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F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica.

Appendice A – pagina A-1 colour black Dicembre 22, 2004

A-1

Appendice A

Coordinate curvilinee
ortogonali
Introduzione In questo appendice ricaveremo l’espressione del gradiente di un
campo scalare, della divergenza e del rotore di un campo vettoriale, in sistemi di
coordinate più generali delle coordinate cartesiane. In particolare esprimeremo
queste quantità nelle coordinate cilindriche e in quelle sferiche. La nostra presen-
tazione si basa sulla trattazione del paragrafo 7.7 del testo di Robert Adams, Calcolo
differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.

A.1 Sistemi di coordinate ortogonali

Il sistema di coordinate cartesiane (x, y, z) di 3 sarà chiamato anche spazio x yz. Si


può definire un differente sistema di coordinate [u, v, w] dello spazio x yz mediante
una trasformazione continua della forma

x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w).

Se la trasformazione è biunivoca da una regione D dello spazio uvw in una regione


R dello spazio x yz, allora un punto P di R può essere rappresentato da una terna
[u, v, w], per mezzo delle coordinate (cartesiane) dell’unico punto Q dello spazio
uvw che la trasformazione porta in P. In questo caso si dice che la trasformazione
definisce un sistema di coordinate curvilinee in R e che [u, v, w] sono le coordi-
nate curvilinee di P rispetto a quel sistema. Si noti che [u, v, w] sono coordinate
cartesiane nel loro proprio spazio, lo spazio uvw: esse sono coordinate curvilinee
nello spazio x yz.
È consuetudine attenuare la condizione del carattere biunivoco per la trasfor-
mazione che definisce il sistema di coordinate curvilinee, cioè la condizione che
ogni punto P di R debba avere delle coordinate curvilinee definite in modo univoco.
È infatti ragionevole richiedere che la trasformazione sia biunivoca solo localmente.
Quindi vi può essere più di un punto Q che la trasformazione manda in un punto P,
ma il punto Q deve essere unico in qualunque sottoregione di D sufficientemente
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A-2 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

piccola. Ad esempio nel sistema di coordinate polari [r, θ] del piano

x = r cos θ, y = r sin θ,

la trasformazione è localmente biunivoca da quella metà D del piano r θ definita da


0 < r < ∞ nella regione R consistente di tutti i punti del piano x y tranne l’origine.
Anche se, ad esempio, [1, 0] e [1, 2π] sono le coordinate polari dello stesso punto
del piano x y, tali coordinate non sono vicine in D. Si osservi tuttavia che esiste
ancora una difficoltà nell’origine: questo punto può essere infatti rappresentato da
[0, θ] per qualunque valore di θ. Poiché in r = 0 la trasformazione non è biunivoca
nemmeno localmente, l’origine del piano x y costituisce un punto singolare del
sistema di coordinate polari del piano.

3
Esempio 1 Il sistema di coordinate cilindriche [R, θ, z] di è definito dalla
trasformazione

x = R cos θ, y = R sin θ, z = z,

dove R ≥ 0. (Vedere paragrafo 4.6.) Questa trasformazione manda il semispazio


D dato da R > 0 in tutto lo spazio x yz, escludendo l’asse z, ed è localmente
biunivoca. Si è soliti considerare che la terna [R, θ, z] rappresenti le coordinate
cilindriche polari di tutto lo spazio x yz, ma i punti dell’asse z sono punti singolari
del sistema, dal momento che [0, θ, z] rappresenta lo stesso punto per qualunque
valore di θ.

Esempio 2 Il sistema di coordinate sferiche [r, θ, φ] è definito dalla trasfor-


mazione

x = r sin θ cos φ, y = r sin θ sin φ, z = r cos θ,

dove r ≥ 0 e 0 ≤ θ ≤ π. (Vedere paragrafo 4.6.) La trasformazione manda la


regione D dello spazio r θφ data da r > 0, 0 < θ < π, nello spazio x yz, in modo
localmente biunivoco escludendo l’asse z. Il punto di coordinate cartesiane (0, 0, z)
può essere rappresentato dalle coordinate sferiche [0, θ, φ] per valori arbitrari di θ
e φ se z = 0, da [z, 0, φ] per qualunque valore di φ se z > 0, e da [|z|, π, φ] per
qualunque valore di φ se z < 0. Quindi, per il sistema di coordinate sferiche tutti i
punti dell’asse z sono singolari.
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PARAGRAFO A.2: Superfici coordinate e linee coordinate A-3

A.2 Superfici coordinate e linee coordinate

Sia [u, v, w] un sistema di coordinate curvilinee dello spazio x yz e sia P0 un punto


non singolare del sistema. Quindi la trasformazione

x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w)

è localmente biunivoca vicino a P0. Siano [u 0, v0 , w0 ] le coordinate curvilinee di P0.


La trasformazione manda il piano di equazione u = u 0 dello spazio uvw in una su-
perficie dello spazio x yz passante per P0 . Questa superficie è chiamata u-superficie
e viene ancora indicata dall’equazione u = u 0 ; le sue equazioni parametriche sono

x = x(u 0 , v, w), y = y(u 0 , v, w), z = z(u 0 , v, w)

essendo v e w i parametri. In modo analogo la v-superficie v = v 0 e la w-superficie


w = w0 passano per P0 ; esse sono le immagini dei piani v = v0 e w = w0 nello
spazio uvw.

Coordinate curvilinee ortogonali


Si dice che [u, v, w] è un sistema di coordinate curvilinee ortogonali
dello spazio x yz se, per ogni punto non singolare P0 dello spazio x yz, le
tre superfici coordinate, u = u 0 , v = v0 e w = w0 , si intersecano in P0
formando angoli retti.

Si suppone tacitamente che le superfici coordinate siano lisce in tutti i punti non
singolari, per cui potremo realisticamente supporre che i loro vettori normali siano
mutuamente perpendicolari. La figura A.1 mostra le superfici coordinate passanti
per P0 in un caso tipico di sistema di coordinate curvilinee.
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A-4 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

u = u0

w = w0


ŵ P0 =(u 0 ,v0 ,w0 )
v = v0

Figura A.1 x

Superfici coordinate u, v e w

Le coppie di superfici coordinate passanti per un punto si intersecano lungo una


curva coordinata passante per quel punto. Ad esempio le superfici coordinate
v = v0 e w = w0 si intersecano lungo la u-curva che ha equazioni parametriche
x = x(u, v0 , w0 ), y = y(u, v0 , w0 ) e z = z(u, v0 , w0 ),
essendo u il parametro. Un vettore unitario û tangente alla u-curva passante per
P0 è normale alla superficie coordinata u = u 0 in quel punto. Enunciati analoghi
valgono per i vettori unitari v̂ e ŵ. In un sistema di coordinate curvilinee ortogonali
i tre vettori û, v̂ e ŵ formano una base di vettori unitari mutuamente perpendicolari
in ogni punto P non singolare. (Vedere figura A.1.) Questa base è chiamata base
locale in P.

Esempio 1 Per il sistema di coordinate cilindriche (figura A.2) le superfici


coordinate sono:
− i cilindri circolari con asse lungo l’asse z (R-superfici),
− i semipiani verticali uscenti dall’asse z (θ-superfici),
− i piani orizzontali (z-superfici).
Le curve coordinate sono:
− le semirette orizzontali uscenti dall’asse z (R-curve),
− le circonferenze orizzontali con centro sull’asse z (θ-curve),
− le linee rette verticali (z-curve).
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PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-5

z z
cilindro R = costante θ = costante
cono
P = [r, φ, θ]
P = [R, θ, z]
r = costante
sfera

piano orizzontale
z = costante y

φ = costante
semipiano verticale y x semipiano verticale
x θ = costante

Figura A.2 Figura A.3


Superfici coordinate delle coordinate cilindriche Superfici coordinate delle coordinate sferiche

Esempio 2 Per il sistema di coordinate sferiche (vedi figura A.3) le superfici


coordinate sono:
− le sfere con centro nell’origine (r -superfici),
− i coni circolari verticali con vertice nell’origine (θ-superfici),
− i semipiani verticali uscenti dall’asse z (φ-superfici).
Le curve coordinate sono:
− le semirette uscenti dall’origine (r -curve),
− le semicirconferenze verticali con centro nell’origine (θ-curve),
− le circonferenze orizzontali con centro sull’asse z (φ-curve).

A.3 Fattori di scala ed elementi differenziali


Nel resto di questo paragrafo supponiamo che [u, v, w] siano le coordinate curvili-
nee ortogonali dello spazio x yz definite mediante la trasformazione
x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w).
Supponiamo inoltre che le superfici coordinate siano lisce in ogni punto non sin-
golare e che i vettori û, v̂ e ŵ della base locale in ogni punto non singolare
costituiscano una terna destrorsa, il che si verifica sia per le coordinate cilindriche
sia per quelle sferiche. Nel caso delle coordinate sferiche, questa è la ragione della
scelta dell’ordine delle coordinate [r, θ, φ] invece che [r, φ, θ].
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A-6 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Il vettore posizione di un punto P dello spazio x yz pu ò essere espresso in


termini delle coordinate curvilinee:

r = x(u, v, w) x̂ + y(u, v, w) ŷ + z(u, v, w) ẑ.

Se si tengono fisse le variabili v = v0 e w = w0 e si lascia variare u, allora


r = r(u, v0 , w0 ) definisce una u-curva nello spazio x yz. In ogni punto P di questa
curva il vettore

∂r ∂x ∂y ∂z
= x̂ + ŷ + ẑ
∂u ∂u ∂u ∂u

è tangente alla u-curva in P. In generale i tre vettori

∂r ∂r ∂r
, e
∂u ∂v ∂w

sono tangenti, rispettivamente, alla u-curva, alla v-curva e alla w-curva, passanti
per P. Tali vettori sono inoltre normali, rispettivamente, alla u-superficie, alla
v-superficie e alla w-superficie, passanti per P, per cui essi sono mutuamente
perpendicolari. (Vedi figura A.1.) Le lunghezze di questi vettori tangenti sono
chiamate fattori di scala del sistema di coordinate.

I fattori di scala del sistema di coordinate curvilinee ortogonali [u, v, w]


sono le tre funzioni

∂r ∂r ∂r
h u = , h v = , h w = .
∂u ∂v ∂w

I fattori di scala sono diversi da zero in ogni punto non singolare P del sistema
di coordinate, per cui la base locale in P può essere ottenuta dividendo i vettori
tangenti alle curve coordinate per le loro rispettive lunghezze. Come si è visto in
precedenza, i vettori della base locale sono indicati con û, v̂ e ŵ. Quindi

∂r ∂r ∂r
= h u û, = h v v̂ e = h w ŵ.
∂u ∂v ∂w

I vettori unitari û, v̂ e ŵ della base formeranno una terna destrorsa a condizione che
sia stato scelto un ordine conveniente delle coordinate u, v e w.
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PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-7

Esempio 1 In coordinate cilindriche abbiamo r = R cos θ x̂ + R sin θ ŷ + z ẑ,


per cui

∂r ∂r ∂r
= cos θ x̂ + sin θ ŷ, = −R sin θ x̂ + R cos θ ŷ e = ẑ.
∂R ∂θ ∂z

Quindi i fattori di scala del sistema di coordinate cilindriche sono dati da



∂r ∂r ∂r
hR = = 1, h θ = = R e h z = = 1,

∂R ∂θ ∂z

e la base locale consiste dei vettori

R̂(θ) = cos θ x̂ + sin θ ŷ, ˆ (θ) = − sin θ x̂ + cos θ ŷ, ẑ = ẑ.

Vedere la figura A.4. La base locale è destrorsa.

z z




ẑ = k r
ˆ
ˆ
P
y
r

x

y
x

Figura A.4 Base locale delle coordinate cilindriche Figura A.5 Base locale delle coordinate sferiche
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A-8 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Esempio 2 In coordinate sferiche abbiamo

r = r sin θ cos φ x̂ + r sin θ sin φ ŷ + r cos θ ẑ.

Quindi i vettori tangenti alle curve coordinate sono

∂r
= sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ,
∂r
∂r
= r cos θ cos φ x̂ + r cos θ sin φ ŷ − r sin θ ẑ,
∂θ
∂r
= −r sin θ sin φ x̂ + r sin θ cos φ ŷ,
∂φ

e i fattori di scala sono dati da



∂r ∂r ∂r

h r = = 1, h θ = = r
e h φ = = r sin θ.
∂r ∂θ ∂φ

La base locale consiste dei vettori

r̂(θ, φ) = sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ


ˆ (θ, φ) = cos θ cos φ x̂ + cos θ sin φ ŷ − sin θ ẑ


ˆ (φ) = − sin φ x̂ + cos φ ŷ.

Vedere la figura A.5. La base locale è destrorsa.

L’elemento di volume in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali è il volume


di una scatola coordinata infinitesima delimitata da coppie di u-superfici, di v-
superfici e di w-superfici corrispondenti, rispettivamente, ai valori u e u + du, v e
v + dv, e w e w + dw. Vedere la figura A.6. Poiché queste superfici coordinate
sono lisce per ipotesi e siccome esse si intersecano ad angolo retto, gli spigoli di
questa scatola rettangolare coordinata sono i vettori
∂r ∂r ∂r
du = h u du û, dv = h v dv v̂ e dw = h w dw ŵ.
∂u ∂v ∂w
Pertanto l’elemento di volume è dato da

dV = h u h v h w du dv dw.
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PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-9

(u, v, w + dw)

h w dw ŵ
dV

(u, v + dv, w)

h v dv v̂

(u, v, w)
Figura A.6 Elemento di volume
h u du û
delle coordinate curvilinee ortogonali (u + du, v, w)

Inoltre gli elementi di area delle u-superfici, delle v-superfici e delle w-superfici
sono le aree delle facce corrispondenti della scatola coordinata:

Elementi di area delle superfici coordinate


d Su = h v h w dv dw, d Sv = h u h w du dw, d Sw = h u h v du dv.

Le lunghezze degli elementi di arco lungo le u-curve, le v-curve e le w-curve


coordinate sono gli spigoli della scatola coordinata:

Elementi di lunghezza delle curve coordinate


dsu = h u du, dsv = h v dv, dsw = h w dw.

Esempio 3 Per le coordinate cilindriche, l’elemento di volume è dato da


dV = h R h θ h z dR dθ dz = R dR dθ dz.
La sua superficie comprende gli elementi di superficie della superficie cilindrica R
= costante, del semipiano θ = costante e del piano z = costante, e tali elementi sono
rispettivamente
d S R = R dθ dz, d Sθ = dR dz e d Sz = R dR dθ.
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A-10 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Esempio 4 In coordinate sferiche, l’elemento di volume è dato da

dV = h r h θ h φ dr dθ dφ = r 2 sin θ dr dθ dφ.

L’elemento di area sulla superficie sferica r = costante è

d Sr = h θ h φ dθ dφ = r 2 sin θ dθ dφ.

L’elemento di area della superficie conica θ = costante è

d Sθ = h r h φ dr dφ = r sin θ dr dφ.

L’elemento di area sul semipiano φ = costante è

d Sφ = h r h θ dr dθ = r dr dθ.

A.4 Gradiente in coordinate curvilinee ortogonali


Il gradiente f di un campo scalare f può essere espresso per mezzo della base
locale in ogni punto P di coordinate curvilinee [u, v, w] nella forma seguente
f = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ.
Per determinare i coefficienti Fu , Fv e Fw che compaiono in questa formula, con-
fronteremo due espressioni della derivata direzionale di f lungo una curva arbitraria
dello spazio x yz.
Se la curva è parametrizzata mediante la lunghezza d’arco s, r = r(s), allora


la derivata direzionale di f lungo è data da




df ∂ f du ∂ f dv ∂ f dw
= + + .
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
df
D’altra parte, questa derivata direzionale è anche data da = f T̂, dove T̂ è il


ds
vettore unitario tangente a . Abbiamo


dr ∂r du ∂r dv ∂r dw
T̂ = = + +
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
du dv dw
= hu û + h v v̂ + h w ŵ.
ds ds ds
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PARAGRAFO A.5: Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali A-11

Quindi

df du dv dw
= f T̂ = Fu h u
 + Fv h v + Fw h w .
ds ds ds ds

Confrontando queste due espressioni di d f /ds lungo , si vede che 

∂f ∂f ∂f
Fu h u = , Fv h v = , Fw h w = .
∂u ∂v ∂w

Pertanto abbiamo mostrato che


Gradiente in coordinate curvilinee ortogonali
1 ∂f 1 ∂f 1 ∂f
f = û + v̂ + ŵ.
h u ∂u h v ∂v h w ∂w

Esempio 1 In coordinate cilindriche, il gradiente del campo scalare f (R, θ, z) è

∂f 1 ∂f ˆ ∂f
f (R, θ, z) = R̂ + + ẑ.
∂R R ∂θ ∂z

Esempio 2 In coordinate sferiche, il gradiente del campo scalare f (r, θ, φ) è

∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂f ˆ
f (r, θ, φ) = r̂ + +


.
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ

A.5 Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali


Consideriamo ora un campo vettoriale F espresso per mezzo delle coordinate curvi-
linee:

F(u, v, w) = Fu (u, v, w) û + Fv (u, v, w) v̂ + Fw (u, v, w) ŵ.


