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Corso di Elettrotecnica 2
Elementi
di elettromagnetismo
Dato un sistema di riferimento, esistono molti modi per descrivere la posizione di un punto. Un
sistema di coordinate è un’applicazione biunivoca e continua che associa i punti di uno spazio 2D
(risp.3D) a coppie (risp. terne) ordinate di numeri reali.
Dette u (x,y,z), v (x,y,z) e w (x,y,z), tre generiche funzioni continue, le relazioni:
u u ( x, y, z )
v v( x, y, z )
w w( x, y, z )
consentono di passare dalla terna ordinata di numeri reali (x,y,z) alla terna ordinata (u,v,w).
In 2D, per passare (fig. A.1) dalle coordinate cartesiane ortogonali (x,y) ,alle coordinate polari
(ρ,θ) , è sufficiente porre:
:
x2 y 2 0
y x
sin cos
x 2
y 2
x2 y 2
e inversamente: x cos
y sen
COORDINATE CILINDRICHE: r,φ,z
Tali coordinate (fig.A.2) sono legate alle coordinate cartesiane x,y,z dalle seguenti relazioni:
r x2 y 2 r0
y x
sin cos
x2 y 2 x2 y 2
zz
viceversa:
x r cos
y r sin
z z
COORDINATE SFERICHE: r,θ,φ Tali
coordinate (fig.A.3) sono legate alle coordinate cartesiane x,y,z dalle relazioni:
r x 2 y 2 z 2 r0
z
cos
x2 y 2 z 2
y x
sin cos
x2 y 2 x2 y 2
viceversa:
x r sin cos
y r sin sin
z r cos
CAMPI SCALARI E CAMPI VETTORIALI
Consideriamo un campo vettoriale A definito in una regione Ω, e sia S una superficie non chiusa
contenuta in Ω (fig. A.21).
Sia γ la curva chiusa che “orla” tale superficie. Assegniamo ad arbitrio un verso su γ e orientiamo la
normale n a S, in maniera che il verso fissato per γ e quello di n siano tra loro legati rispettivamente
come il senso di rotazione di una vite destrogira. Supponiamo di suddividere la superficie S in un
numero n di parti e siano σ1, …, σn le aree di tali superfici. Consideriamo per ogni superficie Si , un
punto Mi su di essa e l’insieme delle determinazioni assunte dal campo vettoriale A in
corrispondenza di tali punti. n
n Ak ·n k
k 1
Se Φn tende a un limite finito (quando n tende all’infinito in modo che tutti i diametri delle parti Si
tendano a zero) tale limite si dice FLUSSO del campo A attraverso la superficie orientata S e si
scrive:
S A·n dS
S
Un campo vettoriale si definisce CONSERVATIVO per il flusso, o solenoidale, se il flusso uscente
da una superficie chiusa Sc contenuta nel dominio sia nullo, ossia vale
A·n dS 0
Sc
A·n dS A·n
S2
2 dS A·(n1 )dS 0
S1
A·n
S2
2 dS A·n1 dS
S1
Se un campo vettoriale A è conservativo per il flusso in un dato dominio, il flusso attraverso tutte le
superfici non chiuse aventi come contorno una stessa linea chiusa γ, comunque scelta nel dominio,
ha lo stesso valore. Non è pertanto necessario specificare la particolare superficie che si considera
e si può parlare correntemente di FLUSSO ASSOCIATO ALLA LINEA CHIUSA γ .
DIVERGENZA DI UN CAMPO VETTORIALE; TEOREMA DELLA DIVERGENZA
Consideriamo un campo vettoriale A definito in una regione spaziale Ω e un dominio spaziale τ
contenuto in Ω e limitato da una superficie chiusa regolare Σ; il rapporto tra il flusso di A uscente da
Σ e il volume V(τ ) della regione racchiusa da Σ è:
A n dS
V ( ) V ( )
Consideriamo il limite di tale rapporto quando il volume V(τ ) sia fatto tendere a zero facendo
contrarre la regione τ attorno a un punto fisso Po , se questo limite esiste ed è finito, poniamo:
A n dS
lim P0 A
V ( )0 V ( )
che rappresenta la divergenza del campo vettoriale A nel punto Po.
TEOREMA DELLA DIVERGENZA (DI GAUSS – OSTROGRADSKIJ)
Sia A un campo vettoriale definito in una regione spaziale Ω, limitata dalla superficie chiusa Σ. Se in
ogni punto di Ω è definibile la divergenza di A, risulta:
A d A n dS
dove τ è il volume della regione racchiusa da Σ.
ROTORE DI UN CAMPO VETTORIALE; TEOREMA DI STOKES
Consideriamo un campo vettoriale A definito in una regione spaziale Ω, e sia P un punto di tale
regione. Data una qualsiasi superficie regolare S (aperta) passante per P, sia Υ la linea chiusa che
ne costituisce l’orlo. Facciamo il rapporto tra la circuitazione di A estesa a Υ e l’area S(S) della
superficie:
A t d
R
S( S )
Immaginiamo di far contrarre la superficie S attorno al punto P mantenendo fissa la normale n a S.
Consideriamo il limite del rapporto R per S (S) che tende a zero, se tale limite esiste ed è finito,
poniamo:
Rn lim R
S ( S )0
A td
x A
P n
lim
S ( S ) 0 S( S )
L’operatore di rotore, applicato a un campo vettoriale A, definisce un nuovo campo vettoriale.
TEOREMA DI STOKES
Sia A un campo vettoriale definito in una regione spaziale Ω e sia γ una linea chiusa contenuta in
Ω; detta S una qualsiasi superficie (aperta) che abbia la linea chiusa γ quale orlo, se in tutti i punti
di Σ è definibile il rotore di A, risulta:
A tdl x A ndS
In altre parole, la circuitazione di A estesa a γ è pari al flusso del campo vettoriale “rotore di
A” attraverso una qualsiasi delle superfici aventi γ come orlo.
TEOREMA DI SCOMPOSIZIONE DI HELMOTZ
•Sia Ω una regione spaziale delimitata da una superficie chiusa e regolare Σ, dotata, in ogni suo
punto, di una normale univocamente definita e variabile con continuità sulla superficie stessa.
