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Criteri per la scelta dei canti nelle celebrazioni liturgiche

a cura di don Luca Carlesi

Il criterio fondamentale per la scelta dei canti nelle celebrazioni


liturgiche e, più in generale, nel rapporto fra musica e liturgia, ci è
suggerito dalla Costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia
Sacrosanctum Concilium al numero 112: «La musica sacra sarà tanto più
santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia
esprimendo più dolcemente la preghiera e favorendo l'unanimità, sia
arricchendo di maggior solennità i riti sacri». Dall'autorevole testo
conciliare emerge chiaramente il criterio di fondo, cioè la preminenza
dell'azione liturgica su quella musicale. Quest'ultima riveste, all'
interno della liturgia, un ruolo ministeriale sia sul versante della
comprensione del senso delle celebrazioni liturgiche, come anche delle
feste o del tempo liturgico, sia sul versante della piena, attiva e
comunitaria partecipazione del popolo cristiano (cf. SC, 21). Infatti il
centro principale di interesse del rinnovamento liturgico è costituito
dall'assemblea del popolo di Dio, riconosciuto come il corpo mistico di
Cristo vivente e ricco di doni e di ministeri (cf. LG, 7-12). Il coro, o
più precisamente la schola, è parte dell'assemblea liturgica, non si
sovrappone e tanto meno si sostituisce ad essa, anche quando esegue il
canto da sola.
Dopo aver affermato che «non è sempre necessario cantare tutti i testi
che per loro natura sono destinati al canto», la Institutio Generalis
Missalis Romani (che da ora in poi citeremo come IGMR) contenuta nella
Editio typica tertia 2000 al n. 40 ci offre il primo criterio pratico:
«Nella scelta delle parti destinate al canto si dia la preferenza a quelle
di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate
dal sacerdote o dai ministri con la risposta del popolo, o dal sacerdote e
dal popolo insieme».
Le parti della Messa destinate al canto sono:
- il Kyrie eleison, eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la
schola o un cantore;
- il Gloria in excelsis Deo, cantato da tutta l'assemblea, o dal popolo
alternativamente con la schola, oppure dalla schola. Il testo di questo
inno non può essere sostituito con un altro;
nella liturgia della Parola, i canti fra le letture e cioè il Salmo
responsoriale, cantato per intero dal cantore oppure intercalato dal canto
del ritornello da parte dell'assemblea;
- l'Alleluia o un altro canto a seconda del tempo liturgico; l'Alleluia e
il versetto prima del Vangelo dovrebbe essere sempre cantato, tanto che se
non si canta si può addirittura tralasciare (IGMR, 63);
- nella liturgia eucaristica, sono destinati al canto il Prefazio (la IGMR
al numero 47 consiglia vivamente (valde convenit), che il sacerdote canti
le parti della Prece Eucaristica arricchite di note), il Sanctus, l'
acclamazione dopo l'anàmnesi e la dossologia finale; da notare, a
proposito del Sanctus, che questa acclamazione fa parte della Prece
Eucaristica e come tale non è lecito sostituirla con altri canti (cf. IMGR
79 e 136);
- nei riti di Comunione, l'invito o  monizione, la preghiera del Signore
(Pater noster), l'embolismo e la dossologia si cantano o si dicono ad alta
voce (IGMR, 81);
- il canto dopo la Comunione, da non confondere con il canto alla
Comunione che accompagna la processione e che verrà trattato più tardi.
Uno sguardo alle Antifone di Comunione proposte dal Messale per le singole
domeniche, solennità e feste fa emergere la tradizione latina che
ripropone un versetto significativo della lettura evangelica di quella
Messa.
Nella celebrazione eucaristica sono previsti altri canti che hanno lo
scopo di accompagnare i diversi momenti rituali: introduzione,
preparazione dei doni, processione alla comunione.
La funzione del Canto d'ingresso è quella di dare inizio alla
celebrazione, favorire l'unione dei fedeli, introdurre il loro spirito nel
mistero del tempo liturgico o della festività e accompagnare la
processione del sacerdote e dei ministri (IGMR, 47). Nella scelta del
canto d'ingresso vanno tenuti presenti sia la dimensione comunitaria, sia
