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ARCOMELO

2013
Studi nel terzo centenario
della morte di Arcangelo Corelli

A c u r a di
Gu id o Oli v ier i e
M a rc Va nschee u w ijck

Libreria Musicale Italiana


Salvatore Carchiolo

La prassi esecutiva del basso continuo al


clavicembalo nella musica
di Arcangelo Corelli alla luce delle Regole
per accompagnar sopra la parte della
Biblioteca Corsiniana di Roma

Un trattato romano?
Presso il fondo musicale Chiti-Corsini della Biblioteca Corsiniana di
Roma (I-Rli) è conservato — con la segnatura Musica R 1 — il trattato
manoscritto del quale qui ci occupiamo. Si tratta di un volume in quarto
oblungo di 81 carte misuranti mm. 215 x 300. Il frontespizio recita RE-
GOLE / Per Accompagnar Sopra la Parte / N. 1. / D’AUTORE INCERTO.
All’inizio della trattazione, accanto all’intitolazione «Cap.[itol]o Primo»,
si legge «Libro P[ri]mo». Il testo è vergato su carta pentagrammata, con
sei pentagrammi per pagina nei primi cinque fascicoli (fino a c. 45v) e
con otto pentagrammi nei rimanenti cinque. La grafia del testo è piutto-
sto frettolosa, ma nel complesso ben leggibile. Gli esempi musicali sono
notati con maggiore cura e sono intavolati su due pentagrammi, che uti-
lizzano normalmente la chiave di basso o di tenore per la mano sinistra e
quella di soprano per la destra. Una caratteristica singolare del trattato è la
presenza, in più di un luogo, di frammenti musicali che apparentemente
non hanno relazione con la trattazione; sembrerebbe come se il copista (o
l’autore) avesse utilizzato la parte della pagina lasciata libera per annotare
degli appunti.1

1. Ciò avviene a cc. 8v, 13r, 17v, 24r, 24v, 31r, 36r.
∙ Salvatore Carchiolo ∙

Il fondo Chiti-Corsini consta della raccolta di musica e di trattatistica


musicale appartenuta al musicista senese Girolamo Chiti Carletti, sacer-
dote, nato a Siena e attivo a Roma dal 17132 fino alla morte, avvenuta nel
1759. Il compositore senese dedicò tempo, energie ed entusiasmo al colle-
zionismo musicale e riuscì, nel corso di più di mezzo secolo, a creare una
biblioteca di grande valore. Nel 1750, «memore delli sommi benefici rice-
vuti dall’Eminentissima Casa Corsini»,3 egli fece dono della raccolta al suo
protettore, il cardinale Neri Maria Corsini. Nel 1757, due anni prima della
morte di Chiti, il fondo venne trasferito nella sede di Palazzo Corsini,
dove ancora oggi si trova. Chiti fu dunque un bibliofilo appassionato, ma
anche un teorico fra i maggiori del Settecento musicale italiano, un culto-
re della musica antica e uno strenuo difensore della pratica dello stile os-
servato nella musica da chiesa. Questi interessi, così tenacemente coltivati
dal musicista senese, finirono inevitabilmente per avvicinarlo a Giovanni
Battista Martini. I due erano accomunati dai voti religiosi e da un’ine-
sauribile curiosità bibliografica e storiografica. La fama della sapienza di
Martini, come compositore e come teorico, era già grande in tutta Europa
quando nel 1745 i due iniziarono un carteggio che si protrarrà fino alla
morte di Chiti, e del quale ci sono pervenute 446 lettere.4 Dall’epistolario
apprendiamo come, nel corso degli anni, i due si scambiarono una vasta
mole di volumi, di pratica e di teorica, che non a caso oggi sono conservati
sia nel fondo Chiti-Corsini che nella biblioteca che fu di Padre Martini.
Specialmente Chiti si mostrava particolarmente premuroso nell’inviare a
Martini tutte le opere in suo possesso che potessero destare l’interesse del
frate bolognese. Non sorprende quindi che un secondo testimone delle
Regole, sia oggi conservato presso il Museo Internazionale e Biblioteca
della Musica di Bologna (già Civico Museo Bibliografico Musicale; I-Bc,
Ms E.25), un manoscritto quindi che apparteneva originariamente alla bi-
blioteca di Padre Martini, dalla quale provengono la stragrande maggio-
ranza dei volumi custoditi nella biblioteca bolognese.
La copia posseduta da padre Martini — circostanza curiosa ove
si consideri l’identità del contenuto con quella della Corsiniana — è

2. La notizia della data di trasferimento di Chiti a Roma è in Gmeinwieser 2001 e in Rostirol-


la et alii 2010, p. XII nota 3. Careri 1999 indica invece la data del 1711 circa.
3. Chiti, Inventario di tutte le materie musicali raccolte […] dal R.do D. Girolamo Chiti […],
manoscritto, I-Rli, Musica 1.
4. L’epistolario Chiti-Martini è stato integralmente pubblicato in Rostirolla et alii 2010. Si farà
riferimento a tale edizione per ogni ulteriore rimando al contenuto del carteggio.

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∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

contraddistinta da un diverso titolo: Regole di Canto figurato, Contrapun-


to, d’Accompagnare. Il codice ha lo stesso formato in quarto oblungo delle
Regole per accompagnar e consta di 105 carte. In generale la grafia è più
chiara e la copia nel complesso denuncia una maggiore cura nella sua re-
dazione. Tuttavia tutti gli esempi musicali incongrui presenti nella copia
della Corsiniana riappaiono tali e quali in questo esemplare. Il titolo del
volume appare sul verso del foglio di guardia sotto la scritta, poi depen-
nata, «Libro Quarto».
Il fondo Chiti contiene un terzo codice apparentato ai due precedenti.
Si tratta di un manoscritto in ottavo di quarantotto carte, anch’esso ano-
nimo, che porta il titolo di Contrapuncti demonstratio varia (I-Rli, Musica
C9 bis/6). Il contenuto del manoscritto è molto simile a quello delle Rego-
le per accompagnar ma non ci sono prove sufficienti perché esso debba es-
sere considerato necessariamente una sua copia parziale, come sostenuto
da Jorg Andreas Bötticher e Jesper Christensen.5 Effettivamente il mano-
scritto manca di tutta la parte finale, interrompendosi alla fine del capi-
tolo sui «cattivi movimenti», corrispondente al capitolo XXIII («Regole
diverse») delle Regole. Tuttavia molte frasi sono diversamente espresse,
gli esempi musicali talvolta differiscono e alcuni passi non appaiono nel
trattato principale. Il manoscritto è di mano di Girolamo Chiti,6 il quale
se ne dichiara il compilatore («Hyeronimus Chiti colligebat»). Anche di
quest’opera è presente una copia a Bologna, nel fondo di Padre Martini
(I-Bc, Ms K.79). L’esame del rapporto fra i quattro testimoni che hanno
tràdito le Regole può risultare istruttivo nel tentare di appurare l’origine e
la provenienza del trattato. La lettura del carteggio Chiti-Martini ci viene
in soccorso in tal senso, dal momento che contiene notizie utili per una
ricostruzione, almeno ipotetica, del rapporto fra le copie a noi pervenute.
Procedendo in ordine cronologico, cercherò di presentare i fatti docu-
mentati nel carteggio, per cercare poi di giungere a qualche conclusione.
Il 25 gennaio 1747 Martini elenca in una lettera a Chiti i trattati man-
canti nella propria biblioteca fra quelli posseduti dal senese: nell’elenco
è compresa la Contrapuncti demonstratio varia.7 Il 18 maggio dello stes-
so anno Chiti spedisce a Martini una cassa contenente una selezione di
«miscellanee musicali» appartenenti alla propria biblioteca. Nella lettera

