mancata applicazione della legge – si disattende un precetto espressamente imposto (es non
è stato richiesto un parere obbligatorio)
 Nella forma di erronea o falsa applicazione della legge – si utilizza una disciplina normativa prevista per una
fattispecie concreta diversa (es sanzione della destituzione applicata a violazioni disciplinari di modesta
entità per cui è prevista la pena edittale della censura o della sospensione dello stipendio).

I relativi requisiti di legittimità , la cui osservanza e presenza sono richieste per evitare l’illegittimità sono:

Presupposti di fatto
Es età ai fini di un concorso di accesso a un pubblico impiego

Presupposti di diritto
Es titoli di studio, abilitazione professionale

Requisiti procedurali e formali


Es osservanza delle regole del procedimento amministrativo, presenza dei requisiti formali dell’atto

Motivazione ex art 3 legge 241/1990, componente importante soprattutto per iprovvedimenti discrezionali perché
consente di individuare eventuali profili di eccesso di potere.

MA non ogni violazione dei requisiti di legittimità comporta l’annullabilità.

Detti vizi possono riguardare parametri normativi aventi tutte le caratteristiche intrinseche delle norme imperative
e poiché la loro violazione dà luogo ad annullabilità e non a nullità, risulta palese la scelta del legislatore a favore
della sanzione meno grave.

Eccesso di potere

Si tratta di una disfunzione del potere discrezionale che ricorre soprattutto quando l’interesse perseguito nel caso
concreto risulta diverso da quello pubblico primario (causa del potere) previsto dalla legge.
 si parla di sviamento di potere

Es caso di trasferimento per cause di servizio che in realtà nasconde l’esigenza di allontanamento di un dipendente
dal proprio ufficio per incompatibilità con i colleghi: vi è uno sviamento di potere perché l’istituto del trasferimento
d’ufficio per cause di servizio è diretto a soddisfare esigenze di organico dell’ufficio di arrivo ad quem e non esigenze
dell’ufficio di partenza a quo.

La giurisprudenza e la dottrina hanno elaborato figure sintomatiche di sviamento di potere che costituiscono indizi
di un uso irragionevole della discrezionalità amministrativa (eccesso di potere):

Disparità di trattamento per violazione del principio di imparzialità ex art 97 Cost: ricorre ove sussista perfetta
identità di situazioni soggettive ed oggettive

Contraddittorietà e / o illogicità per violazione dei canoni della coerenza e della ragionevolezza. La contraddittorietà
può essere:

 Interna allo stesso provvedimento es per discrepanza tra motivazione e dispositivo


 Esterna perché relativa al confronti tra atti collegati es violazione di criteri e autolimiti predeterminati dalla
stessa amministrazione, sia la violazione di norme interne

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Difetto o insufficienza di istruttoria che contrasta con la necessità di una corretta e completa rappresentazione dei
fatti posti a premessa della propria azione

Errore o travisamento di fatti


vizio collegato alla violazione degli stessi canoni e si può verificare quando l’amministrazione considera presenti
fatti e circostanze inesistenti o assenti fatti e circostanze presenti

Motivazione incongrua, assertoria o perplessa quando la motivazione, anche se presente, non è idonea a fornire una
adeguata rappresentazione dell’iter logico seguito dall’amministrazione

Violazione del principio dell’affidamento, del principio di precauzione, del principio di proporzionalità che
manifestano un errato bilanciamento degli interessi.

L’eccesso di potere consiste nella violazione di questi principi e criteri che presiedono la scelta discrezionale.
I principi e i criteri costituiscono canoni decisori applicabili a tutte le scelte discrezionali.

I 3 vizi di legittimità hanno in comune il fatto di essere tutti vizi riguardanti l’esercizio del potere vincolato (ricorrono
in tal caso solo i vizi 3-1) o discrezionale (anche il vizio 2).

Alcuni vizi precludono in toto che il potere possa essere nuovamente esercitato con lo stesso contenuto precettivo;
altri vizi non comportano tale preclusione e non escludono il rinnovato esercizio del potere, emendato dai vizi
riscontrati.

Vizi di legittimità di carattere sostanziale

Definiscono una volta per tutte il rapporto tra amministrazione e destinatari dell’atto

Vizi di legittimità di carattere formale

Lasciano aperto all’amministrazione il potere di provvedere, precludendo solo il ripetersi degli stessi vizi.

Vi sono quindi:

Requisiti di legittimità sostanziali

Sono decisivi ai fini della possibilità di adottare o meno un atto es presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge

Requisiti di legittimità formali

La loro violazione non preclude la rinnovazione dello stesso atto, impedisce solo la reiterazione del vizio. Non
incidono sulla questione della spettanza o meno del bene della vita ai singoli cittadini!

Da ciò si può dedurre che l’ art 21octies.2 legge 241/1990 ha escluso l’annullabilità del provvedimento adottato in
violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento,
sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Questa fattispecie riguarda qualunque tipo di vizio procedimentale o formale (es mancata acquisizione di un parere
obbligatorio, mancata motivazione, mancato preavviso di diniego,..)
 questo vizio si inserisce nell’esercizio di una potestà totalmente vincolata.-

Lo stesso articolo ha escluso l’annullabilità anche per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento:
Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del
procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato.

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 si riferisce solo al vizio di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento


 può riguardare anche attività discrezionali sempre se l’amministrazione riesce a dimostrare in giudizio che
l’esito del procedimento non sarebbe cambiato.

In entrambi i casi il vizio dell’atto non è idoneo a provocarne l’annullamento


RATIO: l’adozione dell’atto con un certo contenuto è un risultato che non si può cambiare il suo annullamento
determinerebbe solo un rallentamento dell’azione amministrativa che dovrebbe comunque rinnovare l’atto
senza alcun vantaggio sostanziale rilevante per il destinatario o per i terzi interessati.

Una prima chiave di lettura dell’istituto è di tipo processuale ed è correlata alla insussistenza di interesse a ricorrere:
se all’annullamento dell’atto per vizi formali può seguire solo l’adozione di un altro atto del medesimo contenuto, si
può dubitare dell’interesse a ricorrere avverso il primo! La mancanza di utilità sostanziale correlata ad esigenze di
economia processuale giustifica la NON annullabilità dell’atto!

Alcuni requisiti di legittimità sono superabili se ricorrono le condizioni esposte e le norme che le prevedono
assumono i caratteri delle norme dispositive, non imperative, e come tali sono derogabili nel caso concreto e nei
limiti previsti. Per questa ragione una parte della dottrina ha ritenuto che il legislatore abbia inteso modificare la
linea di confine tra irregolarità e illegittimità a favore della prima.

Una vicenda simile è quella che riguarda gli elementi accidentali dell’atto, cioè condizione, termine, onere.
I vizi che inficiano le clausole che li contengono NON comportano la caducazione dell’intero provvedimento, a meno
che non risulti che in mancanza di esse il provvedimento non sarebbe stato emantato.
Si dice in generale che l’elemento accidentale vitiatur, sed non vitiat.

I vizi di legittimità possono riguardare sia il singolo provvedimento e il relativo procedimento, siaprovvedimenti e
procedimenti collegati nel caso in cui questi ultimi fungano da atti presupposti del primo e ne condizionino la
legittimità.
es illegittima dichiarazione di pubblica utilità rispetto al decreto di espropriazione.

Si distinguono:

Atti presupposti:

Sono atti conclusivi di procedimenti diversi, rispetto a quello dell’atto conseguenziale o sono atti appartenenti alla
stessa serie procedimentale ma dotati di effetti
autonomi esterni (anche lesivi).
I relativi vizi possono infiviare l’atto conseguenziale SOLO se l’atto presupposto steso è tempestivamente
impugnato e annullato, altrimenti l’atto conseguenziale potrà essere impugnato solo per suoi propri vizi.

L’atto presupposto non impugnato NON trasmette i suoi eventuali vizi sull’atto conseguenziale (effetto preclusivo).
La sua persistente efficacia precettiva si imporrà come parametro di riferimento della legittimità dell’atto
conseguenziale (effetto conformativo): ne comporterà la legittimità, se ad esso conforme, o l’illegittimità se ad esso
difforme.

Atti preparatori:

Fanno normalmente parte della sequenza procedimentale e non sono idonei a produrre effetti lesivi autonomi.
I relativi vizi si percuotono automaticamente sul provvedimento conclusivo del procedimento. L’atto preparatorio
non è autonomamente impugnabile perché non lesivo; è impugnabile solo l’atto conclusivo del procedimento che
assorbe in sé gli eventuali vizi del primo.

MA l’annullamento dell’atto presupposto comporta

a) Una mera illegittimità derivata dell’atto conseguenziale O

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b) Tout court la caducazione dell’atto conseguenziale???

a) In tal caso l’atto conseguenziale è illegittimo ma efficace e deve essere a sua volta impugnato
b) In tal caso l’atto conseguenziale risulta automaticamente travolto dall’annullamento dell’atto
presupposto.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione per lungo tempo ha sostenuto la tesi della caducazione automatica
dell’atto conseguenziale (b).
MA ora pare difficilmente sostenibile tale tesi.
L’annullamento dell’atto presupposto, operando ex tunc, realizza una situazione analoga alla mancanza originaria
dell’atto presupposto stesso.
E siccome la mancanza dell’atto presupposto non è causa di nullità dell’atto conseguenziale (è infatti venuta meno
la tesi della carenza in concreto di potere), alle stesse conclusioni si deve pervenire nel caso di annullamento dell’atto
presupposto: l’atto conseguenziale, anche se illegittimo, conserverà i propri effetti e, in mancanza di tempestiva
impugnazione, è destinato a consolidarsi con l’inoppugnabilità (si esclude ogni caducazione automatica).

Atti amministrativi di secondo grado

L’annullamento d’ufficio e la revoca sono espressione di autotutela amministrativa e sono detti atti di secondo
grado perché incidono su preesistenti provvedimenti amministrativi.

Annullamento d’ufficio

Art 21nonies legge 241/1990:

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al


medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico,
entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti
di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi
dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato,
ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato
annullamento del provvedimento illegittimo.
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di
interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2- bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di
dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato,
accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del
termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste
dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Presuppone la sussistenza di un atto illegittimo (non nullo)

Revoca art 21quinquies

Presuppone la sussistenza di un atto legittimo ma inopportuno per:

 Esigenze sopravvenute di interesse pubblico


 Il mutamento della situazione di fatto
 Una diversa valutazione della scelta originaria

Riguarda vizi relativi al merito dell’atto amministrativo.

Entrambe le misure comportano una scelta discrezionale nell’an che riguarda sia l’adozione o meno dell’atto, sia
l’avvio o meno del procedimento di riesame: il procedimento di secondo grado deve essere avviato d’ufficio e

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deve seguire lo stesso procedimento adottato per l’atto da annullare o revocare.


Il procedimento può sfociare in un contrarius actus.
Il possibile destinatario dell’atto e gli eventuali controinteressati sono titolari di una posizione di interesse legittimo
che potranno far valere sia in sede procedimentale (prima), sia in sede giurisdizionale (successivamente) se
necessario.
L’interesse legittimo sarà di tipo oppositivo o pretensivo a seconda che l’atto di primo grado sia ampliativo o
restrittivo > carattere di contrarius actus che si ripercuote sulle posizioni giuridiche originarie.

Discrezionalità della scelta in ordine all’adozione dell’atto di secondo grado una volta avviato il relativo
procedimento:

Revoca: la stessa valutazione di opportunità comporta un rinnovato bilanciamento tra interesse pubblico primario
e interessi secondari.
In tal caso il principio di affidamento ha una forza interdittiva attenuata visto che la revoca potrebbe essere
accompagnata da un indennizzo e presenta una diversa efficacia temporale (ex nunc).

Gli effetti caducatori della revoca operano ex nunc (da ora) infatti la revoca determina l’inidoneità del provvedimento
revocato a produrre ulteriori effetti. Ciò per ragioni di certezza dei rapporti giuridici che non possono esser
subordinati al variabile apprezzamento di merito dell’amministrazione.

La revoca presuppone:

 La persistente efficacia dell’atto (provvedimento ad efficacia durevole): non avrebbe senso una revoca ex
nunc di atti che hanno già esaurito i propri effetti
 L’ atto revocando deve essere a sua volta discrezionale visto che non è possibile predicare l’inopportunità
a un atto vincolato.

Annullamento d’ufficio: la discrezionalità è richiesta non ai fini della valutazione di illegittimità che presuppone
solo un giudizio tecnico-giuridico, ma è richiesta perché l’amministrazione deve valutare se risponde maggiormente
al perseguimento dell’interesse pubblico concreto e attuale mantenere in vita l’atto anche se illegittimo o annullarlo.

L’annullamento può essere operato sussistendone le ragioni di interesse pubblico e tenendo conto degli interessi
dei destinatari e dei controinteressati.

L’interesse pubblico non consiste nell’interesse al ripristino della legalità, altrimenti sarebbe sempre necessario,
senza alcuna scelta discrezionale, annullarlo!
L’interesse pubblico deve essere bilanciato con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati, come
l’affidamento che si è creato in relazione alla stabilità dei rapporti creati dall’atto anche illegittimo.

Principio di affidamento: più tempo è trascorso, più è difficile che la scelta discrezionale possa essere favorevole
all’annullamento. La legge infatti impone che esso avvenga entro un termine ragionevole.
es operata l’assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare in base a una graduatoria rivelatasi poi
illegittima, il bilanciamento degli interessi potrà suggerire di mantenere la situazione consolidatasi al posto di
sconvolgere l’assetto abitativo di molte famiglie.
Il principio di affidamento costituisce un limite al potere di annullamento di ufficio.

Gli effetti caducatori dell’annullamento d’ufficio operano ex tunc (da allora) visto che il vizio di legittimità è
originario.

In riferimento alla competenza l’annullamento d’ufficio e la revoca possono essere adottate SOLO dall’autorità che
ha emesso il primo atto o da altro organo previsto dalla legge, generalmente l’organo gerarchicamente superiore se
esistente.
Ciò riconduce questi istituti alla logica autotutela: l’autorità competente non ricorre alla tutela giurisdizionale per
l’eliminazione di atti viziati, ma provvede direttamente a raggiungere il risultato.
Nel caso di revoca per situazioni e interessi sopravvenuti si può anche pensare che si tratti di una semplice riedizione

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del potere originario, data la sua esigenza di costante adattamento del provvedimento alle mutevoli necessità
dell’interesse pubblico.

Sospensione

Art 21quater.2 legge 241/1990:

2. L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il
tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una
sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare
oltre i termini per l'esercizio del potere di annullamento di cui all'articolo 21-nonies.

 Può riguardare SOLO atti ad effetti durevoli non ancora esauriti.

Convalida

Art 21nonies.2:

2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico
ed entro un termine ragionevole.

Consente di sanare atti amministrativi illegittimi eliminando i vizi da cui sono inficiati. Ciò è possibile solo nel caso
in cui si tratti di vizi formali.

Opera su un precedente provvedimento amministrativo: per raggiungere l’effetto sanante è necessario che essa
soddisfi alcuni requisiti minimi (come nell’ art 1444 cc):

 Specifica rappresentazione dei vizi del primo provvedimento


 Manifestazione espressa della volontà di procedere alla loro eliminazione (animus convalidandi) In tal caso
la convalida del precedente atto opera ex tunc (da allora), sin dalla sua originaria emissione.

La giurisprudenza nazionale ha elaborato un’ampia casistica di autotutela vincolata in tema di illegittime erogazioni
di fondi pubblici (sovvenzioni, contributi, sussidi,..).

La giurisprudenza comunitaria ha elaborato concetti in parte analoghi a proposito di atti amministrativi nazionali
rivelatisi in contrasto con la disciplina europea, a seguito di una sopravvenuta interpretazione della Corte di
Giustizia. La corte ha imposto l’avvio di un procedimento di riesame se i soggetti interessati ne fanno richiesta entro
un breve termine, facendo venir meno la discrezionalità sull’an in ordine all’apertura del procedimento, ma
lasciandola in riferimento alla sua conclusione.

Influenza del diritto europeo

I principi di diritto comunitario esposti al par3 sono necessariamente applicati agli atti amministrativi nazionali.
A questi si aggiunge anche il principio dell’estoppel che esprime il divieto per una pubblica autorità di opporre ai
cittadini le conseguenze di un proprio inadempimento che può valere nei casi in cui l’esercizio di facoltà dei cittadini
è subordinata ad adempimenti che l’amministrazione tarda ad effettuare od omette del tutto.

Il diritto comunitario ha comportato una contrazione dell’intervento pubblico in alcuni settori correlati alle quattro
libertà fondamentali del Trattato.

Sono le 4 libertà fondamentali, simbolo dell’integrazione comunitaria, previste dal Trattato di Roma per la completa

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realizzazione il mercato interno (v.):

1. La libera circolazione delle merci (v.) che prevede la soppressione delle barriere doganali (v.) e il conseguente
libero trasporto delle merci tra gli Stati membri;
2. La libera circolazione delle persone (v.) che ha abolito tutte le formalità doganali tra gli Stati membri a carico
dei cittadini comunitari in transito e ha dato la possibilità ai lavoratori, sia essi subordinati che autonomi, di
svolgere un’attività lavorativa sul territorio di qualunque Stato membro (v. Libera circolazione dei
lavoratori);
3. La libera prestazione dei servizi (v.) che si riferisce alla possibilità di fornire prestazioni retribuite in uno
Stato membro diverso da quello di stabilimento;
4. La libera circolazione dei capitali (v.) in virtù della quale si è avuta la completa liberalizzazione valutaria e
l’integrazione nel settore dei servizi finanziari.

Il diritto comunitario ha anche prodotto un’espansione dell’attività amministrativa in altri settori, come quello degli
appalti pubblici, dell’azione di varie autorità indipendenti etc.

Il fenomeno riguarda anche la conformazione dell’ attività provvedimentale rispetto alla quale la disciplina
comunitaria si è sovrapposta alla disciplina nazionale preesistente: ora la fattispecie risulta espressa dal concorso
di fonti nazionali ed europee.

Frammentazione della fattispecie

Si ricordano anche gli effetti indotti della normativa comunitaria che si realizzano quando questa normativa
disciplina solo specifici istituti di interesse sovranazionale creando una disparità di trattamento all’interno della
stessa materia ove permane una diversa disciplina nazionale. Tale diverso trattamento è destinato ad essere
superato con l’estensione della disciplina comunitaria.

Ne sono un esempio alcuni procedimenti amministrativi:

Il diritto europeo ha talvolta imposto nuovi procedimenti come la procedura di valutazione di impatto ambientale,
altre volte ha introdotto dei segmenti nuovi in procedimenti già previsti dalla legislazione nazionale.

Un esempio di quest’ultimo tipo sono: il subprocedimento per la valutazione delle offerte anomale imposto negli
appalti pubblici e la necessità di indire gare pubbliche nella procedura di affidamento di una concessione di pubblici
servizi.

Incidenza sui presupposti sostanziali:

In tema di offerte anomale è stato da tempo escluso che la valutazione di anomalia potesse basarsi solo sul
superamento di una certa media delle offerte, dovendosi basare invece sull’incapacità del concorrente a garantire la
serietà dell’offerta.

Incidenza sulla forma dell’atto amministrativo nazionale come nei casi di autorizzazione ambientale è stata esclusa
la possibilità del ricorso al silenzio assenso, mentre il silenzio rifiuto è stato tollerato purchè accompagnato da
idonea motivazione.

Incidenza sulla discrezionalità in riferimento alla motivazione.

La Corte di Giustizia ha escluso che la disciplina nazionale possa imporre alle amministrazioni aggiudicatrici un
unico criterio di aggiudicazione al posto dei due indicati dalle direttive europee (prezzo più basso e offerta
economicamente più vantaggiosa), ripristinando così il potere discrezionale che la legge italiana aveva soppresso.

Incidenza sull’interesse pubblico primario in riferimento agli appalti pubblici.

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Nella nostra tradizione i procedimenti di evidenza pubblica hanno sempre assolto il compito di garantire all’ente
pubblico la scelta del migliore offerente sotto il profilo dell’affidabilità e della convenienza economica:

Il compito era quello di garantire quindi l’interesse proprio dell’amministrazione contrattante in cui consisteva e si
esauriva l’interesse pubblico regolatore della materia (interesse pubblico primario).
Diversamente, la disciplina comunitaria muove da altre esigenze e la normativa si ispira ai canoni della libera
prestazione di servizi e della par condicio delle imprese comunitarie, cioè si ispira a un diverso interesse pubblico
primario che a volte risulta in contrasto con quello proprio dell’amministrazione committente e pone problemi di
gerarchia e di bilanciamento. > modifica della causa del potere (oggetto – interesse pubblico)

Incidenza sulla competenza.

A volte anche la competenza di Stato e Regioni è fissata a livello comunitario o è dipendente da determinazioni della
Commissione.

Incidenza sull’attribuzione del potere.

Talvolta essa è riconducibile al diritto comunitario direttamente e indirettamente.


es in tema di sanzioni amministrative correlate a una irregolare applicazione della disciplina europea: la disciplina
delle sanzioni, prevista dal Regolamento CEE 2988/1995, in tema di interessi finanziari della Comunità, si riferisce
a tutti gli atti di natura amministrativa adottati dalle autorità nazionali o comunitarie, miranti a perseguire
irregolarità relative al diritto comunitario…

Quando l’attribuzione del potere è direttamente e immediatamente riconducibile a una fonte comunitaria sorge il
problema di compatibilità con i requisiti imposti dalla disciplina costituzionale dei diritti fondamentali (come
il principio di legalità) i quali devono essere assolti dalla stessa disciplina comunitaria.
es anche la nostra Corte costituzionale si è avvalsa della disciplina comunitaria e dei suoi limiti per giudicare
costituzionalmente legittima una fattispecie in cui la normativa nazionale si era limitata a conferire un potere in
bianco all’Autorità amministrativa, pur in una materia assoggettata a riserva relativa di legge: si trattava del decreto
ministeriale di fissazione del numero chiuso nelle facoltà di medicina in cui si è tenuto conto che il relativo potere
fosse adeguatamente circoscritto quanto a condizioni e limiti dalla disciplina comunitaria – corte cost 383/1998.

Altre DEROGHE alla disciplina dell’atto scaturiscono dai procedimenti di coamministrazione che presentano la
peculiarità di una partecipazione congiunta di autorità diverse e di diverso ordinamento nazionale e comunitario
all’interno di un unico procedimento.
es caso dei finanziamenti FEAOG integrati da finanziamenti statali e il caso dell’utilizzazione dei Fondi strutturali
(nel quadro degli interventi finanziari diretti a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni).

Si parla, a seconda del percorso compiuto dal procedimento, di

Procedimenti top-down (UE > IT) o la sequenza procedimentale è avviata in ambito comunitario e conclusa in sede
nazionale > es assegnazione del marchio di qualità ecologica-ecolabel

Procedimenti bottom-up (UE > IT) la sequenza procedimentale è avviata in sede nazionale e conclusa a livello
comunitario > es procedimenti d’origine dei prodotti agricoli e alimentari

La peculiarità di questi istituti comporta implicazioni di regime: trattandosi di segmenti procedimentali di


competenza dell’amministrazione UE o di quella italiana, il relativo regime è quello dell’ordinamento di
appartenenza, senza che l’autorità preordinata all’emissione del provvedimento finale (nazionale o comunitaria che
sia) possa operare alcun controllo di legittimità sulle sequenze procedimentali compiute nella diversa sede.