Ogni campo vettoriale A può essere scomposto nella somma di un campo vettoriale solenoidale e
di un campo vettoriale irrotazionale:
• Se di un campo vettoriale A sono noti il rotore e la divergenza in tutti i punti dell’intero spazio, il
campo vettoriale può essere espresso come:
A xT
1 A 1 x A
4
r
d T
4
r
d
div A = 0
A = rot U (1)
Ogni campo U che verifichi la (1) costituisce un potenziale vettore del campo A.
rot grad Φ = 0
V = U + grad Φ
Con Φ campo scalare arbitrario. Si ha infatti
rot V = rot U = A
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI CAMPI
CAMPI SCALARI
La struttura di un campo scalare U può essere visualizzata mediante le cosiddette SUPERFICI DI
LIVELLO. Consideriamo un punto P0 di Ω e il valore U0 ivi assunto dalla U. Consideriamo, inoltre, in
Ω, il luogo di tutti i punti in corrispondenza dei quali la funzione U assume il valore U0: esso
definisce una superficie di livello la cui espressione analitica è
U ( x,y,z) = Uo (in coordinate cartesiane)
Per ogni punto del campo passa una e una sola superficie di livello: pertanto la conoscenza di tutte
le superfici di livello, contrassegnate dai corrispondenti valori Uo, permette di descrivere
completamente il campo U (P). Questo tipo di rappresentazione risulta particolarmente efficace
quando il campo è definito in una regione piana. In questi casi, infatti, esso può essere
rappresentato da una funzione del tipo U(x,y); l’equazione
U(x,y) = Uo
definisce la LINEA DI LIVELLO corrispondente al valore Uo.
CAMPI VETTORIALI
Intendendo isolato un sistema fisico che non abbia scambi di materia attraverso la superficie che lo
limita, il principio di conservazione della carica totale può enunciarsi dicendo che in un tale sistema
la carica totale, pari alla somma algebrica delle cariche in esso contenute, è costante nel tempo.
IL CAMPO ELETTROSTATICO
Ritornando all’interazione tra due cariche puntiformi q1 e qo, fisse nel vuoto, immaginiamo di
misurare di volta in volta la forza che agisce sulla carica qo, mantenendo ferma la carica q1 nel
punto Q e spostando qo. In altre parole, determiniamo il campo vettoriale Fo (P) dato dalla forza Fo
agente sulla carica qo, posta in un generico punto P per effetto della q1 fissa in Q. Questo campo è
definito in tutto lo spazio ed è di tipo centrale. Sostituendo alla qo una carica q’o,, si ottiene, un
nuovo campo vettoriale F’o(P) :
q0 '
F0 '( P ) F 0 ( P)
q0
Indicando con E (P) il campo vettoriale che esprime la forza esercitata dalla carica q1 sulla carica di
prova posta nel generico punto P, la forza Fo (P) può essere espressa come:
F0 ( P) q0 E ( P )
1 q1
E ( P) i
4 0 2 10
r10
facendo tendere a zero il valore della carica esploratrice si annulla il suo effetto di disturbo sulla
distribuzione delle sorgenti. Il passaggio al limite va però inteso in senso macroscopico; è
sufficiente cioè far decrescere la carica qo fino a valori che risultino di gran lunga minori di quelli
delle sorgenti.
Finora abbiamo considerato distribuzioni di cariche concentrate in singoli punti isolati; in molti casi
però è utile considerare cariche-sorgenti distribuite con continuità. Consideriamo cariche distribuite
con continuità sul segmento l. La densità di carica lineare si calcola come:
q
( P) lim
o
Il campo elettrico è:
Q ( p ) dl
Con riferimento a cariche distribuite su superfici, si definisce densità di carica superficiale:
q
lim
S 0 S
QS ( p )dS
S
Infine nelle situazioni in cui le cariche sono distribuite su domini tridimensionali, si definisce la
densità di carica volumetrica è:
q
lim
0
1 ( p ')( p p ')
E ( P)
4 0 3
dp '
p p'
Q ( p )d
Consideriamo una superficie sferica Σ che circondi una carica puntiforme q immersa nel vuoto e
posta nel suo centro:
Orientiamo la normale n a Σ verso l’esterno e calcoliamo il flusso ΦΣ del campo elettrico uscente da
Σ:
1 q q
S
S
E ndS E Er
4 0 a2
S
0
esso presenta una struttura di tipo centrale, dotata di simmetria sferica. Tutti i campi di questo tipo
godono della proprietà di IRROTAZIONALITA’.
Comunque si consideri una linea chiusa γ contenuta nella regione di definizione del campo, risulta:
E t dl 0
Si applica anche per linee che passano per la carica puntiforme. Il significato fisico di questa
proprietà è chiaro quando si pensa che il suo integrale di linea è pari al lavoro compiuto dalle forze
del campo quando si sposti la carica lungo la linea stessa.
Considerati due punti distinti A e B e due qualsiasi linee γ1 e γ2 di estremi A e B, orientati nello
stesso modo, si ha:
E tdl E tdl
1 2
L’integrale del campo E prodotto da una carica puntiforme non dipende dalla linea lungo la quale
esso è calcolato, ma soltanto dagli estremi A e B della linea stessa. Possiamo estendere la
proprietà al caso di una distribuzione qualsiasi di cariche-sorgente, tuttavia la conclusione è: la
circuitazione del campo elettrico prodotto da una generica distribuzione di cariche-sorgenti, lungo
una qualsiasi linea chiusa, è nulla.
Consideriamo la legge di Gauss:
Q
E n dS
S
0
Consideriamo una situazione in cui le cariche-sorgente siano distribuite con densità di volume ρ(P)
in una regione spaziale Ω.
1
E ndS
S
0 d
1
Ed
0 d
Consideriamo un generico campo elettrostatico e, in esso, una regione in cui non esistano cariche-
sorgenti, oppure queste siano distribuite con densità di volume ρ limitata e continua; sappiamo
allora che le componenti di E sono continue con derivate prime continue e vale quindi il teorema di
Stokes:
E tdl 0
xE ndS 0
S
xE 0
Tale relazione esprime in forma locale la proprietà di irrotazionalità.
