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E soprattutto che quel paese era un'isola, una roccaforte impossibile da espugnare. “Porta subito da me il
dottore gai-jin e prepara l'attacco.” Dobbiamo impedirlo a ogni costo, tairò. Sono pericolosi come squali
affamati.” Parlò con tutta la sincerità di cui era capace ma in realtà era convinto del contrario, e cioè che i gai-jin
fossero pronti a negoziare e ad accettare un compromesso e che non intendessero realmente entrare in guerra se
non costretti... da un attacco sconsiderato. Meritano di morire senza onore. Li staneremo con il fuoco,
uccideremo i fuggiaschi e quando la loro flotta se ne sarà andata torneremo qui. In primavera saremo pronti.
Daremo fuoco a Yokohama domani stesso.” Gli occhi di Anjo brillavano e un filo di saliva gli bagnava il mento.
“A te l'onore di guidare l'assalto. Anjo proseguì d'impeto: “Distrutta Yokohama la flotta dei gai-jin dovrà
andarsene perchè avranno perso la base dove poter riunire le forze. Evviva l'anno nuovo, sarà magnifico!
“Bene. Si parla di guerra, ci sono novità in proposito?” Era il primo dell'anno. “Un attimo ancora. Sumomo?
“Sii paziente, Takeda” disse, “Hiraga arriverà come previsto a metà mattinata. Sii Paziente.” Alcuni samurai
in piedi lo fissavano. Lasciò cadere con rabbia qualche moneta sul tavolo e tornò sulla strada impugnando il
Derringer nascosto sotto la giacca. “Abeh!” gridò. “Sei sublime, tairò, gli dei ci proteggeranno con un Vento
Divino” ridacchiò Zukumura asciugandosi la saliva dal mento. Nel pomeriggio, dopo le corse, le squadre della
marina e dell'esercito si sarebbero affrontate in una partita di calcio. Nonostante il freddo la giornata era
piacevole, con una leggera brezza che teneva lontano l'odore dell'inverno, delle alghe marcescenti sulla spiaggia
e dei rifiuti abbandonati nell'entroterra. “Misamoto, di' che ci vedremo a Edo tra dieci giorni. Possono venire a
Edo per un incontro privato.” “Prima di tutto facendovi consegnare Katsumata. Hiraga è un problema più
complicato. Meikin dice che è amico intimo di un importante addetto inglese vicino al loro capo. Si chiama
Taira.” Yoshi si accigliò. Un altro auspicio? Anche la parola taira aveva un corrispettivo in giapponese, era il
nome di un'antica famiglia reale imparentata con la stirpe di Yoshi Serata. “Continuate.”
“Spero di saperne di più tra due o tre giorni.” Che cosa fare contro di loro? Salirono alcuni gradini e
percorsero un altro corridoio poi il dottore si fermò. Il passo era sbarrato da un gruppo di guardie ostili con le
mani sulle spade e gli occhi fissi su Yoshi e i suoi. “Sì, rimarranno intatte” confermò allegramente Toyama.
“Fammi portare del sakè e del tè.” Valutò in silenzio le informazioni ricevute e rifletté sulle nuove domande. La
cameriera arrivò, versò da bere a entrambi e subito si congedò. Poi Yoshi riprese: “Che cosa proponete?”. La
singolare forza del vecchio servitore sciolse l'ira di Yoshi. “Perfetta non direi” commentò con rammarico,
“quella gatta mi ha graffiato, anche se la ferita è già guarita.” Misamoto intervenne in tono ossequioso:
“Signore, lo straniero intende dire che vi offrono termini di scambio più vantaggiosi, condizioni migliori. Anche
i furansu producono cannoni, seppure in quantità minore rispetto agli inglesi”. “Ditegli che considero il suo
nome di buon auspicio” replicò Yoshi sicuro che quell'uomo fosse qualcosa di più che un semplice interprete.
La gente parlava, gridava, strillava. Per difendersi dal freddo tutti indossavano giacche imbottite e avevano il
capo coperto da calde sciarpe o da cappelli. Alcuni samurai si accorsero di Katsumata ma evitarono di guardarlo
con insistenza: la sua andatura, i capelli sporchi e il volto non rasato, la lunga spada nel fodero sulla schiena e
quella infilata nella cintura potevano essere i segni distintivi di un ronin: meglio non provocarlo. Da una
settimana ormai il figlio maggiore di Ryoshi, un ragazzo timido e nervoso di diciannove anni, era al lavoro tutti i
giorni dalle sette del mattino alle nove di sera per imparare ogni cosa. Soprattutto l'inglese. E con l'ultimo
postale era inaspettatamente arrivata la sua liquidazione accompagnata da un biglietto in cui Tess Struan lo
ringraziava per i servizi prestati. L'equivalente di tre mesi di stipendio come riconoscimento di diciannove anni
di lavoro, pensò Jamie con amaro divertimento. “Il mio padrone dice che non ci prepariamo alla guerra.” Yoshi
capì che il gai-jin Andreh stava traducendo alla lettera. “Prepariamo soltanto la difesa. Spiacente, il tairò dice
Il nuovo medico cinese si stava dimostrando non meno inetto dei suoi predecessori tanto che Anjo aveva quasi
deciso di rivolgersi in segreto al famoso dottore gigante gai-jin di Kanagawa. “Non preoccuparti della mia
sofferenza. Ti conosco.” Yoshi si rendeva conto che Anjo odiava in lui soprattutto la giovinezza e la forza.