la funzione di introdurre nel mistero celebrato, come anche quella d'
accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri verso l'altare.
Però non vale il criterio del "basta cantare un canto qualsiasi" o del "mi
piace", bensì quello ministeriale. Quindi sono da escludere quei canti in
stile meditativo che non favoriscono l'unione dei fedeli, ma piuttosto un
mistico individualismo. La scelta di un canto che introduca nel mistero
della celebrazione nei tempi liturgici è abbastanza facile nei tempi forti
(Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua) e più difficile nel tempo ordinario.
Per cogliere il tema della celebrazione, e quindi scegliere il canto più
adatto per introdurre i fedeli nel mistero, occorre sempre andare alla
pagina evangelica nel suo dialogo con la prima lettura tratta dall'Antico
Testamento. Un'altra positiva indicazione tematica è comunque offerta dall
'antifona d'ingresso prevista dal Messale.
Il Canto all'offertorio accompagna la processione con cui si portano i
doni: esso si protrae almeno fino a quando questi sono stati disposti sull
'altare (IMGR, 74). I canti che si adattano a questo rito sono facilmente
individuabili per i contenuti di lode e ringraziamento a Dio creatore e
provvidente.
Nei riti di Comunione particolare attenzione va posta al canto dell'Agnus
Dei che accompagna la frazione del pane e l'immixtio. Questo canto
litanico sottolinea il grande valore del gesto che ha dato il primo nome
alla celebrazione eucaristica, la fractio panis. La mancata comprensione
di questo rito ha portato a sottolineare con altri canti a tema lo scambio
della pace. Il risultato è un pericoloso sbilanciamento fra i due riti e
un'indebita sottolineatura dello scambio della pace a scapito della
frazione del pane che viene accompagnata da una sommessa recita dell'Agnus
Dei che invece è l'unico canto da eseguire e che non è lecito sostituire
con altro canto (IGMR, 366), Esso si può ripetere quante volte la durata
della frazione del pane lo richiede (IGMR, 83).
Il Canto alla Comunione, ampiamente descritto in IGMR, 86-87, ha la
funzione di esprimere, attraverso l'unità delle voci, l'unione spirituale
dei communicanti, la gioia del cuore e mettere in luce l'indole
comunitaria della processione dei fedeli per ricevere l'Eucarestia; esso
perciò  dovrà essere di tipo processionale, gioioso e comunitario; sono
quindi da evitare testi in prima persona singolare che anche in questo
caso favorirebbero l'intimismo e l'individualismo spirituale.
I Riti di conclusione non prevedono un canto finale che accompagni lo
scioglimento dell'assemblea. Tuttavia, dato che si dice che «ognuno
ritorna alle sue opere buone lodando e benedicendo il Signore» (IGMR, 90),
questo può essere espresso, ma ormai fuori dalla liturgia, con un canto.
Concludendo, ci sembra opportuno descrivere brevemente le forme musicali
liturgiche. Esse derivano direttamente dalla struttura dei testi che
vengono cantati e sono:
- la litania, caratterizzata da intenzioni enunciate da un solista, a cui
il popolo si associa con una breve invocazione e rappresentata nella Massa
da Kyrie, Preghiera dei fedeli, Agnus Dei;
- l'acclamazione: Amen, Alleluia, Deo gratias, Laus tibi Christe, Sanctus,
l'acclamazione dopo l'anàmnesi (per esempio Annunziamo la tua morte,
Signore, ecc.), Agnus Dei;
- la salmodia, ovverosia la proclamazione di salmi e canti biblici che,
come testi divinamente ispirati, hanno la precedenza su tutte le
composizioni liriche ecclesiastiche;
- l'innodia: la lode e il ringraziamento a Dio sono la base dell'
espressione liturgica e quando questa espressione assume la forma lirica,
abbiamo l'inno (esempi famosi sono il Gloria in excelsis Deo e e il Te
Deum, ma molti salmi e cantici dell'Antico e del Nuovo Testamento sono
autentici inni) che è la forma più popolare del canto sacro;
- la sequenza, che va cantata dopo l'Alleluia (IGMR, 64) è riconducibile,
come forma all'inno, ma talvolta presenta degli aspetti
drammatico-rappresentativi (il Victimæ e il Dies iræ, adesso non più usato
nella Messa, ne sono spendidi esempi).

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