INTERLINEA
“Autografo” – Rivista di letteratura fondata da Maria Corti
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 76 del 18 febbraio 1984
DIREZIONE SCIENTIFICA
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Comitato scientifico: Giuseppe Antonelli, Andrea Aveto, Pietro Benzoni,
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Contorbia, Gabriele Frasca, Luigi Matt, Matteo Motolese, Carla Riccardi,
Luca Carlo Rossi
Comitato scientifico internazionale: Martin McLaughlin (Oxford), Fabio Pu-
sterla (Lugano), Carlo Enrico Roggia (Ginevra)
Coordinamento editoriale: Anna Longoni
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Direttore responsabile: Roberto Cicala
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REDAZIONE EDITORIALE
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Distribuzione in libreria: Messaggerie Libri spa
SAGGI
Matteo Castellucci, Raddrizzare (poeticamente) il mondo:
politica e letteratura in Emilio Lussu (1933-1938) » 13
Pierangelo Lombardi, Jacopo Dentici e Le ali del Nord » 27
Emmanuela Carbé, Fausta Cialente, Paolo Vittorelli
e l’esperienza antifascista in Egitto » 41
Nunzio Ruggiero, «Se fossi savia tenterei di rompere
questo circolo chiuso». Per una lettura di
Pamela o la bella estate di Fausta Cialente » 55
Filippo Benfante, «Come si sente l’insufficienza
del ricordo». Su alcuni “ritratti a penna” di Carlo Levi » 69
Francesca Caputo, I “piccoli azionisti” (e azioniste)
di Luigi Meneghello: Licisco Magagnato e gli altri » 81
Luciano Zampese, Luigi Meneghello e la scrittura
come «una specie di dovere» » 107
Clelia Martignoni, Narrazioni azioniste. Diari di guerra
e memorie civili a confronto » 127
Mario Baudino, Letteratura e azionismo » 157
Mauro Novelli, Tre costanti della memorialistica
bellica azionista » 169
INEDITI E RARI
Il Diario 1935 di Carlo Levi (a cura di Gilda Policastro) » 179
ABSTRACTS » 219
LETTERATURA E AZIONISMO
di Mario Baudino
tagna «per sport», perché «si annoiava», a Miro che gli chiede se
sia comunista risponde di no. Miro è il suo antagonista, il giovane
semplice e sereno che sposerà Anna, di cui Fausto è innamorato in
modo contraddittorio e contorto. In occasione di un incontro fra
i tre, Fausto, che ha da poco scoperto l’esistenza del Partito d’A-
zione leggendo La ricostruzione dello Stato di Emilio Lussu, grazie
a uno studente di Siena con il quale dopo un’azione di guerriglia
si è creata una certa comunità di intenti e sentimenti, spiega nei
dettagli – e con non poca enfasi – che cosa sia la nuova formazione
politica. Invita anzi Miro a far proseliti, insomma lo arruola seduta
stante:
Il Partito d’azione, disse, era stato fondato nel 1929 da un gruppo di fuo-
rusciti. Esso aveva il compito di rinnovare il socialismo. Il Partito d’azione
aveva avuto una grande parte nella guerra di Spagna. Qui Fausto fece una
digressione sulla guerra di Spagna. Raccontò della Brigata Internazionale che
aveva sconfitto i fascisti a Guadalajara, della Brigata Thaelmann, del cava-
tore Lister, del generale Miaja detto “El Defensor”. Di fronte al racconto di
tante imprese, Miro andava sempre più entusiasmandosi. L’esposizione del
programma del Partito d’azione, che Fausto condensò nella equazione libertà
politica-giustizia sociale, lo trovò pienamente consenziente. «Il socialismo è
necessario» concluse Fausto, «ma bisogna conciliarlo con la libertà. Cos’era il
fascismo? Una dittatura borghese. E noi dobbiamo instaurare una democra-
zia proletaria».
scrive che «libri notevoli non sono usciti tranne Cristo s’è fermato a
Eboli di Carlo Levi». Allo scrittore e pittore torinese Montale ave-
va appena dedicato del resto, su “Il Mondo”, un’ampia recensione
nel febbraio precedente.
Nel suo caso l’idea dominante, che troverà piena espressione
nelle prose di Fuori di casa – cui già lavora – e nella Bufera (vivere
o sopravvivere significa compromettersi col mondo), ha un rife-
rimento diretto con la pur breve esperienza di militante politico.
