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- Fluidi in quiete
- Fluidi in movimento: eq. di Bernoulli ed Eq. dell’energia
meccanica
- Analisi dimensionale
- Regimi di moto e calcolo delle perdite di carico per fluidi
circolanti entro tubi
Il presente file, che comprende le slides utilizzate per il corso di Fisica Tecnica
(12 CFU, Corso di Laurea in Ing. Meccanica), presenta alcuni contenuti
riassunti e parziali rielaborazioni/integrazioni ad opera del docente. Il
riferimento completo alle tematiche qui presentate è ovviamente al libro di
testo adottato, dal quale sono anche tratte buona parte delle immagini
incluse e che lo studente è invitato a studiare in modo approfondito, non
potendo il presente file rappresentare una fonte esaustiva e sostitutiva per lo
studio dell’argomento.
Abbiamo già visto, nell’introduzione al corso, i principi che discendono dalla legge di Stevino
(uguaglianza delle pressioni di punti alla stessa quota, ove si possano connettere tramite un
percorso continuo in seno allo stesso fluido) e le relative applicazioni alla manometria a
liquido …
… approcciamo adesso molto in breve il calcolo della forza agente su una superficie piana,
partendo dal caso elementare di una superficie coincidente con il fondo di un recipiente:
dF h dA
ovviamente perpendicolare alla superficie.
Il modulo della risultante sarà (γ=cost.):
FR h dA sen
A
y dA A y
A
C sen
A A
yC A baricentrico
parallelo ad x
Capita spesso di dover calcolare spinte complessivamente
esercitate su una superficie curva soggetta da un lato alla
pressione esterna, dall’altro a quello di un fluido che
presenta un determinato andamento delle pressioni
idrostatiche …
G Π 0 G Π1 Π 2 0
Π su pa re te Π 2 G Π1
Dinamica dei fluidi: equazioni della quantità di moto
Abbiamo già visto come i fluidi esercitino, al loro interno, forze superficiali con
componente normale, legate alla pressione:
Fnormale p A
Tuttavia, essi possono altresì trasmettere forze superficiali aventi una
componente tangenziale, legate ad una componente τ, denominata "sforzo di
taglio", che ha le medesime unità di misura di una pressione (N/m2):
Ftan genziale A
L’entità degli sforzi di taglio che si ingenerano sia tra un fluido ed una parete, sia tra filetti adiacenti di
un fluido, dipendono sia dalle caratteristiche del fluido che dal suo moto.
Per la maggior parte dei fluidi (tra cui aria, acqua, olii, ecc.), che sono detti newtoniani, lo sforzo
tangenziale è approssimativamente proporzionale al gradiente di velocità:
du
dy
Il coefficiente di proporzionalità μ è detto viscosità (o, talvolta,
viscosità dinamica, per differenziarlo dalla viscosità cinematica).
Le unità di misura della viscosità sono:
1 1
du N m / s
2
N s
2
dy m m m
La viscosità dipende dalla temperatura, ed in particolare:
Diminuisce (al crescere di T) nei liquidi
Aumenta (al crescere di T) nei gas
Equazione della quantità di moto
La legge di Newton per una particella di
massa m del fluido si scrive:
F ma
dw
dove, ovviamente: a per cui:
dt
dw d mw La risultante delle forze agenti sulle
F m particelle di un fluido è quindi pari
dt dt alla variazione della loro quantità di
moto nell’unità di tempo.
Identificato per un determinato flusso un volume di controllo come quello rappresentato in figura, con
un solo ingresso ed una sola uscita, e supponendo il flusso monodimensionale (ossia con proprietà
intensive uniformi lungo ciascuna sezione di ingresso e di uscita), scriviamo un bilancio della quantità di
moto:
trasferime nto della quantità
variazione nell' unità forza risultante
di moto nell' unità di tempo
di tempo della quantità agente sul volume
di moto all' interno del VC all' interno del VC unitamente
di controllo al trasporto di massa
ossia, per un sistema stazionario:
Si tratta di un’equazione vettoriale, che
F m 2 w 2 m1 w1 m w 2 w1 deve essere proiettata lungo i tre generici
assi x, y e z per derivare tre relazioni scalari
Possibili applicazioni dell’eq. della quantità di moto
Il testo riporta una serie di interessanti esemplificazioni, in
merito alla possibile utilità dell’Eq. appena ottenuta.
