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Clara Michelotti Il testing in

psicologia clinica
Francesca Bergamo
Margherita Lang

100 domande
ebookecm.it
100 domande
Collana diretta da Daniele Berto
Il testing in
psicologia clinica

Clara Michelotti, Francesca Bergamo e Margherita Lang


100 domande

Il testing in
psicologia clinica
Clara Michelotti, Francesca Bergamo e Margherita Lang

Edizione eBook
ISBN: 979-12-81075-11-5

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© 2023, Hogrefe Editore, Firenze


Viale Antonio Gramsci 42, 50132 Firenze
www.hogrefe.it

Coordinamento editoriale: Jacopo Tarantino


Redazione: Alessandra Galeotti
Impaginazione e copertina: Stefania Laudisa

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi
mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non
espressamente autorizzata dall’Editore.
V

Presentazione
La psicologia clinica comprende complesse operazioni ed attività che includono, nel
senso più ampio, processi diagnostici, utilizzo di test e individuazione di interventi
terapeutici, prevedendo contesti applicativi, aspetti etici e deontologici, rete di rela-
zioni e, non ultimi, aspetti multiculturali.
In questo contesto si assiste spesso a una confusione tra il concetto di testing e quello
di valutazione psicologica che rischia di favorire una loro identificazione, quasi fos-
sero sinonimi, con conseguenti errori metodologici.
Mentre la “valutazione psicologica” è legata a un processo e a una visione dinamica
che risponde a domande come “Qual è il funzionamento di questa persona?”, “Quali
sono i suoi punti di forza e di debolezza?”, “Sulla base delle caratteristiche rilevate,
qual è la tecnica più efficace ed adeguata di trattamento?”, il “testing psicologico” è
invece riferito all’utilizzo di strumenti e a procedure standardizzate finalizzate alla
misurazione di una o più specifiche variabili psicologiche.
Superate ormai da tempo le ritrosie e la diffidenza legate al testing, in questi anni il
professionista, nella propria pratica clinica, si trova di fronte alla necessità di rispon-
dere a domande (solo apparentemente semplici) che hanno importanti implicazioni
all’interno del processo più generale di valutazione psicologica.
“Perché somministrare un test?”, “Come scegliere un test?”, “Quale test scegliere?”,
“Quando e come somministrarlo?”, sono le domande più frequenti non solo nelle
aule universitarie ma anche negli studi professionali.
Dopo aver affrontato tutte le tematiche “classiche” relative al testing partendo da
chiarimenti concettuali e distinguendolo dalle altre attività di natura clinica, questo
libro tratta gli altri delicati temi legati alla pratica testologica, quali il segreto profes-
sionale, il consenso informato, la tutela dei dati, la somministrazione a particolari
tipologie di utenti, i rapporti con i “committenti”.
Grazie a un’indiscussa autorevolezza che deriva da un’esperienza quotidiana con i
pazienti e dalla dimestichezza a pensare con approccio clinico, le autrici rendono
chiarezza sul tema, rispondendo a domande complesse con un linguaggio semplice,
immediato, attuale ed aggiornato, nello spirito di una psicologia realmente pratica.

Daniele Berto
VI 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

Le autrici
Clara Michelotti
Psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, ha insegnato presso l’Uni-
versità degli studi della Valle d’Aosta. Collabora con ARP Studio Associato (Milano)
per attività clinica, formativa e di ricerca.
È autrice di diverse pubblicazioni nazionali e internazionali sui test cognitivi e il loro
impiego in ambito clinico.

Francesca Bergamo
Psicologa, psicoterapeuta in formazione presso il Centro Italiano di Psicologia Ana-
litica di Milano, collabora con ARP Studio Associato (Milano) come psicodiagnosta
e con ARP Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica (Milano) come psicologa
clinica.

Margherita Lang
Psicologa e psicoanalista (Società di Psicoanalisi Italiana e Internazionale), si occu-
pa di testing e assessment di adolescenti e adulti. È stata Professore ordinario di
Psicologia dinamica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Socio fondatore di ARP Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica (Milano) e
di ARP Studio Associato (Milano), è autrice di molteplici pubblicazioni nazionali e
internazionali e dirige le collane “Psicologia clinica” di FrancoAngeli e “Psicodia-
gnostica” di Raffaello Cortina.
VII

INDICE
PARTE I
Informazioni generali sul testing

Definizione
1. Cos’è un “test”? 1
2. In base a quali parametri si differenziano i test? 3
3. Cos’è la standardizzazione di un test? 4
4. Cos’è la validità ecologica di un test? 5
5. Cos’è la validità culturale di un test? 6
6. I test sono un prodotto commerciale? 8
7. Cosa si intende per “test di screening”? 9
8. Cos’è l’effetto Flynn? 10
9. Cos’è il card-pull? 12
10. Chi è abilitato a somministrare i test e a leggerne i risultati? 14
11. I “disegni” sono dei test? 16

Test e valutazione psicologica


12. Cosa si intende per “valutazione psicologica”? 18
13. Quale relazione tra testing e valutazione psicologica? 19
Box 1. Testing vs valutazione psicologica 20
14. Perché somministrare dei test per la valutazione psicologica? 21
15. Quali informazioni dovrebbe avere lo psicologo per la selezione
dei test da somministrare? 22
16. Un unico test è sufficiente per valutare il funzionamento di una persona? 24
17. Quali sono le buone e le cattive prassi nel testing? 26
18. Dove trovare informazioni sulle buone e sulle cattive prassi nel testing? 28
19. Cosa chiarire con il collega che chiede di “fare i test” a un suo paziente? 30
20. Perché alcuni test includono le scale di validità? 33
Box 2. Scale di validità: MMPI-2 vs PAI 34

Test e soggetti multiculturali


21. Cosa si intende per “carico culturale” di un test? 35
22. Cosa si intende per “richiesta linguistica” di un test? 36
23. Perché è importante considerare le variabili “carico culturale”
e “richiesta linguistica” nella scelta di un test? 37
24. A quali criticità prestare attenzione durante il testing di soggetti
multiculturali? 39
25. Come può interferire il bias culturale dello psicologo con la valutazione? 41
Box 3. Multiculturalità e acculturazione 42
VIII 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

Test e malingering
26. Cosa si intende per “malingering”? 44
27. Quale relazione esiste tra “stile di risposta” e malingering? 45
28. Quali dati devono far nascere l’ipotesi di malingering nella mente
dello psicologo? 49
29. Quali aspetti del malingering considerare quando si valuta
un bambino/adolescente? 50
Box 4. Sviluppo delle capacità di mentire 53
30. Quali convinzioni erronee riguardano il malingering? 54

Segreto professionale, consenso informato e privacy


31. Cos’è il “segreto professionale”? 55
32. Cos’è il “consenso informato”? 58
33. Cosa conoscere in merito alla tutela dei dati personali (privacy)? 60
34. Come affrontare con il paziente gli argomenti del consenso informato
e della riservatezza dei dati? 61
35. Cosa fare quando un collega ci chiede il materiale-test di un paziente? 62

PARTE II
Testing nel ciclo di vita

36. Qual è la relazione tra testing e development? 64


37. Perché è utile l’approccio della developmental psychology
per il testing? 66

Maturazione neuropsicologica
38. Cos’è bene conoscere della relazione tra test cognitivo
e funzionamento neuropsicologico? 68
39. Quali sono i funzionamenti neuropsicologici caratteristici
di un bambino prematuro? 71
Box 5. Misure di prematurità 72
40. Quali sono i funzionamenti neuropsicologici caratteristici
di un bambino pretermine tardivo? 73
41. Perché è importante la valutazione precoce? 74
42. Cos’è bene conoscere della relazione tra adolescenza
e funzionamento neuropsicologico? 77
43. Cos’è bene conoscere della relazione tra invecchiamento
e funzionamento neuropsicologico? 79

Variabili da considerare per il testing nelle diverse fasi di vita


44. Quali variabili considerare per la valutazione di un bambino? 83
45. Quali variabili considerare per la valutazione di un adolescente? 85
46. Quali variabili considerare per la valutazione di un adulto? 88
INDICE IX

47. Quali varabili considerare per la valutazione di un anziano? 92

PARTE III
Parametri per la scelta

Informazioni generali
48. A quale classificazione dei test fare riferimento? 95
49. Quali sono le differenze nei “contenuti” dei test? 97
Box 6. Localizzazionismo vs associazionismo 98
50. Quali conoscenze e competenze sono necessarie per essere
un “buon psicodiagnosta”? 99
51. Cosa si intende per “batteria di test”? 103
52. Cosa si intende per “batteria predefinita di test (fixed battery)”
e “batteria flessibile di test (flexible battery)”? 104
53. Quali sono le differenze nei “format di risposta” di un test? 107
Box 7. Esempio di format dicotomico 108
Box 8. Esempio di scala Likert 109
54. Quali criteri considerare per la scelta di un test? 109
55. Quale edizione del test privilegiare? 111
56. A quali caratteristiche dei test prestare attenzione in caso
di somministrazione a soggetti anziani? 114
57. Dove trovare informazioni sui test impiegati per fini di ricerca? 117

Variabili che possono incidere sui risultati ai test


58. Cosa sono i nontest factors? 118
59. Cosa sono i background factors? 120
60. Quali effetti possono avere variabli sociodemografiche come razza,
etnia e cultura sui risultati ai test? 122
Box 9. Razza, etnia e cultura 123
61. Quali effetti può avere il livello socioeconomico (LSE) sui risultati
ai test? 126
62. Quali effetti può avere la diversità di genere sui risultati ai test? 127

Accomodamenti e popolazioni speciali


63. Quali sono gli accomodamenti “ufficiali” dei test? 129
64. Quando ricorrere all’accomodamento di un test? 130
65. Quali sono le “popolazioni speciali”? 132
66. Come pianificare il testing se il paziente appartiene a una popolazione
speciale? 133
67. A quali parametri fare riferimento per il testing di soggetti sordi
o ipoacusici? 134
Box 10. Testing e difficoltà uditive: alcune
informazioni storiche 138
X 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

PARTE IV
Istruzioni per l’uso

Testing e rapporto psicologo-paziente nel ciclo di vita


68. Cos’è l’alleanza diagnostica? 140
69. Come favorire l’alleanza diagnostica? 143
70. Quale rilevanza può avere l’alleanza genitori-psicologo per il testing
di un bambino? 145
71. A quali variabili prestare attenzione durante i primi minuti
di incontro tra psicologo e bambino? 147
72. Come strutturare l’alleanza diagnostica con un bambino? 149
73. Come strutturare l’alleanza diagnostica con un adolescente? 153
74. Come strutturare l’alleanza diagnostica con una persona
adulta/anziana? 156

Somministrazione e scoring
75. Come acquisire le competenze necessarie e sufficienti
per la somministrazione dei test? 158
76. Quali caratteristiche deve avere l’ambiente in cui si somministrano i test? 160
77. Come disporre il materiale-stimolo durante la somministrazione? 162
78. Cosa deve avere presente lo psicologo durante la somministrazione
dei test? 163
79. Quali sono le buone prassi per la “presentazione” dei test al paziente? 165
80. Quale ordine di somministrazione dei test è meglio seguire? 167
81. Chi può stare nella stanza durante la somministrazione dei test? 169
82. Come proporre a un bambino la somministrazione dei test? 170
83. Quali sono gli errori più frequenti commessi durante la somministrazione
e lo scoring dei test? 172
84. Quali sono le principali differenze nello scoring dei test? 175