Questo idiota non sa quanto io sia stanco di vivere, pensò. “Vuoi che io... ?” “Certo, sire. Riguardano anche le
contromisure che i gai-jin intendono adottare contro i nostri brulotti.” “Così siamo parenti?” disse
scherzosamente Yoshi dopo aver spiegato a Seratard la coincidenza. Seratard rise e mentre gli altri nelle loro
ridicole uniformi chiacchieravano come scimmie gli spiegò che anche la sua era una famiglia molto antica,
sebbene non altrettanto illustre, nella terra dei furansu. “Non sta a me proporre quello che avete sicuramente già
deciso, sire, ma credo che qualora il capo degli inglesi dia l'ultimatum voi siate la persona più adatta per trattare.
Da solo, sire.” “Questo Taira è un addetto, un apprendista interprete. Parla già bene il giapponese: gli inglesi
devono avere una scuola come quella che voi avete proposto e che la Bakufu “ha preso in considerazione”.”
“L'ho visto all'incontro con gli Anziani. Continuate.” La grandezza e la potenza dei motori della nave, la
distanza che era in grado di coprire, i cannoni con cui era armata, la quantità di polvere da sparo, le munizioni e
il carbone che caricava e le storie, non sapeva ancora se vere o false, che gli avevano raccontato sulla vastità, la
potenza e la ricchezza dell'impero francese, sul numero di navi da guerra, cannoni e uomini di cui disponeva
erano al di là dell'immaginabile. L'incontro si era svolto quasi tutto in inglese anche se la lingua dei gai-jin era
un'altra, sicché la loro conversazione era stata tradotta da Misamoto e da un interprete che diceva di chiamarsi
Andreh Furansu-san. “Non importa come, lo conosco e adesso lo conoscerai anche tu.” Gli raccontò la sostanza
del piano, con precisione, omettendo però il particolare dei dieci giorni di grazia dopo l'ultimatum. “Sono
d'accordo. Sono stati stupidi.” Inejin annuì. “Continuano a dimenticare Sun-tzu, sire: Restare all'oscuro della
condizione del nemico per aver lesinato qualche centinaia di once d'argento è la più grande barbarie. Per fortuna
un informatore me ne ha parlato.” Inejin si sfilò un rotolo dalla manica e lo posò sul tavolo. Il giorno di Natale,
nonostante il lutto, Angélique aveva accettato di partecipare alla cena organizzata da Jamie in onore di Albert
MacStruan.
Una spia gai-jin ci ha offerto i loro piani d'attacco in cambio di denaro.” Yoshi si fece attento. “Non saranno
falsi?” “Il vostro incontro di ieri sulla nave furansu è stato utile, sire?” “Grazie al mio informatore posso
offrirvi questo in dono, sire. Con grave rischio per il mio informatore ho anche disposto la sostituzione del
rotolo con una copia falsificata che la Bakufu alla fine comprerà a poco prezzo.” “Il mio padrone ringrazia e
dice che qualsiasi offerta faranno gli inglesi, i furansu offriranno di più.” Anjo fu colpito da una violenta fitta,
poi annuì e agitò la mano in segno di congedo. “D'accordo” disse Hiraga. “Sono stato contento di ricevere
vostre notizie, non sapevamo che foste diretto qui. Ci sono arrivate voci tremende sullo scontro di Kyòto.
Akimoto è con me ma siamo rimasti soli e nell'attacco di Edo abbiamo perso molti shishi. Ho molte cose da
dirvi su Edo e sui gai-jin. Raccontatemi brevemente, che cosa è successo a Kyòto? E Sumomo come sta?” Per
sapere qualcosa bisognava aspettare ancora quattro o cinque giorni almeno, perchè dicevano che il mar Cinese
Meridionale era stato investito da una forte tempesta. Inutile fare previsioni sui tempi e sul clima. La settimana
prima McFay aveva registrato la sua ditta e aveva aperto l'ufficio che provvisoriamente aveva sede nello stesso
E soprattutto che quel paese era un'isola, una roccaforte impossibile da espugnare. Inejin non mi deluderà,
aveva pensato, dispiaciuto di essersi dimostrato impaziente. Le spie vanno trattate con i guanti... ogni agilità di
movimento dipende da loro... Ah, Sun-tzu, fonte di incomparabile saggezza! Era ancora troppo presto per
ricevere notizie da Hong Kong anche se la Prancing Cloud doveva essere arrivata ormai da dieci giorni e Hoag
da circa una settimana. Un fremito di nervosismo percorse le guardie. “Il Roju deve partire subito in segreto, ci
trasferiremo a... a Hodogaya. Quando saremo al sicuro nottetempo incendieremo l'Insediamento cogliendoli nel
sonno. Cani! Insoddisfatto del cibo, dei bagni e del servizio offerto dalle locande oltre che da ciò che il futuro
gli riservava, aveva preteso da se stesso e dal seguito il massimo sforzo concedendosi soltanto poche ore di
sonno e infuriandosi per ogni intralcio. Perché soffrire inutilmente? Il dottore gai-jin ti guarirà” disse in tono
deciso. “Sono d'accordo. Sono stati stupidi.” Inejin annuì. “Continuano a dimenticare Sun-tzu, sire: Restare
all'oscuro della condizione del nemico per aver lesinato qualche centinaia di once d'argento è la più grande
barbarie. Per fortuna un informatore me ne ha parlato.” Inejin si sfilò un rotolo dalla manica e lo posò sul tavolo.
“Allora, Yoshi-dono?” Allungò una mano, accarezzò il fodero e abbandonò le dita sul cavicchio che assicurava
l'elsa. “E la flotta dei gai-jin?” chiese Yoshi adirato perchè non avevano seguito i suoi consigli e ancora una
volta erano caduti in una trappola costruita con le loro stesse mani.