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Elementi di meccanica dei fluidi

- Fluidi in quiete
- Fluidi in movimento: eq. di Bernoulli ed Eq. dell’energia
meccanica
- Analisi dimensionale
- Regimi di moto e calcolo delle perdite di carico per fluidi
circolanti entro tubi

Il presente file, che comprende le slides utilizzate per il corso di Fisica Tecnica
(12 CFU, Corso di Laurea in Ing. Meccanica), presenta alcuni contenuti
riassunti e parziali rielaborazioni/integrazioni ad opera del docente. Il
riferimento completo alle tematiche qui presentate è ovviamente al libro di
testo adottato, dal quale sono anche tratte buona parte delle immagini
incluse e che lo studente è invitato a studiare in modo approfondito, non
potendo il presente file rappresentare una fonte esaustiva e sostitutiva per lo
studio dell’argomento.

Corso di Fisica Tecnica – Prof. Antonio Piacentino


Richiami di idrostatica: pressione di un fluido in quiete

Abbiamo già visto come, per un volumetto elementare di fluido


in quiete, debba sussistere un bilanciamento tra forze superficiali
(dovute alla pressione) e quelle di volume (in assenza di campi
magnetici o elettrici, connesse al peso dell’elemento):

W   x y z con:   ρg Peso specifico


[kgf o N/m2]
Risulta ovviamente:
Fx   p R  p F  y z  0 Fy   pS  pD  x z  0
Fz  p x y   p  dp  x y  x yz  dpx y  x yz  0
Per un fluido in quiete la pressione varia solo
pR  pF pS  pD dp
 
lungo la verticale (ossia la direzione della forza di
e quindi: gravità), con gradiente negativo (pressioni che si
dz riducono andando verso l’alto)

Per un fluido incomprimibile:


p1  p2
p1  p1   z 2  z1    h  h 

e per vasche/recipienti con
p  p0   h
pelo libero a p=p0:
Forza idrostatica su una superficie piana

Abbiamo già visto, nell’introduzione al corso, i principi che discendono dalla legge di Stevino
(uguaglianza delle pressioni di punti alla stessa quota, ove si possano connettere tramite un
percorso continuo in seno allo stesso fluido) e le relative applicazioni alla manometria a
liquido …

… approcciamo adesso molto in breve il calcolo della forza agente su una superficie piana,
partendo dal caso elementare di una superficie coincidente con il fondo di un recipiente:

In questo caso, essendo banalmente tutti gli elementi del


fondo del recipiente alla stessa profondità rispetto al pelo
libero, la forza è di immediata determinazione tramite
l’espressione:
FR  p  A    h  A

Nel caso in cui la superficie sia diversamente disposta, p


diventa variabile al variare dell’areola elementare
considerata, ed il calcolo va effettuato tramite
integrazione … lo vediamo a seguire con riferimento ad
una configurazione generica:
Su ciascun elementino dA, la forza agente è:

dF   h dA
ovviamente perpendicolare alla superficie.
Il modulo della risultante sarà (γ=cost.):


FR   h dA   sen
A
 y dA   A y
A
C sen 

Momento di primo ordine della


superficie rispetto all’asse delle x

dove yC è la coordinata y del baricentro misurata dall’asse x.


Ovviamente si può scrivere:
L’intensità della spinta sulla superficie piana dipende solo
FR   A hC dall’affondamento del baricentro, ed è indipendente
dall’angolo θ che la parete forma con il pelo libero.

Riguardo al punto di applicazione (o centro di pressione), esso non coincide


con il baricentro e la sua yR si può determinare integrando i momenti delle
forze di pressione rispetto all’asse x: Momento
d’inerzia
dell’area A
I xc
 
FR y R  y dF   sen y dA  y R  yC  2 rispetto all’asse

A A
yC A baricentrico
parallelo ad x
Capita spesso di dover calcolare spinte complessivamente
esercitate su una superficie curva soggetta da un lato alla
pressione esterna, dall’altro a quello di un fluido che
presenta un determinato andamento delle pressioni
idrostatiche …

… in simili casi risulta poco agevole l’approccio basato


sull’integrazione delle forze elementari applicate dal
fluido sulle singole areole, e molto più comodo un
approccio basato sull’equazione globale di equilibrio
meccanico:
L’applicazione al volume identificato in
Risultante forze G  Π0 figura e l’opportuna decomposizione delle
di volume
forze di superficie in componenti elementari
Risultante forze
rendono determinabile la forza esercitata
di superficie
dalla superficie curva sul volume di fluido …

G  Π  0  G  Π1  Π 2  0 

Π su pa re te  Π 2  G  Π1
Dinamica dei fluidi: equazioni della quantità di moto
Abbiamo già visto come i fluidi esercitino, al loro interno, forze superficiali con
componente normale, legate alla pressione:

Fnormale  p  A
Tuttavia, essi possono altresì trasmettere forze superficiali aventi una
componente tangenziale, legate ad una componente τ, denominata "sforzo di
taglio", che ha le medesime unità di misura di una pressione (N/m2):
Ftan genziale    A
L’entità degli sforzi di taglio che si ingenerano sia tra un fluido ed una parete, sia tra filetti adiacenti di
un fluido, dipendono sia dalle caratteristiche del fluido che dal suo moto.

Si considerino due piastre piane e parallele, tra cui è


interposto un fluido, e sia trascinata quella superiore con una
forza F così da farla muovere ad una velocità costante U.
Si osserva sperimentalmente che il fluido aderisce ad
entrambe le piastre, così da assumere nei filetti adiacenti
velocità relativa nulla (condizione di scorrimento nullo).
Sin instaura tra le due piastre un profilo di velocità del fluido
pressochè lineare:
y
u( y )  U 
b
Ciò che accade è che la piastra superiore in moto esercita uno
sforzo di taglio, nella direzione del moto, sul filetto fluido ad essa
adiacente, così trascinandolo …

… similmente ogni filetto fluido in posizione intermedia tra le due


piastre è trascinato in avanti da quello adiacente posto sopra di lui
(che fluisce con velocità superiore) ed esercita a sua volta sforzo di
trascinamento verso il filetto posto sotto di lui (con u(y) inferiore).

