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ANNALENA TONELLI

"essere per gli altri'

Annalena Tonelli nasce a Forli il 2

aprile 1943, ~ secondogenita di una

famiglia di cinque figli. Frequenta la

scuola primaria e secondaria a Forli

prima di iscriversi alla Facolt~ di

Giurisprudenza pres so PUniversit~ di

Bologna. N el 1 9 6 1 parte per gli USA

con /American Field Service dove fre­

quenta la scuola a Boston per un an­

no. In quella circostanza entra in

contatto con la povert~ e l'esclusione

sociale visitando il ghetto di Harlem

a New York. Di ritorno a casa conti­

nua e termina gli studi all'Universita

fra i mille impegni di una vita sociale che la condurr~ a maturare la voca­

zione missionaria e che sfocer~ nella partenza per il Kenya il 24 gennaio

1 96 9 , nella cittadina di Chinga come insegnante volontaria di Inglese

presso una scuola superiore delle

Missioni della Consolata.

Il fratello Bruno Tonelli descrive

con queste parole la partenza della

sorella:

«cercava solo il luogo, non l'illumina­

zione vocazionale che io credo fosse

gi~ in germe in lei sin dallinfanzia

quando, immagino per un dono

straordinario, non giocava con le

bambole e i tegamini ma leggeva e

rileggeva e ricordava letture e parole e

ne faceva tesoro, il tutto unito a una

fantasia e a un rigore che non le per­

mettevano quelle distrazioni che con­

siderava inutili».

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Lei stessa facendo memoria della sua in­

fanzia diceva: «tante volte quando ero

bambina e poi diventando pi~ grande,

sentivo dentro di me quasi Pansia doloro­

sa perch~ mi pareva proprio di capire che

non c'era vita per loro», facendo riferi­

mento ai poveri.

1.1 Missione a Wajir (1970-1985)

Col desiderio di seguire Cristo nel na­

scondimento, si rende conto che il suo

posto non ~ il sentiero battuto di Chinga

bensi Wajir, il «deserto pi~ amato del

mondo», dove «si puo cominciare da zero

perch~ ancora nessun missionario c'~ sta­

to». Si stabilisce col popolo somalo in

pieno contesto musulmano.

In un primo tempo e insegnante di ingle­

se, dipendente statale a Wajir e a Mande­

ra, cosa che le permette una autonomia

economica, ma a partire dal gennaio 1 9 7 4

abbandona l'insegnamento per dedicarsi

completamente allattivit~ sociale assieme

alle sue compagne. Infatti, il 14 marzo

1970 ~ raggiunta dalla prima compagna

Maria Teresa Battistini e successivamente

per periodi pi~ o meno lunghi da altre:

Enza, Maria Assunta, Linda, Elsa, Inge

con le quali former~ una piccola comuni­

ta di «contemplative sulle strade del mon­

do».

In un primo tempo le missionarie presta­

no cura ai malati dell'ospedale di Wa j i r ,

accolgono nella loro ca s a li orfani


g o disa­

bili gravi abbandonati a s~ stessi. Dir~ pi~

avanti: «Ho cresciuto se t te b am b ini co me

fosse ro figli miei». Col tempo matura li­

dea di aprire un Centro di Riabilitazione

p er i diversamente abili deno mi nato

WWalaal Faraxan n el mar z o 1 9 7 4:

2
«ci occupavamo di cie­

chi e sordi che portava­

mo a scuole speciali nel

down country. Per i

disabili organizzammo

una sala di fisioterapia,

una bottega per lavori

di ortopedia, un asilo,

due classi a livello ele­

mentare, un centro di

educazione speciale per

pazienti psichiatrici, un

laboratorio di taglio e

cucito, attivit~ di giardi­

naggio e falegnameria».

11 1 °settembre 1976

vede la luce il Bismillahi Manyatta per la cura dei malati di Tubercolosi che

nella loro abiezione diventeranno «damore della sua vita». Annalena si

occuper~ direttamente della cura dei malati applicando le linee guida

dell'OMS utilizzando la DOTS Therapy con grande successo per quelle

popolazioni nomadi. Dir~ pi~ avanti: «sono considerata - di c o n o all'OMS

- u n a dei fondatori nel mondo». Oltre ai posti letto del Centro, Annalena

prevede uno spazio all' aperto per l' accoglienza dei nomadi con le loro

tende.

«Insieme allo staff kenyota ci occupammo di tutti gli aspetti della salute

incluso il trattamento, i suoi ef­

fetti collaterali, la ricerca di con­

tatti. N el corso dei nove anni in

cui mi sono occupata del proget­

to sono stati trattati e accuditi

1 5 0 0 pazienti».