5. Bötticher – Christensen 1995, p. 1247.


6. Careri 1998, p. 165.
7. Rostirolla et alii 2010, p. 176.

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∙ Salvatore Carchiolo ∙

accompagnatoria si chiede a Martini di compilare una lista delle opere


ricevute con questa spedizione, e delle altre precedentemente recapitate.
Questo per tenere traccia delle opere date in prestito, in cambio o in dono,
secondo gli accordi.8 Il 24 maggio Martini compila l’elenco richiesto da
Chiti, come si evince da una lettera dello stesso Chiti dell’anno successi-
vo.9 Il 1° aprile del 1748 Martini invia una cassa di libri al Chiti, «parte dei
quali vado debitore con Lei e parte che Le trasmetto per corrispondere in
qualche parte alle tante obbligazioni che Le professo».10 Si tratta dunque,
in parte, di volumi che il Chiti aveva dato in prestito a Martini affinché
egli potesse ricopiarli. Nel novero di questi libri sono compresi diversi
manoscritti di teorica certamente appartenuti al Chiti. Fra gli altri si trova
la Contrapuncti demonstratio varia e un volume identificato con il titolo
«Libro quarto, Scala delle note musicali per bequadro». In occasione di
tale spedizione Martini chiede a Chiti di ricevere copia della nota «delle
composizioni che Le vado debitore, perché non ne tenni copia». È la li-
sta richiesta da Chiti il 18 maggio 1747. Il mese successivo (maggio 1748)
Chiti invia a Martini copia della lista.11 In questa lista sono presenti anche
i volumi restituiti a Chiti il 1° aprile dello stesso anno. Fra questi, Contra-
puncti demonstratio varia, accompagnato dalla dicitura «da restituirsi la
copia», e ancora «Libro 4° comincia cap. p[rimus] Scala delle note musi-
cali per b.quadro, ms in 4° bislongo», con la dicitura «copia per il Chiti».
Il volume contraddistinto dall’indicazione «Libro quarto» è il nostro trat-
tato. Evidentemente esso doveva essere privo di titolo al momento dello
scambio di volumi, così che Martini usa per identificarlo l’incipit del te-
sto: «Scala delle note musicali per b.quadro».12
A partire dalle circostanze testé citate è possibile formulare un’ipotesi
sul rapporto intercorrente fra i due manoscritti delle Regole. Chiti do-
vette inviare una copia del trattato a Martini, priva di titolo e con la sola
indicazione «Libro quarto». Il bolognese depennò, o fece depennare, tale
indicazione e aggiunse il titolo Regole di Canto figurato, Contrapunto,

8. Rostirolla et alii 2010, p. 204: «Mando il fagotto delle miscellanee musicali di cui, con l’altre
riceute, ne farà a Suo commodo una fedele lista per il concordato […]».
9. Lettera senza data, ma probabilmente del maggio 1748. Cfr. Rostirolla et alii 2010, p. 404.
10. Rostirolla et alii 2010, p. 384.
11. «Copia della nota di varie opere e studi musicali fatta dal molto reverendo padre maestro Gio-
vanni Battista Martini li 21 [24?] maggio 1747 per ricordo a don Girolamo Chiti Suo servitore
che Glie ne diede l’uso, prestito, e cambio, e dono». È la lettera di cui alla nota 9.
12. In realtà il trattato comincia con la seguente frase: «Scala de nomi delle note musicali per
b.quadro».

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∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

d’Accompagnare, che come vedremo è fedelmente descrittivo del con-


tenuto del trattato. Martini lo fece copiare, trattenne per sé l’originale e
rispedì la copia a Chiti (il 1° aprile 1748). Quest’ultima circostanza è ipotiz-
zabile a partire dal fatto che l’indicazione «Libro quarto» appare oggi solo
nella copia bolognese. Inoltre, come si è visto, nella lista dei libri che Mar-
tini dichiara di aver ricevuto da Chiti, accanto all’indicazione del volume,
Martini scrive «copia per il Chiti».13 Un ulteriore indizio del fatto che il
codice oggi a Roma sia stato in realtà prodotto a Bologna potrebbe esse-
re individuato nella carta utilizzata, carta contrassegnata da una filigrana
(due lettere, probabilmente G A, all’interno di un cerchio sormontato da
un trifoglio) documentata a Bologna nel secolo XVIII e probabilmente
riconducibile a cartari bolognesi.14 Rimane oscuro il motivo per cui sulla
copia oggi alla Corsiniana appaia la dicitura «Libro primo» e non ci è nep-
pure dato sapere chi abbia apposto il titolo Regole per accompagnar sopra
la parte sulla stessa copia.
Riassumendo, sono due le conclusioni alle quali siamo approdati:
1. L’opera, che chiameremo d’ora in avanti semplicemente Regole, era
presente originariamente nella biblioteca di Chiti e da quest’ultimo
venne trasmessa a Martini. Altrettanto si può dire della sua stretta
parente Contrapuncti demonstratio varia, esistente in copia auto-
grafa di Chiti, il quale di suo pugno sostiene, come abbiamo visto,
di aver ‘raccolto’ egli stesso il materiale ivi contenuto. Questa cir-
costanza rende altamente probabile una genesi romana dell’opera.
2. Il manoscritto delle Regole presente nella Biblioteca di padre Mar-
tini è l’antigrafo inviato da Chiti;15 quello della Corsiniana ne è una
copia.
Mentre la seconda circostanza potrebbe avere una certa rilevanza
solo in vista di una edizione critica dell’opera, la prima ci interessa qui

13. Che Martini agisse talvolta in questo modo è documentato almeno in una circostanza. Nella
lettera del 6 luglio 1748, nel restituire a Chiti, fra le altre cose, copia del trattato Armonica
cultura di Angelo Furio, egli dichiara: «Confesso il vero che mi sono preso troppa libertà
in restituirLe la copia, non l’originale di quest’ultimo, ma siccome la suddetta copia è fatta
fedelissimamente e con diligenza particolare, ho stimato che sia per perdonarmi il signor don
Girolamo una tal libertà». Cfr. Rostirolla et alii 2010, p. 414.
14. Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, «Filigrane Bolognesi fra il 1650 e il 1750»,
<http://badigit.comune.bologna.it/filigrane/schede/205.htm>, consultato il 12/10/2013. Si
veda anche il saggio di G. Olivieri in questo volume.
15. A conferma di questa ipotesi c’è almeno un inequivocabile errore significativo, e cioè una
lacuna dovuta a omoteleuto a c. 37r della copia della Corsiniana.

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∙ Salvatore Carchiolo ∙

direttamente. Una più esatta definizione della provenienza del nostro


trattato è di indubbia rilevanza nel tentativo di affermare la pertinenza
dell’impiego delle pratiche ivi descritte nell’esecuzione del repertorio
romano fra gli ultimi decenni del Seicento e i primi del Settecento e in
particolare della musica di Corelli. Ludwig Landshoff, già nel 1918, aveva
suggerito la contiguità del trattato con l’ambiente romano e in particola-
re con Gasparini e Pasquini. Landshoff basava la sua supposizione sulle
convergenze constatate fra il testo dell’anonimo e quello di Gasparini, il
quale fu a Roma allievo di Pasquini.16 Questa ipotesi sembra rafforzata
adesso dalla considerazione di un più stretto rapporto dell’opera con la
figura di Girolamo Chiti. Il significato di quel «Girolamo Chiti colligebat»
apposto sulla copia romana della Contrapuncti demonstratio Varia atten-
de di essere meglio precisato. Gmeinwieser, che non rileva la parentela
fra le Regole e la Contrapuncti demonstratio, inserisce quest’ultima opera
senza ulteriori specificazioni fra quelle la cui paternità è da attribuire a
Chiti.17 Senza volersi spingere a tanto, bisogna comunque osservare che
l’attività del colligere sembrerebbe a prima vista riferirsi a qualcosa di più
di una semplice copiatura. Di conseguenza, non sembra troppo azzardato
ipotizzare un ruolo rilevante di Chiti nella redazione del trattato, che po-
trebbe essere stato da lui compilato e adattato a partire da fonti circolan-
ti manoscritte nell’ambiente romano. Che Chiti possa avere liberamente
rielaborato il trattato da fonti diverse è una supposizione che trova forza
nel constatare come un comportamento del genere non gli fosse scono-
sciuto. Almeno in un caso egli dichiara apertamente e specifica il tipo di
intervento messo in atto. Il titolo del trattato Modo facilissimo per impa-
rare a cantare, anch’esso parte del fondo Chiti-Corsini, è seguito infatti
dall’annotazione «epilogato da diversi autori, acresciuto e ridotto nel se-
guente metodo dal […] D. Girolamo Chiti […] nelle vacanze autunnali
dell’anno 1744» (I-Rli, Musica C9 bis/1). Che poi Chiti non fosse sempre
esplicito e coerente nel dichiarare le proprie fonti, è dimostrato dalla co-
pia dello stesso trattato conservata in una delle miscellanee martiniane
di Bologna. Qui scompare il riferimento ai «diversi autori», si attribuisce

16. Landshoff 1918, p. 197: «Auch Gasparini hatte seine Studien in Rom gemacht, und da sich
zwischen seinen Ausführungen und denen unseres anonymen Autors noch zahlreiche andere
Parallelen nachweisen lassen, liegt die Vermutung nahe, daß auch dieser direkt oder indirekt
aus der Schule Bernardo Pasquini’s, der damals als Lehrer Weltruf genoß, hervorgegangen
ist». Della stessa opinione è Boccaccio 1999, p. II.
17. Cfr. Gmeinwieser 1968.

