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CANTO E MUSICA

ALLA LUCE DI SC 112

1. Novità di SC 112 rispetto ai documenti del magistero prima del Vaticano II

«La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore, che eccelle
tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte
necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia
dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato
con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà
tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia dando alla preghiera
un'espressione più soave e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La
Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle
qualità necessarie. Perciò il sacro Concilio, conservando le norme e le prescrizioni della disciplina e
della tradizione ecclesiastica e considerando il fine della musica sacra, che è la gloria di Dio e la
santificazione dei fedeli, stabilisce quanto segue». (SC 112)

La Costituzione Sacrosanctum Concilium (1963) del Concilio Vaticano II sulla santa liturgia ha
mirato ad un consistente rinnovamento della liturgia, attraverso un progressivo approfondimento
della natura e del significato che la liturgia rappresenta per la Chiesa tutta 1. All’interno della
Costituzione, è stato riservato un intero capitolo alla trattazione della «musica sacra», condensando
in esso tutti gli aspetti teologico-liturgici riguardanti la musica nell’ambito del sacro e che
successivamente verranno esplicitati nella ricaduta pastorale dalla istruzione Musicam Sacram della
Sacra Congregazione dei Riti (1967).

In particolare il paragrafo 112 che fa da introduzione al capitolo sesto della SC, riconosce
innanzitutto la tradizione musicale della Chiesa come “tesoro d’inestimabile valore”, affermazione
questa che permette di incorniciare tutto il discorso del capitolo nell’alveo di una secolare e
precipua attenzione all’ambito musicale da parte della Chiesa, è da sempre «una Chiesa che prega
con il canto»2. Significativa è la specificazione del canto sacro, unito alle parole, come “parte
necessaria e integrale della liturgia solenne”. Non c’è più un rapporto di giustapposizione tra
liturgia e musica, ma vi si stabilisce una relazione profondamente radicale; la musica non più come
un elemento decorativo del rito, ma necessariamente parte integrante di esso: bisogna «cantare la
liturgia e non durante la liturgia»3. «Occorre tener presente non soltanto il significato ultimo di ciò
che si sta celebrando, ma le modalità concrete dell'azione rituale che viene celebrata: se si tratta di
un rito di accoglienza oppure di una celebrazione penitenziale, di una processione offertoriale
oppure ancora di una "risposta" meditativa alla omelia, o anche di una antifona alla comunione,
questo specifico programma rituale costituisce il contesto della espressione musicale, che non è
"musica a programma", ma che si inserisce con tutta la sua irriducibile specificità in quell'ambito»4.
1
Cf. H. HOPING, Il mio corpo dato per voi. Storia e teologia dell’eucarestia [BTC 173], Brescia 2015, 265.
2
J. RATZINGER, Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo 2001, 135.
3
R. FRATTALLONE, Musica e liturgia. Analisi della espressione musicale nella celebrazione liturgica, Roma 1991, 23.
4
A. GRILLO, Musica sacra, musica liturgica e musica per la liturgia. Una breve rilettura storica a partire da
"Sacrosanctum Concilium", in https://www.notedipastoralegiovanile.it/index.php?
La musica sacra sarà tale allora innanzitutto se capace di cogliere il legame profondo con la liturgia,
con i suoi testi eucologici propri o tratti dalla sacra scrittura, con l’azione rituale di cui è parte.

Il paragrafo pone anche diversi elementi di in certo senso di continuità e contemporaneamente