Presa dalla necessit~ della pre­

ghiera, del silenzio e dell'ascol­

to interiore, costruisce un ere­

mo in un angolo del compound

chiamato «Beata Angeli­

na» ( 1 9 8 1 ) . A turno, le compa­

gne si ritireranno per la medi­

tazione che unifica le persone

e gli eventi in Dio: «credo ve­

ramente che non ci siano molti

posti al mondo come questo

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eremitaggio e lo dico pur nella

convinzione che ogni solitudine

e ogni silenzio, anche solo quello

dalla propria camera e perfino

del proprio cuore, sono gi~ un

eremitaggio in s~ stessi».

Il 10 febbraio 1984 avviene il

genocidio di Wagalla che segna

una svolta nella vita della missio­

naria di Forli. Fu perpetrato da

forze governative e mirava allo

sterminio dei somali del clan De­

godia. Annalena prende parte atti­

va per fermare la strage:

«avrebbero dovuto sterminare

50.000 persone, ne uccisero 1 0 0 0 . Io riuscii a impedire che il massacro

venisse portato avanti e a conclusione». «Ho salvato tante vite umane con

Paiuto di Dio senza neppure un pensiero n~ un tremito per la mia vita».

Nel timore di essere espulsa dal paese perch~ testimone scomodo degli

eventi di Wagalla, Annalena si fa molto discreta, tenta al limite di nascon­

dersi e non pubblicare apertamente l'accaduto: «Non ho mai denunciato

il crimine commesso dal governo e mi sono rifiutata di dame evidenze

alla stampa» per timore di possibili ripercussioni verso i suoi «preziosi

beni» ovvero i malati TBC c d i " fi g l" accolti in casa a Wajir. Dopo vari

tentativi dei capi della polizia di comprare il suo silenzio e una possibile

distorsione dei fatti, dopo innumerevoli minacce e interrogatori, viene

espulsa dal Kenya il 5 agosto 1 9 8 5 .

1.2 Eremo in Italia e missione in Somalia (1985 - 1995)

Rientra in Italia e viene accolta in diversi eremi: Monteveglio, Montevec­

chio, Cerbaiolo ecc., stando "ai piedi di Dio" per rivisitare e rileggere la

sua prima esperienza africana. Sente il bisogno di ritirarsi in Dio per met­

tere le radici nella sua vocazione: «arrivo Wagalla ed io ridiventai nessu­

no, soffersi come una bestia e ricominciai a vivere come se non avessi

fatto nulla nella mia vita, come se non sapessi nulla, come se fossi una

nullit~ assoluta». Attraversa un periodo molto doloroso costellato di ten­

tazioni e dubbi a causa degli eventi drammatici vissuti in Kenya. Grazie

alla preghiera, nel costante atteggiamento di abbandono riesce a ritrovare

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lunit~ e la forza per una seconda

partenza per l'Africa il 1 4 dicem­

bre 1 9 8 6 .

Arriva in Somalia, ed ~ reclutata

all'IMT a Belet W eyne, come vo­

lontaria, «senza stipendio, senza

vitto, senza alloggio, senza assicu­


. . .

razone propr1o come am0 10».

Lavora e collabora intensamente

nel campo della tubercolosi per

tutto il 1 9 8 7 . Al termine del primo anno frequenta un corso di specializ­

zazione in malattie tropicali a Liverpool.

Di ritorno a Belet Weyne, nel 1 9 8 8 , ~ assunta dall'IMT per seguire i tu­

bercolotici, si occupa di 500 malati in tre centri dislocati nella regione e vi

rimane fino all'evacuazione dovuta all'aggravarsi della situazione securita­

ria. Nell'agosto del 1 9 9 0 viene rapita assieme alla sua ~quipe medica e

condotta al confine con l'Etiopia per tre giorni. Verranno poi intercettati

e liberati da una pattuglia di truppe regolari: «i ribelli che ci avevano se­

questrati sono stati sconfitti e uccisi». Rientra per un breve periodo in

Italia.

Si stabilisce nel marzo 1 9 9 1 a Mogadiscio dove imperversa la guerra civile

causata della caduta del dittatore Syaad Barre, «dovunque ci sono i nemi­

ci, la gente vive nella paura, nell' odio, nel desiderio folle e nella folle pau­

ra della vendetta». Vede con i suoi occhi la malvagit~ umana, la morte e la

distruzione ovunque, la fame, le

violenze sulle donne, i furti a mano

armata dei giovani Morian, assetati

di violenza. Annalena si dona con

tutte le forze per alleviare le soffe­

renze della gente, seppellisce i ca­

daveri, organizza squadre per la

pulizia delle strade, apre un centro

nutrizionale, riattiva l'ospedale For­

lanini.