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∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

la paternità dell’originale a Ottavio Alesandri da Foligno, specificandone


anche l’anno di apparizione (1719), e si afferma infine come esso sia stato
«copiato ed accresciuto in qualche parte da D. Girolamo Chiti per suo
divertimento nelle vacanze autunnali del 1744».18 Dalle stesse parole del
Chiti si evince quindi come non il solo copiare fosse da lui previsto come
operazione ammissibile nei confronti dei manoscritti di teorica, ma anche
«epilogare», accrescere, ridurre, colligere, e tutto ciò per proprio diverti-
mento. Questa situazione scoraggia a mio avviso i tentativi di identificare
un autore unico delle Regole e ogni supposizione in tal senso sarebbe al
momento infondata.19 Non resta dunque che fermarsi a Chiti. Anche se
non è possibile identificarlo come l’autore del trattato, il musicista di casa
Corsini rappresenta l’unico tramite possibile che permetta di riferire le
Regole a un preciso ambiente musicale.
Risulta dunque utile cercare di comprendere, giunti a questo punto del-
la nostra indagine, quale fosse la posizione di Girolamo Chiti nel mondo
musicale romano del primo Settecento, all’interno del quale egli ricoprì
un ruolo non secondario. Chiti proveniva da Siena, dove aveva studiato
con Giuseppe Ottavio Cini e Tommaso Redi. Giunto a Roma, nel 1713,
nonostante i trentaquattro anni di età, egli continuò i suoi studi ed ebbe
come insegnanti Giuseppe Ottavio Pitoni e Tommaso Bernardo Gaffi.
Quanto a Pitoni, è nota l’importanza della sua figura come teorico e cul-
tore dello stile antico e probabilmente la vicinanza a questo musicista —
che Chiti venerò sempre, al punto da diventarne il biografo — condusse
Chiti a ricalcarne le orme nel dedicarsi alacremente alla teoria musicale (il
fondo Chiti-Corsini conserva diversi trattati di Chiti sugli argomenti più
diversi). L’aver studiato con Bernardo Gaffi è invece un elemento di par-
ticolare rilevanza ai nostri fini, perché serve a ricondurre Girolamo Chiti

18. Gmeinwieser 1968, pp. 73–4.


19. La tentazione di attribuire la paternità delle Regole a Bernardo Pasquini si scontra con l’assen-
za di riscontri positivi. In particolare, l’idea di ricondurre il nostro trattato a quello perduto di
Pasquini, una volta conservato nella collezione Santini di Münster, non è sostenibile. Gaetano
Gaspari conosceva il trattato di Pasquini per averne ricevuta copia da Fortunato Santini. Ap-
prendiamo tale notizia dalla scheda compilata da Gaspari per il piccolo trattato di continuo di
Pasquini conservato a Bologna, le Regole del Sig.r Bernardo Pasquini per accompagnare con il
cembalo, dove il bibliotecario annota: «[…] sarà probabilmente un compendio di quello ben
più ampio e per teorie e per copia d’esempli che già ci trasmise da Roma il ch.o ab. Santini
per esaminarlo, e che poscia a lui restituimmo». Gaspari avrebbe dovuto dunque senz’altro
rilevare l’identità fra il trattato maggiore di Pasquini e le Regole, laddove egli invece annota, a
proposito di queste ultime: «Peccato che non se ne conosca l’autore!».

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∙ Salvatore Carchiolo ∙

a una diretta discendenza pasquiniana. Pasquini fu infatti l’insegnante di


Gaffi, il quale gli succedette come organista a Santa Maria Maggiore e
a Santa Maria in Aracoeli. Inoltre, va ricordato come Gaffi si interessò
anch’egli in maniera diretta della pratica del basso continuo, come autore
di un sintetico trattato, Regole per sonare su la parte, anch’esso non a caso
conservato nel fondo Chiti-Corsini (I-Rli, Musica M 14 bis/11).
Ma la biografia di Chiti svela almeno un punto di contatto importante
anche con l’altra figura capitale della didattica del basso continuo nel pri-
mo Settecento. Ci riferiamo a Francesco Gasparini, il quale, a sua volta,
probabilmente ebbe rapporti di discepolato con Corelli e Pasquini. Fra il
luglio del 1726 e il marzo del 1727, Chiti fu infatti coadiutore del maestro
lucchese a San Giovanni in Laterano, per succedergli alla sua morte, nel
marzo 1727, come maestro di cappella.
Pasquini e Gasparini — il primo l’inventore, così almeno sembra, il
secondo il propalatore del nuovo, e per certi versi rivoluzionario, stile del
basso continuo romano all’inizio del Settecento — sono dunque per mo-
tivi diversi, al di là della comune origine toscana, strettamente collegati
alla figura di Chiti. Se è certamente troppo riduttivo etichettare Pasquini
come ‘il clavicembalista di Corelli’, le biografie dei due maestri corrono
per lunghi tratti parallele, come è noto, ed effettivamente sono documen-
tate numerose occasioni nelle quali i due ebbero modo di suonare insieme,
nelle rappresentazioni di opere, di oratori e in esecuzioni cameristiche.
L’aver stabilito l’appartenenza di Chiti all’asse Corelli-Pasquini-Gaspari-
ni rende significativa un’attenta lettura di questo trattato nel tentativo di
ricostruire una prassi storicamente attendibile del basso continuo nella
musica di Arcangelo Corelli, almeno riguardo ad alcune, non marginali,
problematiche.

Ma veniamo finalmente al contenuto dell’opera. La trattazione si articola


in ventisei capitoli, più un’appendice non numerata che tratta la tecnica
della trasposizione. I primi due capitoli presentano i fondamenti del can-
to figurato, mentre a partire dal terzo e fino al dodicesimo sono esaminati
ordinatamente gli intervalli consonanti e dissonanti e il loro uso, ossia le
regole fondamentali da conoscere per inoltrarsi nello studio del contrap-
punto e dell’accompagnamento; i capitoli successivi si occupano di varie
tematiche (cadenze, false relazioni, accompagnamento delle semiminime,
diminuzioni nel basso, note di passaggio accentate, ritardi) esaminate nel-
la prospettiva dell’accompagnamento. Seguono cinque capitoli (dal XIX
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∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

al XXIV) di «regole diverse», che presentano una casistica dettagliata di


passi particolari con le relative realizzazioni. Dopo un capitolo dedica-
to alle battute in metro ternario, il capitolo XXVI («Degli abbellimenti e
adornamenti») si segnala per la nota discussione dello stile pieno e delle
«false che dilettano», esemplificate da un esempio di accompagnamento
intavolato per l’arietta «Son un certo spiritello».
La struttura del trattato conferma dunque quella che era una distribu-
zione consueta delle materie nei trattati di questo periodo dedicati al mu-
sico pratico. In particolare la tripartizione canto figurato, contrappunto,
accompagnamento (confermata nel titolo dell’esemplare bolognese) ri-
calca il piano di Li primi albori musicali di Lorenzo Penna, delineando un
curriculum di studi che doveva essere la norma nel Sei e Settecento. Lad-
dove la maggioranza dei trattati si fermano però a considerare i rudimenti
dell’accompagnamento, il nostro si addentra, soprattutto nella seconda
metà, in territori normalmente riservati al musico esperto, descrivendo
alcune pratiche che realmente sono in grado di tracciare le coordinate di
uno specifico ‘gusto’ dell’accompagnamento, e che pertanto vanno consi-
derate rivolte ad allievi già in possesso delle nozioni di base.
Il trattato non è destinato in maniera esplicita a uno strumento preciso.
Tuttavia di alcune pratiche si precisa che esse sono di esclusiva pertinen-
za cembalistica (per esempio quelle che riguardano l’accompagnamento
delle note di passaggio). La trattazione è corredata da un grande numero
di esempi musicali e molti di essi contengono una realizzazione intavola-
ta dell’accompagnamento. Tali realizzazioni rappresentano forse l’aspetto
di maggior interesse del trattato e sono rappresentative della pratica di
eseguire il continuo con un numero di parti superiore a quattro, il cosid-
detto ‘stile pieno’, o Vollstimmigkeit per i tedeschi. L’ampia prevalenza
dello stile pieno negli esempi conferma come l’autore avesse in mente
in primo luogo il basso continuo al clavicembalo come oggetto della sua
trattazione. Le Regole sono oggi solitamente citate proprio in relazione a
tale pratica, e all’uso, a essa correlato, di infarcire gli accordi di note estra-
nee all’armonia, note denominate acciaccature e mordenti. Lo stile pieno
come caratteristica non accidentale dello stile continuistico italiano fra
la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo è ampiamen-
te documentato dalle fonti coeve, fonti del resto sufficientemente citate
e commentate nella letteratura musicologica più recente. Le attestazio-
ni fornite da tali fonti sono inequivocabili e da una loro lettura scevra