PARTE V
Testing computerizzato
85. Cosa si intende per “telepsicologia”? 177
86. Quale evoluzione ha avuto la sinergia tra testing e strumenti
informatici? 179
Box 11. Vantaggi della telepsicologia e della televalutazione 182
87. Cosa si intende per “televalutazione”? 183
88. Quali buone prassi sono fondamentali per la televalutazione? 185
89. A quali esempi di strumenti per il teletesting si può fare riferimento
per il futuro? 187
90. Quali sono i problemi etici legati al teletesting? 188
91. Quali sono i vantaggi e i limiti del teletesting? 189
92. Quali sono i limiti dei report informatizzati? 192
INDICE XI

PARTE VI
Stesura della relazione e comunicazione dei risultati

93. Cosa si intende per “lettura nomotetica dei risultati”? 195


94. Cosa si intende per “lettura idiografica dei risultati”? 196
95. Cosa si intende per intelligent testing? 198
96. Quali requisiti deve avere un report/relazione psicodiagnostica? 200
Box 12. Relazione psicodiagnostica: cosa non fare? 201
97. Come descrivere i punteggi di un test in un report/relazione
psicodiagnostica? 204
98. Perché è importante la supervisione per il testing? 206
99. A chi si comunicano (restituiscono) i risultati dei test? 207
100. Cosa si intende per “restituzione” o “raffronto”? 210

Bibliografia 213

Glossario 255
1

PARTE I

parte I
Informazioni generali sul testing

Definizione

1. Cos’è un “test”?
Il lemma test è un vocabolo di uso comune abitualmente im-
piegato in contesti anche molto diversi da quelli psicologici.
Chi cerca il termine nel vocabolario Treccani trova la seguen-
te definizione: tèst […] Prova, saggio o esperimento, e anche
mezzo o criterio di prova, di analisi e di valutazione. In par-
tic.: 1. a. Test (o reattivo) mentale o psicologico, o anche sempli-
cem. test, espressione (dall’ingl. mental test) con cui si indica
una prova alla quale si ricorre per la valutazione di una data
caratteristica psicologica e mentale:  t. per la valutazione del
quoziente di intelligenza (v. quoziente); t. caratteriologici; t. o se-
lezione attitudinale (v. attitudinale); t. analitici o sintetici; t. ver-
bali o non verbali. b. Con sign. più ampio, quesito o insieme di
quesiti, ciascuno dei quali ammette una risposta corretta da
scegliere fra alcune che vengono proposte (si parla, in tal caso,
anche di t. a risposta chiusa, o a risposta multipla): rispondere a
una serie di test; sostenere un esame sotto forma di test […]
Si può quindi definire un test come una procedura o un meto-
do standardizzato di misurazione impiegato per esaminare o
per determinare la presenza di un qualche fattore o fenomeno
(APA, 2015).
Diversi autori definiscono i test psicologici in modi differenti. Alcune definizioni
Di seguito riportiamo alcuni esempi:
• Il test è uno “strumento di misura o una tecnica che si im-
2 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

piega per quantificare un comportamento e/o che si usa


parte I

per comprendere e per prevedere un comportamento”


(Kaplan e Saccuzzo, 2018, p. 6). L’item di un test, invece,
è uno stimolo specifico cui la persona risponde in maniera
esplicita e cui è attribuito un punteggio. Un test psicologico
è composto da gruppi di item che hanno la finalità di mi-
surare caratteristiche degli esseri umani inferite attraverso
la quantificazione sia del comportamento manifesto, cioè
l’attività osservabile, sia del comportamento covert, cioè
quello che non può essere osservato direttamente (ad es.,
sensazioni e pensieri).
• “Un test psicologico consiste in una misurazione obiettiva
e standardizzata di un campione di comportamento” (Pi-
cone, Pezzuti e Ribaudo, 2017, p. 70).
• Il test è una procedura sistematica con cui si osserva e de-
scrive un comportamento avvalendosi di categorie fisse o
di scale numeriche. In altri termini, il test è uno strumento
che permette di misurare aspetti specifici del comporta-
mento che sono indicatori di abilità cognitive, variabili di
personalità, motivazioni e atteggiamenti, in modo da com-
prendere il funzionamento del soggetto (Cronbach, 1990).

Quando si parla di test psicologico, si fa generalmente riferi-


mento a una procedura che permette di misurare alcuni co-
strutti relativi alla psicologia (ad es., intelligenza, caratteristi-
che di personalità, attitudine, interessi, atteggiamenti e valori)
(Urbina, 2014).
Anche la mancata Lo psicologo, quando somministra un test, propone al sogget-
risposta è to uno stimolo al fine di ottenere una risposta. L’accezione con
da considerarsi cui si impiega quest’ultimo termine è ampia poiché anche la
una risposta
mancata risposta è da considerarsi una risposta. Alla base di
questa asserzione sta la definizione stessa di test: come soste-
nuto da Gottfredson e Saklofske, i test – o più precisamente
i quesiti, le richieste o i compiti posti dai test – possono solo
“provocare un fenomeno che non si vede in modo che questo
si sveli attraverso i suoi effetti sul comportamento. Il test deve
mettere il costrutto ipotetico in atto, in modo da provocare esi-
ti osservabili” (2009, p. 187).
Lo psicologo inferisce le modalità di funzionamento del sog-
getto dalla risposta data al materiale-stimolo che può attivare
abilità cognitive (memoria, attenzione, ecc.), affetti (rabbia,
PARTE I - Informazioni generali sul testing 3

noia, disregolazione emotiva, ansia, ecc.), capacità relazionali

parte I
(ritiro, riluttanza, socievolezza, ecc.) e così via.
Le finalità per le quali lo psicologo impiega i test sono differen- Finalità
ti: valutare quantitativamente e qualitativamente condizioni
momentanee o durevoli di funzionamento psichico (normale
o patologico) o singole funzioni; rilevare tratti personologici,
che perdurano e sono predittivi di comportamenti e/o sinto-
mi futuri; formulare una diagnosi e fornire indicazioni per il
trattamento; valutare un programma (educativo, di recupero,
terapeutico, ecc.); ricerca e studi di tipo epidemiologico (Gre-
gory, 2011).

2. I n base a quali parametri si


differenziano i test?

I test si differenziano in base a:


• contenuto, che coincide con l’oggetto misurato: se si som-
ministra un test che valuta la memoria, anche i singoli 49
subtest che compongono il test o la scala sono finalizzati a
misurare il costrutto della memoria;
• format di somministrazione, che riguarda la forma degli
item (ad es., orale, scritta, immagini, oggetti concreti o
computerizzata1), la disposizione e il layout degli item,
la presenza di limiti di tempo e i destinatari del reattivo 91
(gruppo oppure singolo). La somministrazione individuale
del test permette all’esaminatore di osservare l’esecuzione
del compito, a differenza di quanto avviene quando il test
è somministrato in gruppo. In quest’ultimo caso, di solito,
le persone possono fare autonomamente quanto richiesto
dal test;
• format di risposta, che riguarda il “modo” in cui è esplicita-
ta la risposta ai quesiti del test. Benché nella maggior parte
dei casi si tratti di formulare risposte verbali, possono esse-
re richieste anche risposte di natura motoria (ad es., ripro-
duzione di immagini attraverso materiali specifici oppure
copiatura/realizzazione di disegni);

1  La digitalizzazione può avere come esito un test computerizzato fruibile in


modalità offline o “stand alone” (in tal caso, l’editore specifica se il software è
compatibile con sistemi operativi Windows e/o macOS), o, oggi più frequente-
mente, in modalità online.
4 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

• format di scoring, che riguarda le modalità di attribuzione


parte I

del punteggio (scoring) e le procedure di lettura dei risul-


tati. Il punteggio è un codice o un’indicazione sintetica,
che è spesso espressa (ma non necessariamente) in termi-
ni numerici e rispecchia la valutazione delle prestazioni
al test. Per alcuni test lo psicologo può “fare lo scoring”
avvalendosi del manuale (ad es., Autism Diagnostic Obser-
vation Schedule-Second Edition [ADOS-2; Lord et al., 2012;
ad. it. 2013]); per altri test può ricorrere allo scoring online
(ad es., Intelligence and Development Scales-Second Edition
[IDS-2; Grob e Hagmann-von Arx, 2018; ad. it. 2022]) e,
in alcuni casi, può scegliere tra entrambe le forme di sco-
ring (ad es., Wechsler Adult Intelligence Scale-Fourth Edition
[WAIS-IV; Wechsler, 2008; ad. it. 2013]);
• caratteristiche tecniche, quali, ad esempio, composizione/
stratificazione e numerosità del campione di standardizza-
zione, analisi di validità e attendibilità, somministrazione
a gruppi speciali, ecc.

3. Cos’è la standardizzazione di un test?


Nel linguaggio comune “standardizzare” significa rendere
conforme a uno standard. In psicologia il termine indica:

1. il processo che permette di stabilire delle norme


per un test; 2. il ricorso a procedure uniformi nella
somministrazione del test in modo da garantire
che tutti i partecipanti lo eseguano in condizioni
analoghe e che chi lo corregge si attenga ai mede-
simi criteri, così che i risultati siano confrontabili;
3. la trasformazione dei dati in una distribuzione
di punteggi standardizzati, spesso con media pari
a 0 e deviazione standard pari a 1 […] La trasfor-
mazione del punteggio z è un esempio di standar-
dizzazione (APA, 2015, p. 1025).

Un test è standardizzato quando sono chiaramente specifi-


cate le procedure di somministrazione, di scoring e di inter-
pretazione dei risultati. Nel manuale di somministrazione e
di scoring dei test sono descritti i criteri cui attenersi in modo
PARTE I - Informazioni generali sul testing 5

da soddisfare questo requisito. Il rispetto dei criteri di sommi-

parte I
nistrazione dovrebbe, infatti, ridurre al minimo le differenze
individuali tra i somministratori.
Il modo in cui il test è stato standardizzato incide sulla lettura
dei risultati. Lo psicologo deve quindi verificare:
• se il campione di standardizzazione è rappresentativo del-
la popolazione con cui si vorrebbe utilizzare il test; qualo-
ra questo non si verifichi, si riduce in modo significativo il
grado di validità con cui si può utilizzare lo strumento2;
• se il campione di standardizzazione è adeguatamente am-
pio in base ai metodi di analisi impiegati (metodi psicome-
trici tradizionali vs metodo continuous norming) (Lenhard,
Lenhard e Gary, 2019);
• se siano previste norme per popolazioni speciali; 65
• se non siano trascorsi più di 10 anni da quando è stato tara-
to lo strumento (effetto Flynn).
8
È importante che il testista abbia presente che:
• esiste un legame tra caratteristiche del campione di som-
ministrazione e distribuzione dei punteggi nel campione di
standardizzazione;
• la presenza/assenza di questo nesso ha un ruolo cruciale
per la lettura dei risultati: si possono, infatti, fare confronti
affidabili solo se esistono somiglianze tra la persona cui è
somministrato il test e i soggetti che compongono il cam-
pione di standardizzazione.