Nell'ottobre dello stesso anno co­

mincia a organizzare un centro per

la cura della tubercolosi a Merca,

una citt~ sul mare a 90 km dalla

capitale. Fa la spola tra le due citt~

5
per circa un anno fino all'ennesimo attacco che mette a repentaglio la sua

vita. Annalena racconta ai suoi amici «il saccheggio della nostra casa [di

Mogadiscio], l' evacuazione con il solo vestito che avevamo addosso, le

ciabatte nei piedi». 11 1 9 novembre 1 9 9 1 si rifugia in Kenya. 11 1 7 dicem­

bre ~ di nuovo in Somalia e si stabilisce definitivamente a Merca dove

assieme al dottor Mario Neri apre una struttura ospedaliera per malati di

tubercolosi, un centro nutrizionale, una scuola di diverse classi, riattiva il

porto cittadino in disuso da 25 anni per consentire l'arrivo degli aiuti in­

ternazionali: «le attivit~ vanno splendidamente, le scuole gi~ con 2000

studenti, il corso per infermieri, la pediatria di Marina». Dal 1 9 9 1 al 1 9 9 4

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cura circa 2000 malati TB.

E costantemente minacciata dai giovani Morian, drogati e armati, cosi co­

me dagli Akwan, un gruppo di paramilitari che detiene il potere della citt~,

perch~ si rifiuta di pagare il pizzo: «in Somalia per poter rendere un servi­

zio bisogna pagare il prezzo di un ricatto [ . .. ] . Io sono minacciata gior­

nalmente, oggetto di discussioni quotidiane tra i clan perch~ non pago». Il

1 3 maggio 1 9 9 2 i malati del TB Center organizzano una manifestazione

pubblica in suo favore: «la loro mamma salvatrice non deve morire per­

ch~ la sua morte equivale alla loro morte».

Nell'agosto 1 9 9 4 cede lattivit~ alla Caritas italiana capitanata dalla dotto­

ressa Graziella Fumagalli. Cosi Annalena spiegher~ il suo ritiro:

«ero stata costretta a lasciare quando improvvisamente la gente si

era accorta che io ero potente, pensate che spendevo 1 . 0 0 0 dollari

al giorno solo per dare da mangiare, per 13 mesi interi, ogni gior­

no; avevo ben 5 scuole con 2.000 bambini, un programma antitu­

bercolare con 2.000 malati, [ . .. ] , andavamo al mercato ogni giorno

con una carovana di asini a piedi, nessuno si rendeva conto di

quello che facevamo, eravamo parte di loro, seppellivamo tutti i

morti [. . . ] i miliziani pretendevano una parte di quei soldi per

mantenere la guerra».

Nell'ottobre effettua assieme a Maria Teresa un pellegrinaggio in India

per realizzare il sogno della sua giovinezza.

Nel 1995 rientra in Italia per un periodo di riposo e silenzio in diversi

eremi che le danno ospitalit~. Non desidera condividere con nessuno le

avventure somale se non con i famigliari e gli amici pi~ stretti. Ancora

una volta sente il bisogno di rivisitare l' esperienza missionaria alla luce

della fede nel Padre che l'ha colmata di doni. Dice di s~ stessa: «non ho

mai incontrato qualcuno con una vita altrettanto bella, altrettanto dono e

grazia in tutti i sensi».

Il 22 ottobre 1 9 9 5 Graziella Fumagalli viene uccisa con tre colpi al volto

mentre stava visitando un malato. Questa evento segna un altro tornante

nella vita di Annalena che abbandona l'eremo per rientrare in Somalia.

Da Forli scrive una lettera ai genitori: «Sono Annalena, ho creato Fospe­

dale in cui Graziella ~ stata uccisa [ . . . ] lei ~ stata immolata fino in fondo».

Dopo un breve viaggio in India con Maria Teresa e Pina, riparte per !'A­

frica nella ricerca di un «solco» dove «andare in profondit~ e li morire,

marcire, fiorire».

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1.3 Borama

(1996 - 2003)

11 25 febbraio 1 9 96

arriva a Nairobi con

l'obbiettivo di indivi­

duare un luogo sicuro

e senza armi nel nord

della Somalia dove sta­

bilire la sua nuova mis­

sione. Dopo diverse

ispezioni in Etiopia,

Djibouti, Somaliland,

individua in Borama

all' ovest del Somali­

land la «terra del suo cuore».

