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N G E V I TÀ
N. 4 - GIU 2022
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EVIT
EBOOKECM JOURNAL
Titolo: LONGEVITÀ
Curatela: Sara Fadda, Alessandra Pontis
Traduzioni: Giuditta Spassini
Editing e copertina: Attilio Scullari
Concept copertina: Licia Casula
Direzione editoriale: Alessandra Pontis, Mario Marcello Verona
Supervisione scientifica: Carlo Duò, Alessandra Pontis
Data Pubblicazione: Giugno 2022
COLLANA EBOOKECM
EBOOK PER L’EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA © 2022
ISBN: 9788831253581
ISSN: 2785-2911
BOOKIA SRL. Servizi di editoria accreditata, Piazza Deffenu 12, 09125 Cagliari.
INDICE
INTRODUZIONE 5
3 - La resilienza negli anziani della Zona Blu sarda: uno studio esplorativo 27
Bibliografia 306
INTRODUZIONE
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PARTE I
Tratto e tradotto da
Passarino, G., De Rango, F. & Montesanto, A. Human BY
https://doi.org/10.1186/s12979-016-0066-z
Le parti omesse dal curatore rispetto all’originale sono indicate dal segno [...]
[...]
1. PREMESSE
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INDICE
2. LA GENETICA DELL’INVECCHIAMENTO
Prima degli anni ’90 era largamente diffusa l’idea che l’invec-
chiamento fosse ineluttabile e che la genetica non lo controllas-
se. Era importante, in questa visione, l’idea che l’invecchiamento
avesse luogo dopo la riproduzione, e quindi non c’era bisogno,
ma nemmeno possibilità, che la selezione agisse su geni che sono
espressi più avanti nel corso della vita [1].
Il ricercatore che ha aperto la strada alla genetica dell’invec-
chiamento e della longevità è stato Tom Johnson, che ha studia-
to gruppi di C. elegans in cui è stato in grado di separare gli indi-
vidui a lunga vita dai soggetti a vita breve. L’analisi degli ibridi
ottenuti da diversi ceppi di C. elegans ha permesso di stimare che
la durata della vita era ereditabile per una percentuale compresa
tra il 20 e il 50% [2, 3]. Successivamente, Johnson ha iniziato
l’analisi di diversi mutanti e, con M. Klass, ha trovato una serie
di mutanti con una durata di vita più lunga. Successivamente,
Tom Johnson ha scoperto che la maggior parte dei mutanti con
una lunga durata di vita presentava mutazioni nel gene age1 [4].
Questo gene risultava essere la subunità catalitica della fosfatidi-
linositolo 3-chinasi di classe I (PI3K).
Gli studi di Johnson hanno dimostrato con chiarezza che la
variabilità genetica può effettivamente influenzare la durata del-
la vita. Ciò ha dato il via a numerosi studi su organismi modello,
per poter capire le vie biochimiche che influenzano la durata
della vita e per evidenziare i geni che codificano per le proteine
coinvolte in tali vie. In particolare, sono stati studiati il lievito, la
C. elegans, la drosofila e i topi, e sono stati evidenziati numerosi
geni che, se mutati, potrebbero influenzare la durata della vita
(per un elenco aggiornato di questi geni si veda http://genomics.
senescence.info/genes/models.html). La maggior parte di questi
geni è legata al mantenimento dell’integrità della cellula (in par-
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4. CONCLUSIONI
5. ABBREVIAZIONI
• APOE: apolipoprotein E
• FOXO: forkhead box O
• IGF-1: insulin-like growth factor 1
• mtDNA: DNA mitocondriale
• PI3K: phosphatidylinositol-3-kinase
• TOR: target of rapamycin
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INDICE
Tratto e tradotto da
Caruso, C., Passarino, G., Puca, A. et al. “Positive biology”: the BY
https://doi.org/10.1186/1742-4933-9-5
Le parti omesse dal curatore rispetto all’originale sono indicate dal segno [...]
1. INTRODUZIONE
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2. LA SERIE
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3. CONCLUSIONE
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dei genotipi deleteri può aumentare tra gli individui con una
durata di vita estrema, perché il loro genotipo protettivo permet-
te ai geni legati alle malattie di accumularsi [35]. Una migliore
comprensione dei geni funzionali che influenzano la longevità
in buona salute negli esseri umani può portare a formulare delle
strategie di intervento che possono ritardare o prevenire le ma-
lattie legate all’età. Tuttavia, ad eccezione delle varianti APOE
e FOXO3A, nessuna delle numerose varianti genetiche testate
finora è stata replicata in modo coerente tra le popolazioni. Ciò
è probabilmente dovuto a stimoli ambientali diversi che gene-
rano pressioni demografiche incoerenti, il che rende i risultati
irriproducibili [36].
Per quanto riguarda gli aspetti immunologici, lo studio dei
figli di centenari ha rivelato che diversi parametri immunitari
delle cellule B sono meglio conservati rispetto ai controlli corri-
spondenti per età, e questi, insieme al loro background genetico
potrebbero contribuire a un invecchiamento più sano. Ciò sug-
gerisce l’idea della “giovinezza familiare” del sistema immunita-
rio [37, 38].
Per quanto riguarda lo stile di vita, è indubbio che i centenari
sani vivono circondati da una solida rete di supporto di amici
e familiari. Ma l’alimentazione svolge un ruolo fondamentale
nell’invecchiamento sano. I fattori dietetici specifici che possono
essere coinvolti includono un elevato apporto di frutta e verdura
e la proprietà delle sostanze fitochimiche di attivare specifiche
vie di rilevamento dei nutrienti. I centenari hanno un apporto
molto elevato di sostanze fitochimiche nella dieta. Tutte le pian-
te contengono naturalmente questi composti, dunque questi
anziani hanno livelli significativamente più bassi di perossida-
zione lipidica e subiscono meno danni indotti dai radicali liberi
[39-41]. Da un punto di vista scientifico, una dieta specifica per
ritardare l’invecchiamento può aiutare a identificare nuove mo-
lecole per prolungare e migliorare la durata della vita, aprendo
nuove opportunità per la scoperta di farmaci e per le aziende
nel campo della nutrizione e della farmacologia. Come recen-
temente affermato [16], i farmaci in grado di simulare gli effetti
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