Tutto ciò ha ripercussioni in sede di tutela giurisdizionale: è compito del giudice nazionale sindacare sulla
legittimità degli atti nazionali che si inseriscono in un procedimento destinato a sfociare in una decisione della
Commissione UE, trasformando così un atto endoprocedimentale preparatorio in un atto presupposto e quindi

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immediatamente lesivo e suscettibile di impugnazione!

Non si discosta dai consueti criteri il caso in cui nel corso di un procedimento di coamministrazione siano emessi veri
e propri provvedimenti amministrativi come tali produttivi di autonomi effetti esterni come ad es l’intervento della
Commissione nella procedura relativa agli aiuti di Stato.
In tal caso la decisione negativa della Commissione è immediatamente vincolante sia per lo Stato membro, sia per i
soggetti direttamente interessati.

 si tratta di un provvedimento amministrativo comunitario

Un caso di contrasto tra decisioni comunitarie e provvedimenti amministrativi si è verificato nella vicenda Lucchini
che ha dato luogo alla sent della Corte di giustizia del 2007 in causa C-119/5 che poi si è incentrata sulla disapplicazione
dell’ art 2909 cc in tema di autorità di cosa giudicata.

La DECISIONE delle Istituzioni Europee

Il potere esecutivo delle Istituzioni europee si esprime in forma autoritativa tramite le decisioni della Commissione
o, più raramente, del Consiglio dell’Unione Europea (o consiglio dei ministri): costituiscono lo strumento principale
della amministrazione comunitaria diretta.

art 288par4 TFUE:

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti
di questi.

E’ uno strumento che può riguardare il singolo caso concreto con destinatari determinati o determinabili come lo
Stato o le Amministrazioni pubbliche o le singole imprese o i singoli cittadini italiani.
La decisione si impone nel nostro sistema come vero e proprio provvedimento amministrativo, non come atto
normativo, tranne il caso in cui assuma contenuto generale e astratto, dando luogo a una fenomenologia simile alla
nostra normativa secondaria.

La giurisprudenza comunitaria ne estende la portata anche agli atti di analogo contenuto destinati a produrre effetti
giuridici innovativi nella sfera dei destinatari, anche se adottati da altre istituzioni come le Agenzie europee.

Si distinguono:

Atti ampliativi
— Decisioni di autorizzazione es all’emissione in commercio di medicinali
— Decisioni con contenuto tipico delle esenzioni > es art 101par3 TFUE in tema di accordi tra
imprese
— Decisioni che dispongono finanziamenti e incentivi vari es nel settore agricolo

Atti restrittivi
— Ordini
es art 108par2 TFUE per la soppressione di un aiuto illegittimo
— Divieti
— Altre decisioni a contenuto inibitorio
— Ingiunzioni
— Sospensioni
— Sanzioni

Vi è un parallelismo con le categorie di provvedimenti nazionali anche in relazione ai caratteri principali dell’istituto:

a) Autoritatività

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Le decisioni sono manifestazione di un potere amministrativo la cui incidenza unilaterale ed innovativa sulla sfera
giuridica dei destinatari risulta sottolineata dalla giurisprudenza comunitaria per distinguere gli atti impugnabili
(decisioni) da quelli meramente esecutivi.

b) Imperatività

La capacità di produrre effetti è giustificata dalla giurisprudenza in base alla presunzione di legittimità degli atti
comunitari e si desume anche dall’ art 278 TFUE che statuisce che I ricorsi proposti alla Corte di giustizia dell'Unione
europea non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare
la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato.

c) Inoppugnabilità definita definitività in ambito comunitario

La mancata impugnazione della decisione comunitaria impedisce che la legittimità della stessa possa essere messa
in discussione in un diverso giudizio e viene assimilata alla autorità della cosa giudicata

Vi sono differenze di disciplina come il minor rigore con cui, soprattutto in passato, è stato applicato il
principio di legalità ai fini dell’individuazione del fondamento del potere provvedimentale.
Si consideri come esempio la giurisprudenza sui poteri impliciti che spesso ha consentito una implementazione in
via interpretativa dei poteri della Commissione al di là di quanto consentito dal dato normativo.

Questa giurisprudenza è recessiva negli ultimi anni anche perche il principio di legalità è ora espressamente previsto
dall’ art 52 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - Portata e interpretazione dei diritti e dei principi:

1. Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere
previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di
proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a
finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni si esercitano alle
condizioni e nei limiti dagli stessi definiti.
3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea
per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali
a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda
una protezione più estesa.
4. Laddove la presente Carta riconosca i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali
comuni agli Stati membri, tali diritti sono interpretati in armonia con dette tradizioni.
5. Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi
e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dell’Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno
attuazione al diritto dell’Unione, nell’esercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate dinanzi a
un giudice solo ai fini dell’interpretazione e del controllo di legalità di detti atti.
6. Si tiene pienamente conto delle legislazioni e prassi nazionali, come specificato nella presente Carta.
7. I giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire
orientamenti per l’interpretazione della presente Carta.

Inoltre il principio dell’attribuzione delle competenze delle Istituzioni europee è ora precisato con maggior rigore
dal Trattato di Lisbona ed impone una chiara e specifica base giuridica dei poteri di volta in volta esercitati.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto una procedura garantistica a proposito del conferimento di poteri di
amministrazione comunitaria diretta.

Art 291par2-3 TFUE:

2. Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione,
questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle
circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato sull'Unione europea, al Consiglio.

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3. Ai fini del paragrafo 2, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la
procedura legislativa ordinaria, stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di
controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

 Il controllo può essere espletato solo se i poteri conferiti sono adeguatamente precisati, operando dunque
un superamento definitivo dei poteri impliciti.

Il controllo è stato disciplinato dal Regolamento 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio. Esso distingue
tra atti di base, atti attraverso cui sono conferite competenze di esecuzione alla Commissione, e atti di esecuzione da
parte della Commissione stessa.
L’atto di base può prevedere l’applicazione di una procedura consultiva o d’esame: in entrambi i casi viene coinvolto
un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri che esprime pareri aventi una diversa vincolatività a
seconda del tipo di procedura applicata nel singolo caso:

Procedura consultiva

Il parere è espresso a maggioranza semplice dei suoi membri ma la Commissione ha la parola finale nonostante
debba tenere nella massima considerazione il parere stesso

Procedura d’esame

Che si applica agli atti di esecuzione di portata generale e agli atti di esecuzione aventi maggior impatto.
L’eventuale parere negativo assunto dal Comitato con maggioranze formate sulla base di voti ponderati impedisce
alla Commissione di adottare il progetto di atto di esecuzione.
E’ prevista una disciplina particolare nei casi in cui il Comitato non esprima alcun parere o per i casi di imperativi
motivi di urgenza debitamente giustificati: la Commissione può adottare un progetto di atto di esecuzione nel caso
in esso debba essere adottato senza indugio per evitare il verificarsi di crisi significative dei mercati nel settore
dell’agricoltura o un rischio agli interessi finanziari dell’UE. La commissione presenta subito l’atto di esecuzione al
comitato di appello: se questo esprime parere negativo la commissione deve abrogare immediatamente l’atto di
esecuzione adottato; se il parere è positivo o non è espresso l’atto di esecuzione rimane in vigore.

Per quanto riguarda il regime delle decisioni, è simile a quello degli atti vincolanti delle Istituzioni UE che sono
impugnabili e annullabili per ex art 263par2 TFUE:

a) Incompetenza
b) Violazione delle norme sostanziali
c) Violazione dei Trattati
d) Violazione di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione
e) Sviamento di potere

Per quanto riguarda i vizi procedimentali e formali si deve considerare che il potere amministrativo della
Commissione è ampiamente procedimentalizzato e la violazione di alcune prescrizioni relative al procedimento (es
diritto di essere sentiti) e al contenuto formale dell’atto (es motivazione) dà luogo al vizio specifico di violazione
delle forme sostanziali.

Vi possono essere anche vizi procedurali e formali non invalidanti quando l’illegittimità non potrebbe influire sul
contenuto dell’atto impugnato: vi è l’esigenza di escludere l’annullabilità per i vizi che non risultino decisivi ai fini
dell’emanazione e del contenuto dell’atto e non pregiudichino le possibilità di tutela giurisdizionale dell’interessato.

Per quanto riguarda la discrezionalità si rileva che anche il potere amministrativo della Commissione è
funzionalizzato e deve essere esercitato in modo conforme ai principi di affidamento e di proporzionalità, la cui
violazione è spesso qualificata come violazione del Trattato, non come eccesso di potere.

La decisione dell’UE è un istituto molto simile per struttura e regime al nostro provvedimento amministrativo

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Revoca di atti illegittimi (annullamento d’ufficio nel nostro ordinamento)

Elaborata dalla giurisprudenza comunitaria avvalendosi dell’esperienza degli Stati membri.


Può operare su atti restrittivi o ampliativi.
La revoca retroattiva su atti costitutivi di diritti trova un preciso limite nell’affidamento del destinatario, salvo che
l’atto sia stato emesso sulla base di indicazioni false e incomplete del destinatario stesso. Essa deve essere adottata
entro un termine ragionevole, come nel nostro annullamento d’ufficio.

CAPITOLO IV – PUBBLICO E PRIVATO NEI CONTRATTI, NEI RAPPORTI COL


PERSONALE E NELLA GESTIONE DI BENI E SERVIZI
Autonomia privata e contratti ad evidenza pubblica

Art 11 c.c.: le province e i comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche godonodei diritti secondo
le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico.
Questa norma rispecchia la vecchia concezione dell’amministrazione la cui attività ricadeva sotto le regole del diritto
pubblico, mentre la capacità di diritto privato doveva essere espressamente riconosciuta dalla legge. In caso di
dubbio vi era la presunzione di pubblicità: si doveva presumere si trattasse di attività assoggettata al regime degli
atti e provvedimenti amministrativi.

Questa concezione è stata superata: la dottrina e la giurisprudenza hanno riconosciuto all’amministrazione come
persona giuridica una capacità generale di diritto privato. Salvo i divieti espressamente previsti dalla legge,
l’amministrazione può stipulare ogni contratto di diritto privato tipico o atipico.

Art 1.1bis legge 241/1990:


1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto
privato salvo che la legge disponga diversamente.
E’ venuta meno la presunzione di pubblicità e i casi non espressamente assoggettati al regime dell’atto
amministrativo devono essere considerati manifestazione di diritto privato.
es contratti aventi ad oggetto l’utilizzazione di alcuni beni patrimoniali indisponibili (spesso inquadrati dalla
giurisprudenza tra le concessioni di beni pubblici) sono qualificati ora come contratti di affitto o locazione
assoggettati quindi al diritto privato.

Gli accordi amministrativi sono assoggettati ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto
compatibili ex art 11.2.
MENTRE l’ art 1.1bis prevede un assoggettamento complessivo alla disciplina civilistica secondo le norme di
diritto privato che non trova limitazioni o deroghe per il fatto che a servirsene sia una pubblica amministrazione!

MA l’attività di diritto privato dell’amministrazione deve essere sempre indirizzata al perseguimento di


fini pubblici > funzionalizzazione dell’attività di diritto privato
(quella dell’atto amministrativo è una funzionalizzazione intrinseca).
Questa non deve essere intesa come assoggettamento degli atti a un regime particolare: es se in un contratto di
economato riguardante l’approvvigionamento di beni e servizi di modesto importo economico per il funzionamento
degli uffici (per tale ragione non assoggettato alla procedura di evidenza pubblica) si acquistano beni sproporzionati
alle esigenze dell’ufficio si avrà una violazione del principio di efficienza ed economicità cui si deve sempre ispirare
l’attività della pa.

MA ciò non ha conseguenze sulla validità del contratto a differenza di ciò che accade per il provvedimento
amministrativo che conosce la specifica patologia dell’eccesso di potere in caso di violazione del principio di
proporzionalità.
La violazione di questa regole porterà a conseguenze nella sfera giuridica personale del soggetto agente
es responsabilità amministrativa ove dall’operazione fossero derivati danni all’amministrazione.

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 la funzionalizzazione è di per sé estranea o estrinseca al regime dei contratti dell’amministrazione.

E’ stato giudicato dalla Cassazione in due pronunce nel 2011 e nel 2012 che La persistente rilevanza che assume
l’interesse generale rispetto al datore di lavoro pubblico non determina e non si risolve nella funzionalizzazione dei
singoli atti, quanto invece della complessiva attività della stessa, quindi i singoli atti di gestione o di organizzazione che
si collocano al di sotto dell’alta organizzazione (di regime pubblicistico) non sono sindacabili per contrasto con il
pubblico interesse, come i provvedimenti amministrativi, MA nei limiti consentiti dal programma negoziale e dalle
relative fonti di riferimento (alla stregua dei vizi propri della patologia dei negozi giuridici!).

 I più importanti contratti dell’amministrazione sono assoggettati alla procedura di evidenza pubblica
diretta a garantire:

 Efficienza
 Economicità
 Efficacia del regolamento contrattuale
 Par condicio di tutti i possibili aspiranti contraenti

L’ art 3 r.d. 2440/1923 sulla contabilità di Stato prevede l’assoggettamento a procedure di gara:

 Dei contratti attivi: contratti da cui deriva un’entrata per l’amministrazione, come la vendita di beni
 Dei contratti passivi: contratti da cui deriva un esborso finanziario per la pa, come appalto di lavori

L’ art 192 d.lgs. 267/2000 (T.U. enti locali) stabilisce che la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da una
determinazione a contrattare:

1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento
di spesa indicante:

a) Il fine che con il contratto si intende perseguire;


b) L'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
Le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle
pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base.

2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente
nell'ordinamento giuridico italiano.

 Dal complesso della disciplina legislativa si desume che la procedura di evidenza pubblica si articola in
alcune FASI:

1) Deliberazione a contrattare

2) Bando come invito a offrire

3) Offerte dei vari soggetti partecipanti

4) Aggiudicazione che comporta la scelta dell’altro contraente

La normativa comunitaria ha imposto una disciplina uniforme a tutti gli Stati membri in ordine essenzialmente agli
appalti di lavori, servizi e forniture.

Questa procedura si caratterizza perché, pur essendo preordinata alla stipulazione di un contratto di diritto
privato, risulta assoggettata al regime degli atti amministrativi, garantendo così la funzionalizzazione dell’attività,
estranea al regime del contratto.

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Anche per tutelare la posizione dei terzi interessati le manifestazioni di volontà che l’amministrazione adotta nel
corso della procedura (determinazione a contrattare, bando, aggiudicazione, mancato invito a seguito di
preselezione, esclusione dalla gara per anomalia dell’offerta o per mancanza di requisiti) sono qualificate come veri
e propri provvedimenti amministrativi!
MA si tratta di un fenomeno che si innesta in un istituto privatistico, cioè il contratto, espressione dell’autonomia
privata intesa come capacità di autoregolamentazione della propria sfera giuridica e non dell’altrui!
Per questa ragione si parla di atti amministrativi negoziali:

 Atti a regime amministrativo


 A contenuto negoziale
 Con effetti privatistici

Una volta stipulato il contratto, la relativa esecuzione deve soggiacere interamente al diritto privato!!!

MA cosa succede al contratto in caso di procedura di evidenza pubblica illegittima e annullata?

Direttiva 2007/66 CE nel quadro degli appalti pubblici

Contratto di società

Art 2247 cc: Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di
un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

E’ assoggettato alla disciplina dell’evidenza pubblica e al principio della gara in ordine alla scelta dei soci privati.
In questo caso la procedura di evidenza pubblica precontrattuale opera una funzionalizzazione pubblicistica limitata
che normalmente non si estende all’attività della società!

Il contratto di società si caratterizza per il fatto di costituire un soggetto nuovo nell’ordinamento che opera con
strumenti privatistici per tutta la sua esistenza.
Esso si presta a possibili elusioni della disciplina prevista per l’amministrazione di riferimento es limiti
nell’assunzione di personale, soprattutto se si pensa che tale soggetto può a sua volta costituire altre società con un
processo di gemmazione che si allontana dall’amministrazione e dalle sue regole.
La legge 244/2007 ha imposto forti limitazioni al fenomeno e il suo scopo è di evitare forme di abuso e di tutelare la
concorrenza e il mercato.
Inoltre, vista la condizione privilegiata che tali società possono presentare (finanziamento pubblico, eventuale
affidamento diretto di commesse..), vi sono preoccupazioni per la distorsione della concorrenza.

Si è anche dubitato dell’esistenza di una generale capacità dell’ente pubblico di costituire società per svolgere attività
di impresa, in mancanza di una specifica previsione di normativa espressa (la pa può costituire società solo se la
legge lo prevede espressamente?).
Si deve però considerare che l’attività di impresa è ricompresa nella generale capacità giuridica e di agire di diritto
privato e quindi l’impostazione deve essere capovolta: la legge deve prevedere espressamente solo le limitazioni a
tale capacità.
La recente legislazione ha imposto un ridimensionamento del fenomeno limitandone l’operatività, precludendo la
creazione di nuove società a partecipazione pubblica in alcuni casi.

Es società strumentali degli enti locali costituite per la produzione di beni e servizi finalizzati alle esigenze dell’ente
pubblico che partecipa al relativo capitale sociale: è stato posto il divieto di svolgere prestazioni a favore di altri
soggetti e di partecipare ad altre società. Ciò incide sulla capacità di agire di tali società anche perché i contratti
eventualmente stipulati per svolgere prestazioni a favore di terzi sono considerati nulli.
Tale divieto non riguarda però le società che svolgono servizi pubblici.

La Corte Cost sent 326/2008 afferma che tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attività amministrativa
in forma privatistica e attività di impresa di enti pubblici. Entrambe possono essere svolte attraverso società di

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capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse.


Nel caso dell’ attività amministrativa in forma privatistica vi è attività amministrativa di natura finale o strumentale
posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pa.
Nel caso delle attività di impresa di enti pubblici vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico in regime di concorrenza..
..Non è negata né limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla
distintamente dalle proprie funzioni amministrative.

Agli enti pubblici è stato posto il divieto di costituire società non strettamente necessarie per il perseguimento dei
fini istituzionali.

Il sistema degli appalti pubblici e delle concessioni

Il diritto europeo si è occupato da tempo degli appalti pubblici.


Questo settore infatti coinvolgendo ingenti risorse pubbliche (spesa pubblica superiore al 10% PIL di tutti gli Stati
membri), ove si tratti di appalti sopra una certa soglia (circa 5mln€ per gli appalti di lavoro; circa 200 000 € per
appalti di servizi e forniture), è in grado di interessare imprese e operatori economici più numerosi di quelli del
singolo Stato membro ove l’appalto è affidato.
La preoccupazione delle istituzioni comunitarie è stata quella di realizzare un mercato effettivamente
concorrenziale evitando la creazione di ostacoli alla partecipazione dell’imprese europee (per es se le singole
amministrazioni committenti adottassero misure protezionistiche a favore delle imprese nazionali o locali).

L’UE ha quindi creato un sistema di pubblicità, gare e criteri uniformi di aggiudicazione, idoneo a garantire
un’effettiva apertura alla concorrenza e hanno concepito e imposto un sistema di mezzi di ricorso (tutela
giurisdizionale o para-giurisdizionale – incentrato su un organo di ricorso indipendente che può non essere un organo
giurisdizionale ma comunque terzo e imparziale) per garantire una protezione effettiva alle posizioni sostanziali
lese a causa della violazione della normativa comunitaria. es Direttiva 2004/17/CE che coordina le procedure di
appalto degli enti erogatori di acqua e energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
forniture e servizi.

Sul piano sostanziale si è registrato un grande sforzo definitorio del legislatore europeo, per poter assicurare
l’uniformità di applicazione, dell’ambito soggettivo ed oggettivo:

Ambito soggettivo

I soggetti tenuti all’osservanza della disciplina comunitaria sono:

Gli enti territoriali

Organismo sostanzialmente e formalmente pubblico)

Organismi di diritto pubblico

E’ una figura di origine comunitaria che ricomprende, oltre alla nostra nozione di ente pubblico amministrativo,
anche soggetti svolgenti attività d’impresa, finendo per sovrapporsi parzialmente alla nozione di impresa pubblica.

Impresa pubblica

Gli organismi di diritto pubblico e l’impresa pubblica sono soggetti sostanzialmente pubblici per l’apporto in capitale
o per il controllo prevalente di un ente pubblico, ma formalmente privati.

Si tratta di amministrazioni della disciplina europea che sono state attuate in Italia con il Codice dei contratti
pubblici d.lgs. 163/2006 art 2.1:

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1. L'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire
la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza;
l'affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice.

La disciplina degli appalti pubblici si estende eccezionalmente anche ad alcuni soggetti sostanzialmente e
formalmente privati!
es appalto affidato da chi abbia ricevuto al riguardo un finanziamento pubblico di almeno il 50% dell’opera;
operatore privato che si sostituisca all’amministrazione nell’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e
secondaria nel quadro dell’attuazione di particolari convenzioni urbanistiche.

In tali casi il privato è assoggettato sia alla disciplina degli appalti pubblici, sia al loro regime: il regime è quello tipico
dell’atto amministrativo e le fattispecie sono manifestazioni di quell’attività amministrativa svolta da soggetti
privati.

Art 1.1ter legge 241/1990:

1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma
1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle
disposizioni di cui alla presente legge.,

Ambito oggettivo

Riguarda:

Appalti di lavori

art 3.7-8 d.lgs. 163/2006:

7. Gli «appalti pubblici di lavori» sono appalti pubblici aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la
progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la
progettazione esecutiva e l'esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell'allegato I, oppure, limitatamente
alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV, l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze
specificate dalla stazione appaltante o dall'ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a
base di gara.

8. I «lavori» di cui all'allegato 1 comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione,


restauro, manutenzione, di opere. Per «opera» si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una
funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di
genio civile, sia quelle di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica.

Appalti di forniture

Art 3.9 d.lgs. 163/2006:

9. Gli «appalti pubblici di forniture» sono appalti pubblici diversi da quelli di lavori o di servizi, aventi per oggetto
l'acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l'acquisto a riscatto, con o senza opzione per l'acquisto, di prodotti.

Appalti di servizi

Art 3.10 d.lgs. 163/2006:

10. Gli «appalti pubblici di servizi» sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture, aventi per
oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II.

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Gli appalti di lavori e servizi corrispondono alle nostre figure codicistiche di appalto perché implicano un facere
(costruzione di una scuola, prestazione di un servizi di pulizia..).
Gli appalti di forniture implicano invece un dare, simile quindi alla somministrazione, all’acquisto ma non all’appalto
nel suo senso tecnico.

Concessioni di lavori pubblici

Definite come contratti con lo stesso contenuto degli appalti di lavoro ma con la differenza che il corrispettivo
consiste nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto + il prezzo.

Art 3.11 d.lgs. 163/2006:

11. Le «concessioni di lavori pubblici» sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in
conformità al presente codice, l'esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero la progettazione
definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi
strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse
caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente
nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice. La gestione
funzionale ed economica può anche riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente
connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa.

La concessione di costruzione e gestione dà luogo a una forma di partenariato pubblico o privato di tipo
contrattuale e la principale differenza rispetto all’appalto consiste nel rischio alla gestione dell’opera e cioè inerente
ai proventi che il concessionario può trarre dalla fruizione dell’opera da parte di terzi.