4. Cos’è la validità ecologica di un test?


Per validità di un test si intende l’accuratezza con cui lo stru-
mento misura il o i costrutti per cui è stato realizzato (Messick,
1995).
La validità ecologica indica la corrispondenza tra le condizioni
dell’esperimento, o della verifica empirica, e la realtà cui si fa

2  Inizialmente l’importanza della rappresentatività del campione di standar-


dizzazione era stata sottovalutata. Ad esempio, il test di Binet e Simon del 1905
così come la scala di Wechsler del 1939 hanno un campione di standardizzazione
non rappresentativo. Poiché i punteggi di un test devono essere confrontati con i
risultati del campione di standardizzazione, se il soggetto ha caratteristiche dif-
ferenti rispetto a quelle del campione di standardizzazione (ad es., appartenenza
a un’altra cultura), l’utilità dello strumento sarà ridotta (Groth-Marnat e Wright,
2016).
6 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

riferimento e alla quale i risultati ottenuti dovrebbero essere


parte I

estesi.
La validità ecologica di un test dipende, almeno in parte, dalla
sua “storia”, cioè dai motivi per i quali è stato costruito e dal
contesto storico e scientifico in cui è stato ideato. Ad esempio,
i test che derivano da paradigmi sperimentali, nella maggior
parte dei casi, sono creati per rispondere a domande specifiche
su possibili relazioni tra comportamento e funzionamento ce-
rebrale. La loro architettura dipende, quindi, dalle conoscenze
relative al costrutto disponibili in quel determinato momento
storico. Alcuni test impiegati abitualmente sono stati creati
diversi decenni fa, come ad esempio il test di Stroop (Stroop,
1935): hanno quindi una bassa validità ecologica.
Le variabili La validità ecologica è di solito definita in base a due variabili:
che definiscono la • Verosimiglianza tra test e costrutto del mondo reale che si in-
validità ecologica tende misurare. La verosimiglianza indica in quale misura
le richieste cognitive del test riflettono le richieste cogni-
tive dell’ambiente ed è diversa dalla veridicità, che invece
descrive la relazione empirica dimostrata tra il test e altre
misure di funzionamento (Franzen e Wilhelm, 1996).
• Grado di predittività dei comportamenti nel mondo reale in
base ai risultati al test (Burgess et al., 2006).

La validità ecologica del testing psicologico è circoscritta, in


quanto si campiona una selezione limitata e parziale del com-
portamento dei pazienti che ha luogo in un unico ambiente (lo
studio dello psicologo), in cui mancano le caratteristiche che
connotano la vita quotidiana. Di conseguenza, la relazione tra
risultati dei test e comportamenti dalla persona nella vita quo-
tidiana può essere moderata o debole (Chaytor e Schmitter-
Edgecombe, 2003).

5. Cos’è la validità culturale di un test?


“Come qualsiasi altro prodotto dell’attività umana, i test sono
artefatti culturali” (Solano-Flores, 2011, p. 3). Se si cerca di
esplicitare il razionale sotteso a questa affermazione, si può
scrivere che i test riflettono un insieme complicato di percorsi
formativi e di valutazione culturalmente consolidati. Non solo
tentano di rispondere a specifici bisogni sociali, ma si ade-
PARTE I - Informazioni generali sul testing 7

guano ai mandati e alle leggi presenti in quella società; sono

parte I
scritti nella lingua impiegata da coloro che li sviluppano; il loro
contenuto è un riflesso delle abilità, competenze, forme di co-
noscenze e stili di comunicazione che in quella società sono
apprezzati e si basano sull’assunto che le persone cui sono
somministrati abbiano familiarità con il contesto in cui sono
stati creati rispetto al modo di inquadrare i problemi, di porre
le domande e di formulare le risposte.
È fondamentale considerare una variabile che è spesso trala-
sciata: la cultura fa parte del dibattito sulla validità dei test, ma
non è considerata come essenziale per una forma di validità a
sé stante (Solano-Flores, 2011). Nel 2001 Solano-Flores e Nel-
son-Barber fanno una precisazione importante relativa al con-
cetto di validità culturale: sostengono che i fattori culturali che
determinano il processo di pensiero nell’esecuzione dei test
sono così complessi che la cultura non dovrebbe essere trat-
tata come un fenomeno intrinseco ai test, ma che gli svilup-
patori dei test e i loro utenti dovrebbero esaminare la validità
culturale con lo stesso livello di rigore che impiegano quando
esaminano altre forme di validità.
La validità culturale di uno strumento è molto importante per La validità
determinare l’accuratezza dei dati che si ottengono, quando culturale è simile
si impiega quello strumento di valutazione con diversi gruppi alla validità
esterna
culturali. Per meglio esplicitare quanto intendiamo potrem-
mo “azzardare” che la validità culturale è simile alla validità
esterna, perché riguarda il grado in cui le diagnosi e i risultati
della valutazione clinica possono essere generalizzati a gruppi
culturali distinti e a differenti contesti culturali. La mancanza
di validità culturale non solo può produrre diagnosi imprecise
e indurre a ipotizzare interventi che non sono adeguati al fun-
zionamento del soggetto, ma può anche portare a stigmatizza-
re alcuni gruppi di persone.
La validità culturale è importante anche in rapporto alla vali-
dità interna, perché riguarda il fatto se lo strumento rileva – e
in quale misura – il costrutto attraverso diversi contesti sociali
e culturali.
Allo psicologo spetta il compito di stimare la validità culturale
del test in modo da ipotizzare se sia possibile ottenere dei pun-
teggi validi su una caratteristica clinicamente rilevante, tra-
Le domande
sversalmente alle diverse culture. A tal fine è utile che lo psico- che lo psicologo
logo si ponga alcune domande prima di somministrare un test: si deve porre
8 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

• In che misura la prova è coerente con il pensiero presente


parte I

nella cultura del paziente?


• Le popolazioni culturalmente e linguisticamente diverse
sono state rappresentate in modo adeguato durante l’inte-
ro processo di sviluppo del test?
• In quale misura il processo di sviluppo del test ha preso in
considerazione le modalità con cui le persone che proven-
gono da contesti culturali differenti comprendono gli item?
• Fino a che punto le fasi di revisione del test hanno tenuto
conto di fonti multiple di informazione e quali analisi sono
state condotte per valutare l’effetto sui punteggi dell’ap-
partenenza a una specifica cultura? (Solano-Flores, 2011).

6. I test sono un prodotto commerciale?


I test, come qualsiasi prodotto, hanno implicazioni economi-
che. Negli Standards for educational and psychological testing3
17, 50 si legge: “Gli interessi delle parti coinvolte nel testing possono
essere o meno congruenti” (AERA, APA e NCME, 2014, p. 3).
Chi sono Ma quali sono le parti coinvolte nella creazione di test? Gli au-
gli autori dei test tori dei test possono essere:
• ricercatori che hanno costruito una prima versione del test
perché necessitavano di uno strumento in grado di misura-
re un costrutto specifico;
• clinici che hanno sviluppato un test ai fini della loro attività
diagnostica: l’intenzione è quella di rilevare in maniera si-
stematica le caratteristiche di “quel” fenomeno e, in alcuni
casi, di differenziare tra livelli di gravità.

La creazione di un nuovo test implica un grande lavoro di ri-


cerca che ha la finalità di individuare un’adeguata definizio-
ne del costrutto che si intende misurare, la costruzione dello
strumento e la verifica della sua capacità di misurare adegua-
tamente il o i costrutti ipotizzati. È quindi possibile che ci sia-

3 Negli Standards for educational and psychological testing si affrontano i proble-


mi relativi alla costruzione e alla valutazione dei test, alla loro somministrazione
e al loro impiego con popolazioni normali e speciali. Nel corso degli anni sono
state pubblicate successive revisioni (APA, 1966; AERA, APA e NCME, 1974,
1985, 1999, 2014).
Da ora in poi, nel volume, ci riferiremo a essi, semplicemente, come Standards.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 9

no revisioni successive dello strumento e, di conseguenza, che

parte I
nelle diverse versioni alcune sue parti siano cambiate o elimi-
nate in quanto rispondono solo in misura parziale alle ipotesi
iniziali. La strada per arrivare alla forma definitiva di un test è
complessa e… “travagliata”.
Il lungo iter di creazione del test implica anche dei costi per le Costi di sviluppo
case editrici. Tali costi sono giustificati solo se si potrà succes-
sivamente vendere il test come strumento per la ricerca o per
la clinica o per entrambi.
Il ricorso ai test rappresenta un costo anche per chi li impiega,
sia esso il singolo professionista nel suo studio sia uno psico-
logo all’interno di un’istituzione. Bisogna infatti acquistare
i materiali-stimolo, i manuali che descrivono le modalità di
somministrazione e scoring e che riportano i dati normativi,
i protocolli di notazione e l’eventuale scoring informatizzato.
Nel tentativo di eludere il problema, alcuni professionisti fo-
tocopiano manuali e protocolli, probabilmente sottovalutando 17
che questa è una cattiva prassi che vìola le leggi sul copyright e
che espone sia il professionista sia l’istituzione ad azioni legali.

7. Cosa si intende per “test di screening”?


Il test di screening è “qualsiasi tipo di test progettato per dif-
ferenziare le persone […] in base a una determinata caratte-
ristica o proprietà” (APA, 2015, p. 943). In questa categoria
rientrano gli strumenti che permettono di individuare velo-
cemente quelle variabili che sono più rilevanti per il problema
lamentato dal paziente. Uno screening preliminare al testing
permette, inoltre, di individuare rapidamente aree problema-
tiche che possono o che potrebbero non essere state portate
all’attenzione del clinico.
Le finalità per cui si possono usare questi strumenti sono prin- Finalità
cipalmente le seguenti:
• comprendere meglio i motivi dell’invio e/o del testing;
• rilevare la presenza di fattori di rischio associati a deter-
minate condizioni durante, ad esempio, la prima infanzia
e gli anni della scuola primaria. In questo caso, la finalità
di somministrare test di screening a un elevato numero di
bambini è quella di identificare, in tempi brevi e con bassi
costi, chi potrebbe successivamente necessitare di un mo-
10 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

nitoraggio dell’eventuale sviluppo di problemi emotivi, di-


parte I

sabilità intellettiva, disturbi specifici dell’apprendimento4


o altri disturbi del neurosviluppo;
• orientare il testing o l’approfondimento diagnostico. I pa-
reri a questo proposito sono discordi. Alcuni autori riten-
gono che le informazioni raccolte siano poco affidabili.
Altri sostengono che i dati ottenuti possano aiutare nella
selezione degli strumenti e, quindi, ridurre tempi e costi
della valutazione, oltre che l’affaticamento del paziente e
del clinico. Se da una parte è vero che lo strumento di scre-
ening non permette di individuare quale potrebbe essere
l’effettiva causa o le diverse concause che concorrono al
problema che ha determinato la richiesta di consultazio-
ne, può però fornire indizi importanti in merito a quanto
si dovrebbe indagare in una fase successiva con strumenti
ad hoc.

Se lo screening può essere un utile precursore rispetto alle fasi


iniziali del processo diagnostico in quanto permette un’indagi-
ne preliminare, bisogna evitare che si “trasformi” in una “bat-
teria breve” che sostituisce il testing.