Essa può, ad esempio, servire a calcolare la forza che deve
trasmettere l’ancoraggio di un deflessore di flusso, come
quello mostrato in figura.
Imposto:
FAx m u 2 u1 m w cos w
FAy m v2 v1 m wsen 0
Si ricava:
FAx 45 1 cos N esercita una forza diretta verso
Come era ovvio, l’ancoraggio
Deriviamola adesso per altra via, ossia come applicazione dell’Eq. di Newton ad
una particella di fluido, di massa m, che si muove lungo una linea di flusso.
Le linee di flusso sono linee tangenti, in un dato istante e punto per punto, al
vettore velocità del fluido.
Per un fluido in moto stazionario, la linea di flusso coincide con il percorso
lungo il quale si muove la particella di fluido, nell’andare ad esempio da (1) a
(2), ossia con la sua traiettoria.
Si consideri il moto stazionario di un fluido non viscoso e di densità costante (ossia incomprimibile).
Per la stazionarietà del moto, siamo certi che il fluido seguirà, come traiettoria, una linea di flusso ed il
suo moto potrà essere descritto attraverso la distanza s=s(t) percorsa, lungo la linea di flusso, a
partire da una determinata origine.
Vale ovviamente:
ds
w
dt
e l’accelerazione:
dw
a
dt
L’accelerazione, che è la derivata della velocità della particella rispetto al tempo, ha una
componente nella direzione della linea di flusso che può essere calcolata come derivata
sostanziale (o materiale), ossia:
Dw dw dw dw
as w w
Dt dt ds ds
Componente legata alla variazione nel tempo Componente legata alla variazione della velocità, in
del campo di moto, che è assente nel nostro un dato istante, tra punti consecutivi della linea di
caso per via della stazionarietà flusso percorsa dalla particella materiale
Fs m as m w
dw dw
ds A w
ds ds
La forza peso vale W ds A e quindi la sua componente lungo la direzione s può
essere espressa come:
Ws W sen ds A sen
Infine, la forza netta di pressione sulla particella nella direzione della linea di flusso vale:
dp
F fp pdA p dp dA dp dA ds dA
ds
La legge di Newton viene così ad essere riscritta come segue:
dp
Fs Ws Ffp sen
dw
ds dA m as ds A w
ds ds
e quindi: dp dw
sen w
ds ds
Essendo sen
dz
e w
dw 1 d w 2
, l’Eq. di sopra si riscrive come:
ds ds 2 ds
dz dp 1
d w2 1
dp ρd w 2 γdz 0 Lungo una
ds ds 2 ds 2 linea di flusso!
Assumendo la densità costante, l’integrazione porta alla ben nota espressione:
1 2
p ρw γ z cos tante
2
Tutti i termini di tale espressione rappresentano, dimensionalmente, delle pressioni:
p rappresenta la pressione statica, così denominata in quanto è la pressione
termodinamica effettiva del fluido che scorre, misurabile attraverso un dispositivo che si sposta
solidalmente al fluido nel suo moto.
1 2
w rappresenta la pressione dinamica, ossia quella rilevabile come guadagno di
2
pressione allorquando il fluido, originariamente in moto con velocità w, arresta il suo
moto convertendo interamente l’energia cinetica posseduta in energia di pressione.
La legge di Bernoulli dice quindi che in un fluido incomprimibile ed in flusso stazionario, privo di
fenomeni dissipativi al suo interno (trasf. reversibile, assenza di effetti viscosi!), lungo una
linea di flusso la somma delle componenti statica, idrostatica e dinamica di pressione si
conserva, pur essendo possibili conversioni dall’una all’altra forma.
