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F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica..

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Indice

1 Statica dei fluidi 1 2 Equazioni della dinamica 25


dei fluidi
1.1 Proprietà dei fluidi 1
Il fluido come mezzo continuo 2 2.1 Rappresentazione del moto di 25
Pressione 2 un fluido
Correnti di tipo particolare 26
Densità 3
Linee di corrente 27
1.2 Equazione di equilibrio di un 4 Traiettorie 30
fluido Curve di emissione (streakline) 31
Fluido in un campo di forze conservative 7
2.2 Equazione di conservazione 33
1.3 Fluido in equilibrio vicino alla 8 della massa
superficie terrestre 2.3 Equazione della quantità di 37
Equilibrio di un fluido con densità 9 moto
uniforme 2.4 Equazioni della dinamica dei 40
1.4 Misura della pressione in 10 fluidi non viscosi
condizioni stazionarie Conservazione dell’energia e relazioni 41
termodinamiche
1.5 Equilibrio dell’atmosfera 11
terrestre 2.5 Equazioni per correnti 42
Atmosfera con temperatura uniforme 12 incomprimibili di un fluido
Atmosfera con temperatura lineare con la 13 non viscoso
quota 2.6 Equazioni per correnti 43
incomprimibili non viscose
1.6 Caratteristiche dell’atmosfera 14 irrotazionali
terrestre
2.7 Equazioni per correnti 44
1.7 Forze di galleggiamento: la 16 incomprimibili di un fluido
legge di Archimede viscoso
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vi

2.8 Equazioni per i fluidi 45 3.10 Il sistema vorticità–funzione 81


comprimibili non viscosi di corrente dei flussi piani
2.9 Equazioni per i fluidi 45 3.11 Vortice di Hill 83
comprimibili viscosi Linee di corrente 87
d
4 Correnti incomprimibili 91
3 Correnti incomprimibili 47 non viscose irrotazionali
non viscose
4.1 Irrotazionalità della corrente e 91
3.1 Rapidità di variazione 47 potenziale della velocità
“seguendo il fluido” 4.2 Corrente incomprimibile ed 93
Accelerazione del fluido 50 equazione di Laplace
3.2 Vincolo di incomprimibilità 53 4.3 Teorema di Bernoulli per 94
correnti non stazionarie
3.3 Equazioni di Eulero 55 Ritorno al teorema di Bernoulli per 95
incomprimibili correnti stazionarie
3.4 Condizione iniziale e 58 Coefficiente di pressione (incomprimibile) 97
condizione al contorno 4.4 Corrente stazionaria attorno a 97
Condizioni di compatibilità dei e fra i dati 61 una sfera
3.5 Equazione della quantità di 63 Metodo di separazione delle variabili 99
moto con la vorticità Soluzione del problema 104
Forza agente sulla sfera: paradosso di 105
3.6 Correnti stazionarie e teorema 64 D’Alembert
di Bernoulli
Coefficiente di pressione sulla sfera 107
Versione irrotazionale del teorema di 66
Bernoulli 4.5 Corrente stazionaria 2D 108
3.7 Vorticità 68 attorno a un cilindro circolare
Metodo di separazione delle variabili 109
Interpretazione cinematica della vorticità 69 Soluzione simmetrica 114
in correnti 2D Soluzioni non simmetriche (portanti) 117
Vortice di Rankine 74 Teorema della portanza di Kutta–Joukowski 120
Linee di corrente delle soluzioni portanti 123
3.8 Equazione della vorticità 76
Equazione della vorticità in 2D 77
5 Correnti incomprimibili 127
3.9 Flussi piani incomprimibili e 78 viscose
funzione di corrente
Definizione della funzione di corrente 78 5.1 Viscosità dinamica e viscosità 128
Equazione della funzione di corrente 81 cinematica
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vii

5.2 Forza di attrito viscoso 130 Corrente non stazionaria fra due lastre 190
parallele
5.3 Equazioni di Navier–Stokes 132
incomprimibili 5.9 Soluzioni esatte per correnti 193
in geometria cilindrica
5.4 Condizione iniziale e 135
Corrente di Couette fra superfici 196
condizione al contorno
Condizioni di compatibilità dei e fra i dati 139 cilindriche in rotazione
Frenamento improvviso di una colonna di 199
5.5 Equazioni adimensionali: il 141 fluido rotante
numero di Reynolds Decadimento di un vortice rettilineo 201
Adimensionalizzazione alternativa 143
Correnti ad alti numeri di Reynolds 144 5.10 Viscosità dei fluidi (anche 204
Correnti a bassi numeri di Reynolds 145 comprimibili)
Tensore degli sforzi viscosi 205
5.6 Soluzioni esatte per flussi 146 Tensore simmetrico “gradienti della 207
stazionari paralleli velocità”
Equazioni del moto fra due lastre piane 146 Fluido viscoso newtoniano 208
parallele Vettore sforzo viscoso relativo a una 209
Corrente di Couette piana 148 superficie
Corrente di Poiseuille piana 151 Forza di attrito viscoso 210
Corrente ibrida di Couette–Poiseuille 153 Caso di correnti incomprimibili 210
Corrente di Poiseuille in un tubo di 154
sezione circolare
6 Equazioni dello strato 213
Corrente lungo un piano inclinato causata 159
limite stazionario 2D
dalla gravità
5.7 Correnti stazionare attorno a 162 6.1 Valori tipici delle grandezze in 213
corpi semplici per Re = 0 uno strato limite
Corrente uniforme attorno a una sfera 163 6.2 Teoria dello strato limite di 214
Legge della resistenza di Stokes 167 Prandtl
Risoluzione mediante le variabili primitive 169 Ipotesi della teoria dello strato limite 214
Corrente attorno a un cilindro: paradosso 175 Analisi degli ordini di grandezza 216
di Stokes Corrente non viscosa 220
5.8 Soluzioni esatte per correnti 178 Equazioni dello strato limite di Prandtl 221
parallele dipendenti dal Rappresentazione della funzione di corrente 223
tempo 6.3 Corrente esterna uniforme: 225
Equazioni per correnti parallele non 178 profilo di Blasius
stazionarie Ricerca della variabile di similarità 228
Traslazione istantanea di una lastra piana 179 Equazione di Blasius 229
Diffusione della vorticità 186 Soluzione del campo di moto 229
Metodo alternativo per le soluzioni similari 187 Rappresentazione della funzione di corrente 238
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viii

6.4 Metodo delle espansioni 241 Ovale cilindrico di Rankine 301


asintotiche raccordate Correnti elementari piane in coordinate 305
Problema modello 241 cartesiane
Problema esterno 242
Problema interno ed espansione interna 243 7.4 Teorema di Kutta-Joukowski 307
Condizione di raccordo 245 per cilindri di forma qualsiasi
Soluzione composita di ordine 0 246
Soluzione composita di ordine 1 247 7.5 Soluzione numerica per un 314
profilo simmetrico
6.5 Deduzione rigorosa delle 250
equazioni di Prandtl Metodo di soluzione 315
Calcolo degli elementi del sistema lineare 317
Espansione del problema interno 252
Coefficiente di pressione sul profilo 318
Espansione del problema esterno 254
simmetrico
Condizioni di interfaccia fra i problemi 255
interno ed esterno 7.6 Strato sottile di vortici 319
Condizioni al contorno del problema 256 rettilinei
esterno
Condizioni al contorno del problema 257 7.7 La condizione di Kutta 322
interno
7.8 Equazione integrale di Prandtl 325
per i profili sottili
7 Correnti aerodinamiche: 259
teoria dei profili sottili 7.9 Soluzione dell’equazione 329
integrale per un profilo piatto
7.1 Correnti incomprimibili 261 Soluzione dell’equazione integrale di 329
irrotazionali assisimmetriche Prandtl
Equazione di Laplace del potenziale 261
Coefficienti aerodinamici 331
Equazione di Laplace in problemi 262
assisimmetrici 7.10 Soluzione dell’equazione 334
Soluzioni elementari 3D assisimmetriche 263 integrale per un profilo curvo
Ogiva semi-infinita di Rankine 273
Soluzione dell’equazione integrale di 334
Solidi di Rankine 276
Prandtl
7.2 Paradosso di d’Alembert in tre 279 Coefficienti aerodinamici 336
dimensioni
7.3 Flussi incomprimibili 284 7.11 Soluzione del profilo con 341
irrotazionali piani spessore e con curvatura
Equazioni di Laplace del potenziale e 284 Quadratura numerica di Gauss–Chebyshev 341
funzione di corrente Andamento della velocità su dorso e 342
Soluzioni elementari piane 286 ventre del profilo
Ogiva cilindrica semi-infinita di Rankine 298 Calcolo del coefficiente di pressione 344
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ix

Teoria della linea portante 345 Derivata di un integrale di volume su un 406


8 dominio variabile
per ali di apertura finita
9.2 Teorema di trasporto di 409
8.1 Descrizione delle ali di 345 Reynolds: osservazioni
apertura finita Versione alternativa del teorema di 411
8.2 Vortici di estremità 346 trasporto di Reynolds
Legge di Biot–Savart 348 9.3 Conservazione della massa 413
Teoremi dei vortici di Kelvin e Helmholtz 348
Ipotesi di corrente incomprimibile 415
8.3 Velocità indotta dai vortici di 349 Correnti incomprimibili con densità non 416
estremità uniforme
8.4 Resistenza indotta 352 Correnti incomprimibili con densità 418
uniforme
8.5 Teoria della linea portante 353
9.4 Equazione di bilancio della 419
8.6 Equazione della linea portante 354
quantità di moto
(integro-differenziale)
Caratteristiche aerodinamiche dell’ala 356 9.5 Conservazione dell’energia 422
8.7 Distribuzione ellittica della 357 Energia totale del fluido 422
portanza Equazione della densità di energia totale 422
Equazione dell’energia specifica interna 423
8.8 Distribuzione generica della 359
portanza 9.6 Equazioni di Eulero per 424
Cambiamento di variabili ed equazione 359 correnti comprimibili
trasformata Completamento termodinamico 425
Rappresentazione in serie di Fourier della 360 Equazioni di Eulero: forma conservativa 425
soluzione Equazioni di Eulero: forma quasi lineare 426
Approssimazione e discretizzazione del 361 Condizioni per le equazioni di Eulero 427
problema comprimibili
Proprietà aerodinamiche dell’ala 362 Equazione dell’entropia per correnti non 428
viscose
8.9 Ruolo del rapporto di forma 365
9.7 Correnti stazionarie: entalpia 429
Correnti comprimibili non 401 ed entalpia totale
9
viscose (senza urti) “Equazione di Bernoulli” per correnti 430
comprimibili
9.1 Derivata di integrali su domini 403 “Bernoulli comprimibile” con entropia 432
mobili uniforme
Derivata di un integrale su un intervallo 403 Coefficiente di pressione per flussi 433
variabile comprimibili
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9.8 Flusso isentropico lungo una 434 9.13 Equazioni di Crocco per 475
linea di corrente correnti stazionarie rotazionali
Velocità del suono 439 Correnti stazionarie rotazionali con 477
Condizione sonica e valori critici 441 entalpia totale uniforme
Il caso del gas ideale politropico 443
9.9 Le equazioni dell’acustica 448
Linearizzazione delle equazioni di Eulero 448 10 Correnti comprimibili 479
Equazioni dell’acustica in un fluido in 450 viscose
quiete
Velocità del suono ed equazione delle 452 10.1 Viscosità di un fluido 480
onde acustiche comprimibile
Soluzione delle equazioni di Eulero 454
Tensore simmetrico “gradienti della 480
dell’acustica
velocità”
9.10 Velocità di propagazione nel 457 Fluido viscoso newtoniano 482
fluido comprimibile Dipendenza della viscosità dalla 485
Equazioni di Eulero in una dimensione 457 temperatura
Problema agli autovalori e velocità 457
caratteristiche 10.2 Equazione di bilancio della 486
quantità di moto
9.11 Potenziale per le correnti 459 Forza di attrito viscoso 486
comprimibili irrotazionali
“Bernoulli comprimibile” per correnti 463 10.3 Conservazione dell’energia 488
irrotazionali
Problema del potenziale comprimibile non 463 Conducibilità termica 488
stazionario
Il sistema di equazioni potenziale–entalpia 467 10.4 Equazioni di Navier–Stokes per 489
Problema del potenziale comprimibile 468 fluidi comprimibili
stazionario
Equazione per le piccole perturbazioni 469 10.5 Equazioni di Navier–Stokes in 491
forma conservativa
9.12 Correnti stazionarie irrotazionali
471
2D con entropia uniforme 10.6 Forma non differenziale: 493
Equazioni per le correnti stazionarie 472 metodo dei volumi finiti
irrotazionali Equazioni di Eulero non differenziali per 496
Equazioni della velocità per le correnti 473 correnti con urti
piane
Equazioni della velocità per le corrente 474 10.7 Equazioni di Navier–Stokes 498
assisimmetriche termodinamicamente stabili
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xi

A Coordinate curvilinee A-1 C Equazioni di Eulero o A-35


ortogonali equidimensionali

A.1 Sistemi di coordinate 1 C.1 Ricerca del cambiamento di 35


ortogonali variabili
A.2 Superfici coordinate e linee 3
coordinate C.2 Soluzione generale della 37
equazione trasformata
A.3 Fattori di scala ed elementi 5
differenziali C.3 Soluzione generale della 38
A.4 Gradiente in coordinate 10 equazione equidimensionale
curvilinee ortogonali
A.5 Divergenza in coordinate 12
curvilinee ortogonali D Principi di termodinamica A-39
A.6 Rotore in coordinate 13
D.1 Variabili estensive e relazione 39
curvilinee ortogonali
fondamentale
A.7 Laplaciano in coordinate 15
cilindriche e sferiche D.2 Principi della termodinamica 39
A.8 Operatore laplaciano di un 16 Convessità della relazione fondamentale 39
campo vettoriale specifica
A.9 Operatori d’advezione 17 D.3 Variabili intensive ed 39
A.10 Identità differenziali vettoriali 18 equazioni di stato

D.4 Calori specifici 39


B Campi conservativi A-19
D.5 Velocità del suono 39
B.1 Campi conservativi 19
B.2 Superfici e curve 22
equipotenziali E Proprietà termodinamiche A-42
Conservatività del campo e topologia del 24 dei gas
suo dominio
B.3 Domini connessi e 26 E.1 Gas ideale politropico 42
semplicemente connessi Equazioni di stato 44
B.4 Condizioni necessarie per la 28 Calori specifici 44
conservatività Entalpia 46
Potenziale scalare e potenziale vettoriale 32 Velocità del suono 47
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xii

E.2 Gas ideale non politropico 48 Relazione fondamentale per le grandezze 76


Gas atomici 48 globali
Gas molecolari 48 Relazione fondamentale per le grandezze 76
Principio di equipartizione dell’energia 49 specifiche
Modi di vibrazione della molecola 52 Relazione fondamentale con numero di 77
Energia vibrazionale e calore specifico 53 moli
Relazione fondamentale in forma 54 Relazione fondamentale per le grandezze 78
parametrica molari
Velocità del suono 56 Caso di gas ideali non politropici 79
E.3 Gas di van der Waals 57 F.4 Reazioni chimiche 81
Caso politropico 61
Reazione chimica elementare 81
Caso non politropico 63 Modello di un insieme di reazioni chimiche 82
E.4 Gas di Soave–Redlich–Kwong 65
F.5 Miscela di gas ideali reagenti 83
Forma della molecola e fattore acentrico 65
in equilibrio
Equazione di stato 66
Relazione fondamentale in forma 66 Costituenti atomici e loro conservazione 83
parametrica Composizione in condizioni di equilibrio 85
termodinamico
E.5 Gas di Martin–Hou 67 Equazioni di stato 87

F Miscele di gas ideali con e A-68 F.6 Miscela di gas ideali reagenti 88
senza reazioni chimiche in non equilibrio chimico

F.1 Composizione chimica 68


dell’aria G Profili alari NACA a A-89
F.2 Composizione di una miscela 69 quattro o cinque cifre
di gas
Frazioni di massa delle specie chimiche 70 G.1 Convenzioni della notazione 89
Frazioni molari delle specie chimiche 70 NACA
Legame fra le frazioni di massa e le 71
frazioni molari G.2 Spessore dei profili alari NACA 90
F.3 Miscela di gas ideali non 72 G.3 Linea media dei profili NACA 91
reagenti a quattro cifre
Caso di gas ideali politropici 72
Teorema di Gibbs delle miscele di gas 74
G.4 Linea media dei profili NACA 92
ideali
a cinque cifre
Relazione fondamentale in forma 75 G.5 Costruzione del profilo con 92
parametrica curvatura
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xiii

Integrali definiti per le A-94 M.1 Equazioni di conservazione 121


H
equazioni integrali Equazioni di bilancio delle componenti 121
chimiche
H.1 Integrale con il coseno 94 Equazione di bilancio della quantità di 122
H.2 Integrale con il seno 98 moto
Equazione di bilancio dell’energia totale 122
Equazioni di Navier–Stokes per fluido 122
I Derivata temporale di A-99
multicomponente
integrali su domini mobili
M.2 Conservazione della massa 123
I.1 Derivata di un integrale su un 99 totale
intervallo mobile
I.2 Derivata della circolazione 101 M.3 Conservazione delle frazioni 123
lungo una curva mobile di massa
I.3 Derivata del flusso attraverso 103 M.4 Equazione di conservazione 123
una superficie mobile dell’energia interna
I.4 Derivata dell’integrale su un 107
volume mobile
I.5 Derivata di integrali su domini 109 N Onde d’urto normali A-125
mobili nello spazio
N.1 Superfici di discontinuità e 125
L Equazioni comprimibili in A-110 processi irreversibili
forma adimensionale
N.2 Relazioni di salto nelle 126
L.1 Equazioni di Eulero per i fluidi 111 correnti stazionarie in una
comprimibili dimensione
Procedimento di adimensionalizzazione 111
Equazioni di Eulero adimensionali 114 N.3 Discontinuità di contatto 128
L.2 Equazioni di Navier–Stokes per 115
N.4 Condizioni di salto di Rankine– 129
i fluidi comprimibili
Hugoniot
Procedimento di adimensionalizzazione 115
Equazioni di Navier–Stokes adimensionali 117 Sistemi di riferimento solidali con una 131
Proprietà dissipative costanti e numero di 118 parte di fluido
Prandtl Equazione di Rankine–Hugoniot e 132
adiabatica dell’urto
M Equazioni per fluidi con A-121
più componenti N.5 Onda d’urto normale in un gas 135
ideale politropico
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xiv

O Onde d’urto oblique A-141

O.1 Condizioni di Rankine– 141


Hugoniot per flussi multidimensionali

Onda d’urto normale equivalente 141


O.2 Geometria dell’urto obliquo 141
O.3 Onda d’urto obliqua in un gas 141
ideale politropico
Curva polare dell’urto obliquo 141
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Fluido non viscoso Fluido viscoso

FLUIDODINAMICA

Equazioni di Eulero incomprimibili Equazioni di Navier–Stokes incomprimibili [ν = µ/ρ]


   
∂u
+ (u )u + =0
∂u
+ (u )u + =ν  2
u
 
Corrente ∂t ρ ∂t ρ
u=0 u=0
incomprimibile
con densità
uniforme ∂e
+ u(r, t)
 e=0
∂e
+ u(r, t)
 e=
1  (κ
 
T ) + 2ν | (u(r, t))|2
∂t ∂t ρ
[T = T (e, ρ), P = P(e, ρ)] T = T (e, ρ) [P = P(e, ρ)]

..............................................................................................................

Equazioni di Eulero comprimibili Equazioni di Navier–Stokes comprimibili


∂ρ
+

(ρu) = 0
∂ρ
+

(ρu) = 0
∂t ∂t
Corrente
comprimibile
∂(ρu)
+

ρu ⊗ u + P

=0  ∂(ρu)
+

ρu ⊗ u + P

=    (u)
∂t ∂t
∂(ρet )
+
 
(ρet + P)u = 0
∂(ρet )
+
 (ρet + P)u =
  κ
 T +u  (u)

∂t ∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ)
t 1 t 1
e =e+ 2 |u|
2 e =e+ 2 |u|
2

TERMODINAMICA
F. Auteri e L. Quartapelle, Fluidodinamica, summary tables 2 colour black

Fluido non viscoso Fluido viscoso

FLUIDODINAMICA

Equazioni di Eulero incomprimibili Equazioni di Navier–Stokes incomprimibili


∂ρ
+u
 ρ=0
∂ρ
+u
 ρ=0
∂t
∂u   ∂t
∂u   1  (µ  µ)  
Corrente + (u )u + =0 + (u )u + = − u) + 2 ( ?u
 
∂t ρ ∂t ρ ρ
incomprimibile u=0 u=0
con densità
non uniforme
∂e  ∂e   
(κ T ) 2µ| (u(r, t))|2 
+ u(r, t) e=0 + u(r, t) e= +
∂t ∂t ρ(r, t) ρ(r, t)
[T = T (e, ρ), P = P(e, ρ)] T = T (e, ρ) [P = P(e, ρ)]

...............................................................................................................

Equazioni di Eulero comprimibili Equazioni di Navier–Stokes comprimibili


∂ρ
+
 (ρu) = 0
∂ρ
+
 (ρu) = 0
∂t ∂t
Corrente
comprimibile
∂(ρu)
+

ρu ⊗ u + P

=0  ∂(ρu)
+

ρu ⊗ u + P

=    (u)
∂t ∂t
∂(ρet )
+
 
(ρet + P)u = 0
∂(ρet )
+
 (ρet + P)u =
  κ
 T +u  (u)

∂t ∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ)
t 1 t 1
e =e+ 2 |u|
2 e =e+ 2 |u|
2

TERMODINAMICA
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 1 colour black

EQUAZIONI DI BERNOULLI PER CORRENTI INVISCIDE INCOMPRIMIBILI CON DENSITA’ UNIFORME

Correnti stazionarie: Correnti non stazionarie:

n |u(r(`))|2 (r(`)) o
Corrente anche rotazionale + + χ (r(`)) linea di = C linea di
2 ρ corrente
corrente

|u(r)|2 (r)
Corrente irrotazionale (anche non potenziale) + + χ (r) = C
2 ρ

| φ(r)|2 (r) ∂φ(r, t) | φ(r, t)|2 (r, t)


+ + χ (r) = C + + + χ (r) = C(t)
 

Corrente irrotazionale potenziale


2 ρ ∂t 2 ρ

Corrente irrotazionale in una regione confinata : la costante C è del tutto arbitraria.

EQUAZIONE DI BERNOULLI PER CORRENTE INVISCIDA INCOMPRIMIBILE STAZIONARIA CON DENSITA’ VARIABILE
 
|u(r(`))|2 (r(`))
+ + χ (r(`)) = C linea di
2 ρ linea di linea di corrente
corrente corrente


“EQUAZIONI DI BERNOULLI” PER CORRENTI INVISCIDE COMPRIMIBILI h t = h + 21 |u|2 = e + P/ρ + 21 |u|2


Corrente con entropia anche non uniforme h t (r(`)) + χ(r(`)) linea di = C linea di
corrente corrente

Corrente con entropia uniforme, ossia s = s h t (r) + χ(r) = C

| φ(r)|2 ∂φ(r, t) | φ(r, t)|2


Corrente irrotazionale potenziale con s = s + h(r) + χ (r) = C + + h(r, t) + χ (r) = C(t)
 

2 ∂t 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 1 colore nero Ottobre 7, 2004

CAPITOLO 1

Statica dei fluidi

Introduzione Come sovente accade, anche in questa trattazione introduttiva alla


meccanica dei fluidi partiremo dallo studio della statica, cioè dei fenomeni che
caratterizzano i fluidi in quiete. Questo approccio ci consentirà infatti di introdurre
il concetto di fluido come continuo deformabile e di familiarizzare con alcuni
operatori differenziali e con alcune tecniche matematiche che verranno utilizzate
anche in seguito.
Dopo una parte introduttiva quindi, passeremo a derivare l’equazione della
statica dei fluidi illustrandone alcuni corollari, costituiti dalle leggi di Stevino, di
Pascal e di Archimede, assieme ad alcune applicazioni significative come il calcolo
della distribuzione di pressione nell’atmosfera o il funzionamento degli strumenti
per la misura di pressione in un fluido. Pur nella loro apparente semplicit à, le leggi
della statica dei fluidi rivestono un enorme interesse dal punto di vista tecnico-
applicativo: l’importanza del loro studio e di una loro adeguata comprensione non
deve quindi essere sottovalutata.

1.1 Proprietà dei fluidi


Nella nostra introduzione alla dinamica dei fluidi considereremo il fluido come un
continuo. Questa assunzione significa che tutte proprietà del fluido che saranno
oggetto della nostra analisi e del nostro studio sono riferite al comportamento
macroscopico e fenomenologico del fluido. In realtà, a causa della struttura disc-
reta della materia, il fluido è costituito da un numero molto grande di particelle
microscopiche: gli atomi e le molecole. Tutte queste particelle interagiscono fra
loro conformemente ai principi della meccanica di un sistema di punti materiali,
ma l’enorme grandezza del loro numero rende praticamente impossibile procedere
a una descrizione individuale dettagliata del loro movimento.
Come è proprio della descrizione di sistemi macroscopici nell’ambito della
termodinamica, limitiamo allora l’analisi a variabili che rappresentano il valore
medio delle grandezze: la media è effettuata su un numero molto grande di atomi
o molecole. Il nostro studio dell’equilibrio e del moto del fluido sar à pertanto
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2 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

valido solo fino ad una scala spaziale che risulti molto maggiore della distanza che
caratterizza i vari fenomeni che si verificano a livello microscopico.
Per stabilire in modo più definito questa condizione di applicabilità del mod-
ello del fluido come continuo, si deve introdrre il libero cammino medio. Questa
grandezza rappresenta la distanza media percorsa dalle molecole fra due urti succes-
sivi ed è indicata con λ. Tipicamente il libero cammino medio nell’aria in condizioni
standard (temperatura T = 300 K e pressione atmosferica P = 1.01 × 10 5 Pa)
il valore del libero cammino medio è λ = 10−7 m, mentre nell’acqua alle stesse
condizioni, con le molecole che si muovono rimanendo sempre in contatto, esso è
più difficile da definire e viene arbitrariamento assunto uguale ad alcune distanze
intermolecolari, per cui è dell’irdine di circa 10−10 m.
Il valore di λ nelle condizioni termodinamiche del flusso in esame è poi con-
frontato con una lunghezza caratteristica del problema considerato, che indichi-
amo con L, ad esempio la dimensione di un corpo immerso nel fluido. Il rapporto
fra queste due grandezze, cioè
λ
Kn = ,
L
si chiama numero di Knudsen del flusso in esame e la descrizione secondo il
modello continuo di tale flusso sarà valida a condizione di avere Kn  1. In
caso contrario, sarà necessario ricorrere a un descrizione molto più dettagliata del
fenomeno nella quale dovranno necessariamente giocare un ruolo anche aspetti
legati alla struttura microscopica del fluido (teoria cinetica).

Il fluido come mezzo continuo


Con queste premesse, definiamo fluido un mezzo continuo deformabile quando
esso, in condizioni di quiete o di moto rigido, non è in grado di esercitare al suo
interno alcuna azione di taglio, ma esclusivamente azioni di tipo normale, ovvero
forze interne nella stessa direzione della normale alla superficie su cui agiscono. In
questa definizione per moto rigido si intende il moto che risulta dalla combinazione
di qualunque traslazione lungo una direzione e di qualunque rotazione attorno a un
asse.

Pressione
La conseguenza immediata di questa proprietà del fluido è che, sotto le condizioni
di moto indicate, la forza interna s, per unità di area, agente su una superficie
elementare può essere espressa come il prodotto di uno scalare, detto pressione, e
del versore n̂ normale alla superficie ∆S considerata. Scriveremo pertanto
s = −P n̂,
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PARAGRAFO 1.2: Equazione di equilibrio di un fluido 3

dove il segno meno è necessario in quanto s indica la forza (per unità di area)
esercitata dalla porzione di fluido verso cui punta n̂, sul fluido che si trova dall’altra
parte (ovviamente P > 0). Il valore della pressione P risulta dipendere in generale
dalla posizione r in cui si trova la superficie ∆S, per cui la pressione sar à in realtà
una funzione di r, ossia avremo
P = P(r).
In effetti il problema fondamentale della statica dei fluidi consiste nel calcolare
l’andamento del campo di pressione P(r) nelle condizioni specifiche del problema
considerato.

Densità
Oltre alla pressione, le proprietà del fluido sono caratterizzate anche da un’altra
grandezza macroscopica: la densità (di massa), detta anche massa volumica o
massa specifica, che rappresenta il rapporto fra la massa di una porzione di fluido e il
suo volume. La densità è indicata con ρ e le sue dimensioni sono una massa per unità
di volume, per cui nelle unità del Sistema Internazionale il valore di ρ sarà espresso
in kg/m3 . Naturalmente, anche la densità dipende in generale dalla posizione r
in cui si trova la porzione di fluido e scriveremo allora ρ(r). Di conseguenza,
la risoluzione dei problemi nella statica dei fluidi richiederà di determinare anche
l’andamento spaziale della densità ovvero di calcolare la funzione
ρ = ρ(r).
Nella tabella 1 sono riportati i valori della densità ρ in condizioni termodinamiche
standard, ovvero alla temperatura di T = 300 K e alla pressione atmosferica
P = 1.01 × 105 Pa, di tre fluidi tipici: il mercurio, l’acqua e l’aria. Nella stessa
tabella sono indicati anche i valori delle grandezze viscosità dinamica µ e della
viscosità cinematica ν delle tre sostanze sempre nella condizione termodinamica
standard. Le due viscosità µ e ν saranno definite più avanti nel paragrafo 5.1.

Tabella 1. Proprietà meccaniche di alcuni fluidi alla temperatura di T = 300 K e


alla pressione atmosferica P = 1.01 × 105 Pa

ρ densità µ viscosità dinam. ν viscosità cinem.


Fluido kg/m3
kg/(m · s) m2 /s

mercurio, Hg 13 550 1.56 × 10−3 0.115 × 10−6


acqua, H2 O 998 1.0 × 10−3 1.0 × 10−6
aria 1.18 18.5 × 10−6 15.6 × 10−6
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4 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

1.2 Equazione di equilibrio di un fluido


Per determinare il comportamento di un fluido in condizioni di equilibrio è neces-
sario stabilire i principi che governano il comportamento di un fluido in quiete ed
esprimerli in forma di equazioni matematiche. Dalle leggi della statica dei corpi,
è evidente che la condizione di equilibrio di un fluido che occupa una determi-
nata regione dello spazio richiederà che sia in equilibrio ogni particella del fluido.
Conformemente all’ipotesi del modello continuo, per particella di fluido inten-
diamo qui e nel seguito una porzione piccola del fluido, di dimensioni comunque
macroscopiche, ovvero che contiene un grandissimo numero di atomi o molecole
del liquido o gas considerato. L’equilibrio di ogni particella del fluido richiede che
sia nulla la risultante di tutte le forze agenti sulla particella. Come noto, questa
condizione non basta per garantire che la particella non si muova: infatti, affinch é
un corpo con una forza risultante nulla rimanga fermo, è necessario che anche la
sua velocita iniziale sia nulla. La statica dei fluidi è interessata allo studio dei fluidi
a riposo, per cui in tale ambito la condizione di quiete iniziale è sempre soddisfatta
e sarà pertanto sottintesa in tutto il capitolo.
Per formulare la condizione di equilibrio di ogni particella di fluido dobbiamo
considerare le forze che agiscono su di essa. Nel caso dei fluidi tali forze compren-
dono le forze esterne, che sono causate da azioni a distanza (come, per esempio, la
forza gravitazionale o la forza elettrica) e le forze interne o di contatto che sono
causate dall’azione delle parti di fluido in contatto con la particella considerata. Le
forze esterne sono dette anche forze di volume mentre le forze di interne sono dette
anche forze di superficie, per i motivi che risulteranno chiari fra un momento.
Consideriamo allora che sulla particella di fluido che si trova nella posizione r
agisca una forza esterna di volume data da g(r): per essere precisi g(r) rappresenta
la forza per unità di massa, per cui il prodotto ρ(r) g(r) rappresenter à la forza per
unità di volume e la forza agente su una particella in r e di volume elementare
dV sarà data da ρ(r) g(r) dV . Ad esempio, il vettore g potrebbe rappresentare il
campo di gravità in prossimità della superficie terrestre e in tal caso avremmmo
più in dettaglio g = −g ẑ, dove g = 9.81 N/m e l’asse verticale z è diretto verso
l’alto.
Se si considera un volume determinato V di fluido, per quanto detto, la forza
esterna totale agente su questa porzione finita di fluido è data da
ZZZ
FV = ρ(r) g(r) dV
V

dove l’elemento di volume infinitesimo dV potrà eventualmente essere espresso in


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PARAGRAFO 1.2: Equazione di equilibrio di un fluido 5

coordinate cartesiane (x, y, z) in termini degli infinitesimi dei tre integrali, ovvero
dV = dx dy dz.
Accanto alla forza di volume, abbiamo l’azione dovuta alle forze interne al
fluido che, considerando il volume V , agiscono sul fluido attraverso la superficie
S = ∂ V che racchiude il volume V . In condizoni di equibrio, ovvero con velocit à
nulla in ogni punto del fluido, le forze interne sono dovute alla sola azione della
pressione e quindi la forza interna totale agente attraverso tutta la superficie che
delimita la porzione di fluido sarà ottenuta sommando i contributi dovuti a ciscun
elemento di superficie d S:
ZZ
F S = −P(r) n̂(r) d S,
S

dove n̂(r) indica il versore normale nel punto d S uscente dal volume V . Le
presenza del segno meno è dovuta chiaramente al fatto che la relazione esprime la
forza dovuta alla pressione che il fluido all’esterno di V esercita sul quello che si
trova all’interno di V (P > 0).
La condizione di equilibrio per la porzione di fluido considerata si scrive quindi

FV + F S = 0

e corrisponde alla relazione seguente


ZZZ ZZ
ρ(r) g(r) dV − P(r) n̂(r) d S = 0.
V S

Consideriamo ora il teorema del gradiente


ZZZ ZZ
f dV = f n̂ d S,
V

che permette di ridurre l’integrale di volume del gradiente di una funzione qualsiasi
(derivabile) nell’integrale della funzione sulla superficie di contorno del volume
(notare la presenza del versore normale n̂ uscente dalla superficie). Utilizzando
questo teorema in senso inverso, l’integrale di superficie che compare nella con-
dizione di equilibrio può essere trasformato in integrale di volume e potremo quindi
scrivere
ZZZ
 
− P(r) + ρ(r) g(r) dV = 0.
V
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6 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

D’altra parte, il volume V può essere scelto in modo arbitrario, per cui l’annullamento
dell’integrale per ogni scelta di V richiede che sia nulla la funzione integranda.
RRR
Infatti, se una funzione continua f soddisfa V f (r) dV = 0 per qualunque
dominio V , allora f (r) = 0 in tutti i punti r di V , in quanto, se esistesse un punto r 0
tale che f (r0 ) 6= 0, ad esempio f (r0 ) > 0, allora, per la continuità della funzione
f , essa sarebbe positiva in tutti i punti
RRR appartenenti a un intorno B con centro in r 0
sufficientemente piccola, per cui B f (r) dV sarebbe maggiore di zero.
In altre parole, l’equazione di equilibrio in forma globale espressa dalla
relazione precedente è equivalente alla seguente equazione di equilibrio in forma
locale
− P(r) + ρ(r) g(r) = 0,
che deve essere soddisfatta in tutti i punti r del fluido. In questa equazione il campo
vettoriale g(r) è noto mentre le due funzioni scalari P(r) e ρ(r) sono le variabili
incognite da determinare.
Adottiamo ora una convenzione assai frequente in calcolo differenziale per la
quale si indicano le variabili indipendenti delle funzioni solo per le funzioni note
mentre le funzioni incognite sono indicate senza alcuna variabile. In base a tale
convenzione, l’equazione che esprime l’equilibrio del fluido in forma locale si scrive
nel modo seguente

− P + ρ g(r) = 0.

Questa è una equazione differenziale del primo ordine nella quale compaiono due
funzioni incognite, la pressione e la densità. Essendo l’equazione di carattere
vettoriale, si hanno tre equazioni scalari ma in essa compaiono solo due incognite.
Di conseguenza, in generale, ovvero per un campo di forze esterne g(r) del tutto
arbitrario, l’equazione potrebbe non ammettere soluzione, ovvero in quel campo di
forze l’equilibrio del fluido non sarebbe possibile.
Diventa quindi necessario scoprire quale condizione deve rispettare il campo

e ricordando che

g(r) affinché il fluido possa stare in equilibrio. Notando che risulta P = ρ g(r)
f = 0 per qualunque funzione f (derivabile), ricaviamo la
condizione di compatibilità
 [ρ g(r)] = 0.
Sfortunatamente questa condizione non può essere ridotta a una condizone diretta
per il campo esterno g(r) in quanto la funzione densità ρ(r) non è nota ma rap-
presenta un’incognita da determinare come parte della soluzione del problema.
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PARAGRAFO 1.2: Equazione di equilibrio di un fluido 7

  
Tuttavia, nel caso particolare di un fluido avente densità uniforme, ovvero tale che
ρ(r) = costante = ρ, avremo [ρ g(r)] =
la condizione su g(r) diventa semplicemente
 [ρ g(r)] = ρ g(r) e quindi
g(r) = 0 in ogni punto del flu-
ido. Un campo vettoriale che soddisfa questa condizione si dice irrotazionale e,
quando rappresenta un campo di forze, il campo di forze corrispondente è detto
conservativo. Pertanto in un fluido avente densità ρ uniforme in ogni punto e
sottoposto a delle forze esterne conservative l’equilibrio del fluido sar à in ogni caso
possibile e la pressione potrà essere determinata come soluzione dell’equazione di
equilibrio P = ρ g(r), dove ρ rappresenta una costante nota.

Fluido in un campo di forze conservative


Ritorniamo ora a considerare il caso generale di un fluido avente densit à non

conservative, per cui



necessariamente uniforme ma che è soggetto comunque a un campo di forze esterne
g(r) = 0. Siccome vale l’identità vettoriale
 [ρ g] = ( ρ) g + ρ
 g,

nel caso conservativo generale la condizione di compatibilità diventa

( ρ) g(r) = 0.

Questa condizione deve essere combinata con l’equazione di equilibrio per cui in
un campo di forze conservative le stato di un fluido in equilibrio sar à determinato
come soluzione del seguente sistema di equazioni

− P + ρ g(r) = 0,
( ρ) g(r) = 0,

nelle due funzioni incognite P(r) e ρ(r).


Per la definizione di prodotto vettoriale, la seconda equazione del sistema,
( ρ) g(r) = 0, dice che i due campi vettoriali ρ e g(r) devono essere paralleli
in tutto il fluido, oppure che (almeno) uno dei due è nullo. Escludiamo ovviamente
questi casi banali che corrispondono a densità uniforme o ad assenza di forze esterne.
Dato che il vettore gradiente di qualunque funzione è sempre perpendicolare alle
sue superfici di livello, la condizione ρ k g(r) equivale a dire che le superfici con
densità costante sono perpendicolari al campo di forze g(r) in ogni punto del fluido.
Di conseguenza la funzione ρ(r) potrà dipendere da una sola variabile (e non da
tre) che varia muovendosi lungo le linee di g(r).
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8 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

Venendo ora alla prima equazione del sistema, potremo scriverla anche come
P = ρ g(r), per cui impone a sua volta che si abbia P k g(r) in tutto il fluido.
Quindi la direzione del campo di forze è perpendicolare anche alle superfici di
valore costante della pressione. L’equazione di equilibrio ha tuttavia un contenuto
matematico quantitativo perché può essere integrata mentre la seconda equazione
ha un carattere puramente direzionale. In effetti per determinare le due incognite
P(r) e ρ(r) della soluzione del problema dell’equilibrio di un fluido è necessario
introdurre qualche altra informazione nella sua formulazione, ad esempio nella
forma di un’equazione termodinamica di stato relativa al fluido o di una relazione
di bilancio dell’energia per il fluido fermo.

1.3 Fluido in equilibrio vicino alla superficie terrestre


Consideriamo ora la situazione particolare di un fluido che si trova nel campo
di gravitazione della Terra in prossimità della sua superficie. In questo caso, il
campo di forza g(r) può essere approssimato come un campo uniforme diretto
verticalmente verso il basso, per cui assume la forma molto semplice g = −g ẑ,
dove la direzione positiva dell’asse verticale z è stata presa verso l’alto e dove
g = 9.81 N/kg è il valore del campo di gravità terrestre al livello del mare. Questo
campo irrotazionale uniforme può essere espresso in termini dell’energia potenziale
gravitazionale φ = gz per unità di massa, e avremo g = − φ = − (gz) = −g ẑ.
L’equazione di equilibrio (con il segno cambiato) del fluido assume allora la forma

P + ρg ẑ = 0,

mentre la condizione di compatibilità diventa ( ρ) ẑ = 0 e impone quindi alla


densità di essere funzione della sola z, ovvero ρ(r) = ρ(z). Pertanto, l’equazione
di equilibrio potrà essere scritta nel modo seguente:

P + ρ(z)g ẑ = 0,

e quindi anche la pressione P potrà dipendere solo da z, ovvero P(r) = P(z), per
cui l’equazione vettoriale di equilibrio si ridurrà a una semplice relazione scalare

dP
+ ρ(z)g = 0.
dz

Notiamo che questa singola equazione scalare potrà essere risolta per incognita
P(z) se l’andamento della densità con la quota z è noto oppure se è noto almeno un
legame esistente fra la variabile ρ e la variabile incognita P.
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PARAGRAFO 1.3: Fluido in equilibrio vicino alla superficie terrestre 9

L’equazione scritta deve comunque essere completata da una opportuna con-


dizione al contorno. Tale condizione determina il valore della costante di inte-
grazione che si incontra nel procedimento di risoluzione, come si vedr à fra un
momento.

Equilibrio di un fluido con densità uniforme


Il caso pù semplice di fluido in equilibrio vicino alla superficie terrestre è quello
di un liquido avente densità approssimativamente uniforme per cui l’equazione
(scalare) di equilibrio si riduce a

dP
= −ρg,
dz

dove ρ rappresenta la densità uniforme del liquido. Parliamo qui di liquido invece
che di fluido perché abbiamo in mente il problema molto importante dell’equilibrio
dell’acqua sulla superficie terrestre. La risoluzione dell’equazione precedente è im-
mediata tramite la semplice integrazione del secondo membro (oltretutto costante)
Z z
P(z) = P0 − ρg dz = P0 − ρg z, per z < 0,
0

dove P0 rappresenta la pressione alla quota z = 0. Se consideriamo il caso di


una piscina e abbiamo scelto il sistema di riferimento con l’origine sulla superficie
libera dell’acqua, il valore di P0 sarà allora coincidente con quello della pressione
atmosferica esterna Patm alla quota z = 0, che vale Patm = 1.0325 × 105 Pa.
Notiamo che, in accordo con l’intuizione e con l’esperienza di chi nuota sott’acqua,
scendendo in profondità (z negativo) la pressione aumenta rispetta alla pressione
esterna e tale crescita è lineare con la profondità.
Questa soluzione può essere estesa facilmente anche nella zona al di sopra della
superficie libera del liquido dove è presente l’aria. Se consideriamo una regione
sufficientemente bassa da potere ritenere uniforme la densità dell’aria, per z > 0
avremo ρ(z) = ρ aria e quindi l’integrazione dell’equazione di equilibrio nell’aria
conduce alla soluzione:
(
P0 − ρ H2 O g z, z < 0,
P(z) =
P0 − ρ aria g z, z > 0.

Nell’aria quindi la pressione diminuisce con la quota (z > 0). In base ai valori
della densità in condizioni standard ρ H2 O = 998 kg/m3 e ρ aria = 1.2 kg/m3 , la
rapidità di variazione di P con la quota nell’aria è circa un millesimo di quella
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10 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

nell’acqua. Nelle applicazioni, si introduce la grandezza γ = ρg chiamata peso


pecifico del fluido, che rappresenta la forza peso per unità di volume del fluido
vicino alla superfice terrestre. L’andamento della pressione con la quota espresso
in termini dei pesi specifici è dato allora dalla relazione
(
P0 − γ H2 O z, z < 0,
P(z) =
P0 − γ aria z, z > 0.

Il peso specifico dell’acqua e dell’aria in condizioni standard valgono rispetti-


vamente γ H2 O = 998 × 9.81 N/m3 = 9790.4 N/m3 e γ aria = 1.2 × 9.81 =
11.77 N/m3 .
La soluzione nell’aria diventa tuttavia inaccettabile per z grande in quanto la
pressione diventerebbe negativa, il che è impossibile. In realtà il nostro modello di
fluido con densità uniforme non è adeguato a descrivere l’aria su grandi distanze,
dell’ordine dei chilometri. Inoltre, anche l’ipotesi di considerare il campo di gravit à
costante, con il valore di g preso al livello del mare, deve essere abbandonata se
vogliamo studiare l’atmosfera attorno alla Terra.

1.4 Equilibrio dell’atmosfera terrestre


Il campo di gravità della Terra all’esterno della sua superficie, che supporremo per
semplicità sferica di raggio a = 6 400 km, deriva dalla celebre legge di gravitazione
universale di Newton ed è dato dalla relazione
ga 2
g(r) = − r̂, r > a,
r2
dove g = 9.81 N/kg è sempre il campo di gravità sulla superficie della Terra mentre
r̂ rappresenta il versore radiale diretto verso l’esterno. La condizione di equilibrio
(con segno cambiato) di un fluido in questo campo di gravità si scriverà quindi

ga 2
P +ρ r̂ = 0.
r2
Data la simmetria sferica del campo di forze, è conveniente riscrivere questa re-
lazione in coordinate sferiche, per cui la relazione vettoriale si riduce all’equazione
scalare
dP ga 2
+ ρ 2 = 0,
dr r
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PARAGRAFO 1.4: Equilibrio dell’atmosfera terrestre 11

dove entrambe le variabili P e ρ dipenderanno solo dalla distanza r dal centro della
Terra. Ricordiamo che il problema studiato è comunque all’esterno della Terra,
ossia per r > a.
La soluzione del problema dell’equilibrio dell’aria dipende inoltre dalla legge
con cui varia la temperatura dell’atmosfera con la quota. In una prima approssi-
mazione si può ritenere che la temperatura sia costante mentre una seconda approssi-
mazione, valida in certe zone alle alte quote, consiste nell’assumere un andamento
della temperatura lineare con la quota.

Atmosfera con temperatura uniforme


Se la temperatura dell’atmosfera può essere considerata uniforme, abbiamo la cosid-
detta atmosfera isoterma. Supponendo che il comportamento termodinamico del
gas costituente l’atmosfera sia descritto in modo adeguato dall’equazione di stato
dei gas ideali, avremo

Pv = P/ρ = Raria T,

dove v indica il volume specifico (massa per unità di volume) e Raria = 280 m2/(s2 K)
è la costante dei gas perfetti relativa all’aria. Nel caso di temperatura costante, cio è
se T = T , questa legge dei gas fornisce un legame diretto fra le due variabili P
e ρ per cui potremo ricavare immediatamente ρ(P) = P/(R aria T ). Sostituendo
nell’equazione di equilibrio si ottiene

dP ga 2 P
+ = 0.
dr Raria T r 2
ga 2
La costante ha necessariamente le dimensioni di una lunghezza e per semplicità
Raria T
ga 2
conviene indicarla sinteticamente come b = . L’equazione diventa allora
Raria T

dP P
= −b 2 ,
dr r
ed è a variabili separabili, per cui,
dP dr
= −b 2 .
P r
La sua integrazione è immediata e fornisce

P
b r
(ln P) Patm = ,
r a
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12 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

dove Patm indica la pressione atmosferica sulla superficie della Terra. Valutando le
funzioni agli estremi si ottiene

P b b
ln = − ,
Patm r a

da cui, risolvendo rispetto a P:

P(r ) = Patm e r − a ,
b b
per r > a.

Si vede che la pressione decresce dal valore Patm sulla superficie terrestre al valore
Patm e−b/a (positivo) per r → ∞, ossia a grande distanza dalla Terra. La dimi-
nuzione esponenziale con la distanza dal centro della pressione nell’atmosfera
isoterma è all’origine della denominazione di atmosfera esponenziale.

Atmosfera con temperatura lineare con la quota


Più complicato è l’andamento della pressione nelle zone in cui la temperatura
dell’aria varia con la quota. In certe zone dell’atmosfera la temperatura dipende
in modo all’incirca lineare con la distanza r dal centro, per cui si pu ò considerare
un’approssimazione locale del tipo

T (r ) = T1 [1 + α(r − r 1 )],

dove T1 è il valore della temperatura a una determinata distanza r = r 1 mentre


α è proporzionale al gradiente verticale della temperatura nella zona considerata.
Utilizzando allora l’equazione di stato

P P
ρ(P, r ) = = ,
Raria T (r ) Raria T1 [1 + α(r − r 1 )]

nell’equazione di equilibrio in direzione radiale si ottiene

dP P
= −b1 ,
dr [1 + α(r − r 1 )] r 2

dove b1 = ga 2 /(Raria T1 ). L’equazione è ancora a variabili separabili per cui

dP dr
= −b1 ,
P [1 + α(r − r 1 )] r 2
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PARAGRAFO 1.6: Forze di galleggiamento: la legge di Archimede 13

ma ora la sua soluzione non risulta esprimibile subito in forma chiusa. Infatti,
l’integrazione conduce alla soluzione
Z r
P dr
ln = −b1 ,
P1 r1 [1 + α(r − r 1 )] r 2

dove P1 è il valore della pressione per r = r 1 . Risolvendo rispetto a P si ottiene


Rr
−b1 dr
P(r ) = P1 e r1 [1+α(r−r1 )] r 2
.

Il calcolo dell’integrale nel secondo membro pu ò essere affrontato ricorrendo alla


tecnica di riduzione in frazioni parziali ma il suo calcolo esplicito è lasciato come
esercizio per il lettore.

1.5 Caratteristiche dell’atmosfera terrestre

1.6 Forze di galleggiamento: la legge di Archimede


È molto frequente l’esperienza di osservare corpi che galleggiano all’interno di un
fluido, si pensi ad esempio a una nave in porto oppure a un palloncino nell’aria.
Poiché questi corpi, in quanto dotati di massa, sono soggetti alla forza peso, la loro
condizione di equilibrio indica la presenza di un’altra forza che equilibra il peso,
detta forza di galleggiamento, che è nota anche con il nome di spinta idrostatica.
È anche esperienza comune il fatto che la spinta idrostatica dipenda dalla natura del
fluido in cui è immerso il corpo. Un tronco d’albero galleggia nell’acqua ma non
nell’aria, pur essendo il suo peso sempre lo stesso.
Il problema che ci poniamo è quello di determinare l’entità della spinta idro-
statica esercitata da un fluido su un corpo immerso, problema cui Archimede diede
risposta più di duemila anni fa.
Consideriamo un fluido, soggetto alla forza peso per unità di volume, dovuta
al campo di gravità, ρ(r) g(r). Supponiamo che nel fluido sia immerso un corpo
di volume V e di superficie S e che esso sia in condizioni di equilibrio. Detta
allora P(r) la distribuzione della pressione all’interno del fluido, la forza agente sul
corpo sarà data dall’integrale esteso alla superficie chiusa S del corpo, interamente
bagnato dal fluido, della forza causata dalla pressione agente su ogni elemento di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 14 colore nero Ottobre 7, 2004

14 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

superficie, ovverosia:
ZZ
F = P(r) n̂1 (r) d S,
S

dove il segno positivo è dovuto al fatto che la normale n̂1 esce dal fluido ed è quindi
diretta verso l’interno del corpo.
La distribuzione della pressione all’interno del fluido dipende solamente dalla
posizione e, in condizioni di equilibrio, non è influenzata dal fatto che sia presente
il corpo immerso nel fluido oppure esso sia tolto e il suo posto sia riempito da
una certa quantità di fluido uguale al fluido circostante e ugualmente supposta in
equilibrio.
Per risolvere il nostro problema conviene allora procedere al seguente esper-
imento concettuale. Supponiamo di sostituire il corpo immerso con un uguale
volume di fluido della stessa natura del fluido circostante. La distribuzione della
densità e della pressione nel fluido aggiunto saranno analoghe a quelle del fluido
circostante in condizioni di equilibrio per quanto appena detto. Indichiamo con ρ̃(r)
la densità e con P̃(r) la pressione nel fluido in questa configurazione virtuale da
noi immaginata. Con essa è stata quindi ripristinata virtualmente la continuità del
fluido che era inizialmente violata dalla presenza del corpo. Ovviamente, in ogni
punto r all’esterno del volume V del corpo risulterà P̃(r) = P(r) e ρ̃(r) = ρ(r).
Nel nostro esperimento immaginario possiamo applicare l’equazione della sta-
tica dei fluidi in ogni punto del fluido, anche all’interno della regione V originari-
amente occupata dal corpo. Possiamo perciò scrivere l’equazione di equilibrio, sia
in forma locale
− P̃(r) + ρ̃(r) g(r) = 0.
sia in forma globale che, nel caso particolare del volume V , sarà data dall’equazione
seguente
ZZ ZZZ
− P̃(r) n̂(r) d S + ρ̃(r) g(r) dV = 0,
S V

dove n̂ è ora l’usuale normale uscente dal volume V .


A questo punto ricordiamo quanto osservato in precedenza, e cio è che la
distribuzione di pressione nel fluido all’esterno del volume V non dipende dalla
presenza o meno del corpo e quindi il suo valore sulla superficie S di V sar à lo
stesso nel caso reale e nell’esperimento immaginario in cui è stata ripristinata la
continuità del fluido. Avremo pertanto:
ZZ ZZ ZZ
F = P(r) n̂1 (r) d S = P̃(r) n̂1 (r) d S = − P̃(r) n̂(r) d S,
S S S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 15 colore nero Ottobre 7, 2004

PARAGRAFO 1.7: Misura della pressione in condizioni stazionarie 15

essendo ovviamente n̂1 = −n̂. Ricavando l’integrale di superficie dall’equazione di


equilibrio relativa al volume V del fluido virtuale e sostituendo nell’ultima relazione,
si ottiene quindi
ZZZ
F=− ρ̃(r) g(r) dV.
V

Pertanto il fluido esercita sul corpo immerso una forza che è opposta (e ha lo stesso
punto di applicazione) del peso agente su una quantità dello stesso fluido atta a
riempire il volume del corpo considerato. Questa legge è nota con il nome di
principio di Archimede.

1.7 Misura della pressione in condizioni stazionarie


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 16 colore nero Ottobre 7, 2004

16 CAPITOLO 1 Statica dei fluidi

Esercizi 1
1. Determinare l’andamento della pressione in un’atmosfera
terrestre in cui la dipendenza della temperatura da r è la
soluzione generale dell’equazione dell’energia
 (κ T ) = 0,

supponendo che la conducibilità termica κ sia costante.


Suggerimento: Nel problema in simmetria sferica
l’operatore laplaciano contiene solo la derivata rispetto a r e
per κ = costante l’equazione dell’energia si riduce a
 
1 d dT
r2 = 0.
r 2 dr dr
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 25 colore nero Luglio 14, 2005

25

CAPITOLO 2

Equazioni della
dinamica dei fluidi
Introduzione In questo capitolo presenteremo il problema del moto di un fluido.
In particolare mostreremo come le leggi fondamentali della dinamica dei fluidi
possono essere formulate in forma matematica utilizzando i concetti e gli stru-
menti del calcolo differenziale vettoriale. Il nostro scopo è di fornire una breve
introduzione alla fluidodinamica ricavando le equazioni che governano il moto dei
fluidi. Introdurremo inoltre alcune restrizioni sulle caratteristiche della corrente e
sulle proprietà del fluido che conducono a regimi di moto di grande interesse per le
applicazioni.

2.1 Rappresentazione del moto di un fluido


Supponiamo che una regione dello spazio tridimensionale sia riempita da un fluido,
un liquido o un gas, il quale è in movimento. Tale moto può essere descritto in due
modi diversi. Si potrebbe tentare di determinare la posizione R = R(a, b, c, t) in
ogni istante di tempo t di una “particella” del fluido che si trovava nel punto (a, b, c)
all’istante iniziale t = 0. Questo è il punto di vista lagrangiano. In alternativa, si
potrebbe tentare di determinare la velocità u(r, t), la densità ρ(r, t) e altre variabili
fisiche come la pressione P(r, t), in ogni istante t e in ogni punto r = (x, y, z)
della regione occupata dal fluido. Questo è il punto di vista euleriano.
Noi considereremo il secondo metodo e descriveremo pertanto il moto del
fluido mediante la funzione (vettoriale)
u = u(r, t)
che fornisce la velocità del fluido in ogni punto r = (x, y, z) della regione.
Il campo della velocità u(r, t) ci dice quindi come si muovono tutte le particelle
del fluido in ogni istante. Di solito la determinazione di questo campo è il nostro
obbiettivo principale, che in generale risulta essere alquanto difficile. Nel sistema
di coordinate cartesiane x yz le componenti della velocità u saranno indicate con
u, v, w, ovvero u = u x̂ + v ŷ + w ẑ, per cui l’espressione precedente è una forma
compatta per rappresentare le tre relazioni seguenti
u = u(x, y, z, t), v = v(x, y, z, t), w = w(x, y, z, t).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 26 colore nero Luglio 14, 2005

26 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

Correnti di tipo particolare


Esistono alcune classi di correnti con caratteristiche particolari, che sono pi ù sem-
plici del caso generale fin qui considerato.
Una corrente è chiamata stazionaria se risulta
∂u(r, t)
=0
∂t
per cui u dipende solo da r, ovvero
u = u(r).
In altre parole, fissato un punto qualsiasi dello spazio, la velocit à è costante sia in
modulo sia in direzione.
Una corrente è chiamata bidimensionale se il campo della velocità è della
forma
u = [u(x, y, t), v(x, y, t), 0],
ovvero se u è indipendente da una coordinata spaziale (qui la coordinata z) e non
ha componente in quella direzione.
Infine una corrente è stazionaria e bidimensionale se è della forma
u = [u(x, y), v(x, y), 0].

Esempio 1 Campo di velocità della rotazione rigida


Come semplice esempio di moto stazionario consideriamo un fluido in moto con
una velocità di rotazione angolare costante Ω attorno all’asse z. Se il moto di
rotatorio è come quello di un solido in rotazione, allora il campo della velocit à del
fluido rotante con velocità angolare = Ω ẑ sarà

u(r) =
 r = u(x, y) = −Ωy x̂ + Ω x ŷ.

Siccome la velocità è la stessa in tutti i piani normali all’asse z e la componente z


della velocità è nulla, il campo u può essere considerato come un campo vettoriale
piano. Alcuni vettori di questo campo sono mostrati nella figura 2.1.

Tutti gli esempi mostrati sono idealizzazioni. Nessuna corrente reale pu ò essere
esattemente bidimensionale o perfettamente stazionaria. Tuttavia, considerando
ad esempio la corrente attorno a un’ala di grande apertura e sezione trasversale
uniforme, potremo ritenere che essa sia approssimata in modo adeguato da una
corrente bidimensionale attorno alla sezione tranne che in prossimit à delle estremità
alari.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 27 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.1: Rappresentazione del moto di un fluido 27

Figura 2.1
Campo della velocità del moto di
rotazione rigida attorno all’asse z

Esempio 2 Velocità della rotazione rigida in coordinate cilindriche


A causa della sua “struttura cilindrica” il campo di velocità della rotazione rigida
considerato nell’esempio 1 è descritto in modo naturale utilizzando le coordinate
cilindriche (R, θ, z), dove R indica la distanza del punto r dall’asse di rotazione z.
In queste coordinate un generico vettore v è espresso mediante la relazione

v = v R R̂ + vθ ˆ + vz ẑ.

Il campo della velocità della rotazione rigida sarà allora dato da

u(r) = u θ (r) ˆ = u θ (R) ˆ = Ω R ˆ ,

dove si deve ricordare che il versore ˆ (come pure R̂) non è costante poiché la sua
direzione dipende dall’angolo θ, ovvero ˆ = ˆ (θ).

Linee di corrente
Per descrivere le correnti è utile introdurre il concetto di linea di corrente. Una linea
di corrente di un campo di velocità u(r, t) è una curva avente la stessa direzione
del vettore u in ogni punto r del fluido in un istante di tempo determinato t. In altre
parole, le linee di corrente sono semplicemente le linee del campo vettoriale nel
caso particolare del campo di velocità istantaneo u(r, t). Allora, dal punto di vista
matematico una linea di corrente S(s) = [X (s), Y (s), Z (s)] del campo di velocit à
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 28 colore nero Luglio 14, 2005

28 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

u(r, t) può essere ottenuta risolvendo l’equazione differenziale ordinaria

dS
= λ(s) u(S, t)
ds

nella funzione incognita S(s), dove λ(s) è una funzione arbitraria la cui forma
determina la scelta della parametrizzazione della curva. Questa equazione vettoriale
esprime la condizione che la curva S = S(s) sia parallela in ogni punto al campo
di velocità u(r, t). Esplicitando le componenti cartesiane, si hanno le seguenti tre
equazioni scalari

dX
= λ(s) u(X, Y, Z , t),
ds
dY
= λ(s) v(X, Y, Z , t),
ds
dZ
= λ(s) w(X, Y, Z , t),
ds

che sono accoppiate fra loro. Una scelta possibile del parametro per descrivere la
curva è prendere come variabile indipendente del sistema differenziale una delle
tre coordinate, ad esempio x, supponendo che sia u 6= 0. In questo modo si pu ò
eliminare la funzione arbitraria λ(s) dal problema dividendo fra loro le equazioni e
ottenendo il seguente sistema di due equazioni

dY v(x, Y, Z , t) dZ w(x, Y, Z , t)
= , = ,
dx u(x, Y, Z , t) dx u(x, Y, Z , t)

nelle due incognite Y = Y (x) e Z = Z (x). La risoluzione di questo sistema in un


determinato istante t fornisce le linee di corrente in quell’istante.
Nel caso di campo di velocità stazionario u = u(r) le linee di corrente non
dipendono dal tempo e sono anche chiamate curve integrali del campo vettoriale.
Esse sono definite dal sistema

dS
= λ(s) u(S)
ds

che, espanso nelle componenti cartesiane, assume la forma

dX dY dZ
= λ(s) u(X, Y, Z ), = λ(s) v(X, Y, Z ), = λ(s) w(X, Y, Z ).
ds ds ds
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 29 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.1: Rappresentazione del moto di un fluido 29

Nel caso di correnti in due dimensioni con u(r, t) = u(x, y, t) x̂ + v(x, y, t) ŷ


(problemi piani) le linee di corrente sono definite da S(s) = [X (s), Y (s)] e si
ottengono risolvendo il sistema di due equazioni

dX dY
= λ(s) u(X, Y, t), = λ(s) v(X, Y, t).
ds ds

L’eliminazione della funzione arbitraria λ(s) legata alla parametrizzazione conduce


a una singola equazione differerenziale:

dY v(x, Y, t)
= .
dx u(x, Y, t)

nella sola funzione incognita Y = Y (x). Nel caso di corrente stazionaria u =


u(r) = u(x, y) x̂ + v(x, y) ŷ questa equazione si semplifica in

dY v(x, Y )
= .
dx u(x, Y )

Un esempio delle linee di corrente (di una sezione) del campo di velocit à del vento
che soffia in modo stazionario sopra una collina è mostrato nella figura 2.2.

Figura 2.2 Il campo di velocità del


vento che soffia sopra una collina
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 30 colore nero Luglio 14, 2005

30 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

Esempio 3 Linee di corrente del campo di velocità di rotazione


Determinare le linee del campo di velocità della rotazione rigida u = Ω(−y x̂+x ŷ)
dell’esempio 1.

Soluzione Le linee del campo soddisfano l’equazione differenziale

dY v(x, Y ) Ωx x
= = =− .
dx u(x, Y ) −ΩY Y

Possiamo separare le variabili di questa equazione per ottenere Y dY = −x dx.


L’integrazione allora fornisce Y 2 /2 = −x 2 /2 + C, ossia Y 2 + x 2 = 2C. Quindi
le linee del campo sono dei cerchi con centro nell’origine nel piano x y, come
si vede chiaramente dal disegno del campo dei vettori nella figura 2.1 e come è
mostrato nella figura 2.3. Se si considera u come campo vettoriale nello spazio
tridimensionale, le linee del campo sono circonferenze nei piani orizzontali con
centro sull’asse z:

x 2 + y 2 = C1 , z = C2 .

Figura 2.3 Linee di corrente del


campo di moto della rotazione rigida

Traiettorie
Un modo semplice di seguire le correnti non stazionare consiste nel marcare una
particella del fluido in modo da poterla riconoscere da tutte le altre e seguire
poi il suo moto registrando la sua posizione negli istanti successivi. Esistono
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 31 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.1: Rappresentazione del moto di un fluido 31

diversi modi per realizzare la marcatura ma ciò che rende utile questa tecnica è
la possibilità di registrare agevolmente la posizione della particella marcata, ad
esempio mediante una macchina fotografica o addirittura una videocamera. Dal
punto di vista matematico le posizioni successive della particella costituiscono la
sua traiettoria R = R(t) che si ottiene risolvendo il seguente problema del moto

dR
= u(R, t),
dt
R(0) = R0 ,

con la velocità della particella data dal campo di velocità u(r, t) del fluido. Nel
caso di corrente non stazionaria, le traiettorie delle varie particelle p = 1, 2, 3, . . .
che passano nello stesso punto R0 in istanti diversi t1 < t2 < t3 . . . sono differenti
in quanto le funzioni R p (t) corrispondenti soddisfano la medesima equazione dif-
ferenziale dR p /dt = u(R p , t) ma la loro condizione iniziale è specificata in istanti
di tempo diversi: R1 (t1 ) = R0 , R2 (t2 ) = R0 , R3 (t3 ) = R0 , . . . .
Nel caso di corrente stazionaria, l’equazione della traiettoria è soluzione del
problema

dR
= u(R),
dt
R(0) = R0 ,

e quindi, fissato il punto di partenza R0 , la stessa funzione R(t) caratterizza la sola


traiettoria passante per R0 , indipendentemente dall’istante di tempo iniziale scelto
per la sua rappresentazione parametrica. Si noti che la direzione tangente alla curva
R(t) è parallela alla direzione della velocità in ogni punto, per cui nelle correnti
stazionarie le traiettorie coincidono con le linee di corrente.

Curve di emissione (streakline)


Un terzo modo utile per descrivere il moto dei fluidi consiste nel marcare in istanti
di tempo successivi le particelle del fluido che passano per un unico punto fisso
re , chiamato punto di emissione. Il rilevamento delle loro diverse posizioni è poi
eseguito collettivamente a uno stesso istante di tempo. La descrizione matematica
di questo procedimento è la seguente.
Supponiamo di marcare in vari istanti di tempo successivi t 1 , t2 , . . . , tk le par-
ticelle di fluido che passano per uno stesso punto r e . Nel caso di una corrente
non stazionaria, le particelle marcate si muoveranno percorrendo ciascuna una
traiettoria diversa. Indicando le traiettorie delle varie particelle con le funzioni
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 32 colore nero Luglio 14, 2005

32 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

R1 (t), R2 (t), . . . Rk (t), queste saranno soluzione dei seguenti problemi ai valori
iniziali
dR1 dR2 dRk
= u(R1 , t), = u(R2 , t), = u(Rk , t),
dt dt ... dt
R1 (t1 ) = re ; R2 (t2 ) = re ; Rk (tk ) = re ;
La curva di emissione, chiamata in inglese streakline, è la curva formata dalla
posizione delle particelle in un determinato istante di tempo t > t k che è lo stesso
per tutte le particelle. Quindi la curva di emissione all’istante t è data dall’insieme
delle posizioni

Rk (t), Rk−1 (t), . . . , R2 (t), R1 (t)

Nel caso di correnti stazionarie, le particelle marcate nel punto r e si muoveranno


tutte sulla medesima traiettoria. Infatti, indicando sempre con R 1(t), R2 (t), . . . Rk (t)
le traiettorie delle varie particelle marcate nel punto r e negli istanti di tempo suc-
cessivi, queste funzioni saranno soluzione dei seguenti problemi ai valori iniziali,
per p = 1, 2, . . . , k,
dR p
= u(R p ), R p (t p ) = re .
dt
Siccome il campo di velocità u(r) non dipende dal tempo, tutte le soluzioni possono
essere ricavate dalla prima R1 (t) mediante un semplice cambiamento dell’origine
del tempo e avremo
R2 (t) = R1 (t − (t2 − t1 ))
R3 (t) = R1 (t − (t3 − t1 ))
···
Rk−1 (t) = R1 (t − (tk−1 − t1 ))
Rk (t) = R1 (t − (tk − t1 ))
Di conseguenza la curva di emissione della corrente stazionaria sarà data da

R1 (t−(tk −t1 )), R1 (t−(tk−1 −t1 )), . . . , R1 (t−(t3 −t1 )), R1 (t−(t2 −t1 )), R1 (t)
ovvero

R1 ((t−tk )+t1 ), R1 ((t−tk−1 )+t1 ), . . . , R1 ((t−t3 )+t1 ), R1 ((t−t2 )+t1 ), R1 (t)
Queste posizioni sono semplicemente i punti in istanti di tempo successivi della
traiettoria passante per re al tempo t1 . Pertanto nelle correnti stazionarie le linee di
emissione coincidono con le traiettorie e quindi anche con le linee di corrente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 33 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.2: Equazione di conservazione della massa 33

2.2 Equazione di conservazione della massa


Mostriamo ora come alcune leggi fisiche fondamentali relative al moto di un fluido
possano essere tradotte in equazioni matematiche equivalenti per mezzo del teo-
rema della divergenza. In tutta la nostra analisi supporremo che la velocit à u, la
densità ρ e la pressione P siano funzione della posizione r e del tempo t, ovvero,
u = u(r, t), ρ = ρ(r, t), etc., e che dipendano con regolarità da tutte le loro vari-
abili. Supporremo che il fluido sia costituito da una sola sostanza caratterizzata da
proprietà definite, nel senso che escludiamo dalla nostra analisi miscele di fluidi
diversi e fluidi nei quali si possono verificare reazioni chimiche.
Consideriamo una superficie chiusa immaginaria S dentro il fluido e che de-
limita una determinata regione V dello spazio, come mostrato nella figura 2.4. La
superfice S è detta “immaginaria” in quanto non costituisce in nessun modo una
barriera al movimento del fluido. Tale superficie è fissa nello spazio e non si muove
Figura 2.4 Volume di controllo le con il fluido. Il moto del fluido è in generale instazionario per cui il campo di
linee istantanee di corrente del moto del velocità u(r, t 0 ) all’istante t 0 > t, mostrato nella figura 2.5 sarà in generale diverso
fluido al tempo t da quello all’istante t, u(r, t), mostrato nella precedente figura 2.4.
La legge di conservazione della massa afferma che un fluido non pu ò essere
né creato né distrutto da nessuna parte, ovvero che non esistono né sorgenti né pozzi
per la massa del fluido. In termini quantitativi tale legge potr à allora essere espressa
nel modo seguente: la rapidità di variazione della massa di fluido contenuta nella
regione V è uguale alla rapidità con cui il fluido entra in V attraverso S. Per fluido
entrante intendiamo la quantità netta di fluido che entra in V .
La massa di fluido in un elemento di volume dV nella posizione r = (x, y, z)
al tempo t è ρ(x, y, z, t) dV = ρ(r, t) dV , dove ρ è la densità (di massa), ovvero
la massa per unità di volume. Allora la massa contenuta in V al tempo t è data da
ZZZ
Figura 2.5 Volume di controllo e MV (t) = ρ(r, t) dV.
andamento delle linee di corrente V
istantanee in un altro istante di tempo
t 0 6= t Se l’integrale è calcolato in coordinate cartesiane, naturalmente risulta ρ(r, t) dV =
ρ(x, y, z, t) dx dy dz. L’integrale sul volume V è un integrale triplo, ma la presenza
dei tre simboli per indicare tale integrazione rende l’espressione precedente piuttosto
pesante. Può essere quindi conveniente semplificare la notazione utilizzando un solo
simbolo di integrazione per cui scriveremo
ZZZ Z
dV −→ dV.
V V
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 34 colore nero Luglio 14, 2005

34 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

L’integrazione su un volume V di una funzione di r significa scomporre V in


tanti piccoli volumi elementari ∆V1 , ∆V2 , . . . , posti rispettivamente nei punti
r1 , r2 , . . . , in ognuno dei quali la densità al tempo t può avere valor diversi, ad
esempio ρ1 = ρ(r1 , t), ρ2 = ρ(r2 , t), . . . , come mostrato nella figura 2.6. In altre
parole, l’integrale sulla regione V significa calcolare la somma di tutte le masse
elementari ρ(r1 , t)∆V1 + ρ(r2 , t)∆V2 + . . . . Notiamo che solo nel caso particolare
di densità uniforme, indipendente dalla posizione (e per semplicità anche dal tempo)
ρ(r, t) = ρ, laRfunzione integranda R ρ può uscire dal segno di integrale e quindi
risulta M V = V ρ(r, t) dV = V ρ dV = ρ V , dove V indica il volume della
regione V .

r1
ρ1 r2
ρ2

r3
ρ3

Figura 2.6 Corrente di un fluido la


cui densità ρ(r) è non uniforme, ma
può dipendere dalla posizione

Introduciamo ora una convenzione per semplificare l’espressione degli integrali che
risulterà molto comoda nel seguito, dove dovremo considerare integrali di funzioni
alquanto complicate. Stabiliamo di scrivere gli integrali omettendo l’elemento
di integrazione infinitesimo a condizione di indicare esplicitamente il dominio di
integrazione come pedice del simbolo di integrale stesso. Useremo pertanto la
ulteriore semplificazione notazionale
ZZZ Z Z
dV −→ dV −→ .
V V V

Ricorrendo a questa notazione, la massa di fluido contenuta nel dominio V al tempo


t sarà scritta nella forma sintetica
Z
MV (t) = ρ(r, t).
V
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 35 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.2: Equazione di conservazione della massa 35

È importante ricordare che l’eliminazione del volume infinitesimo di integrazione


è solo un espediente per scrivere delle espressioni pi ù semplici. In ogni caso,
siccome il dominio di integrazione V compare di fianco al simbolo di’integrale,
la presenza di dV a moltiplicare la funzione integranda è comunque sottintesa.
Questo presenza sottintesa è ovviamente richiesta per potere garantire anche la
correttezza dimensionale della relazione. Ad esempio, il primo membro della
relazione precedente è una massa e il secondo membro sembra essere una densità
(massa per unità di volume) solo se dimentichiamo che è sottintesa la presenza
dell’elemento di volume infinitesimo dV di fianco alla funzione integranda ρ(r, t).
La massa contenuta nella regione fissa V considerata cambia con una rapidit à
che è espressa dalla sua derivata rispetto al tempo, cioè,

Z Z
d MV (t) d ∂ρ(r, t)
= ρ(r, t) = .
dt dt V V ∂t

Si noti che la derivata ordinaria rispetto a t, passando sotto il segno d’integrale,


diventa parziale perché la massa MV (t) contenuta nel volume V è dipende solo dal
tempo t, mentre la funzione integranda ρ(r, t) dipende anche della posizione r.
Il volume netto di fluido uscente da V attraverso l’elemento di area d S, nella
posizione r, nell’intervallo di tempo da t a t + dt, è dato da u(r, t) n̂(r) d S dt,
dove n̂(r) è la normale unitaria in r su S uscente da V (vedi figura 2.7).


u dt

dS
P
S

y
Figura 2.7 Il fluido che attraversa
x
d S nell’intervallo di tempo dt riempie
il volume del tubo disegnato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 36 colore nero Luglio 14, 2005

36 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

Di conseguenza la massa che attraversa d S, andando verso l’esterno, nell’intervallo


di tempo considerato è ρ(r, t) u(r, t) n̂(r) d S dt e la rapidità con cui la massa esce
da V attraverso S al tempo t è
ZZ
ρ(r, t) u(r, t) n̂(r) d S.
S

Il cerchio sul simbolo di integrale doppio significa che la superfice S considerata è


chiusa nel senso che essa è il contorno di un volume V contenuto in una regione
limitata. Anche il simbolo dell’integrale doppio pu ò essere scritto in modo sem-
plificato utilizzando un solo segno di integrale, ovvero l’integrale su una superficie
chiusa può essere indicato anche nel modo più semplice
ZZ I
n̂(r) d S −→ n̂(r) d S.
S S

Infine, sempre per ridurre la complessità delle espressioni, proprio come nel caso
dell’integrale di volume, si adotta la convenzione di omettere l’elemento di superficie
infinitesimo d S, a condizione che la superficie di integrazione S sia esplicitamente
indicata ponendo questo simbolo come pedice dell’integrale, ovvero si adotta la
seguente notazione semplificata
ZZ I I
n̂(r) d S −→ n̂(r) d S −→ n̂(r).
S S S

Ricorrendo a questa notazione, la rapidità con cui la massa esce da V attraverso S


al tempo t sarà indicata più semplicemente con
I
ρ(r, t) u(r, t) n̂(r).
S

La rapidità con cui la massa entra in V è l’opposto della rapidità appena scritta dato
che la direzione del versore n̂(r) normale a qualunque superficie chiusa S è, per
convenzione, sempre uscente dal volume V contenuto in S.
L’espressione matematica della legge di conservazione della massa relativa-
mente al volume V è quindi che l’aumento per unità di tempo della massa contenuta
in V deve essere uguale alla massa che nell’unità di tempo entra in V attraverso la
sua frontiera S, ovverosia
Z I
∂ρ(r, t)
= − ρ(r, t) u(r, t) n̂(r).
V ∂t S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 37 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.3: Equazione della quantità di moto 37

Possiamo riscrivere la legge di conservazione della massa in una forma pi ù facile


da leggere eliminando le variabili indipendenti r e t dalle funzioni che si integrano,
e quindi scriveremo:
Z I
∂ρ
= − ρu n̂.
V ∂t S
Si dovrebbe comunque essere sempre in grado di ricostruire la presenza delle
variabili da cui dipendono le varie funzioni in base agli operatori differenziali
presenti nella relazione e ai domini di integrazione indicati.
Utilizziamo ora il teorema della divergenza per sostituire l’integrale di superfi-
cie del secondo membro con un integrale di volume:
Z Z
∂ρ
=− (ρu).
V ∂t V
Quindi risulta
Z  
∂ρ
+ (ρu) = 0.
V ∂t
Questa equazione deve valere per qualunque dominio V nel fluido.
D’altra parte, come già visto nel capitolo 1 per la forma locale e la forma
R globale
della condizione di equilibrio, se una funzione continua f soddisfa V f (r) = 0
per qualunque dominio V , allora f (r) = 0 in tutti i punti r, in quanto, se esistesse
un punto r0 tale che f (r0 ) 6= 0, ad esempio f (r0 ) > 0, allora, per la continuità
della funzione f , essa sarebbe positiva in tutti i punti appartenenti a una Rpalla B
con centro in r0 sufficientemente piccola ma con raggio positivo, per cui B f (r)
sarebbe maggiore di zero. Applicando questo principio, si deve avere

∂ρ
+ (ρu) = 0
∂t

in tutto il fluido. Questa è chiamata equazione di continuità del fluido. Essa


esprime la conservazione della massa in forma locale.

2.3 Equazione della quantità di moto


Esaminiamo ora l’equazione che governa il moto del fluido. Essa deriva dall’applica-
zione della seconda legge di Newton a ogni particella di fluido. In questo paragrafo
supporremo che il fluido sia non viscoso. Tale ipotesi rappresenta solo una prima
approssimazione delle proprietà osservate negli esperimenti, per cui avremo un
modello matematico semplificato del comportamento reale di un fluido.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 38 colore nero Luglio 14, 2005

38 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

La seconda legge di Newton, detta anche legge fondamentale della dinamica


afferma che in qualunque sistema di riferimento inerziale la rapidit à di variazione
della quantità di moto (chiamata nei testi inglesi “momento lineare” o anche pi ù
semplicemente “momento”) di una particella è uguale alla somma delle forze agenti
su di essa. L’applicazione diretta di tale legge a una determinata porzione di fluido in
movimento è un po’ complicata poiché la sua quantità di moto è data dell’integrale
sul volume della particella e questo si muove nello spazio: di conseguenza il calcolo
della rapidità di variazione della quantità di moto della porzione di fluido considerata
richiede di sapere calcolare la derivata di un integrale su un volume in movimento
e di forma variabile. Questo argomento sarà affrontato solo nel paragrafo 9.1; in
particolare nel paragrafo 9.4 la seconda legge di Newton sarà utilizzata in modo
diretto per ricavare l’equazione di moto del fluido.
In questo paragrafo seguiamo un procedimento leggermente diverso con-
siderando invece il fluido contenuto in un volume V fisso nello spazio. In ogni
istante t la quantità di moto del fluido contenuto in V è
Z Z
PV (t) = ρ(r, t) u(r, t) = ρu.
V V
La quantità di moto del fluido contenuto nella regione V varia con una rapidit à
Z Z
dPV (t) d ∂
= ρu = (ρu),
dt dt V V ∂t
essendo la regione V fissa. Siccome il fluido contenuto in V è costituito da porzioni
di fluido sempre diverse, la rapidità di variazione di P V (t) è causata in parte dalla
quantità di moto che entra in V o esce da V attraverso la sua superficie S (la
quantità di moto del fluido che attraversa S) e in parte da tutte le forze agenti sul
fluido contenuto in V . Queste forze comprendono: le forze di superficie agenti sul
fluido in V attraverso la superficie S le quali, essendo il fluido non viscoso, sono
dovute all’azione della sola pressione, e tutte le forze di volume esterne (come
la forza gravitazionale o quella elettromagnetica) agenti sul fluido. Esaminiamo
separatamente ciascuna di queste cause di variazione di P V (t).
La quantità di moto entra in V attraverso S con una rapidità
I
− ρu (u n̂).
S
La pressione agente sul fluido contenuto in V si esercita attraverso S nella direzione
della normale interna −n̂. Quindi questa parte della forza agente sul fluido non
viscoso contenuto in V è
I
− P n̂.
S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 39 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.3: Equazione della quantità di moto 39

Le forze di volume dovute a campi esterni (ad esempio il campo di gravit à) sono
espresse in termini della forza specifica g, che è la forza per unità di massa. La
forza di volume totale agente sul fluido contenuto in V è pertanto
Z
ρg.
V

La seconda legge di Newton implica che


Z I I Z

(ρu) = − ρu (u n̂) − P n̂ + ρg.
V ∂t S S V

Come per la conservazione della massa, gli integrali di superficie (doppi) possono
essere trasformati in integrali sul volume V (tripli). Il teorema del gradiente fornisce
immediatamente
I Z
P n̂ = P.
S V

Più complicata è invece la trasformazione dell’integrale contenente ρu (u n̂). In


questo caso si deve applicare il teorema della divergenza per ciascuna compo-
nente cartesiana della quantità vettoriale ρu (u n̂). Considerando ad esempio la
componente x, ovvero ρu (u n̂), il teorema della divergenza implica
I Z Z
ρu (u n̂) = (ρu u) = (u ρu)
S V V
Z
 
= ρu u+u (ρu) .
V

Sommiamo ora vettorialmente le relazioni relative alle tre componenti cartesiane


della velocità u, v e w, e otteniamo
I Z
 
ρu (u n̂) = ρu u + u (ρu) x̂
S V 
+ ρu v + v (ρu) ŷ
 
+ ρu w + w (ρu) ẑ
Z

= ρu u x̂ + ρu v ŷ + ρu w ẑ
V 
+ u x̂ (ρu) + v ŷ (ρu) + w ẑ (ρu) .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 40 colore nero Luglio 14, 2005

40 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

Abbiamo pertanto
I Z
 
ρu (u n̂) = ρ(u )u + u (ρu) .
S V

La trasformazione dei due integrali di superficie in integrali di volume conduce alla


relazione
Z  

(ρu) + u (ρu) + ρ(u )u + P − ρg = 0.
V ∂t

Sviluppando la derivata temporale del prodotto ρu si ottiene


Z  
∂u ∂ρ
ρ +u +u (ρu) + ρ(u )u + P − ρg = 0,
V ∂t ∂t
che permette di eliminare il secondo e il terzo termine dell’integrando in virt ù
dell’equazione di continuità, per cui abbiamo
Z  
∂u
ρ + ρ(u )u + P − ρg = 0.
V ∂t
Poiché la regione V è completamente arbitraria, dobbiamo allora avere
∂u
ρ + ρ(u )u + P = ρg.
∂t
Dividendo questa relazione per ρ si ottiene infine

∂u P
+ (u )u + = g.
∂t ρ

Questa è l’equazione di moto di un fluido non viscoso, detta anche equazione della
quantità di moto. Si osservi che essa è un’equazione differenziale alle derivate
parziali non lineare: il secondo termine del membro di sinistra è non lineare in u e
il termine ( P)/ρ è non lineare a causa della presenza della variabile incognita ρ
a denominatore.

2.4 Equazioni della dinamica dei fluidi non viscosi


Le due equazioni esprimenti la conservazione della massa e la legge della dinamica
devono essere risolte contemporaneamente, per cui sono combinate assieme nel
sistema seguente che riguarda un fluido comprimibile ma non viscoso:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 41 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.5: Equazioni per correnti incomprimibili di un fluido non viscoso 41

∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂u P
+ (u )u + = g.
∂t ρ

Le incognite del sistema sono la densità ρ(r, t), la pressione P(r, t) e la velocità
u(r, t), ma il sistema è costituito da due sole equazioni, una scalare e una vettoriale.
Pertanto manca una seconda equazione scalare per avere un uguale numero di
equazioni e di incognite.

Conservazione dell’energia e relazioni termodinamiche


In realtà il sistema richiede di includere un’altra equazione scalare che esprime
in forma matematica la legge di conservazione dell’energia. Inoltre, nel caso
di un fluido reale si deve includere nell’equazione della quantità di moto la forza
interna dovuta alla viscosità del fluido. È comunque da osservare che l’equazione
dell’energia contiene, oltre alle incognite ρ, P e u, altre due variabili incognite,
l’energia specifica e (energia per unità di massa) e la temperatura T. Di conseguenza,
considerando per esempio il caso di un sistema costituito da un fluido con una sola
componente chimica stabile, è necessario includere anche due equazioni di stato
che legano fra loro le variabili termodinamiche, ad esempio, la coppia di equazioni

P = P(e, ρ),
T = T (e, ρ).

Naturalmente la forma delle equazioni di stato dipende dalle propriet à termodi-


namiche del fluido (liquido o gas) considerato. Si noti infine che nel caso generale
di fluidi comprimibili viscosi l’equazione di conservazione dell’energia è piut-
tosto complicata a causa della complessità dei termini che descrivono l’aumento
dell’energia interna del fluido per effetto dell’attrito viscoso.
Nei prossimi capitoli vedremo che per le correnti incomprimibili le due equazioni
della conservazione della massa e della quantità di moto, anche in presenza delle
forze viscose, permettono di formulare un problema matematico completo. Nel caso
generale di correnti comprimibili è invece necessaria anche l’equazione dell’energia
e l’insieme completo di equazioni per flussi di questo tipo sar à introdotto nei due
ultimi capitoli 9 e 10, dedicati rispettivamente ai fluidi non viscosi e viscosi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 42 colore nero Luglio 14, 2005

42 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

2.5 Equazioni per correnti incomprimibili di un fluido non viscoso


Supponiamo ora che si possa assumere che la corrente sia incomprimibile, nel
senso che la densità ρ del fluido può essere supposta costante, indipendente sia dal
tempo sia dalla posizione spaziale, ovvero ρ(r, t) = ρ = costante, dove ρ è una
costante positiva. In questo caso risulta

∂ρ ∂ρ
= =0
∂t ∂t
come pure

(ρu) = (ρu) = ρ u.

Pertanto per una corrente incomprimibile l’equazione di continuit à diventa sem-


plicemente

u = 0.

Questa equazione è chiamata condizione di incomprimibilità e costituisce un vin-


colo che il campo di velocità deve soddisfare nella fluidodinamica incomprimibile.
Questo vincolo impone che il campo di velocità u sia a divergenza nulla ovverosia
solenoidale in ogni istante.
Di conseguenza il sistema di due equazioni esprimenti la legge della dinamica
di Newton e la conservazione della massa nel caso di una corrente incomprimibile
di un fluido di densità uniforme e non viscoso diventa

∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
u = 0.

Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Eulero per i correnti incompri-
mibili.
È importante notare che in questo caso abbiamo due equazioni, la prima vet-
toriale e la seconda scalare, nelle due funzioni incognite u(r, t) e P(r, t), essendo
ρ una costante nota. Pertanto il sistema ha tante equazioni quante incognite e pu ò
essere risolto senza fare intervenire in alcun modo le equazioni di stato che definis-
cono le proprietà termodinamiche del fluido—sparizione della termodinamica. In
effetti, nel caso di corrente incomprimibile la variabile pressione P che compare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 43 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.7: Equazioni per correnti incomprimibili di un fluido viscoso 43

nell’equazione dinamica della velocità è presente per permettere di soddisfare il


vincolo di incomprimibilità per la velocità. In altre parole, il campo della velocità
non può soddisfare da solo contemporaneamente le quattro equazioni comprendenti
l’equazione della quantità di moto e la condizione di incomprimibilità, perché u ha
soltanto tre componenti: la pressione allora fornisce i gradi di libert à necessari per
permettere che anche la quarta equazione scalare del sistema sia rispettata.

2.6 Equazioni per correnti incomprimibili non viscose irrotazionali


Un caso particolare di correnti incomprimibili non viscose è rappresentato dalle

rotore

correnti irrotazionali. Un campo di velocità u(r, t) è detto irrotazionale se il suo
u è nullo in ogni suo punto e in ogni istante di tempo:
 u = 0.

Sotto questa condizione l’equazione della quantità di moto si semplifica notevol-


mente poiché il termine non lineare (u )u è un semplice gradiente.
virtù dell’identità vettoriale (u )u = (

u) u + 12 |u|2 , quando
  Infatti, in
u=0

avremo

(u )u = 1
|u|2

[
 u = 0].
2

Quindi per correnti incomprimibili irrotazionali l’equazione dinamica della velocit à


assumerà la forma
 
∂u P |u|2
+ + = g.
∂t ρ 2

Il sistema di equazioni che governano allora le correnti incomprimibili irrotazionali


di un fluido non viscoso di densità uniforme è allora dato da
 
∂u P |u|2
+ + = g,

∂t ρ 2
u = 0, u = 0.

Mostreremo nel capitolo 4 che le equazioni di questo sistema possono essere risolte
disaccoppiando il calcolo del campo di velocità da quello del campo di pressione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 44 colore nero Luglio 14, 2005

44 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

2.7 Equazioni per correnti incomprimibili di un fluido viscoso


Le precedenti equazioni sono state derivate supponendo nulla la viscosit à del flu-
ido. Queste equazioni possono essere modificate per tenere conto dell’effetto della
eventuale viscosità del fluido. Per qualunque fluido reale esiste una grandezza detta
viscosità dinamica e indicata con µ che è il coefficiente di proporzionalità fra
la derivata spaziale del campo della velocità e la forza viscosa agente sulle parti-
celle del fluido. Nel caso particolare di correnti incomprimibili questa grandezza è
sufficiente a rappresentare le forze interne di attrito viscoso.
La viscosità provoca su ogni particella di fluido una forza a causa della presenza
del fluido circostante quando il campo della velocità ha determinate variazioni
spaziali. Nel caso più semplice la forza viscosa risulta essere proporzionale al
gradiente della velocità e questa condizione caratterizza i fluidi detti newtoniani.
Più precisamente la forza viscosa per unità di volume agente in un punto di una
corrente incomprimibile quando la viscosità dinamica è costante, µ = µ, è data da

ρ f visc = µ 2
u, (fluido incomprimibile)

dove 2 rappresenta l’operatore laplaciano. Dividendo questa espressione per la


densità ρ si ottiene la forza per unità di massa f visc = ν 2 u, dove il coefficiente
(costante)
µ
ν=
ρ
è chiamato viscosità cinematica.
Includendo la forza viscosa per unità di massa ν 2 u nell’equazione dinamica
della velocità, il sistema delle due equazioni che governano la corrente incomprim-
ibile di un fluido viscoso (newtoniano) assume la forma seguente

∂u P
+ (u )u + =ν 2
u + g,
∂t ρ
u = 0.

Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Navier–Stokes per le correnti


incomprimibili. Anche nel caso viscoso la pressione è presente nel sistema onde
fornire i gradi di libertà necessari per potere imporre la condizione di incomprimi-
bilità sul campo della velocità. Tecnicamente si esprime questo fatto dicendo che
P(r, t) costituisce il moltiplicatore di Lagrange associato al vincolo u=0
che deve essere soddisfatto dalla velocità u(r, t) in ogni punto r e in ogni istante t.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 45 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 2.9: Equazioni per i fluidi comprimibili viscosi 45

2.8 Equazioni per i fluidi comprimibili non viscosi


Una modello di carattere più generale di quello incomprimibile è rappresentato dal
fluido le cui particelle possono subire una dilatazione o una contrazione (e quindi
possono variare il proprio volume) a causa dell’azione delle forze agenti su di loro.
I fluidi di questo tipo sono detti comprimibili e per il loro studio è necessario
considerare le equazioni di stato termodinamiche del fluido, che costituiranno un
elemento essenziale del modello matematico complessivo per potere determinare il
moto del fluido. Nel capitolo 9 dedurremo il sistema di equazioni dinamiche per
il caso di un fluido comprimibile, considerando inizialmente il caso semplificato in
cui la viscosità e la conducibilità termica possono essere considerate nulle. Questo
sistema è noto come equazioni di Eulero comprimibili o anche di equazioni della
gasdinamica. Una forma possibile di queste equazioni è

∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P = ρg,
∂t
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u = 0,
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).

2.9 Equazioni per i fluidi comprimibili viscosi


Se poi si considera il caso generale, descritto nel capitolo 10, di un fluido comprimi-
bile con le due viscosità µ e λ e la conducibilita termica κ diverse da zero, allora il
moto del fluido è governato dalle equazioni di Navier–Stokes comprimibili:

∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P=  (u) + ρg,
∂t
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u= (κ T ) + (u) :  (u),
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 46 colore nero Luglio 14, 2005

46 CAPITOLO 2 Equazioni della dinamica dei fluidi

In queste equazioni, oltre al tensore densità di corrente della quantità di moto,


ρu⊗u, compaiono due altri tensori. Il primo è il tensore simmetrico dei “gradienti
della velocità”,  (u), definito da
 
 (u) → ei, j (u) = 12 êi (ê j )u + ê j (êi )u , i, j = 1, 2, 3,

dove êi , i = 1, 2, 3, sono i versori delle coordinate ortogonali utilizzate. Il secondo


è il tensore degli sforzi viscosi, (u) che, per un fluido viscoso di tipo newtoniano
è definito da

(u) = 2µ  (u) + λ ( u) ,

dove indica il tensore identità dello spazio a tre dimensioni.

Esercizi 2
1. Disegnare il campo di velocità stazionario piano dato della 4. Dimostrare che l’equazione di conservazione della massa e
relazione l’equazione della quantità di moto implicano la validità della
seguente equazione
u(x, y) = U e x x̂ + U e−x ŷ 

e determinare le sue linee di corrente.
√ ∂
ρ
∂t
ρu
+ (ρu  )u +
u
2
 (ρu) +  P = ρg.
2. Un campo di velocità u(r) piano e stazionario ha le seguenti
componenti cartesiane lungo gli assi x e y Questa forma dell’equazione della quantità di moto è
importante per lo sviluppo dei metodi di risoluzione delle
u(x, y) = By, v(x, y) = Bx. equazioni per i flussi incomprimibili mediante gli elementi
finiti. Nel caso di densità uniforme, ρ = ρ, l’equazione
Determinare le linee di corrente. diventa
3. La legge di conservazione della massa in forma locale è
espressa dall’equazione di continuità
∂u
∂t
+ (u  )u +
u
2
 u +  ρP = g.
∂ρ
∂t
+  (ρu) = 0.
Ricavare l’equazione che governa la variabile volume
specifico v = 1/ρ, che rappresenta il volume per unità di
massa in un punto del fluido. Che cosa si può dire del
volume specifico v delle particelle di un fluido con volume
specifico in generale non costante, v = v(r, t), nel caso in
cui il campo di velocità sia solenoidale, ovvero 
u = 0?
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 47 colore nero Luglio 14, 2005

47

CAPITOLO 3

Correnti incomprimibili
non viscose
Introduzione In questo capitolo studieremo le equazioni che governano le cor-
renti incomprimibili di un fluido non viscoso. In particolare ricaveremo le equazioni
di Eulero, già dedotte nel paragrafo 2.5, seguendo però un procedimento diverso.
Assumeremo subito che la corrente sia incomprimibile e che il fluido sia di densit à
uniforme. Applicheremo quindi la legge fondamentale della dinamica alle parti-
celle nel caso di una corrente che rispetti le assunzioni fatte. Per seguire il nuovo
procedimento è necessario ricavare l’espressione dell’accelerazione delle particelle
del fluido. A questa importante grandezza cinematica è possibile giungere mediante
il concetto di rapidità di variazione seguendo il moto del fluido.

3.1 Rapidità di variazione “seguendo il fluido”


Sia f (r, t) una proprietà riguardante un fluido in movimento. Ad esempio f
potrebbe essere la densità ρ o la pressione P del fluido oppure una componente
cartesiana della sua velocità u. Allora la derivata parziale ∂ f /∂t rappresenta la
rapidità di variazione di f in un punto fissato r, cioè in una determinata posizione
dello spazio.
Consideriamo ora una particella che è immersa nel fluido e che si muove
dentro di esso in base a una legge del moto assegnata, data ad esempio da R(t) =
[X (t), Y (t), Z (t)], dove le tre funzioni X (t), Y (t) e Z (t) sono note. Il moto di
tale particella non ha nulla a che vedere con il moto del fluido circostante. Come
esempio possiamo immaginare che la particella sia un insetto che vola liberamente
nell’aria, la quale si muove a sua volta in un modo descritto da un campo di velocit à
u = u(r, t).
Se si vuole determinare come varia la grandezza f per un osservatore solidale
con la particella (nell’esempio considerato, l’insetto) occorre introdurre la funzione
composta (funzione di funzione)

F(t) ≡ f (R(t), t).

La rapidità di variazione di f percepita dall’osservatore sarà allora data dalla


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 48 colore nero Luglio 14, 2005

48 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

derivata (ordinaria) della funzione F(t) (di una sola variabile)

d F(t) d f (R(t), t)
= .
dt dt

Questa derivata può essere calcolata mediante la regola di derivazione delle funzioni
composte che fornisce

d F(t) d f (R(t), t) d f (X (t), Y (t), Z (t), t)


= =
dt dt dt
∂f ∂ f d X (t) ∂ f dY (t) ∂ f d Z (t)
= + + +
∂t ∂ x dt ∂y dt ∂z dt
∂ f (R(t), t) dR(t)
= + [ f (R(t), t)] ,


∂t dt

dove nella seconda riga della formula f è un’abbreviazione di f (X (t), Y (t), Z (t), t).
Introducendo la velocità istantanea della particella

dR(t)
V(t) ≡ ,
dt

e sfruttando la simmetria del prodotto scalare, la rapidità di variazione considerata


si scrive anche come

d F(t) ∂ f (R(t), t)
= + V(t)  f (R(t), t).
dt ∂t

I due termini del membro di destra rappresentano la rapidità di variazione di f per-


cepita dall’osservatore in conseguenza, rispettivamente, della variazione temporale
del campo scalare f (r, t) nel punto r e del movimento proprio dell’osservatore, che
ha la velocità V(t) all’istante t.
Se ora consideriamo un osservatore che si muove con la stessa velocit à u(r, t)
del fluido nel punto r, potremo interpretare la somma dei due termini

∂ f (r, t)
+ u(r, t)  f (r, t)
∂t

come la rapidità di variazione di f “seguendo il fluido” nel punto r all’istante t.


Questo argomento mostra l’opportunità di definire il seguente operatore differen-
ziale composito
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 49 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.1: Rapidità di variazione “seguendo il fluido” 49

D ∂
≡ +u  ,
Dt ∂t

mediante il quale intenderemo, per definizione,

Df ∂f
≡ +u  f.
Dt ∂t

L’espressione D fDt(r,t)
è talvolta chiamata “derivata” materiale o anche “derivata”
D
sostanziale. Si tratta di una denominazione impropria, in quanto l’operatore Dt
non è affatto una derivata. Infatti le derivate possono essere di due tipi: ordinarie o
D
parziali. Il simbolo Dt rappresenta solo una combinazione di due derivate parziali,
una rispetto al tempo e l’altra rispetto allo spazio. Quest’ultima è proporzionale
alla derivata direzionale nella direzione della velocità u(r, t); infatti, come noto,
la derivata direzionale è definita in relazione a un versore v̂ tramite l’espressione
v̂ , mentre in u compare il vettore velocità, che non è un versore.
D
Come vedremo, l’operatore Dt permette di scrivere in modo leggermente più
compatto alcune equazioni della dinamica dei fluidi. Tuttavia questo operatore
sottintende sempre la presenza di un campo di velocità u(r, t), in assenza del quale
esso è privo di significato. In altre parole, una notazione pi ù corretta richiederebbe
di precisare il campo della velocità u(r, t) e potrebbe quindi essere la seguente

Du ∂
≡ +u  .
Dt ∂t

D
In virtù della sua definizione, l’operatore Dt risulta comodo nei casi in cui
una grandezza fisica relativa a una proprietà del fluido in movimento, indicata ad
esempio con f , rimane costante per un determinato elemento di fluido. Quando ci ò
accade, la funzione f (r, t) soddisfa l’equazione

Df
= 0.
Dt
Questa equazione significa solo che il valore di f relativo a ciascun elemento
di fluido rimane sempre lo stesso, mentre elementi differenti del fluido possono
comunque avere valori differenti di f .
Un caso particolare del mantenimento dello stesso valore di una propriet à del
fluido da parte delle sue particelle si ha quando la corrente è stazionaria. In questo
caso risulterà ovviamente u = u(r) come pure f = f (r), per cui ∂ f /∂t = 0. In
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 50 colore nero Luglio 14, 2005

50 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

questo caso, l’equazione ∂∂tf + u f = 0, che esprime la costanza di f per ogni




particella del fluido, diventa la seguente equazione stazionaria


u(r)  f (r) = 0.
Siccome il membro di sinistra è proporzionale alla derivata direzionale, il suo
annullamento significa che f non varia lungo tutta la linea di corrente passante per
r. Quindi, se la grandezza f soddisfa l’equazione appena scritta, tutte le particelle
di fluido relative a una linea di corrente del moto stazionario hanno lo stesso valore
di f . Questa proprietà non comporta tuttavia che tutte le linee di corrente debbano
avere lo stesso valore di f e in generale f avrà valori differenti su linee di corrente
differenti. Supponiamo, ad esempio, che la corrente sia in direzione x ovunque per
cui l’equazione precedente diventa u ∂ f /∂ x = 0, per cui, se u 6= 0, deve essere
∂ f /∂ x = 0. Questa equazione dice che f è indipendente da x ma non dà alcuna
indicazione su come f possa dipendere da y o z o da entrambi.

Accelerazione del fluido


La definizione di
D f (r, t)
Dt
può essere applicata supponendo che la funzione f rappresenti successivamente le
componenti cartesiane della velocità u, v e w. Ad esempio possiamo considerare
la rapidità con cui varia la componente x della velocità, cioè u, seguendo il fluido
che sarà data da
Du ∂u
≡ + u u, 

Dt ∂t
e analogamente per le altre due componenti v e w. Sommando vettorialmente le
relazioni relative alle tre componenti della velocità si ottiene
Du ∂u
≡ + (u )u. 

Dt ∂t
Per definizione questa quantità rappresenta la rapidità di variazione del vettore
velocità u seguendo la particella di fluido, ovverosia è l’accelerazione del fluido
nel punto r e all’istante t. Scriveremo quindi

∂u
a≡ + (u  )u,
∂t

dove l’accelerazione a deve essere intesa rappresentare un campo vettoriale, ovvero


a = a(r, t), proprio come accade per la velocità u = u(r, t),
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 51 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.1: Rapidità di variazione “seguendo il fluido” 51

Esempio 1 Accelerazione del campo di velocità della rotazione rigida


Come semplice verifica della relazione dell’accelerazione appena ottenuta consi-
deriamo un fluido in moto con la velocità di rotazione rigida e velocità angolare
costante, u(r) = −Ωy x̂ + Ω x ŷ, studiato negli esempi 1 e 2 del paragrafo 2.1.
In questo caso il campo u(r) è stazionario e quindi ∂u/∂t = 0, per cui risulta
 
∂ ∂
(u )u = −Ωy
 + Ωx (−Ωy, Ω x, 0)
∂x ∂y
= −Ω 2 (x, y, 0) = −Ω 2 r⊥ ,

dove r⊥ rappresenta la componente del vettore posizione r normale all’asse z,


ovvero r⊥ = x x̂ + y ŷ. Questo è quanto ci attendevamo: il vettore −Ω 2 r⊥ , o
meglio il campo vettoriale a(r) = −Ω 2 r⊥ , rappresenta la ben nota accelerazione
centripeta, che in modulo vale Ω 2 r⊥ ed è diretta verso l’asse di rotazione z.

Esempio 2 Accelerazione della rotazione rigida in coordinate cilindriche


Il termine (u )u può essere calcolato anche partendo dal campo di velocità della


rotazione rigida espresso in coordinate cilindriche:

u(r) = Ω R ˆ ,

e ricorrendo all’operatore espresso nelle stesse coordinate:


∂ 1 ∂ ∂
= R̂ +ˆ + ẑ .
∂R R ∂θ ∂z
Risulta
ˆ (θ ) 1 ∂  [u θ (R)]2 ∂ ˆ (θ)
u θ (R) ˆ (θ) =
1
(u )u = u θ (R) .
∆ˆ


R ∂θ R ∂θ
ˆ (θ)
∆θ Ricordando ora la ben nota proprietà ∂ ˆ (θ)/∂θ = −R̂(θ) del versore non costante
ˆ (θ), si ottiene
θ θ1
[Ω R]2 ∂ ˆ (θ)
(u  )u = = −Ω 2 R R̂(θ).
Figura 3.1 Ad illustrazione della
R ∂θ
derivata d ˆ (θ)/dθ = −R̂(θ): notare Quindi si è ottenuta la stessa accelerazione centripeta calcolata mediante le coordi-


che |∆ ˆ | = ∆θ, per cui |d ˆ /dθ| = 1 nate cartesiane nell’esempio precedente.


 
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 52 colore nero Luglio 14, 2005

52 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Esempio 3 Accelerazione in coordinate cartesiane


Le componenti cartesiane del vettore accelerazione a = a x x̂ + a y ŷ + az ẑ delle
particelle di fluido sono date dalle relazioni

∂u
ax = +u  u
∂t
∂v
ay = +u  v
∂t
∂w
az = +u  w
∂t
essendo l’operatore di advezione scalare in coordinate cartesiane definito da

∂u ∂u ∂u
u  u=u +v +w .
∂x ∂y ∂z

Esempio 4 Accelerazione in coordinate cilindriche


Le componenti cilindriche del vettore accelerazione

a = a R R̂ + aθ ˆ + az ẑ

delle particelle di fluido sono date dalle relazioni

∂u R u 2θ
aR = +u  uR −
∂t R
∂u θ u R uθ
aθ = +u  uθ +
∂t R
∂u z
az = +u  uz
∂t
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate cilindriche è definito da

∂u u θ ∂u ∂u
u  u = uR + + uz .
∂R R ∂θ ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 53 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.2: Vincolo di incomprimibilità 53

Esempio 5 Accelerazione in coordinate sferiche


Le componenti sferiche del vettore accelerazione

a = ar r̂ + aθ ˆ + aφ ˆ

delle particelle di fluido sono date dalle relazioni

∂u r u 2θ + u 2φ
ar = +u  ur −
∂t r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ
aθ = +u  uθ + −
∂t r r
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ
aφ = +u  uφ + +
∂t r r
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate sferiche è definito da

∂u u θ ∂u u φ ∂u
u  u = ur + + .
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ

3.2 Vincolo di incomprimibilità


Supponiamo che la corrente sia incomprimibile nel senso che la densit à ρ del
fluido può essere supposta costante, indipendente sia dal tempo sia dalla posizione
spaziale, ovvero ρ = ρ, dove ρ indica una costante (positiva) determinata. Come
abbiamo visto nel paragrafo 2.5, in questo caso particolare la legge di conservazione
della massa si riduce semplicemente alla condizione d’incomprimibilit à u=0 

che deve essere soddisfatta dal campo della velocità u(r, t) in ogni punto r e in ogni
istante t.
Vogliamo ora ricavare la stessa equazione utilizzando il principio di conser-
vazione della massa e sfruttando immediatamente l’ipotesi che la densit à del fluido
è costante. Consideriamo come nel paragrafo 2.2 una superficie chiusa S che de-
limita una regione fissa V contenuta nello spazio in cui si muove il fluido. Il fluido
entra nella regione V attraverso alcune parti della superficie S e ne esce da altre.
Indicando con n̂ la normale uscente da V in un punto generico di S, la componente
della velocità u normale alla superficie sarà data da u n̂. Pertanto la quantità di vol-

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 54 colore nero Luglio 14, 2005

54 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

ume di fluido che esce dall’elemento di superficie d S per unità di tempo è u n̂ d S.




La rapidità con cui il volume (netto) di fluido esce da V attraverso S è quindi


I
u n̂,


usando sempre la convenzione di omettere l’elemento infinitesimo di superficie


d S dell’integrale. Ma, nel caso di corrente incomprimibile con densit à del fluido
uniforme in ogni suo punto, questa quantità, una volta moltiplicata per la densità
costante ρ è semplicemente la rapidità con cui la massa (netta) del fluido esce da V
I
ρ u n̂. 

La legge di conservazione della massa dice che questa quantità è necessariamente


nulla perché il fluido, essendo la sua densità sempre la stessa in ogni istante e in
ogni punto, deve avere un flusso netto di massa nullo attraverso la superficie chiusa
S. Pertanto, dividendo per la costante ρ > 0, la conservazione della massa per la
corrente incomprimibile è espressa dalla condizione
I
u n̂ = 0


valida per qualunque superficie chiusa S. L’applicazione del teorema della diver-
genza fornisce immediatamente
Z
 u = 0.
V

Per l’arbitrarietà della regione V e supponendo che la funzione integranda sia


continua, si deduce immediatamente che la funzione u deve essere nulla in ogni


punto, ovvero:

 u=0

per ogni r ∈ V e ogni t. Come già indicato, questa equazione costituisce la con-
dizione di incomprimibilità e rappresenta un vincolo che il campo della velocità
u(r, t) deve soddisfare in ogni punto r e, nel caso di corrente effettivamente variabile
nel tempo, per ogni istante t.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 55 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.3: Equazioni di Eulero incomprimibili 55

3.3 Equazioni di Eulero incomprimibili


Nel caso di corrente incomprimibile con un fluido di densità uniforme, l’equazione
della quantità di moto del fluido può essere ricavata dalla seconda legge della
dinamica considerando un elementino di fluido contenuto nel volume δV e quindi
avente massa elementare δm = ρ δV . La seconda legge di Newton applicata a
questo elemento di fluido permette allora di scrivere δm a = ρ δV a = δf, dove a
è l’accelerazione dell’elemento di fluido e δf rappresenta la risultante delle forze
agenti su di esso.
Come già visto nel caso statico discusso nel capitolo 1 e nel caso dinamico
discusso nel paragrafo 2.3, per un fluido non viscoso la forza agente sull’elemento
di fluido contenuto in δV comprenderà la forza dovuta alla pressione esercitata
sulla superficie dell’elemento di fluido da parte del fluido all’esterno e le forze di
volume agenti sull’elemento di fluido, come ad esempio la forza gravitazionale.
La risultante δf di queste forze elementari è quindi data dalla seguente somma
vettoriale

δf = −( P)δV + ρ δV g.

Ricordando l’espressione dell’accelerazione delle particelle del fluido ricavata nel


paragrafo 3.1, la legge fondamentale della dinamica applicata all’elemento di fluido
considerato fornisce
 
∂u
ρ δV + (u  )u = (− P + ρ g) δV.
∂t

Semplificando il fattore comune δV e dividendo per la costante ρ si ottiene


l’equazione per la velocità e la pressione

∂u P
+ (u  )u + = g,
∂t ρ

valida per una corrente incomprimibile di un fluido avente densit à uniforme e vis-
cosità nulla. Il termine contenente il P è scritto nel primo membro dell’equazione
perché la pressione P è una variabile incognita.
Questa equazione deve essere messa a sistema con la condizione d’incomprimi-
bilità dedotta dal principio di conservazione della massa nel paragrafo precedente.
Otteniamo quindi il sistema di equazioni
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 56 colore nero Luglio 14, 2005

56 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

∂u P
+ (u  )u + = g,
∂t ρ
 u = 0,

note con il nome di equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili. Le


Queste equazioni di Eulero incognite del sistema sono il campo vettoriale della velocità u(r, t) e il campo della
incomprimibili coincidono con le pressione P(r, t), mentre la densità ρ è una costante nota. Il sistema è costituito da
equazioni ricavate nel paragrafo due equazioni, la prima vettoriale e la seconda scalare, per cui abbiamo un numero
2.5 di equazioni uguale al numero di incognite. Il campo della forza esterna g potr à
anche essere diverso dal campo gravitazionale e in generale potrà dipendere dallo
spazio ed eventualmente anche dal tempo, ovvero, g = g(r, t).

Esempio 1 Equazioni di Eulero incomprimibili in coordinate cilindriche


Se la regione in cui si muove il fluido è assisimmetrica, ossia è invariante per
rotazioni attorno a un asse che chiameremo asse z, allora è conveniente utilizzare
un sistema di cordinate cilindriche per descrivere il moto del fluido. Ricordando
l’espressione dell’accelerazione in coordinate cilindriche vista nell’esempio 4, le
equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili assumono la forma seguente
∂u R u 2θ 1 ∂P
+u  uR − + = g R (R, θ, z),
∂t R ρ ∂R
∂u θ u R uθ 1 ∂P
+u  uθ + + = gθ (R, θ, z),
∂t R ρ R ∂θ
∂u z 1 ∂P
+u  uz + = gz (R, θ, z),
∂t ρ ∂z
1 ∂(Ru R ) 1 ∂u θ ∂u z
+ + = 0.
R ∂R R ∂θ ∂z
Ovviamente il termine noto g associato alle forze di volume è scomposto in coor-
dinate cilindriche ed è espresso come funzione delle medesime coordinate.
Nel caso particolare in cui il campo di forza g e il campo di velocità iniziale u0
sono assisimmetrici, ossia indipendenti da θ, per cui g = g(R, z) e u 0 = u0 (R, z),
nelle regione assisimmetrica sono possibili soluzioni del campo di moto aventi la
stessa simmetria di invarianza per rotazioni attorno all’asse. Tali soluzioni sono
allora del tipo

u = u(R, z, t) e P = P(R, z, t).