di profondo miglioramento, rispetto al magistero precedente. È infatti il caso del riferimento ai
pronunciamenti dei pontefici soprattutto quelli successivi a Pio X, dopo i quali una progressiva
riflessione circa il rapporto tra la musica e la liturgia porterà ad una innovativa definizione della
musica sacra nel servizio divino come un vero e proprio compito “ministeriale”. «La musica, nel
contesto celebrativo, non costituisce un valore a sé stante, ma qualifica la parola rituale, la quale
conserva la sua preminenza nei confronti dei vari linguaggi musicali. Infatti l’elemento musicale è
strettamente legato alla parola e svolge una funzione ministeriale; nella dinamica propria della
parola avviene il processo della rivelazione cultuale» 5. Sta qui una delle più grandi novità operate
dal Concilio: esplicitare attraverso la funzione ministeriale il carattere necessario e integrale della
musica rispetto alla liturgia. «In un culto che è servizio o ministero, come indica il vocabolario
greco da cui è nata la parola “liturgia”, tutto ciò che si fa, si dice, si mostra o si sente è “rito”; un
elemento all’interno di una globalità simbolica. Ogni volta che c’è canto, la radice del senso non
viene primariamente dalla musica ma dall’azione rituale in atto» 6. Il criterio della ministerialità del
canto sacro, si pone come uno dei primi fondamenti atti ad orientare le scelte circa l’animazione
delle celebrazioni eucaristiche7. Per estensione anche il musicista svolge una vera e propria
“ministerialità”, difatti «l’arte musicale per la liturgia non pretende di insegnare all’artista soltanto a
svolgere il proprio compito, ma intende proporgli il mistero che è chiamato a comporre
musicalmente. In questo modo, essa si attende, attraverso l’opera del musicista già esperto nella
propria arte, nuove vibrazioni di armonie per la stessa teologia»8.

Una ulteriore novità della SC consiste nell’aver esplicitato che la “santità” della musica è il
risultato di uno stretto e unito rapporto tra la musica sacra e l’azione liturgica. Tale criterio non era
assolutamente presente nei testi che fissavano i parametri della musica sacra, prima del Concilio
Vaticano II9 . «La musica liturgica può definirsi santa non in opposizione alla musica profana, ma
perché strettamente unita all’azione liturgica»10. Un notevole sviluppo terminologico, se si pensa a
tutto il cammino storico della musica sacra normalmente contrapposta e ben distinta dalla musica
profana. Il principio che la identifica non sorge semplicemente dal confronto con altri generi, ma
piuttosto dal proprio legame costitutivo con la liturgia. «Si tratta di compiere quello che è stato
chiamato un salto di qualità e che va dal sacro al santo. Rispetto alla vecchia concezione, generica e
fuorviante, di musica sacra, è bene distinguere una musica di contenuto genericamente religioso da
una musica di destinazione strettamente liturgica. Ecco, allora, l’importanza decisiva di ricorrere a
un’espressione più corretta e rispondente, ovvero canto e musica per la liturgia»11. Tanto più la
musica sarà santa, tanto più essa favorirà la preghiera, arricchirà di solennità i riti sacri e favorirà
l’unanimità dei fedeli: «bisogna evitare, pertanto, la concezione di un vago culto “sacrale-religioso”

option=com_content&view=article&id=6992:musica-sacra-musica-liturgica-e-musica-per-la-liturgia.
5
A. DONGHI, Sacrosanctum Concilium. Costituzione Conciliare sulla Sacra liturgia, Casale Monferrato 1986, 106.
6
J. GELINEAU, I canti della messa nel loro radicamento rituale [Ascoltare Celebrare Vivere], Padova 2004, 11.
7
Cf. R FHILIPPE, Cantare la liturgia, Torino 2003, 13.
8
G. LIBERTO, Musica santa per la liturgia in l’Osservatore Romano, Gennaio 2004.
9
Cf. R FHILIPPE, Cantare la liturgia, 13.
10
E. MASSIMI, Cantare la Messa. Guida pratica per la scelta dei canti [Sussidi Liturgico-Pastorali, 27], Roma 2019,
15.
11
G. LIBERTO, Musica santa per la liturgia.
per entrare nella dimensione teologico-liturgica»12. Infatti «la musica e il canto sacro sono via per
favorire la partecipazione attiva dei fedeli alla celebrazione liturgica, fine precipuo della riforma
liturgica»13. Il Concilio ha così sancito una necessaria e imprescindibile formazione per i musici che
si occupano della liturgia, essi dovranno certamente essere esperti dell’arte musicale, ma
contemporaneamente dovranno dedicarsi allo studio della teologia, soprattutto nella sua
componente liturgico-celebrativa. «È impossibile “animare” un’assemblea o compiere in pienezza il
“celebrare” senza una conoscenza approfondita di tutte le dimensioni e implicazioni dell’atto
celebrativo. Una formazione organica esige la comprensione dei fini e dello spirito della riforma
liturgica, il familiarizzare con i testi, i riti, il linguaggio liturgico, l’apertura all’apporto delle altre
discipline teologiche, antropologiche e culturali»14. La liturgia non richiede musicisti di qualunque
tipo, al contrario ha bisogno di musicisti molto competenti, perché essi sono chiamati ad
interpretare specifici repertori in contesti specifici quali quelli della liturgia. «Non si diventa
veramente un buon attore della liturgia e un buon servitore della comunità, se non vivendo in verità
le celebrazioni, affinché ogni elemento musicale e ogni altro atto rituale nascano dalla personale
vita di preghiera di colui che li compie»15. Non si dimentichi poi che durante la liturgia «vi è
anzitutto un “animatore interiore”, senza dubbio il più importante e decisivo: lo Spirito di Dio, che
opera in ciascuno dei membri dell’assemblea»16.