Per la maggior parte dei fluidi (tra cui aria, acqua, olii, ecc.), che sono detti newtoniani, lo sforzo
tangenziale è approssimativamente proporzionale al gradiente di velocità:
du
 
dy
Il coefficiente di proporzionalità μ è detto viscosità (o, talvolta,
viscosità dinamica, per differenziarlo dalla viscosità cinematica).
Le unità di misura della viscosità sono:
1 1
      du   N  m / s
  2  
N s
 2 
 dy  m   m   m 
La viscosità dipende dalla temperatura, ed in particolare:
 Diminuisce (al crescere di T) nei liquidi
 Aumenta (al crescere di T) nei gas
Equazione della quantità di moto
La legge di Newton per una particella di
massa m del fluido si scrive:

F  ma
dw
dove, ovviamente: a per cui:
dt
dw d mw  La risultante delle forze agenti sulle
F  m  particelle di un fluido è quindi pari
dt dt alla variazione della loro quantità di
moto nell’unità di tempo.

Identificato per un determinato flusso un volume di controllo come quello rappresentato in figura, con
un solo ingresso ed una sola uscita, e supponendo il flusso monodimensionale (ossia con proprietà
intensive uniformi lungo ciascuna sezione di ingresso e di uscita), scriviamo un bilancio della quantità di
moto:
 trasferime nto della quantità 
 variazione nell' unità   forza risultante   
     di moto nell' unità di tempo 
 di tempo della quantità    agente sul volume   
 di moto all' interno del VC     all' interno del VC unitamente 
   di controllo   al trasporto di massa 
 
ossia, per un sistema stazionario:
   Si tratta di un’equazione vettoriale, che
F  m 2  w 2  m1  w1  m w 2  w1  deve essere proiettata lungo i tre generici
assi x, y e z per derivare tre relazioni scalari
Possibili applicazioni dell’eq. della quantità di moto
Il testo riporta una serie di interessanti esemplificazioni, in
merito alla possibile utilità dell’Eq. appena ottenuta.
Essa può, ad esempio, servire a calcolare la forza che deve
trasmettere l’ancoraggio di un deflessore di flusso, come
quello mostrato in figura.

- Volume di controllo: comprendente isa la pala che il fluido


- Fluido: acqua, incomprimibile, con ρ=1000 kg/m3
- Sezioni di passaggio del fluido: uguali, pari a=0,005 m2
- Moto che avviene sul piano x-y
- Direzioni positive assunte, per le forze di ancoraggio, come in fig.ura

Imposto:
 
FAx  m u 2  u1   m w cos  w
 
FAy  m v2  v1   m wsen  0
Si ricava:
FAx  45  1  cos  N esercita una forza diretta verso
Come era ovvio, l’ancoraggio

FAy  45  sen N sinistra (FAx<0) e verso l’alto (FAy>0)


Tutto è esposto alla patmosferica, per cui la
forza netta associata è nulla, e le uniche L’utilità di simili espressioni per lo studio delle turbine è
forze applicate al VC sono le FAx ed FAy del tutto intuitivo.
Equazione di Bernoulli
Dopo l’introduzione delle Eqs. del Tds, avevamo banalmente dedotto come per un dispositivo stazionario
"passivo", ossia senza scambi di lavoro, attraversato da un fluido incomprimibile, valesse:
Equazione di Bernoulli, che afferma
w22  w12 2
come, in assenza di fenomeni dissipativi
v p2  p1    g z 2  z1   0
w
o pv   gz  cos t . (trasf. internamente reversibile) il
2 2
trinomio indicato si mantenga costante!

Deriviamola adesso per altra via, ossia come applicazione dell’Eq. di Newton ad
una particella di fluido, di massa m, che si muove lungo una linea di flusso.

Le linee di flusso sono linee tangenti, in un dato istante e punto per punto, al
vettore velocità del fluido.
Per un fluido in moto stazionario, la linea di flusso coincide con il percorso
lungo il quale si muove la particella di fluido, nell’andare ad esempio da (1) a
(2), ossia con la sua traiettoria.

Si consideri il moto stazionario di un fluido non viscoso e di densità costante (ossia incomprimibile).

Per la stazionarietà del moto, siamo certi che il fluido seguirà, come traiettoria, una linea di flusso ed il
suo moto potrà essere descritto attraverso la distanza s=s(t) percorsa, lungo la linea di flusso, a
partire da una determinata origine.
Vale ovviamente:
ds
w
dt
e l’accelerazione:
dw
a
dt

L’accelerazione, che è la derivata della velocità della particella rispetto al tempo, ha una
componente nella direzione della linea di flusso che può essere calcolata come derivata
sostanziale (o materiale), ossia:
Dw dw dw dw
as    w  w
Dt dt ds ds
Componente legata alla variazione nel tempo Componente legata alla variazione della velocità, in
del campo di moto, che è assente nel nostro un dato istante, tra punti consecutivi della linea di
caso per via della stazionarietà flusso percorsa dalla particella materiale

La legge di Newton lungo la direzione s si scriverà come segue:

Fs  m as  m  w 
dw dw
   ds  A  w
ds ds
La forza peso vale W    ds  A e quindi la sua componente lungo la direzione s può
essere espressa come:
Ws  W  sen    ds  A  sen

Infine, la forza netta di pressione sulla particella nella direzione della linea di flusso vale:

 dp 
 
F fp  pdA  p  dp dA  dp  dA     ds  dA
 ds 
La legge di Newton viene così ad essere riscritta come segue:

 dp 
Fs  Ws  Ffp    sen 
dw
  ds  dA  m as    ds  A  w
 ds  ds
e quindi: dp dw
  sen    w
ds ds

Essendo sen 
dz
e w
dw 1 d w 2

  , l’Eq. di sopra si riscrive come:
ds ds 2 ds


dz dp 1
  
d w2   1
 
 dp ρd w 2  γdz  0 Lungo una
ds ds 2 ds 2 linea di flusso!
Assumendo la densità costante, l’integrazione porta alla ben nota espressione:

1 2
p ρw  γ z  cos tante
2
Tutti i termini di tale espressione rappresentano, dimensionalmente, delle pressioni:
 p rappresenta la pressione statica, così denominata in quanto è la pressione
termodinamica effettiva del fluido che scorre, misurabile attraverso un dispositivo che si sposta
solidalmente al fluido nel suo moto.

  z rappresenta la pressione idrostatica, così denominata in analogia a quanto visto analizzando


la statica dei fluidi, in quanto tiene conto del cambiamento di pressione dovuto a variazioni di energia
potenziale del fluido in relazione a cambiamenti di quota nello stesso.

