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Annalena

non ha mai amato parlare di s ~ .

Ha vissuto in silenzio

la radicalit~ evangelica per 3 5 anni

in terra mussulmana.

Al pressante invito del Vaticano

in occasione di un convegno sul volontariato

- 30 novembre 2 0 0 1 ­

ha risposto con la testimonianza che segue.


Il testo della testimonianza ~ riportato integralmente

e n o n e stato mai rivisto da Annalena. Le note sono nostre.


Mi chiamo Annalena Tonelli.

Sono nata in Italia a Forh il 2 Aprile 1 9 4 3 .

Lavoro in sanit~ da trent'anni, ma non sono medico. Sono lau­

reata in legge in Italia. Sono abilitata all'insegnamento della lingua

inglese nelle scuole superiori in Kenya.

Ho certificati e diplomi di controllo della tubercolosi in Kenya,

di Medicina Tropicale e Comunitaria in Inghilterra, di Leprologia

in Spagna. Lasciai l'I talia a gennaio del 1 9 6 9 .

Da allora vivo a servizio dei Somali. Sono

trent'anni di condivisione. Ho infatti sempre

vissuto con loro a parte piccole interruzioni in

altri paesi per causa di forza maggiore.

Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i soffe­

renti, gli abbandonati, i non amati che ero una

bambina e cosi sono stata e confido di continua­

re a essere fino alla fine della mia vita. Volevo

seguire solo Ges~ Cristo. Null'altro mi interes­

sava cosi fortemente: LUI e i poveri in LUI. Per

LUI feci una scelta di povert~ radicale . . . anche

se povera come un vero povero, i poveri di cui

~ piena ogni mia giornata, io non potr~ essere

mai.

Vivo a servizio senza un nome, senza la sicu­

rezza di un ordine religioso, senza appartenere a

nessuna organizzazione, senza uno stipendio, sen­

za versamento di contributi volontari per quando saro vecchia. Sono

non sposata perch~ cosi scelsi nella gioia quando ero giovane. Volevo

essere tutta per DIO. Era una esigenza dell'essere quella di non avere

una famiglia mia. E cosi ~ stato per grazia di DIO.

Ho amici che aiutano me e la mia gente da pi~ di trent'anni.

Tutto ho potuto fare grazie a loro, soprattutto gli amici del Comita­
to per la lotta contro la fame nel mondo di ForlG). Naturalmente

ci sono anche altri amici in diverse parti del mondo. Non potrebbe

essere diversamente.

I bisogni sono grandi. Ringrazio Dio che me li ha donati e con­

tinua a donarmeli. Siamo una cosa sola su due brecce, diverse nella

apparenza ma uguali nella sostanza: lottiamo perch~ i poveri possano

essere sollevati dalla polvere e liberati, lottiamo perch~ gli uomini

TUTTI possano essere una cosa s o l a u 2 ) .

Lasciai l'ltalia dopo sei anni di servizio ai poveri di uno dei

bassifondi della mia citt~ natale, ai bambini del locale brefotrofio,

alle bambine con handicap mentale e vittime di grossi traumi di

una casa famiglia, ai poveri del terzo mondo grazie alle attivit~ del

Comitato Per La Lotta Contra La Fame Nel Mondo che io avevo

contribuito a far nascere.

Credevo di non pater donarmi completamente rimanendo nel

mio paese . . . i confini della mia azione mi sembravano cosi stretti,

asfittici . . . compresi presto che si puo servire e amare dovunque, ma

ormai era in Africa e sentii che era DIO che mi ci aveva portata

e li rimasi nella gioia e nella gratitud ine. Partii decisa a gridare il

(1) j] Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, che Annalena c o n t ri b u i a

fo n d a r e , nacque a Forli nel 1 96 3 . Sorto co m e gruppo di studio d e ll a Fuci e del

Movimento Laureati C a tt o l i c i , ebbe a l l ' i n i zi o quasi e s cl u s i v a m e n t e un'azione di

s e n s i b i l i z z a z i o n e i n t o rn o a i g r a n d i p r o b l e m i , al l o r a pressoch~ s c o n o s c i u ti , d e l l a fa­

me e d e l s o t t o s v i l u p p o . D a l 1 96 7 dopo u n c a m p o E m m a u s e l ' i n co n t ro a Forll con

l' a b b ~ P i e r r e , si ~ venuto strutturando i n u n ' a z i o n e d i raccolta, s el e z i o n e , r i c i cl a g ­

g i o d i m a t e ri a l i usati c h e ha reso o g g i i v o l o n t a ri i p i ~ noti " c e n ci a i ol i " de ll a citt~.

C o n i i ricavato d e i me catini si f i n a n z i a n o pror g etti d i p ro m o z i o n e u m a n a n e i Paesi

del T erzo M ondo, s a c q u i s t a n o e s p e d i s co n o


' indumenti, viveri, materiali sanitari ,

didattici, i n p i ~ di 1 0 0 ambulatori, ospedali e missioni ( molti personalmente cono­

s c i u t i , si a e s t i s co n o co n t a i n e r s n e i casi d i e m e r
) ll g e n z e n a z i o n a l i ed i n t e rn azionali .

I n co ll a b or a z i o n e a n c h e con la C a i t a s e le l s t i t u z i o n i
r p u b b l i c h e e private si v i e n e

in co nt ro ad a l cu n e fo me d i d i s a
r g io e povert~ locale.

(2) " C h e si a n o u n a cosa s ol a " , in l a ti n o : " U t u n u m si n t " . ( G v . 1 7 , 2 1 ) . Fu il motto e pi s c o ­

pale d el Vescov o G ati m u di Ny eri (K en y a .


) N e a s
ll u a diocesi , a C h in g a , A n n a l e n a i ni z i

nel 1 96 9 i i suo p r i mo ser v i z io, co m e inse g nante d i una sc uo la s up eri o re p er ra g a z ze .


Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld), che aveva

infiammato la mia esistenza.

Trentatre anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e bru­

cio dal desiderio di continuare a gridarlo cosi fino alla fine. Questa

la mia motivazione di fondo assieme ad una passione invincibile da

sempre per l'uomo ferito e diminuito senza averlo meritato al di la

della razza, della cultura, e della fede.

Tento di vivere con un rispetto estremo per i "loro" che il Signore

mi ha dato. Ho assunto fin dove ~ possibile un loro stile di vita. Vivo

(3) C h a rl e s d e F o u c a ul d ( 1 8 5 8 - 1 9 1 6 ) . Nasce a S t r a s b u r g o da u n a n ob i l e f a mi g l i a f r a n ­

cese. Giovanissimo perde la fede, i n fl u e n z a t o dallo scetticismo religioso del suo

t e m p o . Trentenne, mentre e s p l o r a i i M a ro c co , p a e s e s co n o s c i u t o e p r o i b i t o a g l i e u ­

ropei, ~ t e s ti m o n e d e l l a preghiera mussulmana: "L'Islam, la vista di questa fede, di

queste anime che vivono al/a presenza di Dia . . . ha prodotto in me un turbamento

profondo". Ri t o r n a a P a r i g i , e s p l o r a t o r e c e l e b r e e conteso n e i salotti i n t e l l e t t u a l i , m a

i n d i ff e r e n t e a g l i o n or i , cerca la f e d e : "Appena credetti che c'era un Dia, compresi

che non potevo fare altrimenti che vivere solo per Lui". Aff a s c i n a t o dal realismo

d e l l ' l n c a rn a z i o n e , v u o l e vivere c o m e G e s ~ a Nazareth p r i m a d e l l a vita p u b b l i c a : u n a

vita nascosta d i poverta e lavoro m a n u a l e . Si fa trappista, ma sette a n n i d o p o l a s c i a

ii m o n a s t e ro e va a Nazareth, a servizio di un co n v e n t o d i cl a r i s s e , sempre i n cerca

d e l l ' e s i s t e n z a u m i l e e o s c u r a d i G e s ~ . S u i 40 a n n i avverte la c h i a m a t a a l s a c e r d o z i o .

R i p a r t e sacerdote per B e n i - A b b e s n e l deserto d e l S a h a r a , fra t ri b ~ m u s s u l m a n e . V i ­

ve u n a s t r a n a vita d i e r e m i t a : pasti fr u g a l i s s i m i , q u a l c h e frutto e u n p o ' d ' or z o , co l ­

tiva l ' o r t o , fa p e n i t e n z e , ore d i a d o r a z i o n e , e d~ o s p i t a l i t ~ a tutti q u e l l i c h e b u s s a n o .

U n g i o rn o a n n o t a n e l s u o d i a r i o i i p a s s a g g i o d i 400 persone: "Voglio abituare tutti i

cristiani, mussulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come faro fratello universale!"

H a 4 7 anni q u a n d o va a T ama nr asset i n A l g e ria, n e l deserto d e l l ' H o g g a r fra i T w are­

g h , dei q u a l i studier~ la li n g u a (far~ u n d i zi o n a r i o francese-twaregh), la m e n t a li t ~ , i

co s t u m i , le t r a d i z i o n i in u n a vita s o l i t a r i a d i u n i o n e co n ii suo "Beneamato" C ri s t o ,

di c u i , testimone si l e n zi o s o , vuole " g ri d a r e il V a n g el o con la v i t a " : "lo non posso

concepire l'amore senza un bisogno imperioso di conformit~, di rassomiglianza.

L'imitazione ~ la misura dell'amore". C o m i n ci a a sognare la nascita di una p i c co l a

comunit~ c ri s ti a n a d i fr a t e l l i e s or e l l e . S cr ive l e co s t i t u z ioni e i re g olamenti m a nes­

s u n o si unisce a lui. S co p p i a la prima guerra m o n d i a l e e fratel C h a r l e s resta solo a

T ama nr asse t. H a i i presentimento d i p a ter v e n i r e u c c i s o : "Pensa che tu devi morire,

martire, privo di tutto, steso a terra, nudo, irriconoscibile, coperto di sangue e di

ferite, ucciso di morte violenta e desidera che questo accada oggi!". E cosi avwiene:

d urante una razzia di bande armate viene ucciso ii 1 ° dicembre 1 9 1 6 . Nel 1 9 2 1

Ren e B azin p ubblica la prima biografia e gli s cr i tt i di C h. de F. c h e e b b e r o g rande

i n fl u s s o s u l l a giovent~ c ri s t i a n a fr ancese.
una vita molto sobria nell'abitazione, nel cibo, nei mezzi di trasporto,

negli abiti. Ho rinunciato spontaneamente alle abitudini occidentali.

Ho ricercato il dialogo con tutti. Ho dato CARE): amore, fedelt~ e

passione. 11 Signore mi perdoni se dico delle parole troppo grandi.

Sono praticamente sempre vissuta con i Somali, prima con i

somali del Nord-Est del Kenya, dopo con i Somali della Somalia.

Vivo in un mondo rigidamente mussulmano. Gli unici frati e suore

presenti in Somalia dai tempi di Mussolini fino alla guerra civile,

scoppiata undici anni fa, furono accettati esclusivamente per il ser­

vizio religioso agli ltaliani.

Ho vissuto gli ultimi cinque anni a Borama, nell'estremo Nord­

ovest del paese, sul confine con IEtiopia e Djibouti. L~ non c'~

nessun cristiano con cui io possa condividere. Due volte all'anno,

intorno a Na tale e intorno a Pasqua, il vescovo di Djibouti viene a

dire la Messa per me e con me.

Vivo sola perch~ le compagne di strada, che assieme ai poveri fe­

cero della mia vita un paradiso in terra durante i miei diciassette anni

() Care: t e r m i n e i n g l e s e che n o n ~ p o s s i bi l e tradurre i n i t a l i a n o con u n solo vocabolo.