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∙ Salvatore Carchiolo ∙

di pregiudizi20 emerge un quadro dove il suonar pieno non è soggetto a


particolari limitazioni, relative a genere, carattere, organico dei brani da
accompagnare, ma si configura come lo stile ordinario di realizzazione
del basso continuo, almeno in un certo ambiente e in un certo periodo.
Le Regole rappresentano una delle testimonianze più significative per la
documentazione di questa nuova maniera di suonare e contribuiscono
anche a determinare la pertinenza cronologica, geografica e stilistica della
sua applicazione.
Ho già avuto modo di sottolineare la verosimile provenienza del trat-
tato dall’area romana; per quanto riguarda invece l’aspetto cronologico
è interessante notare come l’autore si preoccupi di ribadire l’attualità di
questo modo di suonare, affermando come si sia «messo grandemente in
uso hoggidì il Suonar pieno quanto si può» e come la mancata adozione
di tale pratica determinerebbe la persistenza dell’«antico modo di suonar
secco» (i corsivi sono miei). Il suonar pieno, e in particolare l’apologia
della «pienezza dell’armonia» compiuta dall’‘incerto’ autore delle Regole,21
trova ormai adeguata eco nell’odierna letteratura musicologica, e per tale
motivo non ne farò qui ulteriore menzione.22 L’importanza delle Regole
non si limita però a questo aspetto, poiché esse illustrano con dovizia di
esempi anche altre prassi del basso continuo, sulle quali è forse più utile
attirare qui l’attenzione in quanto meno discusse e a mio avviso assai ap-
propriate all’esecuzione della musica di Corelli.

20. L’adozione del suonar pieno nella moderna pratica continuistica ha dovuto misurarsi con le
resistenze di uno stile continuistico standardizzato, codificato nella Baroque Renaissance della
seconda metà del XX secolo, per il quale una certa discrezione, il non dare troppo nell’occhio
e l’asservimento alle dinamiche del solista, sono le principali virtù. Tale stile è desunto da una
scelta di fonti parziale e certamente non pertinente alla musica italiana del barocco maturo.
Cfr. altresì Mortensen 1996. È significativo a tale proposito notare come, nonostante il con-
tenuto delle Regole fosse stato segnalato già nel 1918 da Ludwig Landshoff in relazione alla
problematica della Vollstimmigkeit, dopo tale data il trattato sia rimasto ignoto ai più e del
tutto trascurato nelle classi di basso continuo sino a un paio di decenni fa.
21. I-Rli, Musica R 1; d’ora in poi: Regole per accompagnar, c. 65v.
22. A tale proposito si vedano almeno Landshoff 1918, Buelow 1963, Boccaccio 1999, Böt-
ticher-Christensen 1995, Carchiolo 2007, Nuti 2007 e il saggio di M. Pesci in questo
volume.

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∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

2. Il trattamento delle note di passaggio (densità orizzontale)


La preoccupazione per la «pienezza dell’armonia» non si manifesta so-
lamente nell’attenzione a quella che definisco densità verticale in riferi-
mento al numero di note eseguite contemporaneamente su un suono del
basso, ma ha la sua manifestazione complementare, e altrettanto rilevante,
nella densità orizzontale della realizzazione, che ha per oggetto la deter-
minazione di quante e quali note del basso armonizzare. In linea generale
le indicazioni fornite dall’anonimo a questo riguardo sono coerenti con le
analoghe istruzioni di Gasparini, confermando l’appartenenza del nostro
a un medesimo ambiente, all’interno del quale si praticava un linguaggio,
in particolare nella realizzazione del continuo, definito molto nettamente
da alcune precise coordinate stilistiche, la cui definizione sembra poter
essere ricondotta all’insegnamento di Bernardo Pasquini.
Il capitolo XV del trattato dell’anonimo è dedicato all’accompagna-
mento delle semiminime. La pratica di accompagnare tutte le semimini-
me che si muovono per grado congiunto, sia le ‘buone’ che le ‘cattive’ con
terze o decime parallele è esposta sin dall’inizio del capitolo con la defini-
zione di una ricca casistica, corredata da numerosi esempi che servono a
precisarne e delimitarne l’uso. L’autore avverte dunque come, nel caso di
più semiminime successive al basso, «la nota cattiva si potrà accompagna-
re con la terza o la decima, secondo che si trova più accomodata la mano
o per la terza o per la decima, avertendo che avanti e doppo alla terza o
alla decima che accompagna la nota cattiva, bisogna che vi sia un’altra ter-
za o decima, altrimente non si caminarebbe con buon ordine né farebbe
sì buon effetto».23 Dalle esemplificazioni proposte si evince come, insie-
me alle terze o decime, sulle semiminime di passaggio (cattive) vengono
mantenute una o più delle tre consonanze appartenenti alla nota buona.

a b c
Esempio 1 a, b, c. Regole per accompagnar, c. 33r

23. Regole per accompagnar, c. 33r.

∙ 243 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

In questi esempi le note di passaggio sono dunque accompagnate sia da


note appartenenti all’accordo della nota reale, sia da note (terze o decime)
che si riferiscono a un’ipotetica armonia sul tempo debole. La compre-
senza di note appartenenti a due diversi aggregati armonici testimonia
un principio compositivo di capitale importanza nella realizzazione del
basso continuo in Italia fra Sei e Settecento, principio che chiamerò del-
la contaminazione armonica, e sul quale avrò modo di soffermarmi più
avanti. Per il momento basti notare come l’autore si spinga oltre rispetto
a Gasparini nell’applicazione di questo principio alle note di passaggio. Il
musicista lucchese infatti prescrive come, nel caso di quattro semimini-
me ascendenti in tempo binario «farà buonissimo effetto, tenendo fermo
il tasto che fa l’ottava con la prima nota, accompagnarle tutte con terza
o decima» (il corsivo è mio). Solamente l’ottava della nota buona verrà
mantenuta sulla nota cattiva e non la quinta o la terza, dunque. Inoltre,
mentre Gasparini limita il procedimento all’accompagnamento di note
ascendenti, l’anonimo lo estende anche alle note discendenti, laddove
però la nota cattiva non risolva discendendo su una nota armonizzata con
una sesta (in questo caso si prescrive il semplice mantenimento dell’ar-
monia completa della prima nota sulla seconda). Sulle note di passaggio si
determinano quindi delle armonie nuove (che derivano dalla sovrapposi-
zione di due aggregati armonici). In particolare, nel caso di un movimen-
to ascendente, il mantenimento dell’ottava produce accordi di settima di
passaggio — settima «in transitu» secondo la definizione di Johann David
Heinichen, il quale ne fornisce eloquenti esempi — che arricchiscono, di
suono e di significato, le note di passaggio nel basso. La settima «in tran-
situ» è applicabile di frequente nella musica di Corelli. In alcuni casi essa
è resa esplicita dalla numerica attestata nelle fonti nonché dalla scrittura
delle voci superiori. Si veda il seguente esempio tratto dall’opera V:

Esempio 2. Arcangelo Corelli, Sonata Op. V n. 3, Allegro, bb. 15-16.

∙ 244 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Qui, secondo le indicazioni dell’anonimo, la settima di passaggio sul


quarto grado (sul secondo quarto della battuta) può essere arricchita dal
mantenimento delle consonanze del primo quarto. Torneremo più avanti
su questo passo di cadenza, locus così caratteristico del linguaggio corel-
liano, poiché esso ci offre l’opportunità di esemplificare alcune particolari
armonizzazioni cadenzali illustrate dall’anonimo.
Gli aggregati armonici che risultano, sulle note di passaggio, dall’in-
contro della terza/decima della stessa nota con le consonanze della nota
reale precedente, ricevono un’amplificazione sul piano percettivo qualora
gli accordi del tempo forte non siano solamente tenuti, ma ripercossi sul-
le note di passaggio. Ciò è asserito con riferimento a una esecuzione del
continuo al clavicembalo, dal momento che sull’organo il perdurare del
suono rende superflua la riaffermazione delle note tenute. Della possibi-
lità di ribadire i suoni tenuti sulle note cattive l’anonimo non fa parola
esplicitamente. Tuttavia ci sono indizi che indicano come essa fosse ri-
tenuta una pratica consentita, o meglio raccomandabile, al clavicembalo.
Purtroppo le fonti trattatistiche italiane non sono esplicite in tal senso e
la testimonianza principale di questa pratica va rintracciata in Der Gene-
ral-Bass in der Composition (Dresda 1728) di Johann David Heinichen,
il quale tuttavia può essere in qualche modo considerato testimone delle
pratiche italiane visto che il suo trattato — versione assai ampliata di Neu
erfundene und gründliche Anweisung […] zu vollkommener Erlernung des
General-Basses (Amburgo 1711) — vide la luce dopo un lungo soggiorno
italiano durante il quale, fra l’altro, il compositore tedesco ebbe modo di
conoscere e frequentare Francesco Gasparini.
Heinichen propone l’esempio di un basso in ottavi che si muovono
per grado e offre tre differenti realizzazioni di esso. La prima è riservata
all’organo e gli accordi sono posti ogni due note del basso. La seconda è
per il clavicembalo, vi è aggiunta l’indicazione di tempo ‘larghetto’, e gli
accordi del tempo forte sono ripercossi tali e quali sulle note di passaggio.
La terza, infine, che qui ci interessa, interpreta i precetti delle Regole e di
Gasparini, ribattendo i suoni dell’accordo principale anche sui tempi de-
boli, insieme alle terze o decime.24

24. Heinichen 1728, p. 266 e Buelow 1986, pp. 107–10.

∙ 245 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

Esempio 3. Heinichen 1728, p. 266.

Anche se una realizzazione di questo tipo non è esemplificata nel no-


stro trattato, tuttavia sembra difficile che l’autore non ritenesse possibile
una tale esecuzione sul clavicembalo. Dopo aver trattato l’accompagna-
mento delle semiminime come sopra descritto, l’anonimo aggiunge infat-
ti una importante precisazione: «Non si proibisce però, che non si possi
accompagnare anco la seconda semiminima, ch’è cattiva poiché farà più
armonia massimamente nel Cimbalo, che à passarla solo con la terza o la
decima, et in particolare nelli Teatri dove si ricerca grand’armonia, che
a questo effetto si raddoppiano i Cimbali. Nell’Organo stante il mante-
nimento delle consonanze poco più s’aquista».25 Gli esempi che seguono
presentano in realtà una completa e regolare armonizzazione delle semi-
minime di passaggio e non i procedimenti di contaminazione precedente-
mente illustrati. In questo modo le semiminime però non potrebbero più,
a rigore, essere catalogate come cattive. Le tre diverse possibilità di trat-
tamento della semiminima di passaggio — mantenimento dell’armonia
della nota buona (eventualmente ribattuta), armonia contaminata (con
l’eventuale ribattimento delle consonanze della nota buona), armonia
propria — sembrano comunque non doversi escludere a vicenda. Tutte

25. Regole per accompagnar, c. 36v.

∙ 246 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

sono in teoria praticabili, e nella scelta è necessario tenere in considera-


zione il movimento delle parti scritte. A conferma di ciò vale la frase che
l’autore aggiunge subito dopo, dove si avverte il continuista di fare atten-
zione a «non pregiudicare al gusto del compositore dell’opera, che questo
importa più di qualsiasi regola, e si deve confirmarsi con le sue consonan-
ze. Ma in caso che si accompagnasse una voce sola, e la parte non toccasse
consonanze contrarie, la suddetta regola potrà servire».26 Come è noto,
l’idea che, laddove nell’organo gli accordi sono tenuti, sul clavicemba-
lo essi vadano ribattuti con maggiore frequenza è connaturata all’idioma
clavicembalistico sin dall’epoca di Frescobaldi.27 Questo per dire che una
esplicita indicazione di quando ribattere gli accordi, sul clavicembalo,
non è qualcosa della quale la partitura debba farsi carico necessariamente.
Quando un brano non ha una destinazione strumentale precisa dunque
(questo è il caso degli esempi riportati nel nostro trattato) ci si aspetta
che sia lo stesso clavicembalista a modificare la notazione ribattendo ciò
che nella notazione appare tenuto. Questo è un argomento di importanza
non secondaria poiché la riaffermazione degli accordi (specie se ‘conta-
minati’) sulle note di passaggio in tempi lenti o moderati è in grado di
trasformare anche radicalmente l’immagine sonora percepita del brano. Il
suono dell’accompagnamento risulta ovviamente più ricco e presente, ma
soprattutto la tensione della dissonanza di passaggio assume in tal modo
un rilievo di gran lunga maggiore. L’esperienza ci insegna d’altra parte
che, proprio in virtù di ciò, una realizzazione del continuo con una grado
maggiore di densità orizzontale permette la scelta di tempi più lenti senza
che l’esecuzione risulti troppo vuota di suono o priva di direzione.
Come abbiamo visto nell’esempio di Heinichen, le norme espresse per
le semiminime vanno certamente anche applicate alle crome in tempo
moderato. Gasparini sostiene che «le crome si possono considerare come
le Semiminime» e continua dicendo che quando il tempo è più veloce
«si concede» che esse possano essere accompagnate «una sì e l’altra no».
Significativamente tale accompagnamento viene considerato come una
scorciatoia per i principianti («essendo così più facilità per i principian-
ti»), laddove «il pratico poi operarà con giudicio e distinzione de’ tempi e

26. I-Bc, Ms E.25, Regole di canto figurato, n.n. La citazione è tratta dalla copia bolognese
poiché in corrispondenza di questa frase l’esemplare della Corsiniana presenta la lacuna di cui
alla nota 15.
27. Cfr. a tale proposito Tagliavini 1975.

∙ 247 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

degl’andamenti».28 L’autore delle Regole, invece, non è esplicito riguardo


al trattamento delle crome che si muovono per grado congiunto. Tuttavia
la Contrapuncti demonstratio varia offre una doppia versione di diversi
esempi del capitolo dedicato al trattamento delle semiminime, la prima
in semiminime e la seconda in crome, e inoltre dichiara, alla fine della
trattazione: «L’istesso si farà se le note saranno crome, e si vorranno tutte
accompagnare».29
Sono ovviamente assai numerosi i casi, nella musica di Corelli, di bas-
si in tempo moderato diminuiti in crome ai quali può essere legittima-
mente applicato il principio illustrato nelle Regole. Bassi di questa natura,
normalmente accompagnati da ritardi nelle parti dei violini, sono anzi
un segno distintivo del linguaggio corelliano, avvertito come tale già
dai contemporanei. Lo stesso Francesco Gasparini segnala come Corelli
«con tanto artificio, studio e vaghezza muove e modula quei suoi bas-
si con simili legature e dissonanze tanto ben regolate e risolute e sì ben
intrecciate con la varietà dei soggetti che si può ben dire che abbia egli
ritrovata la perfezione di un’armonia che rapisce». Si tratta quindi di un
locus particolarmente significativo della musica del romagnolo. Ancora
Gasparini, subito dopo aver additato ad esempio questo tipo di tratta-
mento del basso da parte di Corelli, conclude con il consigliarne la pratica
come utile esercizio per padroneggiare la varietà degli idiomi continuisti-
ci: «Chi però prenderà ad esercitarsi sopra i bassi delle di lui composizioni
ne caverà un notabil profitto e prenderà ottima pratica in ogni sorte di
accompagnamento».30 È legittimo domandarsi quale possa essere la cor-
retta interpretazione delle norme, nella sostanza concordemente attesta-
te dall’anonimo e da Gasparini, a riguardo dell’accompagnamento di tali
bassi passeggiati. Nel passo che segue, tratto dall’Op. II, ho esemplificato
una realizzazione del basso condotta secondo i due principi testé discussi:
1) accompagnamento delle note di passaggio con terze/decime; 2) ribatti-
mento delle consonanze della nota buona sulla cattiva.

28. Gasparini 17224, p. 21.


29. Contrapuncti demonstratio varia , I-Rli, Musica C 9 bis/6, c. 26r.
30. Gasparini 17224, p. 48.

∙ 248 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Esempio 4. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 1, I mov., bb. 1-4 (realizzazione del
b.c. di Salvatore Carchiolo).