1 2
 w rappresenta la pressione dinamica, ossia quella rilevabile come guadagno di
2
pressione allorquando il fluido, originariamente in moto con velocità w, arresta il suo
moto convertendo interamente l’energia cinetica posseduta in energia di pressione.

La legge di Bernoulli dice quindi che in un fluido incomprimibile ed in flusso stazionario, privo di
fenomeni dissipativi al suo interno (trasf. reversibile, assenza di effetti viscosi!), lungo una
linea di flusso la somma delle componenti statica, idrostatica e dinamica di pressione si
conserva, pur essendo possibili conversioni dall’una all’altra forma.
La conservazione della somma di tali termini è alla base del principio di funzionamento di una serie di
dispositivi, e consente la risoluzione approssimata (ossia, con restrizione di idealità del processo) di un
gran numero di semplici problemi.

Tubo di Pitot
Introducendo in una corrente che fluisce indisturbata un
piccolo tubo con orifizio rivolto a monte, punto (2), si
osserva che all’estremità superiore della cannula il fluido
si dispone con pelo libero ad una quota superiore a
quella osservata su una diversa cannula, che pesca fluido
nel punto (3).

Applicando l’Eq. di Bernoulli tra i punti (1) e (2), supponendo


ovviamente che una volta riempita la cannula sia w2=0 (ossia
che il punto 2 sia un punto di ristagno del fluido), ed essendo
z1=z2, si ha (nell’ipotesi di arresto con modesta dissipazione di
energia):
La pressione statica del fluido nel punto di
1
p2  p1  w12 ristagno è maggiore di quella nel punto 1, di una
quantità pari alla pressione dinamica che si è in
2
convertita proprio in componente statica.

Allora se sono noti p1 e p2, o meglio se è nota la loro differenza p2-p1, è possibile utilizzare un simile
dispositivo per il calcolo della velocità w1.
Se la differenza di altezza tra (1) e (3) è trascurabile, si può approssimare p1 a p3, e quindi la differenza
p2-p1 a quella p2-p3 (la quale è nota, essendo ovvimente correlata al dislivello (H-h) in figura!
Chiamiamo il punto di attacco (3) della cannula che rileva la pressione statica "presa statica", mentre il
punto (2) di attacco della valvola nel punto di ristagno "presa dinamica".

Il fenomeno del ristagno si verifica ogni qualvolta un fluido incontra un ostacolo nel suo percorso …
ebbene, in questi casi si crea sempre una conseguente forza dovuta a tale sovrapressione.

La tipica configurazione di un Tubo di Pitot utilizzato per la misura


di velocità di una corrente fluida (o di un corpo in movimento in
uun fluido stagnante, visto che questo processo è ovviamente
legato alla velocità relativa tra corpo e fluido) è mostrata in figura.

Simili dispositivi, seppur con strumenti non analogici di


rilevamente delle pressioni statiche e di ristagno, sono a tutt’oggi
utilizzati negli aeromobili per il rilevamento della velocità relativa
al suolo .
Efflusso da un recipiente a pressione atmosferica

Con riferimento ad un recipiente, il cui pelo libero sia esposto alla


pressione atmosferica (come in figura) ed alla cui base sia
presente un’apertura da cui il fluido può fuoriuscire liberamente,
si intende determinare la velocità di efflusso w.

Si applichi l’Eq. di Bernoulli alla linea di flusso 1-2 indicata in figura:

1 1
p1  w12   z1  p2  w22   z2
2 2
Assumendo che:

 Sia il pelo libero del recipiente, sia la sezione di efflusso siano aperti comunicanti con
l’atmosfera e quindi sia p1=p2=patmosferica
 Il serbatoio sia abbastanza grande perché si possa assumere w1≈0

 Si assuma un riferimento per l’asse delle z tale che risulti z2=0 e z1=h

si ottiene: Il fluido esce dal recipiente alla


1 h medesima velocità a cui giungerebbe
 z1  w22  w22  2  2 gh un grave in caduta libera (soggetto
2  solo alla forza di gravità), se fosse
lasciato alla quota h del pelo libero.
Elaborazioni dell’Eq. di Bernoulli e dell’Eq. dell’energia meccanica estremamente importanti

Tutta la trattazione vista è stata (formulazione dell’Eq. di Bernoulli per tubo di flusso e relative
applicazioni) è stata molto utile per introdurre una serie di concetti quali le linee di flusso, le traiettorie,
le condizioni di ristagno, ecc.

Torniamo però ora a dare un taglio di applicazione pratica al problema perché, come ingegneri
meccanici, vi troverete in genere a trattare semplici condotti in cui un fluido scorre in maniera talvolta
approssimabile a reversibile, talaltra volta no.

Ripartiamo dall’Eq. del 1° Principio che, a valle delle Eqq. del Tds, avevamo scritto:
 
2
 w12  w22 
 v p2  p1      g z1  z 2 
L int .rev L int .rev
 
 lint .rev   vdp  ecin  e pot  
 lint .rev
 2 

m 1 m

Questa equazione, che nell’ipotesi di lint.rev. Porta all’Eq. di Bernoulli, nel caso più generale in cui il
sistema con 1 ingresso ed 1 uscita possa scambiare lavoro tecnico tramite organi come pompe o turbine
si denomina EQUAZIONE DI BILANCIO DELL’ENERGIA MECCANICA, che riscriviamo:


w12 w22 L int .rev Per un sistema ad 1 ingresso ed 1 uscita in
p1v   gz1  p2 v   gz 2   assenza di attrito o altre irreversibilità interne,
2 2
m l’energia meccanica totale che entra nel VC
Coerentemente con la
eguaglia quella totale che esce dallo stesso!
convenzione sui segni, è
positiva se uscente dal VC
È intuitivo come l’eventuale presenza di irreversibilità comporti una penalizzazione in termini di energia
meccanica …
… abbiamo infatti visto che, sebbene il 1° Principio indichi che l’energia si conserva, il 2° suggerisce
un’asimmetria tra calore e lavoro, con Q convertibile in L solo parzialmente ed attraverso sistemi
sofisticati (le MT) mentre L indefinitamente convertibile in Q attraverso, ad esempio, fenomeni
dissipativi come gli attriti …
… quindi, eventuali fenomeni dissipativi in seno al VC influirebbero convertendo energia meccanica in
energia interna (ossia in calore interno d’attrito) … e siccome l’Eq. di bilancio dell’energia meccanica non
include termini legati ad altre forme di energia, per un sistema irreversibile essa diventa diseguaglianza:

 Per un sistema ad 1 ingresso ed 1 uscita, in


w12 w22 L irrev . presenza di attrito/irreversibilità interne,
p1v   gz1  p2 v   gz 2   l’energia meccanica totale che entra nel VC
2 2
m supera quella totale che esce dallo stesso!