Si g n i fi c a : "aver attenzione a " , "prendersi a cuore", non nel senso s e n ti m e n t a l e ,

emotivo, ma in q u e ll o p ro fo n d o e concreto di essere per l ' al t r o , di abitare nel­

l ' a l t ro , d i l a s c i a r s i a b i t a r e d a ll' a l t r o , d a ll e s u e sofferenze, d a ll e s u e fa t i c h e , in una

co n d i v i s i o n e p i e n a , concreta, per ricevere l ' i n e s t i m a b i l e d o n o d e ll ' u n i co senso per

c u i v a l e la p e n a vivere e m or i r e . / care ( m i preme, m i sta a cuore molto) fu i l motto

d i d o n Lorenzo M il a n i ( 1 9 2 3 - 1 9 6 7 ) , il priore d i B a r b i a n a . A n n a l e n a fu affascinata

d a ll a e c c e z i o n a l e e s p e r i e n z a u m a n a e r e l i g i o s a d i questo sacerdote, scrittore, so­

prattutto educatore e maestro d i u n gruppetto d i poveri ragazzi d e ll a s u a parroc­

c h i a d i m o n t a g n a . A l o ro lascio scritto n e l testamento: "Ho voluto piCt bene a voi

che a Dia, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia

scritto tutto al suo conto".

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di deserto, si dispersero dopo che io fui costretta a lasciare il Kenya0)

Fu nel 1 9 8 4 . Il governo del Kenya tent~ di commettere un genocidio

a danno di una trib~ di nomadi del deserto. Avrebbero dovuto stermi­

nare cinquantamila persone. Ne uccisero mille. lo riuscii a impedire

che il massacro venisse portato avanti e a conclusione. Per questo

un anno dopo fui deportata. Tacqui nel nome dei piccoli che avevo

lasciato a casa e che sarebbero stati puniti se io avessi parlato.

Parlarono invece i Somali con una voce e lottarono perch~ si

facesse luce e verit~ sul genocidio. Sono passati sedici anni e il Go­

vemo del Kenya ha ammesso pubblicamente la sua colpa, ha chiesto

perdono, ha promesso compensazioni per le famiglie delle vittime.

(5) Wajir-Kenya, Venerdl 1 0 Febbraio 1984: Era scattata un'operazione militare che

doveva s t e r m i n a r e l ' i n t e r a t ri b ~ d e i D e g o d i a d i oltre 5 0 . 0 0 0 u o m i n i . N e l l a notte a l ­

cuni camion m i l i t a r i a n d a ro n o a p r e l e v a r e d a ll e c a p a n n e tutti g l i uomini, co m p r e s i

i r a g a z z i n i e i v e c c h i ; f u ro n o portati a W a g a ll a , a p o c h e m i g l i a da Wajir ( n e ll a r e g i o ­

ne del nord-est d e l Kenya) a l l ' i n t e r n o d i u n a e ro p o r t o militare in disuso, recintato

da f i l o s p i n a t o . Li f u r o n o t e n u t i r i n c h i u s i p e r 4 g i o rn i e 4 notti s e n z a c i b o n ~ a c q u a .

l n t a n t o n e l v i ll a g g i o i s o l d a t i b r u c i a v a n o l e c a p a n n e "alla ricerca - d i c e v a n o - di armi

nascoste". A l i G u h a d , 3 0 a n n i , paralizzato, fu arso vivo. Non si seppe n u Il a deg I i

u o m i n i p r i g i o n i e r i , s i n o a l l u n e d l q u a n d o arrivo al v i ll a g g i o u n u o m o ferito c h e rac­

cont l e atrocita dei soldati. Cos'era a vv e n u t o ? I soldati avevano gettato benzina

addosso ai prigionieri che rifiutavano di togliersi gli abiti e Ii avevano incendiati.

A l c u n i e r a n o morti bruciati, a l t r i f u ro n o fatti s t e n d e r e a terra e su d i l o ro avevano

m a r c i a t o i s o l d a t i con s c a r p o n i c h i o d a t i : Ii p i c c h i a v a n o a n c h e co n i f u c i l i , I i co l p i v a ­

n o co n pietre m i n a c c i a n d o d i u c c i d e r e a n c h e l e loro m o g l i e i f i g l i se n o n avessero

rivelato dove erano nascoste le armi. Angherie, sevizie e dileggi di ogni genere.

Tenuti sotto i i s o l e e q u a t or i a l e senza mangiare n ~ bere, per tre volte ro v e s c i a ro n o

u n ' a u t o b o t t e d' a c q u a sotto i l o ro o c c h i , d a v a n t i a l l e l o ro g o l e r i a r s e . La d o m e n i c a

f u ro n o fa tti sovrapporre g l i uni sugli altri: molti m o r i ro n o a s f i s s i a t i , a l t r i t e n t a ro n o

d i f u g g i r e sotto i co l p i di s p a r a t o r i e f e ro c i . S o l o i l martedi furono " r i l a s c i a t i " : fa tti

salire sui camion v e n n e ro portati e dispersi per la boscaglia, lontani dai pozzi e

d a ll e piste. A questo punto, incurante d e ll e minacce d e ll a polizia, Annalena s a il

sulla Toyota su c u i aveva fatto d i p i n g e r e una grande croce rossa, affitto d u e ca­

m i o n e si a d d e n t r nel d e s e r t o , p e r soc co rrere i s u p e r s t i t i . S u c c e s s i v a m e n t e , d i e t ro

le s u p p l i c h e d e i parenti, a n d o a prendere i m or t i . U n s o m a l o fo togra fo m o n t a g n e

di cadaveri e le foto f u ro n o i n v i a t e ad Amnest y I n t e rn a t i o n a l e a ll e a m b a s c i a t e d i

a l c u n i S tati o c c i d e n t a l i . A l i e m i n a c c e d i s o s p e n d e r e g l i a i u t i e i r a p p o r t i i n t e rn a z i o ­

nali, i l governo degrad i c a p i d e l l ' o p e r a zi o n e . L' o p e r a zi o n e si arrest a circa un

m i g l i a i o di m or t i , ma b i s o g n a v a e l i m i n a r e u n a s co m o d a t e s t i m o n e . D o p o u n a n n o

di i n t e r ro g a t o r i e d i i n d a g i n i A n n a l e n a v e n n e e s p u l s a d a l p a e s e .
I giornali e la BBC hanno parlato a lungo del mio intervento. E

oggi molti dei Somali che avevano remore contra di me mi hanno

accettato e sono diventati miei amici. Oggi sanno che ero pronta a

dare la vita per loro, che ho rischiato la vita per loro.

Al tempo del massacro, fui arrestata e portata davanti alla corte

marziale . . . Le autorit~, tutti non Somali, tutti cristiani, mi dissero

che mi avevano fatto due imboscate a cui ero provvidenzialmente

sfuggita, ma che non sarei sfuggita una terza volta . . . poi uno di loro,

un cristiano praticante, mi chiese che cosa mi spingeva ad agire cosi.

Gli risposi che lo facevo per Ges~ Cristo che chiede che noi diamo

la vita per i nostri amici\).

Ora io ho esperimentato pi~ vol­

te nel corso della mia ormai lunga

esistenza che non c'~ male che non

venga portato alla luce, non c'~ verit~

che non venga svelata. L'importante e


continuare a lottare come se la verit~

fosse gi~ fatta e i soprusi non ci toc­

cassero, e il male non trionfasse. Un

giorno il bene risplender~.

A DI O chiediamo la forza di saper

attendere, perch~ pu~ trattarsi di lunga

attesa ... anche fino a dopo la nostra

(6) per la p r i m a volta dopo 1 5 anni di t e s ti m o n i a n z a s il e n z i o s a in quell'intollerante

e rigido contesto i s l a m i co , Annalena profess6 apertamente e con forza la sua

fede c ri s ti a n a per la q u a l e l ' a m o r e ~ p i ~ forte d e l l ' o d i o e d i o g n i mi n a c c i a e p u b

comportare a n c h e i i s a c r i fi c i o d e l l a vita. Da a l l o r a , senza a s p i r a r e al l a " g r a z i a del

m a r ti ri o " (era troppo d i m e n ti c a d i s ~ ! ) , e b b e constantente presente la p o s si b i l i t ~ d i

u n a morte v i o l e n t a , come co n s e g u e n z a n a t u r a l e e necessaria d e l l a s e q u e l a d i C r i ­

sto: "L'amore pu significare anche accettare di morire per gli altri. Morire ~ come

vivere. Camminare consiste tanto nell'alzare il piede che nel posarlo...la mia vita ~
per faro . . . i o debbo vivere e morire per faro . . . potessi io vivere e morire d'amore. Mi

sara data?". D i c i o tt o a n n i dopo, D o m e n i c a , 5 Ottobre 2 0 0 3 , d i sera d o p o l ' u l t i m a

v i s i t a a i s u o i a m m a l a t i , per m a n o d ' i g n o t i , A n n a l e n a v i e n e u c c i s a .
morte. lo vivo nell'attesa di D I O G ) e capisco che mi pesa meno che

ad altri, l'attesa delle cose degli uomini.

Vivo calata profondamente in mezzo ai poveri, ai malati, a quelli

che nessuno ama. Mi occupo principalmente di controllo e cura

della Tubercolosi.

In Kenya andai come insegnante perch~ era l'unico lavoro che,

all'inizio di una esperienza cosi nuova e forte, potevo svolgere de­

centemente senza arrecare danni a nessuno. Furono tempi di intensa

preparazione delle lezioni di quasi tutte le materie, per carenza di

insegnant i, di studio della lingua locale, della cultura e delle tradi­

zioni di coinvolgimento intenso nell'insegnamento nella profonda

convinzione che la cultura ~ forza di liberazione e di crescita.

Gli studenti, molti della mia stessa et~ o appena poco pi~ giovani

di me , e che avevano affrontato il preside quando si era saputo che

una donna insegnante sarebbe arrivata assicurandolo che mi avreb­

bero impedito accesso alla cl asse, furono profondamente coinvolti

e motivati . I risultati furono ottimi tanto che vari studenti di allora

oggi occupano splendide posizioni nei vari Ministeri , al G ove rn o,

nelle attivit~ private del paese e spesso mi giunge eco che tutti gli

studenti del Nord-Est di quei tempi narrano di essere stati miei stu­

den ti ed io la loro insegnante . . . Cos a naturalmente non vera.

Ricardo che q u asi s u b ito dopo il mio arrivo mi innamorai di un

bimbo ammalato di sickle cell e di fame . . . erano i tempi di una terri­

bile cares tia, vidi tanta gente morire di fame. Nel corso della mia esi­

st e nza, sono stata testimone di un'altra carestia, dieci m esi di fame, a

Merca, nel sud d e lla Somalia, e posso dire che si tratta di esperienze

cosi traumatizzanti da mettere in pericolo la fede. Avevo preso, a

vivere con me, quattordici bambini con le malattie della fame.

G7) Attesa di Dio ~ il titolo d i una raccolta d i scritti di S i m o n e Weil ( 1 9 0 9 - 1 9 4 3 ) curata

da Padre Perrin, ii sacerdote con cui la Weil instaur un appassionato dialogo di

co n f e s s i o n e e d i meditazione sul m i s t e ro d i Dio. Annalena ha amato molto S . W e i l :

negli s c r i tt i e nella vita della s c r i tt r i c e fr a n c e s e , rileggeva in " co n t ro l u c e " la sua

p e r s o n a l e a vv e n t u r a umana e spirituale, in p a r t i co l a r e l a forte p a s s i o n e per l ' u o m o

debole e indifeso e al t e m p o stesso l ' a tt e s a struggente d e l l ' E t e rn o intravisto nelle

pieghe della sofferenza umana.