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A-12 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Il flusso di F uscente dalla scatola coordinata infinitesima mostrata nella figura A.6
è la somma dei flussi di F uscenti dalle tre coppie di superfici opposte che delimitano
la scatola. Il flusso uscente dalle u-superfici corrispondenti a u e u + du è dato da

F(u + du,v, w) û d Su − F(u, v, w) û d Su


 

= Fu (u + du, v, w)h v (u + du, v, w)h w (u + du, v, w)



− Fu (u, v, w)h v (u, v, w)h w (u, v, w) dv dw
∂ 
= h v h w Fu du dv dw.
∂u

Espressioni simili valgono per i flussi uscenti dalle altre coppie di superfici coordi-
nate.
La divergenza in P di F è il flusso per unità di volume uscente dalla scatola
coordinata infinitesima in P. Quindi tale divergenza è data da

Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali



1 ∂ 
F(u, v, w) =
 h v h w Fu (u, v, w)
h u h v h w ∂u

∂  ∂ 
+ h u h w Fv (u, v, w) + h u h v Fw (u, v, w) .
∂v ∂w

Esempio 1 Per le coordinate cilindriche h R = h z = 1 e h θ = R. Quindi la


divergenza di F = FR R̂ + Fθ ˆ + Fz ẑ è
 
1 ∂  ∂ ∂ 
 F= R FR + Fθ + R Fz
R ∂R ∂θ ∂z
1 ∂  1 ∂ Fθ ∂ Fz
= R FR + +
R ∂R R ∂θ ∂z
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PARAGRAFO A.6: Rotore in coordinate curvilinee ortogonali A-13

Esempio 2 Per le coordinate sferiche h r = 1, h θ = r e h φ = r sin θ. La


divergenza del campo vettoriale F = Fr r̂ + Fθ ˆ + Fφ ˆ è


 
1 ∂ 2  ∂  ∂ 
F= r sin θ F r + r sin θ F θ + r Fφ
r 2 sin θ ∂r


∂θ ∂φ
1 ∂ 2  1 ∂  1 ∂ Fφ
= 2 r Fr + sin θ Fθ + .
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ

A.6 Rotore in coordinate curvilinee ortogonali


Per calcolare il rotore di un campo espresso per mezzo delle coordinate curvilinee
ortogonali possiamo ricorrere ad alcune identità vettoriali ottenute precedentemente.
Osserviamo dapprima che il gradiente del campo scalare f (u, v, w) = u è û/ h u ,
per cui û = h u u. Analogamente v̂ = h v v e ŵ = h w w. Pertanto il campo
vettoriale
F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ
può essere scritto nella forma:
F = Fu h u u + Fv h v v + Fw h w w.
Mediante l’identità ( f g) = f g (vedere l’esercizio <undefined> del
paragrafo 7.2) possiamo calcolare il rotore di ciascun termine dell’espressione
precedente. Abbiamo

Fu h u u = (Fu h u ) u
 
1 ∂ 1 ∂ 1 ∂ û
= (Fu h u ) û + (Fu h u ) v̂ + (Fu h u ) ŵ
h u ∂u h v ∂v h w ∂w hu
1 ∂ 1 ∂
= (Fu h u ) v̂ − (Fu h u ) ŵ
h u h w ∂w h u h v ∂v
 
1 ∂ ∂
= (Fu h u ) (h v v̂) − (Fu h u ) (h w ŵ) .
h u h v h w ∂w ∂v

Per ottenere questo risultato abbiamo usato le relazioni û û = 0, v̂ û = −ŵ e


ŵ û = v̂, che valgono in quanto il sistema di coordinate curvilinee è ortogonale e
destrorso.
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A-14 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Espressioni corrispondenti possono essere calcolate per gli altri due termini
della formula di F. Combinando i tre termini si ricava che il rotore di

F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ

è dato da
Rotore in coordinate curvilinee ortogonali

h u û h v v̂ h w ŵ

1 ∂ ∂ ∂
F(u, v, w) = .

h u h v h w ∂u ∂v ∂w

h u Fu h v Fv h w Fw

Esempio 1 In coordinate cilindriche, il rotore di F = F R R̂ + Fθ ˆ + Fz ẑ è



R̂ Rˆ ẑ

1 ∂ ∂ ∂

F=
R ∂R ∂θ ∂z
F R Fθ Fz
R

Calcolando il determinante otteniamo


   
1 ∂ Fz ∂ Fθ ∂ FR ∂ Fz ˆ
F= − R̂ + −
R ∂θ ∂z ∂z ∂R
 
∂ Fθ Fθ 1 ∂ FR
+ + − ẑ.
∂R R R ∂θ

Esempio 2 In coordinate sferiche, il rotore di F = Fr r̂ + Fθ ˆ + Fφ ˆ è




r̂ rˆ r sin θ ˆ




1 ∂ ∂ ∂
.
F= 2
r sin θ ∂r ∂θ ∂φ

Fr r Fθ r sin θ Fφ
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PARAGRAFO A.7: Laplaciano in coordinate cilindriche e sferiche A-15

Sviluppando il determinante si ottiene


 
1 ∂  ∂ Fθ
F= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ ∂φ
 
1 ∂ Fr ∂ 
+ − sin θ r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ ∂r
 
1 ∂  ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ 

r ∂r ∂θ
 
1 ∂  1 ∂ Fθ
= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
1 ∂ Fr 1 ∂ 
+ − r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ r ∂r
 
1 ∂  1 ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ. 

r ∂r r ∂θ

A.7 Laplaciano in coordinate cilindriche e sferiche


Per completezza vogliamo esprimere l’operatore laplaciano nei due sistemi di co-
ordinate cilindriche e sferiche che stiamo studiando. Considereremo l’espressione
del laplaciano sia di una funzione scalare f , sia di un campo vettoriale F.
Ricordiamo che il laplaciano di una funzione f è definito dalla relazione

2
f =  f.

Le espressioni appena ottenute del gradiente e della divergenza permettono quindi


di ottenere facilmente, in coordinate cilindriche,
 
1 ∂ ∂f 1 ∂2 f ∂2 f
2
f = R + +
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂z 2
∂2 f 1 ∂f 1 ∂2 f ∂2 f
= + + + ,
∂ R2 R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂z 2

e in coordinate sferiche
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A-16 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

   
1 ∂ ∂f 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f
2
f = r2 + 2 sin θ + 2 2
r 2 ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂φ 2
∂2 f 2 ∂f 1 ∂2 f cot θ ∂ f 1 ∂2 f
= + + + + .
∂r 2 r ∂r r 2 ∂θ 2 r 2 ∂θ r 2 sin2 θ ∂φ 2

A.8 Operatore laplaciano di un campo vettoriale


Veniamo infine alle espressioni in coordinate cilindriche e sferiche dell’operatore
laplaciano quando esso è applicato a un campo vettoriale F. Esse possono essere
ricavate facilmente dalle precedenti espressioni del gradiente, della divergenza e del
rotore utilizzando la seguente identità vettoriale: 2 F = − ( F) + ( F). 

In coordinate cilindriche il laplaciano del campo vettoriale F è


 
FR 2 ∂ Fθ
2
F= FR − 2 − 2
2

R R ∂θ
 
Fθ 2 ∂ FR ˆ
+ 2
Fθ − 2 + 2
R R ∂θ

+ 2 Fz ẑ.

Questo risultato mostra che, in coordinate cilindriche, l’equazione vettoriale di


Poisson 2 F = f dà luogo a un sistema di due equazioni scalari accoppiate per le
componenti FR e Fθ dell’incognita F, più un’equazione scalare di Poisson disac-
coppiata per la componente assiale Fz .
In coordinate sferiche il laplaciano del campo vettoriale F è
  
2Fr 2 ∂ sin θ Fθ 2 ∂ Fφ
2
F= Fr − 2 − 2
2
− 2 r̂
r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
Fθ 2 cos θ ∂ Fφ 2 ∂ Fr ˆ
+ 2
Fθ − 2 2 − 2 2 + 2
r sin θ r sin θ ∂φ r ∂θ
 
Fφ 2 cos θ ∂ Fθ 2 ∂ Fr ˆ
+ 2
Fφ − 2 2 + 2 2 + 2


.
r sin θ r sin θ ∂φ r sin θ ∂φ

Di conseguenza, in coordinate sferiche l’equazione vettoriale di Poisson 2


F=f
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-17 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO A.10: Identità differenziali vettoriali A-17

costituisce un sistema di tre equazioni scalari accoppiate fra loro per le tre compo-
nenti dell’incognita, Fr , Fθ e Fφ .

A.9 Operatori d’advezione


Forniamo infine gli operatori di advezione che agiscono su un campo scalare e su
un campo vettoriale rispettivamente in coordinate cilindriche e sferiche.
In coordinate cilindriche (R, θ, z) l’operatore di advezione che agisce su un
campo scalare è

∂u aθ ∂u ∂u
a  u = aR + + az ,
∂R R ∂θ ∂z

mentre quello che agisce su un campo vettoriale è

 aθ u θ 
(a  )u = a  uR − R̂
 R 
aθ u R ˆ
+ a  uθ +
 R
+ a  u z ẑ.

In coordinate sferiche (r, θ, φ) l’operatore di advezione che agisce su un campo


scalare assume la forma

∂u aθ ∂u aφ ∂u
a  u = ar + + ,
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ

mentre quello che agisce su un campo vettoriale assume la forma

 aθ u θ + a φ u φ 
(a  )u = a  ur − r̂
r
 aθ u r − cot θ aφ u φ  ˆ
+ a  uθ +
r
 aφ u r + cot θ aφ u θ  ˆ
+ a uφ +


 .
r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-18 colour black Dicembre 22, 2004

A-18 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

A.10 Identità differenziali vettoriali

(φ + ψ) = φ+ ψ
 (F + G) =  F+  G
(F + G) = F+ G

(1/ψ) = −( ψ)/ψ 2
(φ/ψ) = (ψ φ − φ ψ)/ψ 2

(φψ) = φ ψ + ψ φ
 (φF) = φ  F+F  φ
(φF) = φ F−F φ
 (F G) = G  F−F  G
(F G) = F  G−G  F − (F  )G + (G  )F
(F G) = F  G+G F + (F  )G + (G  )F
(F 2 ) = (F F) = 2 F  F + 2 (F  )F

 φ= 2
φ
φ=0
 F=0
F=− 2
F+ (  F).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-19 colour black Dicembre 22, 2004

A-19

Appendice B

Campi
conservativi
Introduzione Questa appendice costituisce una breve introduzione allo studio
dei campi vettoriali conservativi. La presentazione è tratta dai capitoli 6 e 7 del
testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza
edizione, CEA, 2003.

B.1 Campi conservativi


Dal momento che il gradiente di un campo scalare è un campo vettoriale, è naturale
chiedersi se tutti i campi vettoriali sono gradienti di un campo scalare. Ovvero, dato
un campo vettoriale F(x, y, z), esiste un campo scalare φ(x, y, z) tale che

∂φ ∂φ ∂φ
F(x, y, z) = φ(x, y, z) = x̂ + ŷ + ẑ ?
∂x ∂y ∂z

In generale la risposta è “no”. Solo certi campi vettoriali speciali possono essere
scritti in questo modo.

DEFINIZIONE 1 Se F(x, y, z) = φ(x, y, z) in un dominio D, allora si dice che F è un campo


vettoriale conservativo in D e la funzione φ è detta potenziale (scalare) di F
in D. Definizioni simili valgono nel piano e in uno spazio con n dimensioni.

Come le antiderivate, le funzioni potenziali non sono determinate in modo univoco:


si può sempre aggiungere una costante arbitraria. Si noti che F è conservativo in
un dominio D se e solo se F = φ in ogni punto di D; il potenziale φ non pu ò
avere neanche un punto singolare in D.
Essendo campi scalari e non vettoriali, i potenziali dei campi conservativi sono
più facili da trattare algebricamente dei rispettivi campi vettoriali. Ad esempio la
somma di funzioni potenziali è la funzione potenziale della somma dei campi vet-
toriali corrispondenti. Un campo vettoriale pu ò essere sempre calcolato prendendo
il gradiente della sua funzione potenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-20 colour black Dicembre 22, 2004

A-20 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

Esempio 1 Il campo gravitazionale di una massa puntiforme è conservativo


Mostrare che il campo gravitazionale F(r) = −km(r − r0 )/|r − r0 |3 è conservativo
ovunque esso è definito (cioè ovunque in 3 tranne che in r0 ), facendo vedere che

km km
φ(x, y, z) = =p
|r − r0 | (x − x 0 ) + (y − y0 )2 + (z − z 0 )2
2

è una funzione potenziale di F.

Soluzione Osserviamo che


∂φ −km(x − x 0 ) −km(x − x 0 )
= 3/2 = = Fx (r),
∂x (x − x 0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z 0 )2 |r − r0 |3

e che formule simili valgono per le altre derivate parziali di φ. Ne segue che
φ(x, y, z) = F(x, y, z) per (x, y, z) 6= (0, 0, 0), e F è conservativo tranne
nell’origine.

Osservazione Non è necessario scrivere l’espressione km/|r − r0 | in termini


delle componenti di r − r0 come abbiamo fatto nell’esempio 1 per calcolare le
sue derivate parziali. Ecco una formula utile per la derivata dell’intensit à di una
funzione vettoriale F rispetto a una variabile x:
 

F F



∂x
|F| = .
∂x |F|

Per verificare questa relazione, esprimiamo |F| = F F e calcoliamo la sua


derivata mediante la regola di derivazione delle funzioni composte e del prodotto di


funzioni:
 
  F ∂ F
∂ ∂ √ 1 ∂ ∂x 

|F| = F F= √ 2F F = .
|F|
 

∂x ∂x 2 F F 
∂x

Questa derivata può essere confrontata con quella del valore assoluto di una funzione
di una variabile:
d f (x) 0
| f (x)| = sgn( f (x)) f 0 (x) = f (x).
dx | f (x)|
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-21 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.1: Campi conservativi A-21

In riferimento all’esempio 1 abbiamo

∂ km −km ∂ −km(x − x 0 )
= |r − r0 | = ,
∂ x |r − r0 | |r − r0 | ∂ x
2 |r − r0 |3

con espressioni simili per le altre derivate parziali di |r − r 0 |.

Esempio 2 Mostrare che il campo di velocità u = −Ωy x̂ + Ω x ŷ della ro-


tazione rigida attorno all’asse z (vedi l’esempio 1 del paragrafo 2.1) non è conser-
vativo.

Soluzione Vi sono due modi per mostrare che non può esistere alcun potenziale
per u. Un modo consiste nel cercare di ottenere un potenziale φ(x, y) per il campo
vettoriale. Richiediamo
∂φ ∂φ
= −Ωy e = Ω x.
∂x ∂y

La prima di queste equazioni implica che φ(x, y) = −Ω x y + C 1 (y). (Abbiamo


integrato rispetto a x; la costante può dipendere ancora da y.) Analogamente, la
seconda equazione implica che φ(x, y) = Ω x y + C 2 (x). Pertanto dobbiamo avere
−Ω x y + C1 (y) = Ω x y + C2 (x), da cui 2Ω x y = C 1 (y) − C2 (x) per qualunque
(x, y). Ciò non è possibile per nessuna scelta delle funzioni di una variabile C 1 (y)
e C2 (x).
Alternativamente possiamo considerare le derivate parziali miste di φ ottenendo
dalle due equazioni precedenti

∂ 2φ ∂ 2φ
= −Ω e = Ω.
∂y∂ x ∂ x∂y

Ciò non è possibile se Ω 6= 0 poiché il carattere liscio di u implica che il suo


potenziale dovrebbe essere liscio, per cui le derivate parziali miste dovrebbero
essere uguali. Quindi una tale funzione φ non pu ò esistere: il campo u non è
conservativo.

L’esempio 2 suggerisce una condizione necessaria che deve essere soddisfatta


affinché qualunque campo vettoriale piano sia conservativo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-22 colour black Dicembre 22, 2004

A-22 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

Condizione necessaria di conservatività per un campo vettoriale piano


Se F(x, y) = Fx (x, y) x̂ + Fy (x, y) ŷ è un campo vettoriale conservativo
in un dominio D del piano x y, allora la condizione

∂ ∂
Fx (x, y) = Fy (x, y)
∂y ∂x

deve essere soddisfatta in tutti i punti di D.

Per constatarlo si osservi che


! ATTENZIONE
∂φ ∂φ
Non confondere questa condizione Fx x̂ + Fy ŷ = F = φ= x̂ + ŷ
∂x ∂y
necessaria con una condizione
sufficiente affinché F sia implica le due equazioni scalari
conservativo. Mostreremo in ∂φ ∂φ
seguito che per garantire che F sia Fx = e Fy = ,
∂x ∂y
conservativo in D è richiesta
un’altra condizione in aggiunta a da cui, dovendo essere uguali le derivate parziali miste di φ,
∂ Fx /∂y = ∂ Fy /∂ x.
∂ Fx ∂ 2φ ∂ 2φ ∂ Fy
= = = .
∂y ∂y∂ x ∂ x∂y ∂x
Una condizione simile si ottiene per i campi vettoriali nello spazio tridimensionale.
3
Condizione necessaria di conservatività per un campo vettoriale di
Se F(x, y, z) = Fx (x, y, z) x̂ + Fy (x, y, z) ŷ + Fz (x, y, z) ẑ è un campo
vettoriale conservativo in un dominio D dello spazio tridimensionale, al-
lora si deve avere, ovunque in D,

∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂
Fx = Fy , Fx = Fz , Fy = Fz .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y

B.2 Superfici e curve equipotenziali


Se φ(x, y, z) è una funzione potenziale del campo vettoriale conservativo F, allora
le superfici di livello φ(x, y, z) = C di φ sono chiamate superfici equipotenziali
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-23 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.2: Superfici e curve equipotenziali A-23

di F. Dal momento che F = φ è normale a queste superfici (dovunque φ non


si annulla), le linee del campo F intersecano le superfici equipotenziali sempre
ad angolo retto. Ad esempio le superfici equipotenziali del campo gravitazionale
generato da una massa puntiforme sono le superfici di sfere con il centro nella
particella; queste superfici sferiche sono normali alle linee del campo, che sono rette
passanti per la massa. In modo analogo le curve di livello della funzione potenziale
relativa a un campo vettoriale piano conservativo sono dette linee equipotenziali del
campo vettoriale. Queste curve sono traiettorie ortogonali alle linee del campo,
cioè intersecano le linee del campo ad angolo retto.

Esempio 1 Mostrare che il campo vettoriale F(x, y) = x x̂− y ŷ è conservativo


e determinare una sua funzione potenziale. Descrivere le linee del campo e le curve
equipotenziali.

Soluzione Dal momento che ∂ Fx /∂y = 0 = ∂ Fy /∂ x ovunque in 2 , ci si aspetta


che F sia conservativo. Qualunque funzione potenziale φ deve soddisfare

∂φ ∂φ
= Fx = x e = Fy = −y.
∂x ∂y

La prima di queste equazioni fornisce


Z
1
φ(x, y) = x dx = x 2 + C1 (y).
2

Si osservi che, essendo l’integrale effettuato rispetto a x, la “costante” di inte-


grazione può dipendere dall’altra variabile. Usiamo ora la seconda equazione per
ottenere
∂φ 1
−y = = C1 0 (y) ⇒ C1 (y) = − y 2 + C2 .
∂y 2

Quindi F è conservativo e, per ogni costante C 2 ,

x 2 − y2
φ(x, y) = + C2
2
è una funzione potenziale di F. Le linee del campo F soddisfano

dx dy
=− ⇒ ln |x| = − ln |y| + ln C 3 ⇒ x y = C3 .
x y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-24 colour black Dicembre 22, 2004

A-24 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

Figura B.1 Linee di campo (in nero)


ed equipotenziali (in colore) del campo
F = x x̂ − y ŷ

Le linee del campo F sono quindi iperboli equilatere aventi gli assi coordinati
come asintoti. Le curve equipotenziali costituiscono un’altra famiglia di iperboli
equilatere, x 2 −y 2 = C4 , aventi le rette x = ±y come asintoti. Le curve appartenenti
alle due famiglie si intersecano ad angolo retto. (Vedi figura B.1.) Si noti tuttavia
che F non individua alcuna direzione nell’origine e che l’ortogonalit à viene meno
in quel punto: entrambe le famiglie non hanno alcuna curva passante per l’origine.

Osservazione Nell’esempio precedente abbiamo costruito il potenziale φ inte-


grando l’equazione ∂φ/∂ x = Fx per prima. Avremmo potuto iniziare integrando
l’equazione ∂φ/∂y = Fy , nel qual caso la costante d’integrazione sarebbe stata una
funzione di x. Alla fine si sarebbe comunque ottenuta la stessa φ.

Conservatività del campo e topologia del suo dominio


L’esistenza di un potenziale per un campo vettoriale dipende dalla “topologia” del
dominio del campo (cioè dalla presenza o meno di “buchi” nel dominio e dal tipo di
buchi) come pure dalla struttura delle componenti del campo stesso. (Anche se le
condizioni necessarie indicate in precedenza sono soddisfatte, un campo vettoriale
può non essere conservativo in un dominio contenente dei “buchi.”) Esploreremo
ulteriormente la natura dei campi conservativi nel paragrafo B.4 dove mostreremo
che le precedenti condizioni necessarie sono anche sufficienti a garantire che F sia
conservativo solo se il dominio di F soddisfa determinate condizioni. Forniamo ora
un esempio di un campo vettoriale piano non conservativo in un dominio in cui la
condizione necessaria è comunque soddisfatta.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-25 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.2: Superfici e curve equipotenziali A-25

Esempio 2 Per (x, y) 6= (0, 0) definiamo un campo vettoriale F(x, y) e un


campo scalare θ(x, y) nel modo seguente:
   
−y x
F(x, y) = x̂ + ŷ
x 2 + y2 x 2 + y2
θ(x, y) = angolo polare θ di (x, y) tale che 0 ≤ θ < 2π.