Come visto in passato, una simile diseguaglianza può essere riformulata come eguaglianza tramite
l’inclusione di un termine di "sbilancio": Il termine R per noi rappresenta le perdite,
nel caso di processo reale con fenomeni
dissipativi. Il pedice "en. specifica" vuole
 solo ricordarci in quale particolare unità di
w12 w22 L irrev .
p1v   gz1  p2 v   gz 2  
 Ren .specifica misura sono qui espresse le perdite, poiché
2 2 come vedremo l’Eq. dell’en. meccanica
m (ossia Bernoulli comprensiva del lavoro di
pompe o turbine) può essere espressa in 3
diverse forme, e dovremo abituarci a
gestirle correttamente tutte!
Abbiamo finora visto l’Eq. dell’en. Meccanica e di Bernoulli in diverse forme:
1
J  kg  J In termini di energia specifica, con
m
 m  (...) 
J   
s 2
kg s  s  kg tutte le grandezze espresse in J/kg.
Questa forma ci dice come l’energia

w12 w22 L meccanica del fluido si possa
1. p1v   gz1  p2 v   gz 2  
 Ren .specifica convertire da una forma all’altra
2 2 (compresa quella dello scambio di
m
lavoro massico con l’esterno) e come,
N m3 J m 2 kg m 2 kg  m m N  m J parzialmente, possa essere dissipata
       
2
m kg kg s2 kg s 2 s2 kg kg kg in forme non meccaniche.

In termini di pressione, con tutte le


 
2
  w 2  kg3  m2  kg2  m2  N2 grandezze espresse in N/m2. Questa
m s m s m forma ci dice come la pressione del
 fluido si possa convertire tra le
1 1 L
2. p1  ρw12  γ z1  p2  ρw22  γ z 2    R pressione forme statica, idrostatica e
2 2 dinamica, e come il lavoro fornito
V dall’esterno possa contribuire ad
accrescere questo “carico di
Portata volumetrica in m3/s, in pressione totale” (l’opposto per una
genereindicata con Q (non qui, per
turbina che estrae lavoro e
evitare confusioni con il calore), che
“consuma” pressione totale) e
discende dall’espressione:
 
come, parzialmente, possa essere
L
 
L dissipata in forme non meccaniche.

  
m m  
 
Se ne può tuttavia derivare una terza forma, molto utilizzata: In termini di altezza (o quota), con tutte le
Prevalenza della pompa, hpompa, o della
grandezze espresse in m. Questa forma ci
1 turbina, hturbina, a seconda che L<0 o L>0 dice come l’altezza piezometrica, la quota
m2  m 
   m cinetica e la quota geodetica del fluido si
s2  s2 
possano convertire le une nelle altre, e
 
2 2  L m come il lavoro fornito dall’esterno possa
 z1  2  2  z 2   R
3. p1 w1 p w contribuire ad accrescere questa “quota” o

 2g  “altezza” totale (l’opposto per una turbina
altezza
2g g
che estrae lavoro e “consuma” carico
1 1
totale) e come, parzialmente, tale “altezza”
3 J  kg   m  Nm s s 2
kg  m s 2
N m
  m    2        m totale possa essere dissipata in forme non
2
m N s  s  s  s kg m s 2
kg meccaniche.
Pendenza che dipende
Bernoulli dalle perdite d’attrito
w12 per metro di tubazione
quota geodetica z h pompa
2g
Raltezza
La quota
w22
piezometrica 2g
quota piezometrica 
diminuisce a
quota geodetica  scapito di
quella
altezza piezometr. : cinetica!
p
z

quota/altezza totale
Tubo liscio, fluido che
o carico totale : non dissipa energia in Tubo scabro, fluido P
p w2 calore d’attrito che si comporta come
 z reale e dissipa energia
 2g in calore d’attrito
La prevalenza della pompa      
L pompa m L pompa L turbina m L turbina
e della turbina possono h pompa   
hturbina   
g g
essere riscritte, prese in V V
modulo:
Più frequentemente Q! Più frequentemente Q!

e l’Eq. dell’energia meccanica, per un tratto che possa comprendere sia turbine che pompe:
p1 w12 p2 w22
  z1  h pompa  hturbina  Raltezza    z2
 2g  2g
Tipici problemi: Massima potenza ottenibile
dalla turbina
Si calcolino le Noti:
perdite di  Flusso stazionario e fluido
carico da 1 a 2 incomprimibile
 w1=0 (serbatoio ampio)
 p atmosferica sia in 1 che in 2
Noti:
 quote geodetiche z1=0 e z2=2m