La eccessiva uniformità degli accenti ricevuti dalle singole crome po-


trebbe apparire, al nostro gusto, come il limite di un basso realizzato
in siffatta maniera. Questa criticità è forse echeggiata nelle prescrizioni
dell’anonimo autore delle Regole per imparare, trattato manoscritto con-
servato nella raccolta di padre Martini e datato 1714, il quale sconsiglia
di accompagnare tutte le crome di passaggio in un movimento andante
con accordi completi: «Trovandosi un basso di crome andante e di grado
la prima s’accompagna e l’altra no e volendosi tutte accompagnare cioè
quelle che andrebbero passate si accompagneranno solamente di terza,
overo sesta secondo portarà la modulatione della Cantilena e non piene
perché volendosi ò pretendendosi accompagnarle secondo la loro natu-
ra può nascere molti inconvenienti si nella portatura delle mani, come
dell’armonia. Insomma è un sonare confuso e non chiaro e tutto ciò si
dice perché avendo sentito e veduto sonare Huomini insigni quali non
sonano se non con le osservationi suddette».31 L’autore sembra riferirsi in
realtà all’accompagnamento delle note cattive con una propria armonia
(«secondo la loro natura»). L’esperienza ci dice che la preoccupazione di
«un sonare confuso e non chiaro», in relazione alla pratica di suonare
accordi — comunque realizzati — su tutte le note di passaggio, può non
essere ingiustificata. Purtroppo i trattati non ci dicono tutto sulle reali
pratiche e specialmente su quelle più avanzate, ma è legittimo pensare che

31. Regole per imparare a sonare sopra il clavicembalo e organo (1714). I-Bc, Ms. P. 132, c. 14r.

∙ 249 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

il problema possa essere, almeno parzialmente, risolto dall’inserimento


nella realizzazione di figurazioni ritmiche appartenenti a un livello me-
tricamente subordinato, nel nostro caso movimenti di semicrome che
servano a collegare gli accordi e a evitare di costringere il naturale fluire
della frase musicale in una troppo fitta maglia accentuativa. Sono, come
è ovvio, considerazioni che nascono nella carne viva della personale pra-
tica musicale e che quindi non sono sottoponibili in maniera puntuale a
una verifica condotta sulle fonti. Tuttavia, nel momento in cui la lettura
delle stesse fonti è condotta allo scopo di delineare le coordinate di un
gusto condiviso e una volta stabiliti dei principi accettabili in tal senso —
principi che beninteso non potranno non essere condizionati anche dalla
nostra sensibilità di esecutori e di ascoltatori — sembra indispensabile
estendere la riflessione in coerenza con tali principi anche alle proble-
matiche esecutive nei confronti delle quali non ci sia un soccorso diretto
ed esplicito dei documenti. Ciò detto, alcuni indizi della pertinenza della
pratica sopra descritta — l’inserimento cioè di diminuzioni nella realizza-
zione — nell’esecuzione del repertorio in oggetto sono rintracciabili an-
che nella trattatistica coeva. Le indicazioni delle Regole su questa materia
sono scarse, ma non del tutto assenti. Il capitolo XVI del trattato, che
tratta delle diminuzioni limitandosi a quelle del basso, conclude con una
significativa notazione riguardo all’uso di tali diminuzioni nel clavicem-
balo anche nelle parti superiori. Le diminuzioni al basso nell’organo «non
sono laudabili», laddove «nel cembalo che ricerca più moto per non aver
il mantenimento dell’armonia si potranno concedere. Si potranno farsi
alcune piccole diminuzioni tanto nel soprano quanto nel basso».32 L’e-
sempio che illustra questa norma impiega diminuzioni molto semplici.
Riguardo a quelle delle parti superiori è utile notare come esse esprimano
assoluta conformità con quanto espresso più avanti nel trattato (capito-
lo XXVI), dove si discute «delli abbellimenti et adornamenti». Qui, nel
segnalare «alcuni abbellimenti, quali sono di buon gusto di chi suona, e
vengono fatti o secondo il caminare del basso, o secondo il bel cantar delle
parti» vengono offerti alcuni modelli che si limitano al raddoppio in terze
parallele, o del basso, o delle parti da accompagnare. Per completare la
casistica degli «adornamenti», l’autore consiglia inoltre delle «imitazioni
avanti o doppo il basso».33

32. Regole per accompagnar, c. 42v.


33. Regole per accompagnar, c. 65r.

∙ 250 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Una fonte più eloquente nell’incoraggiare l’esecutore a conferire canta-


bilità alla realizzazione del basso continuo attraverso il ricorso alla tecnica
della diminuzione, è la seconda parte del trattato manoscritto di Georg
Muffat, Regulae Concentuum Partiturae (1699), che già dall’intitolazione
rende esplicita l’intenzione dell’autore: «Exempla der vornehmsten Grief-
fen der Partitur, wie selbe cantabliste zu nehmen synd» («Esempi dei più
importanti accordi della partitura e come realizzarli nella maniera più
cantabile»). Il riferimento del titolo alla maniera cantabile non è disatteso
dagli esempi. Per ogni basso Muffat fornisce diverse realizzazioni, alcune
delle quali «cattive» e quindi da evitarsi, altre semplicemente corrette e
altre ancora «più cantabili». Queste ultime non solo riservano una cura
particolare alla linea melodica del soprano, ma si distinguono anche per
la fitta rete di note di passaggio distribuite fra il soprano e le voci interne.
Si tratta normalmente di brevi incisi che circolano fra le voci e hanno la
funzione di scongiurare una eccessiva verticalità della realizzazione. La
speciale importanza della testimonianza di Muffat ai nostri fini risiede
nel rapporto diretto intrattenuto da Muffat con l’ambiente romano e con
Pasquini in particolare. È noto come l’arcivescovo Max Gandolf, presso
il quale Muffat svolgeva il suo servizio a Salisburgo, fornì al compositore
l’opportunità di visitare l’Italia e apprendere così le ultime novità dello
stile musicale che vi si coltivava. Il viaggio avvenne agli inizi degli anni
Ottanta. In particolare Muffat si recò a Roma e lì ebbe modo di studiare
con Pasquini, ascoltare i concerti grossi di Corelli e presentare i suoi la-
vori orchestrali ispirati allo stile dello stesso Corelli. È difficile credere che
Muffat non avesse fatto tesoro delle novità apprese a Roma riguardo allo
stile dell’accompagnamento, e che esse non abbiano dettato almeno parte
delle pratiche descritte nel suo trattato, fatto confermato anche da esplici-
ti accenni alla maniera italiana contenuti nella trattazione.
Ecco qui di seguito un breve esempio estrapolato dal trattato di Muffat.
Esso dimostra in che modo il ricorso a semplici figurazioni ornamentali,
che si attestano a un livello metrico subordinato rispetto a quello del bas-
so, possa contribuire a rendere più cantabile la realizzazione.

∙ 251 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

Esempio 5. Muffat 1699, p. 82.

Alla luce di tali esortazioni alla ‘cantabilità’ della realizzazione mi sem-


bra possibile — e anzi consigliabile, ma questa resta una opinione perso-
nale — riformulare in una seconda versione l’esempio corelliano sopra
realizzato. Mantenendo il principio di una serrata frequenza degli impulsi
si è ritenuto qui di inserire note di passaggio a un livello metrico inferiore
(semicrome) e di ricercare, in generale, una tessitura ritmica più variata.

Esempio 6. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 1, I mov., bb. 1-4 (realizzazione del
b.c. Salvatore Carchiolo).

3. Il principio della contaminazione armonica


Affrontando il tema dell’accompagnamento delle note di passaggio ci sia-
mo già imbattuti nel concetto di contaminazione armonica. Che questo
fosse un effetto particolarmente ricercato nell’accompagnamento della
musica italiana della fine del Seicento e dell’inizio del Settecento è testi-
moniato da più fonti. Il tema della contaminazione di aggregati armo-
nici diversi è declinato in più di una forma. In primo luogo va citato il
caso in cui una dissonanza legata viene suonata simultaneamente alla sua

∙ 252 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

risoluzione. L’universalità di tale pratica è affermata in maniera catego-


rica da Lorenzo Penna34 e ribadita in anni successivi da Johann David
Heinichen.35
L’anonimo non fa parola di questa pratica; questo perché il suo capito-
lo sulle legature è impostato in senso esclusivamente contrappuntistico e
non presenta dunque vere realizzazioni, ma solo esempi a due voci di pre-
parazione e realizzazione della dissonanza. È invece in altre due accezioni
che il principio di contaminazione è documentato nelle Regole in modo
straordinariamente eloquente, oltre al già citato accompagnamento del-
le note di passaggio nel basso: 1) la simultaneità della nota di passaggio
accentata con la sua risoluzione; 2) la ripetizione ostinata di uno stesso
suono su armonie adiacenti (‘perfidia’).
Quanto alla prima fattispecie, la sua illustrazione, ricca di esempi rea-
lizzati, è contenuta nel capitolo dedicato alle «note scambiate». Con que-
sto termine l’autore indica la presenza di note di passaggio accentate (che
appunto scambiano la propria posizione con le note reali) a determinare il
procedimento del «transitus irregularis», come definito da Johann David
Heinichen.36 Parecchie delle realizzazioni presentate dall’anonimo sono
contraddistinte dalla simultaneità della nota di passaggio e della sua natu-
rale risoluzione. Gli esempi che seguono sono tolti di peso dalle Regole e
illustrano eloquentemente la pratica. L’autore cataloga le note scambiate
in base alla dissonanza che esse determinano in rapporto al basso. Sono
nove tipi diversi di dissonanze: la seconda minore e maggiore, la quarta
diminuita, giusta e aumentata, la quinta diminuita e aumentata, la settima
minore e maggiore. In realtà solo le prime cinque dissonanze sono de-
terminate dall’apparizione di una nota di passaggio accentata nelle parti
superiori.
Ecco gli esempi relativi alla quarta diminuita,

34. Penna 16844, pp. 186–7: «Per compimento dell’accompagnare le Note, che sono con Disso-
nanze da resolversi con le Consonanze, sia avertito il Scolare, che è Regola universale, potersi,
anzi doversi alle Dissonanze aggiungere le terze, le quinte, le ottave, e loro replicate della Nota
scritta, facendo suonare ogni cosa insieme, quando massime la Composizione sia à molte
voci, cioè à cinque, ò più voci, à due Chori, à trè Chori, à quattro Chori, &c. perché anche il
Compositore facendo à più Chori, con le Dissonanze ve le ponne».
35. Cfr. Buelow 1986, pp. 87–92.
36. Cfr. Buelow 1986, p. 104.

∙ 253 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

a b
Esempio 7 a,b. Regole per accompagnar, c. 43v.

alla quarta giusta

a b
Esempio 8 a,b. Regole per accompagnar, c. 43v.

e alla quarta aumentata.

a b
Esempio 9 a,b. Regole per accompagnar, c. 44r.

Il caso delle seconde, minori e maggiori, va considerato a parte. L’appa-


rizione della seconda non può non essere simultanea alla sua risoluzione,
dal momento che quest’ultima è già nel basso. Qui l’autore usa un diverso
procedimento, costruisce cioè un’intera armonia di sesta basata sulla nota
scambiata.

∙ 254 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

a b
Esempio 10 a,b. Regole per accompagnar, c. 43r.

Quando invece la seconda è presa a distanza di nona quest’ultima viene


accompagnata da una settima.

a b
Esempio 11 a,b. Regole per accompagnar, c. 43r.

Settime e quinte ‘false’, come abbiamo visto, sono invece determinate da


note di passaggio al basso.
Ecco gli esempi della quinta diminuita,

a b
Esempio 12 a,b. Regole per accompagnar, c. 44r.

della quinta aumentata,

∙ 255 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

a b
Esempio 13 a,b. Regole per accompagnar, c. 44v.

della settima minore

a b
Esempio 14 a,b. Regole per accompagnar, c. 45r.37

e infine della settima maggiore.

a b
Esempio 15 a,b. Regole per accompagnar, c. 45r.

Gli esempi sono assai significativi perché un loro uso accorto può arric-
chire in modo non marginale l’immagine armonica di un passo con l’ag-
giunta di dissonanze supplementari fra le parti, dissonanze non indicate
dalla numerica (qualora le note scambiate appaiano nelle parti superiori).

37. Il mi al soprano sul terzo quarto dell’esempio a manca nelle due copie delle Regole. La lezione
corretta è ricavata da Contrapuncti demonstratio varia, I-Rli, Musica C 9 bis/6.

∙ 256 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Ecco alcuni esempi di applicazione alla musica di Corelli degli esempi


sopra illustrati (le realizzazioni sono mie).

Esempio 16. Arcangelo Corelli, Sonata Op. I n. 8, I mov., bb. 8-9 (realizzazione
S.C.).

Esempio 17. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 1, I mov., bb. 9-10 (realizzazione
S.C.).

∙ 257 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

Esempio 18. Arcangelo Corelli, Sonata Op. V n. 7, Corrente, bb. 41-44 (realizza-
zione S.C.).

Esempio 19. Arcangelo Corelli, Sonata Op. V n. 9, Preludio, bb. 14-16 (realizzazio-
ne S.C.).

Esempio 20. Arcangelo Corelli, So- Esempio 21. Arcangelo Corelli, So-
nata Op. V n. 5, Vivace, bb. 73-74 nata Op. V n. 2, Adagio, b. 3 (realiz-
(realizzazione S.C.). zazione S.C.).

∙ 258 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Il secondo caso di contaminazione armonica, assai caratteristico, è


quello della ‘perfidia’. Una definizione contemporanea del termine ci
è fornita da Sébastien de Brossard, il quale ci informa come esso «dans
la musique, il veut dire ostination, c’est a dire une affectation de faire
toûjours la même chose, de suivre toûjours le même desein, de continuer
le même mouvement, le même chant, le même passage, le mêmes figures
de Nottes, &c.».38 Il nostro anonimo mostra tre esempi di come questa
voce possa entrare a far parte del linguaggio del basso continuo. Sono tre
formule cadenzali tutte accomunate dall’uso di ribattere una stessa nota
su accordi adiacenti, anche su accordi alle quali essa è armonicamente
estranea. Attraverso la permanenza della nota si determinano aggregati
armonici inediti e non giustificabili in base alle normali regole.

Esempio 22 a, b, c. Regole per accompagnar, cc. 49r-49v. Esempi di perfidia.

Nell’esempio A, la contemporanea presenza di sesta e settima sul se-


condo accordo è prodotta dalla ripetizione di una singola nota. Il ge-
sto musicale-retorico della ripetizione insistita della nota la giustifica il
suo inserimento anche su un accordo che di norma non la conterrebbe,

38. Brossard 1708, p. 94.

∙ 259 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

l’accordo di sesta sul III grado. Il la diventa quindi una sorta di cernie-
ra che collega gli accordi adiacenti. L’esempio C costituisce una ulterio-
re estensione dello stesso principio; l’autore commenta come si tratti di
un’altra maniera contraddistinta da «più ostinatione et perfidia frà il so-
prano e il contralto replicando più volte l’istesse corde con diversa ar-
monia e varietà di consonanze e dissonanze».39 Questo esempio, oltre a
contenere lo stesso accordo di sesta e settima sul III grado dell’esempio
precedente, è arricchito da una sovrapposizione di armonie sull’ultimo
ottavo della prima battuta. La nota re — nota di passaggio che collega
l’accordo di quinta e sesta sul IV grado all’accordo di quarta e terza sul
VI grado — è armonizzata con terza e quinta nella mano sinistra, mentre
la mano destra mantiene l’accordo di quinta e sesta del basso precedente,
determinando in tal modo una contaminazione delle due armonie. L’e-
sempio B è realizzato invece secondo un altro principio che ricorda quello
di Heinichen relativo all’accompagnamento delle note di passaggio. L’in-
solito accordo sulla seconda nota della prima battuta (terza, sesta e nona)
nasce infatti dalla simultaneità della ripetizione dell’accordo della nota
reale (sol) con la decima usata per accompagnare la nota di passaggio fa.
Che è appunto il procedimento descritto da Heinichen.
L’uso dell’accordo di sesta e settima sul III grado nella formula caden-
zale V – III – IV – V – I trova molteplici possibilità di impiego nel re-
pertorio italiano del tardo Seicento e del primo Settecento, specialmente
nella musica di Corelli, e permette di ravvivare e rendere più interessante
il contenuto armonico delle cadenze. Ecco un esempio, scelto tra gli innu-
merevoli possibili, di una cadenza che può essere trattata in tale maniera:

Esempio 23. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 1, Allemanda, bb. 11-12.

39. Regole per accompagnar, c. 49v.

∙ 260 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

La reiterazione retorica di una nota o di una formula melodica in pros-


simità di una cadenza è impiegata da Corelli con grande frequenza. Una
situazione caratteristica è quella della cadenza d’inganno che precede im-
mediatamente la cadenza perfetta.

Esempio 24. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 2, Adagio, bb. 14-15.