La conservazione della somma di tali termini è alla base del principio di funzionamento di una serie di
dispositivi, e consente la risoluzione approssimata (ossia, con restrizione di idealità del processo) di un
gran numero di semplici problemi.
Tubo di Pitot
Introducendo in una corrente che fluisce indisturbata un
piccolo tubo con orifizio rivolto a monte, punto (2), si
osserva che all’estremità superiore della cannula il fluido
si dispone con pelo libero ad una quota superiore a
quella osservata su una diversa cannula, che pesca fluido
nel punto (3).
Allora se sono noti p1 e p2, o meglio se è nota la loro differenza p2-p1, è possibile utilizzare un simile
dispositivo per il calcolo della velocità w1.
Se la differenza di altezza tra (1) e (3) è trascurabile, si può approssimare p1 a p3, e quindi la differenza
p2-p1 a quella p2-p3 (la quale è nota, essendo ovvimente correlata al dislivello (H-h) in figura!
Chiamiamo il punto di attacco (3) della cannula che rileva la pressione statica "presa statica", mentre il
punto (2) di attacco della valvola nel punto di ristagno "presa dinamica".
Il fenomeno del ristagno si verifica ogni qualvolta un fluido incontra un ostacolo nel suo percorso …
ebbene, in questi casi si crea sempre una conseguente forza dovuta a tale sovrapressione.
1 1
p1 w12 z1 p2 w22 z2
2 2
Assumendo che:
Sia il pelo libero del recipiente, sia la sezione di efflusso siano aperti comunicanti con
l’atmosfera e quindi sia p1=p2=patmosferica
Il serbatoio sia abbastanza grande perché si possa assumere w1≈0
Si assuma un riferimento per l’asse delle z tale che risulti z2=0 e z1=h
Tutta la trattazione vista è stata (formulazione dell’Eq. di Bernoulli per tubo di flusso e relative
applicazioni) è stata molto utile per introdurre una serie di concetti quali le linee di flusso, le traiettorie,
le condizioni di ristagno, ecc.
Torniamo però ora a dare un taglio di applicazione pratica al problema perché, come ingegneri
meccanici, vi troverete in genere a trattare semplici condotti in cui un fluido scorre in maniera talvolta
approssimabile a reversibile, talaltra volta no.
Ripartiamo dall’Eq. del 1° Principio che, a valle delle Eqq. del Tds, avevamo scritto:
2
w12 w22
v p2 p1 g z1 z 2
L int .rev L int .rev
lint .rev vdp ecin e pot
lint .rev
2
m 1 m
Questa equazione, che nell’ipotesi di lint.rev. Porta all’Eq. di Bernoulli, nel caso più generale in cui il
sistema con 1 ingresso ed 1 uscita possa scambiare lavoro tecnico tramite organi come pompe o turbine
si denomina EQUAZIONE DI BILANCIO DELL’ENERGIA MECCANICA, che riscriviamo:
w12 w22 L int .rev Per un sistema ad 1 ingresso ed 1 uscita in
p1v gz1 p2 v gz 2 assenza di attrito o altre irreversibilità interne,
2 2
m l’energia meccanica totale che entra nel VC
Coerentemente con la
eguaglia quella totale che esce dallo stesso!
convenzione sui segni, è
positiva se uscente dal VC
È intuitivo come l’eventuale presenza di irreversibilità comporti una penalizzazione in termini di energia
meccanica …
… abbiamo infatti visto che, sebbene il 1° Principio indichi che l’energia si conserva, il 2° suggerisce
un’asimmetria tra calore e lavoro, con Q convertibile in L solo parzialmente ed attraverso sistemi
sofisticati (le MT) mentre L indefinitamente convertibile in Q attraverso, ad esempio, fenomeni
dissipativi come gli attriti …
… quindi, eventuali fenomeni dissipativi in seno al VC influirebbero convertendo energia meccanica in
energia interna (ossia in calore interno d’attrito) … e siccome l’Eq. di bilancio dell’energia meccanica non
include termini legati ad altre forme di energia, per un sistema irreversibile essa diventa diseguaglianza:
Come visto in passato, una simile diseguaglianza può essere riformulata come eguaglianza tramite
l’inclusione di un termine di "sbilancio": Il termine R per noi rappresenta le perdite,
nel caso di processo reale con fenomeni
dissipativi. Il pedice "en. specifica" vuole
solo ricordarci in quale particolare unità di
w12 w22 L irrev .