Quindi x = r cos[θ(x, y)] e y = r sin[θ(x, y)], dove r 2 = x 2 + y 2 . Verificare le


seguenti proprosizioni:
∂ ∂
(a) Fx (x, y) = Fy (x, y) per (x, y) 6= (0, 0).
∂y ∂x
(b) θ(x, y) = F(x, y), per tutti i punti (x, y) 6= (0, 0) tali che 0 < θ < 2π.
(c) F non è conservativo nell’intero piano x y privato dell’origine.

Soluzione
−y x
(a) Abbiamo Fx = e Fy = 2 . Quindi
x2+y 2 x + y2
   
∂ ∂ y y2 − x 2 ∂ x
Fx (x, y) = − = =
∂y ∂y x 2 + y2 (x 2 + y 2 )2 ∂x x 2 + y2

= Fy (x, y)
∂x
per tutti i punti (x, y) 6= (0, 0).
(b) Deriviamo implicitamente le equazioni x = r cos θ e y = r sin θ rispetto a x
per ottenere

∂x ∂r ∂θ
1= = cos θ − r sin θ ,
∂x ∂x ∂x
∂y ∂r ∂θ
0= = sin θ + r cos θ .
∂x ∂x ∂x
Eliminando ∂r/∂ x da questa coppia di equazioni e risolvendo rispetto a ∂θ/∂ x
si ricava
∂θ r sin θ y
=− 2 =− 2 = Fx .
∂x r x + y2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-26 colour black Dicembre 22, 2004

A-26 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

Analogamente derivando rispetto a y si ottiene

∂θ x
= 2 = Fy .
∂y x + y2

Queste formule valgono solo se 0 < θ < 2π; la funzione θ(x, y) non è nemmeno
continua sull’asse x positivo; se x > 0, allora

lim θ(x, y) = 0 ma lim θ(x, y) = 2π.


y→0+ y→0−

Quindi θ = F vale ovunque nel piano, tranne nei punti (x, 0) con x ≥ 0.
(c) Supponiamo che F sia conservativo in tutto il piano privato dell’origine. Allora
F = φ in esso, per qualche funzione scalare φ(x, y). Ne segue che (θ −
φ) = 0 per 0 < θ < 2π, e θ − φ = C (costante), ossia θ = φ + C. Il membro
di sinistra di tale equazione è discontinuo lungo l’asse x positivo mentre il
membro di destra non lo è. Pertanto i due membri non possono essere uguali.
Questa contraddizione dimostra che F non può essere conservativo in tutto il
piano privato dell’origine.

Osservazione Si osservi che nell’esempio in esame l’origine (0, 0) è un buco


del dominio di F. Anche se il campo F soddisfa la condizione necessaria per
essere conservativo ovunque tranne in questo buco, per potere avere una funzione
potenziale di F si deve eliminare dal dominio di F una semiretta (raggio) o, pi ù in
generale, una curva uscente dall’origine e che vada all’infinito. Il campo F non è
conservativo in qualunque dominio contenente una curva che circonda l’origine.

B.3 Domini connessi e semplicemente connessi


Il lettore avrà notato che il campo vettoriale F del precedente esempio 1 è con-
servativo, mentre quello dell’esempio 2 non lo è. Il prossimo teorema 1 conferma
che esiste un legame fra l’indipendenza dal percorso dell’integrale di linea della
componente tangenziale di un campo vettoriale e l’esistenza di una funzione scalare
che è il potenziale di quel campo. Questo teorema e i successivi richiedono delle
ipotesi riguardo la natura topologica del dominio del campo vettoriale F, per cui si
devono introdurre alcune definizioni.
Ricordiamo che un insieme S del piano (o dello spazio tridimensionale) è
aperto se ogni punto di S è il centro di un disco (o di una palla) avente raggio
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-27 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.3: Domini connessi e semplicemente connessi A-27

positivo e tutto contenuto in S. Se S è aperto e B è un insieme (eventualmente


vuoto) di punti di contorno di S, allora l’insieme D = S ∪ B è chiamato dominio.
Un dominio non può contenere punti isolati. Un dominio può essere chiuso, ma
deve avere punti interni vicino a ognuno dei suoi punti di contorno.

DEFINIZIONE 2 Un dominio D del piano (o dello spazio tridimensionale) è detto connesso se,
per ogni coppia di punti P e Q di D, esiste un percorso liscio a pezzi in D
che unisce P con Q.

Ad esempio l’insieme di punti (x, y) del piano che soddisfano le condizioni x > 0,
y > 0 e x 2 + y 2 ≤ 4 è un dominio connesso. Al contrario, l’insieme di punti
soddisfacenti |x| > 1 non è connesso poiché non esiste alcun percorso da (−2, 0) a
(2, 0) che giaccia interamente in |x| > 1. L’insieme di punti (x, y, z) dello spazio
tridimensionale che soddisfano 0 < z < 1/(x 2 + y 2 ) è un dominio connesso, mentre
l’insieme soddisfacente z 6= 0 non lo è.
Una curva chiusa è semplice se non ha altra intersezione con sè stessa che
iniziare e finire nello stesso punto. (Ad esempio, un cerchio è una curva chiusa
semplice.) Immaginiamo un elastico che abbia la forma di una tale curva. Se
l’elastico è infinitamente accorciabile, può contrarsi fino a diventare un unico punto.

DEFINIZIONE 3 Un dominio connesso D è detto semplicemente connesso se ogni curva


chiusa di D può essere ridotta in modo continuo a un punto di D senza che
alcuna sua parte esca da D.

y y y

D
D D D

x x x
Figura B.2 Figura B.3 Dominio connesso ma Figura B.4
Dominio semplicemente connesso non semplicemente connesso Dominio non connesso
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-28 colour black Dicembre 22, 2004

A-28 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

La figura B.2 mostra un dominio semplicemente connesso del piano. La figura B.3
mostra invece un dominio connesso, ma non semplicemente connesso. (Una curva
chiusa che circonda il buco non può essere ridotta a un punto senza uscire da
D.) Il dominio mostrato nella figura B.4 non è nemmeno connesso. Esso ha due
componenti e, se P e Q sono punti appartenenti a componenti diverse, essi non
possono essere uniti da una curva che sia interamente in D.
Nel piano, un dominio semplicemente connesso D non pu ò avere buchi, nem-
meno buchi costituiti da un solo punto. L’interno di ogni curva chiusa che non
interseca se stessa appartenente a tale dominio D giace in D. Ad esempio, il do-
minio della funzione 1/(x 2 + y 2 ) non è semplicemente connesso poiché l’origine
non gli appartiene. (L’origine è un “buco” di quel dominio.) Nello spazio tridimen-
sionale, un dominio semplicemente connesso pu ò avere dei buchi. L’insieme di tutti
i punti di 3 esclusa l’origine è semplicemente connesso, come pure lo è l’esterno
di una palla. Ma l’insieme di tutti i punti di 3 soddisfacenti x 2 + y 2 > 0 non è
semplicemente connesso. E neppure lo è l’interno di una ciambella chiamato in
geometria toro. In generale ciascuna delle seguenti condizioni caratterizza i domini
D semplicemente connessi:
(i) Qualunque curva chiusa di D è il contorno di una “superficie” che giace
interamente in D.
(ii) Se C 1 e C2 sono due curve di D aventi gli stessi punti estremi, allora C 1 può
essere deformata in modo continuo in C 2 , rimanendo in D durante il processo
di deformazione.

B.4 Condizioni necessarie per la conservatività


TEOREMA 1 Indipendenza dal percorso
Sia D un dominio aperto connesso e sia F un campo vettoriale definito su D. Allora,
le tre proposizioni seguenti sono equivalenti, nel senso che se vale una qualunque
di esse valgono allora anche le altre due:
(a) F è conservativo in D.
I
(b) F dr = 0 per ogni curva chiusa C liscia e continua a pezzi contenuta in D.


C
Z
(c) Dati due punti qualsiasi P0 e P1 appartenenti a D, l’integrale F dr ha lo


C
stesso valore per tutte le curve lisce continue a pezzi in D che iniziano in P0 e
terminano in P1 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-29 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-29

DIMOSTRAZIONE Dimostreremo che (a) implica (b), poi che (b) implica (c) e
infine che (c) implica (a). Di conseguenza ognuna di esse implica le altre due.
Supponiamo che (a) sia vera. Allora F = φ per qualche funzione scalare φ
definita in D. Pertanto
 
∂φ ∂φ ∂φ 
F dr =
 x̂ + ŷ + ẑ dx x̂ + dy ŷ + dz ẑ


∂x ∂y ∂z
∂φ ∂φ ∂φ
= dx + dy + dz = dφ.
∂x ∂y ∂y
Se C è una qualunque curva chiusa liscia a pezzi, parametrizzata ad esempio con
r = r(t), (a ≤ t ≤ b), allora r(a) = r(b) e
Z Z b 
dφ r(t)  
F dr =
 dt = φ r(b) − φ r(a) = 0.
1 C a dt
Quindi (a) implica (b).
2
Supponiamo ora che (b) sia vera. Siano P0 e P1 due punti in D, e siano C 1 e C2
P1 due curve lisce a pezzi in D che vanno da P0 e P1 . Indichiamo con C = C 1 − C2
P0 − 2
la curva chiusa che va da P0 e P1 lungo C 1 e poi indietro fino a P0 lungo C2 in
direzione opposta. (Vedi figura B.5.) Poiché abbiamo supposto che (b) è vera,
abbiamo
I Z Z
0= F dr =  F dr − F dr.
 

C C1 C2
Figura B.5 C1 − C2 = C1 + (−C2 )
è una curva chiusa Di conseguenza
Z Z
F dr =  F dr, 

C1 C2

e abbiamo dimostrato che (b) implica (c).


Supponiamo infine che (c) sia vera. Sia P0 = (x 0 , y0 , z 0 ) un punto fisso del
dominio D e sia P = (x, y, z) un punto arbitrario in quel dominio. Definiamo una
funzione φ mediante
Z
φ(x, y, z) = F dr, 

dove C è qualche curva contenuta in D, liscia a pezzi, e che va da P0 a P. (Sotto


le ipotesi del teorema una tale curva esiste e, per l’assunzione (c), l’integrale ha lo
stesso valore per tutte queste curve. Di conseguenza φ è definita univocamente in
D.) Mostreremo che φ = F, stabilendo cosı̀ che F è conservativo e ha φ come
potenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-30 colour black Dicembre 22, 2004

A-30 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

È sufficiente mostrare che ∂φ/∂ x = Fx (x, y, z); le altre due componenti possono
essere ottenute in modo simile. Poiché D è aperto, esiste una palla di raggio positivo
z con centro in P e contenuta in D. Prendiamo un punto (x 1 , y, z) in questa palla con
x 1 < x. Si noti che la retta passante per questo punto e per P è parallela all’asse
(x 0 ,y0 ,z 0 )
x. Poiché possiamo scegliere liberamente la curva C dell’integrale che definisce
φ, prendiamola in modo che consista di due segmenti: C 1 , che è liscio a pezzi e
1 va da (x 0 , y0 , z 0 ) a (x 1 , y, z), e C 2 , che è un segmento di linea retta da (x 1 , y, z) a
(x 1 ,y,z) (x, y, z). (Vedi figura B.6.) Allora
2 Z Z
(x,y,z) y φ(x, y, z) = F  dr + F dr.


C1 C2
x
Figura B.6 Il primo integrale non dipende da x, per cui la sua derivata rispetto a x è nulla.
Un percorso particolare da P0 a P1 La linea retta del secondo integrale è parametrizzata da r = t x̂ + y ŷ + z ẑ, dove
x 1 ≤ t ≤ x per cui dr = dt x̂ e
Z Z x
∂φ ∂ ∂
= F dr =  Fx (t, y, z) dt = Fx (x, y, z),
∂x ∂ x C2 ∂ x x1

che è quanto volevamo. Quindi il campo vettoriale F = φ è conservativo e (c)


implica (a).

Osservazione È molto facile calcolare l’integrale di linea della componente tan-


genziale di un campo vettoriale conservativo lungo una curva C, se si conosce un
potenziale di F. Se F = φ e C va da P0 a P1 , allora
Z Z
F dr =
 dφ = φ(P1 ) − φ(P0 ).
C C

Come notato in precedenza, il valore dell’integrale dipende solo dal valore del
potenziale agli estremi di C.

Osservazione Aggiungiamo ora un’altra possibilità alla lista di tre condizioni


che abbiamo mostrato essere equivalenti nel teorema 1, a condizione che il dominio
D sia semplicemente connesso. Per un tale dominio ciascuna delle tre condizioni
del teorema è equivalente a

∂ Fx ∂ Fy ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fz
= , = e = .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-31 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-31

Sappiamo già che queste equazioni sono soddisfatte in un dominio in cui F è


conservativo. Dopo il prossimo esempio mostreremo che, se queste tre equazioni
valgono in un dominio semplicemente connesso, allora F è conservativo in quel
dominio.

Esempio 1 Per quali valori delle costanti A e B il campo vettoriale



F = Ax sin(π y) x̂ + x 2 cos(π y) + Bye −z ŷ + y 2 e−z ẑ

è conservativo? Con tale scelta delle costanti A e B, calcolare


Z
F dr,


dove C rappresenta
(a) la curva r = cos t x̂ + sin(2t) ŷ + sin2 t ẑ, (0 ≤ t ≤ 2π), e
(b) la curva d’intersezione del paraboloide z = x 2 + 4y 2 con il piano z = 3x − 2y,
dal punto (0, 0, 0) al punto (1, 1/2, 2).

Soluzione Il campo F non può essere conservativo a meno che


∂ Fx ∂ Fy ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fz
= , = e = ,
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
cioè a meno che

Aπ x cos(π y) = 2x cos(π y), 0=0 e − Bye −z = 2ye−z .

Quindi deve essere A = 2/π e B = −2. In questo caso si verifica facilmente che

x 2 sin(π y)
F= φ, dove φ = − y 2 e−z .
π
Per la curva (a) abbiamo r(0) = x̂ = r(2π), per cui questa curva è chiusa e
Z I
F dr =
 φ dr = 0.


C C

Dal momento che la curva (b) inizia in (0, 0, 0) e termina in (1, 1/2, 2), abbiamo
Z  2  (1,1/2,2)
x sin(π y) 2 −z
1 1
F dr =
 −y e = − 2.
C π (0,0,0) π 4e
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-32 colour black Dicembre 22, 2004

A-32 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

Potenziale scalare e potenziale vettoriale


Si utilizzano due nomi speciali per descrivere i campi vettoriali per i quali la
divergenza o il rotore sono nulli.

DEFINIZIONE 4 Campi vettoriali solenoidali e irrotazionali


Un campo vettoriale F è detto solenoidale in un dominio D se F = 0 in 

D.
Un campo vettoriale F è detto irrotazionale in un dominio D se F=0
in D.

Siccome per qualunque funzione scalare f risulta ( f ) = 0, allora F =


φ H⇒ F = 0. Quindi

Ogni campo vettoriale conservativo è irrotazionale.

Siccome per qualunque campo vettoriale A risulta  ( A) = 0, allora F =


G H⇒ F = 0. Quindi


Il rotore di qualunque campo vettoriale è solenoidale.

L’inverso di queste asserzioni vale se il dominio di F soddisfa certe condizioni.


TEOREMA 2 Se F è un campo vettoriale irrotazionale liscio in un dominio D semplicemente
connesso, allora F = φ per qualche funzione potenziale definita in D, e quindi F
è conservativo.

TEOREMA 3 Se F è un campo vettoriale solenoidale liscio in un dominio D con la propriet à


che qualunque superficie chiusa di D delimita una regione contenuta interamente
in D, allora F = G per qualche campo vettoriale G definito in D. Tale campo
vettoriale G è chiamato potenziale vettoriale del campo vettoriale F.

Non siamo ora in grado di dimostrare questo risultato nella sua completa generalit à.
Tuttavia entrambi i teoremi hanno una dimostrazione semplice nel caso particolare di
domini D semplicemente connessi detti stellati. Un dominio D è chiamato stellato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-33 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-33

se esiste un punto P0 in D tale che il segmento di retta da P0 a qualunque punto


P di D giace completamente in D. (Vedi figura B.7.) Entrambe le dimostrazioni
sono costruttive nel senso che dicono come trovare un potenziale.
Dimostrazione del teorema 2 per domini stellati. Senza perdita di generalità
D P0 possiamo supporre che P0 sia l’origine. Se P = (x, y, z) è un punto qualsiasi di
D, allora il segmento di retta

P
r(t) = t x x̂ + t y ŷ + tz ẑ, 0≤t ≤1
Figura B.7 Il segmento di retta da da P0 a P giace in D. Definiamo la funzione φ in D mediante
P0 a ogni punto di D che si trova Z 1
interamente in D  dr
φ(x, y, z) = F r(t) dt


0 dt
Z 1

= x Fx (ξ, η, ζ ) + y Fy (ξ, η, ζ ) + z Fz (ξ, η, ζ ) dt,
0

dove ξ = t x, η = t y e ζ = tz. Calcoliamo ∂φ/∂ x utilizzando il fatto che F=0


per sostituire (∂/∂ξ )Fy (ξ, η, ζ ) con (∂/∂η)Fx (ξ, η, ζ ) e (∂/∂ξ )Fz (ξ, η, ζ ) con
(∂/∂ζ )Fx (ξ, η, ζ ):
Z 1
∂φ ∂ Fx ∂ Fy ∂ Fz 
= Fx (ξ, η, ζ ) + t x + ty + tz dt
∂x 0 ∂ξ ∂ξ ∂ξ
Z 1
∂ Fx ∂ Fx ∂ Fx 
= Fx (ξ, η, ζ ) + t x + ty + tz dt
0 ∂ξ ∂η ∂ζ
Z 1
d   1
= t Fx (ξ, η, ζ ) dt = t Fx (t x, t y, tz) = Fx (x, y, z).
0 dt 0

In modo analogo ∂φ/∂y = Fy e ∂φ/∂z = Fz . Quindi φ = F.

I dettagli della dimostrazione del teorema 3 sono simili a quelli del teorema 2 e
procede nel modo seguente.
Si supponga che F = 0 in un dominio D con la proprietà che ogni suo


punto P può essere unito con l’origine mediante un segmento di retta contenuto in
D. Sia r = t x i + t y j + tz k, 0 ≤ t ≤ 1, una parametrizzazione del segmento di
retta dall’origine al generico punto (x, y, z) di D. Se
Z 1
dr
G(x, y, z) = tF(r(t)) dt,
0 dt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-34 colour black Dicembre 22, 2004

A-34 APPENDICE B: CAMPI CONSERVATIVI

mostrare che G = F in tutto D. Suggerimento: è sufficiente verificare la


relazione per la prima componente di G e di F.
Per (x, y, z) in D sia v = x x̂ + y ŷ + z ẑ. Il segmento di retta r(t) = tv,
(0 ≤ t ≤ 1), appartiene a D, per cui sul percorso F = 0. Abbiamo


Z 1

G(x, y, z) = t F r(t) v dt
0
Z 1

= t F ξ(t), η(t), ζ(t) v dt
0

dove ξ = t x, η = t y, ζ = tz. La prima componente di G è


( G)x
Z 1 
= t (F v) x
dt
0
Z 1  
∂ ∂
= t (F v)z − (F v) y dt
0 ∂y ∂z
Z 1  
∂ ∂
= t (Fx y − Fy x) − (Fz x − Fx z) dt
0 ∂y ∂z
Z 1 
∂ Fx ∂ Fy ∂ Fz ∂ Fx
= t Fx + t 2 y − t2x − t2x + t Fx + t 2 z dt
0 ∂η ∂η ∂ζ ∂ζ
Z 1 
2 ∂ Fx 2 ∂ Fx 2 ∂ Fx
= 2t Fx + t x +t y +t z dt.
0 ∂ξ ∂η ∂ζ
Per ottenere l’ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che F = 0 per sostituire


2 ∂ Fy 2 ∂ Fz 2 ∂ Fx
−t x −t x con t x . Continuando il calcolo, abbiamo
∂η ∂ζ ∂ξ
Z 1
d 2 
( G)x = t Fx (ξ, η, ζ ) dt
0 dt
1

= t Fx (t x, t y, tz) = Fx (x, y, z).
2
0

Similmente, ( G) y = Fy e ( G)z = Fz . Pertanto G = F, come richiesto.


Si noti che i potenziali vettoriali, quando esistono, non sono affatto definiti in
modo univoco. Poiché φ è identicamente nullo (teorema <undefined>(h)),
si può sempre sommare a G un campo conservativo arbitrario senza modificare il
valore di G. L’esempio seguente illustra proprio quanto grande sia la libert à
nell’introdurre ipotesi semplificative quando si cerca di determinare un potenziale
vettoriale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-35 colour black Dicembre 22, 2004

A-35

Appendice C

Equazioni di Eulero o
equidimensionali
Introduzione Nella risoluzione delle equazioni di Laplace e di Poisson in coordi-
nate cilindriche e sferiche con il metodo di separazione delle variabili si incontrano
spesso delle equazioni differenziali ordinarie del secondo ordine lineari ma a coef-
ficienti variabili, omogenee, che possono essere ricondotte al seguente tipo

d2 y dy
x2 2
+ αx + βy = 0,
dx dx

dove y(x) è la funzione incognita e α e β sono delle costanti note. Questa


equazione appartiene alla classe delle equazioni di Eulero, che sono chiamata anche
equazioni equidimensionali per la seguente ragione: i coefficienti dell’equazione
lineare dipendono dalla variabile x come una potenza di x in modo tale che, se la
grandezza x ha una determinata dimensione fisica (ad esempio una lunghezza), in
ciascun termine la dimensione di x si compensa perché il grado della potenza di
x del coefficiente è uguale all’ordine della corrispondente derivata. Le equazioni
equidimensionali (del secondo ordine) possono presentarsi in una forma diversa da
quella qui considerata ma sono sempre riconducibili a questa forma con semplici
passaggi. Ad esempio, dividendo l’equazione per x 2 essa può essere scritta anche
nella forma

d2 y α dy β
+ + 2 y = 0,
dx 2 x dx x

che consideriamo come punto di partenza per determinare la soluzione generale.


Supporremo in ogni caso x > 0.

C.1 Ricerca del cambiamento di variabili


Il metodo di risoluzione si basa sulla ricerca di un cambiamento di variabili
che trasformi l’equazione equidimensionale in un’equazione lineare a coefficienti
costanti. Più precisamente, si ipotizza che esista un cambiamento della variabile
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-36 colour black Dicembre 22, 2004

A-36 APPENDICE C: EQUAZIONI DI EULERO O EQUIDIMENSIONALI

indipendente
x → z = z(x),
invertibile in modo da avere anche x = x(z), tale che il conseguente cambiamento
della incognita
y → Y = Y (z) = y(x(z))
permetta alla nuova equazione differenziale
d 2Y dY
2
+ p(z) + q(z)Y = 0
dz dz
di essere a coefficienti costanti, ovvero di avere p(z) = costante e q(z) = costante.
Ci si attende che queste condizioni sui due nuovi coefficienti consentano di definire
una trasformazione determinata della variabile indipendente. Se ci ò risulta possi-
bile, si potrà allora usare la tecnica risolutiva dell’equazione lineare a coefficenti
costanti per trovare la soluzione dell’equazione equidimensionale originaria.
La regola di derivazione delle funzioni composte applicata alla definizione
Y (z) = y(x(z)) fornisce:
dY dy dx dy dy 1 dY
= = x0 ⇒ = 0 .
dz dx dz dx dx x dz
Analogamente si ricava
   
d 2Y d dY d 0 dy
= = x
dz 2 dz dz dz dx
 
dy d dy dy d2 y
= x 00 + x0 = x 00 + x 0x 0 2
dx dz dx dx dx
dy d2 y
= x 00 + (x 0 )2 2 ,
dx dx
da cui, risolvendo rispetto alla derivata seconda della vecchia variabile incognita y,
d2 y 1 d 2Y x 00 dy
= −
dx 2 (x 0 )2 dz 2 (x 0 )2 dx
1 d 2Y x 00 1 dY
= −
(x 0 )2 dz 2 (x 0 )2 x 0 dz
1 d 2Y x 00 dY
= 0 2 2
− 0 3 .
(x ) dz (x ) dz
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-37 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO C.2: Soluzione generale dell’equazione trasformata A-37

Sostituendo le derivate di y rispetto a x cosı̀ espresse nell’equazione equidimen-


sionale si ottiene l’equazione

1 d 2Y x 00 dY α 1 dY β
0 2 2
− 0 3
+ 0
+ 2 Y = 0,
(x ) dz (x ) dz x x dz x

che, una volta moltiplicata per (x 0 )2 , diventa

d 2Y x 00 dY αx 0 dY β(x 0 )2
2
− 0 + + Y = 0.
dz x dz x dz x2
L’equazione ricercata per la nuova incognita Y (z) è quindi
 00   0 2
d 2Y x αx 0 dY x
+ − 0 + +β Y = 0.
dz 2 x x dz x

Affinché questa equazione abbia i coefficienti costanti deve essere

x0 1 dx
=C ovvero = C,
x x dz
dove C è una costante arbitraria. Una soluzione di questa equazione ausiliaria è
1
ln x = Cz ovvero z = z(x) = ln x C .

Questa trasformazione rende costante il coefficiente del terzo termine dell’equazione.


Ma anche il coefficiente del secondo termine diventa costante in quanto x 0 = C x
implica x 00 = C x 0 , per cui l’equazione trasformata con il cambiamento di variabili
trovato assume la forma:

d 2Y dY
2
+ (α − 1)C + βC 2 Y = 0,
dz dz
che è un’equazione di secondo grado lineare a coefficienti costanti.

C.2 Soluzione generale dell’equazione trasformata


L’equazione caratteristica associata all’equazione per Y (z) è

λ2 + (α − 1)C λ + βC 2 = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-38 colour black Dicembre 22, 2004

A-38 APPENDICE C: EQUAZIONI DI EULERO O EQUIDIMENSIONALI

e le sue soluzioni sono date da


Ch p i
λ1,2 = 1 − α ± (1 − α)2 − 4β .
2

Avremo quindi due soluzioni reali distinte per (1 − α) 2 > 4β, una soluzione reale
doppia se (1 − α)2 = 4β e due soluzioni complesse coniugate se (1 − α) 2 < 4β. In
corrispondenza di ciascuno di questi tre casi la soluzione generale Y (z) assumer à
la forma seguente
 C
 √  C
 √ 

 C1 e 2 1−α+ (1−α) −4β z + C2 e 2 1−α− (1−α) −4β z se (1 − α)2 > 4β
2 2





  C


 C1 + C2 z e 2 (1−α)z se (1 − α)2 = 4β
Y (z) = h  p 

 C

 e 2 (1−α)z C 1 cos C 4β − (1 − α)2 z

 2

  i

 p
 + C2 sin C2 4β − (1 − α)2 z se (1 − α)2 < 4β

dove C1 e C2 sono delle costanti arbitrarie.

C.3 Soluzione generale dell’equazione equidimensionale


La soluzione y(x) si ottieneda quella appena calcolata Y (z) tramite il cambiamento
di variabili z(x) = ln x 1/C per cui

y(x) = Y ln x 1/C .
s
Ricordando che z = (ln x)/C e osservando che e s ln x = eln(x ) = x s , per x > 0, si
ottiene:
 1
 √  1
 √ 

 C x 2 1−α+ (1−α) −4β + C 2 x 2 1−α− (1−α) −4β
2 2
se (1 − α)2 > 4β

 1





 (C1 + C2 ln x) x (1−α)/2 se (1 − α)2 = 4β
y(x) = h  p 




 x (1−α)/2
C 1 cos 1
2 4β − (1 − α) 2 ln x

  p i


 + C2 sin 2 4β − (1 − α)2 ln x
1
se (1 − α)2 < 4β
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice D – pagina A-39 colour black Dicembre 22, 2004

A-39

Appendice D

Principi di
termodinamica
Introduzione

D.1 Variabili estensive e relazione fondamentale

D.2 Principi della termodinamica

Convessità della relazione fondamentale specifica

D.3 Variabili intensive ed equazioni di stato

D.4 Calori specifici

D.5 Velocità del suono


La velocità del suono in un fluido è definita da
∂P
c= .
∂ρ s

Questa funzione termodinamica gioca un ruolo fondamentale nello studio del moto
dei fluidi comprimibili per cui è assai utile avere una sue espressione generale
che possa essere specializzata nei casi di fluidi aventi proprietà termodinamiche
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice D – pagina A-40 colour black Dicembre 22, 2004

A-40 APPENDICE D: PRINCIPI DI TERMODINAMICA

particolari. Un’espressione generale dovrà necessariamente essere una funzione di


due variabili termodinamiche e potremo scegliere come variabili indipendenti la
temperatura e il volume specifico. Dimostriamo ora che vale la seguente relazione
 
T v2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c (T, v) =
2
− v2 ,
cv (T, v) ∂T ∂v

che esprime la velocità del suono in un fluido qualsiasi in termini delle sue due
funzioni di stato P = P(T, v) e cv = cv (T, v).
Dalla definizione segue che

∂ P(s, ρ) ∂ P s, v1 ∂ ∂ P(s, v) dv(ρ)
c =
2
= = P̃(s, v) =
∂ρ ∂ρ ∂ρ ∂v dρ

∂ P(s, v) d 1  1 ∂ P(s, v) ∂ P(s, v)
= =− 2 = −v 2 .
∂v dρ ρ ρ ∂v ∂v

Si noti che, per comodità di scrittura, abbiamo semplificato P̃ in P, intendendo che


la differenza fra le due funzioni P(s, ρ) e P(s, v) sia desumibile dall’indicazione
delle variabili indipendenti.1 Eliminiamo ora la variabile indipendente entropia
in favore della temperatura, sostituendo s = s(T, v) nella funzione pressione.
Otteniamo

∂ P(s, v) ∂
c2 = −v 2 = −v 2 P̃(T (s, v), v)
∂v ∂v
 
∂ P(T, v) ∂ T (s, v) ∂ P(T, v)
= −v 2 + .
∂T ∂v ∂v

Il secondo fattore del primo termine vale

∂ T (s, v) ∂es (s, v) ∂ev (s, v) ∂ P(s, v)


= = =−
∂v ∂v ∂s ∂s

ed, eliminando di nuovo la variabile s in favore di T ,

∂ T (s, v) ∂ P(s, v) ∂ ∂ P(T, v) ∂ T (s, v)


=− = − P̃(T (s, v), v) = − .
∂v ∂s ∂s ∂T ∂s
1
Questo abuso di notazione matematica è frequente in termodinamica ed è tollerabile a
condizione di esserne consapevoli.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice D – pagina A-41 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO D.5: Velocità del suono A-41

Quindi l’espressione della velocità del suono diventa


 2 
∂ P(T, v) ∂ T (s, v) ∂ P(T, v)
c2 = v 2 − .
∂T ∂s ∂v

D’altra parte, dalla definizione della variabile temperatura e del calore specifico a
volume costante
∂e(s, v) ∂
T = es (s, v) = = ẽ(T (s, v), v)
∂s ∂s
∂e(T, v) ∂ T (s, v) ∂ T (s, v)
= = cv (T, v) ,
∂T ∂s ∂s
si ricava immediatamente la relazione
∂ T (s, v) T
= .
∂s cv (T, v)

Sostituendo questa relazione nell’espressione di c 2 si ottiene


   
T ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
[c(T, v)]2 = v 2 − ,
cv (T, v) ∂T ∂v

che è proprio la formula generale della velocità del suono che si intendeva di-
mostrare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-42 colour black Dicembre 22, 2004

A-42

Appendice E

Proprietà termodinamiche
dei gas
Introduzione Questa appendice è dedicata alla descrizione delle proprietà ter-
modinamiche dei gas in condizioni di equilibrio. Si prendono in esame diversi tipi
di gas, partendo dal modello più semplice e assai noto di gas ideale e considerando
poi modelli più complicati come, ad esempio, il gas reale di van der Waals. Nel
caso di gas costituiti da molecole, si contempla anche la possibilit à di tenere conto
in modo graudale del contributo delle vibrazioni molecolari all’energia interna del
gas. Negli ultimi paragrafi si considerano infine alcuni modelli di gas proposti
negli ultimi anni che permettono di rappresentare in modo accurato le propriet à
termodinamiche del gas anche nella regione vicina al punto critico.
Si considerano modelli di gas caratterizzati da complessità crescente per mettere
in evidenza il contrasto con la situazione del gas ideale. Questo modello di gas è
utilizzato molto spesso nelle applicazioni ma descrive un comportamento per certi
aspetti degenere dal punto di vista termodinamico. In particolare, per il gas ideale
caratterizzato da calori specifici costanti, che nel seguito chiameremo “politropico”,
esiste una relazione di proporzionalità fra le due variabili temperatura ed energia
per unità di massa, sicché alcune relazioni termodinamiche sono straordinariamente
semplici. Ma anche per il gas ideale “non politropico”, cioè con calori specifici non
costanti, il fatto che queste grandezze dipendano solo dalla temperatura implica che
anche altre funzioni importanti, come ad esempio l’entalpia e la velocit à del suono,
possano dipendere da una sola variabile. Questa particolarità ha alcune conseguenze
non marginali nello studio dei flussi comprimibili la cui dinamica dipende in modo
determinante appunto dall’entalpia o dalla velocità del suono.
Questa appendice è stata scritta assieme ad Alberto Guardone, che gli autori
ringraziano sentitamente per la gentile collaborazione.

E.1 Gas ideale politropico


Consideriamo un gas costituito da atomi o molecole tutte della stessa specie chimi-
ca, ossia della stessa sostanza. Se tali atomi o molecole possono essere considerati
puntiformi e non interagenti (tranne per l’interazione puntuale istantanea), la re-
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-43 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.1: Gas ideale politropico A-43

lazione fondamentale di un tale gas per le variabili specifiche (ossia per unit à di
massa) risulta essere, nella rappresentazione entropica,
 
e  γ −1
1
v
s = s(e, v) = s0 + R ln ,
e0 v0

dove e0 , v0 e s0 sono i valori delle variabili estensive specifiche in uno stato di


riferimento. Il parametro R è la costante del gas considerato definita dal rapporto
R = /m.m., dove = 8.3143 J/(mol· K) è la costante universale dei gas ideali
mentre m.m. è la massa molecolare del gas considerato o la sua massa atomica per
un gas atomico. Inoltre γ è un’altra costante caratteristica del gas il cui significato
sarà rivelato fra un momento. I valori della massa molecolare m.m. e della costante
R di alcuni gas atomici e molecolari sono riportati nella tabella 1.

Tabella 1. Massa molecolare m.m. e costante R di alcuni gas atomici e molecolari

simbolo massa molecolare R= /m.m.


Sostanza chimico kg/kmol J/(kg · K)

Elio He 4.003 2077.0


Neon Ne 20.183 411.9
Argon Ar 39.948 208.1
Xenon Xe 131.30 63.3
Idrogeno H2 2.016 4124.16
Azoto N2 28.013 296.83
Ossigeno O2 32.00 259.82
Ossido di Carbonio CO 28.010 296.83
Acqua H2 O 18.015 461.52
Biossido di Carbonio CO2 44.01 188.92
Metano CH4 16.043 518.25
Propano C 3 H8 44.097 188.54

La relazione fondamentale entropica può essere risolta rispetto all’energia interna, in


virtù della monotonia della funzione s(e, v) rispetto alla prima variabile. In questo
modo si ottiene la relazione fondamentale1 nella rappresentazione energetica:

1
La base della funzione esponenziale è qui indicata con il carattere diritto “e” per evitare la
confusione con il simbolo e, in carattere corsivo, che indica l’energia interna specifica.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-44 colour black Dicembre 22, 2004

A-44 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

e(γ −1)(s−s0 )/R


e = e(s, v) = e0 .
(v/v0 )γ −1

Notiamo che la costante s0 può essere espressa nel seguente modo

γR µ
s0 = − ,
γ −1 T 0

dove µ rappresenta il potenziale elettrochimico e T la temperatura, una relazione


che tuttavia non giocherà alcun ruolo nel seguito.

Equazioni di stato
Le derivate parziali della relazione fondamentale e = e(s, v) definiscono la tem-
peratura e la pressione, per cui avremo

∂e(s, v) γ − 1 e(γ −1)(s−s0 )/R γ −1


T = = e0 = e,
∂s R (v/v0 )γ −1 R
∂e(s, v) e0 e(γ −1)(s−s0 )/R e
P =− = +(γ − 1) γ
= (γ − 1) .
∂v v0 (v/v0 ) v

La prima relazione mostra che e = e(T ) = RT /(γ − 1). Inoltre, combinando


le due relazioni si ottiene la celebre (forse sin troppo) equazione di stato del gas
ideale

Pv = RT ovvero P = ρ RT.

Calori specifici
Determiniamo ora i calori specifici a volume e a pressione costante del gas ideale
considerato. Riguardo il calore specifico a volume costante, dalla sua definizione 2
otteniamo, in virtù della legge di conservazione dell’energia de = d ? q − P dv,
     
d ?q de + P dv ∂e de(T )
cv = = = = ,
dT v=cost ∂T v=cost ∂T v dT
2
L’uso della stellina come apice del simbolo di infinitesimo d sta a indicare che il calore q
non è una variabile di stato per cui non esiste alcuna variazione di questa grandezza, né finita né
infinitesima.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-45 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.1: Gas ideale politropico A-45

dove, nell’ultimo passaggio, si è usata la proprietà del gas ideale e = e(T ). Essendo
poi nel gas ideale considerato e(T) = RT /(γ −1), abbiamo de(T )/dT = R/(γ −1)
e quindi

R
cv =
γ −1

per cui cv è effettivamente costante. Un gas per il quale il calore specifico a volume
costante sia costante è detto politropico. Per il calore specifico a pressione costante
avremo inoltre

   
d?q de + P dv
cP = =
dT P=cost ∂T P
     
∂e ∂v de(T ) ∂v
= +P = +P .
∂T P ∂T P dT ∂T P

D’altra parte v = v(T, P) = RT /P, per cui si ottiene la relazione

c P = cv + R,

nota con il nome di relazione di Meyer, la quale mostra che anche il calore
specifico a pressione costante del gas ideale politropico è costante, e il suo valore è
precisamente

γ
cP = R.
γ −1

Risolvendo l’equazione cv = R/(γ − 1) rispetto a γ si ottiene γ = 1 + R/cv e


quindi, per la relazione di Meyer,

cP
γ = ,
cv

ovvero, la costante γ del gas ideale politropico è uguale al rapporto dei suoi calori
specifici costanti. Per questo motivo il modello del gas ideale politropico è chiamato
anche gas con legge-γ (costante).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-46 colour black Dicembre 22, 2004

A-46 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Entalpia
L’entalpia specifica (per unità di massa) del gas ideale politropico è data da
RT γ
h = e + Pv = + RT = RT,
γ −1 γ −1
e quindi
h = c P T,
cioè, nel gas ideale politropico l’entalpia specifica è proporzionale alla temperatura
come l’energia interna specifica.
In certi problemi di dinamica dei fluidi (come il calcolo del coefficiente di
pressione nei flussi comprimibili isentropici) interviene la pressione quale funzione
sia dell’entropia sia dell’entalpia, ossia compare la funzione P = P(s, h). Questa
funzione può essere determinata risolvendo la relazione h = h(s, P) rispetto a P.
D’altra parte avere l’entalpia in funzione delle sue variabili naturali s e P significa
effettuare la trasformata di Legendre della relazione termodinamica fondamentale
e(s, v) rispetto a v, che costituisce proprio la definizione della grandezza entalpia.
Determiniamo allora la relazione fondamentale trasformata h = e + Pv,
ovverosia calcoliamo la seguente funzione composta
h(s, P) = e(s, v(s, P)) + P v(s, P),
dove v = v(s, P) è la funzione inversa dell’equazione di stato P = P(s, v) rispetto
alla seconda variabile v. Nel caso del gas ideale politropico si vede facilmente che
  γ1
(γ −1)(s−s0 )/R P0
v(s, P) = v0 e ,
P
dove P0 = (γ − 1)e0 /v0 . Sostituendo questa funzione nella definizione di h(s, P),
un calcolo elementare, anche se un po’ noioso, fornisce

  γ −1
P γ
h(s, P) = h 0 e(s−s0 )/R ,
P0

dove naturalmente h 0 = e0 + P0 v0 . Risolvendo infine questa relazione rispetto a P


si ottiene la funzione della pressione ricercata, per il gas ideale politropico,
  γ γ−1
−(s−s0 )/R h
P(s, h) = P0 e .
h0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-47 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-47

Velocità del suono


Calcoliamo infine la velocità del suono in questo tipo di gas. Per definizione
abbiamo, ricordando che P̃(s, ρ) = P s, ρ1 = P(s, v),

∂ P̃(s, ρ) ∂ P s, 1
∂ P(s, v) d  1  ∂ P(s, v)
c2 = = = = −v 2
ρ
.
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ ∂v

Calcoliamo la derivata parziale rispetto a v


 
∂ e0 e(γ −1)(s−s0 )/R
c2 = −v 2 (γ − 1)
∂v v0 (v/v0 )γ
e(γ −1)(s−s0 )/R
= v 2 γ (γ − 1) e0
(v/v0 )γ −1
e0 e(γ −1)(s−s0 )/R P
= v γ (γ − 1) = γvP = γ .
v0 (v/v0 )γ ρ

Estraendo la radice quadrata si ha la velocità del suono del gas ideale politropico
s
γP
c= ,
ρ

ovvero, utilizzando l’equazione di stato dei gas perfetti,


p
c= γ RT .

Quindi nel gas ideale politropico la velocità del suono dipende solo dalla temperatura
del gas. Alternativamente, esprimendo la temperatura in termini dell’entalpia, la
velocità del suono del gas ideale politropico può essere scritta anche come
p
c= (γ − 1)h .

Mentre per un gas generico la velocità del suono come funzione dell’entalpia
dipende anche da una seconda variabile termodinamica, per il gas ideale politropico
si ha c = c(h). Siccome è la funzione c(s, h) che gioca un ruolo decisivo nella
dinamica dei flussi comprimibili isentropici, i flussi di questo tipo di un gas ideale
politropico saranno del tutto indipendenti dal valore s dell’entropia del fluido,
supposta uniforme nell’intero campo di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-48 colour black Dicembre 22, 2004

A-48 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

E.2 Gas ideale non politropico


Il parametro γ del modello del gas ideale politropico deve essere maggiore di 1,
essendo c P > cv in conseguenza della relazione di Meyer, ma, per il resto ogni,
valore di γ è permesso senza che il modello di gas con molecole o atomi puntiformi
possa fornire alcuna indicazione quantitativa e nemmeno qualitativa. Per avere
qualche indicazione sul valore effettivo di γ per un determinato gas è necessario
considerare la natura delle particelle che lo costituiscono.

Gas atomici
Il caso di gran lunga più semplice è rappresentato dai gas atomici. In questo caso
l’unica forma di energia posseduta dal gas ideale (trascurando ogni ionizzazione) è
l’energia cinetica di traslazione degli atomi. Per i gas atomici il calore specifico a
volume costante vale quindi cvatom = 32 R, che corrisponde a un contributo di 12 RT
all’energia interna del gas dovuto a ciascuno dei tre gradi di libert à di traslazione
degli atomi. Ne consegue che γ atom = 35 e catom P = 25 R. Il modello di gas
ideale politropico con γ atom
= 3 descrive quindi i gas monoatomici, almeno nelle
5

condizioni in cui la ionizzazione può essere trascurata.

Gas molecolari
Molto diversa è la situazione dei gas molecolari. In questo caso possono verificarsi
fenomeni assenti nel gas atomico. In primo luogo le molecole del gas possono
ruotare nello spazio e l’energia associata a tali rotazioni potrà contribuire all’energia
interna ovvero ai calori specifici del gas. In secondo luogo le molecole non saranno
rigide ma potranno subire delle deformazioni e di conseguenza l’energia del gas
potrà avere un contributo derivante da questi gradi di libertà interni alla molecola.
Un terzo fenomeno sarà poi possibile: a temperature sufficientemente elevate le
molecole del gas potranno dissociarsi.
Di questi tre fenomeni molecolari diversi – rotazione, vibrazione e dissoci-
azione – considereremo solo i primi due mentre supporremo che la temperatura del
gas resti al di sotto del valore per cui le molecole possono iniziare a dissociarsi ed
eventualemente a ionizzarsi.
Le rotazioni e le vibrazioni di una molecola possono essere analizzate mediante
le leggi della meccanica newtoniana. Per quanto riguarda la rotazione di una
molecola è necessario distinguere le molecole lineari, che hanno tutti gli atomi
allineati, da tutte le altre. Mentre le molecole non lineari possono ruotare attorno
a tre assi perpendicolari, le molecole lineari, che comprendono naturalmente tutte
le molecole costituite da due soli atomi, dette molecole diatomiche o biatomiche,
possono ruotare solo attorno a due assi perpendicolari all’asse della molecola.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-49 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-49

Questa differenza implica che il contributo delle rotazioni all’energia interna di


un gas con molecole lineari è inferiore a quello in un gas con molecole non lin-
eari. Inoltre, la differenza in questione si riflette anche sul numero di vibrazioni
indipendenti della molecola. Infatti, considerata una molecola con un numero di
atomi pari a n.a., i gradi di libertà che permettono di definire la posizione di tutti
gli atomi della molecola sono g.d.l. = 3 n.a., essendo tre le coordinate cartesiane
necessarie per definire la posizione di ciascun atomo. D’altra parte, 3 gradi di
libertà servono per definire la posizione del centro di massa della molecola e 2
o 3 gradi di libertà servono per stabilire la posizione angolare della molecola a
seconda che essa sia lineare o non lineare: nel primo caso basta fornire la direzione
dell’asse della molecola mentre nel secondo caso, fissata una direzione solidale con
la molecola rigida, occorre un terzo angolo di rotazione attorno a questa direzione.
In conclusione il numero di gradi di libertà a disposizone delle vibrazioni sarà dato
da
(
3 n.a. − 5 molecola lineare
g.d.l.vib =
3 n.a. − 6 molecola non lineare

In altre parole, le molecole lineari hanno un grado di libertà vibrazionale in più


rispetto a quelle non lineari aventi lo stesso numero di atomi.
Dalla meccanica classica, considerando deformazioni della molecola di pic-
cola entità, si può di mostrare che la vibrazione complessiva è semplicemente la
sovrapposizione di oscillazioni elementari indipendenti, chiamati modi normali,
il cui numero è uguale al numero di gradi di libertà vibrazionali, ossia g.d.l.vib.
Ognuno di questi modi rappresenta un’oscillazione armonica della molecola, nello
stesso senso in cui il moto in una dimensione di una massa puntuale sosgetta alla
forza elastica di una molla è effettivamente un moto oscillatorio armonico. Come
ben noto in questo tipo di sistema fisico vi è sia un’energia cinetica sia un’energia
potenziale elastica dovuta alla presenza della forza di richiamo della molla. In
modo del tutto analogo, i modi normali di oscillazione della molecola forniscono
all’energia interna del gas dei contributi associati sia alla loro energia cinetica sia
alla loro energia potenziale elastica. Quest’ultima è dovuta alle forze di richiamo
fra gli atomi quando essi si spostano (di poco) dalle posizioni di equilibrio. Pertanto
ogni modo normale di vibrazione darà origine a un contributo pari a 12 R + 12 R = R.

Principio di equipartizione dell’energia


In base al principio di equipartizione dell’energia, ogni termine dell’energia del
sistema (energia cinetica traslazionale o rotazionale, come pure energia cinetica di
vibrazione o potenziale elastica) all’equilibrio termodinamico contribuisce al calore
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-50 colour black Dicembre 22, 2004

A-50 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

specifico a volume costante una quantità pari a 21 R. La previsione del valore di cv


basata sulla teoria classica è quindi data della seguente somma
cvclass = cvtrasl + cvrot + cvvib = 23 R + cvrot + (g.d.l.vib)R
dove i contributi rotazionale e vibrazionale dipendono dal carattere lineare o non
lineare della molecola considerata. Tenendo conto di questo, abbiamo
3
 2 R,
 gas atomico
cv = 2 (6 n.a. − 5)R, molecola lineare (n.a. ≥ 2)
class 1


3(n.a. − 1)R molecola non lineare (n.a. ≥ 3)
Questo è la previsione della teoria classica. Ad esempio, un gas biatomico avrebbe
cvclass = 72 R mentre per un gas triatomico con molecola lineare si avrebbe c vclass =
13
2 R e con molecola non lineare si avrebbe invece c v
class
= 6R.
In ogni caso la teoria classica prevede che il calore specifico sia costante. Questa
previsione è tuttavia in completo disaccordo con i risultati sperimentali che, con la
sola eccezione dei gas monoatomici, mostrano che cv cresce con la temperatura fino
a raggiungere il valore previsto classicamente ma solo a temperatura relativamente
elevata. Una descrizione soddisfacente dei risultati sperimentali è tuttavia possibile
ricorrendo alla descrizione delle rotazioni e delle vibrazioni delle molecole fornita
dalla meccanica quantistica.
Nell’ambito di tale teoria, le rotazioni e le vibrazioni molecolari risultano avere
una struttura discreta nel senso che il passaggio da uno stato di rotazione all’altro e
da uno stato di vibrazione all’altro può avvenire solo in modo discontinuo, ovvero
con salti di ampiezza finita. La conseguenza termodinamica di questa natura discreta
delle rotazioni e delle vibrazioni è che, per temperature sufficientemente basse,
cioè inferiori a una cosiddetta temperatura rotazionale della molecola, la sua
rotazione è impossibile e quindi non contribuisce all’energia interna del gas. Solo
per temperature maggiori della temperatura rotazionale i diversi livelli di rotazione
diventano accessibili e al crescere della temperatura il contributo della rotazione
al calore specifico previsto dalla teoria quantistica tende a quello previsto dalla
meccanica classica.
Un’analoga interdizione si verifica per le vibrazioni: a temperature inferiore di
determinate temperature vibrazionali caratteristiche della molecola le vibrazioni
sono inacessibili, come se non esistessero (si parla talvolta di “vibrazioni conge-
late”). Solo a temperature maggiori delle temperature vibrazionali la molecola pu ò
oscillare effettivamente e quando la temperatura è abbastanza grande le previsioni
della teoria quantistica tendono a quelle della meccanica classica. Nella tabella 2
sono riportate la temperatura rotazionale (unica) e la temperatura vibrazionale (pure
unica) di alcuni gas diatomici.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-51 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-51

Tabella 2. Temperature rotazionali e vibrazionali di alcuni gas diatomici

massa molecolare Trot Tvib


Sostanza kg/kmol K K

H2 2.016 85.5 6325


N2 28.013 2.89 3393
O2 32.00 2.08 2273
CO 28.010 2.78 3122
NO 30.01 2700
HCl 36.47 15.2 4150
HBr 80.917 3680

Si vede che la temperatura rotazionale risulta essere molto minore di quella vi-
brazionale. Tali valori possono essere calcolati teoricamente mediante la mecca-
nica quantistica. Nel caso di molecole più complicate occorre tenere presente che
possono esistere anche 2 o 3 temperature rotazionali diverse in quanto i momenti
principali d’inerzia della molecola possono essere molto diversi fra loro se la forma
della molecola è allungata. Per quanto riguarda le temperature vibrazionali, il loro
numero per ogni tipo di molecola dipende dal numero di di frequenze distinte dei
modi normali di oscillazione della molecola. Comunque, come sar à mostrato fra
un momento, anche per molecole più complicate di quelle con due soli atomi, le
temperature rotazionali della molecola poliatomica risultano essere sempre minori
delle sue temperature vibrazionali.
Di conseguenza, per molte applicazioni potremo considerare attive e trattabili in
senso classico le rotazioni e ritenere nello stesso tempo congelate, e quindi comple-
tamente assenti, tutte le vibrazioni molecolari. All’interno di tale approssimazione,
che chiameremo intermedia, il valore del calore specifico a volume costante sar à
dovuto solo all’energia cinetica delle traslazioni e delle rotazioni, per cui avremo

3 5
 2 R, gas atomico
  3 = 1.6, gas atomico

cvinter = 25 R, mol. lineare γ inter = 57 = 1.4, mol. lineare

 
4
3 = 1.3, mol. non lineare
3R, mol. non lineare

Il modello di gas ideale di questa approssimazione intermedia è quindi politropico


e può essere utilizzato per gas poliatomici anche complessi purché essi si trovino
in un determinato intervallo di temperature.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-52 colour black Dicembre 22, 2004

A-52 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Modi di vibrazione della molecola


Considerando molecole con più di due atomi, i modi normali di oscillazione sono
almeno 3 ed essi possono essere degeneri, nel senso che alcune delle frequenze
di oscillazione possono essere multiple. Nella tabella 3 riportiamo le temperature
vibrazionali di alcuni gas con molecole triatomiche. Notiamo che le molecole
lineari hanno un modo di oscillazione in più rispetto a quelle non lineari con lo
stesso numero di atomi. Il modo normale delle molecole lineari di frequenza, e
quindi temperatura, più bassa è degenere con molteplicità doppia. Ciò corrisponde
alla flessione che molecola triatomica lineare può avere in due direzioni normali al
suo asse e perpendicolari fra loro.
Tabella 3. Temperature vibrazionali di alcuni gas con molecole triatomiche.

Tvib,1 Tvib,2 Tvib,3


Sostanza K K K
CO2 (lineare) 960 (2) 2000 3380
N2 O (lineare) 847 (2) 1850 3200
H2 O 2290 5250 5400
H2 S 1855 3670 3860
CH2 2080 4270 4310
NO2 931 1900 2330
SO2 753 1660 1960

La tabella 4 riporta le temperature rotazionali di alcune molecole poliatomiche


costituite da 4 o più atomi. Accanto a ogni frequenza è riportata la molteplicità
della degenerazione eventuale del modo di oscillazione.
Tabella 4. Temperature vibrazionali di alcuni gas con molecole poliatomiche di
quattro o più atomi.

Tvib,1 Tvib,2 Tvib,3 Tvib,4 & 5


Sostanza K K K K

4850
C2 H2 (lineare) 880 (2) 1050 (2) 2840 4730
NH3 1368 2340 (2) 4800 4910 (2)
CH4 1880 (3) 2190 (2) 4190 4350 (3)
CCl4 314 (2) 452 (3) 659 1120 (3)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-53 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-53

Dai valori delle temperature vibrazionali più basse si vede che in alcuni casi le
vibrazioni del primo modo normale possono entrare in gioco a anche a temperature
non troppo elevate rispetto alla temepratura ambiente. Sembra pertanto utile svilup-
pare un modello di gas ideale in grado di tenere conto dell’“accensione” graduale
delle vibrazioni descritta dalla teoria quantistica.

Energia vibrazionale e calore specifico


In base alla meccanica quantistica il contributo al calore specifico di un modo
oscillatorio con temperatura vibrazionale Tm è
 2
Tm eTm /T
cvvib (T ) = R 2 .
T eTm /T − 1
Questo contributo può essere scritto anche nella maniera equivalente:
 
Tm /(2T ) 2
cvvib (T ) = R .
sinh(Tm /2T )
L’andamento di questa funzione con la temperatura è mostrato nella figura E.1.
cvvib /R

1.2

1.0

0.8

0.6

0.4

0.2
Figura E.1 Contributo al calore
specifico a volume costante della
0.5 1.0 1.5 2.0 T /Tvib
vibrazione molecolare

Supponendo ora che la molecola abbia Mvib modi di vibrazione, ciascuno caratte-
rizzato da una determinata temperatura vibrazionale Tm , l’espressione del calore
specifico del gas ideale di tipo molecolare sarà

Mvib 
X 
Tm 2 eTm /T
cv (T ) =  R + R 2 ,
m=1
T eTm /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-54 colour black Dicembre 22, 2004

A-54 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

dove il parametro  può assumere solo i due seguenti valori


(
3
+ 2 = 25 = 2.5, molecola lineare
 = 32 23
2 + 2 = 3, molecola non lineare

perché la parte non vibrazionale dell’energia interna comprende sempre la medesima


energia cinetica traslazionale mentre l’energia rotazionale è diversa a seconda che la
molecola sia lineare o meno. Questo modello di gas ideale è detto non politropico
Si deve notare che, se qualche modo vibrazionale ha frequenza multipla (de-
generazione del modo normale), la formula precedente è corretta a condizione
di includere nella sommatoria il termine degenere un numero di volte pari alla
sua molteplicità; oppure, più convenientemente, la sommatoria può essere limitata
ai soli modi di vibrazione con frequenza diversa includendo un fattore pari alla
molteplicità di ciascuno. Osserviamo inoltre che per il gas ideale non politropico
anche il calore specifico a pressione costante è funzione della sola temperatura.
Infatti
 
de(T ) ∂v
cP = +P = cv (T ) + R = c P (T ).
dT ∂T P

Relazione fondamentale in forma parametrica


L’espressione del calore specifico a volume costante completa la definizione del
gas ideale non politropico. Tuttavia, siccome la funzione c v = cv (T ) non può
essere risolta rispetto alla variabile T , non è possibile scrivere in forma analitica
la relazione fondamentale e si deve ricorrere a una sua rappresentazione in forma
parametrica. La maniera classica consiste nello scrivere due equazioni di stato
per l’energia e l’entropia in funzione di T e v. Per il gas ideale tali equazioni
parametriche assumono la forma seguente
Z T
e(T ) = e0 + cv (T 0 ) dT 0 ,
T0
Z
v T
cv (T 0 )
s(T, v) = s0 + R ln + dT 0 .
v0 T0 T0
Notare che, anche nel caso non politropico, l’energia interna specifica del gas ideale
dipende solo da T . La stessa cosa accade per l’entalpia, dato che h = e + Pv =
e(T ) + RT = h(T ).
Sostituendo la funzione cv (T ) del nostro modello di gas non politropico e
calcolando l’integrale della relazione per l’energia avremo quindi:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-55 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-55

" #
Z Mvib 
X  0
T
Tm 2 eTm /T 0
e(T ) = e0 + R + R 2 dT ,
T0 m=1
T0 eTm /T 0 −1
Mvib Z
X T  2 0
Tm eTm /T 0
= e0 +  R(T − T0 ) + R 2 dT .
m=1 T0 T0 eTm /T 0 − 1
Il calcolo dell’integrale si effettua mediante il semplice cambiamento di variabile
0
T 0 → z = eTm /T , per cui
Z T  2 0 Z eTm /T
Tm eTm /T 0 dz
0  dT = −Tm
eTm /T0 (z − 1)
T 0 2 2
T0 eTm /T − 1
  eTm /T
1
= +Tm
z − 1 eTm /T0
 
1 1
= Tm . −
eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm
Scegliendo la costante e0 tale che e0 = R m=1 eTm /T0 −1
, si ottiene la relazione
dell’energia interna del gas ideale non politropico:

X
Mvib
RTm
e(T ) =  R(T − T0 ) + .
m=1
eTm /T −1

Considerando invece la relazione dell’entropia, la sostituzione dell’espressione di


cv (T ) del modello non politropico considerato fornisce
Z  Mvib 
X  0 
v T
Tm 2 eTm /T dT 0
s(T, v) = s0 + R ln +R + 2 .
v0 T0 eTm /T 0 − 1
m=1
T0 T0
R
Un’integrazione diretta mediante l’integrale indefinito ln x dx = x ln x − x con-
duce alla seguente espressione esplicita:
 
v T
s(T, v) = s0 + R ln + R ln
v0 T0
X  
Mvib
1 − e−Tm /T0 Tm /T Tm /T0
+R ln + − .
m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-56 colour black Dicembre 22, 2004

A-56 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
  XMvib  
s(T, v) v T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + T /T .
R v0 T0 m=1
1 − e−Tm /T e m −1

Velocità del suono


Per determinare la velocità del suono del gas ideale non politropico partiamo dalla
sua espressione generale in termini delle due funzioni di stato P = P(T, v) e
cv = cv (T, v)
 
T v2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c (T, v) =
2
− v2 ,
cv (T, v) ∂T ∂v
che nel caso particolare di calore specifico dipendente solo dal T diventa
 
T v 2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c2 (T, v) = − v2 .
cv (T ) ∂T ∂v
Sostituendo i valori delle due derivate parziali
∂ P(T, v) R ∂ P(T, v) RT
= e =− 2 ,
∂T v ∂v v
abbiamo
 2    
T v2 R RT R
c2 (T ) = − v2 − 2 = 1 + RT.
cv (T ) v v cv (T )
Estraendo la radice quadrata otteniamo la velocità del suono in un gas ideale non
politropico:
s 
R
c(T ) = 1+ RT ,
cv (T )

dove cv (T ) è dato dall’espressione2 vista all’inizio. Quindi il gas ideale anche non
politropico ha una velocità del suono dipendente solo dalla temperatura.
2
L’impiego della stessa lettera per indicare la velocità del suono e il calore specifico è molto
infelice, particolarmente nel caso del gas ideale non politropico, per il quale entrambe le grandezze
dipendono solo dalla temperatura. D’altra parte, la scelta alternativa alquanto comune della lettera
a per indicare la velocità del suono in un fluido non può essere qui seguita perché in conflitto con
la notazione standard dei coefficienti del gas di van der Waals, come si vedrà fra un momento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-57 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-57

E.3 Gas di van der Waals


Nella sua tesi di dottorato Johannes Diderik van der Waals propose nel 1873 un
modello termodinamico di un fluido quando sono presenti contemporaneamente la
fase gassosa e quella liquida. Dal punto di vista microscopico il sistema consisteva di
un insieme di atomi o molecole interagenti a coppie per effetto di forze debolmente
attrattive a grande distanza e fortemente repulsive a piccola distanza.
In questo paragrafo considereremo due diversi modelli di gas di van der Waals,
che sarebbe però più coretto chiamare fluido di van der Waals. I due modelli
hanno la stessa l’equazione di stato P = P(v, T ) formulata originariamente da van
der Waals ma differiscono per la forma assunta dalla seconda equazione di stato
e = e(v, T ), che è necessario introdurre per avere una descrizione completa delle
proprietà termodinamiche del fluido. Nel primo modello si suppone che il calore
specifico a volume costante sia costante e il sistema sarà chiamato gas di van der
Waals politropico mentre nel secondo modello tale calore specifico pu ò dipendere
dalla temperatura per cui il sistema corrispondente sarà chiamato gas di van der
Waals non politropico.
L’equazione di stato proposta da van der Waals è
 
a
P+ (v − b) = RT,
v2

dove R = /m.m. è la costante del gas di massa molecolare m.m., = 8.314 J/(mol·
K), e dove le costanti (dimensionali) a e b dipendono dal gas considerato. Esse
sono legate rispettivamente alle intensità delle forze attrattive a grande distanza e
di quelle repulsive a corta distanza. In particolare b rappresenta il volume minimo
per unità di massa al quale il fluido può essere compresso e si chiama covolume.
Risolvendo questa equazione rispetto alla pressione si ha l’equazione di stato

RT a
P(T, v) = − ,
v − b v2
che permette di rappresentare le curve isoterme nel piano v P: è sufficiente disegnare
le curve della funzione P = P(T, v) per valori fissati di T . Nella figura E.2 sono
riportate alcune curve isoterme del gas di van der Waals, utilizzando invero delle
variabili ridotte adimensionali che saranno definite pi ù avanti.
Come mostra il disegno, alcune curve isoterme sono monotone mentre alcune
altre hanno un andamento più complicato con un massimo e un minimo locale e un
punto di flesso compreso fra essi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-58 colour black Dicembre 22, 2004

A-58 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

P/Pc

2.5

T
2.0 = 1.2
Tc

1.5 1.1
1
1.0
Figura E.2 Alcune isoterme del gas
di van der Waals nella regione del punto 0.9
0.5
critico. La curva a campana più larga 0.8
delimita la regione in cui sono presenti
contemporaneamente liquido e gas. 1 0.5 1.0 1.5 2.0 v/vc
3

Per un isoterma particolare i due punti di stazionarità coincidono e in quel punto


l’isoterma speciale avrà anche un punto di flesso con tangente orizzontale. Tale
punto si trova quindi ricercando un punto in cui la tangente alla curva sia orizzontale
e nello stesso tempo vi sia anche un flesso con tangente orizzontale. Si deve pertanto
risolvere il seguente sistema di due equazioni

∂ P(Tc , vc ) ∂ 2 P(Tc , vc )
= 0, = 0.
∂v ∂v 2

Un calcolo elementare fornisce vc = 3b e Tc = 8a/(27b R), da cui segue,


dall’equazione di stato, Pc = a/(27b 2) e scriveremo quindi la soluzione completa
che definisce il punto critico

a 8a
Pc = , Tc = , vc = 3b.
27b2 27b R

Utilizzando questi valori è possibile definire le variabili ridotte adimensionali

P T v
Pr = , Tr = , vr = .
Pc Tc vc

L’equazione di stato espressa in termini delle variabili ridotte diventa

8Tr 3
Pr (Tr , vr ) = − 2.
3vr − 1 vr
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-59 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-59

Al disotto del punto critico la sostanza si pu ò trovare in condizioni per cui è presente
contemporaneamente la fase liquida e la fase gassosa, che sono caratterizzate da
valori differenti del volume specifico o densità per una data temperatura. Al di sopra
del punto critico la sostanza si presenta invece necessariamente in un’unica fase
che non sarà possibile definire liquida o gassosa dal momento che il cambiamento
di densità avviene in modo omogeneo e uniforme in tutto il volume occupato dal
fluido. Nella tabella seguente riportiamo i valori critici di alcune sostanze semplici,
misurati sperimentalmente.

Tabella 5. Valori delle grandezze termodinamiche nel punto critico di alcuni gas

Pc Tc vc Pc vc /RTc
−3
Sostanza 10 × Pa
6
K 10 × m /kg
3
= Zc

He 0.226 5.2 14.43 0.302


Ne 2.73 44.5 2.066 0.308
Ar 4.861 150.7 1.883 0.288
Xe 5.87 289.7 0.9049 0.290
H2 1.279 33.2 32.3 0.302
N2 3.354 126.2 3.2154 0.288
O2 5.014 154.8 2.33 0.291
CO
H2 O 21.817 647.3 3.154 0.230
CO2 7.290 304.2 2.17 0.275
SO2 7.88 430.0 1.900 0.268
CH4 4.58 190.7 6.17 0.285
C3 H8 4.21 370.0 4.425 0.267

Si riporta anche il valore nel punto critico del fattore di comprimibilit à definito
dal seguente rapporto
Pv
Z= .
RT
Il fattore di comprimibilità del gas ideale è sempre uguale a 1, in qualunque stato
termodinamico del gas. Diversamente, per il gas di van der Waals il fattore di
comprimibilità è dato da
v a
Z vdW = − .
v − b v RT
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-60 colour black Dicembre 22, 2004

A-60 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

e quindi dipende dallo stato termodinamico del gas, ossia Z vdW = Z vdW (T, v). In
particolare, il fattore di comprimibilità nello stato critico vale

Z cvdW = Z vdW (Tc , vc ) = 3


2 − 9
8 = 3
8 = 0.375.

Il confronto coi dati sperimentali mostra che l’equazione di van der Waals for-
nisce una descrizione non molto accurata del comportamento del gas, almeno in
prossimità della zona critica.
Nella figura E.2 la curva punteggiata rappresenta il luogo dei punti estremi
(punti di massimo e minimo) delle isoterme per temperature minori di quelle
dell’isoterma critica, che è quella con il punto di flesso con tangente orizzontale.
L’equazione di questo luogo si ottiene scrivendo la condizione ∂ P(T, v)/∂v = 0
ed eliminando la temperatura mediante l’equazione di stato:

 
a 2b
Ptan or (v) = 2 1 −
v v

Le costanti a e b di ogni sostanza possono essere espresse in funzione dei valori


critici Tc e Pc , nonché della costante R del gas considerato. È infatti immediato
ricavare le relazioni

27 R 2 Tc2 1 RTc
a= , b= .
64 Pc 8 Pc

Nella prossima tabella sono riportati i valori delle costanti R, a e b del modello di
van der Waals di alcuni gas. Si noti che b è il covolume specifico, ossia per unità di
massa (non per mole) e analogamente le dimensioni e i valori di a sono relativi alle
equazioni in cui compaiono le variabili specifiche, ossia per unit à di massa (non
per mole). Si riporta anche il valore della costante δ che compare nella relazione
fondamentale e che è quindi necessario per definire in modo completo il modello
di gas di van der Waals, come sarà spiegato più avanti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-61 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-61

Tabella 6. Costanti dell’equazione di stato di van der Waals per alcuni gas

R= /m.m. a b δ
Pa · m6 −3 m3
Sostanza J
kg · K 10 × 3
kg2
10 × kg

He 2077.0 0.227 5.92 0.6


Ne 411.9 0.0528 0.847 0.6
Ar 208.1 0.0827 0.756 0.6
H2 4124.20 6.1020 13.19 0.41
N2 296.83 0.1733 1.374 0.41
O2 259.82 0.1347 1.018 0.39
CO 296.83 0.1925 1.424 0.40
H2 O 461.52 1.1676 1.693 0.32
CO2 188.92 0.2070 0.970 0.33
N2 O 188.90 0.4893 1.004 0.28
SO2 129.78 0.1657 0.880 0.28

Caso politropico
Invece di fornire la seconda equazione di stato e = e(T, v) necessaria per completare
la definizione delle proprietà termodinamiche di gas, preferiamo definire il gas di
van der Waals politropico attraverso la sua relazione fondamentale dell’entropia
"  1δ #
e + av v−b
s = s(e, v) = s0 + R ln ,
e0 + va0 v0 − b

oppure, alternativamente, per mezzo della relazione fondamentale dell’energia

a  a   v0 − b δ δ (s−s0 )/R
e = e(s, v) = − + e0 + e ,
v v0 v−b

che è semplicemente la funzione inversa della precedente rispetto al primo argmento,


ossia e(s, v) = s −1 (s, v). I parametri e0 , v0 e s0 che compaiono nelle precedenti
relazioni sono i valori delle rispettive grandezze in uno stato di riferimento arbitrario.
Le relazioni fondamentali precedenti con a = 0 e b = 0 diventano quelle
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-62 colour black Dicembre 22, 2004

A-62 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

del gas ideale politropico considerato nel paragrafo E.1, con la corrispondenza
δ = γ − 1. Notare tuttavia che per il gas di van der Waals la quantità δ + 1
(che è costante, per definizione, nel modello) non rappresenta il rapporto dei calori
specifici a pressione e a volume costante. Infatti, per il gas di van der Waals anche
politropico c P non è costante.
Il modello di gas considerato dipende dal valore del parametro δ oltre che dalle
tre costanti R, a e b. Vedremo fra un momento che δ = R/c v , dove cv indica il
calore specifico a volume costante, che è costante, per cui l’esponente δ è una ver-
sione adimensionale dell’inverso del calore specifico. Nell’ipotesi di congelamento
completo dei modi di vibrazione delle molecole, il valore di δ dipenderebbe dal
conteggio dei modi di traslazione e rotazione della molecola come gi à discusso nel
caso di gas ideale, per cui si dovrebbe avere
5
 3 − 1 = 3 = 0.6, gas atomico
2

δ = γ inter − 1 = 57 − 1 = 52 = 0.4, molecola lineare

4
3 − 1 = 3 = 0.3,
1
molecola non lineare
In realtà, solo nel caso di gas atomico il valore di δ è dato esattamente da tale
analisi. Negli altri casi le vibrazioni della molecola possono contribuire in modo
più o meno considerevole all’energia interna. Il valore del parametro δ conveniente
per una determinata sostanza risulta allora da misure sperimentali. Nella tabella 6
sono riportatii valori di δ derivati appunto dagli esperimenti.
Le derivate parziali della relazione fondamentale e = e(s, v) definiscono la
temperatura e la pressione, per cui avremo
∂e(s, v) δ a   v0 − b δ δ (s−s0 )/R
T (s, v) = = e0 + e ,
∂s R v0 v−b
∂e(s, v) a  a  (v0 − b)δ δ (s−s0 )/R
P(s, v) = − = − 2 + δ e0 + e .
∂v v v0 (v − b)δ+1
La variabile s può essere eliminata in favore di e, ottenendo le relazioni
δ  a
T (e, v) = e+ ,
R v
e + av a
P(e, v) = δ − .
v − b v2
Determiniamo il calore specifico a volume costante cv . Per definizione abbiamo
 
∂e(T, v) ∂ RT a R
cv = = − = ,
∂T ∂T δ v δ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-63 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-63

per cui il cv del gas di van der Waals considerato è costante, donde la denominazione
di politropico, conformemente al caso del gas ideale.
Calcoliamo infine la velocitàdel suono, al quadrato. Per definizione abbiamo,
ricordando che P̃(s, ρ) = P s, ρ1 = P(s, v),

∂ P̃(s, ρ) ∂ P s, ρ1 ∂ P(s, v) d  1  ∂ P(s, v)
c (s, v) =
2
= = = −v 2 .
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ ∂v
Calcolando la derivata parziale rispetto a v si ha

2a  a  v 2 (v0 − b)δ δ (s−s0 )/R


c2 (s, v) = − + δ(δ + 1) e0 + e .
v v0 (v − b)δ+2
Eliminando infine la variabile s in funzione di P si ottiene
Pv 2 + a 2a
c2 (P, v) = (δ + 1) − ,
v−b v
ovvero, se si elimina la pressione in favore della temperatura come variabile in-
dipendente,

v 2 RT 2a
[c(T, v)]2 = (δ + 1) − .
(v − b) 2 v

Quindi, diversamente dal caso di gas ideale, la velocità del suono del gas di van der
Waals dipende anche dal volume specifico oltre che dalla temperatura.

Caso non politropico


Il caso non politropico di un gas di van der Waals di tipo molecolare si ottiene aggiun-
gendo all’energia interna il contributo dovuto ai moti vibrazionali delle molecole,
nello stesso modo in cui si è proceduto per la versione non politropica del gas ideale.
Supponiamo che il calore specifico a volume costante assuma la forma c v = cv (T )
già vista nel paragrafo E.2, che qui riportiamo per comodità:
Mvib 
X 
Tm 2 eTm /T
cv (T ) =  R + R 2 ,
m=1
T eTm /T − 1
dove il parametro  può assumere solo i due valori seguenti
(
5
= 2.5, molecola lineare
= 2
3, molecola non lineare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-64 colour black Dicembre 22, 2004

A-64 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

L’aggiunta di questa specifcazione rende completa la definizione del modello gas


di van der Waals non politropico. Anche per il caso del gas di van der Waals
l’impossibilità di risolvere la funzione cv = cv (T ) rispetto alla variabile T rende
necessario la forma parametrica per descrivere la relazione fondamentale, per mezzo
delle seguenti funzioni di T e v:
Z T
a
e(T, v) = e0 − + cv (T 0 ) dT 0 ,
v T0
Z
v−b T
cv (T 0 )
s(T, v) = s0 + R ln + dT 0 .
v0 − b T0 T0

Sostituendo la funzione cv (T ) del nostro modello di gas non politropico e calcolando


l’integrale che compare nella relazione per l’energia avremo:

a X
Mvib
RTm
e(T, v) = − +  R(T − T0 ) + ,
v m=1
e /T − 1
Tm

P Mvib Tm
avendo scelto e0 = R m=1 eTm /T0 −1
. Considerando poi la relazione dell’entropia, la
sostituzione della funzione cv (T ) del modello non politropico considerato fornisce
Z  Mvib 
X  0 
v−b T
Tm 2 eTm /T dT 0
s(T, v) = s0 + R ln +R + 2 .
v0 − b T0 m=1
T0 eTm /T 0 − 1 T0
R
Un’integrazione diretta mediante l’integrale indefinito ln x dx = x ln x − x con-
duce alla seguente espressione esplicita:
 
v−b T
s(T, v) = s0 + R ln + R ln
v0 − b T0
Mvib 
X 
1 − e−Tm /T0 Tm /T Tm /T0
+R ln + T /T − .
m=1
1 − e−Tm /T e m − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
  XMvib  
s(T, v) v−b T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + .
R v0 − b T0 m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-65 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.4: Gas di Soave–Redlich–Kwong A-65

Per determinare la velocità del suono del gas considerato, partiamo dall’espressione
di c2 (T, v) valida quando il calore specifico a volume costante dipende solo dalla
temperatura. Questa relazione è già stata introdotta alla fine del paragrafo E.2 nello
studio del gas ideale non politropico. Mediante un calcolo diretto si trova che la
velocità del suono in un gas di van der Waals non politropico è data da:
 
R RT v 2 2a
[c(T, v)]2 = 1 + − ,
cv (T ) (v − b)2 v

e quindi dipende dalla temperatura in modo più complicato del corrispondente


modello politropico.