Consideriamo una superficie S su cui la carica sia distribuita con densità superficiale σ, oppure una
superficie in corrispondenza della quale la densità di volume ρ si mantenga limitata, ma sia
discontinua. Consideriamo una linea chiusa rettangolare γ, tale che la lunghezza l delle basi sia
molto maggiore dell’altezza h (fig. 2.15) :
E t1dl E t2dl 0
Se indichiamo con Et1 e Et2 le componenti tangenziali di E, si ha:
Vista l’arbitrarietà della costante C che appare nella definizione di V(P), essa può essere scelta in
modo che il potenziale V assuma valore nullo in un qualsiasi assegnato punto del campo, purché
non coincidente con Q. Volendo che il potenziale si annulli in corrispondenza di un particolare punto
P0, basta porre:
1 q
C
40 r0
(avendo indicato con r0 la distanza di P0 da Q).
Si può notare che tra tutti i potenziali uno solo verifica la condizione di annullamento all’infinito:
lim V (r ) 0
r
ed è quello che corrisponde al valore nullo della costante.
La funzione V assume lo stesso valore in tutti i punti di una generica superficie sferica centrata in
Q, che è pertanto superficie equipotenziale del campo.
La superficie equipotenziale è sferica per ogni r (fig. 3.1) :
Le linee vettoriali risultano perpendicolari alle superfici
equipotenziali.
L q0
P1 P2
E tdl q0
P1 P2
V tdl q0 [V ( P1 ) V ( P2 )]
Tra due punti esiste una differenza di potenziale di un volt quando le forze del campo, per spostare
una carica positiva pari a 1C da un punto all’altro, compiono il lavoro di 1 joule.
Il campo elettrico generato da n cariche puntiformi (con n limitato) può essere ottenuto attraverso il
PSE. Così anche il campo potenziale. Difatti:
n
E E1 ... En E j
j 1
1 (Q)
V ( P)
40
rPQ
d
Distribuzioni superficiali:
1 (Q)
V ( P)
40 S
rPQ
dS
Distribuzioni lineari:
1 (Q)
V ( P)
40 rPQ
dl
Quale forma assumono le equazioni delle leggi dell’elettrostatica in forma locale, quando si faccia
uso della nozione di potenziale?
E xE 0
o
Ponendo E V , risulta:
(V ) V
2
0 0 EQUAZIONE DI POISSON
Nelle regioni
. in cui non esistono cariche, si ottiene: 2V 0 EQUAZIONE DI LAPLACE
Per ottenere soluzione unica è necessario aggiungere alle eq. differenziali le condizioni al contorno.
Dal punto di vista fisico, le condizioni al contorno portano in conto il contributo delle sorgenti situate
all’esterno del dominio al campo elettrico e alla funzione potenziale. Possono essere di tre tipi:
• Dirichlet: imposizione del potenziale (corrisponde all’imposizione di Exn ) V=f(x)
V2
• Neumann : imposizione della derivata normale del potenziale (ovvero di D∙n )
g ( x)
n
•Miste : imposizione di una combinazione del potenziale e della sua derivata normale
V
V h( x)
n
Esponiamo un metodo che consente, in maniera approssimata, di calcolare il potenziale generato
da una assegnata distribuzione di cariche. Questo metodo, noto come ESPANSIONE IN SERIE DI
MULTIPOLI, consente, tra l’altro, di introdurre particolari distribuzioni di cariche (dipoli e multipoli).
Consideriamo una generica distribuzione di carica che occupi una regione limitata dello spazio, sì
da poter essere interamente contenuta in una sfera di raggio a (fig. 3.7) . Ci proponiamo di
descrivere gli effetti in punti che siano a distanza dell’origine O molto maggiore di a.
Indichiamo con r’ il raggio vettore dall’origine O verso il generico punto P’ appartenente alla regione
τ’ occupata dalle cariche, con ρ(r’) la densità di volume di carica in P’ e con r il raggio vettore
dall’origine O al generico punto di osservazione P. Il potenziale nel punto P è:
1 (r ')
V (r )
40
' r r'
d '
1
rPP' r r ' (r r ' 2rr ' cos )
2 2 2
Poiché ci limitiamo a considerare i valori assunti dal potenziale in punti lontani dall’origine,
possiamo supporre r’/r<<1 , e quindi sviluppare l’espressione │r-r’│-1 in serie di potenze di r’/r
limitata ai primi termini.
1 1 1 r ' r
r r' 3 ...
r ' 2 r 'cos
r r
r 1 2
r r
Otteniamo, quindi:
Applicando lo sviluppo in serie di Maclaurin
1 1 r ' r 1 1 r
4 0
V (r ) ( r ') 3
d ' (r ')d ' 3 r ' (r ')d '
' r r 4 0 r ' r '
Lo sviluppo in serie di Maclaurin mette in evidenza che per una distribuzione di carica limitate nello
spazio, il potenziale, al tendere della distanza all’infinito, tende a zero almeno come l’inverso della
distanza. Il primo termine di quest’ultima espressione fornisce il potenziale che sarebbe prodotto
nel punto P se tutta la carica distribuita nella regione τ’,
Q (r ') d '
'
fosse concentrata nell’origine O. E’ intuitivo che questo debba essere il termine di potenziale, visto
da un osservatore molto distante dalla distribuzione di carica. Nel secondo termine interviene la
grandezza:
p (r ')r 'd '
'
1 Q r p
V (r ) 3
40 r r
i due termini che compaiono prendono il nome rispettivamente di termine di monopolo e termine di
dipolo. Il primo termine è nullo quando nella distribuzione vi è globalmente tanta carica positiva
quanta ve n’è di negativa.
Se consideriamo sistemi a carica totale Q non nulla, il momento di dipolo può essere calcolato
immaginando di concentrare tutta la carica nel baricentro della distribuzione e moltiplicandola per
r’, la sua distanza (vettoriale) dall’origine In genere il momento di dipolo dipende dal punto rispetto
al quale viene calcolato: in particolare, è nullo il momento di dipolo rispetto al baricentro.
Il momento di dipolo di una distribuzione di carica dipende dall’origine scelta per misurare le
distanze. Non ne dipende però quando la carica totale della distribuzione è nulla: in questo caso è
una caratteristica intrinseca del sistema. Per mostrarlo, consideriamo uno spostamento R
dell’origine; il momento di dipolo diventa:
p' (r ' R) (r ')d ' r ' (r ')d 'Q R P Q R
r'
' '
se la carica totale Q, risulta uguale a zero, il momento di dipolo può essere calcolato scegliendo
un’origine qualsiasi .
p' p p qd
dove d è la distanza vettoriale tra le due cariche.