p1v gz1 p2 v gz 2
Ren .specifica misura sono qui espresse le perdite, poiché
2 2 come vedremo l’Eq. dell’en. meccanica
m (ossia Bernoulli comprensiva del lavoro di
pompe o turbine) può essere espressa in 3
diverse forme, e dovremo abituarci a
gestirle correttamente tutte!
Abbiamo finora visto l’Eq. dell’en. Meccanica e di Bernoulli in diverse forme:
1
J kg J In termini di energia specifica, con
m
m (...)
J
s 2
kg s s kg tutte le grandezze espresse in J/kg.
Questa forma ci dice come l’energia
w12 w22 L meccanica del fluido si possa
1. p1v gz1 p2 v gz 2
Ren .specifica convertire da una forma all’altra
2 2 (compresa quella dello scambio di
m
lavoro massico con l’esterno) e come,
N m3 J m 2 kg m 2 kg m m N m J parzialmente, possa essere dissipata
2
m kg kg s2 kg s 2 s2 kg kg kg in forme non meccaniche.
e l’Eq. dell’energia meccanica, per un tratto che possa comprendere sia turbine che pompe:
p1 w12 p2 w22
z1 h pompa hturbina Raltezza z2
2g 2g
Tipici problemi: Massima potenza ottenibile
dalla turbina
Si calcolino le Noti:
perdite di Flusso stazionario e fluido
carico da 1 a 2 incomprimibile
w1=0 (serbatoio ampio)
p atmosferica sia in 1 che in 2
Noti:
quote geodetiche z1=0 e z2=2m
Q (ossia V) A2 w2
1 m 2 6 m s 4.72 m 3 s
d=costante, fluido incomprimibile, moto stazionario 4
Sezione costante, per cui w1=w2 (no variazioni di w2/2g) p1 w12 p w2
z1 h pompa 2 2 z 2 Raltezza hturbina
Assenza di pompe o turbine 2g 2g
Altezze piezometriche rilevate tramite due derivazioni
Raltezza 0 z1 z2 w2 100 6 m s 2 98.2 m
2 2
p1 p
z1 Raltezza 2 z2
max
hturbina
γ γ 2g 2 9 ,81 m s
p p
Raltezza 1 z1 2 z2 3 0 0.5 2 0.5 m max N m3
γ γ L turbina Q hturbina
max
9.81 103 3 4.72 98.2 m 4547 kW
m s
Una tipica applicazione dell’eq. dell’energia meccanica è Sezione 0: pelo libero
quella dell’identificazione di condizioni sicure di esercizio, del serbatoio
Sezione 1: flangia di
rispetto al rischio di cavitazione, di una pompa aspirante (il
attacco alla pompa P Δpinterno
problema non sussiste per pompe prementi o sottobattenti). 1
Eq. dell’energia meccanica tra 0 ed 1: haspir=z1-z0
p0 w02 p1 w12 0
gz0 gz1 Ren .specifica ,01
2 2
p1 patm w12
g haspir Ren .specifica ,01
2
Perché non vi sia cavitazione non basta che p1 > pv di saturazione alla temperatura del fluido. Infatti:
All’interno della pompa, a valle della flangia d’attacco, si hanno piccole perdite di carico Δp
Se vi sono gas disciolti nell’acqua e quindi bolle di vapore ed altro/i gas, la condizione di saturazione
non dipende dalla ptotale=pv+pgas ma dalla sola pressione parziale pv.