E.4 Gas di Soave–Redlich–Kwong

Forma della molecola e fattore acentrico


Nel 1972 Soave ha proposto una modifica a un modello di gas dovuto a Redlich e
Kwong per tenere conto della forma più o meno allungata delle molecole del gas.
La modifica consiste nell’introdurre un nuovo parametro adimensionale, chiamato
fattore acentrico, che viene indicato con ω e che è definito dalla seguente relazione

Psat (0.7)
ω = −1 − log10 ,
Pc

in cui Psat (0.7) rappresenta la pressione in condizioni di vapore saturo (equilibrio


della fase gassosa con la fase liquida) quando T = 0.7 Tc .
Questo parametro è uguale a zero per molecole non polari di forma quasi sferica
e il suo valore è una misura della deviazione dalla situazione di molecola non polare
sferica. Ad esempio, per il metano, che ha una struttura tetraedrica, quindi molto
simmetrica, risulta ω = 0.011.
In alternativa, il fattore acentrico può anche essere calcolato in modo approssi-
mato ricorrendo a un’altra relazione, dovuta a Poling e collaboratori, in termini
dei valori critici Tc e Pc , nonchè del valore Tb della temperatura di ebollizione alla
pressione P1 = 1 atm,

3 1 Pc
ω = −1 + log10 .
7 (Tc /Tb ) − 1 P1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-66 colour black Dicembre 22, 2004

A-66 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Il valore di ω cosı̀ definito per il gas studiato è poi utilizzato per calcolare la seguente
funzione adimensionale della temperatura ridotta T /T c = τ
 √ 2
αω (τ ) = 1 + f ω 1 − τ ,
dove τ = T /Tc rappresenta la temperatura ridotta e il coefficiente (sempre adimen-
sionale) f ω è dato dalla relazione
f ω = 0.48 + 1.574 ω − 0.176 ω 2.

Equazione di stato
L’equazione di stato del gas di Soave–Redlich–Kwong ha la forma seguente

RT a αω TTc
P(T, v) = − 2 ,
v−b v + vb

dove parametri a e b sono determinati in termini della pressione e temperatura


critiche mediante le relazioni:
R 2 Tc2 RTc
a = 0.42748 , b = 0.08664 .
Pc Pc

Relazione fondamentale in forma parametrica


Naturalmente, per definire il modello di gas in modo completo, questa equazione
di stato deve essere combinata con la funzione
Z T Z T
0 0
φ(T ) = cv (T , ∞) dT = lim cv (T 0, v) dT 0 ,
Trif v→∞ Trif

che fornisce il contributo all’energia interna specifica dovuto ai gradi di libert à


interni delle molecole del gas.
Per completezza riportiamo le due equazioni di stato e = e(T, v) e s = s(T, v)
che costituiscono la definizione in forma parametrica dell’equazione fondamentale
del gas di Soave–Redlich–Kwong:
 
a  b 
e(T, v) = erif + φ(T ) + αω T
Tc
− ln 1 +
T
Tc
αω0 ,
T
Tc
b v
  
a f ω αω TTc b
s(T, v) = srif + ψ(T ) + R ln(v − b) − √ ln 1 + ,
b T Tc v
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-67 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO E.6: Miscela di gas ideali non reagenti A-67

dove è stata introdotta la funzione


Z T Z T
cv (T 0, ∞) 0 cv (T 0, v)
ψ(T ) = dT = lim dT 0 .
Trif T0 v→∞ T
rif
T0

E.5 Gas di Martin–Hou


L’ultimo modello di gas che consideriamo è stato proposto inizialmente da Martin
e Hou e perfezionato successivamente da Martin, Kapoor e De Nevers. Esso è noto
come gas di Martin–Hou ed è definito dall’equazione di stato

RT X
5
Q i (T )
P(T, v) = +
v − b i=2 (v − b)i

assieme alla funzione


Z T
φ(T ) = cv (T 0, ∞) dT 0
Trif

per il contributo all’energia dei gradi di libertà interni delle molecole. Le quattro
funzioni Q i (T ), i = 2, . . . , 5, del gas di Martin–Hou sono definite dalla relazione

Q i (T ) = Ai + Bi T + Ci e−κ T /Tc , κ = 5.475,

dove i coefficienti A i , Bi e Ci sono determinati mediante un procedimento oppor-


tuno. Questo tipo di gas è definito quindi dai valori di 14 parametri: le costanti R e
b nonché i 12 coefficienti sopra indicati.
Per completezza riportiamo le due equazioni di stato e = e(T, v) e s = s(T, v)
che costituiscono la definizione in forma parametrica dell’equazione fondamentale
del gas di Martin–Hou

X5
T d QdTi (T ) − Q i (T )
e(T, v) = erif + φ(T ) − ,
i=2
(i − 1)(v − b)i−1

X
5 d Q i (T )
s(T, v) = srif + ψ(T ) + R ln(v − b) − dT
.
i=2
(i − 1)(v − b)i−1
RT
Naturalmente, come sempre, ψ(T ) = Trif cv (T 0, ∞)/T 0 dT 0 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-68 colour black Dicembre 22, 2004

A-68 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

E.6 Miscela di gas ideali non reagenti


Concentrazione delle varie specie

Principo di Dalton di somma delle pressioni parziali

Relazione fondamentale in forma parametrica

Proprietà dell’aria
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-69 colour black Dicembre 22, 2004

A-69

Appendice F

Profili alari NACA a


quattro o cinque cifre
Introduzione In questa appendice introduciamo la definizione generale dei profili
delle serie NACA a quattro cifre e cinque cifre.

F.1 Convenzioni della notazione NACA

I profili alari della serie NACA sono caratterizzati in modo convenzionale da un


gruppo di quattro o cinque cifre che specificano sia la forma della linea media sia
l’andamento dello spessore del profilo. I profili appartenenti a queste due serie
sono definiti nel seguente modo

NACA M SS e NACA ddd SS,

dove M, , SS e ddd sono tutti numeri interi: in particolare M e sono interi di


una sola cifra mentre SS e ddd sono interi rispettivamente di due e tre cifre. Il loro
significato è il seguente.
Nel caso dei profili NACA a quattro cifre, indicati con NACA M SS, le
prime due cifre M e descrivono la linea media mentre le ultime due cifre SS si
riferiscono allo spessore del profilo in direzione normale alla linea media in ogni
suo punto. Più precisamente:
M rappresenta l’ordinata massima, espressa come percentuale della lunghezza
della corda;
rappresenta la posizione lungo la corda della massima ordinata della linea
media, espressa in decimi della lunghezza della corda (si usa il carattere speciale
per ricordare che questo valore è in decimi);
SS rappresenta lo spessore massimo del profilo simmetrico, espresso come per-
centuale della lunghezza della corda (si usa un simbolo con due lettere per
ricordare che questo valore è dato con due cifre).
Per esprimere tutte queste quantità in un unico modo uniforme come frazione della
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-70 colour black Dicembre 22, 2004

A-70 APPENDICE F: PROFILI ALARI NACA A QUATTRO O CINQUE CIFRE

corda, si introducono le seguenti variabili adimensionali, necessariamente < 1,

M
M −→ m= ,
100

−→ p= ,
10
SS
SS −→ s= .
100

Per i profili NACA a cinque cifre, indicati con NACA ddd SS, le prime tre cifre
ddd indicano in modo convenzionale la scelta della linea media, mentre le ultime
due cifre SS si riferiscono allo spessore massimo del profilo in direzione normale
alla linea media, esattamente come nel caso a quattro cifre.

F.2 Spessore dei profili alari NACA


La forma di tutti i profili simmetrici della serie NACA a quattro o cinque cifre è
definita da un’unica funzione ysp = ysp (x) che fornisce il valore dello spessore del
profilo ysp (x) in funzione della distanza x di un punto lungo la corda dal bordo
d’attacco. Nella relazione compare un fattore moltiplicativo s che corrisponde alle
due ultime cifre SS del profilo NACA in base alla definizione

SS
s= .
100

Come si è detto, s rappresenta lo spessore massimo del profilo espresso in frazione


della lunghezza c della corda. Lo spessore locale ysp (in realtà la metà dello spessore
simmetrico) dei profili NACA considerati, in funzione di x e del valore di s, è dato
dalla relazione

ysp (x) = 5 × s 0.29690 x − 0.12600 x − 0.35160 x 2

+ 0.28430 x 3 − 0.10150 x 4 .

Tutte le variabili di questa relazione, s, x e ysp , sono adimensionali e sono espresse


come frazione della lunghezza c della corda: cosı̀, la relazione è definita per s < 1
nell’intervallo 0 ≤ x ≤ 1 e sarà in ogni caso ysp (x) < 1. Ad esempio, SS = 12
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-71 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO F.4: Linea media dei profili NACA a cinque cifre A-71

equivale a s = 0.12 e definisce lo spessore del profilo simmetrico NACA0012


mostrato nella figura F.1.

Figura F.1
Profilo simmetrico NACA0012

La pendenza del profilo, necessaria per determinare la normale alla superficie


superiore del profilo simmetrico, è data dalla derivata

dysp (x) 0.29690
=5×t √ − 0.12600 − 0.35160 × 2x
dx 2 x 
+ 0.28430 × 3x − 0.10150 × 4x ,
2 3

per 0 < x ≤ 1.

F.3 Linea media dei profili NACA a quattro cifre


Per rappresentare la dipendenza della curvatura del profilo dalla ascissa adimension-
ale x lungo la corda, la forma della linea media è espressa analiticamente come due
archi parabolici tangenti nella posizione ( p, m) dell’ordinata massima della linea
media. Le equazioni che definiscono la linea media dei profili NACA a quattro
cifre, indicati con NACA M SS, sono
 m 

 p2 2 px − x se 0 ≤ x ≤ p
2

ylm (x) = 

 m
 1 − 2 p + 2 px − x 2 se p ≤ x ≤ 1
(1 − p) 2

dove m = 100 M
è l’ordinata massima della linea media e p = 10 è la posizione
lungo la corda dell’ordinata massima, entrambe espresse in modo adimensionale
come frazione della lunghezza c della corda. Naturalmente, anche i valori di y lm (x)
sono espressi nello stesso modo adimensionale. Come esempio, nella figura F.2 è
disegnata la linea media dei profili NACA53SS.

linea media

corda
Figura F.2 Linea media NACA53SS
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-72 colour black Dicembre 22, 2004

A-72 APPENDICE F: PROFILI ALARI NACA A QUATTRO O CINQUE CIFRE

F.4 Linea media dei profili NACA a cinque cifre


La linea media dei profili NACA a cinque cifre, indicati con NACA ddd SS, è
definita dalle relazioni

 k 3 
 x − 3qx + q (3 − q)x se 0 ≤ x ≤ q,
 2 2
6
ylm (x) =

 k
 q 3 (1 − x) se q ≤ x ≤ 1.
6

I valori di k e q dipendono dal numero convenzionale intero con tre cifre ddd
secondo le cinque possibilità indicate nella prossima tabella.

Tabella 1. Valore dei parametri dei profili NACA a cinque cifre.

ddd k q

210 361.4 0.0580


220 51.64 0.1260
230 15.957 0.2025
240 6.643 0.2900
250 3.230 0.3910

I valori di q sono stati scelti in modo da avere la posizione lungo la corda


dell’ordinata massima della linea media rispettivamente nei punti x = 0.05, 0.10,
0.15, 0.20 e 0.25, vedere I. H. Abbott and A. E. von Doenhoff, Theory of Wing
Sections, Dover, 1949.

F.5 Costruzione del profilo con curvatura


La forma del profilo NACA con curvatura (non simmetrico) è definita per mezzo
delle due funzioni ylm (x) e ysp (x) che descrivono rispettivamente la linea media e
lo spessore del profilo in funzione della coordinata x lungo la corda.

(xd , yd )
Figura F.3 Generazione di un linea media
profilo non simmetrico a partire dalla θ
linea media e dallo spessore (profilo corda
NACA5312) (xv , yv )
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-73 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO F.5: Costruzione del profilo con curvatura A-73

Con riferimento alla figura F.3, la forma del dorso e del ventre del profilo alare è
fornita dando la coppia di coordinate (x d , yd ) e (x v , yv ) dei punti giacenti sulla su-
perficie superiore e inferiore del profilo. Queste coordinate, sempre adimensionali,
sono fornite in funzione della coordinata adimensionale x lungo la corda mediante
le relazioni che derivano dalla costruzione illustrata nella figura F.3:

x d (x) = x − ysp (x) sin θx , yd (x) = ylm (x) + ysp (x) cos θx ,
x v (x) = x + ysp (x) sin θx , yv (x) = ylm (x) − ysp (x) cos θx ,

per 0 < x ≤ 1. In queste relazioni θ x = θ(x) rappresenta l’angolo che la retta


tangente alla linea media nel punto (x, ylm (x)) forma con l’asse x, ovverosia, in
termini della derivata della funzione ylm (x) risulta
 
−1 dylm (x)
θx = tan .
dx

Nella figura F.4 è mostrato il profilo alare NACA5312.

Figura F.4 Profilo NACA5312


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-74 colour black Dicembre 22, 2004

A-74

Appendice G

Integrali definiti per le


equazioni integrali
Introduzione Nella risoluzione dell’equazione integrale della teoria dei profili
sottili e dell’equazione integro-differenziale della teoria dell’ala di apertura finita si
incontrano i due integrali definiti seguenti
Z π Z π
cos(nφ) sin(nφ) sin φ
dφ e dφ,
0 cos φ − cos θ 0 cos φ − cos θ

dove n è un intero non negativo nel primo integrale e positivo nel secondo. La
variabile θ che compare negli integrali varia nello stesso intervallo [0, π] di inte-
grazione.
In questa appendice ricaviamo il valore di questi integrali. È da osservare che i
due integrali considerati sono impropri poiché la funzione integranda non è definita
per φ = θ: per tale valore il denominatore si annulla e quindi la funzione integranda
diverge. Tuttavia questa divergenza non preclude l’esistenza dell’integrale definito
in quanto la singolarità della funzione integranda è debole e si ha una compensazione
dei due contributi all’integrale di segno opposto provienienti dai due lati della
singolarità.

G.1 Integrale con il coseno


Si vuole dimostrare l’identità
Z π
cos(nφ) sin(nθ)
dφ = π ,
0 cos φ − cos θ sin θ

per ogni n intero non negativo, n = 0, 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π]. Notiamo che
per θ = 0 e θ = π il valore dell’intgrale è definito in quanto la frazione a secondo
membro non diverge ma origina la forma indeterminata 00 che, in virtù della regola
de l’Hôpital, ha un valore finito.
L’integrale definito del primo membro è più facile da calcolare se viene prima
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-75 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO G.1: Integrale con il coseno A-75

moltiplicato per la funzione sin θ, per cui consideriamo l’integrale


Z π
cos(nφ) sin θ
dφ.
0 cos φ − cos θ

Per prima cosa riscriviamo il denominatore in forma di prodotto ricorrendo alla


fromula di prostaferesi
 
cos α − cos β = −2 sin α+β2
sin α−β
2
.

Avremo allora
sin θ sin θ
=− φ+θ   .
cos φ − cos θ 2 sin 2
sin φ−θ
2

Osserviamo ora che anche il numeratore sin θ di questa frazione si pu ò scrivere in


funzione di φ+θ
2
e φ−θ
2
. Infatti

φ+θ 
sin θ = sin 2 − φ−θ
2
  φ−θ  
= sin φ+θ
2
cos φ−θ
2
− sin 2
cos φ+θ
2
.

Avremo quindi
φ+θ    
sin θ sin cos φ−θ − sin φ−θ cos φ+θ
=− 2 2
 2
 2
cos φ − cos θ 2 sin φ+θ
2
sin φ−θ
2
φ−θ  φ+θ 
cos cos
=− 2
φ−θ 
+ 2
φ+θ 
2 sin 2 2 sin 2
1h φ−θ  φ+θ 
i
= cot 2 + cot 2 .
2
L’integrale modificato diventa quindi
Z π Z h i
cos(nφ) sin θ 1 π φ−θ  φ+θ 
dφ = cos(nφ) cot + cot dφ.
0 cos φ − cos θ
2 2
2 0

Spezzando l’integrale e osservando che


Z Z
φ−θ 
0
φ+θ 
π
cos(nφ) cot 2 dφ = cos(nφ) cot 2 dφ
0 −π
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-76 colour black Dicembre 22, 2004

A-76 APPENDICE G: INTEGRALI DEFINITI PER LE EQUAZIONI INTEGRALI

essendo le funzioni coseno e cotangente rispettivamente pari e dispari, si ha


Z Z
φ+θ 
π π
cos(nφ) sin θ 1
dφ = cos(nφ) cot dφ.
0 cos φ − cos θ 2 −π
2

Si considera ora la sostituzione x = θ + φ, da cui dφ = dx e θ = x − φ, si ottiene


Z π Z θ +π
cos(nφ) sin θ 1 x
dφ = cos(nx − nθ) cot dx
0 cos φ − cos θ 2 θ −π 2
Z θ +π
cos(nθ) x
= cos(nx) cot dx
2 θ −π 2
Z θ +π
sin(nθ) x
+ sin(nx) cot dx
2 θ −π 2

Il primo integrale è nullo. Infatti la funzione cot 2x è una funzione dispari periodica
di periodo 2π. Poiché la funzione cos(nx) è una funzione pari e di periodo 2π/n
per n ≥ 1, si ha
Z θ +π Z π
x x
cos(nx) cot dx = cos(nx) cot dx = 0,
θ −π 2 −π 2

giacché la funzione integranda è dispari. Siamo quindi arrivati a scrivere che


Z π Z θ +π
cos(nφ) sin θ sin(nθ) x
dφ = sin(nx) cot dx
0 cos φ − cos θ 2 θ −π 2
Z π
sin(nθ) x
= sin(nx) cot dx,
2 −π 2

dato che anche la funzione sin(nx) ha periodo 2π/n per n ≥ 1.