Il paragrafo 112 introduce anche il principio secondo il quale la chiesa ammette nel culto
divino tutte quelle forme di “vera arte”, purché dotate delle dovute qualità. «la bellezza è un aspetto
essenziale del sacro. La bellezza vuol essere contemplata, ma anche ascoltata. La liturgia è un’opera
d’arte totale, in cui tutti i sensi vogliono essere toccati, in particolare anche l’udito, affinchè
nell’ascoltare, diamo sempre più ascolto a Dio»17. Anche questo diviene un passo in avanti rispetto
ad una chiusura incondizionata al nuovo e diverso. Esso getta lo sguardo su possibilità innovative,
che però salvaguardino i principi di base. Bisogna tener conto che «l’arte musicale raggiunge la sua
verità se esprime di fatto l’autenticità di quanto si celebra e favorisce la partecipazione attiva di chi
celebra»18. Ne deriva che non tutte le forme d’arte sono ammesse nella liturgia, ma solo quelle
“vere” e “belle” giacché «l’anima della bellezza è la verità»19: quando cioè testo, melodia ed
esecuzione corrispondono al senso del mistero celebrato, alle parti del rito e ai tempi liturgici 20.
«Nella celebrazione liturgica l’arte musicale è azione simbolico-ministeriale in rapporto all’entrare
vivo nella stessa celebrazione per potervi partecipare. In quanto simbolica, la musica-canto è arte
che “visibilizza” il Mistero evocandolo, in quanto ministeriale, è arte a servizio della celebrazione
del Mistero; in quanto mistagogica, è arte che aiuta a introdurre nel Mistero per parteciparvi.
Nell’arte liturgica, la bellezza non è l’effetto dell’arte umana che si auto compiace e perciò, si
autocelebra. Quest’atteggiamento sarebbe deprecabile idolatria. Nell’arte liturgica, la bellezza è il
riflesso della Gloria divina che si rivela. L’artista, innanzitutto, deve percepire il Mistero: via

12
G. LIBERTO, Suggestioni in contrappunto, Città del Vaticano 2014, 187.
13
S. ESPOSITO, A te la lode e la gloria nei secoli. Manuale di liturgia, Torino 2016, 496.
14
F. P. TAMBURRINO, Liturgia fonte di salvezza. Contributi per la ricezione della Riforma Liturgica Conciliare, Foggia
2015, 88.
15
M. VEUTHEY, Il coro cuore dell’assemblea [Percorsi pastorali], Milano 1998,138.
16
L. MOSSUCCA, Cantare insieme con Arte. Manuale per gli operatori liturgico-musicali, Cinisello Balsamo 2019, 86.
17
A. GRÜN, Ascolta e la tua anima vivrà. La forza spirituale della musica. Brescia 2009, 21.
18
G. LIBERTO, Cantare il Mistero. Musica santa per la liturgia, Panzanaro in Chianti 2004, 52.
19
R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia, Brescia 2007, 90.
20
Cf. BENEDETTO XVI, Sacramentum Caritatis, 42.
estetica, per poi poterlo artisticamente rappresentare: via poietica» 21. La via “artistica” è a pieno
titolo “linguaggio” del rito e la componente musicale, espressione di vera arte, ne costituisce il
culmine22. «Rinunziando a canonizzare una specifica espressione artistica a detrimento delle altre,
il concilio proclama che qualsiasi genere musica che soddisfa tali caratteristiche è vera musica sacra
e viene e perciò approvato dalla Chiesa»23.