p1 p pv p gas NPSH disponibile o dell’impianto, non
Occorre quindi che:
conosciuto dal produttore della pompa
patm pv p g w12 p
Pertanto: g haspir Ren .specifica ,01 NPSH imp NPSH pompa
2
NPSH richiesto o della pompa
Note le condiz. operative (Tfluido→pv, possibile pg) e l’NPSHpompa (alla specifica vrotazione) l’altezza massima
Esempio:
Si determini la relazione che consente di esprimere, per il flusso stazionario di un fluido viscoso
incomprimibile attraverso un lungo tubo circolare orizzontale con pareti lisce, le cadute di pressione
(ovviamente connesse all’attrito) per unità di lunghezza del tubo.
pl f D , , , w
Il problema è complesso perché non è facile trovare la forma della funzione f. Si
potrebbero condurre sperimentazioni ripetitive, con 3 parametri costanti ed 1
variabile, ma riuscire a derivare la funzione f sarebbe ugualmente complesso.
La soluzione al problema consiste nel fatto che un fenomeno fisico è spesso descrivibile tramite un numero
di variabili adimensionali (opportune combinazioni delle variabili dimensionali in gioco), chiamate Variabili
Pi Greco o Пi, inferiore al numero di variabili dimensionali.
Vi è ovviamente uno studio piuttosto accurato da fare per identificare la forma di questi gruppi
adimensionali ma, a valle di questo sforzo, risulta poi ridotto il numero di grandezze da mettere in relazione
tramite le rilevanze sperimentali.
pl F L3 Ma come definire, per il nostro caso studio, una serie
D L
sufficiente di parametri pi greco?
F L t pl f D , , , w
4 2
F L 2
t
Formalizziamo una procedura sistematica che ci porti ad
w L t 1 ottenerli …
1. Elencare tutte le variabili che sono presenti nel problema. Questo è un passo difficile e ci si può
avvalere, come detto, di osservazioni sperimentali preliminari. Nel nostro caso:
Variabili pl , D , , , w
2. Esprimere ciascuna delle variabili in termini di dimensioni fondamentali. Nel nostro caso:
4. Selezionare le variabili da ripetere (ossia quelle che dovranno comparire in tutti i parametri
adimensionali identificati), il cui numero è pari al numero delle dimensioni fondamentali di cui al passo
2. Dall’elenco delle k variabili, si scarta preliminarmente quella dipendente (ossia quella che si vuole
calcolare), perché questa deve stare in 1 solo parametro adimensionale (e quindi non va ripetuta). Tra le
restanti, si opta per la ripetizione di quelle più semplici dimensionalmente. Nel nostro caso:
1 pl D a wb c
dove a, b e c sono scelti imponendo:
F L L L t F L
3 a 1 b 4
t2
c
F 0 L0 t 0
da cui:
1 c 0 (esponenti di F)
3 a b 4c 0 (esponenti di L) a 1, b -2, c -1
b 2c 0 (esponenti di t)
pl D
Il primo numero adimensionale che risulta è: 1
w2
6. Ripetere il passo 5 per ogni rimanente variabile non ripetuta. Finite le variabili non ripetute, il numero
di termini pi greco ottenuti risulterà pari a quello richiesto, determinato nel passo 3. Nel nostro caso:
2 D a wb c
dove a, b e c sono scelti imponendo:
F L t L L t F L
2 a 1 b 4
t2
c
F 0 L0 t 0
da cui:
1 c 0 (esponenti di F)
2 a b 4c 0 (esponenti di L) a 1, b -1, c -1
1 b 2c 0 (esponenti di t)
Il secondo numero adimensionale che risulta è: 2
Dw
7. Esprimere la forma finale come una relazione tra i termini pi greco (da derivare sperimentalmente, in
quanto l’analisi dimensionale non può fornirne la formulazione analitica!!), e cercare di fornirne a
posteriori un’interpretazione fisica:
pl D ~
1 2
~
w Dw
2
Se si desidera, i termini pi greco possono essere riorganizzati. Nella pratica, ad esempio, invece
dell’espressione П2 ottenuta si utilizza quella reciproca:
Dw
2
Infatti, se П1 è funzione di μ/Dρw, sarà senza dubbio anche esprimibile come funzione (diversa) di Dρw/μ:
Il Dρw/μ è un numero adimensionale estremamente importante nella meccanica dei fluidi e nella
termofluidodinamica, ed è denominato Numero di Reynolds.