Q (ossia V)  A2 w2   
1 m 2  6 m s  4.72 m 3 s
 d=costante, fluido incomprimibile, moto stazionario 4
 Sezione costante, per cui w1=w2 (no variazioni di w2/2g) p1 w12 p w2
  z1  h pompa  2  2  z 2  Raltezza  hturbina
 Assenza di pompe o turbine  2g  2g
 Altezze piezometriche rilevate tramite due derivazioni
Raltezza  0  z1  z2  w2  100  6 m s  2  98.2 m
2 2
p1 p
 z1  Raltezza  2  z2 
max
hturbina
γ γ 2g 2  9 ,81 m s
p p
 Raltezza  1  z1  2  z2  3  0  0.5  2  0.5 m  max N m3
γ γ L turbina    Q  hturbina
max
 9.81 103 3  4.72  98.2 m  4547 kW
m s
Una tipica applicazione dell’eq. dell’energia meccanica è Sezione 0: pelo libero
quella dell’identificazione di condizioni sicure di esercizio, del serbatoio
Sezione 1: flangia di
rispetto al rischio di cavitazione, di una pompa aspirante (il
attacco alla pompa P Δpinterno
problema non sussiste per pompe prementi o sottobattenti). 1
Eq. dell’energia meccanica tra 0 ed 1: haspir=z1-z0

p0 w02 p1 w12 0
  gz0    gz1  Ren .specifica ,01 
 2  2
p1 patm w12
   g  haspir   Ren .specifica ,01
  2
Perché non vi sia cavitazione non basta che p1 > pv di saturazione alla temperatura del fluido. Infatti:
 All’interno della pompa, a valle della flangia d’attacco, si hanno piccole perdite di carico Δp
 Se vi sono gas disciolti nell’acqua e quindi bolle di vapore ed altro/i gas, la condizione di saturazione
non dipende dalla ptotale=pv+pgas ma dalla sola pressione parziale pv.
p1  p pv  p gas NPSH disponibile o dell’impianto, non
Occorre quindi che: 
  conosciuto dal produttore della pompa

patm pv  p g w12 p
Pertanto:  g  haspir  Ren .specifica ,01     NPSH imp  NPSH pompa
  2 
NPSH richiesto o della pompa

Note le condiz. operative (Tfluido→pv, possibile pg) e l’NPSHpompa (alla specifica vrotazione) l’altezza massima

di posizionamento della pompa sarà: haspir   


1


 patm  pv  p g  
 Ren .specifica ,01  NPSH pompa 
max
g   
Similitudine ed analisi dimensionale
Uno dei principali problemi in meccanica dei fluidi ed in termofluidodinamica è la derivazione sperimentale
di relazioni che esprimano una variabile dipendente in funzione di una serie di parametri indipendenti.
Il problema è connesso al fatto che:
 il numero di parametri indipendenti che influenzano la variabile dipendente ricercata è in genere elevato
 per creare correlazioni o tabelle relative a tutte le possibili combinazioni di variabili/dati, ci vorrebbe un
numero elevatissimo di indagini sperimentali (spesso non agevole da realizzare)
 a priori, infatti, il risultato di ciascuna sperimentazione sarebbe utilizzabile solo nel caso di perfetta
coincidenza di tutte le condizioni con quelle della sperimentazione effettuata!

Esempio:
Si determini la relazione che consente di esprimere, per il flusso stazionario di un fluido viscoso
incomprimibile attraverso un lungo tubo circolare orizzontale con pareti lisce, le cadute di pressione
(ovviamente connesse all’attrito) per unità di lunghezza del tubo.

Analisi teoriche e sperimentali di primo livello possono agevolmente


suggerire i diversi parametri da cui le perdite di carico specifiche possono
dipendere, nel nostro caso:

pl  f D ,  ,  , w
Il problema è complesso perché non è facile trovare la forma della funzione f. Si
potrebbero condurre sperimentazioni ripetitive, con 3 parametri costanti ed 1
variabile, ma riuscire a derivare la funzione f sarebbe ugualmente complesso.
La soluzione al problema consiste nel fatto che un fenomeno fisico è spesso descrivibile tramite un numero
di variabili adimensionali (opportune combinazioni delle variabili dimensionali in gioco), chiamate Variabili
Pi Greco o Пi, inferiore al numero di variabili dimensionali.

Vi è ovviamente uno studio piuttosto accurato da fare per identificare la forma di questi gruppi
adimensionali ma, a valle di questo sforzo, risulta poi ridotto il numero di grandezze da mettere in relazione
tramite le rilevanze sperimentali.

Cenni sull’analisi dimensionale


In Meccanica dei Fluidi ed in Termofluidodinamica, si osserva che quasi tutte le grandezze fisiche di
interesse possono essere espresse tramite un ridotto numero di “quantità primarie”, che sono:
 La lunghezza L (non serve specificare l’unità di misura)
In genere sufficienti in
Meccanica dei Fluidi
 Il tempo t
 La massa M o la forza F
Necessaria in Termofluidodinamica, per lo studio
 La temperatura T
di fenomeni che coinvolgono lo scambio termico

È così ad esempio esprimere le dimensioni della velocità come:

w  L  t 1 Il vostro testo riporta


un completo elenco
Si osservi come massa M e forza F siano entrambe di relazioni
alternativamente utilizzabili. Infatti, F ed M sono legate da: dimensionali per
diverse variabili di
F   M  L  t 2 M   F  L1  t 2 interesse, nei due
sistemi FLT ed MLT.

ogni grandezza esprimibile in funzione di M, L e t è altresì


esprimibile in funzione di F, L e t.
È ora importante comprendere quanti gruppi adimensionali occorre definire per descrivere un fenomeno
fisico e come identificarli.

Teorema pi greco di Buckingham (non lo dimostriamo)


Se un’equazione espressa da k variabili è dimensionalmente omogenea, essa può essere
ridotta a una relazione a k-r prodotti adimensionali indipendenti, dove r è il numero minimo
di dimensioni fondamentali necessarie per descrivere le variabili.

In pratica, per ogni equazione di interesse fisico del tipo:


u1  f u1 ,u 2 ,...,u k 
se le variabili u1, u2, …, uk sono esprimibili tramite un numero minimo r di dimensioni fondamentali (L, t,
M o F, T, …), è possibile derivare una formulazione alternativa che leghi solo prodotti adimensionali (ossia
parametri Пi):
1    2 , 3 ,..., k  r 
Tornando al nostro esempio:

 pl   F  L3 Ma come definire, per il nostro caso studio, una serie

 D   L
sufficiente di parametri pi greco?

    F  L  t pl  f D ,  ,  , w
4 2


    F  L 2
t
Formalizziamo una procedura sistematica che ci porti ad
 w  L  t 1 ottenerli …

1. Elencare tutte le variabili che sono presenti nel problema. Questo è un passo difficile e ci si può
avvalere, come detto, di osservazioni sperimentali preliminari. Nel nostro caso:

Variabili  pl , D ,  ,  , w

2. Esprimere ciascuna delle variabili in termini di dimensioni fondamentali. Nel nostro caso:

pl   F  L3 D  L    F  L4  t 2    F  L2  t w  L  t 1


3. Determinare il numero necessario di parametri pi greco. Ciò può essere fatto tramite il Teorema di
Buckingham, che indica che il numero di termini pi è uguale a k-r, dove k è il numero delle variabili nel
problema (determinate nel passo 1) ed r è il numero di dimensioni base necessarie a descriverle
(determinate nel passo 2). Nel nostro caso:
Per il problema in esame
k 5 r  3 (ossia F, L, t) k- r  2 basteranno quindi 2
parametri adimensionali

4. Selezionare le variabili da ripetere (ossia quelle che dovranno comparire in tutti i parametri
adimensionali identificati), il cui numero è pari al numero delle dimensioni fondamentali di cui al passo
2. Dall’elenco delle k variabili, si scarta preliminarmente quella dipendente (ossia quella che si vuole
calcolare), perché questa deve stare in 1 solo parametro adimensionale (e quindi non va ripetuta). Tra le
restanti, si opta per la ripetizione di quelle più semplici dimensionalmente. Nel nostro caso:

Variabili da ripetere : 3 a scelta tra D,  ,  e w Scelti : D,  e w


5. Formare un termine pi greco moltiplicando una delle variabili non ripetute con il prodotto delle
variabili ripetute, ciascuna elevata a un esponente che renda la combinazione adimensionale. Ogni
parametro pi greco sarà della forma:

  wi  w1ai  w2bi  w3ci


dove wi è una delle variabili non ripetute, mentre w1, w2 e w3 sono le variabili ripetute e gli esponenti ai,
bi e ci sono determinati in modo tale che la combinazione risulti adimensionale. Nel nostro caso:

1  pl  D a  wb   c
dove a, b e c sono scelti imponendo:

F  L  L  L  t   F  L
3 a 1 b 4
t2 
c
 F 0  L0  t 0

da cui:
 1 c  0 (esponenti di F)

  3  a  b  4c  0 (esponenti di L)  a  1, b  -2, c  -1
  b  2c  0 (esponenti di t)

pl D
Il primo numero adimensionale che risulta è: 1 
w2
6. Ripetere il passo 5 per ogni rimanente variabile non ripetuta. Finite le variabili non ripetute, il numero
di termini pi greco ottenuti risulterà pari a quello richiesto, determinato nel passo 3. Nel nostro caso:

 2    D a  wb   c
dove a, b e c sono scelti imponendo:

F  L  t  L  L  t   F  L
2 a 1 b 4
t2 
c
 F 0  L0  t 0

da cui:
 1 c  0 (esponenti di F)

  2  a  b  4c  0 (esponenti di L)  a  1, b  -1, c  -1
 1  b  2c  0 (esponenti di t)


Il secondo numero adimensionale che risulta è: 2 
Dw

7. Esprimere la forma finale come una relazione tra i termini pi greco (da derivare sperimentalmente, in
quanto l’analisi dimensionale non può fornirne la formulazione analitica!!), e cercare di fornirne a
posteriori un’interpretazione fisica:

pl D ~  
1    2 
~
    
w  Dw 
2
Se si desidera, i termini pi greco possono essere riorganizzati. Nella pratica, ad esempio, invece
dell’espressione П2 ottenuta si utilizza quella reciproca:
Dw
2 

Infatti, se П1 è funzione di μ/Dρw, sarà senza dubbio anche esprimibile come funzione (diversa) di Dρw/μ:

pl D ~   pl D  Dw 


       
w  Dw  w   
2 2

Il Dρw/μ è un numero adimensionale estremamente importante nella meccanica dei fluidi e nella
termofluidodinamica, ed è denominato Numero di Reynolds.
Lw forze d' inerzia
Tale numero ha anche un significato fisico ben intuitivo: Re  
 forze viscose
Ciò è molto agevole da vedere dal punto di vista dimensionale:

Finerzia  m  a Fvis cos e    S


L4 L2
m    L
L
     dw     L  1   Finerzia 
     L
3
t 2
t t wL
Re     
w  L  a  L  dy  T L T Fvis cos e    L2   
T T2 S   L2 t
L   L4   L2
Finerzia     L  2  2
3
Fvis cos e  
T T T
A valle della definizione dei termini pi greco utili alla rappresentazione di un determinato fenomeno, la
risoluzione del problema non può che passare attraverso una valutazione di dati sperimentali.
Nel caso in cui risulti k-r=2, e quindi il sistema può essere rappresentato tramite una semplice relazione
tra due numeri adimensionali (o parametri pi greco):

 1    2 
il problema viene risolto facilmente facendo variare П2 (agendo su uno
o più dei parametri fisici inclusi nella sua espressione) e misurando il
corrispondente valore П1.

In aggiunta alla presentazione grafica, è auspicabile ricavare un’equazione empirica che leghi П1 e П2,
utilizzando metodi di interpolazione. Simili relazioni prevedono, oltre ad una formulazione analitica,
anche un campo di validità entro le quali possono essere utilizzate.

Sono piuttosto frequenti anche i casi con numero di funzioni pi


greco pari a 3. In quei casi, se graficamente si ricorre alla
rappresentazione sul piano che lega due numeri adimensionali
di famiglie di curve al variare del 3° numero adimensionale, sul
piano analitico si avranno funzioni composte del tipo:

1    2 , 3 

ancora ricavabili per interpolazione.


Regimi di moto
 Per "portate" molto piccole, la traccia lasciata dal colorante resta ben definita lungo il percorso del
fluido, muovendosi parallelamente al condotto
 Per "portate" un po’ più elevate, la striscia di colorante inizia a presentare oscillazioni lungo il
percorso del fluido e nel tempo
 Per "portate" sufficientemente elevate, la striscia di colorante diventa quasi subito indistinta ed
inizia a spandersi in modo casuale attraverso l’intero tubo

- Definiamo regime laminare il primo dei


tre regimi di moto, in cui i filetti fluidi che
costituiscono il campo di moto rimangono
sempre paralleli a sé stessi, senza
mescolarsi, come tante "lamine" parallele,
da cui la definizione di laminare
- Definiamo regime turbolento l’ultimo dei
tre regimi di moto, in cui i fenomeni
inerziali (dovuti alla velocità) come i Nel moto turbolento stazionario, si ha:
vortici, vincono sui fenomeni viscosi (che
tendono a mantenere i filetti in moto
parallelo tra loro), e tali componenti
w*  w  w'  w  i w'x  j w'y  k w'z
rotazionali inducono un mescolamento con media su un Δτ:
dei filetti fluidi tra loro, rompendone
1   

l'originario parallelismo (mantenuto
 w' d
invece in un flusso a regime laminare).

Regimi di moto
 Un fluido entra in un tubo, nella sezione d’ingresso, con profilo di velocità uniforme. Gli effetti
viscosi gli impediscono di scorrere sulle pareti, ed esso si porta ben presto a velocità nulla in
corrispondenza delle pareti del tubo.
 Lungo le pareti del condotto si crea uno strato limite, regione in cui gli effetti viscosi hanno un peso
notevole ed il fluido risente della presenza della parete del tubo, assumendo un profilo di velocità
variabile con la distanza x dall’imbocco del tubo
 Lo spessore dello strato limite aumenta con l’avanzamento del fluido, fino ad una sezione 2 che
delimita la regione d’ingresso (o d’imbocco), al di là della quale il profilo di velocità non varia più
con x. A questo punto l’intera sezone del tubo è occupata dallo strato limite ed il moto si dice
completamente sviluppato.
- La forma del profilo di velocità in una sezione dipende dal fatto che il moto sia in regime laminare
o turbolento
- Anche la lunghezza di imbocco xcs dipende dal regime di flusso, potendosi in genere calcolare:

xcs
 0.05 Re (Regime laminare)
D
x
10  cs  60 (Regime turbolento)
D
Flusso laminare completamente sviluppato
L’ipotesi di flusso laminare entro un tubo,
garantendo che i filetti fluidi scorrano
parallelamente gli uni agli altri, consente di derivare
analiticamente una serie di relazioni analitiche di
grande interesse.
Dalla dimostrazione, derivata da un bilancio di forze e
presentata sul libro, si deduce un profilo triangolare
dello sforzo di taglio, crescente linearmente dal
centro verso la parete del tubo.
∆𝑝 2𝜏 ∆𝑝 𝑑𝑢
= →𝜏= ∙ 𝑟 ma è anche: 𝜏 = −𝜇 𝑑𝑟
𝑙 𝑟 2𝑙
𝑑𝑢 ∆𝑝 ∆𝑝 ∆𝑝 2
=− 𝑟 → 𝑑𝑢 = − 𝑟𝑑𝑟 → 𝑢 𝑟 = 𝑟 + 𝐶1
𝑑𝑟 2𝜇𝑙 2𝜇𝑙 4𝜇𝑙
Dall’approccio analitico sviluppato, si deducono una serie di informazioni di grande interesse.

1. Nell’ipotesi di moto completamente sviluppato, stazionario e laminare di


un fluido newtoniano, la distribuzione di velocità nella sezione trasversale
del tubo è di tipo parabolico, con equazione:
  2r  2 
u( r )  wc  1    
  D  
in cui wc, ossia la velocità massima in corrispondenza dell’asse del tubo, vale:
Il termine Δp/l rappresenta la perdita di carico per
p D 2
wc  unità di lunghezza, Δpl, che avevamo introdotto come
16  l esempio nell’analisi teorica dei gruppi adimensionali.

2. Calcolando la portata volumetrica come integrale dei volumetti generati attraverso le diverse corone
circolari a velocità u=u(r), si trova:
r R    R 2 wc
2
r R r R r
Q  r 0
u( r ) dA  
r 0
u( r ) 2r dr  2 wc  r 0
1- 
  R 
 rdr  ... 
 2
e quindi:
Legge di Poiseuille Si osservi che, per dato fluido e condizioni
 D 4 p
Q o anche di Hagen-Poiseuille, (μ) e per dato tubo (D), essa implica una
128 l valida solo nel regime laminare del linearità diretta tra portata volumetrica e
moto descritto perdite di carico specifiche!!!
Flusso turbolento completamente sviluppato
Come già visto, il flusso turbolento vede in ciascun punto una velocità che varia con
continuità, e che può essere vista come somma di una componente di trasporto
(che possiamo considerare una velocità media locale, pur se variabile lungo la
sezione) ed una componente aleatoria in tutte le direzioni.

In figura è rappresentato l’andamento della u registrata, in un dato punto di una


sezione del tubo, nel tempo; è riconoscibile il valore medio.

A differenza del moto laminare, dove elementari


relazioni ci portano alla derivazione dell’eq. del
profilo di velocità in una sezione, le analisi
sperimentali e di carattere semiempirico non hanno
permesso di derivare un’unica relazione analitica
rappresentativa del profilo di velocità media assiale.
Una correlazione empirica semplice e spesso
utilizzata è la legge del profilo turbolento di velocità:
1
u(r )  r n
1  
wc  D / 2 
n dipende dal numero di Reynolds, e cresce con esso
valendo in genere tra 6 e 10 (valori in figura).
Si osserva come il profilo di velocità sia più piatto, rispetto al moto laminare, e come presenti in
prossimità della parete gradienti di velocità du/dy maggiori, per cui lo sforzo di taglio esercitato
sulla parete è più elevato nel caso di moto turbolento.
Perdite di carico distribuite nei tubi
Il termine distribuite contrappone le perdite di carico che stiamo esaminando a quelle concentrate, che si
presentano in funzione di irregolarità puntuali del profilo geometrico della tubazione.