Il potenziale generato in un punto qualsiasi dello spazio, a distanza grande alla separazione d delle
cariche, è dato da: 1 r p
V (r ) (Q 0)
4 0 r 3
1 3( r p ) r p
E V 3
4 0 r 5
r
IL CAMPO ELETTROSTATICO IN PRESENZA DI CONDUTTORI NEL
VUOTO
I conduttori sono sostanze che contengono un numero elevato di particelle cariche libere di
muoversi nel suo interno.
I dielettrici/isolanti sono, invece, sostanze in cui tutte le particelle cariche sono strettamente
legate agli atomi e alle molecole cui appartengono.
Diremo che un conduttore è in equilibrio elettrostatico quando in esso non si riscontra alcun
moto macroscopico di cariche. Perché ciò accada occorre che sulle cariche libere presenti nel
corpo non agiscono forze e che pertanto il campo elettrico macroscopico sia nullo in tutti i punti
interni al conduttore. Per illustrare questa affermazione, consideriamo un campo, inizialmente
neutro, che venga immerso nel campo prodotto da un insieme di cariche-sorgente fisse all’esterno
del corpo Eest. Si riscontra nel conduttore una distribuzione di cariche di due segni, le quali danno
luogo, a loro volta, a un campo “di reazione” Er, che si sovrappone a Eest, producendo un campo E:
E=Eest+Er
La situazione evolve fino a quando il campo Er non riesce a bilanciare l’azione di Eest in tutti i punti
interni al conduttore. In queste condizioni, risulta:
E=Eest+Er=0
e le cariche restano ferme nella raggiunta configurazione di equilibrio elettrostatico. Di
conseguenza, per il teorema di Gauss, all’interno del conduttore si ha ρ=0. All’interfaccia tra il
conduttore e lo spazio circostante le forze di richiamo possono bilanciare le forze prodotte dal
campo elettrico, impedendo alle cariche di abbandonare il corpo. All’equilibrio, sulla superficie del
conduttore viene dunque a distribuirsi una carica tale che il campo E, all’interno del conduttore, sia
ovunque nullo. Se ne conclude che all’esterno del conduttore, quale che sia la sua forma, la
componente normale del campo elettrico è pari a σ/ε0; si ha cioè:
( P0 )
lim En ( P)
P P0 0
dove σ(Po) indica il valore di σ nel generico punto P0 del conduttore (vedi fig. 4.1).
V
En
n
Il valore di Q può essere calcolato come segue:
Q dS 0 En dS
S S'
intendendo con ciò valutare il flusso di E attraverso una superficie chiusa Σ’ che racchiude
interamente il conduttore.
CALCOLO DEL CAMPO IN PRESENZA DI CONDUTTORI
Consideriamo un conduttore, sulla sua superficie Σ si distribuisce una carica Q con densità σ,
variabile da punto a punto, in modo da produrre campo nullo in tutti i punti interni al conduttore.
Indichiamo con Г e Ω rispettivamente le regioni interne ed esterne al conduttore (fig. 4.3).
lim V ( P ) 0
P
CAMPO NEI CONDUTTORI CAVI
Consideriamo un conduttore dotato di una cavità all’interno (fig. 4.4) e di carica Q. Dimostriamo che
la carica si localizza soltanto su Σest.
In tutti i punti interni alla regione Ω la funzione potenziale V(P) soddisfa l’equazione di Laplace, per
l’assenza di cariche all’interno della cavità.
D’altra parte, il potenziale V deve assumere valore costante V0 in tutti i punti del conduttore e quindi
anche sui punti di Σint.
Si conclude pertanto che il potenziale V(P) è continuo in ΩUΣint, soddisfa la 2V 0 in Ω e
assume valore costante sui punti di Σint.
È questa la forma di un problema di Dirichlet interno corrispondente a un valore costante del
potenziale sulla frontiera della regione Ω. Si verifica che unica sua soluzione è V(P)=V0.
Quindi E=0, in particolare è nulla la componente normale di E in tutti i punti di Σint: di conseguenza,
su Σint anche la densità superficiale σ è nulla e tutta la carica si distribuisce sulla superficie esterna
Σest.
Un conduttore cavo si comporta come uno schermo elettrostatico nei confronti della cavità.
Consideriamo, ora, un corpo carico C e lo disponiamo all’interno della cavità (fig.4.5) .
Costatiamo che intorno ad esso esiste un campo elettrico le cui linee vettoriali fanno capo.
La carica localizzata su Σint deve essere uguale e contraria a quella del corpo C.
Per mostrare ciò applichiamo il teorema di Gauss alla superficie Σ. Il flusso del campo elettrostatico
attraverso Σ è nullo perché in ogni punto di Σ il campo è nullo. Inoltre il conduttore, inizialmente
scarico, deve restare tale anche dopo l’introduzione di C entro la cavità (per la conservazione della
carica). Ciò può verificarsi soltanto se sulla superficie Σest si localizza una carica uguale e opposta a
quella che si localizza su Σint. In altre parole l’interno della cavità è in comunicazione con l’esterno.
La distribuzione della carica sulla superficie esterna del conduttore non cambia quando si
modificano le condizioni all’interno della cavità.
In conclusione lo schermo elettrostatico isola l’interno da influenze esterne e viceversa.
Con il termine CONDENSATORE intendiamo un sistema fisico costituito da due conduttori
(armature) affacciati e separati da un mezzo isolante, caricati in modo che la carica comunicata a
uno sia uguale e opposta a quella dell’altra.
Questi semplici dispositivi consentono di creare intensi campi elettrostatici in regioni limitate e di
immagazzinare quindi notevoli quantitativi di energia elettrostatica.
Q
VA VB
C
dx
V ( x) Ax B per xЄ(0;d)
con A e B cost. Si conclude pure che V=cost per xЄ (0;d).