La gestione consente al concessionario di recuperare i costi e di ottenere anche nel tempo margini di profitto (es
concessione di costruzione di un’autostrada i cui ricavi sono sostituiti dal pedaggio pagato dagli utenti in un arco di
tempo sufficiente per consentire l’equilibrio economico dell’operazione).
Ove tale equilibrio non possa essere raggiunto l’amministrazione può pattuire una partecipazione ai costi > prezzo:
deve trattarsi di concessione di costruzione e gestione perché l’altra figura della concessione di sola costruzione
coincide ormai con l’appalto di lavori.

Concessione di servizi

Contratto simile all’appalto di servizi con la differenza che il corrispettivo consiste nel diritto di gestire il servizio o
in tale diritto accompagnato al prezzo.

Le concessioni sono differenti dagli appalti perché nel nostro sistema sono cosiderate accordi amministrativi, non
contratti di diritto privato. Gli accordi amministrativi sono inquadrabili nel genus disciplinato dal’ art 11 legge
241/1990:

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’amministrazione


procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico
interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero
in sostituzione di questo.
1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre
un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali
controinteressati.
2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto,
salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in
materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati
ai sensi dell’articolo 3.
3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente
dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi

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verificatisi in danno del privato.


4- bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in
cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell'accordo è
preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento.
Esse comportano l’esercizio di potestà pubblicistiche da parte dell’amministrazione committente.
Anche a livello UE le concessioni sono diverse dagli appalti perché per loro non è prevista una rigorosa procedura
di affidamento, salva la necessità di osservare regole minime di pubblicità e di gara.
MA questa differenza di regime è attenuata dal nostro Codice dei contratti pubblici il quale assoggetta ANCHE le
concessioni (almeno quelle dei lavori) a una disciplina simile a quella degli appalti!

Disciplina degli APPALTI

Pubblicità a livello europeo.

Vi sono obblighi di preinformazione.


Tutti i bandi e gli avvisi di gara devono essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e prevedere
tempi di presentazione delle domande idonei a consentire l’effettiva partecipazione di tutte le imprese comunitarie
interessate.

La mancanza di pubblicità è la principale differenza di disciplina degli appalti sotto soglia comunitaria rispetto a
quelli sopra tale soglia: per gli altri aspetti (procedure di affidamento e criteri di aggiudicazione) il nostro codice
infatti ha imposto una disciplina uguale a quella degli appalti, pur non essendovi una necessità comunitaria!

Procedure di affidamento

Sono procedure di scelta dell’altro contraente.

Sono 3:

1) Procedura aperta

Corrisponde all’asta pubblica prevista nella nostra legge di contabilità. Consente ad ogni impresa interessata di
presentare offerte.

2) Procedura ristretta

Corrisponde alla nostra figura di licitazione privata.


Consente di presentare offerte solo alle imprese invitate tra quelle che abbiano chiesto di partecipare (necessita di
una preselezione)

3) Procedura negoziata

Corrisponde alla nostra trattativa privata.


L’amministrazione committente negozia con le imprese da essa stessa scelte.
Si tratta di una procedura residuale circoscritta dalla normativa UE a ipotesi eccezionali come l’estrema urgenza
risultante da eventi imprevedibili, impedendo l’uso disinvolto della nostra trattativa privata!

Le eccezioni all’espletamento di una gara aperta a tutti i potenziali concorrenti sono rare:

 Caso dell’in house providing elaborato dalla giurisprudenza comunitaria: ha escluso che sussista in tale
ipotesi un soggetto sostanzialmente diverso dall’amministrazione committente, giustificando così la deroga
al sistema di gara

 Società miste con la partecipazione dell’amministrazione pubblica e di soggetti privati (> c.d. partenariato
pubblico-privato) che non sono assoggettate a un regime di gara per l’acquisizione o l’affidamento di appalti

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pubblici se il socio privato è stato scelto nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica.

Criteri di aggiudicazione

Sono 2 e sono soggetti alla scelta discrezionale dell’amministrazione aggiudicatrice:

 Prezzo più basso


 Offerta economica più vantaggiosa. Questa comporta un subprocedimento in cui una Commissione compara
le offerte sulla base di criteri qualitativamente eterogenei (prezzo, bontà del progetto, tempi di realizzazione,
costi di manutenzione,..).

Queste procedure si innesta nel nostro sistema nell’ambito dell’evidenza pubblica e comporta un notevole
accrescimento dei profili pubblicistici che accompagnano la formazione del contratto di appalto.
L’inquadramento pubblicistico di tali istituti risulta in linea con il sistema dei mezzi di ricorso del diritto europeo che
impone un sistema di tutela incentrato sull’annullamento e sulla sospensione degli atti della procedura
comunitariamente illegittimi, difficilmente compatibile con un loro inquadramento privatistico.
 Problema delle conseguenze dell’invalidità della procedura di scelta del contraente sulle sorti del contratto

Il codice dei contratti pubblici e il codice del processo amministrativo hanno previsto:

Inefficacia necessaria del contratto

Imposta categoricamente dal diritto europeo in caso di violazioni gravi del diritto ue (es assenza del sistema di gara)

Inefficacia possibile

Non imposta dal diritto UE


Prevista tutte le volte che la procedura di aggiudicazione sia annullata e ciò sulla base del prudente apprezzamento
del Giudice amministrativo.

Questa disciplina scaturisce dalle Direttive sui mezzi di ricorso che riguardano però solo gli appalti pubblici di
interesse comunitario.
Il nostro legislatore ha esteso tale disciplina a TUTTI gli appalti pubblici e a TUTTI i contratti stipulati all’esito di una
procedura di evidenza pubblica> effetto indotto della disciplina comunitaria

Pubblico impiego e la sua privatizzazione

Un settore integralmente assoggettato al diritto privato è il pubblico impiego: rapporto di lavoro subordinato alle
dipendenze della pubblica amministrazione.

La privatizzazione del pubblico impiego non è una novità assoluta infatti nell’Italia post unitaria il rapporto di lavoro
alle dipendenze dello stato, pur diverso da quello intercorrente con un qualunque datore di lavoro, era di origine
contrattuale e disciplinato dal diritto privato, mentre il rapporto di ufficio era assoggettato al diritto pubblico.

Nella prima metà del 1900 si ebbe una spiccata pubblicizzazione di tutti i rapporti in capo all’amministrazione e il
pubblico impiego diventa pubblico anche sotto il profilo del regime ad esso applicato. Ne erano sottratti solo i
rapporti di lavoro subordinato con gli enti pubblici economici e con le aziende autonome (unici organismi pubblici
che svolgevano attività di impresa), assoggettati invece alla disciplina privatistica.

Il rapporto pubblicistico presupponeva che l’intera materia fosse disciplinata dalla legge ma nel frattempo si era
diffuso l’uso della contrattazione collettiva avente una disciplina così elastica che mal si adattava al modello
originario.
per accrescere l’efficienza delle amministrazioni e a migliore utilizzazione delle risorse umane si è avuta una
massiccia privatizzazione del settore, anche per le maggiori garanzie che si riteneva scaturissero dalla tutela

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affidata al giudice ordinario del lavoro al posto del giudice amministrativo.

A parte alcune categorie di pubblici dipendenti ora i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni capo I titolo II libro V del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato delle imprese – art 2.2 d.lgs. 165/2001.

Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è quindi disciplinato dal diritto privato speciale
caratterizzato dal d.lgs.150/2009 che ha disciplinato vari aspetti attinenti al merito, all’efficienza e al relativo
controllo.

Si tratta di un rapporto ampiamente contrattualizzato

Il rapporto di lavoro subordinato con le pubbliche amministrazioni è disciplinato dalla contrattazione collettiva
articolata su vari livelli.

A livello nazionale la rappresentanza del datore di lavoro è affidata all’ARAN (agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni).
L’ARAN ha una personalità giuridica di diritto pubblico, stipula con le organizzazioni sindacali più rappresentative
dei lavoratori i contratti collettivi nazionali sulla base degli indirizzi delle amministrazioni di riferimento e all’esito
di una complessa procedura che vede la partecipazione anche della Corte dei Conti che ne controlla la compatibilità
con gli atti di programmazione e con i vincoli di bilancio.

Art. 41.1-2-3 d.lgs. 165/2001 - Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN:

1. Il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure di
contrattazione collettiva nazionale sono esercitati dalle pubbliche amministrazioni attraverso le proprie istanze
associative o rappresentative, le quali costituiscono comitati di settore che regolano autonomamente le proprie
modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o
di parere sull'ipotesi di accordo nell'ambito della procedura di contrattazione collettiva di cui all'articolo 47, si
considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche
amministrazioni del comparto.
2. E' costituito un comitato di settore nell'ambito della Conferenza delle Regioni, che esercita le
competenze di cui al comma 1, per le regioni, i relativi enti dipendenti, e le amministrazioni del Servizio sanitario
nazionale; a tale comitato partecipa un rappresentante del Governo, designato dal Ministro del lavoro, della salute e
delle politiche sociali per le competenze delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. E' costituito un comitato
di settore nell'ambito dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e
dell'Unioncamere che esercita le competenze di cui al comma 1, per i dipendenti degli enti locali, delle Camere di
commercio e dei segretari comunali e provinciali.
3. Per tutte le altre amministrazioni opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei
Ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia
e finanze. Al fine di assicurare la salvaguardia delle specificità delle diverse amministrazioni e delle categorie di
personale ivi comprese, gli indirizzi sono emanati per il sistema scolastico, sentito il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, sentiti i direttori delle Agenzie fiscali, la
Conferenza dei rettori delle università italiane; le istanze rappresentative promosse dai presidenti degli enti di ricerca
e degli enti pubblici non economici ed il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

La Corte dei Conti certifica l’attendibilità dei costi quantificati, cioè la congruità della previsione di spesa art 47.5.
In caso di esito negativo (certificazione non positiva della Corte dei Conti) le parti non possono stipulare il contratto
collettivo prefigurato e devono riaprire le trattative.

La contrattazione collettiva nazionale e la contrattazione integrativa (locale o settoriale) fornisce la disciplina del
trattamento economico e dello status giuridico dei pubblici dipendenti e quindi da essa dipende:

 La determinazione dei diritti patrimoniali (stipendio, tredicesima mensilità,..)


 La determinazione dei diritti non patrimoniali (riposo settimanale, ferie,..) compresi i diritti sindacali

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Anche i doveri sono specificati ampiamente in sede di contrattazione collettiva, la quale fornisce parametri in ordine
al dovere di fedeltà, lealtà, diligenza, obbedienza,.. > c.d. codice di comportamento.
La relativa violazione espone il lavoratore alla responsabilità disciplinare che può dar luogo a varie sanzioni: dal
richiamo, alla multa, alla sospensione dal lavoro, al licenziamento

 tutto inquadrato nell’ambito dei poteri negoziali e privatistici del datore di lavoro ex art 2106 cc:

L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni
disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione.

Art 2104 cc: Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta,
dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai
collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Art 2105 cc: Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con
l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in
modo da poter recare ad essa pregiudizio.

Tutte le vicende del rapporto di lavoro (costituzione > contratto individuale che precisa le mansioni e il livello
retributivo del lavoratore, collocamento a riposto,..) risultano espressione di diritti e obblighi privatistici e
assoggettati al relativo regime.
Lo stesso vale per la categoria di lavoratori dei dirigenti.

Dirigenti

Art 2095 cc: I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai.
Le leggi speciali [e le norme corporative], in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura
dell'impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.

Si tratta del personale chiamato a rivestire la posizione più elevata all’interno delle amministrazioni e che è dotato
di compiti amministrativi, organizzativi, gestionali, nel quadro di una utilizzazione delle risorse umane che
premia la professionalità e che quindi dovrebbe garantire maggiore efficienza, efficacia nei risultati ed economicità.

Questa categoria è diretta ad assicurare la separazione tra politica ed amministrazione:


 All’organo politico spettano poteri di indirizzo in ordine agli obiettivi da conseguire, di verifica dei risultati
 Ai dirigenti spetta l’ attuazione delle direttive, l’organizzazione degli uffici inferiori e gli atti e
provvedimenti di amministrazione attiva degli enti di appartenenza.

I ruoli dei dirigenti si articolano su 2 fasce:

a) Dirigenza generale
b) Dirigenza

Ad esse si accede tramite concorso o corso-concorso che consentono ai vincitori di costituire un rapporto di servizio
sulla base dello specifico contratto individuale di lavoro.

Gli incarichi sono invece articolati su vari livelli e il loro conferimento indica gli obiettivi da conseguire. Il loro
conferimento comporta la costituzione di un rapporto di ufficio.

Gli obiettivi, insieme agli indirizzi ministeriali, rappresentano i parametri valutativi del rendimento del singolo
dirigente.

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Il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’inosservanza delle direttive fanno sorgere una forma di responsabilità
dirigenziale che comporta varie conseguenze a seconda della gravità (dalla revoca dell’incarico con collocamento a
disposizione dei ruoli, allo scioglimento del rapporto).

Il conferimento dell’incarico dirigenziale è un atto unilaterale che per le posizioni apicali è basato su una
valutazione fiduciaria da parte dell’organo politico, attenuando la separazione tra politica e amministrazione, tanto
che in caso di mutamento della compagine governativa, questo incarico cessa automaticamente secondo il
meccanismo dello spoils system: comporta drastiche conseguenze che la Corte costituzionale ha ridimensionato, in
applicazione del principio di continuità e di buon andamento dell’azione amministrativa.
Attualmente questo sistema può riguardare gli incarichi più elevati perché connotati da uno specifico rapporto di
fiducia con l’organo politico (segretario generale, di direzione di strutture complesse aventi all’interno uffici
dirigenziali generali).

Anche l'atto di conferimento dell’incarico che individua in concreto le funzioni attribuite per un deteminato periodo
(3-5 anni) è inquadrato dalla giurisprudenza tra i poteri privatistici del datore di lavoro perché ricada tra gli atti di
micro-organizzazione MA...

 Ciò suscita perplessità perché la legge parla in proposito di provvedimento di conferimento dell’incarico ex
art 19.2 d.lgs. 165/2001.
 Inoltre gli incarichi apicali sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del
Consiglio dei ministri in attuazione dell’ art 87.7 Cost. Ciò fa pensare a un atto di alta amministrazione e non
all’esercizio del potere negoziale del datore di lavoro!

I profili pubblicistici

In materia non sono assenti momenti pubblicistici di carattere provvedimentale o equiparati ad esso che
riguardano sia il pubblico impiego privatizzato, sia il personale in regime di diritto pubblico.

Sotto il primo aspetto di carattere generale perché riguarda tutti i dipendenti pubblici, vengonoposti in rilievo gli atti
di macro organizzazione, cioè atti che individuano le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, gli uffici di
maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche
complessive ex art 2 d.lgs. 165/2001.

Anche se sono atti che non attengono direttamente al pubblico impiego, essi possono influenzare o condizionare,
come atti presupposti, le vicende dei rapporti di lavoro (es disponibilità di posti di ruolo nella pianta organica della
singola amministrazione come condizione per la costituzione del rapporto di lavoro e per la progressione di
carriera).

Un altro importante istituto pubblicistico è sono le procedure concorsuali relative al ù reclutamento del personale,
devolute alla giurisdizione del Giudice amministrativo ex art 63.4 d.lgs 165/2001.

Il concorso pubblico è espressione del principio di imparzialità e di buon andamento perché tende a garantire la
par condicio degli aspiranti e il reclutamento del personale più meritevole.
E’ imposto dall’ art 97.3 Cost secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso,
salvo i casi stabiliti dalla legge.

L’ art 35.3 d.lgs. 165/2001 precisa che le procedure concorsuali devono fornire adeguata pubblicità della selezione
e svolgersi in modo da garantire l’imparzialità e la celerità di espletamento, adottare meccanismi agevoli e
trasparenti e devono essere condotte da commissioni composte solo da esperti di provata competenza.

Il concorso è un particolare procedimento amministrativo che si articola in alcune fasi

Bando
Ammissione dei candidati
Predefinizione dei criteri da parte della commissione

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Valutazione dei titoli


Espletamento e valutazione di prove scritte e orali
Formazione della graduatoria con indicazione degli idonei
Approvazione della graduatoria con indicazione dei vincitori

L’illegittimità di ogni fase si ripercuote sull’atto finale e lo rende annullabile su ricorso dei soggetti lesi: la tutela del
terzo è uno dei motivi dell’inquadramento pubblicistico di tale procedura.

PROBLEMATICHE in relazione all’ambito di applicazione del concorso pubblico:

— Estensione dell’ambito oggettivo

Il concorso pubblico si applica sia al momento del reclutamento del personale che si perfeziona con la stipulazione
di un contratto individuale, sia ai casi di progressione di carriera.
Anche le procedure concorsuali interne, riservate al personale già incardinato nei ruoli, che comportano sia il
passaggio di qualifica, sia il passaggio a una fascia superiore, sono qualificate come concorsi pubblici assoggettati
alla giurisprudenza del giudice amministrativo.

— Estensione dell’ambito soggettivo


 riguarda le società pubbliche, non ricomprese tra le amministrazioni.
Sono in linea di principio sottratte al regime delle assunzioni delle PA, ai loro limiti come il blocco delle assunzioni e
all’obbligo del preventivo esperimento di un pubblico concorso.
MA, per evitare elusioni è intervenuto il legislatore imponendo alle società a partecipazione pubblica totale o di
controllo la predisposizione di apposite procedure per il reclutamento del personale, nel rispetto dei principi ex art
35 d.lgs.165/2001 e dei principi comunitari di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

Estensione dei casi in cui si deve ricorrere al concorso e il cui contenzioso ricade nella giurisdizione del giudice
amministrativo!

In queste procedure inoltre la cittadinanza italiana non può essere più considerata un requisito di ammissione
perché è sostituita dalla cittadinanza europea per esigenze di libera circolazione di lavoratori nell’UE.

MA l’ art 45 par4 TFUE stabilisce che le disposizioni del presente articolo (relativo alla libera circolazione dei
lavoratori) non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione.

La Corte di giustizia ha però interpretato restrittivamente tale eccezione, limitandola solo agli impieghi che
comportano una partecipazione all’esercizio di pubblici poteri e lo svolgimento di funzioni a tutela degli interessi
generali dello Stato.

Infatti l’ art 38 d.lgs. 165/2001 statuisce:

1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro
presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero
non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
Si tratta dei livelli dirigenziali dello stato e degli enti territoriali, dei magistrati, avvocati dello stato, consiglio dei
ministri, altri ministeri con funzione di ordine e giustizia.

Si tratta del personale assoggettato al regime di diritto pubblico ex art 3 d.lgs. 165/2001:

1. .. rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e
procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera
diplomatica e della carriera prefettizia.

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Si aggiunge il personale di alcune autorità indipendenti come CONSOB, Banca d’Italia, Autorità garante della
concorrenza e del mercato AGCM,..

Questi soggetti esercitano funzioni pubbliche di particolare rilevanza che tradizionalmente ha giustificato una
disciplina speciale (i rispettivi ordinamenti).
Gli atti riguardanti il reclutamento, l’assunzione, la progressione di carriera etc sono atti con caratteri e regime di
provvedimenti amministrativi.
Ma il rapporto di servizi può dar luogo anche a diritti e obblighi (es diritto allo stipendio, ferie estive,..) il cui
adempimento richiede invece atti paritetici, non provvedimentali.
Il relativo contenzioso rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

Beni pubblici

Beni pubblici:

Beni di proprietà di un ente pubblico.

Si distinguono in:

a) Beni demaniali
b) Beni patrimoniali indisponibili
c) Beni patrimoniali disponibili

a) Beni demaniali forniscono direttamente o indirettamente utilità essenziali per la collettività.

• Direttamente: sono di uso collettivo dei cittadini come le strade.


• Indirettamente: come le opere destinate alla difesa nazionale.

Titolari: enti territoriali, esponenziali dell’intera collettività, a partire dallo Stato. art 822 c.c.-

Demanio pubblico:

Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i
torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.

Beni del demanio dello Stato:

Categorie di beni che possono appartenere solo allo Stato

Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli
aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in
materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla
legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. > demanio statale accidentale: categorie di beni
immobili o universalità di mobili demaniali solo SE appartengono allo Stato e tale qualificazione assumono gli stessi
beni ove appartenenti alle Regioni, alle Province o ai Comuni ex art 824cc: I beni della specie di quelli indicati dal
secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio
pubblico.

Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali. > demanio necessario comunale.

Regime- i beni demaniali sono:

1) Inalienabili
2) Impignorabili
3) Non usucapibili

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4) Non possono formare oggetto di diritti a favore dei terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle
leggi che li riguardano

Art 823 cc: I beni che fanno parte del demanio pubblico, sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a
favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di
procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal
presente codice.

Lo strumento previsto dall’ordinamento per il conferimento di diritti a terzi è la concessione, tipico provvedimento
amministrativo che di per sé caratterizza in senso pubblicistico il regime dei beni demaniali.

Il potere di procedere in via amministrativa è preordinato a tutelare questi beni in caso di indebite appropriazioni
o utilizzazioni da parte di terzi.
Non è necessaria l’intermediazione del Giudice e quindi l’istituto è considerato parte del genus dell’autotutela
esecutoria.

I beni demaniali sono beni pubblici sia per il profilo soggettivo (i loro titolari sono enti pubblici), sia per il regime cui
sono assoggettati. Questo regime manifesta che essi sono necessari per l’esercizio di funzioni pubbliche degli enti di
appartenenza e sono idonei a perseguire interessi che vanno al di là di quelli meramente proprietari dell’ente
territoriale titolare.

Beni patrimoniali indisponibili

Art 826 cc: I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli
articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il
demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del
fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque
modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli
armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro
appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico
servizio.

Vi rientrano anche i beni destinati a un pubblico servizio di proprietà di un qualunque ente pubblico ex art 830.2 cc,
anche di un ente pubblico non territoriale.

Il codice si limita a porre su di essi un vincolo di destinazione all’ art 828.2: I beni che fanno parte del patrimonio
indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.

Il vincolo di destinazione comporta l’impignorabilità del bene perché la vendita forzata ne comprometterebbe la
destinazione.
E’ possibile il trasferimento di proprietà essenzialmente tra enti pubblici e purchè sia garantito il vincolo di
destinazione.
Non dovrebbe nemmeno comportare l’assoggettamento al regime amministrativo per ogni altro profilo. Per tali beni
la giurisprudenza richiede che si debba ricorrere allo strumento della concessione amministrativa per costituire su
di essi diritti a favore di terzi e ammette l’autotutela amministrativa della proprietà e del possesso avvicinando
questi beni alla disciplina dei beni demaniali e giustificando il loro inquadramento tra i beni pubblici anche per
quanto riguarda il loro regime.

Questo assetto presuppone la titolarità del bene in capo a un ente pubblico, ma ha dovuto confrontarsi con il
processo di privatizzazione di numerose figure soggettive es rete ferroviaria, elettrica, telefonica (R.F.I. spa, Terna
spa, Telecom Italia spa > società a partecipazione pubblica statale di controllo) che, a differenza dei servizi pubblici
locali, rimaste di proprietà degli enti pubblici, sono ora di proprietà di soggetti formalmente privati > privatizzazione

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formale
Non è però venuta meno l’esigenza di salvaguardare la destinazione d’uso di questi beni!

Diversa vicenda è la politica di dismissione del patrimonio pubblico: il processo di privatizzazione dei beni qui è
prodromico a una loro commercializzazione e prevede procedure dirette alla valorizzazione di numerosi cespiti
(beni da cui proviene un reddito) prima del loro collocamento sul mercato.
 privatizzazione sostanziale

Ciò presuppone un’opera di ricognizione di beni che siano appetibili dal mercato e non strettamente necessari per
l’esercizio di funzioni e servizi pubblici. Questo compito è affidato all’ Agenzia del demanio che provvede attraverso
appositi decreti. Poi con decreto del Ministro dell’economia i beni individuati vengono ceduti a Società costituite allo
scopo che provvedono alla vendita a terzi. Quest’ultima è un’opera di cartolarizzazione perché la società prima
acquirente (s.c.i.p. = società per la cartolarizzazione di immobili pubblici) anticipa allo stato i proventi che si pensa
possano derivare dalla vendita sul mercato.
L’operazione è possibile anche se può coinvolgere beni demaniali o del patrimonio indisponibile: l’inclusione nei
decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile, consentendo così l’alienazione a terzi art 3 d.l.
351/2001 > legge 410/2001
Beni del patrimonio disponibile

Solo questi sono assoggettati di regola alla disciplina di diritto comune sulla proprietà privata ex art 828 cc e sono:
5) Alienabili
6) Usucapibili
7) Pignorabili,…

E’ la categoria residuale di beni pubblici a cui appartengono tutti i beni mobili e immobili degli enti pubblici non
ricompresi nelle prime due categorie.
La garanzia patrimoniale spettante ai creditori risulta circoscritta per gli enti pubblici proprio ai beni patrimoniali
disponibili – art 2740 cc - Responsabilità patrimoniale: Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni
con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.

Rientrano in tale categoria il denaro, le risorse finanziarie degli enti pubblici.


La garanzia patrimoniale è ampia perché l’ente pubblico non può fallire ma coinvolge la disciplina contabilistica
correlata ai vincoli di bilancio, di erogazione della spesa pubblica etc.

Le obbligazioni pubbliche e i vincoli di bilancio

Gli enti pubblici non economici devono gestire le proprie risorse finanziare sulla base di un bilancio di previsione che
ne condiziona l’atività per il periodo di riferimento, generalmente un anno, vincolando l’ente pubblico a compiere
SOLO le spese in esso previste e nei LIMITI per tipologia e categoria di spesa di tale previsione.

Le obbligazioni pubbliche sono obbligazioni privatistiche facenti capo all’amministrazione pubblica (sono
pubbliche solo dal punto di vista soggettivo).

I vincoli di bilancio e la normativa di contabilità pubblica che disciplina la programmazione, la gestione, la


rendicontazione della finanza pubblica, sono diretti a garantire il corretto utilizzo delle risorse finanziarie coinvolte
ma irrigidiscono il sistema e incidono sull’efficienza dell’azione dell’ente fuga dal modello dell’ente pubblico verso
soluzioni organizzative privatistiche

Bilancio preventivo: raccoglie tutte le entrate che si prevede di accertare o riscuotere nel successivo esercizio

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finanziario e tutte le spese che si prevede di impegnare o sostenere nello stesso periodo.
E’ diverso dal bilancio delle persone giuridiche private che invece è redatto in chiusura dell’esercizio annuale e opera
in funzione di ricognizione dei risultati.

Si distinguono anche:

- Il bilancio di competenza

Modello tradizionalmente usato dalle nostre leggi di contabilità e si riferisce al momento della prevista costituzione
del credito o del debito indipendentemente dalla relativa riscossione o pagamento effettivi

- Il bilancio di cassa

Si riferisce alla previsione di tali movimenti di cassa e risulta ora affiancato al primo perché rappresentativo di due
diversi e rilevanti aspetti della gestione contabile.

Il bilancio è lo strumento fondamentale in cui si riversano le scelte politiche dell’ente: a seconda della sua
modulazione potranno essere perseguiti certi obiettivi e non altri.
Questo margine di scelta è però spesso solo teorico infatti:

— Limiti sul piano delle entrate

La massima parte delle entrate pubbliche è di origine fiscale. Per gli enti pubblici diversi dallo Stato le entrate sono
prevalentemente di finanza derivata dai tributi riscossi dallo stato stesso.
Finchè non vi sarà il programmato federalismo fiscale non sussisterà uno spazio di manovra, esiguo anche per lo
stato stesso.

— Limiti sul piano delle spese

La maggior parte delle spese programmate sono spese necessarie perché correlate a compiti imposti dalla legge o a
spese fisse perché collegate a obbligazioni preesistenti es spese del personale politica di blocco delle assunzioni
Anche qui gli spazi di manovra sono limitati.

Ciò è aggravato dall’ingente indebitamento nazionale e dagli impegni europei che hanno posto stringenti limiti al
disavanzo pubblico > Patto di stabilità e crescita europeo

Art 126 TFUE:

1. Gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi.


2. La Commissione sorveglia l'evoluzione della situazione di bilancio e dell'entità del debito pubblico negli
Stati membri, al fine di individuare errori rilevanti. In particolare esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla
base dei due criteri seguenti:
a) se il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo superi un valore di
riferimento, a meno che:
- il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al
valore di riferimento,
- oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il
rapporto resti vicino al valore di riferimento;
b) se il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo superi un valore di riferimento, a meno che detto

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rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.
I valori di riferimento sono specificati nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai trattati.
3. Se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione
prepara una relazione. La relazione della Commissione tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo
pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione
economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro.
La Commissione può inoltre preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri
siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.
4. Il comitato economico e finanziario formula un parere in merito alla relazione della Commissione.
5. La Commissione‚ se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo
eccessivo‚ trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
6. Il Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato
ritenga di formulare, decide, dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo.
7. Se, ai sensi del paragrafo 6, decide che esiste un disavanzo eccessivo, il Consiglio adotta senza indebito
ritardo, su raccomandazione della Commissione, le raccomandazioni allo Stato membro in questione al fine di far
cessare tale situazione entro un determinato periodo. Fatto salvo il disposto del paragrafo 8, dette raccomandazioni
non sono rese pubbliche.
8. Il Consiglio, qualora determini che nel periodo prestabilito non sia stato dato seguito effettivo alle sue
raccomandazioni, può rendere pubbliche dette raccomandazioni.
9. Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest'ultimo può
decidere di intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le misure volte alla riduzione del
disavanzo che il Consiglio ritiene necessaria per correggere la situazione.

In tal caso il Consiglio può chiedere allo Stato membro in questione di presentare relazioni secondo un calendario
preciso, al fine di esaminare gli sforzi compiuti da detto Stato membro per rimediare alla situazione.
10. I diritti di esperire le azioni di cui agli articoli 258 e 259 non possono essere esercitati nel quadro dei
paragrafi da 1 a 9 del presente articolo.
11. Fintantoché uno Stato membro non ottempera ad una decisione presa in conformità del paragrafo 9, il
Consiglio può decidere di applicare o, a seconda dei casi, di rafforzare una o più delle seguenti misure:
- chiedere che lo Stato membro interessato pubblichi informazioni supplementari, che saranno specificate dal
Consiglio, prima dell'emissione di obbligazioni o altri titoli,
- invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato
membro in questione,
- richiedere che lo Stato membro in questione costituisca un deposito infruttifero di importo adeguato presso
l'Unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto,
- infliggere ammende di entità adeguata.
Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo delle decisioni adottate.
12. Il Consiglio abroga alcune o tutte le decisioni o raccomandazioni di cui ai paragrafi da 6 a 9 e 11 nella
misura in cui ritiene che il disavanzo eccessivo nello Stato membro in questione sia stato corretto. Se precedentemente
aveva reso pubbliche le sue raccomandazioni, il Consiglio dichiara pubblicamente, non appena sia stata abrogata la
decisione di cui al paragrafo 8, che non esiste più un disavanzo eccessivo nello Stato membro in questione.
13. Nell'adottare le decisioni o raccomandazioni di cui ai paragrafi 8, 9, 11 e 12, il Consiglio delibera su
raccomandazione della Commissione.
Nell'adottare le misure di cui ai paragrafi da 6 a 9, 11 e 12, il Consiglio delibera senza tener conto del voto del membro
del Consiglio che rappresenta lo Stato membro in questione.
Per maggioranza qualificata degli altri membri del Consiglio s'intende quella definita conformemente all'articolo 238,
paragrafo 3, lettera a).
14. Ulteriori disposizioni concernenti l'attuazione della procedura descritta nel presente articolo sono

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precisate nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai trattati.
Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del
Parlamento europeo e della Banca centrale europea, adotta le opportune disposizioni che sostituiscono detto
protocollo.
Fatte salve le altre disposizioni del presente paragrafo, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa
consultazione del Parlamento europeo, precisa le modalità e le definizioni per l'applicazione delle disposizioni di detto
protocollo.

Ad esso si aggiunge il Protocollo n.12 che stabilisce il rapporto massimo consentito tra disavanzo pubblico e prodotto
interno lordo e tra debito pubblico e PIL.

Ci si riferisce anche al Patto di stabilità interno che, sulla base del primo, ha imposto con legge statale vincoli di
spesa anche a Regioni, province e comuni, prevedendo anche altre gravi limitazioni per gli enti che non rispettano il
patto e premi per quelli virtuosi.

Sono stati posti vincoli contabilistici e di bilancio anche a numerose figure soggettive formalmente privatistiche ma
ricomprese negli elenchi delle amministrazioni pubbliche pubblicati dall’ Istat annualmente, sulla base della
disciplina europea perché sostanzialmente pubbliche!

I vincoli europei sono stati rafforzati anche con il Trattato di Fiscal compact con cui vari Stati membri dell’Unione
si sono impegnati a rinsaldare la disciplina di bilancio per favorire gli obiettivi dell’Unione in materia di crescita
sostenibile, occupazione, competitività, coesione sociale.
La legge cost 1/2011 ha modificato l’ art 81.1-2 Cost stabilendo che lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e
le spese del proprio bilancio e ha limitato il ricorso all’indebitamento a casi particolari o a eventi eccezionali.

L’equilibrio si imporrà quindi anche al legislatore ordinario, impedendo politiche di indebitamento fuori controllo e
ciò comporterà altri limiti di spesa dell’intero comparto pubblico: una spese, per poter essere sostenuta da un ente
dotato di bilancio preventivo, deve esser in esso contemplata quanto a tipologia e il capitolo di spese (unità
previsionale di base) deve essere capiente.
 Il bilancio ha una funzione autorizzativa sul versante delle spese.

Gli enti pubblici sono assoggettati a regole di contabilità per quanto riguarda la procedura di erogazione delle
spese che si articola in:
• Impegno di spesa che comporta un preciso vincolo di destinazione della somma nel capitolo pertinente
• Liquidazione che comporta l’accertamento della maturazione del relativo credito es perché l’attività pattuita
è stata espletata
• Ordine di pagamento rivolto al tesoriere affinché effettui concretamente il pagamento stesso.

Questa procedura imposta da fonti di rango primario (leggi di contabilità) ha indotto per lungo tempo a ritenere che
i debiti dell’amministrazione anche se scaduti, divenissero liquidi ed esigibili SOLO dal momento dell’emissione
dell’ordine di pagamento: prima di esse non poteva essere condannata al pagamento degli interessi moratori o
assoggettata a procedura esecutiva.

Recentemente si ritiene che le leggi contabilità e gli stanziamenti di bilancio attengono al


funzionamento interno dell’amministrazione e quindi non possono essere opposte al terzo creditore.
Ne deriva che le obbligazioni pubbliche risultano assoggettate alla disciplina di diritto comune e quindi la posizione
dell’amministrazione non è diversa da quella di ogni altro debitore privato!

Ciò non esclude che specifiche disposizioni di legge possano disporre espressamente in altro modo (DEROGHE) es:

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- Art 151.4 TUEL (d.lgs.267/2000) dispone che i provvedimenti che comportano spese diventano
efficaci solo con il visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria

- Art 159.2 TUEL esclude le procedure di esecuzione forzata sulle somme degli enti locali, destinate
alle retribuzioni del personale, al pagamento dei mutui e all’espletamento dei servizi pubblici locali indispensabili.

Queste discipline derogatorie, pur introducendo un privilegio processuale a favore delle amministrazioni, tengono
a salvaguardare il regolare svolgimento dell’attività amministrativa tenuto conto del fatto che l’ente pubblico non
può fallire e che l’ordinamento appresta comunque un altro strumento idoneo allo scopo (il giudizio di
ottemperanza).

I servizi pubblici

Nel corso del secolo scorso lo stato e i suoi enti territoriali minori hanno offerto ai cittadini alcuni servizi che si
riteneva non potessero essere forniti dalle imprese private nelle logiche di mercato. Questi servizi si sono
moltiplicati comprendendo per lo Stato la produzione e distribuzione di energia elettrica, tv,.. e per i comuni il
trasporto urbano, servizio fognario, nettezza urbana, rifiuti, illuminazione pubblica,..

I servizi pubblici consistono nell’ offerta in via continuativa di beni , servizi o genericamente di prestazioni
produttive di utilità, diretti alla soddisfazione di bisogni primari della collettività che il mercato non può fornire e che
l’ordinamento ritiene necessario assicurare a una comunità di utenti.
Differiscono quindi dagli appalti di servizi ove invece le prestazioni vengono fornite a favore degli apparati pubblici
e non direttamente a favore dei cittadini!

L’ erogazione a favore direttamente e indistintamente dei cittadini caratterizza questo istituto. Si tratta di un servizio
pubblico perché è prestato al pubblico dei cittadini o utenti.

Sono servizi pubblici anche dal punto di vista soggettivo: perché fanno capo direttamente o indirettamente a un ente
pubblico che ne assume la titolarità, la responsabilità e a volte la gestione.

Esiste una nozione oggettiva di pubblico servizio: vengono considerati tali anche servizi svolti in autonomia da
soggetti privati ma tuttavia di interesse pubblico perché idonei ad assicurare prestazioni essenziali per i cittadini.

Essi presuppongono anche una struttura aziendale e lo svolgimento di un’attività di impresa.


L’attività di impresa è presupposta anche dall’ art 43 Cost: A fini di utilità generale la legge può riservare
originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di
lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti
di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Esso consente alla legge di riservare allo Stato o ad altri enti pubblici imprese che svolgano servizi pubblici
essenziali. Ciò comporta la sottrazione di queste imprese all’iniziativa economica privata e alle dinamiche di
mercato! Viene quindi autorizzata la monopolizzazione pubblica di alcuni servizi

Art 106 par2 TFUE:

2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale
sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali
norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli
scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione.

Si riferisce a imprese incaricate di servizi di interesse economico generale e consente che siano sottratte alle
regole della concorrenza fissate dai Trattati, nei limiti in cui ciò sia necessario alla realizzazione della loro missione
(scopi affidati). art 14 TFUE

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In tal caso l’attribuzione di diritti di esclusiva non è considerata aiuto di Stato e non è soggetta a divieto. Vengono
dunque imposte regole di concorrenza a tutto ciò che non sia strettamente necessari ai gestori per la specifica
missione loro affidata.
Questa valutazione è operata dallo stato membro o dalla singola amministrazione dello stato ed è soggetta al
principio di proporzionalità e al possibile sindacato della Corte di Giustizia che può essere adita anche dalla
Commissione in sede di giudizio di constatazione di inadempienza.

Entrambe le discipline, statale e comunitaria, si riferiscono a una attività di produzione e di scambio di beni e
servizi operata con criteri economici, avvalendosi dunque prima di tutto dei ricavi dell’attività stessa.
Ciò avviene indipendentemente dal fatto che l’attività di impresa sia svolta direttamente da una struttura pubblica
o da un soggetto privato: è prevista espressamente dal diritto comunitario la concessione di servizi, contratto in
cui la gestione del servizio spetta al concessionario che viene remunerato in tutto o in parte dai ricavi dell’utenza.

Si tratta di attività di impresa (produzione e scambio e quindi commercializzazione di beni e servizi) e quindi i
rapporti con gli utenti finali sono PRIVI di carattere autoritativo.
Si parla di amministrazione di prestazione (non di amministrazione per atti amministrativi).
La differenza si palesa in sede penale dove si differenziano le figure di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico
servizio artt 357-358 c.p.

- Nel caso in cui il servizio sia reso uti cives es illuminazione pubblica, nettezza urbana si tratta di
prestazioni materiali o mere operazioni che vengono remunerate in base a specifiche tassazioni.
- - N el caso in cui il servizio sia reso uti singuli es distribuzione del gas, energia elettrica esso
comporta il pagamento di un corrispettivo detto tariffa che è determinato dall’ente pubblico
responsabile del servizio e che costituisce oggetto di una specifica obbligazione di diritto privato.

Tutto avviene sulla base di un accordo contrattuale detto contratto di utenza da cui sorgono fasci di diritti e obblighi
corrispettivi.
La sua stipulazione è obbligatoria per il gestore del servizio (obbligo a contrarre da parte del gestore) sulla base di
moduli e formulari > contratto di adesione che devono rispettare i livelli previsti dalla disciplina di settore e del
singolo esercente (carta dei servizi) in relazione alla qualità del servizio, ai corrispettivi, alle modalità di
espletamento delle prestazioni.

Standard qualitativi: sono stabiliti sovente dalla competente Autorità di regolazione esi presentano come clausole
contrattuali imposte.

Corrispettivo: può remunerare integralmente il servizio e in tal caso si tratta di servizio


finanziario autonomo come quello della distribuzione del gas, o solo parzialmente come i servizi di trasporto di
persone su ruote o rotaie (in tal caso la tariffa è determinata in modo riduttivo per tenere conto dell’interesse
pubblico alla fruizione più ampia dell’esercizio stesso e dovrà essere integrata da compensazioni (prezzo) ulteriori a
carico dell’ente pubblico per garantire la copertura dei costi –economicità- e un possibile margine di utile –
redditività- per il gestore.

L’erogazione di servizi pubblici è condotta con strumenti di diritto comune ed è priva di manifestazioni
provvedimentali.
Ciò consente di:

- Realizzare un’effettiva concorrenza quando il servizio non è gestito con diritto di esclusiva
- Assicurare una tutela civilistica incisiva da parte degli utenti anche con nuove procedure di conciliazione
stragiudiziali.

A queste si aggiungono altre procedure in sede giurisdizionale come la class action diretta al risarcimento dei danni
a favore dei consumatori che dovrebbe trovare ampia applicazione nei rapporti tra gestorie utenti visto che essa
riguarda i contratti stipulati ex art 1342 cc (contratti di adesione sulla base di moduli e formulari predisposti tipici
dei pubblici servizi).

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E’ stata introdotta anche la class action amministrativa preordinata a garantire maggior efficienza in capo alle
amministrazioni e ai concessionari di pubblico servizio e consente a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti
dell’amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici se dalla violazione degli standard qualitativi ed
economici derivi lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti e consumatori: il giudizio
può concludersi con l’ordine all’amministrazione o al concessionario di porre in essere tutte le misure idonee a porre
rimedio alle violazioni.
Questa azione è di competenza del Giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (diversamente dalla
semplice class action).

Segue: i profili pubblicistici

Non è vero che tra pubblici servizi e attività amministrativa vi sia una vera e propria diversità di campi di
applicazione infatti esistono aspetti pubblicistici in materia di servizi pubblici!

Profili pubblicistici sussistono nell’ assunzione del servizio se non è direttamente imposto dalla legge.
E’ possibile nel caso di servizi pubblici facoltativi: in tal caso l’atto con cui l’ente pubblico ne decide l’istituzione,
assumendolo tra i propri compiti e sotto la sua responsabilità, previa analisi di costi e benefici e nei limiti delle
finanze, è un atto amministrativo!
Rientrano tra detti servizi es farmacie comunali, distribuzione di gas metano,..

Art 112.1 TUEL:

1. Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano
per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali.

Gli enti territoriali minori sono enti pubblici a generalità di fini

Ampio margine di apprezzamento dei Comuni e delle Province in ordine ai bisogni della collettività e all’assunzione
dei servizi pubblici (tranne quelli obbligatorii per legge come la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti).
La discrezionalità è ampia ma ha dei limiti: limiti di bilancio, limiti derivanti dai principi della pa e quanto disposto
dall’ art 118.4 Cost - Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà.

Si tratta del principio di sussidiarietà orizzontale (non verticale che invece riguarda i rapporti tra più livelli di
governo): attiene all’ambito di estensione dell’intervento pubblico in sostituzione dell’iniziativa privata dei cittadini
e ciò può avvenire SE e in quanto questa si riveli assente o insufficiente!
Essa implica anche una valutazione dell’adeguatezza del’azione dei soggetti privati e anche della
necessarietà dell’intervento pubblico. E’ applicazione del principio generale di proporzionalità!

L’ art 112.1 TUEL accoglie una nozione ampia del pubblico servizio ricomprendendovi

Servizi di rilevanza economica


corrispondenti sostanzialmente alla categoria comunitaria dei servizi di interesse economico generale

Servizi privi di rilevanza economica per gli scopi solidaristici e assistenziali cui sono preordinati (non
perché privi di ricavi).

Si tratta soprattutto di servizi sociali comprendenti servizi gratuiti e a pagamento o prestazioni economiche
destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della
sua vita.

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I servizi sociali rispondono agli obiettivi fondamentali della nostra Costituzione nella parte in cui si occupa di Stato
e diritti sociali e riguardano esigenze soddisfatte con risorse della società, cioè con entrate tributarie.
Nell’ambito dei servizi sociali sussistono espressioni di pubblici poteri anche nella fase di erogazione del servizio e
nei rapporti con i fruitori finali soprattutto per il carattere selettivo delle prestazioni correlate alla limitazione delle
risorse (non solo nella fase di assunzione del servizio) si tratta di diritti finanziariamente condizionati ma i
condizionamenti finanziari non sono un limite nell’assicurare i livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale art 117.2 lett m) Cost, compresi i livelli essenziali
di assistenza –LEA- definiti dal piano sanitario nazionale.
Si pensi per esempio ai sussidi per persone sottoposte a rischio di marginalità sociale, alle funzioni amministrative
esercitate da aziende sanitarie, ai provvedimenti amministrativi nell’istruzione (scrutini di fine anno, promozioni,
bocciature,..), atti di assegnazione degli alloggi (provvedimenti).

Il Welfare state impone interventi dei poteri pubblici che difficilmente potrebbero essere realizzato con strumenti
solo civilistici.

Anche limitando l’attenzione ai soli servizi di rilevanza economica si manifestano importanti profili pubblicistici dal
punto di vista organizzatorio: gli enti si sono dovuti dotare di strutture organizzative apposite come le aziende
autonome e quelle municipalizzate a livello locale.

Le strutture organizzative si differenziano in 3 modelli:

1. Affidamento a terzi con procedura competitiva di evidenza pubblica concessione di pubblici servizi
2. Affidamento a una società mista il cui socio sia stato individuato con procedure di evidenza pubblica.
Presuppone una gara a doppio oggetto perché diretta a individuare sia la qualità di socio sia l’attribuzione
ad esso di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.
3. In house providing o società di capitale interamente pubblico che non si differenzia sostanzialmente dagli
altri organi dello stesso ente titolare del capitale sociale > autoproduzione

L’assunzione del servizio da parte dell’ente pubblico, la scelta dei moduli organizzatori previsti dalla legge e
l’istituzione delle figure soggettive implicano un’attività di organizzazione assoggettata al regime amministrativo

Anche il contratto di servizio che ex art 113.11 TUEL regola i rapporti tra enti locali e società d’erogazione del
servizio deve essere inquadrato tra gli accordi amministrativi ex art 11 legge 241/1990.

L’ attività di regolazione è sottoposta al regime degli atti amministrativi di tipo normativo (es quandofissa le tariffe,
requisiti di qualità dei servizi,..) e provvedimentale (es disponendo sanzioni): le Autorità indipendenti sono soggetti
amministrativi dotati di rilevanti poteri autoritativi.