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 57 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.3: Equazioni di Eulero incomprimibili 57

I campi u(R, z, t) e P(R, z, t) sono allora governati dalle equazioni di Eulero per le
correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando tutti
i termini contenenti la derivata rispetto a θ, ovvero,

∂u R u 2θ 1 ∂P
+u  uR − + = g R (R, z),
∂t R ρ ∂R
∂u θ
+u  u θ = gθ (R, z),
∂t
∂u z 1 ∂P
+u  uz + = gz (R, z),
∂t ρ ∂z
1 ∂(Ru R ) ∂u z
+ = 0.
R ∂R ∂z

Naturalmente, nel caso assisimmetrico considerato l’operatore di advezione scalare


in coordinate cilindriche si riduce a
∂u ∂u
u  u = uR + uz (assisimmetrico).
∂R ∂z

Esempio 2 Equazioni di Eulero incomprimibili in coordinate sferiche


Se la regione in cui si muove il fluido è delimitata da due superfici sferiche concen-
triche, allora è conveniente utilizzare un sistema di cordinate sferiche per descri-
vere il moto del fluido. Ricordando l’espressione dell’accelerazione in coordinate
sferiche vista nell’esempio 5, le equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili
assumono la forma seguente

∂u r u 2θ + u 2φ 1 ∂P
+u  ur − + = gr (r, θ, φ),
∂t r ρ ∂r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ 1 ∂P
+u  uθ + − + = gθ (r, θ, φ),
∂t r r ρ r ∂θ
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ 1 ∂P
+u + uφ + + = gφ (r, θ, φ),
∂t r r ρ r sin θ ∂φ
1 ∂ 2  1 ∂  1 ∂u φ
2
r ur + sin θ u θ + = 0.
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 58 colore nero Luglio 14, 2005

58 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Ovviamente il termine noto g associato alle forze di volume è scomposto in coor-


dinate sferiche ed è espresso come funzione delle medesime coordinate.
Nel caso particolare in cui il campo di forza g e il campo di velocità iniziale u0
sono assisimmetrici, ossia indipendenti da φ, per cui g = g(r, θ) e u 0 = u0 (r, θ),
nelle regione sferica sono possibili soluzioni del campo di moto aventi la stessa
simmetria di invarianza per rotazioni attorno all’asse. Tali soluzioni sono allora del
tipo

u = u(r, θ, t) e P = P(r, θ, t).

I campi u(r, θ, t) e P(r, θ, t) sono allora governati dalle equazioni di Eulero per le
correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando tutti
i termini contenenti la derivata rispetto a φ, ovvero,

∂u r u 2θ + u 2φ 1 ∂P
+u  ur − + = gr (r, θ),
∂t r ρ ∂r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ 1 ∂P
+u  uθ + − + = gθ (r, θ),
∂t r r ρ r ∂θ
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ
+ u uφ +  + = gφ (r, θ),
∂t r r
1 ∂ 2  1 ∂ 
r ur + sin θ u θ = 0,
r 2 ∂r r sin θ ∂θ
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate sferiche nel caso assisimmetrico
si riduce a
∂u u θ ∂u
u  u = ur + (assisimmetrico).
∂r r ∂θ

3.4 Condizione iniziale e condizione al contorno


Le equazioni di Eulero sono delle equazioni differenziali alle derivate parziali e da
sole non costituiscono ancora un problema completo. Infatti, come in qualunque
problema differenziale, queste equazioni richiedono la specificazione di alcune
condizioni supplementari per ottenere un problema ben posto, un problema cio è che
ammetta una sola soluzione (in un senso opportuno) almeno nei casi pi ù semplici.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 59 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.4: Condizione iniziale e condizione al contorno 59

La stessa necessità di introdurre condizioni supplementari si incontra nella risoluzione


dei problemi di dinamica di un punto materiale dove la legge fondamentale della di-
namica d 2r/dt 2 = f(r, v) richiede di specificare le due condizioni iniziali r(0) = r 0
e v(0) = v0 per potere determinare il moto del corpo. Nel caso delle equazioni di
Eulero è necessario specificare una sola condizione iniziale: la velocit à iniziale del
fluido in ogni punto, ovvero,

u(r, 0) = u0 (r),

dove u0 (r) è un campo di velocità noto. Ciò è conforme alla circostanza che
l’equazione dinamica della velocità è del primo ordine nel tempo e che nel punto
di vista euleriano qui adottato la posizione delle particelle del fluido durante il loro
moto non interessa.
Ma il sistema delle equazioni di Eulero è differenziale anche dal punto di vista
spaziale per il fatto che esse contengono anche le derivate rispetto alle coordinate
spaziali: il gradiente, la divergenza e l’operatore di derivata direzionale. Come
conseguenza, per ottenere un problema che possa avere una sola soluzione occorre
specificare delle condizioni al contorno. Il tipo di condizioni che possono o
debbono essere fornite dipende dal tipo di equazioni e dalla natura del contorno del
problema in esame.
Senza alcuna pretesa di analizzare questo aspetto in modo completo, nel caso
delle equazioni per correnti incomprimibili non viscose abbiamo una sola con-
dizione al contorno scalare da imporre su tutta la frontiera del dominio V in cui si
studia il moto del fluido. La condizione consiste nello specificare il valore della
S bn componente della velocità normale alla frontiera S = ∂ V . Questa condizione al
u tang contorno per l’incognita u sarà scritta allora nel modo seguente
u
bn n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t)


con r S ∈ S. Il valore al contorno bn (r S , t) della componente normale della velocità


deve essere specificato per ogni punto r S ∈ S e ogni istante t > 0. Notare che
Figura 3.2 Nei fluidi non viscosi bn (r S , t) rappresenta una funzione scalare e che la sua variabile spaziale è indicata
solo la componente normale della con r S per evidenziare che il dominio di tale variabile è limitato alla sola frontiera
velocità può essere imposta sul S. È importante osservare che nel caso di problemi con un fluido non viscoso la
contorno (figura superiore): la velocità condizione al contorno della velocità riguarda solo la componente normale. Questo
della soluzione avrà in generale anche non sigifica però che la velocità u della soluzione debba essere normale al contorno.
una componente tangente al contorno Infatti il campo di moto che si ottiene dalla risoluzione delle equazioni di Eulero
diversa da zero (figura inferiore) avrà in generale la componente tangente al contorno diversa da zero.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 60 colore nero Luglio 14, 2005

60 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Nel caso particolare in cui una parte del contorno coincide con un corpo solido
fermo, che non permette il passaggio del fluido attraverso la sua superficie, la
condizione su questa superficie diventa omogenea

n̂ u(r, t)|solido fermo = 0




e si chiama condizione al contorno di non penetrabilit à. Notiamo che questa


condizione lascia la velocità libera di avere componenti tangenti al contorno diverse
da zero, per cui il modello fisico descritto dalle equazioni di Eulero permette uno
slittamento del fluido sulle pareti dei corpi solidi.
È necessario sottolineare che queste condizioni supplementari sono altrettanto
importanti quanto le equazioni differenziali che governano il moto del fluido. In
realtà, il tipo di condizioni che è lecito e necessario imporre è legato strettamente
alla natura delle equazioni differenziali stesse, sicché le condizioni iniziali e al
contorno possono essere considerate come una parte integrante delle equazioni
medesime. Ad esempio, un elemento distintivo delle due equazioni di Eulero è
l’assenza di un termine con derivata temporale (prima) nella seconda equazione,
cioè nella condizione d’incomprimibilità. Corrispondentemente, in questo sistema
la pressione iniziale non può essere imposta, anzi sarebbe sbagliato pensare di farlo.
Una volta arricchito dall’aggiunta delle sue condizioni supplementari iniziali
e al contorno, il sistema delle equazioni di Eulero costituir à il seguente problema
completo

∂u P
+ (u  )u + = g,
∂t ρ
 u = 0,
u(r, 0) = u0 (r),

n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t).




Questo problema presenta una particolarità che costituisce un evidente paradosso.


Se i campi u(r, t) e P(r, t) soddisfano le equazioni e le condizioni del problema,
e quindi forniscono una sua soluzione, allora anche la coppia [u(r, t), P(r, t) +
C(t)], dove C(t) è una funzione arbitraria, è soluzione delle medesime equazioni e
condizioni. Questo si verifica facilmente sostituendo questi campi nelle equazioni
e nelle condizioni e osservando che C(t) = 0, poiché C(t) non dipende da r.
Pertanto, data una soluzione del problema delle equazioni di Eulero incom-
primibili, esistono infinite altre soluzioni che differiscono soltanto per il valore di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 61 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.4: Condizione iniziale e condizione al contorno 61

riferimento della pressione, valore che può inoltre essere scelto arbitrariamente in
ogni istante. Questa situazione è conseguenza dell’ipotesi d’incomprimibilità, che
è alla base del sistema di equazioni in esame, ma deriva anche dall’avere consid-
erato un problema nel quale la velocità normale è prescritta su tutto il contorno S.
Ciò accade tipicamente nello studio di un fluido in moto in una regione delimitata
completamente da pareti rigide. Le correnti di questo tipo sono dette correnti
confinati.
Dal punto di vista fisico, il valore assoluto della variabile termodinamica pres-
sione non può essere variato senza che questo si rifletta sulle altre variabili termod-
inamiche del fluido. Quindi siamo di fronte a un’incongurenza fra la descrizione
teorica fornita dalle equazioni di Eulero per correnti incomprimibili e i principi
della termodinamica. In effetti, come si è già accennato nei paragrafi 2.4 e 2.5,
l’introduzione dell’ipotesi di incomprimibilità della corrente ha estromesso ogni
considerazione termodinamica dal quadro matematico di descrizione del moto del
fluido. Pertanto il paradosso dell’arbitrarietà del livello della pressione nelle correnti
incomprimibili in regioni confinate è una conseguenza dell’ipotesi di incomprim-
ibilità e scomparirà quando si studierà la dinamica dei fluidi comprimibili, nella
quale la termodinamica risulterà giocare un ruolo fondamentale.
Le condizioni al contorno considerate, con la velocità normale specificata su
tutto il contorno, sono le più semplici dal punto di vista matematico nella teoria delle
equazioni incomprimibili: in questo caso l’unicità dalla soluzione delle equazioni
di Eulero (possibile in certi casi, sotto opportune condizioni) è da intendersi nel
senso che la pressione è definita a meno di una funzione additiva C(t) del tutto
arbitraria. Tale funzione non ha comunque alcuna conseguenza sul moto del fluido
perché la forza (per unità di volume) causata dalla pressione è data da P.
Notiamo infine che nei problemi in cui il fluido entra nel domino (correnti
aperte e correnti esterne) è possibile e si deve specificare il valore della pressione
su una parte del contorno al posto della velocità normale. In questi casi il campo di
pressione della soluzione delle equazioni incomprimibili non ha pi ù l’arbitrarietà
caratteristica delle correnti confinate e la pressione è definita univocamente in modo
assoluto poiché la variabile P compare anche in qualche condizione al contorno,
oltre che come argomento dell’operatore gradiente.

Condizioni di compatibilità dei (e fra i) dati


I dati delle condizioni iniziale e al contorno u0 (r) e bn (r S , t) del problema consi-
derato non possono essere assegnati in modo del tutto libero e indipendentemente
l’uno dall’altro. Gli effetti di questa limitazione riguardano direttamente il campo
della velocità iniziale u0 che dovrà essere necessariamente a divergenza nulla, in
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 62 colore nero Luglio 14, 2005

62 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

virtù dell’incomprimibilità della corrente. In altre parole la velocità iniziale u0 deve


soddisfare la condizione di compatibilità

 u0 = 0.

Ma anche il dato al contorno bn (r S , t) non può essere scelto in modo completa-


mente arbitrario. Infatti, integrando la condizione al contorno su tutta la superficie
S, si ottiene immediatamente

I I
n̂ u(r, t)|S =
 bn (r S , t),
S S

per ogni istante di tempo t > 0. D’altra parte, in virt ù del teorema della divergenza
l’integrale al primo membro si può trasformare in un integrale di volume, ovvero,

Z I
 u(r, t) = bn (r S , t).
V S

Siccome il campo della velocità deve essere a divergenza nulla per ∀t > 0,
l’integrale al primo membro è nullo e quindi deve necessariamente essere
I
bn (r S , t) = 0
S

per ogni t > 0. Questa è una condizione di compatibilità globale che il dato al
contorno bn (r S , t) deve rispettare per ogni t > 0 affinché il campo di velocità possa
soddisfare sempre il vincolo d’incomprimibilità.
Nello studio delle correnti attorno a corpi che partono in modo impulsivo, argo-
mento sul quale non ci soffermiamo, esiste una ulteriore condizione che esprime la
compatibilità fra il dato iniziale e il dato al contorno, su S e per t = 0. Quest’ultima
condizione di compatibilità ha la forma seguente

n̂ u0 (r)|S = bn (r S , 0).


L’insieme delle tre condizioni di compatibilità è quindi dato da


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 63 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.5: Equazione della quantità di moto con la vorticità 63

 u0 = 0,
I
bn (r S , t) = 0,
S

n̂ u0 (r)|S = bn (r S , 0).


Nel caso dei problemi stazionari, non esiste alcun dato iniziale e il valore
prescritto sul contorno per la velocità normale non dipende dal tempo, abbiamo
cioè bn = bn (r S ). Allora vi sarà la sola condizione di compatibilità globale
I
bn (r S ) = 0.
S

3.5 Equazione della quantità di moto con la vorticità


L’equazione della quantità di moto per una corrente incomprimibile può essere
scritta in una forma alternativa, ma del tutto equivalente, che è particolarmente
utile nel caso di correnti stazionarie e di correnti irrotazionali. Mediante l’identit à
vettoriale1

|u|2 = 2 u u + 2 (u  )u

il termine non lineare (u )u dell’equazione della quantità di moto può essere




riscritto nella forma seguente



(u  )u = ( u) u + 1
2 |u|2 .

Questa forma del termine non lineare si chiama forma rotazionale in quanto con-
tiene il rotore della velocità e viene spesso scritta facendo comparire esplicitamente
la vorticità = 
u, ovvero

(u  )u =  u+ 1
2

|u|2 .

identità vettoriale è semplicemente il caso particolare per   della seguente identità


 ( Questa
 ) 
     (  ) (  ) , che è riportata nel paragrafo A.10
1
=
= + + +
dell’appendice A.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 64 colore nero Luglio 14, 2005

64 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Per mezzo della forma rotazionale, l’equazione della quantità di moto per correnti
incomprimibili vista nel paragrafo 3.4 pu ò essere scritta nella forma seguente
 2 
∂u |u| P
+( u) u + + = g.
∂t 2 ρ
Supponiamo ora che la forza specifica esterna dovuta al campo g sia conservativa
e possa quindi essere espressa mediante un’energia potenziale specifica χ, ovvero
g = − χ. L’esempio tipico è quando il campo esterno g è il campo di gravità
terrestre, per cui risulta g = −g ẑ = − (gz), con g = 9.81 N/kg, e quindi
χ = gz, avendo scelto l’asse z verticale e con verso positivo diretto verso l’alto.
Utilizzando l’energia potenziale χ, l’operatore gradiente potr à includere tre termini
e l’equazione della quantità di moto diventa
 
∂u P |u|2
+( u) u = − + +χ ,
∂t ρ 2

e vale per una corrente incomprimibile di un fluido non viscoso sottoposto a un


campo di forze di volume esterne conservative.

3.6 Correnti stazionarie e teorema di Bernoulli


Se esaminiamo ora il caso di una corrente stazionaria, l’equazione della quantit à di
moto precedente si semplifica in
 
P |u|2
( u) u = − + +χ corrente stazionaria,
ρ 2

dove, nel caso in cui la forza di volume conservativa è dovuta solo al campo di
gravità, risulta χ(r) = gz. Prendendo il prodotto scalare di questa equazione per la
velocità u e sfruttando la proprietà ovvia u (
 u) u = 0, si ottiene
 
P |u| 2
u  + + χ = 0,
ρ 2
cioè il campo della velocità in ogni punto è perpendicolare al gradiente della
funzione fra parentesi. Ciò è equivalente a dire che la funzione dentro l’operatore
gradiente non cambia per spostamenti locali lungo ogni linea di corrente. Pertanto
Le linee di corrente di un campo lungo una linea di corrente risulta
di velocità stazionario sono P |u|2
definite nel paragrafo 2.1. + + χ = Clinea di corrente ,
ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 65 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.6: Correnti stazionarie e teorema di Bernoulli 65

dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente
considerata. Questa relazione si chiama teorema di Bernoulli o, pi ù estesamente,
teorema della linea di corrente di Bernoulli . Esso permette di determinare la
pressione P lungo ciascuna linea di corrente mediante la relazione, valida per r ∈
la linea di corrente,

P(r) |u(r)|2
=− − χ(r) + C linea di corrente ,
ρ 2

quando è nota la velocità lungo la linea considerata. Questa relazione deve essere
correttamente interpretata nel senso che il vettore posizione r è vincolato a percorrere
una determinata linea di corrente e che la costante C linea di corrente in generale assume
valori diversi per le diverse linee di corrente. In altre parole, se una determinata
linea di corrente è indicata con r = r(s), dove s rappresenta una parametrizzazione
qualunque della curva, il teorema della linea di corrente di Bernoulli pu ò essere
scritto più precisamente come

P(r(s)) |u(r(s))|2
+ + χ(r(s)) = C linea di corrente .
ρ 2

Nel caso particolare χ(r) = gz si introduce il cosiddetto trinomio di Bernoulli

P(r) |u(r)|2
+ + gz,
ρ 2

e il teorema di Bernoulli esprime la costanza di detto trinomio nel modo seguente

P(r(s)) |u(r(s))|2 P0 |u0 |2


+ + gz(s) = + + gz 0 ,
ρ 2 ρ 2

dove P0 = P(r(0)), u0 = u(r(0)) e z 0 = z(0), r(0) essendo un punto di riferimento


sulla linea di corrente considerata. Dalla costanza della somma dei tre termini del
trinomio di Bernoulli consegue che un aumento di una delle tre grandezze, pressione
P, modulo della velocità |u| e quota z, deve essere compensata lungo la linea di
corrente da una diminuzione della somma delle altre due. In particolare, se la linea
di corrente è in un piano orizzontale (z(s) = costante), allora un aumento della
pressione lungo la linea comporta una diminuzione della velocit à in modulo mentre
una diminuzione della pressione comporta un aumento della velocit à.
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66 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Versione irrotazionale del teorema di Bernoulli


Un caso particolare del teorema di Bernoulli si verifica quando il campo di velocit à
è irrotazionale, ovvero quando la vorticità è sempre nulla in tutto il fluido: =
u = 0. In questo caso la versione stazionaria dell’equazione della quantit à di
moto da cui siamo partiti si riduce a
 
P |u|2
+ + gz = 0,
ρ 2
che si integra immediatamente fornendo
P(r) |u(r)|2
+ + gz = C,
ρ 2
dove C è una costante che non dipende dalla linea di corrente. Il valore di C è
determinato se in un punto del campo di moto, diciamo r 1 , sono note la pressione
P1 e il modulo della velocità |u1 | = |u(r1 )| del fluido. Avremo allora

P(r) |u(r)|2 P1 |u1 |2


+ + gz = + + gz 1 , corrente stazionaria irrotazionale.
ρ 2 ρ 2

Questa equazione è la versione del teorema di Bernoulli per correnti irrotazion-


ali. Ricordiamo che entrambi i teoremi di Bernoulli dimostrati in questo paragrafo
valgono quando il fluido è
• in moto stazionario,
• incomprimibile e con densità uniforme,
• non viscoso,
• soggetto a forze di volume conservative.
Il teorema di Bernoulli permette di calcolare il campo della pressione se il campo di
velocità è stato già determinato. Infatti, l’equazione di Bernoulli precedente risolta
rispetto a P(r) fornisce la funzione esplicita
P(r) P1 1 
= + |u1 |2 − |u(r)|2 + g(z 1 − z).
ρ ρ 2
Un caso un po’ speciale di questo teorema si incontra con le correnti confinate,
cioè quando il fluido è contenuto completamente all’interno di pareti rigide, ferme
o anche dotate di un eventuale moto. In questo caso, come discusso nel paragrafo
3.4, la variabile pressione è definita a meno di una costante additiva e quindi la
versione irrotazione del teorema di Bernoulli assumerà la forma
P(r) |u(r)|2
+ + gz = C,
ρ 2
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PARAGRAFO 3.6: Correnti stazionarie e teorema di Bernoulli 67

dove ora la costante di integrazione C rimane del tutto arbitraria. In altri termini,
dato il carattere confinato della corrente incomprimibile considerata, non è con-
sentito specificare il valore della pressione in un punto del contorno del dominio
o a grande distanza da esso. Diversa è la situazione quando il fluido entra o esce
attraverso una parte del contorno e su almeno una di queste parti non è specificato
il vettore velocità per cui il valore della pressione potrà essere imposto. Analoga-
mente, quando il fluido proviene da molto lontano, si potr à imporre il valore della
pressione a grande distanza.
Un’applicazione banale del teorema di Bernoulli si ha nel caso di un condotto
rettilineo di sezione costante. Prendiamo l’asse x parallelo al condotto. Essendo la
sezione del condotto costante risulta u = u(x) x̂. La condizione di incomprimibilità
diventa du(x)/dx = 0 e quindi u = costante = U . Se il tubo giace in un piano
orizzontale, allora la legge di Bernoulli fornisce P = costante, contrariamente
all’intuizione. Questo fatto apparentemente sorprendente è dovuto all’assenza di
frenamento in virtù del carattere non viscoso nel fluido.

Esempio 1 Condotto rettilineo con sezione variabile lentamente


Più interessante del condotto a sezione costante è il caso di un condotto sempre
rettilineo ma di sezione lentamente variabile. Sia A(x) l’area della sezione del con-
dotto in corrispondenza dell’ascissa x. Se la funzione A = A(x) varia lentamente
con x, possiamo ritenere che la corrente nel condotto sia quasi unidimensionale,
nel senso che la componente x della velocità è molto maggiore delle componenti
trasversali. Indichiamo allora con hui(x) il valore medio sulla sezione A(x) della
componente x della velocità:
Z
1
hui(x) ≡ u(x, y, z) dy dz.
A(x) A(x)

Potremo scrivere il campo della velocità dentro il condotto nel modo seguente

u(r) = hui(x) x̂ + ∆u(r),

dove ∆u(r) = (∆u, v, w) e dove si suppone max |∆u(r)|  min hui(x). In


base alla legge di conservazione della massa nel caso di densità uniforme la portata
volumetrica P.V. in ogni sezione del tubo deve essere la stessa per cui hui(x)A(x) =
P.V. , da cui segue immediatamente la velocità media lungo il condotto
P.V.
hui(x) = .
A(x)
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68 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Supponiamo ora che il condotto sia assisimmetrico. L’applicazione del teorema di


Bernoulli per la linea di corrente coincidente con asse del condotto fornisce

Passe (x) |hui(x) + ∆u(x, 0, 0)|2


=− + C,
ρ 2

poiché sull’asse la velocità u ha solo la componente x. Siccome |∆u(x, 0, 0)| 


|hui(x)|, possiamo trascurare il termine ∆u(x, 0, 0) rispetto al valore medio hui(x)
ottenendo la seguente approssimazione per la pressione

Passe (x) [hui(x)]2


=− + C.
ρ 2

Sostituendo in essa l’espressione di hui(x) trovata sopra otteniamo


 2
Passe (x) 1 P.V.
=− + C.
ρ 2 A(x)

Questa relazione rappresenta l’andamento della pressione lungo il condotto di


sezione variabile A(x) nell’approssimazione di corrente quasi unidimensionale.
Notiamo che, se la velocità è espressa dalla relazione u(r) = hui(x) x̂ + ∆u(r),
la condizione di incomprimibilità, u = 0, si scriverà nel seguente modo


d[hui(x)] A0 (x)
(∆u) = − = P.V. .
A(x)2


dx

3.7 Vorticità
Dato un campo di velocità u, il suo campo di vorticità  è definito da

 = u,


che è semplicemente il rotore della velocità. La vorticità è una grandezza molto
importante in dinamica dei fluidi. Ad esempio, la vorticità è nulla nelle correnti
irrotazionali, le quali sono pertanto definite attraverso il soddisfacimento della
condizione
u=0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 69 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.7: Vorticità 69

in tutti i punti della regione del fluido.


Nel caso di correnti piane, ovvero se il campo della velocità ha la forma propria
dei moti bidimensionali, rappresentata da
u(x, y, t) = [u(x, y, t), v(x, y, t), 0],
allora la sola compoenente non nulla del vettore  è quella normale al piano del
moto, cioè
 = (0, 0, ω),
dove

∂v ∂u
ω= − .
∂x ∂y

Interpretazione cinematica della vorticità in correnti 2D


Il rotore u(r) misura, in un certo senso, quanto il campo vettoriale u “stia
ruotando” attorno al punto r. Questa interpretazione cinematica è facile da verificare
nel caso di correnti piane. Consideriamo due piccoli elementi rettilinei di fluido
δx e δy che sono perpendicolari tra loro in un certo istante, come mostrato nella
figura 3.3. Non si ha nessuna perdita di generalità nel supporre che la direzione
di questi elementi sia parallela agli assi nell’istante considerato. La componente y
della velocità nei due estremi dell’elemento δx differisce della quantità
∂v ∂v
∂y
δy v(x + δx, y, t) − v(x, y, t) ≈ δx,
∂x
∂u
C δy per cui ∂v/∂ x rappresenta la velocità angolare istantanea dell’elemento di fluido
∂y
δx. In modo analogo, la componente x della velocità nei due estremi di δy ha una
variazione
δy ∂v
δx ∂u
∂x u(x, y + δy, t) − u(x, y, t) ≈ δy,
δx ∂u ∂y
δx
A B ∂x per cui ∂u/∂y rappresenta la velocità angolare istantanea, ma in senso opposto,
Figura 3.3 Disegno per dell’elemento di fluido δy. Ne consegue che in ogni punto il campo
l’interpretazione cinematica della
 
1 ∂v ∂u ω
vorticità nelle correnti piane. Sono − =
2 ∂x ∂y 2
mostrate le componenti della velocità
rispetto alla particella di fluido che si rappresenta la velocità angolare media dei due elementi di fluido δx e δy, perpen-
trova in A dicolari tra loro in quell’istante.
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70 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Esempio 1 Consideriamo il campo di velocità corrispondente a una rotazione


rigida attorno all’asse z con velocità angolare Ω costante. Il vettore velocità
angolare sarà = Ω ẑ e quindi la velocità sarà

u(x, y) = −Ωy x̂ + Ω x ŷ.

Si veda la figura 2.1 del paragrafo 2.1 e si determini la vorticit à ω di questo campo
piano.

Soluzione In base alla definizione, la vorticità (scalare) è data da


∂(Ω x) ∂(−Ωy)
ω= − = 2Ω,
∂x ∂y
per cui il campo di velocità relativo alla rotazione rigida è caratterizzato da una
velocità angolare locale uniforme.

Non tutti i campi vettoriali con rotore diverso da zero sembrano dotati di moto
rotatorio. Il campo di velocità della rotazione rigida considerato nell’esempio 1
ruota attorno all’asse di rotazione, ma la circolazione lungo un cerchio qualunque
appartenente a un piano perpendicolare a quell’asse è indipendente dalla posizione
del centro del cerchio: essa dipende solo dal suo raggio. Non è nemmeno necessario
che il cerchio abbia il centro sull’asse di rotazione. L’esempio seguente studia il
campo di velocità di un fluido le cui linee di corrente sono linee rette, pur avendo
un rotore costante non nullo, e quindi una velocità angolare locale diversa da zero.

Esempio 2 Consideriamo il campo di velocità di un fluido che si muove nel


piano x y
x
u(x, y) = ŷ
τ
dove τ è una costante avente le dimensioni del tempo. È evidente che le particelle del
fluido si muovono lungo rette parallele all’asse y. Tuttavia risulta u(x, y) = τ1 ẑ
e (x, y) = 12 ω(x, y)ẑ = τ1 ẑ. Una rotellina di raggio  munita di palette, posta
con il suo centro nella posizione (x, y) nel fluido (vedi figura 3.4), sar à trasportata
dal fluido alla velocità τx ŷ, ma sarà anche messa in rotazione con velocità angolare
(x, y) = τ1 ẑ, che è indipendente dalla posizione. Questa velocità angolare è
causata dal fatto che il modulo della velocità del fluido alla destra della rotellina è
maggiore del modulo della velocità alla sua sinistra.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 71 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.7: Vorticità 71

(x,y)

Figura 3.4 La corrente non solo


trascina la rotellina ma la fa anche
ruotare attorno al suo centro

Esempio 3 Vortice rettilineo e sua irrotazionalità


Un campo di velocità interessante che permette di chiarire la differenza fra la vor-
ticità e la rotazione intesa in senso globale è fornito dal cosidetto vortice rettilineo.
Questo nome indica il campo di moto di un fluido in rotazione con le seguenti pro-
prietà: simmetria cilindrica rispetto a un asse fisso, velocità in ogni punto tangente a
circonferenze centrate sull’asse e modulo inversamente proporzionale alla distanza
dallo stesso asse.
Supponiamo di descrivere il campo di velocità di un vortice rettilineo uti-
lizzando le coordinate cartesiane e scegliamo l’asse z del sistema di riferimento
coincidente con l’asse delpvortice. Allora la distanza di ogni punto r = (x, y, z)
p x + y e il modulo della velocità in r sarà dato dalla
dall’asse del vortice sarà 2 2

relazione |u(r)| = A/ x + y , dove A è una costante avente le dimensioni di


2 2

un’area diviso il tempo.


Per scrivere l’espressione vettoriale del campo di velocità del vortice rettili-
neo occorre introdurre il vettore unitario ˆ tangente alle circonferenze con centro
sull’asse. Si vede facilmente che in ogni punto r = (x, y, z) tale versore è dato da
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 72 colore nero Luglio 14, 2005

72 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Figura 3.5
Campo di velocità del vortice rettilineo

−y x̂ + x ŷ
ˆ = p ,
x 2 + y2
per cui il campo di velocità del vortice rettilineo è espresso dalla relazione

−Ay x̂ + Ax ŷ
u(r) = ,
x 2 + y2

ed è mostrato nella figura 3.5. Calcoliamo la vorticità di tale campo:


   
∂ Ax ∂ −Ay
ω(x, y) = −
∂x x + y2
2 ∂y x + y2
2

A(x 2 + y 2 ) − 2x 2 A(x 2 + y 2 ) − 2y 2
= + = 0.
(x 2 + y 2 )2 (x 2 + y 2 )2

Pertanto la vorticità nel vortice rettilineo è nulla ovunque tranne nei punti con

R = 0, ovvero tranne che in tutti i punti del suo asse, dove né u né sono definiti.
Quindi, anche se il fluido da un punto di vista globale sta ruotando, la corrente è
irrotazionale, poiché u = 0 tranne che sull’asse. Nella figura figura 3.6 sono
mostrate le linee di corrente del campo di velocità del vortice rettilineo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 73 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.7: Vorticità 73

Figura 3.6
Linee di corrente del vortice rettilineo

Esempio 4 Vortice rettilineo in coordinate cilindriche


Data la struttura cilindrica, il campo della velocità del vortice rettilineo dell’esempio 3
è descritto in modo particolarmente semplice impiegando le coordinate cilindriche
(R, θ, z). Abbiamo infatti
A ˆ
u(r) = u θ (R) ˆ (θ) = (θ),
R
per cui la sua vorticità (scalare) è data da
1 ∂  1 ∂u R
ω=[ u]z = Ru θ −
R ∂R R ∂θ
1 ∂ 
= A = 0.
R ∂R

Esempio 5 Circolazione del vortice rettilineo


Il vortice rettilineo considerato nell’esempio 3 e nell’esempio 4 ha un’intensit à data
dal valore del parametro A. Esiste tuttavia un altro parametro per caratterizzare
l’intensità del vortice, la cui interpretazione fisica è utile nello studio delle correnti
attorno a profili alari.
Nei due precedenti esempi si è dimostrato che la vorticità relativa al campo di
velocità del vortice rettilineo è nulla in tutti i punti tranne che sul suo asse,
H dove u

e non sono nemmeno definiti. Questo significa che la circolazione C u(r) dr 

lungo ogni percorso chiuso che non giri intorno all’asse del vortice è nulla.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 74 colore nero Luglio 14, 2005

74 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

La circolazione può invece essere diversa da zero quando il percorso concatena tale
asse. Consideriamo allora una circonferenza C a di raggio a con centro sull’asse
e calcoliamo lungo C a la circolazione Γ (a) del campo di velocità del vortice
rettilineo:
I I Z 2π
A ˆ A
Γ (a) = u(r) dr =
 (θ) dr =
 R dθ = 2π A.
Ca Ca R 0 R

La circolazione è la stessa qualunque sia il raggio a della circonferenza. Essendo


u irrotazionale, il valore della circolazione Γ = 2π A è lo stesso per ogni percorso
chiuso di forma qualsiasi purché esso concateni l’asse del vortice. Il parametro A
che caratterizza l’intensità del vortice può allora essere sostituito dalla grandezza
Γ in base alla relazione
Γ
A= .

In termini della circolazione Γ il campo di velocità del vortice rettilineo è scritto
come:
Γ ˆ
u(r) = (θ).
2π R

Vortice di Rankine
Il campo di velocità della rotazione rigida definito negli esempi 1 e 2 del paragrafo
2.1 e il campo di velocità del vortice rettilineo definito negli esempi 3 e 4 del
presente paragrafo possono essere combinati assieme nel modo seguente


 Ω R, R<a
u θ (R) = Ωa 2
 , R>a
R

Il campo di velocità di rotazione cosı̀ definito si chiama vortice di Rankine e il suo


andamento è mostrato nella figura figura 3.7
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 75 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.8: Equazione della vorticità 75

Figura 3.7 Dipendenza della a R


velocità u θ nel vortice di Rankine con
la distanza R dall’asse del vortice

La vorticità ω di tale vortice si calcola facilmente usando le coordinate cilindriche


e vale
(
2Ω, R < a
ω(R) =
0, R>a

La circolazione Γ (R) lungo una circonferenza C R di raggio R con il centro sull’asse


z si ottiene con il semplice calcolo
Z



I 
 Ω R R dθ, R<a
Γ (R) = u θ (R)R dθ = Z0 2π
CR 
 Ωa 2

 R dθ, R > a
0 R

da cui
(
2πΩ R 2 , R<a
Γ (R) = 2
2πΩa , R>a

Il vortice di Rankine costituisce un modello semplice di un vortice reale. Tipica-


mente i vortici reali hanno un ‘core centrale’ molto piccolo nel quale,per definizione,
è concentrata la vorticità, mentre all’esterno del core la corrente è essenzialmente
irrotazionale. Di solito il core non è esattamente circolare e la vorticità al suo
interno non è proprio uniforme. Il vortice di Rankine rappresenta quindi solo un
modello idealizzato del vortice reale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 76 colore nero Luglio 14, 2005

76 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

3.8 Equazione della vorticità


L’equazione di Eulero della quantità di moto può essere scritta

∂u
∂t
+  u = − H,

dove  = u e dove si è introdotta la funzione scalare

P |u|2
H≡ + + χ.
ρ 2

Prendendo il rotore dell’equazione è possibile eliminare il gradiente e fare cosı̀


scomparire la quantità H che contiene la pressione ottenendo


+
 (  u) = 0.
∂t

Consideriamo ora l’identità (a b) = (b )a − (a )b + a b−b ae



   

usiamola prendendo a = e b = u. Il terzo termine è nullo per l’incomprimibilità


( u = 0) e il quarto è nullo in virtù della definizione di vorticità, ( = 
  
 

 u = 0) per cui otteniamo × ( u) = (u ) − ( )u. Sostituendo  

questo risultato nell’equazione precedente si ottiene

∂ 
+ (u  )  =(   )u,
∂t

oppure, ricorrendo al simbolo di “derivata” materiale introdotto nel paragrafo 3.1,

D
=(
   )u.
Dt

Questa è l’equazione della vorticità per correnti incomprimibili in assenza di


viscosità. Si noti che il termine contenente la pressione è scomparso; tuttavia
l’equazione coinvolge i due campi vettoriali u e che sono inoltre collegati fra loro 
dall’equazione

 = u.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 77 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.9: Flussi piani incomprimibili e funzione di corrente 77

Equazione della vorticità in 2D


Nel caso particolare di correnti in due dimensioni, cioè tali che

u = u(x, y, t) x̂ + v(x, y, t) ŷ e  = ω(x, y, t) ẑ,

allora

(   )u = ω
∂u
∂z
= 0.

Di conseguenza l’equazione della vorticità per correnti piane sarà

∂ω
+u  ω=0
∂t

oppure, ricorrendo ancora alla notazione della “derivata” materiale,


= 0.
Dt
Si può quindi concludere che nei flussi incomprimibili non viscosi in due dimensioni,
quando le forze di volume presenti sono conservative, la vorticit à (scalare) ω di
ciascuna particella di fluido si conserva. Nel caso particolare di flussi stazionari
l’equazione precedente si riduce a

u  ω=0

per cui la vorticità ω è costante lungo ciascuna linea di corrente.

Esempio 1 Irrotazionalità del flusso stazionario 2D incomprimibile non


viscoso attorno a un cilindro infinito di sezione qualsiasi
Un’applicazione interessante dell’equazione u ω = 0 si ha nel caso di un flusso


stazionario incomprimibile di un fluido non viscoso che investe perpendicolarmente


un corpo di forma cilindrica con sezione costante, essendo uniforme la velocit à a
grande distanza dal cilindro. Sotto determinate condizioni questo flusso pu ò essere
descritto con buona approssimazione da un campo di velocità 2D nel piano di una
sezione. In tale caso vale l’equazione della vorticità 2D appena scritta. Pertanto,
visto che tutte le linee di corrente provengono dall’infinito dove la velocit à u è
uniforme e il fluido ha vorticità nulla, allora ω = 0 in qualunque altro punto e
quindi il flusso 2D considerato è irrotazionale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 78 colore nero Luglio 14, 2005

78 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

3.9 Flussi piani incomprimibili e funzione di corrente


Il campo della velocità di un flusso incomprimibile in due dimensioni pu ò essere
descritto mediante una funzione scalare chiamata funzione di corrente. Si tratta di
una grandezza molto utile in quanto, come indica lo stesso nome, questa funzione
ha una relazione molto stretta con le linee di corrente del campo.
Consideriamo un campo di velocità bidimensionale piano,
u(x, y) = u(x, y) x̂ + v(x, y) ŷ
e supponiamo che il flusso descritto da esso sia incomprimibile. In tale caso è
possibile introdurre una funzione ψ = ψ(x, y), che si chiama funzione di corrente,
e scrivere
∂ψ ∂ψ
u= e v=− .
∂y ∂x
Le componenti della velocità cosı̀ definite soddisfano automaticamente la con-
dizione di incomprimibilità in due dimensioni in quanto si verifica immediatamente
 
∂u ∂v ∂ ∂ψ ∂ ∂ψ
+ = + − =0
∂x ∂y ∂ x ∂y ∂y ∂x
in virtù del teorema di uguaglianza delle derivate seconde miste. Una propriet à
importante della funzione di corrente ψ è conseguenza immediata della definizione
della velocità u in termini della stessa ψ:
∂ψ ∂ψ ∂ψ ∂ψ ∂ψ ∂ψ
u ψ =u
 +v = − = 0,
∂x ∂y ∂y ∂ x ∂ x ∂y
per cui ψ è costante lungo una linea di corrente. Questo significa che le curve
ψ = costante sono semplicemente le linee di corrente del flusso incomprimibile
2D rappresentato da ψ.

Definizione della funzione di corrente


La funzione di corrente ψ(r, t) di un campo di velocità incomprimibile piano u(r, t)
è definita come la portata volumetrica del fluido che, in un determinato istante t,
passa fra un punto di riferimento r? = (x ? , y? ) (scelto arbitrariamente) e il punto
considerato r = (x, y). In realtà, essendo il campo di moto considerato piano, la
portata è da intendersi per unità di lunghezza normale al piano del moto. In termini
matematici, la portata volumetrica di fluido che passa fra i punti r ? e r (per unità di
lunghezza) è data dall’integrale di linea
Z r
ψ(r, t) = u(s, t) n̂(s),


r?
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 79 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.9: Flussi piani incomprimibili e funzione di corrente 79

dove n̂(s) è il versore normale alla curva nel punto di integrazione s. Se il campo di
velocità u è a divergenza nulla, l’integrale considerato non dipenderà dal percorso
scelto ma solo dal punto iniziale r? e dal punto finale r. Infatti, se consideriamo
due percorsi diversi L 1 e L 2 che partono dallo stesso punto r? e terminano nello
stesso punto r, come mostrato in figura 3.8, possiamo prendere il percorso chiuso
L 1 + (−L 2 ) ottenuto percorrendo prima L 1 e poi L 2 in senso inverso al suo senso
originario. Calcolando l’integrale di linea lungo tale percorso chiuso avremo, in
virtù del teorema della divergenza in due dimensioni,
I Z
u(s, t) n̂(s) =
 u 

L 1 +(−L 2 ) V
r
a condizione che la curva L 1 + (−L 2 ) costituisca l’intero contorno della regione V
L1
(ovvero se tutta la regione del piano compresa fra L 1 e L 2 appartiene al dominio di
definizione del campo vettoriale u). In questo caso, essendo u a divergenza nulla,
L2 l’integrale di volume è nullo e quindi
−L 2 I
r?
u(s, t) n̂(s) = 0


L 1 +(−L 2 )
Figura 3.8 Il percorso L 1 + (−L 2 )
è una curva chiusa da cui si ricava subito
Z r Z r
u(s1 , t) n̂(s1 ) =
 u(s2 , t) n̂(s2 )


r? ; L 1 r? ; L 2

con ovvio significato dei simboli.


Nel caso in cui invece la regione del piano compresa fra L 1 e L 2 contiene
un’“isola” inaccessibile al fluido, ovvero se il dominio occupato dal fluido è
molteplicemente connesso, allora si deve tenere conto che il contorno della re-
Per una definizione di dominio gione in cui si applica il teorema della divergenza comprende anche la curva chiusa
molteplicemente connesso si che rappresenta la “costa dell’isola”. Ma la componente di u normale a questa parte
veda il paragrafo B.3 del contorno è nulla per la condizione di non penetrazione, per cui si ha ancora
dell’appendice B. l’uguaglianza fra l’integrale di linea lungo L 1 + (−L 2 ) e l’integrale di volume su
V . Pertanto anche nel secondo caso l’integrale di linea della componente normale
della velocità dipende solo dal punto iniziale r? e dal punto finale r.
Una volta dimostrato che la definizione di ψ(x, y, t) identifica una vera fun-
zione della posizione (x, y) dei punti del piano, in ogni istante di tempo t, rimane da
verificare che questa definizione implica le due relazioni esprimenti le componenti
cartesiane u e v della velocità in termini di ψ, che sono state scritte all’inizio del
paragrafo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 80 colore nero Luglio 14, 2005

80 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Nella definizione di ψ(r, t) possiamo esprimere il versore normale n̂(s) in termini


del versore ˆ (s) tangente alla curva di integrazione tenendo conto che i tre versori
n̂(s), ˆ (s) e ẑ costituiscono una terna ortogonale destra, per cui n̂(s) = ˆ (s) × ẑ.
Un calcolo diretto mostra allora
Z r Z r Z r
ψ(r, t) = u(s, t) ˆ (s) × ẑ =
 u(s, t) × ˆ (s) ẑ = [u(s, t) × ds]z .


r? r? r?

Siccome u = (u, v, 0) e ds = (dx, dy, 0), il prodotto vettoriale sotto il segno


d’integrazione si calcola immediatamente
Z (x,y)
ψ(x, y, t) = [u(x, y, t) dy − v(x, y, t) dx]
(x? ,y? )

per cui risulta:


z ∂ψ(x, y, t) ∂ψ(x, y, t)
u(x, y, t) = e v(x, y, t) = − .
∂y ∂x

Un modo molto conveniente di scrivere le due relazioni che definiscono il campo



della velocità in termini della funzione di corrente è
ψ y
x
u
u = ( ψ) ẑ.

Figura 3.9 Campo di velocità Questa relazione vettoriale può essere interpretata geometricamente: essa mostra
incomprimibile piano u(x, y) espresso che il campo di velocità piano u è ottenuto, in ogni punto, facendo ruotare di 90
mediante ψ 
gradi il vettore gradiente ψ in senso orario attorno a un asse normale al piano.
Il vantaggio di questa relazione è il suo carattere vettoriale intrinseco che ne
permette l’uso anche in un sistema di coordinate del piano diverso da quello carte-
siano. Ad esempio, se considero le coordinate polari (r, θ) e ricordo l’espressione
del gradiente in tali coordinate, = r̂ ∂r∂ + ˆ 1r ∂θ

, osservo che nella formula vet-
toriale le componenti polari della velocità u r e u θ sono espresse in termini della
funzione di corrente ψ(r, θ) dalle relazioni

1 ∂ψ ∂ψ
ur = e uθ = − .
r ∂θ ∂r
Un campo di velocità piano cosı̀ definito soddisfa automaticamente la condizione
di incomprimibilità che in coordinate polari si scrive

1 ∂ 1 ∂u θ
(r u r ) + = 0.
r ∂r r ∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 81 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.10: Il sistema vorticità–funzione di corrente dei flussi piani 81

Infatti risulta
   
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ ∂ψ
+ − = 0,
r ∂r ∂θ r ∂θ ∂r
per l’uguaglianza delle derivate seconde miste. La medesima rappresentazione vale
per un campo di velocità incomprimibile piano descritto in coordinate cilindriche
(R, θ), nel quale caso la funzione di corrente ψ(R, θ) permette di esprimere le
componenti cilindriche non nulle della velocità tramite le relazioni
1 ∂ψ ∂ψ
uR = e uθ = − .
R ∂θ ∂R

Equazione della funzione di corrente


La variabile funzione di corrente ψ è governata da un’equazione che interviene
in certe formulazioni alternative delle equazioni dei flussi incomprimibili in due
dimensioni. L’equazione si ottiene semplicemente calcolando la vorticit à scalare ω
a partire dalla definizione di u e v in termini di ψ. Un calcolo diretto fornisce
 
∂v ∂u ∂ ∂ψ ∂ ∂ψ ∂ 2ψ ∂ 2ψ
ω= − = − − =− 2 −
∂x ∂y ∂x ∂x ∂y ∂y ∂x ∂y 2
e quindi avremo l’equazione di Poisson bidimensionale
2
ψ = −ω,
dove 2 è l’operatore di Laplace nel piano x-y. Questa equazione di Poisson per ψ
può essere risolta soltanto se la vorticità del moto bidimensionale è nota, ovvero se si
conosce la funzione scalare ω = ω(x, y, t). Sfortunatamente questa variabile deve
essere calcolata risolvendo l’equazione della vorticità 2D introdotta nel paragrafo
precedente. È quindi necessario considerare le due equazioni assieme e costruire
un sistema di due equazioni che dovranno essere soddisfatte contemporanemente.

3.10 Il sistema vorticità–funzione di corrente dei flussi piani


Nell’equazione della vorticità per flussi incomprimibili piani è presente il termine
advettivo u ω. Se velocità u a divergenza nulla è espressa mediante la funzione


di corrente ψ, un calcolo diretto mostra che


∂ω ∂ψ ∂ω ∂ψ
u  ω = [( ψ) ẑ]  ω= − .
∂ x ∂y ∂y ∂ x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 82 colore nero Luglio 14, 2005

82 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

La combinazione quadratica delle derivate prime che è stata ottenuta è semplice-


mente il determinante della matrice jacobiana

 ∂ω ∂ω 
∂(ω, ψ)  ∂x ∂y 
=

,
∂(x, y) ∂ψ ∂ψ 
∂x ∂y

in quanto


∂(ω, ψ) ∂ω ∂ψ ∂ω ∂ψ

∂(x, y) = ∂ x ∂y − ∂y ∂ x .

Questo determinante si chiama jacobiano della coppia di funzioni ω(x, y) e ψ(x, y)


e si indica sinteticamente con

∂ω ∂ψ ∂ω ∂ψ
J (ω, ψ) = − ,
∂ x ∂y ∂y ∂ x

per cui il termine advettivo può essere scritto nel modo seguente

u  ω = J (ω, ψ).

Quindi i flussi piani incomprimibili di un fluido non viscoso possono essere rappre-
sentati dalle variabili scalari ω(x, y, t) e ψ(x, y, t). Queste variabili non primitive
sono governate dall’equazione scalare della vorticità e dall’equazione di Poisson
della funzione di corrente: queste due equazioni costituiscono infatti il seguente
sistema di equazioni accoppiate:

∂ω
+ J (ω, ψ) = 0,
∂t
2
ψ + ω = 0.

Il sistema di equazioni deve poi essere corredato dalle necessarie condizioni iniziale
e al contorno per costituire un problema completo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 83 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.11: Vortice di Hill 83

3.11 Vortice di Hill


Il vortice cilindrico di Rankine costituisce una soluzione esatta delle equazioni di
Eulero incomprimibili stazionarie con vorticità diversa da zero. Un’altra soluzione
di questo tipo, ma avente una geometria completamente diversa, è fornita dal vortice
di Hill. Si tratta di un campo di moto assisimmetrico caratterizzato da una vorticit à
diversa da zero solo all’interno di una regione sferica. Dentro questa regione la
vorticità ha la direzione sempre tangente a circonferenze con il centro su una retta
passante per il centro della sfera e la distribuzione della vorticit à è proporzionale
alla distanza da tale asse. Per descrivere questo campo di vorticità risulta quindi
conveniente utilizzare un sistema di coordinate sferiche (r, θ, φ) con l’origine nel
centro della sfera e con l’asse z coincidente con la retta sopraindicata. Adottando
quindi le coordinate sferiche, il vettore vorticità avrà la seguente rappresentazione
 (r) = ωφ (r, θ) ˆ e la sua componente ωφ (r, θ) nel punto r è nulla all’esterno di
una superficie sferica di raggio a ed è proporzionale alla distanza R dall’asse z.
Essendo R = r sin θ, la funzione ωφ (r, θ) ha la forma seguente
 ωr
 sin θ, r <a
ωφ (r, θ) = a

0, r >a

dove ω è una costante che indica l’intensità del vortice. Determiniamo le caratte-
ristiche del vortice di Hill calcolando il suo campo di velocit à u(r).
Considerata la struttura della vorticità, il campo di moto del vortice di Hill sarà
assisimmetrico e la sua componente φ sarà nulla, per cui scriveremo:

u(r) = u r (r, θ) r̂ + u θ (r, θ) ˆ .

Dovendo calcolare le due componenti della velocità, possiamo scrivere un sistema


di due equazioni costituito dalla condizione di incomprimibilit à e dalla definizione
della vorticità, che ha una sola componente non nulla. Usando le coordinate sferiche

e tenendo conto della forma dei campi = ωφ (r, θ) ˆ e u = u r (r, θ) r̂ + u θ (r, θ) ˆ
nel problema considerato, abbiamo

1 ∂(r 2 u r ) 1 ∂(sin θ u θ )
+ = 0,
r 2 ∂r r sin θ ∂θ
( ωr
1 ∂(r u θ ) 1 ∂u r a sin θ, r <a
− =
r ∂r r ∂θ 0, r >a
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 84 colore nero Luglio 14, 2005

84 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Abbiamo un sistema di due equazioni differenziali alle derivate parziali, entrambe


del primo ordine. Per determinare la soluzione sono quindi necessarie delle con-
dizioni al contorno, le quali tuttavia sono di tipo molto particolare considerate le
caratteristiche del dominio in cui si cerca la soluzione, che è tutto lo spazio, e la
natura delle coordinate spaziali impiegate, le coordinate sferiche. Per prima cosa
osserviamo che i limiti della variabile angolare θ sono gli estremi dell’intervallo
0 ≤ θ ≤ π, ma questi estremi non costituiscono dei veri contorni per il dominio
del campo di moto che comprende tutto lo spazio 3 , incluso tutto asse z. Di
conseguenza non sono richieste condizioni al contorno per θ = 0 o θ = π e le
uniche condizioni al contorno potranno essere imposte per r = 0 e r → ∞.
Per quanto riguarda il primo caso, r = 0, richiediamo solo che il campo di
moto sia regolare nel centro del vortice. Si noti che non si richiede l’annullamento
della componente radiale nel centro della sfera perché nemmeno questo punto cos-
tituisce un elemento del contorno. E non si richiede l’annullamento neanche della
componente angolare della velocità: ciò corrisponde ad ammettere la possibilità di
una velocità non nulla nel centro del vortice, ma che, in virt ù dell’assisimmetria del
flusso, dovrà essere diretta come l’asse z.
Per quanto riguarda il secondo caso, ovvero per r → ∞, non sappiamo con
quale velocità scorra il fluido a grande distanza dal core del vortice di Hill, ma
possiamo supporre che questa velocità sia uniforme e nella stessa direzione dell’asse
z. Questa condizione è espressa da U∞ ẑ, dove U∞ è una costante, il cui valore
sarà presumibilmente determinato risolvendo il problema. Poich é risulta ẑ =
cos θ r̂ − sin θ ˆ , possiamo provare a cercare la soluzione del campo di velocità
nella forma

u r (r, θ) = U (r ) cos θ e u θ (r, θ) = V (r ) sin θ

con la (sola) funzione U (r ) soggetta alla condizione di regolarit à al centro della


sfera. Sostituendo le due espressioni di u r e u θ nel sistema, otteniamo il seguente
sistema di due equazioni differenziali ordinarie del primo ordine, accoppiate,
1 d 2 
r U + 2V = 0,
r dr
( ωr 2
d(r V ) a se r < a
+U =
dr 0 se r > a

La prima equazione fornisce la variabile


1 d 2 
V =− r U
2r dr
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 85 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.11: Vortice di Hill 85

che può essere sostituita nella seconda ottenendo un’equazione di secondo ordine
per U :
( 2
2ωr
d2 2  se r < a
2
r U − 2U = a
dr 0 se r > a

che è equidimensionale ma in generale non omogenea.


Consideriamo per prima la soluzione del caso r < a. L’equazione precedente
assume la forma
d2 2  2ω 2
2
r U − 2U = r
dr a
ed è non omogenea. La sua soluzione generale è
ω 2 B
U (r ) = − r + A + 3.
5a r
Le due costanti d’integrazione A e B sono determinate imponendo la condizione di
regolarità in r = 0, per cui B = 0, e imponendo poi che la componente radiale della
velocità si annulli sulla sfera: u r (a, θ) = 0 ovvero U (a) = 0, per cui A = ωa/5.
Si ottiene allora
 
ωa r2
U (r ) = 1− 2 ,
5 a
da cui si ricava subito
 
1 d 2  ωa 2r 2
V (r ) = − r U (r ) = −1 .
2r dr 5 a2

Dobbiamo osservare che al centro della sfera V (0) = − ωa


5 mentre per r = a si ha
V (a) = ωa
5
.
Consideriamo ora la soluzione all’esterno della sfera, r > a. In questo caso
l’equazione per U (r ) diventa omogenea:

d2 2 
r U − 2U = 0
dr 2
e la sua soluzione è
B
U (r ) = A + .
r3
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 86 colore nero Luglio 14, 2005

86 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Per trovare le due nuove costanti d’integrazione imponiamo che il vettore velocit à
sia continuo sulla superficie della sfera. La componente radiale si annulla sulla sfera
per cui deve essere U (a) = 0, da cui A = −B/a 3 ; scriveremo allora la soluzione
nella forma
 
a3
U (r ) = C 1 − 3
r

la cui costante C è determinata dall’imporre la condizione di continuità dell’altra


componente della velocità. Per r > a la seconda variabile incognita V (r ) è data
esplicitamente da
 
1 d 2  a3
V (r ) = − r U (r ) = −C 1 + 3 ,
2r dr 2r

e imponendo la condizione V (a) = ωa


5
si ottiene C = − 2ωa
15
, per cui
 
2ωa a3
V (r ) = 1+ 3 ,
15 2r

e a sua volta la componente radiale


 
2ωa a3
U (r ) = −1 + 3 .
15 r

Scriveremo quindi il campo di velocità del vortice di Hill in tutto lo spazio nel
seguente modo: per la componente radiale
 2
ωa 1 − ar 2 , r <a
u r (r, θ) = cos θ 2  
5  −1 + a3
, r >a
3 r3

e per la componente angolare


 2
ωa  2ra 2 − 1, r <a
u θ (r, θ) = sin θ 2  
5  1 + a 33 , r >a
3 2r

La figura 3.10 mostra come variano le componenti della velocità in funzione della
distanza r dal centro del vortice, quando ωa = 5.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 87 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.11: Vortice di Hill 87

U (r) V (r)

1.0

0.5

1.0 2.0 3.0 r/a

Figura 3.10 Dipendenza dalla


−0.5 ur
distanza dal centro delle componenti
sferiche della velocità del vortice di Hill
per ωa = 5 −1.0

Considerando la velocità a grande distanza dal centro del vortice di Hill, per r → ∞
abbiamo u r (r, θ) → − 2ωa15
cos θ e u θ (r, θ) → 2ωa
15
sin θ, ovvero, per |r| → ∞,
risulta u(r) →= − 15 ẑ: il vortice di Hill consiste nel nucleo sferico posto al
2ωa

centro del sistema di riferimento e da un flusso esterno che a grande distanza dal
nucleo diventa un flusso uniforme con velocità 2ωa
15 diretta in senso opposto al verso
positivo dell’asse z.

Linee di corrente
Per comprendere le caratteristiche del vortice di Hill pu ò essere utile disegnarne le
linee di corrente. Per un campo di moto incomprimibile assisimetrico, le compo-
nenti della velocità in coordinate sferiche possono essere descritte tramite le derivate
parziali di una funzione scalare Ψ (r, θ), chiamata funzione di corrente di Stokes,
secondo le relazioni seguenti

1 ∂Ψ 1 ∂Ψ
ur = e uθ = − .
r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂r

La condizione di incomprimibilità  u = 0 è soddisfatta identicamente in quanto

   
1 ∂ 1 ∂Ψ 1 ∂ 1 ∂Ψ
+ − = 0,
r 2 ∂r sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r ∂r

per l’uguaglianza delle derivate seconde miste.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 88 colore nero Luglio 14, 2005

88 CAPITOLO 3 Correnti incomprimibili non viscose

Essendo note le componenti della velocità del vortice di Hill, possiamo scrivere due
equazioni che devono essere soddisfatte dalla funzione di corrente di Stokes
  

 r 2
1 − r2
, r <a
∂Ψ ωa a2
= cos θ sin θ  
∂θ 5  2 3
 2r −1 + a3 , r > a
3 r

e
  

 r 2r 2
− 1 , r <a
∂Ψ ωa 2 a 2
=− sin θ  
∂r 5 
 2r 1 + a 3 ,
3
r >a
3 2r

Integrando queste due equazioni si ottiene la funzione di corrente del vortice di Hill
  

 r2
1− r2
, r <a
ωa 2 2 a2
Ψ (r, θ) = sin θ  
5  2
 r −1 + a3
, r >a
3 r3

Le linee di corrente del flusso associato al vortice di Hill sono mostrate nella
figura 3.11. Ovviamente il moto del fluido dentro la sfera vicino all’asse è in senso
opposto al moto uniforme a grande distanza dalla sfera, e infatti abbiamo visto che
V (0) = − ωa5
e ciò significa che u θ (0, θ) = − ωa
5
sin θ, ovvero una velocità diretta
nel verso positivo del’asse z.
y

Figura 3.11
Linee di corrente del vortice di Hill
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 89 colore nero Luglio 14, 2005

PARAGRAFO 3.11: Vortice di Hill 89

Esercizi 3
1. La concentrazione c(x, y, t) di un inquinante che non 3. Nel caso di correnti non viscose ma comprimibili
diffonde e non reagisce chimicamente dentro un fluido in l’equazione della quantità di moto può essere ancora scritta
moto con velocità u(r) è governata dalla seguente equazione in forma rotazionale a condizione di mantenere la densità
di trasporto o di advezione come quantità variable invece di assumere che essa sia
costante. L’equazione del momento in forma rotazionale per
∂c il moto di un fluido comprimibile viscoso è infatti
+ u(r)  c = 0.
∂t  
∂u
+  u=−
 P

|u|2

Supponiamo che le componenti cartesiane u e v del campo


∂t ρ 2
di velocità del flusso considerato siano date dalla relazioni
dove =  
u indica la vorticità.


u(x, y) = αx, v(x, y) = −αy, Utilizzando la legge di conservazione della massa


dimostrare che la grandezza vettoriale /ρ, chiamata 
vorticità specifica, è governata dall’equazione:
dove α è una costante nota.
Supponiamo inoltre che l’evoluzione della concentrazione di
∂    
     1 
un inquinante trasportato dal campo di velocità considerato + (u ) = u+ ( ρ) ( P).
ρ3
   

∂t ρ ρ ρ
sia espressa dalla relazione

c(x, y, t) = βx 2 ye−αt . 
Dedurre che, se P dipende solo da ρ, allora l’equazione per
/ρ ha la stessa forma dell’equazione della vorticità , 
valida per le correnti incomprimibili con densità costante
nella regione y > 0, dove α è la costante del campo di
velocità mentre β è un’altra costante. La concentrazione di

ricavata nel paragrafo 3.8, con la sola differenza che la
variabile deve essere sostituita da /ρ. 
ogni particella del fluido varia con il tempo?
2. Il campo di velocità del vortice di Rankine espresso in
componenti e coordinate cilindriche (R, θ, z) è dato dalla
relazione

 Ω R, R<a
u θ (R) = Ωa 2
 , R>a
R

dove u θ (R) rappresenta la componente angolare della


velocità in un punto a distanza R dall’asse del vortice.
Determinare il campo della pressione in ogni punto di tale
vortice nel caso in cui la densità del fluido è uniforme:
ρ = ρ.
Mostrare che la pressione in R = 0 è inferiore di quella per
R → ∞ di una quantità ρΩ 2 a 2 , il che è coerente con la
presenza di una bassa pressione al centro di un tornado.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 91 colore nero Marzo 29, 2006

91

CAPITOLO 4

Correnti incomprimibili
non viscose irrotazionali
Introduzione In questo capitolo studieremo un tipo particolare di correnti in-
comprimibili dei fluidi non viscosi nei quali la vorticità è ovunque nulla. Queste
correnti sono chiamate irrotazionali e, sotto una determinata condizione, il loro
campo di moto può essere descritto attraverso una opportuna funzione scalare,
chiamata potenziale cinetico. Ricaveremo l’equazione che governa questa variabile
ausiliaria e mostreremo come l’equazione della quantità di moto, una volta deter-
minata la velocità, diventi un’equazione per la sola incognita pressione che pu ò
essere risolta in modo esplicito anche nel caso generale di correnti non stazionarie.
Il capitolo contiene anche le soluzioni di alcuni problemi di correnti stazionarie
incomprimibili non viscose e irrotazionali attorno a corpi di forma molto semplice,
come una sfera e un cilindro di sezione circolare. In entrambi i casi si affronta
l’equazione di Laplace 2D per il potenziale mediante il metodo di separazione delle
variabili. In particolare, nel caso del cilindro si scopre l’esistenza di un insieme
(famiglia a un parametro) di infiniti campi di velocità irrotazionali che soddisfano la
condizione di non penetrazione sulla superficie del cilindro e di corrente uniforme a
grande distanza dal corpo. Questa famiglia gioca un ruolo fondamentale quando si
considera la corrente irrotazionale di un fluido incomprimibile non viscoso attorno
ai profili alari che sono di fondamentale interesse per l’aerodinamica.

4.1 Irrotazionalità della corrente e potenziale della velocità


Le correnti incomprimibili di un fluido non viscoso sono governate dalle equazioni
di Eulero descritte nel paragrafo 3.3, che sono riscritte qui per comodità:


∂u P
+ (u )u + = − χ,
 

∂t ρ
u = 0,


dove χ rappresenta l’energia potenziale per unità di massa del campo di forze di
volume esterne, che si è supposto conservativo. Come si è visto nel paragrafo 3.5, il


termine (u )u dell’equazione della quantità di moto può essere sempre riscritto


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 92 colore nero Marzo 29, 2006

92 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

nella forma seguente (u )u = (


  
u) u + 12 |u|2 , e quindi l’equazione
 

precedente assumerà la forma


∂u
+(

u) u = −


P
+

|u|2

+χ .
∂t ρ 2

 ≡

Supponiamo ora che la corrente sia irrotazionale,ovvero che il campo della vorticità


u sia sempre nullo ovunque:

 u = 0,


in ogni punto r del campo di moto e per ogni istante t > 0. In realtà non è
necessario assumere per ipotesi questa condizione nella sua interezza in quanto è
possibile dimostrare che, se la vorticità è nulla nell’istante iniziale t = 0, ovvero



u0 = 0,
allora la forma dell’equazione della quantità moto per la corrente incomprimibile
di un fluido non viscoso garantisce che la vorticità rimarrà nulla in ogni istante
successivo t > 0.



In virtù dell’ipotesi di irrotazionalità della corrente, u = 0, l’equazione


della quantità di moto si semplificherà in
 
∂u P |u|2
=− + +χ .


∂t ρ 2
Inoltre la condizione d’irrotazionalità



u = 0 permette un’altra semplificazione


ancora più importante nella descrizione matematica del moto del fluido. Tale
semplificazione del modello matematico è sempre permessa quando la regione in
cui si muove il fluido è un dominio semplicemente connesso, ovverosia privo di
fori che trapassano la regione stessa, vedi appendice B. Sotto questa ipotesi il campo
della velocità irrotazionale u(r, t) può essere espresso, ad ogni istante t, come il
gradiente di una funzione scalare φ(r, t) mediante la relazione

u=


φ,

e la funzione φ(r, t) è chiamata potenziale cinetico, o potenziale della velocità


oppure più semplicemente potenziale. L’introduzione del potenziale corrisponde
a un cambiamento di variabile nel senso che φ è una nuova incognita che si può
usare al posto della velocità u. Il vantaggio di sostituire u con φ sta nel passare da
un’incognita vettoriale a un’incognita scalare. Vedremo fra un momento che il costo
di questa semplificazione sarà un aumento dell’ordine del problema differenziale
da risolvere.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 93 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.2: Corrente incomprimibile ed equazione di Laplace 93

4.2 Corrente incomprimibile ed equazione di Laplace


Sfruttando la rappresentazione di u in termini del potenziale, la condizione di
u = 0 diventa


incomprimibilità
u= φ= 2
φ = 0.
  

Questa è l’equazione di Laplace per il potenziale φ che potrà essere risolta una
volta che siano state introdotte le sue condizioni al contorno. Nel paragrafo 3.4
abbiamo visto che per una corrente incomprimibile di un fluido non viscoso la
condizione al contorno da imporre sulla velocità è n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t), dove
bn è la componente normale della velocità specificata su S. Scrivendo questa
condizione come condizione al contorno per il potenziale φ si ottiene
∂φ(r, t)
= bn (r S , t),
∂n |S

dove ∂n indica la derivata normale sulla frontiera S, ovvero la componente del

≡ n̂


gradiente normale alla superficie in ogni suo punto: ∂n . Questo tipo


di condizione al contorno che impone il valore della derivata normale si chiama
condizione di Neumann. La condizione che impone invece il valore dell’incognita
sul contorno si chiama condizione di Dirichlet, ma essa non interviene nel caso
del potenziale della velocità.
L’equazione di Laplace completata della condizione di Neumann conduce al
seguente problema di Neumann (funzione del tempo)

2
φ = 0,
∂φ
= bn (r S , t).
∂n |S

Si tratta di un problema ellittico e più precisamente di un problema armonico in


quanto l’operatore 2 è il laplaciano e l’equazione è omogenea, ossia il suo termine
noto è nullo. In realtà, ad ogni istante di tempo t, abbiamo un diverso problema
di questo tipo poiché la velocità normale bn (r S , t) imposta sul contorno dipende
in generale dal tempo. Si ricorda che, come mostrato nel paragrafo 3.5, il dato al
contorno bn (r S , t) deve soddisfare la condizione di compatibilità globale
I
bn (r S , t) = 0
S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 94 colore nero Marzo 29, 2006

94 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

affinché una soluzione possa esistere. Inoltre il potenziale φ nel problema di Neu-
mann non è definito univocamente, proprio come la pressione P nelle equazioni per
le correnti incomprimibili (con o senza viscosità). Infatti data una soluzione φ(r, t)
del problema appena scritto, tutte le funzioni φ(r, t) + A(t), con A(t) funzione
arbitraria, soddisfano ugualmente l’equazione e la condizione di Neumann, perch é
l’incognita φ compare in esse solo come argomento di operatori di derivazione
spaziale. Questa arbitrarietà non pone tuttavia alcun problema dal punto di vista
della determinazione del campo di velocità dal momento che u = φ e quindi la


soluzione della velocità non dipende dalla funzione A(t) e sarà sempre unica.

4.3 Teorema di Bernoulli per correnti non stazionarie


Supponiamo ora che il problema di Neumann per il potenziale della velocità sia stato
risolto, per cui φ = φ(r, t) è un campo noto. Potremo allora sostituire il campo


vettoriale φ nell’equazione della quantità di moto per correnti irrotazionali al


posto di u, ottenendo
 
| φ|2
 

∂ φ P
=− + +χ .


∂t ρ 2
Ma gli operatori differenziali ∂t∂ e commutano per cui il termine nel membro di


sinistra è il gradiente di ∂φ
∂t . L’equazione si potrà allora scrivere nella forma
 
| φ|2


∂φ P
+ + + χ = 0,


∂t ρ 2
la cui integrazione (in senso spaziale) fornisce immediatamente

| φ|2


∂φ P
+ + + χ = C(t),
∂t ρ 2

dove C(t) è una funzione arbitraria del tempo. Questa relazione è detta talvolta
teorema di Bernoulli per le correnti irrotazionali potenziali dipendenti dal
tempo. La funzione arbitraria C(t) potrebbe essere fatta sparire dall’equazione
assorbendola nel potenziale φ, che è definito a meno di una funzione arbitraria
del tempo:
R t basterebbe infatti aggiungere a φ la funzione di una sola variabile
Φ(t) = C(t 0 ) dt 0 , visto che in ogni caso u = φ. L’eliminazione della funzione


arbitraria (e del tutto irrilevante) C(t) è però impossibile nel caso stazionario, per
cui conviene lasciare inalterato il membro di destra dell’equazione appena trovata.
Cosı̀ essa potrà essere specializzata al caso stazionario sostituendo semplicemente
la funzione arbitraria C(t) con una costante C.
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PARAGRAFO 4.3: Teorema di Bernoulli per correnti non stazionarie 95

Quando il potenziale φ = φ(r, t) è già stato determinato, possiamo risolvere


l’equazione di Bernoulli per correnti incomprimibili non stazionarie rispetto alla
funzione incognita P ottenendo la seguente espressione esplicita della soluzione

∂φ(r, t) | φ(r, t)|2




P(r, t)
=− − − χ(r) + C(t).
ρ ∂t 2

Pertanto, nelle correnti incomprimibili non viscose e irrotazionali, la dipendenza


dal tempo sia del campo della velocità u(r, t) = φ(r, t) che del campo della


pressione P = P(r, t) è determinata completamente dalla dipendenza temporale


della componente normale della velocità bn (r S , t) imposta sul contorno del campo
di moto.
L’equazione di Laplace per il potenziale della velocità assieme alla relazione
precedente per la pressione permettono di determinare le correnti incomprimibili
irrotazionali mediante un procedimento che affronta in successione due problemi
disaccoppiati: prima si risolve il problema di Neumann per φ(r, t) e poi si calcola
la pressione P(r, t) tramite l’espressione esplicita scritta. Questo metodo consente
quindi una grande semplificazione rispetto al procedimento da seguire nel caso
più generale di correnti incomprimbili non viscose con vorticità. Infatti queste
ultime sono governate dal sistema costituito dalle due equazioni accoppiate scritte
all’inizio del paragrafo 4.1. La soluzione di tale coppia di equazioni è infatti molto
difficile a causa della natura vincolata del problema e della presenza del termine


non lineare (u )u nell’equazione della quantità di moto.

Ritorno al teorema di Bernoulli per correnti stazionarie


Nel caso particolare di una corrente stazionaria, la velocità normale imposta sul
contorno S della regione del fluido non dipende dal tempo, ovvero b n = bn (r S ).
Ne consegue che anche il potenziale non dipende da t, ovvero φ = φ(r) che sar à
soluzione del seguente problema di Neumann

2
φ = 0,
∂φ
= bn (r S ),
∂n |S
H
con il dato al contorno soggetto alla condizione globale bn (r S ) = 0. La soluzione
di questo problema armonico sarà ovviamente definita a meno di una costante
additiva. In altri termini, se la funzione φ(r) è una soluzione, lo sarà anche la
funzione φ(r) + A, dove A è una costante qualsiasi.
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96 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Nel caso stazionario l’equazione di Bernoulli precedente si semplifica in

| φ|2


P
+ + χ = C,
ρ 2
dove il valore della costante C è determinato dal valore di P, | φ| e χ in un punto


del fluido, diciamo nel punto r1 . In altre parole, il teorema di Bernoulli nel caso di
una corrente irrotazionale potenziale stazionaria significa che

P(r) | φ(r)|2


+ + χ(r) = C,
ρ 2

per qualunque punto r nel fluido, dove C = (P(r1 )/ρ) + 12 | φ(r1 )|2 + χ(r1 ).


Questo risultato rappresenta una versione particolare del teorema di Bernoulli per
correnti irrotazionali valida quando è possibile scrivere u = φ. Una tale rapp-


resentazione di una corrente irrotazionale è sempre permessa se il fluido si muove


in una regione semplicemente connessa mentre può essere impossibile per certi
campi di moto in domini molteplicemente connessi. È quindi utile ricordare che
la presente versione potenziale del teorema di Bernoulli per correnti irrotazionali
richiede che il fluido sia
• in moto irrotazionale,
• in una regione semplicemente connessa,
• in moto stazionario,
• incomprimibile di densità uniforme,
• non viscoso,
• soggetto a forze di volume conservative.
Risolvendo la relazione di Bernoulli rispetto a P(r) si ottiene il campo della pres-
sione della corrente incomprimibile irrotazionale potenziale:
P(r) P1 1 
= + | φ1 |2 − | φ(r)|2 + χ1 − χ(r),
 

ρ ρ 2
dove P1 = P(r1 ), φ1 = φ(r1 ) e χ1 = χ(r1 ). Se il campo di velocità u(r) è
irrotazionale senza essere rappresentabile come gradiente di un potenziale (corrente
irrotazionale ma con circolazione in un dominio molteplicemente connesso), la
pressione potrà comunque essere calcolata in termini di u(r) mediante la relazione
P(r) P1 1 
= + |u(r1 )|2 − |u(r)|2 + χ1 − χ(r).
ρ ρ 2
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PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 97

Coefficiente di pressione (incomprimibile)


Un’applicazione importante del teorema di Bernoulli riguarda le correnti attorno
a un corpo fisso quando il campo di moto e la pressione a grande distanza dal
esso possono essere considerati uniformi. In tale caso il valore della pressione in
tutti i punti del fluido può essere espresso in forma adimensionale considerando
la differenza fra la pressione nel punto e la pressione lontano dal corpo, dove la
velocità è uniforme.
Indichiamo con P∞ il valore della pressione del fluido nella regione lontana
dal corpo e con U = U x̂ la velocità uniforme del fluido, sempre in tale zona.
Supponendo che non esistano forze esterne, per cui χ ≡ 0, nel caso esaminato la
relazione di Bernoulli si può scrivere

P(r) P∞ 1 
= + U 2 − |u(r)|2 .
ρ ρ 2

Si definisce allora coefficiente di pressione C P (r) in un punto generico del fluido


come la differenza fra la pressione P(r) e la pressione P∞ lontano dal corpo,
normalizzata rispetto al valore dell’energia cinetica per unità di volume del fluido
in tale regione, ovvero, si pone

P(r) − P∞
C P (r) = 1
.
2
2 ρU

Il coefficiente di pressione è quindi una funzione adimensionale i cui valori sono


proporzionali alla differenza fra la pressione in un punto del fluido e la pressione
a grande distanza dal corpo. Esprimendo il campo della pressione mediante la
relazione di Bernoulli appena scritta si ottiene facilmente la formula

|u(r)|2
C P (r) = 1 − ,
U2

che è molto utilizzata nello studio delle correnti incomprimibili stazionarie.

4.4 Corrente stazionaria attorno a una sfera


Applichiamo ora il procedimento per la determinazione di correnti incomprimibili
irrotazionali, basato sull’analisi svolta nei precedenti paragrafi 4.2 e 4.3, al calcolo
del campo di moto stazionario di due problemi interessanti e risolvibili in forma
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98 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

analitica: la corrente irrotazionale incomprimibile di un fluido non viscoso attorno


a una sfera e attorno a un cilindro di sezione circolare e di lunghezza infinita. In
entrambi i casi determineremo la forza agente sul corpo fermo investito da una
corrente di fluido che si può ritenere uniforme a grande distanza da esso. In questo
U paragrafo affrontiamo il problema della corrente attorno a una sfera. Nel paragrafo
successivo studieremo la corrente attorno a un cilindro che presenta la difficoltà
r supplementare del carattere non semplicemente connesso del dominio.
θ Consideriamo una sfera di raggio a investita da una corrente incomprimibile
a z di un fluido di densità uniforme e non viscoso. Supponiamo che la velocità del
fluido a grande distanza dalla sfera sia uniforme di modulo U e che la corrente sia
irrotazionale e indipendente dal tempo.
Figura 4.1 Disposizione dell’asse z Scegliamo un sistema di coordinate sferiche con l’asse z coincidente con la
delle coordinate sferiche per il calcolo direzione della velocità U (uniforme a grande distanza dalla sfera) come mostrato
della corrente attorno alla sfera nella figura 4.1.
Il campo della velocità u è supposto irrotazionale, ovvero

u = 0. Inoltre


la regione all’esterno della sfera, dove scorre il fluido, è un dominio semplicemente


connesso, per cui esiste un potenziale φ il cui gradiente rappresenta il campo della
velocità:
u=


φ,
è l’operatore gradiente nelle coordinate sferiche (r, θ, α),1 ovvero,


dove
∂ 1 ∂ 1 ∂
= r̂ +ˆ + ˆ


.
∂r r ∂θ r sin θ ∂α
u= φ = 0 conduce immediatamente
  

La condizione d’incomprimibilità
all’equazione
2
φ = 0,
2
dove rappresenta l’operatore laplaciano in coordinate sferiche, cioè:
1 ∂  2 ∂  1 ∂  ∂  1 ∂2
2
= 2 r + 2 sin θ + 2 2 .
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂α 2
Supponiamo ora che la corrente sia la stesso in ogni piano passante per l’asse z
ovvero che il campo di moto sia invariante per rotazioni attorno a tale asse: risulterà
allora che le funzioni φ e u non dipendono dalla variabile angolare α, la longitudine,
per cui φ = φ(r, θ) e u = u(r, θ) e diremo che la corrente è assisimmetrica o
assialsimmetrica. In questo caso l’equazione di Laplace per il potenziale φ(r, θ)
sarà bidimensionale e si scriverà
1
L’angolo della longitudine è indicato con la lettera greca α invece della più usuale φ poiché
nel problema studiato tale lettera rappresenta il potenziale della velocità.
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PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 99

1 ∂  2 ∂φ  1 ∂  ∂φ 
r + sin θ = 0.
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ

Questa equazione deve essere completata dalle condizioni al contorno che traducono
la condizione di non penetrabilità sulla superficie della sfera, n̂ u = 0 per r = a,
e la condizione asintotica di velocità uniforme u → U ẑ per r → ∞. Queste
condizioni al contorno, espresse come condizioni di Neumann per il potenziale
φ(r, θ), diventano

∂φ ∂φ
=0 e → U cos θ.
∂r |r=a ∂r |r→∞

Si può notare che nel problema considerato la condizione di compatibilità globale


sul dato bn delle condizioni al contorno di Neumann
I
bn (r S ) = 0,
S

valida per correnti incomprimibili non viscose, è soddisfatta . Infatti tale con-
dizione equivale a porre a zero il flusso netto del fluido attraverso la superficie
che delimita la regione del campo di moto. Nel problema in esame la condizione
di non penetrazione sulla sfera implica bn = 0 sulla parte del contorno rappre-
sentata dalla superficie r = a; inoltre la velocità uniforme a grande distanza dal
corpo implica che sia nullo l’integrale della componente normale della velocità
bn = U cos θ imposta su una superficie sferica di raggio grande. Una verifica
dell’annullamento di questo secondo integrale richiede di specificare l’elemento
di area d S in coordinate sferiche (r, θ, α) appartenente a una superficie sferica di
raggio r , d S = r dθ r sin θ dα. Avremo pertanto
Z Z 2π Z π
bn (r) d S = U cos θ r∞ dθ r∞ sin θ dα
r=r∞ 0 0
Z π
= 2πUr∞
2
cos θ sin θ dθ
0
 2  π
= πUr∞
2
sin θ 0 = 0.

Metodo di separazione delle variabili


Risolviamo il problema di Neumann per φ(r, θ) appena formulato mediante il
metodo di separazione delle variabili. La strategia di base di tale metodo è molto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 100 colore nero Marzo 29, 2006

100 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

semplice: si ricercano soluzioni che siano prodotti di funzioni, ciascuna delle quali
dipende da una sola delle coordinate.
Il primo passo consiste nella ricerca di soluzioni elementari nella forma di
prodotto di funzioni di una sola variabile:

Φ(r, θ) = R(r ) Θ(θ),

dove R(r ) e Θ(θ) sono due nuove funzioni incognite. A prima vista, sembra una re-
strizione assurda, infatti la stragrande maggioranza delle soluzioni dell’equazione
di Laplace non è di questa forma. Ad esempio la funzione Φ(r, θ) = H /r +
K ln |(1 − cos θ)/ sin θ|, con H e K costanti arbitrarie, soddisfa l’equazione di
Laplace precedente ma è impossibile esprimerla come prodotto di una funzione di
r per una funzione di θ. Pertanto, procedendo in questo modo stiamo andando alla
ricerca di un sottoinsieme molto ridotto di tutte le soluzioni possibili e sarebbe un
vero miracolo se una di queste riuscisse a soddisfare (da sola) le condizioni al con-
torno di un problema con dati generici. Ma, in virtù della linearità dell’equazione
2
φ = 0 è possibile sommare le soluzioni elementari trovate ottenendo ancora una
soluzione. L’insieme di soluzioni elementari che troveremo sarà inoltre sufficien-
temente ampio che qualunque soluzione potrà essere espressa mediante una loro
combinazione lineare.
Sostituendo Φ(r, θ) = R(r ) Θ(θ) nell’equazione di Laplace in coordinate
(r, θ) otteniamo
Θ d  2 dR R d  dΘ 
r + sin θ = 0,
r 2 dr dr r 2 sin θ dθ dθ
dove i simboli di derivata parziale si sono trasformati in quelli di derivata ordinaria
perché le nuove incognite R e Θ sono funzioni di una sola variabile, rispettivamente,
r e θ. Moltiplicando per r 2 e dividendo per il prodotto RΘ si ottiene:
1 d  2 dR 1 d  dΘ 
r + sin θ = 0.
R dr dr Θ sin θ dθ dθ
Il primo termine dipende solo da r e il secondo solo da θ, ovvero abbiamo
un’equazione della forma F(r ) + G(θ) = 0, per cui ciascuno dei due termini
deve essere una costante: come conseguenza abbiamo
1 d  2 dR 1 d  dΘ 
r = C1 e sin θ = C2 ,
R dr dr Θ sin θ dθ dθ
dove le due costanti di separazione C 1 e C2 sono legate fra loro dalla relazione

C1 + C2 = 0.
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PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 101

Quindi nel metodo di separazione delle variabili l’equazione differenziale alle


derivate parziali è sostituita da un insieme di equazioni differenziali ordinarie legate
da opportune costanti di separazione.
La prima equazione
1 d  2 dR
r = C1
R dr dr
è di tipo differenziale lineare del secondo ordine ed equidimensionale o di Eu-
lero. La soluzione delle equazioni di questa tipologia è discussa in forma generale
nell’appendice C. Si ricerca una soluzione che sia una potenza, ovvero nel nostro
caso R(r ) = r α , dove l’esponente α è determinato risolvendo l’equazione algebrica,
chiamata equazione caratteristica, che si ottiene sostituendo r α nell’equazione dif-
ferenziale:
1 d 2 α−1  α d α+1  α(α + 1)r α
r αr = r = = α(α + 1).
r α dr r α dr rα
Quindi l’esponente α è legato alla costante C 1 dalla relazione α(α + 1) = C 1 . Il
valore di C1 , e quindi anche quello di α, sarà determinato dall’analisi della seconda
equazione differenziale ordinaria.
L’equazione per Θ è della forma
d  dΘ 
sin θ = C2 sin θ Θ.
dθ dθ
Questa deve essere risolta per θ compreso in tutto l’intervallo chiuso [0, π]. Affinché
una soluzione di questa equazione sia limitata nell’intervallo 0 ≤ θ ≤ π inclusi
gli estremi, la costante C 2 deve valere assumere i valori dati dall’espressione C 2 =
−`(` + 1) dove ` è un intero non negativo, ovvero: ` = 0, 1, 2, 3, . . . . Le soluzioni
Θ(θ) dell’equazione sono esprimibili mediante i polinomi di Legendre P` (x)
valutati per x = cos θ, ovvero avremo:
Θ` (θ) = P` (cos θ).
I primi sei polinomi di Legendre sono qui elencati
P0 (x) = 1,
P1 (x) = x,

P2 (x) = 1
2 3x 2 − 1 ,

P3 (x) = 1
2 5x 3 − 3x ,

P4 (x) = 1
8 35x 4 − 30x 2 + 3 ,

P5 (x) = 81 63x 5 − 70x 3 + 15x .
e il loro grafico è disegnato nella figura 4.2.
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102 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

P` (x) P0 (x)
1.0
P1 (x)
P3 (x)
0.5 P (x)
4

-1.0 -0.5 0.5 1.0 x

P5 (x)
-0.5
P2 (x)

Figura 4.2 Grafico dei primi sei -1.0


polinomi di Legendre

Quindi P` (x) è un polinomio di ordine ` in x; inoltre, P` (x) contiene solo potenze


pari se ` è pari, e solo potenze dispari se ` è dispari.

Esempio 1 Verifica dei primi polinomi di Legendre


Verifichiamo che i primi polinomi di Legendre forniscono soluzioni dell’equazione
differenziale ordinaria relativa alla parte angolare dell’equazione di Laplace in
coordinate sferiche.
Il primo polinomio P0 (x) = 1 fornisce la soluzione ovvia Θ(θ) = P0 (cos θ) =
1 dell’equazione con ` = 0.
Il secondo polinomio P1 (x) = 1 fornisce la funzione Θ(θ) = P1 (cos θ) =
cos θ che, sostituita nell’equazione con ` = 1, permette di scrivere

d  d P1 (cos θ)  d  d cos θ 
sin θ = sin θ
dθ dθ dθ dθ
d 
= − sin2 θ = −2 sin θ cos θ

= −1 · (1 + 1) sin θ P1 (cos θ).

Il caso del terzo polinomio P2 (x) = 1
2
3x 2 − 1 è lasciato come esercizio al lettore.

Essendo l’equazione di Θ di secondo grado, esiste anche una seconda famiglia di


soluzioni, questa volta non polinomiali, che sono esprimibili sempre nella forma
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PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 103

Θ` (θ) = Q ` (cos θ) dove Q ` (x). Ad esempio la prima di queste funzioni è

 
1 1−x
Q 0 (x) = ln
2 1+x

e si può verificare che la funzione composta Θ0 (θ) = Q 0 (cos θ) è soluzione


dell’equazione differenziale per ` = 0. Tuttavia questa soluzione, come anche
tutte le altre appartenenti alla seconda famiglia, diverge per θ = 0 e θ = π, che
corrisponde a x = ±1. Questa famiglia di soluzioni deve pertanto essere scartata
nel nostro problema della corrente attorno alla sfera, nel quale l’asse z è incluso
nella regione del campo di moto.
Avendo stabilito che ` = 0, 1, 2, 3, . . . , possiamo ora completare la soluzione
dell’equazione per R(r ) che era stata scritta nella forma R(r ) = r α . Essendo
C1 = −C2 = −[−`(` + 1)], otteniamo l’equazione algebrica α(α + 1) = `(` + 1),
dove ora il valore di ` è noto, ` = 0, 1, 2, 3, . . . , mentre il valore di α è incognito.
Risolvendo l’equazione di secondo grado

α 2 + α − `(` + 1) = 0,

si ha

√ p
−1 ± 1 + 4`(` + 1) −1 ± (2` + 1)2
α1,2 = =
2 2
−1 ± (2` + 1)
= = −(` + 1), `.
2

Le due soluzioni dell’equazione di R(r ) sono quindi r ` e 1/r (`+1) .


Le soluzioni speciali Φ(r, θ), espresse nella forma di prodotto di funzioni,
saranno pertanto le seguenti

P` (cos θ)
r ` P` (cos θ) e ,
r `+1

per ` = 0, 1, 2, . . . . Ricordando l’espressione dei polinomi di Legendre P` (x)


avremo quindi due famiglie di soluzioni elementari: le soluzioni della prima
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 104 colore nero Marzo 29, 2006

104 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

famiglia sono

P0 (cos θ) = 1,
r P1 (cos θ) = r cos θ,
3 cos θ 2 − 1
r 2 P2 (cos θ) = r 2 ,
2
5 cos θ 3 − 3 cos θ
r 3 P3 (cos θ) = r 3 ,
2
35 cos θ 4 − 30 cos θ 2 + 3
r 4 P4 (cos θ) = r 4 ,
8
63 cos θ 5 − 70 cos θ 3 + 15 cos θ
r 5 P5 (cos θ) = r 5
8
...

e sono definite per qualunque valore di r , incluso r = 0, mentre le soluzioni della


seconda famiglia sono

1
r −1 P0 (cos θ) = ,
r
1
r −2 P1 (cos θ) = 2 cos θ,
r
1 3 cos θ 2 − 1
r −3 P2 (cos θ) = ,
r3 2
1 5 cos θ 3 − 3 cos θ
r −4 P3 (cos θ) = ,
r4 2
1 35 cos θ 4 − 30 cos θ 2 + 3
r −5 P4 (cos θ) = ,
r5 8
1 63 cos θ 5 − 70 cos θ 3 + 15 cos θ
r −6 P5 (cos θ) = ,
r6 8
...

e non sono definite per r = 0.


In virtù della linearità dell’equazione di Laplace, la sua soluzione generale φ
sarà espressa come sovrapposizione (combinazione lineare) di tutte le soluzioni
elementari trovate e avrà pertanto la forma seguente:
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PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 105

∞ 
X 
B`
φ(r, θ) = A`r +
`
P` (cos θ),
`=0
r `+1

dove le costanti A ` e B` sono da determinare imponendo le condizioni al contorno.

Osservazione L’uso di una combinazione lineare per trovare la soluzione di un


problema differenziale è un metodo classico cui si può ricorrere nel caso di equazioni
lineari e che sfrutta il principio di sovrapposizione degli effetti valido per sistemi
fisici governati da leggi lineari. In dinamica dei fluidi la possibilità di utilizzare
questo approccio risulta essere un evento piuttosto raro poiché la caratteristica più
importante delle equazioni che governano il moto dei fluidi è costituita dalla loro
non linearità. Le correnti incomprimibili irrotazionali considerate in questo capitolo
costituiscono un caso del tutto particolare in cui il moto del fluido è descritto da
una semplice equazione armonica anche in regioni di forma qualsiasi. Nel seguito
incontreremo qualche altro caso di correnti che saranno ancora determinate mediante
la sovrapposizione lineare di soluzioni elementari. Si tratterà di correnti nellei quali
il termine non lineare dell’equazione della quantità di moto è nullo in virtù del
carattere particolarmente semplice della direzione del campo di velocità

Soluzione del problema


Per imporre le condizioni al contorno deriviamo φ rispetto a r ottenendo
∞  
∂φ(r, θ) X (` + 1)B`
= `A`r `−1
− P` (cos θ).
∂r `=0
r `+2

Consideriamo prima la condizione di Neumann per r → ∞. In tale limite tutti


i termini con r a denominatore tendono a zero per cui l’espressione precedente si
riduce a

∂φ(r, θ) X∞ X∞
→ `A`r `−1 P` (cos θ) = `A`r `−1 P` (cos θ), r → ∞.
∂r `=0 `=1

La condizione di Neumann ∂φ/∂r → U cos θ per r → ∞ implica allora che


A` = 0 per ` = 2, 3, . . . , mentre A 1 può essere non nullo e vale U . La soluzione
φ è allora della forma

X∞
B`
φ(r, θ) = A0 + Ur cos θ + P` (cos θ),
`=0
r `+1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 106 colore nero Marzo 29, 2006

106 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

dove A0 è una costante del tutto arbitraria. La derivata rispetto a r di questa


espressione, che tende a U cos θ a grande distanza dalla sfera, è quindi
∂φ(r, θ) X ∞
(` + 1)B`
= U cos θ − P` (cos θ).
∂r `=0
r `+2
Imponiamo ora la condizione al contorno di non penetrazione ∂φ/∂r = 0 sulla
superficie della sfera, scrivendo
X∞
(` + 1)B`
U cos θ − P` (cos θ) = 0,
`=0
a `+2
dacu ricaviamo immediatamente
X∞
(` + 1)B`
P` (cos θ) = U cos θ.
`=0
a `+2
Ma i polinomi di Legendre costituiscono una base di funzioni linearmente indipen-
denti, fra loro ortogonali2. Allora i coefficienti di tutti i polinomi P` (cos θ) con
` 6= 1 sono nulli e quindi B` = 0 per ` 6= 1. Invece, il coefficiente del polinomio
P1 (cos θ) = cos θ è uguale a U , per cui B1 è determinato dall’equazione 2B1 /a 3 =
U , che fornisce B1 = U a 3 /2. La soluzione finale del problema della corrente
stazionaria incomprimibile e irrotazionale attorno alla sfera è pertanto
 
a3
φ(r, θ) = A0 + U r + 2 cos θ.
2r

Il campo della velocità è dato dal gradiente della soluzione


∂φ(r, θ) 1 ∂φ(r, θ) ˆ
u(r, θ) = φ(r, θ) = r̂ +


,
∂r r ∂θ
per cui si ottiene
   
a3 a3
u(r, θ) = U 1 − 3 cos θ r̂ − U 1 + 3 sin θ ˆ .
r 2r

Sulla superficie della sfera (r = a) la componente normale della velocità è ovvia-


mente nulla. Il campo di velocità della corrente attorno alla sfera è mostrato nella
figura 4.3. Si noti che la velocità u varia apprezzabilmente rispetto alla velocità
uniforme U ẑ solo nei punti che sono alquanto vicini superficie della sfera.
2
L’ortogonalità è intesa nel senso del prodotto scalare definito dall’integrale del prodotto di
due funzioni.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 107 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.4: Corrente stazionaria attorno a una sfera 107

Figura 4.3 Campo di velocità della


corrente incomprimibile irrotazionale
attorno a una sfera

Forza agente sulla sfera: paradosso di D’Alembert


Per calcolare la forza che il fluido in moto esercita sulla sfera dobbiamo deter-
minare l’andamento della pressione sulla superficie della stessa tramite la versione
irrotazionale del teorema di Bernoulli ricavata nel paragrafo 3.6. Occorre pertanto
calcolare la velocità sulla superficie della sfera, che sarà data dalla sola componente
tangenziale:

3U
u θ (a, θ) = − sin θ.
2
La legge di Bernoulli fornisce quindi l’andamento della pressione sulla superficie
del corpo sferico

P(a, θ) 9U 2 2
=− sin θ + C.
ρ 8

Siccome la funzione P(a, θ) ha la proprietà di simmetria


 
P a, 12 π + β = P a, 21 π − β ,

la pressione ha lo stesso andamento davanti e dietro la sfera. La forza risultante


agente sulla sfera causata dalla pressione è data dall’integrale di superficie
Z
F= P(a, θ)[−r̂(θ, φ)] d S,
superficie della sfera
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 108 colore nero Marzo 29, 2006

108 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

dove −r̂(θ, φ) è la normale entrante nel volume sferico. Questa forza sarà nulla in
quanto la forza sulla parte anteriore della sfera è uguale e opposta alla forza causata
dalla pressione presente sulla parte posteriore, in virtù della della simmetria della
funzione P(a, θ) e della dipendenza di r̂(θ, φ) dalle variabili angolari. Questo è
un esempio particolare del celebre paradosso di D’Alembert, per il quale la forza
risultante esercitata dalla coorrente incomprimibile irrotazionale di un fluido non
viscoso che si estende all’infinito su qualunque corpo di dimensione finita in moto
uniforme è nulla.

Coefficiente di pressione sulla sfera


Il valore della pressione sulla superficie della sfera può essere espresso in forma adi-
mensionale utilizzando il coefficiente di pressione introdotto alla fine del paragrafo
precedente. Conformemente all’analisi già svolta, indichiamo con P∞ la pressione
a grande distanza dalla sfera, dove la corrente può essere considerata uniforme. In
ogni punto del campo di moto attorno alla sfera, il coefficiente di pressione sarà
dato dalla relazione

[u r (r, θ)]2 + [u θ (r, θ)]2


C P (r) = C P (r, θ) = 1 − .
U2

D’altra parte, sulla superficie della sfera, r = a, per cui il coefficiente di pressione
sulla sfera dipende solo dall’angolo θ, ossia avremo C P (a, θ) = C P (θ). Inoltre, la
componente normale (radiale) della velocità sulla superficie della sfera è nulla, per
cui avremo

[u θ (a, θ)]2
C P (θ) = 1 − .
U2

Sostituendo ora l’espressione di u θ (a, θ) calcolata, si ottiene il coefficiente di


pressione per la corrente attorno alla sfera

C P (θ) = 1 − 94 sin2 θ.

La figura 4.4 mostra l’andamento della funzione C P (θ) per 0 ≤ θ ≤ π.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 109 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 109

C P (θ)

1.0

θ
1.0 2.0 3.0

−1.0
− 45
Figura 4.4 Coefficiente di pressione
della corrente incomprimibile
irrotazionale attorno a una sfera −2.0

La pressione è massima nei due punti davanti e dietro alla sfera, rispetto alla
direzione della corrente lontano da essa, ed è minima in tutti i punti sulla superficie
della sfera con θ = π/2, ovvero nei punti in cui la superficie interseca il piano z = 0.
Ciò è in conformità al teorema di Bernoulli dal momento che la velocità è nulla nei
due punti estremi mentre raggiunge il suo valore massimo 3/2 U in tutti i punti della
circonferenza massima sulla superficie sferica perpendicolare alla direzione della
corrente.

4.5 Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare


Consideriamo un cilindro di lunghezza infinita e di sezione circolare di raggio a.
Questo cilindro è investito da una corrente incomprimibile di un fluido di densità
uniforme, non viscoso e avente velocità uniforme e di modulo U a grande distanza
dal cilindro, in direzione normale al suo asse. Consideriamo il caso di corrente
y stazionaria e irrotazionale.
Scegliamo un sistema di coordinate cilindriche (R, θ, z) con l’asse z coin-
U (R, θ) cidente con l’asse del cilindro (vedi figura 4.5). Prendiamo l’asse x nella stessa
θ direzione della velocità del fluido all’infinito, cosı̀ che U = U x̂.
a x Supponiamo infine che la corrente sia la stesso in ogni piano normale all’asse
del cilindro e che quindi il campo della velocità risulti piano
u = u(R, θ) = u R (R, θ) R̂ + u θ (R, θ) ˆ .
Figura 4.5 Disposizione delle
coordinate per il calcolo della corrente Di conseguenza la vorticità



u del fluido è in direzione dell’asse z per cui la


attorno a un cilindro a sezione circolare condizione di irrotazionalità è un’equazione scalare che può essere scritta come
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110 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali





u = 0. Mettendo a sistema questa equazione con l’altra equazione scalare


che esprime la condizione di incomprimibilità, otteniamo il sistema
u = 0,






u = 0.
Ricordando la forma degli operatori divergenza e rotore in coordinate cilindriche il
sistema si scrive più esplicitamente nella forma seguente:
∂  ∂u θ
Ru R + = 0,
∂R ∂θ
∂  ∂u R
Ru θ − = 0,
∂R ∂θ
che evidenzia le due funzioni incognite u R (R, θ) e u θ (R, θ) del problema.
Queste equazioni devono essere completate dalle condizioni al contorno di non
penetrabilità sulla superficie del cilindro, o meglio sul cerchio (il problema è ormai
un problema piano), n̂ u = 0 per R = a, e la condizione asintotica di corrente
uniforme a grande distanza dal cilindro, u → U x̂ per R → ∞. Il problema
completo della corrente 2D incomprimibile irrotazionale attorno a un cilindro di
sezione circolare è pertanto
∂  ∂u θ
Ru R + = 0,
∂R ∂θ
∂  ∂u R
Ru θ − = 0,
∂R ∂θ
u R (a, θ) = 0,
u R (R → ∞, θ) → U cos θ.
Per risolvere questo problema è conveniente sostituire le due equazioni del primo
ordine con una sola equazione di secondo ordine. A tale fine possiamo elimi-
nare l’incognita u θ che compare nella seconda equazione sostituendo la derivata
∂u θ /∂θ dalla prima equazione. Deriviamo allora la seconda equazione rispetto a θ,
ottenendo
 
∂ ∂  ∂u R
Ru θ − = 0,
∂θ ∂ R ∂θ
ovverosia, potendosi scambiare l’ordine delle due derivazioni parziali,
 
∂ ∂u θ ∂ 2u R
R − = 0.
∂R ∂θ ∂θ 2
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PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 111

Ricavando ∂u θ /∂θ dalla prima equazione del sistema e sostituendo nell’equazione


appena ricavata si ottiene l’equazione di secondo grado
 
∂ ∂  ∂ 2u R
R Ru R + =0
∂R ∂R ∂θ 2
nella sola funzione incognita u R (R, θ). Combinando l’equazione per questa vari-
abile con le sue condizioni al contorno si ottiene il problema:
 
∂ ∂  ∂ 2u R
R Ru R + = 0,
∂R ∂R ∂θ 2
u R (a, θ) = 0,
u R (R → ∞, θ) → U cos θ.

Metodo di separazione delle variabili


Affrontiamo la risoluzione di questo problema ricorrendo ancora al metodo di
separazione delle variabili. Nel caso considerato il metodo consiste nella ricerca
di soluzioni elementari che siano il prodotto di due funzioni, ciascuna delle quali
dipende da una sola delle due coordinate R e θ. In altre parole, ricerchiamo soluzioni
elementari u R (R, θ) aventi la forma seguente

u R (R, θ) = W (R) Θ(θ),

dove W (R) e Θ(θ) sono due nuove funzioni incognite, che dipendono solo da R e
da θ.3 Proprio come nel caso sferico, questa scelta sembra una restrizione assurda,
infatti la stragrande maggioranza delle soluzioni dell’equazione considerata non è
di questa forma. Ad esempio la funzione u R (R, θ) = (A/R) + B cos θ, con A e B
costanti arbitrarie, soddisfa l’equazione ma è impossibile esprimerla come prodotto
di una funzione di R per una funzione di θ. Pertanto, molto difficilmente ciascuna
delle soluzioni elementari che troveremo potrà servire da sola a risolvere il problema
completato dalle sue condizioni al contorno. Tuttavia, sempre in virtù della linearità
dell’equazione considerata, è possibile sommare le soluzioni elementari ottenendo
ancora una soluzione. Come nel caso della corrente attorno alla sfera, anche nel
problema in coordinate cilindriche l’insieme di soluzioni elementari è abbastanza
ampio da permettere di esprimere qualunque soluzione mediante una combinazione
lineare delle soluzioni elementari.
3
La funzione Θ(θ) in questo paragrafo non deve essere confusa con quella incontrata nello
studio della corrente attorno a una sfera.
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112 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Sostituiamo allora u R (R, θ) = W (R) Θ(θ) nell’equazione di secondo grado otte-


nendo
 
d d  d 2Θ
Θ R RW + W = 0,
dR dR dθ 2

dove i simboli di derivata parziale si sono trasformati in quelli di derivata ordinaria


perché le nuove incognite W e Θ sono funzioni solo di R e di θ. Dividendo per il
prodotto W Θ si ottiene:
 
1 d d  1 d 2Θ
R RW + = 0.
W dR dR Θ dθ 2

Il primo termine dipende solo da R e il secondo solo da θ, ovvero abbiamo


un’equazione della forma F(R) + G(θ) = 0, per cui ciascuno dei due termini
deve essere una costante: come conseguenza dobbiamo avere
 
1 d d  1 d 2Θ
R RW = C1 , = C2 ,
W dR dR Θ dθ 2

dove le costanti si separazione C 1 e C2 sono legate dalla relazione

C1 + C2 = 0.

Quindi, anche nel caso delle coordinate cilindriche, il metodo di separazione delle
variabili riduce l’equazione differenziale alle derivate parziali a un insieme di
equazioni differenziali ordinarie legate da opportune costanti.
Ora C2 non può essere positivo, altrimenti si otterrebbero soluzioni esponenziali
per Θ(θ), manifestamente non periodiche, come è invece necessario che siano.
Pertanto porremo C 2 = −k 2 , con k 2 ≥ 0, e quindi avremo

d 2Θ
= −k 2 Θ.
dθ 2
Consideriamo per primo il caso k = 0, cosicché si ha la seguente equazione per Θ0

d 2 Θ0 dΘ0
=0 ⇒ = costante = B
dθ 2 dθ
e quindi

Θ0 (θ) = A + Bθ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 113 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 113

Il termine Bθ non può essere accettato dal momento che la variabile θ rappresenta
l’angolo delle coordinate polari per cui si richiede Θ0 (θ + 2π) = Θ0 (θ) e quindi
B = 0. Pertanto la soluzione per il caso k = 0 è

Θ0 (θ) = A.

Esaminiamo ora l’equazione per W0 (R) corrispondente al valore k = 0. Siccome


C1 = −C2 = 0, abbiamo l’equazione
 
d d 
R RW0 = 0,
dR dR
che è integrata immediatamente
d  d  B
R RW0 = B → RW0 = ,
dR dR R
dove B è una costante d’integrazione. Una seconda integrazione fornisce
C B ln R
W0 (R) = + ,
R R
dove C è una seconda costante d’integrazione. Quindi le soluzioni elementari
dell’equazione alle derivate parziali di partenza, relative al caso k = 0, sono date
da AW0 (R), ovverosia, riassorbendo la costante A nelle altre due costanti B e C:
C B ln R
+ .
R R

Consideriamo ora quando k 2 > 0. Le soluzioni possibili dell’equazione per


Θk sono della forma

Θk (θ) = cos(kθ) e Θk (θ) = sin(kθ).

D’altra parte le soluzioni devono essere periodiche di periodo 2π, per cui deve
essere cos(kθ) = cos[k(θ + 2π)] = cos(kθ + 2kπ) e analogamente per la funzione
seno. Quindi 2kπ deve essere un multiplo intero di 2π: ciò implica che k sia un
intero, ovvero k = 1, 2, . . . . I valori di k interi negativi non servono dato che le
soluzioni corrispondenti sarebbero una semplice ripetizione di quelle per k positivo.
In conclusione, affinché il prodotto W (R) Θ(θ) possa essere effettivamente una
soluzione dell’equazione differenziale originaria alle derivate parziali la costante
di separazione C 2 deve assumere solo determinati valori discreti, dati da C 2 =
0, 1, 4, 9, . . . , k 2 , . . . , con k intero.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 114 colore nero Marzo 29, 2006

114 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Passando a questo punto all’equazione per Wk(R), dato che C 1 = −C2 = −(−k 2 ) =
k 2 , essa assume la forma seguente
 
d d 
R RWk = k 2 Wk ,
dR dR
che è un’equazione equidimensionale o equazione di Eulero, si veda l’appendice
C. Le sue soluzioni sono del tipo Wk (R) = R n dove l’esponente n è determinato
mediante sostituzione nell’equazione stessa. Si ha
   
d d n
 d d  d 
R RR = R R n+1
= R (n + 1)R n
dR dR dR dR dR
d 
= (n + 1) R n+1 = (n + 1)2 R n = k 2 R n .
dR
Pertanto (n + 1)2 = k 2 , per cui n = ±k − 1 e l’equazione per Wk (R) può avere
soluzioni del tipo

Wk (R) = R k−1 e Wk (R) = R −k−1 , per k = 1, 2, . . . .

A questo punto possiamo costruire le soluzioni elementari dell’equazione alle


derivate parziali di partenza, ponendo attenzione a moltiplicare soluzioni delle
equazioni per Wk e Θk , con lo stesso valore di k. Per k intero positivo dovremo
considerare i prodotti del tipo
cos(kθ) sin(kθ)
R k−1 cos(kθ), R k−1 sin(kθ), e ,
R k+1 R k+1
e scriveremo la loro combinazione lineare come
cos(kθ) sin(kθ)
ak R k−1 cos(kθ) + bk R k−1 sin(kθ) + ck k+1
+ dk k+1 .
R R
In virtù della linearità dell’equazione del secondo ordine considerata,la sua soluzione
generale u R sarà espressa come combinazione lineare di tutte le soluzioni elementari
trovate e avrà pertanto la forma seguente:

∞ 
C B ln R X
u R (R, θ) = + + ak R k−1 cos(kθ) + bk R k−1 sin(kθ)
R R k=1

cos(kθ) sin(kθ)
+ ck k+1 + dk k+1 .
R R
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PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 115

Il valore delle costanti B, C, ak , bk , ck e dk , per k = 1, 2 . . . , è ora determinato


imponendo le condizioni al contorno del problema in esame. Notiamo che tutte le
potenze di R con esponente positivo divergono per R → ∞, per cui non possono
essere presenti nella soluzione e quindi ak = bk = 0, per k = 2, 3, . . . . La
soluzione precedente si riduce quindi a

X∞  
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u R (R, θ) = + + a1 cos θ + b1 sin θ + ck k+1 + dk k+1 .
R R k=1
R R

Dato che i primi due termini e tutti quelli della sommatoria tendono a zero per
R → ∞, la condizione all’infinito u R (R → ∞, θ) → U cos θ implica che a1 = U
e b1 = 0, per cui l’espressione si semplifica in

X∞  
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u R (R, θ) = + + U cos θ + ck k+1 + dk k+1 .
R R k=1
R R

Imponendo la condizione al contorno sul cilindro si ha la relazione

X∞  
C B ln a cos(kθ) sin(kθ)
u R (a, θ) = + + U cos θ + ck k+1 + dk k+1 = 0,
a a k=1
a a

che deve essere soddisfatta per ogni θ ∈ [0, 2π]. Ne deriva immediatamente che
C + B ln a = 0, da cui C = −B ln a. Inoltre tutti i coefficienti dei seni devono
essere nulli, ossia dk = 0, per k = 1, 2, . . . , mentre i coefficienti dei coseni devono
essere nulli solo per k = 2, 3, . . . . L’annullamento del termine cos θ conduce
all’equazione U + c1 /a 2 = 0, da cui segue c1 = −a 2U . L’espressione della
soluzione diventa allora
 
B ln(R/a) a2
u R (a, θ) = + U 1 − 2 cos θ.
R R

D’altra parte il primo termine deve essere nullo perché darebbe luogo a un flusso di
massa netto attraverso le superfici cilindriche, oltretutto di entità dipendente dal loro
raggio, in violazione della legge di conservazione della massa. Abbiamo quindi
necessariamente B = 0 e la soluzione finale è allora la seguente
 
a2
u R (R, θ) = U 1 − 2 cos θ.
R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 116 colore nero Marzo 29, 2006

116 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Per determinare l’andamento della componente angolare u θ della velocità ricor-


riamo all’equazione del primo ordine che impone l’irrotazionalità del moto sos-
tituendo in essa l’espressione della soluzione u R (R, θ) appena trovata. Abbiamo
   
∂  a2
Ru θ − U 1 − 2 (− sin θ) = 0.
∂R R

Spostando nel secondo membro la funzione nota si ha


 
∂  a2
Ru θ = −U 1 − 2 sin θ,
∂R R

ovvero integrando rispetto a R:


 
a2
Ru θ (R, θ) = F(θ) − U R+ sin θ,
R

dove F(θ) è una funzione arbitraria. Dividendo per R si ha


 
F(θ) a2
u θ (R, θ) = − U 1 + 2 sin θ.
R R

Per determinare completamente u θ occorre imporre la condizione di incomprimi-


bilità. Sostituendo la soluzione di u R (R, θ) già trovata e l’ultima espressione di
u θ (R, θ) nell’espressione della divergenza in coordinate cilindriche si ha
       
∂ a2 ∂ F(θ) a2
RU 1 − 2 cos θ + − U 1 + 2 sin θ
∂R R ∂θ R R
   
∂ a2 F 0 (θ) a2
=U R− cos θ + − U 1 + 2 cos θ
∂R R R R
   
a2 F 0 (θ) a2 F 0 (θ)
= U 1 + 2 cos θ + − U 1 + 2 cos θ = ,
R R R R

per cui l’annullamento della divergenza impone F 0 (θ) = 0 da cui segue immedi-
atamente F = costante = A. In conclusione, la componente angolare del campo
di velocità attorno al cilindro circolare è
 
A a2
u θ (R, θ) = − U 1 + 2 sin θ,
R R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 117 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 117

dove A è una costante arbitraria, ossia tutti i valori di A sono permessi. Notiamo
che questa componente della soluzione corrisponde al campo di velocità del vortice
rettilineo che è stato definito negli esempi 3 e 4 del paragrafo 3.7. Per tale ragione
la costante A è ora indicata come Γ /(2π) e la soluzione appena trovata è riscritta
nel modo seguente
 
a2 Γ
u θ (R, θ) = −U 1 + 2 sin θ + ,
R 2π R

dove Γ rappresenta la circolazione del campo di velocità attorno al cilindro. Questo


valore è lo stesso per tutti i percorsi chiusi che circondano il cilindro. Invece, come
già discusso nel paragrafo 3.7, la circolazione è nulla per ogni percorso chiuso che
non circonda il cilindro.
Il campo di moto della corrente piana incomprimibile irrotazionale attorno a
un cilindro circolare è dato da
     
a2 a2 Γ ˆ.
u(R, θ) = U 1 − 2 cos θ R̂ + −U 1 + 2 sin θ +
R R 2π R

È importante osservare che il valore della costante Γ è completamente libero: questo


significa che esistono infinite soluzioni del problema della corrente incomprimibile
di un fluido non viscoso attorno a un cilindro, ovvero, volendo essere pi ù precisi,
esiste una famiglia a un parametro di infinite soluzioni del campo di velocità.

Corrente simmetrica
Esaminiamo per prima cosa la soluzione della corrente attorno al cilindro in assenza
della componente di moto rotatorio, ovverosia per Γ = 0. In questo caso il campo
di moto assume la forma
   
a2 a2
usim (R, θ) = U 1 − 2 cos θ R̂ − U 1 + 2 sin θ ˆ ,
R R

e quindi risulta essere simmetrico rispetto a un piano perpendicolare all’asse e


contenente la direzione della velocità asintotica U. Sulla superficie del cilindro,
ossia per R = a, la componente normale della velocità è ovviamente nulla mentre
la componente tangente è in generale diversa da zero tranne per θ = 0 e π, cioè
nei punti posteriore e anteriore della sezione circolare del cilindro, che sono quindi
punti di ristagno. Il campo di velocità della corrente attorno al cilindro a sezione
circolare è mostrato nella figura 4.6.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 118 colore nero Marzo 29, 2006

118 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Figura 4.6 Campo di velocità della


corrente incomprimibile irrotazionale
simmetrica attorno a un cilindro
circolare

Si può notare che il campo di velocità vicino al cilindro differisce dal campo
uniforme all’infinito molto di più rispetto al caso della corrente attorno alla sfera
(si confronti con la figura 4.3).
L’andamento della pressione sul cilindro è calcolato mediante la versione irro-
tazionale della legge di Bernoulli. La velocità sulla superficie del cilindro è data
dalla sola componente tangenziale
θ (a, θ) = −2U sin θ.
u sim
Quindi la legge di Bernoulli fornisce la pressione sulla superficie del cilindro cir-
colare immerso in una corrente stazionaria incomprimibile e irrotazionale:

P sim (a, θ)
= −2U 2 sin2 θ + C.
ρ

In termini adimensionali, il coefficiente di pressione C sim


P (θ) della corrente attorno
al cilindro è

[u sim
θ (a, θ)]
2
P (θ) = 1 −
C sim = 1 − 4 sin2 θ.
U2

Anche nel caso della corrente attorno al cilindro a sezione circolare la funzione
P(a, θ) ha la proprietà di simmetria
 
P sim a, 12 π + β = P sim a, 21 π − β ,
fra la parte anteriore e quella posteriore della superficie del cilindro, come anche
mostrato nella figura 4.7.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 119 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 119

C sim
P (θ)
1.0

θ
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 6.0

sfera
−1.0

Figura 4.7 Coefficiente di pressione


C sim
P (θ) della corrente incomprimibile −2.0
irrotazionale simmetrica attorno a un cilindro
cilindro a sezione circolare (curva
continua) e attorno a una sfera (curva −3.0
punteggiata)

L’andamento di C sim P (θ) nella corrente simmetrica attorno al cilindro è confrontato


con quello relativo alla sfera. Le due funzioni hanno la stessa simmetria e hanno
i valori massimo e minimo in corrispondenza delle stesse posizioni angolari sulla
superficie del corpo. La funzione C sim P (θ) è massima nel luogo dei punti estremi
davanti e dietro la sezione del cilindro e minima nei due luoghi dei punti estremi
sopra e sotto. Questo risultato è in accordo con il teorema di Bernoulli poiché la
velocità è nulla nei primi due punti e raggiunge il suo valore massimo 2U negli altri
due. È interessante notare che la diminuzione di pressione nei punti sulla superficie
dove la velocità è massima è molto maggiore nel caso della corrente attorno al
cilindro rispetto alla corrente attorno alla sfera. Le linee di corrente del flusso
simmetrico sono mostrate nella figura 4.8.
y

Figura 4.8 Linee di corrente della


soluzione simmetrica della corrente
incomprimibile irrotazionale attorno a
un cilindro a sezione circolare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 120 colore nero Marzo 29, 2006

120 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Come per la corrente attorno alla sfera, la forza risultante agente sul cilindro (per
unità di lunghezza) sarà nulla in quanto la forza dovuta alla distribuzione di pres-
sione sulla parte anteriore è uguale e opposta alla forza causata dalla pressione
presente sulla parte posteriore. Si incontra quindi un altro esempio del paradosso
di D’Alembert, secondo il quale i corpi investiti da una corrente stazionaria incom-
primibile di un fluido non viscoso non offrono alcuna resistenza al moto del fluido.
In questo caso il paradosso si riferisce a una corrente bidimensionale.

Correnti non simmetriche (portanti)


Ritorniamo alla soluzione generale della corrente attorno al cilindro che comprende
sia la componente simmetrica sia il vortice rettilineo:
     
a2 a2 Γ ˆ.
u(R, θ) = U 1 − 2 cos θ R̂ + −U 1 + 2 sin θ +
R R 2π R

Il punto importante di questa relazione è che esistono infinite soluzioni del campo di
moto intorno al cilindro, ciascuna delle quali è contraddistinta da un valore diverso
della circolazione Γ , ovvero dell’intensità del vortice rettilineo. Questo risultato
non è limitato al caso del cilindro di sezione circolare. Qualunque sia la forma
della sezione del cilindro di lunghezza infinita, esiste sempre un numero infinito
di soluzioni ciascuna delle quali rappresenta una corrente piana incomprimibile e
irrotazionale attorno al cilindro.
È infatti la presenza del cilindro che fornisce il carattere molteplicemente
connesso al dominio in cui scorre il fluido e questa caratteristica permette l’esistenza
di un numero infinito di campi di velocità irrotazionali e incomprimibili soddi-
sfacenti le condizioni al contorno sul corpo e a grande distanza da esso. Non esiste
ovviamente alcun fluido che sia completamente privo di viscosità, per cui negli
esperimenti non si osservano soluzioni differenti. In effetti, la presenza dell’attrito
viscoso cambia radicalmente la formulazione matematica del problema con due
conseguenze fondamentali: non esistono più infinite soluzioni e la circolazione
della corrente viscosa stazionario attorno al corpo cilindrico avrà un valore unico,
determinato dalla forma della sezione del cilindro ed eventualmente anche dalla
storia del campo di moto.

Teorema della portanza di Kutta–Joukowski


Rispetto al caso di corrente simmetrica, la presenza del vortice rettilineo nella
soluzione della corrente irrotazionale è all’origine di una differenza importante
riguardante la forza esercitata dal fluido sul cilindro. Nel caso pi ù generale la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 121 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 121

velocità sulla superficie del cilindro è espressa dalla relazione

Γ
u θ (a, θ) = −2U sin θ +
2πa

in cui compare un termine addizionale se l’intensità Γ del vortice non è nulla. Il


teorema di Bernoulli (versione irrotazionale) permette di ricavare la pressione sulla
superficie del cilindro

P(a, θ) 1
= − [u θ (a, θ)]2 + C,
ρ 2

ovvero, sostituendo l’espressione di u θ (a, θ),

 
P(a, θ) 1 Γ 2
=− −2U sin θ + +C
ρ 2 2πa
 
UΓ 1 Γ 2
= −2U 2 sin2 θ + sin θ − + C.
πa 2 2πa

Si hanno due termini aggiuntivi rispetto al caso di corrente simmetrica: il primo


termine risulta proporzionale a sin θ e, a causa dell’andamento del segno di tale
funzione, introduce un’asimmetria fra la parte superiore e quella inferiore del
cilindro; il secondo termine è invece una semplice costante e, come la solita costante
C, non potrà avere alcun effetto sulla forza esercitata dal fluido sul cilindro. In
modo analogo, il coefficiente di pressione relativo alla soluzione non simmetrica
contenente anche un vortice è espresso dalla relazione
 2
2Γ Γ
C P (θ) = 1 − 4 sin2 θ + sin θ − .
πaU 2πaU

La figura 4.9 confronta l’andamento di C P (θ) della soluzione non simmetrica per
Γ
2π aU
= − 12 , con quello dell’analogo coefficiente della soluzione simmetrica,
ovvero Γ = 0 (non portante). Nel disegno della curva relativa alla soluzione
non simmetrica si è omesso il termine costante che è irrilevante.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 122 colore nero Marzo 29, 2006

122 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

C P (θ)
1.0
θ
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 6.0
−1.0

−2.0
Γ =0
Figura 4.9 Coefficiente di pressione −3.0
della corrente incomprimibile
Γ <0
irrotazionale non simmetrica  −4.0
Γ 1
2π aU = − 2 , curva continua e
simmetrica (Γ = 0, curva a tratti) −5.0
attorno a un cilindro a sezione circolare

Passando dalla soluzione simmetrica a quella non simmetrica, i due minimi della
funzione C P (θ) sono modificati in maniera diversa. Se Γ < 0, la pressione nel
punto estremo superiore della sezione del cilindro diventa ancora più bassa e questo
punto diventa il luogo in cui la pressione raggiunge il suo valore minimo assoluto
in tutto il fluido; al contrario la pressione nel punto inferiore del cilindro aumenta e
quindi la depressione presente in questa zona si riduce. In altri termini, la presenza
del vortice rettilineo nella soluzione non simmetrica comporta un’asimmetria nel
campo di moto e della pressione fra la zona inferiore e quella superiore. Si noti che
questa asimmetria della pressione intorno al cilindro è una conseguenza del teorema
di Bernoulli. Infatti, quando il vortice ruota in senso orario, la sua velocità sulla
superficie del cilindro nella parte superiore ha lo stesso verso della velocità della
velocità indisturbata a monte (componente simmetrica) per cui le due componenti si
sommano producendo la velocità massima. Viceversa, la velocità del vortice nella
parte inferiore ha verso opposto a quella della componente simmetrica causando
una sottrazione tra le due componenti e quindi la velocità finale sarà minore.
Per determinare la forza agente sul cilindro dobbiamo sommare le forze ele-
mentari dovute alla pressione che agiscono su tutti gli elementi della sua superficie.
Essendo il moto del fluido identico in ogni piano perpendicolare all’asse del cilin-
dro, possiamo considerare la forza f per unità di lunghezza del cilindro. Tale vettore
sarà dato da un integrale semplice lungo la circonferenza R = a, che rappresenta
la sezione della superficie del cilindro:

Z 2π
f= P(a, θ)[−R̂(θ)] a dθ.
0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 123 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 123

In questa espressione, al posto della funzione integranda P(a, θ) scriveremo solo


il nuovo termine della pressione, proporzionale a sin θ, poiché tutti gli altri termini
danno un integrale nullo. Il versore normale −R̂(θ) è diretto verso l’interno del
cerchio e quindi avremo −R̂(θ) = −(cos θ x̂ + sin θ ŷ), per cui
Z 2π

f = −ρ sin θ (cos θ x̂ + sin θ ŷ) a dθ
0 πa
Z
ρ U Γ 2π 2
=− sin θ dθ ŷ,
π 0
R 2π
in quanto 0 sin θ cos θ dθ = 0. L’integrale rimanente è uguale a π, per cui la
forza esercitata dal fluido su un tratto del cilindro di lunghezza unitaria è

f = −ρ U Γ ŷ,

ovvero, in forma intrinseca, f = ρ U



, dove il vettore circolazione è diretto
come l’asse del cilindro mentre la velocità U è in direzione normale ad esso.
La presenza di un vortice di circolazione Γ in una corrente incomprimibile
e irrotazionale genera una componente di velocità che produce una forza sulla
superficie del cilindro. Questa forza ha direzione perpendicolare sia alla direzione
della velocità uniforme U x̂ sia all’asse del cilindro, e la sua intensità è proporzionale
a Γ e U . Questa forza è chiamata portanza se è diretta verso l’alto, il che accade
quando il vortice circola in senso orario (Γ < 0), o deportanza se è diretta verso
il basso, ovvero quando il vortice circola in senso antiorario (Γ > 0).
La relazione trovata stabilisce quindi che la portanza per unità di lunghezza è
proporzionale alla circolazione. Si tratta di un risultato noto come teorema della
portanza di Kutta–Joukowski, che è molto importante per l’aerodinamica perché
la sua validità può essere dimostrata anche nel caso di corpi cilindrici di sezione
qualsiasi, come, ad esempio, i profili alari.

Linee di corrente delle soluzioni portanti


Per analizzare il campo di velocità della corrente piana attorno al cilindro è utile
rappresentare le sue linee di corrente. Determiniamo allora la funzione di corrente ψ
della corrente irrotazionale considerata partendo dalla definizione delle componenti
cilindriche u R e u θ della velocità, espresse in termini della funzione di corrente
ψ(R, θ) introdotta nel paragrafo 3.9:
1 ∂ψ ∂ψ
uR = e uθ = − .
R ∂θ ∂R
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124 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Nel caso in esame, le componenti della velocità sono già state determinate e sono
funzioni note, u R = u R (R, θ), u θ = u θ (R, θ), mentre ψ è una funzione incognita.
Riscriviamo quindi le due relazioni precedenti mettendo la variabile incognita ψ
nel primo membro e utilizzando le espressioni di u R (R, θ) e u θ (R, θ) calcolate
precedentemente:
 
1 ∂ψ a2
=U 1− cos θ,
R ∂θ R2
 
∂ψ a2 Γ
=U 1+ sin θ − .
∂R R2 2π R

Abbiamo due equazioni in una sola incognita ψ, per cui dovremo verificare che
i risultati delle due integrazioni conducano alla medesima soluzione. La prima
equazione moltiplicata per R diventa
 
∂ψ a2
= U 1 − 2 R cos θ
∂θ R

e viene integrata subito rispetto alla variabile indipendente θ


 
a2
ψ(R, θ) = U 1 − 2 R sin θ + f (R),
R

dove f (R) rappresenta la “costante” d’integrazione: essa è una funzione (per il


momento arbitraria) dell’altra variabile indipendente R che compare all’interno
della funzione di corrente ψ(R, θ). L’integrazione della seconda equazione è
leggermente più difficile ma pur sempre immediata
 
a2 Γ
ψ(R, θ) = U R− sin θ − ln R + g(θ)
R 2π
 
a2 Γ
= U 1 − 2 R sin θ − ln R + g(θ)
R 2π

dove la funzione g(θ) è la seconda “costante” d’integrazione. Affinché le due


espressioni della soluzione cosı̀ calcolate siano uguali, le due funzioni f (R) e g(θ)
devono soddisfare la relazione
Γ
f (R) = − ln R + g(θ).

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 125 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 125

Questa condizione è soddisfatta solo se g(θ) = costante = K , per cui avremo


 
Γ Γ R
f (R) = − ln R + K = − ln ,
2π 2π a
dove la costante arbitraria K è stata scritta per comodità come
Γ
K = ln a + C

dove C è una costante qualsiasi, in modo da avere un logaritmo con argomento adi-
mensionale. La funzione di corrente ψ(R, θ) della corrente piana incomprimibile
irrotazionale attorno al cilindro è pertanto
   
a2 Γ R
ψ(R, θ) = U 1 − 2 R sin θ − ln +C
R 2π a

È importante osservare che la funzione di corrente ψ, come il campo di velocità u,


contiene il parametro libero Γ che rappresenta la circolazione del vortice rettilineo.
Il valore della costante C è arbitrario ed è del tutto irrilevante dato che il campo di
velocità si ottiene dalla derivata della funzione di corrente, che è pertanto definita a
meno di una costante additiva.
Le linee di corrente della soluzione non simmetrica per il valore della cir-
colazione adimensionale 2πΓaU = −1 sono mostrate nella figura 4.10. Le curve
disegnate corrispondono ai seguenti valori della funzione di corrente adimensionale
ψ/(aU ) = 0, ±0.1, ±0.5, ±1, ±2, ±3.
y

Figura 4.10 Linee di corrente


relative alla soluzione non simmetrica
della corrente incomprimibile
irrotazionale attorno a un cilindro
circolare per 4πΓaU = − 12
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 126 colore nero Marzo 29, 2006

126 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Può essere interessante determinare la posizione dei punti in cui si annulla la velocità
sul cilindro, che si chiamano punti di ristagno. In questi punti arriva o parte una
linea di corrente. La posizione dei punti di ristagno è determinata dalla condizione
u(a, θr ) = 0, dove θr indica l’angolo di un eventuale punto di ristagno. Nel caso
della corrente irrotazionale considerata, questa condizione equivale all’equazione
u θ (a, θr ) = 0, ovvero, nel nostro caso:

Γ
−2U sin θr + = 0.
2πa
Risolvendo questa equazione rispetto a θr si ottiene
 
−1 Γ
θr = sin .
4πaU

Naturalmente oltre all’angolo θr vi è anche una secondo angolo θr0 relativo al punto
speculare rispetto alla retta verticale: θr0 = π − θr se Γ > 0 e θr0 = −π − θr se
Γ < 0. Queste soluzioni esistono solo quando l’intensità Γ del vortice soddisfa la
condizione

Γ

4πaU < 1.

Nel caso particolare Γ /(4πaU ) = ±1 vi sarà un solo punto di ristagno per θr = ±π 2


(in realtà un’intera retta di punti di ristagno sul cilindro). La figura 4.11 mostra le
linee di corrente relative a questo caso limite.
y

Figura 4.11 Linee di corrente della


soluzione non simmetrica per il valore
particolare 4πΓaU = −1 per cui i due
punti di ristango coincidono
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 127 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 127

Se invece |Γ /(4πaU )| > 1 allora non c’è alcun punto di ristagno sulla superficie
del corpo immerso. Esisterà tuttavia un punto nel fluido per θ = π/2 se Γ > 0 o
per θ = −π/2 se Γ < 0 in cui il vettore velocità si annulla. Infatti per θ = ±π
2 la
componente radiale della velocità è nulla
 
 a2 
u R R, 2 = U 1 − 2 cos ±π
±π
2
=0
R
qualunque sia il valore di R, mentre la componente angolare si annullerà solo nel
punto la cui distanza R0 dall’asse del cilindro soddisfa l’equazione
 
±π
 a2 Γ
u θ R0 , 2 = −U 1 + 2 (±1) + = 0.
R0 2π R0
Questa condizione rappresenta un’equazione di secondo grado nell’incognita R 0 ,
R02 ± b R0 + a 2 = 0, dove b = Γ /(2πU ), che ha le seguenti soluzioni
s 2
R0 Γ Γ
= ± − 1.
a 4πaU 4πaU
Siccome |Γ /(4πaU )| > 1, si verifica facilmente che la soluzione con il segno
positivo implica R0 > a, mentre quella con il segno negativo implica R0 < a.
Poiché stiamo cercando un punto appartenente alla regione del fluido, dovremo
avere R0 > a per cui la radice che ci interessa è quella con il segno positivo. Nella
figura 4.12 sono mostrate le linee di corrente per 4πΓaU = −1.125 che ha un punto
in cui la velocità si annulla nel fluido e non sulla superficie del cilindro.
y

Figura 4.12 Linee di corrente della


soluzione non simmetrica per il valore
Γ
4π aU = −1.125
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 128 colore nero Marzo 29, 2006

128 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Soluzione mediante il potenziale cinetico


La corrente attorno al cilindro circolare può essere calcolata seguendo un proced-
imento alternativo basato sull’uso del potenziale del campo della velocità. Se un
campo vettoriale è irrotazionale ed è definito in un dominio semplicemente con-
nesso, allora esso può essere rappresenato come gradiente di una funzione scalare,
chiamata potenziale. Nel caso di un campo di velocità u irrotazionale, la funzione
scalare φ si chiama potenziale cinetico, ovverosia risulta:

u=


φ.

In particolare, se consideriamo il campo di velocità irrotazionale di una corrente


attorno a un cilindro circolare utilizzeremo le coordinate cilindriche per cui il
potenziale è φ = φ(R, θ) e l’operatore


indica ora il gradiente bidimensionale


nelle coordinate del piano (R, θ), ovvero,
∂ 1 ∂
= R̂ +ˆ


.
∂R R ∂θ
Osserviamo però subito che il dominio in cui si muove il fluido attorno al cilindro
non è semplicemente connesso, per cui esisteranno anche campi di velocità irro-
tazionali che non è possibile descrivere mediante un potenziale cinetico di cui siano
il gradiente.
In via provvisoria supponiamo che il campo di velocità sia rappresentabile
mediante un potenziale φ, ovvero tale che u = φ. Essendo la corrente incom-


primibile, la condizione di divergenza nulla implica allora che φ deve soddisfare


l’equazione di Laplace bidimensionale
2
φ = 0,

dove 2 è l’operatore laplaciano 2D delle coordinate del piano, ovvero, dopo avere
moltiplicato per R 2 , avremo l’equazione seguente

∂  ∂φ  ∂ 2 φ
R R + 2 = 0.
∂R ∂R ∂θ

Questa equazione è leggermente diversa da quella per l’incognita u R ma è com-


pletata dalle medesime condizioni al contorno che traducono la condizione di non
penetrabilità sulla superficie del cilindro, n̂ u = 0 per R = a e la condizione asin-
totica di corrente uniforme a grande distanza dal cilindro, u → U x̂ per R → ∞.
Queste condizioni espresse in termini della nuova incognita φ assumomo la forma
di condizioni al contorno di Neumann, ovverosia:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 129 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 129

∂φ ∂φ
=0 e → U cos θ.
∂ R |R=a ∂ R |R→∞

Affrontiamo la risoluzione di questo problema ellittico ricorrendo ancora una volta


al metodo di separazione delle variabili. Seguendo lo stesso procedimento adottato
nei paragrafi precedenti, ricerchiamo soluzioni elementari Φ(R, θ) aventi la forma
seguente

Φ(R, θ) = S(R) Θ(θ),

dove S e Θ sono due nuove incognite, funzione solo di R e di θ. Sostituiamo allora


Φ(R, θ) = S(R) Θ(θ) nell’equazione di Laplace ottenendo

d  dS  d 2Θ
ΘR R +S = 0.
dR dR dθ 2
Dividendo per il prodotto SΘ si ottiene:

R d  dS  1 d 2Θ
R + = 0.
S dR dR Θ dθ 2
Esattamente come visto in precedenza, il primo termine dipende solo da R e il
secondo solo da θ, ovvero abbiamo un’equazione della forma F(R) + G(θ) = 0,
per cui ciascuno dei due termini deve essere una costante: come conseguenza
dobbiamo avere

R d  dS  1 d 2Θ
R = C1 , = C2 ,
S dR dR Θ dθ 2
dove le costanti si separazione C 1 e C2 sono legate dalla relazione

C1 + C2 = 0.

Ora C2 non può essere positivo, altrimenti si otterrebbero soluzioni esponenziali


per Θ(θ) mentre questa funzione deve essere periodica per potere rappresentare
una funzione dei punti del piano descritti in coordinate polari. Pertanto porremo
C2 = −k 2 , con k 2 ≥ 0, e quindi avremo

d 2Θ
= −k 2 Θ.
dθ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 130 colore nero Marzo 29, 2006

130 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

Consideriamo per primo il caso k = 0, cosicché si ha la seguente equazione per Θ0


d 2 Θ0
= 0.
dθ 2
Questa equazione differenziale ordinaria ammette due soluzioni del tipo
Θ0 (θ) = A e Θ0 (θ) = Bθ,
dove A e B sono delle costanti. Tuttavia, dovendo usare queste soluzioni per
costruire soluzioni elementari di un’equazione differenziale alle derivate parziali
con variabili indipendenti R e θ che rappresentano il punto di un piano, la seconda
soluzione trovata, Bθ, presenta delle difficoltà. Infatti il termine Bθ, dove θ
rappresenta l’angolo delle coordinate polari, porta al di fuori della teoria delle
funzioni definite in un dominio del piano, cioè delle funzioni a un solo valore in
ogni punto del loro dominio.
Dal punto di vista matematico un termine del tipo Bθ rappresenta un oggetto
strano poiché, percorrendo un giro attorno all’origine, l’espressione Bθ aumenta
della quantità 2π B, invece di ritornare allo stesso valore che aveva all’inizio del
giro. In altre parole il termine Bθ può essere interpretato come un “tipo di funzione
strana” che può assumere molti valori diversi a seconda di quanti giri si sono fatti
attorno all’origine. Tutti i valori che Bθ assume in un determinato punto del piano
differiscono di multipli interi di 2π B, ovvero di 2nπ B, dove n indica il numero di
giri compiuti (n può essere anche negativo perché si può girare attorno all’origine
in senso orario oltre che in senso antiorario). Un’immagine efficace di questo
strano tipo di oggetto matematico potrebbe essere una superficie inclinata che sale
continuamente girando attorno all’asse verticale come mostrato nella figura 4.13,
in modo simile a una scala a chiocciola.

y
x
Figura 4.13 Andamento di θ nei
punti del piano x-y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 131 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 131

Osservazione Nel caso in cui l’origine dovesse appartenere alla regione in cui
si muove il fluido, il termine Bθ dovrebbe essere scartato subito perché altrimenti
la variabile θ assumerebbe in tale punto qualunque valore. Nel problema della
corrente all’esterno del cilindro, in cui l’asse z si trovi dentro il cilindro, l’origine
del piano (R, θ) non appartiene alla regione del fluido, per cui la suddetta patologia
non si verifica.
Torniamo ora al nostro problema fluidodinamico in cui si deve determinare
un campo di velocità. Certe soluzioni speciali dell’equazione di Laplace che non
appartengono all’insieme delle funzioni definite in un dominio del piano potrebbero
essere tali che il loro gradiente risulta essere lo stesso un campo vettoriale a un solo
valore. In tal caso il termine Bθ potrebbe essere accettato benché una soluzione
dell’equazione di Laplace che lo contenga non possa essere considerata una funzione
nel senso ordinario del termine.
In effetti il termine Bθ, che ribadiamo non può essere una funzione dei punti
del piano quando θ ∈ [0, 2π], è proprio quello che supplisce all’inadeguatezza
del potenziale scalare nel rappresentare l’eventuale componente rotatoria che pu ò
esistere in un campo di velocità irrotazionale quando il dominio occupato dal fluido
è molteplicemente connesso.
Risolviamo ora l’equazione per S0 (R),
d  d S0 
R = 0.
dR dR
Integrando una prima volta si ha
d S0 d S0 C
R =C → = .
dR dR R
Integrando una seconda volta

S0 (R) = D + C ln R.

In realtà le soluzioni elementari si ottengono come prodotto delle soluzioni delle


equazioni differenziali ordinarie, per cui, nel caso k = 0, dobbiamo considerare tutti
i possibili prodotti S0 Θ0 e quindi abbiamo le seguenti quattro soluzioni elementari

costante, ln R, θ, (ln R) θ.

Con esse è possibile formare la combinazione lineare A + B ln R + Cθ + D(ln R) θ,


che possiamo anche scrivere nel seguente modo
00 00
A + B ln R + (C + D ln R) θ ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 132 colore nero Marzo 29, 2006

132 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

00 00
dove il termine (C + D ln R) θ costituisce la parte “anomala” (ossia diversa da
una funzione nel senso ordinario) della soluzione, per cui è stata posta tra virgolette.
Consideriamo ora quando k 2 > 0. Le soluzioni possibili dell’equazione relative
all’incognita Θk
d 2 Θk
= −k 2 Θk per k = 1, 2, . . .
dθ 2
sono evidentemente cos(kθ) e sin(kθ). D’altra parte le soluzioni dell’equazione
originaria devono essere periodiche di periodo 2π, per cui deve essere cos(kθ) =
cos[k(θ + 2π)] = cos(kθ + 2kπ) e analogamente per la funzione seno. Come già
visto in precedenza, 2kπ deve allora essere un multiplo intero di 2π per cui k deve
essere un intero, ossia k = 1, 2, . . . . I valori di k interi negativi non servono dato
che le soluzioni corrispondenti sarebbero una semplice ripetizione di quelle per k
positivo.
Siccome C1 = −C2 = −(−k 2 ) = k 2 , l’equazione per Sk (R) è
d  d Sk 
R R = k 2 Sk per k = 1, 2, . . . .
dR dR
Questa equazione è equidimensionale e le sue soluzioni sono del tipo S(R) = R n
dove l’esponente n si determina mediante sostituzione nell’equazione. Si ha
d  d 
R R n R n−1 = n R R n = n 2 R R n−1 = n 2 R n = k 2 S = k 2 R n .
dR dR
Pertanto n 2 = k 2 , per cui n = ±k e le soluzioni ricercate sono del tipo R k e R −k .
A questo punto possiamo costruire le soluzioni elementari dell’equazione di
Laplace considerata, per k = 1, 2, . . . . Dovremo moltiplicare le soluzioni delle
equazioni differenziali ordinarie di Sk e Θk , e considerare i prodotti del tipo
cos(kθ) sin(kθ)
R k cos(kθ), R k sin(kθ), e ,
Rk Rk
nonché la loro combinazione lineare
cos(kθ) sin(kθ)
αk R k cos(kθ) + βk R k sin(kθ) + γk + δk .
Rk Rk
In virtù della linearità dell’equazione di Laplace, la sua soluzione generale φ sarà
espressa come combinazione lineare di tutte le soluzioni elementari trovate e avrà
pertanto la forma seguente:
00 00 00 00
φ (R, θ) = A + B ln R + (C + D ln R) θ
X∞  
cos(kθ) sin(kθ)
+ αk R cos(kθ) + βk R sin(kθ) + γk
k k
+ δk .
k=1
Rk Rk
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 133 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 133

Il valore delle costanti A, B, C, D, αk , βk , γk e δk , per k = 1, 2, . . . , è determinato


dalle condizioni al contorno relative al problema studiato. Per la corrente attorno al
cilindro circolare, le condizioni al contorno da soddisfare sono
00 00 00 00
∂ φ ∂ φ
=0 e → U cos θ
∂R |R=a ∂R |R→∞

00 00
e riguardano la derivata di φ rispetto a R, per cui calcoliamo esplicitamente questa
derivata
00 00 ∞ 
∂ φ (R, θ) B Dθ X
= + + kαk R k−1 cos(kθ) + kβk R k−1 sin(kθ)
∂R R R k=1 
cos(kθ) sin(kθ)
− kγk k+1 − kδk k+1 .
R R

Consideriamo prima la condizione di Neumann per R → ∞. In tale limite, tutti i


termini con R o sue potenze a denominatore tendono a zero per cui l’espressione
precedente della derivata della soluzione tende a
00 00
∂ φ (R, θ) X∞  
→ kαk R k−1 cos(kθ) + βk R k−1 sin(kθ) per R → ∞.
∂R k=1

00 00
La condizione ∂ φ /∂ R → U cos θ per R → ∞ richiede che siano nulli tutti i
coefficienti delle potenze di R con esponente positivo (pena la divergenza della
funzione per R → ∞) e quindi αk = 0 e βk = 0 per k = 2, 3, . . . . Invece i
primi due termini corrispondenti a k = 1 non divergono per R → ∞ e, dovendo
coincidere con U cos θ, si deve avere α1 = U e β1 = 0.
Riscriviamo allora l’espressione della soluzione che soddisfa per ora solo la
condizione al contorno lontano dal cilindro
00 00 00 00
φ (R, θ) = A + B ln R + (C + D ln R) θ
X∞  
cos(kθ) sin(kθ)
+ U R cos θ + γk + δk ,
k=1
Rk Rk

e la derivata di questa “funzione” rispetto a R:


00 00 00 00
X∞  
∂ φ (R, θ) B Dθ cos(kθ) sin(kθ)
= + + U cos θ − kγk k+1 + kδk k+1 .
∂R R R k=1
R R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 134 colore nero Marzo 29, 2006

134 CAPITOLO 4 Correnti incomprimibili non viscose irrotazionali

00 00
La condizione di non penetrazione ∂ φ /∂ R = 0 sulla superficie del cilindro, R = a,
richiede che l’equazione

B Dθ X∞
k  
+ + U cos θ − k+1
γk cos(kθ) + δk sin(kθ) = 0,
a a k=1
a

sia soddisfatta per ogni valore di θ ∈ [0, 2π]. Quindi deve essere B = 0, D = 0,
U − γ1 /a 2 = 0, γk = 0 per k = 2, 3, . . . , e δk = 0 per k = 1, 2, 3, . . . . Le sole
costanti diverse da zero sono quindi A, C e γ1 = U a 2 per cui la soluzione sarà

00 00 00 00 U a2
φ (R, θ) = A + Cθ + U R cos θ + cos θ,
R
dove A e C sono costanti che non risultano determinate dalle condizioni al contorno
e quindi sono libere di assumere qualunque valore.
La costante A non ha alcun significato fisico dato che il suo valore non pu ò
00 00
influire sul campo di velocità u =


φ . Invece la seconda costante C ha significato


00 00 00 00
Cθ = C
 

fisico poiché il termine di velocità corrispondente, θ , è il campo


di velocità di un vortice rettilineo. Per tale ragione, questa costante è di solito scritta
come C = Γ /(2π), dove Γ rappresenta la circolazione attorno al vortice, ovvero
attorno al cilindro nel caso in esame. Scriveremo pertanto la soluzione completa
come
  00
00 00 a2 Γ
φ (R, θ) = A + U 1 + 2 R cos θ + θ .
R 2π 00

Si ricorda che il valore della costante Γ è completamente arbitrario: esistono in


effetti infinite soluzioni del problema della corrente incomprimibile di un fluido non
viscoso attorno a un cilindro.
La corrente complessiva, comprendente sia la componente simmetrica sia il
00 00
vortice rettilineo, si ottiene calcolando il gradiente di φ . Un calcolo diretto
conduce al seguente campo di velocità
     
a2 a2 Γ ˆ,
u(R, θ) = U 1 − 2 cos θ R̂ + −U 1 + 2 sin θ +
R R 2π R

che coincide con quello determinato in precedenza mediante la risoluzione diretta


delle equazioni per la velocità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 135 colore nero Marzo 29, 2006

PARAGRAFO 4.5: Corrente stazionaria 2D attorno a un cilindro circolare 135

Esercizi 4
1. Mostrare che il campo di velocità piano espresso in
coordinate cilindriche

u(R, θ) = R sin(2θ) R̂ + R cos(2θ) ˆ

è irrotazionale e provare a determinare un suo potenziale.


2. Per quali valori delle costanti α e β il campo di velocità
piano in coordinate cilindriche

u(R, θ) = R 2 cos θ R̂ + α R β sin θ ˆ

è irrotazionale? Determinare un potenziale di u se α e β


assumono questi valori.
3. Dimostrare che l’equazione di Legendre

1 d  dQ 
sin θ + `(` + 1)Q = 0
sin θ dθ dθ

per la funzione incognita Q = Q(θ), dove θ ∈ [0, π], con il


cambiamento di variabili θ → x = cos θ, x ∈ [−1, 1], si
trasforma nell’equazione
 
d 2
dP
1−x + `(` + 1)P = 0
dx dx

per la funzione incognita P = P(x). Naturalmente la nuova


incognita P(x) è legata a quella
 originaria Q(θ) dalla
relazione P(x) = Q cos−1 x .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 135 colore nero Giugno 12, 2006

135

CAPITOLO 5

Correnti incomprimibili
viscose
Introduzione Questo capitolo è dedicato allo studio delle correnti incompri-
mibili di un fluido viscoso. Nel primo paragrafo si descrive il fenomeno della
viscosità nel caso semplice di una corrente che si muove in una sola direzione. Nel
paragrafo 5.2 questa nozione primitiva di viscosità è estesa al caso generale per
ricavare l’espressione della forza agente sulle particelle del fluido dovuta alla sua
viscosità in una corrente tridimensionale, sempre incomprimibile. Nel paragrafo 5.3
il nuovo termine della forza viscosa è aggiunto nell’equazione della quantità di moto,
cosı̀ da potere scrivere il sistema delle equazioni di Navier–Stokes che governano le
correnti incoprimibili viscose. Le condizioni supplementari, iniziali e al contorno,
necessarie per ottenere un problema matematicamente completo sono presentate nel
paragrafo 5.4, assieme alle loro condizioni di compatibilità, analogamente a quanto
visto nel capitolo 3 per il caso non viscoso e le equazioni di Eulero incomprimibili.
Nel paragrafo 5.5 si introduce la forma adimensionale delle equazioni di
Navier–Stokes e si definisce il numero di Reynolds. Nei paragrafi successivi si ri-
cavano alcune soluzioni analitiche delle equazioni in regioni dalla geometria molto
semplice, per correnti incomprimibili viscose, sia stazionarie sia variabili.
Per quanto riguarda le correnti stazionarie, il paragrafo 5.6 è dedicato allo
studio della corrente unidirezionale di un fluido che riempie lo spazio fra due pareti
piane parallele, di cui una eventualmente in moto con velocità costante, in presenza
o meno di un gradiente di pressione uniforme in tutta la regione occupata dal fluido.
Si considera anche la corrente di un fluido all’interno di un tubo causata della
presenza di un gradiente di pressione parallelo all’asse del tubo. Si analizza inoltre
il moto di uno strato di fluido che scorre su un piano a causa del campo di gravità
terrestre. Il paragrafo 5.7 è invece dedicato allo studio della corrente incomprimibile
viscosa attorno a una sfera per velocità molto piccole e alla deduzione della forza
agente su di essa, espressa dalla celebre legge della resistenza di Stokes.
Per quanto riguarda i problemi dipendenti dal tempo, nel paragrafo 5.8 si
studia come un fluido inizia a muoversi in virtù dell’attrito viscoso a causa della
traslazione improvvisa di una parete piana; di questo tipo di correnti unidirezionali
considereremo due esempi particolari. Nel primo caso la regione occupata dal fluido
è un semispazio, nel secondo caso è lo spazio compreso fra due lastre parallele.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 136 colore nero Giugno 12, 2006

136 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Il paragrafo 5.9 è dedicato allo studio di alcune soluzioni esatte delle equazioni
incomprimibili in coordinate cilindriche quando il fluido si muove lungo traietto-
rie circolari. Si esamina dapprima la corrente stazionaria generata in una regione
delimitata da due superfici cilindriche che possono ruotare con velocità angolare
costante attorno al proprio asse. Si analizza inoltre l’evoluzione del moto di una
colonna di fluido che all’istante iniziale ruota in modo rigido e che viene frenata
dall’arresto improvviso della parete cilindrica delimitante il fluido e infine il decadi-
mento nel tempo di un vortice rettilineo e di un vortice attorno a un cilindro rigido
che si arresta istantaneamente.
Il paragrafo 5.10 è dedicato a una descrizione più articolata del fenomeno
della viscosità. Per capire il fenomeno dell’attrito interno in un fluido è necessario
considerare la situazione più generale di un fluido che può essere comprimibile.
Presenteremo pertanto un’analisi che va oltre i confini stabiliti dall’ipotesi di flusso
incomprimibile, per cui questo paragrafo può essere quasi considerato come un
intruso in questo capitolo. Tuttavia le equazioni di Navier–Stokes incomprimbili
sono cosı̀ importanti nella dinamica dei fluidi da rendere fin d’ora opportuna, se
non addirittura necessaria, una descrizione non troppo superficiale del fenomeno
dell’attrito viscoso nei fluidi.
Nell’ultimo paragrafo del capitolo si studia come varia l’energia cinetica in
una corrente incomprimibile viscosa e si presenta l’equazione che governa l’energia
interna del fluido.

5.1 Viscosità dinamica e viscosità cinematica


Le soluzioni della corrente stazionaria incomprimibile e irrotazionale attorno a una
sfera o a un cilindro circolare calcolate nel capitolo precedente mostrano che un flui-
do non viscoso in contatto con il corpo solido “scivola” sulla sua superficie. Questo
comportamento è coerente con l’ipotesi di viscosità nulla per cui la condizione al
contorno da imporre sulla velocità riguarda solo la componente normale, che deve
annullarsi su ogni parete ferma.
L’esame delle correnti reali rivela invece che non esiste alcun scivolamento del
fluido sulla parete di un corpo solido. Negli esperimenti si osserva infatti che la
velocità di qualunque fluido si annulla sulla superficie dei corpi fermi, ovvero che
anche la sua componente tangente risulta essere nulla. La regione in cui si verifica
la riduzione del modulo della velocità dal valore asintotico, a grande distanza dal
corpo, al valore nullo su di esso può essere di dimensioni confrontabili o addirittura
maggiori di quelle caratteristiche del corpo stesso, oppure pu ò essere una zona
molto sottile in prossimità della sua superficie. La zona sottile in cui |u| decresce
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 137 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.1: Viscosità dinamica e viscosità cinematica 137

rapidamente, ancorché in modo continuo, da un valore assegnato fino al valore


nullo si chiama strato limite. In questa zona gli effetti della viscosità del fluido
diventano importanti e il modello di fluido non viscoso considerato finora deve
y essere abbandonato.
Per renderci conto di questo problema dobbiamo precisare cosa intendiamo
u(y) con il termine “fluido viscoso”. A questo fine consideriamo il caso di una semplice
corrente cosidetta di taglio, ovvero di un campo di velocità piano unidirezionale
y = costante del tipo:
u(r) = [u(y), 0, 0] = u(y) x̂,
come mostrato di fianco. Nel caso di un fluido non viscoso lo sforzo, cioè la
forza per unità di area della superficie di contatto, che il fluido immediatamente
Figura 5.1 sopra un piano y = costante esercita sul fluido immediatamente al di sotto, non
Campo di velocità di taglio ha alcuna componente tangente. Viceversa, per un fluido viscoso lo sforzo ha
una componente tangente s tipicamente diversa da zero. Infatti la velocità del
fluido nella zona superiore è maggiore di quella del fluido nella zona inferiore per
cui il primo tenderà ad aumentare la velocità del secondo. Al contrario, il fluido
immediatamente sotto il piano y = costante esercita uno sforzo sul fluido al di
sopra, ed essendo la sua velocità nella zona inferiore più piccola di quella nella
zona superiore, il fluido sotto tenderà a ridurre la velocità di quello sopra. Nel caso
particolare di fluido viscoso newtoniano lo sforzo di taglio s è proporzionale alla
derivata della velocità, ovvero, nel caso considerato, vale la relazione

du
s =µ ,
dy

dove µ è una proprietà del fluido chiamata viscosità dinamica o più semplicemente
viscosità. Molti fluidi reali, come l’acqua e l’aria, si comportano secondo la
precedente relazione lineare, ma esistono anche molti altri fluidi viscosi, come
le vernici, i polimeri, la maionese e il miele, che hanno un comportamento pi ù
complicato che è detto non newtoniano.
Da un punto di vista dinamico una grandezza molto importante è la cosidetta
viscosità cinematica che è definita dal rapporto fra la viscosità dinamica e la densità
del fluido
µ
ν= .
ρ
Nella tabella 1 sono riportati i valori della densità ρ, della viscosità dinamica µ
e di quella cinematica ν relative al mercurio, all’acqua e all’aria in condizioni
termodinamiche standard, ovvero alla temperatura di T = 300 K e alla pressione
atmosferica Patm = 1.01 × 105 Pa.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 138 colore nero Giugno 12, 2006

138 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Tabella 1. Proprietà meccaniche di alcuni fluidi alla temperatura di T = 300 K e


alla pressione atmosferica Patm = 1.01 × 105 Pa

ρ densità µ viscosità dinam. ν viscosità cinem.


Fluido kg/m 3
kg/(m · s) m2 /s

mercurio, Hg 13 550 1.56 × 10−3 0.115 × 10−6


acqua, H2 O 998 1.0 × 10−3 1.0 × 10−6
aria 1.18 18.5 × 10−6 15.6 × 10−6

Come si mostrerà alla fine del paragrafo 10.1, il valore di µ (e quindi anche di ν)
può variare sensibilmente con la temperatura e dipendono anche, seppure in modo
meno sensibile, dalla pressione del fluido. Tuttavia, in gran parte di questo libro si
considera un modello di fluido in cui la densità ρ e la viscosità dinamica µ sono
costanti. Per indicare esplicitamente i limiti di validità della nostra analisi, abbiamo
indicato con ρ la densità del fluido quando essa è considerata uniforme e costante.
In modo analogo nel seguito indicheremo con µ la viscosità dinamica quando essa
potrà essere considerata una costante caratteristica del fluido, indipendente cioè da
temperatura e pressione. La viscosità cinematica ν sarà invece indicata sempre
senza alcuna sopralineatura dato che l’uso di questa grandezza è limitato al caso
incomprimibile con fluidi di densità uniforme e con viscosità costante, per cui la
definizione effettiva del coefficiente di viscosità cinematica ν è

µ
ν= .
ρ

Soltanto alla fine del capitolo, nel paragrafo 5.10, considereremo il caso generale
dei fluidi comprimibili per i quali il fenomemo dell’attrito viscoso risulta dipendere
dalle condizioni termodinamiche del fluido. In quel paragrafo la viscosità dinamica
sarà allora una funzione (in generale non costante) delle variabili termodinamiche
T e P.

5.2 Forza di attrito viscoso


Lo sforzo viscoso nel caso della corrente di taglio ora considerata provoca una
forza tangenziale per unità di volume parallela alla velocità. Consideriamo infatti
un volumetto di fluido di forma prismatica con base ∆x ∆z e altezza ∆y avente il
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 139 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.2: Forza di attrito viscoso 139

vertice inferiore sinistro nel punto (x, y, z). Lo sforzo viscoso che agisce sul fluido
contenuto nel volumetto attraverso la faccia superiore è dato da µ du(y+∆y)
dy
(il fluido
esterno più veloce tende ad aumentare la velocità del fluido nel volumetto) mentre
lo sforzo agente attraverso la faccia inferiore è dato da −µ du(y)
dy
(il fluido esterno
più lento tende a ridurre la velocità del fluido nel volumetto). La forza netta per
unità di volume sarà allora data dalla differenza
      
1 du du µ du − µ du
d y y+∆y dy y
Fx =
visc
µ ∆x − µ ∆x = .
∆x ∆y dy y+∆y dy y ∆y
Facendo tendere a zero la dimensione del volumetto, avremo la forza viscosa per
unità di volume  
d du
Fx =
visc
µ
dy dy
che nel caso particolare di viscosità dinamica costante, µ = µ, diventa

d 2u
Fxvisc = µ .
dy 2

Questo termine deve essere aggiunto nel secondo membro dell’equazione della
quantità di moto, o meglio, nell’equazione relativa alla sua componente x.
L’espressione della forza viscosa appena ricavata permette di capire perché gli
effetti viscosi possono diventare molto importanti nello strato limite di una qualsiasi
corrente viscosa. Il motivo è che il gradiente della velocità può diventare molto
maggiore nello strato limite che non nelle altre parti della corrente, poiché una
variazione rilevante della velocità si può verificare in uno strato molto sottile. In
questo modo lo sforzo viscoso, e ancora più la sua derivata, che rappresenta la
forza viscosa, diventano essenziali in uno strato sottile, anche se la viscosità è
tanto piccola da permettere di trascurare gli effetti viscosi nelle altre regioni della
corrente.
Nel caso di correnti tridimensionali ma sempre incomprimibili, la forza causata
dall’attrito viscoso in un fluido dovrà essere un vettore e dipenderà dalla derivata
seconda del campo vettoriale di velocità u. Per generalizzare l’espressione ora
stabilita nella situazione di una semplice corrente di taglio, si deve seguire un pro-
cedimento piuttosto elaborato che sarà sviluppato nel paragrafo 5.10 considerando
il caso generale di un fluido comprimibile. Per gli scopi attuali dello studio delle
correnti incomprimibili di un fluido con densità uniforme e viscosità dinamica
costante, µ = µ, possiamo scrivere direttamente la formula finale della forza
vettoriale per unità di volume, che sarà ricavata nel paragrafo 5.10,
Fvisc = µ 2
u,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 140 colore nero Giugno 12, 2006

140 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

dove 2 rappresenta l’operatore laplaciano. Dividendo questa grandezza per la


densità uniforme ρ del fluido, la forza viscosa per unità di massa f visc = Fvisc /ρ
risulta espressa dalla seguente relazione:

f visc = ν 2
u.

5.3 Equazioni di Navier–Stokes incomprimibili


Includendo la forza viscosa per unità di massa ν 2 u nel secondo membro dell’equa-
zione dinamica della velocità dedotta nel paragrafo 2.3,il sistema delle due equazioni
che governano la corrente incomprimibile di un fluido viscoso (newtoniano) avente
densità uniforme assume la forma seguente


∂u P
+ (u )u + =ν 2
u + g,


∂t ρ
u = 0.


Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Navier–Stokes per le correnti


incomprimibili. Il sistema è costituito da due equazioni, la prima vettoriale e
la seconda scalare, nelle due funzioni incognite u(r, t) e P(r, t), essendo ρ una
costante nota. Pertanto il sistema ha tante equazioni quante incognite e pu ò essere
risolto una volta completato con le necessarie condizioni iniziale e al contorno.
Come nel caso delle equazioni di Eulero, la pressione è presente nel sistema
onde fornire i gradi di libertà necessari per potere imporre la condizione di incompri-
mibilità sul campo della velocità. Tecnicamente si esprime questo fatto dicendo che
u=0


P(r, t) costituisce il moltiplicatore di Lagrange associato al vincolo


che deve essere soddisfatto dalla velocità u(r, t) in ogni punto r e in ogni istante t.
Il campo della forza esterna g potrà anche essere diverso dal campo gravi-
tazionale e in generale potrà dipendere dallo spazio ed eventualmente anche dal
tempo, ovvero, g = g(r, t).

Esempio 1 Equazioni di Navier–Stokes in coordinate cilindriche


Se la regione in cui si muove il fluido è assisimmetrica, ossia è invariante per
rotazioni attorno a un asse che chiameremo asse z, allora è conveniente utilizzare
un sistema di coordinate cilindriche per descrivere il moto del fluido.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 141 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.3: Equazioni di Navier–Stokes incomprimibili 141

Ricordando le equazioni di Eulero in coordinate cilindriche ricavate nel paragrafo


3.3, le equazioni di Navier–Stokes in coordinate cilindriche si ottengono aggiun-
gendo il termine viscoso, che è riportato nel paragrafo A.8 dell’appendice A. Otte-
niamo quindi
   
∂u R ∂u R uθ ∂u R ∂u R 1 ∂P uR 2 ∂u θ
+ uR + − uθ + uz + =ν 2
uR − 2 − 2 ,
∂t ∂R R ∂θ ∂z ρ ∂R R R ∂θ
   
∂u θ ∂u θ u θ ∂u θ ∂u θ 1 ∂P uθ 2 ∂u R
+ uR + + u R + uz + =ν 2
uθ − 2 + 2 ,
∂t ∂R R ∂θ ∂z ρ R ∂θ R R ∂θ
∂u z ∂u z u θ ∂u z ∂u z 1 ∂P
+ uR + + uz + =ν 2
uz,
∂t ∂R R ∂θ ∂z ρ ∂z
1 ∂(Ru R ) 1 ∂u θ ∂u z
+ + = 0,
R ∂R R ∂θ ∂z

dove l’operatore laplaciano in coordinate cilindriche è

1 ∂  ∂u  1 ∂ 2u ∂ 2u
2
u= R + 2 2 + 2.
R ∂R ∂R R ∂θ ∂z

Nel caso particolare in cui il campo di velocità iniziale u0 è assisimmetrico, ossia in-
dipendente da θ, per cui u0 = u0 (R, z), nelle regione assisimmetrica sono possibili
soluzioni del campo di moto aventi la stessa simmetria di invarianza per rotazioni at-
torno all’asse. Tali soluzioni sono allora del tipo u = u(R, z, t) e P = P(R, z, t). I
campi u(R, z, t) e P(R, z, t) sono allora governati dalle equazioni di Navier–Stokes
per correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando
tutti i termini contenenti la derivata rispetto a θ, ovvero,
 
∂u R ∂u R ∂u R u2 1 ∂P 1 ∂  ∂u R  ∂ 2 u R uR
+ uR + uz − θ + =ν R + − ,
∂t ∂R ∂z R ρ ∂R R ∂R ∂R ∂z 2 R2
 
∂u z ∂u z ∂u z 1 ∂P 1 ∂  ∂u z  ∂ 2 u z
+ uR + uz + =ν R + ,
∂t ∂R ∂z ρ ∂z R ∂R ∂R ∂z 2
1 ∂(Ru R ) ∂u z
+ = 0,
R ∂R ∂z
 
∂u θ ∂u θ ∂u θ uθ u R 1 ∂  ∂u θ  ∂ 2 u θ uθ
+ uR + uz + =ν R + − .
∂t ∂R ∂z R R ∂R ∂R ∂z 2 R2

L’equazione per u θ è stata scritta per ultima perché in molte correnti assisimmetriche
il fluido si muove solo nei piani assiali (assenza di “swirl”) per cui u θ = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 142 colore nero Giugno 12, 2006

142 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Esempio 2 Equazioni di Navier–Stokes in coordinate sferiche


Se la regione in cui si muove il fluido è delimitata da due superfici sferiche concen-
triche, allora è conveniente utilizzare un sistema di coordinate sferiche per descrivere
il moto del fluido. Ricordando le equazioni di Eulero in coordinate sferiche ricavate
nel paragrafo 3.3, le equazioni di Navier–Stokes per le correnti incomprimibili in
coordinate sferiche assumono la forma seguente
   
∂u r ∂u r u θ ∂u r uφ 1 ∂u r 1 ∂P
+ ur + − uθ + − uφ +
∂t ∂r r ∂θ r sin θ ∂φ ρ ∂r
  
2u r 2 ∂ sin θ u θ 2 ∂u φ
=ν 2
ur − 2 − 2 − 2 ,
r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
   
∂u θ ∂u θ uθ ∂u θ uφ∂u θ 1 ∂P
+ ur + + ur + − cos θ u φ +
∂t ∂r r ∂θ r sin θ
∂φ ρ r ∂θ
 
uθ 2 cos θ ∂u φ 2 ∂u r
=ν 2
uθ − − 2 2 + 2 ,
r 2 sin2 θ r sin θ ∂φ r ∂θ
   
∂u φ ∂u φ u θ ∂u φ uφ 1 ∂u φ 1 ∂P
+ ur + + + cos θ u θ + u r +
∂t ∂r r ∂θ r sin θ ∂φ ρ r sin θ ∂φ
 
uφ 2 cos θ ∂u θ 2 ∂u r
=ν 2
uφ − 2 2 + 2 2 + 2 ,
r sin θ r sin θ ∂φ r sin θ ∂φ

1 ∂ 2  1 ∂  1 ∂u φ
2
r ur + sin θ u θ + = 0,
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ

dove l’operatore di Laplace in coordinate sferiche è

2 1 ∂  2 ∂u  1 ∂  ∂u  1 ∂ 2u
u= r + sin θ + .
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ r 2 sin2 θ ∂φ 2

Nel caso particolare in cui il campo di velocità iniziale u0 è assisimmetrico,


ossia indipendente da φ, per cui u0 = u0 (r, θ), nelle regione sferica sono possibili
soluzioni del campo di moto aventi la stessa simmetria di invarianza per rotazioni
attorno all’asse. Tali soluzioni sono allora del tipo

u = u(r, θ, t) e P = P(r, θ, t).


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 143 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.4: Condizione iniziale e condizione al contorno 143

I campi u(r, θ, t) e P(r, θ, t) sono allora governati dalle equazioni di Navier–Stokes


per le correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando
tutti i termini contenenti la derivata rispetto a φ, ovvero,
 
∂u r ∂u r u θ ∂u r u 2φ 1 ∂P
+ ur + − uθ − +
∂t ∂r r ∂θ r ρ ∂r
    
1 ∂ 2 ∂u r 1 ∂ ∂u r  2u r 2 ∂ sin θ u θ
=ν 2 r + 2 sin θ − 2 − 2 ,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r r sin θ ∂θ

 
∂u θ ∂u θ u θ ∂u θ cot θ u 2φ 1 ∂P
+ ur + + ur − +
∂t ∂r r ∂θ r ρ r ∂θ
 
1 ∂  2 ∂u θ  1 ∂  ∂u θ  uθ 2 ∂u r
=ν 2 r + 2 sin θ − 2 2 + 2 ,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ r ∂θ

∂u φ u θ ∂u φ uφ
+ + (cot θ u θ + u r )
∂t r ∂θ r
 
1 ∂ 2 ∂u φ 
 1 ∂  ∂u φ  uφ
=ν 2 r + 2 sin θ − 2 2 ,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ

1 ∂ 2  1 ∂ 
2
r ur + sin θ u θ = 0.
r ∂r r sin θ ∂θ

5.4 Condizione iniziale e condizione al contorno


Le equazioni di Navier–Stokes sono delle equazioni differenziali alle derivate
parziali e da sole non costituiscono ancora un problema completo. Infatti, come in
qualunque problema differenziale, queste equazioni richiedono la specificazione di
alcune condizioni supplementari per ottenere un problema ben posto, un problema
cioè che ammetta una sola soluzione (in un senso opportuno) almeno nei casi pi ù
semplici.
Come abbiamo già accennato nel capitolo 3 sulle equazioni di Eulero incom-
primibili, condizioni supplementari sono ad esempio necessarie per potere risolvere
qualunque problema di dinamica di un punto materiale. In questo caso la legge
fondamentale della dinamica d 2 r/dt 2 = f(r, dr/dt) è un’equazione differenziale
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 144 colore nero Giugno 12, 2006

144 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

ordinaria del secondo ordine per l’incognita r = r(t), che rappresenta il vettore
posizione del corpo, la cui soluzione richede di specificare le due condizioni iniziali
r(0) = r0 e dr(0)/dt = v0 . Nel caso delle equazioni di Navier–Stokes è necessario
specificare una sola condizione iniziale (vettoriale): la velocità iniziale del fluido
in ogni punto, ovvero,

u(r, 0) = u0 (r),

dove u0 (r) è un campo di velocità noto. Ciò è conforme alla circostanza che
l’equazione dinamica della velocità è del primo ordine nel tempo e che, nel punto
di vista euleriano qui adottato, la posizione delle particelle del fluido durante il loro
moto non interessa.
Ma le equazioni di Navier–Stokes, come quelle di Eulero, sono differenziali
anche dal punto di vista spaziale per il fatto che esse contengono anche le derivate
rispetto alle coordinate spaziali: il gradiente, la divergenza, l’operatore di derivata
direzionale e soprattutto l’operatore laplaciano. Come conseguenza, per ottenere
un problema che possa avere una sola soluzione, occorre specificare le opportune
condizioni al contorno. Il tipo di condizioni che possono o debbono essere fornite
dipende dal tipo di equazioni e dalla natura del contorno del problema in esame.
Senza alcuna pretesa di analizzare questo aspetto in modo completo, nel caso
delle equazioni per correnti incomprimibili di un fluido viscoso abbiamo una con-
dizione al contorno vettoriale da imporre su tutta la frontiera del dominio V in cui
si studia il moto del fluido. Questo deriva dal fatto che l’equazione della quantità di
moto è vettoriale e in essa è presente il laplaciano dell’incognita u. La condizione
al contorno consiste allora nello specificare il vettore velocità u su tutta la frontiera
S = ∂ V e sarà scritta nel modo seguente

u(r, t)|S = b(r S , t)

con r S ∈ S. Il valore al contorno b(r S , t) della velocità deve essere specificato per
ogni punto r S ∈ S e ogni istante t > 0, come rappresentato schematicamente nella
figura 5.2 riferita a un tipico problema di corrente attorno a un profilo alare. Si noti
che la funzione b(r S , t) è vettoriale e che la sua variabile spaziale è indicata con r S
per evidenziare che il dominio di tale variabile è limitato alla sola frontiera S, che
nel caso in figura diventa S = Sest ∪ Sprofilo .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 145 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.4: Condizione iniziale e condizione al contorno 145

b(r S , t)

b(r S , t)
V

Sest b=0

Sprofilo

Figura 5.2 Dominio e condizioni al


contorno per una corrente
incomprimibile viscosa

La condizione al contorno per il vettore velocità è molto più forte di quella che è
stata usata nello studio delle correnti non viscose. La differenza fondamentale è che
l’inclusione del termine viscoso nell’equazione della quantità di moto ha aumentato
l’ordine dell’equazione differenziale alle derivate parziali di uno. Pertanto la vera
condizione al contorno della realtà fisica è inclusa nel modello di Navier–Stokes
mentre non poteva essere soddisfatta nel modello delle equazioni di Eulero.
Nel caso particolare in cui una parte del contorno coincide con un corpo solido
fermo che non permette né il passaggio del fluido attraverso la sua superficie né lo
scivolamento del fluido su di essa, la condizione per la velocità su questa parte del
contorno diventa omogenea

u(r, t)|solido fermo = 0.

Questa condizione al contorno include:


• La condizione di annullamento della componente tangente della velocità, che
si chiama condizione al contorno di adesione o di aderenza, in inglese no slip
condition. Questa condizione è propria del modello fisico di fluido viscoso
che non permette uno slittamento del fluido sulle pareti dei corpi solidi e vale
per ogni fluido con viscosità ν 6= 0, per quanto piccolo possa essere il valore
di ν.
• La condizione di annullamento della componente della velocità normale al
corpo, chiamata condizione al contorno di non penetrazione; questa con-
dizione è invece comune a qualunque modello di fluido indipendentemente dal
suo carattere viscoso o non viscoso.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 146 colore nero Giugno 12, 2006

146 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Senza timore di essere ripetitivi, vogliamo sottolineare che le condizioni supple-


mentari sono altrettanto importanti delle equazioni differenziali che governano il
moto del fluido. In realtà, il tipo di condizioni che è lecito e necessario imporre
è legato strettamente alla natura delle equazioni differenziali stesse, sicché le con-
dizioni iniziali e al contorno possono essere considerate come una parte integrante
del sistema di equazioni da risolvere. Ad esempio, un elemento distintivo delle
due equazioni di Navier–Stokes è l’assenza di un termine con derivata temporale
(prima) nella seconda equazione, cioè nella condizione d’incomprimibilità. Cor-
rispondentemente, in questo sistema la pressione iniziale non pu ò essere imposta,
anzi sarebbe sbagliato pensare di farlo.
Una volta arricchito dall’aggiunta delle sue condizioni supplementari, iniziali
e al contorno, il sistema delle equazioni di Navier–Stokes costituirà il seguente
problema completo


∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = g,


∂t ρ
u = 0,


u(r, 0) = u0 (r),

u(r, t)|S = b(r S , t).

I termini con il laplaciano della velocità e il gradiente della pressione sono scritti
nel primo membro dell’equazione perché le due variabili u e P sono entrambe
incognite del sistema (la densità ρ è invece una costante nota).
Questo problema presenta la stessa situazione paradossale che abbiamo incon-
trato nel paragrafo 3.4 discutendo le equazioni di Eulero per correnti incomprimibili.
Se i campi u(r, t) e P(r, t) soddisfano le equazioni e le condizioni del problema, e
quindi forniscono una sua soluzione, allora anche la coppia [u(r, t), P(r, t)+C(t)],
dove C(t) è una funzione arbitraria, è soluzione delle medesime equazioni e con-
dizioni. Questo si verifica facilmente sostituendo questi campi nelle equazioni
e nelle condizioni e osservando che C(t) = 0 in quanto la funzione C(t) non


dipende da r.
Pertanto, data una soluzione del problema delle equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili, esistono infinite altre soluzioni che differiscono soltanto per il valore
di riferimento della pressione, valore che può inoltre essere scelto arbitrariamente
in ogni istante. Come nel caso non viscoso, questa situazione è conseguenza
dell’ipotesi d’incomprimibilità, posta alla base del sistema di equazioni in esame,
ma deriva anche dall’avere considerato un problema in cui la velocità (o meglio la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 147 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.4: Condizione iniziale e condizione al contorno 147

sua componente normale) è prescritta su tutto il contorno S; quest’ultima situazione


è tipica del moto di un fluido contenuto in una regione delimitata da pareti rigide
(correnti confinate).
Dal punto di vista fisico, il valore assoluto della variabile termodinamica pres-
sione non può essere variato senza che questo si rifletta sulle altre variabili termo-
dinamiche del fluido. Quindi siamo di fronte a un’incongruenza fra la descrizione
teorica fornita dalle equazioni di Navier–Stokes per correnti incomprimibili e i prin-
cipi della termodinamica. In effetti, come si è già accennato nei paragrafi 2.4 e 2.5,
l’introduzione dell’ipotesi di incomprimibilità ha eliminato ogni considerazione
termodinamica dal quadro descrittivo del moto del fluido. Pertanto il paradosso
dell’arbitrarietà del livello della pressione delle correnti incomprimibili in una re-
gione confinata è una conseguenza diretta dell’ipotesi di incomprimibilità del fluido
e questo paradosso scompare nell’ambito della dinamica dei fluidi comprimibili.
Notiamo infine che nei problemi in cui il fluido entra nel domino (correnti
aperte e correnti esterne) è possibile specificare il valore della pressione su una
parte del contorno al posto di quello della velocità normale. In questi casi il campo
di pressione relativo alla soluzione delle equazioni incomprimibili non risente pi ù
dell’arbitrarietà riscontrata nel caso delle correnti confinate. Inoltre il campo trovato
è definito univocamente in modo assoluto poiché la variabile P compare diretta-
mente in una condizione al contorno e non solo come argomento dell’operatore
gradiente.

Condizioni di compatibilità dei e fra i dati


Analogamente a quanto visto nel paragrafo 3.4 per il problema incomprimibile di
un fluido non viscoso, i dati delle condizioni supplementari iniziale e al contorno,
u0 (r) e b(r S , t), del problema incomprimibile viscoso considerato non possono
essere assegnati in modo del tutto libero e indipendentemente l’uno dall’altro.
Questa limitazione è del tutto evidente riguardo il campo della velocità iniziale u0
che, essendo la corrente incomprimibile, dovrà necessariamente essere a divergenza
nulla. In altre parole il campo di velocità iniziale u0 deve soddisfare la condizione
di compatibilità
u0 = 0.


Ma anche il dato al contorno b(r S , t) non può essere scelto in modo completa-
mente arbitrario. Infatti, integrando su tutta la superficie S la componente normale
della velocità b(r S , t) prescritta sul contorno, si ottiene immediatamente
I I
n̂ u(r, t)|S = n̂ b(r S , t),
S S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 148 colore nero Giugno 12, 2006

148 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

per ogni istante di tempo t > 0. D’altra parte, in virtù del teorema della divergenza
l’integrale del primo membro si può trasformare in un integrale di volume, ovvero,
Z I
u(r, t) =


n̂ b(r S , t),
V S

e, siccome il campo della velocità deve essere a divergenza nulla ∀t > 0, tale
integrale è nullo e quindi deve necessariamente essere
I
n̂ b(r S , t) = 0
S

per ogni t > 0. Questa è una condizione di compatibilità globale che la componente
normale del dato al contorno b(r S , t) deve rispettare per ogni t > 0 affinché il campo
di velocità possa soddisfare sempre il vincolo d’incomprimibilità.
Infine, nello studio delle correnti attorno a corpi che partono in modo impulsivo,
argomento sul quale non ci soffermiamo, esiste una ulteriore condizione che esprime
la compatibilità fra il dato iniziale e il dato al contorno, su S e per t = 0, che ha la
forma seguente

n̂ u0 (r)|S = n̂ b(r S , 0).

L’insieme delle tre condizioni di compatibilità nel caso del problema viscoso è
quindi dato da

u0 = 0,


I
n̂ b(r S , t) = 0,
S

n̂ u0 (r)|S = n̂ b(r S , 0).

Nei problemi stazionari non esiste alcun dato iniziale e il valore prescritto sul
contorno per la velocità non dipende dal tempo, abbiamo cioè b = b(r S ), per cui
esiste la sola condizione di compatibilità
I
n̂ b(r S ) = 0.
S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 149 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.5: Equazioni adimensionali: il numero di Reynolds 149

5.5 Equazioni adimensionali: il numero di Reynolds


Esaminiamo ora le proprietà delle equazioni di Navier–Stokes rispetto ai cambia-
menti di scala con l’intento di introdurre un parametro che misuri l’importanza
degli effetti viscosi sul moto del fluido.
Dato un problema generico riguardante il moto un fluido viscoso, indichiamo
con L una lunghezza caratteristica e con U una velocità caratteristica del prob-
lema in esame. Queste grandezze sono scelte in modo arbitrario. Ad esempio,
se consideriamo la corrente attorno a una sfera, L potrebbe essere il raggio della
sfera o anche il suo diametro, e U potrebbe essere la velocità del fluido all’infinito.
Da questo emerge che le quantità L e U definiscono semplicemente la scala delle
lunghezze e delle velocità tipiche della corrente considerata. La loro scelta deter-
mina una scala per la variabile temporale t mediante la quantità T = L/U .
A questo punto possiamo misurare le grandezze r, t e u come frazioni rispetto
alle quantità caratteristiche, introducendo le seguenti variabili adimensionali:
r t Ut u
r̃ = , t̃ = = , ũ = .
L T L U
Per il teorema di derivazione delle funzioni composte, la derivata parziale rispetto
al tempo si trasformerà nel modo seguente
∂ ∂ d t̃ 1 ∂
= =
∂t ∂ t̃ dt T ∂ t̃
e analogamente la derivata rispetto allo spazio
d r̃ 1
= ˜ = ˜,
  

dr L
dove ˜ rappresenta l’operatore gradiente rispetto alle coordinate adimensionali


(x̃, ỹ, z̃) = r̃. In modo simile, ricordando che 2 =


 

, l’operatore laplaciano
si trasformerà nel modo seguente
1 ˜2
2
∇ .=
L2
Esprimiamo ora la velocità dimensionale, incognita originaria del problema in-
comprimibile, in termini della corrispondente variabile adimensionale, u = U ũ, e
sostituiamo nell’equazione della quantità di moto (senza il termine di forza esterna
g):
 1 ˜P


1 ∂(U ũ) 1 1
+ (U ũ) ˜ (U ũ) − ν 2 ∇˜ 2 (U ũ) + = 0.


T ∂ t̃ L L L ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 150 colore nero Giugno 12, 2006

150 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Ricordando che T = L/U abbiamo

U 2 ∂ ũ U 2 1 ˜P


U
+ (ũ ˜ )ũ − ν 2 ∇˜ 2 ũ + = 0.


L ∂ t̃ L L L ρ

Moltiplicando tutti i termini per L/U 2 si ottiene

∂ ũ ν ˜2
+ (ũ ˜ )ũ − ∇ ũ + ˜ P̃ = 0,
 

∂ t̃ LU

dove è stata introdotta la pressione adimensionale P̃ = P/(ρU 2 ). Il rapporto


ν/(LU ) è un numero puro (privo cioè di dimensioni) e il suo reciproco è chiamato
numero di Reynolds:

LU ρ LU
Re = = .
ν µ

Esso permette di scrivere l’equazione della quantità di moto nella classica forma
adimensionale

∂ ũ 1 ˜2
+ (ũ ˜ )ũ − ∇ ũ + ˜ P̃ = 0.
 

∂ t̃ Re

In pratica, una volta effettuata la riduzione alle variabili adimensionali e introdotto


il numero di Reynolds, tutte le variabili indipendenti e le variabili incognite sono
scritte eliminando il simbolo tilde ˜, per cui le equazioni di Navier–Stokes in forma
adimensionale saranno scritte semplicemente

∂u 1
+ (u )u − 2
u+ P = 0,
 

∂t Re
u = 0.


Per capire l’utilità del numero di Reynolds, consideriamo le correnti attorno a due
sfere di raggi diversi, una corrente con una velocità U∞ = 100 m/s a grande distanza
da una sfera di raggio a = 4 cm e l’altra con U∞ = 200 m/s con raggio a = 2 cm.
Se scegliamo come L il raggio a e come U la velocità all’infinito U∞ , allora il
numero di Reynolds è lo stesso per entrambe le correnti. Le equazioni soddisfatte
dalle variabili adimensionali sono quindi identiche per le due correnti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 151 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.5: Equazioni adimensionali: il numero di Reynolds 151

Due correnti con la stessa geometria e lo stesso numero di Reynolds sono dette
simili. Più precisamente, consideriamo i campi di velocità dimensionali u1 e u2
di due correnti nelle regioni V1 e V2 le quali sono in rapporto di scala secondo un
fattore λ, cosı̀ che L 1 = λL 2 . Supponiamo di avere scelto il valore U1 e U2 per
ciascuna corrente e che le viscosità cinematiche dei rispettivi fluidi siano ν1 e ν2 .
Se accade che
L 1 U1 L 2 U2
Re1 = Re2 ovvero = ,
ν1 ν2
allora i campi di velocità adimensionali ũ1 e ũ2 soddisfano esattamente le stesse
equazioni nella stessa regione (adimensionale). Pertanto possiamo concludere che
il campo della velocità dimensionale u1 può essere ottenuto dalla soluzione u2 ,
opportunamente riscalata, mediante la relazione u1 = U U1
2
u2 : in altre parole le due
velocità u1 e u2 sono simili.
Per chiarire il significato del numero Re, notiamo che le derivate delle compo-
nenti di u, come ad esempio ∂u/∂ x, saranno tipicamente di ordine U/L, ovvero la
componente u varia di una quantità di ordine U su distanze di ordine L. Tipica-
mente queste derivate avranno a loro volta variazioni di ordine U/L su distanze di
ordine L, per cui le derivate seconde come ∂ 2 u/∂ x 2 saranno di ordine U/L 2 . Infine
il termine non lineare, chiamato spesso anche termine inerziale, avrà variazioni
di ordine U · U/L = U 2 /L. Si ottengono cosı̀ le seguenti stime dell’ordine di
grandezza dei due termini principali dell’equazione della quantità di moto:

|(u )u| = O U 2 /L ,


termine non lineare :



termine viscoso : |ν 2 u| = O νU/L 2 .
Se queste stime sono valide, si deduce che
 2   
termine non lineare U /L LU
=O = O = O(Re).
termine viscoso νU/L 2 ν
Il numero di Reynolds è quindi importante perché dà una stima indicativa della
grandezza relativa dei due termini fondamentali dell’equazione della quantità di
moto. Non sorprende pertanto che le correnti ad alto numero di Reynolds e quelle
a basso numero di Reynolds abbiano caratteristiche generali del tutto diverse.

Adimensionalizzazione alternativa
Esiste una scelta diversa della scala temporale per definire un tempo adimensionale
che conduce ad una forma alternativa delle equazioni di Navier–Stokes adimensio-
nali. Invece del tempo di riferimento L/U basato sulla lunghezza e sulla velocità
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 152 colore nero Giugno 12, 2006

152 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

di riferimento, è possibile prendere come scala temporale quella determinata dal


fenomeno della diffusione viscosa della vorticità, che è data dal rapporto L 2 /ν.
Questa scelta, assieme alle scale usuali L e U per le distanze e la velocità,e alla nuova
scala ρνU/L per la pressione, permette di definire nuove variabili adimensionali
secondo lo schema

r u . L2 . ρνU
r̆ = , ŭ = , t̆ = t , P̆ = P .
L U ν L

Esprimendo le grandezze e gli operatori dimensionali in termini delle nuove entità


adimensionali, l’equazione della quantità di moto diventa

νU ∂ ŭ U 2  νU νU
+ ŭ ˘ ŭ − 2 ∇˘ 2 ŭ + 2 ˘ P̆ = 0.
 

2
L ∂ t̆ L L L

Moltiplicando la relazione per L 2 /(νU ) si ottiene

∂ ŭ 
+ Re ŭ ˘ ŭ − ∇˘ 2 ŭ + ˘ P̆ = 0,
 

∂ t̆
che rappresenta una forma adimensionale dell’equazione, alternativa a quella clas-
sica scritta in precedenza. Questa nuova forma è più comoda per analizzare il
caso particolare di correnti nelle quali effetti associati al termine non lineare sono
trascurabili, ovvero quando si considera il limite Re → 0.
Nelle applicazioni si è molto interessati a correnti in cui il valore di Re è molto
grande. Dobbiamo sottolineare che non si può dire che “se ν è piccolo allora gli
effetti viscosi non sono importanti”, in quanto questo ragionamento non considera le
altre dimensioni del problema. In altre parole, “ν è piccolo” è un’affermazione priva
di significato fisico a meno che non sia stata scelta qualche scala per la lunghezza e
1
la velocità, mentre “ Re è piccolo” è un’affermazione avente significato.

Correnti ad alti numeri di Reynolds


Il caso Re  1 corrisponde a una corrente di un fluido in cui gli effetti viscosi
sono trascurabili rispetto a quelli inerziali del termine non lineare. Per le correnti
incomprimibili di un fluido non viscoso attorno a una sfera o a un cilindro calcolate
nel capitolo precedente il numero di Reynolds non può essere definito, ma questi
problemi possono essere considerati come il caso limite per Re → ∞. e µ → 0.
Tuttavia, per Re anche molto grande sono comunque sempre presenti effetti viscosi
anche se localizzati in uno strato sottile di fluido vicino alla parete del corpo. In
questo strato il valore particolarmente grande del gradiente della velocità e le sue
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 153 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 153

variazioni locali rendono il termine viscoso più grande della stima considerata in
precedenza. È possibile mostrare che lo spessore tipico δ di questo strato limite è
di ordine
δ 1
∝ √ .
L Re
Tanto maggiore è il numero di Reynolds tanto minore è lo spessore dello strato

limite secondo la relazione di ordine che è scritta anche come δ/L = O Re−1/2 .
Un numero di Reynolds elevato è necessario per potere applicare la teoria delle
correnti non viscose nella maggior parte del campo di moto, ma non è sufficiente.
Nelle correnti i reali può verificarsi il fenomeno della separazione dello strato
limite consistente nella deviazione improvvisa delle linee di corrente dalla superficie
del corpo. Quando questo accade, la corrente osservata è molto diversa da quella
ricavabile dalla teoria non viscosa poiché, dopo il punto di separazione della
corrente, dietro al corpo è presente una scia e il moto del fluido può diventare
variabile. In effetti, ai numeri di Reynolds elevati le correnti stazionarie diventano
spesso instabili alle perturbazioni. Questa instabilità spesso è il preludio della
transizione della corrente a un regime turbolento. È stato proprio nel contesto dello
studio dell’origine dell’instabilità che Reynolds introdusse per primo il parametro
adimensionale (numero puro) che porta il suo nome.

Correnti a bassi numeri di Reynolds


Consideriamo un esperimento di laboratorio in cui della glicerina, che è un fluido
trasparente viscoso newtoniano, riempie lo spazio fra due cilindri circolari coassiali,
di cui l’interno può essere fatto ruotare mentre quello esterno è fermo. Supponiamo
che una sfera di glicerina colorata sia stata inserita precedentemente nella massa
di glicerina inizialmente ferma tra i cilindri. Per velocità di rotazione del cilindro
interno relativanemte modeste il numero di Reynolds può avere un valore pari a
circa 10−2 , comunque molto minore di 1. A questi numeri di Reynolds la corrente è
estremamente regolare e non c’è alcun segno di disordine nel moto del fluido: una
correntei questo tipo è detta laminare.
La corrente è cosı̀ ben ordinata che se, dopo alcuni giri, si ferma la rotazione
del cilindro interno e poi si fa girare il cilindro in senso inverso per lo stesso numero
di giri fino alla posizione originale, la sfera colorata, che era stata deformata e
enormemente allungata durante la prima fase della rotazione fino a formare un nastro
estremamente sottile intorno all’asse, ritornerà quasi nella stessa configurazione
iniziale di una sfera concentrata del colore originale. Questa reversibilità quasi
completa è una caratteristica delle correnti a numeri di Reynolds bassi e pressoché
stazionari.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 154 colore nero Giugno 12, 2006

154 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

5.6 Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele


In questo paragrafo presentiamo alcune soluzioni analitiche delle equazioni di
Navier–Stokes incomprimibili nel caso di correnti stazionarie e parallele. Una
corrente è detta parallela se il vettore velocità ha la stessa direzione in ogni punto.
Le soluzioni che esamineremo risultano essere molto semplici sia in virt ù della
semplicità geometrica dei contorni che delimitano la regione occupata dal fluido
sia dal loro carattere ideale, nel senso che hanno un’estensione infinita in una o pi ù
direzioni. Le equazioni di Navier–Stokes per correnti incomprimibili e stazionarie
che risolveremo sono


P
(u )u − ν 2 u + = g,


ρ
u = 0,


e saranno completate da opportune condizioni al contorno.

Equazioni del moto fra due lastre piane parallele


Il caso più semplice di corrente incomprimibile viscosa esprimibile come soluzione
analitica delle equazioni di Navier–Stokes stazionarie è la corrente di un fluido fra
U x̂
due lastre piane infinite, poste a distanza h fra loro, di cui una si muove con velocità
U costante e parallela alle lastre mentre l’altra è tenuta ferma (vedi figura 5.3).
h Consideriamo un sistema cartesiano con l’asse x diretto nella stessa direzione della
velocità della lastra in moto, U = U x̂, l’asse y perpendicolare alle due lastre e
l’origine del sistema posta in un punto qualunque della lastra ferma. Allora il piano
Figura 5.3 Regione della corrente y = 0 coincide con la superficie della lastra ferma in contatto con il fluido mentre
fra due lastre piane parallele il piano y = h coincide con la superficie della lastra in moto.
Se supponiamo che il moto del fluido fra le due lastre sia bidimensionale, l’asse
z sarà perpendicolare al piano del moto del fluido. In base alle condizioni di moto
delle pareti che delimitano il fluido, si può supporre che la velocità u abbia diversa
da zero solo la componente x. Assumeremo quindi che le variabili incognite delle
equazioni di Navier–Stokes per la corrente piana stazionaria siano della forma
u(r) = [u(x, y), 0, 0] = u(x, y) x̂ e P(r) = P(x, y).
Tali incognite dovranno allora essere soluzione del seguente sistema di equazioni
in due dimensioni


P
(u )u − ν 2 u + = 0,


ρ
u = 0,

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 155 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 155

dove 2 indica l’operatore di Laplace bidimensionale nel piano x-y e dove abbiamo
supposto di potere trascurare l’effetto della forza di volume esterna g eventualmente
presente. Nel caso in cui questa forza sia esprimibile mediante il gradiente di
un’energia potenziale, il suo effetto potrebbe comunque essere tenuto in conto
come una semplice correzione esplicita della pressione.
Vediamo quali sono le conseguenze delle due equazioni e dell’ipotesi u(r) =
u(x, y) x̂. Dall’equazione d’incomprimibilità si ottiene

∂u
u= = 0,


∂x
per cui la velocità può dipendere solo dalla coordinata y: u = u(y) e quindi avremo
u(r) = u(y) x̂. Allora, per quanto riguarda il termine convettivo, avremo

∂u(y)
)u = (u(y) x̂ )(u(y) x̂) = u(y) x̂ = 0,
 

(u
∂x
e quindi il termine non lineare dell’equazione è nullo. Per quanto riguarda il termine
viscoso avremo invece
 2 
2 ∂ ∂2 d 2 u(y)
u= + (u(y) x̂) = x̂,
∂x2 ∂y 2 dy 2

dove si è usata la notazione delle derivata ordinaria per evidenti ragioni. Tenendo
conto di questi risultati, l’equazione (vettoriale) della quantità di moto diventa
quindi

d 2u


P
2
x̂ − = 0,
dy µ

nelle due funzioni incognite u = u(y) e P = P(x, y). La componente y di tale


equazione è semplicemente

∂P
=0
∂y

per cui la pressione può dipendere solo dalla coordinata x, ovvero deve essere
P(r) = P(x). Usando questo risultato nell’equazione della componente x della
quantità di moto si ha

d 2u 1 dP
2
− = 0.
dy µ dx
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 156 colore nero Giugno 12, 2006

156 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Questa equazione è del tipo f (y) + g(x) = 0 e può essere soddisfatta solo se
entrambe le funzioni f e g sono costanti, ovvero non dipendono dalle rispettive
variabili. Introduciamo pertanto il parametro gradiente di pressione costante
d P 
GP =
dx cost
dove l’indice inferiore cost è usato per ricordare che la derivata della pressione non
è una funzione di x ma deve essere una costante. Un gradiente positivo (G P > 0)
comporta una spinta sul fluido nel verso negativo dell’asse x mentre un gradiente
negativo (GP < 0) comporta una spinta nel verso positivo dell’asse x: il fluido è
sempre “spinto in discesa” rispetto al campo della pressione. La pressione lungo
l’intercapedine fra le due lastre avrà quindi l’andamento lineare

P(x) = P0 + GP x,

dove P0 è una costante arbitraria, mentre la velocità u = u(y) fra le due piastre sarà
la soluzione dell’equazione differenziale ordinaria
d 2u GP
2
=
dy µ
che soddisfa le condizioni al contorno della velocità sulle due lastre.

Corrente di Couette piana


Supponiamo ora che non esista alcun gradiente della pressione nel fluido fra le due
lastre per cui G p = 0 e quindi P = costante e che inoltre le condizioni al contorno
siano quelle con la lastra inferiore ferma e quella superiore traslante con velocità
orizzontale U assegnata. In questo caso il problema da risolvere per u(y) è
d 2u
= 0, u(0) = 0 e u(h) = U.
dy 2
Integrando due volte l’equazione differenziale si ottiene immediatamente
u(y) = Ay + B.
Imponendo prima la condizione al contorno sulla lastra ferma, u(0) = 0, si ottiene
B = 0, e poi la condizione al contorno sulla lastra in moto, u(h) = U , si ottiene
A = U/ h, per cui la soluzione è

y
u(y) = U ,
h

ovvero un profilo di velocità lineare fra le due lastre. Questa corrente si chiama
corrente di Couette (piana) ed è mostrata nella figura 5.4.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 157 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 157

Figura 5.4 Campo di velocità della


corrente di Couette (piana) x

Calcoliamo ora lo sforzo viscoso nel fluido relativamente a superfici parallele ai


piani delle lastre. Partiamo dalla relazione (vedi paragrafo 5.10)
 
sn̂ = µ 2(n̂ )u + n̂
 

che esprime la forza viscosa per unità di area agente sul fluido che si trova dall’altra
parte di una superficie con normale uscente n̂ a causa dell’attrito viscoso provocato
dal fluido che si muove all’esterno. Se consideriamo una superficie parallela ai
piani delle lastre, la normale uscente n̂ è uguale a ŷ, avremo quindi
 
sŷ = µ 2(ŷ )(u(y) x̂) + ŷ
 

(u(y) x̂)
   
du(y) du(y)
=µ 2 x̂ + ŷ − ẑ
dy dy
 
du(y) du(y) du(y)
=µ 2 x̂ − x̂ = µ x̂.
dy dy dy

Sostituendo u(y) = U y/ h si ottiene

µU
sŷ = x̂,
h

per cui lo sforzo tra le lastre è uniforme e diretto parallelamente alle lastre nella
direzione della velocità (la forza viscosa è comunque nulla in ogni punto fra le
lastre).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 158 colore nero Giugno 12, 2006

158 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Osservazione Lo sforzo appena calcolato,(µU/ h) x̂, rappresenta la forza esterna


per unità di area che si deve applicare alla lastra superiore per riuscire a mantenere il
valore U della sua velocità costante e quindi a mantenere la corrente di Couette fra
le lastre. Una forza esterna, sempre per unità di area, uguale in modulo e direzione
ma opposta in verso deve essere applicata alla lastra inferiore affinché rimanga
ferma contrastando l’azione della viscosità del fluido che tenderebbe a trascinarla
in direzione x̂.
È importante osservare che la forza esterna agente sulla lastra superiore effettua
un lavoro in quanto il suo punto di applicazione si sposta con la lastra. Quantitati-
vamente, dall’esterno deve allora essere fornita una potenza per unità di area pari
a µU 2 / h affinché la lastra superiore continui a mantenere il moto stazionario del
fluido fra le due lastre. Nasce a questo punto una domanda: dove finirà l’energia
spesa per fornire la potenza richiesta? La risposta è: “nel fluido viscoso” il quale
aumenta la sua energia interna e quindi la sua temperatura per effetto dell’azione
della forza viscosa dentro il fluido.
La presenza di questo bilancio energetico indica che la descrizione del processo
di riscaldamento interno del fluido a causa dell’attrito viscoso coinvolge il principio
di conservazione dell’energia. Se si formulasse un’equazione esprimente la legge
di conservazione dell’energia per il fluido in forma locale, il riscaldamento interno
del fluido potrebbe allora essere descritto correttamente e quindi si potrebbe anche
determinarne le conseguenze sul valore della densità e del coefficiente di viscosità
µ, non più ritenibili costanti. In altre parole, non sarebbero più valide le ipotesi
che ci hanno condotto al sistema di equazioni di Navier-Stokes per correnti incom-
primibili con fluido di densità uniforme. Dovremmo allora formulare un sistema
di equazioni della fluidodinamica più generale, chiamate equazioni di Navier–
Stokes comprimibili o complete o anche equazioni di Navier–Stokes tout court,
che comprende, assime all’equazione di conservazione della massa e all’equazione
della quantità di moto, anche l’equazione di conservazione dell’energia: questo
sistema governa il moto dei fluidi comprimibile e viscosi e tutte le sue equazioni
sono in generale accoppiate fra loro.
Viceversa, se si accetta l’ipotesi di corrente incomprimibile, il sistema di
equazioni di Navier–Stokes incomprimibili studiate in questo capitolo pu ò es-
sere risolto prescindendo da considerazioni relative all’energia: la distribuzione
dell’energia interna del fluido può essere infatti calcolata in una fase successiva,
dopo avere determinato il moto del fluido. Da un punto di vista fisico il modello
semplificato di corrente incomprimibile significa supporre che attorno al fluido e
alle pareti della regione in cui esso si muove esista un insieme di apparati che
mantengono la temperatura del fluido costante e uniforme in ogni suo punto. Ad es-
empio, nel caso qui considerato di corrente incomprimibile fra due pareti, possiamo
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 159 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 159

immaginare che esse siano mantenute a una determinata temperatura mediante un


sistema di raffreddamento consistente in un fluso d’aria provocato da un ventilatore
esterno. Tale corrente d’aria permette di evitare che l’energia interna del fluido fra
le pareti continui ad aumentare e consente di smaltire nell’aria la potenza spesa per
mantenere in moto la lastra superiore contro la forza di frenamento dovuta alla vis-
cosità del fluido. Nel seguito non considereremo l’equazione dell’energia e quindi
il nostro studio della dinamica dei fluidi sarà sviluppato supponendo che la corrente
sia incomprimibile e che il fluido abbia densità uniforme. Come si è già detto,
per questo tipo di correnti l’equazione della quantità di moto e la condizione di
incomprimibiltà costituiscono un sistema di equazioni pari al numero di incognite e
quindi le due equazioni possono essere risolte con le necessarie condizioni iniziali
e al contorno prescindendo da qualunque considerazione relativa all’energia e alle
proprietà termodinamiche del fluido.

Corrente di Poiseuille piana


Esaminiamo ora il caso in cui fra le due lastre esiste un gradiente della pressione
il quale, come abbiamo visto, deve essere costante. Consideriamo dapprima la
situazione più semplice, nella quale entrambe le lastre sono ferme. In questo caso
il problema da risolvere è
d 2u GP
2
= , u(0) = 0 e u(h) = 0,
dy µ
con il parametro GP 6= 0 definito da
d P 
GP = .
dx cost
Integrando l’equazione si ha
GP 2
u(y) = y + Ay + B,

dove le costanti d’integrazione sono determinate dalle condizioni al contorno. La
prima condizione implica che B = 0 e poi la seconda che A = −G P h/(2µ) per cui
la soluzione è

GP h 2 y  y
u(y) = − 1− .
2µ h h

Il campo di velocità fra le lastre ferme ha quindi un profilo parabolico come quello
mostrato nella figura 5.5 nel caso GP < 0. Questo tipo di corrente è chiamato
corrente di Poiseuille (piana).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 160 colore nero Giugno 12, 2006

160 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Figura 5.5 Campo di velocità della


corrente di Poiseuille (piana) 0 x

Il vettore sforzo viscoso associato alla direzione ŷ vale quindi


 
du(y) GP h 2y
sŷ (y) = −µ x̂ = − 1− x̂,
dy 2 h

e ha un andamento lineare con y: se GP < 0 il segno di questa grandezza è positivo


nella metà inferiore del canale e negativo nella metà superiore: ciò corrisponde a
un effetto frenante dei filetti di fluido più vicini alle pareti su quelli più lontani e al
contrario a un effetto accelerante di quelli più vicini al centro del canale su quelli
più lontani dal centro.
Il profilo di velocità può essere espresso anche in forma adimensionale intro-
ducendo una velocità di riferimento per la corrente considerata. Ad esempio si può
scegliere la velocità massima al centro del canale, ovvero,

GP h 2 h2  d P 
u max = u(h/2) = − =− .
8µ 8µ dx cost

Introducendo la velocità adimensionale ũ = u/u max e la coordinata verticale adi-


mensionale ỹ = y/ h, la relazione del profilo di velocità in forma adimensionale
diverrà, molto semplicemente,

ũ( ỹ) = 4 ỹ(1 − ỹ), 0 ≤ ỹ ≤ 1.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 161 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 161

Corrente ibrida di Couette–Poiseuille


Veniamo infine al caso ibrido della corrente fra le due lastre piane che è provocata
dall’azione simultanea del moto della lastra superiore con velocità U e dalla presenza
di un gradiente di pressione (costante) in direzione x lungo lo spazio fra le lastre.
In tale caso dobbiamo risolvere il seguente problema

d 2u GP
2
= , u(0) = 0 e u(h) = U,
dy µ

con l’usuale significato dei simboli. La soluzione è


 
GP h 2  y y
u(y) = U − 1− ,
2µ h h

che, introducendo la velocità adimensionale (nuova) ũ = u/U e l’ordinata adimen-


sionale ỹ = y/ h, può essere espressa in forma adimensionale:

 
ũ( ỹ) = 1 − G̃P (1 − ỹ) ỹ, 0 ≤ ỹ ≤ 1

Il parametro adimensionale G̃P che appare in questa relazione è definito da

GP h 2 h2  d P 
G̃P = = ,
2µU 2µU dx cost

e rappresenta l’importanza relativa dei due termini responsabili della corrente ibrida,
ovvero il gradiente della pressione e il moto della lastra: G̃P = 0 corrisponde ad
assenza di gradiente di pressione e quindi alla corrente di Couette, G̃P < 0 a un
gradiente della pressione che spinge il fluido nello stesso verso della velocità U
della lastra, e G̃P > 0 a un gradiente di pressione che spinge il fluido in verso
opposto al moto della lastra (vedi figura 5.6).
Può essere interessante sapere per quale valore del parametro G̃P l’effetto della
pressione con gradiente positivo, che quindi spinge il fluido nel verso negativo
dell’asse x, riesce a provocare una corrente in verso opposto al moto della lastra,
almeno in una parte del canale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 162 colore nero Giugno 12, 2006

162 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

1 U

G̃P = 12 9 6 3 1 0 −1 −3 −6 −9 −12

flusso inverso
Figura 5.6 Profili della velocità x
ũ( ỹ) nella corrente piana di Couette–
–Poiseuille per valori diversi del
parametro adimensionale G̃P

Dalla figura 5.6 si nota che tale corrente inversa sarà possibile solo a partire da
quel valore di G̃P per il quale è nulla la pendenza del profilo di velocità sulla
superficie della lastra inferiore. Esprimendo la condizione in forma adimensionale
d ũ( ỹ)/d ỹ = 0, abbiamo

1 − G̃P (1 − 2 ỹ) = 0,

che per ỹ = 0 fornisce G̃P = 1. Quindi per G̃P > 1 esistono regioni di corrente
inversa vicino alla lastra ferma e la loro estensione cresce al diminuire di G̃P .
Fisicamente una regione di corrente inversa esiste quando la forza viscosa per unità
di volume è superata dal gradiente di pressione avverso o adverso, cioè con la
pressione che aumenta nella verso positivo della corrente.
In modo simmetrico, si può verificare che per G̃P < −1 la velocità nella zona
superiore del canale è maggiore della velocità della lastra.

Corrente di Poiseuille in un tubo di sezione circolare


La presenza di un gradiente di pressione costante in un fluido è in grado di provocare
un moto in una sola direzione anche quando il fluido è confinato all’interno di un
tubo rettilineo di sezione costante. Il caso più semplice e anche più rilevante per
le applicazioni è quello di un tubo di sezione circolare il cui raggio indicheremo
con a. Consideriamo la situazione ideale in cui il tubo abbia lunghezza infinita
e introduciamo un sistema di coordinate cilindriche con l’asse z coincidente con
l’asse del tubo, come mostrato nella figura 5.7.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 163 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 163

Figura 5.7
Tubo rettilineo di sezione circolare

Il moto stazionario del fluido sarà governato dalle seguenti equazioni e condizioni
al contorno


P
)u − ν 2
u+ = 0,


(u
ρ
u = 0,


u|R=a = 0,

dove il vettore velocità e tutti gli operatori saranno espressi in coordinate cilindriche.
Data la geometria assisimmetrica, possiamo supporre che la velocità soluzione del
problema abbia solo la componente assiale u z e che non dipenda dalla variabile
angolare θ, per cui scriveremo

u(r) = u z (R, z) ẑ,

e similmente per il campo della pressione

P(r) = P(R, z).

In altre parole stiamo cercando una soluzione che sia invariante per rotazioni attorno
all’asse z. La condizione di incomprimibilità, unita all’ipotesi di campo di velocità
unidirezionale, implica che

∂u z (R, z)
u= = 0,


∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 164 colore nero Giugno 12, 2006

164 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

per cui u z non dipende da z, ovvero risulta u(r) = u z (R) ẑ. Il termine non lineare
dell’equazione della quantità di moto per la corrente unidirezionale è nullo anche
in coordinate cilindriche in quanto

  ∂u z (R)
)u = u z (R) ẑ u z (R) ẑ = u z (R) ẑ = 0.
 

(u
∂z

Riguardo al termine viscoso si vede subito che


 
  1 d du z
2
u= 2
u z (R) ẑ = 2
u z (R) ẑ = R ẑ.
R dR dR

Le variabili incognite u z (R) e P(R, z) devono quindi soddisfare l’equazione della


quantità di moto
  

ν d du z P
− R ẑ + = 0,
R dR dR ρ

con u z (R) soggetta alla (sola) condizione al contorno

u z (a) = 0.

La componente in direzione R dell’equazione della quantità di moto è semplice-


mente
∂P
=0
∂R
per cui la pressione P(R, z) può dipendere solo dalla coordinata assiale: P = P(z).
Di conseguenza, l’equazione della componente lungo R della quantità di moto si
scriverà
 
ν d du z 1 dP
− R + = 0.
R dR dR ρ dz

Questa equazione è della forma f (R) + g(z) = 0 e potrà essere soddisfatta solo se
entrambe le funzioni f e g sono costanti. Pertanto la pressione P(z) deve avere un
gradiente assiale costante e scriveremo quindi

P(z) = P0 + GP z,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 165 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 165

dove abbiamo introdotto il parametro (costante)


d P 
GP = .
dz cost
Si noti che per GP < 0 il fluido è spinto nel verso positivo dell’asse z. La differenza
di pressione P(z 2 ) − P(z 1 ) fra due punti diversi z 1 e z 2 lungo il tubo si chiama
perdita di carico.
Con la definizione del parametro GP , il problema per la velocità assiale u z (R)
assume quindi la forma
 
1 d du z GP
R = , u z (a) = 0.
R dR dR µ
Non deve destare troppa sorpresa che l’equazione differenziale del secondo or-
dine sia completata da una sola condizione al contorno, poiché l’estremo R = 0
dell’intervallo 0 ≤ R ≤ a in cui si cerca la soluzione non rappresenta un con-
torno sul quale la velocità possa essere prescritta. In altre parole, il valore
u z (0) è un elemento della soluzione che deve emergere dal procedimento di
risoluzione dell’equazione. Verifichiamo se ciò accada effettivamente. Molti-
plicando l’equazione per R 6= 0 si ottiene
 
d du z GP
R = R,
dR dR µ
che può essere integrata immediatamente una volta, fornendo
du z GP 2
R = R + A,
dR 2µ
dove A è la costante di integrazione. Dividendo ora per R 6= 0 si ottiene l’equazione
del primo ordine
du z GP A
= R+ ,
dR 2µ R
che si integra ancora immediatamente:
GP 2
u z (R) = R + A ln R + B,

dove B è la seconda costante d’integrazione. Ecco il punto: la prima costante A
deve essere nulla affinché la soluzione sull’asse z sia limitata. Imponendo infine la
condizione al contorno u z (a) = 0 si ottiene B = −GP a 2 /(4µ) per cui la soluzione

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 166 colore nero Giugno 12, 2006

166 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

 
GP a 2 R2
u z (R) = − 1− 2 ,
4µ a

con un profilo parabolico ed è chiamata corrente di Poiseuille nel tubo a sezione


circolare. La velocità massima è raggiunta sull’asse del tubo e vale
GP a 2 a2  d P 
u max
z = u z (0) = − = − .
4µ 4µ dz cost
La velocità media hu z i su tutta la sezione del tubo si ottiene integrando la velocità
u z (R) su tutta la superficie πa 2 :
Z 2π Z a  
1 GP a 2 R2
hu z i = − 1 − R dR dθ
πa 2 0 0 4µ a2
Z a 
GP R3
=− 2π R − 2 dR
4πµ 0 a
 2
4  a
GP R R
=− − 2
2µ 2 4a 0

GP a 2 u max
=− = z .
8µ 2
Determiniamo la portata in massa P.M., detta anche portata massica, che passa
nel tubo. Essendo la velocità diretta lungo l’asse z, si deve calcolare l’integrale del
flusso su tutta la superficie circolare S della sezione del tubo. Questo integrale è lo
stesso, a meno di un fattore, di quello appena calcolato per determinare la velocità
media, per cui, invece di ripetere i calcoli precedenti, possiamo trovare la portata
utilizzando l’espressione della velocità media hu z i e tenendo conto che la densità
del fluido è costante:
GP a 2
P.M. = ρhu z i πa 2 = −ρ πa 2

π GP a 4
=−

Questa relazione è nota con il nome di legge di Poiseuille.
Determiniamo ora la forza agente sul tubo in conseguenza della corrente di
Poiseuille che scorre al suo interno. A tale scopo è necessario calcolare il vettore
sforzo viscoso associato alla direzione R̂, ovvero, essendo la corrente incomprimi-
bile:
 
sR̂ (r) = µ 2(R̂ )u + R̂
 

u,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 167 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 167

come mostrato nel paragrafo 5.10. Un calcolo diretto fornisce


   
du z (R) du z (R) ˆ du z (R)
sR̂ (R) = µ 2 ẑ + R̂ − =µ ẑ
dR dR dR
GP 1d P 
= R ẑ = R ẑ.
2 2 dz cost
La forza per unità di lunghezza si ottiene integrando questa espressione, dopo avere
cambiato di segno per avere la forza viscosa esercitata dal fluido sulla parete del
tubo, lungo la circonferenza della sezione del tubo e quindi si ottiene
Z 2π
GP
Fz = − a a dθ = −πa 2 GP .
0 2
Se il gradiente della pressione è negativo, GP < 0, allora il segno di Fz è positivo:
ciò è corretto in quanto il fluido si muove lungo il tubo nel verso positivo dell’asse
z e quindi la forza che agisce sul tubo a causa della viscosità del fluido in moto ha
lo stesso verso della corrente.

Corrente lungo un piano inclinato causata dalla gravità


Consideriamo ancora un caso di corrente unidirezionale, ma provocato questa volta
dall’azione della forza gravitazionale agente sul fluido. Supponiamo di avere un
piano infinito inclinato di un angolo α rispetto al piano orizzontale e che uno strato di
un fluido viscoso di spessore uniforme h si trovi sopra il piano inclinato. Vogliamo
determinare il moto stazionario del fluido sempre nell’ipotesi che la corrente possa
essere considerata incomprimibile.
Introduciamo un sistema cartesiano con l’asse x diretto come la direzione di
pendenza massima sul piano inclinato e con verso positivo diretto verso il basso,
per cui l’asse x forma un angolo α con il piano orizzontale, come mostrato nella
figura 5.8.

y
h u(y)
g

x
Figura 5.8 Corrente stazionaria con α
superficie libera lungo un piano
inclinato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 168 colore nero Giugno 12, 2006

168 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Prendiamo l’asse y in direzione perpendicolare al piano inclinato e con verso


positivo al di sopra di tale piano, e scegliamo la posizione dell’origine in modo
che la superficie del piano inclinato in contatto con il fluido corrisponda a y =
0. La direzione dell’asse z sarà allora orizzontale, perpendicolare al piano della
figura e diretta verso il lettore. Studiamo il movimento discendente del fluido
supponendo che il suo campo di velocità sia piano e quindi appartenente al piano
x-y. Supponiamo infine che il campo di moto della corrnte considerata dipenda
solo dalla coordinata y normale al piano, ovvero

u(r) = [u(y), v(y), 0] = u(y) x̂ + v(y) ŷ,

mentre la pressione è supposta essere indipendente solo dalla terza coordinata z:

P(r) = P(x, y).

Sul fluido agisce la forza di volume esterna dovuta alla presenza del campo di gravità
terrestre. Tale forza (per unità di volume) è data dal vettore campo di gravitazione g
che sarà espresso nel sistema cartesiano inclinato appena introdotto dalla relazione

g = g sin α x̂ − g cos α ŷ.

Le equazioni di Navier–Stokes che governano il moto stazionario di un fluido


viscoso sono:


P
)u − ν 2
u+ = g,


(u
ρ
u = 0,


Notiamo subito che la condizione di incomprimibilità


∂u(y) ∂v(y) dv(y)
u= + = =0


∂x ∂y dy
implica che v = costante e, in virtù della condizione al contorno di non penetrazione
v(0) = 0 sulla superficie del piano inclinato, v = 0, identicamente.
Essendo allora la corrente unidirezionale con u(r) = u(y) x̂, il termine non


lineare (u )u è nullo. Se teniamo poi conto della forma del termine viscoso e
delle componenti del campo di gravità, l’equazione della quantità di moto assumerà
la forma
d 2u


P
−ν 2 x̂ + = g sin α x̂ − g cos α ŷ.
dy ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 169 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.6: Soluzioni esatte per correnti stazionarie parallele 169

Scrivendo esplicitamente le due componenti cartesiane di questa equazione abbiamo

d 2u 1 ∂ P
−ν + = g sin α,
dy 2 ρ ∂ x
1 ∂P
= −g cos α.
ρ ∂y
La seconda di queste equazioni si integra immediatamente

P(x, y) = −ρg cos α y + f (x),

dove f (x) è una funzione di x da determinare.


Supponiamo che la superficie superiore dello strato di fluido di spessore h sia
una superficie libera: con tale denominazione intendiamo che la pressione sulla
superficie sia uguale alla pressione esterna, ad esempio la pressione atmosferica
Patm e che lo sforzo viscoso superficiale sia nullo. Allora per y = h avremo le due
seguenti condizioni al contorno:
du(h)
P(x, h) = Patm e µ = 0.
dy
In particolare, la prima condizione permette di trovare la “funzione d’integrazione”
f (x) giacché abbiamo

P(x, h) = −ρg cos α h + f (x) = Patm ,

da cui segue f (x) = costante = ρgh cos α + Patm , per cui il campo di pressione
della corrente dipenderà solo da y e sarà dato da

P(y) = Patm + (ρg cos α) (h − y).

Essendo quindi ∂ P/∂ x = 0, la prima equazione si semplifica in

d 2u g sin α
=− ,
dy 2 ν
ed è corredata da due condizioni al contorno: la prima di adesione sul piano inclinato
e la seconda di sforzo nullo sulla superficie libera del fluido, ovvero,
du(h)
u(0) = 0 e = 0.
dy
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 170 colore nero Giugno 12, 2006

170 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

La soluzione si calcola facilmente prima integrando l’equazione differenziale due


volte, da cui si ricava

g sin α 2
u(y) = − y + Ay + B,

e poi imponendo le due condizioni al contorno per determinare le costanti di inte-


grazione, B = 0 e A = gh sin α/ν, ottenendo

g sin α
u(y) = y(2h − y).

Il profilo della velocità è quindi parabolico e raggiunge la velocità massima sulla


superficie libera. La portata volumetrica di fluido lungo il piano inclinato, per unità
di lunghezza nella direzione z, è data dall’integrale

Z h
gh 3
P.V. = u(y) dy = sin α.
0 3ν

5.7 Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0

Figura 5.9
Sfera immersa in una corrente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 171 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 171

Corrente uniforme attorno a una sfera


Determiniamo ora la corrente incomprimibile stazionaria attorno a una sfera in-
vestita da un fluido con velocità uniforme a grande distanza da essa nel caso limite
Re = 0. Con l’espressione “Re = 0” non si intende naturalmente dividere per
zero il termine viscoso delle equazioni di Navier–Stokes adimensionali, bensı̀ con-
siderare una corrente a velocità tanto piccole da potere trascurare il termine non
lineare quadratico nell’equazione della quantità di moto. Nell’ambito di questa ap-
prossimazione, il campo di velocità u(r) e il campo di pressione P(r) della corrente
incomprimibile saranno soluzione delle seguenti equazioni stazionarie, scritte in
forma dimensionale,

−µ 2
u+ P = 0,


u = 0,


chiamate equazioni di Stokes (stazionarie). Esse sono completate dalla sola


condizione al contorno per la velocità che, nel caso della corrente uniforme attorno
a una sfera di raggio a, assumerà la forma

u(r)|r=a = 0 e u(r)|r→∞ → U.

Ricerchiamo una soluzione assisimmetrica e utilizziamo un sistema di coordinate


sferiche (r, θ, φ) con origine nel centro della sfera e con l’asse z nella stessa
direzione della velocità del fluido all’infinito, U = U ẑ. Allora il campo di velocità
avrà solo le componenti radiale e azimutale ed esse saranno indipendenti dall’angolo
φ, per cui avremo

u(r, θ) = [u r (r, θ), u θ (r, θ), 0] e P = P(r, θ).

Le equazioni di Stokes sono lineari e quindi sono più facili da risolvere rispetto
a quelle di Navier–Stokes, ma presentano la medesima difficoltà di ogni problema
incomprimibile dovuta all’esistenza di un accoppiamento fra le incognite velocità
e pressione che richiede una soluzione simultanea di tutte le equazioni del sis-
tema. Nel caso delle coordinate sferiche esiste poi un ulteriore accoppiamento fra
le componenti del vettore velocità causata dal termine viscoso. Si nota infatti che
il laplaciano di un campo vettoriale in queste coordinate non ha un’azione indipen-
dente sulle componenti del vettore velocità. Per queste ragioni, essendo il problema
bidimensionale in virtù dell’ipotesi di assisimmetria della corrente, affronteremo
il problema introducendo la funzione di corrente (sferica) di Stokes Ψ (r, θ) che
ne permette una formulazione in termini di una sola incognita puramente scalare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 172 colore nero Giugno 12, 2006

172 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Le componenti della velocità possono essere definite tramite Ψ (r, θ) mediante le


relazioni
1 ∂Ψ 1 ∂Ψ
ur = 2 e uθ = − ,
r sin θ ∂θ r sin θ ∂r
u = 0 risulta soddisfatta identica-


cosı̀ che la condizione di incomprimibilità


mente
   
1 ∂ 1 ∂Ψ 1 ∂ 1 ∂Ψ
+ − = 0,
r 2 ∂r sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r ∂r
per l’uguaglianza delle derivate seconde miste. Un calcolo diretto mostra che
ˆ 1
u=− E 2 Ψ,


r sin θ
dove ˆ rappresenta il versore tangente alle circonferenze con centro sull’asse z e
dove è stato introdotto l’operatore differenziale del secondo ordine
 
∂2 sin θ ∂ 1 ∂
E2 = 2 + 2 .
∂r r ∂θ sin θ ∂θ
u = − 2 u+ ( u) e della condizione
   

In virtù dell’identità differenziale


u = 0 per cui u = − 2 u, l’equazione della quantità
  

di incomprimibilità
di moto può essere scritta anche nella forma
u+ P =0
  

µ
che è più conveniente per calcolare il termine viscoso in funzione della variabile
scalare Ψ . Infatti, la componente radiale dell’equazione è
 
µ ∂ 1 ∂P µ ∂  ∂P
− E 2Ψ + =0 ⇒ − 2 E 2Ψ + = 0.
r sin θ ∂θ r ∂r r sin θ ∂θ ∂r
A sua volta la componente θ dell’equazione è
 
µ ∂ 1 1 ∂P µ ∂  ∂P
− − E Ψ +
2
=0 ⇒ E 2Ψ + = 0.
r ∂r sin θ r ∂θ sin θ ∂r ∂θ
Differenziando la prima equazione rispetto a θ e la seconda rispetto a r , si pu ò
eliminare la pressione ottenendo una sola equazione per l’incognita Ψ :
 
∂2  sin θ ∂ 1 ∂ 
E Ψ + 2
2 2
E Ψ = 0,
∂r 2 r ∂θ sin θ ∂θ
ovvero
 2  
∂ sin θ ∂ 1 ∂ 
2
+ 2 E 2 Ψ = 0.
∂r r ∂θ sin θ ∂θ
Ricordando la definizione dell’operatore E 2 , si vede che questa è un’equazione alle
derivate parziali di quarto ordine:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 173 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 173


E 2 E 2 Ψ = 0.

Pertanto la semplificazione di sostituire tre equazioni accoppiate per le incognite


u r , u θ e P con una singola equazione per la sola incognita scalare Ψ è possi-
bile al prezzo di un aumento dell’ordine del problema differenziale. L’equazione
trovata deve poi essere completata con le condizioni al contorno. Osserviamo che
per un’equazione ellittica di quarto ordine (come l’equazione presente) si devono
fornire due condizioni su tutto il contorno. In effetti nel problema fluidodinamico
assisimetrico la condizione al contorno per la velocità consiste effettivamente in
due condizioni scalari per le due componenti della velocità e quindi abbiamo un
numero corretto di condizioni al contorno per la variabile Ψ .
La forma esplicita di tali condizioni si ottiene sfruttando la definizione delle
componenti della velocità in termini di Ψ . Sulla superficie della sfera si annullano
sia la componente normale, per cui (∂Ψ/∂θ)|r=a = 0, sia la componente tangente,
per cui (∂Ψ/∂r )|r=a = 0. La prima condizione, integrata lungo la superficie,
equivale a Ψ|r=a = costante, dove la costante può essere presa nulla, per cui
scriveremo la coppia di condizioni sulla superficie della sfera nel modo seguente

∂Ψ (a, θ)
Ψ (a, θ) = 0, = 0, 0 ≤ θ ≤ π.
∂r

Per imporre la condizione di velocità uniforme a grande distanza della sfera si deve
prima ricavare la funzione di corrente sferica relativa al campo uniforme U ẑ. È
immediato verificare che Ψuniforme = 12 Ur 2 sin2 θ e quindi la condizione al contorno
per r → ∞ è

Ψ (∞, θ) → 21 Ur 2 sin2 θ, 0 ≤ θ ≤ π.

La condizione asintotica r → ∞ suggerisce di cercare la soluzione nella forma


di prodotto di due funzioni di una sola variabile e che abbia la stessa dipendenza
dall’angolo θ della corrente uniforme e una dipendenza da r da determinare
Ψ (r, θ) = f (r ) sin2 θ.
Sostituendo questa espressione nell’equazione per Ψ si ottiene l’equazione, sempre
differenziale del quarto ordine, ma ora ordinaria:
 2 2
d 2
− f = 0.
dr 2 r 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 174 colore nero Giugno 12, 2006

174 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Le condizioni al contorno per f (r ) saranno le seguenti

f (a) = 0, f 0 (a) = 0, f (∞) → 21 Ur 2 .

L’equazione differenziale di f è equidimensionale o di Eulero e le sue soluzioni sono


ricercate nella forma f (r ) = r α , dove α è un esponente da determinare. Sostituendo
questo tipo di soluzione nell’equazione si ottiene l’equazione caratteristica

[(α − 2)(α − 3) − 2][α(α − 1) − 2] = 0,

che è già fattorizzata nelle due equazioni algebriche di secondo grado α 2−5α+4 = 0
e α 2 − α − 2 = 0, le cui soluzioni sono rispettivamente le coppie α = 1, α = 4 e
α − 1, α = 2. Pertanto la soluzione generale sarà la combinazione lineare

D
f (r ) = Ar 4 + Br 2 + Cr + .
r

La condizione all’infinito implica A = 0 e B = 12 U , per cui abbiamo

U 2 D
f (r ) = r + Cr + .
2 r

Per imporre le condizioni sulla sfera dobbiamo calcolare la derivata di f (r ), ovvero:

D
f 0 (r ) = Ur + C − ,
r2

e quindi le condizioni per r = a forniscono il seguente sistema lineare di due


equazioni nelle incognite C e D

 D Ua
C + 2 = −
 ,
a 2

 C − D = −U a.

a2

La soluzione del sistema è C = −3U a/4 e D = U a 3 /4 per cui la soluzione


dell’equazione differenziale ordinaria è
 
U a3
f (r ) = 2r − 3ar +
2
,
4 r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 175 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 175

mentre la soluzione dell’equazione alle derivate parziali è


 
U a3
Ψ (r, θ) = 2r 2 − 3ar + sin2 θ.
4 r

Un calcolo diretto fornisce le componenti della velocità


 
3a a3
u r (r, θ) = U 1 − + 3 cos θ,
2r 2r
 
3a a3
u θ (r, θ) = −U 1 − − 3 sin θ.
4r 4r

Il campo di velocità in un piano assiale è rappresentato nella figura 5.10. Si noti


la forte riduzione della velocità vicino alla sfera in conseguenza della condizione
al contorno di velocità sulla sua superficie. Questo andamento è molto diverso
da quello della corrente incomprimibile non viscosa calcolato nel paragrafo 4.4
mostrato nella figura 4.2.
L’integrazione di una delle equazioni contenenti le derivate della pressione
permette di trovare il campo della pressione

3 µU a
P(r, θ) = P∞ − cos θ,
2 r2

Figura 5.10 Campo di velocità della


corrente di Stokes attorno a una sfera
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 176 colore nero Giugno 12, 2006

176 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

P(a, θ)

1.0

0.5

θ
1.0 2.0 3.0

-0.5

Figura 5.11 Andamento della -1.0


pressione sulla superficie di una sfera
nella corrente di Stokes -1.5

dove P∞ è la pressione (arbitraria) lontano dalla sfera. Il profilo della pressione sulla
superficie della sfera è mostrato nella figura 5.11. Il valore di P è minimo dietro
alla sfera e massimo davanti, per cui non esiste più la simmetria della pressione fra
le zone anteriore e posteriore del campo di moto che esisteva invece nella soluzione
della corrente incomprimibile irrotazionale come mostrato nella figura 4.3. Pertanto
nella corrente di Stokes la forza che il fluido viscoso esercita sulla sfera ha un
contributo dovuto alla pressione.

Legge della resistenza di Stokes


Una quantità molto importante è la forza resistente, in inglese drag, agente sulla
sfera che sarà indicata con il simbolo D. Per calcolare questa grandezza è necessario
conoscere, oltre alla pressione sulla superficie della sfera, anche il vettore sforzo
viscoso sr̂ associato alla direzione r̂ uscente dalla sfera. Nel caso di una corrente
incomprimibile il vettore sforzo viscoso è dato dall’espressione
 
sr̂ (u) = µ 2(r̂ )u + r̂
 

u.

Per semplicità indichiamo con s il vettore sr̂ (u) calcolato sulla superficie r = a. Un
calcolo diretto fornisce
∂u r
sr = 2µ → 0,
∂r
∂  u θ  µ ∂u r 3µU
sθ = µr + →− sin θ,
∂r r r ∂θ 2a
sφ = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 177 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 177

Per simmetria la forza netta sulla sfera sarà in direzione della corrente uniforme.
Indichiamo con t il vettore sforzo totale tr̂ = −P r̂ + sr̂ , comprendente anche la
pressione, valutato sempre per r = a. La componente z di t è

tz = tr cos θ − tθ sin θ = −P cos θ + sr cos θ − sθ sin θ,

da cui, valutando i termini per r = a, si ottiene


 
3µU 3µU
tz = −P∞ + cos θ cos θ + sin θ sin θ
2a 2a
3µU
= −P∞ cos θ + .
2a
La forza resistente agente sulla sfera è quindi data dall’integrale doppio
Z 2πZ π
D= tz a 2 sin θ dθ dφ
0 0
Z π  
3µU
= 2πa 2
−P∞ cos θ + sin θ dθ
0 2a
Z π
= 3πµU a sin θ dθ,
0

essendo nullo l’integrale del termine con la pressione. Il calcolo dell’ultimo inte-
grale e il ripristino della natura vettoriale delle grandezze in gioco conducono alla
famosa legge della resistenza di Stokes

D = 6πµa U.

Questa legge è valida per una sfera immersa in una corrente che è uniforme a
grande distanza da essa e vale per numeri di Reynolds bassi. Questo risultato è
sovente espresso in termini di un coefficiente di resistenza, che è una quantità
adimensionale definita da

|D| 1
CD = ρU 2 ,
A 2

dove A = πa 2 rappresenta l’area frontale della sfera. Allora la legge di Stokes per
la sfera è espressa in forma adimensionale dalla relazione
24
CD = ,
Re
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 178 colore nero Giugno 12, 2006

178 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

dove il numero adimensionale della corrente attorno alla sfera è definito da Re =


ρ2aU/µ. Questo risultato è mostrato nella figura 5.12 che riporta l’andamento
qualitativo del coefficiente di resistenza misurato negli esperimenti al variare del
numero di Reynolds per la corrente attorno a una sfera. Notare che entrambe le
scale del disegno sono logaritmiche. In tutto l’intervallo dei numeri di Reynolds la
relazione C D = 24/Re è la sola soluzione esistente in forma chiusa analitica. Essa
vale per numeri di Reynolds bassi, per i quali le forze viscose sono molto maggiori
del termine non lineare; gli esperimenti mostrano che questo risultato è valido solo
per Re < 1. La curva punteggiata nella figura 5.12 si riferisce alla legge di Stokes
C D = 24/Re che vale solo per numeri di Reynolds piccoli.

CD

102

10

1 Stokes
Figura 5.12 Coefficiente di
resistenza di una sfera immersa in una 10−1
corrente uniforme in funzione del Re
numero di Reynolds 10−1 1 10 102 103 104 105 106 107

Risoluzione mediante le variabili primitive


Il problema di Stokes per la corrente stazionaria di un fluido viscoso attorno a
una sfera può essere affrontato anche partendo direttamente dalle equazioni per le
variabili primitive velocità e pressione, che qui scriviamo per comodità nella forma
seguente:

−ν 2
u+ p = 0,


u = 0,


dove p = P/ρ e ν = µ/ρ , completate dalle condizioni al contormo

u(r)|r=a = 0 e u(r)|r→∞ → U,

relative al problema di una corrente uniforme che investe una sfera di raggio a.
Come in precedenza, ricerchiamo una soluzione assisimmetrica attorno all’asse
passante per il centro della sfera e parallelo alla direzione della velocità uniforme
U del fluido a grande distanza dal corpo. Introduciamo un sistema di coordinate
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 179 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 179

sferiche (r, θ, φ) con il centro nell’origine della sfera e con l’asse z avente la stessa
direzione e lo stesso verso del vettore U. Il campo di velocità ha quindi solo le
componenti radiale e azimutale ed esse saranno indipendenti dall’angolo φ, per cui
le incognite del problema hanno la seguente forma

u(r, θ) = [u r (r, θ), u θ (r, θ), 0] e p = p(r, θ).

La soluzione assisimmetrica dipende solo dalle due variabili r e θ per cui possiamo
rappresentare le variabili incognite del problema ricorrendo ai polinomi di Legendre
P` (z), con z = cos θ, nel modo seguente
X

u r (r, θ) = u ` (r ) P` (cos θ),
`=0

X

d P` (cos θ)
u θ (r, θ) = v` (r ) ,
`=1

X

p(r, θ) = p` (r ) P` (cos θ).
`=0

Si deve notare che l’espansione della componente angolare u θ della velocità non è
basata direttamente sui polinomi di Legendre ma su delle funzioni che sono la loro
derivata prima (rispetto a θ), per cui la sommatoria corrispondente parte dall’indice 1
invece che da 0. Ricordiamo inoltre che il polinomio di Legendre P` (z) di ordine `
è soluzione dell’equazione differenziale
 
d 
2 d P`
1−z + `(` + 1) P` = 0.
dz dz

Scritta in termini della variabile angolare θ = cos−1 z l’equazione differenziale


assume la forma seguente
 
1 d d P` (cos θ)
sin θ + `(` + 1) P` (cos θ) = 0.
sin θ dθ dθ
Esprimiamo ora le equazioni differenziali del problema con le relative condizioni al
contorno in termini delle espansioni introdotte per ottenere le equazioni differenziali
(ordinarie) che governano i coefficienti u ` (r ), v` (r ) e p` (r ). In questa riduzione
utilizzeremo la proprietà di ortogonalità dei polinomi di Legendre, ovverosia
Z 1
2
P` (z) Pk (z) dz = δ`,k ,
−1 2` +1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 180 colore nero Giugno 12, 2006

180 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

e di ortogonalità della loro derivata prima:


Z 1
 d P` (z) d Pk (z) 2`(` + 1)
1 − z2 dz = δ`,k ,
−1 dz dz 2` + 1
u = 0, che nel caso assisimmet-


Partiamo dalla condizione di incomprimibilità


rico considerato diventa
1 ∂ 2  1 ∂ 
r u r + sin θ u θ = 0.
r 2 ∂r r sin θ ∂θ
Sostituendo le due espansioni di u r (r, θ) e u θ (r, θ) e sfruttando l’ortogonalità dei
polinomi di Legendre, la condizione di incomprimibilità si riduce al seguente in-
sieme di equazioni differenziali ordinarie del primo ordine
1 d 2  v`
2
r u ` − `(` + 1) = 0,
r dr r
per i coefficienti u ` (r ) e v` (r ), con ` = 1, 2, . . . . Un calcolo diretto permette inoltre
di trovare, sempre considerando il caso assisimmetrico e sfruttando le condizioni di
incomprimibilità appena scritte, le espressioni del campo della vorticità =


u
X∞
D`2 [r u ` ] d P` (cos θ) ˆ
=
`=1
`(` + 1) dθ

e del laplaciano del campo di velocità a divergenza nulla, 2 u = −


 

u,
X∞ X∞  
D`2 [r u ` ] 1 d r D`2 [r u ` ] d P` (cos θ) ˆ
2
u= P` (cos θ) r̂ + ,
`=0
r `=1
r dr `(` + 1) dθ

dove è stato introdotto l’operatore differenziale

1 d2  `(` + 1)
D`2 = 2
r ... − .
r dr r2
In virtù dell’ortogonalità dei polinomi di Legendre e dei polinomi costituiti dalla
loro derivata, le due componenti dell’equazione della quantità di moto conducono
al seguente sistema

d p` D 2 [r u ` ]
=ν ` ,
dr r
ν d  2 
p` = r D` [r u ` ] .
`(` + 1) dr
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 181 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 181

Eliminando l’incognita p` si ottiene un’equazione per la sola velocità radiale

D`2 D`2 [r u ` ] = 0,

del quarto ordine (sorpresa?) e di tipo equidimensionale o di Eulero, grazie alla


forma dell’operatore D`2 . Un calcolo semplice, anche se un po’ noioso, conduce
all’equazione caratteristica

α(α − 1)(α − 2)(α − 3) + 8α(α − 1)(α − 2)


+ 2[6 − `(` + 1)]α(α − 1) − 4`(` + 1)α
− `(` + 1)[2 − `(` + 1)] = 0,

che si fattorizza nel modo seguente

(α − ` − 1)(α − ` + 1)(α + `)(α + ` + 2) = 0.

Le quattro soluzioni dell’equazione caratteristica sono quindi

α = ` + 1, ` − 1, −`, −` − 2.

La soluzione dell’equazione differenziale è pertanto

u ` (r ) = A` r `+1 + B` r `−1 + C` r −` + D` r −`−2 , per ` = 0, 1, 2, . . . .

Le quattro costanti di ogni modo sono determinate imponendo le condizioni al


contorno. Per il problema assisimmetrico considerato la condizione al contorno
sulla sfera è

u(a, θ) = 0 ossia u r (a, θ) = 0 e u θ (a, θ) = 0,

mentre a grande distanza da essa si deve imporre la condizione

u(r, θ) → U = U (cos θ r̂ − sin θ ˆ ) per r → ∞.

Per i coefficienti dell’espansione dovrà allora essere

u ` (a) = v` (a) = 0, ∀`,

e inoltre, esaminando la sola componente radiale,

lim u ` (r ) = 0, per ` 6= 1, mentre lim u 1 (r ) = U,


r→∞ r→∞
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 182 colore nero Giugno 12, 2006

182 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

dato che P1 (z) = z. La condizione asintotica per u r richiede che siano nulle tutte
le potenze r k con k ≥ 1, per cui deve essere A ` = 0 per ogni ` e il primo termine
della soluzione è sempre assente. Scriveremo quindi

u ` (r ) = B` r `−1 + C` r −` + D` r −`−2 , per ` = 0, 1, 2, . . . .

La stessa condizione asintotica applicata al nuovo primo termine richiede B ` = 0


per ` ≥ 2 e inoltre B1 = U . A questo punto scriviamo la soluzione dei primi due
modi della velocità radiale separandoli dai rimanenti, nella seguente maniera:
B0 D0
u 0 (r ) = + C0 + 2 ,
r r
C1 D1
u 1 (r ) = U + + 3,
r r
u ` (r ) = C` r −` + D` r −`−2 , per ` = 2, 3, . . . .
Consideriamo per primo il modo con ` = 0, che può contenere al massimo tre
termini. Il termine costante C 0 deve essere nullo in virtù della condizione lontano
dalla sfera che preclude l’esistenza di un termine indipendente da θ, per cui C 0 = 0.
Il primo termine se fosse presente implicherebbe la violazione dell’incomprimibilità
del fluido dato che il suo flusso attraverso superfici sferiche risulta dipendere dal
valore del loro raggio. L’incompatibilità di questo termine con la conservazione
della massa del fluido si può constatare anche calcolandone la divergenza:
 
1 d 2 B0 B0 d B0
2
r = 2 (r ) = 6= 0.
r dr r r dr r
Pertanto deve essere necessariamente B0 = 0, per cui
D0
u 0 (r ) = .
r2
Questo ultimo termine deve infine essere nullo per la condizione u 0 (a) = 0, e
quindi u 0 (r ) ≡ 0, per ogni r .
Esaminiamo poi la componente con indice 1 e calcoliamo la velocità angolare
corrispondente v1 mediante l’equazione che rappresenta la condizione di incompri-
mibilità:
    
1 d C1 D1 1 d D1
v1 (r ) = r U+
2
+ 3 = Ur + C1r +
2
2r dr r r 2r dr r
 
1 D1 C1 D1
= 2Ur + C1 − 2 = U + − 3.
2r r 2r 2r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 183 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 183

Imponendo le due condizioni sulla sfera u 1 (a) = 0 e v1 (a) = 0 otteniamo il


seguente sistema lineare
C1 D1
+ 3 = −U,
a a
C1 D1
− 3 = −2U,
a a
avente per incognite i due coefficienti C 1 e D1 . La soluzione di questo sistema è
C1 = − 32 U a, D1 = 12 U a 3 per cui avremo
 
3a a3
u 1 (r ) = U 1 − + 3 .
2r 2r
Determiniamo infine i coefficienti C ` e D` , di tutte le altre componenti con ` ≥ 2.
Valutiamo prima la componente angolare v` della velocità di questi modi ricorrendo
di nuovo alle equazioni derivate dalla condizione di incomprimibilità. Con un
calcolo analogo al precedente si ottiene
1  
v` (r ) = (−` + 2)C` r −` − `D` r −`−2 , per ` ≥ 2.
`(` + 1)
Imponendo le condizioni u ` (a) = 0 e v` (a) = 0 si ottiene ancora un sistema di due
equazioni:
a −` C` + a −`−2 D` = 0,
(−` + 2)a −` C` − `a −`−2 D` = 0.
Il sistema è omogeneo e con determinante uguale a −2a −2`−2, quindi sempre diverso
da zero, per cui la soluzione unica del sistema è la soluzione triviale C ` = D` = 0,
per ` ≥ 2. Pertanto u ` (r ) ≡ 0, per ` ≥ 2. In conclusione, risulta
 
3a a3
u r (r, θ) = u 1 (r ) P1 (cos θ) = U 1 − + 3 cos θ.
2r 2r
Dall’equazione che esprime la condizione di incomprimibilità e dall’equazione che
fornisce i coefficienti dell’espansione della pressione possiamo infine dedurre la
soluzione completa del problema:
 
3a a3
u r (r, θ) = U 1 − + 3 cos θ,
2r 2r
 
3a a3
u θ (r, θ) = −U 1 − − 3 sin θ,
4r 4r
3 µU a
P(r, θ) = P∞ − cos θ,
2 r2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 184 colore nero Giugno 12, 2006

184 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

dove P∞ è il valore (arbitrario) della pressione lontano dalla sfera. Il campo di


vorticità corrispondente è

3U a
(r, θ) = − sin θ ˆ .
2r 2

Corrente attorno a un cilindro: paradosso di Stokes


La soluzione appena ottenuta della corrente uniforme attorno a una sfera per Re = 0
non ha una controparte in due dimensioni per la corrente attorno a un cilindro
infinito. Dimostriamo questo risultato negativo cercando di risolvere le equazioni
di Stokes per la corrente uniforme attorno a un cilindro di sezione circolare.
Invece di risolvere le equazioni aventi come variabili incognite la velocità e la
pressione, riformuliamo il problema di Stokes stazionario per una corrente piana in
termini delle variabili incognite vorticità (scalare) ω e funzione di corrente ψ. Se
consideriamo l’equazione della quantità di moto bidimensionale per Re → 0

−µ 2
u+ P = 0,


e ne prendiamo il rotore, la pressione è eliminata e otteniamo la seguente equazione


scalare per la vorticità ω = ẑ


u
2
u=0 ⇒ 2
ω = 0,


dove 2 è l’operatore laplaciano in due dimensioni. D’altra parte, come è stato


mostrato nel paragrafo 3.10, l’equazione che governa la funzione di corrente ψ è

− 2
ψ = ω,

per cui nel sistema di due equazioni si può eliminare la variabile vorticità e ottenere
una sola equazione per la funzione di corrente

2 2
ψ = 0,

che è di quarto ordine ed è chiamata equazione biarmonica.


Essendo interessati alla corrente attorno a un cilindro di sezione circolare,
esprimiamo l’equazione biarmonica in coordinate cilindriche/polari:
   2
1 ∂ ∂ 1 ∂2
R + 2 2 ψ = 0.
R ∂R ∂R R ∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 185 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.7: Correnti stazionare attorno a corpi semplici per Re = 0 185

Questa equazione è corredata dalle condizioni al contorno per ψ che impongono


l’annullamento della velocità sulla superficie del cilindro e la velocità uniforme U x̂
a grande distanza. Quest’ultima condizione significa che ψ(R, θ) → ψ uniforme =
U R sin θ per R → ∞, per cui ricerchiamo una soluzione del tipo

ψ(R, θ) = f (R) sin θ, 0 ≤ θ < 2π,

dove f (R) → U R per R → ∞. Sostituendo questa forma della soluzione


nell’equazione biarmonica, si ottiene la seguente equazione differenziale ordinaria
di quarto ordine:
   2
1 d d 1
R − f = 0.
R dR dR R2

Questa è un’equazione equidimensionale o di Eulero e la ricerca delle soluzioni


particolari della forma di potenze R α , con esponente α da determinare, conduce
all’equazione caratteristica
 
α 2 − 1 α 2 − 4α + 3 = 0.

Le radici di questa equazione algebrica di quarto grado fattorizzata sono α =


1, −1, 3, con la radice α = 1 doppia. Nel caso di radice doppia, l’equazione
equidimensionale ammette oltre alla soluzione R α anche la soluzione R α ln R,
come mostrato nell’appendice C nel caso dell’equazione di secondo ordine (come
si può anche verificare direttamente nel caso specifico di questa equazione di quarto
ordine). Quindi la soluzione generale dell’equazione è

D
f (R) = A R 3 + B R + C R ln R + .
R

La condizione asintotica f (R) → U R per R → ∞ implica che A = 0, B = U e


C = 0, per cui la soluzione si riduce a

D
f (R) = U R + .
R

e la soluzione dell’equazione biarmonica originaria diventa


 
D
ψ(R, θ) = U R + sin θ.
R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 186 colore nero Giugno 12, 2006

186 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Rimangono da imporre le condizioni al contorno sulla superficie del cilindro. Queste


condizioni richiedono che sia la componente tangente sia la componente normale
della velocità si annullino sul cilindro, ovvero che per R = a si abbia ∂ψ/∂ R = 0
e ∂ψ/∂θ = 0. Dal momento che ∂ψ/∂θ deve annullarsi per tutti valori di θ, la
condizione sulla componente normale della velocità è equivalente a richiedere che
ψ(a, θ) = costante, dove la costante può essere presa uguale a zero. Quindi le
condizioni sulla superficie del cilindro richiedono
∂ψ(a, θ)
ψ(a, θ) = 0 e = 0, 0 ≤ θ < 2π.
∂R
È evidente che non esiste alcuna scelta della costante D nella soluzione che possa
soddisfare simultaneamente queste due condizioni al contorno. Se avessimo im-
posto le due condizioni sul cilindro per prime, avremmo scoperto che era impossibile
soddisfare la condizione a grande distanza dal cilindro. Concludiamo pertanto che
non esiste alcuna soluzione delle equazioni di Stokes stazionarie in due dimensioni
che possa soddisfare le condizioni al contorno sia sul cilindro che a grande distanza
da esso. L’inesistenza di una tale soluzione è nota come paradosso di Stokes: esso
rivela che il trascurare il termine non lineare dell’equazione della quantità di moto
costituisce un’approssimazione inaccettabile per riuscire a descrivere la corrente di
un fluido viscoso attorno a un corpo cilindrico di lunghezza infinita. L’esistenza
di soluzione del problema della corrente uniforme a Re = 0 attorno a una sfera
ma non attorno a un cilindro è comunque un’altra manifestazione del fatto che la
presenza della sfera modifica il moto uniforme del fluido in modo molto minore di
un cilindro, come già osservato nel caso non viscoso nei paragrafi 4.4 e 4.5.
Notiamo comunque che esiste invece la soluzione del problema della corrente
stazionaria incomprimibile viscosa attorno a un cilindro se il termine non lineare non
è eliminato. In questo caso però le equazioni di Navier–Stokes non lineari possono
essere risolte solo in modo approssimato mediante tecniche di tipo numerico.

CD

103

102

Figura 5.13 Coefficiente di 10


resistenza di un cilindro circolare
immersa in una corrente uniforme in 1
funzione del numero di Reynolds
Re
basato sul diametro 10−2 10−1 1 10 102 103 104 105 106
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 187 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 187

5.8 Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo

Equazioni per correnti parallele non stazionarie


Consideriamo la corrente incomprimibile di un fluido viscoso vicino a una lastra
piana che è accelerata improvvisamente da ferma e che si muove nel suo stesso
piano con velocità costante U . In virtù della condizione di adesione, le particelle
di fluido in contatto con la lastra si muoveranno immediatamente con la velocità
U . Vogliamo determinare come si muoverà il resto del fluido in conseguenza della
partenza impulsiva della lastra.
Scegliamo un sistema di coordinate cartesiane con il piano x-z coincidente con
la lastra e la direzione dell’asse x coincidente con quella della velocità della lastra.
Supponiamo che la regione posta al disopra della lastra, y > 0, sia occupata dal
fluido, il cui moto sia piano e parallelo nella direzione dell’asse x. Scriveremo
allora le equazioni di Navier–Stokes non stazionarie per correnti bidimensionali


∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = 0,


∂t ρ
u = 0,


dove u(r) = u(y, t) x̂, P = P(x, y, t) e gli operatori e 2 rappresentano il




gradiente e il laplaciano nelle coordinate del piano x-y. Come già visto nel para-
grafo 5.6 per la corrente stazionaria, la condizione d’incomprimibilità è soddisfatta
identicamente, il termine non lineare è nullo e quello viscoso contiene solo la com-
ponente x. Le equazioni che governano il campo di moto si riducono quindi alla
sola equazione vettoriale:
∂ 2u


∂u P
x̂ − ν 2 x̂ + = 0.
∂t ∂y ρ
La componente y di tale equazione è semplicemente
∂P
= 0,
∂y
da cui segue immediatamente che P = P(x, t). L’equazione della componente x
diventa quindi
∂u ∂ 2u 1 ∂P
−ν 2 + = 0,
∂t ∂y ρ ∂x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 188 colore nero Giugno 12, 2006

188 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

nelle due funzioni incognite u = u(y, t) e P = P(x, t). Supponiamo ora che il
moto del fluido sia causato solamente dal moto della lastra e che non esista alcuna
variazione di P lungo l’asse x causata da qualche gradiente della pressione applicato
esternamente, per cui avremo P = P(t). Questa funzione è del tutto arbitraria ma la
sua presenza è irrilevante sulla dinamica del fluido in quanto la pressione interviene


nell’equazione del moto solo attraverso il termine P.


La componente della velocità u(y, t) soddisfa quindi l’equazione di diffusione
(in una dimensione)

∂u ∂ 2u
−ν 2 =0
∂t ∂y

completata dalle opportune condizioni iniziali e al contorno.

Traslazione istantanea di una lastra piana


Nel caso in cui il fluido occupa tutto il semispazio y > 0 ed è inizialmente fermo la
condizione iniziale è

u(y, 0) = 0, y > 0.

Supponiamo ora che la lastra sia messa in movimento al tempo t = 0 con una
velocità U e che questa velocità sia poi mantenuta sempre costante. Le condizioni
al contorno sono allora

u(0, t) = U, u(∞, t) = 0, t > 0.

Il problema per la velocità u cosı̀ formulato si chiama primo problema di Stokes. Il


problema è costituito dall’equazione di diffusione, che è un’equazione differenziale
alle derivate parziali di tipo parabolico, supplementata da una condizione iniziale
e da due condizioni al contorno. La risoluzione del problema consiste nella deter-
minazione di una funzione di due variabili u = u(y, t) che soddisfi identicamente
l’equazione differenziale nel quadrante (y > 0, t > 0) del piano spazio-temporale,
chiamato anche piano cinematico. È necessario inoltre che la soluzione assuma
i valori specificati dalla condizione iniziale (qui u = 0) sul semiasse y positivo
e i valori specificati dalle condizioni al contorno (qui u = U e u = 0) sui due
“contorni spaziali” y = 0 e y = ∞ del quadrante. Si noti che le condizioni al
contorno sono due in conformità al fatto che l’equazione di diffusione contiene la
derivata seconda rispetto alla variabile spaziale y, mentre esiste una sola condizione
iniziale in quanto la derivata rispetto alla variabile temporale t è solo una derivata
prima. Questo problema di Stokes è in effetti identico al problema della diffusione
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 189 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 189

dell’energia interna in una bacchetta solida lunga e sottile che conduce il calore,
quando la temperatura di un’estremità è fatta variare istantaneamente da zero a un
altro valore e poi mantenuta sempre costante a quel valore.
Il problema alle derivate parziali per la velocità u presenta una caratteristica
molto importante che ne permette la riduzione a un problema differenziale pi ù sem-
plice. Infatti, l’enunciato del problema, o più precisamente tutti i suoi elementi
costitutivi, ovvero l’equazione, la condizione iniziale, le condizioni al contorno
ed eventualmente il termine di sorgente (qui assente), non contengono né alcuna
lunghezza di riferimento né alcun intervallo temporale di riferimento. Ciò sug-
gerisce la possibilità che la soluzione del nostro problema possa dipendere da y e
t solo attraverso una combinazione opportuna di queste variabili invece che dipen-
dere in modo “scollegato” da ciascuna di esse. In altre parole, mancando nei dati
del problema una lunghezza di riferimento assoluta e un tempo di riferimento asso-
luto, la soluzione potrà avere una dipendenza da y solo se essa implica anche una
dipendenza da t “collegata”.
Per individuare il tipo di legame esistente tra le variabili indipendenti della
soluzione particolare ricercata, si procede introducendo un cambiamento di variabili
consistente in una loro semplice dilatazione, ovvero un cambiamento di scala, del
tipo

y → Y = αy e t → T = βt,

e poi si cerca una relazione fra i parametri postivi α e β che lasci invariata l’equazione
differenziale. Indichiamo la soluzione rispetto alle nuove variabili indipendenti
(Y, T ) con la lettera maiuscola U (da non confondere con il valore della condizione
al contorno considerato in precedenza), per cui avremo

u(y, t) = U (Y, T ) = U (αy, βt).

Possiamo allora sostituire nell’equazione di diffusione ottenendo

∂u ∂ 2u ∂U (αy, βt) ∂ 2 U (αy, βt)


−ν 2 = −ν
∂t ∂y ∂t ∂y 2
 
∂U d(βt) ∂ ∂U d(αy)
= −ν
∂ T dt ∂y ∂Y dy
 
∂U ∂ ∂U
=β − να .
∂T ∂y ∂Y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 190 colore nero Giugno 12, 2006

190 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Calcolando infine la derivata seconda si ottiene


∂u ∂ 2u ∂U ∂ 2 U d(αy)
−ν 2 =β − να
∂t ∂y ∂T ∂Y 2 dy
∂U ∂ 2U
=β − να 2 .
∂T ∂Y 2
Si osserva che se β = α 2 allora risulta
 
∂u ∂ 2u ∂U ∂ 2U
− ν 2 = α2 −ν ,
∂t ∂y ∂T ∂Y 2
ovvero la trasformazione delle variabili
y → Y = αy e t → T = α2 t
lascia invariata l’equazione di diffusione. Ciò indica la possibilità che esistano
soluzioni dell’equazione che siano funzioni di y e t semplicemente attraverso la
singola combinazione y 2 /t. Infatti la trasformazione di variabili (y, t) → (Y, T ) =
(αy, α 2 t) implica che Y 2 /T = (αy)2 /(α 2 t) = α 2 y 2 /(α 2 t) = y 2 /t, e quindi an-
che la “variabile combinata” rimane invariata a seguito di una tale √ trasformazione.
Naturalmente è del tutto equivalente considerare la variabile y/ t . Inoltre, è con-
veniente avere una variabile adimensionale, per cui si può ricorrere alla costante ν,
che ha le dimensioni
√ di una lunghezza al quadrato diviso un tempo, e considerare la
combinazione y/ νt. Introduciamo allora la variabile di similarità adimensionale
y
η = η(y, t) = √
νt
e cerchiamo quindi una soluzione dell’equazione di diffusione avente forma seguente
u(y, t) = F(η) = F(η(y, t)).
Questa scelta implica per la soluzione un passaggio da una dipendenza diretta dalla
variabili y e t a una dipendenza indiretta dalle stesse variabili attraverso la sola
funzione η(y, t). Per il teorema di derivazione delle funzioni composte abbiamo
∂u ∂η y
= F 0 (η) = − √ F 0,
∂t ∂t 2t νt
∂u ∂η 1
= F 0 (η) = √ F 0,
∂y ∂y νt
∂ 2u 1 1 1
= F 00 (η) √ √ = F 00 .
∂y 2 νt νt νt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 191 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 191

Sostituendo nell’equazione di diffusione per u abbiamo


ν 00 y
F (η) + √ F 0 (η) = 0
νt 2t νt
e semplificando otteniamo un’equazione differenziale ordinaria

F 00 + 12 ηF 0 = 0

con le due condizioni al contorno

F(0) = U, F(∞) = 0.

Notiamo che per t → 0 si ha η → ∞ per ogni y > 0 e quindi la seconda


condizione al contorno F(∞) = 0 impone anche la condizione iniziale u(y, 0) = 0
del problema alle derivate parziali originario. Questo risultato costituisce una
conferma della validità del legame esistente tra le variabili y e t nella soluzione del
problema in esame.
Siccome nell’equazione differenziale non compare la semplice incognita F
non derivata, si può introdurre l’incognita ausiliaria G = F 0 e ridurre l’ordine
dell’equazione:

G 0 + 21 ηG = 0.

Questa equazione è tuttavia priva di condizione al contorno poiché entrambe le


condizioni disponibili riguardano l’incognita originaria F. D’altra parte, il teorema
fondamentale del calcolo differenziale, ovvero:
Z b
d f (x)
dx = f (b) − f (a),
a dx

può essere applicato alla funzione F(η) i cui i valori agli estremi dell’intervallo
[0, ∞[ sono specificati, ottenendo
Z ∞
d F(η)
dη = F(∞) − F(0) = 0 − U = −U.
0 dη

La definizione della nuova variabile G = F 0 permette allora di scoprire che essa


deve soddisfare la seguente condizione integrale
Z ∞
G(η) dη = −U.
0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 192 colore nero Giugno 12, 2006

192 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Questa condizione globale supplementa quindi l’equazione di G che è del primo


ordine (lineare a coefficienti non costanti) a variabili separabili della forma:

dG 1
= − η dη.
G 2
La soluzione generale è
2
G(η) = Ae−η /4
,

dove A è la costante d’integrazione che viene determinata imponendo la condizione


integrale
Z ∞
2
A e−η /4
dη = −U.
0

L’integrale definito si calcola facilmente dal valore dell’integrale definito della


2
funzione di Gauss e −x :
Z ∞
2 √
e−x dx = π,
−∞


per cui si ottiene A = −U/ π . La soluzione è quindi

U 2
G(η) = − √ e−η /4 .
π

L’equazione rimanente F 0 = G(η) è poi risolta mediante una semplice integrazione


Z η
U 2
F(η) = B − √ e−s /4
ds,
π 0

dove B è un’altra costante d’integrazione, da determinare imponendo l’una o l’altra


delle due condizioni al contorno dell’incognita originaria F. Ad esempio, la con-
dizione F(0) = U fornisce subito B = U . Pertanto la soluzione dell’equazione
differenziale del secondo ordine è
 Z η 
1 2
F(η) = U 1 − √ e−s /4 ds ,
π 0

ed è mostrata nella figura 5.14.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 193 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 193

η
4.5
4.0
3.5
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
Figura 5.14 Soluzione F(η)
dell’equazione similare per la corrente 0.5
causata dalla traslazione improvvisa di
0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 F(η)/U
una lastra piana

Notiamo che se si fosse imposta l’altra condizione al contorno si sarebbe ottenuta


la stessa soluzione. Infatti, imponendo la condizione F(∞) = 0, si ha
Z ∞
U 2 U √
B−√ e−s /4 ds = B − √ π = 0,
π 0 π
da cui segue subito B = U .

Dalla soluzione F(η), ricordando la definizione della variabile
√ similare
 η = y/ νt
si ricava la soluzione della velocità u(y, t) = F(η) = F y/ νt :
" Z #
√y
1 νt −s 2 /4
u(y, t) = U 1 − √ e ds .
π 0

I profili della velocità in alcuni istanti di tempo diversi sono mostrati nella figura 5.15
per il caso ν = 1. La soluzione è talvolta espressa utilizzando la funzione di errore
2
erf(x) definita dall’integrale della funzione gaussiana e −x :
Z x
2 2
erf(x) = √ e−X d X
π 0
o eventualmente della funzione complementare di errore erfc(x) = 1 − erf(x).
La soluzione trovata può allora essere espressa nella forma seguente
  
y
u(y, t) = U 1 − erf √ .
2 νt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 194 colore nero Giugno 12, 2006

194 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

1.5

1.0 t = 0.5
0.3
Figura 5.15 Profili della velocità 0.1
0.5
u(y, t) in istanti di tempo diversi per
0.05
ν = 1 della corrente parallela causata
dalla traslazione impulsiva di una lastra 0.01 u(y, t)/U
piana 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0

La soluzione u(y, t) rappresenta una superficie in uno spazio a tre dimensioni con
assi cartesiani che corrispondo alle tre variabili y, t e u. La figura 5.16 mostra la
forma complessiva della soluzione: le linee disegnate sulla superficie corrispondono
al profilo della velocità in determinati istanti di tempo.

u/U

Figura 5.16 Rappresentazione


tridimensionale dell’andamento della y
velocità di un fluido viscoso causata dal t
movimento istantaneo di una lastra
piana al tempo t = 0

La forma semplice delle condizioni iniziali e al contorno, unitamente all’assenza


di una lunghezza di riferimento nel problema, è stata decisiva per ottenere una
soluzione di tipo similare. Le soluzioni similari sono una classe speciale di soluzioni
che esistono in problemi governati da equazioni differenziali alle derivate parziali
di tipo parabolico con due variabili indipendenti quando i dati del problema non
contengono nessuna scala assoluta delle lunghezze.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 195 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 195

Il problema considerato soddisfa queste condizioni. Come dice il nome stesso di


soluzione similare, i profili della velocità u(y, t) a istanti di tempo differenti
√ sono
tutti geometricamente simili. Al tempo t1 la velocità√ u è funzione di y/ νt1 e al
tempo t2 la velocità u è la stessa funzione di y/ νt2 . La sola cosa che accade
al crescere del tempo è che
√ il profilo della velocità risulta dilatato nello spazio
di un coefficiente pari a t2 /t1 . In altre parole, la soluzione in istanti di tempo
diversi assume gli stessi valori ma essi sono distribuiti sull’asse y in modo sempre
più dilatato. Ciò non sarebbe possibile se vi fosse una seconda lastra posta a una
distanza y = h dalla lastra in moto: in questo caso la lunghezza h fornirebbe una
scala spaziale di riferimento e una soluzione similare non sarebbe più possibile.

Diffusione della vorticità


Ritornando ad esaminare la soluzione similare trovata, al tempo t, gli effetti del
movimento istantaneo
√ della lastra sono limitati prevalentemente a una distanza
dell’ordine
√ di νt da essa; ad esempio u è meno del 4 per cento di U alla distanza
y = 3 νt, in quanto 1 − erf(x) = 0.04 per x = 32 .
Un modo alternativo di interpretare questo processo è in termini della diffusione
di vorticità. Nel problema piano considerato la distribuzione della vorticità nello
spazio e nel tempo è data dalla funzione

∂u(y, t) U 2
ω(y, t) = − =√ e−y /(4νt) ,
∂y πνt

che tende a zero esponenzialmente oltre una distanza dalla lastra dell’ordine di νt,
come mostrato nella figura 5.17 per la soluzione con ν = 1.
y

3.0

2.0 t=1

1.0 0.3
Figura 5.17 Diffusione della
0.02
vorticità da una lastra messa in moto in 0.1 0.05
modo istantaneo al tempo t = 0. 1.0 2.0 3.0 4.0 ω/U
Soluzione per ν = 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 196 colore nero Giugno 12, 2006

196 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

La diffusione della vorticità a causa dell’azione viscosa distribuisce in modo sempre


più uniforme lo strato di vorticità iniziale, ovvero rende sempre più piatta la
concentrazione infinita di vorticità sulla superficie della lastra (esistente in virtù
della discontinuità fra la condizione al contorno u(0, t) = U per t → 0 e la
condizione iniziale u(y, 0) = 0 per y → 0) mentre la vorticità è nulla inizialmente
in tutto il fluido (la condizione iniziale u(y, 0) = 0 per y > 0 implica ω(y, 0) = 0).
L’andamento della vorticità ω(y, t) nello spazio e nel tempo è rappresentato in
modo tridimensionale nella figura 5.18.

ω/U

Figura 5.18 Rappresentazione y


tridimensionale della diffusione della t
vorticità da una lastra messa in moto in
modo istantaneo al tempo t = 0

Queste conclusioni possono essere enunciate anche in un altro modo leggermente


diverso. In un tempo t la vorticità si estende per una distanza dell’ordine di
√ 
distanza di diffusione viscosa = O νt .

Ovverosia, il tempo necessario affinché la vorticità si diffonda su una distanza


dell’ordine di ` è dell’ordine di

tempo di diffusione viscosa = O `2 /ν .

Metodo alternativo per le soluzioni similari


Nel procedimento seguito per determinare la soluzione similare della corrente provo-
cata dalla partenza impulsiva della lastra si è supposto che la variabile similare
avesse una forma determinata. La forma considerata non era stata dedotta con un
ragionamento rigoroso ma solo giustificata con argomenti di plausibilità. In questo
senso il successo del procedimento è solo verificato a posteriori dal fatto che abbi-
amo ottenuto una soluzione fisicamente significativa. Vogliamo ora riconsiderare il
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 197 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 197

procedimento per la ricerca di soluzioni similari e mostrare un metodo alternativo


per individuare le soluzioni di questo tipo. Questo metodo si basa sulla ricerca di
una variabile indipendente di tipo adimensionale che abbia la forma di un prodotto
di potenze delle variabili indipendenti originarie con esponenti da determinare. Il
valore preciso degli esponenti è stabilito dalle condizioni che si devono soddisfare
per ottenere da un lato un problema differenziale ordinario e dall’altro variabili solo
di tipo adimensionale.
La ricerca di soluzioni similari consiste nella determinazione di una trasfor-
mazione delle varibili che riduca l’equazione differenziale alle derivate parziali in
un’equazione differenziale ordinaria. Dal momento che l’equazione alle derivate
parziali coinvolge più di una variabile indipendente e un’equazione differenziale or-
dinaria solo una, è ragionevole assumere una trasformazione di variabili che cerchi
di combinare le due variabili indipendenti. Pertanto assumiamo

η(y, t) = C y m t n ,

dove η è la variabile indipendente trasformata, che deve essere adimensionale, e


C, m e n sono delle costanti per ora indeterminate. Inoltre, per rendere adimensio-
nale l’equazione finale dobbiamo imporre che anche la variabile dipendente (cioè la
nuova incognita del problema differenziale ordinario) sia adimensionale. Siccome
l’incognita originaria è la velocità u e nel problema esiste una scala delle velocità
definita dal valore al contorno U , la nuova incognita f deve essere definita da

u = U f (η),

ovvero avremo la relazione

u(y, t) = U f (η(y, t)) = U f (C y m t n ),

che esprime la vecchia incognita (dimensionale) u in funzione di quella nuova


(adimensionale) f , la prima dipendente da due variabili (y e t) la seconda da una
sola (η). Per mezzo di questa relazione di trasformazione possiamo calcolare le
derivate parziali di u con la regola di derivazione delle funzioni composte, ottenendo
∂u ∂η d f
=U = U Cny m t n−1 f 0 ,
∂t ∂t dη
∂u ∂η 0
=U f = U Cmy m−1 t n f 0 ,
∂y ∂y
∂ 2u
= U Cm(m − 1)y m−2 t n f 0 + U C 2 m 2 y 2(m−1) t 2n f 00 .
∂y 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 198 colore nero Giugno 12, 2006

198 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Sostituendo nell’equazione di diffusione di u e dividendo per U 6= 0 si ottiene


Cny m t n−1 f 0 − νCm(m − 1)y m−2 t n f 0 − νC 2 m 2 y 2(m−1) t 2n f 00 = 0.
Ora determiniamo i valori di m, n e C in modo che si realizzi la riduzione a
un’equazione differenziale ordinaria adimensionale. Per prima cosa eliminiamo il
coefficiente variabile del termine di ordine più elevato moltiplicando tutti i termini
dell’equazione per y −2(m−1) t −2n ottenendo:
νC 2 m 2 f 00 + νCm(m − 1)y −m t −n f 0 − Cny −m+2 t −n−1 f 0 = 0.
Ma y −m t −n = C/η, per cui l’equazione si può scrivere nella forma più semplice
(dopo avere diviso tutti i termini per C 2 )
1 0 y 2 t −1 0
νm 2 f 00 + νm(m − 1) f −n f = 0.
η η
Affinché questa equazione sia effettivamente un’equazione differenziale ordinaria,
il coefficiente dell’ultimo termine deve essere una funzione solo di η e, poiché
η = C y m t n , questo richiede necessariamente n = −m/2. In tal caso la relazione
della variabile di similarità diventa
 m
y
η(y, t) = C √
t
e l’equazione assume la forma

1  η m 0
2
1 0
νm f 00 + ν(m − 1) f + f = 0.
η 2η C
Affinché questa equazione diventi adimensionale deve essere C 2/m = 1/ν. Allora
la variabile di similarità sarà definita dalla relazione finale
 
y m
η(y, t) = √
νt
e l’equazione differenziale ordinaria adimensionale ricercata sarà
 
00 1 m − 1 1 2−m
f + + η m f 0 = 0.
m η 2
Naturalmente questa equazione deve essere risolta con le due condizioni al contorno
adimensionali:
f (0) = 1 e f (∞) = 0.
Per m = 1 si riottiene lo stesso problema similare analizzato in precedenza.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 199 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 199

Corrente non stazionaria fra due lastre parallele


Consideriamo ora la corrente generata ancora dal moto impulsivo della lastra piana
ma questa volta in presenza di una seconda lastra ferma posta a una distanza h dalla
prima. La velocità u(y, t) dovrà ora essere determinata nella striscia 0 ≤ y ≤ h
come soluzione della stessa equazione di diffusione
∂u ∂ 2u
− ν 2 = 0,
∂t ∂y
completata dalla condizione iniziale

u(y, 0) = 0, 0 < y < h,

e dalla condizioni al contorno

u(0, t) = U, u(h, t) = 0, t > 0.

Non potendo ricercare una soluzione simile (nel problema esiste una lunghezza di
riferimento: la distanza h fra le lastre) osserviamo che l’equazione è omogenea
mentre le condizioni al contorno non lo sono. Possiamo allora cercare di riformu-
lare il problema mediante un cambiamento dell’incognita che renda omogenee le
condizioni al contorno per poi provare ad applicare il metodo di separazione delle
variabili. Le due condizioni al contorno sono soddisfatte dalla semplice funzione
lineare U (1 − y/ h) che rappresenta la corrente di Couette fra le due lastre. Questa
funzione è anche soluzione (stazionaria) dell’equazione di diffusione. Possiamo
allora introdurre una variabile ausiliaria w mediante la definizione

u(y, t) = w(y, t) + U (1 − y/ h),

e osservare che la nuova incognita w deve essere soluzione del problema


∂w ∂ 2w
−ν = 0,
∂t ∂y 2
w(y, 0) = −U (1 − y/ h), 0 < y < h,
w(0, t) = 0, w(h, t) = 0, t > 0,
le cui condizioni al contorno sono ora completamente omogenee mentre la con-
dizione iniziale è ora diversa da zero. Ricorriamo al metodo di separazione delle
variabili ricercando delle soluzioni elementari W = W (y, t) che siano prodotto di
due funzioni, ovvero,

W (y, t) = Y (y) T (t)


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 200 colore nero Giugno 12, 2006

200 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

dove Y (y) e T (t) sono due nuove funzioni incognite. Sostituendo W nell’equazione
di diffusione si ottiene

dT d 2Y
Y −νT = 0,
dt dy 2

dove le derivate parziali sono diventate ordinarie perché le nuove incognite sono
funzioni di una sola variabile. Dopo avere diviso per il prodotto νY T si ottiene

1 dT 1 d 2Y
− = 0.
νT dt Y dy 2

Questa equazione è del tipo f (t) − g(y) = 0 e ha senso solo se ciascuno dei due
termini è una costante, ovvero se sono soddisfatte le due equazioni differenziali
ordinarie

1 dT 1 d 2Y
= C1 e = C2 ,
νT dt Y dy 2

dove le due costanti di separazione C 1 e C2 devono essere legate fra loro dalla
relazione

C1 − C2 = 0.

Consideriamo per prima la seconda equazione. Riscriviamola come

d 2Y
= C2 Y,
dy 2

e osserviamo che le due condizioni al contorno omogenee w(0, t) = w(h, t) = 0


impongono su Y (y) le condizioni anch’esse omogenee Y (0) = Y (h) = 0. Per
un valore generico della costante C 2 non esistono funzioni che soddisfano sia
l’equazione differenziale che le due condizioni al contorno. Infatti: se C 2 > 0
l’equazione ammette come soluzione due funzioni esponenziali con segni opposti
dell’esponente, se C 2 < 0 le due soluzioni sono le funzioni seno e coseno, ma in
entrambi i casi non è possibile trovare una loro combinazione lineare che si annulli
in entrambi i punti y = 0 e y = h. [Il caso C 2 = 0 non interessa in quanto si
avrebbe anche C 1 = C2 = 0 e la prima equazione degenererebbe in dT /dt = 0
con soluzione T = costante, per cui W (y, t) sarebbe una soluzione stazionaria
W (y, t) = W (y).]
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 201 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 201

Tuttavia la costante C 2 può essere scelta in modo da: i) selezionare soluzioni che os-
cillano e ii) annullare le soluzioni oscillanti proprio nei punti estremi dell’intervallo
0 ≤ y ≤ h. La prima condizione significa prendere C 2 = −σ 2 , con σ costante,
per cui le soluzioni sono sin(σ y) e cos(σ y), mentre la seconda condizione significa
che σ deve assumere i valori discreti soddisfacenti la seguente condizione


σn h = nπ H⇒ σn = ,
h

dove n è un intero positivo qualsiasi. Tutte le soluzioni oscillanti sin(nπ y/ h) si


annullano per y = 0 e y = h e quindi permettono di costruire le soluzioni elementari
del metodo di separazione delle variabili.
Se C2 = −σn2 = −(nπ/ h)2 , la costante di separazione della prima equazione
sarà C1 = C2 = −(nπ/ h)2 , per cui l’equazione diventa

dT
= −ν (nπ/ h)2 T
dt
2
e ammette la ovvia soluzione esponenziale T (t) = e −(nπ/ h) νt che scriveremo anche
2 2 2
come T (t) = e−n π νt/ h .
Pertanto le soluzioni elementari in forma di prodotto ricercate sono

2
π 2 νt/ h 2
Wn (y, t) = sin(nπ y/ h) e −n , n = 1, 2, 3, . . . .

Nessuna di queste funzioni soddisfa da sola la condizione iniziale per l’incognita


ausiliaria w ma, siccome l’equazione di diffusione di w è lineare, si può considerare
una loro combinazione lineare w(y, t) definita dalla serie

X

2
π 2 νt/ h 2
w(y, t) = An sin(nπ y/ h) e −n ,
n=1

che soddisferà l’equazione differenziale per qualunque valore dei coefficienti A n .


A questo punto, si può ricorrere alla teoria della serie di Fourier per determinare i
coefficienti An in modo tale che al tempo t = 0 questa espansione coincida con il
dato iniziale del problema modificato, ovvero:

X

An sin(nπ y/ h) = −U (1 − y/ h) in 0 ≤ y ≤ h.
n=1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 202 colore nero Giugno 12, 2006

202 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Moltiplicando questa relazione per sin(n 0 π y/ h) e integrando sull’intervallo [0, h],


la relazione di ortogonalità
 0
Z π  2π se n = n = 0

sin(nθ) sin(n 0 θ) dθ = π se n = n 0 ≥ 1
−π 

6 n0
0 se n =

permette di trovare
Z h
2 2U
An = − U (1 − y/ h) sin(nπ y/ h) dy = − .
h 0 nπ

La velocità u fra due lastre parellele provocato dal moto impulsivo della lastra
inferiore è quindi data dalla soluzione

2U X∞
1 2 2 2
u(y, t) = U (1 − y/ h) − sin(nπ y/ h) e −n π νt/ h .
π n=1 n

L’aspetto più importante di questa soluzione è che per tempi t > h 2 /ν la corrente
ha raggiunto il suo stato stazionario (corrente di Couette) e la distribuzione della
vorticità è pressoché uniforme in tutto il fluido.

5.9 Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica


Esistono soluzioni esatte delle equazioni di Navier–Stokes nel caso di un fluido
contenuto fra superfici cilindriche coassiali che possono ruotare attorno all’asse
comune. Supponendo che i cilindri in rotazione siano molto lunghi rispetto al
loro raggio, il moto del fluido può essere considerato bidimensionale. Nel caso
di problemi dipendenti dal tempo supporremo inoltre che il campo di velocità
iniziale sia invariante per traslazioni parallele all’asse del cilindro e per rotazioni
attorno all’asse. Ciò significa che studiamo soluzioni che non possono dipendere
dalla coordinata assiale z e nemmeno dalla coordinata angolare θ (escludendo
la dipendenza da θ dei versori delle coordinate polari/cilindriche). Sotto queste
condizioni il campo di velocità della soluzione sarà piano e dipenderà solo dalla
distanza R dall’asse comune dei due cilindri, oltre che dal tempo t, per cui si
potrà assumere in generale: u(r, t) = u R (R, t) R̂ + u θ (R, t) ˆ ed anche P(r, t) =
P(R, t).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 203 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 203

Le equazioni che governano questo tipo di correnti sono le classiche equazioni di


Navier–Stokes incomprimibili


∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = 0,


∂t ρ
u = 0,


dove gli operatori e 2 rappresentano questa volta il gradiente e il laplaciano




bidimensionali nelle coordinate polari/cilindriche R-θ in un piano perpendicolare


all’asse z.
Per prima cosa, analizziamo le conseguenze della condizione di incomprimi-
bilità nel caso considerato; essa significa
1 ∂  1 ∂u θ (R, t)
u= R u R (R, t) +


R ∂R R ∂θ
1 ∂ 
= R u R (R, t) = 0,
R ∂R
per cui deve essere u R (R, t) = A(t)/R. Supponendo ora che le pareti cilindriche
contenenti il fluido siano impermeabili, per cui su di esse u R = 0, allora avremo
A(t) = 0 e quindi u R (R, t) = 0 in ogni punto del fluido e per ogni t > 0. In altre
parole il moto del fluido sarà puramente circolare e quindi il campo della velocità
della soluzione avrà la forma seguente

u(r) = u θ (R, t) ˆ .

Vediamo ora quali sono le conseguenze di questo risultato per quanto riguarda il
ˆ (θ )
1
termine convettivo, esprimendolo ovviamente in coordinate cilindriche. Invece di
usare l’espressione fornita nella tabella degli operatori differenziali in coordinate
∆ˆ
ˆ (θ) cilindriche, calcoliamo questo termine, tenendo conto esplicitamente che i versori
∆θ R̂ e ˆ non sono costanti,
 
θ1 (u )u = u θ (R, t) ˆ u θ (R, t) ˆ
 

1 ∂  [u θ (R, t)]2 d ˆ (θ)


Figura 5.19 Illustrazione della = u θ (R, t) u θ (R, t) ˆ = .
R ∂θ R dθ
derivata d ˆ (θ)/dθ = −R̂(θ): notare
che |∆ ˆ | = ∆θ, per cui |d ˆ /dθ| = 1 Siccome risulta d ˆ (θ)/dθ = −R̂(θ), come mostrato nella figura 5.19, otteniamo

u 2θ
)u = −


(u R̂
R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 204 colore nero Giugno 12, 2006

204 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

e quindi il termine non lineare è diverso da zero. Passando al termine viscoso


abbiamo
R̂(θ1 )    
1 ∂ ∂ 1 ∂2 
∆θ ∆R̂ 2
u= R + 2 2 u θ (R, t) ˆ
R ∂R ∂R R ∂θ
R̂(θ)
θ1    
θ
1 ∂ ∂u θ (R, t) ˆ u θ (R, t) ∂ d ˆ (θ)
= R +
R ∂R ∂R R 2 ∂θ dθ
Figura 5.20 Illustrazione della  
derivata d R̂(θ)/dθ = ˆ (θ): notare che 1 ∂ ∂u θ (R, t) ˆ u θ (R, t) d R̂(θ)
= R −
|∆R̂| = ∆θ, per cui |d R̂/dθ| = 1 R ∂R ∂R R2 dθ
   
1 ∂ ∂u θ (R, t) u θ (R, t) ˆ
= R − ,
R ∂R ∂R R2

in quanto d R̂(θ)/dθ = ˆ (θ), come mostrato in figura 5.20. In base a questi risultati,
l’equazione della quantità di moto per le correnti incomprimibili con traiettorie
circolari sarà
   
∂u θ ˆ u 2θ 1 ∂ ∂u θ uθ 1 ∂P
− R̂ − ν R − 2 ˆ+ R̂ = 0
∂t R R ∂R ∂R R ρ ∂R
nelle due funzioni incognite u θ (R, t) e P(R, t). La componente angolare di questa
equazione è
   
∂u θ 1 ∂ ∂u θ uθ
−ν R − 2 = 0,
∂t R ∂R ∂R R

e costituisce un’equazione indipendente nella sola incognita u θ (R, t). È immediato


verificare che
   
1 ∂ ∂u u ∂ 1 ∂
R − 2 = (Ru) ,
R ∂R ∂R R ∂R R ∂R
per cui l’equazione di u θ diventa:
 
∂u θ ∂ 1 ∂
−ν (Ru θ ) = 0.
∂t ∂R R ∂R

L’equazione della componente radiale dell’equazione della quantità di moto è invece

u 2θ 1 ∂P
− + = 0.
R ρ ∂R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 205 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 205

Se trasferiamo il termine del gradiente di pressione nel secondo membro, in questa


relazione riconosciamo la legge fondamentale della dinamica nella forma a = f/m
per le particelle del fluido: infatti il termine a sinistra rappresenta l’accelerazione
centripeta della particella mentre il gradiente della pressione è la forza centripeta
per unità di volume all’interno del fluido che provoca il moto circolare uniforme di
ogni sua particella.
Una volta determinata la velocità u θ (R, t), la pressione P(R, t) può essere
calcolata dall’equazione della componente radiale della quantità di moto riscritta
nel modo seguente

1 ∂P [u θ (R, t)]2
= ,
ρ ∂R R

che permette un’integrazione immediata


Z R
[u θ (R 0 , t)]2
P(R, t) = ρ dR 0 + C(t),
R0

dove C(t) indica una funzione arbitraria del tempo.

Corrente di Couette fra superfici cilindriche in rotazione


Supponiamo che il fluido sia contenuto fra due superfici cilindriche coassiali di
raggio a e b > a e che queste superfici ruotino con velocità angolare costante Ωa e
Ωb , vedi figura 5.21.

a
b

Ωa

Ωb

Figura 5.21
Cilindri coassiali rotanti
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 206 colore nero Giugno 12, 2006

206 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

La corrente stazionaria causata dalla rotazione delle due superfici o di una sola di
esse si ottiene risolvendo la versione stazionaria dell’equazione di u θ (R). Scriviamo
questa equazione notando che nel problema stazionario la derivata rispetto a R
è ordinaria. Moltiplicando per R 2 l’equazione si ottiene la seguente equazione
differenziale ordinaria
 
d 1 d
(Ru θ ) = 0,
dR R dR

da risolvere con le condizioni al contorno

u θ (a) = aΩa e u θ (b) = bΩb .

Una prima integrazione fornisce l’equazione del primo ordine

1 d
(Ru θ ) = A,
R dR
che integrata a sua volta conduce a

A R2
Ru θ = + B.
2
Risolvendo rispetto a u θ e ridefinendo la costante A/2 come A si ottiene la soluzione

B
u θ (R) = A R + ,
R

dove le costanti A e B sono da determinare mediante le condizioni al contorno. Il


campo di velocità è dato quindi dalla sovrapposizione di un moto di rotazione rigida
e di un vortice rettilineo. L’imposizione delle condizioni al contorno conduce al
seguente sistema di due equazioni lineari algebriche nelle incognite A e B
(
a A + B/a = aΩa ,
b A + B/b = bΩb ,

la cui soluzione è

b 2 Ωb − a 2 Ωa a 2 b2 (Ωa − Ωb )
A= , B= .
b2 − a 2 b2 − a 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 207 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 207

Figura 5.22 Campo di velocità della


corrente di Taylor–Couette per b = 4a
con cilindro esterno rotante e cilindro
interno fermo

Questa soluzione è nota come corrente di Couette cilindrica o corrente di Taylor–


Couette. Nella figura 5.22 è mostrato il campo di velocità per b = 4a nel caso in
cui il cilindro interno è fisso mentre quello esterno ruota. La situazione opposta
di rotazione del cilindro interno con il cilindro esterno fermo è mostrata nella
figura 5.23. Infine nella figura 5.24 è riportata la soluzione nel caso in cui entrambi
i cilindri ruotano, ma in senso inverso e con Ωa = −10Ωb .

Figura 5.23 Campo di velocità della


corrente di Taylor–Couette per b = 4a
con cilindro interno rotante e cilindro
esterno fermo
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 208 colore nero Giugno 12, 2006

208 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Figura 5.24 Campo di velocità della


corrente di Taylor–Couette per b = 4a
con cilindro interno rotante in senso
opposto al cilindro esterno, quando
Ωa = −10Ωb

La pressione P(R) della corrente stazionaria di Taylor–Couette si ottiene dall’equazione


differenziale ordinaria
 
dP [u θ (R)]2 B 2 1
=ρ = ρ AR +
dR R R R
 
2AB B2
= ρ A2 R + + 3 .
R R

Una semplice integrazione del secondo membro dell’equazione fornisce


 R 
A2 2 B2
P(R) = ρ R + 2AB ln − ,
2 C 2R 2

dove la costante di integrazione C arbitraria è stata fatta comparire di proposito


all’interno del logaritmo, per rendere il suo argomento adimensionale.

Frenamento improvviso di una colonna di fluido rotante


Consideriamo ora un altro problema in cui il fluido viscoso occupa tutta un regione
cilindrica R ≤ a di lunghezza infinita. Supponiamo inoltre che all’istante iniziale
sia il cilindro sia il fluido stiano ruotando in modo solidale con un moto di rotazione
rigida, ovvero con una velocità angolare Ω uniforme, per cui il campo di velocità è

u(r, 0) = u θ (R, 0) ˆ = Ω R ˆ , per R ≤ a.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 209 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 209

Supponiamo ora che al tempo t = 0 il cilindro sia fermato istantaneamente. Per


determinare il moto del fluido per t > 0 si deve risolvere la seguente equazione
differenziale alle derivate parziali di tipo parabolico
 
∂u θ ∂ 1 ∂
−ν (Ru θ ) = 0,
∂t ∂R R ∂R

soggetta alla condizione iniziale

u θ (R, 0) = Ω R, R ≤ a,

e alla condizione al contorno

u θ (a, t) = 0, t > 0.

Non esiste una condizione al contorno per R = 0. Il problema pu ò essere affrontato


in maniera analoga al problema della partenza impulsiva della lastra piana. Questa
volta il metodo di separazione delle variabili coinvolge le funzioni di Bessel di
ordine zero e uno J0 e J1 , e la soluzione è espressa da

X∞  
J1 (λn R/a) νt
u θ (R, t) = −2Ωa exp − λ2n 2 .
n=1
λn J0 (λn ) a

In questa relazione λn indica l’n-esimo valore positivo per il quale si ha J1 (λ) = 0.


Tutti i termini della serie decadono rapidamente con t; il termine che sopravvive
più a lungo è il primo, per il quale λ1 ≈ 3.83. Il processo di smorzamento della
rotazione della colonna di fluido rotante inizialmente ha completato il suo corso in
un tempo dell’ordine di a 2 /(νλ21 ), cioè nel classico tempo di diffusione viscosa (λ1
è un numero puro).
Se applichiamo questo modello al fenomeno del rallentamento della rotazione
del liquido in una tazza da tè con a = 4 cm = 4 × 10−2 m e ν = 1.0 × 10−6 m2 /s
dell’acqua, otteniamo un tempo per il frenamento pari a τ = 16 × 10 −4 /(10−6 ×
(3.83)2) ≈ 102 s, che sono quasi due minuti. Questo valore è troppo grande rispetto
a quanto si osserva nella realtà, perché il valore di u θ risulta ridursi di un fattore 1/e
rispetto al suo valore iniziale in circa 15 secondi. Il disaccordo nasce dal fatto che
il semplice fenomeno della diffusione viscosa di vorticità (negativa) dalla parete
laterale della tazza non è il processo determinante per il quale il tè, mescolato nella
tazza, rallenta la sua rotazione e si ferma. In realtà, il fondo della tazza, che è
del tutto assente nel presente modello di corrente piana in geometrica cilindrica di
lunghezza infinita, gioca un ruolo cruciale in questo processo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 210 colore nero Giugno 12, 2006

210 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Decadimento di un vortice rettilineo


Studiamo ora come decade il vortice rettilineo introdotto negli esempi 3 e 4 del
paragrafo 3.7. Supponiamo di avere un campo di velocità iniziale costituito da un
vortice rettilineo:

Γ0 ˆ
u0 (r) = , R > 0,
2π R

dove Γ0 è una costante. Il vortice ha una vorticità nulla per ogni R > 0, ma vorticità
infinita in R = 0. In un fluido viscoso questo vortice non può persistere: la vorticità
tenderà a diffondere verso l’esterno al crescere del tempo. La formulazione mate-
matica del problema consiste nell’equazione di diffusione in coordinate cilindriche
per u θ (R, t) scritta in precedenza, completata dalla condizione iniziale

Γ0
u θ (R, 0) =
2π R

e dalla condizione al contorno asintotica

u θ (∞, t) → 0.

Per R = 0 non si conosce il valore di u θ ma si richiede soltanto che u θ sia finito.


Per risolvere questo problema è opportuno cambiare l’incognita introducendo
la circolazione

Γ (R, t) = 2π R u θ (R, t)

come nuova variabile dipendente del problema. Un semplice calcolo mostra che la
nuova incognita deve soddisfare l’equazione
 
∂Γ ∂ 2Γ 1 ∂Γ
−ν 2
− =0
∂t ∂R R ∂R

ed è soggetta alla condizione iniziale (uniforme)

Γ (R, 0) = Γ0 , R > 0,

e alla condizione al contorno

Γ (0, t) = 0, t > 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 211 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 211

che proviene dalla richiesta che u θ sia finito per R = 0. La condizione al con-
torno asintotica di u θ non trova corrispondenza per la nuova incognita in quanto
Γ (∞, t) → 2π∞ · 0 e questa espressione è una forma indeterminata.
Il problema per l’incognita Γ è simile a quello della corrente causata dal moto
impulsivo di una lastra, per cui possiamo cercare una soluzione di tipo similare
basata sul medesimo cambiamento di variabili. Scegliamo come variabile similare
la variabile

R2
ξ = ξ(R, t) = ,
νt
che rappresenta il quadrato di quella considerata nel problema del moto impulsivo
della lastra piana, con opportuna sostituzione della lunghezza di riferimento. La
nuova variabile dipendente adimensionale è definita da

γ (ξ ) = γ (ξ(R, t)) = Γ (R, t)/Γ0 .

Un calcolo diretto mostra che la nuova incognita γ (ξ ) soddisfa l’equazione dif-


ferenziale ordinaria

γ 00 + 41 γ 0 = 0,

ed è soggetta alle due condizioni al contorno

γ (0) = 0 e γ (∞) = 1.

La prima deriva dalla sola condizione al contorno di Γ mentre la seconda deriva


dalla condizione iniziale di Γ osservando che per t → 0 si ha ξ = R 2 /(νt) → ∞.
Integrando una volta l’equazione si ha

γ 0 + 41 γ = A,

dove A è una costante d’integrazione. La soluzione generale di questa equazione


lineare del primo ordine è

γ (ξ ) = A + Be−ξ /4 ,

dove B è la seconda costante d’integrazione. Imponendo le condizioni al contorno


si ottiene immediatamente A + B = 0 e A = 1, per cui

γ (ξ ) = 1 − e−ξ /4 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 212 colore nero Giugno 12, 2006

212 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Dalla funzione γ (ξ ) cosı̀ ottenuta ricaviamo poi la soluzione per l’incognita circo-
lazione:

R2
  2 
Γ (R, t) = Γ0 γ νt = Γ0 1 − e−R /(4νt) ,

e infine la distribuzione richiesta della velocità all’interno del vortice

Γ0  2 
u θ (R, t) = 1 − e−R /(4νt) .
2π R

Il profilo della soluzione u θ (R, t) in diversi istanti di tempo è mostrato nella


figura 5.25 per Γ0 /(2π) = 4 e ν = 1. Si osserva che la richiesta che la soluzione u θ
abbia valore finito per R = 0 ha condotto ad avere velocità nulla in corrispondenza
dell’asse del vortice

u θ (R, t)

4.0

t = 0.1
3.0

0.3
2.0 0.5
1
1.0
3
Figura 5.25 Profili della velocità
u θ (R, t) a diversi istanti di tempo per
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 R
Γ0 /(2π) = 4 e ν = 1

A distanze maggiori di circa 4νt dall’asse, la circolazione è quasi inalterata
poiché la vorticità non
√ si è ancora diffusa tanto lontano. Tuttavia, a piccola distanza
dall’asse, per R  4νt, la corrente non è più irrotazionale: infatti, considerando
l’approssimazione della serie di √ Taylor della funzione esponenziale arrestata al
termine lineare, risulta, per R  4νt,

Γ0 n h
R2

R2 2
 io
u θ (R, t) = 1− 1− 4νt
+O 4νt
2π R
Γ0 R 2 Γ0
= = R,
2π R 4νt 8πνt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 213 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.9: Soluzioni esatte per correnti in geometria cilindrica 213

che corrisponde a una rotazione rigida quasi uniforme con velocità angolare

Γ0
Ω(t) = .
8πνt
Quindi l’intensità del vortice diminuisce con il tempo mentre il “core” del vortice
si allarga radialmente.
L’andamento complessivo della velocità può anche essere rappresentato me-
diante una superficie nello spazio tridimensionale, come mostrato nella figura 5.26:
gli assi orizzontali corrispondono alle due variabili indipendenti e l’asse verticale
corrisponde alla soluzione u.
u θ (R, t)

t
Figura 5.26 Rappresentazione
tridimensionale della soluzione R
u θ (R, t) del decadimento di un vortice
rettilineo

Decadimento del vortice attorno a un cilindro


Il metodo utilizzato per studiare il decadimento di un vortice rettilineo singolare
può essere seguito anche per determinare come decade, a causa della viscosità del
fluido, un vortice che ruota inizialmente attorno a un clilindro circolare fisso di
raggio a quando il cilindro si arresta istantaneamente. In questo caso la condizione
iniziale della velocità, sempre puramemte angolare, è data da

Γ0
u θ (R, 0) = , R > a,
2π R
e le (due) condizioni al contorno sono date da

u θ (a, t) = 0 e u θ (∞, t) → 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 214 colore nero Giugno 12, 2006

214 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Anche in questo caso è conveniente introdurre l’incognita ausiliaria

Γ (R, t) = 2π R u θ (R, t),

che soddisferà la stessa equazione del vortice singolare ed è soggetta alla condizione
iniziale

Γ (R, 0) = Γ0 , R > a,

e alla condizione al contorno sulla superficie del cilindro

Γ (a, t) = 0, t > 0,

Come nel caso precedente, la condizione al contorno asintotica di u θ non trova


corrispondenza per la nuova incognita in quanto Γ (∞, t) → 2π∞ · 0 e questa
espressione è una forma indeterminata. Introducendo la stessa variabile di similarità

R2
ξ = ξ(R, t) =
νt
usata in precedenza, la nuova incognita γ (ξ ) soddisfa la stessa equazione differen-
ziale ordinaria di prima, cioè, γ 00 + 14 γ 0 = 0, ed è soggetta alle due condizioni al
contorno
 2
a
γ =0 e γ (∞) = 1.
νt
La prima deriva dalla sola condizione al contorno sulla superficie del cilindro mentre
la seconda deriva dalla condizione iniziale di Γ osservando che per t → 0 si ha
ξ = R 2 /(νt) → ∞.
Integrando l’equazione del secondo ordine per γ e imponendo le condizioni al
contono si ottiene la soluzione
a2
γ (ξ ) = 1 − e 4νt e−ξ /4 .

Da questo si ricava immediatamente la soluzione per l’incognita circolazione


2
 a 2 −R 2

Γ (R, t) = Γ0 γ Rνt = Γ0 1 − e 4νt ,

e infine la distribuzione richiesta della velocità attorno al cilindro:

Γ0  a 2 −R 2

u θ (R, t) = 1 − e 4νt .
2π R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 215 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.10: Viscosità dei fluidi (anche comprimibili) 215

5.10 Viscosità dei fluidi (anche comprimibili)


Come abbiamo visto, la forza agente sul fluido in conseguenza del suo carattere
viscoso assume una forma particolarmente semplice nel caso di correnti incomprim-
ibili. Infatti, se vale questa ipotesi assieme a quella di viscosità di taglio costante,
µ = µ, la forza per unità di massa f visc risulta essere espressa dalla relazione

f visc = ν 2
u,

dove ν = µ/ρ rappresenta il coefficiente (costante) di viscosità cinematica, con ρ


indicante la densità uniforme del fluido. Questa espressione vettoriale è piuttosto
facile da tenere in conto, almeno nel caso di coordinate cartesiane, poiché in questo
caso l’operatore di Laplace agente su un campo vettoriale agisce indipendentemente
su ciascuna delle sue componenti. Di conseguenza, le componenti cartesiane della
forza viscosa sono date da

f xvisc = ν 2
u, f yvisc = ν 2
v, f zvisc = ν 2
w.

Ciascuno di questi tre termini deve essere aggiunto nel secondo membro di ognuna
delle tre componenti cartesiane dell’equazione della quantità di moto del sistema di
equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili. La semplicità della forza viscosa
espressa in coordinate cartesiane è la ragione per cui le equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili ammettono soluzioni analitiche che possono essere determinate
agevolmente, almeno nel caso di correnti in regioni limitate da pareti di forma
semplice.
La situazione delle coordinate cilindriche e sferiche è più complessa poiché
l’azione dell’operatore di Laplace su un campo vettoriale espresso in queste coordi-
nate non si separa in azioni indipendenti su ciascuna delle componenti del vettore:
l’operatore 2 introduce infatti un accoppiamento fra due delle componenti cilin-
driche e fra tutte e tre le componenti sferiche del campo vettoriale su cui agisce.
Quindi nel problema di Navier–Stokes incomprimibile in coordinate cilindriche o
sferiche la presenza del termine viscoso non permette di risolvere le equazioni delle
componenti della velocità u in modo indipendente.
Nonostante la forma relativamente semplice della forza viscosa nelle correnti
incomprimibili con viscosità costante, la sua deduzione è alquanto complicata,
essenzialmente per due motivi diversi. In primo luogo una descrizione completa
dell’attrito viscoso internamente a un fluido deve partire dall’analisi di un fluido
comprimibile. Vedremo che considerare un fluido di tipo generale conduce a
scoprire che esistono due forme diverse di attrito nel suo interno associate a due
distinti coefficienti di viscosità, relativi uno all’attrito di taglio e l’altro all’attrito
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 216 colore nero Giugno 12, 2006

216 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

di dilatazione. In secondo luogo, le due viscosità dipendono in generale dalle


condizioni termodinamiche del fluido nel punto considerato. Come vedremo, questi
due aspetti indipendenti intervengono in modo intrecciato nel ragionamento che
conduce alla formula della forza viscosa presente nel caso delle equazioni di Navier–
Stokes incomprimibili.

Tensore degli sforzi viscosi


Consideriamo all’interno di un fluido una superficie elementare ∆S di normale n̂,
attraverso la quale si esercita l’interazione fra le particelle del fluido. In assenza di
attrito viscoso, la forza interna fra le particelle è solo nella direzione normale n̂ e
dipende dal valore della pressione P nel punto considerato. Precisamente la forza
esercitata attraverso la superficie ∆S dalle particelle che si trovano dalla parte in
cui punta n̂ sul fluido che si trova dalla parte opposta è data da −P∆S n̂.
Se il fluido è reale, la forza interna tra le particelle, esercitata attraverso la
superficie ∆S, ha componenti sia lungo la normale sia in direzione tangente a ∆S.
Quindi la forza interna non è più descrivibile mediante la sola grandezza scalare
P combinata con il versore normale n̂. Nella realtà, l’azione interna è costituita
da un vettore che dipende in modulo e direzione dalla normale n̂ e che in generale
ha una direzione diversa da quella della normale stessa. Siccome nello spazio
tridimensionale le direzioni indipendenti sono tre, l’azione interna fra le particelle
del fluido sarà rappresentata da tre vettori distinti, ciascuno associato a una direzione
indipendente. In altre parole per caratterizzare l’interazione fra le particelle di un
fluido viscoso è necessario introdurre una grandezza di nuovo tipo, che si chiama
tensore degli sforzi viscosi e che si indica con il simbolo particolare . Questa
grandezza è la forza per unità di area relativa alle tre diverse orientazioni nello spazio.
Essa è una grandezza intrinseca, come lo sono i vettori, ma rappresenta un operatore
lineare, nel senso che la sua azione su un determinato vettore produce un altro
vettore. In un determinato sistema di riferimento il tensore sarà descritto da una
matrice i cui elementi dipendono dal sistema scelto, esattamente come accade per
un vettore e le sue componenti. Precisamente una colonna del tensore rappresenta
la forza per unità di area che si esercita attraverso una superficie elementare ∆S la
cui normale è nella direzione corrispondente alla colonna considerata.
Si può dimostrare che la legge di conservazione del momento della quantità
di moto (o momento angolare) implica che il tensore degli sforzi deve essere
simmetrico. Nel caso di coordinate cartesiane il tensore degli sforzi viscosi è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 217 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.10: Viscosità dei fluidi (anche comprimibili) 217

allora dato dalla matrice simmetrica


 
sx,x sim sim
=  s y,x s y,y sim 
sz,x sz,y sz,z

n̂ mentre, in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali con versori (ê1 , ê2 , ê3 ), il
∆S tensore degli sforzi viscosi sarà indicato nella forma generale:
sn̂  
s1,1 sim sim
=  s2,1 s2,2 sim 
s3,1 s3,2 s3,3
Figura 5.27
Vettore di sforzo viscoso, ovvero Noto il tensore dello sforzo viscoso in un punto del fluido, possiamo introdurre il
proiezione del tensore lungo la vettore sforzo viscoso sn̂ relativo a una superficie con normale n̂ facendo agire il
direzione della normale n̂ tensore su n̂ (vedi figura 5.27)

sn̂ = n̂.

Tensore simmetrico “gradienti della velocità”


Gli sforzi interni si manifestano anche in un solido continuo, ad esempio in un
materiale elastico come un pezzo di metallo o di altra sostanza solida. In effetti la
differenza fra liquidi e solidi emerge solo quando si analizza la causa degli sforzi
interni nel mezzo continuo: per un solido lo sforzo dipende dalla deformazione
locale del corpo mentre per un fluido esso dipende dalla rapidità di variazione della
deformazione locale del fluido. Dobbiamo quindi introdurre una nuova grandezza
in grado di rappresentare questo aspetto cinematico del campo di moto del fluido.
Essa consiste nella versione simmetrizzata del tensore dei “gradienti del campo
di velocità” e si chiama tensore simmetrico dei gradienti della velocità o anche
tensore di rapidità di variazione della deformazione e che, nel caso di coordinate
cartesiane, viene indicata con
 
(u) = 12 u + ( u)tr ,
 

dove l’indice superiore tr denota la matrice trasposta. Questa espressione del


tensore (u) è valida solo in coordinate cartesiane in quanto richiede che i versori
del sistema di coordinate siano costanti. In tale caso gli elementi della matrice che
rappresenta (u) nel sistema di coordinate cartesiane sono dati da
 
1 ∂u j ∂u i
ei, j (u) = + , i, j = 1, 2, 3,
2 ∂ xi ∂xj
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218 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

ovverosia, scrivendo anche gli elementi in forma dettagliata,


 ∂u 
sim sim
  ∂x  
 
 1 ∂u ∂v ∂v 

(u) =  + sim 
2 ∂y ∂ x ∂y 
     
 1 ∂u ∂w 1 ∂v ∂w ∂w 
+ +
2 ∂z ∂x 2 ∂z ∂y ∂z
La definizione generale del tensore dei gradienti della velocità che risulta valida per
ogni sistema di coordinate curvilinee ortogonali è invece la seguente
 
(u) ←→ 12 ê (ê0 )u + ê0 (ê )u ,
 

dove ê ed ê0 sono due versori la cui direzione varia in tutte le possibili direzioni, in
modo da generare il carattere tensoriale di . Anche la definizione generale indica
che la matrice del tensore (u) è simmetrica. Gli elementi di (u) in un sistema
di coordinate curvilinee ortogonali con versori ê1, ê2 ed ê3 sono dati da
 
ei, j (u) = 12 êi (ê j )u + ê j (êi )u , i, j = 1, 2, 3.
 

Per ricavare questi elementi si deve pertanto ricordare che il calcolo della derivata


(ê j )u richiede di espandere u in termini delle sue componenti nello stesso sistema
di coordinate, ovvero,

(ê j )u = (ê j ) u 1 ê1 + u 2 ê2 + u 3 ê3 ,
 

e di tenere conto che anche i versori ê1, ê2 ed ê3 in generale possono dipendere da
una o più coordinate, per cui alcune loro derivate saranno diverse da zero.

Fluido viscoso newtoniano


Per definire le proprietà del fluido riguardanti l’attrito interno viscoso si deve fornire
il legame fra i due tensori (entrambi simmetrici) degli sforzi viscosi e dei gradienti
della velocità. In linea teorica sono possibili legami aventi forme diverse, ma il caso
di un semplice legame lineare fra e è particolarmente importante e conduce alla
classe di fluidi viscosi detti newtoniani. Questa ipotesi è il corrispettivo per i fluidi
dell’ipotesi di linearità nei solidi tra gli sforzi e le deformazioni che caratterizza il
comportamento perfettamente elastico del mezzo.
Supponiamo ora che sia una funzione lineare di e che il fluido sia isotropo,
cioè che le sue proprietà siano indipendenti dalla direzione nello spazio. Si può
allora dimostrare che il principio di invarianza delle grandezze intrinseche (vettori
e tensori) rispetto alle rotazioni nello spazio implica che sono sufficienti solo due
coefficienti scalari per caratterizzare il legame lineare fra i tensori ed , e che tale
legame assume la seguente forma
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 219 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.10: Viscosità dei fluidi (anche comprimibili) 219

(u) = 2µ (u) + λ (


u) ,

dove µ si chiama coefficiente di viscosità (di taglio) e λ si chiama coefficiente


di viscosità di dilatazione. Questi coefficienti devono soddisfare le condizioni
seguenti: µ > 0 e λ + 23 µ > 0.
In certi casi si preferisce fare comparire un nuovo tensore con traccia nulla.


Osservando allora che u è uguale alla traccia di (u), la relazione lineare


precedente fra il tensore dei gradienti di velocità e il tensore degli sforzi viscosi si
può riscrivere anche nella forma seguente:
 
(u) = 2µ (u) − 13 ( u) + ζ ( u) ,
 

dove ζ = 23 µ + λ è chiamato secondo coefficiente di viscosità per distinguerlo da


µ, che allora è indicato come primo coefficiente di viscosità.
In generale, per fluidi con proprietà generiche, il valore dei due coefficienti
di viscosità dipende dalle condizioni termodinamiche del fluido, per cui potremo
scrivere
µ = µ(T, P) e λ = λ(T, P).
Nel campo di moto del fluido avremo in generale T = T (r, t) e P = P(r, t), per
cui il valore di µ e λ dipenderà della posizione e dal tempo, ovvero avremo, per
esempio,
µ(T (r, t), P(r, t)) = µ(r, t).
Osserviamo infine che il tensore degli sforzi viscosi si somma allo sforzo normale
dovuto alla pressione per costituire il tensore totale degli sforzi
(P, u) = −P + (u),


che per un fluido viscoso di tipo newtoniano assume la forma:

(P, u) = −P + 2µ (u) + λ (


u) .


Vettore sforzo viscoso relativo a una superficie


Possiamo ora determinare il vettore sforzo viscoso sn̂ (u) relativo a una superficie
con normale nenerica n̂ in un punto di un campo di moto u di cui sia noto il tensore
degli sforzi viscosi (u). Per definizione abbiamo
sn̂ (u) = n̂ (u)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 220 colore nero Giugno 12, 2006

220 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

ovvero
X
3
sn̂, j (u) = n̂ i si, j (u), j = 1, 2, 3.
i=1

Un calcolo diretto, sebbene po’ noioso, in un sistema di coordinate curvilinee


ortogonali qualsiasi, ad esempio in coordinate cartesiane, permette di ricavare la
seguente relazione vettoriale
 
sn̂ (u) = µ 2(n̂ )u + n̂ u + λ n̂
  

u.

L’espressione nel secondo membro ha una forma vettoriale intrinseca e quindi pu ò


essere utilizzata per calcolare sn̂ (u) in qualunque sistema di coordinate curvilinee
ortogonali.

Forza di attrito viscoso


Nel caso di fluido viscoso, sulle particelle agisce una forza interna di interazione
dovuta all’attrito viscoso. La forza viscosa per unità di volume Fvisc si ottiene
considerando un volumetto di fluido e sommando tutte le forze agenti sulla sua
superficie. Ciò conduce a valutare la divergenza del tensore simmetrico degli sforzi
viscosi (u), ovvero all’espressione

Fvisc =


(u),

le cui componenti vettoriali sono date dall’espressione


 
Fjvisc = j = 1, 2, 3.


s êj(u) ,
Sostituendo l’espressione esplicita di s êj(u) si ha quindi
 
Fjvisc = 2µ (ê j )u + µ ê j u + λ ê j j = 1, 2, 3.
   

u,
Un calcolo ancora diretto, in un qualunque sistema di coordinate curvilinee ortogo-
nali, ad esempio cartesiane, permette di dedurre la seguente espressione della forza
viscosa per unità di volume agente in un fluido qualsiasi, anche comprimibile,

Fvisc = − u) + (2µ + λ)(
   

(µ u)
+ 2( µ) u − 2( µ) u + 2(( µ)
     

)u.

Questo risultato ha una forma vettoriale intrinseca ed è valida in qualunque sistema


di coordinate curvilinee ortogonali.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 221 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.11: Energia nelle correnti incomprimibili viscose 221

Caso di correnti incomprimibili


I tre termini della seconda linea dell’espressione di Fvisc appena calcolata sono nulli
se la viscosità di taglio µ del fluido può essere considerata costante. Infatti, se
µ = µ = costante, allora µ = µ = 0 e inoltre il coefficiente costante µ pu ò
 

uscire all’esterno dell’operatore di rotore, per cui l’espressione di F visc si semplifica


notevolmente:

Fvisc = −µ u) + (2µ + λ)( u) .
   

(
Introduciamo infine l’ipotesi che la corrente sia incomprimibile, per cui la con-
u = 0 risulta essere soddisfatta. In questo caso l’espressione della forza


dizione
viscosa si semplifica ulteriormente e diventa
Fvisc = −µ
 

( u).
u) = − 2 u + ( u) usata nel caso di
   

Ma, per l’identità vettoriale (


u) = − 2 u, l’ipotesi
 

un campo vettoriale u a divergenza nulla per cui (


u = 0 permette di concludere che l’espressione della forza viscosa per unità di


volume nel caso di corrente incomprimibile assume la forma finale

Fvisc = µ 2
u.

Corrispondentemente, anche il vettore sforzo viscoso relativo a una determinata


direzione n̂ per correnti incomprimibili è dato dall’espressione più semplice
 
sn̂ (u) = µ 2(n̂ )u + n̂
 

u.

5.11 Energia nelle correnti incomprimibili viscose


Come si è già detto, nelle correnti incomprimibili non vi è alcuno spazio per
considerazioni relative agli aspetti termodinamici del fluido in esame. D’altra parte,
le particelle di un fluido, anche di densità uniforme,hanno un’energia cinetica per cui
è utile esaminare come varia l’energia cinetica del fluido nelle correnti dipendenti dal
tempo. In questo paragrafo si studia l’equazione che governa la variabile di campo
2 |u| che rappresenta l’energia cinetica specifica, ovvero per unità di massa. In una
1 2

corrente incomprimibile questa grandezza è proporzionale alla densità di energia


cinetica 21 ρ|u|2 . L’equazione dell’energia cinetica che ricaveremo è dedotta dalle
equazioni di Navier–Stokes e quindi non costituisce un’equazione indipendente da
soddisfare bensı̀ è una loro diretta conseguenza.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 222 colore nero Giugno 12, 2006

222 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Il punto di partenza del ragionamento sono le equazioni di Navier–Stokes con il


termine non lineare espresso in forma rotazionale, vale a dire,
∂u 
+( u) u + 2 |u|
1 2
+ p = ν ∇ 2 u,
 

∂t
u = 0,


dove p ≡ P/ρ. Moltiplicando per u l’equazione della quantità di moto e tenendo


∂t = ∂t 2 |u| , otteniamo
∂ 1
conto che risulta u ∂u 2

∂  
2 |u| +u 2 |u| + p = νu ∇ 2 u.
1 2 

1 2
∂t
Il termine u ∇ 2 u può essere espresso in modo conveniente in base alla seguente
identità differenziale
 
[(u )u] = u) u + 2 |u|
1 2
    

(

= u) u] + ∇ 2 12 |u|2
 

[(

=[ u] u − ( u) + ∇ 2 12 |u|2
   

u) (

=u u−| u|2 + ∇ 2 12 |u|2 .
  

u = 0, abbiamo u = −∇ 2 u, per
  

Essendo la corrente incomprimibile,


cui, risolvendo la relazione rispetto al termine u ∇ u, otteniamo
2


u ∇ 2 u = ∇ 2 12 |u|2 − [(u )u] − | u|2 .
  

Sostituendo questa identità nell’equazione dinamica si ha

∂   
1
|u|2 +u 1
|u|2 + p − ν ∇2 1
|u|2 + ν| u|2 = −ν
   

2 2 2
[(u )u].
∂t

Partendo da questa equazione, il matematico Scheffer ha formulato una disequa-


zione che ha condotto a introdurre la nozione di “suitable solution” per le equazioni
di Navier–Stokes. Questa nozione è fondamentale per potere garantire a priori
che un metodo per la simulazione di correnti incomprimibili non violi la legge
di conservazione dell’energia. In un recente lavoro intitolato “Finite-element-
based Faedo–Galerkin weak solutions to the Navier–Stokes equations in the three-
dimensional torus are suitable”, Journal de Mathematiques Pures et Appliquees, 85,
451–464, 2006, Jean-Luc Guermond ha dimostrato l’adeguatezza di certi metodi di
discretizzazione basati sugli elementi finiti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 223 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.11: Energia nelle correnti incomprimibili viscose 223

Decadimento dell’energia cinetica


L’ultima equazione si può anche scrivere più compattamente introducendo la vari-
abile k che rappresenta l’energia cinetica specifica:

k(r, t) ≡ 12 |u(r, t)|2 ,

per cui si ha l’equazione

∂k
+u (k + p) − ν ∇ 2 k + ν| u|2 = −ν
   

[(u )u].
∂t

Introduciamo a questo punto l’energia cinetica totale (sempre per unità di massa)
di tutto il fluido contenuto in una regione V fissa,
Z
K V (t) ≡ k(r, t),
V

dove il volume infinitesimo dV è stato omesso, come di consueto. Integriamo


l’equazione di evoluzione della variabile k sulla regione V . L’integrale del termine
u (k + p) è nullo in virtù del teorema di ortogonalità di Ladyshenskaya fra i


campi vettoriali a divergenza nulla e con componente normale nulla sulla frontiera,
e lo spazio dei gradienti delle funzioni scalari, ovverosia
Z
φ = 0,


v
V

v = 0 e n̂ v|∂ V = 0 e φ è una funzione differenziabile qualsiasi. As-




dove
sumendo quindi che sia n̂ u|∂ V = 0, l’integrazione dell’equazione di evoluzione
su tutta la regione V fornisce

Z Z
d KV  
+ −ν ∇ 2 k + ν| 2
= −ν
  

u| [(u )u].
dt V V

Essendo ∇ 2 k =
 

k, il teorema della divergenza implica che

I Z I
d KV
−ν k+ν | u| = −ν
2
  

n̂ n̂ (u )u.
dt ∂V V ∂V
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 224 colore nero Giugno 12, 2006

224 CAPITOLO 5 Correnti incomprimibili viscose

Supponiamo ora per semplicità che la condizione al contorno della velocità sia nulla
su tutta la frontiera ∂ V , ossia u|∂ V = 0. Il ragionamento può essere esteso anche
al caso in cui la velocità non si annulla sul contorno, semplicemente includendo
nell’equazione alcuni termini supplementari. Sotte le ipotesi fatte, l’ultimo integrale
dell’equazione è nullo per cui, portando nel membro di destra gli altri due integrali,
l’equazione si riduce a
I Z
d KV
=ν n̂ k − ν | u|2 .
 

dt ∂V V

Osserviamo ora che, essendo nulla la velocità sulla frontiera, si ha anche k|∂ V =
1
|u |2 = 0 e inoltre k ≥ 0 in ogni punto del fluido interno al dominio. Di
2 |∂ V 

conseguenza il vettore ( k)|∂ V è necessariamente diretto verso l’interno del do-




minio occupato dal fluido, per cui (n̂ k)|∂ V < 0. Pertanto il primo integrale è
necessariamente negativo e ciò significa che una parete fissa sottrae sempre energia
alla corrente incomprimibile. Inoltre anche il secondo termine è sempre negativo
per cui la presenza di vorticità nel fluido comporta un’ulteriore diminuzione di K V .
Quindi necessariamente

d KV
<0
dt

e l’energia cinetica totale del fluido contenuto nella regione V può solo diminuire.
Questo risultato sembra contraddire il principio di conservazione dell’energia mec-
canica. La contraddizione è tuttavia solo apparente in quanto il nostro modello
fluidodinamico include il fenomeno della viscosità, che è un attrito interno al flu-
ido, per cui va oltre i confini di una descrizione puramente meccanica del sistema.
In effetti la diminuzione dell’energia cinetica comporta un aumento dell’energia
interna del fluido che si riscalda in conseguenza del fenomeno dell’attrito viscoso.

Equazione dell’energia interna


Per descrivere questa trasformazione dell’energia cinetica in energia interna del
fluido occorre quindi ricorrere all’equazione che governa l’energia. L’equazione
che esprime la legge di conservazione dell’energia totale del fluido in presenza
di effetti legati sia alla viscosità del fluido sia alla sua conducibiltà termica sarà
formulata solo nel paragrafo 10.3. Per il caso di una corrente incomprimibile
cui siamo interessati ora, è conveniente esprimere tale legge nella forma in cui
l’incognita è l’energia interna specifica e (vedi paragrafo 9.5):
∂e
+ ρu e+ P u= T ) + 2µ| (u)|2 ,
   

ρ (κ
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 225 colore nero Giugno 12, 2006

PARAGRAFO 5.11: Energia nelle correnti incomprimibili viscose 225

dove κ è il coefficiente di conducibilità termica ed (u) è il tensore dei gradienti


della velocità, definito nel precedente paragrafo. L’aspetto fondamentale di questa
relazione è che il termine contenente la pressione termodinamica P nel fluido si
annulla nel caso di corrente incomprimibile. Pertanto, tenendo anche conto che la
densità del fluido è uniforme, dividiamo per ρ e scriviamo

∂e 1
+u e= T ) + 2ν | (u)|2 ,
  


∂t ρ

dove si deve intendere che T = T (e, ρ) e dove ν = µ/ρ. È importante osservare


che questa equazione è disaccoppiata dalle equazioni di Navier–Stokes incompri-
mibili e quindi può essere risolta separatamente, dopo che esse sono state risolte
prescindendo da ogni considerazione energetica. Per rendere evidente la sepa-
razione delle due fasi del procedimento di risoluzione, indichiamo con u = u(r, t) la
soluzione calcolata delle equazioni di Navier–Stokes e scriviamo quindi l’equazione
dell’energia interna per le correnti incomprimibili viscose come
 
∂e 1 ∂ T (e, ρ)
+ u(r, t) e= e + 2ν | (u(r, t))|2 ,
  

κ(e, ρ)
∂t ρ ∂e

che è un’equazione nella sola incognita e, da risolvere nella fase finale. Nel caso
particolare di un gas ideale politropico e = e(T ) = RT /(γ − 1), per cui, se il
coefficiente di conducibilità termica è costante, l’equazione dell’energia interna è
lineare. Una volta determinata la sua soluzione e = e(r, t), potremo calcolare il
campo della pressione termodinamica del fluido mediante la semplice sostituzione
P(e(r, t), ρ) = P(r, t) =, essendo P = P(e, ρ) la seconda equazione di stato del
fluido considerato.
Potremo poi confrontare il campo (r, t) = ρ p(r, t) della pressione (molti-
plicatore di Lagrange) ottenuta risolvendo le equazioni di Navier–Stokes incom-
primibili con il campo P(r, t) della pressione (termodinamica) ottenuta risolvendo
l’equazione dell’energia e usando l’equazione di stato per verificare a posteriori in
che misura sia accettabile l’ipotesi di incomprimibilità della corrente.

Esercizi 5
1. Si consideri il problema del decadimento del vortice soluzione del problema utilizzando la variabile similare
rettilineo studiato nel paragrafo 5.9. Determinare la √
η = η(R, t) = R νt ,
come variabile indipendente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 213 colore nero Dicembre 29, 2005

213

CAPITOLO 6

Equazioni dello strato


limite stazionario 2D
Introduzione In questo capitolo presentiamo i concetti della teoria dello strato
limite di Prandtl per lo studio delle correnti incomprimibili viscose ad alti numeri
di Reynolds. Deriviamo le equazioni di Prandtl per il caso di correnti stazionare in
due dimensioni seguendo inizialmente il procedimento originario basato sull’analisi
dell’importanza relativa dei vari termini presenti nell’equazione della quantità di
moto quando una corrente stazionaria investe una lastra piana semi-infinita o un
corpo molto sottile disposti parallelamente alla direzione della velocità incidente.
Sotto queste condizioni si ottiene un sistema contenente solo due equazioni per
le componenti cartesiane della velocità mentre la pressione è stabilita dalla legge
di Bernoulli valida nella regione in cui la corrente può essere considerata non
viscosa. Ricerchiamo poi soluzioni di tipo similare delle equazioni di Prandtl.
Nel caso particolare di corrente uniforme a grande distanza dal corpo si scopre
che la soluzione similare soddisfa un’equazione differenziale ordinaria del terzo
ordine, la celebre equazione di Blasius. Tale equazione è ricavata sia direttamente
dalle equazioni di Prandtl per le variabili velocità e pressione sia partendo da una
rappresentazione del problema in termini della funzione di corrente.
In una seconda fase, le equazioni della teoria dello strato limite sono dedotte
seguendo un procedimento diverso, più rigoroso, in cui il problema matematico è
decomposto in una doppia serie di problemi accoppiati fra loro: una serie è costituita
da problemi per una corrente viscosa (problemi interni) mentre la seconda serie è
costituita da problemi per una corrente non viscosa (problemi esterni). I problemi
delle due serie devono essere risolti in successione e la condizione da imporre
sul contorno esterno in ogni problema interno è stabilita dai valori della soluzione
del problema esterno corrispondente. Questo procedimento è noto con il nome di
metodo delle espansioni asintotiche raccordate. Prima di applicarlo alle equazioni
delle correnti viscose piane, illustreremo i concetti e il procedimento del metodo
analizzando un problema modello costituito da un’equazione differenziale ordinaria
lineare del secondo ordine.

6.1 Valori tipici delle grandezze in uno strato limite


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 214 colore nero Dicembre 29, 2005

214 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

6.2 Teoria dello strato limite di Prandtl


Le equazioni dello strato limite di Prandtl possono essere derivate dalle equazioni
di Navier–Stokes sia mediante un argomento euristico basato sul consideriazioni
fisiche sia mediante una procedura di limite per Re → ∞. In questo paragrafo
seguiamo la prima via, dovuta originariamente a Prandtl, in cui si analizzano gli
ordini di grandezza dei vari termini delle equazioni di Navier–Stokes.

Ipotesi della teoria dello strato limite


Le ipotesi alla base della teoria dello strato limite di Prandtl sono le seguenti:
• corrente incomprimibile e fluido di densità uniforme;
• corrente stazionaria e bidimensionale;
• lastra piana semi-infinita o corpo sottile allineati con la corrente esterna;
• effetti viscosi importanti solo in uno strato sottile vicino al corpo.
Impostiamo inizialmente il problema scrivendo le equazioni che governano la cor-
rente con caratteristiche che derivano dalle prime tre ipotesi. Ciò significa ridurre
le equazioni di Navier–Stokes incomprimibili al caso di corrente stazionaria in due
dimensioni e specificare le condizioni al contorno appropriate alla geometria di
una lastra sottile. Successivamente si analizzano invece le conseguenze della quarta
ipotesi che è la parte più complessa da formulare per ricavare le equazioni di Prandtl.
Consideriamo una lastra semi-infinita, investita da una corrente la cui velocità
a grande distanza è parallela al piano della lastra e perpendicolare al suo bordo di
attacco. Si suppone che la corrente sia piana, per cui si introduce un sistema di
coordinate cartesiane (x, y). La metà positiva dell’asse x coincide con la sezione
trasversale della lastra e l’origine delle coordinate corrisponde allo spigolo di attacco
della lastra. La corrente esterna ha la stessa direzione e lo stesso verso dell’asse x.
Le equazioni che governano la corrente incomprimibile di un fluido avente
densità uniforme, ρ = ρ, e viscosità costante, µ = µ, nel caso di moto stazionario
si ottengono eliminando il termine di derivata temporale dalle equazioni di Navier–
Stokes introdotte nel paragrafo 5.4


P
)u − ν 2
u+ = 0,


(u 

ρ
u = 0,


dove ν = µ/ρ. Se consideriamo ora un problema corrente bidimensionale piana


e scriviamo tutti i termini esprimendoli mediante le coordinate cartesiane x-y, le
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 215 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.2: Teoria dello strato limite di Prandtl 215

equazioni di Navier–Stokes precedenti assumono la forma


 
∂u ∂u ∂ 2u ∂ 2u 1 ∂P
u +v −ν + + = 0,
∂x ∂y ∂x2 ∂y 2 ρ ∂x
 
∂v ∂v ∂ 2v ∂ 2v 1 ∂P
u +v −ν + + = 0,
∂x ∂y ∂x2 ∂y 2 ρ ∂y
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y

Il campo di moto deve essere determinato in tutto il piano x-y tranne lungo la
semiretta x > 0, y = 0, che rappresenta una sezione della lastra. Notiamo che, a
causa della natura incomprimibile della corrente, la presenza del corpo influisce sul
campo di moto anche nella regione a monte, x < 0. Tuttavia, queste perturbazioni si
attenuano allontandosi dal corpo e quindi a grande distanza la corrente si pu ò ritenere
nota e sarà caratterizzata tramite l’assegnazione delle condizioni al contorno.
Le condizioni al contorno necessarie per il problema della lastra piana semi-
infinita disposta come il semipiano (y = 0, x > 0) comprendono la velocità nulla
su tutta la superficie della lastra:

u(x, 0) = 0 e v(x, 0) = 0 per x > 0,

la specificazione della corrente esterna a grande distanza sopra la lastra, ovvero

u(x, ∞) = u est (x) e v(x, ∞) = v est (x) per x > 0,

dove (u est (x), v est (x)) è una distribuzione nota della velocità, e infine la specifi-
cazione della corrente a monte della lastra

u(−∞, y) = u monte (y) e v(−∞, y) = v monte (y) ∀y,

dove (u monte (y), v monte (y)) è la distribuzione nota della velocità a grande distanza
a monte della lastra. L’andamento della velocità della corrente a valle della lastra,
ovvero per x → ∞, non è invece specificato.
Supponiamo ora di restringere l’attenzione a condizioni al contorno per le quali
il campo di moto sia simmetrico rispetto al piano orizzontale y = 0. Un esempio
è il caso di corrente esterna uniforme parallela alla lastra. Se si considerano
soluzioni simmetriche, è sufficiente risolvere il problema nel semipiano superiore,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 216 colore nero Dicembre 29, 2005

216 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

y > 0. Allora, l’insieme delle condizioni al contorno da imporre su ciascuna delle


componenti della velocià comprende
u(x, 0) = 0 e u(x, ∞) = u est (x), x > 0,
u(−∞, y) = u monte (y), y > 0,

v(x, 0) = 0 e v(x, ∞) = v est (x), x > 0,


v(−∞, y) = v monte
(y), y > 0.
A queste si devono aggiungere le condizioni al contorno di simmetria sulla
semiretta x < 0, y = 0, che assumono la forma seguente
∂u(x, 0)
= 0, x < 0,
∂y
v(x, 0) = 0, x < 0.
In altre parole, la componente v della velocità normale all’asse di simmetria deve
annullarsi su di esso, mentre la componente u tangente all’asse deve avere derivata
normale nulla e quindi potrà assumere valori diversi da zero.

δx

Figura 6.1 Struttura dello strato


x x
limite su una lastra piana semi-infinita

Analisi degli ordini di grandezza


La figura 6.1 mostra una tipica configurazione di strato limite su una lastra piana
semi-infinita investita da una corrente uniforme parallela al piano della lastra. In
questo problema non esiste alcuna scala spaziale di riferimento definita, per cui si
potrà considerare solo la distanza x dal bordo di attacco della lastra come lunghezza
utile per procedere alla formulazione adimensionale del problema.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 217 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.2: Teoria dello strato limite di Prandtl 217

Indichiamo poi con δ x la distanza verticale y = δ x dalla lastra del punto in


cui il valore della velocità raggiunge approssimativamente il valore della corrente
esterna. La grandezza δ x rappresenta quindi una stima della spessore dello strato
limite in corrispondenza del punto x sulla lastra. Si suppone che agli alti numeri
di Reynolds la struttura del campo di moto sia tale che l’andamento di δ x è come
mostrato nella figura 6.1. Questo significa che, tranne nella zona vicina al bordo
di attacco dove δ x ∼ x, lo spessore dello strato limite è supposto essere piccolo
rispetto alla distanza x, ovvero δ x  x.
La componente u della velocità del campo di moto sarà di ordine , dove
rappresenta un valore caratteristico tipico della componente x della velocità della
corrente esterna, ad esempio, nel caso di velocità esterna uniforme U sarà = U .
Indichiamo poi con un valore tipico della componente verticale della velocità,


che stimeremo fra un momento. Su questa base è possibile fornire una stima del
valore delle derivate spaziali delle variabili incognite, che saranno:
∂u ∂v
∼ ∼ .


e
∂x x ∂y δx
Notiamo che nelle relazioni di questo tipo contenenti stime di vari termini il segno
delle quantità non ha alcuna importanza e le relazioni devono sempre essere intese
fra i valori assoluti delle grandezze considerate.
La condizione di incomprimibilità della corrente in due dimensioni permette
di ricavare subito che
δx
∼ ⇒ ∼


 .
x δx x
Pertanto la condizione sulla piccolezza dello spessore dello strato limite δ x  x
implica anche
 
il che significa che il moto del fluido nello strato limite è quasi parallelo alla lastra.
Procedendo nella nostra analisi degli ordini di grandezza, consideriamo l’equa-
zione della componente orizzontale della velocità
 2 
∂u ∂u ∂ u ∂ 2u 1 ∂P
u +v −ν 2
+ 2
+ =0
∂x ∂y ∂x ∂y ρ ∂x
La stima di tutte le derivate di u che compaiono nell’equazione permette di scrivere
 
1 ∂P
+ +ν + 2 + ∼ 0.
x2


x δx δx ρ ∂x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 218 colore nero Dicembre 29, 2005

218 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Si ricorda che i segni non sono significativi nelle relazioni riguardanti le stime dei
termini. Se usiamo ora la stima di appena ottenuta, si vede che i due termini non


lineari hanno lo stesso ordine di grandezza, poiché


2 2 2
δx
+  ∼ + ∼ + .
x δx x x δx x x
Inoltre è evidente che, dei due termini viscosi, quello relativo alla derivata lungo la
lastra è molto minore di quello relativo alla derivata normale. Di conseguenza la
stima dei termini dell’equazione permette di scrivere
2
1 ∂P
+ν + ∼ 0.
x δx2 ρ ∂x
Come discusso nel paragrafo precedente, lo strato limite è per definizione la zona
nella quale gli effetti del termine viscoso sono dello stesso ordine di quelli dei
termini non lineare. Imponiamo quindi questa condizione scrivendo la seguente
relazione
2
νx
∼ν da cui δx2 ∼ .
x δx2
In altre parole, dalle ipotesi di Prandtl segue che lo spessore δ x dello strato limite
dipende dalla distanza x dal bordo di attacco secondo la relazione
r r
νx δx ν
δx ∼ o in forma adimensionale ∼ .
x x
Se ora introduciamo un numero di Reynolds locale basato sulla distanza x dal bordo
di attacco della lastra
x
Rex = ,
ν
lo spessore adimensionale dello strato limite avrà la seguente dipendenza da Re x
δx 1
∼√ .
x Rex
Nell’ambito dell’approssimazione δ x  x, il termine viscoso associato alla derivata
lungo la parete potrà essere trascurato e l’equazione della componente x della
velocità si ridurrà a
∂u ∂u ∂ 2u 1 ∂P
u +v −ν 2 + = 0.
∂x ∂y ∂y ρ ∂x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 219 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.2: Teoria dello strato limite di Prandtl 219

Consideriamo ora l’equazione relativa alla componente della velocità normale


alla parete
 
∂v ∂v ∂ 2v ∂ 2v 1 ∂P
u +v −ν 2
+ 2 + =0
∂x ∂y ∂x ∂y ρ ∂y

e applichiamo a essa la stessa analisi degli ordini di grandezza. Abbiamo


 
1 ∂P
+ +ν + + ∼ 0.
   

x2 δx2


x δx ρ ∂y

Anche in questo caso i due termini non lineari hanno lo stesso ordine di grandezza
in quanto, per la stima derivante dalla condizione di incomprimibilità, risulta
2 2 2
x
+ ∼ + ∼ +
      

 ,
x δx δx x δx δx δx

e la derivata seconda rispetto a x è trascurabile rispetto a quella rispetto a y, per cui


vale la stima
2
1 ∂P
+ν + ∼ 0.
 

δx δx2 ρ ∂y

Utilizzando la stima di , questa relazione è equivalente a




2
δx 1 ∂P
+ν + ∼ 0,
x2 xδx ρ ∂y

per cui, esprimendo ν in termini del numero di Reynolds locale, ν = x/Re x , si ha


anche
2 2
δx 1 1 ∂P
+ + ∼ 0.
x2 Rex δx ρ ∂y

Questa relazione mostra che per δ x  x e Rex  1 i primi due termini hanno lo
stesso ordine di grandezza. Ne consegue necessariamente che il terzo termine avrà
o lo stesso ordine di grandezza o sarà più piccolo. Tale termine, confrontato con
l’ordine di grandezza dell’equazione della componente x, risulta piccolo e quindi,
seguendo Prandtl, assumiamo

∂P
= 0.
∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 220 colore nero Dicembre 29, 2005

220 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Pertanto la pressione nello strato limite varierà solo con la coordinata x lungo la
parete e non dipenderà dalla distanza dalla parete, ovvero avremo P = P(x). La
forma corretta dell’equazione per la componente x della velocità appena ricavata
sarà allora
∂u ∂u ∂ 2u 1 dP
u +v −ν 2 + = 0,
∂x ∂y ∂y ρ dx
dove la derivata parziale di P è stata sostituita dalla derivata ordinaria in quanto la
pressione dentro lo strato limite è funzione della sola variabile x.
Il sistema di equazioni da soddisfare per determinare il campo di moto della
corrente attorno alla lastra sarà quindi

∂u ∂u ∂ 2u 1 dP
u +v −ν 2 + = 0,
∂x ∂y ∂y ρ dx
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
Abbiamo pertanto un sistema di due equazioni nelle tre incognite u(x, y), v(x, y)
e P(x), che richiede quindi di essere completato opportunamente per potere avere
una soluzione unica.

Corrente non viscosa


È a questo punto che interviene l’elemento più delicato della teoria di Prandtl. Lon-
tano dalla lastra gli effetti della viscosità del fluido sono trascurabili e la corrente è
descritta con buona approssimazione dalle equazioni di Eulero per correnti incom-
primibili piane stazionarie. Di conseguenza sarà possibile determinare il campo
di pressione della corrente inviscida a una certa distanza dalla lastra risolvendo in
questa zona le equazioni di Eulero con le relative condizioni al contorno. Sappiamo
che con queste equazioni è permesso imporre solo la condizione al contorno per la
componente normale della velocità. Se indichiamo con ue (x, y) e P e (x, y) le vari-
abili incognite delle nostre equazioni di Eulero da risolvere nel semipiano y > 0,
avremo le seguenti condizioni al contorno:

u e (−∞, y) = u monte (y), y > 0,


v (x, 0) = 0
e
e v (x, ∞) = v est (x),
e
x > 0,

dove u monte (y) è la distribuzione della componente orizzontale della velocità a


monte, a grande distanza dalla lastra, mentre v est (x) è la distribuzione della com-
ponente verticale della velocità esterna imposta a grande distanza dalla lastra.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 221 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.2: Teoria dello strato limite di Prandtl 221

Supponendo ora di avere determinato il campo di pressione P e (x, y) della


corrente inviscida, possiamo valutare il suo andamento sulla superficie della lastra
e assumerlo come pressione nota internamente allo strato limite. In altre parole,
la pressione della corrente inviscida valutata sulla lastra costituisce la pressione
lontana dalla parete per le equazioni dello strato limite. In termini matematici
porremo quindi

P(x) = P e (x, 0),

il che significa che la variabile incognita P(x) vista in precedenza è determinata


dalla funzione P e (x, 0) calcolata risolvendo le equazioni di Eulero incomprimibili.
Con questa assunzione l’equazione della componente orizzontale della velocità
assumerà la seguente forma

∂u ∂u ∂ 2u 1 ∂ P e (x, 0)
u +v −ν 2 =− ,
∂x ∂y ∂y ρ ∂x

in cui appare un termine noto.

Equazioni dello strato limite di Prandtl


L’ultimo passo per la costruzione delle equazioni dello strato limite nel caso della
corrente attorno alla lastra piana semi-infinita deriva dal supporre che la corrente a
monte sia uniforme, ovvero dal scegliere la condizione al contorno particolare

u e (−∞, y) = U, y > 0,

dove U > 0, mentre si permette ancora una distribuzione della velocità esterna
verticale v est (x) di tipo generale. La condizione a monte implica che la corrente è
irrotazionale per cui la corrente inviscida soddisferà (la versione irrotazionale de) il
teorema di Bernoulli, ossia,

P e (x, y) 1 e
+ |u (x, y)|2 = C,
ρ 2

dove C una costante arbitraria. Valutando questa relazione sulla lastra, ossia per
y = 0, e risolvendo rispetto alla pressione, abbiamo

P e (x, 0) 1
= − [u e (x, 0)]2 + C.
ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 222 colore nero Dicembre 29, 2005

222 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

dove abbiamo sfruttato la condizione al contorno v e (x, 0) = 0 nell’esprimere il


modulo della velocità sulla lastra. A questo punto è conveniente definire la seguente
funzione della sola variabile x

U e (x) ≡ u e (x, 0)

che rappresenta la velocità (già determinata) della corrente inviscida sulla superficie
della lastra. In termini di questa funzione è immediato derivare
1 ∂ P e (x, 0) dU e (x)
= −U e (x) ,
ρ ∂x dx
e quindi l’equazione della componente orizzontale della velocità assume la forma

∂u ∂u ∂ 2u dU e (x)
u +v − ν 2 = U e (x) .
∂x ∂y ∂y dx
Combinando questa equazione con la condizione di incomprimibilità si ottiene il
seguente sistema

∂u ∂u ∂ 2u dU e (x)
u +v − ν 2 = U e (x) ,
∂x ∂y ∂y dx
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y

con due equazioni differenziali alle derivate parziali nelle due incognite u(x, y) e
v(x, y). Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Prandtl della teoria
dello strato limite. Si noti che la funzione U e (x) è conosciuta e quindi il termine
del membro di destra della prima equazione è proprio il suo termine noto.
Il dominio in cui risolviamo queste equazioni è costituito dal primo quadrante
x > 0, y > 0.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, sulla lastra si impone l’annulla-
mento della velocità. Inoltre, sulla retta verticale x = 0, y > 0, si impone che la
componente orizzontale della velocità sia uniforme, ovvero, u(0, y) = U . Infine,
a grande distanza dalla lastra si impone sempre, sulla componente orizzontale la
distribuzione della velocità U e (x) fornita dalla soluzione delle equazioni di Eulero
valutata sulla superficie della lastra. Naturalmente si suppone che sia soddisfatta la
condizione di compatibilità U e (0) = U .
L’insieme delle condizioni al contorno da imporre nella risoluzione delle
equazioni di Prandtl è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 223 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.2: Teoria dello strato limite di Prandtl 223

u(x, 0) = 0 e u(x, ∞) = U e (x), x > 0,


u(0, y) = U, y > 0,
v(x, 0) = 0, x > 0.

Si può notare che, mentre la variabile incognita u ha condizioni al contorno sia


sulla lastra y = 0 sia per y → ∞, il valore al contorno della variabile incognita v
è prescritto solo sulla lastra. Ciò è conforme alla natura delle equazioni di Prandtl
nelle quali la sola derivata seconda presente è ∂ 2 u/∂y 2 mentre l’unica derivata di
v presente è la derivata prima rispetto a y. Inoltre, riguardo la derivata rispetto a
x, compare solo quella della variabile u, ∂u/∂ x, per cui sulla semiretta verticale
passante per x = 0 si può imporre la condizione al contorno solo per u.

Osservazione Il problema di Prandtl cosı̀ formulato presenta una singolarità in


corrispondenza del bordo di attacco della lastra, ovvero nell’origine delle coordinate
cartesiane. Infatti in questo punto la componente orizzontale della velocità deve
essere nulla, in quanto esiste la condizione di non scivolamento sulla lastra, ma
deve anche essere uguale a U , in virtù della condizione di velocità sulla semiretta
verticale, u(0, y = 0) = U . Essendo U necessariamente diverso da zero, il dato al
contorno della componente u della velocità è allora discontinuo nel vertice in basso
a sinistra (0, 0) del dominio. Questa discontinuità dei dati al contorno di u implica
una singolarità della soluzione. Come vedremo, tale singolarità gioca un ruolo
importante nel ricavare soluzioni di tipo similare del problema della lastra piana.

Rappresentazione della funzione di corrente


Una forma conveniente delle equazioni di Prandtl si ottiene utilizzando la funzione
di corrente ψ che permette di rappresentare il campo di velocità incomprimibile in
La funzione di corrente ψ è stata due dimensioni mediante le relazioni
introdotta nel paragrafo 3.9.
∂ψ ∂ψ
u= e v=− .
∂y ∂x

In questo modo risulta soddisfatto il vincolo di incomprimibilità e la prima equazione


di Prandtl assume la forma
   
∂ψ ∂ 2 ψ ∂ψ ∂ 2 ψ ∂ 3ψ dU e (x)
− − ν = U e
(x) .
∂y ∂ x ∂y ∂ x ∂y 2 ∂y 3 dx

Abbiamo una sola equazione differenziale alle derivate parziali del terzo ordine in
una sola incognita, ψ. Le condizioni al contorno per la nuova variabile ψ si derivano
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 224 colore nero Dicembre 29, 2005

224 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

dal quelle originarie per u e v. Consideriamo per prima la condizione di non pen-
etrazione sulla lastra: v(x, 0) = 0. In termini di ψ essa diventa ∂ψ(x, 0)/∂ x = 0,
relazione che, una volta integrata lungo l’asse x, può essere scritta più semplice-
mente come

ψ(x, 0) = costante = 0, x > 0.

È lecito prendere uguale a zero il valore della costante in quanto la funzione di


corrente è definita a meno di una costante arbitraria. Anche la condizione sulla
semiretta verticale x = 0 y > 0, cioè ∂ψ(0, y)/∂y = U , può essere integrata e
conduce alla semplice condizione
Z y
ψ(0, y) = U d ỹ = U y, y > 0.
0

Le altre due condizioni al contorno si riscrivono direttamente come condizioni sulla


derivata rispetto alla coordinata y normale alla lastra:
∂ψ(x, 0) ∂ψ(x, ∞)
= 0, = U e (x), x > 0.
∂y ∂y
Il problema completo dello strato limite nella rappresentazione della funzione di
corrente consiste quindi: nell’equazione per ψ, che scriviamo con le derivate di
ordine più elevato scritte per prime, e nelle condizioni al contorno appena ricavate:
   
∂ 3ψ ∂ψ ∂ 2ψ ∂ψ ∂ 2ψ dU e (x)
ν + − = −U e (x) ,
∂y 3 ∂x ∂y 2 ∂y ∂ x ∂y dx
∂ψ(x, 0) ∂ψ(x, ∞)
ψ(x, 0) = 0, = 0, = U e (x), x > 0,
∂y ∂y
ψ(0, y) = U y, y > 0.

In questa formulazione il problema dello strato limite rivela la natura matematica


delle semplificazioni conseguenti alle ipotesi poste da Prandtl a fondamento della
teoria dello strato limite: l’equazione della funzione di corrente, che nel caso
generale di corrente piana incomprimibile di tipo Navier–Stokes è del quarto ordine,
si riduce a un’equazione del terzo ordine. Corrispondentemente sul “contorno
orizzontale lontano” y → ∞ la nuova variabile incognita ψ ha una sola condizione
al contorno invece di due. Per quanto riguarda le condizioni al contorno sui lati
verticali, c’è una sola condizione in conformità con la sparizione di tutte le derivate
rispetto a x di ordine superiore al primo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 225 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 225

6.3 Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius


Un caso particolarmente importante di strato limite sulla lastra semi-infinita si
presenta quando la corrente esterna è uniforme e parallela alla lastra, con velocità
U assegnata. In questo caso u e (x, y) = U , per cui anche U e (x) = u e (x, 0) = U .
Le equazioni di Prandtl per le componenti della velocità si riducono allora a

∂u ∂u ∂ 2u
u +v − ν 2 = 0,
∂x ∂y ∂y
∂u ∂v
+ = 0,
∂x ∂y

e devono essere risolte con le corrispondenti condizioni al contorno

u(x, 0) = 0 e u(x, ∞) = U, x > 0,


u(0, y) = U, y > 0,
v(x, 0) = 0, x > 0.

Nel caso di corrente esterna e a monte uniforme il valore al contorno di u risulta


quindi essere necessariamente discontinuo: infatti per la condizione sulla lastra si
ha u(0, 0) = 0, mentre la condizione sulla semiretta verticale x = 0, y > 0, implica
u(0, 0) = U 6= 0.
Procediamo alla risoluzione del problema osservando che, data la mancanza
di una scala spaziale di riferimento nel problema considerato, si pu ò immaginare
che l’andamento del profilo della velocità orizzontale u nello strato limite “non
dipenda” dalla coordinata x, nel senso che al variare di x si abbia soltanto un
cambiamento della scala di questa variabile. In termini matematici, questo richiede
che la dipendenza di u dalle due variabili x e y si verifichi attraverso una variabile
singola (di similarità) che scriveremo, senza perdita di generalità, nella forma
y
η = η(x, y) = ,
g(x)

dove g(x) è una funzione da determinare. Al posto della incognita u(x, y) intro-
durremo allora la nuova incognita adimensionale h, funzione della sola variabile η,
definita da
y 
u(x, y) = U h(η(x, y)) = U h g(x) .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 226 colore nero Dicembre 29, 2005

226 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Se esiste una soluzione u(x, y) di questo tipo, il profilo di velocità ad ogni distanza
x dal bordo di attacco sarà semplicemente una versione dilatata (o compressa) della
velocità a qualunque altra distanza. Notiamo che questa ricerca di una soluzione
similare è un po’ più generale di quelle del capitolo 5 in quanto non stiamo tentando
di immaginare in anticipo una forma determinata della funzione g(x) ma lasciamo
che essa emerga in modo razionale nel corso del procedimento di calcolo.
Analizziamo inizialmente che cosa comporta la condizione di incoprimibilità
per la struttura della seconda variabile incognita v(x, y) del problema originario. Il
vincolo di incomprimibilità permette di scrivere:

∂v ∂u ∂ h y 
i
=− =− U h g(x)
∂y ∂x ∂x
   
∂ y g 0 (x)y
= −U h 0 (η) = −U h 0 (η) −
∂ x g(x) [g(x)]2
U g 0 (x) 0
= ηh (η).
g(x)

Si noti in questa relazione come in tutte le prossime l’apice indica la derivata rispetto
alla variabile indipendente di ogni funzione di una sola variabile, qualunque essa
sia. Per trovare la forma esplicita di v(x, y), integriamo1 questa equazione rispetto
a y:
Z
U g 0 (x) y
v(x, y) = η(x, y) h 0 (η(x, y)) dy,
g(x) 0

dove, per determinare la costante di integrazione, si è utilizzata la condizione


al contorno di non penetrazione sulla lastra, v(x, 0) = 0, per ogni x > 0. Il
cambiamento di variabile y = g(x) η implica dy = g(x) dη, per cui l’integrale
diventa
Z η(x,y)
v(x, y) = U g 0 (x) ηh 0 (η) dη.
0

In base all’identità [ηh(η)]0 = h(η) + ηh 0 (η), si ottiene


 Z η 
0
v(x, y) = U g (x) ηh(η) − h(η) dη .
0

1
L’uso dello stesso simbolo y sia come variabile di integrazione sia come estremo dell’integrale
non dovrebbe provocare confusione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 227 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 227

Se ora indichiamo con f (η) una funzione primitiva di h(η), ovvero,


Z
f (η) = h(η) dη,

per cui f 0 (η) = h(η), la rappresentazione delle componenti della velocità della
soluzione similare sarà
u(x, y) = U f 0 (η),
 
v(x, y) = U g 0 (x) η f 0 (η) − f (η) ,
dove, naturalmente, η = η(x, y). Siccome dobbiamo risolvere l’equazione di
Prandtl
∂u ∂u ∂ 2u
u +v − ν 2 = 0,
∂x ∂y ∂y
è necessario determinare le tre derivate che compaiono in essa. Abbiamo
∂u(x, y) ∂  0  ∂η
= U f (η) = U f 00 (η)
∂x ∂x ∂x
 0 
g (x)y U g 0 (x) 00
= U f 00 (η) − 2
=− η f (η).
[g(x)] g(x)
D’altra parte
∂u(x, y) ∂  0  ∂η U 00
= U f (η) = U f 00 (η) = f (η),
∂y ∂y ∂y g(x)
 
∂ 2 u(x, y) ∂ U 00 U 000 ∂η U
2
= f (η) = f (η) = f 000 (η),
∂y ∂y g(x) g(x) ∂y [g(x)]2
dove si intende sempre η = η(x, y). Sostituendo le espressioni di u e v e di tutte le
derivate di u nell’equazione di Prandtl si ottiene,
 
U U g 0 00   U 00
−ν 2 f 000 + U f 0 − η f + U g0 η f 0 − f f = 0,
g g g
dove abbiamo scritto g e g 0 al posto di g(x) e g 0 (x) poiché anche la funzione g(x)
non è nota e quindi rappresenta una ulteriore incognita del problema. Semplificando
l’equazione si ottiene
U 000 U 2 g 0 00
ν f + f f = 0,
g2 g
ovverosia, dopo aver diviso per νU/g 2 ,
U gg 0 00
f 000 + f f = 0.
ν
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 228 colore nero Dicembre 29, 2005

228 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Ricerca della variabile di similarità


Affinché questa equazione possa diventare un’equazione differenziale ordinaria è
necessario che il coefficiente contenente la funzione g(x) sia costante. In altre
parole la funzione g(x) che permette di determinare una soluzione similare del
problema risulta essere determinata come soluzione dell’equazione
U gg 0 1
= ,
ν 2
dove si è scelta uguale a 12 la costante senza alcuna perdita di generalità, per
convenienza successiva. Pertanto la funzione g(x) è definita come soluzione della
semplice equazione differenziale ordinaria del primo ordine

ν 1 d 2 ν
gg 0 = ⇒ g = ,
2U 2 dx 2U

che integrata fornisce immediatamente


νx
[g(x)]2 = K + ,
U
dove K è la costante d’integrazione. Il valore della costante è scelto in modo
da localizzare la singolarità della soluzione in x = 0. Scegliamo infatti come
condizione “iniziale” g(x) = 0, cosı̀ che il cambiamento di scala indotto dal
cambiamento di variabile η = y/g(x) diventi degenere per x = 0. Con questa
scelta, si ha K = 0 e quindi
r
νx
g(x) = .
U

La variabile similare η è allora definita da


r r
U y Ux yp
η(x, y) = y = = Rex ,
νx x ν x

dove Re x = U x/ν. La presenza del fattore x nel denominatore della definizione
di η significa
√ che la dilatazione della scala dell’asse y per un dato x è proporzionale
a 1/ x . In altri termini l’intervallo dei valori di√y in cui la soluzione varia in
modo apprezzabile cresce proporzionalmente con x e di conseguenza la regione
in cui si estende lo strato limite ha un forma parabolica, con l’asse della parabola
coincidente con l’asse x, come mostrato nella figura 6.1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 229 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 229

Ad esempio, se η ? è il punto che corrisponde a un valore della velocità uguale


al 95 per cento della velocità U , cioè al valore u = 0.95 U , allora lo spessore
δ 0.95 (x) dello strato limite definito da questo valore sarà dato dalla relazione
r
δ 95% (x) ν η?
= η? =√ ,
x Ux Rex
ovverosia
r
νx
δ 95% (x) = η ? .
U

Equazione di Blasius
L’equazione similare ricercata per la corrente attorno alla lastra piana semi-infinita
in una corrente uniforme parallela al suo piano risulta essere:

f 000 + 1
2 f f 00 = 0,

e si chiama equazione di Blasius. Le condizioni al contorno per f che completano


l’equazione sono ottenute da quelle per u. Siccome u(x, y) = U h(η) = U f 0 (η),
le due condizioni u(x, 0) = 0 e u(x, ∞) = U diventano rispettivamente f 0 (0) =
0 e f 0 (∞) = 1. Inoltre, siccome v = U g 0 (x)[η f 0 (η) − f (η)], la condizione
v(x, 0) = 0 diventa f (0) = 0. Notiamo che la condizione della corrente a monte,
u(0, y) = U , è soddisfatta in virtù di f 0 (∞) = 1 poiché per x → 0 si ha η → ∞.
Pertanto, la corrente similare attorno alla lastra semi-infinita investita da una
corrente uniforme parallela al suo piano si ottiene risolvendo il problema

f 000 + 1
2
f f 00 = 0,
f (0) = 0, f 0 (0) = 0, f 0 (∞) = 1.

Abbiamo quindi un’equazione differenziale ordinaria del terzo ordine con tre con-
dizioni al contorno di cui due corrispondono alla superficie della lastra e una a
grande distanza da essa.

Soluzione del campo di moto


Una volta determinata la soluzione f (η) e f 0 (η) = u(η) dell’equazione di Blasius,
il campo di velocità della corrente attorno alla lastra può essere calcolato sfruttando
la relazione del cambiamento di variabile indipendente. È immediato ricavare che
le componenti cartesiane della velocità sono date dalle due relazioni:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 230 colore nero Dicembre 29, 2005

230 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

 q 
u(x, y) = U f 0 (η(x, y)) = U f 0 y νxU
,
r
1 Uν  0 
v(x, y) = η f (η) − f (η)
2 x
 q  q  q 
U y 0
= f y νx − U x f y νx
U ν U
.
2 x

Esempio 1 Problema di Blasius formulato come sistema del primo ordine


Il problema differenziale ordinario associato all’equazione di Blasius pu ò essere
risolto in modo numerico mediante un metodo che si basa sulla riduzione dell’ordine
dell’equazione differenziale.
Introducendo le incognite ausiliarie u = f 0 e ζ = u 0 = f 00 , l’equazione
di Blasius può essere riscritta come un sistema di tre equazioni del primo ordine
accoppiate fra loro. Risulta infatti

ζ0 + 1
2 f ζ = 0,
0
u = ζ,
f 0 = u,
Le condizioni al contorno per ψ possono essere scritte come tre condizioni per u e
f:

f (0) = 0, u(0) = 0, u(∞) = 1.

Scrivendo le condizioni di fianco all’equazione della variabile corrispondente, il


problema completo assume la seguente forma

ζ 0 = − 21 f ζ,
u 0 = ζ, u(0) = 0 e u(∞) = 1,
f 0 = u, f (0) = 0.
Notiamo che la seconda variabile ausiliaria (u) è soggetta a due condizioni al
contorno mentre non esiste alcuna condizione al contorno per la prima variabile
(ζ ). In realtà, le due condizioni per u implicano una ben definita condizione per ζ
in quanto, in virtù del teorema fondamentale del calcolo differenziale, si ha
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 231 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 231

Z ∞
du(η)
dη = u(∞) − u(0) = 1 − 0 = 1,
0 dη
e quindi la variabile ζ è soggetta alla seguente condizione integrale
Z ∞
ζ(η) dη = 1.
0

Ne consegue che il problema completo, formulato come sistema del primo ordine,
potrà essere scritto anche come
R∞
ζ 0 = − 21 f ζ, 0 ζ(η) dη = 1,
0
u = ζ, u(0) = 0 o u(∞) = 1,
f 0 = u, f (0) = 0.

Se si impone la condizione integrale su ζ ,si può scegliere di imporre liberamente una


delle due condizioni disponibili per u: la condizione tralasciata risulterà comunque
soddisfatta in modo esatto in virtù dell’avere imposto l’altra condizione assieme
alla condizione integrale sulla prima componente incognita ζ .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 232 colore nero Dicembre 29, 2005

232 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Esempio 2 Soluzione numerica del problema di Blasius


Il sistema del primo ordine con le condizioni agli estremi dell’intervallo di inte-
grazione e/o condizioni di tipo integrale è un sistema non lineare di tre equazioni
differenziali accoppiate e deve pertanto essere risolto mediante un metodo numerico.
Introducendo una incognita y vettoriale e una funzione F(y), non lineare e a valori
vettoriali,
! ! ! !
y1 ζ F1 (y) − 12 f ζ
y= y2 = u e F(y) = F2 (y) = ζ ,
y3 f F3 (y) u

il problema può essere riscritto in forma compatta come

dy
= F(y),

dove si sottintende la presenza delle tre relazioni algebriche che rappresentano le


condizioni al contorno del sistema.
Per potere discretizzare l’equazione, l’intervallo di integrazione semi-infinito
(0, ∞) deve essere troncato. Supponiamo che nel nostro problema per un intervallo
sufficientemente grande l’errore causato dall’imporre a una distanza finita la con-
dizione al contorno per η → ∞ sia trascurabile. La discretizzazione produrrà un
sistema di equazioni algebriche non lineari per la cui risoluzione si potrà impiegare
un metodo iterativo, ad esempio il metodo di Newton. La formulazione di questo
metodo nel caso considerato richiederà di calcolare lo la matrice jacobiana:
  !
∂F(y) ∂ Fi (y) − 12 f 0 − 12 ζ
= = 1 0 0 .
∂y ∂y j 0 1 0

La soluzione mostrata nella figura 6.2 è stata calcolata per mezzo di un metodo
numerico che rispetta in modo esatto, a livello del problema discretizzato, il teorema
fondamentale del calcolo differenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 233 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 233

1
numerical
u

0
0 1 2 3 4 5
eta
Figura 6.2 Profilo di velocità della
soluzione dell’equazione di Blasius
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 234 colore nero Dicembre 29, 2005

234 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Esempio 3 Distribuzione dello sforzo di taglio sulla lastra


Determiniamo il vettore di sforzo sulla superficie della lastra semi-infinita investita
dalla corrente esterna uniforme. Come descritto nel paragrafo 5.9, il vettore dello
sforzo agente sulla superficie superiore della lastra, con normale uscente ŷ, è dato
dalla relazione
 
sŷ = µ 2(ŷ )u + ŷ
 

u.

Essendo la corrente piana, la vorticità ha solo la componente z per cui avremo


  ∂v 
∂u ∂u 
sŷ = µ 2 + ŷ − ẑ
∂y ∂x ∂y
  ∂v 
∂u ∂v ∂u 
= µ 2 x̂ + 2 ŷ + − x̂
∂y ∂y ∂x ∂y
  
∂u ∂v ∂v
=µ + x̂ + 2 ŷ .
∂y ∂x ∂y

Calcolando questo vettore sulla lastra, ossia per y = 0, dove si è imposta la


condizione al contorno v(x, 0) = 0, si ottiene
 
∂u(x, 0) ∂v(x, 0)
sŷ (x, 0) = µ x̂ + 2 ŷ .
∂y ∂y

D’altra parte, la componente y dello sforzo sulla parte superiore della lastra sarà
poi bilanciata da una componente uguale e contraria agente sulla parte inferiore,
per cui interessa solamente la componente x del vettore sforzo e quindi avremo

∂u(x, 0)
sŷ; x (x, 0) = µ .
∂y
 q 
Per calcolare la derivata di u si considera la relazione u(x, y) = U f 0 y νx
U
per
cui risulta
q  q 
∂u(x, y) U 00
= U νx f y νx U
.
∂y

Sostituendo nella relazione per la componente x del vettore sforzo si ottiene


q
sŷ; x (x, 0) = µ U U
νx
f 00 (0),
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 235 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 235

e considerando il valore f 00 (0) = 0.332 della soluzione dell’equazione di Blasius:


q
sŷ; x (x, 0) = 0.332 µ U U
νx
.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 236 colore nero Dicembre 29, 2005

236 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Esempio 4 Forza di resistenza viscosa sulla lastra piana di larghezza finita


Se la lastra piana è di larghezza finita uguale a `, si può valutare la forza agente su
una tale lastra a causa della corrente viscosa utilizzando la soluzione dell’equazione
di Blasius. Questo calcolo fornirà tuttavia solo una valutazione approssimata della
forza reale in quanto il comportamento della corrente sarà diverso in prossimità del
bordo di uscita della lastra e dopo di essa.
Tenendo conto che la resistenza risulta dal frenamento agente su entrambe le
superfici superiore e inferiore della lastra, la forza resistente (drag in inglese) agente
su un tratto di lunghezza unitaria (in apertura) della lastra, di larghezza `, sarà data
dall’integrale seguente
Z ` Z `
∂u(x, 0)
D` = 2 sŷ; x (x, 0) dx = 2µ dx.
0 0 ∂y

Sostituendo l’espressione di ∂u/∂y basata sulla soluzione dell’equazione di Blasius


si ottiene
Z ` q q Z `
dx
D` = 2µ f 00 (0) U U
νx
dx = 2 f 00 (0) µ U U
ν

0 0 x
q √ ` q
= 2 f 00 (0) µ U U
ν
2 x , = 4 f 00 (0) µ U U `
0 ν

e quindi, essendo µ/ρ = ν,



D` = 4 f 00 (0) ρ U U `ν.

Pertanto D` è proporzionale a ` invece che a ` poiché i gradienti della velocità
sulla lastra diminuiscono con √x in conseguenza dell’ispessimento dello strato limite.
Inoltre D` è proporzionale a ν e si annulla per ν → 0.
È poi utile definire il coefficiente adimensionale di resistenza della lastra
finita mediante la relazione
D` /`
CD = 1 2
2 ρU

per cui risulta


q
U
4 f 00 (0) µ U ν`
CD = 1
.
2
ρU 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 237 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 237

Ricordando ancora che µ/ρ = ν, otteniamo


r
00 ν 8 f 00 (0)
C D = 8 f (0) = √ ,
`U Re`

ovvero, considerando il valore f 00 (0) = 0.332 della soluzione di Blasius,


r
ν 2.656
C D = 2.656 =√ .
`U Re`

Esempio 5 Spessore dello strato limite al bordo d’uscita di una lastra piana
Una lastra piana di larghezza finita ` = 1 m e lunghezza molto maggiore di ` è
immersa in una corrente d’aria di velocità uniforme U = 5 m/s, parallela al piano
della lastra e perpendicoltare alla sua lunghezza. La viscosità dinamica dell’aria alla
temperatura di T = 20 ◦ C e alla pressione atmosferica è µ = 17.6 × 10−6 kg/(m· s)
e la sua densità ρ = 1.20 kg/m3 . Determinare lo spessore δ` dello strato limite al
bordo di uscita della lastra.
Il valore del numero di Reynolds locale calcolato al bordo di uscita della lastra

ρ`U 1.20 × 1 × 5
Re` = = = 3.42 × 105 .
µ 17.6 × 10−6

Questo valore è inferiore al valore del numero di Reynolds critico per il quale
la corrente diviene turbolenta: per una lastra piana semi-infinita la corrente resta
laminare fino a Recrit ' 5 × 105 . Di conseguenza lo strato limite all’uscita della
lastra è ancora laminare e il suo spessore si può stimare dalla relazione che deriva
dalla soluzione delle equazioni della teoria dello strato limite

5` 5×1
δ` = √ =√ = 8.5 × 10−3 m
Re` 34.2 × 10 4

Lo spessore δ` è quindi di circa 8 mm.

L’accordo fra la teoria dello strato limite e gli esperimenti è molto buono, sia
riguardo il profilo della velocità sia riguardo il valore della resistenza. Questo
accordo viene meno, tuttavia, quando il numero di Reynolds è molto alto poiché lo
strato limite diventa instabile e inizia la turbolenza. Il valore critico del numero di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 238 colore nero Dicembre 29, 2005

238 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Reynolds al quale ciò può verificarsi è compreso fra 105 e 3 × 106 , a seconda del
livello delle perturbazioni presenti nella corrente incidente.

Rappresentazione della funzione di corrente


Per completare l’analisi della corrente intorno alla lastra piana semi-infinita in una
corrente uniforme ristudiamo il problema da capo ricorrendo alla formulazione
delle equazioni dello strato limite in termini della funzione di corrente, che è stata
introdotta alla fine nel paragrafo 6.2. Nel caso in cui la velocità orizzontale U e (x)
per y → ∞ è uniforme il problema della teoria dello strato limite di Prandtl per
l’incognita ψ assume la forma seguente
   
∂ 3ψ ∂ψ ∂ 2ψ ∂ψ ∂ 2ψ
ν + − = 0,
∂y 3 ∂x ∂y 2 ∂y ∂ x ∂y
∂ψ(x, 0) ∂ψ(x, ∞)
ψ(x, 0) = 0, = 0, = U, x > 0,
∂y ∂y
ψ(0, y) = U y, y > 0,

per cui l’equazione alle derivate parziali è omogenea. In completa analogia con
l’analisi delle equazioni di Prandtl per le componenti della velocità, ricerchiamo una
soluzione similare del problema per la funzione di corrente. Come in precedenza,
si suppone che, data la mancanza di una scala spaziale di riferimento, l’andamento
della velocità orizzontale u possa dipendere dalle due variabili x e y solo attraverso
una variabile di similarità
y
η = η(x, y) = ,
g(x)

dove g(x) è una funzione da determinare, e che u sia esprimibile tramite una
funzione di una sola variabile nel modo seguente

y 
u(x, y) = U h(η(x, y)) = U h g(x) .

in cui h(η) dovrebbe essere l’incognita del problema similare ricercato. Essendo
u = ∂ψ/∂y, integriamo la relazione precedente rispetto a y per determinare la
forma similare attesa dell’incognita ψ:
Z y
ỹ 
ψ(x, y) = U h g(x) d ỹ + C(x),
0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 239 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.3: Corrente esterna uniforme: profilo di Blasius 239

dove C(x) rappresenta la costante d’integrazione,che è dipende ovviamente dall’altra


variabile. Imponendo la prima condizione al contorno ψ(x, 0) = 0 (la lastra è una
linea di corrente) si vede subito che la funzione C(x) deve essere identicamente
nulla, per cui
Z
ỹ 
y
ψ(x, y) = U h g(x)
d ỹ.
0

Effettuando il cambiamento di variabile y → η = y/g(x), per cui dy = g(x) dη,


si ottiene
Z y/g(x)
ψ(x, y) = U g(x) h(η̃) d η̃.
0
R
Introducendo ora una primitiva f (η) della funzione h(η), f (η) = h(η) dη,
avremo
y 
ψ(x, y) = U g(x) f (η(x, y)) = U g(x) f g(x) .

Possiamo ora calcolare tutte le derivate della funzione di corrente che compaiono
nell’equazione di terzo ordine per ψ. Le derivate rispetto a y sono:

∂ψ(x, y) ∂η
= U g(x) f 0 (η) = U f 0 (η)
∂y ∂y
∂ 2 ψ(x, y) ∂η U 00
2
= U f 00 (η) = f (η),
∂y ∂y g(x)
∂ 3 ψ(x, y) U 000 ∂η U
3
= f (η) = f 000 (η),
∂y g(x) ∂y [g(x)]2

dove si intende sempre η = η(x, y). La derivata rispetto a x è un po’ più complicata

∂ψ(x, y) ∂η
= U g 0 (x) f (η) + U g(x) f 0 (η)
∂x ∂x
 
g 0 (x)y
= U g 0 (x) f (η) + U g(x) f 0 (η) −
[g(x)]2
U g 0 (x)y 0
= U g 0 (x) f (η) − f (η)
g(x)
 
= U g 0 (x) f (η) − η f 0 (η) .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 240 colore nero Dicembre 29, 2005

240 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Infine dobbiamo calcolare la derivata seconda mista e possiamo procedere in due


2
maniere equivalenti. Il calcolo di ∂∂y ∂ψx fornisce

∂ 2 ψ(x, y) ∂  
= U g 0 (x) f (η) − η f 0 (η)
∂y ∂ x ∂y
 
∂η ∂η 0 ∂η
= U g 0 (x) f 0 (η) − f (η) − η f 00 (η)
∂y ∂y ∂y
1 U g 0 (x) 00
= −U g 0 (x)η f 00 (η) =− η f (η).
g(x) g(x)

∂ 2ψ
Alternativamente, la stessa derivata può essere calcolata effettuando le due
∂ x ∂y
derivazioni in ordine inverso, ottenendo

∂ 2 ψ(x, y) ∂  0  ∂η
= U f (η) = U f 00 (η)
∂ x ∂y ∂x ∂x
 
g 0 (x)y
= U f 00 (η) −
[g(x)]2
U g 0(x) 00
=− η f (η),
g(x)

che coincide ovviamente con il risultato precedente. Sostituendo tutte le derivate di


ψ appena calcolate nell’equazione di terzo ordine ottiene:
 
U 000 0
 
0 U 00 0 U g 0 00
ν f + U g f − η f f − U f − η f = 0,
g2 g g

dove abbiamo scritto g e g 0 al posto di g(x) e g 0 (x) poiché anche la funzione


g rappresenta in realtà un’incognita del problema. Semplificando l’equazione e
dividendo per νU/g 2 , si ottiene

U gg 0 00
f 000 + f f = 0.
ν
Questa equazione coincide con quella ricavata risolvendo le equazioni dello strato
limite per le componenti della velocità. Non ripeteremo quindi tutti calcoli svolti per
la ricerca della variabile di similarità: essi valgono anche in questa dimostrazione
alternativa, senza bisogno di alcuna variazione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 241 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.4: Metodo delle espansioni asintotiche raccordate 241

6.4 Metodo delle espansioni asintotiche raccordate

Problema modello
Gli elementi essenziali del metodo delle espansioni asintotiche raccordate possono
essere illustrati considerando un modello matematico semplice che consiste in una
equazione differenziale ordinaria lineare. Il modello, proposto originalmente da
Friedrichs e ripreso da Van Dyke in Perturbation Methods in Fluid Mechanics,
Parabolic Press, 1975, descrive la situazione, tipica nell’ambito della teoria dello
strato limite, della perdita del termine con la derivata di ordine più elevato ed è dato
dal seguente problema:1

d 2u du
 2
+ = a, u(0) = 0, u(1) = 1
dx dx

dove  è un parametro che tende a zero e a è una costante nota. La seconda con-
dizione al contorno mostra che sia la coordinata x sia la variabile incognita u sono
adimensionali per cui anche i parametri  e a dell’equazione sono privi di dimen-
sioni. Sarebbe comunque possibile considerare la condizione al contorno u(L) = U
e modificare corrispondentemente l’equazione onde ottenere un problema in forma
dimensionale.
Si tratta di un’equazione del secondo ordine lineare, a coefficienti costanti e non
omogenea, la cui soluzione è quindi somma della soluzione generale dell’equazione
omogenea associata, ovvero u s.g.e.o. (x) = A + Be−x/ , e della soluzione particolare
dell’equazione completa, ovvero u s.p.e.c. (x) = ax. Imponendo le condizioni al
contorno sulla soluzione u(x) = A + Be −x/ + ax si ottiene A = −B e A =
(1 − a)/(1 − e −1/ ), per cui la soluzione esatta è

1−a −x/

u(x; ) = 1 − e + ax
1 − e−1/

che è mostrata nella figura 6.3 nel caso di  = 0.05 e a = 0.6.

1
In questo paragrafo, la coordinata spaziale inerente il problema dello strato limite è indicata
con x , che è la variabile indipendente usuale nello studio delle equazioni differenziali ordinarie. La
semplice sostituzione di x con y rende la presente analisi leggibile per l’applicazione al problema
della corrente attorno alla lastra.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 242 colore nero Dicembre 29, 2005

242 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

u
1.0

soluzione esatta
0.5

Figura 6.3 Soluzione esatta del


problema modello per  = 0.05 e
0.5 1.0 x
a = 0.6

Dal grafico si osserva che la soluzione ha un andamento molto vicino a quello che
avrebbe la soluzione dell’equazione senza il termine di secondo ordine, chiamato
termine di perturbazione singolare, tranne in un intorno di spessore ≈ 1/ vicino
all’origine dove rapidamente soddisfa la prima condizione al contorno del problema
originario. Questa zona prossima a x = 0 è caratterizzata dal fatto che il termine
con la derivata seconda risulta dello stesso ordine di grandezza degli altri termini
dell’equazione e viene chiamata zona interna, mentre nella restante parte del
dominio, chiamata zona esterna, il termine della derivata seconda è trascurabile.
La tecnica utilizzata per ottenere equazioni valide nelle diverse zone è nota
con il nome di metodo delle espansioni asintotiche raccordate e consiste nello
scrivere due espansioni in serie del parametro  per le soluzioni nelle due zone
e nell’imporre poi che esse si raccordino nella zona di interfaccia. L’espansione
asintotica esterna consiste nel considerare le equazioni (o l’equazione) nella zona in
cui il termine di perturbazione singolare diventa piccolo. Nell’espansione interna si
considera invece la zona sottile in cui il termine di perturbazione singolare diventa
importante e si formula un problema introducendo un cambiamento delle coordinate
nella direzione della variazione rapida della soluzione.

Problema esterno
Ponendo  = 0, l’equazione diventa del primo ordine e quindi non è più possibile
soddisfare entrambe le condizioni al contorno. L’andamento della soluzione esatta
indica che si deve abbandonare la condizione per x = 0. Pertanto, per  piccolo
si considera il seguente problema differenziale del primo ordine, detto problema
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 243 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.4: Metodo delle espansioni asintotiche raccordate 243

esterno, ottenuto ponendo  = 0 nell’equazione di u(x),

du e
= a, u e (1) = 1.
dx

La soluzione u e (x) di questo problema è

u e (x) = 1 − a + ax,

che rappresenta una buona approssimazione della soluzione esatta u(x) del problema
iniziale tranne nello “strato limite”, in cui x = O(). Si nota inoltre la condizione
al contorno per x = 0 non è soddisfatta: u e (0) = 1 − a 6= 0, dato che in generale
a 6= 1; in altri termini, la condizione per x = 0 sarà soddisfatta solo accidentalmente
nel caso particolare a = 1.

Problema interno ed espansione interna


Per formulare il problema nella zona dello strato limite, che costituisce il problema
interno, introduciamo allora una coordinata dilatata X adatta a descrivere la
soluzione in questa regione ponendo:

x
X= , U (X; ) = u(x; ) = u( X; ),


e trasformiamo il problema originale per l’incognita u(x; ) nel suo corrispettivo


per la nuova incognita U (X; ), indicata con la lettera maiuscola per ricordare che
è funzione della variabile indipendente dilatata X. Notiamo ora che, per il teorema
di derivazone delle funzioni composte, abbiamo:

du(x; ) dU (x/; ) dU (x/; ) d X 1 dU (X; )


= = =
dx dx dX dx  dX

e analogamente

d 2 u(x; ) 1 d 2U (X; )
2
= 2 .
dx  d X2

Il problema originale è allora del tutto equivalente al seguente problema

d 2U dU 
+ = a, U (0; ) = 0, U ;
1
= 1.
d X2 dX
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244 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Ovviamente la soluzione esatta di questo problema è la versione trasformata della


soluzione del problema originale, ovvero:

1−a 
U (X; ) = 1 − e−X + a X.
1 − e−1/

Ma il nostro obbiettivo è di risolvere, nel limite  → 0, un’equazione più semplice


nella regione x = O(), ovvero quando X = O(1). Consideriamo allora la
seguente espansione della soluzione U (X; ) in serie di potenze di :

U (X; ) ∼ U0 (X) + U1 (X) + 12  2 U2 (X) + . . . ,

dove i coefficienti U0 (X), U1 (X), U2 (X), . . . , sono delle funzioni incognite da


determinare. Questa serie è sostituita nell’equazione trasformata e si ottiene una
serie di termini in potenze di  e si potranno annullare i coefficienti di ogni termine
successivamente

d 2 U0 d 2 U1  2 d 2 U2
2
+ 2
+ +...
dX dX 2 d X2
dU0 dU1  2 dU2
+ + + + . . . = a
dX dX 2 dX

Ad esempio, considerando il primo termine, che è quello relativo alla potenza  0 ,


si ottiene l’equazione

d 2 U0 dU0
2
+ =0
dX dX

che differisce da quella di U (X) per l’assenza del termine noto. Questa nuova
equazione è ancora del secondo ordine e quindi ha bisogno di due condizioni al
contorno. Tuttavia, mentre la condizione al contorno per X = 0 rimane la stessa,
U0 (0) = 0, la condizione al contorno esterna deve essere cambiata. Infatti se si
imponesse Ũ0 (1/) = 1, la soluzione del problema sarebbe

1 − e−X
Ũ0 (X) = → 1 − e−X per  → 0,
1 − e−1/

e l’andamento della soluzione per X piccolo sarebbe scorretto a causa dell’assenza


del coefficiente moltiplicativo (1 − a).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 245 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.4: Metodo delle espansioni asintotiche raccordate 245

Condizione di raccordo
Questo significa che la condizione al contorno esterna del problema originario deve
essere abbandonata nel problema interno per U0 (X), proprio come non è stato
possibile imporre la condizione interna nel problema esterno per u e (x). La corretta
condizione esterna del problema interno è espressa richiedendo che la soluzione
U (X) e la soluzione u e (x) si raccordino con continuità in una zona intermedia
appartenente al dominio di validità di entrambe. Un teorema dovuto a Kaplun ci
assicura che una zona di questo tipo esiste, in questo caso. Introduciamo dunque
allo scopo una nuova coordinata dilatata, mediante la definizione
x
=
b()
dove b() è una funzione che deve soddisfare le condizioni dette, ovverosia, per
 → 0, b() deve essere grande rispetto a  e piccola rispetto a 1. Possiamo scrivere
queste condizioni nella forma rigorosa seguente
 b()
lim =0 e lim = 0.
→0 b() →0 1

Una scelta che soddisfa queste condizioni è

b() =  β

con 0 < β < 1, e questa scelta conduce alla nuova coordinata


x
β = .

La condizione di raccordo all’interfaccia consiste allora nell’imporre che, per
 che tende a zero, la differenza fra la soluzione esterna e la soluzione interna si
annulli nella zona intermedia. Quindi per β fissato, la differenza deve tendere a
zero come  0 ,  1 , ..., per tutti gli ordini inclusi nell’espansione delle due soluzioni.
Scriviamo queste condizioni in forma sintetica come

U x ;  − u e (x)
lim = 0, i = 0, 1, . . . .
→0 i
= cost.


Sostituendo x =  β β in modo da soddisfare esplicitamente la condizione β =


costante, la condizione di raccordo di Kaplun si scrive nella forma
 
U  β−1 β ;  − u e  β β
lim = 0, i = 0, 1, . . . .
→0 i
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246 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

In questo caso, per i = 0, sostituendo l’espansione di U (X; ) la condizione di


raccordo fra le due soluzioni assume la forma

U0 (∞) = u e (0) = 1 − a,

poiché i termini di ordine superiore in  vanno a zero e dove si è usata la


soluzione u e (x). In conclusione, il problema completo per la prima funzione
U0 (X) dell’espansione della soluzione del problema interno è

d 2 U0 dU0
2
+ = 0, U0 (0) = 0, U0 (∞) = 1 − a.
dX dX

La soluzione (esatta) che soddisfa le due condizioni al contorno stabilite è allora



U0 (X) = (1 − a) 1 − e−X .

Soluzione composita di ordine 0


Pertanto, l’approssimazione di ordine 0 della soluzione in tutto il dominio assumerà
la forma seguente, per  → 0
(
u e (x) = 1 − a + ax con x > 0 fissato
u(x; ) ∼  
U0 x = (1 − a) 1 − e−x/ con x

fissato

u
1.0

soluzione esterna
soluzione composita
1−a
0.5
soluzione interna

Figura 6.4 Costruzione della


soluzione composita di ordine zero del
problema modello per  = 0.05 e
0.5 1.0 x
a = 0.6
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 247 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.4: Metodo delle espansioni asintotiche raccordate 247

Come mostrato in figura 6.4, le due soluzioni, esterna u e (x) e interna U0 (x/),
non si raccordano in senso puntuale nella zona di transizione. Questo disaccordo
è comunque eliminato introducendo il concetto si soluzione composita. Infatti il
disaccordo nasce dal fatto che la costruzione richiede di sommare le due soluzioni,
in quanto esse approssimano la soluzione esatta in due zone diverse. La semplice
somma dei due contributi deve tuttavia essere corretta sottraendo la parte comune
alle due soluzioni nella zona di interfaccia, per evitare che essa sia tenuta in conto
due volte. In altre parole, la soluzione composita è definita da
comp 
u 0 (x) = U0 x + u e (x) − (1 − a),
poiché il termine (1 − a) è presente in entrambe le soluzioni. Utilizzando la forma
trovata delle soluzioni interna ed esterna, la soluzione composita di ordine zero del
problema modello risulta essere

comp 
u0 (x) = (1 − a) 1 − e−x/ + ax per 0 ≤ x ≤ 1,

ed è mostrata nella figura 6.4. Questa soluzione approssimata differisce da quella


esatta del problema originario solo per quantità che si annullano esponenzialmente,
come si vede confrontando le due espressioni analitiche.

Soluzione composita di ordine 1


Dopo avere determinato la soluzione di ordine zero, si deve considerare l’approssi-
mazione di ordine 1, ovvero di ordine . A tale scopo è necessario espandere
anche la soluzione del problema esterno come una serie di potenze di , ovvero si
considera l’espansione
u e (x; ) ∼ u e0 (x) + u e1 (x) + 12  2 u e2 (x) + . . . ,
dove u e0 (x) è nient’altro che la soluzione esterna u e (x) = 1 − a + ax calcolata
in precedenza. La sostituzione dell’espansione esterna nell’equazione originaria
fornisce
 2 e 
d u0 d 2 u e1  2 d 2 u e2
 +  + + . . .
dx 2 dx 2 2 dx 2
du e0 du e  2 du e2
+ + 1 + + . . . = a,
dx dx 2 dx
ovvero, sviluppando la parentesi e riordinando i termini,
 2 e   2 e 
du e0 d u0 du e1 d u1 1 du e2 2 
+ + + +  + O  3 = a,
dx dx 2 dx dx 2 2 dx
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 248 colore nero Dicembre 29, 2005

248 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

che costituisce la base per ottenere le equazioni ai vari ordini relative ai coefficienti
dell’espansione esterna.
La condizione di raccordo fra le due espansioni assume allora la forma
 
U  β−1 β ;  − u e  β β
lim = 0, i = 0, 1 . . . .
→0 i
Il soddisfacimento di questa condizione ai vari ordini delle potenze in  conduce
alle seguenti condizioni al contorno esterne per i coefficienti dell’espansione interna
  
lim U  β−1 β ;  − u e  β β = 0,
→0
 
  U0  β−1− u e0  β β β
lim U1  β−1 β) −  β ) = − lim
u e1 β
,
→0 →0 
Queste condizioni possono essere riscritte nella forma seguente
U0 (∞) = u e0 (0),
− u e0 ( β β )
U0 ( β−1 β)
U1 (∞) = u e1 (0) − lim .
→0 
La successione di problemi da risolvere è allora la seguente. Per primo si risolve il
problema di ordine 0 dell’espansione della soluzione esterna:
du e0
= a, u e0 (1) = 1.
dx
Poi si risolve il problema di ordine 0 dell’espansione della soluzione interna
d 2 U0 dU0
+ = 0, U0 (0) = 0, U0 (∞) = u e0 (0),
d X2 dX
dove si usa il valore per x = 0 della soluzione u e0 (x) appena trovata. A questo punto
si risolve il problema di ordine 1 dell’espansione esterna, ovvero:
du e1 d 2 u e0 (x)
=− , u e1 (1) = 0.
dx dx 2
La soluzione u e1 (x) serve per potere determinare la condizione di raccordo con la
soluzione del problema di ordine 1 dell’espansione interna; infatti questo problema
ha la seguente forma:
d 2 U1 dU1
+ = a, U1 (0) = 0,
d X2 dX
 
U0  β−1 β − u e0  β β
U1 (∞) = u 1 (0) − lim
e
,
→0 
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 249 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.4: Metodo delle espansioni asintotiche raccordate 249

e cosı̀ via.
Nel caso del problema modello considerato, il problema esterno di ordine 0 per
u e0 (x) ha la soluzione

u e0 (x) = 1 − a + ax.

Allora, la condizione al contorno a destra relativa al problema di ordine 0 dell’espan-


sione interna per l’incognita U0 (X) è U0 (∞) = u e0 (0) = 1 − a, per cui la soluzione


U0 (X) = (1 − a) 1 − e−X .

A questo punto si considera il problema di ordine 1 per u e1 (x) dell’espansione


esterna. In virtù della soluzione di ordine zero trovata u e0 (x) = 1 − a + ax, il
problema è totalmente omogeneo, ovvero,

du e1
= 0, u e1 (1) = 0,
dx

e ha quindi la soluzione triviale

u e1 (x) = 0.

Questa soluzione serve comunque per potere costruire la condizione di raccordo con
la soluzione del problema di ordine 1 dell’espansione interna. Infatti si ricava che
la condizione al contorno a destra, esprimente il raccordo all’interfaccia all’ordine
1, assume la forma seguente

U1 (X) → a X, per X → ∞.

Un calcolo diretto mostra che la soluzione del problema ottenuto è

U1 (X) = a X.

La soluzione composita di ordine 1 è infine determinata combinando le due soluzioni


approssimate d’ordine 1, che scriviamo

U (X) = U0 (X) + U1 (X) = (1 − a) 1 − e−X + a X,
u e (x) = u e0 (x) + u e1 (x) = 1 − a + ax.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 250 colore nero Dicembre 29, 2005

250 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

La soluzione composita di ordine 1 è data allora dalla seguente “somma”


comp 
u (1) (x) = U x + u e (x) − [(1 − a) + ax],
in cui è stata sottratta la parte comune, che fornisce immediatamente

comp 
u (1) (x) = (1 − a) 1 − e−x/ + ax, per 0 ≤ x ≤ 1.

Si vede quindi che la seconda approssimazione composita è coincidente con la


prima. È facile verificare che, nel problema modello considerato, tutti i problemi di
ordine maggiore o uguale a 2 hanno soluzione identicamente nulla. Di conseguenza
in questo caso il metodo delle espansioni raccordate converge con solo due termini
a una soluzione approssimata che differisce da quella esatta del problema originario
solo per quantità che si annullano esponenzialmente.

6.5 Deduzione rigorosa delle equazioni di Prandtl


Nel paragrafo 6.2 la derivazione delle equazioni dello strato limite è stata impostata
su basi euristiche, ricorrendo all’analisi degli ordini di grandezza dei termini delle
equazioni di Navier–Stokes. Occorre dire che tale procedimento dovuto a Prandtl
non è matematicamente del tutto soddisfacente come potrebbe sembrare a un primo
sguardo. Un procedimento più rigoroso di quello seguito sin qui è possibile uti-
lizzando il metodo delle espansioni asintotiche raccordate, che è stato illustrato
nel paragrafo precedente nel caso di un problema modello unidimensionale lin-
eare. In questo paragrafo applichiamo questo metodo per derivare le equazioni
dello strato limite di Prandtl. I vantaggi dell’adozione del procedimento rigororso
sono molteplici. Innanzitutto consentono di ricavare in un quadro unitario sia le
equazioni per il campo di moto vicino alla parete, dove l’effetto della viscosità
è importante, sia quelle per il campo di moto lontano da essa, dove la corrente
è essenzialmente inviscida. Inoltre esso consente di determinare senza ambiguità
le condizioni che devono essere imposte sulle soluzioni nella zona intermedia, di
interfaccia, dove i due campi di moto si raccordano. Infine consente di determinare
le equazioni per i termini correttivi di ordine superiore.
Per prima cosa riscriviamo le equazioni di Navier–Stokes stazionarie in forma
adimensionale per una corrente incomprimibile con densità costante:
1
)u − 2
u+ p = 0,
 

(u 

Re
u=0

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 251 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.5: Deduzione rigorosa delle equazioni di Prandtl 251

dove p = P/(ρU 2 ) è la pressione adimensionale. Il numero di Reynolds Re è


definito da
LU
Re = ,
ν
dove L è la lunghezza della lastra, nel caso di lastra di dimensione finita, oppure
una lunghezza di riferimento arbitraria nel caso di lastra semi-infinita, ad esempio
la distanza dal bordo di attacco della lastra di una riga rossa dipinta sulla lastra!
(Van Dyke, pag. 124).
Quando il numero di Reynolds diventa molto grande, come nel problema cui
1
siamo ora interessati, il termine Re diventa molto piccolo. Osserviamo tuttavia che,
1
nonostante la presenza del fattore Re , il termine 2 u relativo alla forza viscosa


non può essere trascurato completamente in tutta la regione del fluido. Esso infatti
costituisce il termine con ordine di derivazione più elevato dell’equazione, la cui
eliminazione comporterebbe anche l’impossibilità di imporre una condizione al
contorno essenziale sulla lastra. Infatti, come ben noto, mentre per le equazioni
di Navier–Stokes la velocità deve soddisfare anche la condizione di adesione sulle
pareti solide, nelle equazioni di Eulero si può imporre una sola condizione al
contorno sulla componente normale della velocità alla parete.
Nella realtà, come già accennato, quando Re diventa molto grande si forma
uno strato sottile sulle pareti, lo strato limite appunto, nel quale si ha una rapida
variazione della velocità che consente di soddisfare la condizione al contorno di
perfetta adesione. Problemi di questo tipo sono detti di perturbazione singolare
e possono essere affrontati mediante il metodo delle espansioni asintotiche raccor-
date. Esso consiste nello scrivere due diverse espressioni della soluzione in due
diverse regioni del campo di moto e nell’imporre che tali soluzioni si raccordino
opportunamente nella zona di interfaccia tra le due regioni. Le due espressioni
vengono dette rispettivamente soluzione del problema interno quella in prossimità
della parete e soluzione del problema esterno quella valida nella regione lontana
dalla parete e sono ora analizzate con riferimento alla versione bidimensionale delle
equazioni di Navier–Stokes, ovvero,
 
∂u ∂u 1 ∂ 2u ∂ 2u ∂p
u +v − + + = 0,
∂x ∂y Re ∂ x 2 ∂y 2 ∂x
 
∂v ∂v 1 ∂ 2v ∂ 2v ∂p
u +v − + + = 0,
∂x ∂y Re ∂ x 2 ∂y 2 ∂y
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 252 colore nero Dicembre 29, 2005

252 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Espansione del problema interno


Incominciamo allora scrivendo l’espansione interna. La zona interna è quella in cui
la variazione di u è tale da rendere il termine viscoso non trascurabile ovvero dello
stesso ordine degli altri termini. Per evidenziare questa proprietà procediamo a una
trasformazione della coordinata normale alla parete:
y → Y = y/ ovvero y = Y,
dove  è un parametro (adimensionale) piccolo di cui si vuole scoprire la dipendenza
da Re:
 = (Re).
Accanto alle variabili dipendenti del problema originario u e p, possiamo ora intro-
durre le variabili trasformate funzioni delle coordinate dilatate x-Y , che indicheremo
con lettere maiuscole. La componente verticale della velocità inoltre deve subire,
per consistenza, la medesima trasformazione di dilatazione subita da y. Abbiamo
perciò
u(x, y; Re) → U (x, Y ; Re) = u(x, Y ; Re)
v(x, y; Re) → V (x, Y ; Re) = v(x, Y ; Re)/
p(x, y; Re) → P(x, Y ; Re) = p(x, Y ; Re),
Si noti che, siccome le equazioni di Navier–Stokes contengono Re come parametro,
la soluzione del problema è stata scritta come funzione, oltre che delle coordinate
spaziali, anche del numero di Reynolds.
A seguito della trasformazione della coordinata normale alla parete abbiamo
allora
∂ 1 ∂ ∂2 1 ∂2
= e 2
= 2 .
∂y  ∂Y ∂y  ∂Y 2
Introducendo le trasformazioni delle variabili (indipendente e dipendenti) nelle
equazioni di Navier–Stokes abbiamo
 
∂U ∂U 1 ∂ 2U 1 ∂ 2U ∂P
U +V − 2
+ 2 2
+ = 0,
∂x ∂Y Re ∂ x  ∂Y ∂x
 2 
∂V ∂V 1 ∂ V 1 ∂2V 1 ∂P
U +V −  2 + + = 0,
∂x ∂Y Re ∂x  ∂Y 2  ∂Y
∂U ∂V
+ = 0.
∂x ∂Y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 253 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.5: Deduzione rigorosa delle equazioni di Prandtl 253

La scelta di  che rende i termini viscosi con derivata rispetto a Y dello stesso ordine
di grandezza di quelli non lineari è
1 1
2 ≈ ⇒ ≈√
.
Re Re
Senza perdere di generalità, per convenzione si può prendere esattamente

1
=√ ,
Re

giacché una scelta diversa, ad esempio  = 2/ Re , comporterebbe solo la presenza
di determinati coefficienti numerici nelle equazioni. In base a questa assunzione, le
equazioni diventano
∂U ∂U ∂ 2U 2
2∂ U ∂P
U +V − −  + = 0,
∂x ∂Y ∂Y 2 ∂x2 ∂x
∂V ∂V ∂2V ∂2V 1 ∂P
U +V −  2 − 3 2 + = 0,
∂x ∂Y ∂Y ∂x  ∂Y
∂U ∂V
+ = 0.
∂x ∂Y
Possiamo a questo punto espandere la soluzione del problema interno nel modo
seguente
(  
U0 (x, Y ) + U1 (x, Y ) + 12  2 U2 (x, Y ) + . . . x̂
U(x, Y ; ) ∼  
+ V0 (x, Y ) + V1 (x, Y ) + 12  2 V2 (x, Y ) + . . . ŷ

dove la dipendenza da Re della soluzione U è ora indicata con  = √ 1Re per


uniformità di notazione. Un’espansione analoga vale per la pressione soluzione del
problema interno, ovvero:

P(x, Y ; ) ∼ P0 (x, Y ) +  P1 (x, Y ) + 12  2 P2 (x, Y ) + . . .

A questo punto, sostituendo le espansioni considerate nel sistema del problema


interno e uguagliando i termini di pari grado in , in virtù del principio di identià dei
polinomi, abbiamo che per il termine in  −1 l’equazione della componente verticale
della quantità di moto fornisce immediatamente:
∂ P0
=0 ⇒ P0 (x, Y ) = P0 (x).
∂Y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 254 colore nero Dicembre 29, 2005

254 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

Procedendo, per il termine di ordine  0 la prima e la terza equazione forniscono

∂U0 ∂U0 ∂ 2 U0 d P0e (x)


U0 + V0 − + = 0,
∂x ∂Y ∂Y 2 dx
∂U0 ∂ V0
+ = 0,
∂x ∂Y

e cosı̀ via per le equazioni associate a termini di ordine superiore.


I sistemi differenziali ottenuti devono essere completati chiaramente con le
relative condizioni al contorno. Per quanto riguarda la parete, le condizioni sono
quelle del problema originario di Navier–Stokes: le condizioni di perfetta adesione
e di non penetrazione sulla lastra:
U0 (x, 0) = 0, V0 (x, 0) = 0, x > 0,
unitamente a una condizione a monte sulla semiretta verticale x = 0, Y > 0, per la
sola componente orizzontale della velocità
U0 (0, Y ) = u monte (Y ), Y > 0.
Lontano dalla parete invece non siamo ancora in grado di dire nulla, occorre infatti
prima introdurre il problema esterno.

Espansione del problema esterno


Per quanto riguarda il problema esterno consideriamo la zona del campo di moto
distante dalla parete. In questa zona ci aspettiamo che l’effetto dei termini viscosi
sia trascurabile. Per ricavare le equazioni del problema esterno introduciamo subito
l’espansione esterna della soluzione. Utilizzando una notazione analoga a quanto
fatto per il problema modello monodimensionale nel precedente paragrafo 6.4,
indichiamo le incognite del problema esterno con i simboli

ue (x, y; ) ∼ ue0 (x, y) + ue1 (x, y) + 12  2 ue2 (x, y) + . . .


pe (x, y; ) ∼ p0e (x, y) + p1e (x, y) + 12  2 p2e (x, y) + . . .

Anche in questo caso possiamo introdurre l’espansione esterna nelle equazioni di


partenza,
 e
(ue0 + ue1 + . . .) (u0 + ue1 + . . .)


− 2 2
(ue0 + ue1 + . . .) + ( p0e + p1e + . . .) = 0,


(ue0 + ue1 + . . .) = 0,

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 255 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.5: Deduzione rigorosa delle equazioni di Prandtl 255


dove è stata utilizzata l’identità  = 1/ Re . Isolando i termini dei diversi ordini
in  otteniamo le equazioni per le funzioni incognite che costituiscono i coefficienti
dell’espansione, ue0 (x, y), ue1 (x, y), . . . e p0e (x, y), p1e (x, y), . . .. Ad esempio per
l’ordine  0 abbiamo

(ue0 )ue0 + p0e = 0,


 

ue0 = 0,


e analogamente per gli ordini più elevati. Come si vede la prima equazione del
problema esterno non contiene il termine viscoso e quindi il sistema è costituito
dalle equazioni di Eulero per una corrente incomprimibile stazionaria.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, i problemi esterni ereditano dal
problema originario le condizioni al contorno lontano dalla parete. Siccome per ò
l’ordine di derivazione delle equazioni è diminuito di uno, occorre imporre solo il
valore della componente normale

lim ue0 (x, y) r = U r.


|r|→∞

Per quanto riguarda invece le condizioni al contorno vicino alla parete, esse vengono
dettate dalle condizioni di interfaccia con la soluzione del problema interno.

Condizioni di interfaccia fra i problemi interno ed esterno


Per determinare le condizioni al contorno mancanti sia per il problema interno,
sia per il problema esterno occorre imporre le condizioni di interfaccia fra le due
soluzioni. Come visto per il problema modello con queste condizioni si impone
che, quando il parametro  tende all’infinito, la soluzione interna e la soluzione
esterna si raccordino con continuità in una zona del campo di moto intermedia fra
la zona interna e la zona esterna.
Come visto in precedenza è possibile dare una connotazione precisa a questa
“zona intermedia” introducendo una variabile dilatata tale che risulti

Y
lim =0 e lim = 0.
→0 →0 y

A questo punto imponiamo le condizioni di interfaccia imponendo che, al tendere a


zero di  mantenendo però costante , le funzioni incognite ue (x, y; ) e U(x, Y ; ),
nonché pe (x, y; ) e P(x, Y ; ), tendano allo stesso valore e che lo facciano con
un ordine di convergenza almeno pari all’ordine massimo dello sviluppo in serie
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 256 colore nero Dicembre 29, 2005

256 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

utilizzato per le variabili. Imporremo quindi che


ue (x, y; ) − U(x, Y ; )
lim =0 ∀k = 0, 1, . . .
→0, =cost. k
pe (x, y; ) − P(x, Y ; )
lim =0 ∀k = 0, 1, . . .
→0, =cost. k
Per esempio arrestando lo sviluppo della soluzione al solo primo termine, come
fatto fin’ora, otteniamo le condizioni di interfaccia
lim U0 (x, Y ) = ue0 (x, 0) e lim P0 (x, Y ) = p0e (x, 0)
Y →∞ Y →∞

poiché, per  che tende a zero a costante, y tende a zero mentre Y tende a infinito.
Si noti poi che la seconda delle due condizioni, poiché come abbiamo visto P0
dipende solamente da X, comporta direttamente che P0 (x) = p0e (x, 0).
Una volta scritte le condizioni di interfaccia fra il problema esterno e quello
interno siamo in grado di scrivere le condizioni al contorno complete che devono
soddisfare i due problemi.

Condizioni al contorno del problema esterno


Le condizioni del problema esterno corrispondono dunque date all’infinito alle
condizioni del problema originario,eliminando però la condizione sulla componente
tangente della velocità che non possiamo imporre in un problema non viscosa,
mentre si ricavano a partire dalle condizioni di interfaccia per quanto riguarda la
zona prossima a parete.
Poiché sappiamo che per le equazioni di Eulero occorre assegnare la compo-
nente della velocità normale al corpo, si capisce immediatamente che delle con-
dizioni di interfaccia quella applicabile al problema esterno sarà la condizione
V0 (x, Y )
v0e (x, 0) = lim =0
→0, =cost. 
poiché, come ricordiamo, V0 è la velocità normale dilatata dividendo la velocità
non dilatata per : V (x, Y ; ) = v(x, y; )/, e quindi tende a zero al tendere di 
all’infinito.
Ricapitolando, abbiamo che il problema esterno al primo ordine pu ò essere
scritto nel modo seguente

(ue0 )ue0 + p0e = 0,


 

ue0 = 0,

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 257 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 6.5: Deduzione rigorosa delle equazioni di Prandtl 257

con le condizioni al contorno

v0 (x, 0) = 0
lim ue0 (x, y) r = U r
|r|→∞

Condizioni al contorno del problema interno


Per quanto riguarda le condizioni al contorno per il problema interno otteniamo il
quadro completo delle condizioni al contorno utilizzando le condizioni del prob-
lema originario in corrispondenza della parete unite alle condizioni di interfaccia
sufficientemente lontano da essa.
Il problema interno di ordine zero diviene quindi

∂U0 ∂U0 ∂ 2 U0 ∂ p0e (x, 0)


U0 + V0 − = − ,
∂x ∂Y ∂Y 2 ∂x
∂U0 ∂ V0
+ = 0.
∂x ∂Y

dove si è tenuto conto della condizione di interfaccia per la pressione e del fatto
che P0 (x) è dato dalla distribuzione della pressione p0e (x, 0) della corrente esterna
valutata sulla lastra. Le condizioni al contorno per le equazioni di Prandtl sono

U0 (0, Y ) = u monte (Y ), Y > 0,


U0 (x, 0) = 0, x > 0,
V0 (x, 0) = 0, x > 0,
U0 (x, ∞) = u e0 (x, 0), x > 0.

Poiché nel problema interno sono presenti la pressione e la componente longitu-


dinale della velocità soluzione del problema esterno quest’ultimo va risolto per
primo.
Le equazioni trovate per il problema interno sono una versione delle equazioni
di Prandtl dello teoria dello strato limite. Infatti, consideriamo il cambiamento di
variabile

Y = y Re
e introduciamo le funzioni u e v legate alla soluzione U0 e V0 da un tale cambiamento
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 258 colore nero Dicembre 29, 2005

258 CAPITOLO 6 Equazioni dello strato limite stazionario 2D

della coordinata normale alla parete, ovvero,


√ 
U0 (x, Y ) = u(x, y) = u x, Y/ Re
√ √ √ 
V0 (x, Y ) = Re v(x, y) = Re v x, Y/ Re .

Risulta ovviamente
∂ 1 ∂
=√
∂Y Re ∂y

per cui, esprimendo le variabili incognite U0 e V0 in funzione delle nuove varibili u


e v, si ottiene
 2 2
∂u √ 1 ∂u 1 ∂ u ∂ p0e (x, 0)
u + Re v √ − √ = − ,
∂x Re ∂y Re ∂y 2 ∂x
∂u √ 1 ∂v
+ Re √ = 0,
∂x Re ∂y

e quindi, semplificando,

∂u ∂u 1 ∂ 2u ∂ p0e (x, 0)
u +v − = − ,
∂x ∂y Re ∂y 2 ∂x
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y

Queste sono proprio le equazioni di Prandtl scritte in forma adimensionale, con le


due coordinate spaziali rese adimensionali nello stesso modo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 269 colore nero Giugno 16, 2006

269

CAPITOLO 7

Correnti aerodinamiche:
teoria dei profili sottili
Introduzione Nel capitolo precedente abbiamo formulato un modello matema-
tico adatto a rappresentare, in maniera approssimata, correnti incomprimibili esterne
a elevato numero di Reynolds. Abbiamo cosı̀ ricavato le equazioni dello strato limite
ragionando prima sugli ordini di grandezza e utilizzando successivamente la teoria
delle espansioni asintotiche raccordate. Da quest’ultima abbiamo visto come, per
numeri di Reynolds elevati, il campo di moto incomprimibile può essere descritto
vicino alla parete dalle equazioni dello strato limite e nella zona esterna mediante
le equazioni di Eulero incomprimibili.
Nei capitoli precedenti abbiamo anche accennato al fatto che, se la viscosità
fosse nulla, ogni campo di velocità inizialmente irrotazionale rimarrebbe irro-
tazionale per sempre. In realtà, questo vale anche in un fluido viscoso purché
non esistano pareti solide in contatto con il fluido.
D’altra parte, nel capitolo 4 abbiamo visto che un campo di velocità irro-
tazionale u può essere rappresentato come gradiente di un potenziale cinetico, o
potenziale della velocità φ, ossia u = φ, tranne quando la regione occupata dal
fluido non è semplicemente connessa e la circolazione lungo certi percorsi chiusi
è diversa da zero. Questo tipo di campi di velocità irrotazionali ma non rappre-
sentabili come gradiente di uno scalare si incontrano, ad esempio, nello studio delle
correnti piane attorno a corpi cilindrici di lunghezza infinita. Si è infine scoperto
che, quando un potenziale non esiste, vi sono infiniti campi di velocità irrotazionali
che soddisfano le condizioni al contorno assegnate e che differiscono fra loro per
l’intensità della componente rotatoria attorno al cilindro.
Questo capitolo e il prossimo sono dedicati allo studio delle correnti incom-
primibili e irrotazionali attorno a corpi aventi una forma più generale della semplice
sfera e del cilindro di sezione circolare considerate nel capitolo 4. L’obbiettivo è
quello di determinare le caratteristiche delle correnti stazionarie intorno a corpi la
cui forma sia di interesse aerodinamico, quali, ad esempio, i profili alari o un’ala
di estensione finita. In effetti, la forma molto particolare della sezione di un’ala,
di spessore sottile con il bordo d’attacco arrotondato e il bordo d’uscita piuttosto
acuminato, è indispensabile per ottenere una corrente stazionaria regolare e senza
separazione lungo tutto profilo. Questa corrente sarà caratterizzata da un valore
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 270 colore nero Giugno 16, 2006

270 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

determinato della circolazione attorno al profilo e, in virtù del teorema di Kutta–


Joukowski, da una forza portante che agisce su di esso.
Da un punto di vista fisico, il meccanismo che instaura la componente cir-
colante della corrente attorno al profilo è dovuto all’azione della forza viscosa nello
strato limite nelle fasi iniziali di avviamento del moto. Tuttavia, una volta che la
circolazione è stata creata, il moto stazionario del fluido che genera la portanza può
essere rappresentato in maniera sufficientemente approssimata anche rimanendo
nell’ambito della descrizione delle correnti incomprimibili e irrotazionali.
In questo capitolo studieremo dapprima le correnti potenziali in tre dimensioni
attorno a corpi di estensione finita (ossia non cilindrici). Presenteremo un metodo
per determinare soluzioni assisimmetriche dell’equazione di Laplace per il poten-
ziale cinetico, espressa in coordinate sferiche. Il metodo si basa sul principio di
sovrapposizione degli effetti e richiede di introdurre alcune soluzioni elementari
che potranno poi essere sommate opportunamente per soddisfare le condizioni al
contorno su corpi di forma generale. In questa analisi delle correnti assisimmetriche
risulta conveniente introdurre anche una funzione di corrente in coordinate sferiche
le cui curve di livello rappresentano le linee di corrente.
Ci concentreremo poi sulle correnti piane e svilupperemo lo stesso metodo
delle soluzioni elementari dell’equazione di Laplace in due dimensioni, includendo
però anche la componente con circolazione non nulla, che è necessaria per avere
soluzioni portanti. Il metodo sarà utilizzato per determinare il campo di moto attorno
a un profilo alare simmetrico dotato di spessore posto a incidenza nulla in un campo
di velocità uniforme a grande distanza (problema con corrente simmetrica).
Si affrontano successivamente i casi di un profilo sottile piatto posto a incidenza
non nulla rispetto alla corrente esterna e di un profilo, sempre supposto sottile, ma
dotato di curvatura. Entrambi questi problemi sono risolti per mezzo della teoria dei
profili sottili che si basa sull’equazione integrale di Prandtl. La nostra presentazione
di questi argomenti si basa sulla trattazione del testo Fundamentals of Aerodynamics
di John D. Anderson, Third Edition, McGraw-Hill, New York, 2001.
La determinazione della soluzione del caso generale, cioè per un profilo non
simmetrico e spesso, posto a incidenza piccola ma diversa da zero, è costruita
combinando insieme la soluzione del profilo simmetrico a incidenza nulla con quella
del profilo sottile con curvatura posto a incidenza rispetto alla corrente esterna.
Nel prossimo capitolo, si estenderà la teoria dei profili sottili di Prandtl alla
corrente tridimensionale che si sviluppa attorno a un corpo aventi le caratteristiche
geometriche di un’ala di apertura finita. Scopriremo che una tale corrente pu ò essere
modellata mediante un’altra equazione di tipo integrale, contenente anche la derivata
della funzione incognita, ovvero mediante un’equazione integro-differenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 271 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 271

7.1 Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche


Equazione di Laplace del potenziale
Supponiamo di volere determinare la velocità di una corrente incomprimibile irro-
tazionale intorno a un corpo di forma generica ma dimensione limitata (ovvero che
non abbia forma cilindrica). Come già descritto nel paragrafo 4.2, il carattere irro-
tazionale della corrente e la natura semplicemente connessa della regione occupata
dal fluido permettono di rappresentare il campo di velocità u mediante il potenziale
scalare φ, u = φ. La condizione di incomprimibilità, u = 0, conduce allora

all’equazione di Laplace
 2
φ = 0,

con le condizioni al contorno di non penetrazione sul solido, n̂ u = n̂ φ = 0, e


di corrente uniforme a grande distanza da esso, mtex u = φ → U per |r| → ∞.
Questa equazione ha la proprietà fondamentale di essere lineare: se si conoscono
due soluzioni dell’equazione, diciamo φ1 e φ2 , tali che 2 φ1 = 0 e 2 φ2 = 0,
 
allora qualunque loro combinazione lineare è a sua volta soluzione dell’equazione.

Infatti, se definiamo la funzione φ = α1 φ1 + α2 φ2 , con α1 e α2 costanti arbitrarie,
risulta, per la linearità dell’operatore 2 ,
 2
φ=
 2
(α1 φ1 + α2 φ2 ) = α1
 2
φ1 + α 2
 2
φ2 = 0 + 0 = 0,

essendo φ1 e φ2 soluzioni dell’equazione di Laplace. Questa proprietà si es-


tende in modo ovvio alla combinazione lineare di un numero qualsiasi di soluzioni
dell’equazione considerata.
La libertà nella scelta delle soluzioni elementari e dei rispettivi coefficienti
moltiplicativi è alla base del metodo di separazione delle variabili utilizzato nei
paragrafi 4.4 e 4.5 per determinare la corrente attorno a una sfera e a un cilindro
circolare. Ma questa stessa libertà può essere sfruttata, seppure in un modo un po’
diverso per risolvere l’equazione di Laplace anche in regioni di forma arbitraria.
Nel caso di problemi in regioni di forma semplice abbiamo visto che soltanto
un numero molto piccolo di soluzioni elementari (ottenute per separazione delle
variabili) sono richieste per rappresentare la soluzione. Nel caso di problemi
in regioni complesse è invece necessario includere un gran numero di soluzioni
elementari ma esse possono venire generate tramite la semplice spostamento nello
spazio, tipicamente una traslazione, delle soluzioni appartenenti a un insieme di
soluzioni assai ristretto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 272 colore nero Giugno 16, 2006

272 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Le soluzioni elementari generatrici sono di solito funzioni singolari in un punto


dello spazio (dove sono quindi non definite), per cui la posizione di tale punto non
potrà cadere nella regione del fluido ma dovrà essere presa al di fuori del campo
di moto, per esempio dentro un corpo solido. Potremo costruire molte soluzioni
elementari differenti semplicemente considerando varie soluzioni singolari ottenute
mettendo il punto singolare in posizioni diverse dentro il corpo. In questo modo
avremo un numero pressocché illimitato di funzioni elementari da potere utilizzare
e l’abilità nell’utilizzo del metodo consisterà nell’individuazione delle posizioni più
opportune dove collocare le singolarità delle componenti elementari della soluzione.
I coefficienti della combinazione lineare saranno poi determinati imponendo le
condizioni al contorno in un numero di punti uguale al numero di funzioni utilizzate.
Anche in questa seconda fase, è richiesta una certa abilità nella scelta dei punti (sul
contorno) nei quali si impongono le condizioni al contorno, in modo da garantire
un’accuratezza ottimale.

Equazione di Laplace in problemi assisimmetrici


Nello sviluppare questo metodo di sovrapposizione delle soluzioni singolari, re-
stringiamo ora la nostra attenzione a problemi assisimmetrici, ovvero che risultino
invarianti per rotazione attorno a un asse. Supponiamo di prendere l’asse z nella
stessa direzione dell’asse di simmetria del problema e scegliamo un sistema di
coordinate sferiche (r, θ, α) (la longitudine è indicata con α dato che la variabile
di uso comune φ è già impegnata a indicare il potenziale cinetico). L’equazione
generale di Laplace in coordinate sferiche è

1 ∂  2 ∂φ  1 ∂  ∂φ  1 ∂ 2φ
2
r + 2
sin θ + 2 2 = 0,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂α 2
e, per problemi assisimmetrici con incognita φ = φ(r, θ), si semplifica in
1 ∂  2 ∂φ  1 ∂  ∂φ 
r + sin θ = 0.
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ
Soluzioni elementari di questa equazione sono state già ricavate nel paragrafo 4.4
e potrebbero essere recuperate dai termini dell’espansione in serie considerata in
quell’analisi. Tuttavia, per ragioni pedagogiche preferiamo introdurre ex novo
le soluzioni elementari derivando anche le componenti sferiche della velocità cor-
rispondente. Ricordando la forma dell’operatore gradiente in coordinate sferiche, le
componenti sferiche del campo di velocità assisimmetrico in termini del potenziale
sono date da
∂φ 1 ∂φ
ur = , uθ = .
∂r r ∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 273 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 273

Ricaveremo inoltre anche una funzione scalare ψ, detta funzione di corrente


di Stokes che permette di esprimere le componenti della velocità nelle correnti
assisimmetriche in coordinate sferiche mediante le relazioni:

1 ∂ψ 1 ∂ψ
ur = , uθ = − .
r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂r

di incomprimibilità

L’introduzione di questa funzione permette di soddisfare esattamente la condizione
u = 0 dato che, nel caso assisimmetrico, abbiamo

 u= 1 ∂

1 ∂ψ
r2

+
1 ∂

sin θ
−1 ∂ψ

2
r ∂r r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r sin θ ∂r
   
1 ∂ 1 ∂ψ 1 ∂ 1 ∂ψ
= 2 −
r ∂r sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r ∂r
1 ∂ 2ψ 1 ∂ 2ψ
= −
r 2 sin θ ∂r ∂θ r 2 sin θ ∂θ ∂r
 2 
1 ∂ ψ ∂ 2ψ
= 2 − = 0,
r sin θ ∂r ∂θ ∂θ ∂r

per l’uguaglianza delle derivate seconde miste.

Soluzioni elementari 3D assisimmetriche


ˆ Corrente uniforme. La prima soluzione elementare è un campo di velocità uni-
r̂ −U sin θ forme, che supponiamo diretto nella stessa direzione dell’asse z del sistema di
U ẑ coordinate sferiche, come mostrato in figura 7.1. Dalla figura si vede che le com-
θ U cos θ ponenti sferiche di U ẑ sono
z

Figura 7.1 Componenti sferiche di u runif (θ) = U cos θ e θ (θ) = −U sin θ,


u unif
un campo di velocità uniforme in
direzione dell’asse z per cui scriveremo, compattamente,

uunif (r) = U cos θ r̂ − U sin θ ˆ .

Per determinare il potenziale corrispondente basta integrare (rispetto a r ) la definizione


di u r in termini di φ, ovvero

∂φ
= u r = U cos θ ⇒ φ(r, θ) = Ur cos θ + f (θ),
∂r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 274 colore nero Giugno 16, 2006

274 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

dove f (θ) è una funzione arbitraria di integrazione (per cosı̀ dire, “parziale”). Tale
funzione è determinata integrando la definizione di u θ rispetto all’altra coordinata,
ossia
1 ∂φ
= u θ = −U sin θ ⇒ φ(r, θ) = Ur cos θ + g(r ),
r ∂θ
dove g(r ) è un’altra funzione arbitraria. Uguagliando le due espressioni ottenute
mediante le due integrazioni, osserviamo che possono essere uguali se e solo se
f (θ) = g(r ), dove C è una costante arbitraria, il che può accadere solo se entrambe
le funzioni sono costanti, cioè indipendenti da θ e r , che poniamo uguali a C, con
C costante arbitraria, che possiamo prendere uguale a zero. Pertanto il potenziale
del campo di velocità uniforme in direzione di z è

φ unif (r) = φ unif (r, θ) = Ur cos θ.

È immediato verificare che questo potenziale soddisfa l’equazione di Laplace. Del


resto esso coincide con il termine A ` r ` P` (cos θ), per ` = 1, ossia A 1r P1 (cos θ) =
A1r cos θ, dell’espansione costruita mediante la separazione delle variabili nel para-
grafo 4.4.
In modo analogo si determina la funzione di corrente ψ(r, θ). Dalla prima
relazione che definisce u r in termini di ψ abbiamo
1 ∂ψ
2
= u r = U cos θ
r sin θ ∂θ
da cui
∂ψ
= Ur 2 sin θ cos θ ⇒ ψ(r, θ) = − 12 Ur 2 cos2 θ + f (r ),
∂θ
avendo usato sin θ dθ = −d(cos θ). Per trovare la funzione arbitraria f (r ), inte-
griamo anche la definizione della seconda componente della velocità in termini di
ψ, ovvero
1 ∂ψ
= −u θ = −(−U sin θ) = U sin θ.
r sin θ ∂r
Da questa è immediato ricavare
∂ψ
= Ur sin2 θ ⇒ ψ(r, θ) = 21 Ur 2 sin2 θ + g(θ).
∂r
Si ottiene quindi la condizione − 21 Ur 2 cos2 θ + f (r ) = 21 Ur 2 sin2 θ + g(θ), ovvero,
in virtù dell’identità trigonometrica sin2 θ + cos2 θ = 1, la condizione diventa
− 21 Ur 2 + f (r ) = g(θ). Essa è soddisfatta se f (r ) = 21 Ur 2 + C e g(θ) = C, con
C costante arbitraria, che può essere scelta uguale a zero. Quindi, la funzione di
corrente del campo di velocità uniforme in coordinate sferiche è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 275 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 275

ψ unif (r) = ψ unif (r, θ) = 21 Ur 2 sin2 θ.

Sorgente 3D. La seconda soluzione elementare è un potenziale di tipo


B
φ(r) = φ(r ) = ,
r
dove B è una costante arbitraria. La funzione corrisponde al termine rB`+1` P` (cos θ),
per ` = 0, dell’espansione in serie vista nel paragrafo 4.4, per cui è certamente
soluzione dell’equazione di Laplace considerata. Alternativamente, è immediato
verificare che B/r soddisfa tale equazione in quanto risulta
     
1 ∂ 2 ∂ B 1 d 2 d B 1 d 2 −B 1 d
r = r = r = 2 (−B) = 0,
r 2 ∂r ∂r r r 2 dr dr r r 2 dr r2 r dr
sorg
ur (r) 
in tutti i punti dello spazio tranne in r = 0, dove 2 (1/r ) = 0/0, che è una forma
indeterminata. Il campo di velocità associato a tale potenziale è dato da
B ∂ B d B B
u(r) = = r̂ = r̂ = − 2 r̂,
r ∂r r dr r r
e quindi è puramente radiale. Il modulo della velocità aumenta avvicinandosi
all’origine, come illustrato nella figura 7.2, ma in questo punto il campo non è
r definito né come intensità né come direzione, per cui esso ha una singolarità
Figura 7.2 Modulo della velocità nell’origine. Possiamo associare questo campo di velocità con una “sorgente” o
del campo radiale di una sorgente 3D “pozzo” di fluido in r = 0, a seconda del segno della costante B.
La quantità di fluido che esce da questa singolarità o vi entra può essere calcolata
richiudendola in una superficie sferica S di controllo di raggio r . Se indichiamo con
Λ la quantità di volume1 di fluido che esce dalla superficie di controllo per unità di
tempo, detta portata volumetrica, avremo
Z Z
B
Λ = u n̂ d S = − 2 r̂ n̂ d S.
S S r
Ma la superficie S è la sfera di raggio r con centro nell’origine per cui n̂ = r̂, quindi
Z Z
B B B
Λ = − 2 d S = − 2 d S = − 2 4πr 2 = −4π B.
S r r S r
1
Se si preferisce pensare alla quantità di massa di fluido emessa dalla sorgente invece che al
volume, basterà moltiplicare per la densità ρ , che è un valore costante nelle correnti incomprimibili
con densità uniforme.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 276 colore nero Giugno 16, 2006

276 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

È allora conveniente usare la portata volumetrica Λ come intensità della sorgente


al posto di B = −Λ/4π, per cui scriveremo il potenziale della sorgente 3D nella
forma seguente

Λ 1
φ sorg (r) = − .
4π r

Il corrispondente campo di velocità è

Λ r̂
usorg (r) = .
4π r 2

Notare inoltre che per Λ > 0 la singolarità è una sorgente di fluido (ovvero il
fluido scaturisce dall’origine) mentre per Λ < 0 la singolarità è un pozzo 3D di
fluido (ovvero il fluido è risucchiato nell’origine). Useremo comunque in ogni caso
l’indice sorg indipendentemente dal segno di Λ, per cui potremo pensare ai pozzi
come a sorgenti di segno negativo.
Ribadiamo che la direzione di usorg (r) è puramente radiale, per cui le linee di
corrente sono le semirette uscenti dalla sorgente. La velocità dipende effettivamente
dal punto r e non solo dalla distanza r dal centro dato che u è un vettore e che la
direzione del versore radiale r̂ dipende da entrambe le coordinate angolari θ e α,
ossia r̂ = r̂(θ, α). Nella figura 7.3 si mostra la sezione del campo usorg (r) in un
(semi)piano assiale.
Il fatto che questo campo di velocità abbia una singolarità non impedisce di
utilizzare il potenziale corrispondente come componente per costruire la soluzione
del problema della corrente attorno a un corpo. Per quanto riguarda la singolarità,
basterà fare in modo che essa si trovi all’esterno della regione del fluido, ovvero
essa dovrà essere posta all’interno del volume del corpo.

Figura 7.3 z
Campo di velocità della sorgente 3D
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 277 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 277

Calcoliamo ora la funzione di corrente della sorgente. Dalla definizione della


componente radiale u r della velocità avremo:

1 ∂ψ Λ 1
= ur = ,
r 2 sin θ ∂θ 4π r 2

e quindi

∂ψ Λ Λ
= sin θ ⇒ ψ(r, θ) = − cos θ + f (r ),
∂θ 4π 4π

dove f (r ) è una funzione arbitraria di integrazione. D’altra parte, essendo nulla la


componente angolare u θ , dovrà essere:

1 ∂ψ
= −u θ = 0 ⇒ ψ(r, θ) = g(θ),
r sin θ ∂r

per cui deve essere g(θ) = − 4πΛ


cos θ + C e f (r ) = C, dove la costante arbitraria
C può essere scelta uguale a zero. Quindi, la funzione di corrente pu ò essere presa
come

Λ
ψ sorg (r) = ψ sorg (θ) = − cos θ.

Questa è una scelta possibile e corretta, ma non è la più conveniente nello studio di
problemi in cui esiste anche una corrente uniforme, parallela all’asse z, nel verso
positivo di z. In questi casi può convenire una scelta diversa della costante che
permetta alla funzione ψ di assumere il valore nullo sul seminasse negativo da cui
proviene il fluido. In altre parole, si sceglie il valore (assolutamente arbitrario) della
costante C in modo che la funzione di corrente si annulli sull’asse z, per z < 0.
Si noti che questa richiesta non ha alcun significato fisico, ma è suggerita solo dal
desiderio di potere associare il valore ψ = 0 alla linea di corrente passante per il
punto di ristagno “di arrivo”, che si trova sull’asse z.
Se si adotta questa scelta, allora la funzione di corrente del campo di velocità
della sorgente 3D è data da

Λ
ψ sorg (r) = − (1 + cos θ)

e per θ = π, ψ sorg (r, π) = 0.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 278 colore nero Giugno 16, 2006

278 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Doppietta 3D. La sovrapposizione di una sorgente e di un pozzo posti sull’asse


z a una determinata distanza costituisce una soluzione con due punti singolari.
Esiste tuttavia un caso particolare di questa coppia di singolarità quando l’intensità
delle due sorgenti sono uguali ed opposte, pari a Λ. È allora possibile considerare
la situazione limite in cui Λ diviene arbitrariamente grande mentre la distanza di
separazione d fra le sorgenti tende a zero, mantenendo per ò costante il prodotto
Λd, che sarà indcato con µ = Λd. Ricaviamo ora l’espressione del potenziale
e del campo di velocità di questa distribuzione speciale di sorgenti che si chiama
doppietta 3D o dipolo.
Supponiamo di avere una sorgente di intensità Λ > 0 posta nell’origine e un
r pozzo di intensità −Λ posto sull’asse z a distanza d dall’origine, come mostrato
rd in figura 7.4. Il potenziale somma di queste sorgenti è
 
Λ 1 1 Λ rd − r
θ z φ(r, θ) = − − =− ,
Λ d −Λ 4π r rd 4π rrd
Figura 7.4 Sorgente e pozzo di dove rd è la distanza dal punto r alla posizione (0, 0, d) in coordinate cartesiane,
intensità uguali ed opposte, che si in cui si trova il pozzo. Questo potenziale soddisfa l’equazione di Laplace (escluso
trovano a distanza d nei due punti singolari) essendo la somma di due soluzioni di tale equazione.
Avviciniamo ora il pozzo alla sorgente mentre facciamo tendere all’infinito la
loro intensità: ovverosia consideriamo il limite d → 0 e Λ → ∞, fatto però tenendo
costante la quantità µ = Λd. Dalla figura 7.4 si vede che (r − r d ) → d cos θ e
rrd → r 2 , per cui il potenziale della doppietta sarà

µ cos θ
φ dopp (r, θ) = .
4π r 2

La costante µ si chiama intensità della doppietta (3D); siccome la quantità µ


emerge dal prodotto Λd, µ è chiamato anche momento della doppietta. Questa
soluzione elementare è singolare nella sola origine.
Un modo più rigoroso di ricavare il potenziale della doppietta si basa sull’uso
della serie di Taylor nel calcolo del limite d → 0. Dalla figura 7.4 possiamo infatti
esprimere la distanza r d tramite la legge del coseno, r d2 = r 2 + d 2 − 2r d cos θ, per
cui il potenziale della coppia di sorgenti è dato da
 
Λ 1 1
φ(r, θ) = − −√
4π r r 2 + d 2 − 2r d cos θ
 
Λ 1 1
=− 1 − q .
4π r d2
1 + − cos θ2d
r2 r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 279 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 279

Nel limite d → 0 il termine con la radice quadrata tende alla funzione


1 1
q →q ,
2
1+ d
r2
− 2d
r cos θ 1− 2d
r
cos θ

che può essere calcolata utilizzando l’approssimazione lineare fornita dalla seguente
serie di Taylor, con  piccolo,
1 1 (−1)(−1) 
√ =√ + √  + O( 2 ) = 1 + + O( 2 ).
1− 1−0 2 1−0 2
Avremo pertanto, nel limite d → 0,
1 1 2d
q → 1+ cos θ + O(d 2 )
d2 2 r
1+ r2
− 2d
r
cos θ
d
=1+ cos θ + O(d 2 ),
r
e quindi
 
Λ 1 d Λd cos θ
φ(r, θ) = − 1 − 1 − cos θ + O(d 2 ) = .
4π r r 4π r 2
Ponendo Λd = µ, si ottiene proprio il potenziale della doppietta ricavato in prece-
denza.
Il campo di velocità della doppietta si ottiene mediante il semplice calcolo del
gradiente in coordinate sferiche
 
∂ µ cos θ 2µ cos θ
u r (r, θ) = 2
=− ,
∂r 4π r 4π r 3
 
1 ∂ µ cos θ µ sin θ
u θ (r, θ) = 2
=− ,
r ∂θ 4π r 4π r 3
per cui, riassumendo,

2µ cos θ µ sin θ ˆ
udopp (r, θ) = − 3
r̂ − .
4π r 4π r 3

La velocità della doppietta corrisponde quindi a una corrente di fluido che viene
espulsa dall’origine nella direzione negativa dell’asse z e che viene riassorbita lungo
quella positiva. Il campo di velocità udopp (r, θ) è rappresentato in figura 7.5. Le
frecce di nei punti più vicini alla singolarità non sono state disegnate a causa della
loro lunghezza eccessiva, che avrebbe reso confuso il disegno del campo vettoriale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 280 colore nero Giugno 16, 2006

280 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Figura 7.5
0 z
Campo di velocità della doppietta 3D

La funzione di corrente della doppietta si ricava nel solito modo, integrando la


definizione di u r in termini di ψ:
1 ∂ψ 2µ cos θ
= ur = − ,
r 2 sin θ ∂θ 4π r 3
da cui è immediato ricavare
∂ψ 2µ sin θ cos θ µ sin2 θ
=− ⇒ ψ(r, θ) = − + f (r ).
∂θ 4π r 4π r
Per determinare la funzione f (r ), si considera anche la definizione di u θ sempre in
termini di ψ
1 ∂ψ µ sin θ µ sin2 θ
= −u θ = 3
⇒ ψ(r, θ) = − + g(θ).
r sin θ ∂r 4π r 4π r
Di conseguenza f (r ) = g(θ) = C = 0, per cui la funzione di corrente della
doppietta è

µ sin2 θ
ψ dopp (r, θ) = − .
4π r

Nella figura 7.6 sono mostrate alcune delle linee di corrente della doppietta, con-
tenute in un piano assiale qualsiasi. Queste curve sono descritte in coordinate polari
della funzione
µ sin2 θ
r (θ) = − ,
4π ψ
per valori diversi di ψ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 281 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 281

Figura 7.6 Linee di corrente della


doppietta 3D avente direzione parallela z
all’asse z

Nella figura le varie linee di corrente sono disegnate con un incremento costante di ψ.
Di conseguenza, la densità minore di curve nelle zone più lontane dalla singolarità
corrisponde a valori minori del modulo della velocità. Una descrizione del moto
tridimensionale della doppietta si ottiene facendo ruotare le linee di corrente attorno
all’asse z della figura.

Tabella 1. Soluzioni elementari di correnti incomprimibili irrotazionali in


coordinate sferiche (r, θ). Le soluzioni elementari sono tutte
assisimmetriche e le singolarità sono nell’origine.

Corrente φ(r, θ) u r (r, θ) u θ (r, θ) ψ(r, θ)

uniforme Ur cos θ U cos θ −U sin θ 1


2 Ur
2
sin2 θ
Λ 1 Λ 1 Λ
sorgente − 0 − (1 + cos θ)
4π r 4π r 2 4π
µ cos θ 2µ cos θ µ sin θ µ sin2 θ
doppietta − − −
4π r 2 4π r 3 4π r 3 4π r

Nella tabella precedente sono raccolte tutte le funzioni riguardanti le soluzioni


elementari delle correnti assisimmetriche da noi analizzate.

Doppietta 3D con direzione generica. Per completezza di informazione, ana-


lizziamo anche il caso di una doppietta, sempre posta nell’origine, ma avente una
direzione in generale diversa da quella dell’asse z. Questa soluzione elementare
non ha la simmetria di rotazione attorno all’asse e quindi non potrà essere usata per
risolvere problemi assisimmetrici.
Indichiamo con il vettore il cui modulo è l’intensità della doppietta e la cui
direzione (dalla sorgente al pozzo, prima di effettuare il limite) è arbitraria, come
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 282 colore nero Giugno 16, 2006

282 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

mostrato in figura 7.7. Allora il potenziale sarà evidentemente

0 z 1 r̂
φ dopp (r) = 2
.
4π r
Figura 7.7 Doppietta 3D posta
nell’origine ma con direzione di 
Si noti che, quando la direzione di è parallela all’asse z, si ha r̂ = µ ẑ r̂ =
inclinata rispetto all’asse z µ cos θ e l’espressione coincide con quella della doppietta già studiata.
La velocità si determina calcolando il gradiente di φ dopp (r) nel seguente modo:

 r̂   r 1 1
= = r + 3 ( r).
r2 r3 r 3 r

Il termine ( r) è più facile da calcolare in coordinate cartesiane, ovvero espri-


mendo r = x x̂ + y ŷ + z ẑ, per cui abbiamo

( r) = (µx x + µ y y + µz z)
= (µx x) + (µ y y) + (µz z)
= µx x̂ + µ y ŷ + µz ẑ = .

Sostituendo nella relazione precedente otteniamo

 r̂  3 3 r
=− rr + 3 = − 4 r̂ + 3
r2 r4 r r r
3( r̂)r̂ − 3( r̂)r̂
=− + 3 = .
r3 r r3

Avremo quindi:

1 [ − 3( r̂)r̂]
udopp (r) = .
4π r3

Notiamo che ora la funzione dipende da tutto il vettore posizione r dato che non
esiste più la simmetria di rotazione intorno all’asse z. Infatti, la frazione dipende
da r che compare al denominatore ma anche da entrambi gli angoli θ e α delle
coordinate sferiche tramite la dipendenza da essi del versore radiale, r̂ = r̂(θ, α), nel
numeratore. Di nuovo, se la doppietta è diretta come l’asse z, si ha −3( r̂)r̂ =
µ ẑ − 3µ cos θ r̂ = µ(cos θ r̂ − sin θ ˆ − 3 cos θ r̂) = −2µ cos θ r̂ − µ sin θ ˆ , in
conformità al risultato già ricavato.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 283 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 283

Le relazioni che abbiamo scritto si riferiscono sempre a una doppietta posta


nell’origine del sistema di riferimento. Non è difficile estendere questi risultati
al caso di singolarità localizzate in un punto arbitrario dello spazio. Supponiamo
di avere appunto una doppietta di direzione qualsiasi posta nel punto r 0 , come
r r − r0 mostrato in figura 7.8. Il suo potenziale sarà dato dalla stessa relazione appena
scritta con la sola avvertenza di sostituire il vettore posizione r (assoluta) con il
r0 vettore separazione (r − r0 ) avendo l’accortezza di esprimere anche il versore r̂
come (r − r0 )/|r − r0 |. Allora il potenziale di questa doppietta “traslata” rispetto
0 z all’origine sarà
Figura 7.8 Doppietta 3D posta in un dopp 1 (r − r0 )
φr 0 (r) = .
punto generico r0 e avente direzione di 4π |r − r0 |3
 arbitraria

Ogiva semi-infinita di Rankine


Sovrapponendo le soluzioni di una corrente uniforme e di una sorgente 3D si ottiene
una soluzione che può rappresentare la corrente attorno a un corpo cilindrico semi-
infinito, di sezione circolare e con un naso tozzo arrotondato. Consideriamo la
funzione di corrente somma della corrente con velocità uniforme U diretta come
l’asse z e di una sorgente di intensità Λ posta nell’origine:

1 2 2 Λ
ψ(r, θ) = Ur sin θ − (1 + cos θ).
2 4π

Per ogni valore di ψ fissato, questa relazione fornisce una linea di corrente. Pre-
cisamente, risolvendo rispetto a r , si ottiene la funzione della linea di corrente in
un semipiano assiale, espressa in coordinate polari,
s  
1 Λ 4πψ
r (θ) = + 1 + cos θ
sin θ 2πU Λ
Per interpretare la corrente considerata, calcoliamo inizialmente il campo di ve-
locità:
 
Λ 1
u(r, θ) = U cos θ + r̂ − U sin θ ˆ .
4π r 2

Determiniamo poi i punti in cui si annulla la velocità. Avremo le due equazioni:


Λ 1
U cos θ + = 0, −U sin θ = 0.
4π r 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 284 colore nero Giugno 16, 2006

284 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

La seconda equazione dice che gli eventuali punti di ristagno si trovano sull’asse
z (θ = 0 oppure θ = π). La prima equazione diventa allora: ±U + 4π Λ 1
r2
= 0,
per θ = 0 e θ = π, rispettivamente. Supponendo che sia U > 0 e Λ > 0, la sola
soluzione possibile è il punto sull’asse z avente coordinate (sferiche)
r
Λ
(r0 , π) con r0 = .
4πU
Il punto di ristagno si trova quindi sull’asse di simmetria, a sinistra della sorgente.
Il valore di ψ sulla linea di corrente che passa per il punto di ristagno è allora
ψ0 = ψ(r0 , π) = 21 Ur02 sin2 π − 4πΛ
(1 + cos π) = 0 − 4π
Λ
(1 − 1) = 0. L’equazione
di questa linea di corrente particolare si ottiene sostituendo il valore ψ = ψ 0 = 0
nella funzione r = r (θ) generale calcolata in precedenza:
r √
Λ 1 + cos θ
rc (θ) = ,
2πU sin θ

che abbiamo indicato come r c perché può corrispondere a un corpo solido sulla cui
superficie deve valere la condizione di non penetrazione. Si osservi che la distanza
R ≡ r sin θ dall’asse z dei punti di questa linea di corrente è data dalla semplice
relazione
r
Λ
Rc (θ) = (1 + cos θ)
2πU
e quindi per θ → 0 tende a
r r
Λ Λ
Rc (θ → 0) → (1 + 1) = = 2r0 ,
2πU πU
ovvero al doppio della distanza fra il punto di ristagno e l’origine del sistema di
riferimento. La figura 7.9 fornisce la rappresentazione di alcune linee di corrente
all’esterno della linea r = r c (θ) passante per il punto ristagno. Pertanto, mettendo
una ogiva semi-infinita la cui forma corrisponde alla superficie ottenuta facendo
ruotare la linea r = r c (θ) intorno all’asse z, la corrente incomprimibile inviscida
attorno a tale corpo avrebbe l’andamento delle linee mostrate nella figura 7.9.

Rc → 2r0
Figura 7.9 Linee di corrente 70.5◦
dell’ogiva semi-infinita di Rankine r0 z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 285 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 285

Conoscendo l’equazione della forma del corpo, possiamo calcolare analiticamente


la velocità sulla sua superficie. Il quadrato della velocità sul corpo è infatti dato da
2 2
|uc (θ)|2 = u r (rc (θ), θ) + u θ (rc (θ), θ)
 2
Λ 2πU sin2 θ
= U cos θ + + U 2 sin2 θ.
4π Λ 1 + cos θ
Ma sin2 θ = 1 − cos2 θ = (1 + cos θ)(1 − cos θ), per cui l’espressione dentro le
parentesi tonde si semplifica e abbiamo
  
1 − cos θ 2
|uc (θ)|2 = U 2 cos θ + + sin2 θ
2
 2 
1 + cos θ
=U 2
+ sin θ
2
2
U2 
= 5 + 2 cos θ − 3 cos2 θ .
4
È immediato vedere che la semplice funzione di θ ottenuta ha un massimo per il
valore di θ soluzione dell’equazione cos θ = 13 , per cui la velocità massima sul
corpo è data
2
|uc |max = √ U = 1.1547 U
3

ed essa è raggiunta nel punto di coordinate θ = cos−1 31 = 70.5◦ e r =

rc (70.5◦ ) = r0 3. Per il teorema di Bernoulli la pressione sulla superficie
dell’ogiva diminuisce fino al punto di massima velocità. A valle di questo punto la
pressione aumenta e c’è un gradiente di pressione sfavorevole, mentre la velocità
diminuisce gradualmente fino al valore U . La teoria dello strato limite mostra che
non si verifica una separazione della corrente per cui la soluzione inviscida trovata
fornisce una rappresentazione soddisfacente della corrente intorno a un’ogiva semi-
infinita.
Se si considera il caso di una corrente uniforme invertita che scorre lungo l’ogiva
dalla base verso il naso, la soluzione è ricavata nello stesso modo, ma prendendo
U e Λ con segni opposti. La soluzione che si ottiene ha lo stesso aumento di
velocità sulla superficie dell’ogiva, ma ora il gradiente di pressione sfavorevole si
manifesta in una zona di brusca riduzione della sezione dell’ogiva (invece che del
suo aumento) e in questo caso la teoria dello strato limite prevede la separazione
della corrente. Pertanto nel caso di corrente inversa su un’ogiva semi-infinita la
soluzione inviscida non fornisce una rappresentazione realistica della corrente reale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 286 colore nero Giugno 16, 2006

286 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Solidi di Rankine
La sovrapposizione di una singola sorgente e di una corrente uniforme ha condotto
a una corrente assisimmetrica attorno a un corpo di rivoluzione semi-infinito. Per
ottenere una corrente attorno a un corpo di rivoluzione limitato, possiamo collocare
sull’asse del corpo un pozzo di intensità uguale e opposta a quella della sorgente in
modo che tutte le linee di corrente uscenti dalla sorgente convergano nel pozzo, e
che quindi la corrente esterna si apra davanti al corpo per poi richiudersi dietro di
esso.
Sovrapponendo una sorgente e un pozzo di intensità uguali ed opposte in
una corrente uniforme è possibile ottenere due punti di ristagno e una linea di
corrente che passa per entrambi e che prima e dopo di essi coincide con l’asse z.
La superficie chiusa che si ottiene facendo ruotare questa linea di corrente intorno
all’asse z definisce quindi la forma di una corpo tridimensionale assisimmetrico che,
posto nella corrente considerata, produrrebbe proprio il campo di moto all’esterno
della suddetta linea di corrente. Un corpo con questa forma si chiama solido o
ovoide di Rankine.
Consideriamo una sorgente di intensità Λ e un pozzo di intensità −Λ posti
a distanza 2b. Prendiamo un sistema di coordinate sferiche con l’asse z lungo la
congiungente le due sorgenti e con l’origine nel punto di mezzo per cui le sorgenti
si trovano alla stessa distanza b dall’origine, come mostrato in figura 7.10. La
funzione ψ relativa a queste due sorgenti immerse in una corrente uniforme U
diretta secondo la congiungente e nel verso positivo dell’asse z è
1 Λ
ψ(r, θ) = Ur 2 sin2 θ − (cos ϑ1 − cos ϑ2 ),
2 4π
dove ϑ1 e ϑ2 sono gli angoli che le rette congiungenti il punto (r, θ) con le due
sorgenti formano con l’asse z.

r sin θ
r

ϑ1 θ ϑ2
z
Λ −b b
r cos θ
Figura 7.10 Costruzione
trigonometrica dei contributi di due r cos θ + b
sorgenti alla funzione di corrente r cos θ − b
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 287 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.1: Correnti incomprimibili irrotazionali assisimmetriche 287

Questi angoli sono indicati con la lettera ϑ che è (un po’) diversa da θ perché gli
angoli ϑ1 e ϑ2 non sono due valori particolari della coordinata angolare θ, bensı̀
sono delle funzioni delle variabili r e θ, ovvero sono funzioni della posizione del
punto nello spazio.
Le funzioni ϑ1 (r, θ) e ϑ1 (r, θ) si ottengono osservando che i tre triangoli
rettangoli della figura 7.10 hanno il cateto verticale in comune. I tre cateti orizzontali
dei triangoli con angoli θ, ϑ1 e ϑ2 sono lunghi rispettivamente r cos θ, r cos θ + b e
r cos θ − b. Esprimendo allora la tangente di ϑ1 e ϑ2 come rapporto dei due cateti
del triangolo corrispondente, avremo
r sin θ r sin θ
tan ϑ1 = e tan ϑ2 = .
r cos θ + b r cos θ − b
L’inversione della tangente fornisce quindi le due funzioni richieste. Tuttavia, sic-
come occorre poi calcolare il coseno di ϑ1 e ϑ2 da sostituire nella funzione
√ di cor-
rente, è conveniente utilizzare l’identità trigonometrica cos ϑ = ±1/ 1 + tan2 ϑ,
che permette di ricavare
r
cos θ ± 1 cos θ ± rb
cos ϑ1,2 = q b
=q .
r2 b2
b2
± 2r
b
cos θ + 1 r cos θ +
1 ± 2b r2
Sostituendo nell’espressione della funzione di corrente si ottiene
 
1 2 2 Λ cos θ + b
cos θ − b
ψ(r, θ) = Ur sin θ − q r
−q r .
2 4π b2 b2
1+ 2b
r cos θ + r2 1− 2b
r cos θ + r2

La complessità analitica di questo risultato non permette di ricavare una funzione


esplicita che rappresenti le linee di corrente. Tuttavia è possibile ricavare le dimen-
sioni del solido di Rankine.
Notiamo che, per come è stata definita la funzione di corrente ψ sorg (θ), il
valore di ψ sulla linea di corrente passante per i punti di ristagno è zero. La linea di
corrente r = r c (θ) che definisce il solido di Rankine è quindi data dall’equazione
1 2 2 Λ
Urc sin θ = (cos ϑ1 − cos ϑ2 ),
2 4π
dove ϑ1 = ϑ1 (r, θ) e ϑ2 = ϑ2 (r, θ) sono le funzioni ricavate in precedenza.
Introducendo la distanza dall’asse z, R ≡ r sin θ, questa relazione si riscrive come
Λ
Rc2 = (cos ϑ1 − cos ϑ2 ).
2πU
Quando ϑ1 = ϑ2 = 0 oppure ϑ1 = ϑ2 = π, il valore di Rc è nullo. Inoltre, il valore
massimo di Rc2 si verifica quando cos ϑ2 = − cos ϑ1 , ovvero quando θ = 12 π.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 288 colore nero Giugno 16, 2006

288 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

h
b b −Λ z
Λ
Figura 7.11 Sezione assiale del `
solido ovoidale di Rankine

Di conseguenza la superficie (di rivoluzione) che corrisponde a ψ = 0 definisce un


corpo, come mostrato in figura 7.11. Le dimensioni principali di questo corpo sono
la semi-lunghezza ` e la semi-altezza h, indicate nella figura. Entrambi questi
parametri dipendono dalla velocità U della corrente uniforme e dall’intensità Λ
delle sorgenti.
Il valore di ` può essere ottenuto osservando che la velocità in uno dei punti di
ristagno è nulla. Ad esempio, la velocità nel punto di ristagno a valle è data dalla
somma delle velocità di una corrente uniforme U , di una sorgente di intensità Λ a
una distanza ` + b e di un pozzo di intensità −Λ a una distanza ` − b, ovverosia
dovrà essere
Λ Λ
U+ − = 0.
4π(` + b) 2 4π(` − b)2
Con semplici passaggi si ottiene l’equazione
  2
` 2 Λ `
−1 − =0
b πU b2 b
per l’incognita (adimensionale) `/b.
In modo analogo, la semi-altezza h si ottiene notando che h è semplicemente
il valore della distanza Rc dall’asse quando cos ϑ2 = − cos ϑ1 , ossia:
Λ Λ b
h2 = 2 cos ϑ1 = √ ,
2πU πU h 2 + b2

essendo cos ϑ1 = b/ h 2 + b2 , quando θ = 12 π. Con semplici passaggi si ottiene
infine la seguente equazione per l’incognita (pure adimensionale) h/b:
 h 2 r h 2 Λ
+1= .
b b πU b2
Notiamo che entrambe le equazioni ottenute dipendono da un solo parametro,
Λ/(πU b2 ), il cui valore determina quindi univocamente la formma del solido
ovoidale di Rankine.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 289 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.2: Paradosso di d’Alembert in tre dimensioni 289

7.2 Paradosso di d’Alembert in tre dimensioni


Nello studio della corrente incomprimibile inviscida stazionaria attorno a una sfera
presentato nel paragrafo 4.4 si è dimostrato che la forza esercitata dal fluido sulla
sfera è nulla. Questo risultato è un caso particolare di un teorema generale, noto
come paradosso di d’Alembert. Il teorema afferma che, nel caso di corrente
stazionaria incomprimibile irrotazionale attorno a un ostacolo di forma qualsiasi,
purché limitato, che scorre con velocità uniforme all’infinito, la forza totale eserci-
tata dal fluido sul corpo è nulla.


Per dimostrare questo risultato, consideriamo preliminarmente l’equazione di
Poisson − 2 Φ = s(r), dove s(r) è una funzione nota, diversa da zero solo in una
regione limitata Vs6=0 dello spazio tridimensionale. La soluzione di tale equazione

Z
1 s(r0 )
Φ(r) = dV 0 ,
4π Vs6=0 |r − r0 |

dove dV 0 rappresenta un elemento di volume attorno al punto r0 in cui si valuta la


sorgente nell’integrale. Essendo s(r) non nulla solo in una regione limitata vicino
all’origine, risulta
1
Φ(r) = O per |r| → ∞,
r
dove r = |r|, per cui dovrà essere anche

costante
|Φ(r)| ≤ per |r| → ∞,
r
Questo risultato è noto dalla studio del campo di una carica elettrica ferma, il cui
1 q
potenziale Φ(r)
R sappiamo essere proporzionale a 4π r
. Nel caso in cui la carica
totale Q = s(r) dV associata alla distribuzione di densità di carica s(r ) è nulla,
Q = 0, allora risulta
U C n̂
costante
n̂ |Φ(r)| ≤ per |r| → ∞,
∂C r2
perché il primo termine dell’espansione in serie di potenze di 1/r è ora assente.
Consideriamo ora un corpo tridimensionale limitato ma di forma arbitraria,
Figura 7.12 immerso in una corrente esterno, che è uniforme a grande distanza dal corpo, come
Corpo immerso in una corrente esterna schematizzato nella figura 7.12.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 290 colore nero Giugno 16, 2006

290 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Supponiamo che la corrente attorno al corpo sia incomprimibile irrotazionale e


stazionaria. Dato che il dominio esterno al corpo è semplicemente connesso,
possiamo scrivere u = φ e il potenziale φ deve soddisfare
 2
φ = 0, φ(r) → U per |r| → ∞.
Si può mostrare che la soluzione di questo problema soddisfa
1
φ(r) = U r + O per |r| → ∞,
r
in modo analogo al caso del problema elettrostatico appena esaminato. Tuttavia, nel
caso del potenziale cinetico il flusso totale della massa uscente da una qualunque
superficie chiusa deve essere nullo, supponendo il corpo non si dilati, altrimenti si
avrebbe una creazione
 di fluido all’interno della superficie. Come conseguenza, il
termine O 1r non può essere presente e la soluzione deve tendere a zero a grande
distanza più rapidamente di r1 . In altre parole, l’andamento del potenziale cinetico
deve essere
1
φ(r) = U r + O 2 per |r| → ∞.
r
Il campo di velocità a grande distanza dal corpo avrà quindi il seguente andamento:
1
u(r) = φ(r) = U + O 3 per |r| → ∞.
r
Determiniamo a questo punto la forza FC esercitata dal fluido in moto sul corpo
fermo. Il fluido è supposto essere non viscoso, per cui tale forza è data dalla sola
forza della pressione agente sulla superficie ∂C del corpo, ovvero:
I
FC = P n̂ d S,
∂C

essendo la normale n̂ a ∂C diretta verso l’interno del corpo. Per il principio di azione
e reazione, il corpo esercita sul fluido una forza opposta F = −F C . Per calcolare
FC mediante la relazione scritta è necessario determinare il campo di pressione
P = P(r) da cui poi ricavare i valori P(rC ), con rC ∈ ∂C. La risoluzione del
problema della pressione è tuttavia molto complicata e dipende dalla forma del
corpo considerato. Esiste invece un percorso alternativo per calcolare la forza totale
FC che non dipende dalla forma specifica del corpo e che non richiede la conoscenza
del campo della pressione.
Consideriamo una superficie chiusa esterna al corpo che contiene una parte
del fluido attorno al corpo. Indichiamo con Sest questa superficie, come mostrato
nella figura 7.13.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 291 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.2: Paradosso di d’Alembert in tre dimensioni 291

U

∂C

Figura 7.13 Superficie di controllo


Sest
esterna Sest per la dimostrazione del
pardosso di d’Alembert

Essendo la corrente stazionaria possiamo scrivere l’equazione esprimente il bilancio


della quantità di moto del fluido contenuto in Sest : la somma di tutte le forze agenti
sul fluido più la quantità di moto del fluido che entra nella regione considerata deve
essere nulla. Dobbiamo allora includere: la forza −FC che il corpo esercita sul
fluido attraverso la superficie ∂C, più la forza che il fluido all’esterno di Sest esercita
sul fluido interno e infine il flusso della quantità di moto che entra nella regione
considerata attraverso Sest : in formula
I
−FC + [−P n̂ − ρu (u n̂)] d S = 0.
Sest

(Il flusso attraverso la superficie del corpo ∂C è nullo in virtù della condizione
al contorno di non penetrazione.) Risolvendo la relazione rispetto alla forza F C
ricercata abbiamo
I
FC = − [P n̂ + ρu (u n̂)] d S.
Sest

Ma per la legge di Bernoulli, la pressione in ogni punto del fluido è data dalla
relazione
P(r) + 12 ρ|u(r)|2 = K
dove K è una costante. Risolvendo rispetto alla pressione si ottiene:
P(r) = − 21 ρ|u(r)|2 + K

= − 21 ρ [u(r) + U] [u(r) − U] + U 2 + K
= P0 − 12 ρ[u(r) + U] [u(r) − U],
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 292 colore nero Giugno 16, 2006

292 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

dove P0 = K − 12 U 2 è un’altra costante. Se ora supponiamo di prendere Sest molto


grande in modo che ogni suo punto |r S | → ∞, allora vale l’approssimazione
1
P(r) = P0 + O 3 per |r| → ∞.
r
SostituendoH nell’espressione della forza, il termine contenente P0 è nullo grazie
all’identità Sest n̂ d S = 0, valida per qualunque superficie chiusa. Otteniamo allora
I 1
FC = −ρ u (u n̂) d S + Area(Sest ) × O 3
Sest r
I 1
= −ρ u (u n̂) d S + O .
Sest r
D’altra parte, sei punti della superficie Sest sono molto lontani dal corpo, la velocità
u → U + O r13 e quindi avremo
I
FC → −ρ U (U n̂) d S.
Sest

Infine, il vettore U non dipende dalla


H posizione
 per cui esce dal segno di integrale
e quindi avremo FC → −ρ U U Sest n̂ d S , ovvero, utilizzando ancora l’identità
H
Sest n̂ d S = 0,

FC = 0.

Si noti la forza FC è nulla su qualunque superficie chiusa Sest , non solo sulle superfici
sufficientemente grandi. Si deve fare tendere Sest a una sfera di raggio infinito solo
per rendere il calcolo di FC indipendente dall’andamento non uniforme (incognito)
della pressione nel fluido. In altre parole, il processo di limite serve per dimostrare
la relazione (esatta) FC = 0 non per calcolare un valore particolare di FC .
È importante ricordare le ipotesi che sono alla base del paradosso di d’Alembert.
Esse sono le seguenti:
• Il corpo è tridimensionale di dimensione limitata.
• Il fluido è incomprimibile con densità uniforme.
• Il fluido è non viscoso.
• Il moto del fluido è irrotazionale.
• La regione di fluido in cui è immerso il corpo è illimitata.
• Il moto del fluido è stazionario.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 293 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.2: Paradosso di d’Alembert in tre dimensioni 293

Questa ultima ipotesi può essere interpretata in due modi diversi, in virtù dell’equi-
valenza di tutti i sistemi di riferimeno inerziali (principio di relatività galileiana).
È infatti equivalente considerare un corpo fermo in un fluido dotato di una velocità
uniforme a grande distanza dal corpo, e in tal caso la corrente potrà essere effettiva-
mente stazionaria, oppure un corpo in moto rettilineo uniforme (cioè con velocità
costante, in modulo e direzione) in un fluido che è fermo a grande distanza, e in tal
caso il campo di moto sarà necessariamente variabile a causa del moto del corpo.
Possiamo esaminare il ruolo di alcune di queste ipotesi.
La prima ipotesi è molto importante in quanto è all’origine della differenza
fra il caso tridimensionale e quello bidimensionale della corrente attorno a un
corpo cilindrico (di sezione qualsiasi). Infatti la regione all’esterno di un corpo
nelle spazio tridimensionale di dimensione finita in ogni direzione è semplicemente
connessa mentre questo non è più valido in due dimensioni. Ricordiamo infatti che
nel paragrafo 4.5 abbiamo ricavato, nel caso particolare di un cilindro di sezione
circolare, che la corrente incomprimibile irrotazionale stazionaria piana provoca
una forza risultante sul cilindro perpendicolare alla direzione della velocità esterna
se il campo di moto ha una componente circolante attorno al cilindro.
Se il fluido fosse comprimibile, ma ancora non viscoso, allora sarebbe ne-
cessaria un’indagine ulteriore per scoprire se il paradosso di d’Alembert è ancora
valido. La teoria delle correnti comprimibili non visocose permette di mostrare che
il paraddosso vale se il moto è completamente subsonico oltre a soddisfare le ultime
quattro condizioni.
Se invece il fluido fosse viscoso, ma ancora incomprimibile, entrerebbe in gioco
l’attrito e l’intera teoria irrotazionale qui considerata non sarebbe più applicabile.
Il paradosso di d’Alembert non vale quando il fluido si estende in una regione
limitata a causa della presenza di una superficie libera del fluido, come, ad esempio,
per un corpo immerso nell’acqua di un lago. In tal caso esista una forza agente
sul corpo associata alla presenza di un’onda sulla superfice libera dietro il corpo
immerso nel fluido e che è chiamata resistenza d’onda.
Infine, nel caso di corrente non stazionaria, ovvero se il corpo si muove con
accelerazione non nulla in un fluido fermo, restando comunque in vigore tutte le
altre ipotesi, il fluido esercita sul corpo una forza diversa da zero.
È opportuno ricordare che il paradosso di D’alembert riguarda solo la forza
agente sul corpo. Anche sa la risultante delle forze dovute alla pressione del fluido
agenti sulla superficie del corpo risulta essere nulla, la risultante dei loro momenti
(rispetto a qualche punto) in generale non si annulla. Di conseguenza un corpo
limitato di forma arbitraria in moto uniforme nelle condizioni considerate di solito
è sottoposto a un momento delle forze anche se la forza totale è nulla.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 294 colore nero Giugno 16, 2006

294 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

7.3 Correnti incomprimibili irrotazionale piane


Dopo avere introdotto le soluzioni elementari relative alle correnti assisimmetriche
e avere studiato alcune correnti particolari di questo tipo, consideriamo ora il caso
di correnti piane, cioè tali che il moto del fluido ha solo due componenti diverse
da zero, appartenenti a un piano, con il medesimo campo di velocità in tutti i piani
paralleli al piano del moto del fluido. Queste correnti sono dette anche bidimen-

( u = 0) e irrotazionali (

sionali. Come nei paragrafi precedenti considereremo solo correnti incomprimibili
u = 0).
Affinché il moto possa essere bidimensionale è necessario (ma non sufficiente)
che ogni ostacolo solido presente nel campo di moto si estenda indefinitamente, con
una sezione sempre uguale, in una direzione perpendicolare a quella della corrente
esterna. Si richiede cioè che il corpo immerso nella corrente sia un cilindro infinito:
la sezione del cilindro potrà essere di forma qualsiasi, ma la sua lunghezza sarà
supposta illimitata da entrambe le parti. Naturalmente, non esiste alcun corpo reale
con queste caratteristiche estreme, per cui l’analisi che svilupperemo sarà utile solo
in senso approssimato per i corpi cilindrici reali di estensione finita la cui lunghezza
sia molto maggiore della dimensione caratteristica della loro sezione trasversale.
Tuttavia, da un punto di vista teorico sappiamo che la situazione ideale di un
corpo cilindrico infinitamente lungo fa sorgere un problema delicato riguardo le
caratteristiche topologiche del dominio occupato dal fluido. È noto infatti che la
regione dello spazio tridimensionale esterna a un cilindro infinito è molteplicemente
connessa. Ciò ha una conseguenza sulle soluzioni dell’equazione di Laplace per il
potenziale cinetico in una tale regione, che, come si è visto alla fine del paragrafo 4.5
per il caso del cilindro circolare, ammette infinite soluzioni. Questa particolarità
deve essere tenuta in conto anche nel metodo di risoluzione mediante soluzioni
elementari. Infatti, oltre alle soluzioni elementari e singolari simili a quelle viste
nel caso assisimmetrico, nel caso dei problemi piani in un dominio molteplicemente
connesso è necessario includere anche la soluzione elementare che rappresenta un
vortice rettilineo.

Equazioni di Laplace del potenziale e funzione di corrente


Analogamente al caso del problema assisimmetrico, nelle correnti incomprimibili
piane è opportuno affiancare al potenziale cinetico φ(x, y) la funzione di corrente
ψ(x, y). Essa è definita in termini delle componenti cartesiane2 della velocità

2
Si noti che u non è il modulo del vettore velocità u, ossia u 6= |u|, ma solo la sua componente
cartesiana lungo l’asse x .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 295 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 295

(u, v) = u tramite le relazioni


∂ψ ∂ψ
u= , v=− , ovvero u= ψ ẑ,
∂y ∂x
che sono state dimostrate nel paragrafo 3.9. Le curve di livello ψ = costante sono
y le linee di corrente del campo di velocità piano u = u(x, y).
Per rappresentare le soluzioni elementari singolari delle correnti piane è pos-
sibile utilizzare le coordinate cartesiane. Le espressioni matematiche risultano
tuttavia più semplici se si adotta un sistema di coordinate cilindriche con l’asse z
r perpendicolare al piano del moto. Per essere più precisi, quando il campo di moto è
piano, con componente z della velocità nulla e con le altre componenti indipendenti
z ẑ x dalla coordinata assiale z, è naturale decomporre il vettore posizione spaziale r nelle
R sue componenti perpendicolare e parallela all’asse z nel seguente modo

z
r = R + z ẑ.
Figura 7.14 Costruzione della
componente R del vettore posizione r Si è introdotto pertanto il vettore posizione R appartenente a un piano del moto
perpendicolare all’asse z e parallela al e che può essere rappresentato alternativamente in termini delle sue componenti
piano x-y del moto del fluido cartesiane o cilindriche, nei due modi seguenti:

R = x x̂ + y ŷ = R R̂(θ).

La velocità del campo piano può allora essere espressa in termini delle sue due
componenti cilindriche (o polari)

u(R) = u(R, θ) = u R (R, θ) R̂(θ) + u θ (R, θ) ˆ (θ)

Quando si utilizzano le coordinate cilindriche/polari, il potenziale cinetico e la


funzione di corrente dipendono dalle variabili R e θ e scriveremo indifferentemente
φ = φ(R) = φ(R, θ) e ψ = ψ(R) = ψ(R, θ). Le componenti cilindriche della
velocità piana sono fornite dal gradiente (piano) del potenziale cinetico, φ, ovvero
∂φ 1 ∂φ
uR = , uθ = ,
∂R R ∂θ
oppure possono essere calcolate anche in termini della funzione di corrente ψ(R, θ)
per mezzo delle relazioni
1 ∂ψ ∂ψ
uR = , uθ = − , ovvero u= ψ ẑ,
R ∂θ ∂R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 296 colore nero Giugno 16, 2006

296 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

come già descritto nel paragrafo 3.9. Il campo vettoriale ψ è in ogni punto
normale alla velocità, ovvero vale la condizione di perpendicolarità u ψ = 0,
come è facile verificare.


Grazie all’incomprimibilità, il potenziale cinetico φ soddisfa l’equazione di
Laplace 2 φ = 0, che per correnti piane e in coordinate cilindriche significa:
 
1 ∂ ∂φ 1 ∂ 2φ
R + 2 = 0.
R ∂R ∂R R ∂θ 2

componente z di

Per quanto riguarda l’equazione della funzione di corrente, osserviamo che la
u espressa in termini di ψ(R, θ) è data da


 u=
1 ∂  1 ∂u R
Ru θ −
R∂R R ∂θ
   
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 1 ∂ψ
= −R −
R∂R ∂R R ∂θ R ∂θ
 
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 2ψ
=− R − 2 ,
R ∂R ∂R R ∂θ 2
per cui la condizione di irrotazionalità
 u = 0 equivale all’equazione
 
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 2ψ
R + 2 = 0,
R ∂R ∂R R ∂θ 2
che è la medesima equazione di Laplace del potenziale. Ovviamente, se le incognite
φ e ψ sono considerate come funzione delle coordinate cartesiane x e y, esse

soddisferanno la stessa equazione di Laplace bidimensionale, ma con l’operatore
2 2
laplaciano espresso nella sua forma cartesiana 2 = ∂∂x 2 + ∂∂y 2 .

Soluzioni elementari piane


Corrente uniforme. Consideriamo un campo di velocità uniforme, diretto nella
stessa direzione dell’asse x del sistema di coordinate cilindriche, come mostrato
ˆ (θ)
R̂(θ) in figura 7.15. Dalla figura si vede che le componenti cilindriche di U x̂ sono
−U sin θ
R (θ) = U cos θ
u unif θ (θ) = −U sin θ,
u unif
U x̂ e
θ U cos θ
x
ovvero, compattamente,
Figura 7.15 Componenti cilindriche
di un campo di velocità uniforme in uunif (R) = U cos θ R̂(θ) − U sin θ ˆ (θ).
direzione dell’asse x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 297 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 297

Il potenziale corrispondente si determina integrando (rispetto a R) la definizione di


u R in termini di φ, ovvero
∂φ
= u R = U cos θ ⇒ φ(R, θ) = U R cos θ + f (θ),
∂R
dove f (θ) è una funzione arbitraria di integrazione. Essa è determinata integrando
la definizione di u θ rispetto all’altra coordinata, ossia

1 ∂φ
= u θ = −U sin θ ⇒ φ(r, θ) = U R cos θ + g(R),
R ∂θ
dove g(R) è un’altra funzione arbitraria. Le due integrazioni conducono al poten-
ziale cinetico solo se f (θ) = g(R) = C, dove C è una costante arbitraria, che
possiamo prendere uguale a zero. Pertanto il potenziale del campo di velocit à
uniforme in direzione di x è

φ unif (R, θ) = U R cos θ.

È immediato verificare che questo potenziale soddisfa l’equazione di Laplace. Si


ha infatti
 2
 unif 
φ (R, θ) =
1 ∂

R
∂(U R cos θ)

+ 2
1 ∂ 2 (U R cos θ)
R ∂R ∂R R ∂θ 2
 
U cos θ d dR U d 2 cos θ
= R +
R dR dR R dθ 2
U cos θ d R U cos θ
= −
R dR R
U cos θ U cos θ
= − = 0.
R R

In modo analogo si determina la funzione di corrente ψ unif (R, θ). Dalla re-
lazione che definisce u R in termini di ψ abbiamo
1 ∂ψ
= u R = U cos θ
R ∂θ
da cui
∂ψ
= U R cos θ ⇒ ψ(R, θ) = U R sin θ + f (R).
∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 298 colore nero Giugno 16, 2006

298 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Per trovare la funzione arbitraria f (R), integriamo anche la definizione della com-
ponente u θ in termini di ψ, ovvero

∂ψ
= −u θ = U sin θ ⇒ ψ(R, θ) = U R sin θ + g(θ).
∂R
Si ottiene quindi la condizione f (R) = g(θ) = C, con C costante arbitraria, che
può essere scelta uguale a zero. Quindi, la funzione di corrente del campo di
velocità uniforme in coordinate cilindriche è

ψ unif (R) = U R sin θ.

Sorgente 2D (rettilinea). Consideriamo un campo di moto piano con la velocità in


ogni punto diretta perpendicolarmente all’asse z e avente uguale intensità in tutti i
punti su ogni circonferenza, R = costante. Un tale campo vettoriale ha la simmetria
cilindrica e la sua espressione in coordinate cilindriche è particolarmente semplice,
del tipo

u(R) = u R (R) R̂(θ),

dove la funzione u R (R) deve essere specificata. Per determinare la forma di questa
funzione nel caso incomprimibile e irrotazione cui siamo interessati, scriviamo per
prima cosa il legame fra la componente radiale della velocità e il potenziale cinetico


uR = ,
dR
dove si è scritta la derivata ordinaria di φ rispetto a R invece di quella parziale in
quanto si è deciso di ricercare un potenziale cinetico φ che dipenda solo da R (e
non da θ).
D’altra parte, nel caso di corrente irrotazionale incomprimibile piana, il poten-
ziale cinetico deve soddisfare l’equazione di Laplace. Come si è detto, in coordinate
cilindriche e tenendo conto che φ = φ(R), tale equazione diventa
   
1 ∂ ∂φ 1 d dφ 1 d 
R = R = Ru R = 0,
R ∂R ∂R R dR dR R dR

ovverosia, per qualunque R 6= 0,

d  A
Ru R = 0 ⇒ u R (R) = ,
dR R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 299 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 299

dove A è una costante qualsiasi. Il campo di moto incomprimibile e irrotazionale


dotato della simmetrica cilindrica in esame sarà allora espresso dalla relazione
sorg
u R (R) A
u(R) = R̂(θ).
R
Quindi l’intensità della velocità è inversamente proporzionale alla distanza R
dall’asse z, come mostrato nell figura 7.16. Date le caratteristiche direzionali
del campo di moto, un tale campo può essere interpretato come prodotto da una
sorgente di fluido distribuita uniformemente lungo tutto l’asse z: se A > 0 il fluido
è eiettato verso l’esterno perpendicolarmente all’asse e in modo uguale in tutte le
R direzione. Si parlerà quindi di una sorgente rettilinea o, più brevemente sorgente
Figura 7.16 Modulo della velocità 2D, per distinguere questo campo piano da quello assisimmetrico della sorgente
del campo cilindrico di una sorgente 2D puntuale in tre dimensioni (la sorgente 3D).
Invece della costante A si preferisce utilizzare un altro parametro, λ, che
rappresenta la portata volumetrica per unità di lunghezza della sorgente. Il
volume di fluido P.V. L che attraversa nell’unità di tempo una superfice cilindrica
SL di raggio R e di lunghezza L è data dal seguente integrale
Z Z Z
A A
P.V. L = u(R) n̂ d S = R̂ n̂ d S = R̂ n̂ d S.
SL SL R R SL
In ogni punto di SL si ha n̂ = R̂, per cui
Z Z
A A A
P.V. L = R̂ R̂ d S = d S = 2π RL = 2π AL.
R SL R SL R
La portata volumetrica per unità di lunghezza λ è allora data da λ = P.V. L /L =
2π A, da cui A = λ/(2π). Scriveremo quindi il potenziale cinetico della sorgente
2D come

λ
φ sorg (R) = ln R,

y
e il campo di velocità della sorgente 2D

λ 1
usorg (R) = R̂(θ).
2π R
λ
x Entrambi i campi sono singolari nell’origine o meglio, considerando la loro es-
z pansione in tre dimensioni, sono singolari su tutto l’asse z. Il campo di velocità
è mostrato nella figura 7.18. Questi campi potranno quindi essere utilizzati solo a
Figura 7.17 condizione di fare cadere la loro singolarità all’esterno del campo di moto, ovvero
Sviluppo nello spazio della sorgente 2D dentro un corpo solido cilindrico immerso nel fluido.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 300 colore nero Giugno 16, 2006

300 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Figura 7.18
Campo di velocità della sorgente 2D

Si noti che il potenziale φ sorg (R) = 2π λ


ln R corrisponde al primo termine non
costante dell’espansione della soluzione per la corrente attorno al cilindro circolare
ricavata nel paragrafo 4.5 mediante il metodo di separazione delle variabili.
Per determinare la funzione di corrente,ricorriamo come al solito alla definizione
della velocità in termini di ψ. Per la componente R abbiamo:

1 ∂ψ λ 1
= uR = ,
R ∂θ 2π R

e quindi

∂ψ λ λ
= ⇒ ψ(R, θ) = θ + f (R),
∂θ 2π 2π

con f (R) funzione da determinare. L’equazione della seconda componente della


velocità fornisce

∂ψ
= −u θ = 0 ⇒ ψ(R, θ) = g(θ).
∂R

In conclusione, deve essere f (R) = C e g(θ) = 2π λ


θ + C, dove la costante C può
essere scelta in modo arbitrario, ad esempio uguale a zero. Pertanto si avrebbe

λ
ψ(R, θ) = θ.

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 301 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 301

λ
ψ(θ) = 2π
θ Tuttavia, questa soluzione può essere una funzione dei punti del piano solo a
condizione che la variabile θ vari in un intervallo minore di 2π. In caso contrario,
se θ varia in intervallo maggiore o uguale a 2π, il punto (R, θ) percorrerebbe
un’intera circonferenza di raggio R e ritornerebbe quindi al punto di partenza. Ma
in questo caso il valore di ψ alla fine sarebbe diverso dal valore nel punto iniziale,
in quanto ψ sarebbe incrementato della quantità 2π λ
2π = λ. La soluzione cosı̀
trovata non è pertanto una funzione dei punti del piano in quanto non assume uno
2π θ
e un sol valore in ogni punto del suo dominio di definizione. In altre parole, la
Figura 7.19 Carattere non periodico soluzione ψ(R, θ) non è periodica rispetto a θ, di periodo 2π, vedi figura 7.19. È
λ
della soluzione ψ(θ) = 2π θ comunque vero che l’oggetto matematico trovato permette di determinare lo stesso il
campo di velocità usorg (R) in modo univoco, per cui manterremo ugualmente questa
soluzione, scrivendola tuttavia tra “virgolette”. Scriveremo quindi la “funzione” di
corrente della sorgente 2D nel modo seguente
00
λ
ψ sorg
(R) = θ 0 ≤ θ < 2π,
2π 00

che sottolinea la natura matematica particolare di questo tipo di soluzione, diversa


y da una funzione dei punti del piano.
Doppietta 2D (rettilinea). Consideriamo ora il campo di moto associato alla
λ presenza simultanea di una sorgente 2D di intensità λ e di un pozzo 2D di intensità
uguale e opposta −λ posti a una distanza d, come mostrato nella figura 7.20. La
d funzione di corrente di questa distribuzione di sorgenti si ottiene sommando le loro
−λ
x funzioni di corrente, ovvero risulta:
z λ λ λ
ψ(R, θ) = θ− ϑ= (θ − ϑ),
Figura 7.20 2π 2π 2π
Genesi spaziale della doppietta 2D dove l’angolo ϑ è funzione del punto, ovvero ϑ = ϑ(R, θ), vedi figura 7.22.
Come nel caso della doppietta 3D, siamo interessati alla soluzione che si ottiene
y facendo avvicinare le due sorgenti, ovvero nel limite d → 0, mentre si fa aumentare
la loro intensità, λ → ∞, mantenendo però costante il prodotto λd. Il parametro
κ = λd, si chiama intensità della doppietta 2D.
R ν =ϑ −θ
Dalla figura 7.22 si vede che l’angolo ν nel vertice (R, θ) è uguale alla dif-
d cos θ
d sin θ ferenza (ϑ − θ), dato che θ + (π − ϑ) + ν = π. Quando d → 0, tale angolo è dato
θ ϑ dal rapporto fra l’arco d sin θ e il raggio (R − d cos θ), ossia:
d x d sin θ d sin θ
ϑ(R, θ) − θ = → ,
Figura 7.21 Angoli per la R − d cos θ R
costruzione della doppietta 2D per d → 0. Di conseguenza la funzione di corrente della doppietta 2D è data da
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 302 colore nero Giugno 16, 2006

302 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Figura 7.22 Linee di corrente della


doppietta 2D parallela all’asse x

κ sin θ
ψ dopp (R, θ) = − .
2π R

Le linee di corrente si ottengono dalla funzione polare R(θ) = (cost sin θ)/ψ,
con ψ fissato che può essere positivo e negativo, a seconda che sia θ ∈ [π, 2π] o
θ ∈ [0, π].
Alcune linee, con incremento di ψ costante, sono disegnate in figura 7.22. Le
linee di corrente della doppietta 2D sono delle circonferenze con il centro sull’asse
y e tutte tangenti all’asse x nell’origine. Ciò può essere verificato analiticamente
riscrivendo l’equazione delle linee di corrente R + 2πκψ sin θ = 0 in coordinate
cartesiane. Essendo sin θ = y/R e R 2 = x 2 + y 2 , avremo l’equazione cartesiana
κ
x 2 + y2 + y = 0.
2πψ
Ricorrendo al completamento del quadrato, questa relazione equivale a
 2  2
κ κ
x2 + y + = ,
4πψ 4πψ

che è l’equazione di un cerchio di raggio 4πκ|ψ| con centro in 0, − 4πκψ .
Calcoliamo ora le componenti cilindriche della velocità della doppietta 2D
ricorrendo alla loro definizione
 in terminidella funzione di corrente. Avremo:
1 ∂ψ 1 ∂ κ sin θ κ cos θ
uR = = − =− ,
R ∂θ R ∂θ 2π R 2π R 2
 
∂ψ ∂ κ sin θ κ sin θ
uθ = − =− − =− ,
∂R ∂R 2π R 2π R 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 303 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 303

Figura 7.23
Campo di velocità della doppietta 2D

e quindi scriveremo compattamente

κ cos θ κ sin θ ˆ
udopp (R) = − R̂(θ) − (θ).
2π R 2 2π R 2

I vettori del campo di velocità del doppietto 2D sono stati disegnati nella figura 7.23,
evitando però la zona vicina alla singolarità nell’origine dove l’intensità di u è
proporzionale a 1/R 2 e la lunghezza delle frecce avrebbe reso confusa la rappre-
sentazione del campo vettoriale lontano dall’origine.
Determiniamo infine il potenziale cinetico della doppietta 2D integrando la
relazione φ = u. Per la componente in direzione R abbiamo

∂φ κ cos θ κ cos θ
= uR = − ⇒ φ(R, θ) = + f (θ),
∂R 2π R 2 2π R
dove f (θ) è una funzione arbitraria da determinare. A questo scopo, consideriamo
allora l’equazione che φ deve soddisfare in conseguenza dell’equazione relativa alla
componente θ del gradiente, ossia,

1 ∂φ κ sin θ
= uθ = − ,
R ∂θ 2π R 2
e integriamola rispetto a θ

∂φ κ sin θ κ cos θ
=− ⇒ φ(R, θ) = + g(R),
∂θ 2π R 2π R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 304 colore nero Giugno 16, 2006

304 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

dove g(R) è un’altra funzione arbitraria. Le due forme ottenute di φ coincidono se


e solo se f (θ) = g(R) = C, dove C è una costante arbitraria, che può essere presa
uguale a zero. In conclusione, il potenziale cinetico della doppietta 2D è

κ cos θ
φ dopp (R, θ) = .
2π R

Vortice rettilineo. L’ultima soluzione elementare per le correnti piane che esamini-
amo è il campo di moto di un fluido che ruota attorno a un asse ed è irrotazionale
in tutto lo spazio tranne i punti dell’asse z. Si tratta del vortice rettilineo che è
u vort
θ (R) già stato descritto nel paragrafo 3.7, sia in coordinate cartesiane (esempio 3) sia
in coordinate cilindriche (esempio 4). In queste pagine, partiamo dall’espressione
del campo di velocità del vortice in coordinate cilindriche stabilita nell’esempio 5,
ossia,

Γ ˆ
uvort (R) = (θ),
2π R
R
Figura 7.24 Dipendenza della in cui compare il parametro Γ che rappresenta la circolazione del vortice e misura
velocità rotatoria del vortice rettilineo quindi la sua intensità. La diminuzione della velocità di rotazione al crescere della
con la distanza dal suo asse distanza dall’asse è mostrata nella figura 7.24.
La struttura del campo di velocità del vortice rettilineo quando Γ > 0 è mostrata
nella figura 7.25, che riproduce la figura 3.5.

Figura 7.25
Campo di velocità del vortice rettilineo
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 305 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 305

Per prima cosa verifichiamo se uvort (R) è effettivamente irrotazionale. L’unica


componente non nulla della vorticità è quella lungo z e abbiamo


 u (R) = ẑ
vort

Γ ˆ

(θ) =
Γ 1 ∂

R
1


2π R 2π R ∂ R R
 
Γ 1 d 1 Γ 0
= R = ,

2π R d R R 2π R
per cui uvort = 0 in ogni punto del piano tranne il punto R = 0, ovverosia,
considerando l’espansione in tre dimensioni del campo piano, in tutti i punti dello
spazio tranne sull’asse z. Su tale asse il campo del vortice è singolare, perché
la velocità ha un’intensità illimitata e assume ogni possibile direzione del piano.
Quindi il vortice rettilineo è una soluzione singolare e, come ogni altra soluzione
elementare singolare, può essere utilizzata solo se la singolarità è all’esterno del
campo di moto.
Dal campo di velocità del vortice rettilineo è facile ricavare la sua funzione di
corrente. Infatti, la definizione della componente θ in termini di ψ fornisce
∂ψ Γ Γ
= −u θ = − ⇒ ψ(R, θ) = − ln R + f (θ),
∂R 2π R 2π
dove f (θ) è una funzione arbitraria. L’equazione della componente R dice che
1 ∂ψ
= u R = 0 ⇒ ψ(R, θ) = ψ(R) = g(R),
R ∂θ
con g(R) funzione arbitraria. Segue necessariamente che f (θ) = C e g(R) =
− 2π
Γ
ln R + C, dove la costante C può essere presa uguale a zero.

Figura 7.26
Linee di corrente del vortice rettilineo
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 306 colore nero Giugno 16, 2006

306 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Quindi la funzione di corrente del vortice rettilineo è

Γ
ψ vort (R) = − ln R

e le sue linee di corrente sono semplicemente delle circonferenze con centro


nell’origine, come mostrato nella figura 7.26, coincidente con la figura 3.6.
Per quanto riguarda il potenziale cinetico, procediamo come al solito integrando
la definizione della velocità u = φ. L’equazione relativa alla componente R è

∂φ
= uR = 0 ⇒ φ(θ) = f (θ),
∂R

con f (θ) funzione arbitraria. La seconda equazione, relativa alla componente


angolare, fornisce

1 ∂φ Γ dφ Γ Γ
= uθ = ⇒ = ⇒ φ(θ) = θ,
R ∂θ 2π R dθ 2π 2π

dove abbiamo scelto uguale a zero la costante di integrazione arbitraria. Quest’ultima


integrazione presenta tuttavia l’inconveniente di condurre a una soluzione che pu ò
essere una funzione dei punti del piano solo se la variabile θ non percorre un giro
completo (0, 2π) attorno all’origine. Ma, nel problema che stiamo risolvendo, θ
deve proprio percorrere l’intervallo completo perché il fluido riempie tutto lo spazio
intorno all’asse z e quindi la funzione φ(θ) dovrebbe essere periodica di periodo
2π.
Γ
Pertanto, se si include la soluzione speciale trovata, 2π θ, si deve tenere presente
che essa non rappresenta una funzione dei punti del piano. Scriveremo allora il
potenziale cinetico del vortice ricorrendo alla medesima notazione fra “virgolette”
che è stata adottata per indicare la “funzione” di corrente di una sorgente 2D. Il
potenziale cinetico del vortice rettilineo è quindi espresso nella forma seguente
00
Γ
φ vort
(R) = θ 0 ≤ θ < 2π,
2π 00

per ricordare la natura molto particolare di questa soluzione.


Nella tabella seguente sono raccolte tutte le soluzioni elementari relative alle
correnti incomprimibili irrotazionali piane che sono state qui analizzate.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 307 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 307

Tabella 2. Soluzioni elementari di correnti piane in coordinate cilindriche (R, θ).


Le soluzioni 2D sono simmetriche rispetto all’asse x e le singolarità
sono tutte nell’origine.

Corrente φ(R, θ) u R (R, θ) u θ (R, θ) ψ(R, θ)

uniforme U R cos θ U cos θ −U sin θ U R sin θ


00
λ λ 1 λ
sorgente ln R 0 θ
2π 2π R 2π 00
00
Γ Γ 1 Γ
vortice θ 0 − ln R
2π 00 2π R 2π
κ cos θ κ cos θ κ sin θ κ sin θ
doppietta − − −
2π R 2π R 2 2π R 2 2π R

Doppietta 2D con direzione generica. Per completezza di informazione, analiz-


y ziamo anche il caso di una doppietta 2D, sempre posta nell’origine, ma avente una
direzione in generale diversa da quella dell’asse x. Questa soluzione elementare

non ha la simmetria rispetto all’asse x e quindi non può essere usata per risolvere
problemi di correnti simmetriche rispetto a tale asse.
x Indichiamo con il vettore il cui modulo è l’intensità di una doppietta posta
Figura 7.27 Doppietta 2D posta nell’origine e la cui direzione (dalla sorgente al pozzo, prima di effettuare il limite)
nell’origine ma con la direzione di

è contenuta nel piano (x, y) ma per il resto generica, come mostrato in figura 7.27.
arbitraria Allora, il potenziale sarà evidentemente

1 R̂
φ dopp (R) = ,
2π R

dove R̂ = R̂(θ). Infatti, nel caso particolare = κ x̂, risulta R̂ = κ x̂ R̂ =


κ cos θ e si riottiene il potenziale del dipolo 2D parallelo all’asse x.
Il campo di velocità si determina calcolando il gradiente in coordinate cilin-
driche della funzione φ dopp (R, θ) nel seguente modo:

     1 
R̂ R 1
= = R + 2 ( R).
R R2 R2 R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 308 colore nero Giugno 16, 2006

308 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Conviene poi calcolare il termine ( R) in coordinate cartesiane, ricordano che


R = x x̂ + y ŷ, per cui avremo
( R) = (κx x + κ y y) = (κx x) + (κ y y) = κx x̂ + κ y ŷ = .
Sostituendo questo termine nella relazione precedente si ottiene
 
R̂ 2 2 R
=− R 3 R+ 2 =− R̂ + 2
R R R R3 R
2( R̂)R̂ − 2( R̂)R̂
=− + = .
R2 R2 R2
Avremo quindi:

1 [ − 2( R̂)R̂]
udopp (R) = .
2π R2
Nel caso di vettore della doppietta allineato con l’asse x, questo campo di velocità
coincide con quello già noto, in quanto risulta − 2( R̂)R̂ = κ x̂ − 2κ cos θ R̂ =
κ(cos θ R̂ − sin θ ˆ − 2 cos θ R̂) = −κ cos θ R̂ − κ sin θ ˆ .

Ogiva cilindrica semi-infinita di Rankine


Sovrapponendo le soluzioni di una corrente uniforme e di una sorgente 2D si
ottiene una soluzione che può rappresentare la corrente attorno a un corpo cilindrico
infinito nella direzione perpendicolare alla corrente, semi-infinito nella direzione
della corrente e la cui sezione presenta una forma di tipo parabolico. Consideriamo
il potenziale cinetico somma dei potenziali di una corrente con velocità uniforme
U e di una sorgente 2D di intensità λ:

λ
φ(R, θ) = U R cos θ + ln R.

Il campo di velocità si determina calcolando il gradiente del potenziale cinetico:


 
λ 1
u(R, θ) = φ = U cos θ + R̂(θ) − U sin θ ˆ (θ).
2π R

Per quanto riguarda la funzione di corrente del campo di moto considerato, avremo:
00
λ
ψ(R, θ) = U R sin θ + θ .
2π 00
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PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 309

Per ogni valore di ψ fissato, questa relazione fornisce una linea di corrente. Precisa-
mente, risolvendo rispetto a R, si ottiene la funzione della linea di corrente espressa
in coordinate polari
 
λ 2πψ 1
R(θ) = −θ .
2πU λ sin θ
[R è la distanza del punto (x, y) dall’origine, non dall’asse orizzontale.] Deter-
miniamo poi i punti in cui si annulla la velocità. Avremo le due equazioni:
λ 1
U cos θ + = 0, −U sin θ = 0.
2π R
La seconda equazione dice che gli eventuali punti di ristagno si trovano sull’asse x
(θ = 0 oppure θ = π). La prima equazione diventa allora:
λ 1
±U + = 0,
2π R
per θ = 0 e θ = π, rispettivamente. Supponendo che sia U > 0 e λ > 0, la sola
soluzione possibile è il punto sull’asse x avente coordinate polari
λ
(R0 , π) con R0 = .
2πU
Il punto di ristagno si trova quindi sull’asse di simmetria, a sinistra della sorgente.
Il valore di ψ sulla linea di corrente che passa per il punto di ristagno è allora
λ λ
ψ0 = ψ(R0 , π) = U R0 sin π + π= .
2π 2
L’equazione di questa linea di corrente particolare si ottiene sostituendo il valore
ψ = λ2 nella funzione R = R(θ) generale calcolata in precedenza:

λ π −θ
Rc (θ) = ,
2πU sin θ

che abbiamo indicato come Rc perché può corrispondere a un corpo solido che devia
la corrente uniforme lontano dal corpo. La semi-ampiezza asintotica dell’ogiva
cilindrica di Rankine si indica con h ed è data da
λ π −θ λ
h = lim Rc (θ) sin θ = lim sin θ = .
θ →0 2πU θ →0 sin θ 2U
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 310 colore nero Giugno 16, 2006

310 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Rc (θ)
y

θ
R0
63◦ x

Figura 7.28 Linee di corrente


dell’ogiva cilindrica semi-infinita di
Rankine

La figura 7.28 fornisce la rappresentazione di alcune linee di corrente all’esterno


della linea R = Rc (θ) passante per il punto ristagno. Pertanto, mettendo una ogiva
semi-infinita cilindrica la cui forma corrisponde alla superficie ottenuta facendo
traslare la curva R = Rc (θ) parallelamente all’asse z, la corrente incomprimi-
bile inviscida piana attorno a tale corpo avrebbe l’andamento delle linee mostrate
nella figura 7.28.
Conoscendo l’equazione della forma del corpo, possiamo calcolare analitica-
mente la velocità sulla sua superficie. Il quadrato della velocità sul corpo è infatti
dato da
2 2
|uc (θ)|2 = u R (Rc (θ), θ) + u θ (Rc (θ), θ)
 
λ 2πU sin θ 2
= U cos θ + + U 2 sin2 θ.
2π λ π − θ

Semplificando, raccogliendo a fattore U 2 ed estraendo la radice quadrata si ottiene


s
 2
sin θ
|uc (θ)| = U cos θ + + sin2 θ
π −θ
s
sin(2θ) sin2 θ
=U 1+ + .
π −θ (π − θ)2

Il grafico di |uc (θ)| è mostrato in figura 7.29.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 311 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 311

|uc |/U
.
1.4
1.2
1.0
Figura 7.29 Andamento della 0.8
0.6
velocità sulla superficie dell’ogiva
0.4
cilindrica di Rankine, muovendo dal
0.2
punto di ristagno in direzione della
corrente 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 π − θ

Il valore massimo della velocità sulla superficie dell’ogiva si raggiunge per θ = 63◦
e vale |uc (63◦ )| = 1.26 U . Per il teorema di Bernoulli, la pressione raggiunge in
questo punto un valore minimo sulla superfice del corpo. Dopo questo punto la
corrente sulla superfice rallenta e la pressione aumenta. Lo spessore dello strato
limite, che è presente nella corrente reale del fluido viscoso, aumenta e fa crescere
la probabilità che si verifichi una separazione.

Ovale cilindrico di Rankine


Abbiamo visto che il moto che si ottiene dalla sovrapposizione di una sorgente 2D e
di una corrente uniforme può rappresentare la corrente attorno a un’ogiva cilindrica
y semi-infinita. Ciò è dovuto al fatto che è presente una sorgente 2D (ovvero rettilinea)
la cui portata non può “scomparire” perché la massa si conserva. Se ora, a valle
della sorgente, si aggiunge un pozzo 2D di uguale intensità, è evidente che risulta
possibile ottenere un campo di moto che inverse un corpo cilindrico limitato nella
direzione della corrente asintotica, noto con il nome di ovale cilindrico di Rankine.
R
Per realizzare queste condizioni, consideriamo allora il campo di moto che
ϑ1 θ ϑ2 si ottiene sovrapponendo a una corrente esterna uniforme U = U x̂ una sorgente
2D di intensità λ e un pozzo 2D di intensità uguale e opposta −λ. Le rette delle
λ b 0 b −λ x sorgenti 2D sono perpendicolari alla corrente esterna, si trovano a una distanza 2b e
Figura 7.30 Angoli alle sorgenti 2D giacciono su uno stesso piano parallelo alla corrente, come mostrato in figura 7.30.
dell’ovale cilindrico di Rankine La funzione di corrente del campo di moto complessivo sarà
λ  
ψ(R, θ) = U R sin θ + ϑ1 (R, θ) − ϑ2 (R, θ) ,

dove le funzioni relative a gli angoli ϑ1 (R, θ) e ϑ2 (R, θ) si ricavano esattamente
come nel caso delle sorgenti 3D dell’ovoide di Rankine, illustrato nella figura 7.10
del paragrafo precedente. Abbiamo allora le funzioni
 
cos θ ± b
ϑ1,2 (R, θ) = cos−1  q R 
b2
1 ± R cos θ + R2
2b
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 312 colore nero Giugno 16, 2006

312 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

da sostituire nell’espressione della funzione di corrente, ottenendo

ψ(R, θ) = U R sin θ
    
λ cos θ + Rb cos θ − b
+ cos−1  q  − cos−1  q R  .
2π b2 b2
1 + 2b
R
cos θ + R2
1− 2b
R
cos θ + R2

La funzione di corrente attorno all’ovale cilindrico di Rankine pu ò essere scritta


anche in coordinate cartesiane. Esprimendo la tangente degli angoli ϑ 1 e ϑ2 come
rapporto dei cateti, si può scrivere
    
λ y y
ψ(x, y) = U y + tan−1 − tan−1 .
2π x +b x −b
Per mezzo di identità trigonometriche la differenza delle due tangenti inverse si
riduce a una sola funzione dello stesso tipo ma con un argomento pi ù complicato:
 
λ 2by
ψ(x, y) = U y − tan−1 .
2π x 2 + y 2 − b2
Per ψ fissato, questa equazione può essere risolta rispetto a x ricavando:
s
2by
x(y; ψ) = ± b2 − y 2 +  2πU b y  .
tan λ b − Uψb
Nella figura 7.31 sono disegnatele linee di corrente attorno all’ovale di Rankine (ma
anche al suo interno) nel caso particolare πUλ b = 1.

Figura 7.31 Linee di corrente


all’esterno e all’interno dell’ovale
λ
cilindrico di Rankine per πU b =1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 313 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 313

y (x, y)
Per determinare il campo di velocità è più comodo partire dal potenziale cinetico
espresso in coordinate cartesiane e calcolare poi le componenti cartesiane u e v di
u. Il potenziale φ(x, y) è dato da


1  
λ λ λ


2 1
φ(x, y) = U x + ln 1 − ln 2 = U x + ln ,
2π 2π 2π 2

x dove 1 e 2 indicano la distanza dal punto generico (x, y) alle posizioni delle
λ 0 −λ due sorgenti, come illustrato nella figura 7.32. Essendo ovviamente
p
Figura 7.32 Distanze dalle sorgenti
1,2 (x, y) = (x ± b)2 + y 2 ,
2D per la corrente attorno all’ovale
cilindrico di Rankine si ottiene
 
λ (x + b)2 + y 2
φ(x, y) = U x + ln .
4π (x − b)2 + y 2
Le componenti cartesiane della velocità saranno quindi:
 
∂φ λ x +b x −b
u(x, y) = =U+ − ,
∂x 2π (x + b)2 + y 2 (x − b)2 + y 2
 
∂φ λ y y
v(x, y) = = − .
∂y 2π (x + b)2 + y 2 (x − b)2 + y 2
La figura 7.33 mostra il campo di moto attorno all’ovale limitando la rappresen-
tazione a un solo quadrante del piano dal momento che la velocità negli altri
quadranti si ottiene sfruttando la simmetria rispetto agli assi x e y.

Figura 7.33 Campo di moto in un h


quadrante intorno all’ovale cilindrico di `
λ
Rankine per πU b =1 x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 314 colore nero Giugno 16, 2006

314 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Determiniamo la semi-lunghezza ` e la semi-altezza h (vedi figura 7.33) dell’ovale


che corrispondono a valori determinati di U e λ. La velocità si annulla nei punti
di ristagno, ad esempio nel punto a monte (−`, 0), per cui possiamo scrivere
l’equazione
 
λ 1 1
U+ − = 0.
2π −` + b −` − b
Con semplici passaggi si ottiene l’equazione di secondo grado in `/b
`2 λ
2
−1− = 0,
b πU b
da cui è immediato ricavare
r
` λ
= 1+ .
b πU b
Per quanto riguarda la semi-altezza h,il punto (x, h) è sulla linea di corrente passante
per i punti di ristagno associata al valore ψ = 0. Avremo quindi l’equazione
ψ(0, h) = 0, ovverosia
   
λ −1 2bh h λ −1 2b/ h
Uh − tan =0 ⇒ = tan .
2π h 2 − b2 b 2πU b 1 − b2 / h 2

Dato che tan(2α) = 1−tan2 tan α
2 α , risulta tan
−1
1−c2 = 2 tan c, per cui l’equazione
2c −1

trascendente si può scrivere anche nella forma seguente


  
h h λ
tan = 1.
b b πU b
Infine, data la simmetria del problema e della soluzione rispetto all’asse y, la velocità
massima sulla superficie dell’ovale si raggiungerà nei due punti (0, ±h) e sarà data
dalla relazione senguente:
 
λ/(πU b)
|uc |max = U 1 + .
1 + h 2 /b2
Al crescere del parametro πUλ b caratteristico di questa corrente, da zero a valori
grandi, la forma dell’ovale aumenta in lunghezza e spessore da una lamina piana di
lunghezza 2b a un cilindro sempre più grande e di forma quasi circolare. Questo
andamento è mostrato dai valori riportati nella tabella 3. Nel limite πUλ b → ∞,
il rapporto di forma dell’ovale (`/ h) → 1 e |uc |max → 2U , che corrisponde alla
situazione ben nota della corrente incomprimibile non viscosa attorno a un cilindro
circolare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 315 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.3: Correnti incomprimibili irrotazionale piane 315

Tabella 3. Dimensioni dell’ovale cilindrico di Rankine in funzione del parametro


caratteristico della corrente.

λ ` h ` |uc |max
2πU b b b h U

0.0 1.0 0.0 ∞ 1.0


0.01 1.010 0.031 32.79 1.020
0.1 1.095 0.263 4.169 1.187
1.0 1.732 1.307 1.326 1.739
10.0 4.583 4.435 1.033 1.968
100.0 14.177 14.130 1.003 1.997
∞ ∞ ∞ 1.000 2.000

Tutti gli ovali cilindrici di Rankine, tranne quelli molto sottili, hanno un gradiente
di pressione sfavorevole sulla superficie nella zona a valle. Nella corrente reale si
verificherà quindi una separazione nello strato limite con la formazione di una scia
consistente dietro il corpo, per cui l’andamento della corrente previsto dalla teoria
non viscosa non è realistico in questa zona.

Correnti elementari piane in coordinate cartesiane


Per utilizzare le soluzioni elementari in problemi in regioni di forma arbitraria,
è necessario mettere le singolarità in tanti punti diversi e ciò significa traslare
opportunamente nel piano le soluzioni 2D fin qui presentate. Siccome la traslazione
è particolarmente facile da esprimere lavorando con le coordinate cartesiane, è
conveniente riscrivere tutte le soluzioni elementari delle correnti piane in termini
delle coordinate cartesiane (x, y) al posto di quelle cilindriche (R, θ).
Il passaggio dalle coordinate cilindriche (R, θ) a quelle polari è dato dalle ben
y note relazioni
(R,θ )
(x ,y)
x = R cos θ, y = R sin θ.
R y La trasformazione inversa è definita da
θ
p y
R = x 2 + y 2, tan θ = ,
x x x
Figura 7.34 Legame delle coordinate ma non è ancora utilizzabile direttamente in questa forma, dato che la seconda
cartesiane di un punto con le sue relazione non è un’espressione esplicita dell’angolo θ. A questo proposito si deve
coordinate cilindriche/polari osservare che non è possibile esprimere θ in funzione delle coordinate cartesiane x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 316 colore nero Giugno 16, 2006

316 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

e y mediante la funzione tangente inversa tan−1 (y/x). Infatti tale funzione assume
valori solo nell’intervallo (−π/2, π/2) (aperto) e questi angoli ricoprono soltanto
il semipiano positivo x > 0, mentre l’angolo θ delle coordinate cilindriche/polari
può assumere ogni valore compreso nell’intervallo (0, 2π), di ampiezza doppia.
La determinazione dell’angolo θ corrispondente al punto (x, y) pu ò essere
realizzata solo mediante una funzione inversa di due variabili indipendenti, che
scriveremo come θ = tan2−1 (y, x), per non discostarci troppo dalla notazione
consueta delle funzioni trigonometriche inverse. Tale funzione tiene conto anche
del quadrante in cui si trova il punto (x, y) e fornisce il valore corretto dell’angolo θ
appartenente all’intervallo completo (0, 2π). Pertanto, la trasformazione esplicita
corretta dalle coordinate cartesiane (x, y) a quelle cilindriche (R, θ) è definita da
p
R= x 2 + y 2, θ = tan2−1 (y, x).

Nei linguaggi di programmazione la funzione inversa tan2−1 (y, x) è indicata nor-


malmente con atan2(y, x) oppure con ATAN2(y, x). Quando si usano queste fun-
zioni su un calcolatore, occore stare attenti all’ordine “inverso” in cui compaiono i
due parametri y e x.
Nella tabella 4 riportiamo le soluzioni singolari delle correnti piane espresse
in termini delle coordinate cartesiane x e y. Esse sono ottenute applicando alle
soluzioni in coordinate cilindriche R e θ il cambiamento di variabili appena de-
scritto.

Tabella 4. Soluzioni elementari di correnti piane in coordinate cartesiane (x, y).


Tutte le singolarità sono nell’origine.

Corrente φ(x, y) u(x, y) v(x, y) ψ(x, y)

uniforme Ux U 0 Uy
00
λ p λ x λ y λ
sorgente ln x 2 + y 2 tan2−1 (y, x)
2π 2π x 2 + y 2 2π x 2 + y 2 2π 00

00
Γ −Γ y Γ x −Γ p 2
vortice tan2−1 (y, x) ln x + y 2
2π 00 2π x 2 + y 2 2π x 2 + y 2 2π

κ x κ y2 − x 2 −κ 2x y −κ y
doppietta
2π x + y 2
2 2π (x 2 + y 2 )2 2π (x + y 2 )2
2 2π x + y 2
2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 317 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.4: Teorema di Kutta–Joukowski per cilindri di forma qualsiasi 317

Se occorre considerare una singolarità in una posizione diversa dall’origine, si deve


effettuare una traslazione degli assi, ovvero un cambiamento dell’origine del sistema
di riferimento. Se, ad esempio, si desidera porre una sorgente 2D di intensità λ in
un punto R0 = (x 0 , y0 ), come mostrato nella figura 7.35, il potenziale sarà

sorg λ p
y φ0 (x, y) = ln (x − x 0 )2 + (y − y0 )2
R = (x, y) 2π
e similmente il campo di velocità piano corrispondente sarà
R − R0 sorg λ x − x0 λ y − y0
u0 (x, y) = x̂ + ŷ.
2π (x − x 0 )2 + (y − y0 )2 2π (x − x 0 )2 + (y − y0 )2
x
R0 Naturalmente, se la traslazione del dipolo è soltanto lungo l’asse x, ovvero se
R0 = (x 0 , 0) e la direzione del dipolo è sempre parallela all’asse x, allora la
Figura 7.35 Sorgente 2D posta in soluzione elementare è ancora simmetrica rispetto all’asse x. Diversamente, se
un punto R0 diverso dall’origine y0 6= 0, allora la soluzione del dipolo traslato non rispetta questa simmetria.

7.4 Teorema di Kutta–Joukowski per cilindri di forma qualsiasi


Nel paragrafo 4.5 è stata ricavata la relazione fra la portanza agente su un cilindro di
sezione circolare immerso in una corrente incomprimibile inviscida piana uniforme
e il valore della circolazione della componente della corrente che ruota attorno al
cilindro. Tale relazione è nota con il nome di teorema della portanza di Kutta–
Joukowski per un cilindro circolare ma essa è valida per ogni cilindro, qualunque
sia la forma della sua sezione. In questo paragrafo si dimostra la versione generale
del teorema di Kutta–Joukowski procedendo in modo analogo al calcolo della
forza agente su un corpo limitato di forma arbitraria immerso in una corrente
tridimensionale, effettuato nel paragrafo 7.2.
Consideriamo un corpo cilindrico con sezione di forma qualsiasi immerso
in una corrente esterna, uniforme a grande distanza dal corpo e diretta perpen-
dicolarmente all’asse del cilindro. Supponiamo poi che la corrente incomprim-
ibile irrotazionale e stazionaria attorno al corpo sia piana e introduciamo un
sistema di coordinate cilindriche con l’asse z parallelo a quello del cilindro in
modo che il campo di velocità sia esprimibile in coordinate cilindriche come
u(R, θ) = u R (R, θ) R̂ + u θ (R, θ) ˆ .
Nel paragrafo 4.5 il metodo di separazione delle variabili ha permesso di
ricavare l’espressione generale della componente radiale u R (R, θ) di qualunque
campo incomprimibile e irrotazionale che sia limitato all’infinito. Si tratta di
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318 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

una serie di termini che include tutte le potenze inverse maggiori di 2 della dis-
tanza R dall’asse, ciascuna moltiplicata per un’opportuna funzioni trigonometrica
dell’angolo polare θ. A partire da questa espressione, la condizione di incomprim-
ibilità (o l’equazione che stabilisce l’irrotazionalità) permette di ricavare la serie
corrispondente della componente angolare della velocità, u θ (R, θ). In sintesi, ogni
campo di moto piano incomprimibile, irrotazionale e limitato al’infinito pu ò essere
espresso nel modo seguente:
 X ∞  
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u(R) = + + a1 cos θ + b1 sin θ + ck k+1 + dk k+1 R̂
R R k=1
R R
 X∞   
sin(kθ) cos(kθ) Γ ˆ.
+ −a1 sin θ + b1 cos θ + ck k+1 − dk k+1 +
k=1
R R 2π R
Il valore delle costanti B, C, a1 , b1 , ck e dk , per k = 1, 2, . . . , dipende dalle con-
dizioni al contorno per la velocità, mentre Γ è la circolazione lungo una qualunque
linea chiusa che gira intorno al corpo cilindrico (una sola volta). Nel ricavo di
questa espansione sono stati eliminati i termini che divergono per R → ∞.
Imponendo la condizione di corrente uniforme all’infinito con velocità U =
U x̂, avremo a1 = U e b1 = 0 per cui il campo di velocità assume la forma
 X∞ 
C B ln R k  
u(R) = + + U cos θ − c k cos(kθ) + d k sin(kθ) R̂
R R k=1
R k+1
 X∞ 
k   Γ ˆ.
+ −U sin θ + k+1 k
c sin(kθ) − dk cos(kθ) +
k=1
R 2π R
D’altra parte, la quantità netta di fluido che attraversa una superficie cilindrica di
raggio molto grande deve essere nulla, altrimenti si verificherebbe una generazione
di massa del fluido dal nulla all’interno della superficie cilindrica considerata. Di
conseguenza B = 0 e C = 0, per cui la soluzione si semplifica in
 X
∞ 
k  
u(R) = U cos θ − c
k+1 k
cos(kθ) + d k sin(kθ) R̂
k=1
R
 X
∞ 
k   Γ ˆ.
+ −U sin θ + ck sin(kθ) − dk cos(kθ) +
k=1
R k+1 2π R

I valori delle costanti ck e dk , k = 1, 2, . . . , dipendono dalle condizioni al contorno


per la velocità specificate sulla superficie del cilindro, la cui sezione può essere di
forma qualsiasi.
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PARAGRAFO 7.4: Teorema di Kutta–Joukowski per cilindri di forma qualsiasi 319

Esempio 1 Caso del cilindro di sezione circolare


Questo è il metodo seguito nel paragrafo 4.5 per determinare la corrente attorno a
un cilindro circolare. Imponendo poi la condizione al contorno di non penetrazione
sulla superficie del cilindro, era stata poi ricavata la soluzione del campo di velocità
     
a2 a2 Γ ˆ,
u(R) = U 1 − 2 cos θ R̂ + −U 1 + 2 sin θ +
R R 2π R

dove Γ rappresenta il valore della circolazione attorno al cilindro.

In conclusione, il campo di velocità a grande distanza da un cilindro solido di


sezione arbitraria ha il seguente andamento:

Γ ˆ  1 
u(R) = U + +O 2 per |R| → ∞.
2π R R

Determiniamo ora la forza fc , per unità di lunghezza in apertura, esercitata dalla


corrente sul cilindro fermo. Il fluido è supposto essere non viscoso, per cui la forza
è data solo dall’azione della pressione sulla superficie del cilindro, ovvero:
I
fc = P n̂ ds,
∂c

essendo la normale n̂ a ∂c diretta verso l’interno del cilindro. Per il principio di


azione e reazione, il cilindro esercita sul fluido una forza opposta f = −f c . Per cal-
colare fc mediante la relazione scritta è necessario determinare il campo di pressione
P = P(R) da cui poi ricavare i valori P(Rc ), con Rc ∈ ∂c. La determinazione del
campo di moto e della pressione è tuttavia complicata e dipende dalla forma della
sezione del clindro considerato. Esiste invece un percorso alternativo pi ù semplice
per calcolare fc che non dipende dalla forma della sezione del cilindro e che non
richiede di conoscere il campo della pressione.
Consideriamo una superficie cilindrica esterna al corpo cilindrico, che contiene
la parte del fluido compresa fra le due superfici. Indichiamo poi con Sest questa
superficie esterna, e con sest la curva (chiusa) che risulta dall’intersezione di Sest con
un piano perpendicolare all’asse del cilindro. Introduciamo infine una coordinata
curvilinea s di tale curva che rappresenta la lunghezza d’arco a partire da un punto
fisso qualsiasi della curva.
Essendo la corrente stazionaria, possiamo scrivere l’equazione esprimente il
bilancio della quantità di moto del fluido contenuto in Sest : la somma di tutte le forze
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320 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

agenti sul fluido più la quantità di moto del fluido che entra nella regione considerata
Le equazioni di bilancio della deve essere nulla. Dobbiamo allora includere: la forza −fc che il cilindro esercita
quantità di moto in forma sul fluido attraverso la superficie ∂c, più la forza che il fluido all’esterno di Sest
integrale e differenziale sono esercita sul fluido interno e infine il flusso della quantità di moto che entra nella
state ricavate nel paragrafo 2.3 regione considerata attraverso Sest , mentre attraverso la superficie del cilindro il
nel caso generale di correnti flusso è nullo. In formula abbiamo quindi
dipendenti dal tempo.
I
−fc + [−P n̂ − ρu (u n̂)] ds = 0.
sest

Risolvendo la relazione rispetto alla forza fc ricercata otteniamo


I
fc = − [P n̂ + ρu (u n̂)] ds,
sest

e scrivendo in modo separato i due contributi,


I I
fc = − P n̂ ds − ρ u (u n̂) ds.
sest sest

Valutiamo ora i due termini della forza. Per il teorema di Bernoulli relativo alle
correnti irrotazionali la pressione in ogni punto del fluido è data dalla relazione

P(R) + 12 ρ|u(R)|2 = K ,

dove K è una costante. Risolvendo rispetto alla pressione si ottiene:

P(R) = − 21 ρ|u(R)|2 + K
   
= − 21 ρ u(R) + U u(R) − U + U 2 + K
   
= P0 − 12 ρ u(R) + U u(R) − U ,

dove P0 = K − 12 U 2 rappresenta la pressione (uniforme) a grande distanza dal


corpo cilindrico. Se ora supponiamo di prendere Sest molto grande in modo che per
ogni suo punto |Rs | → ∞, allora vale l’approssimazione
  1   Γ  1 
ρ Γ ˆ ˆ
P(R) → P0 − 2U + +O 2 +O 2
2 2π R R 2π R R
ρΓ U ˆ  1 
→ P0 − +O 2 .
2π R R
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PARAGRAFO 7.4: Teorema di Kutta–Joukowski per cilindri di forma qualsiasi 321

Analizziamo ora il contributo alla forza dovuto alla presenza del termine non lineare
u (u n̂). Questo è il punto più delicato della dimostrazione per il problema della
corrente piana rispetto al problema tridimensionale. Infatti, passando dal caso 3D  a
quello 2D, il primo termine che tende a zero a grande distanza cambia da O r13 in

O R1 , e quest’ultimo è associato alla componente rotante attorno al corpo clindrico.

Nel caso 3D il termine O r13 era poi moltiplicato per l’area della superficie della

sfera, 4πr 2 , e quindi tendeva a zero, mentre nel caso 2D il termine O R1 deve essere
moltiplicato per la lunghezza della circonferenza, 2π R, per cui dà un contributo
finito alla forza. Un calcolo diretto permette di ricavare
  1    1 
Γ ˆ Γ ˆ
u (u n̂) → U + +O 2 U+ +O 2 n̂
2π R R 2π R R
Γ ˆ Γ  1 
→ U (U n̂) + (U n̂) + U ( ˆ n̂) + O 2
2π R 2π R R
Γ ˆ   1 
→ U (U n̂) + (U n̂) + U ( ˆ n̂) + O 2 .
2π R R
Sostituiamo le due relazioni trovate nell’espressione della forza sul Hcilindro. Os-
servando che l’integrale contenente P0 è nullo in virtù dell’identità sest n̂ ds = 0,
valida per ogni linea chiusa, avremo
I  1 
ρΓ ds
fc → (U ˆ ) n̂ +O 2
2π sest R R
I   1 
Γ ˆ ˆ

−ρ U (U n̂) + (U n̂) + U ( n̂) + O 2 ds.
sest 2π R R
Sulla superficie Sest il versore normale n̂ coincide con R̂, per cui ˆ n̂ = ˆ R̂ = 0
e il terzo termine del secondo integrale è nullo. Raccogliendo in un unico integrale
i due termini rimanenti legati alla componente rotante, abbiamo allora:
I I  1 
ρΓ   ds
fc → −ρ U (U n̂) ds + (U ˆ ) n̂ − (U n̂) ˆ +O 2 ,
sest 2π sest R R
ovverosia, in virtù della nota identità vettoriale a (b c) = (a c)b − (a b)c,
I I  1 
ρΓ ds
fc → −ρ U (U n̂) ds + U (n̂ ˆ ) +O 2 .
sest 2π sest R R
Infine, il vettore U non dipende dalla posizione per cui esce dal segno di integrale
e inoltre n̂ ˆ = ẑ, per cui, osservando che ds = R dθ, si ha anche
 I  Z 2π  1 
ρΓ
fc → −ρ U U n̂ ds + U ẑ dθ + O 2
sest 2π 0 R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 322 colore nero Giugno 16, 2006

322 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

H
e quindi, utilizzando di nuovo l’identità sest n̂ ds = 0,
 1 
fc → ρΓ U ẑ + O 2 .
R
Effettuando il passaggio al limite per R → 0 il secondo termine va a zero e si ha
fc = ρΓ U ẑ.
Notiamo che, proprio come nel caso della corrente tridimensionale, la forza f c per
unità di lunghezza in apertura è sempre la stessa, qualunque sia la superficie chiusa
Sest , ovvero non è necessario che essa sia molto lontana dal corpo cilindrico. La
linea chiusa sest , che è l’intersezione della superficie Sest con un qualunque piano
perpendicolare all’asse del cilindro, deve tendere a un cerchio di raggio infinito solo
per permettere di calcolare fc senza dovere determinare l’andamento della pressione
(incognita) sulla superficie del corpo cilindrico. In altre parole, anche in questo
caso il processo di limite serve per dimostrare una formula esatta, non per calcolare
il valore asintotico di una determinata grandezza.
Se definiamo il vettore = Γ ẑ, avente come direzione l’asse del vortice
(coincidente con l’asse z) e come modulo l’intensità del vortice, la forza per unità
di lunghezza agente su un cilindro di sezione qualsiasi si scrive anche come

fc = ρ U .

Questa relazione costituisce il teorema di Kutta–Joukowski e stabilisce che la


forza esercitata su un corpo cilindrico di sezione qualsiasi da una corrente incom-
primibile irrotazionale uniforme U all’infinito è perpendicolare sia alla direzione di
U sia a quella dell’asse del cilindro. La relazione trovata dice anche che la compo-
nente della forza causata dalla corrente nella sua stessa direzione è nulla. Questa
proposizione è nota come versione bidimensionale del paradosso di d’Alembert.
Infatti, nel caso in cui la circolazione è nulla si ricade nella stessa situazione del
caso di corrente tridimensionale attorno a un corpo non clindrico in cui la forza
totale è nulla.
Se il sistema di riferimento cartesiano è stato scelto con l’asse x in direzione
della velocità U e l’asse z parallelo all’asse del corpo cilindrico, allora U =
U x̂ Γ ẑ = U Γ x̂ ẑ = −U Γ ŷ, e la relazione del teorema di Kutta–Joukowski
diventa
fc = −ρU Γ ŷ.
Pertanto, se la componente rotatoria è in senso antiorario, Γ > 0, allora la forza
verticale è diretta verso il basso e si ha una deportanza, mentre se la rotazione è in
senso orario, Γ < 0, allora la forza verticale è diretta in alto e si ha una portanza.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 323 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.5: Soluzione numerica per un profilo simmetrico 323

7.5 Soluzione numerica per un profilo simmetrico


Supponiamo di volere determinare il campo di velocità stazionario intorno a un
profilo alare simmetrico posto a incidenza nulla. Il profilo ha uno spessore variabile
andando dal bordo di attacco, che è supposto arrotondato, fino al bordo d’uscita, che
è caratterizzato invece da uno spigolo molto acuto. La linea media del profilo è dritta,
ovvero il profilo è senza curvatura, e lo spessore del profilo è simmetrico rispetto
alla corda, come, ad esempio, il profilo NACA0012 mostrato nella figura 7.36.

Figura 7.36
Profilo simmetrico NACA0012

Il profilo è immerso in una corrente incomprimibile e irrotazionale di un fluido nel


quale si suppone di potere trascurare gli effetti legati alla sua viscosità. Il campo
di moto è descritto in un sistema di riferimento solidale con il profilo: l’asse delle
ascisse è preso coincidente con l’asse di simmetria del profilo e l’origine è posta
nel suo bordo di attacco.
Poiché la corrente è irrotazionale e la regione in cui si calcola il campo è
simmetrica, possiamo ricercare una soluzione simmetrica e rappresentare il campo
di velocità simmetrico mediante il gradiente di un potenziale cinetico φ = φ(R),
dove R = x x̂ + y ŷ, ovvero avremo

u= φ,

dove indica l’operatore gradiente nel piano (x, y) della corrente bidimensionale
considerata.
Avendo srfuttato la condizione di irrotazionalità per scrivere u = φ, pos-

siamo sostituire φ nella condizione di incomprimibilità ( u = 0) ottenendo
l’equazione 2 φ = 0, che è l’equazione di Laplace per il potenziale φ. Questa
equazione deve poi essere completata da opportune condizioni al contorno per im-
porre la velocità uniforme all’infinito e la condizione di non penetrazione sul corpo.
Avremo pertanto il seguente problema armonico:
 2
φ = 0,
φ(|R| → ∞) → U,
n̂ φ|profilo = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 324 colore nero Giugno 16, 2006

324 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

dove U = U x̂ e n̂ indica il versore normale alla superficie del profilo diretto verso
 
il suo interno (la normale deve essere uscente dal dominio di calcolo). Ovviamente,
2
qui 2 rappresenta l’operatore il Laplaciano in due dimensioni, 2 = ∂∂x 2 + ∂∂y 2 .
2

Metodo di soluzione
L’equazione di Laplace è lineare per cui si può utilizzare il principio di sovrappo-
sizione degli effetti. Potremo allora rappresentare il campo di velocità all’esterno
del profilo mediante la somma di opportuni campi elementari (corrente uniforme,
sorgenti o pozzi lineari, doppiette . . .). La presenza e la forma del profilo sarà poi
tenuta in conto imponendo le condizioni al contorno sulla sua superficie, o meglio,
in alcuni punti opportunamente scelti su di essa.
Il potenziale attorno a un profilo simmetrico posto a incidenza nulla può essere
visto come la somma del potenziale della corrente uniforme indisturbata e dei
potenziali di un’opportuna distribuzione di J doppiette, poste dentro il profilo
lungo la sua corda e aventi la direzione parallela ad essa:
X J
dopp
φ(R) = φ unif (R) + κ j φ j (R).
j =1

In questa relazione il potenziale della doppietta j -esima, di intensità unitaria, posta


nel punto D j è dato dalla relazione

dopp
φj (R) = φ dopp (R − D j ),

dove φ dopp (R) è il potenziale di una doppietta posta nell’origine. In coordinate


cilindriche/polari R = (R, θ) il potenziale φ dopp (R) è espresso dalla relazione
riportata in tabella 2,

1 cos θ
φ dopp (R) = ,
2π R
p
mentre in coordinate cartesiane (x, y), con R cos θ = x e r = x 2 + y 2 , il
potenziale φ dopp (R) è dato dalla relazione riportata in tabella 4
1 x
φ dopp (R) = .
2π x 2 + y 2
Il potenziale della corrente uniforme parallela all’asse x è (vedi sempre tabella 4)

φ unif (R) = U x.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 325 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.5: Soluzione numerica per un profilo simmetrico 325

Figura 7.37
1 2 3 J −1 J
Posizione delle doppiette

Per ottenere una soluzione simmetrica rispetto all’asse x, conformemente alla sim-
metria del profilo, le doppiette devono essere poste sulla corda 0 < x < c del
profilo e possono essere distribuite in modo uniforme secondo la relazione

D j = j − 21 ∆x x̂, j = 1, 2, . . . , J
dove ∆x = c/J , come mostrato nella figura 7.37. L’espressione dettagliata del
potenziale è pertanto

X
J
φ(R) = φ unif (R) + κ j φ dopp (R − D j ).
j =1

Il campo di velocità corrispondente è allora dato dalla relazione

X
J
u(R) = φ unif (R) + κj φ dopp (R − D j ).
j =1

Le incognite del problema sono quindi le intensità delle doppiette, cioè, κ j , j =


1, 2, . . . , J .
Osserviamo che la condizione al contorno a grande distanza dal profilo è
soddisfatta indipendentemente dai valori {κ j , j = 1, 2, . . . , J }, poiché
φ unif (R) → U e φ dopp (R) → 0 per |R| → ∞.
Dobbiamo quindi imporre solamente la condizione al contorno sulla superficie del
profilo. Nel problema armonico considerato, la condizione di Neumann di non
penetrazione sul profilo è imposta in un numero di punti uguale al numero di
incognite. Pertanto imporremo J condizioni al contorno
∂φ
n̂ φ|Ci = = 0, per i = 1, . . . , J,
∂n Ci
dove Ci , i = 1, . . . , J , indica il generico punto di controllo posto sul dorso del
profilo. Scegliamo come punti di controllo i punti sul dorso del profilo che si trovano
sulla verticale di J punti della corda distribuiti con passo uniforme ∆x = c/J .
Ovvero introduciamo i seguenti punti di controllo, mostrati nella figura 7.38

Ci = (i − 1)∆x, ysp ((i − 1)∆x) , i = 1, 2, . . . , J,
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326 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

2 3
J −1 J
Figura 7.38 1
Posizione dei punti di controllo

dove la funzione ysp (x) rappresenta lo spessore del profilo considerato in funzione
della coordinata x lungo la corda. Con questa scelta il primo punto di controllo
coincide con il punto centrale del bordo di attacco. Inoltre, data la singolarità del
bordo di uscita, nessun punto di controllo è stato posto in questo punto. Notiamo
che, per la simmetria delle sorgenti usate, la stessa condizione di non penetrazione
sarà soddisfatta dalla soluzione anche nei punti simmetrici posti sul ventre.
Otteniamo dunque il seguente sistema lineare

Aκ = b

di J equazioni in J incognite, dove A ∈ J × J è la matrice dei coefficienti,


κ ∈ J è il vettore delle incognite e b ∈ J è il vettore del termine noto. Gli
elementi di A e b sono dati rispettivamente da
dopp
ai, j = n̂ φ j Ci = n̂ φ dopp (Ci − D j ),

bi = −n̂ φ unif Ci = −n̂ φ unif (Ci ).

Calcolo degli elementi del sistema lineare


Il calcolo di queste quantità richiede di conoscere la direzione normale nei punti
di controllo. In effetti, le espressioni considerate devono essere sostituite dalle
espressioni più appropriate
ai, j = n̂i φ dopp (Ci − D j ),
bi = −n̂i φ unif (Ci ),
nelle quali n̂i rappresenta la normale nel punto di controllo Ci . Per quanto riguarda
il primo punto C1 = 0, che coincide con il naso del profilo, la normale (entrante
nel profilo) è x̂, per cui la prima equazione del sistema richiede di calcolare

∂φ dopp (−D j )
a1, j = ,
∂x
b1 = −U,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 327 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.5: Soluzione numerica per un profilo simmetrico 327

per j = 1, 2, . . . , J , dove si è usata la relazione φ unif (R) = U x.


La direzione normale in tutti gli altri punti di controllo sul profilo può essere
determinata ricorrendo alla derivata dello spessore ysp (x), cioè alla funzione:
Ci θi
0 dysp (x)
ysp (x) = .
dx
n̂i Infatti possiamo osservare nella figura 7.39 che, per ogni punto di controllo C i , la
Figura 7.39 tangente al profilo forma con l’asse x un angolo θi = tan−1 (ysp
0
(x i )). Il versore n̂i
Versore normale al profilo normale al profilo è quindi dato da

n̂i = (sin θi , − cos θi ).

Gli elementi della matrice e del vettore del termine noto per i = 2, 3, . . . , J e
j = 1, 2, . . . , J sono quindi definiti da:

∂φ dopp (Ci − D j ) ∂φ dopp (Ci − D j )


ai, j = sin θi − cos θi ,
∂x ∂y
bi = −U sin θi .

Coefficiente di pressione sul profilo simmetrico


La corrente attorno al profilo considerato è stazionaria, incomprimibile (con densità
uniforme) e il fluido è non viscoso, per cui il campo di pressione P(R) è determinato
dal teorema di Bernoulli. Essendo inoltre il campo di velocità potenziale, potremo
applicare la versione del teorema per correnti irrotazionali potenziali e quindi la
pressione in ogni punto del campo di moto sarà data dalla relazione
Si veda il paragrafo 4.3.
P(R) | φ(R)|2
=− + C,
ρ 2
dove C è una costante legata al valore P∞ della pressione a grande distanza dal
profilo, dove la velocità del fluido diventa uniforme, paria a U = U x̂. In base a
questa condizione si ha
P∞ U2
C= + ,
ρ 2
per cui il campo di pressione assume la forma
P(R) − P∞ 1 
= U 2 − | φ(R)|2 .
ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 328 colore nero Giugno 16, 2006

328 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Come noto, si introduce la quantità adimensionale coefficiente di pressione

P(R) − P∞
c P (R) = 1 2
,
2 ρU

che indichiamo con una lettera minuscola per ricordare che si riferisce alla sezione di
un profilo in una corrente bidimensionale. Sostituendo l’espressione della pressione
trovata, si ottiene

| φ(R)|2
c P (R) = 1 − .
U2
Essendo interessati all’andamento della pressione sul profilo, calcoleremo quindi
questa funzione nei punti di controllo Ci che si trovano proprio sulla sua superficie

| φ(Ci )|2
c P (Ci ) = 1 − ,
U2

dove naturalmente Ci = (x i , ysp (x i )) = ((i − 1)∆x, ysp((i − 1)∆x)), per i =


1, 2, . . . , J . Si noti che il primo punto di controllo è il bordo di attacco C1 = 0 per
2
cui si ha c P (C1 ) = 1 − |u(0)| U2
= 1, poiché questo punto coincide con il punto di
ristagno e ivi u = 0 per definizione.
Il valore c P = 1 rappresenta il valore massimo che può essere raggiunto dal
coefficiente di pressione poiché |u|2 > 0. Nell’ipotesi di corrente incomprimibile
adottata, il c P non ha invece un valore minimo. Infatti, dato che la pressione ha
perso il proprio significato termodinamico, sono ammissibili soluzioni con P < 0
e quindi la velocità può crescere in modo illimitato (come accade, ad esempio,
in corrispondenza di spigoli convessi). In questo caso c P diventa negativo e può
decrescere anch’esso indefinitamente. Si noti però che soluzioni in cui la velocità sia
tale da rendere il valore del numero di Mach locale piuttosto alto (diciamo > 0.3)
non saranno fisicamente plausibili perché il modello di corrente incomprimibile
cade in difetto.

7.6 Strato sottile di vortici rettilinei


La corrente simmetrica attorno a un profilo simmetrico a incidenza zero è carat-
terizzato da una portanza nulla, oltre che da una resistenza nulla. Affinché esista
portanza non nulla è pertanto necessario avere una corrente non simmetrica e questa
può essere ottenuta in due modi differenti: o ponendo il profilo, anche simmetrico,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 329 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.6: Strato sottile di vortici rettilinei 329

a incidenza diversa da zero o considerando un profilo non simmetrico. Quindi lo


studio della portanza dei profili alari richiede di determinare la corrente attorno a
profili in generale non simmetrici posti con un angolo d’incidenza variabile. Sotto
opportune condizioni, il calcolo di correnti di questo tipo può essere affrontato se-
parando gli effetti dovuto alla forma spessa del profilo da quelli dovuti al carattere
non simmetrico del profilo e all’incidenza rispetto alla corrente esterna.
Questo paragrafo e i prossimi sono dedicati allo studio della corrente attorno
ai cosiddetti profili sottili che sono dei profili di spessore praticamente nullo in
ogni punto. L’interesse allo studio della corrente attorno a profili di questo tipo è
dovuta al fatto che un grande numero di profili alari può essere costruito partendo
da una linea media di solito curva e sommando a essa uno spessore simmetrico,
come spiegato nell’appendice G. Come esempio di linea media nella figura 7.40 è
riportata la linea media dei profili NACA53SS.

linea media
Figura 7.40
Linea media NACA53SS corda

Supponiamo allora di avere un profilo di spessore nullo, definito da una funzione


ylm (x), per 0 ≤ x ≤ c, che chiameremo linea media in vista del suo utilizzo finale
per costruire un profilo con spessore di forma generale. Immaginiamo di introdurre
un numero infinito di vortici rettilinei paralleli fra loro, di intensità infinitesima,
lungo la linea media, che è parametrizzata mediante l’ascissa curvilinea s, con
dΓ = γ (s) ds s0 ≤ s ≤ sc , della linea media. Questi filamenti vorticosi sono posti di fianco,
come mostrato nella figura 7.41. La circolazione attorno al filamento di larghezza
Figura 7.41 ds è dΓ = γ (s) ds, dove γ (s) è la circolazione per unità di lunghezza lungo il
Strato sottile di vortici rettilinei profilo. I filamenti rappresentano quindi uno strato sottile di vortici rettilinei, che
vogliamo utilizzare come sorgenti per rappresentare l’effetto sulla corrente della
forma (eventualmente piatta) del profilo sottile e della sua inclinazione rispetto
alla corrente esterna. La circolazione totale Γ attorno all’intero profilo è data
naturalmente dalla somma delle circolazioni di tutti i vortici elementari dello strato
sottile, ossia:
Z sc
Γ = γ (s) ds.
s0

Il vortice infinitesimo di circolazione γ (s) ds è caratterizzato da un campo di


velocità di rotazione attorno al punto (x s , ys ) sulla linea media, In base a quanto
indicato nella tabella 2, il contributo di tale vortice al campo di velocità nel punto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 330 colore nero Giugno 16, 2006

330 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

(x, y) è dato dalla relazione3

1 γ (s) ds
⊥ )(x, y) =
_
(du ,

y dove è la distanza fra i due punti, come illustrato nella figura 7.42, ossia,
(x, y)
p
= (x, y; s) = (x − x s )2 + (y − ys )2 .


_
Il contributo du ⊥ alla velocità è diretto perpendicolarmente alla direzione di e
ds quindi la sua direzione cambia quando si integra lungo la linea media da s 0 a sc .
Θ c
Di conseguenza i vari contributi devono essere sommati vettorialmente. A causa
x di questo è più conveniente effettuare tutto il calcolo ricorrendo al “potenziale”
00 00
Figura 7.42 φ del campo di velocità. Riferendosi sempre alla figura 7.42, il contributo dφ al
Sezione dello strato sottile di vortici “potenziale” nel punto (x, y) in base alla tabella 2 è dato da
00 00 00
dΓ γ (s) ds Θ
(dφ)(x, y) = Θ = Θ = γ (s) ds ,
2π 00 2π 00 2π 00

dove l’angolo Θ dipende dalla posizione dei due punti (x, y) e (x s , ys ):


 
y − ys
Θ = Θ(x, y; s) = tan−1 .
x − xs

Il “potenziale” della velocità generata dall’intero strato sottile di vortici è allora


dato dalla relazione
Z sc
00 00 1
φ (x, y) = Θ(x, y; s) γ (s) ds.
2π s0

Supponendo che la funzione circolazione (per unità di lunghezza) γ (s) sia stata
00 00
determinata, il campo vettoriale φ fornirà il (contributo al) campo di velocità
indotto dalla distribuzione dei vortici rettilinei lungo il profilo sottile. La velocità
00 00
φ non è però definita nei punti del profilo dato che esso è uno strato sottile di
00 00
u =
singolarità di tipo vorticoso. Attraversando il profilo la velocità indotta _ φ
subisce infatti un salto che può essere determinato nel modo seguente.

3
L’archetto posto sopra la velocità indotta allude alla forma incurvata del profilo e si spera
non sia confuso con il cappuccio usato per indicare un versore.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 331 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.7: La condizione di Kutta 331

Cosideriamo uno strato sottile di vortici rettilinei, come mostrato nella figura 7.43.
d`0 Supponiamo di prendere un percorso chiuso di forma rettangolare, molto allungato,
_d
u
di lati ds e d` a cavallo dello strato, per cui |d`|  |ds|. Indichiamo con u _d _v
eu
la velocità indotta del fluido in due punti che si trovano dalla parte del dorso e del
ds
ventre del profilo, e molto vicini ad esso. La circolazione lungo il perimetro del
_v
u rettangolo è data solo dal vortice elementare che interseca il rettangolo, per cui
Figura 7.43 Salto della componente I

tangenziale della velocità indotta da dΓ = γ (s) ds = _ u (s 0 ) (s 0 ) ds 0
uno strato sottile di vortici rettilinei,  v 0 _d  d 0 _d  d 0 _s  s
attraverso lo strato = _v
u ds + u d` + u ds + u d`0 ,
dove l’indice superiore v indica il ventre, il primo indice d significa destra, il secondo
indice d sta per dorso e l’indice s sta per sinistra. Data la forma molto schiacciata
del rettangolo, abbiamo
 v 0 _d  d 0     0  v _ d
γ (s) ds = _v
u ds + u ds = _v u − _d
u ds = _ u τ − u τ ds,
essendo d = − v = − , dove il pedice τ denota la componente tangente al
profilo. Da ciò segue immediatamente

γ (s) = _
u τv (s) − _
u τd (s),

ovvero, attraverso il profilo sottile con strato vorticoso la componente tangenziale


della velocità indotta in ogni punto s ha un salto uguale al valore della distribuzione
di circolazione γ (s) in quel punto.

7.7 La condizione di Kutta


Il teorema della portanza di Kutta–Joukowski dimostrato nel paragrafo 7.4 sta-
bilisce che qualunque corpo cilindrico immerso in una corrente piana perpendico-
lare all’asse del cilindro e con velocità uniforme U a grande distanza da esso è
sottoposto a una forza per unità di lunghezza in apertura data da
fc = ρ U ,
dove = Γ ẑ è la circolazione della corrente intorno al cilindro. D’altra parte,
come abbiamo detto a proposito delle correnti in ogni dominio molteplicemente
connesso esterno a un cilindro, il campo di velocità incomprimibile irrotazionale
piano è definito a meno di una corrente circolatoria con valore della circolazione
arbitraria. Da questo sembrerebbe che la portanza su un profilo alare di estensione
infinita, una volta fissati i valori di ρ e U , sia in ogni caso arbitraria, dato che il
valore Γ della circolazione può essere scelto liberamente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 332 colore nero Giugno 16, 2006

332 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

In realtà, si constata invece che a ogni angolo d’incidenza del profilo corrisponde
un valore determinato di Γ . La ragione di questo va ricercata nel fatto che
l’approssimazione di fluido non viscoso è un modello che trascura un aspetto fisico
fondamentale del fenomeno fluidodinamico. Per renderci conto di ci ò, consideri-
amo un profilo in una corrente esterna uniforme, posto a incidenza, e tracciamo
le linee di una corrente incomprimibile irrotazionale stazionaria con circolazione
nulla attorno al profilo. I punti di ristagno sulla superficie del profilo si dispon-
gono uno sul ventre (nella zona anteriore) del profilo e uno sul dorso (nella zona
Figura 7.44 Correnti irrotazionali posteriore), come mostrato nel disegno in alto della figura 7.44. Se esaminiamo
attorno a un profilo. Sopra: senza le traiettorie delle particelle di fluido che passano vicino alla parete sul dorso del
circolazione. Sotto: con circolazione profilo, osserviamo che esse sono regolari. Al contrario, le traiettorie che stanno
che soddisfa la condizione di Kutta. sotto il profilo e sono vicine alla sua superficie hanno un andamento pi ù irregolare.
Infatti, tanto più la traiettoria è vicina alla parete, tanto più deve seguire
l’andamento della forma del profilo, anche nella zona del bordo di uscita che ha uno
spigolo appuntito, con un angolo piccolo. Seguendo tale spigolo, le traiettorie pi ù
vicine al profilo devono girare intorno al bordo d’uscita e tornare indietro rispetto
alla direzione della corrente esterna, andando verso il punto di ristagno sul dorso
del profilo. Data la forma acuminata del bordo d’uscita, queste traiettorie devono
addensarsi nella zona di inversione. In effetti si può dimostrare che la corrente
senza circolazione attorno a uno spigolo convesso come quello di un bordo d’uscita
presenta una singolarità nel punto angoloso in cui la velocità tende all’infinito.
Consideriamo allora l’andamento della velocità sul ventre del profilo. A partire dal
primo punto di ristagno (inferiore), in cui è nulla, la velocità dovrà aumentare fino
all’infinito in corrispondenza del punto angoloso per poi diminuire di nuovo fino a
zero nel secondo punto di ristagno (superiore).
Ci sono molti motivi per cui ciò non è fisicamente accettabile. Restando
nell’ambito del modello di corrente incomprimibile, nel quale la termodinamica è
stata esclusa completamente a causa del vincolo di divergenza nulla della velocità,
osserviamo che le grandi variazioni della velocità su distanze molto piccole vicino
allo spigolo e la brusca decelerazione nella zona superiore del bordo d’uscita non
permettono più di considerare trascurabili gli effetti causati dalla viscosità del fluido.
Nella corrente reale si scopre infatti che la corrente stazionaria assume l’andamento
mostrato nel disegno in basso della figura 7.44. Il punto di ristagno sul dorso si
sposta fino a coincidere con il punto angoloso dello spigolo. La corrente risultante
da questo aggiustamento causato dagli effetti viscosi ha una componente circolatoria
in senso orario e quindi avrà un valore Γ < 0 ben preciso.
Questo passaggio dalla corrente senza circolazione a quella con circolazione
caratterizzato dalla posizione del punto di ristagno posteriore sullo spigolo del
bordo d’uscita è illustrato forse meglio se si esamina il problema di una lamina
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 333 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.7: La condizione di Kutta 333

piana posta a incidenza, vedi figura 7.45. Si noti che nella corrente con circolazione
rappresentata nel disegno in basso la linea di corrente è regolare nella zona del
bordo d’uscita ed è parallela alla lamina. La presenza della circolazione lascia
comunque una singolarità nel campo di velocità nel bordo di attacco. Da ciò deriva
l’esigenza che il bordo d’attacco dei profili alari (per le correnti incomprimibili) sia
arrotondato affinché la velocità possa essere regolare in tutto il campo di moto.
La figura 7.46 mostra il campo di velocità della soluzione esatta attorno a una
Figura 7.45 Correnti irrotazionali lamina piana, larga c = 2, posta in una corrente incomprimibile inviscida, uniforme
attorno a una lamina piana posta a a grande distanza e diretta con un angolo d’incidenza α = 39 ◦ rispetto alla lamina.
incidenza. Sopra: senza circolazione. La circolazione attorno ad essa è nulla e si riconoscono due punti di ristagno, sulle
Sotto: con circolazione per soddisfare due faccie della llamina. In prossimità dei sui estremi il fluido accelera e in effetti
la condizione di Kutta. si raggiungono velocità molto grandi nei punti molto vicini agli estremi.

Figura 7.46 Corrente inviscida


incomprimibile intorno a una lamina −1
piana, di larghezza c = 2, con incidenza
−2 −1 0 1 2
α = 39◦ , in assenza di circolazione
Il processo che si sviluppa nella zona del bordo d’uscita in una corrente reale è molto
complicato e coinvolge, come accennato, la viscosità del fluido. Dal punto di vista
dello studio di correnti puramente stazionarie, esiste una condizione supplementare,
nota come condizione di Kutta o di Joukowski–Tchaplyguine, nella letterarura
russa, per la quale la velocità nello spigolo del bordo d’uscita deve essere finita.
Nella successiva figura 7.47 è mostrato il campo di moto della soluzione esatta
con le stesse condizioni di corrente uniforme di prima, ma in presenza della com-
ponente rotatoria della velocità avente circolazione
ΓK = −πU c sin α,
che corrisponde al soddisfacimento della condizione di Kutta
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 334 colore nero Giugno 16, 2006

334 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Figura 7.47 Corrente inviscida


incomprimibile intorno a una lamina
piana, di larghezza c = 2, con
incidenza α = 39◦ , con circolazione −1
che soddisfa la condizione di Kutta:
−2 −1 0 1 2
ΓK = −πU c sin α

La condizione di Kutta fissa la circolazione Γ a un valore determinato, che si


a
indica di solito con ΓK , che la corrente raggiunge in virtù del fenomeno dell’attrito
viscoso. Nella sua applicazione ai casi concreti la condizione di Kutta assume
b una forma diversa a seconda delle caratteristiche geometriche del bordo d’uscita
del profilo. Esistono infatti tre tipi sostanzialmente diversi di spigoli del bordo
c d’uscita, che sono rappresentati nella figura 7.48. L’angolo dello spigolo pu ò essere
finito (ovviamente piccolo); opppure l’angolo potra essere nullo, nel qual caso si
Figura 7.48 Tipi diversi di bordi dice che il bordo d’uscita è una cuspide; infine si potrà avere un profilo sottile, nel
d’uscita: a: con angolo finito, qual caso si potrà introdurre uno strato sottile di vortici lungo il profilo stesso per
b: cuspide, c: profilo sottile rappresentare la corrente inconprimibile irrotazionale.
Nel primo caso, la condizione di Kutta è particolarmente semplice dato che
il vettore velocità deve avere componente normale nulla su entrambi i lati della
punto spigoloso, che hanno direzioni normali linearmente indipendenti, per cui la
velocità deve essere necessariamente nulla nel punto del bordo d’uscita, ovvero la
condizione di Kutta diventa

u(b.u.) = 0, bordo d0 uscita con angolo finito.

In altre parole, il punto spigoloso di un bordo d’uscita con angolo finito deve essere
un punto di ristagno.
Nel caso di un bordo d‘uscita a forma di cuspide, le due normali sul dorso
e sul ventre sono antiparallele e quindi le componenti tangenti della velocità sul
ventre e sul dorso possono essere non nulle. In base alla condizione di Kutta,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 335 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.8: Equazione integrale di Prandtl per i profili sottili 335

queste velocità devono solo essere finite ma potrebbero avere anche valori diversi.
D’altra parte, un’eventuale discontinuità della velocità nel bordo d’uscita e lungo la
linea di corrente che esce da esso comporterebbe, per il teorema di Bernoulli, che
la pressione assuma due valori differenti nei punti di discontinuità della velocità.
Questo è evidentemente impossibilie, per cui, nel caso di bordo d’uscita a forma di
cuspide la velocità tangente deve essere finita e deve assumere lo stesso valore sul
dorso e sul ventre del profilo, ovverosia:
u dτ (b.u.) = u vτ (b.u.) bordo d0 uscita a forma di cuspide,
dove il pedice τ denota la componente tangente alla superficie del profilo. Pertanto,
la linea di corrente che parte da un bordo d’uscita a forma di cuspide ha la stessa
direzione della tangente al profilo ma l’estremo del bordo d’uscita pu ò anche non
essere un punto di ristagno.
L’ultimo caso riguarda un profilo sottile per il quale può essere introdotta una
distribuzione di circolazione γ (s) per unità di lunghezza lungo il profilo, come visto
nel paragrafo precedente. Dato che la funzione γ (s) rappresenta il salto attraverso
il profilo della componente tangente della velocità, la condizione di Kutta relativa
al bordo d’uscita a forma di cuspide diventa
γ (b.u.) = 0, profilo sottile.
Possiamo pertanto riassumere i tre casi possibili della condizione di Kutta nel modo
seguente:


 u(b.u.) = 0, angolo finito

condizione di Kutta = u dτ (b.u.) = u vτ (b.u.), cuspide



γ (b.u.) = 0, profilo sottile

7.8 Equazione integrale di Prandtl per i profili sottili


Supponiamo di avere un profilo sottile curvo,definito da una linea media y = y lm (x),
per 0 ≤ x ≤ c, immerso in una corrente che è uniforme a grande distanza dal
profilo e cha ha un angolo d’incidenza α rispetto all’asse x orizzontale, per cui
scriviamo U = U ˆ , come mostrato in figura 7.49. Il nostro obbiettivo è quello
di determinare la distribuzione di circolazione γ (s) lungo il profilo in modo che la
linea media sia una linea di corrente e che sia soddisfatta la condizione di Kutta
per un profilo sottile γ (b.u) = γ (sc ) = 0. Una volta che sia stata determinata
la funzione γ (s) che soddisfa queste condizioni, si può calcolare mediante la sua
integrazione la circolazione totale Γ intorno al profilo e quindi, grazie al teorema
di Kutta–Joukowski, anche la portanza per unità di lunghezza in apertura.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 336 colore nero Giugno 16, 2006

336 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

n̂(s)
ylm (x)

β(x)
x x
Figura 7.49 Componente della β(x) − α
U sin(β − α)
velocità esterna U normale alla linea
α U
media nel punto (x, ylm (x))

La velocità u del fluido in ogni punto del campo di moto sarà espressa come

u(r) = U + _
u (r)

dove _
u (r) rappresenta il contributo alla velocità indotto dalla distribuzione di vortici
lungo il profilo sottile. La condizione che la linea media sia una linea di corrente si
scrive imponendo l’annullamento della componente di u normale al profilo, ovvero:
 
n̂(s) u| ylm = n̂(s) U+_
u | ylm = 0, s0 ≤ s ≤ sc ,

dove n̂(s) indica il versore normale alla linea media nel punto s. La variabile s
rappresenta, come si è detto, la coordinata curvilinea lunghezza d’arco della linea
media. Scrivendo U = U ˆ , dove ˆ denota il versore della direzione della velocità
U avente angolo d’incidenza α, l’equazione precedente equivale a

U n̂(s) ˆ + n̂(s) _
u | ylm = 0, s0 ≤ s ≤ sc .

Esprimiamo i due termini contenuti nell’equazione. Il primo rappresenta la com-


ponente di U nella direzione normale alla linea media nel punto (x, y lm (x)), come
mostrato nella figura 7.49. Se indichiamo con β = β(x) l’angolo compreso fra
l’asse x e la retta tangente alla linea media, avremo

Un = n̂ U = U n̂ ˆ = U coshn̂, ˆ i

= U cos π2 + β − α = −U sin(β − α).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 337 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.8: Equazione integrale di Prandtl per i profili sottili 337

Teniamo ora conto esplicitamente che l’angolo β dipende dall’ascissa x e che la sua
tangente è la derivata di ylm (x). La componente Un (x) della velocità U normale
alla linea media nel punto (x, ylm (x)) è allora data da

Un (x) = −U sin[β(x) − α]
   
−1 dylm (x)
= −U sin tan −α .
dx

Per quanto riguarda il secondo termine dell’equazione considerata abbiamo:

u | ylm = n̂(s) _
n̂(s) _ u (x, ylm (x)),

dove naturalmente si deve intendere s = s(x), per 0 ≤ x ≤ c, con s(0) = s 0 e


s(c) = sc . Utilizzando le espressioni dei due termini appena trovate, l’equazione
originale assume la forma

   
dylm (x)
−U sin tan−1 − α + n̂(s) _
u (x, ylm (x)) = 0, 0 ≤ x ≤ c.
dx

Dobbiamo ora esprimere la velocità indotta _ u in tutti i punti del profilo in termini
della incognita γ (s). È qui che interviene l’ipotesi di approssimare la linea media
con la corda del profilo. Sotto questa condizione, la componente normale della ve-
u n (s) ≡ n̂(s) _lm
locità indotta, _lm u (s), può essere approssimata con la componente
verticale v (s) ≡ ŷ _lm
_lm
u (s) e inoltre questa funzione può essere calcolata lungo
y la corda invece che lungo il profilo, ottenendo _ v (x, 0) ≡ ŷ _ u (x, 0). Notiamo che
la riduzione a calcolare le funzioni sulla corda invece che sul profilo è possibile
in quanto stiamo considerando la componente normale che è continua attraverso il
γ (ξ ) dξ profilo sottile.
_
dv (x) A questo punto possiamo valutare facilmente la funzione _ v (x) = _ v (x, 0)
considerando il suo contributo elementare dovuto a un vortice posto lungo la corda
dξ nel punto x = ξ e d’intensità infinitesima γ (ξ ) dξ , come mostrato in figura 7.50,
ξ x
Figura 7.50 Contributo alla 1 γ (ξ ) dξ
componente verticale _ v (x) della
_
dv (x) = .
2π x − ξ
velocità indotta dal vortice elementare
di intensità γ (ξ ) dξ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 338 colore nero Giugno 16, 2006

338 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Integrando su tutta la lunghezza della corda si ottiene


Z c Z c
1 γ (ξ ) dξ
v (x) =
_ _
dv (x) = .
0 2π 0 x − ξ

Utilizzando questa espressione nell’equazione ricercata si ottiene


Z c   
1 γ (ξ ) dξ −1 dylm (x)
= −U sin α − tan , 0 ≤ x ≤ c.
2π 0 x − ξ dx
Avendo supposto che la linea media possa essere confusa con la corda, la derivata
dylm /dx è molto minore di 1, per cui la funzione tan−1 è approssimabile con il
suo argomento. Inoltre, se consideriamo anche un angolo d’incidenza α piccolo,
la funzione seno potrà essere approssimata dal suo argomento. Quindi, la forma
finale del problema della teoria dei profili sottili a bassa incidenza è
Z c  
1 γ (ξ ) dξ dylm (x)
= −U α − ,
2π 0 x −ξ dx
γ (c) = 0,

dove è stata aggiunta la condizione di Kutta che rende il problema completo, ossia
con un’unica soluzione (vedi più avanti).
L’equazione trovata si chiama equazione dei profili sottili di Prandtl. Essa è
un’equazione integrale per la funzione incognita γα (x), 0 ≤ x ≤ c. L’equazione
rappresenta una relazione che deve essere soddisfatta per ogni valore di x che
varia nell’intervallo [0, c]: per questa ragione essa determina i valori della variabile
incognita γα per tutti i valori di x in quell’intervallo. Notiamo che si tratta comunque
di un’equazione lineare. Nell’ambito della teoria delle equazioni di tipo integrale
l’equazione di Prandtl costituisce un’equazione di Fredholm di prima specie.
La soluzione del problema di Prandtl dipende dall’angolo d’incidenza α e
dalla forma della linea media del profilo che è descritta dalla funzione ylm (x),
0 ≤ x ≤ c. L’angolo d’incidenza e il termine con la derivata della linea media
sono scritti nel membro di destra poiché assieme costituiscono il termine noto
dell’equazione. La variabile x che compare nell’equazione integrale è la coordinata
lungo l’asse x e ha quindi la dimensione di una lunghezza, come la corda c. Tuttavia,
la presenza di rapporti fra lunghezze nella frazione dell’integrale e nella derivata
della funzione della linea media permette anche di interpretare x come variabile
adimensionale rispetto alla lunghezza c della corda, con intervallo d’integrazione
[0, 1], a condizioneRdi prendere anche la funzione ylm (x) in forma adimensionale,
sempre rispetto a c .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 339 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.9: Soluzione generale della equazione integrale di Prandtl 339

È importante notare che la funzione integranda non è integrabile essendo singolare


nel punto ξ = x in cui il denominatore si annulla. Inoltre, anche considerando
separatamente i due integrali da ξ = 0 a ξ = x e da ξ = x a ξ = c, essi non
sono nemmeno integrali impropri (di secondo tipo), perché sono entrambi illimitati.
Tuttavia, la singolarità non impedisce il calcolo dell’integrale complessivo dato
che, parlando grossolanamente, i due contributi divergenti sono di segno opposto
e la loro “somma” risulta essere finita. Si dice allora che l’equazione integrale
è singolare e il suo nucleo (la parte nota dell’integrando) è detto debolmente
singolare. L’argomento matematico dell’integrabilità può essere reso rigoroso in-
troducendo un’opportuna operazione di limite che porta a sostituire il concetto di
integrazione nel senso di Riemann con ilRconcetto di integrazione nel senso di
Cauchy, che è contraddistinto dal simbolo − .

7.9 Soluzione generale della equazione integrale di Prandtl


Le conoscenze matematiche necessarie per la risoluzione delle equazioni integrali
vanno al di là di quelle richieste in uno studio introduttivo alla dinamica dei fluidi.
Senza addentrarci troppo nella teoria delle equazioni integrali singolari di Fredholm
di prima specie, vediamo che forma assume la soluzione generale del problema di
Prandtl introdotto nel paragrafo precedente. Per comodità di esposizione, scriviamo
il membro di destra dell’equazione integrale come una unica funzione definita da
 
dylm (x)
ν(x) ≡ U α −
dx

e che rappresenta la componente verticale della velocità del fluido sulla superficie
del profilo. Il problema di Prandtl della teoria dei profili sottili si scrive allora pi ù
semplicemente come
Z c
1 γ (ξ ) dξ
− = −ν(x), γ (c) = 0,
2π 0 x − ξ

dove compare il simbolo di integrale nel senso di Cauchy. La soluzione generale


dell’equazione integrale di Prandtl è data dalla seguente espressione, pure integrale,
Z c √ 
2 (c − ξ )ξ Γ
γ (x) = √ − ν(ξ ) dξ + ,
π (c − x)x 0 x −ξ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 340 colore nero Giugno 16, 2006

340 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

contenente parametro Γ , che può assumere un valore qualsiasi. La presenza del


termine proporzionale a √ 1 significa che la soluzione dell’equazione non è
(c−x)x
unica, ossia che esistono infinite soluzioni dell’equazione di Prandtl, o meglio una
famiglia a un parametro di infinite soluzioni.
Si può dimostrare che effettivamente la funzione

1

(c − x)x

è soluzione della versione omogenea (cioè con termine noto nullo) dell’equazione
integrale di Prandtl sostituendo la funzione in essa e verificando che sia
Z c

− √ =0
0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ

per ogni x ∈ [0, c]. Infatti, la funzione integranda coinvolta ha una primitiva
esprimibile in forma chiusa, ovvero risulta essere
Z

− √ = Q(x, ξ ) + C,
(x − ξ ) (c − ξ )ξ

dove
 c(x+ξ )−2xξ √ 
√ + 2 (c − ξ )ξ
1 (c−x)x
Q(x, ξ ) = √ ln  
(c − x)x |x − ξ |

per ogni x e ξ ∈ [0, c], come si può verificare derivando questa funzione rispetto a
ξ . Si può poi calcolare l’integrale contenente la singolarità mediante il limite
Z c

− √
0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ
Z x− Z c 
dξ dξ
≡ lim+ √ + √ ,
→0 0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ x+ (x − ξ ) (c − ξ )ξ

che, espresso in termini della funzione primitiva, fornisce


 
lim+ Q(x, x − ) − Q(x, 0) + Q(x, c) − Q(x, x + )
→0
 
= lim+ Q(x, x − ) − Q(x, x + ) − Q(x, 0) + Q(x, c) = 0.
→0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 341 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.9: Soluzione generale della equazione integrale di Prandtl 341

Il parametro Γ rappresenta proprio la circolazione totale attorno al profilo sottile,


ovvero
Z c
Γ = γ (x) dx.
0

Per rendercene conto integriamo lungo il profilo la densità di circolazione γ (x)


della soluzione generale, separando i due contributi:
Z c Z Z c√ Z
2 c dx (c − ξ )ξ Γ c dx
γ (x) dx = √ − ν(ξ ) dξ + √ .
0 π 0 (c − x)x 0 x − ξ π 0 (c − x)x
Scambiamo poi l’ordine delle due operazioni di integrazione del primo termine
Z c Z Z c
2 cp dx
γ (x) dx = (c − ξ )ξ ν(ξ ) dξ − √
0 π 0 0 (x − ξ ) (c − x)x
Z c
Γ dx
+ √ .
π 0 (c − x)x
Ma l’integrale interno è uguale (a parte lo scambio delle variabili x e ξ e il
segno) all’integrale che abbiamo appena dimostrato essere nullo per tutti i valori
dell’altra variabile compresi nell’intervallo [0, c]. Pertanto, ricordando la primitiva
dell’integrale elementare
Z  
dx −1 2x
√ = sin − 1 + C,
(c − x)x c
abbiamo
Z c Z    c
Γ c dx Γ −1 2x

γ (x) dx = √ = sin − 1
0 π 0 (c − x)x π c 0
Γ  −1  Γ π h  π i
= sin 1 − sin−1 (−1) = − − = Γ.
π π 2 2
Possiamo allora imporre la condizione di Kutta γ (c) = 0 per il profilo sottile per
determinare la circolazione attorno al profilo che permette di avere una corrente
regolare nel bordo di uscita. Affinché la soluzione soddisfi questa condizione,
è necessario che l’espressione contenuta fra le parentesi graffe della soluzione
generale sia nulla quando x = c, ovverosia deve essere
Z c√
(c − ξ )ξ Γ
ν(ξ ) dξ + K = 0,
0 c − ξ 2
dove con ΓK si è indicato il valore della circolazione totale che corrisponde al
rispetto della condizione di Kutta. Da questa equazione si ricava immediatamente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 342 colore nero Giugno 16, 2006

342 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Z cr
x
ΓK = −2 ν(x) dx.
0 c−x

Sostituendo questo valore nella soluzione generale si ottiene


Z c √ s 
2 (c − ξ )ξ ξ
γK (x) = √ − − ν(ξ ) dξ
π (c − x)x 0 x −ξ c−ξ
Z c
2 (c − ξ ) − x + ξ p
= √ − √ ξ ν(ξ ) dξ
π (c − x)x 0 (x − ξ ) c − ξ
Z c s
2(c − x) 1 ξ
= √ − ν(ξ ) dξ
π (c − x)x 0 x − ξ c − ξ
r Z c s
2 c 1 ξ
= −1− ν(ξ ) dξ.
π x 0 x −ξ c−ξ
Riesprimendo a questo punto il secondo membro ν(x) in termini dell’angolo
d’incidenza e della derivata della linea media,
r Z c s  
2U c 1 ξ dylm (ξ )
γK (x) = − −1− α− dξ,
π x 0 x −ξ c−ξ dξ

dove la soluzione è stata scritta come γK (x) per sottolineare che essa soddisfa la
condizione di Kutta.

7.10 Profilo sottile piatto


Consideriamo ora il caso particolare di un profilo piatto, chiamato anche lamina
piana, ossia con curvatura della linea media nulla, per cui dylm (x)/dx = 0, 0 ≤
x ≤ c. Per comodità dei calcoli, è utile effettuare il cambiamento di variabili
definito dalla trasformazione seguente
 
2x
θ x x −→ θ(x) = cos−1 1 − , 0 ≤ x ≤ c,
x c c
la cui inversa è
Figura 7.51 Cambiamento di  c
variabili x −→ θ(x) = cos−1 1 − 2x θ −→ x(θ) = (1 − cos θ), 0 ≤ θ ≤ π.
c 2
della coordinata x lungo la corda
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PARAGRAFO 7.10: Profilo sottile piatto 343

Quindi, come mostrato in figura 7.51, il bordo di attacco x = 0 corrisponde a θ = 0


e il bordo di uscita x = c corrisponde a θ = π.
La nuova incognita, funzione della nuova variabile indipendente , sarà allora
indicata nel modo seguente
γα (x) −→ γ̂α (θ) = γα (x(θ)),
dove si è aggiunto il pedice α alla variabile incognita per evidenziare il fatto che la
soluzione del problema, γα (x), dipende dall’angolo d’incidenza α.
Usando la stessa trasformazione per la variabile di integrazione ξ , ossia intro-
ducendo la nuova variabile ϕ(ξ ) = cos−1 1 − 2ξc , abbiamo dξ = 2c sin ϕ dϕ e
il problema di Prandtl per l’incognita trasformata γ̂α (θ) nel caso di profilo piatto
assume la forma seguente:
Z π
1 γ̂α (ϕ) sin ϕ dϕ
− = −U α,
2π 0 cos ϕ − cos θ
γ̂α (π) = 0.

Notare che ϕ è la variabile di integrazione mentre θ indica la variabile libera


dell’equazione integrale, che varia nell’intervallo [0, π].

Soluzione dell’equazione integrale


La soluzione di questo problema è

1 + cos θ
γ̂α (θ) = −2U α (profilo sottile piatto).
sin θ

Si può verificare che questa funzione è effettivamente soluzione dell’equazione


integrale utilizzando l’espressione del seguente integrale definito, detto integrale
di Glauert,
Z π
cos(nϕ) π sin(nθ)
dϕ = , n = 0, 1, 2, 3, . . .
0 cos ϕ − cos θ sin θ

ricavata nell’appendice H.
Infatti, sostituendo l’espressione della soluzione nell’integrale del membro di
sinistra dell’equazione, si ottiene, a meno di un fattore −2U α,
Z π Z π Z π
(1 + cos ϕ) dϕ dϕ cos ϕ dϕ
= + = 0 + π = π,
0 cos ϕ − cos θ 0 cos ϕ − cos θ 0 cos ϕ − cos θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 344 colore nero Giugno 16, 2006

344 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

dove si è usata la precedente formula dell’integrale definito per i due casi particolari
n = 0 e n = 1. Tenendo conto del fattore −2U α, si vede che l’equazione integrale
è identicamente soddisfatta per ogni θ appartenente all’intervallo [0, π].
Nel bordo di uscita, ossia per θ = π, questa soluzione fornisce

1 + cos π 1−1
γ̂α (π) = −2U α = −2U α ,
sin π 0

ed è quindi la forma indeterminata 0/0. Tuttavia, applicando la regola de l’H ôpital,


si ottiene

d(1 + cos θ)/dθ − sin π 0
γ̂α (π) = −2U α = −2U α = −2U α = 0,
d(sin θ)/dθ θ =π cos π −1

per cui la soluzione è regolare e soddisfa la condizione di Kutta per un profilo sottile.
Viceversa, nel bordo di attacco, ossia per θ = 0, si può osservare che la soluzione
è singolare, tranne quando α = 0, dato che

1 + cos 0 2
γ̂α (0) = −2U α = −2U α .
sin 0 0

Questa singolarità è dovuta alla forma a punta del bordo di attacco e, nel caso di un
profilo non simmetrico, anche con spessore, potrà essere eliminata per un particolare
valore dell’angolo d’incidenza che dipende dalla forma della linea media, come sarà
mostrato nel paragrafo 7.11. La soluzione per l’incognita originaria si determina
ricorrendo alla trasformazione inversa θ = θ(x) = cos−1 (1 − 2x/c). Un semplice
calcolo permette di ottenere la funzione
r r
1 + cos θ(x) 1 − x/c x . x c
=r  = 1− = − 1,
sin θ(x) x x c c x
1−
c c

che è mostrata nella figura 7.52. L’espressione della circolazione locale per il
problema del profilo piatto è quindi
r
c
γα (x) = γ̂α (θ(x)) = −2U α −1 (profilo sottile piatto).
x

Come si è visto, questa soluzione soddisfa la condizione di Kutta ma il pedice K


non è stato scritto solo per semplicità di notazione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 345 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.10: Profilo sottile piatto 345

5.0

4.0

3.0

2.0

1.0
Figura 7.52 Equazione integrale di
Prandtl per un profilo sottile
p piatto: 1.0 x/c
grafico della funzione xc − 1

L’andamento della densità di circolazione γα (x) è utile perché rappresenta anche il


salto della pressione attraverso il profilo sottile, relativo alla soluzione linearizzata.
Infatti, dal teorema di Bernoulli (per una corrente irrotazionale ma con eventuale
circolazione attorno al profilo) abbiamo

P(r) − P∞ 
= − 12 |u(r)|2 − U 2 .
ρ

Consideriamo allora il salto di pressione fra la superficie inferiore (ventre) e quella


superiore (dorso), nei vari punti del profilo:

∆P(x) P v (x) − P d (x) 


≡ = 12 |ud (x)|2 − |uv (x)|2 .
ρ ρ

D’altra parte, la velocità sulle due facce del profilo piatto è data da

u d (x) = U cos α − 12 γα (x),


u v (x) = U cos α + 12 γα (x),

per 0 ≤ x ≤ c. Sostituendo queste espressioni nella relazione del salto della


pressione lungo il profilo, si ottiene

∆P(x) n 2  2 o
= 12 U cos α − 12 γα (x) − U cos α + 12 γα (x)
ρ

= 12 − U cos α γα (x) − U cos α γα (x) = −U cos α γα (x).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 346 colore nero Giugno 16, 2006

346 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Ma per angoli d’incidenza piccoli cos α ≈ 1, per cui


∆P(x)
= −U γα (x),
ρ
e, sostituendo la soluzione dell’equazione integrale di Prandtl, si ha
r
∆P(x) c
= 2U 2 α − 1.
ρ x

La spinta è quindi diretta verso l’alto. Inoltre, il carico è concentrato verso il bordo
di attacco e diventa infinito per x → 0. L’elevato gradiente della pressione vicino al
bordo di attacco causerà la separazione della corrente quando l’angolo d’incidenza
aumenta. Cionondimeno, la pressione relativa al profilo sottile piatto fornisce la
portanza di qualunque profilo simmetrico dal momento che la distribuzione dello
spessore del profilo non influenza la componente non simmetrica della soluzione,
che è quella responsabile della portanza e del momento delle forze aerodinamiche.
Integrando il salto ∆P(x) su tutto il profilo si ottiene la portanza:
Z c Z cr
c
`(α) = ∆P(x) dx = 2ρ U 2 α − 1 dx.
0 0 x
Per calcolare l’integrale è necessario conoscere il seguente integrale indefinito:
Z √ p  
(c − x)x c 2x
dx = (c − x)x + sin−1 − 1 + C,
x 2 c
da cui si ottiene facilmente l’integrale definito
Z cr Z c√
c (c − x)x cπ
− 1 dx = dx = .
0 x 0 x 2
Risulta pertanto

`(α) = ρU 2 cπα.

Naturalmente, il campo della velocità attorno al profilo sottile si ottiene dalla


sovrapposizione della velocità uniforme con quella indotta dalla distribuzione di
vortici lungo la lamina:
Z c
[−y x̂ + (x − ξ ) ŷ] γα (ξ )
u(x, y) = U + dξ.
0 (x − ξ )2 + y 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 347 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.10: Profilo sottile piatto 347

Coefficienti aerodinamici
Siamo ora in grado di determinare il coefficiente di portanza per il profilo sot-
tile piatto. Per prima cosa si determina la circolazione totale dovuta all’intera
distribuzione di vortici, dal bordo di attacco al bordo d’uscita, che è data da
Z c
Γ (α) = γα (x) dx,
0
ovvero, in termini della variabile trasformata θ,
Z Z π
c π
Γ (α) = γ̂α (θ) sin θ dθ = −cU α (1 + cos θ) dθ
2 0 0

= −U cπα.
Questo valore corrisponde all’approssimazione per angoli piccoli della circolazione
ΓK = −U cπ sin α della soluzione esatta relativa alla corrente attorno a una lamina
piana presentata nel paragrafo 7.7. Ribadiamo che la circolazione Γ (α) corrisponde
a soddisfare la condizione di Kutta (per ogni d’incidenza) e che ora e nel seguito si
omette il pedice K solo per non appesantire la notazione.
Sostituendo la circolazione trovata Γ (α) nel teorema della portanza di Kutta–
Vedi paragrafo 7.4. Joukowski, ` = −ρU Γ , dove ` indica la portanza per unità di lunghezza in apertura,
si ottiene il valore di questa grandezza quando l’angolo d’incidenza è α:
`(α) = −ρU [−Ucπα] = ρU 2 cπα,
come si è già ricavato dall’integrazione del salto di pressione. È conveniente intro-
durre la versione adimensionale della portanza, chiamata coefficiente di portanza,
che si indica con c` e che è definita dal rapporto
`
c` = 1 2c
.
2
ρU
L’uso della lettera minuscola ricorda che il coefficiente è relativo a una sezione 2D
di un problema attorno a un corpo cilindrico. Il coefficiente di portanza del profilo
sottile piatto posto a incidenza α è allora

c` (α) = 2πα,

e quindi la sua pendenza è costante e vale


dc` (α)
= 2π rad−1 = 0.11 gradi−1 ,

a seconda che l’angolo α sia espresso in radianti oppure in gradi, dato che risulta
1 radiante = 57.3◦ . La retta del coefficiente di portanza del profilo piatto o simme-
trico è disegnata nella figura 7.53.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 348 colore nero Giugno 16, 2006

348 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

c`
2.0

1.6

1.2

0.8

0.4
α (gradi)
−32 −24 −16 −8 8 16 24 32 40
−0.4

−0.8
Figura 7.53 Coefficiente di portanza
−1.2
di un profilo piatto o simmetrico

Calcoliamo infine il momento delle forze agenti sul profilo scegliendo come punto
di riferimento il punto di attacco della linea media. Consideriamo l’elemento di
vorticità di intensità γα (x) dx che si trova alla distanza x dal bordo di attacco. La
circolazione elementare associata a questo elemento è dΓ = γα (x) dx e fornisce
un contributo alla portanza pari a d` = −ρU dΓ = −ρU γα (x) dx. A sua volta
questo elemento di portanza provoca una contributo dτ al momento della forza
rispetto al bordo di attacco dato da dτ = x d` = −ρU xγα (x) dx. Il momento
totale, rispetto al bordo di attacco, delle forze aerodinamiche agenti sul profilo piatto
posto a incidenza α sarà
Z c Z c
τ b.a. (α) = dτ = −ρU xγα (x) dx.
0 0

Utilizzando il cambiamento di variabili x = 2c (1 − cos θ), per cui dx = 2c sin θ dθ,


e sostituendo l’espressione della soluzione γ̂α (θ) = −2U α 1+cos
sin θ
θ
, si ottiene
Z
ρU 2 c2 π  π
τ b.a. (α) = α 1 − cos2 θ dθ = ρU 2 c2 α.
2 0 4

È infine utile avere una versione adimensionale del momento delle forze τ b.a. (α).
Si introduce allora il coefficiente del momento delle forze, definito dal rapporto

τ b.a.
cmom, b.a. = 1
.
2
ρU 2 c2
Per il profilo sottile piatto posto a incidenza α il valore del coefficiente del momento
delle forze è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 349 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.11: Profilo sottile curvo 349

π
cmom, b.a. (α) = α.
2

Osserviamo ora che entrambi i coefficienti di portanza e del momento delle forze
sono proporzionali all’angolo d’incidenza α. Inoltre, si vede che vale la relazione
cmom, b.a. (α) = c` (α)/4. È immediato ricavare la relazione che esprime il coef-
ficiente del momento delle forze cmom, X valutato rispetto a un punto X lungo la
corda, in funzione di quello valutato rispetto al bordo di attacco:
X
cmom, X = cmom, b.a. − c ,
c `
dove c indica la lunghezza della corda del profilo. Mediante questa relazione
possiamo valutare il momento rispetto al punto x = c/4 a un quarto di corda al
bordo di attacco, ottenendo

cmom, c/4 (α) = cmom, b.a. (α) − 41 c` (α) = π


2
α − 14 2πα = 0,
c ovverosia
4
x
α c
0 cmom, c/4 = 0,
U
Figura 7.54 Centro delle pressioni per qualunque angolo d’incidenza. Pertanto, il punto a un quarto di corda dal bordo
di un profilo sottile piatto di attacco di un profilo sottile piatto è il centro delle pressioni.

7.11 Profilo sottile curvo


La soluzione per un profilo sottile con curvatura (in inglese cambered airfoil) è
una generalizzazione di quella per un profilo piatto visto nel precedente paragrafo.
Per trattare il profilo sottile con linea media definita dalla funzione y = ylm (x),
0 ≤ x ≤ c, si deve partire dal problema dell’equazione integrale di Prandtl generale,
ovvero,
Z π  
1 γ̂α (ϕ) sin ϕ dϕ dylm (x(θ))
− = −U α − , γ̂α (π) = 0.
2π 0 cos ϕ − cos θ dx
Se la linea media è curva, la funzione dylm (x)/dx è non nulla e ciò rende l’analisi
più elaborata rispetto al caso di profilo piatto nel quale dylm (x)/dx = 0. Si ricerca
una funzione γ̂α (θ), per 0 ≤ θ ≤ π, che soddisfi l’equazione scritta e rispetti la
condizione di Kutta per un profilo sottile, ossia γ̂α (π) = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 350 colore nero Giugno 16, 2006

350 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Soluzione dell’equazione integrale


Partendo dalla soluzione del caso di profilo piatto, supponiamo che la soluzione del
problema della corrente attorno al profilo sottile con curvatura possa essere espressa
nella seguente forma
 
1 + cos θ X ∞
γ̂α (θ) = −2U A0 (α) + An sin(nθ) ,
sin θ n=1

che contiene una serie infinita di termini, ciascuno funzione della variabile trasfor-
mata θ. Il primo termine ha una forma simile alla soluzione del profilo piatto ma
con un coefficiente A 0 (α) da determinare, mentre gli altri termini costituiscono una
serie di Fourier di soli seni con coefficienti A n , n = 1, 2, . . . , anch’essi da deter-
minare. Tutti questi coefficienti dipendono dalla forma della linea media, tramite
la funzione dylm (x)/dx, ma il primo dipende anche dall’angolo d’incidenza α. Co-
munque, in ogni caso la condizione di Kutta per un profilo sottile γ̂ α (π) = 0 risulta
soddisfatta, per quanto visto nel caso di profilo piatto e dato che sin(nπ) = 0 per
qualunque n intero.
Nel bordo di attacco θ = 0 si ha invece γ̂α (θ) → ∞ per qualunque valore di α
tranne, al più, un valore di α per il quale sia A 0 (α) = 0. Questo angolo particolare
d’incidenza per cui non si ha la singolarità nel bordo di attacco si chiama angolo di
Theodorsen e si indica con αTh : esso è definito dalla condizione

A0 (αTh ) = 0.

L’angolo αTh è chiamato anche angolo d’incidenza ideale oppure angolo di


progetto.
Per determinare il valore dei coefficienti, è necessario scoprire cosa implichi
l’equazione integrale per la serie γ̂α (θ). Sostituiamo allora nell’equazione integrale
l’espressione appena scritta e utilizziamo un’altra formula per nuovi integrali definiti
che sono rilevanti per l’equazione integrale considerata, e cioè,
Z π
sin(nϕ) sin ϕ
dϕ = −π cos(nθ), n = 1, 2, 3, . . .
0 cos ϕ − cos θ

La sostituzione della soluzione in serie nell’equazione integrale fornisce, dopo avere


semplificato il coefficiente −U ,
Z  
1 π 1 + cos ϕ X ∞
sin ϕ dϕ dylm (x(θ))
A0 (α) + An sin(nϕ) = α− .
π 0 sin ϕ n=1
cos ϕ − cos θ dx
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 351 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.11: Profilo sottile curvo 351

Separando gli integrali dei due termini si ottiene


Z Z π
A0 (α) π
(1 + cos ϕ) dϕ 1 X∞
sin(nϕ) sin ϕ dϕ dylm (x(θ))
+ An = α− .
π 0 cos ϕ − cos θ π n=1 0 cos ϕ − cos θ dx

Calcolando gli integrali definiti per mezzo delle due formule introdotte in prece-
denza, questa relazione diventa

X

dylm (x(θ))
A0 (α) − An cos(nθ) = α − ,
n=1
dx

ovvero

dylm (x(θ)) X∞
= α − A0 (α) + An cos(nθ).
dx n=1

Osserviamo che questa espressione è una serie di Fourier di soli coseni. Più
precisamente, data una funzione f (θ), definita nell’intervallo 0 ≤ θ ≤ π, la sua
rappresentazione come serie di coseni avrà la forma

X

f (θ) = f0 + f n cos(nθ),
n=1

dove
Z π
1
f0 = f (θ) dθ,
π 0
Z π
2
fn = f (θ) cos(nθ) dθ, per n = 1, 2, . . .
π 0

Di conseguenza le quantità [α − A0 (α)] e An , n = 1, 2, . . . , sono i coefficienti della


serie di coseni di Fourier di dylm (x(θ))/dx, intesa come funzione della variabile θ.
Quindi i coefficienti richiesti sono dati dai seguenti integrali:
Z
1 π dylm (x(θ))
A0 (α) = α − dθ,
π 0 dx
Z
2 π dylm (x(θ))
An = cos(nθ) dθ, n = 1, 2, . . . .
π 0 dx
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 352 colore nero Giugno 16, 2006

352 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

I valori di questi integrali dipendono dalla funzione dylm (x)/dx che rappresenta la
pendenza della linea media. Si noti che la dipendenza dall’angolo d’incidenza α
del profilo influisce solo sul valore del primo coefficiente A 0 (α).
Nota la forma assunta dal coefficiente A 0 (α), possiamo determinare il valore
dell’angolo di Theodorsen αTh ponendo, come detto, A 0 (αTh ) = 0, da cui si ricava
immediatamente
Z Z
1 π dylm (x(θ)) 1 c dylm (x) dx
αTh = dθ = √ .
π 0 dx π 0 dx (c − x)x

Coefficienti aerodinamici
Consideriamo ora le espressioni dei coefficienti aerodinamici per il profilo sottile
con curvatura. La circolazione totale dovuta all’intera dstribuzione di vortici dal
bordo di attacco al bordo d’uscita è
Z c Z
c π
Γ (α) = γα (x) dx = γ̂α (θ) sin θ dθ.
0 2 0

Sostituendo la soluzione γ̂α (θ) trovata, si ha


 Z π X
∞ Z π 
Γ (α) = −U c A0 (α) (1 + cos θ) dθ + An sin(nθ) sin θ dθ .
0 n=1 0

Rπ Rπ
Ma il primo integrale è ovvio, 0 (1 + cos θ) dθ = 0 dθ = π e gli altri sono tutti
nulli tranne il primo per la relazione di ortogonalità
Z (
π
π π 1 per n = 1,
sin(nθ) sin θ dθ = δn,1 =
0 2 2 0 per n 6= 1,

dove si è usato il simbolo δn,m di Kronecker. Pertanto si ottiene


 
Γ (α) = −U c π A0 (α) + 21 A1 .

È allora conveniente introdurre l’angolo d’incidenza per il quale la circolazione, e


quindi anche la portanza, è nulla. L’angolo di portanza nulla si indica con α`=0
ed è definito dalla condizione Γ (α`=0 ) = 0, ovverosia:

A0 (α`=0 ) + 12 A1 = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 353 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.11: Profilo sottile curvo 353

Utilizzando le espressioni trovate dei coefficienti A n , n = 0, 1, 2, . . . , si ha


Z Z
1 π dylm (x(θ)) 1 2 π dylm (x(θ))
α`=0 − dθ + cos θ dθ = 0
π 0 dx 2π 0 dx

e risolvendo rispetto ad α`=0


Z π Z c r
1 dylm (x(θ)) 2 dylm (x)
x dx
α`=0 = (1 − cos θ) dθ = .
π 0 dx π
0 c−x cdx

Esprimendo A 1 nella Γ (α) in funzione di α`=0 , si ottiene Γ (α) = −U c π A0 (α) −
A0 (α`=0 ) e quindi valgono le espressioni più semplici

Γ (α) = −U c π α − α`=0 e A0 (α) = α − α`=0 − 21 A1 .

Sostituendo la circolazione Γ (α) nel teorema della portanza di Kutta–Joukowski


visto nel paragrafo 7.4, si ottiene la portanza per unità di lunghezza in apertura del
profilo sottile con curvatura:
  
`(α) = −ρU − U c π α − α`=0 = ρU 2 c π α − α`=0 .

Quindi il corrispondente coefficiente adimensionale di portanza [`/(ρU 2 c/2)]


del profilo sottile con curvatura posto a incidenza α è dato da

c` (α) = 2π α − α`=0 .

c`
2.0

1.6

1.2

0.8

0.4
α (gradi)
−32 −24 −16 −8 8 16 24 32 40
−0.4

−0.8
Figura 7.55 Coefficiente di
−1.2
portanza di un profilo con curvatura
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354 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

La retta relativa al coefficiente di portanza del profilo con curvatura è mostrata


nella figura 7.55. La pendenza del coefficiente di portanza di un profilo sottile
curvo è quindi ancora costante come quella del profilo piatto e ha lo stesso valore

dc` (α)
= 2π rad−1 = 0.11 gradi−1 ,

a seconda che α sia espresso in radianti o in gradi.
Il coefficiente del momento delle forze, rispetto al suo bordo di attacco, agenti
su un profilo sottile con curvatura posto a incidenza α si calcola nello stesso modo
del caso piatto. Il momento totale delle forze aerodinamiche agenti sulla linea
media del profilo curvo è
Z c Z c
τ b.a. (α) = dτ = −ρU xγα (x) dx
0 0
Z π
ρU c2
=− (1 − cos θ) sin θ γ̂α (θ) dθ.
4 0

Sostituendo l’espressione della soluzione γ̂α (θ) relativa al profilo sottile curvo, si
ha
Z  
ρU 2 c2 π 1 + cos θ X ∞
τ b.a. (α) = (1−cos θ) sin θ A0 (α) + An sin(nθ) dθ,
2 0 sin θ n=1

ovvero, considerando la versione adimensionale costituita dal coefficiente del mo-


mento delle forze aerodinamiche:
Z π X∞ 

cmom, b.a. (α) = A0 (α) 1 − cos2 θ + (1 − cos θ) sin θ An sin(nθ) dθ
0 n=1
Z X
∞ Z
π  π
= A0 (α) 1 − cos2 θ dθ + An (1 − cos θ) sin θ sin(nθ) dθ.
0 n=1 0

Il primo integrale vale π/2 mentre il secondo si scompone nel modo seguente:
Z π
(1 − cos θ) sin θ sin(nθ) dθ
0
Z π Z π
1 π π
= sin θ sin(nθ) dθ − sin(2θ) sin(nθ) dθ = δn,1 − δn,2 ,
0 2 0 2 4
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 355 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.11: Profilo sottile curvo 355

dove abbiamo usato la relazione di ortogonalità fra le funzioni sin(nθ). Pertanto, il


coefficiente del momento aerodinamico rispetto al bordo di attacco del profilo con
curvatura risulta essere
 
π A2
cmom, b.a. (α) = A0 (α) + A1 − ,
2 2

ovvero, sostituendo A 0 (α) = α − α`=0 − 21 A1 ,


 
π A1 A2
cmom, b.a. (α) = α − α`=0 + − .
2 2 2
Questa relazione si può riscrivere anche facendo comparire il coefficiente di portanza
c` (α), nella forma

c` (α) π
cmom, b.a. (α) = + (A1 − A2 ),
4 4
che, per A1 = A2 = 0, si riduce al risultato del profilo piatto.
Per determinare il coefficiente del momento delle forze rispetto a qualunque
punto appartenente alla corda è necessaria una relazione che leghi il momento delle
forze valutato rispetto a punti diversi. In base alla definizione, il momento delle
forze rispetto a un punto X fisso sulla corda è sprimibile come
Z c Z c Z c 
τ X = −ρU (x − X)γα (x) dx = −ρU xγα (x) dx − X γα (x) dx
0 0 0
Z c Z c
= −ρU xγα (x) dx + XρU γα (x) dx = τb.a. − X`,
0 0

ovverosia, passando ai coefficienti adimensionali,


X
cmom, X = cmom, b.a. − c .
c `
Allora il momento delle forze rispetto al punto X = c/4 a un quarto di corda dal
bordo di attacco è dato da
π
cmom, c/4 = (A1 − A2 ).
4
Pertanto, diversamente dal caso di profilo piatto, il punto a un quarto di corda di un
profilo sottile con curvatura non è il centro delle pressioni. Tuttavia cmom, c/4 non
dipende da α.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 356 colore nero Giugno 16, 2006

356 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Si definisce centro aerodinamico di un profilo il punto rispetto al quale il momento


delle forze aerodinamiche (in generale diverso da zero) non dipende dall’angolo
d’incidenza, ossia il punto x c.a. tale che

Z c
(x − x c.a. ) γα (x) dx = costante.
0

c.a. Per il profilo sottile con curvatura abbiamo x c.a. = c/4, come mostrato in figura 7.56,
x
0 c c e pertanto scriveremo
4
U
π
cmom, c.a.=c/4 = (A1 − A2 ).
Figura 7.56 Posizione del centro 4
aerodinamico lungo la corda di un
profilo sottile curvo La posizione x c.p. del centro delle pressioni si può calcolare uguagliando a cmom, b.a.
il momento di c` rispetto alla distanza adimensionale x c.p. /c, da cui:

cmom, b.a. (α)


x c.p. (α) = c .
c` (α)

Sostituendo l’espressione di cmom, b.a. (α) ricavata, si ottiene

   
c π(A1 − A2 ) c A1 − A2
x c.p. (α) = 1+ = 1+ .
4 c` (α) 4 2(α − α`=0 )

Pertanto la posizione del centro delle pressioni di un profilo con curvatura dipende
dal coefficiente di portanza. Quando l’angolo d’incidenza varia, anche il coefficiente
di portanza varia e il centro delle pressioni x c.p. si sposta: in particolare, quando
la portanza tende a zero, x c.p. (α) si allontana dal profilo e tende all’infinito. Per
questo motivo il centro delle pressioni non è sempre il punto più adatto dove porre
il sistema delle forze agenti su un profilo alare.
Per concludere il nostro studio della soluzione dell’equazione integrale di
Prandtl riportiamo nella tabella 5 i risultati aerodinamici ottenuti nei due casi di
profilo sottile piatto e con curvatura.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 357 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.11: Profilo sottile curvo 357


Tabella 5. Profili sottili a incidenza α piccola: θ = θ(x) = cos−1 1 − 2x
c .

profilo piatto profilo con curvatura


Rc γα (ξ ) dξ Rc γα (ξ ) dξ  d ylm (x) 
Eq. integ. 1
2π 0 x−ξ
= −U α 1
2π 0 x−ξ
= −U α − dx

 P∞ 
γ̂α (θ) −2U α 1+cos θ
sin θ −2U A0 (α) 1+cos θ
sin θ + n=1 An sin(nθ)

Γ (α) −U c π α −U c π(α − α`=0 )

`(α) ρU 2 c π α ρU 2 c π(α − α`=0 )

c` (α) 2π α 2π(α − α`=0 )

dc` (α)
dα 2π 1
rad = 0.11 grado
1
2π 1
rad = 0.11 grado
1

 A1 A2

cmom, b.a. (α) π
2 α π
2 α − α`=0 + 2 − 2

cmom, c.a.=c/4 0 π
4 [A 1 − A2 ]
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 358 colore nero Giugno 16, 2006

358 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

7.12 Profilo con spessore e con curvatura


Siamo ora in grado di analizzare la corrente attorno a un profilo reale in condizioni
qualsiasi, ossia un profilo avente uno spessore non nullo e con una linea media
curva, quando l’angolo d’incidenza rispetto alla direzione della corrente uniforme
è α. Il metodo adottato si basa sul risultato del calcolo per il profilo simmetrico con
spessore posto a incidenza nulla e sul risultato del calcolo per un profilo sottile che
abbia la stessa curva media del profilo in esame. Il metodo è approssimato poiché
si suppone che in un generico punto del profilo il campo di velocità possa essere
ottenuto combinando opportunamente le due soluzioni indicate. Questa assunzione
è accettabile solo in senso approssimato. Il metodo proposto ha per ò il pregio della
semplicità e quindi può essere comunque uno strumento utile, almeno per angoli
d’incidenza piccoli.
Per prima cosa esaminiamo come si calcolano numericamente gli integrali che
definiscono i coefficienti A 0 (α) e An della soluzione γ̂α (θ) relativa al profilo sottile
curvo. Poi determiniamo l’andamento della velocità sul dorso e sul ventre del
profilo avente uno spessore y = ysp (x) noto. Infine, grazie al teorema di Bernoulli,
calcoleremo la pressione e il suo coefficiente adimensionale sul profilo.

Quadratura numerica di Gauss–Chebyshev


Con riferimento alla soluzione dell’equazione integrale di Prandtl consideriamo i
coefficienti
Z
2 π dylm (x(θ))
An = cos(nθ) dθ,
π 0 dx

per n = 1, 2, . . . , in cui le variabili x e y possono essere interpretate come grandezze


adimensionali. Introduciamo ora il cambiamento di variabili

θ −→ X = − cos θ,

per cui d X = sin θ dθ e quindi

dX dX dX
dθ = =√ =√ .
sin θ 1 − cos2 θ 1 − X2

Avremo poi x = 12 (1 − cos θ) = 21 (1 + X), per cui l’integrale precedente diventa


Z 
2 1 dylm 1
(1 + X)  dX
An = 2
cos n cos−1 (−X) √ .
π −1 dx 1 − X2
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PARAGRAFO 7.12: Profilo con spessore e con curvatura 359

Nell’ambito del calcolo degli integrali definiti mediante quadratura numerica la


funzione √ 1 2 viene detta funzione peso di Chebyshev. Gli integrali che con-
1−X
tengono questa funzione possono essere calcolati molto accuratamente mediante la
formula di quadratura di Gauss–Chebyshev. I punti di quadratura di tale formula
sono ricavati da un insieme di punti distribuiti uniformemente nell’intervallo [0, π]
per la variabile θ. Nel caso della formula con K punti, la distribuzione dei punti X
nell’intervallo [−1, 1] è data dalla relazione
 
(2k − 1)π
X k = cos , k = 1, 2, . . . , K ,
2K

che provoca un addensamento alle estremità dell’intervallo. I pesi della formula


sono tutti uguali e per la formula con K punti il peso è π/K . Pertanto la formula
di Gauss–Chebyshev con K punti per calcolare l’integrale di una funzione f (X) si
legge

Z 1
f (X) d X π XK
√ = f (X k ).
−1 1 − X2 K k=1

Pertanto l’integrale considerato sarà valutato numericamente mediante la suddetta


formula di quadratura nel modo seguente

2 XK
dylm 1
2 (1 + Xk) 
An = cos n cos−1 (−X k ) .
K k=1 dx

La stessa espressione senza il coseno vale per l’integrale del primo coefficiente
A0 (α), ovverosia

1 XK
dylm 1
(1 + Xk)
A0 (α) = α − 2
.
K k=1 dx

Figura 7.57 Profilo NACA5312


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 360 colore nero Giugno 16, 2006

360 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

Andamento della velocità su dorso e ventre del profilo


Per angoli d’incidenza α piccoli, la velocità sulla superficie del profilo si ottiene
combinando i risultati della corrente simmetrica attorno al profilo dotato di spessore
posto a incidenza nulla, calcolata nel paragrafo 7.5, con la corrente attorno alla
linea media calcolata mediante la teoria dei profili sottili, con o senza curvatura, nei
paragrafi 7.10 e 7.11.
Più precisamente, si considera la velocità φ in tutti i punti del profilo simme-
trico avente spessore y = ysp (x), ossia ( φ)(x, ysp (x)) = ( φ)sp , che è tangente
alla superficie del profilo. Poi si tiene conto del salto di velocità dato da γα :
quest’ultimo causerà una variazione della velocità tangente pari a − 12 γα (x) sulla
dorso del profilo e pari a 21 γα (x) sul suo ventre. In altri termini avremo

u d (x) = | φ|sp − 12 γα (x),


u v (x) = | φ|sp + 12 γα (x),

per 0 ≤ x ≤ c, dove | φ|sp indica il modulo di ( φ)sp . Le velocità u d e u v tangenti


sul dorso e sul ventre del profilo a incidenza e/o non simmetrico sono calcolate nei
punti che corrispondono ai punti di controllo Ci sul profilo simmetrico, ovverosia
u d (x i ) = | φ(Ci )| − 12 γα (x i ),
u v (x i ) = | φ(Ci )| + 12 γα (x i ),
dove Ci = (x i , ysp (x i )) = ((i − 1)∆x, ysp((i − 1)∆x)), per i = 1, 2, . . . , J.
Esprimendo la soluzione γα in funzione della variabile θ(x) = cos−1 1 − 2xc
avremo infine

u d (x i ) = | φ(Ci )| − 12 γ̂α (θ(x i )),


u v (x i ) = | φ(Ci )| + 12 γ̂α (θ(x i )),

dove la soluzione γ̂α (θ) è data dalla serie


 
1 + cos θ X N
γ̂α (θ) = −2U A0 (α) + An sin(nθ) ,
sin θ n=1

troncata a soli N termini. Il numero N di termini da tenere in conto dipende dalle


caratteristiche della linea media. Un semplice criterio per scelgliere N consiste nel
calcolare il valore del rapporto A n /A1 e trascurare tutti i termini con n > n p , dove
An p è il primo termine che soddisfa la condizione |A n p /A1 | < , con  abbastanza
piccolo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 361 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.12: Profilo con spessore e con curvatura 361

Calcolo del coefficiente di pressione


Per trovare l’andamento del coefficiente di pressione

P(R) − P∞
c P (R) = 1 2
2 ρU

sul dorso e sul ventre del profilo, consideriamo la sua espressione, che consegue dal
teorema di Bernoulli,

|u(R)|2
c P (R) = 1 − .
U2

Se ora R si trova sul dorso o sul ventre del profilo avremo

[u d,v (x)]2
cd,v
P (x) = 1 − .
U2

Queste due funzioni saranno valutate in corrispondenza dei punti di controllo x i =


(i − 1)∆, 1 ≤ i ≤ J , dove ∆x = c/J , ovvero

[u d,v (x i )]2
cd,v
P (x i ) = 1 − .
U2

Come già visto per la corrente simmetrica attorno a un profilo con spessore, il
valore massimo assunto da c P è 1 e si verifica nel punto di ristagno. Nel caso qui
considerato, tranne che per un’incidenza pari all’angolo di Theodorsen, nel bordo
di attacco il valore di c P tende a −∞ a causa del contributo divergente dovuto alla
linea media.
La rappresentazione più diffusa dell’andamento della pressione sui profili alari
è fatta invertendo il verso dell’asse della pressione. In questo modo la parte superiore
del grafico corrisponde alla pressione sul dorso mentre la parte inferiore al ventre.
Un tipico andamento della distribuzione della pressione sul dorso e sul ventre
di un profilo NACA 23012 posto a incidenza di 9◦ è mostrato nella figura 7.58, dove
è fornito il confronto fra i risultati sperimentali e l’andamento previsto dalla teoria
dei profili sottili. Nella figura 7.59 i risultati ottenuti in una seconda misura sono
confrontati con la medesima soluzione teorica.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 362 colore nero Giugno 16, 2006

362 CAPITOLO 7 Correnti aerodinamiche: teoria dei profili sottili

−4
Upper surface computed cp
−3.5 lower surface computed cp
Upper surface real cp
−3
lower surface real cp
−2.5

−2

−1.5
Cp

−1

−0.5

Figura 7.58 Coefficiente di 0.5


pressione per il profilo NACA 23012
con angolo d’incidenza di 9◦ : 1

confronto fra i risultati della teoria dei 1.5


profili sottili e i valori misurati 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
% Chord
sperimentalmente (primo rilevamento)
−4
Upper surface computed cp
−3.5 lower surface computed cp
Upper surface real cp
−3
lower surface real cp
−2.5

−2

−1.5
Cp

−1

−0.5

Figura 7.59 Coefficiente di 0


pressione per il profilo NACA 23012 0.5
con angolo d’incidenza di 9◦ :
confronto fra i risultati della teoria dei 1
profili sottili e i valori misurati 1.5
sperimentalmente (secondo 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
% Chord
rilevamento)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 363 colore nero Giugno 16, 2006

PARAGRAFO 7.13: Genesi e mantenimento della portanza 363

7.13 Genesi e mantenimento della portanza


Vortice di avviamento: “No friction, no flight”

Volo uniforme: “No unsteadinness, no steady flight”


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 365 colore nero Maggio 31, 2006

365

CAPITOLO 8

Correnti aerodinamiche:
ali di apertura finita
Introduzione Nel capitolo precedente abbiamo sviluppato la teoria dei profili
alari considerando l’ala come un cilindro di lunghezza infinita, con sezione nor-
male all’asse avente la forma di profilo alare, investito da una corrente esterna
uniforme diretta perpendicolarmente al suo asse. La geometria del problema e le
condizioni al contorno hanno permesso di considerare la corrente bidimensionale.
In realtà la superficie portante di qualunque velivolo è di lunghezza finita e quindi la
corrente attorno a essa è necessariamente tridimensionale. Di conseguenza dobbi-
amo analizzare se e in quale modo la teoria dei profili sottili sviluppata nel capitolo
precedente può essere estesa per tenere conto di questo aspetto.
L’analisi che presentiamo si basa sulla trattazione dei paragrafi iniziali del capi-
tolo 5 di due testi classici: John D. Anderson Fundamentals of Aerodynamics, Third
Edition, McGraw-Hill, New York, 2001 e John N. Newman Marine Hydrodynamics,
Fourth Printing, MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 1982.
Per una visione rigorosa e moderna della teoria della linea portante si rimanda
all’articolo di Jean-Luc Guermond “A generalized lifting-line theory for curved and
swept wings”, Journal of Fluid Mechanics, 211, p. 497–513, 1990. La versione
instazionaria della teoria è trattata nel lavoro di Jean-Luc Guermond e Antoine
Sellier “A unified unsteady lifting-line theory”, Journal of Fluid Mechanics, 229,
p. 427–451, 1991.

8.1 Descrizione delle ali di apertura finita


La descrizione geometrica di un’ala di apertura finita non è immediata in quanto
è necessario specificare in modo completo le sue due superfici, superiore e infe-
riore, che hanno in generale una forma complicata. A tale scopo si introduce un
sistema di riferimento cartesiano con l’asse x orientato lungo la corda del profilo
corrispondente alla sezione dell’ala con il piano mediano, l’asse y diretto verso
l’alto perpendicolarmente al piano dell’ala e l’asse z orizzontale in modo da for-
mare una terna destra. L’origine del sistema è nel bordo d’attacco del profilo al
centro dell’ala, sul piano mediano, come mostrato nella figura 8.1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 366 colore nero Maggio 31, 2006

366 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

z c(z)

x
Figura 8.1 Sistema di riferimento e
pianta di un’ala di apertura finita

Ai fini della nostra teoria, la forma dell’ala può essere caratterizzata indicando tre
sole funzioni della coordinata z che percorre l’ala nel senso della sua apertura.
Supponiamo di indicare con b l’apertura dell’ala, per cui avremo − b2 ≤ z ≤ b2 .
Allora, la pianta dell’ala sarà data dalla funzione, solitamente simmetrica1 ,

c = c(z), |z| ≤ b/2,

che specifica la lunghezza c(z) della corda del profilo in ogni sezione z dell’ala.
L’area della superficie dell’ala è allora data dall’integrale seguente
Z b/2
S= c(z) dz.
−b/2

Si introduce poi il rapporto di forma o allungamento di un’ala tramite il rapporto

b2
Rf = ,
S

dove b è l’apertura dell’ala e S è l’area della sua superficie. In particolare, per


un’ala con pianta rettangolare c(z) = c = costante, per cui S = bc e R f = b/c.
1
Esistono nella storia dell’aeronautica alcuni esempi di velivoli con ala, per ragioni diverse,
asimmetrica. Un esempio piuttosto singolare di asimmetria è l’aereo della seconda guerra mondiale
Blohm und Voss BV-141. Un esempio in cui l’asimmetria è stata utilizzata per contrastare il
momento di rollio generato dalle eliche sono i Macchi Castoldi MC-200, MC-202 e MC-205.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 367 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.1: Descrizione delle ali di apertura finita 367

Il rapporto di forma è una misura importante degli effetti tridimensionali. Per ele-
vati allungamenti i profili alari, lontano dalle estremità dell’ala, lavorano sostanzial-
mente come nel caso bidimensionale. Per bassi allungamenti, invece, il compor-
tamento dell’ala è dominato da fenomeni tridimensionali e non può essere trattato
con la teoria semplificata sviluppata in questo capitolo.
Le ali possono poi avere uno svergolamento geometrico consistente in una
variazione dell’angolo d’incidenza α(z) della corda del profilo nelle varie sezioni z
dell’ala: questa caratteristica geometrica è descritta dalla funzione

α = α(z), |z| ≤ b/2,

che fornisce l’angolo di svergolamento della corda del profilo di ogni sezione in
funzione della sua distanza z dal piano mediano dell’ala. Questa funzione è quasi
sempre simmetrica (un’eccezione è, ad esempio, il boomerang). Per un’ala piatta
si avrà α(z) = 0.
Infine, le ali di molti aeroplani moderni hanno sezioni con profili alari di-
versi lungo l’apertura e questo provoca valori diversi di α`=0 nelle diverse sezioni
dell’ala2 . Questo aspetto è indicato con il nome di svergolamento aerodinamico
dell’ala ed è rappresentato da una terza funzione, sempre simmetrica,

α`=0 = α`=0 (z), |z| ≤ b/2.

Strettamente parlando, questa terza funzione non costituisce un’informazione di


natura geometrica bensı̀ è una conseguenza diretta che può essere calcolata a partire
dalla forma del profilo relativo a ciascuna sezione z dell’ala.
L’utilità di queste tre funzioni nell’ambito della teoria che qui ci interessa sta
nel fatto che esse sono sufficienti per ricavare una nuova equazione che descrive gli
aspetti fondamentali della corrente 3D attorno all’ala di apertura finita. Più in parti-
colare, la nuova equazione riguarda una funzione incognita della coordinata z nella
terza dimensione lungo l’apertura dell’ala. In altre parole le tre funzioni considerate
permettono di analizzare la corrente tridimensionale mediante una scomposizione
delle direzioni introdotta genialmente da Prandtl: prima si risolvono i problemi
2D relativi alle varie sezioni dell’ala e poi si scrive un problema nella direzione
trasversale ai piani delle sezioni. La funzione α`=0 (z) contiene la sola informazione
2
La necessità di variare la geometria dei profili lungo l’apertura è dettata da ragioni diverse,
quali le necessità strutturali, il momento flettente e torcente massimo alla radice dell’ala, ragioni
funzionali, per esempio la necessità di far posto a serbatoi o carrelli, e da ragioni di manovrabilità e
sicurezza del volo, lo stallo non deve cominciare dall’estremità alare dove sono presenti le superfici
di governo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 368 colore nero Maggio 31, 2006

368 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

ottenuta risolvendo i problemi bidimensionali della teoria dei profili sottili che è
necessaria per la teoria tridimensionale, nota con il nome di teoria della linea
portante di Prandtl e Lanchester.
Come ultima osservazione riguardante la pianta di un’ala, osserviamo che
l’angolo formato dalla linea congiungente i centri aerodinamici dei profili che
costituiscono l’ala con l’asse z è un parametro importante per determinare le carat-
teristiche aerodinamiche dell’ala stessa e viene detto angolo di freccia, che pu ò
essere funzione dell’apertura e viene indicato con la funzione β(z). Per semplicità,
in questo capitolo considereremo solo ali con freccia nulla.
Come nello studio dei profili sottili sviluppato nel capitolo precedente, anche
l’analisi delle correnti attorno a un’ala finita che sarà svolta in questo capitolo si
basa sull’ipotesi che la direzione della corrente incidente formi un angolo piccolo
rispetto al piano dell’ala e che gli effetti viscosi siano confinati in uno strato sottile
sulla superficie dell’ala.

8.2 Vortici dell’ala finita

Per determinare il funzionamento aerodinamico di un’ala reale, ricordiamo per


prima cosa che la generazione della portanza su un profilo alare è stata spiegata come
effetto della differenza di pressione fra la superficie del dorso e quella del ventre
del profilo stesso: il dorso è in depressione rispetto al ventre, con la conseguente
generazione di una forza diretta verso l’alto. Nel caso di un’ala di apertura infinita,
la zona di sovrapressione e la zona in depressione sono separate completamente dalla
presenza della superficie del corpo portante, che è supposto di estensione illimitata.
Diversamente, nel caso di un’ala di apertura finita, in corrispondenza delle
sue estremità la separazione viene meno e quindi in queste regioni il fluido tende
a muoversi dalla parte inferiore verso quella superiore a causa dei valori diversi
della pressione. Pertanto nelle regioni vicino alle estremità dell’ala il fluido inizia
a ruotare dal ventre verso il dorso girando all’esterno delle estremità alari, come
mostrato nella figura 8.2. A valle dell’ala, questo moto assume l’aspetto di due
−−−−−−−
vortici controrotanti che sono chiamati di solito vortici di estremità. Questi vor-
+++++++
tici hanno in realtà una strutture complicata a causa dell’interazione con la corrente
dietro il bordo di uscita dell’ala. Si comprende allora che il modello di corrente bidi-
Figura 8.2 mensionale, alla base della teoria dei profili sottili, non è in grado di rappresentare
Origine dei vortici di estremità la corrente tridimensionale effettivamente presente attorno a un’ala reale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 369 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.2: Vortici dell’ala finita 369

Figura 8.3 Direzione della velocità


vicino alle estremità e al bordo d’uscita
di un’ala di apertura finita

Il moto del fluido generato nella regione delle estremità alari modificherà la corrente
principale nel senso che la direzione della velocità sul dorso sarà deviata verso la
parte centrale dell’ala (ossia verso l’interno) mentre sul ventre sarà deviata verso
l’esterno, come mostrato nella figura 8.3.
Questo tipo di differenza nella direzione della velocità, ma non nel suo modulo,
è compatibile con la condizione di Kutta nei punti del bordo d’uscita, per cui si
intuisce che, a partire del bordo di uscita dell’ala, può formarsi una superficie di
discontinuità della componente orizzontale della velocità, cioè una scia vorticosa
orizzontale, che è chiamata scia di Prandtl. Un’eventuale sezione di questa super-
ficie, eseguita con un piano perpendicolare alla direzione della velocità asintotica,
metterebbe in evidenza una linea di discontinuità della componente z della velocità
fra la zona superiore e quella inferiore del fluido. La presenza di questa scia in-
fluisce su tutto il campo di moto, modificando le prestazioni dell’ala rispetto alla
situazione ideale dell’ala di apertura infinita. Per cercare di descrivere in maniera
quantitativa e non solo qualitativa il comportamento di un’ala reale occorre per ò
partire da un’analisi più approfondita della corrente tridimensionale in presenza di
un vortice il cui asse esce da una superficie.

Legge di Biot–Savart
Incominciamo a studiare il campo di velocità associato alla presenza di un vor-
tice rettilineo infinito. A tale fine, assumiamo, senza dimostrarla, la relazione che
descrive il contributo al campo di velocità associato a un tratto infinitesimo di
lunghezza dl di un filamento vorticoso, o vortice rettilineo, di circolazione Γ .
Questa relazione è analoga a quella che descrive il contributo al campo magnetico
statico dovuto a un elemento di corrente elettrica stazionaria in un filo rettilineo, e
che è nota come legge di Biot–Savart. Nel caso fluidodinamico questa legge dice
che il contributo elementare du alla velocità indotta da un tratto infinitesimo dl di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 370 colore nero Maggio 31, 2006

370 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

un vortice rettilineo di intensità Γ è dato da


dl
θ Γ dl r
l du = ,
4π |r|3

r
φ dove r è il vettore che va da dl al punto P in cui si calcola la velocità, come mostrato
R nella figura 8.4 in margine.
Incominciamo col verificare che, nel caso di una distribuzione rettilinea di
Figura 8.4 Contributo elementare al elementi vorticosi, la legge di Biot–Savart conduce allo stesso campo di velocità
campo di velocità di un vortice del vortice rettilineo studiato nel capitolo 3. Consideriamo allora la somma di tutti i
rettilineo avente direzione e contributi di velocità indotta nel punto P da parte di tutti gli elementi del filamento
circolazione 
vorticoso rettilineo infinito mostrato nella figura 8.4.
L’espressione del contributo alla velocità indotta contiene il prodotto vettoriale
dl r per cui la velocità risultante u sarà perpendicolare al piano contenente l’asse
Vedi paragrafo 3.7. del vortice e il punto r; inoltre il verso di u è dato dalla regola della mano destra.
Per determinare il modulo di u, indichiamo con R la distanza del punto P dall’asse
del vortice e sia θ l’angolo compreso fra r e l’asse. Allora, |r| = R/ sin θ e
|dl r| = (R/ sin θ) dl sin θ = R dl. Prendiamo poi come origine della variabile
di integrazione l la proiezione sull’asse del vorticedel punto P in cui si calcola la
velocità. Risulta allora l = R tan φ = R tan θ − π2 = −R cot θ, e, differenziando,
dl = sin 2 θ per cui |dl
R dθ
r| = R 2 dθ/ sin2 θ. Il modulo della velocità risultante
dall’integrazione lungo tutto il vortice rettilineo sarà quindi dato dalla relazione
Z π Z π
Γ sin3 θ R 2 dθ Γ Γ
|u(P)| = = sin θ dθ = .
4π 0 R 3 sin2 θ 4π R 0 2π R


Volendo scrivere il campo della velocità del vortice rettilineo infinito in forma
vettoriale, possiamo introdurre il vettore circolazione diretto come l’asse del


(r ˆ ) ˆ
  vortice e con intensità uguale alla sua circolazione attorno all’asse. Otteniamo


1 × R̂
u(r) =


r ,
2π R

Figura 8.5 Proiezione del vettore dove R = r − (r ˆ ) ˆ . Questo risultato coincide con il campo di moto del vortice
  

posizione r nelle direzioni parallela e rettilineo infinito, espresso in coordinate cilindriche, con l’asse z coincidente con
normale all’asse di un vortice rettilineo la direzione dell’asse del vortice.
Per giungere a valutazioni quantitative occorre caratterizzare in maniera pi ù
precisa il comportamento della scia. A questo fine è necessario conoscere alcune
proprietà geometrice fondamentali del campo vettoriale della vorticità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 371 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.3: Velocità indotta dai vortici dell’ala finita 371

=


=0


Bla Bla
Supponiamo ora di potere considere la velocità indotta solo da meta di un vortice
rettilineo. Un vortice di questo tipo non può esistere nel fluido in assenza di pareti
solide ma, come vedremo, è invece possibile se l’asse del vortice esce da una parete
solida. Chiameremo convenzionanalmente questo vortice semi-rettilineo semi-
vortice rettilineo. La velocità indotta da un tale semi-vortice risulterebbe essere
metà del valore precedente, ossia, dovremmo poter scrivere

Γ
|u(P)| = (vortice rettilineo semi−infinito).
4π R

A rigore, il contributo elementare della legge di Biot–Savart non può essere interpre-
tato come diretta conseguenza fisica del termine elementare di vorticità = Γ dl. 

Un’interpretazione fisica corretta della legge di Biot–Savart richiede di considerare


l’integrale su un intero vortice. In effetti la formula precedente non tiene conto
degli effetti di bordo dovuti al carattere troncato del vortice. Considerare solo metà
di un vortice rettilineo rappresenta quindi più un artificio euristico per ricavare
la soluzione che non un ragionamento suscettibile di un’interpretazione dotata di
significato fisico.

8.3 Velocità indotta dai vortici dell’ala finita


Una volta dimostrati i teoremi di Kelvin–Helmholtz, abbiamo gli strumenti per
comprendere il funzionamento di un’ala di apertura finita. Prendiamo un’ala che
generi una portanza e consideriamo le sue sezioni mediante piani parelleli fra loro
e normali all’asse z dell’ala, come mostrato nella figura 8.6.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 372 colore nero Maggio 31, 2006

372 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Figura 8.6 Sezione di un’ala di x


apertura finita (il verso della
circolazione Γ corrisponde al una z
situazione portante)

Ciascun profilo ottenuto da una determinata sezione sarà caratterizzato da una sua
Γ (z) b
− propria portanza `(z) per unità di apertura, come il profilo della sezione mostrata
2 nella figura 8.6. L’integrale di `(z) lungo tutta l’apertura fornirà la portanza totale
L dell’ala finita. Alla portanza locale `(z) corrisponderà, in base al teorema di
b
Kutta–Joukowski, una circolazione locale Γ (z) = − `(z) ρU
anch’essa funzione della
2
distanza z dal piano mediano dell’ala.
x Supponiamo temporaneamente che Γ (z) sia costante e che la corrente attorno
z
all’ala possa essere schematizzata come prodotta da un tratto finito di un vortice
rettilineo disposto lungo l’apertura e di intensità Γ ; ovverosia assumiamo che sia
Γ (z) = Γ = costante, come mostrato nella figura 8.7 a lato, supponendo Γ < 0.
Figura 8.7 Ipotesi provvisoria di Dato che il secondo teorema di Kelvin–Helmholtz stabilisce che un vortice filamen-
circolazione uniforme lungo l’apertura toso (o un tubo di vorticità) deve richiudersi su sè stesso oppure estendersi fino al
di un’ala finita, in condizione portante contorno (parete solida o all’infinito) del campo di moto, è legittimo domandarsi
(Γ < 0) che cosa accade a tale tratto di vortice finito agli estremi dell’ala.
D’altra parte, come abbiamo visto in precedenza analizzando qualitativamente
la corrente attorno all’ala vicino alle sue estremità, il moto del fluido in queste
due zone assume l’aspetto di due semi-vortici rettilinei allineati con la direzione
della velocità esterna, che contribuiscono a formare una scia dietro l’ala. Siccome
questi due vortici ruotano in versi opposti ma sono entrambi coerenti con il verso
della circolazione Γ del vortice associato all’ala, si può descrivere l’insieme come
un unico vortice a forma di U o a ferro di cavallo costituito da tre tratti di vortici
rettilinei, di cui due semi-infiniti e uno di lunghezza finita compreso fra gli altri due,
come mostrato nella figura 8.8.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 373 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.3: Velocità indotta dai vortici dell’ala finita 373

Figura 8.8 Ipotesi del vortice a ferro x


di cavallo. Il verso della circolazione z
mostrato nel disegno lungo i tre lati del
vortice a U corrisponde alla situazione
di una corrente portante (Γ (z) < 0)

Consideriamo adesso il campo di moto associato ai due filamenti vorticosi semi-


rettilinei cui abbiamo supposto di potere ridurre la scia. Chiameremo questo campo
di velocità, abusando un po’ del termine, velocità indotta. In particolare siamo
interessati a calcolare la velocità indotta in corrispondenza dei punti del vortice
di lunghezza finita che schematizza l’ala, che chiameremo vortice portante. Uti-
lizzando la relazione ricavata in precedenza per il tratto di semi-vortice rettilineo,
siamo in grado di esprimere la velocità indotta in funzione della posizione z lungo
l’ala.
Se gli assi dei due semi-vortici sono posti in corrispondenza a z = 21 b e
z = − 21 b, le velocità indotte da entrambi in un punto del vortice portante di
coordinata z saranno dirette come l’asse z e nel suo verso positivo, come mostrato
nella figura 8.9.

dvind (z)
b b
Figura 8.9 Schema per il calcolo −z − +z
2 2
della velocità verticale indotta nel punto z
z della linea portante dovuta ai vortici x
di estremità. Nel disegno il verso dei z
due vortici è immaginato positivo ai fini
del calcolo della velocità verticale con
il segno corretto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 374 colore nero Maggio 31, 2006

374 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Il contributo alla velocità in z da parte del vortice con semi-asse uscente dall’estremità
alare z = b/2 è

+ Γ b
vind (z) = , |z| ≤ ,
4π(b/2 − z) 2
mentre il contributo del secondo vortice con semi-asse uscente dall’altra estremità
z = −b/2 è

− Γ b
vind (z) = , |z| ≤ .
4π(b/2 + z) 2
La velocità indotta dai due vortici sarà semplicemente la somma dei due contributi
+ −
appena calcolati, ossia vind (z) = vind (z) + vind (z), per cui otteniamo

Γ b b
vind (z) = , |z| ≤ .
4π b2 /4 − z 2 2

Osserviamo che il segno della velocità indotta è concorde con quello della circo-
lazione. Ad esempio, in condizioni portanti, Γ sarà negativa e la velocità indotta
vind (z) è diretta verso il basso (in inglese è chiamata “downwash”).
In corrispondenza del vortice portante la velocità indotta dalla scia va a som-
marsi con la velocità della corrente indisturbata, modificando la velocità incidente
sull’ala sia in direzione sia in intensità. La velocità risultante lungo il vortice
portante sarà data quindi dalla seguente somma vettoriale:
α
b
U u(z) = U x̂ + vind (z) ẑ |z| ≤ ,
2
per cui il modulo della velocità u(z) che incide effettivamente sull’ala nelle diverse
U α sezioni è dato da
αind
vind q
u b
|u(z)| = U 2 + vind2
(z), |z| ≤ .
2
Figura 8.10 Figura superiore: Consideriamo il triangolo delle velocità nel disegno inferiore della figura 8.10. Se,
angolo d’incidenza per il profilo piatto. in una data stazione in apertura, la velocità indotta è positiva (cioè diretta verso
Figura inferiore: triangolo delle l’alto), l’angolo d’incidenza a cui lavora il relativo profilo aumenta di un angolo
velocità e angolo d’incidenza indotta. αind (z), che è chiamato angolo d’incidenza indotta ed è quindi definito da:
 
vind (z) b
αind (z) = tan −1
, |z| ≤ .
U 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 375 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.4: Resistenza indotta 375

Come si può vedere, anche l’angolo d’incidenza indotta αind (z) ha lo stesso segno
della velocità indotta vind (z) e quindi anche della circolazione Γ (z). Si ricorda che
α rappresenta l’angolo compreso fra il profilo e la direzione dell’asse x ed è positivo
se antiorario.
Considerando ancora la stessa figura, possiamo allora introdurre l’angolo
d’incidenza effettivo, che si indica con αeff e che è definito da

b
αeff (z) = α(z) + αind (z), |z| ≤ .
2

Notiamo che mentre α(z) rappresenta una funzione nota, la funzione α ind (z), e
quindi anche vind (z), sono invece da determinare.

8.4 Resistenza indotta


La variazione nella direzione della velocità incidente in corrispondenza del profilo
nelle varie sezioni dell’ala ricavata nel paragrafo precedente, produce effetti di
grande importanza sul funzionamento di un’ala di apertura finita.
Innanzitutto, poiché l’angolo d’incidenza effettivo a cui è sottoposto il profilo di
ogni sezione dipende dalla sua posizione z in apertura, si crea un legame inscindibile
fra la distribuzione di portanza sull’ala e la distribuzione di circolazione nella scia.
Inoltre, poiché il vortice portante è investito da una velocità ‘ruotata’ dell’angolo
d’incidenza indotta, anche la direzione della forza portante risulterà ruotata dello
stesso angolo, in virtù del teorema della portanza di Kutta–Joukowsky dimostrato
nel paragafo 7.4, per il quale la forza generata da una corrente incomprimibile e
irrotazionale su qualunque cilindro è diretta normalmente alla velocità incidente sul
y
l(z) cilindro.
Sia allora l(z) la portanza per unità si apertura generata dal profilo in cor-
rispondenza della sezione z, come mostrato nella figura 8.11. Per il teorema di
x Kutta–Joukowsky, la portanza per unità di apertura è
αind (z)
u(z)

l(z) = ρ u(z)  (z).


Figura 8.11 Scomposizione della
portanza lungo le coordinate cartesiane La forza corrispondente è normale al vettore velocità u(z), somma vettoriale della
in corrispondenza della sezione z di velocità del campo lontano e della velocità indotta, come mostrato nella figura 8.11,
un’ala di apertura finita per cui la portanza l(z) può essere scomposta nelle due direzioni x e y, rispettiva-
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 376 colore nero Maggio 31, 2006

376 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

mente parallela e normale alla velocità asintotica U:

`x (z) = −`(z) sin αind (z) = −|l(z)| sin αind (z),


` y (z) = `(z) cos αind (z) = |l(z)| cos αind (z),

e, in virtù del teorema della portanza,

`x (z) = ρ |u(z)| Γ (z) sin αind (z),


` y (z) = −ρ |u(z)| Γ (z) cos αind (z).

Poiché, come anticipato, la circolazione, la velocità indotta e l’angolo d’incidenza


indotta hanno sempre lo stesso segno, la componente della forza in direzione x è
sempre positiva e costituisce dunque in ogni caso una resistenza, alla quale si dà il
nome di resistenza indotta.
La presenza di una componente ` x (z) non nulla nella corrente attorno all’ala di
apertura finita significa che questa corrente incomprimibile inviscida non soddisfa
almeno una delle ipotesi alla base del paradosso di d’Alembert. Infatti, a causa della
presenza della scia a valle dell’ala e dell’estendersi della scia all’infinito, la corrente
non diventa uniforme allontanandosi dal corpo in qualunque direzione dello spazio.

8.5 Teoria della linea portante


Il modello adottato fin’ora, quello che prevede la presenza di un unico filamento
vorticoso di circolazione costante, è molto grossolano. Si può vedere, analizzando
la formula che fornisce l’angolo di incidenza indotta, che se un’ala fosse effettiva-
mente rappresentabile come un vortice portante di circolazione costante, i profili
lungo l’apertura lavorerebbero con angoli di incidenza differenti, che si avvicinano
a −90◦ man mano che ci si avvicina all’estremità dell’ala. Questa previsione del
modello non è molto soddisfacente e in particolare ci fa intuire che anche per
un’ala rettangolare non svergolata, la forma più semplice, la distribuzione di circo-
lazione in apertura non sarà costante. Questo è effettivamente quello che si osserva
sperimentalmente.
Questo ragionamento ci porta a concludere che lo schema del vortice a U con
distribuzione di Γ (z) uniforme lungo tutta l’ala è davvero troppo grossolano per
descrivere in maniera adeguata il comportamento di un’ala reale. D’altronde, fin
dall’inizio, avevamo osservato che, a causa della discontinuità al bordo d’uscita
fra la velocità dell’aria proveniente dal dorso e la velocità dell’aria proveniente dal
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 377 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.5: Teoria della linea portante 377

ventre, si generava una superficie di discontinuità della componente orizzontale


della velocità dietro il bordo d’uscita. Proviamo dunque a delineare un modello pi ù
accurato che tenga conto di questa osservazione.
Incominciamo con l’osservare che l’ipotesi fatta di circolazione costante lungo
il vortice portante può essere rilassata se supponiamo che le variazioni di circo-
lazione al suo interno si ritrovino nella scia. Quindi esisterà un legame fra la
circolazione Γ (z) del vortice portante e la circolazione per unità di apertura γ (z)
presente nella scia, che indicheremo pertanto con γscia(z). Si noti che la distribuzione
di circolazione γscia (z) si riferisce a semi-vortici rettilinei nella direzione del moto
e non deve essere confusa con la variabile γ (x) usata nella teoria dei profili sottili
che riguardava invece dei vortici rettilinei diretti perpendicolarmente al piano del
moto bidimensionale.
Determiniamo ora un legame fra le due variabili Γ (z) e γscia (z) in modo tale che
i teoremi sui vortici filamentosi siano soddisfatti. Consideriamo due punti vicini sul
vortice portante, di coordinate z e z + ∆z rispettivamente. La circolazione nei due
punti sarà rispettivamente Γ (z) e Γ (z + ∆z). Per il teorema sulla conservazione
della circolazione nei tubi vorticosi alla variazione di circolazione nel vortice por-
tante Γ (z + ∆z) − Γ (z) deve corrispondere una medesima circolazione nella scia.
Essa sarà costituita, per il nostro modello, da una circolazione per unità di apertura
della scia γscia (z) distribuita sull’apertura elementare ∆z della scia e sarà quindi
data da γscia (z) ∆z.
Supponiamo γscia (z) positiva se il vettore che la rappresenta ha il verso dell’asse
x, negativa altrimenti. Come mostrato in figura 8.12, una diminuzione della cir-
Γ (z) colazione all’aumentare di z determina una circolazione positiva nella scia, a un
aumento lungo l’apertura della circolazione sul vortice portante corrisponderà in-
vece una circolazione negativa nella scia. Questo ci porta a concludere che la
relazione cercata è
z
Γ (z + ∆z) − Γ (z) = −γscia (z) ∆z,
z + ∆z
x
γscia (z)
da cui si ricava, dividendo per ∆z e passando al limite per ∆z → 0,
z
dΓ (z)
= −γscia (z).
Figura 8.12 Legame fra andamento dz
della cicolazione Γ (z) attorno a una
sezione deell’ala finita e la Per comprendere meglio la presenza del segno negativo nell’equazione precedente
distribuzione della circolazione per possiamo ragionare utilizzando dei vortici a U. Supponiamo di affiancare due vor-
unità di apertura γscia (z) dei vortici tici a U di diversa intensità, rispettivamente Γ1 e Γ2 , i cui vortici portanti siano
semi-rettilinei della scia disposti sull’asse z. Il verso positivo della circolazione è rappresentato dalle frecce.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 378 colore nero Maggio 31, 2006

378 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Supponiamo che Γ1 > Γ2 > 0 e avviciniamo i due vortici fino a far coincidere il
vortice di scia sinistro del primo, che ha intensità Γ1 positiva perché il suo verso è
concorde con quello dell’asse x, con il vortice di scia destro del secondo vortice, di
intensità −Γ2 nella convenzione di segno adottata. Questa operazione ci porta ad
avere un unico vortice portante con circolazione che aumenta bruscamente da Γ 1 a
Γ2 . In corrispondenza dell’aumento della circolazione del vortice portante abbiamo
un vortice di scia di intensità −Γ2 + Γ1 , ottenuto dalla somma algebrica dei vortici
di scia dei due vortici a U considerati, che è negativo per le ipotesi fatte.

8.6 Equazione della linea portante (integro-differenziale)


Una volta ottenuta la relazione che lega la distribuzione di circolazione Γ (z) lungo
l’apertura del vortice portante con la distribuzione di circolazione γ scia (z) per unità
di apertura nella scia, dobbiamo ricercare un’equazione che ci permetta di ricavare
l’incognita Γ (z) una volta assegnata la geometria dell’ala, la sua incidenza geomet-
rica e naturalmente la velocità della corrente lontano da essa.
Per far questo introduciamo alcune ipotesi semplificative. Innanzitutto sup-
poniamo che sia applicabile la teoria dei profili sottili in ogni sezione dell’ala. In
questo caso il coefficiente di portanza del profilo relativo alla sezione z sarà dato
dalla relazione
 
c` (z) = 2π αeff (z) − α`=0 (z) .
Il coefficiente di portanza è stato scritto in funzione dell’angolo di incidenza efficace,
poiché questo è l’angolo d’incidenza con cui il fluido lambisce il profilo.
D’altra parte, ricordando il teorema di Kutta–Joukowsky il coefficiente adi-
mensionale di portanza è definito da
−ρ |u| Γ 2Γ 2Γ (z)
c` = =− ⇒ c` (z) = − .
1
2
ρ |u| c
2 |u| c |u(z)| c(z)
Sostituendo l’espressione di c` (z) nell’equazione precedente si trova il legame fra
la circolazione e l’angolo d’incidenza, che risulta essere
Γ (z)
= −αeff (z) + α`=0 (z).
π |u(z)| c(z)
Possiamo a questo punto sostituire all’angolo d’incidenza efficace α eff (z) la sua
espressione ricavata in precedenza, αeff (z) = α(z) + αind (z), ottenendo
Γ (z)
+ αind (z) = −α(z) + α`=0 (z),
π |u(z)| c(z)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 379 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.6: Equazione della linea portante (integro-differenziale) 379


dove, come già visto, αind (z) = tan−1 vind (z)/U .
Avendo supposto valida la teoria dei profili sottili, l’angolo d’incidenza geo-
metrica e l’angolo d’incidenza indotta devono essere piccoli. Questo ci consente di
approssimare la tangente di un angolo con l’angolo stesso, per cui scriviamo

αind (z) ' vind (z)/U,

e anche di considerare la velocità indotta vind (z) trascurabile rispetto a quella asin-
totica, per cui

|u(z)| ' U.

Di conseguenza la relazione contenente l’incognita Γ (z) diventa

Γ (z) v (z)
+ ind = −α(z) + α`=0 (z).
πU c(z) U

Rimane ora il problema di determinare la velocità vind (z) indotta dalla scia di
Prandtl. Per fare questo possiamo utilizzare le relazioni viste in precedenza per
i semi-vortici rettilinei. In questo caso un tratto di apertura infinitesima dζ della
scia, in corrispondenza della coordinata z = ζ , si comporterà come un semi-vortice
rettilineo, e darà un contributo alla velocità indotta nel punto z
γscia (ζ ) dζ 1
dvind (z) = − ,
4π z−ζ
dove il segno negativo è dovuto al fatto che il contributo della velocità verticale è di-
retto in senso opposto al verso positivo dell’asse z, come mostrato nella figura 8.13.
Introducendo la relazione fra la derivata della circolazione sul vortice portante e
y la circolazione per unità di apertura nella scia ricavata nel paragrafo precedente, si
ottiene, come mostrato nella figura 8.13,
1 dΓ (ζ ) dζ
dvind (z) = .
ζ x 4π dζ z − ζ
Integrando su tutta l’apertura alare il contributo di ciascun elemento della scia, si
z
ottiene l’espressione della velocità indotta
z dζ
dvind (z) Z b/2
1 dΓ (ζ ) dζ
vind (z) = − .
Figura 8.13 Contributo alla velocità 4π −b/2 dζ z − ζ
indotta dovuta a una circolazione
elementare della scia
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 380 colore nero Maggio 31, 2006

380 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

R
Si noti il simbolo di integrazione adottato −. Poiché la funzione integranda ha una
singolarità non integrabile del tipo 1/z, il suo integrale di Riemann non esiste. Del
resto la singolarità non ha luogo nella realtà essendo presente la viscosità a smorzare
le velocità nel nucleo del vortice. Si adotta per questo motivo un’integrazione nel
senso del valore principale secondo Cauchy, per la quale le due aree infinite ma di
segno opposto sottese dalla funzione integranda si cancellano vicendevolmente.
L’espressione integrale di vind (z) può essere sostituita nell’equazione per Γ (z)
per ottenere un’equazione in questa sola incognita
Z b/2
Γ (z) 1 dΓ (ζ ) dζ
+ − = −α(z) + α`=0 (z).
πU c(z) 4πU −b/2 dζ z − ζ

Questa equazione è nota come equazione della teoria della linea portante di
Prandtl–Lanchester. Essa consiste in un legame che deve essere soddisfatto, per ogni
valore di z nell’intervallo [−b/2, b/2],dalla funzione incognita Γ (z) da determinare
nello stesso intervallo. L’equazione è integro-differenziale in quanto sotto il segno
d’integrale compare la derivata della funzione incognita Γ (z). Notiamo che si
devono imporre condizioni supplementari agli estremi dell’intervallo per avere una
soluzione unica, proprio come nel caso dell’equazione integrale per i profili sottili
dove era necessaria la condzione di Kutta. La condizione appropriata dal punto di
vista fisico richiede che la circolazione si annulli alle estremità dell’ala, ovverosia:

Γ (±b/2) = 0.

Come l’equazione integrale della teoria dei profili sottili studiata nel capitolo prece-
dente, anche l’equazione integro-differenziale della teoria della linea portante è
lineare e ha un nucleo debolmente singolare. A causa di questo secondo fatto
l’integrale che compare nell’equazione deve essere inteso nel senso di Cauchy:
il punto singolare ζ = z richiede infatti a considerare separatamente i due in-
Rz R b/2
tegrali −b/2 e z , ed entrambi risultano in generale divergenti. L’operazione
d’integrazione nel senso di Cauchy (indicata dal simbolo col trattino) consiste nel
R z− R b/2
calcolare il limite della somma dei due integrali −b/2 e z+ per  → 0+ .

Osservazione La presenza delle due funzioni Γ (z) e c(z) nel primo termine
dell’equazione considerata ha significati molto diversi. La funzione c(z) è una
funzione nota, come le altre due, α(z) e α`=0 (z) che compaiono nel secondo mem-
bro, mentre la funzione Γ (z) è l’incognita dell’equazione integro-differenziale. La
variabile z deve apparire esplicitamente dato che nelle equazioni integrali esiste
sempre una variabile libera.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 381 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.7: Caratteristiche aerodinamiche dell’ala 381

8.7 Caratteristiche aerodinamiche dell’ala


La soluzione Γ (z) dell’equazione della linea portante permette di determinare le
caratteristiche aerodinamiche dell’ala di apertura finita. Per prima cosa abbiamo
l’angolo d’incidenza indotta
Z b/2
v (z) 1 dΓ (ζ ) dζ
αind (z) = ind = − .
U 4πU −b/2 dζ z − ζ
Inoltre si potranno calcolare le seguenti quantità aerodinamiche nella loro versione
locale e globale:
1. La distribuzione della portanza locale per unità di apertura in base al teorema
della portanza di Kutta–Joukowski
` y (z) = `(z) cos αind (z)
' `(z) = −ρU Γ (z).
Per indicare la portanza usiamo la lettera `, che è molto diffusa nella letteratura
aeronautica per aderenza al termine inglese lift.
2. La portanza totale dell’ala, ottenuta integrando la relazione precedente,
Z b/2 Z b/2
L≡ ` y (z) dz = −ρ U Γ (z) dz.
−b/2 −b/2

Da questa quantità si ricava il coefficiente di portanza dell’ala finita


Z b/2
L 2
CL ≡ 1 =− Γ (z) dz.
2 U S −b/2
2ρ U S

3. La resistenza indotta locale per unità di apertura:


dind (z) = `x (z) = −`(z) sin αind (z)
' −`(z) αind (z) = ρ U Γ (z) αind (z).
Per indicare la resistenza usiamo la lettera d, che è assai diffusa nella letteratura
aeronautica per aderenza al termine inglese drag.
4. La resistenza indotta totale dell’ala. Questa quantità si ottiene integrando
dind (z) lungo tutta l’apertura dell’ala, ottenendo
Z b/2 Z b/2
Dind ≡ dind (z) dz = ρ U Γ (z) αind (z) dz.
−b/2 −b/2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 382 colore nero Maggio 31, 2006

382 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Da questa quantità si ottiene la sua versione adimensionale, chiamata coeffi-


ciente di resistenza indotta
Z b/2
Dind 2
C Dind ≡ 1 = Γ (z) αind (z) dz.
2
ρ U2S U S −b/2

5. Il momento di rollio. Se la distribuzione di portanza sull’apertura non è sim-


metrica rispetto all’asse x, come accade per esempio nel caso di una manovra
di alettoni, si genera un momento di rollio rispetto a tale asse. Il momento
dovuto a un tratto infinitesimo di apertura dz è dato da

d rollio (z) = z ẑ ` y (z) dz ŷ = −ρ Γ (z) U x̂,

essendo ẑ ŷ = −x̂ . Integrando su tutta l’apertura si ottiene


Z b/2 Z b/2
−τrollio x̂ = −x̂ z` y (z) dz = −x̂ −ρ U zΓ (z) dz,
−b/2 −b/2

ovverosia
Z b/2
τrollio = −ρ U zΓ (z) dz.
−b/2

Si introduce poi il coefficiente del momento di rollio:


Z b/2
τrollio 2
Cmom, rollio = 1 2
=− zΓ (z) dz.
2
ρ U Sb U Sb −b/2

6. Il momento di imbardata. Se la distribuzione della portanza lungo l’apertura


alare non è simmetrica rispetto all’asse x, non sarà simmetrica neanche la
distribuzione della resistenza locale indotta per unità di superficie, e in questo
modo si genera un momento di imbardata. Il momento di imbardata per un
tratto infinitesimo di apertura dz è

d imb (z) = z ẑ dind (z) dz x̂.

Essendo poi ẑ x̂ = ŷ, si ha


Z b/2
dτimb (z) ŷ = ŷ z dind (z) dz.
−b/2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 383 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.8: Distribuzione ellittica della portanza 383

D’altra parte risulta dind (z) ≈ −`(z) αind (z) = ρ U Γ (z) αind (z), per cui, inte-
grando su tutta l’apertura, si ottiene

Z b/2
τimb = ρ U zΓ (z) αind (z) dz,
−b/2

da cui si definisce il coefficiente del momento di imbardata

Z b/2
τimb 2
Cmom, imb = 1
= zΓ (z) αind (z) dz.
ρ U 2 Sb U Sb
2 −b/2

Ad esempio, il momento di imbardata di un velivolo è l’effetto indesiderato


associato alla manovra di alettoni che si compensa agendo sul timone di coda
durante l’ingresso in virata. La manovra alettoni di ingresso in virata, infatti,
aumenta il carico su una semiala, quella esterna alla virata, e lo diminuisce
sull’altra, quella interna. A ciò è associato un aumento della resistenza indotta
sulla semiala esterna e una sua diminuzione sulla semiala interna alla virata.
Questa variazione produce un momento di imbardata che tende a far ruotare
il velivolo nel senso opposto a quello della virata, e va dunque compensato
mediante l’azionamento del timone di coda.

8.8 Distribuzione ellittica della portanza


Consideriamo una distribuzione della circolazione nelle varie sezioni dell’ala che
abbia il seguente andamento

q 
2z 2
Γ (z) = Γ0 1 − b
,

dove Γ0 è il valore della circolazione in corrispondenza della sezione centrale


(z = 0) dell’ala. La circolazione varia in modo ellittico con la distanza z lungo
l’apertura: ha il valore assoluto massimo |Γ (0)| = |Γ0 | al centro dell’ala e si annulla
alle due estremità per z = ±b/2. Per questo motivo essa è chiamata distribuzione
ellittica della circolazione, ed è mostrata nella figura 8.14.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 384 colore nero Maggio 31, 2006

384 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Γ (z) `(z)

b b

2 2
z

Γ0

Figura 8.14 Distribuzione ellittica


della circolazione e della portanza, in
condizioni di corrente portante (Γ0 < 0)

La distribuzione ellittica non è stata ricavata come soluzione dell’equazione integro-


differenziale do Prandtl ma abbiamo soltanto supposto che tale distribuzione possa
essere soluzione del problema. Notiamo che Γ0 non è un dato ma solo un ele-
mento della soluzione dell’equazione integro-differenziale e quindi il suo valore è
determinato dall’andamento delle tre funzioni (note) presenti nell’equazione stessa.
Verifichiamo ora quali potrebbero essere le proprietà aerodinamiche di un’ala
con distribuzione ellittica della portanza.
Dato che, in base alla legge della portanza di Kutta–Joukowski, ` = −ρU Γ ,
la portanza locale della distribuzione ellittica di Γ (z) è data da
q
γscia (z) 2
`(z) = −ρU Γ0 1 − 2zb

e quindi anche la distribuzione della portanza è ellittica.


b Per prima cosa determiniamo la velocità verticale indotta. Calcoliamo la
2 derivata della funzione Γ (z)
z
b
− dΓ (z) 4Γ0 z
2 =− 2 q  ,
dz b 2z 2
1− b

che è l’oppost della densità di circolazione γscia (z) ed è mostrata nella figura 8.15.
Figura 8.15 Densità di circolazione Sostituendo la derivata nella definizione della velocità verticale indotta abbiamo
γscia (z) = −dΓ (z)/dz della scia nel Z b/2
Γ0 ζ dζ
caso di distribuzione ellittica della vind (z) = − 2 q 2 .
πb −b/2
circolazione e della portanza in (z − ζ ) 1 − 2ζb
condizioni di corrente portante (Γ0 < 0)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 385 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.8: Distribuzione ellittica della portanza 385

Per calcolare l’integrale è utile considerare il cambiamento di variabili, rappresen-


tato nella figura 8.16.

b
z = − cos θ,
2
θ
z b e quindi introdurre la funzione v̂ind (θ) che esprime la velocità verticale indotta in
b
− funzione della nuova variabile θ, in base alla definizione
2 2

Figura 8.16 Cambiamento di  v̂ind (θ) = vind (z(θ)) = vind cos−1 − 2zb .
variabili z → θ(z) = cos−1 − 2z b della
coordinata in apertura di un’ala finita La nuova variabile che corrisponde alla variabile di integrazione ζ è indicata con
ϑ, per cui

b b
ζ = − cos ϑ e dζ = sin ϑ dϑ,
2 2
e l’integrale precedente diventa
Z π
Γ0 cos ϑ
v̂ind (θ) = dϑ.
2πb 0 cos ϑ − cos θ

Questo integrale corrisponde al caso particolare n = 1 della formula degli integrali


definiti di Glauert incontrati nello studio della corrente attorno a un profilo piatto,
che è ricavata nell’appendice H e che riportiamo per comodità:
Z π
cos(nϑ) π sin(nθ)
dϑ = , n = 0, 1, 2, 3, . . .
αind (z) b 0 cos ϑ − cos θ sin θ
vind (z) −
2
Per n = 1 l’integrale vale quindi π e pertanto si ottiene v̂ind (θ) = vind = Γ0
2b
, ovvero
b
2 Γ0
vind = ,
2b
x
z
per |z| ≤ b/2. Pertanto la velocità verticale indotta in un’ala con una portanza
ellittica è uniforme lungo tutta l’apertura alare (sarà però nulla all’esterno), come
mostrato nella figura 8.17. A sua volta, l’angolo d’incidenza indotta è dato da
Figura 8.17 Andamento costante
della velocità indotta e dell’angolo di vind Γ0
incidenza indotta dell’ala con αind = = ,
U 2U b
distribuzione ellittica della portanza, in
condizione di corrente portante (Γ0 < 0)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 386 colore nero Maggio 31, 2006

386 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

per |z| ≤ b/2, per cui anche l’angolo d’incidenza indotta di un’ala con una portanza
ellittica è uniforme lungo la sua apertura.
Un caso semplice in cui si ha effettivamente la distribuzione ellittica della
portanza si incontra quando l’ala è priva di svergolamento sia geometrico sia aero-
dinamico. In questo caso le due funzioni α(z) e α`=0 (z) sono costanti e anche αind
è costante. Possiamo allora indicare la differenza α(z) − α`=0 (z) come variabile α
e l’equazione integrale nel caso di distribuzione ellittica della circolazione si riduce
a:
q 2
Γ0 1 − 2zb Γ0
+ = −α.
πU c(z) 2U b
Affinché questa equazione possa essere soddisfatta è necessario che anche la corda
abbia una distribuzione elittica in apertura, ossia deve essere
q 2
c(z) = c0 1 − 2zb ,
dove c0 è la corda al centro dell’ala. L’equazione assume allora la forma seguente
Γ0 Γ0
+ = −α
πU c0 2U b
e definisce quindi il valore della circolazione massima per ogni incidenza. Risol-
vendo rispetto a Γ0 si ha

4U b
Γ0 (α) = − α
2 + Rf

dove si è introdotto il rapporto di forma dell’ala ellittica, di superficie S = π


4 bc0 ,

b2 b2 4 b
Rf = = π = .
S 4
bc0 π c0
Determiniamo ora il coefficiente di portanza:
Z b/2
2
CL = − Γ (z) dz
U S −b/2
Z q
2Γ0 b/2 2
=− 1 − 2zb dz
U S −b/2
Z
2Γ0 b π 2 πΓ0
= sin θ dθ =
US 2 0 2U Sb
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 387 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.9: Distribuzione generica della portanza 387

Sostituendo l’espressione Γ0 (α) trovata si ricava

2π Rf
C L (α) = α.
2 + Rf

Infine calcoliamo il coefficiente di resistenza indotta:


Z b/2
2
C Dind (α) = Γ (z) αind (z) dz
U S −b/2
Z b/2 q
2 Γ02 2
= 1 − 2zb dz
U S 2U b −b/2
Z
Γ2 b π 2 πΓ 2
= 20 sin θ dθ = 2 0 .
U Sb 2 0 U S
Ma dalla soluzione Γ0 (α) si ha
π8U 2 b2 π4Rf
C Dind (α) = α2 = α2 ,
2U 2 Sb (2+ Rf ) 2 (2 + Rf )2
ovverosia

4π Rf
C Dind (α) = α2 .
(2 + Rf )2

Esprimendo l’angolo in funzione del coefficiente di portanza

C L2
C Dind = .
πRf

8.9 Distribuzione generica della portanza

Cambiamento di variabili ed equazione trasformata


Consideriamo ora il caso di un’ala le cui caratteristiche geometriche siano supposte
del tutto generali. Ricorriamo ancora allo stesso cambiamento di variabili
b
z = − cos θ
2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 388 colore nero Maggio 31, 2006

388 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

adottato nel caso di andamento ellittico della portanza e mostrato nella figura 8.16.
Introduciamo quindi l’incognita trasformata, ovvero Γ̂ (θ), funzione della nuova
variable θ, definita da

Γ̂ (θ) = Γ (z(θ)) = Γ cos−1 − 2zb .

Riscriviamo l’equazione integro-differenziale della teoria della linea portante in ter-


mini delle nuove variabili introducendo la variabile angolare ϑ legata alla variabile
d’integrazione ζ , mediante lo stesso cambiamento di variabili:

b
ζ = − cos ϑ.
2
Il cambiamento di variabili considerato conduce pertanto all’equazione
Z π
Γ̂ (θ) 1 d Γ̂ (ϑ) dϑ
+ − = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ),
πU ĉ(θ) 2πU b 0 dϑ cos ϑ − cos θ

dove sono state introdotte le seguenti funzioni trasformate dei dati



ĉ(θ) = c(z(θ)) = c cos−1 − 2zb ,

α̂(θ) = α(z(θ)) = α cos−1 − 2zb ,

α̂`=0 (θ) = α`=0 (z(θ)) = α`=0 cos−1 − 2zb .

L’equazione integro-differenziale appena scritta deve essere soddisfatta per ogni


θ nell’intervallo [0, π] e la sua soluzione Γ̂ (θ) è da determinarsi nello stesso
intervallo. Notare che la variabile d’integrazione è indicata dalla lettera greca ϑ,
che è leggermente diversa dalla normale lettera θ utilizzata per rappresentare la
variabile libera dell’equazione integro-differenziale.

Rappresentazione in serie di Fourier della soluzione


La soluzione del caso ellittico, cioè Γ̂ ell (θ) = Γ0 sin θ, unitamente alle condizioni
supplementari agli estremi, Γ̂ (0) = 0 e Γ̂ (π) = 0, suggeriscono di rappresentare
la soluzione del caso generale come una serie di Fourier di soli seni, ovverosia:

X

Γ̂ (θ) = 2U b Bm sin(mθ),
m=1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 389 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.9: Distribuzione generica della portanza 389

dove il coefficiente 2U b è stato introdotto in modo da rendere adimensionali i


coefficienti della serie Bm , m = 1, 2, . . . . Il loro valore è determinato impo-
nendo che la serie soddisfi l’equazione di Prandtl della teoria della linea portante.
Calcoliamo allora la derivata della funzione Γ̂ (θ) da sostituire poi nell’equazione
integro-differenziale. Si ha

d Γ̂ (θ) X∞
= 2U b m Bm cos(mθ).
dθ m=1

Sostituendo nell’equazione della linea portante si ottiene


Z P∞
2b X ∞
1 π
m=1m Bm cos(mϑ)
Bm sin(mθ)+ dϑ = −α̂(θ)+α̂`=0 (θ),
π ĉ(θ) m=1 π 0 cos ϑ − cos θ

ovverosia, scambiando fra loro l’ordine delle operazioni di integrazione e di som-


matoria,
Z π
2b X ∞
1X ∞
cos(mϑ)
Bm sin(mθ) + m Bm dϑ
π ĉ(θ) m=1 π m=1 0 cos ϑ − cos θ

= −α̂(θ) + α̂`=0 (θ).

Ma gli integrali definiti sono proprio quelli di Glauert, riportati nel precedente
paragrafo e in appendice, per cui l’equazione diventa

2b X ∞ X∞
sin(mθ)
Bm sin(mθ) + m Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ),
π ĉ(θ) m=1 m=1
sin θ

ovverosia, scrivendo una sola sommatoria,

X∞   
2b m
+ sin(mθ) Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ).
m=1
π ĉ(θ) sin θ

Questa equazione deve essere soddisfatta in tutto l’intervallo [0, π] in cui sono
definite le tre funzioni ĉ(θ), α̂(θ) e α̂`=0 (θ) che compaiono in essa. Gli infiniti
coefficienti Bm , m = 1, 2, . . . , sono le incognite del problema. Esse compaiono
in modo lineare nell’equazione per cui il problema può essere riguardato come un
sistema di infinite equazioni lineari, una per ogni valore di θ ∈ [0, π], nelle infinite
incognite Bm , m = 1, 2, . . . .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 390 colore nero Maggio 31, 2006

390 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Approssimazione troncata del problema


La risoluzione del problema lineare di “ordine infinito” appena formulato pu ò
essere affrontata in modo approssimato troncando la serie della soluzione Γ̂ (θ) a
un numero finito M di termini, ovvero scrivendo
X
M
Γ̂ (θ) = 2U b Bm sin(mθ),
m=1

per cui la serie dell’equazione contenente infiniti termini diventa una sommatoria
di soli M termini, ossia,
XM   
2b m
+ sin(mθ) Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ).
m=1
π ĉ(θ) sin θ

Le M incognite Bm , m = 1, 2, . . . , M che compaiono nell’equazione saranno


determinate imponendo che essa sia soddisfatta in un insieme discreto di M valori
della variabile θ nell’intervallo [0, π]. Tuttavia, la scelta di questi punti non è ovvia
poiché le due funzioni ĉ(θ1 ) e sinm θ che compaiono fra le parentesi quadre possono
non essere regolari in tutto l’intervallo [0, π]: infatti la seconda funzione diverge
sempre agli estremi mentre la prima funzione può divergere se la lunghezza della
corda tende a zero alle estremità alari.
Per evitare le difficoltà che potrebbero essere causate da un’instabilità numerica
del problema discreto conviene moltiplicare entrambi i membri dell’equazione per
il prodotto ĉ(θ) sin θ e riscrivere l’equazione troncata nella forma seguente
M 
X  
2b  
sin θ + m ĉ(θ) sin(mθ) Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ) ĉ(θ) sin θ.
m=1
π

A questo punto possiamo scegliere una distribuzione di punti nella coordinata θ.


Questa scelta è delicata dal punto di vista numerico poiché una scelta infelice può
portare a difficoltà di malcondizionamento. Inoltre la scelta deve escludere gli
estremi dell’ala: in questi punti infatti la funzione sin(mθ) si annulla rendendo la
relativa equazione singolare. Una buona scelta è quella di prendere punti equis-
paziati in θ che corrispondono ai nodi di quadratura di Gauss–Chebyshev per la
coordinata originaria z, una volta che l’intervallo sia stato normalizzato a [−1, 1]:
θm = (2m − 1)π/(2M), con m = 1, 2, . . . , M. A questi punti corrisponde in-
fatti una costante di Lebesgue relativa alla stima dell’errore di interpolazione che
cresce solo logaritmicamente con il numero di punti, garantendo in questo modo
il buon condizionamento del problema discreto. Imporremo infine che l’equazione
sia soddisfatta in ognuno di essi, per cui avremo M equazioni lineari
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 391 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.9: Distribuzione generica della portanza 391

M 
X  
2b  
sin θn + m ĉ(θn ) sin(mθn ) Bm = −α̂(θn ) + α̂`=0 (θn ) ĉ(θn ) sin θn ,
m=1
π

per n = 1, 2, . . . , M, nelle M incognite Bm , m = 1, 2, . . . , M. Il sistema lineare si


scriverà in forma matriciale:

Ab = d,

dove b = (B1 , B2 , . . . , B M ) è il vettore delle incognite mentre gli elementi della


matrice A e le componenti del termine noto d sono dati da
 
2b
A → an,m ≡ sin θn + m ĉ(θn ) sin(mθn ),
π
 
d → dn ≡ −α̂(θn ) + α̂`=0 (θn ) ĉ(θn ) sin θn .
Si noti che la matrice del sistema lineare è non simmetrica. Naturalmente, au-
mentando l’ordine M del sistema si dovrebbe ottenere una soluzione sempre pi ù
accurata dell’equazione integro-differenziale di Prandtl.

Proprietà aerodinamiche dell’ala


Una volta che la soluzione Γ̂ (θ) è stata trovata, il coefficiente di portanza dell’ala si
calcola integrando la distribuzione della portanza per unità di apertura su tutta l’ala
e adimensionalizzando il risultato nel modo consueto. Si ottiene cosı̀ la relazione
Z b/2
L 2
CL = 1 = `(z) dz
2
ρU 2 S ρU 2 S −b/2
 Z b/2 
2
= −ρU Γ (z) dz
ρU 2 S −b/2
Z
2 b π
=− Γ̂ (θ) sin θ dθ.
US 2 0

Sostituendo l’espansione in serie della soluzione Γ̂ (θ) si ottiene


Z π X ∞
b
CL = − 2U b Bm sin(mθ) sin θ dθ
US 0 m=1
Z π
2b2 X∞
=− Bm sin(mθ) sin θ dθ.
S m=1 0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 392 colore nero Maggio 31, 2006

392 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

Ma per la nota relazione di ortogonalità


Z π
π
sin(mθ) sin θ dθ = δm,1 ,
0 2
tutti i termini della sommatoria sono nulli tranne il primo e quindi risulta
πb2
CL = − B1 .
S
Ricordando il rapporto di forma Rf = b2 /S, il coefficiente di portanza dell’ala si
può scrivere anche come

C L = −π Rf B1 .

Notiamo che, benché C L dipenda solo dal primo coefficiente della serie di Γ̂ (θ),
un valore accurato di C L richiede di risolvere un sistema lineare con un numero M
sufficientemente grande di incognite, Bm , m = 1, 2, . . . , M.
Il calcolo del coefficiente di resistenza indotta è alquanto più elaborato dal
punto di vista dei passaggi analitici, seppur concettualmente analogo al precedente.
Per definizione abbiamo:
Z b/2
Dind 2
C Dind = 1 = `x (z) αind (z) dz
2 ρU S
2 ρU 2 S −b/2
 Z b/2 
2
= ρU Γ (z) α ind (z) dz
ρU 2 S −b/2
Z π
b
= Γ̂ (θ) α̂ind (θ) sin θ dθ.
US 0

Il calcolo dell’integrale richiede di sostituire la serie della soluzione Γ̂ (θ) come


pure l’espressione corrispondente della funzione α̂ind (θ). Quest’ultima, utilizzando
il consueto cambiamento di variabili, è definita da
Z
1 2 π d Γ̂ (ϑ) dϑ
α̂ind (θ) =
4πU b 0 dϑ cos ϑ − cos θ
Z π P
1 2U b ∞ m=1 m Bm cos(mϑ)
= dϑ
2πU b 0 cos ϑ − cos θ
Z π
1X ∞
cos(mϑ) dϑ
= m Bm .
π m=1 0 cos ϑ − cos θ
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PARAGRAFO 8.9: Distribuzione generica della portanza 393

Ricorrendo alla formula dell’integrale di Glauert contenente il coseno si ottiene


infine

X

sin(mθ)
α̂ind (θ) = m Bm .
m=1
sin θ

Sostituendo le due serie nell’espressione di C Dind si ha


Z π  X
∞  X
∞ 
b
C Dind = 2U b Bm sin(mθ) m 0 Bm 0 sin(m 0 θ) dθ
US 0 m=1 m 0 =1
2 X
∞ X
∞ Z π
2b
= Bm m 0 Bm 0 sin(mθ) sin(m 0 θ) dθ.
S m=1 m 0 =1 0

Ricorriamo ora alla relazione di ortogonalità


Z π
π
sin(mθ) sin(m 0 θ) dθ = δm,m 0 ,
0 2

per cui le due sommatorie si riducono a una sola:

πb2 X

C Dind = m Bm2 .
S m=1

Introducendo il rapporto di forma dell’ala, Rf = b2 /S, abbiamo

X

C Dind = π Rf m Bm2 .
m=1

Questo risultato si scrive anche in una forma leggermente diversa separando il


contributo del primo termine della serie da tutti i successivi
 X
∞ 
Bm2
C Dind = π Rf B12 1+ m 2 ,
m=2 B1

e introducendo poi il parametro adimensionale

X∞  
Bm 2
δ= m ,
m=2
B1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 394 colore nero Maggio 31, 2006

394 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

per cui si ha

C Dind = π(1 + δ) Rf B12 ,

ovvero, in funzione del coefficiente di portanza,

C L2
C Dind = (1 + δ) .
π Rf

Dalle formule precedenti, poiché in esse compaiono termini intrinsecamente pos-


itivi, si deduce facilmente che la forza appena calcolata è effettivamente una re-
sistenza, cioè ha verso concorde con quello della velocità del flusso che investe l’ala
e pertanto si oppone al moto dell’ala.
Può apparire strano, in prima istanza, il fatto che utilizzando un modello di
fluido non dissipativo, non viscoso, nasca una forza che si oppone al moto. Dal
punto di vista energetico questo fenomeno può essere spiegato con la necessità, da
parte dell’ala, di mettere in movimento una quantità sempre maggiore di fluido, che
va a costituire la scia di Prandtl. In altre parole, la resistenza indotta pu ò essere
spiegata con il fatto che, a partire dal momento dell’avviamento, la scia continua ad
allungarsi e a essa viene trasferita dall’ala un’energia. L’ala si trova perci ò a dover
compiere un lavoro durante il suo moto il che implica la presenza di una resistenza.
Determiniamo infine i coefficienti del momento di rollio e di imbardata. Essi
si ottengono calcolando rispettivamente il momento delle forze di portanza rispetto
all’asse x e il momento delle forze di resistenza indotta rispetto all’asse y e
adimensionalizzando opportunamente. Effettuando il cambiamento di variabili
nell’espressione del coefficiente di rollio si ottiene

Z b/2
2
Cmom, rollio = − zΓ (z) dz
U Sb −b/2
Z π Z π
b b
= Γ̂ (θ) cos θ sin θ dθ = Γ̂ (θ) sin(2θ) dθ
2U S 0 4U S 0
Z π X∞
b
= 2U B Bm sin(mθ) sin(2θ) dθ
4U S 0 m=1
Z π
b2 X∞
= Bm sin(mθ) sin(2θ) dθ.
2S m=1 0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 395 colore nero Maggio 31, 2006

PARAGRAFO 8.9: Distribuzione generica della portanza 395

Per l’ortogonalità dei coseni, il calcolo degli integrali è immediato e quindi abbiamo

Rf X

π
Cmom, rollio = Bm δm,2 ,
2 m=1 2

da cui otteniamo il risultato


π
Cmom, rollio = R f B2 .
4

Come era lecito attendersi, il momento di rollio è legato ai termini pari della serie
di seni, quelli che corrispondono alle distribuzioni di circolazione, e quindi di
portanza, antisimmetriche rispetto alla mezzeria alare. Un po’ più sorprendente è
che, come nel caso del coefficiente di portanza, il coefficiente di momento di rollio
dipenda solamente dal primo termine pari della serie.
Riguardo il coefficiente del momento di imbardata abbiamo

Z b/2
2
Cmom, imb = zΓ (z) αind (z) dz
U Sb −b/2
Z π
b
=− Γ̂ (θ) α̂ind (θ) cos θ sin θ dθ.
2U S 0

Sostituendo le espressioni della soluzione Γ̂ (θ) e dell’incidenza indotta α̂ind (θ) si


ha

Z π X
∞ X

b2 sin(m 0 θ)
Cmom, imb = − Bm sin(mθ) m 0 Bm 0 sin θ cos θ dθ
S 0 m=1 m 0 =1
sin θ
X
∞ X
∞ Z π
= −Rf Bm m 0 Bm 0 sin(mθ) sin(m 0 θ) cos θ dθ.
m=1 m 0 =1 0

L’integrale si calcola ricordando la relazione trigonometrica di


sin(nθ) cos θ = 1
2 sin[(n + 1)θ] + sin[(n − 1)θ] ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 396 colore nero Maggio 31, 2006

396 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

per cui
Z π
sin(mθ) sin(m 0 θ) cos θ dθ
0
Z
1 π 
= sin(mθ) sin[(m 0 + 1)θ] + sin[(m 0 − 1)θ] dθ
2 0
Z π Z π 
1
= sin(mθ) sin[(m 0 + 1)θ] dθ + sin(mθ) sin[(m 0 − 1)θ] dθ
2 0 0

1 nπ π o π
= δm,m 0 +1 + δm,m 0 −1 = δm,m 0 +1 + δm,m 0 −1 .
2 2 2 4
Pertanto

π X∞
 
Cmom, imb = − Rf Bm+1 m Bm + Bm−1 m Bm
4 m=1

π X∞

=− Rf m Bm [Bm+1 + Bm−1 ,
4 m=1

dove naturalmente B0 = 0, per definizione. Da questa è immediato ricavare

π X∞
Cmom, imb = − Rf (2m + 1)Bm Bm+1 .
4 m=1

Come si vede da questa precedente, i termini che contribuiscono a produrre il


momento di imbardata sono il prodotto di coefficienti consecutivi della serie, os-
sia prodotto di due coefficienti di cui uno relativo a una distribuzione di circo-
lazione simmetrica e uno relativo a una distribuzione di circolazione antisimmet-
rica. Questo vuole dire che, affinché vi sia momento di imbardata, la distribuzione
di circolazione non deve essere né una funzione simmetrica, né una funzione an-
tisimmetrica. Questo è il caso ad esempio di una manovra di alettoni, nella quale
a una distribuzione simmetrica di portanza necessaria al sostentamento del veliv-
olo, si sovrappone una distribuzione non simmetrica dovuta all’azionamento delle
superfici di governo.
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PARAGRAFO 8.10: Ruolo del rapporto di forma 397

Tabella 1. Soluzione dell’equazione integro-differenziale della teoria


 della linea
portante di Prandtl–Lanchester: θ = θ(z) = cos−1 − 2zb .

ala di pianta ellittica ala di pianta arbitraria


q 
2z 2 P∞
Γ (z) Γ0 (α) 1 − b
2U b m=1 Bm sin[mθ(z)]
q 
2z 2 P∞
`(z) −ρU Γ0 (α) 1 − b −2ρU 2 b m=1 Bm sin[mθ(z)]
P∞
vind (z) Γ0 (α)
2b
U m=1 m Bm sin[mθ (z)]
sin θ (z)

P∞
αind (z) Γ0 (α)
2U b = − πCRL f m=1 m Bm sin[mθ (z)]
sin θ (z)

L − π4 ρU bΓ0 (α) − π2 ρU 2 b2 B1

bΓ0 (α)
CL − π2 US = 2π Rf
2+Rf α −π Rf B1

4π Rf C L2 C2
C Dind (2+Rf )2
α2 = π Rf
π (1 + δ) Rf B12 = (1 + δ) π RL f

π
Cmom, rollio 0 4
R f B2
P∞
Cmom, imb 0 − π4 Rf m=1 (2m + 1)Bm Bm+1
P∞ 
Bm 2
Γ0 (α) ≡ − 2+R
4U b
f
α δ≡ m=2 m B1

8.10 Ruolo del rapporto di forma


La tabella sintetica precedente permette di analizzare ora il ruolo giocato da rap-
porto di forma, o allungamento, nel comportamento dell’ala di allungamento finito.
Al fine di semplificare il ragionamento possiamo ragionare a partire dal comporta-
mento di un’ala ellittica, i cui risultati possono essere poi generalizzati per un’ala
qualunque.
Innanzitutto analizziamo la relazione che lega il coefficiente di portanza dell’ala
e l’angolo di incidenza. La relazione riportata in tabella mostra che, per Rf → ∞, la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 398 colore nero Maggio 31, 2006

398 CAPITOLO 8 Correnti aerodinamiche: ali di apertura finita

pendenza della curva C L –α tende a 2π, pendenza caratteristica di un profilo sottile


bidimensionale. Per valori finiti dell’allungamento, la pendenza risulta inferiore a
quella del caso bidimensionale e diminuisce al diminuire dell’allungamento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 401 colore nero Maggio 29, 2006

401

CAPITOLO 9

Correnti comprimibili
non viscose (senza urti)
Introduzione In molti problemi di dinamica dei fluidi non è possibile ritenere che
la densità del fluido sia invariabile. L’abbandono dell’ipotesi di incomprimibilità
rende necessario da un lato includere la legge di conservazione dell’energia, accanto
a quella della massa e all’equazione della quantità di moto, e dall’altro considerare le
proprietà termodinamiche del fluido. Di conseguenza il quadro matematico risulta
assai diverso rispetto al caso delle equazioni per le correnti incomprimibili.
In questo capitolo si presentano le equazioni che governano il moto dei fluidi
comprimibili non viscosi, nei quali cioè le variazioni locali della densità provo-
cano effetti che devono essere tenuti in conto mentre gli effetti della viscosità e
della diffusione del calore nel fluido possono essere trascurati. Le tre equazioni
che esprimono, sotto queste ipotesi, la conservazione della massa, il bilancio della
quantità di moto e la conservazione dell’energia sono note come equazioni di
Eulero comprimibili o anche come equazioni della gasdinamica. Naturalmente
esse devono essere completate mediante le relazioni termodinamiche descriventi le
proprietà del fluido considerato, tipicamente un gas. Da questo punto di vista, le
soluzioni che potranno essere trovate nel caso comprimibile dipenderanno neces-
sariamente dalle proprietà termodinamiche del fluido e quindi saranno più specifiche
di quelle relative ai problemi incomprimibili.
Le correnti reali coinvolgono, come accennato, oltre agli effetti legati alla
comprimibilità del fluido e alle sue proprietà termodinamiche anche le sue caratte-
ristiche dissipative o diffusive. Questi effetti entrano a fare parte del modello
tramite i due coefficienti di viscosità introdotti nel paragrafo 5.10 e un coefficiente di
conducibilità termica. Le equazioni generali della dinamica dei fluidi che includono
tutti questi fenomeni si chiamano equazioni di Navier–Stokes comprimibili e
saranno introdotte solo nel prossimo capitolo.
Per ricavare le equazioni di Eulero comprimibili a partire dalle leggi di con-
servazione seguiremo un procedimento diverso da quello considerato nel caso in-
comprimibile. Infatti, la legge di conservazione dell’energia si esprime in modo
naturale considerando una particella di fluido in moto per tenere conto dei vari
fenomeni che fanno variare la sua energia. Come vedremo, l’analisi del legame fra
la forma globale e quella locale della legge di conservazione dell’energia richiede
di calcolare la rapidità di variazione di un integrale di volume su un dominio di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 402 colore nero Maggio 29, 2006

402 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

integrazione variabile nel tempo. Per questa ragione il primo paragrafo del capitolo
è dedicato alla dimostrazione dell’identità differenziale relativa alla derivata di un
integrale su un volume che si muove nello spazio.
Nel secondo paragrafo, 9.2, si introduce il teorema di trasporto di Reynolds
e si analizza criticamente la relazione che esiste fra questo teorema e l’identità
differenziale stabilita nel paragrafo precedente.
Questa identità è poi utilizzata nei tre paragrafi successivi 9.3–9.5 per esprimere
in forma locale il principio di conservazione della massa, la legge di bilancio della
quantità di moto e la legge di conservazione dell’energia. Nel caso delle prime
due equazioni, relative alla massa e alla quantità di moto, si presenta pertanto una
derivazione diversa ma equivalente a quelle viste nei paragrafi 2.2 e 2.3. Per quanto
riguarda invece la terza equazione relativa all’energia, essa è qui introdotta per la
prima volta. Di essa si forniranno inoltre due versioni differenti, una in termini
della densità di energia totale del fluido l’altra in termini della sua energia specifica
interna.
Il paragrafo 9.6 è dedicato al completamento del sistema di equazioni di Eulero
delle correnti comprimibili per tenere conto delle proprietà termodinamiche del
fluido attraverso le sue equazioni di stato. Le equazioni di Eulero comprimibili
saranno poi scritte sia in forma conservativa sia in forma quasi lineare.
Nei due paragrafi successivi si considerano correnti stazionarie per le quali
conviene scrivere l’equazione di conservazione dell’energia in termini dell’entalpia.
Nel paragrafo 9.7 si introduce la “versione comprimibile” del teorema di Bernoulli
mentre nel 9.8 si studia l’andamento della soluzione lungo una linea di corrente.
Il paragrafo 9.9 presenta una forma approssimata delle equazioni comprimibili
instazionarie, ottenute per mezzo di una linearizzazione, che sono in grado di rap-
presentare la propagazione delle piccole perturbazioni nel fluido. In questo ambito
si introduce la velocità del suono e si usano le equazioni di Eulero linearizzate per
ricavare l’equazione delle onde che governa i fenomeni acustici. Nel paragrafo 9.10
si estende l’idea della propagazione di segnali all’interno del fluido al caso generale
in cui le perturbazioni possono essere di qualunque ampiezza finita.
Nel paragrafo 9.11 si studiano le correnti comprimibili con entropia uniforme e
irrotazionali e si ricava l’equazione che governa il loro potenziale cinetico in regime
sia stazionario sia non stazionario. Nel paragrafo successivo 9.12 si considerano
solo correnti stazionarie (sempre con entropia uniforme e irrotazionali) e si mostra
che, nel caso di moto piano o assisimmetrico, il problema pu ò essere formulato
in termini di due sole incognite scalari, le componenti della velocità. L’ultimo
paragrafo riguarda ancora le correnti comprimibili stazionarie ma considera il caso
più generale di moto rotazionale con entropia variabile nello spazio.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 403 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.1: Derivata di integrali su domini mobili 403

9.1 Derivata di integrali su domini mobili


In questo paragrafo introduciamo un’identità differenziale che esprime la rapidità di
variazione di un integrale di volume esteso su una regione che si muove, eventual-
mente deformandosi, nello spazio tridimensionale con legge di moto assegnata. Il
movimento del dominio di integrazione in ogni istante di tempo è specificato dalla
conoscenza della velocità istantanea di tutti i punti appartenenti alla superficie di
contorno del dominio stesso. La funzione integranda che compare nell’integrale di
volume è in generale un campo scalare che dipende sia dal punto r sia dal tempo t.

Derivata di un integrale su un intervallo variabile


L’identità relativa alla derivata rispetto al tempo di un integrale su un volume
variabile rappresenta la generalizzazione alle tre dimensioni di un noto teorema del
calcolo differenziale di funzioni di una sola variabile. Supponiamo di avere una
funzione f = f (x, t) definita per ogni x appartenente alla retta reale e per ogni
t > 0. Consideriamo un intervallo It = [a(t), b(t)] i cui estremi a e b sono funzioni
del tempo. Abbiamo quindi un intervallo mobile, e su questo prendiamo in esame
il seguente integrale definito
Z Z b(t)
G(t) = f (x, t) dx = f (x, t) dx.
It a(t)

La quantità G(t) definita dall’integrale dipenderà dal tempo per due motivi diversi,
come illustrato nella figura 9.1.

f (x, t + ∆t)

Figura 9.1 Fra gli istanti di tempo t f (x, t)


e t + ∆t, l’integrale della funzione
f (x, t) sull’intervallo mobile
[a(t), b(t)] varia in conseguenza sia del
cambiamento della funzione sia del a(t + ∆t) b(t + ∆t)
movimento degli estremi dell’intervallo a(t) b(t) x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 404 colore nero Maggio 29, 2006

404 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Un contributo alla variazione di G(t) deriva dalla variazione nel tempo della fun-
zione integranda f (x, t). A questo si può aggiungere, eventualmente, una vari-
azione dovuta al cambiamento dell’intervallo d’integrazione i cui estremi a e b
sono mobili. Questi due contributi alla rapidità di variazione di G(t) sono espressi
precisamente nella seguente identità differenziale
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t) db(t) da(t)
f (x, t) dx = dx + f (b(t), t) − f (a(t), t) .
dt a(t) a(t) ∂t dt dt
Questa relazione è nota come teorema di Leibniz si dimostra1 nel seguente modo.
Dalla definizione di derivata abbiamo
dG(t) G(t + ∆t) − G(t)
= lim
dt ∆t→0 ∆t
Z b(t+∆t) Z b(t) 
1
= lim f (x, t + ∆t) dx − f (x, t) dx .
∆t→0 ∆t a(t+∆t) a(t)

Aggiungiamo e sottraiamo la quantità


Z b(t+∆t)
f (x, t) dx,
a(t+∆t)

ottenendo
Z
G(t + ∆t) − G(t) 1 b(t+∆t)
= [ f (x, t + ∆t) − f (x, t)] dx
∆t ∆t a(t+∆t)
Z b(t+∆t) Z b(t) 
+ f (x, t) dx − f (x, t) dx .
a(t+∆t) a(t)

Ma i due ultimi integrali hanno la stessa funzione integranda, con segni oppposti,
e hanno in comune gran parte dell’intervallo di integrazione. Di conseguenza,
R b(t+∆t) R b(t) R b(t+∆t) R b(t) R a(t+∆t) R b(t)
scrivendo a(t+∆t) come a(t+∆t) + b(t) e a(t) come a(t) + a(t+∆t) , la
differenza dei due ultimi termini può essere scritta come differenza di due integrali
su due piccoli intervalli vicini agli estremi di [a(t), b(t)], ovverosia
Z b(t+∆t)
G(t + ∆t) − G(t) f (x, t + ∆t) − f (x, t)
= dx
∆t a(t+∆t) ∆t
Z b(t+∆t) Z a(t+∆t)
1 1
+ f (x, t) dx − f (x, t) dx.
∆t b(t) ∆t a(t)
1
Nel caso particolare di estremi di integrazione “fissi”, i due termini di contorno sono assenti
e l’identità è nota come “teorema di derivazione sotto il segno di integrale”.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 405 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.1: Derivata di integrali su domini mobili 405

Si deve prendere il limite dei tre termini. Il primo termine è semplicemente


Z Z
b(t+∆t)
f (x, t + ∆t) − f (x, t) b(t)
∂ f (x, t)
lim dx = dx.
∆t→0 a(t+∆t) ∆t a(t) ∂t

Il secondo termine, a meno di termini di ordine superiore in |b(t + ∆t) − b(t)|, vale
Z
1 b(t+∆t)
b(t + ∆t) − b(t)
lim f (x, t) dx = f (b(t), t) lim
∆t→0 ∆t b(t) ∆t→0 ∆t
db(t)
= f (b(t), t) .
dt
Analogamente il terzo termine diventa
Z a(t+∆t)
1 da(t)
lim f (x, t) dx = f (a(t), t) .
∆t→0 ∆t a(t) dt

In definitiva:
Z b(t)
dG(t) ∂ f (x, t) db(t) da(t)
= dx + f (b(t), t) − f (a(t), t) ,
dt a(t) ∂t dt dt

che è proprio il teorema di Leibniz.

Osservazione L’operatore di derivazione che compare all’esterno dell’integrale


del membro di sinistra è scritto come derivata ordinaria poiché agisce su G(t) che
è effettivamente una funzione di una sola variabile: infatti il calcolo dell’integrale
definito fa sparire la dipendenza dalla variabile x. Viceversa, sotto il segno di
integrale la derivata rispetto a t è indicata correttamente con il simbolo di derivata
parziale poiché f (x, t) è una funzione di due variabili.
Le derivate di a(t) e b(t) rappresentano le velocità dei due estremi di It in base
alla definizione:
da(t) db(t)
va (t) ≡ e vb (t) ≡ ,
dt dt
per cui l’identità differenziale può essere scritta anche nella maniera “cinematica-
mente più espressiva”
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx + f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t),
dt a(t) a(t) ∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 406 colore nero Maggio 29, 2006

406 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

in cui si evidenzia la velocità istantanea degli estremi dell’intervallo d’integrazione


It = [a(t), b(t)]. Ricorrendo poi alla notazione semplificata degli integrali in
cui si indica il dominio di integrazione e si elimina il corrispondente elemento
infinitesimo, l’identità differenziale può essere scritta più compattamente come
Z Z
d ∂ f (x, t)
f (x, t) = + f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t).
dt It It ∂t

Derivata di un integrale di volume su un dominio variabile


Consideriamo ora un volume Vt mobile nello spazio, come mostrato nella figura 9.2.
Il volume è delimitato da una superficie liscia chiusa St i cui punti si muovono al
tempo t con una velocità assegnata
vS = vS (rS , t),
dove rS ∈ St . Consideriamo poi una funzione scalare f (r, t) dipendente dal tempo
definita in una determinata regione dello spazio tridimensionale al cui interno si
muove Vt . Siamo interessati all’integrale di volume di f esteso alla regione mobile
Vt , ovvero alla funzione
Z
G(t) = f (r, t),
Vt
dove, come di consueto, si è omesso l’elemento di volume infintesimo dV . La
rapidità di variazione di G(t) rispetto al tempo è dovuta sia al fatto che la funzione
integranda dipende dal tempo sia al movimento del volume di integrazione. Vale
infatti la seguente identità differenziale:

Vt+∆t

St+∆t

Vt St

Figura 9.2 Volume che si muove e


si deforma nello spazio
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 407 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.1: Derivata di integrali su domini mobili 407

Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (rS , t) vS n̂,
dt Vt Vt ∂t St

per qualunque funzione liscia f (r, t), dove n̂ indica il versore normale uscente dalla
superficie St e vS rappresenta la velocità dei punti di St .
La dimostrazione di questa identità è semplice. Sia ∆Vt l’insieme dei punti
“spazzati” da St quando il tempo aumenta da t fino a t + ∆t. L’elemento di volume
infinitesimo dV di ∆Vt può essere espresso in termini dell’elemento di area d S di
St mediante la relazione

dV = vS n̂ d S ∆t.

Consideriamo il rapporto incrementale


Z Z 
G(t + ∆t) − G(t) 1
= f (r, t + ∆t) − f (r, t) .
∆t ∆t Vt+∆t Vt

Esprimendo il volume Vt+∆t come “somma” di Vt e ∆Vt , si può scrivere


Z Z Z 
G(t + ∆t) − G(t) 1
= f (r, t + ∆t) + f (r, t + ∆t) − f (r, t) .
∆t ∆t Vt ∆Vt Vt

Aggiungendo e sottraendo nel secondo membro la quantità


Z
1
f (r, t)
∆t ∆Vt

si ottiene
Z
G(t + ∆t) − G(t) f (r, t + ∆t) − f (r, t)
=
∆t Vt ∆t
Z Z
f (r, t + ∆t) − f (r, t) 1
+ + f (r, t).
∆Vt ∆t ∆t ∆Vt

Essendo f liscia, il secondo integrale nel secondo membro → 0 quando ∆t → 0.


Di conseguenza abbiamo
Z Z
G(t + ∆t) − G(t) f (r, t + ∆t) − f (r, t) 1
= + f (r, t).
∆t Vt ∆t ∆t ∆Vt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 408 colore nero Maggio 29, 2006

408 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

St+∆t

St n̂ vS

vS ∆t

Figura 9.3 Elemento di volume


d V = vS n̂ d S ∆t

Quando ∆t → 0 l’ultimo integrale si riduce all’integrale di superficie su St essendo


dV = vS n̂ d S ∆t, come mostrato nella figura 9.3, e quindi abbiamo
Z I
dG(t) ∂ f (r, t)
= + f (rS , t) vS n̂,
dt Vt ∂t St

che è proprio l’identità differenziale da dimostrare.


L’integrale di superficie del membro di destra dell’identità rappresenta il flusso
netto della quantità f che esce dal contorno della regione di integrazione Vt . Si deve
notare che nessuna ipotesi è stata fatta sull’esistenza di qualche campo di velocità
nei punti interni della regione di integrazione. In altre parole, l’identità fornisce
la relazione che è conseguenza sia della dipendenza temporale della funzione inte-
granda sia del moto del solo contorno St , senza avere bisogno di nessuna equazione
di evoluzione per la variabile che costituisce la funzione integranda.
Un’espressione simile vale per l’integrale di un campo vettoriale F(r, t) valutato
su un volume Vt che si muove in una regione dello spazio tridimensionale in cui il
campo è definito:
Z Z I
d ∂F(r, t)
F(r, t) = + F(rS , t) vS n̂.
dt Vt Vt ∂t St

Data la generalità di quanto dimostrato, queste due identità differenziali, che es-
primono la rapidità di variazione di integrali su un volume mobile, permettono di
dedurre le equazioni della dinamica dei fluidi dalle leggi di bilancio della massa,
della quantità di moto e dell’energia.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 409 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.2: Teorema di trasporto di Reynolds: osservazioni 409

9.2 Teorema di trasporto di Reynolds: osservazioni


Notiamo che, avendo considerato Vt come un volume in senso puramente geome-
trico, dotato di moto e soggetto a deformazione, si è potuto introdurre la velocità
vS (rS , t) dei soli punti della frontiera St del volume Vt . In molti testi l’argomento
della derivata degli integrali su volumi che si muovono e si deformano è affrontato in
un modo molto diverso dall’analisi svolta nel precedente paragrafo. Tipicamente,
infatti, si prende in esame una porzione di fluido che al tempo t costituisce un
volume materiale t . L’impiego del carattere speciale serve a ricordare che si
considera una przione del fluido in movimento. Il moto del fluido in tutti i punti
della regione da lui occupata è dato dal campo di velocità u(r, t) e naturalmente
tale velocità definita anche nei punti appartenenti al volume t della porzione di
fluido considerata. Nell’ambito di questo schema materiale, si incontra la seguente
relazione
Z Z  
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + ( f (r, t) u(r, t)) , 

dt t 

t
∂t 

nota con il nome di teorema di trasporto di Reynolds. In questa relazione t è


una porzione qualsiasi del fluido che si muove con velocità u(r, t) mentre f (r, t) è
un campo scalare differenziabile noto, che rappresenta qualche proprietà fisica del
fluido.
In virtù del teorema della divergenza, si osserva come il teorema di trasporto
di Reynolds diventi l’identità differenziale che esprime la derivata dell’integrale su
un volume mobile. Infatti risulta
Z Z Z
d ∂f
f = + ( f u) 

dt t 

t
∂t t
 

Z I
∂f
= + f | t u | t n̂,
∂t
 




t t

dove t = ∂ t . Siccome t è una porzione di fluido, la velocità u| t sulla sua




superficie coincide con la velocità vS (rS , t) dei punti del contorno t , per cui avremo 

Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (r| t , t) vS (rS , t) n̂,
dt ∂t



 

t t t

che è proprio l’identità differenziale stabilita nel precedente paragrafo, riferita qui
al volume materiale t .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 410 colore nero Maggio 29, 2006

410 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Il teorema di trasporto di Reynolds da cui siamo partiti ha un aspetto piuttosto


sorprendente: la derivata dell’integrale sul volume variabile risulta dipendere dalla
conoscenza del valore di ( f u), e quindi in particolare anche di u, in tutti i punti


interni alla regione di integrazione. Ciò è paradossale dato che solo la velocità dei
punti del contorno dovrebbe influire sulla rapidità di variazione dell’integrale. La
spiegazione del paradosso va ricercata nella presenza della divergenza nel termine
considerato per cui l’uso del teorema della divergenza mostra la sua effettiva in-
dipendenza dalla velocità locale u(r, t) nei punti interni di t . In base a questa
osservazione, si constata che il teorema di trasporto di Reynolds non rappresenta
una relazione effettivamente primitiva per caratterizzare la derivata di un integrale
su un volume variabile.
Notiamo che talvolta il teorema di trasporto è scritto scorrettamente, indicando
la derivata davanti all’integrale del primo membro con il simbolo di derivata parziale,
ossia,
Z Z  
∂ ∂f
f = +  ( f u) ←− Sbagliato!
∂t 

t


t
∂t

L’errore consiste nel trascurare che l’integrale, una volta calcolato, risulta essere
funzione solo della variabile t per cui la derivata rispetto al tempo dell’integrale del
membro di sinistra è semplicemente una derivata ordinaria e non parziale.
In certi casi il teorema di trasporto di Reynolds è espresso in una forma legger-
mente diversa espandendo ( f u) in due termini e ricorrendo alla notazione della


cosiddetta “derivata materiale”, introdotta nel paragrafo 3.1, ovverosia

D ∂
≡ +u  .
Dt ∂t

È allora immediato riscrivere il teorema di Reynolds nella forma seguente


Z Z  
d Df
f = + f  u .
dt 

t


t
Dt

Si noti che, in questa forma, il paradosso appena visto risulta ancora maggiore
poiché ora la derivata dell’integrale sul volume mobile sembra dipendere sia dal
D
valore di u, attraverso la definizione di Dt , sia dal valore di u in tutti i punti 

all’interno della regione di integrazione. Pertanto questa forma del teorema di


trasporto di Reynolds è ancora più lontano dall’idea di costituire una relazione
primitiva della sua forma precedente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 411 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.2: Teorema di trasporto di Reynolds: osservazioni 411

In alcuni testi, purtroppo non pochi,la questione è resa ancora più confusa dall’impie-
go di una notazione scorretta. Infatti, talvolta il teorema di trasporto di Reynolds è
formulato nel seguente modo
Z Z  
D Df
f = + f  u ←− Sbagliato!
Dt 

t


t
Dt

D
ovvero utilizzando lo stesso simbolo Dt sia all’esterno sia all’interno dell’integrale.
D
Una tale espressione è priva di senso dato che l’operatore Dt R è definito per agire
su funzioni di r e t, mentre la funzione fornita dall’integrale t dipende solo dalla 

variabile temporale t e quindi la sua derivata è necessariamente l’usuale derivata


ordinaria dtd . Una variante ancora più stravagante dello stesso errore è costituita dal
D
ricorso a un altro simbolo particolare, differente da Dt , ad esempio t , ma ancora
d
non il corretto dt , per scrivere


Z Z  
Df

f = + f  u ←− Sbagliato!
t 

t


t
Dt

Alla luce di queste osservazioni, si deve affermare che non esiste alcun motivo
per introdurre un simbolo particolare per indicare la derivata rispetto al tempo di
un integrale su un volume mobile: una volta che l’integrale è stato calcolato, il
risultato è una funzione della sola variabile t per la quale il comune simbolo di
derivata ordinaria dtd è l’unico corretto.