Applichiamo il teorema di Gauss a una superficie chiusa Σ, si ha:
V
Q 0 E n dS 0 dS
S S
n
La derivata di V rispetto alla normale è nulla esternamente alle armature, e risulta:
Q 0 AS
V1 V2 Ad
Q S
C 0
V1 V2 d
CONDENSATORE CILINDRICO
Consideriamo un condensatore le cui armature siano costituite da due cilindri conduttori coassiali a
sezione circolare, di raggi Rint e Rest. Supponiamo che la lunghezza del cilindro L sia molto
maggiore di Rest. La funzione V, assumendo un sistema di coordinate cilindriche, dipende soltanto
da r.
dV
Per r≠0, si ha: r k con k costante
dr
0
Q1 2 Rint l k 2 l k 0
Rint
Rest
V Vest Vint k ln
Rint
Q1 2 l k 0 2 l 0
C1
V R R
k ln est ln est
Rint Rint
CONDENSATORE SFERICO
Consideriamo un condensatore le cui armature siano costituite da due sfere conduttrici
concentriche, di raggio Rint e Rest. L’equazione di Laplace vale:
1 d 2 dV
r 0
r 2 dr dr
dV
r2 k con r≠0 e k costante
dr
L’integrale generale è:
k
V A con A costante (1)
r
dV k
0 0 2
dr Rin t Rint
Q 4Rint
2
40 k
Dalla (1) discende:
k k
V Vest Vint
Rest Rint
La capacità di un sistema di condensatori collegati in parallelo è la somma delle capacità dei singoli
condensatori.
Consideriamo più condensatori, connessi in serie (fig.4.13) : l’insieme dei condensatori costituisce un
unico condensatore, le cui armature sono quelle estreme della catena di condensatori. In questo
caso, è la carica a essere uguale per tutte le Ck.
n
V Vk
K 1
n n
Q 1
V Q
K 1 C K K 1 C K
1
C n
1
K 1 C K
Dunque: il reciproco della capacità di un sistema di più condensatori in serie è la somma dei
reciproci delle capacità dei singoli condensatori.
L’energia elettrostatica U associata a un sistema di cariche è:
1
U
2 S
VdS
In un sistema di n conduttori, la carica elettrica è distribuita sulle loro superfici. Indicando con Si la
superficie del conduttore, l’ultima espressione diviene:
1 n
U iVi dS
2 i 1 Si
Vi è costante sulle superfici di ciascun conduttore e può essere quindi portato fuori dal segno di
integrale. Inoltre, la carica totale esistente sull’i-esimo conduttore è esprimibile come:
qi i dS
Si
Risulta perciò:
1 n
U qiVi
2 i 1
Nel caso particolare di un condensatore, l’energia elettrostatica risulta:
1 1 1 1 1 Q2
U QV1 QV2 QV C V
2
2 2 2 2 2 C
La conoscenza dell’energia elettrostatica di un sistema di conduttori permette di calcolare le forze
che tra essi si esercitano, utilizzando il principio di conservazione dell’energia.
Consideriamo dapprima il caso in cui il sistema sia isolato e supponiamo che uno dei conduttori sia
libero di compiere una traslazione dr sotto l’azione delle forze elettriche dovute agli altri conduttori.
Il lavoro compiuto dalle forze del campo è:
dL = Fdr
Poiché il sistema è isolato, questo lavoro è compiuto a spese dell’energia elettrostatica U del
sistema:
dL = -dU
F dr = -dU
Detta Fr la componente di secondo la generica direzione r sia:
U
Fr
r q
ove l’indice “q” indica che la derivazione va eseguita tenendo costanti le cariche.
Sia dato un sistema di conduttori non isolato (con potenziale costante). Il lavoro è compiuto non
solo a spese dell’energia del sistema di conduttori, ma anche a spese delle sorgenti esterne.
L’equazione di conservazione dell’energia diviene:
dL + dUV = dUest
dove dUest indica l’energia fornita dalle sorgenti esterne e dUv la variazione dell’energia
elettrostatica del sistema a potenziali costanti.
n
dU est VK dq K
K 1
1 n
dU V VK dq K
2 i 1
dU est 2dU V
dL dU v
F d r dU v
U
Fr
r V
Dato un sistema di conduttori avente una certa configurazione geometrica e un assegnato stato
elettrico, in condizioni statiche le forze agenti tra i conduttori dipendono solo dalla configurazione e
dallo stato elettrico del sistema.
IL CAMPO ELETTROSTATICO IN PRESENZA DI DIELETTRICI
Macroscopicamente un dielettrico non polarizzato si presenta come un sistema continuo con
densità di carica nulla in ogni suo punto. Un modello adatto a trattare il dielettrico è quello in cui
esso è considerato come una sovrapposizione di due distribuzioni continue di carica, una positiva
di densità ρ+, una negativa di densità ρ-. In assenza di polarizzazione, dato un generico elemento di
volume Δτ, le cariche in esso contenute sono uguali e opposte e i loro baricentri coincidono: ρ+= ρ- ;
di conseguenza carica globale e momento di dipolo sono nulli.
Supponiamo
ora di polarizzare il materiale: ciò significa dare un piccolo spostamento relativo
alle cariche positive e negative. Ciò determina la nascita di un momento di dipolo
associato all’elemento di volume:
p ( ) (1)
Per il calcolo del campo macroscopico basta considerare il momento di dipolo di ogni elemento di
volume. Introduciamo dunque un vettore di polarizzazione P, definito come momento di dipolo
elettrico per unità di volume:
p
P
lim 0
Confrontando con la (1), si ha:
P dove -
Il contributo dato dal materiale polarizzato al campo elettrico può quindi essere calcolato riferendosi
a una distribuzione continua di momento di dipolo.
E’ possibile sostituire alla distribuzione di dipoli P una distribuzione equivalente di cariche di volume
e superficiale pol e pol che produce gli stessi effetti. Queste cariche sono dette di polarizzazione.
Per determinare la densità volumica pol, consideriamo una generica superficie
S di normale n, interna al dielettrico (fig.5.3)
All’atto della polarizzazione la superficie viene attraversata nei due sensi da cariche di
segno opposto. Calcoliamo dunque la carica netta che attraverso un elemento superficiale
dS in senso concorde con n. In seguito allo spostamento l+ attraverso dS passa la carica
positiva che era ad essa adiacente prima della polarizzazione. Tale carica è contenuta in
un volumetto cilindrico avente per basi rispettivamente dS ed una superficie parallela a
dS: il vettore spostamento della carica positiva, l+, funge da generatrice per la superficie
laterale del cilindretto. La carica positiva e quella negativa attraversante dS si sommano
algebricamente e danno origine ad una carica totale pari a:
dQ ( ) ndS ndS P ndS
Consideriamo ora una generica superficie Σ chiusa, interna al
dielettrico, e indichiamo con τ il volume in essa contenuto (fig.