Lw forze d' inerzia
Tale numero ha anche un significato fisico ben intuitivo: Re
forze viscose
Ciò è molto agevole da vedere dal punto di vista dimensionale:
1 2
il problema viene risolto facilmente facendo variare П2 (agendo su uno
o più dei parametri fisici inclusi nella sua espressione) e misurando il
corrispondente valore П1.
In aggiunta alla presentazione grafica, è auspicabile ricavare un’equazione empirica che leghi П1 e П2,
utilizzando metodi di interpolazione. Simili relazioni prevedono, oltre ad una formulazione analitica,
anche un campo di validità entro le quali possono essere utilizzate.
1 2 , 3
xcs
0.05 Re (Regime laminare)
D
x
10 cs 60 (Regime turbolento)
D
Flusso laminare completamente sviluppato
L’ipotesi di flusso laminare entro un tubo,
garantendo che i filetti fluidi scorrano
parallelamente gli uni agli altri, consente di derivare
analiticamente una serie di relazioni analitiche di
grande interesse.
Dalla dimostrazione, derivata da un bilancio di forze e
presentata sul libro, si deduce un profilo triangolare
dello sforzo di taglio, crescente linearmente dal
centro verso la parete del tubo.
∆𝑝 2𝜏 ∆𝑝 𝑑𝑢
= →𝜏= ∙ 𝑟 ma è anche: 𝜏 = −𝜇 𝑑𝑟
𝑙 𝑟 2𝑙
𝑑𝑢 ∆𝑝 ∆𝑝 ∆𝑝 2
=− 𝑟 → 𝑑𝑢 = − 𝑟𝑑𝑟 → 𝑢 𝑟 = 𝑟 + 𝐶1
𝑑𝑟 2𝜇𝑙 2𝜇𝑙 4𝜇𝑙
Dall’approccio analitico sviluppato, si deducono una serie di informazioni di grande interesse.
2. Calcolando la portata volumetrica come integrale dei volumetti generati attraverso le diverse corone
circolari a velocità u=u(r), si trova:
r R R 2 wc
2
r R r R r
Q r 0
u( r ) dA
r 0
u( r ) 2r dr 2 wc r 0
1-
R
rdr ...
2
e quindi:
Legge di Poiseuille Si osservi che, per dato fluido e condizioni
D 4 p
Q o anche di Hagen-Poiseuille, (μ) e per dato tubo (D), essa implica una
128 l valida solo nel regime laminare del linearità diretta tra portata volumetrica e
moto descritto perdite di carico specifiche!!!
Flusso turbolento completamente sviluppato
Come già visto, il flusso turbolento vede in ciascun punto una velocità che varia con
continuità, e che può essere vista come somma di una componente di trasporto
(che possiamo considerare una velocità media locale, pur se variabile lungo la
sezione) ed una componente aleatoria in tutte le direzioni.
Le perdite distribuite (che in qualche modo abbiamo già visto per il caso laminare), sono associate agli
effetti dell’attrito viscoso del fluido e sono esprimibili (tramite una relazione ampliata rispetto a quanto
visto, in modo semplificato, nell’introduzione dei numeri adimensionali) come:
È come se fosse il Δp, ma misurato in m.
Ricordiamoci allora che per passare da Raltezza ad
Rpressione=Δp occorre scrivere Rpressione=γ Raltezza!
Questa altro non è che la perdita di pressione, per via
Raltezza ,distrib . F w, D ,l , , , dell’attrito, misurata in metri (e quindi come nell’Eq.
dell’energia meccanica formulata come bilancio di
Lunghezza caratteristica della scabrezza (o rugosità) del tubo, che altezze), per cui scriviamo la perdita di carico tramite
non compariva nell’espressione vista poco fa delle perdite di carico il simbolo utilizzato allora, cioè Raltezza.
in regime laminare, e che invece deve essere inserita nel caso di
moto turbolento perché in questo caso influenza le perdite di carico
Stiamo parlando due lingue diverse? Assolutamente no … sono solo due scritture diverse … infatti:
l w2 p w2 p D 1
p R pressione Raltezza p f pl g f l2 f
D 2g l 2gD w 2
Ebbene, se f dipende da Reynolds (come accade!!) abbiamo perfettamente ottenuto l’Eq. di sopra …
l’unica piccoal differenza sta nel fatto che, cosa che non avevamo precisato in sede di analisi
dimensionale, nel caso del moto turbolento compare una dipendenza anche da un nuovo parametro
che è la scabrezza ε.