Donai subito il sangue a quel bimbo e supplicai i miei studenti di

fare altrettanto . • uno di loro don~ e dopo di lui tanti altri, vincendo

cosi la resistenza dei pregiudizi e delle chiusure di un mondo che, ai

miei occhi di allora, sembrava ignorare qualsiasi forma di solidariet~

e di piet~. E fu forse la mia prima esperienza in cui, anche in un con­

testo islamico, lamore gener~ amore.

Ma il mio primo amore furono i tubercolosi, la gente pi~ ab­

bandonata, pi~ respinta, pi~ rifiutata in quel mondo.La tubercolosi

imperversa da secoli in mezzo ai Somali. Si pensa che praticamente

tutta la popolazione sia infettata. Provvidenzialmente solo una per­

centuale delle persone infettate sviluppa la malattia nel corso della

sua esistenza.

Ero a Wajirt), un villaggio desolato nel cuore del deserto del

Nord-Est del Kenya, quando conobbi i primi tubercolosi e mi inna­

morai di loro e fu amore per la vita. I malati di tuber co lo s i erano in

un reparto da disperati. Quello che pi~ spaccava il cuore era il loro

abbandono, la lo ro sofferenza senza nes s un tipo di conforto.

N o n s a p evo nulla di m edi cin a. Co mi nciai a portare loro l ' acq ua

pio va na che raccoglievo dai tetti della be ll a c a s a che il governo mi

aveva dato come insegnante alla scuola secondaria. Andavo con le ta­

niche p ie n e, svuotavo i loro re ci pie n ti con l'acqua salatissi ma dei p o z zi

di Wajir, e li riempivo di quell'acqua do lc e. Loro mi facevano cenni di

comando apparentemente disturbati dalla goffaggine di quella giovane

donna b ia nc a della c u i p re s e nz a sembravano volersi liberare in fretta.

(8) Wajir. v i l l a g g i o n e l centro d e l l a r e g i o n e d e l N o r d - E s t del Kenya a circa 7 5 0 km d a l l a

c a p i t a l e N a i ro b i . Terra desertica, abitata i n p r e v a l e n z a da poverissime t ri b ~ n o m a d i

d i o r i g i n e s o m a l a che si spostano d i co n t i n u a l u n g o piste precise, a l l a ricerca d e l ­

l ' a c q u a n e i pozzi per i i loro b e s t i a m e . La l e g g e n d a d i c e che circa 3 0 0 0 a n n i fa, la

R e g i n a d i S a b a a n d a v a la ad abbeverare i s u o i c a m m e l l i . Oggi lo s c e n a ri o ~ quasi

lo stesso. C e n t i n a i a d i c a m m e ll i si r a d u n a n o i n g r u p p i attorno ai pozzi i n attesa d i

bere. I b e d u i n i vivono q u a s i e s cl u s i v a m e n t e d i latte d i cammella, l ' u n i co a n i m a l e

che pu sopravvivere anche varie s e tt i m a n e senz'acqua e al tempo stesso dare

latte alla c a ro v a n a . La t u b e r co l o s i si ~ r a pi d a m e n t e d i ff u s a a causa d e ll e cattive

co n d i z i o n i i g i e n i c h e e d e l l e strette a b i t a z i o n i i n cu i i n o m a d i vivono, d e n t ro basse

c a p a n n e d i bacchetti e s t u o i e .
Tutto mi era contro allora. Ero giova­

ne e dunque non degna n~ di ascolto n~

di rispetto. Ero bianca e dunque disprezzata

da quella razza che si considera superiore

a tutti: bianchi, neri. gialli appartenenti

a qualsiasi nazionalit~ che non sia la loro.

Ero cristiana e dunque disprezzata, rifutata,

temuta. Tutti allora erano convinti che io

fossi andata a Wajir per fare proseliti. E poi

non ero sposata, un assurdo in quel mondo

in cui il celibato non esiste e non ~ un va­

lore per nessuno, anzi ~ un non valore.

Trent'anni dopo, per il fatto che non

sono sposata, sono ancora guardata con

compassione e con disprezzo in tutto il mondo somalo che non mi

conosce bene. Solo chi mi conosce bene dice e ripete senza stancarsi

che io sono somala come loro e sono madre autentica di tutti quelli

che ho salvato, guarito, aiutato, facendo passare cosi sotto silenzio la

realt~ che io madre naturale non sono e non sar mai.

Subito cominciai a studiare, ad osservare, ero ogni giomo con

loro, li servivo sulle ginocchia, stavo accanto a loro quando si ag­

gravavano e non avevano nessuno che si occupasse di loro, che li

guardasse negli occhi, che infondesse loro forza. Dopo qualche anno,

nella T.B. Manyatta (villaggio\) ogni malato consapevole di esse­

re alla fine, voleva solo me accanto per morire sentendosi amato.

(9) TB. Manyatta: vi l l a g g i o d i c a p a n n e con m a l a ti d i t u b e r c ol o si .

Nel 1976 Annalena c o m i n ci o ad ac co gliere in capanne i primi malati, seguendo

l ' i n t u i zi o n e che u n n o m a d e n o n p u o resistere per i 1 2 - 1 8 mesi d i trattamento anti ­

t u b e r co l a r e dentro i m u r i d i u n o s p e d a l e . Per questo idea u n centro d i trattamento

" a l l ' a ri a a p e r t a " , u n o s p e d a l e - v i l l a g g i o d i c a p a n n e s i m i l e a q u e l l o dei b e d u i n i q u a n d o

sostano n e l l e o a s i , con u n q u a d r a t o d i s a b b i a recintato da bacchetti co m e moschea,

a l cu n e tettoie per s cu o l e d i a l fa b e t i z z a z i o n e e d i C ar a n o ( a l l i e v i e maestri malati di

t u b e r co l o s i ) . Lo c h i a m o " B i s m i l l a h i M a n y a tt a " : V i l l a g g i o n e l n o m e d i A l l a h . " B i s mi l ­

l ah i " ( N el nome di D i o clemente e m i s e ri c o r d i o s o ) ~ la costante i n v o c a z i o n e del fe­

d e l e m u s s u l m a n o a l l ' i n i zi o e al t e r m i n e d i o g n i a z i o n e , d al l a pi ~ b a n al e e q u o t i d i a n a

co m e bere u n sorso d ' a c q u a alla pi n o bi l e e sacr a co m e la p r e g h i e r a o i i d i g i u n o .


Cominciai a supervedere i loro trattamenti una volta che erano

dimessi dall'ospedale. La cosa fu risaputa. Non si conoscevano tratta­

menti portati a termine nel deserto. Erano tutti defaulters: al 100%.

Nel 1 9 7 6 mi fu chiesto di diventare responsabile di un progetto

dell'OMS per la cura della tubercolosi in mezzo ai nomadi, un pro­

getto pilota in tutta l' Africa. Mi fu chiesto di inventare un sistema

per garantire che i malati avrebbero preso le terapie antitubercolari

ogni giorno per un periodo di sei mesi. Infatti, per la prima volta in

Africa, furono applicati i trattamenti a breve termine per un numero

aperto di ammalati, trattamenti che consentono la guarigione in un

tempo di sei mesi mentre fino ad allora per guarire erano necessari

diciotto mesi di farmaci presi ogni giorno.

Era il settembre del 1 9 7 6 . Decisi di invitare i nomadi a fermarsi

in un pezzo di deserto di fronte al "Rehabilitation Centre for the Di­

sabled(l0) dove lavoravo assieme alle compagne che nel corso degli

anni si erano unite a me, tutte volontarie senza stipendio, tutte per i

poveri e per Gesu Cristo. Assieme a loro avevo dato vita a un centro

(10) R e h a bi l i t a ti o n C e n t r e for the d i s a b l e d : centro d i ri a b i l i t a zi o n e per i d i s a bi l i . Era a n ­

che l ' a b i t a z i o n e d e l l a pi c c o l a c o m u n i t ~ d i A n n a l e n a e fu c h i a m a t o " F a r a h C e n t r e " ,

la Casa d e l l a g i o i a : g i o i a d e l l ' a c co g l i e n z a d e i p i c co l i e g r a n d i d i s a b i l i , p o l i o m e l i t i c i ,

ciechi, s or d o m u t i , d e fo r m i , e p i l e tt i c i . Si andava a cercarli f i n nel cuore della bo­

scaglia, nelle misere e torride c a p a n n e dove e r a n o tenuti segregati e nascosti; Ii

si portava a l centro o g n i g i o rn o dove ricevevano cure, c i b o , r i a b i l i t a z i o n e , s cu o l a .

Dopo q u a l c h e a n n o q u a s i tutti f u ro n o i n g r a d o d i c a m m i n a r e con a p p a r e c c h i orto­

p e d i c i e m o l t i , i n v i a t i a frequentare scuole s p e c i a l i nel K e n y a , d i v e n n e ro i n s e g n a n t i

d i s cu o l a p r i m a r i a e s e co n d a r i a . N e l l a " C a s a d e l l a g i o i a " , creature mortificate, sof­

f e r e n t i , e m a r g i n a t e e co n s i d e r a t e i n u t i l i f i o r i ro n o , a c q u i s t a r o n o f i d u ci a , c r e di bi l i t ~ ,

stima e s b o c c i a ro n o . Annalena si sentiva, s e co n d o l'espressione del suo amato

Saint-Exupery, "giardiniera di uomini": "Ci vuole un giardiniere che ama per far

sbocciare una rosa . . . Le creature tutte def mondo sono fiori chiusi. Alcuni sbocce­

ranno; a/tri, moltissimi altri, nati chiusi, vivranno e moriranno chiusi, ma sarebbera

potuti sbocciare se le circostanze de/la fora vitae gli uomini intorno a fora fossera

stati solo un poco diversi. lo sono continuamente concentrata per capire tutto ii

possibi/e per questa mia gente, per questi brandelli di umanit~ ferita. Perche sono

venuti al mondo? Perch~ pure fora possano fiorire, anche se forse saranno cardi

e non rose, ma semplici cardi dai bei fiori rossi... ii problema ~ che da soli non

fioriranno m a i . . . Di giardinieri per le masse dei poveri non se ne travano, se non

rarissimi, viaggiando per tutte le contrade def mondo, dove chiss~ quanti vivono e

muoiono come non fossero neppure mai nati ! ".


dove loro riabilitarono tutti i poliomielitici del deserto del Nord-Est

nel corso di died anni. Eravamo una famiglia.

Accoglievamo, oltre ai poliomielitici, casi particolarmente pie­

tosi da curare, riabilitare, creature particolarmente ferite: ciechi,

sordomuti, handicappati fisici e mentali ... i ragazzi crebbero con

noi mamme a tempo pieno ed io sono a tutt' oggi per loro un pun to

di riferimento costante.

lntanto i nomadi cominciarono

a venire con le loro capanne legate

sulla groppa dei cammelli. Smon­

tavano le stuoie, i bacchetti curvi,

le corde, e costruivano la capanna.

Per sei mesi l'ingestione dei farmaci

era strettamente supervisionata ogni

giorno. Le diagnosi venivano fatte

solo con l'esame dello sputo al mi­

croscopio. Le forniture dei farmaci

erano assolutamente regolari . . . quasi

un miracolo per l'Africa. Al termine

dei sei mesi, arrivava il cammello o l'intera carovana e il malato gua­

rito se ne tornava nel deserto.