Le perdite distribuite (che in qualche modo abbiamo già visto per il caso laminare), sono associate agli
effetti dell’attrito viscoso del fluido e sono esprimibili (tramite una relazione ampliata rispetto a quanto
visto, in modo semplificato, nell’introduzione dei numeri adimensionali) come:
È come se fosse il Δp, ma misurato in m.
Ricordiamoci allora che per passare da Raltezza ad
Rpressione=Δp occorre scrivere Rpressione=γ Raltezza!
Questa altro non è che la perdita di pressione, per via
Raltezza ,distrib .  F w, D ,l , ,  ,   dell’attrito, misurata in metri (e quindi come nell’Eq.
dell’energia meccanica formulata come bilancio di
Lunghezza caratteristica della scabrezza (o rugosità) del tubo, che altezze), per cui scriviamo la perdita di carico tramite
non compariva nell’espressione vista poco fa delle perdite di carico il simbolo utilizzato allora, cioè Raltezza.
in regime laminare, e che invece deve essere inserita nel caso di
moto turbolento perché in questo caso influenza le perdite di carico

Questa espressione viene di solito formulata come segue:


Equazione di Darcy-Weisbach,
2
l w valida sia per il moto laminare che
Raltezza , distrib .  f   per quello turbolento …
D 2g

In questa espressione f è una grandezza adimensionale denominata


fattore d’attrito.
Utili precisazioni ed approfondimenti:
l w2
1. Abbiamo appena scritto l’espressione: Raltezza, distrib.  f  
D 2g
mentre qualche slide fa, parlando di analisi dimensionale, avevamo derivato la sussitenza di un legame
tra parametri adimensionali del tipo:
pl D  Dw 
      (Re)
w   
2

Stiamo parlando due lingue diverse? Assolutamente no … sono solo due scritture diverse … infatti:
l w2 p w2 p D 1
p  R pressione   Raltezza  p    f     pl  g  f   l2  f
D 2g l 2gD w 2
Ebbene, se f dipende da Reynolds (come accade!!) abbiamo perfettamente ottenuto l’Eq. di sopra …
l’unica piccoal differenza sta nel fatto che, cosa che non avevamo precisato in sede di analisi
dimensionale, nel caso del moto turbolento compare una dipendenza anche da un nuovo parametro
che è la scabrezza ε.

2. Abbiamo detto che la relazione di Darcy vale anche per il caso laminare … ma essa pare affermare
che le perdite di carico dipendono dal quadrato della velocità, mentre con Poiseuille avevamo visto
che le perdite di carico erano lineari con la velocità media!!! Coem si conciliano le due cose?

f non è una costante!!! 64   l w2


f   64   Raltezza  64   
Re D w D    w D 2g
Nel campo del moto turbolento il legame tra f e Re è un po’ più complesso, anche perché entra in gioco
la scabrezza (o meglio la scabrezza relativa, parametro calcolato come ε/D).
Tra le diverse formule proposte, una tra le più diffuse è la seguente:

1   2 ,51 
 2 ,0  log    Formula di
f  3.7  D Re f  Colebrook
 
la quale presenta il notevole inconveniente di non essere esplicitabile nella forma f=f (Re, ε/D).

Per una tubazione liscia (ε=0), questa espressione


si semplifica in quella:

1

f  0.316  Re 4

Esempi di calcolo: tubi con D=2 cm che trasportano acqua a 27°C (300 K), con μ=0,857×10-3, ρ=1000 kg/m3
Diagramma di Moody
Dalla invarianza di f con Re si deduce
che, per dato tubo (i.e. ε/D), in regime
pienamente turbolento le perdite di
carico dipendono dal quadrato della
velocità (a fronte di una dipendenza
lineare nel regime di moto laminare!)

C
A

B
Perdite di carico concentrate
Sono quelle perdite legate alla presenza di componenti speciali, e le perdite (in m di colonna di fluido,
convertibili in Δp tramite l’uso del peso specifico γ) vengono calcolate come:

w2 w12  w22
Raltezza ,conc  KC  o Raltezza ,conc 
2g 2g

dove KC dipende dalla tipologia di elemento, ed in particolare dall’entità della discontinuità geometrica
che esso induce sulle traiettorie dei filetti di fluido. I valori sono tabellati.
Flussi esterni: strato limite su una lastra piana
Uno dei più semplici esempi di moto esterno è il flusso stazionario incomprimibile di un fluido che
lambisce una piastra piana parallela al moto. Il fluido indisturbato ha una velocità U, uniforme.

La condizione di scorrimento nullo che si instaura sin da subito fa sì che esista una regione, detta strato
limite, in cui il fluido passa da velocità nulla (in corrispondenza della superficie) a velocità U.

Lo spessore dello strato limite, δ(x), è convenzionalmente fissato in modo che si assuma già compiuta,
dalla piastra al punto in esame, una data percentuale (in genere fissata pari al 99%) dell’intera variazione
di velocità tra piastra e corrente fluida indisturbata:

u(δx )  0,99  U
Spessore e lunghezza dello strato limite
La linea che delimita lo strato limite ha un andamento
diverso nella regione laminare ed in quella turbolenta. In
particolare, l’incremento dello spessore è più repentino nella
regione di moto turbolento, per ovvie ragioni connesse alla
propagazione trasversale del disturbo di velocità.

La transizione dal regime laminare a quello turbolento si


osserva in prossimità di uno specifico range di valori di Rex:

 w xcr Questa condizione, che rende il problema di natura


Rex ,cr   5  105 solamente fluidodinamica (e non termofluidodinamica),
 rende non ambigua la determinazione di ρ e μ, ma sarà
assente quando parleremo di scambio termico.

Nella regione di flusso laminare, è possibile calcolare come lo strato limite aumenti con la distanza dal
bordo d’attacco della piastra:
Si osserva come lo spessore dello
 x 
1
 x   5   5  x2
strato limite cresca con la radice
 w w della distanza dal bordo d’attacco, e
come diminuisca al crescere della
Viscosità cinematica o diffusività cinematica ν, velocità della corrente indisturbata.
dimensionalmente [L]2[T]-1 (come tutte le diffusività),
misura della resistenza di un fluido a scorrere sotto l’effetto
di un campo di forze di massa (come quello gravitazionale).
Forze tra superficie e fluido
La forza esercitata da un fluido in moto su una superficie,
nella direzione della corrente, è detta forza di resistenza o
trascinamento, D.
Lo studio analitico della forza di resistenza è semplificato
dall’uso di un coefficiente adimensionale di resistenza, CD,
definito dalla relazione:

D È evidente che determinare


CD  CD equivale ad essere in
1
 w2 A grado di calcolare le forze.
2
  C D ,x turb .dx 
1 xcr L
Correlazione per CD valida in regime laminare: C D ,0 L
L 
0
C D ,x la min .dx  
xcr 
0.664
C D ,x  1
Rex  5  105
Rex 2
Correlazione per CD valida in regime turbolento:

5  105  Rex  10 7 tubo liscio 


0.059
C D ,x  1
Rex 5
-2,5
 
C D ,x  1,89  1,62 log 
 L
(tubo scabro, flusso pienamente turbolento)

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