8. Cos’è l’effetto Flynn?


Con effetto Flynn si indica l’aumento, nel corso del tempo, dei
punteggi ai test standardizzati di intelligenza.
L’effetto Flynn è stato descritto per la prima volta nel 1984 da
J.R. Flynn che riscontrò un aumento di 13.8 punti nei punteggi
di QI tra il 1932 e il 1978, pari cioè a un aumento di .3 punti
all’anno e, quindi, di circa 3 punti per ogni decennio (Flynn,
1984, 1999; Kaufman e Weiss, 2010; Trahan, Stuebing, Hi-
scock e Fletcher, 2014). Cosa vuol dire in concreto? Se si ri-
somministra a un medesimo individuo – dopo alcuni anni dal-
la prima somministrazione – lo stesso test, è probabile che il
punteggio di QI ottenuto sia superiore al precedente. Al fine
di “correggere” questo fenomeno, Flynn (2006) ha creato una

4  Ad esempio, nelle scuole vengono spesso somministrati test di screening per


rilevare fattori di rischio per i disturbi specifici dell’apprendimento. In caso sia
verificata la presenza dei fattori di rischio viene proposta una valutazione dia-
gnostica con strumenti specifici.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 11

formula che permette di convertire i punteggi del QI in una

parte I
metrica comune, utilizzando un incremento medio stimato di
3 punti QI per decennio.
L’incremento dei risultati non è necessariamente imputabile Cause
a un aumento del livello generale dell’intelligenza come con-
venzionalmente inteso. Secondo Flynn (2006), le possibili
cause dell’aumento sono principalmente due:
• Il cambiamento nelle modalità di erogazione dell’istruzione.
Nel periodo antecedente alla Seconda guerra mondiale,
è aumentato il numero di anni di scolarità obbligatoria e
sono cambiate le finalità: nello specifico alle richieste di
apprendimento ripetitivo si è aggiunto il potenziamento
delle strategie di problem solving.
• La “diffusione della scienza in senso lato”. Nel corso degli
anni sono aumentate le occasioni di divulgazione del ra-
gionamento scientifico e sono migliorate le capacità di
pensiero astratto e di categorizzazione delle persone, pre-
requisiti indispensabili per ottenere buoni risultati ai per-
formance-based test che si avvalgono di stimoli non verbali
(Trahan, Stuebing, Hiscock e Fletcher, 2014). Sul luogo di
lavoro si è attribuita maggiore importanza alle competen-
ze finalizzate alla risoluzione di problemi; nella vita quoti-
diana è aumentato il tempo da dedicare ad attività cogniti-
vamente coinvolgenti.

Diversi autori si sono chiesti se questo effetto dipendesse an-


che dal fatto che, nel corso del ventesimo secolo, in diversi pa-
esi è stata rivolta maggiore attenzione alla salute della madre
durante la gestazione, cosa che ha avuto ricadute sulle condi-
zioni di salute e sul benessere generale dei bambini.
Dalle ricerche relative all’effetto Flynn emerge che l’incremen- L’effetto Flynn è
to è maggiore nei performance-based test che valutano specifi- più evidente nelle
che abilità cognitive quali, ad esempio, l’elaborazione visiva prove che valutano
alcune abilità
e il ragionamento fluido come operazionalizzati nel modello cognitive
di Cattell, Horn e Carroll (CHC; McGrew, 1997; Schneider e
McGrew, 2018). Lo psicologo può quindi aspettarsi un aumen-
to del punteggio ai test come le Matrici Progressive di Raven
(Neisser, 1997) e ai subtest delle scale Wechsler che valuta-
no abilità di elaborazione visiva (Dickinson e Hiscock, 2011;
Flynn, 1999). Ai test che misurano l’intelligenza cristallizzata
– sempre operazionalizzata secondo il modello CHC – l’incre-
12 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

mento è minore (Trahan, Stuebing, Hiscock e Fletcher, 2014).


parte I

Ci si domanda anche se e in quale misura il fenomeno dell’ef-


fetto Flynn sia generalizzabile a livello mondiale (Kaufman e
Weiss, 2010; Neisser, 1998). I dati di alcune ricerche permet-
tono di ipotizzare che, in paesi molto sviluppati, l’effetto Flynn
scompaia o addirittura inverta la tendenza (Sundet, Barlaug e
Torjussen, 2004; Teasdale e Owen, 2005, 2008). Altri dati di
ricerca sembrano indicare che la dimensione dell’effetto vari
tra campioni di diverse età, genere e scolarità (Zhou, Grégoire
e Zhu, 2010).
È possibile che maggiori conoscenze sulla fisiologia cerebrale
permetteranno di chiarire gli eventuali motivi che determi-
nano l’aumento dei punteggi di QI nel tempo: ad esempio, in
quale modo il cervello si adatta a nuove abitudini, come e per-
ché alcune abilità aumentano nel tempo (ad es., l’intelligenza
fluida), mentre altre rimangono inalterate (ad es., le capacità
di ragionamento aritmetico, l’ampiezza del vocabolario e le
conoscenze generali).

9. Cos’è il card-pull?
Il termine è riferito a uno specifico meccanismo del processo
di risposta agli stimulus-attribution test e agli storytelling, ovve-
ro strumenti in cui si chiede al soggetto di attribuire un signifi-
cato a stimoli di natura visiva.
Il meccanismo – letteralmente definito come il “potere di spin-
ta” esercitato dalle caratteristiche dello stimolo presentato
unitamente alla modalità “personale” con cui il soggetto svol-
ge il compito richiesto dal test (Del Corno e Lang, 2006) – è
stato oggetto di attenzione da parte di numerosi autori.
Il card-pull porta ad aggiungere nella narrazione elementi non
presenti nello stimolo. Di conseguenza permette di rilevare
una variabile che è fondamentale per la lettura delle risposte
agli stimulus-attribution test e agli storytelling: quanto percepito
dal soggetto è determinato dal suo vissuto e/o da un aspetto
del suo mondo interiore, oppure dalla percezione di quanto
raffigurato nello stimolo? È quindi fondamentale valutare se
la percezione degli stimoli da parte del soggetto sia simile o si
discosti da quella della maggior parte delle persone. In questo
modo si rileva se la risposta includa elementi “abitualmente
PARTE I - Informazioni generali sul testing 13

presenti” nelle risposte della maggior parte delle persone, op-

parte I
pure sia specifica del soggetto. 94
Conoscere il significato attribuito dalla maggior parte delle
persone agli stimoli facilita il processo interpretativo, perché
(1) permette di sapere quali aspetti strutturali, tematici e com-
portamentali sono abitualmente individuati in ogni stimolo;
(2) aiuta a identificare in quale misura il soggetto si discosta
dalle attese: più le risposte colgono quanto effettivamente rap-
presentato negli stimoli, più sono indicative di quanto la per-
cezione del soggetto sia analoga a quella della maggior parte
delle persone; (3) consente di rilevare le caratteristiche idio-
grafiche dell’individuo quanto più le risposte si discostano da
quanto atteso (Weiner e Green, 2017).
Se la persona gestisce in maniera “tipica” uno stimolo, è pro-
babile che sia in grado di rispondere in “modo tipico” anche ad
altre situazioni nella sua vita quotidiana. Da qui la possibilità
di rilevare punti di forza o di debolezza negli stili di coping del
soggetto.
Le risposte formulate in base al meccanismo del card-pull Rivelazione
sono invece uniche e rivelano bisogni, atteggiamenti, conflitti di bisogni,
e preoccupazioni specifici dell’individuo (Weiner, 1975). atteggiamenti,
conflitti e
Consideriamo a titolo esemplificativo il meccanismo del card- preoccupazioni
pull in un test quale il Rorschach. È fondamentale l’assunto di specifici
Rorschach (1921; ed. it. 2018), secondo cui le macchie non in- dell’individuo
ducono un libero fluire dell’inconscio, ma richiedono un adat-
tamento a stimoli esterni e pertanto reali. L’organizzazione
percettiva nella formulazione della risposta è quindi centrale,
come sottolineato da Rapaport, Gill e Schafer (1945/1946, tr.
it. 1975, p. 315):

Il fatto che un gruppo molto considerevole della


popolazione generale – a prescindere dall’estrema
gamma di tendenze adattative e disadattative –
veda la stessa risposta a una tavola indica che la
tavola stessa induce – in maniera maggiore o mi-
nore – una organizzazione percettiva specifica e,
di conseguenza, uno specifico contenuto associa-
tivo. In questo senso, le aree in cui sono date le ri-
sposte popolari rappresentano un pezzo di realtà
relativamente ben definito e il suo significato “è
un problema di accordo sociale”. La capacità di
14 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

un soggetto di rispondere a queste aree delle mac-


parte I

chie d’inchiostro diventa la misura del suo senso


dell’ovvio.

Da qui quanto asserito, qualche anno dopo, da Beck, Beck,


Levitt e Molish: “L’analisi di un ampio numero di risposte
suggerisce che alcune macchie o parti delle stesse hanno un
particolare pull, vale a dire elicitano una determinata classe di
risposte” (1961, p. 133).
Diverse pubblicazioni riportano la frequenza attesa del con-
tenuto delle risposte in soggetti adulti (Aronow e Reznikoff,
1976; Aronow, Reznikoff e Moreland, 1994; Exner e Erdberg,
2005; Klopfer, Ainsworth, Klopfer e Holt, 1954; Weiner e Gre-
ene, 2017).

10. C hi è abilitato a somministrare i test e


a leggerne i risultati?

Non tutte le persone sono abilitate a somministrare i test e a


interpretarne i risultati. In Italia, infatti, la legge 18 febbraio
1989, n. 56 “Ordinamento della professione dello psicologo”
(Gazzetta Ufficiale del 24/2/1989, n. 46, serie generale) san-
cisce che solamente coloro che sono iscritti all’Albo profes-
sionale possono esercitare la professione di psicologo, che
“comprende l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per
la prevenzione, la diagnosi e le attività di abilitazione-riabilita-
zione e di sostegno in ambito psicologico” (art. 1). La sommini-
strazione di test, la valutazione e l’interpretazione dei risultati
sono quindi delegate agli psicologi iscritti all’Albo. L’abilitazio-
ne è perciò il prerequisito indispensabile per utilizzare i test
psicologici.
La Dichiarazione universale dei principi etici per gli psicolo-
gi (IUPsyS, 2018), adottata dall’assemblea della International
Union of Psychological Science (IUPsyS, il 22 luglio 2008),
www.iupsys.net/
sancisce le norme etiche che regolano l’esercizio della profes-
about/archives-
and-documents/ sione e sottolinea l’importanza sia dell’impiego appropriato
policy/universal- degli strumenti sia la necessità di adeguate competenze dei
declaration-of- somministratori per la tutela degli utenti.
ethical-principles- I codici etici e le relative declinazioni deontologiche naziona-
for-psychologists
li avevano già espresso raccomandazioni specifiche in meri-
PARTE I - Informazioni generali sul testing 15

to all’utilizzo dei test e degli strumenti psicodiagnostici. Per

parte I
quanto riguarda l’Italia, i riferimenti sono il Meta-code of
Ethics, adottato nel 1995 dalla European Federation of Psycho-
logists’ Association (EFPA) e sottoposto a revisione nel 2005, http://ethics.efpa.
e il Codice deontologico degli psicologi italiani (CNOP, 1998). eu/metaand-model-
code/meta-code
Il Meta-code of Ethics è un insieme di principi normativi con-
divisi da tutte le comunità degli psicologi a livello europeo, che
pone esplicitamente in evidenza alcune cautele e vincoli rile-
vanti per la formazione, la somministrazione e la lettura dei
risultati ai test.
Il Codice deontologico degli psicologi italiani è allineato con Il Codice
tali principi e ne rappresenta la declinazione prescrittiva: sin deontologico degli
dai primi articoli sono specificati la responsabilità sociale (art. psicologi italiani
3), il rispetto dei diritti degli utenti (art. 4) e la necessaria com-
petenza di chi utilizza i test (art. 5):