Questa "policy" che l'OMS chiama DOTS ( directly observed

therapy short chemotherapy)(II) e diventata la "global policy" del­

l'OMS per il controllo della tubercolosi nel mondo ed ~ applicata

in molti paesi dell'Africa, dell'Asia, dell'America e anche dell'Eu­

ropa come uno dei migliori mezzi per garantire la compliance del­

lammalato, "compliance"2) senza la quale non esiste guarigione

autentica, e senza la quale la piaga della Tubercolosi continuer~ ad

espandersi nel mondo intero sempre pi~ nella forma pi~ tragica che

~ quella della resistenza ai farmaci antitubercolari.

( 1 0 ) policy: protocollo t e r a p e u ti c o ;

O . M . S . : O r g a n i z z a z i o n e M o n d i a l e d e ll a S a ni t ~ ;

D. 0. T S . : Breve trattamento t e r a p e u t i co sotto diretto control l o .

( 1 2 ) compliance: p a r t e ci p a zi o n e attiva del paziente a l trattamento t e r a p e u t i c o .


Quella della T.B. Manyatta fu una grande avventura d'amore, un

dono di DIO. Fu grazie alla T.B. Manyatta, e solo in parte al Reha­

bilitation Centre, perch~ gli handicappati contano ancora meno dei

tubercolosi nel mio mondo, che la gente cominci~ a dire che forse

anche noi saremmo andate in Paradiso.

Per cinque anni ci avevano sbattuto in faccia che noi non sa­

remmo mai andate in Paradiso perch~ non dicevamo: "Non c'~ DIO

all'infuori di DIO e Muhamad e il suo profeta".

Poi successe un episodio grave che mise a rischio la nostra vita e

allora la gente cominci~ a dire che sicuramente anche noi saremmo

andate in Paradiso.

Poi cominciammo a essere portate come esempio. Il primo fu un

vecchio capo che ci voleva molto bene . . . "Noi Mussulmani abbia­

mo la fede", ci disse un giorno,"e voi avete l'amore".

Fu come il tempo del grande disgelo. La gente diceva sempre pi~

frequentemente che loro avrebbero dovuto fare come facevamo noi,

che loro avrebbero dovuto imparare da noi a CARE per gli altri, in

particolare per quelli pi~ malati, pi~ abbandonati.

Diciassette anni dopo, subito dopo il massacro di Wagalla, un

vecchio arabo mi fermo al centro di una delle strade principali del

povero villaggio, profondamente commosso perch~ in mezzo ai morti

c'erano suoi amici, perch~ mi aveva visto quando mi avevano pic­

chiato perch~ sorpresa a seppellire i morti, mentre lui aveva avuto

paura e non aveva fatto nulla per salvare i suoi, invece io avevo tutto

osato e rischiato per salvare la vita dei loro che erano diventati miei,

e grid perch~ voleva essere sentito da tutti: "Nel nome di Allah, io

ti dico che, se noi seguiremo le tue orme, noi andremo in Paradiso".

A B o r a m a h ) , dove vivo oggi, la gente prega intensamente per­

( 1 3 ) gorama, v i l l a g g i o del Somaliland, l'estremo nord-ovest d e ll a Somalia, terra di co n ­

fine, stretta fra le roventi pianure di Djibouti (ex co l o n i a fr a n c e s e ) a nord, ii resto

d e ll a Somalia a sud, e l'Etiopia ad ovest a 5 km. Un a l b e ro in un campo segna

l ' u n i co co n fi n e p o s s i b i l e dove n o n esistono mappe, n~ d o g a n e d i fr o n t i e r a . A n t i co

protettorato b r i t a n n i co , si uni alla Somalia nel 1 96 1 . Dopo ii co l p o di Stato del 31

dicembre 1991 che segno la fi n e del regime di Syad Barre, ii Somaliland si dichia­

rava stato i n d i p e n d e n t e e si dava una s t a b il i t ~ p ol i ti c a ed una p a c e s co n o s c i u t a in

tutta la Somalia, mentre ii resto d e l paese precipitava nella guerra civile.


ch~ io mi converta al mussulmanesimo. Anche negli altri luoghi do­

ve sono stata la gente a un certo punto cominciava a pregare per la

mia conversione al mussulmanesimo. Me ne parlano spesso ma con

delicatezza, aggiungono sempre che comunque DIO sa ed io andro

in Paradiso anche se rimarro cristiana. Non vogliono che io mi sen ta

ferita. E poi cercano di farmi sentire "assimilata" a loro, vicinissima.

Mi raccontano ogni hadith(+) in cui il profeta Muhamad sulle or­

me di Issa, Ges~, mangiava con i lebbrosi nello stesso piatto, aveva

compassione dei poveri, mostrava amore per i piccoli.

Sono tornata in Italia per un mese a giugno di quest'anno. Man­

cavo da molti anni. Per la mia gente laggi~ ~ stato un evento. Molti

hanno temuto che qualcuno o qualcosa mi avrebbero impedito di

tornare. Grande ~ stata la gioia di vedermi. E lo sheekhl) pit amato,

uno sheekh che ~ stato e continua ad essere l'insegnante di Corano

per tutti gli altri sheekh della zona, ~ subito venuto nel mio ufficio e

mi ha detto che, quando ero a Roma - per loro c'~ quasi solo Roma in

Italia - loro erano felici e condividevano nel pensiero e nella preghiera

il mio pellegrinaggio, perche di autentico pellegrinaggio si trattava.

Loro, continuava a ripetermi Sheekh Abdirahman, giustamen­

te orgoglioso della sua conoscenza, sanno che a Roma sono sepolti

alcuni dei discepoli di Issa, Ges~, il loro grande profeta. Visitare i

luoghi del loro martirio ~ uno dei pellegrinaggi che ogni mussul­

mano vorrebbe fare nel corso della sua vita. Ed e stato cosl che loro

sentivano che erano loro ad avermi mandato in pellegrinaggio e mi

attendevano perch~ raccontassi e condividessi.

In senso molto pi~ lato, il dialogo con le altre religioni ~ questo.

E condivisione. Non c'~ bisogno quasi di parole. Il dialogo ~ vita

vissuta, meglio, almeno io lo vivo cosi, senza parole. Dicevo che la

tubercolosi ~ flagello nel mondo somalo.

(14)"hadith": racconti d e l l a t r a d i zi o n e c o r a n i c a s u l l e p a r ol e e s u l l e a zi o n i e s e m p l a r i del

profeta Maometto che si ritengono trasmessi d a i t e s t i m o n i d e l l a sua v i t a .

(15)gheekh: a u t o ri t ~ r el i g i o s a e g i u ri d i c a , l' a n zi a n o d i u n a c o m u n i t ~ i s l a mi c a .
Pensate che a Borama, un centro con cinquantamila persone, noi

abbiamo diagnosticato e trattato millecinquecento malati all'anno,

quasi il 1 0 0 % con sputo positivo soprattutto i primi anni. Ora abbia­

mo il problema dell' AIDS. Sono solo tre anni che vediamo malati

con TBC e HIV, m a il problema sta dilagando.

Eravamo scesi a ottocento malati

l'anno scorso, ma la presenza di HIV

sta facendo risalire paurosamente la

china. In un paese come la Somalia

in cui la tubercolosi ~ endemica, la

prima infezione opportunistica che

gli ammalati di HIV sviluppano ~


la tubercolosi. Noi lavoriamo in­

tensamente perch~ la popolazione

divenga consapevole del problema

e lotti dentro e fuori di s~ perch~ i

comportamenti vengano cambiati e

la diffusione dell'HIV arginata.

Cominciai cinque anni fa con trenta posti letto e un numero

sempre maggiore di capanne per gli ammalati gravi che non poteva­

no trovare un letto in reparto, fino ad averne pi~ di duecento. Oggi

ho duecento posti letto, otto reparti nuovi che P'UNHCRGo) ha co­

struito per la nostra gente, un laboratorio costruito da U N D p ( 7 ) e

ancora quasi cento capanne per gli ammalati che non trovano luogo

(16)(NHCR: Alto c o m mi s s a ri a t o per i r i f u g i a ti d el l e N a zi o n i U n i t e. I s ti t u i t o n el 1 9 5 1 ,

~ 0ggi una delle principali agenzie umanitarie mondiali che ha assistito in mezzo

s e co l o oltre 50 milioni di rifugiati, o tt e n e n d o ben due Nobel per la pace. Ogni

a n n o premia con ii prestigioso Nansen R e f u g e e Award, p e r s o n e o or g a n i s m i c h e si

sono distinti n e l sostenere la causa dei rifugiati o co m u n q u e d i chi soffre. II premio

co n c e s s o nel passato a n o m i illustri co m e i i re J u a n Carlos di Spagna, Medici senza

F ro n t i e r e , E l e o n or Roosevelt, nel giugno 2003 fu dato ad Annalena per ii lavoro

svolto negli ultimi 35 anni i n Africa, a favore dei malati d i tbc, di aids, dei bambini

sordi, ci e ch i . L'accetto a fatica e solo per portare l ' a tt e n z i o n e del mondo sulla po­

vert~ d el l a Somalia dimenticata e p e r dare voce a c h i non aveva voce.

(17(NDP: Programma delle N a zi o n i U ni t e per lo s vi l u p p o .


in cui essere accolti nel villaggio; alcuni vengono da lontano, dal­

l'Etiopia, da Djibouti, da altre parti del paese, altri vengono resp inti

dalle famiglie a causa dello stigma legato alla malattia.

La tubercolosi ~ parte della gente, della sua storia, della sua lotta

per l' esistenza.

Eppure la tubercolosi ~ stigma e maledizione: segno di una puni­

zione mandata da DIO per un peccato commesso, aperto o nascosto.

A Borama continua la lotta ogni giorno per la liberazione dal­

l'ignoranza, dallo stigma, dalla sc hiavit~ ai pregiudizi. A tutt'oggi,

noi siamo testimoni di gente che sce gli e di non essere dia g nosticata,

curata e guarita, e che dunque sceg li e di morire PUR di non dovere

ammettere in pubblico di essere affetta dalla Tubercolosi. La lotta

viene portata avanti dallo staff prima di tutto a livello personale.

Con il sistema del DOTS , noi vediamo tutti gli ammalati ogni

gio rn o , ogni gio rn o parliamo con lo ro , ogni giorno ci oc cu piamo dei

loro p ro b l emi p ic co li e grandi. Ogni giorno discutiamo con loro di

ci~ che li tiene schiavi, infelici, nel buio. E loro si liberano, diven­

tano felici, sono sempre pi~ nella luce. Nel centro T. B . abbiamo

aperto scuole per gli ammalati e i loro ami ci: una scuola di C o ra no,

una scuola di al fa betizzazione, una scuola di lingua I nglese. Sono

trent' anni che io mi occupo di scuole: le organ i zzo, se necessario le

cost rui sco, le fi na nz io.

La creatura capace di vivere in DIO e sicuramente un evento di

grazia. Res ta tuttavia la real ta che con l' educazione l'uomo fi orisce
pi~ facilmente in una creatura capace di vivere in DIO suo creatore

e datore di ogni b e n e ( I 8 ) .

Gli ammalati arrivano a noi come esseri mortifcati, sofferenti,

impauriti, calpestati, infelici. Dopo le prime settimane di cura, appe­

na si sentono meglio, vorrebbero fuggire e tornare alla boscaglia, ai

loro cammelli, alle loro capre, ai loro campi di miglio.