Infine il paragrafo esplicita ulteriormente quale sia il fine della musica sacra e cioè “la gloria di
Dio e la santificazione dei fedeli”. Tale specificazione permette di cogliere l’aspetto musicale come
evento “missionario” cioè capace di farsi carico della medesima missione della Chiesa: dare gloria a
Dio e salvare le anime 24. Da notare che il fine precisato per la musica sacra è il medesimo fine della
liturgia complessivamente considerata (cf. nn 7 e 10). La musica cioè concorre a realizzare
pienamente il fine ultimo della liturgia nelle due dimensioni ascendente (la lode che l’uomo eleva a
Dio) e discendente (la salvezza che Dio arreca all’uomo) e non nella mera realizzazione di un fine
autonomo25.

2. Alla luce di SC 112, differenza tra musica sacra – musica cristiana e musica liturgica

«Per musica sacra si intendono i brani ispirati dalla Scrittura o dalla liturgia o che richiamano Dio, la
Vergine Maria, i santi o la Chiesa. Per musica liturgia si intende quella composta espressamente per le
celebrazioni lituriche, tenendo conto del momento celebrativo, del tempo liturgico e del mistero celebrato. A
questo ambito appartengono il canto gregoriano e la polifonia sacra»26. Per musica cristiana intendiamo
opere, brani o canti genericamente afferenti alla religione cristiana e non composti espressamente per la
liturgia.

3. Alla luce di SC 112 e delle “Precisazioni” n. 2 della CEI 1967:

In luogo dei canti inseriti nei libri liturgici si possono usare altri canti adatti
all’azione sacra, al momento e al carattere del giorno o del tempo, purché siano
approvati dalla Conferenza Episcopale nazionale o regionale o dall’Ordinario
del luogo.Si esortano i musicisti e i cantori a valersi dei testi antifonali del
giorno con qualche eventuale adattamento.

a. criteri liturgici per la scelta di “altri canti” per i momenti rituali


processionali della Celebrazione Eucaristica: Introito, Offertorio e
Comunione:

Introito: «Quando il popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso


con il diacono e i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di
questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei
fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della
festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri. Il canto

21
G. LIBERTO, Suggestioni in contrappunto, 182.
22
Cf. V. DE GREGORIO, Animo religioso, in AA. VV., La guida del canto dell’assemblea liturgica, Napoli 2006, 5.
23
P. BUA, Sacrosanctum Concilium. Storia/Commento/Recezione [Universale Studium 21], Roma 2013,149-150.
24
Cf. N. BUX, Prefazione in A. PORFIRI, La messa in-canto. Piccola guida alla musica per le celebrazioni liturgiche,
Hong Kong 2017, 7.
25
P. BUA, Sacrosanctum Concilium, 149.
26
S. ESPOSITO, A te la lode e la gloria nei secoli. Manuale di liturgia, 503.
viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal
popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia
l’antifona con il suo salmo, quale si trova nel Graduale romanum o nel
Graduale simplex, oppure un altro canto adatto all’azione sacra, al carattere
del giorno o del tempo, e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza
Episcopale». (OGMR 47)

 Offertorio: «Il canto all’offertorio (Cf. n. 37, b) accompagna la processione


con la quale si portano i doni; esso si protrae almeno fino a quando i doni sono
stati deposti sull’altare. Le norme che regolano questo canto sono le stesse
previste per il canto d’ingresso (Cfr. n. 48). È sempre possibile accompagnare
con il canto i riti offertoriali, anche se non si svolge la processione con i doni».
(OGMR 74)

 Comunione: «Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di


Comunione: con esso si esprime, mediante l’accordo delle voci, l’unione
spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone
maggiormente in luce il carattere “comunitario” della processione di coloro
che si accostano a ricevere l’Eucaristia. Il canto si protrae durante la
distribuzione del Sacramento ai fedeli. Se però è previsto che dopo la
Comunione si esegua un inno, il canto di Comunione s’interrompa al momento
opportuno. Si faccia in modo che anche i cantori possano ricevere agevolmente
la Comunione. Per il canto alla Comunione si può utilizzare o l’antifona del
Graduale romanum, con o senza salmo, o l’antifona col salmo del Graduale
simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episcopale.
Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme col
popolo. […]». (OGMR 86-87)

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