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello ade-


guato di preparazione e aggiornamento professio-
nale, con particolare riguardo ai settori nei quali
opera. La violazione dell’obbligo di formazione
continua determina un illecito disciplinare che è
sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’or-
dinamento professionale. Riconosce i limiti della
propria competenza e usa, pertanto, solo strumen-
ti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata
competenza e, ove necessario, formale autoriz-
zazione. Lo psicologo impiega metodologie delle
quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti www.apa.org/
scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o science/programs/
testing
utente, aspettative infondate.
https://aarc-
A livello internazionale diverse associazioni di categoria han- counseling.org/
no pubblicato documenti, in cui sono dettagliatamente de- resources
scritte le competenze che lo psicologo dovrebbe avere per un
impiego consapevole dello strumento: tra queste ricordiamo
l’American Psychological Association e l’Association for As-
sessment in Counseling. www.appic.org/
Come esplicitato dalla Competencies Conference del 2002, About-APPIC/News/
lo psicologo che somministra i test e ne interpreta i risultati APPIC-Archive/
Competencies-
deve avere numerose conoscenze e competenze relative alla
Conference-2002
psicometria, ai fondamenti scientifici, teorici ed empirici per
16 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

la valutazione psicologica, all’interazione tra contesti in cui


parte I

avviene la valutazione, all’interazione tra soggetto e psicolo-


go, alla strutturazione e al mantenimento di una relazione pro-
fessionale di collaborazione indispensabile per l’affidabilità
dei risultati, all’uso delle tecniche per valutare le dimensioni
cognitive, affettive, comportamentali e di personalità5, all’in-
tegrazione delle informazioni e alla formulazione di ipotesi
diagnostiche, alla relazione tra esiti della valutazione e inter-
vento, alla comunicazione dei risultati alle persone coinvolte
(ad es., soggetto, genitori o tutori, medico/psichiatra/neuro-
psichiatra inviante e insegnante) e alla valutazione del tratta-
mento e/o dell’intervento.

11. I “disegni” sono dei test?


La richiesta di “fare un disegno” è quella di svolgere un compi-
to facile, da sempre piuttosto ben accetta dalla maggior parte
dei soggetti (bambini, adolescenti, adulti e anziani) e che ne-
cessita poco tempo per essere portata a termine.
È un compito noto in cui non esistono risposte giuste o sba-
gliate, per cui è più facile mantenere l’alleanza diagnostica.
68 La somministrazione non richiede lo studio di particolari
procedure e l’attribuzione dei punteggi non prevede training
specifici6. Ciononostante, il ricorso all’impiego del “disegno”
in psicologia è un capitolo molto travagliato della storia del te-
sting. Sottostanti alcuni quesiti che non si possono ignorare: i
disegni possono essere annoverati tra i test psicologici o sono
“altro”? si continuano a utilizzare perché sono indispensabili
nella pratica clinica oppure si impiegano per consuetudine o,
ancora, perché sono “strumenti facili” che liberano lo psicolo-
go dai molteplici vincoli posti dagli altri test?
La valutazione del “disegno” sembrerebbe soddisfare varie fi-
nalità: stimare il livello cognitivo, individuare specifici tratti di

5  Oltre a fare riferimento ai manuali di somministrazione e di scoring dei sin-


goli strumenti, il clinico può avvalersi degli Standards (AERA, APA e NCME,
2014), in cui sono approfondite le linee guida per la somministrazione e lo sco-
ring dei singoli test.
6  Ad esempio, il disegno della figura umana è uno strumento semplice, non
“intrusivo”, che sembrerebbe permettere di valutare sia il livello cognitivo sia
caratteristiche di personalità.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 17

personalità e rilevare eventuali problemi relativi alle capacità Uno dei

parte I
di adattamento, nonché criticità presenti nelle dinamiche fa- passe-partout
miliari. In qualche misura il “disegno” diventa uno dei passe- dello psicologo
del secolo scorso
partout dello psicologo del secolo scorso.
I motivi che hanno determinato la diffusione di questa modali-
tà di valutazione, nel corso dei decenni, sono cambiati, anche
a causa degli accesi confronti in ambito scientifico in merito
alla validità e all’attendibilità del “disegno” come strumento
di valutazione. Alcuni autori, infatti, sono dell’avviso che va-
lutazioni diagnostiche basate sull’interpretazione dei disegni
della figura umana o test analoghi non siano affidabili (Fuller,
Preuss e Hawkins, 1970; Peterson e Batsche, 1983; Sherman,
1958; Wanderer, 1969); altri, invece, considerano che siano
tecniche affidabili che permettono di comprendere il funzio-
namento psicologico (Goldman e Velasco, 1980; Swensen,
1968).
Al fine di chiarire meglio le due posizioni opposte vale la pena
ricordare quanto sostenuto da Smith (2011), che sottolinea la
differenza tra test e tecniche di indagine (Goldstein e Naglieri,
2011). Uno strumento è considerato un test se misura uno o più
costrutti operazionalizzati, se è somministrato secondo regole
e materiali standardizzati, in modo che differenti esaminatori
possano replicare le medesime condizioni, e risponde ai crite-
ri di validità e attendibilità. Le “tecniche di indagine”, invece,
non richiedono criteri standard di somministrazione e sistemi
di scoring definiti, non hanno un campione di standardizzazio-
ne e possono non avere dati di validità e attendibilità adegua-
ti. Ne deriva che disegni, racconti di storie e completamento Tecniche
di frasi sono “tecniche di indagine” e non test (Goldstein e di indagine,
Naglieri, 2011). Questo non comporta che i disegni non deb- non test
bano essere utilizzati o non siano una parte importante della
valutazione psicologica. I disegni sono strumenti molto utili
se impiegati per formulare ipotesi. La loro rilevanza si riduce
nel momento in cui si utilizzano per “validare delle ipotesi”
(Knoff, 2003).
I disegni come tecniche di indagine possono essere uno stru-
mento interessante per facilitare la comunicazione tra psicolo-
go e paziente, soprattutto in caso di soggetti che sono “blocca-
ti” e/o che hanno difficoltà a parlare o tendono a essere evasivi,
così come con bambini che hanno subìto traumi (Matto, 2007).
18 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

Test e valutazione psicologica


parte I

12. C osa si intende per “valutazione


psicologica”?

La valutazione psicologica è un processo:


• flessibile, non standardizzato, che ha l’obiettivo di rispon-
dere a uno o più interrogativi, raccogliendo, valutando e
analizzando dati congrui con le finalità che si vogliono per-
seguire (Maloney e Ward, 1976; Weiner, 2013);
• attraverso il quale il clinico integra informazioni che pro-
vengono da fonti differenti (ad es., punteggi dei test, dati
bio-psico-sociali e informazioni fornite dal soggetto e/o da
altre persone che lo conoscono);
• che permette di rispondere ai quesiti sottesi all’invio del
soggetto e di fornire, qualora necessario, indicazioni su pos-
sibili modalità di intervento al paziente, all’inviante e/o ai
familiari (Geisinger et al., 2013; Matarazzo, 1990; Meyer et
al., 2001). È compito del clinico, in base al quesito cui vuole
rispondere, confrontare e integrare i dati raccolti, prestan-
do particolare attenzione alle discrepanze, e interpretarli in
base al modello di funzionamento tipico e atipico prescelto.

Nel corso della valutazione psicologica il clinico si avvale di


strumenti diversi, tra cui anche i test, che sono stati selezionati
in maniera mirata, e formula ipotesi relative al funzionamento
della persona (Cohen e Swerdlik, 2010).
Descrivere La complessità di questa valutazione è intrinseca al suo obiet-
il funzionamento tivo: descrivere, nel modo più fedele possibile, il funziona-
della persona mento della persona (emotivo, cognitivo e adattivo) nei diversi
contesti di vita.
Nel corso degli anni sono stati proposti modelli differenti di va-
lutazione psicologica. Ricordiamo, tra gli altri, il collaborative
psychological assessment (Fischer, 1978, 2006), il therapeutic colla-
borative assessment (Finn, 2003; Finn e Martin, 1997; Finn e Ton-
sager, 2002) e il dynamic assessment7 (Haywood e Lidz, 2007).

7  Si basa sulla seguente sequenza: valutazione, intervento e nuova valutazio-


ne. Gli interventi fatti tra le due valutazioni possono avere forme diverse a se-
conda degli obiettivi del dynamic assessment. Questo tipo di valutazione è spesso
utilizzato nei contesti educativi.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 19

La scelta del modello di valutazione psicologica non deve esse-

parte I
re un’opzione solo teorica, ma l’esito di un pensiero clinico che
ha indotto lo psicologo a selezionare quell’approccio al proble-
ma del paziente e quella modalità di raccolta dati, in quanto,
a suo avviso, hanno il maggiore potere esplicativo rispetto al
disagio/sofferenza/deficit alla base della consultazione.

13. Q
 uale relazione tra testing e
valutazione psicologica?

Si può definire il testing come il processo che permette di eli- Testing


citare costrutti psicologici con strumenti o procedure, al fine come processo
di ottenere un esempio di comportamento e di quantificarlo che permette
di elicitare costrutti
(Cohen e Swerdlik, 2010). In psicologia clinica, quando si im- psicologici
piega questo termine, si intende un processo che prevede la con strumenti
somministrazione di uno o più test, lo scoring delle risposte, il o procedure
calcolo dei punteggi e la descrizione di quanto emerso. Da qui
la definizione di Zhu e Weiss, per i quali il testing è

[un] processo di raccolta di dati in cui i comporta-


menti di un individuo sono presi come campione
e osservati in maniera sistematica in un ambiente
standardizzato (2005, p. 310).

Il clinico inferisce la specificità del funzionamento del sogget-


to dalle risposte date – soprattutto nel caso di strumenti che
valutano abilità e funzionamenti specifici (performance-based
test) – e/o dal tipo di significato che il soggetto attribuisce allo
stimolo – ad es., raccontare una storia usando un’immagine
come stimolo o attribuendo un significato a figure indefini-
te come nel test di Rorschach (stimulus-attribution test) – e/o
dal valore da lui assegnato a un’affermazione (ad es., nei
self-attribution test o in una rating scale).
I punteggi ottenuti possono essere oggetto di una lettura sia
nomotetica sia idiografica. 93 , 94
Le prove che lo psicologo sceglie di somministrare devono es-
sere standardizzate e basate su evidenze scientifiche (Shedler,
Mayman e Manis, 1993; Maltzman, 2013). Da qui la necessità
che la scelta del test sia determinata anche dalle sue proprietà
psicometriche.
20 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

L’approccio dello psicologo che somministra i test (testing) è


parte I

data-oriented e il fine ultimo è quello di pervenire a una descri-


zione del tratto o dell’abilità che il test misura (Groth-Marnat
e Wright, 2016). I test permettono quindi di “misurare” il co-
strutto per cui sono stati realizzati e non altri, che sono o sem-
12 brano analoghi, ma sono diversamente operazionalizzati.
Se la finalità è la valutazione psicologica, l’obiettivo del clinico
è differente rispetto alla sola somministrazione dei test. Deve
36 infatti rilevare le modalità di “funzionamento” della persona in
base a molteplici parametri, quali la sua storia evolutiva, le con-
dizioni di salute o malattia, l’appartenenza a una specifica co-
orte, lo status socioeconomico, i background factors, ecc. Questi
59

box 1
Testing vs valutazione psicologica

Testing Valutazione psicologica


Processo di Processo di problem solving
somministrazione, scoring messo in atto dal clinico per
dei test e lettura dei rispondere ai quesiti clinici
risultati ai test. che hanno portato alla
consultazione.
Fa riferimento alla Fa riferimento alla
descrizione e allo studio di descrizione e all’analisi di
un soggetto rispetto a un uno specifico individuo in
gruppo normativo. una particolare situazione
problematica.
Si avvale di strumenti Si avvale del pensiero
standardizzati per misurare clinico per mettere
i costrutti. in relazione i dati che
provengono da più fonti
(test, interviste, colloqui,
precedenti valutazioni
psicodiagnostiche, ecc.).
Richiede che lo psicologo Richiede che lo psicologo
abbia competenze abbia competenze nell’a-
specifiche nella nalisi e nella sintesi di dati
somministrazione, nello provenienti da più fonti, co-
scoring e nella lettura dei noscenze psicopatologiche
risultati dei test. e competenze cliniche.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 21

dati sono “organizzati” in base ai parametri che contraddistin-

parte I
guono i modelli di funzionamento psicologico tipico e atipico
che il clinico privilegia (Zhu e Weiss, 2005; Maltzman, 2013).
Nel box 1 sono riportate alcune delle principali caratteristiche
dei costrutti testing e valutazione psicologica.

14. P erché somministrare dei test per la


valutazione psicologica?

In psicologia clinica i test forniscono dati per la diagnosi (sym-


ptom behavior-oriented, di struttura e/o funzionale) e per l’indi-
cazione/controindicazione ai trattamenti.
Alcuni clinici sono convinti dell’utilità dei test a scopo dia-
gnostico, mentre altri dissentono. I dubbi, nella maggior parte
dei casi, non riguardano specificatamente i test, ma l’attività
diagnostica, cioè il processo diagnostico. Nel corso degli anni
sono stati messi a punto diversi modelli di interpretazione del
disturbo psichico che riflettono i conflitti tra culture psicolo-
giche diverse e le differenti concezioni della natura umana e
delle condizioni necessarie per promuovere un cambiamento
terapeutico. In questo contesto, alcuni clinici (di formazione
umanistica, behaviorista, cognitivista e la maggior parte degli
psicoanalisti) hanno negato l’importanza e il significato della
diagnosi, mentre altri ne hanno sottolineato ripetutamente la
necessità. Il processo di valutazione psicologica subisce, per-
tanto, continue variazioni (sono cambiati gli strumenti e il loro
impiego) ed è influenzato dalle teorie assunte, di volta in volta,
come riferimento. Oggi siamo in un momento storico in cui si
propende per la multicausalità del disturbo psichico e per la
sua dimensionalità. Questo sembra sostenere la necessità di
un’accurata diagnostica, che si avvalga di strumenti diversi e
sia finalizzata a individuare gli elementi che aumentano l’effi-
cacia dei diversi trattamenti.
Ci si è anche resi conto che i test permettono, nella maggior I test permettono
parte dei casi, di individuare cluster di fattori che hanno un di individuare
diverso livello di probabilità di essere associati a quadri psico- cluster di fattori
patologici, benché non forniscano “indicatori certi di psicopa-
tologia”. L’obiettivo diagnostico ha subìto, quindi, un’ulteriore
modificazione. Quando si sottopone un paziente ai test, i que-
siti non sono più: “Qual è la diagnosi del paziente?” e “Qual
22 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

è il trattamento migliore in assoluto?”, bensì: “Quali sono gli


parte I

elementi che caratterizzano il funzionamento del paziente?”,


“Quali le modalità adattative messe in atto?”, “Qual è la mo-
dalità più adeguata per affrontare il problema che sembra
essere prioritario nel mantenimento del disagio psichico e/o
della sofferenza?”. L’oggetto della diagnosi in psicologia cli-
nica diventa quindi, in senso lato, lo “star male” del paziente,
che può essere variamente declinato come malattia mentale,
disagio, sofferenza o assumere connotazioni più specifiche –
come, ad esempio, disturbo di personalità o disturbo emotivo
o cognitivo o relazionale – a seconda del vertice osservativo in
cui si pone il clinico. Concordiamo con Menninger, Mayman e
Pruyser (1963, p. 7) quando scrivono che la finalità principale
di una diagnosi è comprendere “come il paziente si è ammala-
to e quanto è ammalato, perché si è ammalato e a che cosa gli
serve la malattia”.

15. Quali informazioni dovrebbe avere lo


psicologo per la selezione dei test da
somministrare?

Le conoscenze relative a due gruppi di informazioni sono indi-


spensabili per la scelta degli strumenti da somministrare:
1. dati anagrafici e relativi al contesto di vita del paziente (ad
es., provenienza, lingua madre, età, scuole frequentate,
professione, stato di salute, assunzione di farmaci e prece-
denti valutazioni) e motivo della valutazione;
2. criteri in base ai quali decidere se impiegare alcuni stru-
51, 52 menti invece di altri e se privilegiare una batteria fissa o
una flessibile di test.

Informazioni Avere, prima di iniziare la somministrazione dei test, informa-


preliminari zioni relative allo sviluppo del paziente, aumenta la probabilità
di fare una valutazione tailored. In tutti gli ambulatori o studi
in cui si fanno i test – a prescindere che siano strutture pubbli-
che o private – è opportuno che siano disponibili dei moduli
da compilare che facilitano la raccolta delle informazioni pre-
liminari relative al paziente, come, ad esempio, dati anagrafici
13 o reperibilità del paziente e/o dei suoi caregiver, età e motivi
della valutazione (finalità del testing).
PARTE I - Informazioni generali sul testing 23

Non dimentichiamoci che non sempre “fare i test” è utile, vuoi

parte I
perché gli strumenti a nostra disposizione non possono rispon-
dere al quesito clinico, vuoi perché non sono chiari i motivi che
hanno portato alla decisione del testing. Da qui la necessità di
chiarire scopi e obiettivi, che ovviamente sono differenti a se-
conda delle fasi di vita.
Alcune volte, infatti, la mancata analisi degli obiettivi del te-
sting può portare alla scelta di strumenti non “idonei” a misu-
rare i costrutti alla base dei motivi della valutazione. Ad esem-
pio, se si vuole valutare la school readiness (Blair, 2003; Blair e
Raver, 2015), si devono impiegare strumenti che permettano
di valutare se il bambino abbia i requisiti necessari per il suo
inserimento a scuola. Compito dello psicologo è quello di sele-
zionare test appropriati per le finalità della valutazione e/o per
le caratteristiche del bambino.

In alcuni casi è semplice individuare dei criteri in base ai quali Criteri in base
decidere se impiegare uno strumento piuttosto che un altro, ai quali scegliere
ma in tanti altri casi è più complicato. Il distinguo è – quasi un test
sempre – dettato da un principio di realtà, ossia dal numero di
test presenti sul mercato che valutano uno specifico costrutto o
costrutti analoghi, e dalle conoscenze dello psicologo rispetto
ai test.
Gli scenari che possiamo avere di fronte sono differenti:
• non avere strumenti che valutano il costrutto che si vuole
misurare;
• avere a disposizione strumenti che valutano costrutti in
parte diversi da quello che si vuole misurare per cui è com-
pito dello psicologo individuare possibili corrispondenze;
• avere a disposizione strumenti che colgono aspetti diffe-
renti di un medesimo costrutto, che possono essere im-
piegati per una prima misurazione, i cui i risultati devono
essere oggetto di un pensiero clinico;
• avere a disposizione più strumenti, che misurano lo stesso
costrutto, tra cui è necessario scegliere.

In base alla nostra esperienza, sono da privilegiare gli stru-


menti:
• in cui il costrutto è operazionalizzato secondo un modello
applicato a priori o a posteriori; 63
• che prevedono degli accomodamenti codificati;
24 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

• in cui il campione di taratura include soggetti con l’età cro-


parte I

nologica del paziente;


• i cui carichi linguistico e culturale corrispondono alla re-
altà del soggetto valutato. Molto spesso nella scelta dello
o degli strumenti da somministrare prevalgono delle con-
vinzioni erronee: ad esempio, si ritiene che test di cancella-
zione, memoria di cifre (che è un subtest quasi sempre pre-
sente), test a tempo, test di ragionamento, test non verbali
e semplici test sui tempi di reazione, siano liberi dall’in-
fluenza dei fattori culturali. In realtà questo è falso. Possia-
mo solo affermare che, rispetto a un subtest, ad esempio,
21 di vocabolario, sono considerati più culturalmente liberi,
ma non sono privi di un carico culturale;
• per i quali esista una letteratura relativa al “peso” da attribui-
re ai background factors del paziente sui risultati conseguiti.
59 Alcuni colleghi hanno presente che – soprattutto per i test
performance-based – spesso si sottolinea l’importanza di
avere norme che tengano conto delle diverse variabili che
possono incidere sulla prestazione.

16. U
 n unico test è sufficiente per valutare
il funzionamento di una persona?

Per iniziare a rispondere a questa domanda, peraltro molto


complessa, prendiamo spunto da quanto scritto da Hammill,
Pearson e Wiederholt (2009; ad. it. 2016, p. 29):

Troppo spesso coloro che somministrano test di-


menticano che non sono i test a formulare la dia-
gnosi, ma le persone, e che queste ultime, per man-
canza di tempo o per altre ragioni, basano le loro
diagnosi esclusivamente sui risultati emersi da un
singolo test. Fondare una diagnosi sui risultati di
un unico test – un qualsivoglia test – è una prati-
ca rischiosa che andrebbe evitata. Un test rappre-
senta uno strumento utile per stimare il livello di
prestazione di un soggetto in un dato momento e
in una particolare situazione. Neanche il miglior
test può tuttavia spiegare perché un individuo ha
fornito quella specifica prestazione.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 25

Fatta questa premessa, la risposta all’interrogativo è: “Dipen-

parte I
de”. Ma dipende da cosa? Fondamentalmente da due elemen-
ti: (1) la finalità per cui si somministra un test e (2) gli strumenti
a disposizione del clinico, che hanno caratteristiche specifiche
e quindi valutano costrutti che possono essere molto diversi
tra di loro.
Si può somministrare un unico test se: Quando è
• lo psicologo deve valutare un costrutto specifico (ad es., la sufficiente
memoria uditiva a breve termine); somministrare
un unico test
• in commercio esiste uno strumento che misura specificata-
mente il costrutto che si vuole valutare;
• l’operazionalizzazione del costrutto misurato dal test che
si pensa di somministrare risponde agli interrogativi cui
il clinico cerca risposta (ad es., l’operazionalizzazione
dell’attenzione divisa, oppure dello span di memoria visiva
a breve termine, ecc.);
• i risultati ottenuti permettono al clinico di avere i dati re-
lativi al livello di prestazione del soggetto a fronte dello
stimolo.