Nella "scuola" dei colloqui con lo staff ogni giorno, nelle scuole

di alfabetizzazione, di Corano, di lingua inglese, acquistano fiducia,

capiscono i motivi della necessit~ di completare le cure, dell assun­

zione dei farmaci sotto supervisione, non soffrono pi, non hanno

pi~ paura dalla TBC si guarisce e si diventa forti, ancora pi~ forti dei

loro famigliari, dei loro amici e conoscenti una volta guariti, la tbc

non si diffonder~ ai loro figli, alle loro mogli. Prima non sapevano

n~ leggere n~ scrivere, prima non sapevano quasi nulla della loro

religione, ora sanno, la conoscono in traduzione, imparano a capire

e ad apprezzare i valori universali del bene, della verit~, della pace,

dell'abbandono in DIO: "Allah ha dato, Allah ha tolto, sia bene­

detto il nome di A llah" , imparano ad affrontare la sofferenza fi s ic a

e la morte, a non temerle, non rifiutarle, ad accettarle: ALLAH c ' e !

ALLAH sa, conosce, guida.

(18)[a p a s si o n e per l'uomo rese c o n s a p e v ol e Annalena ch e la c ul t u r a ~ liberazione:

liberazione non solo d a l l ' i g n or a n z a , dalla solitudine, dalla s o ff e r e n z a , ma l ' u ni c a

p o s si bi l i t ~ di entrare in u n' e s i s t e n z a che non conosce f r o n t i e r e n~ c o n f i n i di razze,

di credo, di culture. Quando nel 1970 inizio ad insegnare nella scuola s u p e r i or e

di Wajir, chiese subito per i suoi studenti mussulmani ii C or a n o in inglese p e r ch ~

potessero c a p i r e ii senso di q u e l l e s u r e (versetti) apprese a memoria sin dai primis­

simi anni di vita nella lingua araba, a loro totalmente s co n o s c i u t a . Quando i ni zi

a curare i primi malati di t u b e r co l o s i , contemporaneamente cre all'interno del

suo v i l l a g gi o - o s p e d a l e " s c u ol e " di a l fa b e t i z z a z i o n e , di inglese, di religione. E cosl

f ece in tutti gli altri posti dove le drammatiche vicende della guerra civile la porta ­

ro n o sino al villaggio ultimo di Borama: "Oggi, tutta Borama canta ii suo canto di

liberazione e di vittoria e le parole pi~ belle cantate con un pathos da strappare le

lacrime le sanno inventare le prostitute, i mentecatti, i barboni, i /adri, i ragazzi di

strada, gli ubriachi, i p~ miserabili fra i poveri, quelli che fino a questo momento

nessuno ha amato . . e queste creature ferite dal/o stigma, dall'emarginazione ac­

quistano una dignit~ mai conosciuta prima. Mentre guariscono da//a tubercolosi,

imparano a pregare, a recitare bene ii Carano, a leggere, a scrivere a ragionare, a

desiderare di cambiare la loro vita".

18
Ne parliamo insieme ogni giorno, ci consoliamo reciprocamen­

te, troviamo forza e fiducia in questa consapevolezza acquistata e

riacquistata e conquistata ogni giorno, e la loro vita cambia, e la no­

stra vita cambia in una consapevolezza sempre pi~ profonda, in una

capacit~ di vivere alla presenza di DIO sempre pi~ autentica.

Sei mesi dopo ci sono ammalati che chiedono di poter essere

ammessi a continuare a frequentare il centro per poter completare

un corso di scuola, per poter completare lo studio del Corano e tutti

si sentono maestri e orgogliosi mostrano agli altri le loro conquiste, i

loro raggiungimenti, la loro crescita in dignit~ umana.

lo intanto condivido la loro vita, mi occupo di tutti gli aspetti del­

le loro cure, studio ogni giorno i testi di medicina per imparare a gua­

rirli, per aggiomarmi, cerco medici e infermieri, faccio ricerca di fondi

perch~ non ho accesso ai fondi delle ONG, essendo una persona sola

senza organizzazione, servo gli ammalati sulle ginocchia, faccio molte

ore di lezione allo staff infermieristico per renderlo pi~ sensibile, pi~

attento, pi~ capace di CARE, pi~ capace professionalmente.

Ed e grazie a questo staff sensibile, attento, CARING, che al

T.B.Centre facciamo anche una clinica per gli epilettici e per i ma­

lati con disturbi mental(l9)

Sono gli "indemoniati" di questo mondo. Ce li portano in cate­

ne, sporchi dei loro escrementi, spesso urlanti. Dopo pochi giorni di

cura e di CARE si liberano dalle catene, cominciano a lavarsi, piano

piano vengono senza accompagnatori a prendere i loro farmaci, len­

tamente fioriscono in persone normali.

Ed ~ grazie a due infermiere-ostetriche nel mio staff e a due

sheekhs, i pi~ amati e rispettati che lavorano in stretta collaborazi0­

(19)50no gli indemoniati di questo mondo". A n n al e n a si rendeva conto ch e "il pro­

blema della sanit~ mentale ~ il pi~ grave dopo quello della tbc, in Somalia ma

anche in molti altri paesi dell'Africa, specialmente in quelli che han conosciuto la

guerra. Una defle sue cause sta nel fatto che mentre a!cuni, spesso gli elementi

mig!iori di una comunit~, abbandonano ii faro paese e si rifugiano all'estero, in

molti la speranza di partire viene delusa e quando hanno la certezza che qua!siasi

domanda per partire all'ambasciata non sar~ accolta, danno di matto, si denudano

e i familiari immediatamente Ii mettono in pesanti catene".

19
ne con noi, che nella regione portiamo avanti una grossa campagna

per l'eradicazione delle mutilazioni genitali femminili e dell'infbu­

lazione che nel nostro mondo sono praticate al 1 0 0 % .

Ed e sempre grazie allo staff veramente unico che noi ci facciamo

promotori due volte all'anno di un Eye Camp. Viene un team di

specialisti degli occhi, amici da tan ti anni. N el giro di quattro giorni

operano una media di trecentotrenta ciechi soprattutto da catarat­

ta usando la lente intraoculare. Durante lultimo camp dell'agosto

scorso hanno superato se stessi: hanno infatti restituito la vista a

quattrocentocinquanta ciechi.

La gente ~ infinitamente grata per questo servizio. Noi riempia­

mo Borama di bandiere: "Ero cieco ed ora vedo" . . . il nostro Giovan­

ni, ma loro non sanno\0)

Ma veniamo alla scuola dei bambini sordi. Quattro anni fa, il

primo bambino somalo kenyota non udente dalla nascita che avevo

portato a scuola con educazione speciale per i sordi in Kenya quan­

do aveva quattro anni, ormai diventato uomo, venne a trovarmi a

Borama dopo un viaggio avventuroso di quasi un mese attraverso il

Kenya e poi l'Etiopia. Aveva delle sue pene d'amore e aveva sentito

l'urgenza di parlarne con me che gli avevo fatto in qualche modo da

mamma e che l'avevo aiutato a fidanzarsi.

Subito decise di rimanere e insieme demmo vita ad una scuola

per i bambini sordi. Ora, in Somalia non c'~ mai stata Educazione

Speciale. Mai ~ stata aperta una scuola per i bambini sordi , per i

bambini ciechi, per i bambini con handicap mentale.

Pro fessori universitari fino a che hanno visto la nostra scuola non

credevano che fo sse possibile educare un bambino sordo. N essuno

(20) p r i m a ero cieco e ora v e d o " (Giov. 9,25). £ la risposta del cieco nato a i f a r i s ei .

Le n u m e r o s e b a n d i e r e s v e n t o l a n t i i i versetto " s i l e n zi o s o " del v a n g e l o d i G i o v a n n i

erano la g i o i a segreta di A n n a l e n a . "Abbiamo ridato la vista a 3700 ciechi. £ af­

fascinante, una delle attivit~ pi~ commoventi, perch~ persone che per 1 0 - 2 0 anni

non hanno potuto vedere, che si sono invecchiate senza speranza, ritornano come

bambini. Improvvisamente tornano a vedere, ritornano alla vita".


qui lo credeva possibile. Oggi tutti sanno che non c'~ nulla che un

bambino sordo non possa fare eccetto che udire, non c'~ nulla che

un bambino sordo non possa imparare, non c'~ nulla che un bambino

sordo non possa sen tire, non possa cap ire . . . certo si tratta di strada

lunga, ma gi~ noi vediamo una luce forse ancora un po pallida, ma

in lontananza ~ una luce cosi sfolgorante da far scoppiare il cuore di

gioia e di gratitudine nell'anticipazione di quello che sar~ un giomo

ormai non pi~ lontano . . . nuovi cieli e una nuova terra . . .

Nella nostra scuola cominciammo con tre bambini sordi, poi

cinque, poi otto, poi dodici oggi ne abbiamo cinquantadue.

Cominciammo ad insegnare in

una stanza della casetta che io af­

fitto a Borama, poi costruimmo una

tettoia all' esterno, perch~ i bambini

crescevano, poi costruimmo un'al­

tra stanzetta nel recinto della casa.

N el frattempo alcuni bambini

con handicap fsico, vittime della

polio e della guerra vennero a suppli­

carci di accoglierli nella nostra scuola

perch~ avevano paura di frequentare

le scuole per i bambini normali.

E un mondo duro il nostro, il mondo dei forti . . . non esiste uno

spazio per i deboli.

Decidemmo di accoglierli, dicemmo loro che, quando avessero

acquistato fiducia in se stessi . . . il fatto di sapere come gli altri e me,

glio degli altri avrebbe inevitabilmente dato loro la forza di ergersi e

di sentirsi come gli altri, avremmo pagato loro le tasse per frequenta­

re le scuole normali. lmpiegammo un ottimo maestro per loro.

N el frattempo, i primi bambini tbc erano guariti ed erano stati

dimessi e, dopo avere imparato ed essere fioriti nelle scuole del TB

Centre, volevano continuare ad imparare ma molti di loro non ave­

vano il danaro per pagare le tasse scolastiche. E fu cosi che decidem­

mo di accoglierli in classe assieme ai bambini handicappati.

Nel frattempo la gente parlava sempre pi~ di noi, dei miracoli

che avvenivano nella nostra scuola. E fu cosi che lAlto Commissa­


riato per i Rifugiati si offri di costruirci una vera scuola.

N el 1 9 9 8 costruirono quattro classi, un ufficio per i maestri, un

piccolo magazzino e i gabinetti.

Poi gli amici di Forli costruirono altre due classi, poi alcuni amici

protestanti inglesi conosciuti per una serie di circostanze provviden­

ziali, gente umile e generosa, che mi prega di non mandare tanti

dettagli quando faccio il resoconto di come ho speso il loro danaro,

che mi dice che va tutto bene, che tutto ~ bello, che tutto ~ dono

del Signore, costruirono tre classi e due gabinetti, e poi ancora gli

amici di Forli hanno costruito una classe. Nel pezzo di terra che la

comunit~ ci diede c'~ ancora posto per una classe.

Da due anni abbiamo accolto trenta bambini appartenenti ad un

clan disprezzato dei Somali: sono i lavoratori del ferro, del cuoio, i

barbieri, i cacciatori di piccola selvaggina. Non hanno mai mandato

i loro bambini a scuola. Sono ghettizzati, le loro figlie non sposano

somali di altri clan, i loro figli non sposano ragazze di altri clan.

Loro si ribellano contro DIO e contro gli uomini per la loro con­

dizione di rifutati, di disprezzati, di emarginati. Sono dei grandi la­

voratori. E successo che molti di loro erano malati di tbc, ed ~ cosi

che hanno avuto l'opportunit~ di andare a scuola nel centro TB, di

assaporare la bellezza, la grandezza, la gioia di imparare, di capire, di

evolversi, di crescere, di liberarsi ed ~ cosi stato spontaneo per loro

chiedere che noi accettassimo di educare i loro figli, questi figli che

da secoli cominciano a lavorare che sono bambini e faticano come

nessun altro bambino fatica e si guadagnano il riso quotidiano con

il sudore della fronte.