5.4). Sappiamo che quando il dielettrico non è polarizzato la
superficie contiene carica globale nulla.
Quando il materiale è polarizzato, dalla relazione precedente
appare evidente che si può avere entro la stessa superficie Σ
una carica Qp non nulla. Definiamo carica di polarizzazione
questo aumento di carica globale. Per il principio di
conservazione della carica, tale aumento di carica è dato dalla
carica totale che è entrata in τ attraverso Σ a causa della
polarizzazione. Tenendo conto dell’orientazione di n, risulta: QP P ndS (2)
S
La carica di polarizzazione è distribuita nel volume τ con densità
ρpol, per cui risulta: Q p pol d (3)
Confrontando la (2) e la (3) e osservando che le due espressioni devono fornire lo stesso valore di
Qp, si ha:
Q p P n dS Pd
S
Pd p d
p P
Immaginiamo ora che la generica superficie S faccia parte del contorno del volume ; ricaviamo
l’espressione della carica di polarizzazione σP sullo strato superficiale del dielettrico.
dQ P ndS
dQ P dS
P P n Pn
Tale relazione è generalizzabile al caso in cui vi sia una superficie di discontinuità S tra i dielettrici
diversi 1 e 2 (fig 5.5) .
La carica di polarizzazione dQP contenuta in un volumetto uguaglia il flusso di P entrante nel
volumetto stesso. La carica di polarizzazione può essere distribuite con densità σP sulla superficie
di discontinuità S e con densità ρp1 e ρp2 nel volume dei due mezzi. Pertanto entro il volumetto si
può avere una carica di polarizzazione dQPS=σPdS, sulla superficie S, e una dQP=(ρP1+ρP2)dτ nel
volume. Date le dimensioni del volumetto, dQP risulta infinitesima di ordine superiore a dQPS e
quindi trascurabile. Per lo stesso motivo, è trascurabile il flusso del vettore P attraverso la superficie
laterale rispetto al flusso attraverso le basi; indicando con P1 e P2 il vettore “polarizzazione” nei due
materiali e tenendo conto che n2=n=-n1,si ottiene:
P 2 n 2 dS P1 n1dS ( P1 P 2 ) ndS
P dS ( P1 P 2 ) ndS
P ( P1 P 2 ) n Pn1 Pn 2
Verifichiamo ora che le due descrizioni del dielettrico polarizzato sono compatibili. Ogni porzione di
dielettrico possiede cariche, distribuite sulla superficie con densità σP e nel volume τ con densità ρP;
la carica globale del pezzo di dielettrico è sempre nulla :
Q P dS P d
S
E ndS
1
Qlib QP (1)
S
0
Ricordando che QP P ndS , si ha:
S
1 1
E ndS
S
0
Qlib
0 P ndS
S
S
o
E P ndS Qlib
Pertanto il flusso del vettore ε0E+P uscente da Σ uguaglia la carica libera totale contenuta entro Σ.
Definito spostamento elettrico il vettore:
D 0 E P (4)
D ndS Q
S
lib (2)
Immaginiamo che una carica libera sia distribuita con densità σlib sulla superficie di discontinuità e
con densità ρlib1 e ρlib2 nel volume dei due mezzi. La carica nel volume dell’elemento è trascurabile
rispetto a quella sulla superficie di discontinuità e il flusso D attraverso la superficie laterale è
trascurabile rispetto a quello attraverso le basi. Si ottiene così, dalla (2) :
Dn 2 Dn1 lib
Se sulla superficie di separazione dei due mezzi vi è uno strato di carica libera, la componente
normale di D ha dunque una discontinuità pari alla densità superficiale di carica libera; se invece
σlib =0 :
Dn 2 Dn1
Esaminiamo ora il campo E. Sulla superficie di separazione dei due mezzi è presente uno strato di
carica di polarizzazione con densità:
P Pn1 Pn 2
e deve dunque esservi una discontinuità di En tale che
0 ( En1 En 2 ) P Pn1 Pn 2
Per quanto riguarda le componenti di E tangenziali alla superficie, consideriamo una linea chiusa
costituita dai tratti AB, BC, CD e DA.
E2 dl E1 dl 0
Et 2 Et1 (3)
Dalla (3) e (4) si deduce che le componenti tangenziali di D presentano una discontinuità uguale a
quella del vettore P:
Dt 2 Dt1 Pt 2 Pt1
Nel caso in cui i materiali 1 e 2 siano lineari e non vi sia carica libera sulla superficie di separazione,
si ricava una relazione tra le direzioni dei vettori di campo nei due mezzi. Indicando con θ1 e θ2 gli
angoli formati con la normale n da E1 (fig. 5.12) ed E2 rispettivamente, e con ε1 ed ε2 le costanti
dielettriche, possiamo scrivere:
Dn 2 Dn1
1 En1 2 En 2
En1 E
1 2 n2
Et1 Et 2
essendo:
Et1 Et 2
tg1 tg 2
En1 En 2
si ricava:
tg1 1 r1
tg 2 2 r 2
RISPOSTA
La funzione potenziale V(x,y,z) deve essere indipendente dalla coordinata z (fig.(b)):
V(x,y,z) = V(x,y) ;
essa deve, inoltre, assumere nei punti di S1 il valore zero e nei punti di S2 il valore V0.
L’equazione di Laplace assume la forma:
2V 2V a x a
0 per (1)
x 2 y 2 0 yb
Troviamo una soluzione che sia del tipo “a variabili separate”: V(x,y)=X(x)Y(y) (2).
Consideriamo i valori che la V(x,y) assume in corrispondenza di due ordinate y1 e y2 distinte, si ha:
V ( x, y1 ) X ( x)Y ( y1 )
V ( x, y2 ) X ( x)Y ( y2 )
dividendo membro a membro:
Y ( y1 )
V ( x, y1 ) V ( x, y 2 )
Y ( y2 )
Ciò significa che l’andamento in funzione di x del potenziale all’ordinata y1 coincide, a meno del
fattore costante Y(y1)/Y(y2), con quello che si riscontra in corrispondenza dell’ordinata y1 ≠y2 .