Spetta al clinico responsabile del processo diagnostico – e non


a chi ha somministrato il test – integrare i dati emersi con quel-
li precedentemente raccolti che lo hanno indotto a indagare
“quel” particolare costrutto.
Se la richiesta è di valutare un costrutto multicomposito – qua-
le, ad esempio, l’elaborazione visiva o l’ansia generalizzata –,
l’iter da seguire è necessariamente differente. Anche in questo La decisione
caso lo psicologo deve decidere qual è l’operazionalizzazione dello psicologo
del costrutto che, a suo parere, è più adeguata alla richiesta e
che permette di raccogliere un numero maggiore di informa-
zioni. Deve poi scegliere, tra i diversi test a disposizione, quelli
che hanno operazionalizzato il costrutto nel modo che meglio
risponde ai quesiti cui deve trovare risposta. Bisogna quin-
di avvalersi di test che consentano un multimethod approach,
poiché ogni strumento coglie aspetti specifici del costrutto che
si propone di misurare. Non è quindi “saggio”, se la finalità è
quella di valutare un costrutto multicomposito, optare per un
unico strumento (Eid e Diener, 2006).
A eccezione di casi specifici, è pertanto opportuno privilegiare
l’integrazione di dati che provengono da test diversi.
26 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

17. Q
 uali sono le buone e le cattive prassi
parte I

nel testing?

Quanto si parla di test, la locuzione “buona prassi” (good prac-


tice) è riferita all’impiego appropriato dei reattivi.
Secondo l’American Psychological Association, il clinico ri-
spetta delle buone prassi con i test solo quando:
www.apa.org/ • conosce la psicometria e i fondamenti scientifici, teorici ed
monitor/2014/12/
empirici del testing;
testing-standards
• è in grado di valutare le dimensioni cognitive, emotivo-af-
fettive e comportamentali dell’individuo, così come è ca-
94 pace di rilevare gli esiti del trattamento e/o dell’intervento;
• valuta la molteplicità degli effetti che ruoli, contesti e rap-
porti interpersonali che contraddistinguono la relazione
tra paziente e psicologo possono avere sul processo di va-
lutazione;
• instaura e mantiene una relazione professionale di colla-
borazione;
• si attiene scrupolosamente alle procedure standard;
• mantiene un setting adeguato, preservando l’alleanza dia-
68 gnostica;
• interpreta i punteggi in base alle norme descritte nel ma-
nuale dello strumento (lettura nomotetica).
93
Fin dagli anni ‘50 diverse organizzazioni scientifiche e profes-
sionali hanno promulgato linee guida, affinché l’impiego dei
test fosse corretto. Ricordiamo, ad esempio, gli Standards for
6, 50 educational and psychological testing (AERA, APA e NCME,
2014) e quanto pubblicato dall’International Test Commission
(ITC)8.

8  Creata nel 1978, l’ITC è un’associazione che include professionisti, ricercato-


ri e molteplici organizzazioni (ad es., associazioni psicologiche ed editori di test),
uniti dalla finalità di promuovere politiche e pratiche appropriate per lo sviluppo,
la valutazione e l’impiego di strumenti psicologici. I membri dell’associazione
provengono da tutto il mondo. Tra le attività scientifiche vi sono l’organizzazio-
ne, ogni due anni, di un convegno internazionale e la pubblicazione dell’Interna-
tional Journal of Testing.
Negli ultimi anni, l’ITC ha sviluppato diversi documenti per fornire indicazioni
su testing ai professionisti del settore, quali, ad esempio, le Guidelines for trans-
lating and adapting tests, Second edition (ITC, 2017), le Guidelines on quality con-
trol in scoring, test analysis, and reporting of test scores (ITC, 2014) e le Guidelines
for the larges scale assessment of linguistically and culturally diverse populations
(ITC, 2018).
PARTE I - Informazioni generali sul testing 27

I dati dei test, proprio perché permettono di fare inferenze su I test come fonte

parte I
singoli individui o su gruppi di persone, possono essere sia un di errori
ausilio importante per comprendere i soggetti cui sono som-
ministrati, sia fonte di gravi errori9:

Proprio come i martelli – se usati in modo incom-


petente – possono ferire le persone e distruggere gli
oggetti, anche i test psicologici possono arrecare
danni. Quando i risultati dei test sono interpre-
tati erroneamente o utilizzati in modo improprio,
possono danneggiare le persone etichettandole in
modi ingiustificati (Urbina, 2014, p. 5).

Per indicare l’impiego improprio degli strumenti e la lettura


scorretta dei risultati, si ricorre all’espressione “cattiva pras-
si” (malpractice). Se, durante la somministrazione dei test, lo
psicologo non si attiene ai criteri riportati sul manuale di som-
ministrazione e di scoring, la lettura dei risultati non è valida
e attendibile e, di conseguenza, il pensiero clinico che si fonda
su questi ultimi può essere fallace. Per il soggetto questo può
rappresentare un danno, poiché lo psicologo non rileva corret-
tamente il suo funzionamento.
Secondo l’American Psychological Association, il clinico può
essere tacciato di usare cattive prassi quando:
• commette errori nella somministrazione del test, nell’attri-
www.apa.org/
buzione di punteggi alle risposte e nella lettura degli stessi;
monitor/2014/12/
• usa strategie/euristiche non idonee a integrare dati che testing-standards
provengono da strumenti differenti;
• sceglie strumenti non adeguati rispetto alle finalità della
valutazione. Un test può non essere adatto per vari motivi,
tra i quali: (1) operazionalizzazione imprecisa del costrutto
misurato dal test; (2) mancanza di un modello teorico del
costrutto misurato; (3) data in cui è avvenuta la pubblica-
zione dello strumento; (4) anno in cui è stato fatto l’adatta-
mento alla popolazione di appartenenza del soggetto valu-
tato; (5) caratteristiche del campione di standardizzazione
su cui sono state condotte le analisi; (6) presenza/assenza

9  Un esempio della potenziale dannosità dei test può essere quanto avvenuto
negli anni ’20 del secolo scorso, quando con la pubblicazione del volume A study
of American intelligence (Brigham, 1923) emerse che le persone che apparteneva-
no al gruppo degli unfit erano meno intelligenti della classe media protestante.
28 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

di criteri di lettura dei risultati congrui con il modello teori-


parte I

co che ha orientato l’architettura del test.

18. D
 ove trovare informazioni
sulle buone e sulle cattive prassi
nel testing?

Se lo psicologo ha bisogno di avere informazioni valide e at-


tendibili sui test, può ricorrere alle riviste di settore oppure
cercare in rete. Alcune riviste psicologiche pubblicano lavori in
cui il tema è l’impiego di specifici strumenti e/o riportano dati
di ricerca relativi al loro utilizzo10.
In rete ci sono diversi siti in cui si possono trovare informazioni
aggiornate rispetto ai test in edizione originale (generalmente
statunitense) e agli adattamenti italiani. Riportiamo di seguito
un elenco di siti in cui il lettore può trovare alcuni riferimenti.

Il sito dell’American Psychological Association include una


sezione “Testing and Assessment”, in cui si possono trovare
numerose informazioni. In questa sezione è incluso il docu-
mento FAQ: Finding information about psychological tests, in cui
www.apa.org/
sono descritti test già pubblicati o in corso di pubblicazione o
science/programs/
testing/index.aspx
impiegati a fini di ricerca. Sono riportate, inoltre, molteplici
informazioni sull’uso appropriato degli strumenti: si tratta di
standard, linee guida e principi sviluppati da psicologi, educa-
tori e ricercatori al fine di conseguire e garantire un impiego
etico dei test da parte dell’intera comunità scientifica.

Sempre sul sito dell’American Psychological Association si tro-


va il database PsycTests, grazie al quale è possibile l’accesso a
numerosi test, e che propone indicazioni sul loro impiego. Nel
database sono inclusi anche test non commercializzati, che
www.apa.org/
sono stati impiegati in ricerche pubblicate nella letteratura
pubs/databases/
psyctests
professionale o presentati dagli autori.

10  A titolo esemplificativo ne elenchiamo alcune: Psychological Bulletin, Psy-


chological Review, Professional Psychology: Research and Practice, Journal of Per-
sonality and Social Psychology, Psychology & Marketing, Psychology in the Schools,
School Psychology Quarterly, School Psychology Review, Journal of Psychoeducatio-
nal Assessment, Psychological Assessment, Educational and Psychological Measure-
ment, Applied Measurement in Education e Journal of Personality Assessment.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 29

PsycTests è una risorsa importante per ricercatori e clinici, poi-

parte I
ché permette di studiare l’evoluzione che alcuni strumenti
hanno avuto e fornisce i link alle case editrici che pubblicano i
test. Questa sezione, al momento in rapida crescita, contiene
circa 15.000 descrizioni di test e oltre 11.000 test utilizzabili e
presenti sul mercato. Si possono cercare i test per titolo/acro-
nimo, costrutto, autore o anno di pubblicazione.
È un servizio disponibile in abbonamento sulle piattaforme
APA PsycNET, EBSCO, ProQuest e Ovid Technologies.

Il Buros Center for Testing (BC) di Lincoln, NE (di solito è


conosciuto come Buros Institute of Mental Measurements),
pubblica due serie di volumi: Tests in Print (TIP) e Mental Me-
asurements Yearbook (MMY). Tests in Print è una bibliografia http://buros.org

completa di tutti i test in inglese disponibili in commercio. In


ogni voce è riportato il titolo del test, l’acronimo, l’autore, l’e-
ditore, la data di pubblicazione e altre informazioni di base. Il
Mental Measurements Yearbook (MMY) fornisce informazioni
relative alla maggior parte dei test pubblicati negli Stati Uniti.
Due autori commentano lo strumento evidenziandone punti
di forza e di debolezza.
Sul sito del Buros Center for Testing lo psicologo ha a dispo-
https://1340.
sizione: (1) risorse psicometriche con informazioni descrittive sydneyplus.
gratuite su oltre 3.500 test disponibili in commercio e oltre com/ETS_
2.000 recensioni di test che si possono acquistare online e (2) SydneyEnterprise_
External/Portal/
la raccolta di test del servizio di test scolastici (ETS). Include TestCollection.
più di 25.000 test e strumenti di misurazione che risalgono aspx?lang=en-
fino ai primi anni del ‘900. È la banca dati più grande al mon- US&lang=en-US

do nel suo genere.

Nel sito del sistema ERIC (Educational Resources Informa-


tion Center), finanziato dal Dipartimento per l’educazione de-
gli Stati Uniti, sono riportati diversi lavori sui test psicologici.
http://eric.ed.gov

Se lo psicologo necessita di informazioni su test italiani o adat-


tati per l’Italia, può trovare un elenco degli strumenti disponi-
bili sui siti delle case editrici.
Sul sito di Erickson gli strumenti sono elencati in base alle aree
di funzionamento dell’individuo e secondo il disturbo che si
propongono di valutare (ADHD, DSA, disturbi del linguaggio,
www.erickson.it
disabilità e autismo).
30 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

Sul sito di Giunti Psychometrics, invece, i test sono suddivisi in


parte I

quattro aree: età evolutiva, psicologia dell’adulto, risorse uma-


ne e scuola. In ogni area è presente una sezione denominata
www.giuntios.it “assessment” in cui sono elencati i test suddivisi per abilità
misurate o disturbi valutati.
Sul sito di Hogrefe i test sono suddivisi per aree oggetto di
indagine (bambini e adolescenti, adulti, talent assessment,
scuola e orientamento).
www.hogrefe.it

19. C osa chiarire con il collega che chiede


di “fare i test” per un suo paziente?