Servizi di pubblica utilità

Anche questi, insieme ai pubblici servizi, sono interessati dall’attività di regolazione.


Essi, anche se svolti da privati in regime di concorrenza, necessitano di una disciplina idonea ad assicurare livelli
minimi delle prestazioni.

Anche tra i servizi liberalizzati vi sono segmenti assoggettati al regime del pubblico servizio es servizio di gestione
delle reti, servizio universale che in alcuni settori come quello postale è diretto ad assicurare le prestazioni minime
a condizioni di prezzo accessibili.

 vi sono poteri amministrativi autoritativi anche nei settori in cui è venuto meno l’intervento pubblico
nell’economia!

CAPITOLO V – LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE


Responsabilità contrattuale, precontrattuale, extracontrattuale

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Anche una struttura pubblica nella sua azione può produrre danni a terzi la quale, se illecita, impegna la
responsabilità dell’amministrazione facendo sorgere l’obbligo del risarcimento.

Art 28 Cost:

I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali,
civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo
Stato e agli enti pubblici.

Si concentra l’attenzione sulla responsabilità civile dell’Amministrazione cui si applica la disciplina comune
prevista dal codice civile. Occorre verificare se il modello dell’illecito codicistico applicato alla pa presenti problemi
di adattamento o casi di limitazione della responsabilità stessa.

Responsabilità contrattuale

art 1218 cc: Responsabilità del debitore

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che
l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile.

Si è sempre ritenuto che quando l’amministrazione si avvale degli strumenti contrattuali, ponendosi sullo stesso
piano dell’altro contraente, risponde al pari di questo e senza limitazioni dell’esatto adempimento. Si ha
responsabilità contrattuale anche in caso di inadempimento di obbligazioni che non scaturiscono da un contratto
ma da altra fonte come provvedimenti o accordi amministrativi o dalla legge.
Si ricorda infatti che agli accordi sono applicabili i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in
quanto compatibili.

Responsabilità precontrattuale

Art 1337 cc: Trattative e responsabilità precontrattuale.

Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo
buona fede.

Art 1338 cc: Conoscenza delle cause d'invalidità.

La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto , non ne ha dato notizia
all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del
contratto.

Questo riguarda la fattispecie della violazione del dovere di comunicazione all’altra parte delle cause di invalidità
del contratto. Ha trovato applicazione nei casi di alienazione di beni pubblici incommerciabili in cui tale carattere
non era conoscibile dall’altro contraente con l’ordinaria diligenza.

Secondo una ricorrente giurisprudenza questa responsabilità non sarebbe applicabile ai contratti ad evidenza
pubblica perché, essendo assoggettati ex lege a questa procedura di evidenza pubblica, non presenterebbero

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trattative, indispensabili ai fini di questa responsabilità.


Trattative sarebbero invece ravvisabili solo nel caso di contratti diretti tra funzionario e possibile contraente ai fini
della conclusione del contratto es contratti di economato: contratti di modesto importo e privi di procedura di
evidenza pubblica con cui l’amministrazione si approvvigiona di beni di consumo per il funzionamento quotidiano
dei suoi uffici (es carta per fotocopie).

MA si deve considerare che attraverso l’evidenza pubblica si esprimono sia l’invito ad offrire, sia le offerte dei
contraenti possibili e si individua anche il contraente prescelto: le trattative vengono quindi effettuate attraverso la
procedura amministrativa. La sua illegittimità può essere manifestazione della mancanza di buoa fede, rilevante ai
fini della responsabilità precontrattuale!

Questa responsabilità trova inoltre una espressa previsione normativa nelle direttive comunitarie sui mezzi di
ricorso ex art 2 par7 Direttiva 92/13/CEE: Qualora venga presentata una richiesta di risarcimento danni in relazione
ai costi di preparazione di un'offerta o di partecipazione ad una procedura di aggiudicazione, la persona che avanza
tale richiesta è tenuta a provare solamente che vi è violazione del diritto comunitario in materia di appalti o delle norme
nazionali che recepiscono tale diritto e che aveva una possibilità concreta di ottenere l'aggiudicazione dell'appalto,
possibilità che, in seguito a tale violazione, è stata compromessa.

Vengono disciplinati i casi in cui, a fronte di una violazione del diritto UE, il concorrente abbia perso una possibilità
di successo e limiti le proprie pretese risarcitorie ai costi inutilmente sopportati per la partecipazione alla gara >
danni per interessi negativi

L’interesse contrattuale negativo comprende normalmente:

- Spese inutilmente sopportate per la conclusione del contratto


- Pregiudizio per la perdita di ulteriori occasioni contrattuali

Gli interessi negativi in particolare non comprendono mai il mancato guadagno che la stipulazione del contratto
avrebbe potuto garantire.

Responsabilità extracontrattuale

Art 2043 cc: Risarcimento per fatto illecito.

Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno.

Per quanto riguarda l’attività priva di connotati provvedimentali questa responsabilità è pacificamente ammessa nei
confronti della PA (es danni per cattiva manutenzione delle strade).
Da quando è stata abbandonata la limitazione connessa a presunte immunità della pa questa è tenuta a rispondere
come ogni altro soggetto dell’ordinamento in base al principio del neminem laedere.

E’ controverso invece se in tal caso l’Amministrazione risponda per:

Responsabilità diretta ex art 2043 cc

 illecito soggettivo colposo o doloso

Responsabilità indiretta ex art 2049 cc: Responsabilità dei padroni e dei committenti.

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I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi
nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

 illecito oggettivo perché impegna la responsabilità dell’amministrazione indipendentemente da colpa o dolo.

Art 28 Cost:

I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili
e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e
agli enti pubblici.
 lascerebbe intendere che vi sia una responsabilità indiretta.

La giurisprudenza qualifica tale responsabilità come diretta, per fatto proprio. Ciò si concilia con il rapporto di
immedesimazione organica: se il funzionario o l’addetto dell’amministrazione che ha operato in concreto è un
tutt’uno con l’amministrazione stessa e non si distingue da essa, allora l’amministrazione risponde per fatto proprio!

MA ANCHE il singolo funzionario o dipendente pubblico risponde personalmente nei confronti dei terzi anche se solo
nei casi di dolo e colpa grave, per evitare che il timore di dover rispondere anche per colpa lieve ne paralizzasse
l’attività.

Art 23 dPR 3/1957: Responsabilità verso i terzi

L'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un
danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 è personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di risarcimento nei suoi confronti
può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione qualora, in base alle
norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. L'amministrazione
che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente si rivale agendo contro quest'ultimo a norma degli
articoli 18 e 19. Contro l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici l'azione
dell'Amministrazione è ammessa solo nel caso di danni arrecati per dolo o colpa grave.

art 23. Danno ingiusto

E' danno ingiusto, agli effetti previsti dall'art. 22, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato
abbia commesso per dolo o per colpa grave; restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti. La
responsabilità personale dell'impiegato sussiste tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento
di atti od operazioni, quanto se la detta violazione consista nell'omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od
operazioni al cui compimento l'impiegato sia obbligato per legge o per regolamento.

Il decreto disciplina anche l’imputabilità dell’illecito in casi di atti di organi collegiali (responsabilità solidale di tutti
i componenti che abbiano partecipato alla deliberazione con esclusione solo di chi abbia fatto constatare il proprio
dissenso a verbale), la responsabilità per omissione di atti e operazioni, la responsabilità per inesecuzione del
giudicato amministrativo (artt 24-25-26)

Come la responsabilità diretta del singolo per dolo o colpa grave nei confronti dei terzi si concilia con la
responsabilità diretta dell’amministrazione nei confronti dei terzi relativa allo stesso comportamento illecito?

 Se nel caso di specie NON sussiste il dolo o colpa grave del singolo agente ma ricorrono i requisiti dell’illecito
aquiliano, è responsabile la sola amministrazione che risponde anche per colpa lieve (mera imprudenza,
imperizia o negligenza).

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Vi è un unico responsabile (amministrazione) e questa risponde per fatto proprio

Responsabilità diretta (la posizione dell’agente non si distingue da essa secondo le logiche dell’ immedesimazione
organica che vale sia per i funzionari preposti agli organi chiamati ad esprimere la volontà dell’ente, sia per gli
addetti appartenenti a uffici strumentali e operativi che non hanno questa capacità!).

Altro caso di responsabilità diretta dello Stato è quella scaturente dai danni prodotti dalla magistratura nell’esercizio
del potere giurisdizionale legge 117/1988.

Se sussiste il dolo o la colpa grave del singolo agente, questo risponde come l’amministrazione

Responsabilità solidale

La posizione dell’agente è distinta da quella dell’amministrazione, spezzandosi il vincolo di immedesimazione


organica. La sua responsabilità è diretta; quella dell’amministrazione è indiretta (per fatto altrui) infatti non è
possibile una responsabilità diretta duplice per lo stesso fatto tra due soggetti distinti.

E’ possibile però che, trattandosi di responsabilità solidale, sia chiamata a rispondere SOLO l’amministrazione per
scelta del danneggiato (preferisce un soggetto maggiormente solvibile come l’amministrazione).
L’amministrazione può essere condannata a risarcire il danno subendo così un pregiudizio.

Può quindi avvalersi sull’autore del danno sulla base della responsabilità amministrativa, tipo di responsabilità
speciale che incombe sul funzionario o dipendente nei confronti dell’amministrazione di appartenenza.

Questa responsabilità deve essere accertata e sanzionata dalla Corte dei Conti e può derivare da un atto diretto
provocato al patrimonio dell’amministrazione o da un danno indiretto (come nel caso di specie di un pregiudizio
recato a terzi). > art 1 legge 20/1994

E’ previsto per questa responsabilità un regime analogo a quello della responsabilità dei dipendenti nei confronti
dei terzi (in caso di dolo o colpa grave), ma differisce da esso:

 Sussiste un potere di riduzione della Corte dei conti rispetto al danno accertato
 Non sussiste il vincolo di solidarietà se il fatto dannoso è causato da più persone
 Non sussiste trasmissibilità agli eredi del debito, salvo il caso di illecito arricchimento

MA allora qual è la NATURA di questa responsabilità???

La tesi tradizionale è che si tratti di responsabilità civile di tipo contrattuale dato che riguarda soprattutto i danni
derivanti da violazioni di obblighi di servizio.
L’estensione di tale responsabilità al danno cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di
appartenenza del singolo agente ha fatto pensare a una responsabilità extracontrattuale, tenuto anche conto del
termine di prescrizione di 5 anni e non di 10.
La sussistenza del potere riduttivo ha fatto parlare di misura sostanzialmente sanzionatoria.
Non si tratta di una sanzione visto il carattere risarcitorio civile dell’istituto che presuppone sempre un danno.

Responsabilità per danni derivanti dall’attività provvedimentale

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Per lungo tempo è stata esclusa la responsabilità dell’amministrazione correlata all’esercizio di attività
provvedimentale, anche nel caso di illegittimo esercizio del potere amministrativo sulla base dell’assunto della
irrisarcibilità degli interessi legittimi.
Questo derivava da una ristretta interpretazione dell’illecito aquiliano ex art 2043cc e in particolare della locuzione
danno ingiusto inteso come danno lesivo solo di diritti soggettivi.
Siccome di fronte all’esercizio della potestà amministrativa non sussistono diritti soggettivi ma solo interessi
legittimi, la risarcibilità di questi ultimi è stata sempre esclusa configurando una specie di immunità
dell’amministrazione.
Questa immunità però riguardava solo i danni subiti dagli interessi legittimi pretensivi a causa di illegittimi
dinieghi di atti ampliativi.
L’amministrazione non era invece immune dai danni subiti dagli interessi legittimi oppositivi a causa di illegittimi
provvedimenti restrittivi.

INFATTI..

 Nel caso degli interessi legittimi oppositivi l’annullamento del provvedimento restrittivo implica il
ripristino della situazione originaria illegittimamente sacrificata.
Questa situazione originaria è un diritto soggettivo es annullamento di un decreto di espropriazione con
ripristino della proprietà illegittimamente sottratta.
Per questo motivo fu semplice riconoscere la risarcibilità del danno così causato: risulta leso il diritto
soggettivo!

 Nel caso dell’annullamento di illegittimo diniego di atto ampliativo la posizione di partenza è quella di
interesse legittimo pretensivo e quindi la relativa risarcibilità doveva passare per forza attraverso il
superamento dell’interpretazione restrittiva dell’illecito aquiliano.

La svolta si ebbe con la Sent 500/1999 Corte cassazione S.U.: sulla base della ricostruzione dell’interesse legittimo
in termini di posizione giuridica sostanziale e sulla base di una interpretazione diversa dei presupposti dell’illecito (
è danno ingiusto quello lesivo di qualunque posizione giuridica sostanziale, cioè dell’interesse a un bene della vita
protetto dall’ordinamento), ha ammesso la risarcibilità degli interessi legittimi oppositivi e pretensivi!

MA in caso di interessi legittimi pretensivi, non significa che il risarcimento del danno si possa accordare ogni volta
che si ottenga l’annullamento del diniego o si accerti l’antigiuridicità del silenzio inadempimento
dell’amministrazione!
Può infatti accadere che il diniego sia annullato per un vizio formale o procedurale che non esclude che lo stesso
provvedimento sia legittimamente reiterabile emendato dai vizi > il bene della vita che il richiedente voleva
conseguire può comunque risultare irraggiungibile (non cambia il contenuto del provvedimento!).

Per questa ragione, perché si possa ottenere il risarcimento del danno, è necessaria la prova che il provvedimento
ampliativo richiesto avrebbe dovuto essere rilasciato, e così sacrificando indebitamente il bene della vita. Solo
in tal caso il danno è davvero ingiusto, lesivo della sfera giuridico- patrimoniale del cittadino.

L’accertamento di tale lesione però non è sempre agevole infatti implica un giudizio prognostico sulla fondatezza
dell’istanza da condurre con riferimento alla normativa di settore e sulla base delle sole norme sostanziali perché
quelle formali o procedurali non dicono nulla sul problema dell’emissione del provvedimento!

Ciò dipende dal carattere vincolato o meno del provvedimento stesso e dallo stadio del procedimento che potrebbe
aver esaurito la fase delle scelte discrezionali: es di fronte a una graduatoria finale di gare il secondo classificato
potrà dimostrare che avrebbe dovuto essere il vincitore se riesce ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione per

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mancanza di requisiti di partecipazione del primo classificato; una simile dimostrazione non è possibile se è
annullata l’intera gara come nel caso di un vizio nella composizione della commissione.
L’onere probatorio sulla fondatezza della pretesa è inoltre attenuato dalla giurisprudenza che ammette la
risarcibilità per perdita di chances (nel caso dell’esercizio di una potestà discrezionale). Qui basta dimostrare la
sussistenza di alcuni presupposti che in modo presuntivo e secondo un calcolo di probabilità >50% consentono di
ritenere che il risultato avrebbe potuto essere conseguito.

Si dibatte ora sul tipo di illecito (extracontrattuale o contrattuale?) che ricorre nei casi espletati.

La giurisprudenza, applicando una prescrizione di 5 anni al posto di 10 pare averlo inquadrato nella fattispecie
aquiliana.

Si dibatte sul carattere primario o secondario della norma che prevede tale illecito.

La cassazione opta per la norma primaria: l’art 2043 porrebbe il precetto del neminem laedere e la sanzione per la
relativa violazione.
La corte costituzionale è orientata sul carattere secondario della norma, che si limiterebbe a sanzionare la violazione
di un precetto previsto dal altre norme.

Si discute sulla necessità dell’elemento soggettivo dell’illecito e sulla relativa prova.

Trattandosi di illecito aquiliano, il dolo o la colpa devono essere presenti e la relativa prova dovrebbero incombere
sul danneggiato.
MA se il pregiudizio scaturisce da provvedimento illegittimo la giurisprudenza ritiene che vi sia una presunzione di
colpevolezza in capo all’amministrazione a cui spetterà quindi dimostrare la scusabilità dell’errore che ha dato luogo
all’illegittimità es repentino mutamento di indirizzo giurisprudenziale.

Una pronuncia della Corte di giustizia in causa C314/09, in tema di risarcimento del danno correlato alla violazione
della normativa comunitaria sugli appalti pubblici, ha escluso che sia necessaria la sussistenza del dolo o della colpa.

Risulta superata la questione della pregiudizialità amministrativa.

Art 30 nuovo codice del processo amministrativo d.lgs. 104/2010:

1. L’azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e
nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma.
2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio
dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì
essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo
2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di
centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il
danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il
comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare
usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.
4. Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza
dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre

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fintanto che perdura l’inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla
scadenza del termine per provvedere.
5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel
corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di
giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo.

L’azione di risarcimento del danno correlato ad attività provvedimentale può essere proposta in via
autonoma e quindi senza la necessità di previa e pregiudiziale impugnazione e annullamento dell’atto
amministrativo illegittimo.

Questa soluzione produce una incoerenza:

 Da un lato consente al provvedimento illegittimo di produrre effetti e ne impone l’esecuzione


 Dall’altro lato consente di qualificare illecita la fattispecie.

I caratteri di esecutorietà ed esecutività dimostrano che l’ordinamento autorizza l’efficacia del provvedimento anche
se illegittimo e ne impone l’osservanza.
MA un’attività consentita non può essere considerata illecita e vietata! Tenendo conto della necessaria coerenza del
sistema, un comportamento può essere qualificato illecito, vietato e non consentito e un comportamento
corrispondente a un diritto, potestà consentita può essere solo secundum ius.

MA allora sulla base di cosa si propone autonomamente l’azione di risarcimento del danno? Su un provvedimento
consentito? E’ necessario prima impugnarlo!

Lo stesso art 30.3 esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare con l’ordinaria diligenza anche
attraverso gli strumenti di tutela previsti.
 ciò risulta coerente con l’ art 1227.2 cc Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare usando l'ordinaria diligenza.

Ne amplia anche l’ambito di applicazione a tutti i casi in cui l’esperimento degli strumenti di tutela avrebbe potuto
evitare il danno. Tra gli strumenti di tutela vi è anche l’impugnazione dell’atto illegittimo: il previo esperimento
del giudizio di annullamento conserva quindi il carattere di presupposto necessario ai fini della risarcibilità del danno.
Art 2bis legge 241/1990:
1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sonotenuti al risarcimento del danno
ingiusto cagionato in conseguenza dell’ inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento.
1- bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi
pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste
l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le
modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono
detratte dal risarcimento.

Si tratta della responsabilità da ritardo come figura di illecito extracontrattuale.


Non è chiaro se essa sia applicabile a tutti i casi di ritardo nell’emissione di un provvedimento amministrativo
indipendentemente dalla circostanza che questo debba essere emesso o meno.

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- La tesi ampliativa considera il tempo come un bene della vita, consentendo il risarcimento del
danno da puro ritardo. Così risulta tutelato l’affidamento del privato alla certezza dei tempi dell’azione
amministrativa, interesse meritevole di tutela. La vicenda assumerebbe quindi i caratteri di una responsabilità
contrattuale.
- La tesi limitativa esclude il risarcimento di un interesse meramente procedimentale e strumentale
come la tempestività dell’azione amministrativa e ammette la responsabilità solo nel caso in cui sia certa la
spettanza del bene della vita oggetto della potestà amministrativa!
 questa responsabilità costituisce una espressione ulteriore della tutela risarcitoria extracontrattuale
dell’interesse legittimo che è accordata sia in caso di attività provvedimentale illegittima, sia in caso di
attività provvedimentale legittima ma tardiva. In entrambi i casi deve però essere certa la spettanza del bene
della vita al soggetto danneggiato.

La responsabilità amministrativa degli agenti

Apposita e diversa disciplina regola invece la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti per il danno
provocato all’amministrazione, vuoi indirettamente, cioè esponendo l’ente pubblico alla rivendicazioni risarcitorie
dei terzi danneggiati, vuoi direttamente, con comportamento immediatamente lesivi dell’erario (es. alla
distruzione di un automezzo militare, perché guidato in stato di ubriachezza).

Trattasi della c.d. responsabilità amministrativa, le cui coordinate fondamentali sono tracciate dall’art 1 della l. n
20/1994, e dal nuovo codice della giustizia contabile > d.lgs n 174/2016.

Controverso è il PROBLEMA della natura di detta responsabilità, che costituisce una misura molto temuta dai
pubblici dipendenti e un deterrente formidabile rispetto a derive di cattiva amministrazione con sperpero del
denaro pubblico.

La tesi tradizionale è che si tratti di responsabilità civile di tipo contrattuale (dato che riguarda principalmente i
danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio). Senonché l’estensione di tale responsabilità al danno
“cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza” del singolo agente, ha fatto
propondere per una responsabilità extracontrattuale (tenuto conto anche del termine di prescrizione che è di 5
anni e non di 10)

Suoi presupposti costitutivi sono:

- Una condotta antigiuridica;


- Un danno;
- Un rapporto causale tra azione ed evento;
- L’elemento soggettivo.

Il legislatore ha adattato e temperato i vari elementi, tramite una disciplina che – ha chiarito la Corte Costituzionale
– “combinando elementi restitutori e deterrenza, mira a determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a
carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per
dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità regione di stimolo e non di disincentivo”

I tratti essenziali dell’istituto – riassunto:

SUL PIANO PROCESSUALE

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L’accertamento della responsabilità amministrativa è rimesso alla giurisdizione della Corte dei Conti. L’esercizio
dell’azione, nel termine prescrizionale di 5 anni spetta alla Procura regionale della Corte dei Conti, sul presupposto
di una notizia di danno specifica e concreta, comunque acquisita.

SUL PIANO SOSTANZIALE

L’ambito soggettivo di applicazione del regime risarcitorio è definito con criteri estensivi.
Esso è applicabile non soltanto agli intestatari di uffici pubblici che siano legati all’amministrazione da rapporto
onorario o impiegatizio, ma a tutti coloro che, a qualunque titolo, svolgano compiti per conto di un ente pubblico.
Es. secondo la giurisprudenza contabile, la responsabilità amministrativa può insorgere, nel corso dell’esecuzione di
un appalto pubblico, in capo al direttore dei lavori o in capo ai componenti della commissione preposta alla
definizione dell’accordo bonario, quand’anche operanti nella veste di liberi professionisti.

QUANTO ALL’ELEMENTO SOGGETTIVO

L’art. 1 della legge 20/1994 circoscrive la responsabilità agli illeciti commessi con solo o colpa grave.
A ulteriore mitigazione, la normativa aggiunge che il sindacato del giudice non può lambire il merito delle scelte
discrezionali e che i titolari degli organi politici non rispondono degli atti di competenza degli uffici tecnici, quando
in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiamo autorizzato o consentito l’esecuzione.

In ogni caso, è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto
vistato e registrato in sede di controllo di legittimità preventivo.

QUANTO AL DANNO

Esso è presupposto imprescindibile all’affermazione della responsabilità, non bastando la mera illegittimità dei
comportamenti contestati. Tuttavia la quantificazione del risarcimento segue regole particolari:

- IN PRIMO LUOGO: La Corte dei Conti è chiamata a tenere conto “dei vantaggi comunque
conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrativa” (c.d. vantaggi compensati),
oltre che delle perdite causate dalle condotte controverse;
- IN SECONDO LUOGO: La Corte può esercitare il c.d. potere riduttivo e può limitare l’ammontare
della condanna risarcitoria ad una frazione del danno appurato.