Sostituiamo la (2) nella (1):
d 2 X ( x) d 2Y ( y)
Y ( y) X ( x) 0 per a x a, 0 yb
dx 2 dy 2
dividiamo per V(x,y):
1 d2X 1 d 2Y
X ( x) dx 2 Y ( y ) dy 2
1 d2X
2
k2
X ( x) dx
2 con k 2 cos tan te
1 d Y k2
Y ( y ) dy 2
X 0 ( x) Asen(kx) B cos( kx)
Y0 ( y ) Ceky De ky
con A,B,C e D costanti arbitrarie.
V0 ( x, y ) Asen(kx) B cos( kx) Ceky De ky (3)
Si tratta ora di vedere se le costanti A,B,C,D possono essere scelte in modo che la V 0(x,y) soddisfi
tutte le condizioni al contorno del problema.
V0(x,y) deve risultare una funzione “pari” di x, cioè: V(-x,y) = V(x,y)
ne segue che nei punti dell’asse y deve essere:
V
0
x x 0
Il dominio di integrazione dell’equazione di Laplace può ridursi a quello disegnato in fig.(c), con le
seguente condizioni al contorno:
V ( x,0) 0 per 0 x a
V
0 per 0 y b
x x 0
V ( a, y ) 0 per 0 y b
V ( x, b) V0 per 0 x a
cos( ka) 0
ka (2n 1) n 1,2,3,...
2
2n 1
k
2 a
dove k prende il nome di “autovalore del problema”.
Le funzioni V0(x,y) che soddisfano le prime tre condizioni al contorno sono del tipo:
V0 ( x, y ) Vn ( x, y ) An* cos( k n x) senh(k n y ) (4)
e kn y e kn y
con A 2 BC
*
n e senh(k n y )
2
Le funzioni Vn(x,y) così ottenute prendono il nome di “autofunzioni del problema”.
Resta da imporre l’ultima condizione: V ( x, b) V0 per 0 x a
Sostituendo nella (4), si ha:
V0 An* cos( k n x) senh(k nb)
e si conclude che questa relazione non può essere verificata, quali che siano i valori di An* e kn.
Consideriamo una funzione che sia somma di due autofunzioni Vr (x,y) e Vs (x,y) corrispondenti a
due autovalori distinti kr e ks :
V * ( x, y ) Vr ( x, y ) Vs ( x, y ) Ar* cos( k r x) senh(k r y ) As* cos( k s x) senh(k s y )
A
n 1
*
n cos( k n x) senh (k n y )
A
n 1
*
n cos( k n x) senh(k nb) V0 per 0 x a
e quindi:
C
n 1
*
n cos( k n x) V0 (5)
n 1 2 n 1
Uguagliando le due serie, risulta: 4 V0
Cn* con n 1,2,3,...
2n 1
Cn* Cn*
A
*
senh(k nb) senh2n 1b
n
QA (t ) QB (t ) q cost
dQA dQ
B t
dt dt
Il trasporto di carica rispetta il principio di conservazione: data una qualsiasi superficie chiusa Σ, la
quantità di carica che l’attraversa in un generico intervallo di tempo corrisponde alla variazione
della carica contenuta nel volume racchiuso da Σ.
La quantità di carica che nell’unità di tempo esce dalla superficie chiusa Σ è:
i J ndS
S
dove i è l’intensità di corrente elettrica e J rappresenta il vettore densità di corrente. Ad essa deve
corrispondere dunque una variazione della carica totale contenuta all’interno di Σ:
dQ
J ndS
S
dt
Il segno “-” esprime il fatto che, nel caso di cariche positive uscenti da Σ si riscontra una
diminuzione di Q.
Indicando con ρ la densità di carica nel volume τ racchiuso da Σ, si ha:
Q d
d
S
J ndS
dt
d
d
dt
d d
t
S
J ndS
t
d
J
t
Questa relazione è detta equazione di continuità, esprime il principio di conservazione della carica
in forma locale.
Una proprietà indipendente dal tempo in ogni punto si dice stazionaria.
Una corrente elettrica si dice stazionaria se in ogni punto del mezzo in cui essa scorre sono
stazionarie densità di carica e densità di corrente:
J 0
CONDUTTORE CILINDRICO PERCORSO DA CORRENTE LONGITUDINALE
Sia dato un conduttore cilindrico C, omogeneo, avente sezione di forma generica e resistività η. Le
due estremità (parallele e normali all’asse) siano collegate a due elettrodi piani S1 e S2 (di resistività
trascurabile rispetto a η) ai quali sia applicata una differenza di potenziale. Assunto un sistema di
coordinate cartesiane con asse z coincidente con l’asse del conduttore, la funzione potenziale V
risulta indipendente da x e y. In ogni punto di C si ha allora
d 2V
2
0
dz
L’integrale generale di questa equazione è: V=-Az+B, con A e B costanti arbitrarie.
Il campo elettrico E risulta dunque uniforme e diretto secondo z; in modulo
dV
E A
dz
di conseguenza la densità di corrente J è anch’essa uniforme e diretta secondo z, e inoltre
E A
J
A
La corrente I che percorre il conduttore è pari a I JS S
dove S indica l’area della sezione normale del conduttore. La differenza di potenziale ai capi del
conduttore è data da:
V V1 V2 AL
V AL L
dove L è la lunghezza di C. La resistenza dei conduttori filiformi è pari a: R
I S S
A
CONDUTTORE CILINDRICO CAVO PERCORSO DA CORRENTE RADIALE
Consideriamo un conduttore cilindrico cavo (fig. 6.11), a sezione circolare, di raggio interno Rint ed
esterno Rest , dotato di resistività η.
Supponiamo che la superficie interna Sint e quella esterna Sest siano costituite da due elettrodi tra
cui vi sia una differenza di potenziale V. V dipende soltanto dalla coordinata radiale r.