E successo poi che alcuni intellettuali e poi alcuni ricchi sono

venuti a supplicarci di accogliere i loro figli nella nostra scuola per­

ch~ ~ una scuola seria, perch~ da noi c'~ disciplina, perch~ i maestri

sono impegnati, amano i bambini, amano l'insegnamento, si prepa­

rano e noi abbiamo deciso di accettarli . . . sono pochi.

Oggi la scuola ~ una bellissima mescolanza di bambini di ogni

provenienza, di ogni storia, di ogni capacit~. I bambini sordi stu­

diano naturalmente in classi separate di pochi bambini l'una, ma,

durante i tempi del gioco, i bambini sordi e i bambini "normali"


sono insieme ed ~ questa una delle

esperienze pi~ consolanti, pi~ in­

coraggianti, pi~ capaci di donare PRO0uD


speranza in un mondo in cui gli

uomini vorranno essere e saranno


OF
una cosa s o l a ( 1 ) B EI N G
Questa dell'UT UNUM SINT
DEAF
~ stata ed ~ l' agonia amorosa della

mia vita, lo struggimento del mio

essere. E una vita che combatto

e mi struggo, come diceva Gan­

d r G ? ) , mio grande maestro assie­

(21)·La cosa ancora pi~ straordinaria ~ che noi abbiamo integrato nella scuola dei

sordi i bambini normali, il contrario di quello che avwiene in tutto ii mondo dove

nelle scuole dei bambini normali vengono integrati i sordi. Tutti i bambini normali

vogliono imparare ii linguaggio dei segni per pater comunicare con i bimbi sordi

e a/fora si vedono tutti questi bambini che comunicano di continua. Durante gli

esami i maestri sono disperati perch~ i bambini si passano i compiti non con i

bigliettini, ma col linguaggio dei segni. I bambini sordi sono diventati talmente

popolari che anche la gente vuole imparare ii linguaggio dei segni e un'esperta in­

glese de//'Unesco, una signora metodista che viene due volte l'anno per insegnare

ai miei maestri, mi diceva che sta avvenendo a Borama una cosa straordinaria che

e avvenuta in pochissime parti def mondo: che udenti e non udenti comunicano

tutti col linguaggio dei segni".

(22) G a n d h i (1869-1948) c o n o s ci u t o co m e ii Mahatma (La grande anima) fu ii leader

spirituale del movimento indiano della resistenza passiva co n t ra la co l o n i z z a z i o n e

inglese; movimento che port6 l'lndia all'indipendenza e ispir6 molti altri leader e

popoli a intraprendere la lotta della non-violenza. II principio della non-violenza

fu"la regola e il respiro" d el l a sua vita. "La verit~ ~ Dio e quando si vuo/ trovare

la verit~, cio~ Dio, l'unico mezzo sicuro ~ l'amore, ovvero la non violenza. Lo scu­

do def non violento ~ Dio. Dio ~ amore!". Al t e r m i n e di un digiuno iniziato per i

massacri fra indu e mussulmani, mentre stremato si recava al luogo della preghie­

ra, venne ucciso con 3 co l p i di pistola da un f a n a ti c o ind~. Aveva detto qualche

g i o rn o prima: "Se saro ucciso dalla mano di un folle, morir felice e spero senza ii

minima risentimento. Possa Dia essere in que/ momenta net mio cuore e suite mie

labbra!". Annalena sapeva ch e anche la sua vita avrebbe potuto fi n i r e allo stesso

modo del suo g r a n d e maestro ma non n e aveva paura.


me a Vinoba(), dopo Ges~ Cristo, che combatto, io povera cosa,

per essere buona, veritiera, non violenta nei pensieri, nella parola,

nellazione.

E d e una vita che combatto perch~ gli uomini siano una cosa sola.

Ogni giorno al TB Centre noi ci adoperiamo per la pace, per la

comprensione reciproca, per imparare insieme a perdonare . . . oh, il

perdono, come ~ difficile il perdono! I miei mussulmani fanno an­

che tanta fatica ad apprezzarlo, a volerlo per la loro vita, per i loro

rapporti con gli altri . . . loro dicono che la loro religione ~ cos fudud:

cosi poco esigente. Dio chiede a ll' uomo, dicono, di perd o nare, ma se

poi l'uomo non ne ~ capace, DIO ~ misericordi0so.

Ogni giorno noi lottiamo per comprendere e far comprendere

che la colpa non ~ mai da una sola parte ma da ambedue le parti ,

n oi ragioniamo insieme e ci sforziamo di vedere tutto quello che ~


posit i vo nell ' alt ro, noi ci guardiamo in faccia, negli occhi perch~

vogliamo che si faccia la verit~ . . . il mio staff ha imparato a ridere

dei suoi limiti, delle sue meschinit~, della sua mentalit~ 'monetaria',

de ll a durezza del loro cuor e, della sete di v end ic arsi quando sono

( 2 3 ) /i n o b a Bhave (1895-1983). Di casta brahmina, ingegnere, attratto d al l' i n s e g n a ­

mento di Gandhi, b r u ci o la sua laurea per realizzare le idee del Mahatma soprat­

tutto nel servizio al l' u o m o e nella lotta non violenta. Erede spirituale di Gandhi,

pass~ lunghi periodi in carcere per disobbedienza ci vi l e . N el 1 9 5 1 c o m i n ci a

realizzare una s co n c e r t a n t e r i fo r m a agraria, co l progetto del "Dono della terra".

Percorse a piedi tutta l'India da uno stato all'altro e convinceva i ricchi p ro p r i e t a r i

e i p i c co l i possidenti a d o n a r e terra ai co n t a d i n i poveri che non n e avevano. Molte

donne l a s c i a ro n o fa m i g l i a , p ro f e s s i o n e , amicizie per unirsi a lui nel suo pellegri­

naggio. Quando quella a vv e n t u r a di "ridistribuzione della t e r r a " fi n i , lo s e g u i ro n o

a Paunar, nel Maharastra, dove fond, per l o ro , ii " B r a h m a Vidya Mandir", una

singolare comunit~ monastica (ashram) che voleva fo sse un " l a b o r a t or i o sociale

e spirituale": povertd, castit~, lavoro m a n u a l e , p r e g h i e r a , s t u d i o e m e d i t a zi o n e " .

Oggi, nell'ashram ci sono circa 30 donne che p ro v e n g o n o da varie p ro v i n c e del­

l'India e anche d a l l ' e s t e ro , senza distinzione di casta, di n a zi o n al i t ~ , di religione,

di credo. II mo tt o dell'ashram: "Emancipazione spirituale della d o n n a " . ~ affasci­

nante l'essenzialit~, il rigore e la l i b e r t ~ d i s p i ri t o d i questa c o m u n i t ~ , nella quale

ha sostato per un lungo tempo di r i t i ro anche una monaca b e n e d e tt i n a tedesca.

V i n o b a si ~ s p e n t o 11 nel 1983, c i r c o n d a t o d a l l 'af fe tt o e dalla devozione delle mo­

nache. Dal letto della sua camera poverissima, spoglia di tutto, co n t e m p l a v a in

silenzio davanti a s~ u n p i c co l o c ro ce f isso di legno inghirlandato d i f i or i .


feriti: tutte cose, queste, che rendono cosl difficile il perdono ...

certamente, dicono, Allah non vuole tutto questo, anche se Allah e

infinitamente misericordioso.

lo, da parte mia, da lunghi anni ho imparato o meglio ho capita nel

profondo dell'essere che, quando c'~ qualcosa che non va: incompren­

sioni, attacchi, ingiustizie, inimicizie, persecuzioni, divisioni, sicura­

mente la colpa ~ la mia, sicuramente c'~ qualcosa che io ho sbagliato.

Ai piedi di DIO, la ricerca della

mia colpa ~ facile, non prende tempo,

fa soffrire ma non poi cosi tanto, per­

ch~ ~ poi cosi bello e grande ricono­

scersi colpevoli e combattere perch~ la

colpa venga cancellata, perch~ i com­

portamenti sbagliati vengano riforma­

ti, perch~ in ogni relazione con gli altri

l'approccio divenga positivo ... il no­

stro compito sulla terra ~ di far vivere.

E la vita non ~ sicuramente la condan­

na, lo ius belli, l'accusa, la vendetta, il

mettere il dito nella piaga, il rivelare gli sbagli, le colpe degli altri, il

tenere nascosta invece la nostra colpa, l'impazienza, l'ira, la gelosia,

l'invidia, la mancanza di speranza, la mancanza di fiducia nell'uomo.

La v i t a e sperare sempre, sperare contro ogni speranza, buttarsi alle

spalle le nostre miserie, non guardare alle miserie degli altri, credere

che DIO c'~ e che LUI e un DIO d'amore.

Nulla ci turbi e sempre avanti con DIO. Forse non ~' facile, anzi

puo essere una impresa titanica credere cosi. In molti sensi ~ un tale

buio la fede, questa fede che ~ prima di tutto dono e grazia e benedi­

zione . . . Perch~ io e non tu? Perch~ io e non lei, non lui, non loro?

Eppure la vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori

dell'amore. L a m i a vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho

rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel

mezzo della guerra. Ho esperimentato nella came dei miei, di quelli

che amavo, e dunque nella mia came, la cattiveria dell'uomo, la sua

perversit~, la sua crudelt~, la sua iniquit~. E ne sono uscita con una


convinzione incrollabile che ci~ che conta ~ solo amare. Se anche

DIO non ci fosse, solo lamore ha un senso, solo lamore libera l'uo­

mo da tutto ci che lo rende schiavo, in particolare solo l'amore fa

respirare, crescere, horire, solo l'amore fa si che noi non abbiamo pi~

paura di nulla, che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo

schema e alla battitura di chi ci colpisce perch~ non sa quello che

fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amid, che tutto crediamo,

tutto sopportiamo, tutto speriamo . . .

E d e allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta.

E d e allora che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione.

Ed e allora che la nostra vita diventa felicit~ anche nella soffe­

renza, perch~ noi viviamo nella nostra came la bellezza del vivere e

del morire.

Sento fortemente che noi tutti siamo chiamati all'amore, dun­

que alla santit~ . . . la donna povera di Leon BloyG?+) vagava di porta

in porta ... una mendicante ... "Non c'~ che una sola tristezza al

mondo: quella di non essere santi" ... ripeteva ... Io amo pens are:

non c'~ che una sola tristezza al mondo: q uella di non amare ... che

poi ~ la stessa cosa.

C erto dobbiamo liberarci di tanta zavorra. M a ci sono metodi

pratici, ci sono strade, ci sono indicazioni chiare, c'~ DIO nella cel­

letta della nostra anima che ci chiama.

Tuttavia la sua ~ una p i c c o l a silenziosa voce. Noi dobbiamo met­

terci in ascolto, dobbiamo fare sile nz io, dobbiamo crearci un luogo

di quiete, separato, anche se spesso necessariamente vicino agli altri

come una mamma che non puo stare troppo a lungo lontana dai

suoi bambini. Infatti per amare non sempre basta il nostro cuore,

(2)Leon Bl0y (1861-1917). Giornalista e r o m a n zi e r e francese, c a t t ol i c o ardente e

appassionato co m e un profeta, si d e fi n i "pellegrino dell'Assoluto" e scrisse "solo

per Dia" sentendosi depositario di un messaggio divino da portare al mondo. Patl

l a fa m e e co n d u s s e una d o l o ro s i s s i m a esistenza senza perdere m a i la certezza c h e

"ii do/ore ci conduce per mano al/a soglia delta vita eterna". II suo ro m a n z o "La

donna povera" ( 1 8 9 7 ) , s ' i n c e n t r a s u ll a f i g u r a d i u n a d o n n a c h e attraverso d o l o ro s e

vicende g i u n g e a co m p r e n d e r e l a forza e la bellezza d e l l a fede c r i s t i a n a .


il nostro desiderio, la nostra sete di DIO. E parte dell'esperienza di

chiunque decide di mettersi a servizio dei poveri che i poveri non

sono facili da amare e che il cuore dell'uomo, anche di quello che si

dona, puo essere misteriosamente molto duro.