Vi arrived il 6 ottobre 1996 e sad sostenuta nella sua opera dall'OMS

che le fornir~ «i farmaci per gli ammalati, i reagenti, i microscopi per il

laboratorio, il training (formazione) di almeno tre o quattro laboratoristi».

Forte della sua esperienza pluriennale applica la terapia DOTS e ben pre­

sto affluiscono a Borama malati da altri villaggi e dai paesi confinanti.

Trova una forte resistenza da parte della popolazione locale che a diffe­

renza dei nomadi del deserto di Wajir si presenta poco istruita, dura di

cuore, povera dei valori umani e religiosi. La missionaria di Forli ~ stupita

nel vedere in lorn l'assenza di "abbandono ad Allah" tipico dell'Islam

conosciuto in precedenza. Sar~ in questo solco che Annalena dovr~ lotta­

re fino al dono della vita.

Apre il centro TB, e fin da subito capisce che dovr~ sobbarcarsi la mag­

gior parte del lavoro: il filtro dei casi sospetti, gli acquisti, la distribuzione

dei pasti, perch~ in quel contesto non trova persone a cui fare affidamen­

to. Per 7 anni fad della propria camera da letto la farmacia del centro.

Metter~ in piedi uno staff di 3 5 persone di cui diventer~ «madre», passer~

con lorn la maggior parte del tempo nel costante impegno di formarli,

incoraggiarli e iniziarli a vivere l'atteggiamento tipico del suo stile missio­

nario: care «che vuol dire amore, cura, preoccupazione, bene, affetto, inte­

resse» per il malato. Riuscir~ nel suo intento ed avr~ a Borama la miglior

equipe di tutta la sua carriera.

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Nel giugno del 1 9 9 7 arriva

uno dei «figli» di Wajir,

Mohamud, sordomuto che

inizier~ nel compound di An­

nalena la prima scuola spe­

ciale della Somalia. Acco­

glier~ bambini sordi, handi­

cappati fisici, tubercolotici,

bambini di un clan margi­

nalizzato, come pure bam­

bini «normali» e con l' aiuto

dellamica Doreen otterr~

ottimi risultati. Accade a

Borama ci~ che si realizza

in pochissime parti del

mondo, ovvero che tutti i

bambini della scuola impa­

rano il linguaggio dei segni

e cosi, sordi e non sordi, comunicano tra di loro attraverso di e s s o .

Un altro fronte che la vedra impegnata ~ la lotta contro l'infibulazione

(FGM), pratica tristemente diffusa in tutto il corno d'Africa. Costituir~

un'equipe mista che affronted. il problema sotto tre aspetti: medico, socia­

le e religioso. Raccoglier~ il parere di Imam locali per dichiarare che l'Islam

non prevede in nessun luogo questa pratica. Offrir~ unalternativa lavorati­

va alle Traditional Circumsiser (donne che effettuano la circoncisione) e coin­

volger~ diversi Sheekh (capi tradizionali locali) nella sua lotta.

Nel corso di

questi anni ~
ingaggiata

dall'Organizza­

zione Mondiale

della Sanit~ co­

me consigliere

ed esperta in

cura della Tu­

bercolosi nel

corno dell' Afri­

ca, specialmente

nell' applicazione

9
della terapia DOTS. Par­

teciper?~ a diversi conve­

gni internazionali

(Alessandria d'Egitto

1 9 96 , Cairo 1998, Beirut

2 0 0 1 , Damasco 2002), e a

partire dal 2 0 0 1 accetta di

supervistonare 1 program­

mi di controllo della TB

in Sud Sudan con lo sco­

po di «lavoro sul campo:

controllo, insegnamento,

incoraggiamento, motiva­

zione», per sconfiggere la

malattia.

Le tante iniziative portate avanti da Annalena non lasciano indifferente la

popolazione di Borama. Molte persone lodano ed apprezzano il suo lavo­

ro . Viene soprannominata "Sara Borama", ovvero principessa di Borama.

Le autorit~ le conferiscono gli onori della Repubblica, ma nel contempo si

crea una frangia contraria alla sua opera e alla sua missione. «Alcuni Sheekh

hanno convinto molta gente che io ho portato la TB e l' AIDS a Borama,

che voglio occupare la loro terra [ . . . ] . Anche la battaglia di eradicazione

delle mutilazioni femminili sta portando il suo carico di battaglia dei fon­

damentalisti».