Definiamo ora l’integrale
Z π
x
Jn = sin(nx) cot dx.
−π 2

Possiamo allora scrivere


Z π
 x
Jn − Jn−1 = sin(nx) − sin[(n − 1)x] cot dx.
−π 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-77 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO G.2: Integrale con il seno A-77

Utilizzando ancora le formule di prostaferesi possiamo scrivere


n + n − 1  n − n + 1 
sin(nx) − sin[(n − 1)x] = 2 cos x sin x
2 2
 2n − 1  x
= 2 cos x sin ,
2 2
per cui
Z π  2n − 1  x x
Jn − Jn−1 = 2 cos x sin cot dx.
−π 2 2 2
Z π  2n − 1  x
= 2 cos x cos dx
−π 2 2
Z π

= cos(nx) + cos[(n − 1)x] dx.
−π
Il primo integrale è nullo per ogni n 6= 0. Il secondo è nullo ma per ogni n 6= 1.
Quindi se n ≥ 2 entrambi gli integrali sono nulli e Jn = Jn−1 , per n ≥ 2. Di
conseguenza, per n ≥ 1 si ha Jn = J1 . Calcoliamo pertanto questo solo integrale:
Z π
x
J1 = sin x cot dx.
−π 2
In virtù della formula sin(2α) = 2 sin α cos α, abbiamo
Z π
x x x
J1 = 2 sin cos cot dx
−π 2 2 2
Z π Z π
x 1 + cos x
=2 cos2 dx = 2 dx
−π 2 −π 2
Z π Z π
= (1 + cos x) dx = dx
−π −π

= 2π.
In conclusione, l’integrale che ci interessa è dato da
Z π Z π
cos(nφ) 1 cos(nφ) sin θ
dφ = dφ
0 cos φ − cos θ sin θ 0 cos φ − cos θ
1 sin(nθ)
= J1
sin θ 2
sin(nθ)
=π ,
sin θ
per ogni n intero non negativo, n = 0, 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π].
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-78 colour black Dicembre 22, 2004

A-78 APPENDICE G: INTEGRALI DEFINITI PER LE EQUAZIONI INTEGRALI

G.2 Integrale con il seno


A questo punto si vuole dimostrare l’identità
Z π
sin(nφ) sin φ
dφ = −π cos(nθ)
0 cos φ − cos θ

per ogni n intero positivo, n = 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π].


Incominciamo con l’osservare che
1
sin(nφ) sin φ = cos[(n − 1)φ] − cos[(n + 1)φ] .
2
Infatti i due coseni possono essere scritti nel seguente modo

cos[(n ± 1)φ] = cos[nφ ± φ] = cos(nφ) cos φ ∓ sin(nφ) sin φ,

e sottraendo la prima dalla seconda si arriva al risultato. Quindi possiamo scrivere


l’integrale di partenza come
Z Z Z
π
sin(nφ) sin φ 1 π
cos[(n − 1)φ] 1 π
cos[(n + 1)φ]
dφ = dφ − dφ.
0 cos φ − cos θ 2 0 cos φ − cos θ 2 0 cos φ − cos θ

Ma, essendo n ≥ 1, gli integrali nel secondo membro sono tutti del tipo visto nel
precedente paragrafo. Si ha perciò
Z π
sin(nφ) sin φ π sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ]
dφ = .
0 cos φ − cos θ 2 sin θ

Osserviamo a questo punto che

sin[(n ± 1)θ] = sin[nθ ± θ] = sin(nθ) cos θ ± cos(nθ) sin θ,

per cui sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ] = −2 cos(nθ) sin θ, da cui si ricava
Z π
sin(nφ) sin φ π −2 cos(nθ) sin θ
dφ = = −π cos(nθ),
0 cos φ − cos θ 2 sin θ

che dimostra la tesi.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-79 colour black Dicembre 22, 2004

A-79

Appendice H

Derivata temporale di
integrali su domini mobili
Introduzione In questa appendice presentiamo alcune identità differenziali che
esprimono la rapidità di variazione di integrali su domini variabili e in movimento
nello spazio. Si suppone che le funzioni da integrare possano dipendere dal tempo
oltre che dalla posizione, ma il valore dell’integrale varia col tempo anche a causa
del fatto che il dominio d’integrazione è variabile in funzione del tempo.
Le identità differenziali che considereremo rappresentano la generalizzazione
alle tre dimensioni del teorema del calcolo differenziale, noto con il nome di identit à
di Leibniz, che esprime la derivata di un integrale definito unidimensionale rispetto
a una variabile, diversa da quella d’integrazione, da cui dipendono sia la funzione
integranda sia uno o entrambi gli estremi dell’intervallo di integrazione.

H.1 Derivata di un integrale su un intervallo mobile


Consideriamo l’integrale di una funzione di due variabili indipendenti f = f (x, t)
su un intervallo [a, b] dell’asse x. La seconda variabile è indicata con t e rappre-
Rb
senta, nell’interpretazione cui siamo interessati, il tempo. L’integrale a f (x, t) dx
dipenderà ovviamente da t e sarà quindi diverso da istante a istante.
Supponiamo ora che gli estremi d’integrazione dipendano da t, ossia a = a(t)
e b = b(t), e consideriamo l’integrale sull’intervallo mobile I t = [a(t), b(t)].
R b(t)
Naturalmente il valore dell’integrale a(t) f (x, t) dx dipenderà ora dal tempo anche
in conseguenza del carattere variabile dell’intervallo d’integrazione.
La rapidità di variazione (ovvero la derivata rispetto al tempo) di questo in-
tegrale sull’intervallo mobile dipenderà sia dalla dipendenza da t della funzione
integranda sia dal movimento degli estremi d’integrazione. Come ben noto tale
derivata si può calcolare mediante la seguente identità di Leibniz
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
db(t) da(t)
+ f (b(t), t) − f (a(t), t) .
dt dt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-80 colour black Dicembre 22, 2004

A-80 APPENDICE H: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

La derivata di a(t) e b(t) rappresenta la velocità degli estremi dell’intervallo


d’integrazione It , secondo la definizone:

da(t) db(t)
va (t) ≡ e vb (t) ≡ ,
dt dt

per cui l’identità di Leibniz può essere scritta anche nella forma cinematicamente
più espressiva:
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
+ f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t).

Notiamo che nel caso particolare di intervallo fisso si ha v a = 0 e vb = 0 per cui la


relazione diventa il noto teorema di derivazione sotto il segno d’integrale:
Z b Z b
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx.
dt a a ∂t

L’identità generale precedente è ora generalizzata al caso di integrali in tre


dimensioni. Considereremo integrali di tre tipi diversi:
• Circolazione di un campo vettoriale lungo una curva mobile;
• Flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie mobile;
• Integrale di una funzione scalare su un volume mobile.
In tutti questi casi il dominio di integrazione è supposto muoversi o deformarsi o
entrambe le cose, in modo arbitrario. Il tipo di movimento del dominio è definito
specificando la velocità dei suoi punti che si trovano sul confine fra il dominio
d’integrazione e lo spazio in cui esso si muove. In particolare, nel caso degli integrali
lungo la curva e sulla superficie in movimento si deve conoscere la velocit à di tutti
i punti di queste due regioni di integrazione, inclusi i punti estremi della curva
e i punti appartenenti al contorno della superficie. Nel terzo caso dell’integrale
di volume, è invece sufficiente indicare la velocità dei soli punti appartenenti alla
superficie che costituisce il contorno del volume mobile.
Per quanto riguarda invece le funzioni integrande, esse saranno in ogni caso
definite in tutti i punti della regione dello spazio tridimensionale in cui si muove
il dominio di integrazione variabile. In altre parole, le funzioni a valori scalari o
vettoriali da integrare saranno dei campi scalari o vettoriali definiti in 3 e dipendenti
anche dal tempo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-81 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO H.2: Derivata della circolazione lungo una curva mobile A-81

Le tre identità differenziali indicate sono state considerate insieme per la prima volta
da Robert Adams e il secondo autore. Le dimostrazioni riportate nel seguito sono
delineate alla fine del capitolo 7 del testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2,
Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.
Nelle dimostrazioni si suppone in ogni caso che tutte le funzioni con cui si opera
siano sufficientemente lisce da potere effettuare su di esse le operazioni standard
del calcolo differenziale.

Ct
ra (t)

va (t) vb (t)
vC

rb (t)
ˆ ds

Figura H.1 Curva che si muove e si


deforma nello spazio

H.2 Derivata della circolazione lungo una curva mobile


Consideriamo una curva continua C t che si muove e si deforma col tempo e sia
rC = rC (s, t) la sua rappresentazione parametrica al tempo t dove s rappresenta
il parametro lunghezza d’arco di linea. I due punti estremi di C t saranno (vedi
figura H.1)

ra (t) = rC (a, t) e rb (t) = rC (b, t).

La curva Ct si muove al crescere di t e la velocità (vettoriale) di ogni punto di C t al


tempo t sarà indicata con

∂rC (s, t)
vC (s, t) = ,
∂t

dove rC ∈ Ct .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-82 colour black Dicembre 22, 2004

A-82 APPENDICE H: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

Sia F(r, t) un campo vettoriale liscio che dipende da t (ovvero un campo vettoriale
dipendente dal tempo) e che è definito in tutta la regione dello spazio tridimensionale
in cui si muove C t . La generalizzazione in tre dimensioni dell’identità differenziale
vista nel precedente paragrafo all’integrale della circolazione di F(r, t) lungo la
curva mobile C t è:
Z Z  
d ∂F
F ˆ ds =
 +( F) vC ˆ ds 

dt Ct Ct ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t),
 

dove ˆ ds rappresenta lo spostamento (vettoriale) infinitesimo lungo C t , essendo ˆ


il versore unitario tangente alla direzione locale della curva C t .
Per dimostrare questa identità introduciamo la funzione a valori vettoriali
definita solo su C t

FC (s, t) ≡ F(rC (s, t), t),

dove si suppone che rC = rC (s, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo
ordine. L’uso della regola di derivazione delle funzioni composte fornisce l’identit à
   
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂F ∂rC ∂rC ∂rC
FC − FC  = +( F)  . 

∂t ∂s ∂s ∂t ∂t ∂s ∂t ∂s
Qui la derivata F è fatta rispetto al vettore posizione r, mentre le funzioni ∂F/∂t
e F sono calcolate in r = rC . Per t fissato, il vettore rC = rC (s, t), (a ≤ s ≤ b),
rappresenta parametricamente la curva C t di 3 . Abbiamo
Z Z b
d d ∂rC
F ˆ ds =
 FC  ds
dt Ct dt a ∂s
Z b  
∂ ∂rC
= FC ds
a ∂t ∂s
Z b       
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂ ∂rC
= FC −  FC + FC
 ds 

a ∂t ∂s ∂s ∂t ∂s ∂t
Z b    
∂ ∂rC ∂ ∂rC
= FC −  FC ds 

a ∂t ∂s ∂s ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t).
 

L’uso dell’identità precedente nell’integrale del membro di destra completa la di-


mostrazione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-83 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO H.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-83

Per semplificare l’aspetto della formula, in coerenza con quanto fatto altrove in
questo testo, scriveremo questa relazione eliminando l’infinitesimo ds:
Z Z  
d ∂F
F ˆ =  +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t),
 

Ct ˆ ds

vC

Figura H.2 Curva chiusa che si


muove e si deforma nello spazio

In particolare, se si suppone che la curva C t sia chiusa (vedi figura H.2), la cir-
colazione è chiamata circuitazione intorno a C t . In questo caso ra = rb in ogni
istante e quindi i due termini associati agli estremi della curva non esistono pi ù, per
cui la precedente identità differenziale si semplifica in
I I  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ.
dt Ct Ct ∂t

Si può notare che questa identità vale anche quando la curva chiusa C t appartiene a
una regione molteplicemente connessa incluso il caso in cui C t gira intorno a uno
o più “fori” della regione.
È importante notare che le due identità precedenti hanno un significato es-
clusivamente cinematico differenziale nel senso che non dipendono in alcun modo
dall’equazione che governa l’evoluzione del campo vettoriale F.

H.3 Derivata del flusso attraverso una superficie mobile


3
Consideriamo ora una superficie St in avente Ct come contorno e i cui punti si
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-84 colour black Dicembre 22, 2004

A-84 APPENDICE H: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

trovino all’istante t nella posizione descritta dalla seguente funzione parametrica


liscia

rS = rS (u, v, t),

dove (u, v) appartiene a una conveniente regione R del piano dei parametri uv. Si
suppone che r S (u, v, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo ordine. La
velocità dei punti di St (vedi figura H.3) è data dalla derivata parziale
∂rS (u, v, t)
vS (u, v, t) = .
∂t

vC St

Ct

vS

Figura H.3 Superficie limitata che si


muove e si deforma nello spazio

La derivata rispetto al tempo del flusso di F(r, t) attraverso St è data dalla seguente
identità
Z Z   I
d ∂F
F n̂ d S =
 + ( F) vS n̂ d S +
  F vC ˆ ds,


dt St St ∂t Ct
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-85 colour black Dicembre 22, 2004

PARAGRAFO H.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-85

dove n̂ = n̂(rS , t) è il campo dei versori normali su St all’istante t che definisce


l’orientazione di St e ˆ è il versore tangente alla curva chiusa C t = ∂ St , con
orientazione indotta da quella di St . Inoltre, vC = vS (rC , t) è la velocità dei punti di
Ct (vedi figura H.3).
L’identità si dimostra introducendo la funzione a valori vettoriali

FS (u, v, t) ≡ F(r S (u, v, t), t).

definita sulla superficie mobile t . Per prima cosa, in virtù della regola di derivazione
delle funzioni composte è possibile mostrare che
        
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
FS  − FS −
 FS 

∂t ∂u ∂v ∂u ∂t ∂v ∂v ∂u ∂t
   
∂F ∂rS ∂rS ∂r ∂rS ∂rS
= + ( F) S
   ,
∂t ∂u ∂v ∂t ∂u ∂v

dove la derivata F è fatta rispetto a r, mentre le funzioni ∂F/∂t e


 F sono cal- 

colate in r = r S . Inoltre, siccome C t rappresenta il contorno di St con orientazione


indotta da quella di St , il teorema di Green in due dimensioni fornisce
Z       
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
FS  + FS du dv


R ∂u ∂t ∂v ∂v ∂u ∂t
Z       
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
= FS −  FS du dv

R ∂u ∂t ∂v ∂v ∂t ∂u
I
∂rS
= FS ˆ ds. 

Ct ∂t

La rapidità di variazione del flusso di F attraverso la superficie in movimento St


può essere espressa come
Z Z  
d d ∂rS ∂rS
F n̂ d S = F du dv
dt R S
 

dt St ∂u ∂v
Z   
∂ ∂rS ∂rS
= FS du dv,


R ∂t ∂u ∂v

dal momento che


∂rS ∂rS
du dv = n̂ d S.
∂u ∂v
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-86 colour black Dicembre 22, 2004

A-86 APPENDICE H: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

L’integrando nel membro di destra di questa relazione è ora espresso tramite


l’identità precedente e usando l’espressione ottenuta mediante il teorema di Green.
Osservando che


∂rS 
= vS rS |Ct , t = vC (rC , t),
∂t Ct

dove vC è la velocità di Ct = ∂ St , si ottiene l’identità fondamentale

Z Z   I
d ∂F
F n̂ d S =
 +(  F) vS  n̂ d S + F vC ˆ ds.


dt St St ∂t Ct

Per semplificare la scrittura della relazione finale, gli elementi infinitesimi d S


e ds degli integrali sono eliminati e si considerano sottintesi, per cui avremo
Z Z   I
d ∂F
F n̂ =
 +(  F) vS  n̂ + F vC ˆ . 

dt St St ∂t Ct

In particolare, se la superficie St è chiusa (vedi figura H.4), non esiste il contorno


Ct e quindi l’integrale lungo C t sparisce per cui la derivata temporale del flusso
attraverso una superficie chiusa mobile è
I I  
d ∂F
F n̂ =
 +(  F) vS  n̂.
dt St St ∂t

Questa identità vale anche quando la superficie chiusa St contiene al suo interno
una o più “lacune” del dominio, eventualmente consistenti in regioni vuote non
semplicemente connesse.
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PARAGRAFO H.4: Derivata dell’integrale su un volume mobile A-87

St

vS

Figura H.4 Superficie chiusa che si


muove e si deforma nello spazio

H.4 Derivata dell’integrale su un volume mobile


Consideriamo infine un dominio tridimensionale variabile Vt delimitato da una
superficie chiusa liscia St i cui punti si muovono con una velocità che all’istante t
è data dalla funzione (definita solo sulla superficie St stessa)

vS = vS (rS , t),

dove rS ∈ St . La derivata rispetto al tempo dell’integrale della funzione f (r, t)


che dipende anche da t (ossia, un campo scalare dipendente dal tempo) sul volume
mobile Vt è dato dall’identità differenziale
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) dV = dV + f (rS , t) vS (rS , t) n̂(rS , t) d S,


dt Vt Vt ∂t St

che vale per qualunque funzione liscia f (r, t), dove n̂(rS , t) denota il vettore unitario
normale alla superficie St al tempo t e uscente da Vt , mentre vS (rS , t) è la velocità dei
punti del contorno St . Questa relazione è chiamata talvolta teorema di trasporto
di Reynolds.
Questa identità si dimostra facilmente nel modo seguente. Sia ∆Vt l’insieme
di punti attraverso cui passa St al crescere del tempo da t a t + ∆t. L’elemento di
volume dV di ∆Vt può essere espresso in termini dell’elemento di area d S di St

dV = vS n̂ d S ∆t.

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-88 colour black Dicembre 22, 2004

A-88 APPENDICE H: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

Si vede subito che


Z Z 
1
f (r, t + ∆t) dV − f (r, t) dV
∆t Vt+∆t Vt
Z Z Z 
1
= f (r, t + ∆t) dV + f (r, t + ∆t) dV − f (r, t) dV
∆t Vt ∆Vt Vt
Z Z
f (r, t + ∆t) − f (r, t) f (r, t + ∆t) − f (r, t)
= dV + dV
Vt ∆t ∆Vt ∆t
Z
1
+ f (r, t) dV,
∆t ∆Vt

e il penultimo integrale → 0 quando ∆t → 0 mentre l’ultimo integrale si riduce a


un integrale di superficie su St , dato che dV = vS n̂ d S ∆t. 

Anche in questo caso, per comodità di scrittura, gli elementi infinitesimi di


volume e di superficie sono eliminati dall’identità, sottintendendo la loro presenza
facilmente ricostruibile dai domini d’integrazione. Con questa semplificazione no-
tazionale, l’identità differenziale per la derivata temporale degli integrali su domini
variabili assumerà la forma seguente:
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (rS , t) vS n̂, 

dt Vt Vt ∂t St

Un’espressione analoga vale per l’integrale di volume di un campo vettoriale F(r, t),
che si suppone definito in una regione dello spazio tridimensionale contenente Vt :
Z Z I
d ∂F(r, t)
F(r, t) = + F(rS , t) vS n̂.


dt Vt Vt ∂t St
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PARAGRAFO H.5: Derivata di integrali su domini mobili nello spazio A-89

H.5 Derivata di integrali su domini mobili nello spazio


Per comodità di consultazione, le varie identità differenziali introdotte in questa
appendice sono raccolte nella seguente tabella riassuntiva:

Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t

+ f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t)

Z Z  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t

+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t)


 

I I  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t

Z Z   I
d ∂F
F n̂ =  +(  F) vS  n̂ + F vC ˆ


dt St St ∂t Ct

I I  
d ∂F
F n̂ =  +(  F) vS  n̂
dt St St ∂t

Z Z I
d ∂f
f = + f vS n̂ 

dt Vt Vt ∂t St

Z Z I
d ∂F
F= + F vS n̂ 

dt Vt Vt ∂t St

 
F = F(r, t) e f = f (r, t) ma vC = vC (rC , t) e vS = vS (rS , t)

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