A Wajir eravamo una comunit~

di sette donne, tutte, sia pure in

maniera e in misura diverse, ave­

vamo sete di DIO, e capivamo che

quando perdevamo o stavamo per

perdere il senso del nostro servizio

e la capacit~ di amare, potevamo

ritrovare i beni perduti solo ai piedi

del Signore. Per questo, avevamo

costruito un eremo e la andavamo

per un giorno, o pi~ giorni o per

periodi anche lunghi di silenzio ai

piedi di DIO. L~ ritrovavamo equilibrio, quiete, lungimiranza, saggez­

za , speranza, forza per combattere la battaglia di ogni giorno prima di

tutto con tutto ci che ci tiene schiavi dentro, che ci tiene nel buio.

U s ci vamo di la che ci sentivamo incendiate di amore rinnovato

per tutti quelli che il Signore aveva messo nella nostra strada . . . a

volte ce lo confidavamo . . . il pi delle volte tacevamo, . . . ma i volti

delle mie compagne erano cosl belli, cosi luminosi, che mi narravano

tutto quello che il pudore impediva di comunicarmi con le parole.

P o i , nel corso di questa ormai mia lunga v ita, ci sono stati altri

e remi , altri s il enzi , la parola di DI O , i grandi li bri, i grandi ami d ,

tanti e poi tanti che hanno ispirato la mia vita , soprattutto nella fe­

de catto li ca : i padri del deserto , i grandi monad, Francesco di A ssisi ,

Chiara, Teresa di Lisieux, Teresa d'Avila, Charles de Foucauld, pa­


dre Voillaume, sorella Maria, Giovanni Yannucci, Primo Mazzolari,

Lorenzo Milani, Gandhi, Vinoba, Pina e Maria Teresa • (25)

Ma al centro sempre DIO e Ges~ Cristo. Nulla mi importa ve­

ramente al di fuori di DIO, al di fuori di Gesu Cristo . . . i piccoli si,

i sofferenti, io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanit~

ferita, pi~ sono feriti, pi~ sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di

nessun conto agli occhi del mondo, pi~ io li amo. E questo amore ~
tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. Que­

sto non ~ un merito. E una esige nz a della mia natura.

Ma ~ certo che in loro io vedo LUI, lagnello di Dio che patisce

n e lla sua came i p ecc ati del mo ndo, che se li carica sulle spalle, che

soffre ma con tanto am ore, . . . nessuno ~ al di fuori dell' a m ore di D I O .

Mi sono incolpata cento volte per avere accettato di venire qui

davanti a v oi a parlare della mia vita, sono stata debole ed ho accet­

tato il parere dei miei amid che sono convinti che, a questo punto

della mia v it a, quaranta anni dopo, ~ giusto e bene condividere con

altri i doni di DIO . M a s e questo mio ' me tt ermi in pubblico' potesse

servire a qualcuno che non crede, a qualcuno che non vive dentro di

s~ questa straordinar ia realt~ che DIO ama ogni uomo, dal pi~ degno

di amore agli occhi degli uomini al pi~ reietto e disprezzato, all'uo­

mo ca tt iv o , criminale . . . allora mi mett e rei in ginocchio e benedirei

perch~ cose grandi ha fatto in me colui che ~ potente.

L' u o m o non buono, l'uomo incapace di perdono, l ' uomo che

ama ferire, l'uomo che vuole la vendetta, l 'u omo falso non sono

uomini c attivi, incapaci di perdono, fa lsi necessariamente. Lo sono

perch non hanno incontrato sul lorn cammino una creatura capace

di comprenderli, di amarli, di farsi carico delle loro colpe . . .

(25)pancesco d'Assisi (1182-1226) e S. Chiara (1194-1243): f o n d a t o ri d e g li o r d i ni

fr a n c e s c a n i oggi d i ff u s i i n tutto ii mondo.

S . Teresa d ' A vi l a ( 1 5 1 5 - 1 5 8 2 ) e S. Teresa del B a rn bi n Ges~ di Li si e u x (1873-1897)

fa m o s e sante d e l l ' o r d i n e co n t e m p l a t i v o c a r m e l i t a n o e Dottori della chiesa.

C h a r l e s de Foucauld: V. nota 3
P a d re R e n e V o i l l a u m e ( 1 9 0 5 - 2 0 0 3 ) . Sacerdote francese r a c c o gl i e con c u r a l ' e r e di t ~

s p i r i t u a l e d i C h a r l e s de F o u c a u l d , venti a n n i d o p o la s u a morte, fo n d a n d o n e l 1956

la co n g r e g a z i o n e d e i P i c co l i F r a t e l l i del V a n g e l o a c u i a d e r i r a n n o i i filosofo francese

J a c q u e s M a r i t a i n e C a r l o Carretta, e n e l 1 96 3 le Piccole S o r e l l e del V a n g e l o . In F r a n ­

cia e n e l m o n d o sorsero molte altre fa m i g l i e r e l i g i o s e i s p i r a t e d a l l ' a m o r e a l l a povert~

e dalla imitazione di Cristo che aveva infiammato la vita di Charles de Foucauld.

R e l i g i o s i senza convento, senza protezione, senza p r i v i l e g i , inseriti nelle bidonvilles

delle grandi citt~, nei quartieri popolari delle m e t ro p o l i , co n t e m p l a t i v i alla catena

d i m o n t a g g i o e n e l l e fa b b r i c h e , sfatarono i i mito d e l l ' u o m o m i s t i co distaccato d a l l a

durezza d i u n a vita d i l a v o ro . II l o ro c a r i s m a si p u o s e m p l i c e m e n t e r i a s s u m e r e n e l l a

formula: " D i o e i l m o n d o , d u e A s s o l u ti da a m a r e con la stessa i n t e n si t ~ "

S o r el l a Maria (1875-1961). Uno dei luoghi pi si g ni fi c a t i vi d e ll a s pi ri t u al i t ~ f r a n ­

cescana ~ l ' e r e m o d i C a m p e l l o , fra Spoleto e Trevi s o pra le Fon ti del C l i t u m n o in

U m b r i a . E r a u n convento fr a n c e s c a n o c h e u n a d o n n a , s o r e l l a M a ri a , restauro n e gl i

a n n i venti, r a c co g l i e n d o i n t o r n o s~ d o n n e a n c h e d i confessione diversa, per vivere

s u l l e orme di Francesco e C h i a r a u n a vita di "pura semplicit~". Dotata d i grande

intelligenza e intuizione, appassionata di Gesu e del Vangelo, anticipatrice del

C o n c i l i o Vaticano II i n m o l t i s e n s i , coltiv u n a se ri e d i a m i c i z i e , a n c h e e c u m e n i c h e ,

fra le q u a l i : E rn . B u o n a i u t i , P a u l S a b a t i e r , G i o v a n n i V a n n u c c i , P r i m o M a z z o l a r i , ma

anche G a n d h i , Alb. Schweitzer, Friedrich H e i l e r .. . M a r i a c h e si v o i l e c h i a m a r e "la

Minore" n o n cerco d i formare un mo v ime n t o o d i s c e p ol i che c o n t i n u a s s e r o come

" u n ' i s t i t u zi o n e " la s u a e s p e r i e n z a co m u n i t a r i a e d i o s p i t a l i t ~ aperta ad o g n i " c e r­

c a t or e " . Ad u n a s or e l l a che le aveva chiesto: " C h e cosa rester~ di noi?" rispose

semplicemente: "L'eco di un canto di allodola in un cuore che l'ha ascoltato".

G i o v a n n i V a n n u c ci ( 1 9 1 3 - 1 9 8 4 ) . M o n a c o n e l l ' o r d i n e dei Servi d i M a r i a fu a m i co d i

p a dre D . M . Turoldo e d i s o r e l l a M a r i a c u i lo l e g a v a la c o m u n e s e n si b i l i t ~ a n ti ci p a t r i c e

del Concilio. U o m o d i g r a n d e versatilit~ c u l t u r al e , a p p ro fo n d l le t r a d i z i o n i religiose

or i e n t a l i ed o c c i d e n t a l i . Alla l u c e di Cristo, P a ro l a vivente e crocevia d i tutti g l i auten­

t i c i s e n t i e r i r e l i g i o s i , ha tracciato piste affascinanti per u n ' e s p e r i e n z a d i fede a u t e n ­

t i c a m e n t e u n i v e r s a l e , n e l l a libert~ dello Spirito. N e l 1 96 7 a l l ' i n t e rn o d e l s u o O r d i n e ,

dette i n i z i o ad u n a nuova fo r m a d i vita m o n a s t i c a , n e l l ' e r e m o d i S . P i e t ro a l l e S t i n c h e

presso P a n z a n o a C h i a n t i ( F i r e n z e ) , per offrire u n l u o g o d i s i l e n z i o , di a c co g l i e n z a , d i

lavoro, d i m e d i t a z i o n e ai p e l l e g r i n i d e l l o S p i r i t o e ai n o m a d i di D i o di o g n i f e d e .

Primo Mazzolari (1890-1959). Scrittore, predicatore, arciprete per pi ~ di 30 a n n i

del modesto b or g o mantovano di Bozzolo, in una co n d i z i o n e s i m i l e a q u e l l a del

" c u r a t o " d i B e rn a n o s . U o m o d i rottura e profeta s co m o d o : "Dove /'uomo si rifiuta

di 'toccare' il dolore degli altri, non c'~ Pasqua; dove le mani dell'uomo non sono

forate per amore dei fratelli, non c'~ Pasqua. Chi prende sulle proprie spalle il do­

lore degli altri, ~ un Salvatore". Don P r i m o e b b e a c u ore gl i ul t i m i e i p ro d i g h i di

tutte le categorie u m a n e , tanto c h e fu c h i a m a t o i i " p a r ro co d e i lontani". "Cerco

le tracce dei lontani, l'unica famiglia a cui veramente appartengo". Nonostante

amarezze e i n co m p r e n s i o n i , rimase ostinatamente fedele e "obbedientissimo in

Cristo" a l l a Chiesa. Due mesi prima della morte, fi n a l m e n t e ricevuto in udienza

i n Vaticano, fu accolto da Papa G i o v a n n i X XII I , con l ' i n a tt e s o , co n s o l a n t e s a l u t o :

"Ecco la tromba de/lo Spirito Santo de/la Bassa Padana!".

Lorenzo M i l a n i : V nota 4
"Tu hai fatto del male? Io paghero al posto tuo" Cosi diceva

Gandhi(20). Cosi ci ripete Ges~ Cristo da duemila anni . . . chiss~

perch~ noi uomini siamo cosi sordi ... Certo la sua voce ~ spesso

piccola e silenziosa . . . ma poi LUI e nella celletta della nostra anima

e non dovrebbe essere cosi difficile scendere laggi~ ed abitare con

LUI. Parole? NO. Verita. Realta.

Certo, per la maggioranza di noi uomini sar~ ed

~ necessario fare silenzio, quiete, chiudere il tele­

fonino, buttare il televisore dalla finestra, decidere

una volta per tutte di liberarsi dalla schiavit~ di cio

che appare e che ~ importante agli occhi del mondo

ma che non conta assolutamente agli occhi di DIO,

perch~ si tratta di non valori.

Ai piedi di DIO noi ritroviamo ogni verit~ per­

duta, tutto ci~ che era precipitato nel buio diventa

luce, tutto ci~ che era tempesta si acquieta, tutto

ci~ che sembrava un valore, ma che valore non ~,


appare nella sua veste vera e noi ci risvegliamo alla

bellezza di una vita onesta, sincera, buona, fatta di

cose e non di apparenze, intessuta di bene, aperta

agli altri, in tensione onnipresente fortissima affin­

ch~ gli uomini siano una cosa sola.

(26)[a cultura di guerra dell'Occidente di c e : "Se tu fai questo, io ti uccido". La illumi­

nata s a p i e n z a or i e n t a l e d i Gandhi dice: "Tu hai fatto def male? lo paghero al pasta

tuo. Sono io che moriro al posto tuo!". Gandhi la ch i a m o Ahimsa che non ~ sem­

p l i c e assenza di violenza, ma ~ la n e g a z i o n e t o t a l e d e ll a l o g i c a d e ll' i n i m i c i z i a . I I suo

s i g n i fi c a t o interiore pi~ profondo e in sostanza q u e ll o d e ll a sequela cristiana: re­

sponsabili d i tutto e p e r t u tt i , ta r s i c a r i co d e ll a v i o l e n z a del n e m i co , p r e n d e r e su di

s~ l'iniquit~ d el peccato p e r co n s u m a r e co n la p ro p r i a p a s s i o n e e morte i i m a l e dei

fr a t e ll i ' . E questo ii senso p ro fo n d o d e ll a morte v i o l e n t a di Gandhi, di Charles de

Foucauld, dei sette monaci trappisti uccisi in Algeria nel ' 96 e dei tanti altri oscuri

anonimi m a r ti ri d el l ' a m o r e , sulla cui assurda fi n e riposa la speranza d e ll a futura

ci v i l t ~ dell'amore. La l o ro morte e q u e ll a di Annalena non appartiene a nessuno,

e come ~ stato detto per i t r a p p i s t i d e ll ' Al g e r i a : "Nessuno puo appropriarsi di una

simile morte..nessuno puo ascriverla a proprio onore, n~ un partito politico, n~ un

paese, e nemmeno un'istituzione religiosa qualunque essa sia". La l o ro morte n o n

appartiene a nessun a l t ro che a ll' A g n e ll o s a cr i fi c a l e che prende su di s~ il male

di questo i n f e rn o di mondo, p e r co n s u m a r l o interamente in se stesso e riscattare

tutta l'umanit~ ad una definitiva universale salvezza.


E tempo di concludere.

Ai Somali molto ho dato. Dai Somali molto ho ricevuto. Il valore

pi~ grande che loro mi hanno donato, valore che ancora io non sono

capace di vivere, ~ quello della famiglia allargata, per cui, almeno

all'interno del clan, TUTTO viene condiviso. La porta ~ sempre spa­

lancata ad accogliere fino al pi~ lontano membro del clan. La mensa ~


sempre condivisa. Quello che ~ stato preparato per d ieci, sar~ condi­

viso con chiunque si presenter~ alla porta con la massima naturalezza.

N on ci sono e non ci saranno recrimina z ioni , lamen ti, vittimismi. E


la cosa pi~ naturale del mondo condividere con i fratelli.

Nel mio mondo, a Borama, la piaga ~ la disoccupazione. Molta

gente non ha mai lavorato nella sua vita perch~ non ha mai trovato un

lavoro. Ed ~ cosi che quel solo che lavora si trova 'costretto' a condivi ­

dere con venti/trenta altri che non lavorano il frutto della sua fa tica .

Ma lui non lo vive come una ' c ostri z ione ' . Lui lo vive con naturalezza.

Laggi~ condividere fa parte dell'esistenza. E poi quella loro pre­

ghiera cinque volte al giorno . . . l'interrompere q ualsia s i cos a si stia

facendo, anche la pi~ importante, per dare tempo e spazio a DIO.

Da quando sono con loro , sono trent'anni che io mi struggo

perch~ anche nel nostro mondo noi fermiamo i lavori, ci alziamo

se dormiamo, interrompiamo q u al s iasi disc or so per fare sile nz io e

ricordarci di D I O , me gli o se assieme ad altri, per riconoscere che da

LUI ve n iamo , in LUI v i viamo , a LUI rito rn iam o.

Ma il dono pi~ straordinario, il dono per cui io ringrazier~ DIO

e loro in eterno e per sempre, ~ il dono dei miei nomadi del deserto.

Mussulmani, loro mi hanno insegnato la FEDE, l'abbandono incondi­

zionato, la resa a DIO,una resa che non ha nulla di fatalistico, una re­

sa roc ci osa e arroccata in DI O , una resa che e FIDUCIA e A M OR E .

I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto in­

cominciare, tutto operare nel nome di DIO. BISMILLAHI RAHMA­

NI RAHIM . .. Nel nome d i DIO Onnipotente e Misericordioso . . . Ci si

alza nel nome di DIO, ci si lava, si pulisce la casa, si lavora, si mangia, si

lavora ancora, si studia, si p a rla , si fanno le mille cose di ogni giornata ,

e finalmente ci si addormenta: TUTTO nel nome di DI O .

La consuetudine del nome di DIO ripetuto incessantemente


che gi~ aveva sconvolto e affascinato la mia vita con i racconti del

pellegrino russo prima della mia partenza, ha trasformato la mia vita

permanentemente.

Rendo GRAZIE ai miei nomadi del deserto che me l'hanno inse­

gnato. Poi la vita mi ha insegnato che la mia fede senza l'AMORE

~ inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti e poi tanti co­

mandamenti ma ne ha uno solo,

che non serve costruire cattedrali

o moschee, n~ cerimonie n~ pel­

legrinaggi ... che quell'Eucaristia

che scandalizza gli atei e le altre

fedi racchiude un messaggio rivo­

luzionario: "Questo ~ il mio corpo

fatto pane perch~ anche tu ti fac­

cia pane sulla mensa degli uomini,

perch~, se tu non ti fai pane, non

mangi un pane che ti sal va, mangi

la tua condanna".

L'Eucaristia ci dice che la nostra religione ~ inutile senza il sa­

cramento della misericordia, che ~ nella misericordia che il cielo

incontra la terra.

Se non amo,

DI O mu ore sulla terra,

che DIO sia DIO IO ne sono causa, (dice S i l e s i o ) , ( 2 7 )

se non amo, DIO rimane senza epifania,

perch~ siamo noi il segno visibile della Sua presenza e lo rendiamo

vivo in questo inferno di mondo dove pare che LUI non ci sia, e lo

( 2 7 A n g el o S i l e s i a ( 1 6 2 4 - 1 6 77 ) . P o l a c co , m e d i co , u o m o d i s c i e n z a , f i l o s o fo e poeta, fu

definito un " s u b l i m e fiore d e l l a poesia e religiosita germanica". D i fa m i g l i a lutera­

n a , si convert) a l c a tt o l i c e s i m o e d i v e n n e prete. La s u a co n v e r s i o n e a l c a tt o l i c e s i m o

fu essenzialmente una co n v e r s i o n e dallo studio i d o l a t r i co , l e tt e r a l e delle S cr i tt u r e

all'esperienza della "nascita d i D i o n el l ' a n i m a " : "Quando per la prima volta Dia ha

generato suo Figlio, ha see/to me e te come luogo de/la sua nascita".

3
rendiamo VIVO ogni volta che ci fermiamo presso un uomo ferito.(8)

Alla fine, io sono veramente capace solo di lavare i piedi in tutti i sensi

ai derelitti, a quelli che nessuno ama, a quelli che misteriosamente

non hanno nulla di attraente in nessun senso agli occhi di nessuno.

Luigi Pintor?), un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non

c'~ in un'intera vita cosa pi~ importante da fare che chinarsi perch~

un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.

Cosi ~ per me. E nell'inginocchiarmi perch~ stringendomi il

collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura

camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica

fortissima, certezza che TUT TO e GRAZIAG0)

Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non con­

tano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di DIO, i suoi

prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e

per loro e non importa nulla se la nostra azione ~ come una goccia

d'acqua nell'oceano.

Ges~ Cristo non ha mai parlato di risultati. LUI ha parlato solo

di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci s e m p r e . . .

(28)@fr. Lc. 1 0 , 2 9 - 3 7 . A n n a l e n a si ri f e ri s c e a l l a parabola del b u o n s a m a ri t a n o e altrove

afferma: "Se non riusciamo a crearci uno stile di semplicit~, di sobriet~, difficilmen­

te potremmo accorgerci di un uomo ferito sul ciglio defla strada, e chinarci per

medicargli le ferite con /'olio def/a consolazione e il vino def/a speranza ".

(29)\pintor (1925-2003). Scrittore ateo m i l i t ~ dal 1943 nel partito c o m u n i s t a i t a li a n o d a

c u i fu radiato nel 1969. Lavor~ al l ' U ni t ~ dal 1946 al 1965, come redattore e condi­

rettore. F o n d a t o r e e pi ~ volte direttor e d e l Manifesto p u b b l i c ~ nel 1 9 6 1 l


i s u o p ri m o

ro m a n z o a u t o bi o g r a f i c o : "Servabo" da cu i Annalena trasse l 'i m m a g i n e citata.

(30)Che cosa i m p o r t a ? Tutto ~ g r a z i a ! " . Sono le u l ti m e parole del Curato di campagna

sul s u o letto di m o rte, nel p i ~ celebre romanzo dello s cri ttor e fr ance s e G . B e rn a n o s .

Q uest a gio v a n e pr ete, pa r roco di campagna, si t rov a , suo malgrado, a misurarsi co l

male nelle sue forme p i ~ s u b d o l e. Al l i m i t e d e l l a disperazione non p e r de t utta vi a m a i la

s p e r a n z a . "La perdita def/a speranza e ii peccato senza redenzione" e s i trova a v i v ere le

ultime ore d e l l a s u a t orm e n tat a e s iste nz a nella squallida mansarda di u n a m i co di semi­

nario sp ret a t o . G l i c h i e d e d i a s so l v e r l o e l ' a m i c o lo fa con molta cos c i e nza esprimendo

ii r a m m a r i co d i v e d e r l o sp i r a r e se n z a ii confo rt o della Chiesa. II c ura t o p ro n u n c i a a l l or a

co n e s tre m a le n te zz a quelle sue u l t i m e fo l g or a n t i p a ro l e : "Che cosa importa? Tutto ~


grazia". N e l l a dolce piet~ di Dia, l ' u o m o di fe de trova i i risc att o d i tant e i n g i u s t i z i e , per­

secuzioni e umiliazioni che g l i u o m i n i s i i n fl i g g o n o l ' u n l ' a l t r o perfino nel Suo Nome.


I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lascia­

ti all'immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere

istruiti nel tempo del servizio.

Inventiamo . . ( l ) e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni gior­

no della nostra vita.

Annalena Tonelli

I
' l
X

(31) ·Inventiamo! Non aspettiamo di essere istruiti. Dobbiamo inventare. L'amore ~ una

questione di immaginazione". Ad A n n a l e n a non m a n c a v a n o certo l ' i n t e l l i g e n z a d e l

cuore, la creativit~ e la fa n t a s i a d e l l ' a n i m a . C h i l ' h a conosciuta sente vere per l e i le

parole-testamento d i T. d e C h a r d i n : "Non sono n~ posso n~ voglio essere un mae­

stro. Prendete di me ci che pi~ vi aggrada e costruite il vostro personale edificio.

Non ambisco che d'essere gettato nelle fondamenta di qualcosa che cresce".
Stampato nel mese di Giugno 2006

da Tipolitografia Valbonesi s.n.c. - Forli

Ristampa Agosto 2 0 2 1

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