2. Abbiamo detto che la relazione di Darcy vale anche per il caso laminare … ma essa pare affermare
che le perdite di carico dipendono dal quadrato della velocità, mentre con Poiseuille avevamo visto
che le perdite di carico erano lineari con la velocità media!!! Coem si conciliano le due cose?
1 2 ,51
2 ,0 log Formula di
f 3.7 D Re f Colebrook
la quale presenta il notevole inconveniente di non essere esplicitabile nella forma f=f (Re, ε/D).
1
f 0.316 Re 4
Esempi di calcolo: tubi con D=2 cm che trasportano acqua a 27°C (300 K), con μ=0,857×10-3, ρ=1000 kg/m3
Diagramma di Moody
Dalla invarianza di f con Re si deduce
che, per dato tubo (i.e. ε/D), in regime
pienamente turbolento le perdite di
carico dipendono dal quadrato della
velocità (a fronte di una dipendenza
lineare nel regime di moto laminare!)
C
A
B
Perdite di carico concentrate
Sono quelle perdite legate alla presenza di componenti speciali, e le perdite (in m di colonna di fluido,
convertibili in Δp tramite l’uso del peso specifico γ) vengono calcolate come:
w2 w12 w22
Raltezza ,conc KC o Raltezza ,conc
2g 2g
dove KC dipende dalla tipologia di elemento, ed in particolare dall’entità della discontinuità geometrica
che esso induce sulle traiettorie dei filetti di fluido. I valori sono tabellati.
Flussi esterni: strato limite su una lastra piana
Uno dei più semplici esempi di moto esterno è il flusso stazionario incomprimibile di un fluido che
lambisce una piastra piana parallela al moto. Il fluido indisturbato ha una velocità U, uniforme.
La condizione di scorrimento nullo che si instaura sin da subito fa sì che esista una regione, detta strato
limite, in cui il fluido passa da velocità nulla (in corrispondenza della superficie) a velocità U.
Lo spessore dello strato limite, δ(x), è convenzionalmente fissato in modo che si assuma già compiuta,
dalla piastra al punto in esame, una data percentuale (in genere fissata pari al 99%) dell’intera variazione
di velocità tra piastra e corrente fluida indisturbata:
u(δx ) 0,99 U
Spessore e lunghezza dello strato limite
La linea che delimita lo strato limite ha un andamento
diverso nella regione laminare ed in quella turbolenta. In
particolare, l’incremento dello spessore è più repentino nella
regione di moto turbolento, per ovvie ragioni connesse alla
propagazione trasversale del disturbo di velocità.
Nella regione di flusso laminare, è possibile calcolare come lo strato limite aumenti con la distanza dal
bordo d’attacco della piastra:
Si osserva come lo spessore dello
x
1
x 5 5 x2
strato limite cresca con la radice
w w della distanza dal bordo d’attacco, e
come diminuisca al crescere della
Viscosità cinematica o diffusività cinematica ν, velocità della corrente indisturbata.
dimensionalmente [L]2[T]-1 (come tutte le diffusività),
misura della resistenza di un fluido a scorrere sotto l’effetto
di un campo di forze di massa (come quello gravitazionale).
Forze tra superficie e fluido
La forza esercitata da un fluido in moto su una superficie,
nella direzione della corrente, è detta forza di resistenza o
trascinamento, D.
Lo studio analitico della forza di resistenza è semplificato
dall’uso di un coefficiente adimensionale di resistenza, CD,
definito dalla relazione: