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Richiami di idrostatica: pressione di un fluido in quiete

Abbiamo già visto come, per un volumetto elementare di fluido


in quiete, debba sussistere un bilanciamento tra forze superficiali
(dovute alla pressione) e quelle di volume (in assenza di campi
magnetici o elettrici, connesse al peso dell’elemento):

W   x y z con:   ρg Peso specifico


[kgf o N/m2]
Risulta ovviamente:
Fx   p R  p F  y z  0 Fy   pS  pD  x z  0
Fz  p x y   p  dp  x y  x yz  dpx y  x yz  0
Per un fluido in quiete la pressione varia solo
pR  pF pS  pD dp
 
lungo la verticale (ossia la direzione della forza di
e quindi: gravità), con gradiente negativo (pressioni che si
dz riducono andando verso l’alto)

Per un fluido incomprimibile:


p1  p2
p1  p1   z 2  z1    h  h 

e per vasche/recipienti con
p  p0   h
pelo libero a p=p0:
Forza idrostatica su una superficie piana

Abbiamo già visto, nell’introduzione al corso, i principi che discendono dalla legge di Stevino
(uguaglianza delle pressioni di punti alla stessa quota, ove si possano connettere tramite un
percorso continuo in seno allo stesso fluido) e le relative applicazioni alla manometria a
liquido …

… approcciamo adesso molto in breve il calcolo della forza agente su una superficie piana,
partendo dal caso elementare di una superficie coincidente con il fondo di un recipiente:

In questo caso, essendo banalmente tutti gli elementi del


fondo del recipiente alla stessa profondità rispetto al pelo
libero, la forza è di immediata determinazione tramite
l’espressione:
FR  p  A    h  A

Nel caso in cui la superficie sia diversamente disposta, p


diventa variabile al variare dell’areola elementare
considerata, ed il calcolo va effettuato tramite
integrazione … lo vediamo a seguire con riferimento ad
una configurazione generica:
Dinamica dei fluidi: equazioni della quantità di moto
Abbiamo già visto come i fluidi esercitino, al loro interno, forze superficiali con
componente normale, legate alla pressione:

Fnormale  p  A
Tuttavia, essi possono altresì trasmettere forze superficiali aventi una
componente tangenziale, legate ad una componente τ, denominata "sforzo di
taglio", che ha le medesime unità di misura di una pressione (N/m2):
Ftan genziale    A
L’entità degli sforzi di taglio che si ingenerano sia tra un fluido ed una parete, sia tra filetti adiacenti di
un fluido, dipendono sia dalle caratteristiche del fluido che dal suo moto.

Si considerino due piastre piane e parallele, tra cui è


interposto un fluido, e sia trascinata quella superiore con una
forza F così da farla muovere ad una velocità costante U.
Si osserva sperimentalmente che il fluido aderisce ad
entrambe le piastre, così da assumere nei filetti adiacenti
velocità relativa nulla (condizione di scorrimento nullo).
Sin instaura tra le due piastre un profilo di velocità del fluido
pressochè lineare:
y
u( y )  U 
b
Ciò che accade è che la piastra superiore in moto esercita uno
sforzo di taglio, nella direzione del moto, sul filetto fluido ad essa
adiacente, così trascinandolo …

… similmente ogni filetto fluido in posizione intermedia tra le due


piastre è trascinato in avanti da quello adiacente posto sopra di lui
(che fluisce con velocità superiore) ed esercita a sua volta sforzo di
trascinamento verso il filetto posto sotto di lui (con u(y) inferiore).

Per la maggior parte dei fluidi (tra cui aria, acqua, olii, ecc.), che sono detti newtoniani, lo sforzo
tangenziale è approssimativamente proporzionale al gradiente di velocità:
du
 
dy
Il coefficiente di proporzionalità μ è detto viscosità (o, talvolta,
viscosità dinamica, per differenziarlo dalla viscosità cinematica).
Le unità di misura della viscosità sono:
1 1
      du   N  m / s
  2  
N s
 2 
 dy  m   m   m 
La viscosità dipende dalla temperatura, ed in particolare:
 Diminuisce (al crescere di T) nei liquidi
 Aumenta (al crescere di T) nei gas
Similitudine ed analisi dimensionale
Uno dei principali problemi in meccanica dei fluidi ed in termofluidodinamica è la derivazione sperimentale
di relazioni che esprimano una variabile dipendente in funzione di una serie di parametri indipendenti.
Il problema è connesso al fatto che:
 il numero di parametri indipendenti che influenzano la variabile dipendente ricercata è in genere elevato
 per creare correlazioni o tabelle relative a tutte le possibili combinazioni di variabili/dati, ci vorrebbe un
numero elevatissimo di indagini sperimentali (spesso non agevole da realizzare)
 a priori, infatti, il risultato di ciascuna sperimentazione sarebbe utilizzabile solo nel caso di perfetta
coincidenza di tutte le condizioni con quelle della sperimentazione effettuata!

Esempio:
Si determini la relazione che consente di esprimere, per il flusso stazionario di un fluido viscoso
incomprimibile attraverso un lungo tubo circolare orizzontale con pareti lisce, le cadute di pressione
(ovviamente connesse all’attrito) per unità di lunghezza del tubo.

Analisi teoriche e sperimentali di primo livello possono agevolmente


suggerire i diversi parametri da cui le perdite di carico specifiche possono
dipendere, nel nostro caso:

pl  f D ,  ,  , w
Il problema è complesso perché non è facile trovare la forma della funzione f. Si
potrebbero condurre sperimentazioni ripetitive, con 3 parametri costanti ed 1
variabile, ma riuscire a derivare la funzione f sarebbe ugualmente complesso.
La soluzione al problema consiste nel fatto che un fenomeno fisico è spesso descrivibile tramite un numero
di variabili adimensionali (opportune combinazioni delle variabili dimensionali in gioco), chiamate Variabili
Pi Greco o Пi, inferiore al numero di variabili dimensionali.

Vi è ovviamente uno studio piuttosto accurato da fare per identificare la forma di questi gruppi
adimensionali ma, a valle di questo sforzo, risulta poi ridotto il numero di grandezze da mettere in relazione
tramite le rilevanze sperimentali.

Cenni sull’analisi dimensionale


In Meccanica dei Fluidi ed in Termofluidodinamica, si osserva che quasi tutte le grandezze fisiche di
interesse possono essere espresse tramite un ridotto numero di “quantità primarie”, che sono:
 La lunghezza L (non serve specificare l’unità di misura)
In genere sufficienti in
Meccanica dei Fluidi
 Il tempo t
 La massa M o la forza F
Necessaria in Termofluidodinamica, per lo studio
 La temperatura T
di fenomeni che coinvolgono lo scambio termico

È così ad esempio esprimere le dimensioni della velocità come:

w  L  t 1 Il vostro testo riporta


un completo elenco
Si osservi come massa M e forza F siano entrambe di relazioni
alternativamente utilizzabili. Infatti, F ed M sono legate da: dimensionali per
diverse variabili di
F   M  L  t 2 M   F  L1  t 2 interesse, nei due
sistemi FLT ed MLT.

ogni grandezza esprimibile in funzione di M, L e t è altresì


esprimibile in funzione di F, L e t.
È ora importante comprendere quanti gruppi adimensionali occorre definire per descrivere un fenomeno
fisico e come identificarli.

Teorema pi greco di Buckingham (non lo dimostriamo)


Se un’equazione espressa da k variabili è dimensionalmente omogenea, essa può essere
ridotta a una relazione tra k-r prodotti adimensionali indipendenti, dove r è il numero
minimo di dimensioni fondamentali necessarie per descrivere le variabili.

In pratica, per ogni equazione di interesse fisico del tipo:


u1  f u1 ,u 2 ,...,u k 
se le variabili u1, u2, …, uk sono esprimibili tramite un numero minimo r di dimensioni fondamentali (L, t,
M o F, T, …), è possibile derivare una formulazione alternativa che leghi solo prodotti adimensionali (ossia
parametri Пi):
1    2 , 3 ,..., k  r 
Tornando al nostro esempio:

 pl   F  L3 Ma come definire, per il nostro caso studio, una serie

 D   L
sufficiente di parametri pi greco?

    F  L  t pl  f D ,  ,  , w
4 2


    F  L 2
t
Formalizziamo una procedura sistematica che ci porti ad
 w  L  t 1 ottenerli …

1. Elencare tutte le variabili che sono presenti nel problema. Questo è un passo difficile e ci si può
avvalere, come detto, di osservazioni sperimentali preliminari. Nel nostro caso:

Variabili  pl , D ,  ,  , w

2. Esprimere ciascuna delle variabili in termini di dimensioni fondamentali. Nel nostro caso:

pl   F  L3 D  L    F  L4  t 2    F  L2  t w  L  t 1


3. Determinare il numero necessario di parametri pi greco. Ciò può essere fatto tramite il Teorema di
Buckingham, che indica che il numero di termini pi è uguale a k-r, dove k è il numero delle variabili nel
problema (determinate nel passo 1) ed r è il numero di dimensioni base necessarie a descriverle
(determinate nel passo 2). Nel nostro caso:
Per il problema in esame
k 5 r  3 (ossia F, L, t) k- r  2 basteranno quindi 2
parametri adimensionali

4. Selezionare le variabili da ripetere (ossia quelle che dovranno comparire in tutti i parametri
adimensionali identificati), il cui numero è pari al numero delle dimensioni fondamentali di cui al passo
2. Dall’elenco delle k variabili, si scarta preliminarmente quella dipendente (ossia quella che si vuole
calcolare), perché questa deve stare in 1 solo parametro adimensionale (e quindi non va ripetuta). Tra le
restanti, si opta per la ripetizione di quelle più semplici dimensionalmente. Nel nostro caso:

Variabili da ripetere : 3 a scelta tra D,  ,  e w Scelti : D,  e w


5. Formare un termine pi greco moltiplicando una delle variabili non ripetute con il prodotto delle
variabili ripetute, ciascuna elevata a un esponente che renda la combinazione adimensionale. Ogni
parametro pi greco sarà della forma:

  wi  w1ai  w2bi  w3ci


dove wi è una delle variabili non ripetute, mentre w1, w2 e w3 sono le variabili ripetute e gli esponenti ai,
bi e ci sono determinati in modo tale che la combinazione risulti adimensionale. Nel nostro caso:

1  pl  D a  wb   c
dove a, b e c sono scelti imponendo:

F  L  L  L  t   F  L
3 a 1 b 4
t2 
c
 F 0  L0  t 0

da cui:
 1 c  0 (esponenti di F)

  3  a  b  4c  0 (esponenti di L)  a  1, b  -2, c  -1
  b  2c  0 (esponenti di t)

pl D
Il primo numero adimensionale che risulta è: 1 
w2
6. Ripetere il passo 5 per ogni rimanente variabile non ripetuta. Finite le variabili non ripetute, il numero
di termini pi greco ottenuti risulterà pari a quello richiesto, determinato nel passo 3. Nel nostro caso:

 2    D a  wb   c
dove a, b e c sono scelti imponendo:

F  L  t  L  L  t   F  L
2 a 1 b 4
t2 
c
 F 0  L0  t 0

da cui:
 1 c  0 (esponenti di F)

  2  a  b  4c  0 (esponenti di L)  a  1, b  -1, c  -1
 1  b  2c  0 (esponenti di t)


Il secondo numero adimensionale che risulta è: 2 
Dw

7. Esprimere la forma finale come una relazione tra i termini pi greco (da derivare sperimentalmente, in
quanto l’analisi dimensionale non può fornirne la formulazione analitica!!), e cercare di fornirne a
posteriori un’interpretazione fisica:

pl D ~  
1    2 
~
    
w  Dw 
2
Se si desidera, i termini pi greco possono essere riorganizzati. Nella pratica, ad esempio, invece
dell’espressione П2 ottenuta si utilizza quella reciproca:
Dw
2 

Infatti, se П1 è funzione di μ/Dρw, sarà senza dubbio anche esprimibile come funzione (diversa) di Dρw/μ:

pl D ~   pl D  Dw 


       
w  Dw  w   
2 2

Il Dρw/μ è un numero adimensionale estremamente importante nella meccanica dei fluidi e nella
termofluidodinamica, ed è denominato Numero di Reynolds.
Lw forze d' inerzia
Tale numero ha anche un significato fisico ben intuitivo: Re  
 forze viscose
Ciò è molto agevole da vedere dal punto di vista dimensionale:

Finerzia  m  a Fvis cos e    S


L4 L2
m    L
L
     dw     L  1   Finerzia 
     L
3
t 2
t t wL
Re     
w  L  a  L  dy  T L T Fvis cos e    L2   
T T2 S   L2 t
L   L4   L2
Finerzia     L  2  2
3
Fvis cos e  
T T T
A valle della definizione dei termini pi greco utili alla rappresentazione di un determinato fenomeno, la
risoluzione del problema non può che passare attraverso una valutazione di dati sperimentali.
Nel caso in cui risulti k-r=2, e quindi il sistema può essere rappresentato tramite una semplice relazione
tra due numeri adimensionali (o parametri pi greco):

 1    2 
il problema viene risolto facilmente facendo variare П2 (agendo su uno
o più dei parametri fisici inclusi nella sua espressione) e misurando il
corrispondente valore П1.

In aggiunta alla presentazione grafica, è auspicabile ricavare un’equazione empirica che leghi П1 e П2,
utilizzando metodi di interpolazione. Simili relazioni prevedono, oltre ad una formulazione analitica,
anche un campo di validità entro le quali possono essere utilizzate.

Sono piuttosto frequenti anche i casi con numero di funzioni pi


greco pari a 3. In quei casi, se graficamente si ricorre alla
rappresentazione sul piano che lega due numeri adimensionali
di famiglie di curve al variare del 3° numero adimensionale, sul
piano analitico si avranno funzioni composte del tipo:

1    2 , 3 

ancora ricavabili per interpolazione.


Regimi di moto
 Per "portate" molto piccole, la traccia lasciata dal colorante resta ben definita lungo il percorso del
fluido, muovendosi parallelamente al condotto
 Per "portate" un po’ più elevate, la striscia di colorante inizia a presentare oscillazioni lungo il
percorso del fluido e nel tempo
 Per "portate" sufficientemente elevate, la striscia di colorante diventa quasi subito indistinta ed
inizia a spandersi in modo casuale attraverso l’intero tubo

- Definiamo regime laminare il primo dei


tre regimi di moto, in cui i filetti fluidi che
costituiscono il campo di moto rimangono
sempre paralleli a sé stessi, senza
mescolarsi, come tante "lamine" parallele,
da cui la definizione di laminare
- Definiamo regime turbolento l’ultimo dei
tre regimi di moto, in cui i fenomeni
inerziali (dovuti alla velocità) come i Nel moto turbolento stazionario, si ha:
vortici, vincono sui fenomeni viscosi (che
tendono a mantenere i filetti in moto
parallelo tra loro), e tali componenti
w*  w  w'  w  i w'x  j w'y  k w'z
rotazionali inducono un mescolamento con media su un Δτ:
dei filetti fluidi tra loro, rompendone
1   

l'originario parallelismo (mantenuto
 w' d
invece in un flusso a regime laminare).

Regimi di moto
 Un fluido entra in un tubo, nella sezione d’ingresso, con profilo di velocità uniforme. Gli effetti
viscosi gli impediscono di scorrere sulle pareti, ed esso si porta ben presto a velocità nulla in
corrispondenza delle pareti del tubo.
 Lungo le pareti del condotto si crea uno strato limite, regione in cui gli effetti viscosi hanno un peso
notevole ed il fluido risente della presenza della parete del tubo, assumendo un profilo di velocità
variabile con la distanza x dall’imbocco del tubo
 Lo spessore dello strato limite aumenta con l’avanzamento del fluido, fino ad una sezione 2 che
delimita la regione d’ingresso (o d’imbocco), al di là della quale il profilo di velocità non varia più
con x. A questo punto l’intera sezone del tubo è occupata dallo strato limite ed il moto si dice
completamente sviluppato.
- La forma del profilo di velocità in una sezione dipende dal fatto che il moto sia in regime laminare
o turbolento
- Anche la lunghezza di imbocco xcs dipende dal regime di flusso, potendosi in genere calcolare:

xcs
 0.05 Re (Regime laminare)
D
x
10  cs  60 (Regime turbolento)
D
Flussi esterni: strato limite su una lastra piana
Uno dei più semplici esempi di moto esterno è il flusso stazionario incomprimibile di un fluido che
lambisce una piastra piana parallela al moto. Il fluido indisturbato ha una velocità U, uniforme.

La condizione di scorrimento nullo che si instaura sin da subito fa sì che esista una regione, detta strato
limite, in cui il fluido passa da velocità nulla (in corrispondenza della superficie) a velocità U.

Lo spessore dello strato limite, δ(x), è convenzionalmente fissato in modo che si assuma già compiuta,
dalla piastra al punto in esame, una data percentuale (in genere fissata pari al 99%) dell’intera variazione
di velocità tra piastra e corrente fluida indisturbata:

u(δx )  0,99  U
Spessore e lunghezza dello strato limite
La linea che delimita lo strato limite ha un andamento
diverso nella regione laminare ed in quella turbolenta. In
particolare, l’incremento dello spessore è più repentino nella
regione di moto turbolento, per ovvie ragioni connesse alla
propagazione trasversale del disturbo di velocità.

La transizione dal regime laminare a quello turbolento si


osserva in prossimità di uno specifico range di valori di Rex:

 w xcr Questa condizione, che rende il problema di natura


Rex ,cr   5  105 solamente fluidodinamica (e non termofluidodinamica),
 rende non ambigua la determinazione di ρ e μ, ma sarà
assente quando parleremo di scambio termico.

Nella regione di flusso laminare, è possibile calcolare come lo strato limite aumenti con la distanza dal
bordo d’attacco della piastra:
Si osserva come lo spessore dello
 x 
1
 x   5   5  x2
strato limite cresca con la radice
 w w della distanza dal bordo d’attacco, e
come diminuisca al crescere della
Viscosità cinematica o diffusività cinematica ν, velocità della corrente indisturbata.
dimensionalmente [L]2[T]-1 (come tutte le diffusività),
misura della resistenza di un fluido a scorrere sotto l’effetto
di un campo di forze di massa (come quello gravitazionale).

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