In tal caso, il mantenimento del sol del II violino sul terzo quarto della
prima battuta, richiesto dall’esigenza di evitare le quinte parallele con il
basso che si sarebbero prodotte se la parte del violino si fosse mossa a la,
determina l’accordo di quarta e terza (indicato dalla numerica) sul VI gra-
do. Propongo di seguito una possibile realizzazione del passo.

  

          

      
 

          
   

   


  
 
  
6 5 4 6 6 5
3 5 4 3

Esempio 25. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 2, Adagio, bb. 14-15 (realizzazione
S.C.).

∙ 261 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

La situazione armonica che si determina sul VI grado della scala non


si presenta beninteso esclusivamente nel contesto sopra citato, che pre-
vede il salto sul III grado, ma è largamente praticata da Corelli anche in
circostanze diverse. L’accordo di sesta, quarta e terza è del resto descritto
anche da Georg Muffat con la denominazione di «quarta italica». Secondo
Muffat esso «s’incontra quando il basso, muovendosi, forma una quarta
con una delle voci superiori rimasta ferma».40 Nei suoi esempi il VI grado
con [6/4/3] scende al V o salta al IV.

Esempio 26. Muffat 1699, Regulae Concentuum Partiturae, p. 16

In alcuni casi analoghi Corelli ribatte, in corrispondenza del passo armo-


nico descritto, le note dei violini a distanza di seconda, con l’«ostinazione
e perfidia» evocata dall’anonimo.

Esempio 27. Arcangelo Corelli, Sonata Op. II n. 5, Preludio, bb. 13-15.

40. Muffat 1699, p. 16 bis.

∙ 262 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

Un esempio estremo, caratteristico dello stile di Corelli, di ripetizione


ostinata di una figurazione melodica e armonica su un basso che si muo-
ve, è il mantenimento di un accordo fisso su una scala discendente (dal I al
III grado) che introduce la cadenza perfetta finale. In questo caso Corelli
ha dettagliatamente indicato nella numerica del continuo il ribattimento
dell’accordo.

Esempio 28. Arcangelo Corelli, Sonata Op. III n. 3, Largo, bb. 21-23.

In questi ultimi due esempi la ricerca dell’«ostinazione e perfidia» evo-


cata dall’anonimo non è demandata alla realizzazione del continuo, ma
affidata dal compositore alle parti scritte. La corrispondenza di un idioma
così caratteristico nelle pratiche descritte dalle Regole è un ulteriore moti-
vo che ci permette di affermare una contiguità di linguaggio fra l’incerto
autore e Corelli.
Gli esempi di ostinati armonici che abbiamo proposto e che hanno un
posto di rilievo nell’esecuzione del basso continuo sono in qualche modo
un emblema della musica barocca italiana. Nonostante il loro uso si dif-
fonda nella musica d’insieme verso la fine del Seicento, il principio, appli-
cato in diversi contesti è sicuramente più antico. Che questi procedimenti
costituiscano un tratto caratteristico della maniera italiana, linguaggio nel
quale anche Corelli si esprimeva con estrema naturalezza, si manifesta an-
che nella critica di Jean-Philippe Rameau alla numerazione del continuo
adottata da Corelli (o, per meglio dire, dai suoi editori settecenteschi).
Tale critica occupa un intero capitolo del Nouveau Systême de musique
theorique (1726), il XXIII, che porta l’esplicito titolo di «Exemples des er-
reurs qui se trouvent dans le chiffres du cinquiéme oeuvre de Corelly».
Sono vari gli appunti mossi da Rameau, e la maggior parte di essi riguarda

∙ 263 ∙
∙ Salvatore Carchiolo ∙

l’incoerenza manifestata nella diversa numerazione di aggregati armonici


riconducibili a un unico principio secondo l’impostazione teorica rame-
auiana. Ma c’è un caso in particolare che è rivelatore del rigetto della pra-
tica della contaminazione armonica come si manifesta nella notazione del
basso continuo di Corelli, ed è quello dell’esempio che segue:

Esempio 29. Arcangelo Corelli, Sonata Op. V n. 3, II mov., b. 28 (da: Jean-Philippe


Rameau, Nouveau systême de musique theorique, p. 96).

Rameau commenta così il passaggio: « […] l’accord ainsi désigné 4/3#


il ne vaut absolument rien: & c’est d’une pareille faute qu’on peut juger
de la difference qu’il y avoit entre la science et la sensibilité d’un aussi ex-
cellent musicien que Corelly. Si cet auteur eut sçû que de deux Notes en
degrez diatoniques qu’embrasse un seul tems de la mesure, on est maître
de faire porter Harmonie à celle qu’on veut, il auroit vû que des deux
notes du dessus qui marchent avec la note M, celle qui fait la quarte de-
voit être choisie pour l’Harmonie; il l’auroit même senti, s’il y eut pû faire
reflexion, & il n’en auroit pas douté, s’il eut connu la B[asse] F[ondamen-
tale]; d’ou il auroit été convaincu qu’il falloit chiffrer cette note M d’un
6/4, et non pas s’un 4/3#, où il n’y a pas ombre d’harmonie».41
Rameau contesta dunque alla radice la pratica di condensare due fun-
zioni armoniche in un unico aggregato armonico. Di due note che si
muovono per grado una deve essere scelta come quella che determina
l’armonia. Quello che invece Corelli vuole indicare con la numerica del si
è proprio la simultanea esecuzione di una nota, la quarta, che appartiene
all’armonia del la precedente e di un’altra, la terza maggiore, che appar-
tiene allo stesso si. Rameau non poteva accettare l’accordo di 7/4/3# inteso
dalla numerica, perché non riconducibile a un basso fondamentale defi-
nito. Il principio stesso della contaminazione armonica in effetti rischia

41. Rameau 1726, p. 97.

∙ 264 ∙
∙ La prassi esecutiva del basso continuo ∙

di minare le fondamenta dell’elaborato edificio intellettuale del francese e


per tale motivo Rameau sembra rifiutare o non comprendere tale pratica
dell’accompagnamento.
Come si è visto, la lettura delle Regole, e più in generale una più attenta
considerazione delle pratiche del continuo come testimoniate dalle fonti
pertinenti, ha molto da dirci sull’esecuzione della musica di Corelli. Una
realizzazione del basso continuo condotta secondo i principi sopra de-
scritti può arrecare un contributo a mio avviso significativo nel definire
una prassi storicamente documentata dell’opera corelliana. C’è chi, già
nei decenni successivi a quelli in cui Corelli fu attivo, denunciava una
pretesa uniformità e convenzionalità della sua armonia. Tali opinioni
probabilmente non tenevano conto di come un concreto arricchimento
della sostanza armonica della musica corelliana potesse venire dall’appli-
cazione di pratiche non scritte affidate alla mani, si suppone sapienti, del
continuista. Per tale motivo il tentativo di ricostruire nella maniera più
dettagliata possibile le prassi del basso continuo nella musica di Corelli
non dovrebbe essere considerato, come spesso ancora oggi accade, una
pura faccenda da clavicembalisti, ma meriterebbe di essere oggetto di uno
studio attento volto a restituire un’immagine più solidamente fondata
della musica di Corelli nella sua concreta incarnazione in suono.

Fonti
Chiti Inventario
G. Chiti, […] Inventario di tutte le materie musicali raccolte […] dal R.do
D. Girolamo Chiti […]. Manoscritto. I-Rli, Musica I 1.
Contrapuncti demonstratio varia (A)
Contrapuncti demonstratio varia. Manoscritto. I-Rli, Musica C 9 bis/6.
Contrapuncti demonstratio varia (B)
Contrapuncti demonstratio varia. Manoscritto. I-Bc, Ms. K.79.
Gaffi Regole
B. Gaffi, Regole per sonare sù la parte. Manoscritto. I-Rli, Musica M 14
bis/11.
Modo facilissimo
Modo facilissimo per imparare a cantare e conoscere le regole del canto
ecclesiastico, o gregoriano […]. Manoscritto. I-Rli, Musica C 9 bis/1.

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∙ Salvatore Carchiolo ∙

Regole di canto figurato


Regole di canto figurato, contrappunto, d’accompagnare. Manoscritto.
I-Bc, Ms. E.25.
Regole per accompagnar
Regole per accompagnare sopra la parte N.1. D’autore incerto. Manoscritto.
I-Rli, Musica R 1.
Regole per imparare
Regole per imparare a sonare sopra il cembalo e organo. Manoscritto
(1714). I-Bc, Ms. P.132.

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