SUL QUANTUM DELL’OBBLIGAZIONE RISARCITORIA

Può incidere l’istituto del c.d. condono erariale, introdotto dalla l. 266/2005 e oggi regolamentato ex novo dalla
d.lgs n 174/2016

Ai sensi di questa ultima norma, il convenuto previo assenso del pubblico ministero, può ottenere che il
contenzioso sia istantaneamente definito col pagamento di una frazione del danno contestato.

Trattasi di procedura alternativa al rito ordinario, con il duplice e dichiarato scopo di:

- Abbattere il carico della giurisdizione;


- Garantire un reintegro rapido e sicuro, quantunque parziale.

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APPROFONDIMENTO AMMINISTRATORI DI SOCIETA’ PUBBLICHE

Negli ultimi anni uno dei temi più dibattuti è stato quello dell’estensione della responsabilità amministrativa anche
agli amministratori di società a partecipazione pubblica.

L’interpretazione estensiva, coltivata dalla Corte dei conti trovava (e trova) un ostacolo nella presenza dello
specifico istituto della responsabilità degli amministratori, previsto dal cc. > Possibile sovrapposizione e
duplicazione inaccettabile.

Dopo varie oscillazioni la Corte di Cassazione, ha finito per escludere l’applicabilità della responsabilità
amministrativa in tali casi > Dipanando un difficile problema interpretativo, scaturente dalla commistione di
aspetti pubblicistici e privatistici.

Tuttavia, l’esclusione della responsabilità amministrativa riguarda gli amministratori delle società per i danni
arrecati al patrimonio della società medesima (e non per i danni -es. immagine – arrecati direttamente all’ente
pubblico socio).

DA ULTIMO: il d.lgs 175/2016 nello sforzo di risolvere finalmente le perduranti incertezze, specifica, dal canto suo,
i presupposti che rendono il regime risarcitorio applicabile ai rappresentanti o agli amministratori di società a
prevalente partecipazione pubblica.

In particolare l’art 12 T.U – fa salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato da
amministratori e dipendenti della società in house, nonché per il danno diretto subito dagli enti partecipanti per
effetto della cattiva gestione degli amministratori delle partecipate, incluso il pregiudizio derivante dall’omesso
esercizio, con dolo o colpa grave, dei poteri e delle facoltà che sono prerogative dei soci, a discapito del valore della
partecipazione.

CAPITOLO VI – CENNI DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA


Ricorsi amministrativi

Il nostro sistema di giustizia amministrativa offre mezzi di tutela:

 In via amministrativa > ricorsi proposti innanzi ad autorità amministrative

 In via giurisdizionale > azioni o ricorsi proposti innanzi alla giurisdizione ordinaria o amministrativa

Ricorso gerarchico: la forma più semplice e immediata di reazione è quella di rivolgersi all’autorità superiore
rispetto all’organo che ha emesso l’atto e questo ricorso presuppone che l’ atto sia stato emesso da un organo
gerarchicamente inferiore.
Si tratta di un rimedio generale perché può sempre essere azionato in presenza di quel presupposto.

Ricorso gerarchico improprio: può essere proposto ad un’Autorità posta al di fuori da ogni rapporto digerarchia.

Art 1.2 dPR 1199/1971:

2. Contro gli atti amministrativi dei Ministri, di enti pubblici o di organi collegiali è ammesso ricorso da parte di chi vi
abbia interesse nei casi, nei limiti e con le modalità previsti dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti.

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Ricorso in opposizione: può essere proposto innanzi alla stessa autorità che ha emesso l’atto.

Art 7 dPR 1199/1971:

1. Nei casi previsti dalla legge, il ricorso in opposizione è presentato all'organo che ha emanato l'atto impugnato.

Questi due ricorsi sono considerati rimedi eccezionali perché consentiti solo negli specifici casi previsti dalla legge.

Ricorso gerarchico si caratterizza per:

a) La celerità del procedimento che deve essere proposto entro 30gg e deciso entro 90gg

b) La semplicità delle forme anche per la modalità di presentazione ex art 2.2 dPR 1199/1971:

2. Il ricorso è presentato all'organo indicato nella comunicazione o a quello che ha emanato l'atto impugnato
direttamente o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso, l'ufficio ne rilascia ricevuta.
Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione.

c) Fornisce ridotte garanzie in ordine alla terzietà dell’organo decidente

d) Il contraddittorio risulta in parte sacrificato perché è rimessa all’autorità decidente


l’individuazione degli altri soggetti direttamente interessati abilitati a presentare deduzione e documenti e perché
l’intera istruttoria è operata d’ufficio senza la necessaria partecipazione delle parti.

Art 4 dPR 1199/1971:


Istruttoria –

1. L'organo decidente, qualora non vi abbia già provveduto il ricorrente, comunica il ricorso agli altri soggetti
direttamente interessati ed individuabili sulla base dell'atto impugnato.
2. Entro venti giorni dalla comunicazione del ricorso gli interessati possono presentare all'organo
cui è diretto deduzioni e documenti.
3. L'organo decidente può disporre gli accertamenti che ritiene utili ai fini della decisione del ricorso.

e) Esperibile sia nel caso di lesione di diritti soggettivi sia nel caso di lesione di interessi legittimi

f) Consente la proposizione di censure sia di legittimità sia di merito (giudizio di opportunità e di


adeguatezza dell’azione amministrativa, coerentemente con i poteri dell’organo gerarchicamente superiore

Art 1.1 dPR 1199/1971:

1. Contro gli atti amministrativi non definitivi è ammesso ricorso in unica istanza all'organo sovraordinato, per motivi
di legittimità e di merito, da parte di chi vi abbia interesse.

L’accoglimento del ricorso per vizi di merito dà luogo alla revoca o alla riforma dell’atto impugnato; l’accoglimento
del ricorso per vizi di legittimità dà luogo all’ annullamento con effetti retroattivi.
Non si tratta però di un annullamento d’ufficio perché è emesso nell’esercizio di una funzione giustiziale infatti la
pronuncia è adottata su domanda di parte ed è preordinata a tutelare la posizione del cittadino > si tratta invece di
annullamento necessario e non discrezionale: esso deve essere emesso ove risultino fondati i vizi dedotti e senza
che l’organo decidente possa estendere il sindacato oltre quanto dedotto dal ricorrente.

Art 5 dPR 1199/1971:

1. L'organo decidente, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, lo dichiara inammissibile. Se ravvisa una
irregolarità sanabile, assegna al ricorrente un termine per la regolarizzazione e, se questi non vi provvede, dichiara il
ricorso improcedibile. Se riconosce infondato il ricorso, lo respinge. Se lo accoglie per incompetenza, annulla l'atto e

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rimette l'affare all'organo competente. Se lo accoglie per altri motivi di legittimità o per motivi di merito, annulla o
riforma l'atto salvo, ove occorra, il rinvio dell'affare all'organo che lo ha emanato.
2. La decisione deve essere motivata e deve essere emessa e comunicata all'organo o all'ente che ha emanato l'atto
impugnato, al ricorrente e agli altri interessati, ai quali sia stato comunicato il ricorso, in via amministrativa o mediante
notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

La decisione del ricorso gerarchico è sempre un provvedimento amministrativo ed è quindi


impugnabile dai soggetti lesi.
Questi soggetti potranno adire il Giudice amministrativo o potranno avvalersi del ricorso straordinario trattandosi
comunque di atto definitivo perché avuto a seguito della pronuncia dell’organo superiore.

Cosa accade in caso di mancata decisione nel termine prescritto di 90gg? > silenzio rigetto

Art 6 dPR 1199/1971:

1. Decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito abbia
comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile
il ricorso all'autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica.

Si tratta di un caso di silenzio normativamente qualificato ma la giurisprudenza prevalente esclude che esso sia
assimilabile a un provvedimento tacito di rigetto che impedirebbe una pronuncia tardiva qualunque. Sulla base di
una interpretazione attenta alle esigenze di tutela del ricorrente vengono ricollegati al superamento del termine solo
effetti di tipo processuale: il ricorrente può, se lo crede, impugnare subito l’atto originario sia in sede giurisdizionale,
sia con ricorso al Presidente della Repubblica senza impedire la decisione tardiva sul ricorso gerarchico.
Tale decisione se è favorevole al ricorrente provocherà la cessazione della materia del contendere davanti all’organo
nel frattempo adito; se è sfavorevole imporrà al massimo un ampliamento della materia del contendere.

Il ricorso gerarchico aveva maggiore rilevanza in passato perché costituiva un passaggio obbligato per la tutela
giurisdizionale nel caso in cui l’atto da impugnare fosse stato emesso da un organo gerarchicamente subordinato >
atto non definitivo
Era esclusa infatti l’azione giudiziaria e la possibilità di portare l’amministrazione davanti al giudice senza aver
prima tentato di ottenere giustizia all’interno dell’apparato amministrativo attraverso i ricorsi ordinari, seguendo
le linee gerarchiche ordinarie, in modo da acquisire la manifestazione di volontà del più alto livello
dell’amministrazione stessa > definitività dell’atto

La definitività può essere:

 Esplicita quando la legge definisce come tale un atto amministrativo


 Implicita quando l’atto è emesso da un organo di vertice o da un organo al di fuori di ognirapporto di gerarchia

OGGI invece tale rilevanza è venuta meno:

- I casi in cui sussiste una vera gerarchia interorganica sono sempre più rari e gli atti amministrativi
risultano spesso definitivi ab origine
- La definitività acquisibile attraverso la proposizione del ricorso gerarchico non è più un passaggio
necessario per la tutela giurisdizionale.

Ora il ricorso gerarchico è uno strumento facoltativo, una mera chance in più, essendo stata abolita con la
riforma del 1971 (legge 1034/1971 – istitutiva dei TAR) la necessità che fosse acquisita la definitività dell’atto.
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Per l’ammissione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica la definitività è un requisito
essenziale.
E’ un ricorso amministrativo tradizionale, previsto sin dall’istituzione del Consiglio di Stato con funzioni consultive

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nel 1831.
Questo ricorso è detto straordinario perché originariamente prevedeva l’intervento del sovrano al di fuori e al di
sopra della linea gerarchica degli apparati amministrativi.

E’ più strutturato degli altri ricorsi:

 Sotto l’aspetto procedurale perché garantisce più elevati livelli di contraddittorio

Il ricorso si propone entro 120gg e in tale termine deve essere notificato ad almeno uno dei controinteressati (coloro
che, avendo tratto vantaggio dal provvedimento, hanno interesse alla sua conservazione) e deve essere depositato
presso l’organo che ha emanato l’atto o presso il Ministero competente per l’istruttoria.
Ciò consente ai controinteressati e all’amministrazione da cui promana l’atto di presentare idonee difese.

 Sotto l’aspetto della terzietà dell’organo decidente

E’ deciso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro competente e prevede l’intervento del
Consiglio di Stato.

Quest’ultimo interviene in sede consultiva ma dà un parere vincolante e quindi sostanzialmente esso decide il
ricorso straordinario perché il Ministro proponente non può discostarsene.

Tale ricorso è alternativo al ricorso giurisdizionale amministrativo e come questo consiste in una impugnazione
limitata ai soli vizi di legittimità e può sfociare nell’ annullamento dell’atto impugnato.

L’ammissibilità dei due strumenti di tutela è rafforzata dal precetto che il ricorso straordinario è
ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa > art 7 d.lgs. 104/2010 –
Codice del processo amministrativo.

La coincidenza dell’ambito materiale delle controversie non è però perfetta infatti per esempio gli atti delle
procedure di affidamento degli appalti pubblici sono impugnabili unicamente mediante ricorso al Tribunale
amministrativo regionale competente art 120 c.p.a.

Nonostante il ricorso straordinario appresti tutela sia agli interessi legittimi, sia ai diriti soggettivi, non vi può essere
sovrapposizione con la giurisdizione ordinaria e i diritti soggettivi possono essere oggetto di tutela solo nelle materie
di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Nonostante si tratti di rimedio amministrativo, sono stati posti in rilievo aspetti sostanzialmente giurisdizionali
dell’istituto:
• La giurisprudenza della corte di giustizia ha riconosciuto che il Consiglio di stato possa sollevare questioni
pregiudiziali comunitarie anche in sede di ricorso straordinario in quanto la sua funzione rientra nel
concetto di giurisdizione ex art 267 TFUE
• Vi è la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale nella procedura di ricorso straordinario
• Vi è la possibilità degli interessati di avvalersi del giudizio di ottemperanza per ottenere l’adempimento
dell’obbligo della pa di conformarsi alla decisione emessa anche in sede di ricorso straordinario
• Vi è la possibilità di proporre ricorso per cassazione ex art 362 cpc avverso la decisione del ricorso
straordinario e per motivi inerenti alla giurisdizione.

Tutto ciò giustifica l’ alternatività che comporta che electa una via, non datur recursus ad alteram.

Si tratta sempre di un ricorso amministrativo e presenta garanzie inferiori a quelle fornite dal ricorso giurisdizionale
(manca il doppio giudizio, l’istruttoria è di competenza ministeriale, manca un contraddittorio a ridosso della fase

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decisoria): la scelta non può essere riservata solo al ricorrente MA deve essere CONDIVISA dai controinteressati
e dalla stessa amministrazione non statale che ha emesso l’atto! Le amministrazioni statali invece non possono
nutrire scarsa fiducia nell’istruttoria ministeriale e quindi non possono rifiutare la scelta del ricorrente.

Questi soggetti possono presentare opposizione al rimedio prescelto costringendo il ricorrente ad operare la
trasposizione davanti al giudice amministrativo competente.

Se il ricorso straordinario prosegue e giunge alla sua conclusione il carattere alternativo e non cumulativo dello
strumento di tutela comporta l’inimpugnabilità della decisione davanti al giudice amministrativo anche se si tratta di
un atto amministrativo.

Tale DEROGA al regime dell’atto amministrativo vale solo nei limiti in cui corrisponde alla ratio dell’alternatività
cioè di evitare ogni contraddizione tra sezioni giurisdizionali e sezioni consultive dello stesso Consiglio di stato e per
una stessa vicenda.
Quindi la deroga opera solo ove si intende contestare il contenuto della decisione assunta in sede di ricorso
straordinario per errori in iudicando MA non opera in caso di errori in procedendo. QUINDI solo in base agli errori in
procedendo la decisione del ricorso straordinario è suscettibile di impugnazione davanti al Giudice amministrativo.

Questa decisione è suscettibile anche di impugnazione per revocazione davanti allo stesso capo dello stato nei casi
previsti dall’ art 395 n4-5 cpc:

Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione:

4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando
la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è
supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto
non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia
pronunciato sulla relativa eccezione

Tutela giurisdizionale ordinaria

La tutela giurisdizionale ordinaria nelle controversie con la Pubblica Amministrazione è stata introdotta nel 1865
con la legge abolitiva del contenzioso amministrativo – legge 2248/1895
Si instaurò quindi un giudice unico per cittadini e pubblica amministrazione (giurisdizione generalizzante con
abolizione delle giurisdizioni amministrative).

Questa legge precisava che la tutela riguardava diritti soggettivi – diritti civili e politici e impediva ogni forma di
tutela costitutiva (annullamento o revoca) nei confronti di atti amministrativi, limitando il potere del Giudice
ordinario alla loro mera disapplicazione che consente di giudicare come se gli atti illegittimi non esistano.
Tale potere di disapplicazione è esercitabile d’ufficio e riguarda i provvedimenti inficiati di illegittimità
secondo i 3 vizi di violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere.

Art 2:

1. Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si
faccia questione d'un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e
ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa.

Art 4:

1. Quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i
tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio.
2. L'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità
amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso.

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Art 5:

1. In questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti
generali e locali in quanto siano conformi alle leggi.

Il giudice ordinario ha escluso però che, di fronte all’esercizio di poteri amministrativi es espropriativi, si facesse
questione di diritti soggettivi ed ha declinato la propria giurisdizione > si è creata così una grave lacuna di tutela
giurisdizionale nei confronti degli atti in cui si manifestava maggiormente l’incidenza autoritativa nella sfera
giuridica del cittadino!

Tale lacuna è stata superata nel 1889 con il ripristino della giurisdizione amministrativa attraverso l’istituzione
della IV Sezione del Consiglio di Stato, seguita dalle giunte provinciali amministrative come autorità giurisdizionali
in sede locale.
dal sistema monistico al sistema dualistico

Il criterio di riparto è basato sulla posizione giuridica soggettiva lesa:

• Giudice ordinario in caso di lesione di diritti soggettivi


• Giudice amministrativo in caso di lesione di altri interessi ancora non qualificati come legittimi

Questo riparto è stato sostanzialmente costituzionalizzato:

- Art 103.1 Cost:

Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della
pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti
soggettivi.

- Art 113.3 Cost:

Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.

Il criterio di riparto risulta però incerto perché possono insorgere varie dispute riguardo all’estensione delle due
giurisdizioni, soprattutto nelle controversie di confine.

Sono quindi state elaborate alcune teorie:

- Dell’atto vincolato
- Della carenza in concreto di potere
- Del diritto soggettivo non comprimibile > Esse non sono risultate risolutive.

MA se si considera che potere amministrativo e diritto soggettivo sono istituti incompatibili all’interno della
stessa relazione giuridica la problematica consiste solo nello stabilire se siano presenti o no veri e propri poteri
amministrativi nel rapporto controverso, riconoscendo la giurisdizione ordinaria solo nel caso in cui non ci siano e
quindi quando non siano in discussione poteri amministrativi e atti autoritativi.

Anche se sussiste ancora il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo, raramente la


giurisdizione potrà occuparsi di controversie in cui si discuta la legittimità dei provvedimenti perché in tali casi
vengono in gioco potestà amministrative di fronte alle quali non si possono configurare diritti soggettivi!

La disapplicazione è stata utilizzata nel caso di controversie tra privati a seguito dell’adozione di provvedimenti
costitutivi di diritti, sempre che l’attore vantasse il diritto così costituito e il convenuto contestasse la legittimità
dell’atto-fonte.

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Il contezioso deducibile davanti al Giudice ordinario nei confronti di una PA è:

a) Quello che scaturisce dall’esecuzione dei contratti di diritto privato


es contratti stipulati all’esito di una procedura di evidenza pubblica, contratti di utenza nei servizi pubblici,
controversie tra gestore del servizio e utente finale

b) Quello correlato all’illecito civile dell’amministrazione quando, trattandosi di illecito


extracontrattuale, non dipenda dall’esercizio di potestà amministrative

c) Quello ascrivibile ad obbligazioni ex lege (es arricchimento senza causa).

d) Controversie derivanti dagli atti nulli restrittivi

(es perché adottati in difetto assoluto di attribuzione). Essi, in quanto nulli, non modificano la posizione di diritto
soggettivo originaria del destinatario.
Se invece si tratta di atti nulli relativi a poteri ampliativi la cognizione spetta al giudice amministrativo perché la
relativa nullità non muta la posizione originaria del richiedente che è una posizione di interesse legittimo pretensivo.

e) Sanzioni amministrative pecuniarie ex legge 689/1981.

La posizione del soggetto sanzionato è sempre di diritto soggettivo.


Le sanzioni pecuniarie comminate dalle varie autorità indipendenti rientrano nella competenza esclusiva, estesa
anche al merito, del giudice amministrativo ad eccezione di quelle irrogate dalla Consob per espressa pronuncia della
corte costituzionale.

Dopo la privatizzazione del pubblico impiego si è sviluppato un vasto contenzioso relativo ai rapporti di lavoro
subordinato con le pubbliche amministrazioni.
In tale ambito ha avuto nuovo slancio l’istituto della disapplicazione degli atti amministrativi, soprattutto relativi
agli atti di organizzazione.

Art 63.1-2 d.lgs.165/2001:

1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di
lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni … ancorche' (anche se) vengano in questione atti
amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se
illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non
e' causa di sospensione del processo. In tali casi..
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o
di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati.

Tradizionalmente si pensa che potrebbero essere proposte al giudice ordinario SOLO azioni di accertamento o
di condanna pecuniaria, MA non azioni costitutive o condanne che impongano un facere a carico
dell’amministrazione perché queste ultime implicherebbero l’esercizio di poteri amministrativi e contrasterebbero
col divieto ex art 4.2 Legge abolitiva del contenzioso amministrativo.

Ciò è condivisibile SOLO nei particolari casi in cui siano coinvolti poteri amministrativi e nonostante questo
sussista la giurisdizione ordinaria visto che la posizione fatta valere presenta la consistenza di diritto soggettivo!
In tali casi il giudice ordinario dispone solo del potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo.

MA quando ciò non accade perché per es si tratta di attività di diritto privato dell’amministrazione, ogni
limitazione delle azioni esperibili e del potere decisorio del giudice ordinario è fuori luogo ! Il giudice
ordinario può decider su tutte le questioni, tranne nei casi enunciati!
In tali casi potranno essere esercitate anche azioni costitutive es di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere
un contratto ex art 2932 cc, ogni tipo di azione di condanna.

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Una conferma si ha con l’introduzione della Class action che può essere proposta contro ogni esercente un pubblico
servizio, anche contro un soggetto ascrivibile alla pubblica amministrazione. Questa dovrebbe consentire una più
ampia tutela dei consumatori ed è esercitabile da associazioni portatrici di interessi di categoria, agevolando la tutela
collettiva degli utenti, la cui singola posizione potrebbe non giustificare, visti i costi, un’azione individuale.
Può avere ad oggetto domande di tipo inibitorio, ordinatorio per rimuovere i comportamenti lesivi e risarcitorio:
esse non sono limitate nei confronti della pa che, come incaricata della gestione di un pubblico servizio, non opera
nell’esercizio di poteri autoritativi.

Ove si tratti di tutela dei diritti soggettivi il giudizio ordinario, in cui sia parte una PA, non è diverso da quello comune
tra soggetti privati, tranne alcuni aspetti marginali:

• Istituto del foro erariale che comporta, per le controversie nei confronti di un’autorità statale, una deroga alla
normale competenza territoriale dei Tribunali, con spostamento della competenza al Tribunale della sede di
Corte di Appello presso cui ha sede l’Avvocatura distrettuale dello Stato.

• Nell’ambito dei giudizi di esecuzione vi è il limite dell’impignorabilità di alcuni beni dell’amministrazione

• La sentenza del giudice civile passata in giudicato può essere coattivamente eseguita anche davanti al
giudice amministrativo e con le forme del giudizio di ottemperanza ex art 27 n.4 r.d.1924 + art 112.2 lett
c) Codice del processo amministrativo. > Costituisce uno strumento aggiuntivo di effettività della tutela.

La giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo: principi e azioni.

Quando nel 1899 fu istituita la IV sezione del Consiglio di Stato il potere decisorio riguardava essenzialmente solo
l’annullamento di atti amministrativi per vizi di legittimità potendosi garantire una tutela satisfattoria nei
confronti dei provvedimenti restrittivi e soprattutto nei confronti del provvedimento che appariva più lesivo
della sfera dei cittadini, cioè l’espropriazione per pubblica utilità. Questa tutela non ha però soddisfatto gli interessi
legittimi pretensivi la cui lesione deriva dal mancato rilascio dei provvedimenti a ampliativi richiesti.
In origine si dubitava della natura giurisdizionale delle decisioni del Consiglio di stato e se ne metteva n i evidenza la
funzione di controllo nell’interesse obiettivo dell’ordinamento!
Silvio Spaventa scriveva: in questa giurisdizione non si tratta di definire controversie nascenti dalla collisione di diritti
individuali e omogenei, MA di conoscere solamente se il diritto obiettivo sia stato osservato.. Il diritto obiettivo qui si
realizza in se e per proprio conto.. l’interesse individuale offeso è solo preso come motivo o occasione per
l’amministrazione stessa per il riesame dei suoi atti, MA non è l’oggetto proprio della decisione!