L’impegno da una parte, la rinuncia al «grande stile» dall’altra, se-
gnano una nuova stagione poetica: dove l’attenzione a Carlo Levi
può essere interpretata come un segnale. E proprio in Cristo si è
fermato a Eboli non è difficile individuare una serie di affermazioni
che ancora ci possono ricondurre per analogia a Revelli – anche lui
militante politico nel primo dopoguerra, a livello locale, nel con-
siglio comunale. «Non può essere lo Stato […] a risolvere la que-
stione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo
problema meridionale non è altro che il problema dello Stato». O
ancora: «L’antistatalismo dei contadini […] [finirà] quando riusci-
remo a creare una forma di Stato di cui anche i contadini si sentano
parte». E se «la civiltà contadina sarà sempre vinta», leggiamo più
oltre, è tuttavia vero che «non si lascerà mai schiacciare del tutto,
si conserverà sotto i veli della pazienza, per esplodere di tratto in
tratto».
In Nuto Revelli la lunga ricerca documentaria, sette anni, su
ciò che resta dopo «l’immenso massacro» della guerra approda a
un tono che potremmo definire quasi testamentario, ma il modo
di porsi, persino stilisticamente, non pare molto diverso. L’invito
a non dimenticare, il «ricorda, mi dicevo, ricorda tutto di questo
immenso massacro contadino, non devi dimenticare niente», che il
giovane ufficiale alpino rivolge a sé stesso nel ’42 durante la ritirata
di Russia, facendone il proprio imperativo morale e anche il dise-
gno di poetica, il proprio destino di scrittore, già indica la strada
delle opere a venire; e certo nella direzione della memoria e della
pietà, non si allontana dallo sguardo di Levi, se pure ambienti e
situazioni sono molto diversi, per certi aspetti antitetici.
La guerra, i poveri, la guerra dei poveri: il tema, trasversale,
sembra davvero collegare come un basso continuo i fili degli scrit-
tori vicini al Partito d’Azione, anche se com’è ovvio non è loro
esclusivo appannaggio. Servono più approfondite analisi, ma re-
sta forte l’impressione che questa comune sensibilità sia declinata
Letteratura e azionismo 163
La storia del pomeriggio di Bruno Lattes in Piazza della Certosa non è che la
storia della consapevolezza di un fallito. Ricordi I morti di Joyce? Io volevo
fare di Bruno Lattes un personaggio simile a quello del marito-professore
di quel racconto meraviglioso. C’è un altro punto del racconto di Joyce che
avevo presente, scrivendo. Quando Bruno torna a casa, e trova il padre nello
studio, e poi guarda fuori, alla città che si va ricoprendo di neve, intendevo
porlo in una situazione non diversa da quella del professore-marito quando,
dopo la confessione e il pianto della moglie, si accorge, guardando fuori nella
notte, che «the snow was general on all Ireland».
Nota bibliografica
Per ciò che riguarda Giorgio Bassani, cito il primo passo dalle Storie ferraresi
nell’edizione delle Opere, Mondadori, Milano 1998, p. 1718. La lettera alla
madre, ibi, pp. 957-958. L’intervista rilasciata all’Istituto Italiano di cultura
di New York negli anni sessanta è pubblicata in Poscritto a Giorgio Bassa-
ni, a cura di R. Antognini e R. Diacunescu Blumenfeld, Led, Milano 2011,
pp. 611-612. Quella a Claudio Varese è citata nel saggio di L. Bachelet, La
città sepolta sotto la neve. Narrazione e lirica nel carteggio Bassani-Varese, in
“Cahiers d’études italiennes”, Università di Grenoble, 26 (2018) (<https://
journals.openedition.org/cei/3846>). Per Fausto e Anna, si veda C. Casso-
la, Racconti e romanzi, Mondadori, Milano 2007, pp. 464 e 466; il beffardo
giudizio di Calvino sullo scrittore toscano è in I. Calvino, I libri degli altri,
Einaudi, Torino 1991, p. 52. Per le testimonianze di Cancogni, rinvio a M.
Cancogni, Il racconto più lungo: storia della mia vita. Conversazione con Gio-
vanni Capecchi, Interlinea, Novara 2014, p. 150. L’intervista con Nello Ajello
per “la Repubblica” è del 21 settembre 1996. La recensione di Montale ai
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