Annalena fa di tutto per non apparire, lavora in silenzio, nell'umile servizio

agli ultimi (malati TB, handicappati e moribondi), ma l'onda di fondamen­

talismo non fa che crescere e scagliarsi contro di lei. 11 3 1 ottobre 2002

avviene «ci~ che avevamo sperato in fondo al cuore che non succedesse

mai», ovvero l'ospedale TB e attaccato da un gruppo di boramesi: bambini

che lanciano sassi, donne che urlano, giovani che brandiscono cartelli con

la scritta: «morte ad Annalena». La societ~ civile si leva a difesa della mis­

sionaria e della sua opera, i colpevoli vengono denunciati: «sono le ONG

locali che mi accusano di prendere tutti i contratti e di non lasciare loro

nessun spazio ed intascare il denaro delle varie agenzie ONU. Naturalmen­

te non ~ vero». Infatti, la sua opera va avanti esclusivamente con fondi pri­

vati: i contributi del Comitato di Forli e degli amici inglesi. Ma la ferita ~


aperta, Annalena sente che la sua ora ~ vicina e brama con tutte le forze il

ritiro nell'eremo: «a 60 anni potro entrare in eremo per un periodo che

confido lungo con laiuto di Dio, se lui mi dar~ vita».

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II 30 novembre 2001 ~ a

Roma per una testimo­

nianza in Vaticano in

occasione di un conve­

gno sul volontariato e il

25 giugno 2003 a Gine­

vra per ritirare il premio

Nansen in favore dei

rifugiati:

«misteriosamente sono

stata scelta io [ . . . ] . Io ho

accettato il premio so­


r
prattutto per voi [amici
0

la su aluto
di Forli], perch~ senza di
del bl vete
voi non avrei mai potuto
at e 1 s
fare

per
nulla,

la mamma
l'ho accettato

e il bab­
I fare
no ahcora

nza'\

bo, l'ho accettato per i vantaggi economici».

Di ritorno a Borama le tensioni non si acquietano. Annalena aveva gi~ pre­

sagito il peggio in una lettera al fratello Bruno datata 1 9 maggio 2003: «sta

per succedere qualcosa, qualcosa di molto doloroso o forse di molto gran­

de . . . fo rse solo la mo rt e ? . . . che cambier~ la mia vita». Viene ucci s a il 5 otto­

bre 2003 alle sette di sera mentre rientra a casa dal giro serale di visita ai

malati. «Voglio morire in piedi» e cosi accade: due individui la colgono da

dietro e le sferrano un co lpo di pistola alla nuca.

Le sue ceneri riposano all'Eremo Beata /Angelina di Wajir, sotto le sabbie_

del «deserto pi~ amato del mondo» dove la voca z ione della mis s i o naria di

Forli ha p reso forma ed ~ diventata p rogressivamente tra s p ar e nza di Colui

che «non ~ venuto p er essere se rv ito , ma p er servire e donare la propria

vita in riscatto per molti» (Mc 10,45) .

Lascia poche righe su un foglietto scritto a mano:

«Non parlate di me che non avrebbe senso, ma date gloria al Signo­

re per gli indicibili grandi doni di cui ha intessuto la mia vita. Ed ora

tutti insieme incominciamo a servire il Signore, perch~ finora ben

poco abbiamo fatto».

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«Quello che mi ha spinto quando io ero bambina,

ragazzina, ~ stato allinizio sicuramente, soltanto

una passione invincibile per l'uomo. Una passione

bruciante, un incendio che non si ~ mai spento nel

corso dei lunghi anni della mia vita; la passione in­

vincibile per l'uomo mi ha portato a Dio ed ho

scoperto, attraverso gli anni, che Dio diventava in­

sieme all'uomo la ragione della mia esistenza».

(Incontro pubblico a Forli, 30 giugno 2003)

«Nulla mi importa veramente al di fuori di DIO, al

di fuori di Ges~ C r i s t o . . . i piccoli si, i sofferenti,

io impazzisco, perdo la tes t a per i brandelli di uma­

nit~ ferita, pi~ sono feriti, pi~ sono maltrattati, di­

sprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi

del mondo, pi~ io li amo. E questo amore ~ tene­

rezza, comprensione, tolleranza, assenza di p aura,

audacia. Questo non ~ un merito. E una esigenza

della mia natura . Ma ~ certo che in loro io vedo

LUI, l'agnello di Dio che patis c e nella sua carne i

pecca ti del mondo, che se li carica sulle spalle, che

soffre ma c on tanto amore . . . nessuno ~ al di fuori

dell'amore di DIO».

(Testimonianza in Vaticano, 30 novembre 2 0 0 1 )

T a v e rn e r i o , 30 n o v e m b r e 2 0 2 1

www.comitatoforli.org/annalena-tonelli-documentazione-e-libri/

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