Il ricorso poteva essere proposto solo da chi assumeva la lesione di un proprio interesse, non avente i caratteri del
diritto soggettivo, la cui tutela spetta invece al giudice ordinario.

Questo interesse è stato poi definito legittimo per sottolinearne la consistenza di posizione giuridica soggettiva,
posto al centro della tutela accordata dal Consiglio di Stato (anche con la sez. V-VI-III e con l’Adunanza Plenaria
composta da giudici provenienti dalle varie sezioni giurisdizionali).

Quella del consiglio di stato è una giurisdizione soggettiva, come quella ordinaria: essa è preordinata alla tutela di
posizioni soggettive individuali assunte come lese e non del rispetto della norma di diritto positivo in sé considerata!

Art 24.1 Cost: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Art 103.1 Cost: Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche
dei diritti soggettivi.

Si è consolidato il sistema dualistico di tutela (giudice ordinario-giudice amministrativo) fondato su un


criterio di riparto imperniato sulle posizioni giuridiche soggettive.

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L’autorità giudicante cui fa capo la giurisdizione amministrativa è il Consiglio di Stato, ora giudice di appello rispetto
alle pronunce dei TAR.

Il potere giurisdizionale amministrativo si inscrive ora in un saldo quadro di principi elaborato da dottrina e
giurisprudenza e anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Art 2.1 Codice del processo amministrativo (cpa) d.lgs. 104/2010:

1. Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo
previsto dall' articolo 111, primo comma, della Costituzione.
> garanzia di un giudice terzo e imparziale e di una ragionevole durata del processo.

Art 1 cpa:

1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi


della Costituzione e del diritto europeo.
 il processo deve soddisfare pienamente e integralmente la posizione giuridica dedotta in giudizio se
riconosciuta fondata!!!

POTERI DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO art 7.1 cpa:

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa

• Le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi


• E, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato
esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili
anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni.
Ciò conferma la stretta correlazione tra giurisdizione amministrativa e potere amministrativo in varie ipotesi:

 Giurisdizione generale di legittimità per la tutela di interessi legittimi

 Giurisdizione esclusiva > Tutela interessi legittimi e diritti soggettivi

 Giurisdizione estesa al merito > diverso tipo di sindacato rispetto alle altre due e potere di sostituirsi
all’amministrazione ex art 7.6 cpa: 6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al
merito nelle controversie indicate dalla legge e dall'articolo 134. Nell'esercizio di tale giurisdizione il giudice
amministrativo può sostituirsi all'amministrazione.
Art 7.3 cpa: 3. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed
estesa al merito.

GIURISDIZIONE DI LEGITTIMITA’

L’ azione di annullamento (azione costitutiva) è satisfattoria degli interessi legittimi oppositivi infatti incaso di
accoglimento l’atto viene annullato ex tunc e viene ripristinata l’originaria posizione di vantaggio di diritto
soggettivo, con piena ed effettiva tutela della posizione del cittadino.

Essa però non è altrettanto satisfattiva per gli interessi legittimi pretensivi che riguardano un bene della vita da
acquisire (il mero annullamento non comporta anche l’acquisizione effettiva del bene!).

E’ emersa quindi la necessità di introdurre un’ azione di adempimento volta a stabilire se li provvedimento
richiesto e non rilasciato (l’amministrazione si è pronunciata negativamente o non si è pronunciata) possa o debba
essere emesso.

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Tale necessità è stata soddisfatta prima in riferimento al solo caso di lesione dell’interesse legittimo pretensivo
derivante da silenzio-inadempimento dell’amministrazione.

La legge 205/2010 dispone che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice amministrativo ordina
all’amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore a 30gg.
Qualora persista l’inadempimento, lo stesso giudice nomina un commissario che provveda in luogo della stessa.
La giurisprudenza però aveva fornito un’interpretazione restrittiva dell’ordine di provvedere intendendolo come
mero obbligo di pronuncia non meglio precisato, e non come ordine di emettere il provvedimento richiesto, lasciando
libera l’amministrazione dal vincolo contenutistico derivante dall’intervento del giudice.

Per questo motivo è intervenuto ancora il legislatore con la legge 80/2005 che ha modificato l’ art 2.5 legge
241/1990 introducendo la precisazione il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza.

Questa disciplina ora si trova anche nei seguenti articoli del cpa:

— art 31.3:

3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività
vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono
necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.

— art 117:

Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministrazione e ad almeno
un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2.
Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina
all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni.
Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente
su istanza della parte interessata.
Il giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle
inerenti agli atti del commissario.
Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l'oggetto della controversia,
questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento,
e l'intero giudizio prosegue con tale rito.

Gli stessi poteri non erano invece previsti in caso di annullamento di un atto negativo
La lacuna è stata colmata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha ammesso l’azione di condanna volta ad
ottenere l’adozione dell’atto amministrativo richiesto

 azione di adempimento (azione di condanna)

E’ stata riconosciuta anche a livello legislativo a seguito del d.lgs.160/2012 che ha corretto il cpa. art 34.1 lett c) cpa:

1. In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:


c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all'adozione delle misure
idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma
specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile. L'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto
è esercitata, nei limiti di cui all' articolo 31, comma 3, contestualmente all'azione di annullamento del
provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio

Azione di risarcimento (azione di condanna)

il giudice amministrativo può anche condannare al risarcimento dei danni per equivalente o in forma specifica ex
art 2058 cc : Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile.

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Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica
risulta eccessivamente onerosa per il debitore.

Questa azione di condanna è di competenza del giudice amministrativo SE riguarda un risarcimento per lesione di
interesse legittimo.

Essa rientra nella giurisdizione generale di legittimità ex art 30.2 cpa:

2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività
amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere
chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del
codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
Azione di accertamento della nullità degli atti amministrativi

Art 31.4 cpa:

4. La domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di 180
gg. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice. Le
disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all'articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali
restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV.

E’ esercitata nei casi di compromissione di interessi legittimi.

L’adunanza plenaria del consiglio di stato ha riconosciuto la vigenza di un’azione generale di accertamento (atipica)
con particolare riguardo a tutti i casi in cui, mancando il provvedimento da impugnare, una simile azione risulti
indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente.

Il baricentro del giudizio di legittimità è sempre più spostato dall’atto al rapporto: non si discute più solo della
legittimità dell’atto impugnato, ma anche della spettanza o meno del bene della vita, condizionato dall’esercizio del
potere amministrativo.
Ciò dovrebbe assicurare la pienezza della tutela dell’interesse legittimo sia alle parti sia al giudice amministrativo.

Il giudizio: caratteri e vicende principali

La struttura del giudizio amministrativo di legittimità è frutto del diritto vivente, influenzato dallagiurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo, i cui principi sono espressamente richiamati dall’ art 1 cpa:

1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del
diritto europeo.

Giurisdizione soggettiva

Nella Relazione governativa al d.lgs. sul Codice si legge che Il codice ha voluto richiamare accanto ai principi
costituzionali della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo, io principi del diritto europeo, termine
usato per indicare sia il diritto dell’Unione europea, sia quello della CEDU, preferito dal governo perché più sintetico.

Il processo amministrativo è così processo di parti, connotato dal principio della domanda e dal dovere di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

L’impulso processuale spetta alla parte, cioè al soggetto che assume di essere stato leso nei suoi interessi legittimi.

Ricorso

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La formulazione della domanda e la deduzione delle ragioni della stessa (motivi di ricorso – vizi di legittimità nel
giudizio di annullamento) spettano alla parte attrice chiamata ricorrente.
Il giudizio è infatti introdotto tramite ricorso e non atto di citazione.
Esso deve essere notificato nel termine perentorio di 60gg all’amministrazione che ha emesso l’atto e ad almeno un
controinteressato (presupposto processuale).

Art 41.2 cpa:

2. Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica
amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto
stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero,
per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione
se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge. Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma,
il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo, ai sensi dell'articolo 102 del codice di
procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell'articolo 49.

Le questioni dedotte davanti al giudice amministrativo possono essere implementate da eventuali motivi aggiunti,
con la deduzione di altri censure, per atti sopravvenuti o documenti conosciuti in un secondo momento.

Possono essere aggiunti anche ricorsi incidentali presentati dai controinteressati, cioè coloro che,avendo tratto
vantaggio dal provvedimento, hanno interesse alla conservazione dello stesso e si limitano a difenderlo.
Il ricorso incidentale è finalizzato ad attaccare il provvedimento con censure che, se accolte, dovrebbero superare
quelle del ricorrente e confermare l’assetto vantaggioso dei rapporti costituito dal provvedimento impugnato.
es impugnata un’aggiudicazione per illegittima sopravvalutazione dell’offerta risultata vincitrice, l’aggiudicatario
impugna a sua volta i risultati di gare deducendo l’inammissibilità della partecipazione del concorrente che ha
proposto il ricorso.

Mezzi istruttori

I motivi di ricorso vincolano il giudice limitandone il sindacato giurisdizionale secondo il principio


ne eat judex ultra petita partium.

L’ onere della prova spetta alle parti.

 criterio dispositivo, accentuato dall’applicazione del principio di non contestazione: ex art 64.2 cpa il giudice
deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificamente
contestati dalle parti costituite!

Il criterio dispositivo risulta attenuato dal metodo acquisitivo che consente al giudice l’assunzione
d’ufficio di alcuni mezzi istruttori:

 Richiesta di documenti
 Richiesta di chiarimenti
 Verificazione: consulenza tecnica rimessa agli stessi organi dell’amministrazione e che risulta preferita dalla
consulenza tecnica vera e propria per motivi di economicità ex art 63.4 cpa
In sede istruttoria i poteri di ufficio del giudice sono indispensabili per riequilibrare il rapporto a volte sbilanciato a
favore dell’amministrazione, soprattutto per i dati conoscitivi.
Ove l’amministrazione omette di produrre in termini il provvedimento emanato, è compito del giudice ordinarne
l’esibizione fissando il relativo termine art 65.3 cpa.

La prova testimoniale può essere ammessa solo ad istanza di parte e può essere assunta solo in forma scritta
imponendo il carattere documentale anche di questo mezzo di prova ed escludendo l’applicazione del principio
civilistico dell’oralità.
Al rinvio esterno si applicano le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili o espressione di
principi generali art 39 cpa.

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Presupposti processuali e condizioni dell’azione

E’ necessario che ricorrano entrambi perché il giudice amministrativo possa decidere nel merito
(questione di fondatezza o meno della domanda – non merito amministrativo).

Presupposti processuali:

 Tempestiva notifica ad almeno un controinteressato


 Capacità di essere parte processuale
 Giurisdizione
 Competenza
 Mancanza di acquiescenza, cioè di comportamenti che manifestano chiaramente l’accettazione dell’atto
amministrativo
 Rispetto dei termini per l’impugnazione la cui scadenza comporta decadenza della possibilità di presentare
ricorso, consolidando il provvedimento amministrativo come inoppugnabile.

Condizioni dell’azione –riguardano:

- Legittimazione legitimatio ad causam

Rappresenta la proiezione processuale della posizione sostanziale e consiste nella affermazione della titolarità
dell’interesse legittimo assunto come leso. La prevalente giurisprudenza però richiede l’effettiva titolarità
dell’interesse legittimo e non la mera affermazione della stessa.
Non viene dunque seguita l’interpretazione della giurisprudenza civile, secondo la quale la questione dell’effettiva
titolarità della posizione soggettiva attiene al merito, non alle condizioni dell’azione.
La legittimazione spetta eccezionalmente anche a soggetti legittimati ex lege, come l’autorità garante della
concorrenza e del mercato contro gli atti che determinano distorsioni della concorrenza.

- Interesse a ricorrere

Corrisponde all’ interesse ad agire del processo civile: è l’interesse ad ottenere una pronuncia effettivamente utile.
es l’illegittima aggiudicazione per erronea sopravvalutazione dell’offerta vincitrice è lesiva della posizione dei vari
concorrenti, ma solo il secondo classificato ha interesse a ricorrere contro la stessa visto che gli altri non potrebbero
trarre alcun vantaggio dal relativo annullamento.

L’interesse deve essere:

 Personale
 Attuale
 Concreto

La giurisprudenza quindi esclude:

 Gli atti preparatori del procedimento perché potranno essere impugnati insieme al provvedimento
conclusivo del procedimento
 Gli atti regolamentari che potranno essere impugnati insieme all’atto applicativo, infatti vista la loro
astrattezza, sono inidonei a produrre immediati effetti lesivi.

Esse devono essere presenti anche al momento della decisione perché se l’interesse dovesse venir meno perché il
ricorrente ha conseguito per altra via il bene della vita si verificherebbe un caso di carenza sopravvenuta di interesse,
preclusivo della sentenza di merito.

Sentenza

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La decisione può essere:

 Di rito quando per es manca un presupposto processuale o una condizione dell’azione art 35.1 cpa
 Di merito sulla fondatezza della domanda art 34.1 cpa

Essa è contenuta in una sentenza che viene emessa all’esito di un iter processuale che garantisce sufficientemente il
contraddittorio e la parità di armi.
Sono state scandite le fasi della procedura per dare alle parti certezza sui tempi e sulla possibilità di difesa: la fase a
ridosso della pubblica udienza è ora caratterizzata da un doppio scambio di memorie e dalla possibile discussione
orale in sede di pubblica udienza.

Processo cautelare

Nel processo amministrativo, per evitare che le lungaggini processuali pregiudichino definitivamente la posizione
sostanziale lesa, è previsto il ricorso ad un intervento di urgenza del giudice ove sussistano i 2 requisiti:

 Fumus boni iuris : probabilità che il diritto vantato da chi richiede il provvedimento esista in concreto
 Periculum in mora : rischio che la durata eccessiva del processo a cognizione piena cagioni un danno al
soggetto interessato

In passato questo intervento d’urgenza poteva esprimersi solo con una ordinanza di sospensione dell’atto
impugnato, funzionale ad anticipare l’eventuale annullamento dello stesso in sede di merito. Dopo la legge 205/2000
il potere cautelare è diventato atipico: il giudice amministrativo può accordare tutte le misure che paiono più idonee
ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione di merito.
Ciò consente una idonea tutela cautelare anche agli interessi legittimi pretensivi che non potevano avvalersi della
tutela inibitoria della sospensione, visto che non vi è alcun interesse alla mera sospensione di un provvedimento
negativo!

La corte di giustizia in sent 15 maggio 2003 in tema di appalti pubblici ha giudicato che gli Stati membri sono tenuti
a conferire ai loro organi competenti a conoscere dei ricorsi la facoltà di adottare, indipendentemente da ogni azione
previa, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi provvedimenti intesi a sospendere la procedura di
aggiudicazione pubblica di un appalto.

Art 55.1 cpa:

1. Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla
decisione sul ricorso, chiede l' emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma in via
provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della
decisione sul ricorso , il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio.

Il giudizio cautelare si innesta nel processo di cognizione davanti al giudice amministrativo: esso presuppone la
proposizione del ricorso e la pendenza del rapporto processuale.

La sua decisione è di competenza del Collegio che si pronuncia con ordinanza in Camera di consiglio. In caso di
estrema gravità ed urgenza è possibile l’assunzione di misure cautelari monocratiche destinate ad essere poi superate
dalla decisione collegiale in camera di consiglio.
Questo assetto è stato considerato insufficiente dalla Corte di Giustizia UE che, pronunciandosi a proposito degli
appalti pubblici, ha ritenuto necessaria anche la presenza di misure cautelari ante causam. Gli effetti indotti hanno
comportato poi l’introduzione della misura in tutti i settori.

Vista l’importanza dell’azione cautelare, l’ordinanza che la conclude è stata assimilata a un


provvedimento decisorio e quindi appellabile.

Art 62.1 cpa:

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1. Contro le ordinanze cautelari è ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel termine di 30 gg dalla
notificazione dell'ordinanza, ovvero di 60 gg dalla sua pubblicazione.

L’appello dell’ordinanza cautelare NON sospende il giudizio di primo grado!

La decisione di primo grado può risultare condizionata dalla soluzione di alcune questioni pregiudiziali che non
possono essere decise dal giudice amministrativo es:
- questioni di legittimità costituzionale
- questioni interpretative o di validità della normativa comunitaria

In questi casi il processo amministrativo deve essere sospeso per la remissione della relativa questione alla corte
costituzionale o alla corte di giustizia. Il Giudice amministrativo è vincolato nel prosieguo del giudizio di merito una
volta riassunto.

In seguito il giudice amministrativo può pronunciarsi nel merito:

 Respingerà il ricorso in caso di sua infondatezza


 In caso di accoglimento del ricorso adotterà la sentenza costitutiva di accertamento o condanna coerente alla
domanda proposta.

Nella maggior parte dei casi si tratta di una sentenza costitutiva di annullamento con effetti ex tunc.

Anche il giudizio di annullamento presuppone una fase di accertamento limitata alla verifica della sussistenza dei
vizi di legittimità dedotti. Questo accertamento non può spingersi fino al merito amministrativo, normalmente
insindacabile.

Si discute sul tipo di sindacato consentito al giudice di legittimità in caso di valutazioni tecniche:

 Sindacato estrinseco che riguarda solo il metodo utilizzato e la coerenza logica dell’iter valutativo
 Sindacato intrinseco che verifica la correttezza della valutazione tecnica in sé considerata che può essere:

- Forte: interamente sostitutivo della valutazione tecnica


- Debole: si arresta di fronte a valutazioni opinabili ma non del tutto inattendibili

In alcuni casi tali valutazioni giungono a risultati sicuri e verificabili, in altri casi essi sono opinabili: l’intensità del
sindacato giurisdizionale dovrebbe adattarsi a tale diversità di situazioni.

Si ricorda che il giudizio di impugnazione diretto all’annullamento dell’atto vale anche nel caso di
violazione della normativa comunitaria, considerato un normale vizio di legittimità.

Giudizio di impugnazione delle decisioni comunitarie davanti alla corte di giustizia.

La struttura è analoga: il ricorrente deve essere il destinatario dell’atto ritenuto lesivo; il sindacato è limitato ai vizi
di legittimità; il potere decisorio è di tipo costitutivo e comporta l’annullamento dell’atto, anche se l’ art 264 TFUE
parla di dichiarazione di nullità degli atti.

La giurisdizione esclusiva

Art 103.1 Cost: Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione perla tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge,
anche dei diritti soggettivi.
Il giudice amministrativo ha giurisdizione nei confronti dell’amministrazione anche per la tutela dei diritti
soggettivi!

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Viene riconosciuta la giurisdizione esclusiva, utile per evitare gli inconvenienti del riparto di giurisdizione in
materie in cui, visto l’intreccio di diritti soggettivi ed interessi legittimi, sarebbe stato difficile e gravosa la doppia e
distinta tutela.

Una materie tipica di tale compenetrazione di situazioni è stata il pubblico impiego.


Ora lo è ancora ma limitatamente ai non numerosi rapporti di lavoro ancora assoggettati alla disciplina pubblicistica.

Art 63.4 d.lgs. 165/2001:

4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure
concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione
esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti
patrimoniali connessi.

Art 3:

1. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari,
amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il
personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro
attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947,
n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.

es impugnazione di una mancata promozione con richiesta di maggiore stipendio.

La giurisdizione esclusiva è UNICA del giudice amministrativo, con esclusione della competenza giurisdizionale del
giudice ordinario!

La competenza anche su questioni di diritto soggettivo aveva fatto sorgere alcuni problemi perl’inadeguatezza della
strumentazione di cui disponeva prima il giudizio di legittimità, soprattutto quando vi erano controversie relative a
meri adempimenti che la giurisprudenza del consiglio di stato aveva qualificato come atti paritetici (=atti adottati
dalla pubblica amministrazione nella veste di soggetto privato)

Questi problemi erano relativi a:

 Mezzi decisori (prima circoscritti al solo giudizio di annullamento)

Art 26.3 legge 1034/1971 sul Tar > legge 205/2000 aveva introdotto l’azione e la sentenza di condanna per la
lesione di un diritto patrimoniale.
Era pacifico che i giudice amministrativo potesse pronunciarsi con sentenza dichiarativa ove si fosse trattato di
diritti non patrimoniali.

Le stesse tipologie di azioni e gli stessi poteri decisori ORA competono alla giurisdizione generale di legittimità e
quindi anche per tale aspetto le differenze con la giurisdizione esclusiva sono sostanzialmente superate.

 Mezzi istruttori (prima limitati alla richiesta di informazioni e documenti e alla verificazione)

Art 35.3 legge 1034/1971 sul Tar > legge 205/2000 riconosceva che in sede giurisdizionale esclusiva il giudice
amministrativo potesse disporre l’assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice civile..esclusi l’interrogatorio
formale e il giuramento.
Il codice del processo amministrativo ora prevede gli stessi poteri relativi anche alal ordinaria giurisdizione di
legittimità!
Non vi è più differenza tra le due giurisdizioni (legittimità ed esclusiva) Ciò non significa che è irrilevante la posizione
soggettiva che viene fatta valere!

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Infatti la giurisdizione esclusiva:

 Esonera dal distinguere tra diritti soggettivi e interessi legittimi ai fini della giurisdizione che è sempre del
giudice amministrativo
 Non esonera il ricorrente dai problemi qualificatori ad altri fini come ai fini del tipo di azione da esercitare e
dei termini da osservare.

Se il ricorrente fa valere interessi legittimi e contesta la lesione derivante da atti amministrativi illegittimi, dovrà
avvalersi anche in materia di giurisdizione esclusiva del giudizio di impugnazione rispettando i relativi termini di
decadenza

Se il ricorrente deduce la violazione di diritti soggettivi potrà avvalersi dei più lunghi termini di prescrizione, delle
azioni costitutive, di accertamento e di condanna previste dal cc es azione di annullamento o di risoluzione di un
accordo amministrativo; azione di adempimento o di risarcimento del danno per inadempimento, sempre nel
quadro degli accordi amministrativi

Nel caso di diritti soggettivi la posizione di ricorrente potrà essere assunta anche dalla pubblica amministrazione.
Essa invece nella giurisdizione di legittimità funge solo da parte resistente perché titolare del potere che il ricorrente
assume essere stato illegittimamente esercitato.

Potranno essere introdotte azioni riconvenzionali nei termini e modi stabiliti per il ricorso incidentale ex art 42.1
cpa:

1. Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda
proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale. Il ricorso si propone nel termine di sessanta giorni decorrente
dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. Per i soggetti intervenuti il termine decorre dall'effettiva conoscenza
della proposizione del ricorso principale.
In sede di giurisdizione esclusiva e limitatamente alle questioni riguardanti diritti soggettivi il giudice
amministrativo dispone di poteri sostanzialmente analoghi a quelli del giudice ordinario.

Infatti si tratta di una giurisdizione derogatoria rispetto al riparto di giurisdizione basato sulle posizioni giuridiche
soggettive e vede il giudice amministrativo sostituirsi a quello ordinario nella tutela di diritti soggettivi (si garantisce
così lo stesso standard di tutela).

La giurisdizione esclusiva ha registrato ultimamente un incremento del proprio ambito di applicazione (pubblici
servizi, urbanistica, edilizia, atti autorità indipendenti,..)