L’equazione di Laplace è:
d 1 d rV d 2V 1 dV
0 2 0
dr r dr dr r dr
dV d 1
r 0
dr dr r
A
r
V A ln r B
1 A 1
I 2rLJ 2rL 2L A
r
Rest
V A ln
Rint
1
Pass t V1i1 V2i2 aV2 i2 V2i2 0
a
V1 aV2 V
z 'C ,1 a 2 2 a 2 zC
I1 I 2 I2
a
E1*
E2 eq
a
V V 1 1 V z
zeqAB 2 1 2 1 int2
I 2 a a I1 a I1 a
d
e
dt t
t1
e dt
t0
In base alle legge di Ampere, sappiamo che nel vuoto le correnti LEGGE DI AMPERE
libere danno origine a campi magnetici :
Nel vuoto, conoscendo la distribuzione delle correnti in tutto lo spazio, si può determinare il campo
magnetico in un punto generico attraverso la legge dell’azione elementare:
Definiamo ora il vettore densità di corrente molecolare Jmol nel mezzo. Presa una
superficie infinitesima ΔS di normale n, passante per il punto P, la componente
I mol
normale alla superficie S di Jmol è data da: J mol ,n J mol nˆ lim
S 0 S
Il campo d’induzione magnetica gode della proprietà di solenoidalità (le linee di campo non hanno
né inizio né fine: linee che nascono e muoiono all’infinito)
B 0
le linee del campo H risultano discontinue in prossimità delle discontinuità del mezzo
N
H tˆdl J nˆdS I K
S K 1
S
Il flusso del campo magnetico prodotto dalla spira e concatenato con B nˆdS [Weber]
lo stesso avvolgimento vale:
quando passa corrente nella bobina 1 ci sarà un campo magnetico nello spazio circostante. Alcune
linee di campo magnetico si contenteranno con la seconda bobina ( curva γ2).
21 B1 nˆ2 dS
S2
prodotto della
corrente I1
concatenata con la
superficie Σγ2
21
Si definisce COEFFICIENTE DI MUTUA INDUZIONE: M 21
I1
Se ho N spire:
21 12
M 21 N2 M 12 N1
I1 I2
Nel caso in cui la bobina 1 è lasciata aperta e la seconda è alimentata da un generatore di corrente
si ha:
12 B 2 nˆ1dS
S1
Si può dimostrare che M12 = M21 :
11 22
L1 N1 L2 N2
I1 I2
T 1 L1 I1 M 12 I 2
T 2 M 21I1 L2 I 2
Se scelgo un orientamento opposto nella curva γ2 :
dT 1 di di
V1 L1 1 M 12 2 CONDIZIONE
dt dt dt
DELL’UTILIZZATORE
d di di
V2 T 2 L2 2 M 21 1 (1)
dt dt dt
I due induttori sono accoppiati perfettamente se: il flusso medio concatenato col primo
avvolgimento è uguale al flusso medio concatenato col secondo avvolgimento.
Si può dimostrare che in tale caso tra i coefficienti L1, L2 ed M sussiste la relazione:
L1 L2 M 2
Le relazioni (1) possono essere espresse nel dominio della frequenza:
V 1 jL1 I 1 j M I 2
(2)
V 2 jM I 1 jL2 I 2
Se i due induttori sono accoppiati magneticamente tra loro, l’energia magnetica del sistema è data
da:
WI1 , I 2 1 L1I1 1 L2 I 22 MI1I 2 0
2
(componenti passivi)
2 2
vale l’uguaglianza nel caso in cui l’accoppiamento è perfetto e il coefficiente di mutua induttanza è
negativo.
In tutti gli altri casi L1 L2 M 2. Se questo non fosse vero esisterebbero valori di corrente tale per cui
risulterebbe W <0.
L M
Se c’è accoppiamento perfetto L1 L2 M 2 1
M L2
M L1
a
L2 M
Le (2) possono essere riscritte come:
M 1
V 1 jL1 I 1 I 2 jL1 ( I 1 I 2 )
L1 a
L 1
V 2 jM I 1 2 I 2 jM I 1 I 2
M a
V 1 L1
a relazione caratteristica del trasformatore
V2 M
Considerando la prima relazione della (2):
V1 1
I1 I 2
jL1 a
tiene conto del differente numero di
spire tra i due avvolgimenti
Ricordando che :
I '1 1 I2
I '1 0
I2 a a
Anche se i due induttori sono accoppiati perfettamente essi non sono equivalenti ad un
trasformatore. In esso infatti l’induttanza è pari a infinito.
Supponiamo che l’accoppiamento non sia perfetto: L1 L2 M 2 .
L1 L1 ' L1 ' ' L1 ' L1d
L2 L2 ' L2 ' ' L2 ' L2 d
L1 ' L2 ' M 2
Sostituendo le equazioni precedenti nelle (2) otteniamo:
V 1 jL1 ' I 1 j M I 2 jL1d I 1
V 2 jM I 1 jL2 ' I 2 jL2 d I 2
Il flusso disperso medio per spira al primario è pari a: 1d 11 21
1d 11 21
COEFFICIENTE DI DISPERSIONE 1d 1 21
AL PRIMARIO 11 11 11
2 d 22 12 12
2d 1
22 22 22
N1 11 N 2 22 N 12 N 2 21
L1 L2 M 12 1 M 21
I1 I2 I2 I1
M 21I1 N1 M N
1d 1 1 1d 21 1
N 2 L1 I1 L1 N 2
M 12 I 2 N 2 M N
2d 1 1 2 d 12 2
N1 L2 I 2 N1 L2
M2 se c’è
1 1d 1 2 d 1 accoppiamento
L1 L2 perfetto
Quando una spira in cui circola corrente si trova all’interno di un campo magnetico, sui conduttori
nei quali circola corrente agiscono delle forze, in particolare:
F il B ext
Il moto rotatorio ha termine quando la normale alla superficie e il campo B diventano paralleli.
MATERIALI DIAMAGNETICI se r 1
MATERIALI PARAMAGNETICI se r 1
MATERIALI FERROMAGNETICI se r 1 CURVA DI MAGNETIZZAZIONE
H tˆdl I J
J 1
S (l ) (l ) dl (l ) dl
J 1
IJ
N
1
dl R I J
RILUTTANZA S (l ) (l ) J 1
La riluttanza è per i circuiti magnetici l’analogo della resistenza dei circuiti elettrici:
I RV Legge di Ohm
N
TOT Req N J I J Legge di Hoptkinson
J 1
l
R Resistenza di un tratto di conduttore elettrico di forma cilindrica
S
l
R Riluttanza di un tratto di conduttore magnetico di forma cilindrica
S
N
1 1
Req i 1 Ri