“Ti ho mandato il paziente XY per i test”. La frase, apparente-


mente semplice e chiara, può in realtà essere fonte di alcuni
fraintendimenti tra i diversi “attori” presenti sulla scena: il cli-
nico che invia a fare i test (inviante), la persona che li sommini-
stra (testista) e la persona che li dovrà “fare” (paziente).
Generalmente le richieste rivolte al testista sono di due tipi:
• Valutazione di un’abilità e/o di un funzionamento psicologico
specifici. Ad esempio, la memoria visiva a lungo termine o
la velocità di elaborazione è adeguata rispetto alla fascia
37 di età? è dislessico? Il paziente è in grado di regolare le
sue emozioni? Le interazioni sociali sono adeguate rispet-
to alla sua età cronologica, l’ambiente da cui proviene e il
contesto in cui vive? In questi casi, di solito, lo psicologo
si avvale di uno o più test specifici che valutano, da vertici
osservativi differenti, il medesimo costrutto.
• Valutazione del funzionamento della persona. Questo richiede
che si esplorino aree differenti e si integrino funzionamenti
emotivi, cognitivi e motivazionali al fine di rilevare il funzio-
namento del Sé, la sua capacità di regolare le emozioni e la
messa in atto di modalità adattive. Il testista, di solito, si av-
vale di strumenti differenti, ognuno dei quali rileva aspetti
specifici che possono avere parziali sovrapposizioni.

Spesso, i fraintendimenti che nascono tra inviante e testista


possono essere imputati al dare per acquisito che l’inviante
sappia cosa effettivamente può ottenere dai dati emersi dalla
13 valutazione con i test e/o a un’esplicitazione frettolosa delle
finalità del testing per lo specifico paziente.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 31

La prima variabile è il livello di conoscenza dei test da parte Qual è il livello

parte I
dell’inviante. Alcuni clinici conoscono i diversi test oppure li di conoscenza
impiegano abitualmente e, quindi, sanno quali informazioni che l’inviante ha
dei test?
potranno ottenere dai risultati. Altri possono avere conoscen-
ze parziali degli strumenti che chiedono di somministrare11. È
quindi fondamentale che il testista – al quale è stato lasciato lo
spazio di selezione degli strumenti – espliciti i motivi sottesi 96
alla scelta nella relazione psicodiagnostica.
La seconda variabile è la finalità per cui l’inviante chiede la va- Quale fine si è
lutazione testologica: ha bisogno di alcuni dati specifici, al fine posto l’inviante?
di dirimere un dubbio clinico, oppure ha bisogno di dati che
gli permettano di conoscere meglio il “funzionamento” del
paziente? Da qui l’eterogeneità dei “mandati”. Alcune volte
l’invio è generico e non motivato (“fagli i soliti test”), altre vol-
te si chiede di somministrare un test specifico (“fagli un Ror-
schach”), altre volte ancora viene dato un mandato più ampio:
“Decidi tu cosa ti sembra opportuno fare”.
I dati che si ottengono dai test dipendono sia dalle caratteri-
stiche degli strumenti somministrati, sia dal livello di alleanza
diagnostica del soggetto. Alcuni test non sono in grado di ri- 68, 69
spondere ad alcune domande, perché non misurano il costrut-
to che l’inviante vorrebbe che fosse misurato o lo misurano
solo parzialmente, ovvero l’operalizzazione del costrutto non
risponde ai quesiti dell’inviante.

facciamo un esempio

I dati che emergono da un self-attribution test non permet-


tono di comprendere se la persona abbia buone capacità di
memoria. Si può solo ipotizzare se il paziente sia in grado di
prestare attenzione e di concentrarsi. Qualora ci sia il dubbio
in questa direzione, è indispensabile un approfondimento
diagnostico, in modo da rilevare le variabili che potrebbero
avere interferito con il processo di risposta. Il livello di sco-
larità e, di conseguenza, la competenza nella lettura e nella
comprensione degli item sono variabili importanti, così come

11  Ad esempio, possono conoscere i test, ma non avere chiaro quali sono i li-
miti dei risultati in quanto il costrutto non è stato operazionalizzato, oppure lo
strumento è obsoleto o parziale, ecc.
32 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica
parte I

una possibile dislessia o un disturbo dell’attenzione o, ancora,


un analfabetismo di ritorno1. Anche uno stato di agitazione o
di concitazione a fronte della somministrazione del test può
interferire con il processo di risposta.

1  Il fatto che per i self-attribution test si richieda una scolarità di al-


meno 5-7 anni non è una “garanzia” rispetto alla capacità di compren-
sione degli item da parte del soggetto. Prima di proporre la compilazio-
ne di un self-attribution test, si consiglia di somministrare strumenti
come quello proposto da Vernice et al. (2019), che consentono di valu-
tare le effettive capacità di comprendere un testo scritto.

Non esiste un test il cui risultato sia una diagnosi clinica. Com-
pito dell’inviante è integrare, avvalendosi del pensiero clinico,
i dati emersi da strumenti differenti e rilevare modalità di fun-
zionamento differenti, che possono avere un valore indiziario
rispetto alla formulazione della diagnosi.
La decisione di somministrare i test deve essere, quindi, fi-
nalizzata a valutare una o più ipotesi cliniche. Solo in questo
modo è possibile che i risultati dei test siano una risorsa sia per
il clinico sia per il paziente.
I compiti Bisogna che l’inviante:
dell’inviante… • abbia in mente quali quesiti vuole porre al testista (sapere
le aree o i funzionamenti che vuole che siano indagati);
• sia consapevole che i dati emersi saranno solo parzialmen-
te dirimenti ai fini della diagnosi, perché la formulazione
di una diagnosi è l’esito di un pensiero clinico;
• anticipi al testista i problemi che potrebbe dover affrontare
e concordi una strategia di intervento (ad es., il paziente,
di fronte a un insuccesso, tende ad arrabbiarsi, oppure ha
difficoltà a prestare attenzione, oppure è polemico nei con-
fronti della somministrazione, ecc.);
• spieghi al paziente gli obiettivi della somministrazione
dei test e lo porti a sentirsi sufficientemente alleato con il
compito proposto. Se il paziente, infatti, non ha chiare le
finalità della somministrazione, ritiene che il test sia una
perdita di tempo, oppure se la somministrazione diventa
una situazione sgradevole che riattiva sensazioni di inade-
guatezza, i risultati non saranno validi.
PARTE I - Informazioni generali sul testing 33

Al testista spettano altri compiti: …e quelli

parte I
• confrontarsi con l’inviante per comprendere gli obiettivi del testista
della valutazione;
• creare un ambiente, in cui avverrà la somministrazione,
che sia adeguato alle necessità della persona;
• scegliere strumenti ad hoc, non cadendo nella trappola di
usare sempre e solo quelli che conosce meglio o di propor-
re al paziente una batteria interminabile di strumenti che
non rispondono al quesito per cui è stata richiesta la valu-
tazione testologica;
• qualora l’inviante non abbia grande familiarità con i test,
esplicitare al collega le motivazioni sottese alla scelta degli
strumenti.

20. P erché alcuni test includono le scale


di validità?

Ci sono molte variabili che possono compromettere la vali-


dità dei risultati: in primo luogo il fatto che il paziente abbia
difficoltà di lettura e/o di comprensione del test. Altre cause
possono essere, ad esempio, difficoltà a prestare attenzione,
idee poco chiare rispetto alle tematiche indagate o ancora di-
sinteresse verso la situazione di testing e i suoi risultati, ovvero
un basso livello di alleanza diagnostica. Da qui la necessità di
comprendere se il risultato ottenuto sia un valido descrittore 68, 69
dei costrutti misurati. Questo è un dato importante per tutti
i test, ma è particolarmente rilevante quando si tratta di self-
attribution test, cioè di strumenti in cui si chiede alla persona
di esprimere il proprio parere rispetto ad alcune asserzioni che
legge (o le sono lette).
Per questa tipologia di strumenti gli obiettivi delle scale di vali-
dità sono molteplici: ad esempio, sapere se la persona ha scelto
di rispondere senza mai “sbilanciarsi”, se si è contraddetta for-
nendo risposte diverse a domande simili, se ha fornito rispo-
ste “random” in quanto riteneva il test del tutto inutile, o se la
tipologia di risposte induce a pensare che potrebbe non avere
compreso il significato delle affermazioni. Da qui la necessità
che i self-attribution test includano scale di validità per verifi-
care in tempi brevi gli stili di risposta del soggetto ed eventuali 27
bias sottesi alla falsificazione delle risposte (si veda il box 2).
34 100 DOMANDE · Il testing in psicologia clinica

Dare risposte non valide può essere conseguenza di un ap-


parte I

proccio oppositivo verso il testing, approccio che non necessa-


riamente implica simulazione e/o malingering, ma che è indi-
26-30 ce di un dissenso e/o di un’inadeguatezza che possono essere
sia reali sia percepiti.

box 2
Scale di validità: MMPI-2 vs PAI

Facciamo un esempio di scale di validità in due diversi self-


attribution test: il Minnesota Multiphasic Personality Invento-
ry-2 (MMPI-2; Butcher et al., 1989; ad. it. 1995) e il Personality
Inventory Assessment (PAI; Morey, 1996/2007; ad. it. 2015).
Nel MMPI-2 la validità è misurata da sei diverse scale. L’in-
coerenza delle risposte è misurata attraverso le variabili di
“Incoerenza nella Risposta” (VRIN) e “Incoerenza nelle Rispo-
ste Vero” (TRIN), sensibile a individuare stili di risposta accon-
discendenti. Le scale finalizzate a individuare la presenza
di distorsione positiva sono la “Lie” (L), che rileva la tenden-
za a sottostimare il disagio, e la “Correzione” (K), che valuta
la capacità di coping e la riluttanza ad ammettere di avere
problemi psicologici. Le scale che evidenziano la presenza di
distorsione negativa sono la “Frequenza” (F) e la “Frequenza
posteriore” (Fb), che dovrebbero cogliere la tendenza a esage-
rare nelle risposte.
Il PAI propone quattro diverse scale di validità e tre indici com-
positi. Due scale, composte da item di contenuto non corre-
lato alla psicopatologia, misurano l’incoerenza delle risposte
(“Incoerenza” [INC] e “Infrequenza” [INF]). La scala “Impres-
sione Positiva” (PIM) e altri due indici compositi – il “Defensi-
veness Index” (DEF) e la “Cashel Discriminant Function” (CDF)
– permettono di misurare la distorsione positiva (PIM). Mentre
la scala PIM misura la negazione di difetti, il DEF permette di
distinguere tra simulatori di psicopatologia e soggetti clinici
e la CDF è finalizzata a individuare i profili difesi. Se vuole ri-
levare l’esagerazione del disagio, il clinico considera invece la
scala di “Impressione Negativa” (NIM), che rileva un eccesso
di distorsione sfavorevole, e il “Malingering Index” (MAL), che
individua – grazie a otto scale – la tendenza a ostentare com-
portamenti psicopatologici.

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