Ciò ha fatto sorgere scrupoli di legittimità costituzionale perché l’ art 103 Cost configura questa forma di
giurisdizione come una deroga e un’eccezione al normale riparto di giurisdizione.
Abusandone infatti si potrebbe giungere al giudice unico della sola amministrazione!

Il problema è stato affrontato dalla Corte cost sentt 204/2004 e 191/2006 ma non è stato risolto infatti il legislatore
assegna alla giurisdizione esclusiva sempre più ampi territori del contenzioso con l’amministrazione.

Art 133 cpa: Materie di giurisdizione esclusiva

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:

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Le controversie in materia di:

1) Risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine
di conclusione del procedimento amministrativo;
2) Formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento
amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni;
3) Silenzio di cui all'articolo 31, commi 1, 2 e 3, e provvedimenti espressi adottati in sede di verifica di
segnalazione certificata, denuncia e dichiarazione di inizio attività, di cui all'articolo 19, comma 6-ter, della legge 7
agosto 1990, n. 241;
4) Determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento
amministrativo;
5) Nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato;
6) Diritto di accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa;

A-bis) le controversie relative all'applicazione dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

Le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione
delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque
pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche;

Le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti
indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal
gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un
pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle
assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di
pubblica utilità;

Le controversie concernenti l'esercizio del diritto a chiedere e ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle
comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali;

Le controversie:

1) Relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti,
nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti
di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della
giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed
alle sanzioni alternative;

Forse il problema è risolvibile con una lettura più rigorosa dell’ art 103 che parla di materie e quindi pare non riferirsi
a istituti giuridici, che invece sono trasversali a più materie. Si riferisce invece a particolari settori dell’azione
amministrativa.

Tra le materie di giurisdizione esclusiva si hanno:

Materia relativa all’affidamento di appalti pubblici

Si parla della procedura di evidenza pubblica diretta all’aggiudicazione di un appalto e alle conseguenze delle
relativa illegittimità sul contratto stipulato nel frattempo (medio tempore).

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In riferimento ai profili sostanziali occorre distinguere tra due tipi di violazioni con le relative previsioni del cpa sul
piano processuale:

Violazioni gravi

In tal caso il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto, precisando in funzione
delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione
di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del
dispositivo o opera in via retroattiva ex art 121.1 cpa

Violazioni che comunque possono condurre all’annullamento dell’aggiudicazione

In tal caso il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare


inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti,
dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di
esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non
comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta. art 122 cpa

La disciplina si discosta dai canoni del giudizio amministrativo infatti conferisce al giudice un poter decisorio
d’ufficio sul contratto nell’art 121 derogatorio al principio della domanda e conferisce al giudice un potere di scelta
e bilanciamento degli interessi che appare consono a una giurisdizione di merito, non di legittimità (art 122)

Un tratto comune ai due giudizi riguarda il necessario previo annullamento dell’atto di aggiudicazione: la
pregiudizialità amministrativa superata ai fini del risarcimento dei danni, è ancora pienamente vigente riguardo alle
conseguenze dell’illegittimità della procedura di evidenza pubblica sul contratto.

Art 121.4 cpa:

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l'inefficacia sia temporalmente limitata
si applicano le sanzioni alternative di cui all'articolo 123.

Art 123 cpa:

1. Nei casi di cui all'articolo 121, comma 4, il giudice amministrativo individua le seguenti sanzioni alternative da
applicare alternativamente o cumulativamente:

a) La sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del
valore del contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione, che è versata all'entrata del bilancio dello Stato - con
imputazione al capitolo 2301, capo 8 "Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed
amministrative, con esclusione di quelle aventi natura tributaria" - entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato
della sentenza che irroga sanzione; decorso il termine per il versamento, si applica una maggiorazione pari ad un
decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo. La sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura della
segreteria, al Ministero dell'economia e delle finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione;
b) La riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un
massimo del cinquanta per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo

 in questi casi il giudice amministrativo deve applicare d’ufficio vere e proprie sanzioni (novità per il giudizio
amministrativo)

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L’innovazione scaturisce anche dalla Direttiva ricorsi che ha realizzato un sistema uniforme di tutela presso tutti gli
stati membri dell’UE limitatamente agli appalti pubblici.

Materia relativa all’ efficienza della pubblica amministrazione

Si parla del ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi >d.lgs.15/2009

In tal caso la legittimazione spetta:

— Ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei ad una pluralità di utenti e consumatori, sempre
che si tratti di una lesione diretta, concreta e attuale dei propri interessi
— Alle associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e
consumatori

Questo ricorso è stato equiparato alla class action di tipo amministrativo, preordinata a correggere alcune
disfunzioni degli apparati amministrativi e degli esercenti pubblici servizi. Conferisce al giudice amministrativo il
potere di ordinare alla pa o al concessionario di pubblico servizio di porre rimedio alla violazione o
all’inadempimento accertato.
Tale ricorso è una forma di giurisdizione oggettiva e quindi si tratta di un istituto derogatorio
rispetto al carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa.

L’ultimo argomento porta al confronto con il giudizio di infrazione o di constatazione dinadempienza


i ex artt
258-260 TFUE.
La Commissione europea può proporlo davanti alla Corte di giustizia nei casi di violazione del diritto comunitario
compiuta dagli stati membri con atti normativi o amministrativi.
Si tratta di una forma di giurisdizione oggettiva in cui l’azione della commissione è preordinata a garantire
l’applicazione del diritto comunitario e non a tutelare una sua posizione soggettiva assunta come lesa!

La corte di giustizia ha il potere di pronunciare una constatazione di inadempienza che comporta l’obbligo dello stato
membro di adottare i provvedimenti conseguenziali.
Ad essa può seguire la condanna al pagamento di penalità in caso di persistente inadempimento.

Questo modello potrebbe essere utile nel nostro paese sottoforma di eventuali impugnazioni degli atti di altri enti,
anche enti territoriali minori, da parte dello stato o delle regioni. La legittimazione all’impugnazione può essere
riconosciuta considerando l’illegittimità provvedimentale come violazione del principio di leale collaborazione.

Una tale funzione si individua anche nella legittimazione speciale riconosciuta all'AGCM che necessita di un previo
parere e la cui azione può essere proposta ove l’amministrazione non si conformi a tale parere.

Le impugnazioni

Art 91 cpa:

1. I mezzi di impugnazione delle sentenze sono:

a) L'appello, > strumento ordinario di impugnazione


b) La revocazione, > strumento ordinario o straordinario di impugnazione
c) L'opposizione di terzo e > strumento ordinario o straordinario di impugnazione
d) Il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione > strumento ordinario di impugnazione

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Sono strumenti ordinari quelli che riguardano la sentenza non passata in giudicato. La loro proposizione impedisce
il formarsi del giudicato fino alla relativa decisione.
Sono strumenti straordinari quelli che possono riguardare anche sentenze passate in giudicato.

a) Appello contro le sentenze del TAR

— Si propone al Consiglio di stato, giudice di secondo grado e abilitato a operare un riesame completo
della questione decisa in primo grado.

— L’appello opera un effetto devolutivo, cioè ripropone al giudice di appello le stesse questioni trattate in
primo grado con tutte le deduzioni e il materiale probatorio acquisito.

— In relazione ai motivi di impugnazione si deve ritenere rinunciata ogni questione non espressamente
riproposta.
Non possono essere riproposte in appello domande nuove o nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio ex art 104 cpa.

Divieto del novum in appello

— Il ricorso in appello deve contenere specifiche censure contro i capi della sentenza gravata: è
necessario contestare ciascuno dei capi della precedente sentenza impugnata e l’appello sarà accolto se verranno
valutate positivamente queste contestazioni.
Sarebbe inammissibile il ricorso in appello se si limitasse a riproporre le difese svolte in primo grado!

Ciò non significa che il giudizio sia suddiviso in 2 fasi:

1. Fase rescindente sulla legittimità della sentenza (accoglimento dell’appello)


2. Fase rescissoria sulla materia del contendere già delibata in primo grado (giudizio di merito).

Per l’effetto devolutivo infatti il giudizio è unitario e la sentenza, se è di accoglimento dell’appello, si pronuncia
anche sulla controversia originaria (es sulla sorte dell’atto impugnato in primo grado).

Se il giudizio di primo grado riguarda l’illegittimità di un atto amministrativo di cui si chiede l’annullamento, l’atto
di appello, censurando la sentenza, finisce per riguardare anche il tema della legittimità dell’atto impugnato in primo
grado.
Il giudizio di appello quindi si pronuncerà su entrambe: se accoglie l’appello è perché giunge a conclusioni opposte
rispetto a quelle cui è pervenuta la sentenza di primo grado in ordine alla legittimità o meno dell’atto impugnato in
primo grado!
(accoglie l’appello solo se considera illegittimo l’atto contestato in primo grado e quindi se sostiene conclusioni
diverse rispetto alla prima sentenza).

Legittimate a proporre appello sono le parti, anche quelle non costituite, risultate soccombenti in primo grado.
es in un giudizio di annullamento di un atto amministrativo sarà legittimato all’appello lo stesso ricorrente di primo
grado ove il ricorso sia stato respinto e l’atto amministrativo sia rimasto in vita, mentre saranno legittimati
l’amministrazione resistente e il controinteressato ove il ricorso sia stato accolto e l’atto amministrativo annullato.

Sono frequenti però i casi in cui più parti, anche avversarie, sono interessate e legittimate all’impugnazione (come
nei casi di reciproca soccombenza in primo grado).
In tal caso vige la regola che ogni impugnazione proposta dopo la prima deve assumere la forma di
impugnazione incidentale.

Tutte le impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza devono confluire in un unico processo e quindi
dovrebbero comunque essere riunite se proposte separatamente!

Art 96 cpa:

1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un

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solo processo.
2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di
procedura civile.
3. L'impugnazione incidentale di cui all'articolo 333 del codice di procedura civile può essere rivolta
contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della
sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione.
4. Con l'impugnazione incidentale proposta ai sensi dell'articolo 334 del codice di procedura civile possono
essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l'impugnazione principale è dichiarata
inammissibile, l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
5. L'impugnazione incidentale di cui all'articolo 334 del codice di procedura civile deve essere proposta
dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell'impugnazione
principale e depositata, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione, nel termine di cui all'articolo 45.

Richiama il codice civile sia per le impugnazioni incidentali tempestive ex art 333 cpc, sia per le
impugnazioni incidentali tardive ex art 334 cpc.

Le impugnazioni incidentali tardive sono quelle notificate dopo lo spirare del termine ordinario di impugnazione.
Esse non comportano la decadenza, ma diventano inefficaci SE l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile:
ciò consente alla parte, il cui interesse all’impugnazione scaturisce proprio dall’appello altrui, di poter far valere le
proprie ragioni senza la sussistenza di preclusioni derivanti dalla mancata impugnazione nel termine.

Non sempre il giudice d’appello è legittimato a decidere l’intera controversia. Ciò avviene quando la sentenza di
primo grado sia inficiata da vizi procedurali che abbiano impedito la partecipazione di una parte al giudizio stesso o
sia riformata dal giudice d’appello per aver erroneamente declinato la giurisdizione o dichiarato estinto il giudizio
senza che ve ne fossero i presupposti.
 sono casi di vizi gravi che abbiano impedito l’espletamento di un grado di giudizio ad una parte o a tutte le
parti del processo.

In tali casi è previsto l’annullamento della sentenza con successivo rinvio al giudice di primo grado

a) Si parla di Annullamento con rinvio

b) Ricorso per Cassazione

Perché la sentenza del consiglio di stato passi in giudicato è necessario attendere lo scadere del termine per proporre
ricorso per cassazione.
Esso però è ammesso contro le sentenze del consiglio di stato solo per motivi inerenti alla giurisdizione.

Art 111.1 cpa e art 111.9 Cost: Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione
è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Il Consiglio di stato funge quindi da giudice di ultima istanza nel giudizio amministrativo.
Quindi al Consiglio di stato si applica l’ art 263 par 3 TFUE che impone al giudice di ultima istanza il dovere di
rimettere alla corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale le questioni di interpretazione e validità degli atti
comunitari che vengono sollevate.
Da ciò deriva il riconoscimento al consiglio di stato la funzione sia di dirimere i contrasti giurisprudenziali tra le
varie sezioni (soprattutto all’adunanza plenaria), sia di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge
esercitando così una funzione di nomofilachia art 99 cpa.

c) Azione di revocazione

l’impugnazione per revocazione è esperibile davanti allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata ex art
106 cpa.

Valgono i casi dell’ art 395 cpc:

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Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione:

1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra;


2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la
parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre
in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore
quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando
è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il
fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata [324], purché
non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

Solo i casi 1-2-3-6 consentono di proporre la revocazione dopo il passaggio in giudicato della sentenza> mezzo
straordinario

Anche qui c’è distinzione tra giudizio rescissorio (di merito) e rescindente (accoglimento della revocazione) e le due
fasi possono essere riunite nella stessa sentenza.

d) Opposizione del terzo

E’ diretto a salvaguardare la posizione del controinteressato pretermesso, cioè del soggetto che, pur avendo titolo per
partecipare al giudizio in qualità di controinteressato, ne è rimasto estraneo per mancata notifica nei suoi confronti
del relativo ricorso introduttivo.

Art 108.1 cpa:

1. Un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato
pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi.

Può essere proposta anche nei confronti di una sentenza passata in giudicato.

Il giudicato e l’ottemperanza

Le pronunce del giudice amministrativo sono sentenze e come tali hanno attitudine a passare in giudicato.
Può avvenire per le sentenze di primo grado se non è proposto appello, per le sentenze di secondo grado se non è
proposto ricorso per cassazione, o all’esito di tali giudizi.

Giudizio di annullamento dell’atto

 Effetti soggettivi

Solitamente limitati alle parti del giudizio.

Hanno efficacia erga omnes solo gli annullamenti delle norme secondarie come i regolamenti e gli annullamenti di
atti generali (es annullamento di un bando di gara o di un piano regolatore in materia urbanistica).

 Effetti oggettivi

Dipendono dall’oggetto del giudizio impugnatorio (in cui si impugna un atto precedente) e dai motivi che risultano
concretamente accolti.
Il giudizio verte sull’atto impugnato e attraverso l’accoglimento delle censure proposte (dell’appello) vi potrà essere

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un’emersione della posizione sostanziale e del rapporto tra cittadino e PA.

es. viene annullato un diniego di permesso di costruire perché l’area in realtà era edificabile > risulta così accertato
che l’interesse legittimo (pretesa a svolgere attività edificatoria in quel sito) era fondato.
viene annullato lo stesso diniego ma per un vizio procedimentale come la mancata acquisizione del parere della
commissione edilizia: non è accertata la fondatezza della pretesa e quindi l’interesse legittimo!
Evenienze di tal genere sono limitate per l’esclusione dell’annullamento per vizi formali o procedurali quando, per
il carattere vincolato del provvedimento, l’esito del procedimento non sarebbe stato diverso ex art 21octies.2 legge
241/1990.

La sentenza di accoglimento del ricorso ha un effetto costitutivo che consiste nell’annullamento dell’atto e ha anche
effetti conformativi e ripristinatori (questi due riguardano ulteriori interventi dell’amministrazione resi
necessari per l’esecuzione della sentenza).

Vi sono anche sentenze auto-esecutive che non necessitano di altra attività amministrativa per adeguare la
situazione di fatto alla statuizione del giudice.
es sentenza di annullamento di una sanzione pecuniaria o disciplinare o di demolizione che nel frattempo non siano
stati eseguiti: l’ effetto costitutivo della sentenza è sufficiente a soddisfare il ricorrente vittorioso.

MA se la sanzione pecuniaria è stata pagata nelle more del giudizio o la sanzione disciplinare eseguita, la sentenza
di annullamento avrà anche un effetto ripristinatorio: obbliga l’amministrazione a restituire il denaro o a pagare
quanto illegittimamente trattenuto.

Se invece viene annullato un ordine di demolizione eseguito nel frattempo, l’altra tutela data al ricorrente vincitore
è quella risarcitoria e per equivalente la cui domanda deve essere proposta davanti allo stesso giudice
amministrativo infatti il pregiudizio è conseguenza di un atto amministrativo illegittimo.

Quando in presenza di una situazione sostanziale di interesse legittimo pretensivo o di interesse pubblico
l’amministrazione deve o vuole provvedere nuovamente non può reiterare lo stesso vizio accertato nella sentenza
passata in giudicato e dovrà attenersi alle statuizioni contenute nella stessa sentenza > effetto conformativo

Se non lo facesse ricorrebbe nel vizio grave del nuovo provvedimento amministrativo, costituito dalla violazione
del giudicato che dà luogo alla nullità dell’atto, conoscibile dallo stesso giudice amministrativo.

In caso di sentenze non auto-esecutive è necessario un ulteriore intervento dell’amministrazione, come nel caso
dell’annullamento del diniego visto che esso non comporta il rilascio del provvedimento ampliativo richiesto in
origine!
In caso contrario sarebbero frustrati gli effetti ripristinatori e conformativi del giudicato.

Se l’amministrazione non ottempera e rimane inerte, le esigenze di effettività della tutela impongono diricorrere a
uno strumento coercitivo di esecuzione imposta dal giudice.

 Si tratta del giudizio di ottemperanza, di competenza del giudice amministrativo che in tal caso ha poteri
estesi al merito amministrativo (potere di sostituzione che comporta valutazioni di opportunità, convenienza
della misura).

Trattandosi di attività diretta a sostituire l’attività dell’amministrazione il giudice amministrativo deve avere tutti i
poteri per farlo.

In sede di ottemperanza il giudice amministrativo dispone di poteri che vanno dall’emanazione del provvedimento
necessario per l’esecuzione, alla dichiarazione di nullità degli atti emessi in contrasto con il giudicato, alla nomina
di un commissario ad acta ex art 114 cpa.
Quando è necessaria un’attività istruttoria e la ponderazione degli interessi in gioco questo commissario opera sotto

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le direttive del giudice di cui risulta organo ausiliario.

Esso è esperibile anche per l’attuazione delle sentenze del giudice ordinario passate in giudicato.
≠per l’attuazione delle statuizioni del giudice amministrativo l’istituto è applicabile sia alle sentenze passate in
giudicato, sia alle sentenze esecutive di primo grado e anche alle ordinanze cautelari che non siano state eseguite
dall’amministrazione.

Il giudizio di ottemperanza garantisce la concreta realizzazione dell’assetto degli interessi disposto dal giudice anche
in assenza o contro la volontà della PA: è un istituto di chiusura del sistema perché finalizzato a dare concreta
effettività alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione stessa.

PARTI MANCANTI NELL’INDICE


Il procedimento amministrativo: nozione e struttura

L’attività della PA si esplica normalmente attraverso lo svolgimento di SEQUENZE ORDINATE DI ATTI E


COMPORTAMENTI che conducono ad un determinato risultato.

Dunque… il procedimento amministrativo non è altro che l’organizzazione di queste sequenze ordinate di atti e
operazioni finalizzate all’emanazione di un provvedimento amministrativo; la sua caratteristica principale è LO
SCOPO UNITARIO di tutte le attività e operazioni che si inquadrano al suo interno.

Il procedimento amministrativo può essere dunque emesso solo all’esito di un articolato procedimento (salvo casi
eccezionali).

Dato infatti il carattere autoritativo del provvedimento e la sua funzionalizzazione al perseguimento di interessi
pubblici stabiliti dalla legge, è necessaria una attenta e formalizzata attività di acquisizione ed elaborazione dei dati
di fatto e di diritto che ne costituiscono i presupposti, oltre che di tutti gli interessi coinvolti che devono essere
valutati al momento della eventuale scelta discrezionale: il procedimento è la sede in cui tutto ciò può e deve avvenire.

Possiamo definirlo come: un complesso di atti e operazioni, compiuti anche da autorità amministrative diverse e
nell’esercizio di funzioni diverse, diretti alla formazione ed emanazione di un provvedimento, oltre che alla sua
efficacia.

Prima della L. generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990 n. 241) la disciplina di questo era
demandata a regole di elaborazione essenzialmente giurisprudenziale.
In particolare, a partire dagli anni 80 si iniziò a manifestare urgenza di emanare una serie di norme generali a
disciplina del procedimento amministrativo; sulla falsariga di quanto era avvenuto in Germania. → si giunse così
finalmente all’approvazione della L. 241/1990.

E’ una legge breve che detta solo alcune regole generali sul procedimento; non ne stabilisce una disciplina completa
ed esaustiva (funge da minimo comune denominatore.) La L. 241/1990 ha delineato il procedimento-tipo che si
applica a tutta l’attività procedimentale (salve discipline speciali previste da singole leggi di settore) e risulta
improntato da 2 ESIGENZE:

 Garantire il più ampio contraddittorio possibile (attraverso la partecipazione dei soggetti interessati)
 Esigenza di semplificare azione amministrativa (superando anche intralci che possono paralizzarla)

Si parla anche di ‘’amministrazione partecipata’’ e ‘’amministrazione di risultato’’ > queste due


anime si manifestano in molteplici istituti.

Secondo il modello della legge il procedimento si articola in + FASI: di cui 3 NECESSARIE


(fase iniziativa, istruttoria e decisoria) e una quarta (fase integrativa dell’efficacia) che è meramente eventuale.

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La partecipazione al procedimento e il diritto di accesso agli atti

Le attività istruttorie possono essere distinte, tra attività di verificazione dei fatti e attività di elaborazione dei dati
acquisiti; alle quali si aggiunge l’ulteriore attività di acquisizione degli interessi.

L’interesse pubblico identificato dalla norma è necessariamente posto su un piano generale e astratto e spetta
all’amministrazione farlo divenire specifico e concreto; accertando oltre a tutti i fatti anche tutti gli interessi che
entrano potenzialmente in gioco con l’emanazione del provvedimento.

Il procedimento amministrativo svolge dunque anche la funzione di consentire all’amministrazione di


identificare i diversi interessi rilevanti ai fini dell’esercizio della propria funzione amministrativa.

Oltre agli INTERESSI PUBBLICI diversi da quello primario, vanno identificati anche gli INTERESSI PRIVATI
rilevanti, in modo da poterne poi tenere conto al momento dell’adozione provvedimento finale.

Difatti prevede la più ampia partecipazione dei soggetti i cui interessi risultino coinvolti; è consentito l’intervento
‘’a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati e ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni
o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento’’

LE FUNZIONI DELLA PARTECIPAZIONE → possono essere diverse.

La partecipazione può avere sia una funzione DIFENSIVA (in difesa della propria posizione giuridica) sia una
funzione COLLABORATIVA.

Tuttavia non risultano pienamente attuati i principi dell’art 97 cost ma il nostro legislatore nel riformare la L.
241/1990 nel 2005 ha introdotto art 21octies il cui risultato concreto è stato di relativizzare il peso dei c.d. VIZI
DEL PROCEDIMENTO e di conseguenza, anche della partecipazione.

Strettamente connessa alla tematica della PARTECIPAZIONE è quella di ACCESSO AGLI ATTI;

Ex art 10 della L.1990 ‘’i soggetti di cui all’art 7 e quelli intervenuti ai sensi art 9 hanno diritto a:

 Prendere visione degli atti del procedimento


 Di presentare “memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano
pertinenti all’oggetto del procedimento.’’

Si tratta del c.d. ACCESSO ENDOPROCEDIMENTALE che è una specie del più ampio diritto di accesso contemplato
dagli art 22 della stessa legge.

(Approfondimento pag. 241 e 242) – trasparenza e diritto d’accesso classico /trasparenza e diritto d’accesso civico

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