Versione alternativa del teorema di trasporto di Reynolds


Esiste un’altra versione (corretta) del teorema di trasporto di Reynolds in cui
compare la densità ρ del fluido. Come la forma originale del teorema, la nuove re-
lazione si riferisce a una variabile scalare f (r, t) che rappresenta una grandezza del
fluido per unità di massa. Ma, diversamente da quella originale, la nuova relazione
contiene anche il campo della densità ρ(r, t) conforme alla legge di conservazione
della massa. La forma alternativa del teorema di trasporto di Reynolds è comunque
enunciata sempre in riferimento a un volume materiale t del fluido in moto con il
campo di velocità u(r, t) e ha la seguente forma:
Z Z
d Df
ρf = ρ .
dt 

t


t
Dt

Prima di dimostrare questa relazione, osserviamo che essa è semplice solo in ap-
parenza in quanto si basa su una serie di ipotesi sottintese che non sono riscontrabili
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 412 colore nero Maggio 29, 2006

412 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

in nessun elemento della sua espressione formale. In effetti il teorema di Reynolds


considerato è valido solo a condizione che le quantità che compaiono in esso sod-
disfino l’insieme dei tre requisiti seguenti:

 t è un volume materiale,




 ∂ρ
+ (ρu) = 0,


 ∂t



 D ≡ ∂ +u

. 

Dt ∂t
Si noti che la seconda relazione è un’equazione che deve essere soddisfatta dalla
coppia di variabili ρ-u, che esprime il principio di conservazione della massa
introdotto nel paragrafo 2.2.
Questa versione del teorema di Reynolds può essere ricavata senza difficoltà
dall’identità differenziale per la derivata di un integrale su un volume variabile con
la funzione integranda f sostituita dal prodotto ρ f . Abbiamo
Z Z I
d ∂(ρ f )
ρf = + ρ f u n̂,
dt t 

t
∂t


∂ t


poiché t si muove con la velocità u del fluido e quindi sul contorno t = ∂ t si 

ha v∂ t = u|∂ t . Utilizzando ora la regola per la derivata (parziale) di un prodotto e




il teorema della divergenza si ottiene:


Z Z   Z
d ∂f ∂ρ
ρf = ρ + f + (ρ f u) 

dt t 

t
∂t 

∂t t


Z  
∂f ∂ρ
= ρ + f + ρu f + f (ρu)  

t
∂t 

∂t
Z     ∂ρ 
∂f
= ρ +u f + f +  (ρu) . 

t
∂t 

∂t

Ma ρ e u soddisfano l’equazione di conservazione della massa per cui la somma


dei due ultimi termini fra parentesi tonde è nulla e abbiamo quindi
Z Z   Z
d ∂f Df
ρf = ρ +u f = ρ  ,
dt t 

t
∂t


t
Dt 

dove nell’ultimo passaggio si è introdotta la notazione della cosidetta “derivata


materiale”.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 413 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.3: Conservazione della massa 413

In conclusione, questa dimostrazione chiarisce che la nuova versione del teorema


di trasporto incorpora la legge di conservazione della massa e quindi è ancora più
lontana dall’idea di rappresentare un’identità differenziale primitiva di quanto non
lo sia la versione originaria di Reynolds, contenente la sola funzione scalare f . Per
tale ragione nel seguito non faremo mai uso del teorema di trasporto di Reynolds
e preferiremo utilizzare le due identità differenziali ricavate nel paragrafo 9.1, che
esprimono la derivata di un integrale su un dominio mobile. Nella prima relazione,
l’integrando è una funzione scalare mentre nella seconda l’integrando è un campo
vettoriale.
Useremo ora queste due identità differenziali per ricavare le equazioni che
governano il moto di un fluido comprimibile cosiddetto ideale, cioè con viscosità e
conducibilità termica nulle. Dedurremo queste equazioni della dinamica dei fluidi
dai seguenti tre principi fisici fondamentali:
• la massa si conserva;
• la rapidità di variazione della quantità di moto di ogni particella di fluido è
uguale alla forza agente su di essa (seconda legge fondamentale della dina-
mica di Newton);
• l’energia si conserva.
Le dimostrazioni relative ai primi due principi sono simili a quelle svolte nei
paragrafi 2.2 e 2.3 dove si era però considerato un volume di controllo V fisso
nello spazio. La dimostrazione relativa al principio di conservazione dell’energia è
invece del tutto nuova. Analogamente all’analisi svolta nel capitolo 2, si mostra la
relazione esistente fra la forma globale e la forma locale delle leggi di conservazione:
tuttavia, la forma globale delle leggi considerata ha ora un carattere pi ù generale di
quella precedente in quanto si riferisce a un volume materiale t mobile invece che
a un volume di controllo V fisso.

9.3 Conservazione della massa


Sia t una determinata porzione di un fluido che si muove nello spazio con una
velocità dipendente dal tempo data dal campo u = u(r, t). Supponiamo che a ogni
istante t la densità di massa del fluido nel punto r sia ρ(r, t). Allora la massa della
porzione di fluido contenuta in t al tempo t è
Z
M t (t) ≡ 
ρ(r, t).
t

Il principio di conservazione della massa applicato alla suddetta porzione di fluido


contenuta in t richiede che M t (t) sia costante, ossia indipendente dal tempo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 414 colore nero Maggio 29, 2006

414 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Infatti, poiché t è un volume di fluido e si muove con la stessa velocità del fluido,
non può esservi flusso di massa attraverso la superficie ∂ t del volume. Il principio
di conservazione è allora espresso dell’equazione
Z
d M t (t) d
= ρ(r, t) = 0
dt dt 

che è la forma integrale (o globale) della legge di conservazione della massa. Si


usa l’espressione “forma integrale” per caratterizzare una legge di conservazione di
una quantità contenuta in una porzione in moto del fluido. Questa forma integrale è
talvolta detta anche “forma primitiva” della legge di conservazione per distinguerla
dalla relazione corrispondente che coinvolge un integrale su un volume spaziale
fisso invece di una porzione di fluido in movimento.
Applichiamo ora l’identità differenziale relativa alla derivata di un integrale su
un dominio mobile vista nel paragrafo precedente, all’integrale sul volume materiale
mobile t , ovverosia,
Z Z I
d ∂f
f = + f v∂ t n̂,
dt t 

t
∂t ∂ t
 

dove v∂ è la velocità dei punti del contorno ∂ t . Nell’analisi moderna la lettera ∂ è


il simbolo standard per indicare la frontiera di un insieme e non deve essere confusa
con la notazione usata per scrivere le derivate parziali. L’identità differenziale
permette di riscrivere la legge di conservazione per la massa di fluido contenuta in
t nel modo seguente
Z I
∂ρ
+ ρ v∂ t n̂ = 0.
t


∂t ∂ t


Ma t si muove in base alla velocità del fluido u per cui v∂ t


è la velocità del fluido
sul contorno di t , ovvero v∂ t = u|∂ t , e quindi 

Z I
∂ρ
+ ρ u|∂ 

n̂ = 0.


t
∂t ∂


t
t

Essendo u definita in tutto il campo di moto del fluido, si può applicare il teorema
della divergenza al termine dell’integrale di contorno per ottenere
Z  
∂ρ
+ (ρu) = 0.


t


∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 415 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.3: Conservazione della massa 415

Per la completa arbitrarietà del volume t del fluido, questa relazione integrale è
equivalente all’equazione
Questa equazione coincide con
quella ricavata nel paragrafo 2.2 ∂ρ
con un ragionamento basato su +  (ρu) = 0,
∂t
un volume di controllo V fisso.
che rappresenta la forma differenziale (o locale) della legge di conservazione
della massa, nota anche come equazione di continuità.
Per chi prediligesse la notazione della cosiddetta “derivata materiale” o “sostan-
D
ziale” Dt ≡ ∂t∂ + u , l’equazione di continuità può essere scritta anche nella


forma equivalente a

+ρ  u = 0.
Dt

Ipotesi di corrente incomprimibile


Introduciamo ora un’ipotesi supplementare sul movimento del fluido. Si richiede,
in modo del tutto arbitrario, che il valore del volume di ogni particella di fluido (ma
non necessariamente la sua forma) rimanga costante durante il suo moto. In termini
matematici si richiede quindi
Z

dV = costante nel tempo,
t

dove t rappresenta un porzione data del fluido in moto. Questa assunzione sul
moto del fluido è nota con il nome di incomprimibilità e una corrente che soddisfa
tale condizione si dice incomprimibile.
L’ipotesi di corrente incomprimibile rappresenta un’assunzione per forza in
contrasto con il sistema completo delle equazioni fluidodinamiche. Questo sistema
comprende da un lato le leggi di conservazione e dall’altro i principi della termo-
dinamica, espressi dalle equazioni di stato del fluido: insieme essi costituiscono un
problema ben posto, avente un numero di equazioni uguale al numero di incognite.
Pertanto, l’aggiunta del vincolo supplementare d’incomprimibilità, da soddisfare in
ogni punto del campo di moto, può essere consentita solo accettando di modificare
il normale quadro teorico fluidodinamico–termodinamico. In effetti il prezzo da
pagare all’introduzione dell’ipotesi d’incomprimibilità della corrente è la perdita di
significato termodinamico della variabile pressione. Nelle correnti incomprimibili
a questa variabile si attribuisce infatti un ruolo del tutto diverso rispetto a quello
giocato nelle correnti comprimibili: la pressione rappresenta un moltiplicatore di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 416 colore nero Maggio 29, 2006

416 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Lagrange, che fornisce i gradi di libertà necessari per potere soddisfare il vincolo
d’incomprimibilità; pertanto, il sistema di equazioni che governano le correnti
incomprimibili non comprende più l’equazione di stato P = P(e, ρ) e la pressione
non rappresenta più la variabile termodinamica intensiva P chiamata comunemente
pressione. Il fatto che si usi lo stesso nome di “pressione” e di solito anche lo
stesso simbolo “P” in entrambi i casi non deve trarre in inganno: la pressione nel
caso incomprimibile è altra cosa rispetto alla pressione termodinamica di un fluido
comprimibile.
La condizione d’incomprimibilità in forma differenziale si ottiene partendo
dall’ipotesi che il volume di ogni particella di fluido sia costante per cui la derivata
temporale dell’ultima relazione è nulla, ossia
Z
d
dV = 0.
dt t 

Ma, per l’identità differenziale della derivata dell’integrale su un dominio mobile,


nel caso particolare della funzione integranda banale f ≡ 1, abbiamo
Z Z I I Z
d ∂1
dV = + 1 v∂ t n̂ = u|∂ t n̂ =


u = 0,

dt t  

t
∂t ∂ t
 

∂ t t


dove v∂ t indica la velocità dei punti del contorno ∂ t. Per la completa arbitrarietà
della porzione t di fluido considerata, segue che

 u = 0,

in ogni punto r nella regione occupata dal fluido e per ogni istante t. Questa
equazione, che impone la divergenza nulla sul campo di velocità, costituisce la ben
nota condizione di incomprimibilità.

Correnti incomprimibili con densità non uniforme


Nel caso di corrente incomprimibile,l’equazione di continuità si semplifica e diventa
∂ρ
+ u ρ = 0.


∂t
Pertanto, per le correnti incomprimibili l’equazione di conservazione della massa ha
la forma di una semplice equazione convettiva per la variabile densità. Ciò significa
che, in questo tipo di correnti, ogni particella del fluido si muove mantenendo per
sempre il valore di densità che aveva in un istante iniziale. In termini più precisi, se
in una corrente incomprimibile la densità del fluido è all’istante t = 0 non uniforme,
ossia
ρ(r, 0) = ρ0 (r) 6= costante,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 417 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.3: Conservazione della massa 417

allora la densità rimarrà non uniforme in ogni istante di tempo successivo, cioè:

ρ(r, t) 6= costante,

per ogni t > 0. È importante notare che nelle correnti incomprimibili l’equazione
di continuità deve in generale essere soddisfatta assieme alla condizione di incom-
primibilità u = 0. Precisamente, nelle correnti incomprimibili con densità non


uniforme, come, ad esempio, nei fluidi stratificati in oceanografia, è necessario in-


cludere e soddisfare entrambe le equazioni. Naturalmente le due equazioni scalari
di conservazione della massa e del vincolo d’incomprimibilità devono essere com-
binate con l’equazione vettoriale della quantità di moto del fluido, che è stata già
ricavata nel paragrafo 3.7 e che sarà riottenuta nel prossimo paragrafo.
Pertanto le equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili con densità
non uniforme nel caso di campo di forze esterne conservative, cioè quando g =
− χ, assumono la forma seguente


∂ρ
+ u ρ = 0, 

∂t
∂u P
+ (u )u + = − χ(r),


 

∂t ρ
 u = 0.

Abbiamo un sistema di tre equazioni (due scalari e una vettoriale) accoppiate, nelle
tre incognite ρ, P e u.

Teorema di Bernoulli per correnti incomprimibili con densità non uniforme


Può forse essere utile ricavare la versione per densità non uniforme del teorema
di Bernoulli per le correnti incomprimibili stazionarie. A tale fine riscriviamo in
forma rotazionale il termine convettivo (u )u dell’equazione della quantità di


moto per una corrente non dipendente dal tempo, ovvero,

1  P
u) u + |u|2 + = − χ(r).


(   

2 ρ

Moltiplicando scalarmente per la velocità e scrivendo assieme due termini con il


gradiente si ha
 
|u|2 u P
+ χ(r) + = 0.


u 

2 ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 418 colore nero Maggio 29, 2006

418 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

D’altra parte, mediante l’identità differenziale


 
P P P
= − 2 ρ


 

ρ ρ ρ

il termine (u P)/ρ può essere sostituito da due termini e l’equazione stazionaria




precedente diventa
 2   
|u| P P
u  + χ(r) + u + 2 u ρ = 0.
 

2 ρ ρ

Ma, per l’equazione di continuità stazionaria u  ρ = 0, l’ultimo termine è nullo


delle correnti incomprimibili, per cui abbiamo
 2 
|u| P
u  + + χ(r) = 0.
2 ρ

Lungo ogni linea di corrente risulta quindi

|u(r)|2 P(r)
+ + χ(r) = Clinea di corrente ,
2 ρ(r)
dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente e
il vettore r è vincolato a percorrere la linea di corrente considerata. Siccome
u ρ = 0, ρ non varia lungo la linea di corrente, per cui ρ = ρ l.c. . Pertanto,


se la linea di corrente è descritta dalla funzione r = r(s), dove s rappresenta una


parametrizzazione qualunque della curva, l’equazione precedente significa che

|u(r(s))|2 P(r(s))
+ + χ(r(s)) = Clinea di corrente .
2 ρ l.c.
Questa relazione costituisce il teorema di Bernoulli per le correnti incomprimi-
bili con densità non uniforme.2

Correnti incomprimibili con densità uniforme


Consideriamo ora il caso in cui la densità del fluido è invece uniforme in un
determinato istante iniziale, ad esempio, per t = 0, ovverosia

ρ(r, 0) = ρ = costante,
2
Gli autori sono grati al professor Aldo Frezzotti per avere segnalato la possibilit à di estendere
il teorema di Bernoulli per correnti stazionarie al caso di densità variabile.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 419 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.4: Equazione di bilancio della quantità di moto 419

allora l’equazione di continuità per le correnti incomprimibili

∂ρ
+u  ρ =0
∂t
[completata eventualmente da opportune condizioni al contorno] sarà soddisfatta
identicamente dalla soluzione ovvia

ρ(r, t) = ρ = costante (sia nello spazio sia nel tempo).

In altre parole, se la densità è uniforme al tempo iniziale, rimarrà tale per sempre.
Ciò significa che, sotto queste condizioni, la variabile ρ non è più un’incognita
del problema e diventa un semplice parametro costante che è stato indicato con
ρ. Contemporaneamente, l’equazione di conservazione della massa è soddisfatta
identicamente e rimane da soddisfare assieme all’equazione della quantità di moto
solo il vincolo d’incomprimibilità  u = 0. Si ottengono cosı̀ le equazioni di
Eulero incomprimibili che governano le incognite velocità u e pressione P. Tali
equazioni sono state anticipate nel paragrafo 2.4 e poi ricavate nel paragrafo 3.3.

Osservazione Nel linguaggio corrente della dinamica dei fluidi la specificazione


“incomprimibile” è usata per indicare una corrente incomprimibile di un fluido
che ha anche la densità uniforme; in questo ambito, il vincolo d’incomprimibilità
 u = 0 è talvolta chiamato, seppure impropriamente, equazione di continuità o di
conservazione della massa. Nel presente testo, in conformità con la nomenclatura
usuale, l’aggettivo incomprimibile è usato spesso nel senso più restrittivo di “cor-
rente incomprimibile di un fluido con densità uniforme”. Viceversa, la situazione
più generale di una corrente incomprimibile nella quale la densità può assumere
valori diversi nello spazio e nel tempo sarà sempre identificata mediante la dizione
“corrente incomprimibile con densità non uniforme o variabile”.

9.4 Equazione di bilancio della quantità di moto


Ritorniamo ora al caso generale di un fluido comprimibile. Esaminiamo la legge
di “conservazione” per la quantità di moto [chiamato (linear) momentum nella
letteratura anglosassone] sempre supponendo di considerare il caso di un fluido
ideale. In base a questa ipotesi, la viscosità del fluido è nulla, o meglio entrambe le
viscosità del fluido comprimibile sono nulle (vedi paragrafo 5.10). Di conseguenza
le forze interne sono dovute solamente all’azione della pressione. Pertanto la forza
agente sulla porzione di fluido contenuta in t comprende un contributo di superficie
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 420 colore nero Maggio 29, 2006

420 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

associato alla pressione P che agisce attraverso il contorno ∂ t e un contributo di


volume dovuto alla forza g per unità di massa che agisce all’interno del volume
di fluido. L’applicazione della seconda legge di Newton dq/dt = F, dove q è la
quantità di moto, alla particella di fluido t fornisce
Z I Z
d
ρu = P [−n̂] + ρg,
dt 

t ∂


t


con il segno negativo nell’integrale di superficie dato che la direzione della normale
unitaria n̂ è sempre verso l’esterno del volume considerato. Usiamo ora l’identità
differenziale relativa alla rapidità di variazione di un integrale di volume di una
quantità vettoriale, stabilita alla fine del paragrafo 9.1, per esprimere il membro di
sinistra della legge di Newton ottenendo
Z I I Z
∂(ρu)
+ ρu v∂ t n̂ = − P n̂ + ρg,


t
∂t ∂ t


∂ t t
 

dove v∂ t è la velocità del contorno del volume materiale mobile. D’altra parte, t
si muove in base al campo di velocità u del fluido, per cui v∂ t = u|∂ t , e quindi 

l’equazione precedente diventa


Z I I Z
∂(ρu)
+ ρu u n̂ = − P n̂ + ρg,


t
∂t ∂ t


∂ t t
 

dove la velocità u|∂ t nell’integrale di superficie del membro di sinistra è stata scritta


come u per semplicità.


Supponiamo ora che il campo di moto sia regolare, cioè senza urti né discon-
tinuità, per cui sono applicabili i teoremi della divergenza e del gradiente. In tale
caso i due integrali di superficie possono essere trasformati in integrali di volume.
Per quanto riguarda l’integrale di superficie che compare nel primo membro, la sua
trasformazione in integrale di volume, sempre sotto le condizioni di regolarità della
corrente considerate, è possibile ricorrendo all’identità seguente
I Z
 
F (G n̂) = F ( G) + (G )F ,  

∂V V
che vale per qualunque coppia di campi vettoriali F e G differenziabili. [Questa
identità è la controparte vettoriale della seguente identità scalare
I Z
 
f G n̂ = f G+G f ,  

∂V V
che, a sua volta, è una conseguenza diretta del teorema della divergenza applicata
al campo vettoriale f G.]
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 421 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.4: Equazione di bilancio della quantità di moto 421

Usando l’identità vettoriale precedente con F = ρu e G = u, ricordando il teorema


del gradiente, i due integrali di superficie si trasformano in integrali di volume e si
ottiene
Z Z Z Z
∂(ρu)  
+ ρu u + (u )(ρu) = −  P+ ρg,  

t
∂t 

t


t t
 

ovvero, raggruppando i vari integrali,


Z   Z
∂(ρu)
+ ρu u + (u )(ρu) +    P = ρg.
t
∂t  

Introduciamo a questo punto la notazione a ⊗ b per indicare il prodotto diretto o


tensoriale, definiamo il tensore simmetrico = ρu ⊗ u, che rappresenta la densit à
di corrente della quantità di moto, avremo la seguente identità differenziale
 =  (ρu ⊗ u) ≡ (u  )(ρu) + ρu  u
≡ ρ(u  )u + u  (ρu).
Allora la forma integrale dell’equazione di bilancio della quantità di moto può
essere scritta come
Z   Z
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P =  ρg. 

t
∂t 

t


Per l’arbitrarietà di t , l’equazione di bilancio della quantità di moto può essere


riscritta nella seguente maniera differenziale
Questa equazione è stata ricavata
senza mai utilizzare l’equazione ∂(ρu)
di conservazione della massa. +  (ρu ⊗ u + P ) = ρg, 

∂t

dove denota il tensore unitario dello spazio tridimensionale. Questa equazione




è la forma conservativa della seconda legge di Newton per il moto del fluido. La
quantità che compare nella divergenza, cioè il tensore simmetrico
≡ + P = ρu ⊗ u + P ,


 

rappresenta il flusso della densità di quantità di moto.


Se invece nella relazione integrale scritta prima di introdurre il tensore si
sviluppa la derivata temporale del prodotto e si usa la seconda forma del termine
 (ρu ⊗ u), si ha
Z   Z
∂u ∂ρ
ρ +u + ρ(u )u + u (ρu) + P =  ρg.  

t
∂t 

∂t t

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 422 colore nero Maggio 29, 2006

422 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Sfruttando l’equazione di conservazione della massa, si ottiene


Z   Z
∂u
ρ −u (ρu) + ρ(u )u + u
 (ρu) + P =
  ρg, 

t


∂t t


per cui due termini si elidono e la relazione di bilancio globale si semplifica in:
Questa forma convettiva Z   Z
dell’equazione di bilancio della ∂u
ρ + ρ (u )u + P =  ρg.


quantità di moto era stata t




∂t t


ricavata nel paragrafo 2.3 con un


ragionamento basato su un Anche in questo caso l’arbitrarietà nella scelta di t permette di dedurre una re-
volume di controllo V fisso e lazione di tipo locale, e precisamente:
utilizzando, proprio come
adesso, anche l’equazione di ∂u
ρ + ρ (u )u + P = ρg.
conservazione della massa.
 

∂t

Questa equazione differenziale rappresenta la forma convettiva dell’equazione di


bilancio della quantità di moto.
D
Sempre a beneficio di coloro che prediligono la notazione dell’operatore Dt ,
riportiamo anche l’equazione di bilancio della quantità di moto in forma convettiva
in cui appare il suddetto operatore:
Du
ρ +  P = ρg.
Dt

9.5 Conservazione dell’energia

Energia totale del fluido


L’energia totale per unità di volume (energia cinetica + energia interna) del fluido,
detta anche densità di energia totate, si indica con E t ed è definita da
1
E t ≡ ρet = ρ|u|2 + ρe
2
dove et e e sono rispettivamente l’energia specifica totale e interna, ossia per
unità di massa. L’indice superiore t è utilizzato per contraddistinguere una quantità
“totale” ed è scritto in modo diverso dalla variabile temporale t per ridurre la
possibilità di confusione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 423 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.5: Conservazione dell’energia 423

Se ora si considera una determinata porzione t di fluido il cui campo di velocità è


u, l’energia totale di questo elemento materiale di fluido è
Z Z  

Et = 1
2
ρ|u| 2
+

ρe .
t t

Equazione della densità di energia totale


Nel caso che stiamo studiando, ovvero quello di un fluido ideale, cioè non viscoso
e che non conduce il calore, l’energia totale della particella di fluido pu ò aumentare
solo a causa del lavoro fatto dalle forze dovute alla pressione agenti su ∂ t e dalle
forze di volume agenti all’interno di t . Pertanto, per il principio di conservazione
dell’energia l’aumento dell’energia totale della porzione di fluido nell’unità di tempo
è uguale alla potenza delle forze angenti su di essa, ovverosia
Z I Z
d
Et = − P u n̂ + ρg u.
dt 

t ∂


t


Esprimendo il membro di sinistra mediante l’identità differenziale della derivata di


un integrale su un volume mobile, si ottiene
Z I I Z
∂ Et
+ E t u n̂ = − P u n̂ + ρg u,


t
∂t ∂ t ∂ t


t
 

dove abbiamo usato di nuovo il fatto che v∂ t = u|∂ t . 

Supponiamo ancora che il campo di moto sia liscio, ovvero senza urti e dis-
continuità, in modo che si possa applicare il teorema della divergenza per ottenere
Z Z Z
∂ Et  
+ (E t u) + (P u) =  ρg u, 

t
∂t t


t


ovverosia
Z   Z
∂ Et
+  ((E t + P)u) = ρg u.


t
∂t 

In virtù dell’arbitrarietà del volume t , questa relazione di bilancio globale fornisce


la seguente equazione di conservazione dell’energia in forma locale
L’equazione dell’energia totale è
stata ricavata senza usare mai ∂ Et
l’equazione di conservazione +  ((E t + P)u) = ρg u.
∂t
della massa.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 424 colore nero Maggio 29, 2006

424 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Equazione dell’energia specifica interna


L’equazione differenziale che esprime la conservazione dell’energia totale per unità
di volume E t può essere espressa in una forma alternativa in termini dell’energia
interna specifica e. Si sostituisce inizialmente
E t = 12 ρ|u|2 + ρe
nell’equazione di E t , ottenendo
∂ 1   1  
ρ|u|2 + ρe + ρ|u|2 + ρe + P u = ρg u.
∂t 2 2


Sviluppiamo le derivate dei prodotti dei vari termini di questa equazione:


|u|2 ∂ρ ρ ∂|u|2 ∂ρ ∂e |u|2 1
+ +e +ρ +  (ρu) + ρu  |u|2
2 ∂t 2 ∂t ∂t ∂t 2 2
+e  (ρu) + ρu  e+  (Pu) = ρg u.
Tenendo conto dell’equazione di conservazione della massa, quattro termini si
semplificano e quindi abbiamo
ρ ∂|u|2 ∂e 1
+ρ + ρu |u|2 + ρu e +  (Pu) = ρg u.  

2 ∂t ∂t 2
Sfruttando le due identità vettoriali seguenti
∂ 1 2 ∂u 
|u| = u e (w ) 21 |u|2 = u (w )u
∂t 2
 

∂t
valide per qualunque coppia di campi vettoriali u e w differenziabili, si ha
∂u ∂e
ρu +ρ + ρu (u )u + ρu e + (Pu) = ρg u.
  

∂t ∂t
Riordinando i termini ed espandendo (Pu) = P u + u P si ha anche
  

∂e ∂u
ρ + ρu e + P  u + u P + ρu
 + ρu (u )u = ρg u,
 

∂t ∂t
ovverosia
 
∂e ∂u
ρ + ρu e + P  u+u ρ  + ρ(u )u + P = u ρg.  

∂t ∂t
In virtù dell’equazione della quantità di moto scritta in forma convettiva il termine
con le parentesi quadre è uguale al secondo membro, per cui, dividendo infine per
L’equazione dell’energia interna la densità, si ottiene l’equazione di conservazione per l’energia specifica interna:
è stata ricavata utilizzando sia
l’equazione di conservazione ∂e P
della massa sia l’equazione di +u  e+  u = 0.
∂t ρ
bilancio della quantità di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 425 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.6: Equazioni di Eulero per correnti comprimibili 425

Osservazione Nell’equazione di conservazione per l’energia interna e non com-


pare il termine della potenza della forza volumica esterna g poiché il lavoro di queste
forze può fare variare solo l’energia cinetica del fluido e non la sua energia interna.

9.6 Equazioni di Eulero per correnti comprimibili


Le equazioni ottenute dai tre principi di conservazione sono accoppiate fra loro e
quindi devono essere risolte in modo simultaneo. Tali equazioni sono state stabilite
nel paragrafi precedenti 9.3–9.5 e sono ora riscritte assieme come un sistema, prima
nella forma conservativa
∂ρ
+ (ρu) = 0

∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u + P ) = ρg
 

∂t
∂(ρet )
+ ((ρet + P)u) = ρg u;


∂t
e poi nella forma convettiva
∂ρ
+ u  ρ+ρ  u = 0,
∂t
∂u P
+ (u )u + = g,


∂t ρ
∂e P
+ u  e+  u = 0.
∂t ρ

Completamento termodinamico
Entrambi questi sistemi consistono di tre equazioni (due scalari e una vettoriale)
ma contengono le seguenti variabili ρ, P, e e u (tre scalari e una vettoriale). Vi è
quindi una incognita scalare in più rispetto al numero di equazioni: occorre quindi
aggiungere un’altra relazione per avere un numero di equazioni pari al numero di
incognite.
Que mancante è fornita da una delle due equazioni di stato che servono a
caratterizzare le proprietà termodinamiche del fluido considerato. In particolare,
se si ricercano soluzioni senza urti o discontinuità, sarà sufficiente considerare la
relazione che fornisce la pressione P del fluido in funzione di e e ρ, ovverosia,
P = P(e, ρ).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 426 colore nero Maggio 29, 2006

426 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Se invece si stanno studiando delle correnti più generali nelle quali sono presenti
onde d’urto e/o discontinuità, occorre includere un’altra equazione di stato. A
esempio, si potrà considerare la relazione che esprime la temperatura in funzione
delle stesse variabili indipendenti e e ρ della precedente equazione di stato, ossia:

T = T (e, ρ).

Equazioni di Eulero: forma conservativa


Completando il sistema delle leggi di conservazione con le relazioni di stato, ot-
teniamo le equazioni di Eulero comprimibili chiamate anche equazioni della
gasdinamica. In forma conservativa le equazioni di Eulero della gasdinamica
saranno pertanto:

∂ρ
+  (ρu) = 0
∂t
∂(ρu)
+  (ρu ⊗ u + P ) = ρg


∂t
∂(ρet )
+  ((ρet + P)u) = ρg u
∂t
P = P(e, ρ) T = T (e, ρ)

dove naturalmente e t = e+ 12 |u|2 . Questa forma delle equazioni è detta conservativa


poiché in ogni equazione la derivata temporale è relativa alla grandezza che si
conserva, ossia massa ρ, quantità di moto ρu ed energia totale ρe t (tutte per unità di
volume) e compare inoltre la divergenza del flusso di ciascuna delle grandezze che
si conservano, ossia il vettore flusso della massa fρ , il tensore flusso della quantità
di moto e il vettore flusso dell’energia totale f E t , definiti rispettivamente da


fρ ≡ ρu,
≡ ρu ⊗ u + P ,


f E t ≡ (E + P)u.
t

Equazioni di Eulero: forma quasi lineare


Se consideriamo invece la forma convettiva, le equazioni di Eulero per le correnti
comprimibili saranno
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 427 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.6: Equazioni di Eulero per correnti comprimibili 427

∂ρ
+u  ρ +ρ  u=0
∂t
∂u P
+ (u )u + =g


∂t ρ
∂e P
+u  e+  u=0
∂t ρ
P = P(e, ρ) T = T (e, ρ).

Osservazione Questa forma delle equazioni di Eulero è detta anche quasi line-
are3 in quanto tutte le derivate delle variabili incognite compaiono solo in modo
lineare nelle varie equazioni. In questa forma le equazioni di Eulero mostrano
chiaramente di costituire un sistema iperbolico non lineare.

Osservazione Le equazioni ottenute direttamente dai principi di conservazione,


senza utilizzare la legge di conservazione della massa per manipolare le equazioni
di bilancio della quantità di moto e dell’energia, costitiscono la forma primitiva
delle equazioni della dinamica dei fluidi. Queste equazioni sono stabilite in modo
indipendente per cui la loro versione approssimata mediante tecniche di discretiz-
zazione è caratterizzata dall’introduzione di errori indipendenti. In effetti, le
equazioni in forma non primitiva, detta anche forma derivata, sono equivalenti
alle loro controparti primitive solo a condizione che l’equazione di conservazione
della massa sia soddisfatta in modo esatto. Ma in un metodo di risoluzione numerico
l’equazione di continuità è normalmente verificata solo in senso approssimato per
cui la forma non primitiva delle altre due equazioni dei fluidi risulta essere un
sostitutivo equivalente solo in un senso approssimato delle leggi di bilancio cor-
rispondenti. La forma primitiva è quindi la più conveniente da cui partire per
sviluppare versioni discretizzate delle equazioni della dinamica dei fluidi. D’altra
canto, questa forma presenta, almeno nel caso delle equazioni dipendenti dal tempo,
la complicazione che i termini evolutivi delle equazioni della quantità di moto e
dell’energia contengono i prodotti ρu e ρe t di incognite invece delle incognite na-
turali u ed et . Quindi per sfruttare pienamente la forma primitiva delle equazioni si
deve affrontare questa complicazione in modo adeguato.

3
La dizione “quasi lineare” contraddistingue la “forma” in cui è scritta un’equazione o un
sistema di equazioni non lineari e non indica un tipo particolare di non linearit à.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 428 colore nero Maggio 29, 2006

428 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Condizioni per le equazioni di Eulero comprimibili


Per risolvere le equazioni di Eulero che governano le correnti comprimibili è ne-
cessario fornire opportune condizioni iniziali e al contorno. Per quanto riguarda
le condizioni iniziali, data la natura evolutiva delle equazioni, è evidente che si
dovranno specificare la distribuzione iniziale delle variabili ρ, u ed e. Le condizioni
iniziali per il problema sono allora semplicemente

ρ(r, 0) = ρ0 (r),
u(r, 0) = u0 (r),
e(r, 0) = e0 (r),

dove ρ0 (r), u0 (r) e e0 (r) sono dei campi assegnati.


La specificazione delle condizioni al contorno è più complicata di quella delle
condizioni iniziali. Innanzitutto si deve distinguere la parte del contorno costituita
da un corpo rigido dalla parte che si trova a grande distanza da esso. Nel caso di
un fluido ideale (ossia non viscoso e con conducibilità termica nulla) comprimibile
su un corpo rigido si può e si deve specificare solo la componente normale della
velocità, che deve essere nulla, cioè:

n̂ u|superficie del corpo = 0,

mentre non si può imporre alcuna condizione per le variabili termodinamiche (né la
densità né l’energia). Di conseguenza, il valore assunto sul corpo da ogni variabile
termodinamica sarà determinato come parte della soluzione del problema. La stessa
cose accade per la componente tangente della velocità, che sarà in generale diversa
da zero: per questo aspetto l’andamento della velocità sulla superficie di un corpo
previsto dalla soluzione delle equazioni di Eulero sarà simile a quello della soluzione
potenziale, cioè il fluido in generale scivola sulla superficie del corpo solido.
A grande distanza dal corpo le condizioni al contorno sono molto complicate e
il loro tipo dipende dal tipo di corrente considerata, ovverosia dalla stessa soluzione
che si sta ricercando. In termini generali, il numero stesso di condizioni al contorno
che si possono/devono imporre nei punti del contorno esterno pu ò variare da zero a 4
o 5 per le correnti in due o tre dimensioni, rispettivamente. Questo numero non è lo
stesso su tutto il contorno e cambia sulle varie parti in cui risulta che esso deve essere
suddiviso in base alla natura locale della soluzione in quella regione. Un’autentica
maledizione, che richiede un’arte alquanto raffinata da parte dell’analista numerico
e non numerico alle prese con i sistemi iperbolici non lineari, quali le equazioni
della gasdinamica. Naturalmente l’analisi delle condizioni al contorno da imporre
nei problemi relativi alle correnti comprimibili va molto al di là degli scopi di questo
corso introduttivo alla dinamica dei fluidi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 429 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.7: Correnti stazionarie: entalpia ed entalpia totale 429

Equazione dell’entropia per correnti non viscose


Dall’equazione che governa l’energia interna specifica, cioè,
∂e P
+u  e+  u=0
∂t ρ
è facile ricavare l’equazione che soddisfa la grandezza entropia specifica s. Sos-
tituendo nella relazione precedente la funzione fondamentale e = e(s, ρ) si ha
       
∂e ∂s ∂e ∂ρ ∂e ∂e P
+ + u s+ u ρ+  u = 0. 

∂s ρ ∂t ∂ρ s ∂t ∂s ρ ∂ρ s ρ
D’altra parte, per definizione risulta
     
∂e ∂e ∂ ẽ(s, v) dv d 1 P
=T e = = −P = 2.
∂s ρ ∂ρ s ∂v s dρ dρ ρ ρ
Sostituendo nell’equazione dell’energia interna abbiamo
∂s P ∂ρ P P
T + 2 +T u s+ 2 u ρ+ u = 0,
  

∂t ρ ∂t ρ ρ
ovverosia
   
∂s P ∂ρ
T +u s + 2  +u ρ +ρ u = 0.  

∂t ρ ∂t
Ma, per la legge di conservazione della massa la somma dei tre termini fra le ultime
parentesi è nulla, per cui
 
∂s
T + u s = 0,

∂t
ovverosia, essendo la temperatura sempre diversa da zero,

∂s
+u  s = 0.
∂t

Questa è l’equazione dell’entropia per le correnti comprimibili non viscose. Tale


equazione stabilisce che le particelle del fluido mantengono inalterata la propria
entropia specifica durante il moto, anche dipendente dal tempo. Nelle correnti
senza discontinuità, questa relazione può essere usata al posto dell’equazione di
conservazione dell’energia, oppure assieme a quest’ultima al posto dell’equazione
di conservazione della massa. Infatti, è facile dimostrare che, se sono soddisfatte
contemporaneamente le due equazioni per e e s, risulta soddisfatta identicamente
anche l’equazione di continuità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 430 colore nero Maggio 29, 2006

430 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

9.7 Correnti stazionarie: entalpia ed entalpia totale


Un caso particolarmente importante di problemi comprimibili è quello delle cor-
renti stazionarie, per le quali le equazioni di conservazione si riducono alla forma
seguente

 (ρu) = 0,
 (ρu ⊗ u + P ) = ρg,


 ((ρe + P)u) = ρg u.
t

L’equazione di conservazione dell’energia nel caso di correnti comprimibili stazio-


narie si può scrivere in un modo alternativo più compatto introducendo la grandezza
termodinamica entalpia. Ricordando che

et = e + 12 |u|2 ,

l’equazione di conservazione dell’energia per correnti stazionarie è equivalente


  
1 P
 ρu e + |u|2 + = ρu g.
2 ρ

Dai principi della termodinamica sappiamo che la variabile entalpia specifica


(ovvero per unità di massa) è definita dalla relazione

P
h =e+ = e + Pv,
ρ

in cui v ≡ 1/ρ rappresenta il volume specifico, per cui si definisce anche l’entalpia
totale specifica del fluido mediante l’ovvia relazione

1 P 1 P
h t = h + |u|2 = e + + |u|2 = et + .
2 ρ 2 ρ

In termini di questa grandezza, l’equazione di conservazione dell’energia per una


corrente comprimibile stazionaria si scrive allora molto semplicemente come

 (ρu h t ) = ρu g.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 431 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.7: Correnti stazionarie: entalpia ed entalpia totale 431

“Equazione di Bernoulli” per correnti comprimibili


Supponiamo ora che la forza specifica esterna dovuta al campo g sia conservativa
e possa quindi essere espressa mediante un’energia potenziale specifica χ, ovvero
g = − χ, per cui scriveremo


 (ρu h t ) = −ρu  χ.

Sviluppando la divergenza del prodotto, si ha la seguente semplificazione

 (ρu h t ) = [  (ρu)] h t + ρu  h t = ρu  ht,

dove abbiamo utilizzato l’equazione di conservazione della massa (ρu) = 0 

per le correnti stazionarie. Di conseguenza, essendo sempre ρ > 0, l’equazione


di conservazione dell’energia per una corrente comprimibile stazionaria assume la
forma

u  h t = −u  χ,

ovverosia

u  (h t + χ) = 0.

Il significato di questa equazione è che la direzione del vettore velocità è perpendi-


colare alla direzione del vettore (h t + χ) in ogni punto e quindi è tangente alle


curve di livello della funzione h t + χ. In altre parole le linee di corrente coincidono


con le curve a valore costante di h t + χ, ossia questa grandezza non varia lungo
ogni singola linea di corrente. Scriveremo questo risultato nella seguente forma

h t + χ = Clinea di corrente ,

dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente
considerata. Questa relazione significa che, se si considera una determinata linea
di corrente rappresentata in forma parametrica da r = r(`), allora vale la relazione

h t (r(`)) + χ(r(`)) = h(r(`)) + 21 |u(r(`))|2 + χ(r(`)) = Clinea di corrente .

Questo risultato è noto come “versione comprimibile” del teorema o equazione


di Bernoulli. La relazione può essere riscritta in maniera più estesa esprimendo
l’entalpia in base alla sua definizione, per cui si ha
P(r(`)) 1
e(r(`)) + + |u(r(`))|2 + χ(r(`)) = Clinea di corrente .
ρ(r(`)) 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 432 colore nero Maggio 29, 2006

432 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

In realtà nelle correnti comprimibili la pressione non è una variabile indipendente


ma una funzione di e e ρ, per cui la relazione precedente significa pi ù precisamente
che

P(e(r(`)), ρ(r(`))) 1
e(r(`)) + + |u(r(`))|2 + χ(r(`)) = Clinea di corrente .
ρ(r(`)) 2

Osservazione Diversamente dal teorema di Bernoulli per le correnti incompri-


mibili visto nel paragrafo 3.6, che è una conseguenza dell’equazione di bilancio
della quantità di moto, la sua “versione comprimibile” è conseguenza delle leggi di
conservazione dell’energia e della massa.
Osservazione La “versione comprimibile” del teorema di Bernoulli ha quattro
elementi di differenza rispetto al teorema stabilito per le correnti incomprimibili,
• è presente il termine supplementare dell’energia interna e,
• la variabile P rappresenta la vera pressione termodinamica,
• la densità ρ è variabile,
• nella relazione sono presenti tre variabili (ρ, |u|, e) invece di solo due (|u|, P).
Tutte le osservazioni precedenti mostrano che è alquanto azzardato mettere sotto
la stessa denominazione di teorema di Bernoulli i due enunciati che si riferiscono
alle correnti incomprimibili e a quelle comprimibili. In effetti, la profonda dif-
ferenza logica degli enunciati è legata alla natura assai diversa della variabile pres-
sione nelle correnti del primo tipo, sulle quali si impone arbitrariamente il vincolo
d’incomprimibilità, rispetto a quelle del secondo tipo, nelle quali si consente alle
proprietà termodinamiche del fluido di svolgere pienamente il proprio ruolo. Per
non dimenticare questa fondamentale differenza in questo testo le varie “versioni
comprimibili” del teorema di Bernoulli sono sempre indicate fra virgolette.

“Bernoulli comprimibile” con entropia uniforme


È possibile ricavare una versione speciale dell’“equazione di Bernoulli comprimi-
bile” valida quando tutte le linee di corrente provengono da una regione in cui
la velocità sia uniforme, diciamo u = costante = U, dove anche le condizioni
termodinamiche siano uniformi e dove il campo di forze esterne sia nullo, di modo
che l’energia potenziale specifica χ è la stessa nella stessa regione. Se indichiamo
con h ∞ e χ∞ i valori costanti delle due variabili nella regione da cui partono le
linee di corrente, il “teorema di Bernoulli comprimibile” permette di scrivere, per
qualunque linea di corrente r = r(`):
h t (r(`)) + χ(r(`)) = h ∞ + 21 |U|2 + χ∞ ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 433 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.7: Correnti stazionarie: entalpia ed entalpia totale 433

dove la costante è la medesima per tutte le linee. Di conseguenza questa relazione


ha il significato generale

h t (r) + χ(r) = h(r) + 12 |u(r)|2 + χ(r) = C,

con C = h ∞ + 12 |U|2 + χ∞ , essendo r un punto che può variare in tutto il campo


di moto. Notiamo che stiamo considerando una corrente comprimibile inviscida
regolare, senza urti o discontinuità di alcun tipo. Di conseguenza l’entropia ha in
tutti i punti lo stesso valore s = costante = s che assume nella zona uniforme da cui
provengono tutte le linee di corrente. La corrente considerata ha quindi un’entropia
uniforme4 in tutto il campo di moto e la relazione appena scritta rappresenta la
versione con entropia uniforme del “teorema di Bernoulli comprimibile”.
Il teorema può essere poi utilizzato per determinare il campo della pressione a
partire da un campo di velocità calcolato in precedenza. A questo scopo è necessario
fare comparire la variabile pressione nella relazione. Siccome nel flusso in esame
l’entropia (specifica) è uniforme, si deve esprimere h in funzione di s oltre che di
P, ricorrendo quindi all’equazione5 di stato h = h(s, P). Potremo allora risolvere
l’ultima equazione rispetto all’entalpia, ottenendo

h(s, P(r)) = C − 21 |u(r)|2 − χ(r),

in ogni punto r del campo di moto.

Coefficiente di pressione per correnti comprimibili


La quantità di maggiore interesse nello studio dei flussi è la pressione nel fluido,
dal momento che l’integrale della pressione sulla superficie di un corpo definisce
la parte non viscosa della forza agente sul corpo. Il modo usuale di esprimere la
pressione è per mezzo di un coefficiente di pressione adimensionale, analogamente
a quanto fatto per i flussi incomprimibili nei paragrafi 4.4 e 4.5.
Il coefficiente di pressione C P in una corrente stazionaria è definito come la
differenza fra la pressione P(r) in un punto r del fluido e il valore della pressione
4
Molti autori usano il termine “omoentropico” per indicare l’uniformità dell’entropia. Noi
preferiamo la dizione esplicita di “entropia uniforme” e porremo molta attenzione a scrivere sempre
il valore assunto dalla variabile s nelle funzioni termodinamiche coinvolte. Infatti, esse sono uni-
vocamente definite solo se è indicata la dipendenza da, in generale, due variabili termodinamiche.
5
L’uso della stessa lettera h per indicare due funzioni differenti, la prima di una variabile
vettoriale, la seconda di due variabili scalari, non è matematicamente corretto ma non dovrebbe
creare confusione in questo contesto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 434 colore nero Maggio 29, 2006

434 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

P∞ a grande distanza dal corpo, normalizzata con il valore dell’energia cinetica per
unità di volume del fluido lontano dal corpo, ovvero, si definisce
 
P(r) − P∞ 2P∞ P(r)
C P (r) = 1 = −1 .
2 ρ∞ U
2 ρ∞ U 2 P∞

Supponiamo ora di considerare una corrente stazionaria comprimibile con entropia


uniforme in assenza di forze esterne, per cui il “teorema di Bernoulli” per le correnti
comprimibili di questo tipo potrà essere scritto nella forma

h(s∞ , P(r)) = h(r) = h ∞ + 12 |U|2 − 12 |u(r)|2 .

Se il campo di velocità u(r) è già stato calcolato, possiamo immaginare di risolvere


questa equazione rispetto al campo della pressione P(r) e scriveremo formalmente
questa soluzione nel modo seguente


P(r) = h −1 −1
s∞ (h(r)) = h s∞ h ∞ + 2 U − 2 |u(r)| .
1 2 1 2

Sostituendo questo risultato nella relazione del coefficiente di pressione avremo:


  
s∞ h ∞ + 2 U − 2 |u(r)|
1 2 1
2P∞ h −1 2
C P (r) = − 1 .
ρ∞ U 2 P∞

Esempio 1 Coefficiente di pressione per il gas ideale politropico


Nel caso di gas ideale politropico l’espressione del coefficiente di pressione pu ò
essere sviluppata opportunamente. Infatti, come mostrato nel paragrafo E.1 dell’ap-
pendice E, per questo tipo di gas risulta
  γ γ−1
P
h(s, P) = h 0 e (s−s0 )/R
,
P0

dove γ = c P /cv è la costante del gas ideale politropico, mentre h 0 , s0 e P0 sono


valori in uno stato di riferimento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 435 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 435

Risolvendo la relazione rispetto a P, si ottiene


  γ γ−1
−(s−s0 )/R h
P(s, h) = P0 e .
h0

Usando questa relazione con s = s∞ ed eliminando s∞ in favore di P∞ mediante


γ
la relazione P∞ = P(s∞ , h ∞ ) = P0 e−(s∞ −s0 )/R (h ∞ / h 0 ) γ −1 , si ottiene
  γ γ−1
h
P(s∞ , h) = h −1
s∞ (h) = P∞ .
h∞

La funzione inversa h −1
s cosı̀ ottenuta è infine sostituita nella relazione del coeffi-
ciente di pressione ottenendo
  γ 
2P∞ h ∞ + 12 U 2 − 21 |u(r)|2 γ −1
C P (r) = −1
ρ∞ U 2 h∞
 1 2 1  γ γ−1 
2 U − 2 |u(r)|
2
2P∞
= + 1 − 1
ρ∞ U 2 h∞
 2    γ γ−1 
2P∞ U |u(r)|2
= 1− +1 −1 .
ρ∞ U 2 2h ∞ U2
√ √
Sfruttando ora le relazioni c∞ = γ P∞ /ρ∞ = (γ − 1)h ∞ per fare comparire
il numero di Mach Ma∞ = U/c∞ della corrente esterna al posto di U , si ottiene la
forma finale del coefficiente di pressione per un gas ideale politropico
    γ γ−1 
2 (γ − 1)Ma2∞ |u(r)|2
C P (r) = 1− +1 −1 .
γ Ma2∞ 2 U2

9.8 Corrente isentropica lungo una linea di corrente


Per le correnti comprimibili stazionarie è possibile ottenere un certo numero di
risultati generali che illustrano la differenza fondamentale fra le proprietà delle
correnti incomprimibili e quelle comprimibili. Per quanto visto nel paragrafo
precedente, le equazioni di Eulero stazionarie per le correnti senza urti si possono
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 436 colore nero Maggio 29, 2006

436 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

scrivere (in assenza di forze esterne) come

 (ρu) = 0,
P
)u + = 0,


(u 

ρ
u  h t = 0,

alle quali si può aggiungere (in sostituzione della prima o della terza) l’equazione
dell’entropia per correnti stazionarie

u  s = 0.

Le ultime due equazioni significano che lungo una linea di corrente

h t = costante e s = costante.

Essendo due relazioni che coinvolgono variabili termodinamiche, parrebbe di potere


dedurre i valori di tutte le altre grandezze termodinamiche lungo la linea di corrente.
Purtroppo ciò non è possibile in quanto l’entalpia totale h t (come peraltro anche
et ) è in realtà una variabile ibrida nel senso che coinvolge anche la velocità u,
dato che h t = h + 12 |u|2 . Di conseguenza queste due relazioni devono essere
combinate con una terza equazione in grado di caratterizzare l’andamento di u
lungo la linea di corrente. D’altra parte, lungo tale linea la direzione della velocità è
sempre tangente, per cui interessa in effetti scoprire come varia la quantità scalare
|u| e quindi abbiamo bisogno solo di un’equazione scalare per chiudere il sistema
per le tre variabili incognite. Vedremo fra un momento che l’equazione richiesta
è fornita semplicemente dalla componente dell’equazione della quantità di moto
nella direzione tangente alla linea di corrente.
Possiamo anche affrontare il problema dello studio della soluzione stazionaria
lungo la linea di corrente analizzando le conseguenze del “teorema di Bernoulli”
comprimibile, ovverosia della relazione:

P(e, ρ) 1 2
e+ + |u| = Clinea di corrente ,
ρ 2

che esprime un legame, lungo la linea di corrente considerata, fra le tre variabili
e, ρ e |u|. Da sola questa relazione permette di determinare una delle tre variabili
in funzione delle altre due. Ma nel caso in esame di corrente senza urti, l’entropia
sulla linea di corrente è costante e quindi si può cercare di tenere conto di tale
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 437 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 437

condizione nella suddetta “legge di Bernoulli”. La maniera pi ù naturale consiste


nell’esprimere l’energia in funzione di s oltre che di ρ, ovverosia nel fare entrare
in scena la relazione fondamentale e = e(s, ρ). È degno di nota il fatto che questa
relazione risulta essere indispensabile per ridurre a due le tre variabili presenti
nella relazione di Bernoulli comprimibile. Come conseguenza, anche la funzione
della pressione P(e, ρ) sarà espressa in termini delle nuove variabili mediante la
composizione di funzioni

P(e(s, ρ), ρ) → P(s, ρ),

che risulta fornire proprio la classica equazione di stato P = P(s, ρ). Con queste
sostituzioni, il “teorema di Bernoulli” comprimibile per la linea di corrente si
scriverà

P(s l.c. , ρ) 1 2
e(s l.c. , ρ) + + |u| = Clinea di corrente ,
ρ 2

dove, per chiarezza, si è introdotto il valore costante dell’entropia specifica sulla


linea considerata:

s = s l.c. .

Questa notazione serve a ricordare che su linee di corrente diverse l’entropia pu ò


avere in generale valori diversi.
In principio, risolvendo la “relazione di Bernoulli” rispetto alla densità, si
dovrebbe potere ricavare la funzione ρ = ρ(|u|) e quindi scoprire come variano le
proprietà termodinamiche del fluido al variare del modulo della velocità. Purtroppo,
nel caso di un fluido dotato di proprietà termodinamiche generiche, sembra molto
difficile, se non impossibile, riuscire a determinare l’espressione analitica esplicita
della funzione ρ = ρ(|u|). Pertanto, per riuscire a scoprire le proprietà del flusso
lungo la linea di corrente, è necessario tenere in conto le conseguenze derivanti
dalla legge di bilancio della quantità di moto.
Ritorniamo pertanto al nostro ragionamento originario e analizziamo alcune
conseguenze generali della relazione che esprime la costanza dell’entalpia totale.
Osserviamo preliminarmente che, se esiste un punto sulla linea di corrente in cui la
velocità si annulla, ovvero un punto di ristagno, allora potremo scrivere

h + 12 |u|2 = h l.c.
0 ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 438 colore nero Maggio 29, 2006

438 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

dove h l.c.
0 è il valore dell’entalpia di ristagno sulla linea di corrente considerata.
La velocità |u| è maggiore nei punti in cui l’entalpia è minore. Il valore massimo
possibile di |u| (sulla linea di corrente considerata, ossia per valori di s l.c. e h l.c.
0
fissati) si ha nel punto in cui h è minima. D’altra parte, a entropia costante si
ha dh = d P/ρ per cui, dato che ρ > 0, le variazioni dh e d P hanno lo stesso
segno e quindi h e P variano nello stesso senso lungo la linea di corrente. [La
relazione dh = d P/ρ = v d P deriva dalla semplice osservazione che dh =
d(e + Pv) = de + v d P + P dv, ma de = ∂e(s,v) ∂v dv = −P dv, se s = costante,
per cui dh = −P dv + v d P + P dv = v d P.] Possiamo quindi concludere che la
velocità lungo una linea di corrente aumenta quando la pressione diminuisce. Da
questo punto di vista il “teorema di Bernoulli” comprimibile dice qualitativamente
la stessa cosa di quello incomprimibile.
Il valore più piccolo possibile della pressione e dell’entalpia si hanno quando
la temperatura assoluta T = 0. La pressione corrispondente è P = 0 e il valore di
h per T = 0 può essere preso arbitrariamente uguale allo zero dell’energia: cosı̀,
h = 0 per T = 0. A questo punto possiamo dedurre il valore massimo possibile
della velocità, per un valore assegnato dell’entalpia di ristagno,
q
|u|max = 2h l.c.
0 .

Questa velocità può essere raggiunta quando il gas fluisce in maniera stazionaria
nel vuoto, supponendo che non abbiano luogo fenomeni di condensazione causati
dalla forte riduzione di temperatura del gas.
Come anticipato, la terza equazione da includere nell’analisi è quella relativa
alla componente della quantità di moto tangente alla linea di corrente in ogni suo
punto. Indicando con ˆ il versore tangente locale, la relazione richiesta è

ˆ P
ˆ (u )u + = 0.


a ρ
ˆ = ˆ


Il significato di questa relazione si chiarisce introducendo un sistema di coordinate


cilindriche locali. In ogni suo punto la linea di corrente è localmente piana e lo-
Figura 9.4 Linea di corrente, calmente approssimabile con una arco di circonferenza, diciamo di raggio a, come
versore tangente e raggio di curvatura mostrato nella figura 9.4. Il sistema di coordinate cilindriche (R, θ, z) relativo a un
dato punto della linea di corrente ha l’asse perpendicolare al piano locale della linea
e passante per il centro di curvatura locale della linea. Le componenti cilindriche
della velocità in questo sistema sono allora u = (u R , u θ , u z ) = (0, u θ , 0), ovvero
ˆ u = ˆ u = u θ . Per semplicità di scrittura scriveremo u θ = u, dovendo


però stare attenti a non interpretare u come la componente cartesiana x di u


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 439 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 439

mentre può essere identificato, a meno di un eventuale segno, con |u|. In base
all’espressione del termine convettivo vettoriale in coordinate cilindriche, il primo
termine dell’equazione precedente vale:
 uθ u R  ˆ
ˆ (u )u = ˆ u u θ +
 

 

R
1 ∂u
=u u=uˆ u=u


 .

R ∂θ
Analogamente per il termine gradiente abbiamo:
1 ∂P
ˆ P= ˆ P=


  .
R ∂θ
Quindi la componente tangente dell’equazione di bilancio della quantità di moto si
scrive
u ∂u 1 1 ∂P
+ = 0,
R ∂θ ρ R ∂θ
ovverosia, introducendo la coordinata curvilinea ` lungo la linea di corrente,
du 1 dP
u + = 0,
d` ρ d`
dove si è usato il simbolo di derivata ordinaria dato che vi è una sola variabile
indipendente (`). L’integrazione di questa equazione differenziale ordinaria, a
partire dalla condizione “iniziale” u = 0 nel punto di ristagno e sotto il vincolo
rappresentato dalle due condizioni di costanza di s e h t , permette di determinare
le variabili del fluido lungo la linea di corrente, ovvero di trovare la soluzione
ρ = ρ(`), u = u(`) ed e = e(`), come pure le altre variabili termodinamiche.
Tuttavia noi siamo interessati a determinare le proprietà generali della soluzione
della corrente comprimibile stazionaria lungo qualunque linea di corrente, indipen-
dentemente dalla sua forma. Pertanto eliminiamo la variabile spaziale indipendente
` per ottenere un’equazione che lega solo le variabili dipendenti, notando che
l’equazione precedente implica il seguente legame differenziale
dP
u du = − ,
ρ
direttamente fra le variabili u, ρ e P lungo la linea di corrente. D’altra parte, come
al solito la pressione è una funzione delle altre variabili termodinamiche e nel nostro
caso s = s l.c. , per cui
∂ P(s, ρ)
dP = dρ
∂ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 440 colore nero Maggio 29, 2006

440 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

e la relazione differenziale trovata diventa

1 ∂ P(s l.c. , ρ)
u du = − dρ.
ρ ∂ρ

Velocità del suono


Si può vedere facilmente che la derivata
∂ P(s, ρ)
∂ρ
ha le dimensioni di una velocità al quadrato. Inoltre il suo segno può essere stabilito
osservando che risulta
∂ P(s, ρ) ∂ P(s, v) dv 1 ∂ P(s, v)
= =− 2 ,
∂ρ ∂v dρ ρ ∂v

per cui è l’opposto di quello della derivata ∂ P(s,v)


∂v , che è a sua volta l’opposto della
derivata seconda della relazione fondamentale rispetto a v: ∂ P(s,v)
∂v = − ∂v∂ ∂e(s,v)
∂v =
2
− ∂ e(s,v)
∂v 2
. Ma, in virtù della seconda legge della termodinamica, la funzione
e(s, v) è concava con la concavità rivolta verso l’alto, per cui risulta

∂ 2 e(s, v)
> 0.
∂v 2
Di conseguenza, si ha sempre
∂ P(s, ρ)
> 0,
∂ρ
per qualunque tipo di fluido ed è sempre possibile estrarre la radice quadrata di
questa quantità per definire la grandezza
s 
∂P
c≡ ,
∂ρ s

che si chiama velocità del suono del fluido. Come sarà mostrato nel paragrafo 9.9,
la stessa grandezza si incontra nello studio delle equazioni che governano le piccole
perturbazioni nel fluido. In quel contesto c risulta avere proprio il significato della
velocità con cui si propagano le piccole perturbazioni.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 441 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 441

In base a questa definizione la relazione differenziale precedente si scrive come


c2 (s l.c. , ρ) dρ ρu
u du = − dρ ⇒ =− 2.
ρ du c
D’altra parte d(ρu) = ρ du + u dρ per cui, utilizzando l’ultima relazione, si ha
 
d(ρu) dρ ρu u2
=ρ+u =ρ −u 2 =ρ 1− 2 .
du du c c
Affinché la funzione c sia definita univocamente occorre indicare entrambe le
variabili da cui può dipendere, per cui l’equazione si scrive più precisamente come
 
d(ρu) u2
= ρ 1 − 2 l.c. .
du c (s , ρ)

Introduciamo ora la densità di corrente o flusso della massa, definita da


j ≡ ρu.
L’equazione differenziale trovata dice allora che j raggiunge un massimo quando
u = |u| = c, ovvero quando la velocità della corrente in un punto diventa uguale alla
velocità del suono in quello stesso punto. Si vede inoltre che, quando la velocità
aumenta lungo una linea di corrente, il flusso di massa aumenta fintanto che la
corrente rimane subsonica, cioè quando |u| < c. Invece, in campo supersonico,
cioè quando |u| > c, il flusso di massa diminuisce al crescere della velocità e si
annulla quando |u| → |u|max .
Nella figura 9.5 si mostra l’andamento tipico di j in funzione della velocità
u = |u| lungo una linea di corrente. Le variabili sono rese adimensionali mediante
i valori critici, che corrispondono al punto di massimo della curva e che saranno
definiti fra un momento. Per confronto si riporta anche l’andamento di j relativo al
caso incomprimibile, nel quale j incompr = ρ u, per cui la funzione è una retta.

j/j∗
incomprimibile


1.00

comprimibile
0.50
Figura 9.5 Densità di corrente della
massa in funzione della velocità lungo
una linea di corrente 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 442 colore nero Maggio 29, 2006

442 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Se la densità del fluido è uniforme, a un aumento della velocità corrisponde sempre


un aumento proporzionale della corrente di massa. Entrambi si verificheranno
contemporaneamente a una riduzione dell’area della sezione della regione in cui
scorre il fluido, come mostrato nel disegno superiore della figura 9.6. Viceversa, se
la sezione aumenta come illustrato nel disegno inferiore, la velocità diminuisce in
modo da mantenere costante la portata del fluido supposto incomprimibile.
La situazione di un fluido comprimibile in regime subsonico è qualitativa-
mente simile al caso incomprimibile ma quantitativamente un po’ più complicata a
Figura 9.6 Velocità in una regione causa della variazione della densità. In primo luogo, la diminuzione della densità,
di corrente convergente (in alto) o rispetto al limite di bassa velocità, implica che all’aumentare della velocità si ha un
divergente (in basso) nelle correnti aumento della densità di corrente inferiore, a parità di velocità, al caso incomprimi-
incomprimibili o comprimibili bile. Simmetricamente, per avere la stessa corrente di massa la velocità del fluido
subsoniche comprimibile deve essere maggiore di quella del fluido incomprimibile.

Condizione sonica e valori critici


Ma la differenza maggiore tra la corrente incomprimibile e quella comprimibile sta
nel fatto che la velocità nel secondo caso può raggiungere un valore nel quale la
diminuzione di ρ provoca una diminuzione della corrente di massa j anche se la
velocità continua ad aumentare. Il valore della velocità per il quale inizia questo
fenomeno corrisponde al massimo di j , ovvero quando la velocità del gas raggiunge
la velocità locale del suono. La condizione considerata è pertando definita da
u ∗ = c∗ e jmax = ρ∗ c∗ ,
dove l’asterisco indica i valori in corrispondenza del punto di massimo. La velocità
u ∗ = c∗ si chiama velocità critica e il raggiungimento di questa condizione di
transizione fra la corrente subsonica e quella supersonica si chiama condizione
sonica. Nel caso generale di gas arbitrario, i valori critici delle quantità dipendono
dalla coppia di valori h l.c.
0 es
l.c.
e sono definiti dal seguente sistema di due equazioni

h ∗ + 21 c∗2 = h l.c.
0 ,

s∗ = s l.c. ,

dove h ∗ = h(s∗ , ρ∗ ) e c∗ = c(s∗ , ρ∗ ). Notiamo che questo sistema si riduce a


un’equazione sola eliminando semplicemente l’entropia, che è una costante nota,
per cui abbiamo la seguente equazione

h(s l.c., ρ∗ ) + 12 c2 (s l.c., ρ∗ ) = h l.c.


0 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 443 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 443

in una sola incognita, ρ∗ . Risolvendo questa equazione rispetto a ρ∗ si ottiene la


densità critica ρ∗ = f (s l.c., h l.c.
0 ) in funzione dei dati termodinamici relativi alla
linea di corrente considerata. Da questa soluzione si ricavano infine i valori critici
anche delle altre grandezze termodinamiche mediante le relazioni di stato

h ∗ = h(s l.c., ρ∗ ),
P∗ = P(s l.c., ρ∗ ),
T∗ = T (s l.c., ρ∗ ).

Figura 9.7 Andamento della Le caratteristiche delle correnti supersoniche sono illustrate nella figura 9.7. Il
velocità nelle correnti supersoniche. In disegno inferiore relativo a una zona di corrente divergente mostra che la velocità
alto: regione di corrente convergente aumenta nel verso della corrente dato che la densità diminuisce e che la portata
con densità che aumenta nel verso della deve rimanere la stessa su ogni sezione dello stesso tubo di corrente. Nel disegno
corrente. In basso: regione di corrente superiore relativo a una corrente convergente, la densità aumenta nel verso della
divergente con densità che diminuisce. corrente e quindi la portata di ogni tubo è costante solo se la velocità diminuisce.
Si può vedere che quando M = u/c < 1 risulta anche u/c∗ < 1, e quando
M = u/c > 1 risulta u/c∗ > 1. Pertanto il numero di Mach M(∗) ≡ u/c∗ basato
sulla velocità critica fornisce un criterio analogo al numero di Mach locale M = u/c
ma è più semplice in quanto c∗ è una costante per la linea di corrente, diversamente
da c che varia lungo di essa.
Il fatto che su una linea di corrente si raggiunga o meno la condizione sonica e
quindi la corrente possa diventare supersonica dipende dalle caratteristiche essen-
zialmente multidimensionali della corrente e, in ultima analisi, dalla forma della
regione in cui scorre il gas. In effetti, la funzione j/j∗ = f (u/u ∗ ) non contiene al-
cuna informazione riguardo la posizione spaziale in cui le varie grandezze assumono
determinati valori. Di conseguenza, l’andamento della soluzione lungo una linea di
corrente potrà essere descritto dal tratto di curva indicato nella figura 9.8.

j/j∗

1.00 3

2
0.50
4
1
Figura 9.8 Densità di corrente della
massa in una corrente solo subsonica 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 444 colore nero Maggio 29, 2006

444 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

I punti consecutivi indicati da 1, 2, 3 e 4 corrispondono a valori successivi della


velocità lungo la linea di corrente e in questo caso la velocità raggiunge un massimo
per poi diminuire. Notare che l’“inversione” della curva non significa che il gas
torna indietro, dato che in ogni caso u > 0, ma solo che la velocità diminuisce dopo
essere aumentata. Questa situazione corrisponde quindi a una corrente comprimibile
sempre subsonica ed è rappresentata schematicamente nella figura 9.9.
Figura 9.9 Corrente subsonica in un Se invece la forma del condotto in cui scorre il gas gli permette di raggiungere
condotto convergente/divergente la velocità sonica, allora avremo la situazione rappresentata nella figura 9.10.
.

j/j∗

3
1.00
2 4

0.50
1
Figura 9.10 Densità di corrente
della massa in una corrente prima
subsonica e poi supersonica 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗

Ora la velocità lungo la linea di corrente è sempre crescente e la densità di cor-


rente, dopo avere raggiungiunto il valore jmax , diminuisce come conseguenza della
riduzione sempre maggiore della densità del gas, nonostante la velocità sia sempre
crescente. La situazione è allora quella di una corrente che è subsonica nel tratto
convergente del condotto ma che, oltre il punto di sezione minima, diventa superson-
ica e lo rimane nel tratto divergente del condotto, come illustrato schematicamente
nella figura 9.11.

Il caso del gas ideale politropico


Applichiamo le relazioni generali stabilite in precedenza al caso particolare del gas
ideale politropico. Dall’appendice E sappiamo che l’entalpia di questo tipo di gas
è data dalla relazione h = c P T = γ γ−1 Pρ e la velocità del suono dalla relazione
c2 = γ P/ρ, per cui si può scrivere h = c 2 /(γ − 1). Di conseguenza la velocità
massima è data da
s
2
|u|max = c0
γ −1
Figura 9.11 Corrente
subsonica/supersonica in un condotto dove c0 è la velocità del suono nelle condizioni del punto di ristagno sulla linea di
convergente/divergente corrente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 445 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 445

Per determinare i valori critici per il gas ideale politropico è necessario ricavare
preliminarmente la forma esplicita delle funzioni

h = h(s, ρ) e c = c(s, ρ).


√ √
Essendo c = (γ − 1)h si ha c(s, ρ) = (γ − 1)h(s, ρ) e l’equazione che carat-
terizza lo stato critico assume la forma

h(s l.c., ρ∗ ) + 12 (γ − 1)h(s l.c., ρ∗ ) = h l.c.


0 ,

ovverosia semplicemente

1
2 (γ + 1)h(s l.c., ρ∗ ) = h l.c.
0 .

Per determinare la funzione h = h(s, ρ), ovverosia equivalentemente h = h(s, v),


si potrebbero utilizzare le due equazioni di stato h = h(s, P) e P = P(s, v) con
cui costruire la funzione composta

h(s, P(s, v)) → h(s, v).

È tuttavia possibile procedere calcolando prima il valore critico di un’altra variabile


più comoda, ad esempio P∗ , e determinare successivamente le altre variabili critiche
mediante le equazioni di stato. In base all’analisi svolta nel paragrafo E.1, la
funzione entalpia del gas ideale politropico è data dall’espressione

  γ −1
P γ
h = h(s, P) = h r e (s−sr )/R
,
Pr

dove le costanti sr , Pr sono i valori delle variabili in un stato di riferimento (qui


indicato con il pedice “r” invece del più usuale 0, che ora si riferisce al punto di
ristagno). La condizione sonica 12 (γ + 1)h(s l.c. , P∗ ) = h l.c.
0 si scrive allora

  γ
(s l.c. −sr )/R P∗ 2h l.c. γ −1
e = 0
.
Pr (γ + 1)h r

Risolvendo rispetto all’incognita prescelta P∗ si ottiene


  γ
−(s l.c. −sr )/R 2h l.c. γ −1
P∗ = Pr e 0
.
(γ + 1)h r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 446 colore nero Maggio 29, 2006

446 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Se ora scegliamo sr = s l.c. e h r = h l.c.


0 , la pressione nello stato di riferimento Pr
coincide con la pressione nel punto di ristagno, che indichiamo con P0 , per cui
otteniamo la soluzione
  γ
2 γ −1
P∗ = P0 .
γ +1

Sfruttando le equazioni di stato si possono ricavare anche le relazioni analoghe per


la densità e la temperatura, che scriviamo assieme per completezza

  1
2 γ −1
ρ∗ = ρ0 ,
γ +1
  γ
2 γ −1
P∗ = P0 ,
γ +1
2
T∗ = T0 ,
γ +1

dove tutte le grandezze con pedice 0 si riferiscono ai valori nel punto di ristagno.
Per quanto riguarda le velocità critica si ricava
s
2
|u∗ | = c∗ = c0 ,
γ +1

dove si usa il simbolo di vettore per ricordare che la direzione di u non è fissa, dato
che la linea di corrente può essere curva. La velocità massima adimensionale è
quindi data da
s
|u|max γ +1
=
c∗ γ −1

Un modo alternativo per risolvere il problema consiste nello specificare la forma


dell’“equazione di Bernoulli” comprimibile per il caso di gas ideale politropico,
ovvero

1 c2 1 c02
h + |u|2 = + |u|2 = h l.c.
0 =
2 γ −1 2 γ −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 447 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.8: Corrente isentropica lungo una linea di corrente 447

da cui si ricava l’equazione per lo stato critico

c∗2 1 c02 γ +1 2
+ c∗2 = ⇒ c∗ = c02
γ −1 2 γ −1 2

per l’incognita c∗ , da cui si deduce immediatamente la soluzione appena trovata.


L’andamento delle grandezze termodinamiche in funzione di |u| si ottiene
facilmente dall’“equazione di Bernoulli” utilizzando le relazioni fra le variabili
lungo le trasformazioni isentropiche, che sono dette anche adiabatiche reversibili
o di Poisson. Le relazioni per tali trasformazioni per un gas ideale politropico sono

 γ   1
P ρ ρ T γ −1
= e = .
P0 ρ0 ρ0 T0

Usando l’“equazione di Bernoulli” comprimibile otteniamo allora:

  1   1
ρ γ − 1 |u|2 γ −1 |u|2 γ −1
= 1− = 1 − 2 (γ − 1) 2
1
ρ0 γ + 1 c∗2 c0
  γ   γ
P γ − 1 |u|2 γ −1 |u|2 γ −1
= 1− = 1 − 2 (γ − 1) 2
1
P0 γ + 1 c∗2 c0
T γ − 1 |u|2 |u|2
= 1− = 1 − 12 (γ − 1)
T0 γ + 1 c∗2 c02

Dalla soluzione della densità è immediato ricavare l’espressione esplicita della


densità di corrente j nel caso di gas ideale politropico. Partendo dal rapporto ρ/ρ 0
e usando il legame fra ρ0 e ρ∗ , con semplici passaggi si ottiene

   1
j ρ|u| 1 |u|2 γ −1 |u|
= = γ + 1 − (γ − 1) 2 .
j∗ ρ∗ c ∗ 2 c∗ c∗

Questa è la funzione che è stata disegnata nelle figure 9.5, 9.8 e 9.10 per γ = 1.4.
Talvolta è conveniente avere a disposizione le relazioni che forniscono la ve-
locità in funzione delle variabili termodinamiche. Esse si ottengono semplicemente
risolvendo le precedenti relazioni rispetto a |u|. Un calcolo diretto fornisce
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 448 colore nero Maggio 29, 2006

448 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

"  γ −1 # "   γ γ−1 #


2γ P0 ρ 2γ P0 P
|u| =
2
1− = 1− .
γ − 1 ρ0 ρ0 γ − 1 ρ0 P0

È anche possibile ricavare la velocità del suono in funzione della velocità:

c2 = c02 − 21 (γ − 1)|u|2 = 21 (γ + 1)c∗2 − 12 (γ − 1)|u|2 .

Da questa si può ricavare il legame fra il numero di Mach locale e il numero di


Mach basato sulla velocità critica. A tale scopo si introduce il vettore di Mach
definito da
u
M= ,
c

dove c è la velocità del suono nel punto in cui si valuta la velocità u. Il quadrato
del vettore di Mach critico, M(∗) ≡ u/c∗ , è dato allora da

(γ + 1)|M|2
|M(∗) |2 = .
2 + (γ − 1)|M|2

Pertanto, quando |M| varia fra 0 e ∞, |M(∗) |2 varia fra 0 e γγ +1−1 . Quest’ultima
relazione permette di ricavare le variabili termodinamiche sulla linea di corrente in
funzione del numero di Mach locale:

ρ   −1
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2 γ −1
ρ0
P   −γ
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2 γ −1
P0
T  −1
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2
T0
Osservazione Le soluzioni considerate valgono solo per correnti in cui non vi
siano onde d’urto. Quando è presente un’onda d’urto, la condizione di costanza
dell’entropia non vale in quanto l’entropia del gas ha una variazione finita nel
punto in cui la linea di corrente attraversa l’onda d’urto. Tuttavia, come vedremo
nell’appendice N, la “relazione di Bernoulli” comprimibile rimane valida anche
quando vi sono onde d’urto, dato che h + 21 |u|2 è una quantità che non cambia
attraverso una superficie di discontinuità delle grandezze fisiche del fluido.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 449 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.9: Le equazioni dell’acustica 449

9.9 Le equazioni dell’acustica


Le equazioni di Eulero per le correnti comprimibili sono molto diverse dalle
equazioni per le correnti incomprimibili a causa della presenza della legge di con-
servazione dell’energia, che è accoppiata alle altre leggi di conservazione, e del
ruolo determinante giocato dalle proprietà termodinamiche del fluido. In questo
paragrafo ricaviamo una versione approssimata delle equazioni di Eulero basata
sulla loro linearizzazione allo scopo di descrivere la propagazione delle piccole
perturbazioni all’interno di un fluido comprimibile che sia a riposo.

Linearizzazione delle equazioni di Eulero


Supponiamo di analizzare una situazione nella quale le grandezze locali del fluido
siano soggette a variazioni piccole rispetto a un valore medio uniforme in tutta la
regione occupata dal fluido. Supponiamo inoltre che la velocità media del fluido
sia uniforme in tale regione. Le variabili incognite che descrivono il campo di moto
saranno allora esprimibili nel modo seguente

ρ(r, t) = ρ + ρ 0 (r, t),


e(r, t) = e + e0 (r, t),
u(r, t) = u + u0 (r, t),

dove ρ ed e rappresentano i valori costanti della densità6 e dell’energia interna


specifica nel fluido imperturbato e u indica la sua velocità di base. L’apice è usato
per indicare le piccole perturbazioni delle grandezze rispetto al loro valore uniforme.
L’ipotesi di piccole perturbazioni significa che le funzioni delle variazioni delle due
variabili termodinamiche soddisfano le condizioni
|ρ 0 (r, t)| |e0 (r, t)|
1 e  1,
ρ e
e analogamente per la velocità. In base all’espressione assunta per ρ ed e abbiamo

 ρ=  (ρ + ρ 0 ) =  ρ0 e  e=  (e + e0 ) =  e0 ,

e analogamente per la derivata rispetto al tempo


∂ρ ∂(ρ + ρ 0 ) ∂ρ 0 ∂e ∂(e + e0 ) ∂e0
= = e = = .
∂t ∂t ∂t ∂t ∂t ∂t
6
L’uso della sopralineatura per la variabile termodinamica ρ in questo paragrafo non implica
alcuna ipotesi d’incomprimibilità, diversamente da quanto avviene in ogni altra parte del testo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 450 colore nero Maggio 29, 2006

450 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Di conseguenza le equazioni di Eulero (in forma quasi lineare) in assenza di campo


di forze esterne g si scriveranno

∂ρ 0
+ (u + u0 )  ρ 0 + (ρ + ρ 0 )  u0 = 0,
∂t
∂u0 P
+ ((u + u0 ) )u0 + = 0,


ρ + ρ0


∂t
∂e0 P
+ (u + u0 ) e0 + u0 = 0,
ρ + ρ0
 

∂t

dove

P = P(r, t) = P(e(r, t), ρ(r, t)).

Il coefficiente contenente la densità a denominatore può essere approssimato con


una funzione lineare ricorrendo alla espansione di Taylor, troncata al primo ordine,
di 1/(1 + ) ∼= 1 − , per   1. Si ottiene
 
1 1 1 ∼ 1 ρ0
= 0 = 1− .
ρ +ρ 0 ρ 1+ ρ ρ ρ
ρ

Usando questa approssimazione e trascurando tutti i termini quadratici nelle per-


turbazioni (notare che anche P è una perturbazione), le equazioni di Eulero


diventano

∂ρ 0
+ u ρ0 + ρ
 u0 = 0, 

∂t
∂u0 P
+ (u )u0 + = 0,


∂t ρ
∂e0 P
+u  e0 +  u0 = 0,
∂t ρ

che devono essere risolte utilizzando l’equazione di stato P = P(e, ρ) per esprimere
P(r, t) = P(e(r, t), ρ(r, t)). Per la regola di derivazione delle funzioni composte,
da questa relazione si ricava immediatamente

∂ P(e(r, t), ρ(r, t)) ∂ P(e(r, t), ρ(r, t))


 P(r, t) =  e(r, t) +  ρ(r, t).
∂e ∂ρ
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PARAGRAFO 9.9: Le equazioni dell’acustica 451

Sfruttiamo poi la forma delle funzioni e(r, t) = e + e 0 (r, t) e ρ(r, t) = ρ + ρ 0 (r, t)


conseguente all’ipotesi di piccole perturbazioni e approssimiamo le derivate parziali
con il loro valore nello stato uniforme, ottenendo l’approssimazione

∂ P(e, ρ) ∂ P(e, ρ)
 P(r, t) ∼
=  e0 (r, t) +  ρ 0 (r, t).
∂e ∂ρ

Questo termine è sostituito nell’equazione della quantità di moto e analogamente il


termine P u0 dell’equazione dell’energia è sostituito dalla sua approssimazione


lineare

P  u0 ∼
=P  u0 ,

dove P = P(e, ρ). In questo modo si ottiene il sistema delle equazioni di Eulero
linearizzate

∂ρ 0
+ u ρ0 + ρ u0 = 0,  

∂t
∂u0 1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
+ (u )u0 +   ρ0 +  e0 = 0,
∂t ρ ∂ρ ρ ∂e
∂e0 P
+u  e0 +  u0 = 0.
∂t ρ

Abbiamo quindi un sistema lineare di equazioni differenziali con un numero di


equazioni uguale al numero delle incognite.

Equazioni dell’acustica in un fluido in quiete


Supponiamo ora che il fluido sia in media a riposo, ovvero assumiamo u = 0 in tutta
la regione occupata dal fluido, per cui u0 potrà essere scritto come u. Le precedenti
equazioni di Eulero linearizzate diventano allora le equazioni dell’acustica:

∂ρ 0
+ρ u = 0,


∂t
∂u 1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
+ ρ0 +   e0 = 0,
∂t ρ ∂ρ ρ ∂e
∂e0 P
+  u = 0.
∂t ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 452 colore nero Maggio 29, 2006

452 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Da questo sistema si può ottenere un’equazione scalare eliminando opportunamente


fra loro le variabili incognite. Iniziamo a eliminare l’incognita velocità u. A questo
scopo, prendiamo la divergenza dell’equazione della velocità ottenendo:

∂ u 1 ∂ P(e, ρ) 2 0 1 ∂ P(e, ρ) 2 0
+ ρ + e = 0.


∂t ρ ∂ρ ρ ∂e

Se ora introduciamo, per definizione, la variabile perturbazione della pressione

∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) 0
P0 ≡ e + ρ,
∂e ∂ρ

l’ultima equazione si scrive più semplicemente come

∂ u 1
+ 2
P 0 = 0.


∂t ρ

Eliminiamo ora u sfruttando le altre due equazioni del sistema linearizzato.




A tale scopo, consideriamo la seguente combinazione lineare delle due equazioni


scalari con coefficienti, rispettivamente,

1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
e ,
ρ ∂ρ ρ ∂e

per cui avremo l’equazione

1 ∂ P(e, ρ) ∂ρ 0 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ) ∂e0 P ∂ P(e, ρ)


+  u+ + 2  u = 0.
ρ ∂ρ ∂t ∂ρ ρ ∂e ∂t ρ ∂e

Riordinando i termini e sfruttando ancora la costanza dei coefficienti possiamo


scrivere
  " #
1 ∂ ∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) P ∂ P(e, ρ)
ρ + e + + 2 u = 0. 

ρ ∂t ∂ρ ∂e ∂ρ ρ ∂e

Ricordando ora la definizione della variabile P 0 , perturbazione della pressione, si


ottiene
" #
1 ∂ P0 ∂ P(e, ρ) P ∂ P(e, ρ)
+ + 2 u = 0. 

ρ ∂t ∂ρ ρ ∂e
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 453 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.9: Le equazioni dell’acustica 453

Risolviamo questa equazione rispetto a  u ottenendo

∂ P0
 u=− ∂t .
∂ P(e,ρ)
∂ρ
+ P2 ∂ P(e,ρ)
∂e
ρ

Sostituiamo infine questa espressione nell’equazione scritta più sopra contenente


2 0
P . Tenendo conto che il coefficiente con le derivate parziali è costante, si ottiene

1 ∂2 P0
− 2
P 0 = 0.
∂ P(e,ρ)
+ P ∂ P(e,ρ) ∂t 2
∂ρ ρ2 ∂e

Velocità del suono ed equazione delle onde acustiche


Nell’equazione appena trovata che governa la perturbazione della pressione P 0
compare come coefficiente la funzione
∂ P(e, ρ) P ∂ P(e, ρ)
+ 2
∂ρ ρ ∂e
valutata nello stato uniforme (e, ρ) del fluido in cui sono presenti le perturbazioni.
La forma di tale funzione dipende dalle proprietà termodinamiche del fluido con-
siderato. È comunque immediato verificare che questa funzione ha le dimensioni
di una velocità al quadrato.
La forma apparentemente complicata di questa funzione deriva dalla scelta della
coppia di variabili indipendenti, energia e densità, che compaiono nell’equazione
di stato del gas utilizzata. In effetti, se si considera la pressione come funzione
dell’entropia e della densità, ovvero,

P = P̃(s, ρ),

si può dimostrare che vale la seguente identità

∂ P̃(s, ρ) ∂ P(e, ρ) P ∂ P(e, ρ)


= + 2 .
∂ρ ∂ρ ρ ∂e

Questa realzione è una conseguenza immediata della formula che definisce P̃(s, ρ)
in termini della funzione P(e, ρ) e di e = ẽ(s, ρ):

P̃(s, ρ) ≡ P(ẽ(s, ρ), ρ).


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 454 colore nero Maggio 29, 2006

454 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

La funzione e = ẽ(s, ρ) è legata alla ben nota relazione termodinamica fonda-


mentale e = e(s, v), dove v ≡ ρ1 è il volume specifico del fluido, dalla relazione

ovvia ẽ s, 1v = e(s, v). Per la regola di derivazione delle funzioni composte
abbiamo allora:
∂ P̃(s, ρ) ∂ P(ẽ(s, ρ), ρ) ∂ P(e, ρ) ∂ ẽ(s, ρ) ∂ P(e, ρ)
= = + ,
∂ρ ∂ρ ∂e ∂ρ ∂ρ
dove nelle due derivate parziali della pressione al secondo membro si deve sostituire
e = ẽ(s, ρ). Ma, la variabile pressione è proprio definita da
∂e(s, v)
P =− ,
∂v
per cui risulta

∂e(s, v) ∂ ẽ s, v1 ∂ ẽ(s, ρ) d  1 
P =− =− =−
∂v ∂v ∂ρ dv v
∂ ẽ(s, ρ)  1  ∂ ẽ(s, ρ)
=− − 2 = ρ2 .
∂ρ v ∂ρ
Risolvendo questa relazione rispetto alla derivata parziale e sostituendo poi nella
relazione considerata si ottiene
∂ P̃(s, ρ) P ∂ P(e, ρ) ∂ P(e, ρ)
= 2 + .
∂ρ ρ ∂e ∂ρ
Questa relazione, a parte l’ordine dei termini, è proprio l’identità ricercata. D’altra
parte, come si è dimostrato nel paragrafo precedente, la derivata

∂ P̃(s, ρ) ∂ P(s, 1/ρ) ∂ P(s, v) d  1 


= =
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ
2
1 ∂ P(s, v) 2 ∂ e(s, v)
=− = v
ρ2 ∂v ∂v 2
in virtù della seconda legge della termodinamica è necessariamente positiva. Di
conseguenza è sempre possibile introdurre la quantità
s
∂ P̃(s, ρ)
c(s, ρ) ≡ ,
∂ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 455 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.9: Le equazioni dell’acustica 455

che rappresenta la velocità con cui si propagano le piccole perturbazioni nel fluido
e si chiama velocità del suono. In termini della velocità del suono, l’equazione per
la perturbazione P 0 della pressione assume la seguente forma:

1 ∂2 P0
− 2
P 0 = 0,
c 2 ∂t 2

dove c = c(s, ρ). Questa equazione differenziale alle derivate parziali si chiama
equazione delle onde di d’Alembert. Essa è lineare e del secondo ordine, sia nel
tempo sia nello spazio. Per potere essere risolta l’equazione deve essere completata
da opportune condizioni iniziali e al contorno. Per quanto riguarda le condizioni
iniziali sono necessarie due condizioni per la variabile P 0 mentre le condizioni al
contorno saranno dello stesso tipo delle condizioni per i problemi ellittici.

Soluzione delle equazioni di Eulero dell’acustica


Supponiamo ora di avere risolto l’equazione delle onde completata da determinate
condizioni iniziali e al contorno e di conoscere quindi una soluzione P 0 = P 0 (r, t)
per la perturbazione della pressione. Cerchiamo allora di risolvere il sistema delle
equazioni di Eulero linearizzate dell’acustica. Riscriviamo l’equazione della ve-
locità spostando nel termine noto la funzione già trovata della pressione

∂u P 0 (r, t)
=−


.
∂t ρ

Prendendo il rotore di questa equazione si ottiene

∂ u
= 0,


∂t
che dice che la vorticità della campo di velocità della perturbazione non cambia nel
tempo. Se la velocità di perturbazione iniziale è irrotazionale (e il dominio occupato
dal fluido è semplicemente connesso) allora potremo esprimere il campo di velocità
iniziale mediante un potenziale φ0 e quindi u(r, 0) = u0 (r) = φ0 (r), dove la φ0 (r) 

è una funzione nota. In questo caso la vorticità della perturbazione sarà sempre
nulla, ossia u = 0 per ogni t > 0. Pertanto la velocità della perturbazione sarà


sempre irrotazionale e il campo u potrà essere espresso mediante un potenziale φ,


ovvero u = φ. Sostituendo nell’equazione della velocità si ottiene quindi


∂ φ P 0 (r, t)
=−
 

,
∂t ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 456 colore nero Maggio 29, 2006

456 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

ovverosia, dato che le operazioni di derivata spaziale e temporale commutano,


 
∂φ P 0 (r, t)
 + = 0.
∂t ρ

Da questa relazione si ricava immediatamente

∂φ P 0 (r, t)
=− ,
∂t ρ

avendo preso uguale a zero la costante (in realtà funzione del tempo) di integrazione.
Integrando poi rispetto al tempo si ottiene
Z t
1
φ(r, t) = φ0 (r) − P 0 (r, τ ) dτ.
ρ 0

Il campo di velocità della perturbazione acustica associato alla perturbazione della


pressione P 0 (r, t) è allora dato da
Z t
1
u(r, t) =  φ0 (r) −  P 0 (r, τ ) dτ.
ρ 0

Determiniamo ora la perturbazione della densità. Dall’equazione di conservazione


della massa si ha, sfruttando anche l’equazione delle onde,
 Z 
∂ρ 0 1 t
= −ρ  u = −ρ 2
φ0 (r) − 2
P 0 (r, τ ) dτ
∂t ρ 0
Z t
= −ρ 2
φ0 (r) + 2
P 0 (r, τ ) dτ
0
Z
1 t
∂ 2 P 0 (r, τ )
= −ρ 2
φ0 (r) + dτ
c2 0 ∂τ 2
 
1 ∂ P 0 (r, t) ∂ P 0 (r, 0)
= −ρ 2
φ0 (r) + 2 − .
c ∂t ∂t

Integriamo rispetto al tempo anche questa equazione e otteniamo


 
0 1 ∂ P 0 (r, 0) 1
ρ (r, t) = −ρ 2
φ0 (r) + 2 t+ P 0 (r, t) + F(r),
c ∂t c2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 457 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.10: Velocità di propagazione nel fluido comprimibile 457

dove la funzione F(r) è determinata dalla condizione iniziale della perturbazione


della densità. Affinché la soluzione trovata possa descrivere una perturbazione,
il termine proporzionale al tempo non può esistere per cui la quantità fra le pa-
rentesi quadre deve essere nulla. In effetti, questa condizione è sempre soddisfatta
perché si può mostrare che −ρ 2 φ0 (r) rappresenta proprio la seconda condizione
iniziale necessaria per potere completare l’equazione di d’Alembert che governa
P 0 . Pertanto avremo
1 0
ρ 0 (r, t) = P (r, t) + F(r).
c2
Imponendo ora la condizione iniziale per la densità, cioè ρ 0 (r, 0) = ρ00 (r), si ottiene

1 0
F(r) = ρ00 (r) − P0 (r),
c2
dove P00 (r) è la condizione iniziale per la perturbazione della pressione, data da

∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) 0
P00 (r) = e0 (r) + ρ0 (r).
∂e ∂ρ

Sostituendo infine la funzione F(r) nella soluzione della densità, si ha

1 0 
ρ 0 (r, t) = ρ00 (r) + 2
P (r, t) − P00 (r) .
c
Un ragionamento analogo permette di dedurre anche la soluzione dell’equazione
dell’energia

P  0 
e0 (r, t) = e00 (r) + P (r, t) − P00 (r) .
(ρ c )2

Scrivendo assieme le soluzioni trovate delle tre equazioni si ha


Z t
1
u(r, t) =  φ0 (r) −  P 0 (r, τ ) dτ,
ρ 0
1 
ρ 0 (r, t) = ρ00 (r) + 2
P 0 (r, t) − P00 (r) ,
c
P  0 
e0 (r, t) = e00 (r) + 2
P (r, t) − P00 (r) .
(ρ c )
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 458 colore nero Maggio 29, 2006

458 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

9.10 Velocità di propagazione nel fluido comprimibile


La deduzione dell’equazione delle onde può dare l’impressione che il concetto
di velocità del suono riguardi solo le correnti nelle quali vale l’approssimazione
delle piccole perturbazioni. In realtà questa nuova grandezza ha un significato
che va oltre l’approssimazione acustica. Anzi, la velocità del suono rappresenta
un aspetto fondamentale delle correnti comprimibili in grado di caratterizzarle
indipendentemente dall’ampiezza delle variazioni delle grandezze fisiche.

Equazioni di Eulero in una dimensione


Per rendersi conto del ruolo affatto generale della velocità del suono nelle correnti
comprimibili è comodo considerare il caso delle correnti unidimensionali. Le
equazioni di Eulero in una sola dimensione in forma quasi lineare sono
∂ρ ∂ρ ∂u
+u +ρ = 0,
∂t ∂x ∂x
   
∂u ∂u 1 ∂ P ∂ρ 1 ∂P ∂e
+u + + = 0,
∂t ∂x ρ ∂ρ e ∂ x ρ ∂e ρ ∂ x
∂e ∂e P ∂u
+u + = 0.
∂t ∂x ρ ∂x
Questo sistema iperbolico non lineare può essere scritto nella forma compatta
∂w ∂w
+ A(w) = 0,
∂t ∂x
dove
   
ρ u ρ 0
  1 ∂P
 1 ∂P
 
w=u

 e A(w) = 
ρ ∂ρ e
u ρ ∂e ρ


e P
0 ρ u

Problema agli autovalori e velocità caratteristiche


La velocità con cui possono propagarsi le informazioni nel fluido sono date dagli
autovalori della matrice A(w) del sistema iperbolico. Gli autovalori λ di una matrice
A si ottengono risolvendo l’equazione caratteristica

det(A − λI) = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 459 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.10: Velocità di propagazione nel fluido comprimibile 459

Nel caso fluidodinamico in esame, la matrice del sistema iperbolico dipende dal
vettore w per cui anche i suoi autovalori saranno funzione di w. L’equazione
caratteristica del nostro problema agli autovalori sarà quindi scritta nel seguente
modo

det[A(w) − λ(w)I] = 0,

dove
 
u−λ ρ 0
 1 ∂P   
A(w) − λ(w)I =  u−λ 1 ∂P 
 ρ ∂ρ e ρ ∂e ρ 
0 P
ρ
u−λ

Con un calcolo diretto del determinante si ottiene


 1 ∂P  1 ∂P 
u − λ ρ1 ∂∂eP ρ ∂ρ e ρ ∂e ρ
ρ
(u − λ) −ρ = 0.
P −
ρ
u λ 0 u − λ

Sviluppando i due determinanti si ha


 
P ∂P  1 ∂ P 
(u − λ) (u − λ)2 − 2 −ρ (u − λ) = 0,
ρ ∂e ρ ρ ∂ρ e
ovverosia
 ∂ P  
P ∂P 
(u − λ) (u − λ)2 − 2 − = 0.
ρ ∂e ρ ∂ρ e

Ma la somma dei due termini con le due drivate parziali è esattamente il quadrato
della velocità c = c(e, P) del suono, per cui l’equazione caratteristica si può
scrivere
 
(u − λ) (u − λ)2 − c2 = 0.

Pertanto gli autovalori si ottengono risolvendo le due equazioni

u−λ=0 e (u − λ)2 − c2 = 0.

Otteniamo quindi i tre autovalori, ordinati in modo crescente,

λ1 = u − c, λ2 = u, λ3 = u + c.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 460 colore nero Maggio 29, 2006

460 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Volendo indicare esplicitamente la dipendenza delle velocità caratteristiche dallo


stato w del fluido scriveremo più estesamente

λ1 (w) = u − c(e, ρ), λ2 (w) = u, λ3 (w) = u + c(e, ρ).

Questo risultato indica che la velocità del suono


s s
P ∂ P  ∂ P  ∂ P̃(s, ρ)
c(e, ρ) ≡ + =
ρ 2 ∂e ρ ∂ρ e ∂ρ

è rilevante anche per lo studio delle correnti in cui le perturbazioni possono essere
di ampiezza finita. Nel caso generale (ossia senza l’approssimazione acustica) la
velocità del suono potrà essere diversa in ogni punto del fluido. Si introduce allora
la variabile adimensionale
u
M=
c

che rappresenta una misura adimensionale della velocità del fluido in ogni punto
riferita al valore locale c della velocità del suono nello stesso punto. Questa quantità
si chiama numero di Mach locale. Le correnti comprimibili sono classificate a
seconda del valore del numero di Mach locale. Precisamente, quando in un punto
• |M|  1, diciamo |M| ' 0.2, la corrente è detta subsonica;
• |M| ' 0.7, la corrente è detta transonica;
• |M| > 1, ma non troppo maggiore di 1, la corrente è detta supersonica;
• |M| > 3, la corrente è detta ipersonica.

9.11 Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali


Come per le correnti incomprimibili, la velocità di una corrente comprimibile
irrotazionale in una regione semplicemente connessa può essere rappresentata per
mezzo di un potenziale scalare φ, cioè tale che u = φ. Questa funzione si


chiama potenziale cinetico comprimibile ed è governata da un’equazione molto


più complicata della semplice equazione di Laplace valida nel caso incomprimibile.
In questo paragrafo dedurremo l’equazione del potenziale cinetico φ con-
siderando il caso generale di correnti dipendenti dal tempo che siano per ò carat-
terizzate da un valore uniforme dell’entropia del fluido in tutto il campo di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 461 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.11: Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali 461

Indicheremo con s il valore costante dell’entropia specifica (per unità di massa) e


diremo che la corrente è con entropia uniforme quando s = s in ogni punto del
fluido e per ogni istante di tempo.
Se la corrente è irrotazionale, cioè tale che u = 0 in ogni punto del fluido, e 

la regione del campo di moto è un dominio semplicemente connesso, allora esisterà


sempre7 una8 funzione scalare φ(r, t) tale che

u(r, t) =  φ(r, t),

per ogni r appartenente al dominio e per ogni istante di tempo t. In termini


del potenziale cinetico, l’equazione di conservazione della massa per la corrente
irrotazionale assume la forma seguente

∂ρ
+  (ρ φ) = 0.


∂t

Specifichiamo ora l’equazione per la velocità che, in assenza di forze esterne, può
essere scritta come

∂u 1 P
+( u) u + |u|2 + = 0,


 

∂t 2 ρ

al caso di corrente irrotazionale. Ciò implica l’annullamento del termine rotazionale


( u) u e la possibilità di sostituire u = φ nei due termini contenenti la 

velocità, ottenendo l’equazione

∂ φ 1 P(s, ρ)
+ | φ|2 + = 0.
 

 

∂t 2 ρ

D’altra parte, per il teorema di derivazione delle funzioni composte, si ha

∂ P(s, ρ)
 P(s, ρ) =  ρ = c2 (s, ρ) ρ, 

∂ρ
7
Nel caso di dominio molteplicemente connesso, il potenziale cinetico esiste solo per alcuni
campi irrotazionali, non tutti.
8
In realtà esisteranno infiniti potenziali essendo la funzione φ(r, t) definita a meno di
un’arbitraria funzione additiva del tempo. Infatti la trasformazione φ(r, t) → φ 1 (r, t) =
φ(r, t) + Φ(t), con Φ(t) arbitraria, non ha alcuna conseguenza sul campo di velocità, essendo
u = φ. 
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 462 colore nero Maggio 29, 2006

462 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

dove c indica la velocità di propagazione del suono, per cui l’equazione della
velocità può essere scritta nel seguente modo:

∂ φ 1 c2 (s, ρ)
+ | φ|2 + ρ = 0.


  

∂t 2 ρ
Quindi le due equazioni che governano il moto irrotazionale con entropia uniforme
di un fluido comprimibile costituiscono il sistema
∂ρ
+  (ρ φ) = 0,


∂t
∂ φ 1 c2 (s, ρ)
+ | φ|2 + ρ = 0,


  

∂t 2 ρ
dove c(s, ρ) è una funzione nota. Le due equazioni per le due incognite φ e ρ sono
accoppiate fra loro. La presenza del termine di derivata ibrida spazio-temporale
rende questo sistema molto difficile da risolvere (almeno in forma differenziale
forte), per cui ne ricerchiamo una versione alternativa diversa.
Per prima cosa possiamo riscrivere il termine con il gradiente della densità in
una forma alternativa sfruttando la seguente identità differenziale
Z ρ(r,t) 2
c2 (s, ρ) c (s, ρ 0 ) 0
ρ= dρ .
ρ0
 

ρ
Notare che la variabile ρ 0 nell’integrale rappresenta semplicemente la variabile di
integrazione e, diversamente da ρ(r, t), non è un campo.
L’integrale considerato è esprimibile in un modo che contiene la funzione
entalpia h(s, ρ). Infatti, dalla definizione di entalpia, h = e + Pρ , segue che
       
∂h ∂e 1 ∂P P 1 ∂P
= + − 2 = ,
∂ρ s ∂ρ s ρ ∂ρ s ρ ρ ∂ρ s
 
dove si è utilizzata l’identità P = − ∂v
∂e
s
= +ρ 2 ∂ρ
∂ ẽ
s
conseguenza della definizione
di pressione. Essendo quindi
 
∂h c2
= ,
∂ρ s ρ
abbiamo anche
Z ρ 2 Z
c (s, ρ 0 ) 0 ρ
∂h(s, ρ 0 ) 0
dρ = dρ = h(s, ρ) + f (s),
ρ0 ∂ρ 0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 463 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.11: Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali 463

dove f (s) è una funzione che dipenderà dal tipo di fluido. Considerando ora una
corrente con entropia uniforme, s = s, e con densità ρ = ρ(r, t), abbiamo allora

c2 (s, ρ)
 ρ=  [h(s, ρ) + f (s)] =  h(s, ρ).
ρ

Pertanto l’equazione della velocità diventa

∂φ 
 + 
1
2
|  φ|2 +  h(s, ρ) = 0,
∂t
ovverosia,
 
∂φ 1
 + | φ|2 + h(s, ρ) = 0. 

∂t 2

Da questa relazione si ottiene immediatamente

∂φ 1
+ | φ|2 + h(s, ρ) = C(t),


∂t 2
dove C(t) rappresenta una funzione arbitraria. Questa funzione potrebbe essere fatta
sparire dall’equazione assorbendola nel potenziale φ, che è definito a meno di una
funzione arbitraria del Rtempo: basterebbe infatti aggiungere a φ la funzione di una
t
sola variabile Φ(t) = C(t 0 ) dt 0 , visto che in ogni caso u = φ. L’eliminazione 

della funzione arbitraria (e del tutto irrilevante) C(t) è però impossibile nel caso
stazionario. In effetti, l’integrazione dell’equazione per correnti stazionarie
 
1
 | φ| + h(s, ρ) = 0
2


conduce a

| φ|2
+ h(s, ρ) = C,


2
dove C è la costante di integrazione, che è univocamente determinata dal valore
dell’espressione in un punto del fluido, ad esempio nel punto r 1 . Scriveremo allora

| φ(r)|2
+ h(s, ρ(r)) = C,


dove C = 12 | φ(r1 )|2 + h(s, ρ(r1 )).



F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 464 colore nero Maggio 29, 2006

464 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

“Bernoulli comprimibile” per correnti irrotazionali


Sospendiamo per un momento il ragionamento per costruire il problema com-
pleto relativo al potenziale delle correnti comprimibili. Osserviamo che l’ultima
equazione dipendente dal tempo scritta è simile all’equazione di Bernoulli per le
correnti incomprimibili irrotazionali potenziali ricavata all’inizio del paragrafo 4.3.
Per rendere il confronto più stretto, supponiamo di introdurre anche un campo di
forze esterne g conservative agenti sul fluido, che è descritto dall’energia potenziale
per unità di mass χ, cosı̀ che g = − χ. In tal caso, l’equazione evolutiva sopra


indicata diventa

∂φ(r, t) | φ(r, t)|2


+ + h(s, ρ(r, t)) + χ(r, t) = C(t),


∂t 2

dove il punto r può variare in tutto il campo di moto. Questa relazione è la


versione instazionaria e irrotazionale dell’“equazione di Bernoulli” per correnti
comprimibili stazionarie con entropia uniforme ricavata alla fine del paragrafo 9.7.

Osservazione Esiste una differenza fondamentale fra le equazioni di Bernoulli


per correnti incomprimibili e quelle per correnti comprimibili. Le prime permettono
di ricavare l’andamento della pressione a partire da un campo di velocità calcolato
in precedenza come soluzione di un’equazione indipendente, ovvero l’equazione
di Laplace del potenziale. Al contrario, le “equazione di Bernoulli” relative al
potenziale comprimibile sono sempre accoppiate con l’equazione di h o di ρ, che
devono essere risolte necessariamente in modo simultaneo.
Per correnti stazionarie, l’“equazione di Bernoulli” precedente si semplifica in

| φ(r)|2
+ h(s, ρ(r)) + χ(r) = C,


dove C = 12 | φ(r1 )|2 + h(s, ρ(r1 )) + χ(r1 ). Questa equazione stazionaria valida


per correnti comprimibili irrotazionali corrisponde a quella ricavata all’inizio del


paragrafo 9.7. Si può notare che le due dimostrazioni sono diverse in quanto
la relazione per il caso di correnti stazionarie era stata ricavata dall’equazione
dell’energia mentre quella per le correnti dipendenti dal tempo è stata dedotta
dall’equazione della velocità.

Problema del potenziale comprimibile non stazionario


Ritorniamo ora al sistema di due equazioni che governano il moto di un fluido
comprimibile irrotazionale con entropia uniforme, che scriveremo a questo punto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 465 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.11: Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali 465

nel modo seguente:


∂ρ
+  (ρ φ) = 0,


∂t
∂φ | φ|2
+ + h(s, ρ) = C(t).


∂t 2
Questo sistema è ancora molto difficile da risolvere perché l’incognita ρ è presente
sia nella prima equazione, come argomento della derivata temporale, sia nella
seconda, come variabile della funzione algebrica che definisce l’entalpia del fluido.
Si ricerca allora un’equazione diversa che possa evitare questa complessità appena
indicata. La nuova equazione si ottiene combinando opportunamente l’equazione
di conservazione della massa con l’equazione della velocità.
Riscriviamo l’equazione di conservazione della massa sviluppando il termine
con la divergenza:
∂ρ
+ ρ∇ 2 φ +  ρ  φ = 0.
∂t
Moltiplicando poi scalarmente per la velocità φ l’equazione della velocità conte- 

nente il termine ∂t∂ φ e utilizzando la semplice identità φ ∂t∂ φ = 12 ∂t∂ | φ|2 , si


   

ottiene
1 ∂ 1 c2 (s, ρ)
| φ|2 + ( φ)
   | φ|2 +
  φ  ρ = 0.
2 ∂t 2 ρ
Eliminando il termine misto  ρ φ fra le due equazioni appena scritte si ottiene:


 
1 ∂ 1 1 ∂ρ
| φ|2 + ( φ)
   | φ| + c (s, ρ) −

2 2
− ∇ φ = 0.
2
2 ∂t 2 ρ ∂t
2
Ma il termine cρ ∂ρ
∂t si può esprimere in modo diverso. Infatti, nella corrente con
entropia uniforme P = P(s, ρ), per cui, sempre per il teorema di derivazione di
una funzione composta, risulta
∂ P(s, ρ) ∂ P(s, ρ) ∂ρ ∂ρ
= = c2 (s, ρ) .
∂t ∂ρ ∂t ∂t
Questa relazione permette di trasformare la derivata di ρ rispetto a t in quella di P.
Quest’ultima derivata temporale può essere ricavata a sua volta dalla relazione

∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 +  = 0,
∂t 2 ∂t ρ ∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 466 colore nero Maggio 29, 2006

466 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

che sarà dimostrata fra un momento. Abbiamo quindi la relazione

c2 (s, ρ) ∂ρ 1 ∂ P(s, ρ) ∂ 2φ 1 ∂
= =− 2 − | φ|2 . 

ρ ∂t ρ ∂t ∂t 2 ∂t

Questa può essere sostituita nell’equazione che si è ottenuta eliminando il termine


ρ φ, per cui si giunge alla seguente equazione del secondo ordine nel tempo


∂ 2φ ∂ 1
2
+ | φ|2 + ( φ)   | φ|2 − c2 (s, ρ)∇ 2 φ = 0.


∂t ∂t 2

In questa equazione per φ compare anche la variabile incognita ρ, per cui l’equazione
deve essere messa a sistema con quella trovata in precedenza contenente la funzione
entalpia. Si perviene quindi al seguente sistema

∂ 2φ ∂ 1
+ | φ|2 + ( φ) | φ|2 − c2 (s, ρ)∇ 2 φ = 0,
∂t 2
   

∂t 2
∂φ 1
+ | φ|2 + h(s, ρ) = C(t),


∂t 2

che non è esattamente una passeggiata.


Dimostrazione dell’identità:

∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 +  = 0.
∂t 2 ∂t ρ ∂t

Prendiamo la derivata rispetto al tempo dell’equazione per la velocità di una corrente


comprimibile con entropia uniforme in cui la velocità è stata espressa in termini del
potenziale cinetico:
 
∂2 1 ∂  ∂ P(s, ρ)
φ+ | φ|2 + = 0,


∂t 2
  

2 ∂t ∂t ρ

Consideramo l’ultimo termine. Se la funzione P dipende dalla sola variabile ρ,


P = P(ρ), allora, per qualunque funzione differenziabile f = f (ρ) della stessa
variabile vale la seguente identità
 
∂  ∂ P(ρ)
f (ρ) P(ρ) =
  f (ρ) .
∂t ∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 467 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.11: Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali 467

Infatti, in virtù delle regole di derivazione del prodotto di funzioni e delle funzioni
composte, il termine di sinistra vale

∂  ∂ρ ∂ 
f (ρ) P(ρ) = f 0 (ρ)
  P(ρ) + f (ρ) P(ρ) ,


∂t ∂t ∂t
mentre il termine di destra vale
   
∂ P(ρ) ∂ P(ρ) ∂ P(ρ)
 f (ρ) = f 0 (ρ) ρ + f (ρ)   .
∂t ∂t ∂t

Dato che gli operatori e ∂t∂ commutano, i due ultimi termini dei due secondi


membri coincidono, per cui l’identità considerata è esatta se vale l’identità più
semplice

∂ρ ∂ P(ρ)
 P(ρ) =  ρ .
∂t ∂t
Ma questa identità è certamente vera poiché, calcolando entrambe le derivate della
funzione P(ρ) e usando ancora una volta la regola di derivazione delle funzioni
composte, si ottiene

∂ρ 0 ∂ρ
P (ρ) ρ =   ρ P 0 (ρ) ,
∂t ∂t

che è un’identità ovvia. Applicando questo risultato nel caso particolare f (ρ) = ρ1 ,
possiamo allora riscrivere l’equazione con la derivata seconda temporale nel modo
seguente:
 
∂2 1 ∂  1 ∂ P(s, ρ)
2
φ+  | φ|2 +    = 0.
∂t 2 ∂t ρ ∂t

Sfruttando ora la commutatività delle derivazioni temporale e spaziale, questa


equazione è equivalente a
 
∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
+ | φ| 2
+ = 0.
∂t 2
 

2 ∂t ρ ∂t

Possiamo pertanto dedurre

∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 +  = D(t),
∂t 2 ∂t ρ ∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 468 colore nero Maggio 29, 2006

468 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

dove D(t) è una funzione arbitraria. Questa funzione può essere riassorbita nella
definizione del potenziale φ, che è definito a meno di una funzione del tempo
arbitraria: basterà aggiungere a φ la funzione Φ(t) data dal seguente integrale
R t  R t0 
doppio Φ(t) = D(t 00 ) dt 00 dt 0 . Questo dimostra l’identità considerata.
Alternativamente, se si conosce la velocità del suono in funzione dell’entalpia
specifica h e dell’entropia s, allora si può usare come vaiabile incognita h al posto
della densità ρ e il sistema precedente si può scrivere anche, in modo equivalente,

∂ 2φ ∂ 1
2
+ | φ|2 + ( φ)
   | φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0,


∂t ∂t 2
∂φ 1
+ | φ|2 + h = C(t),


∂t 2

dove abbiamo scritto la funzione c(s, h) senza preoccuparci di indicare la differenza


fra questa funzione e la precedente c(s, ρ).

Il sistema di equazioni potenziale–entalpia


Il sistema per le incognite φ e h può presentarsi in una forma più “scorrevole”
facendo sparire la derivata seconda temporale nel modo seguente. Riscriviamo la
prima equazione con il secondo termine suddiviso in due e usiamo l’identità ovvia
∂φ
2 ∂t | φ| = φ ∂t∂ φ = φ
1 ∂ 2
∂t , ottenendo
    

2
∂ φ 1 ∂  ∂φ  1
+ | φ| 2
+ φ + ( φ) | φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0.
∂t 2
     

2 ∂t ∂t 2
Raccogliendo l’operatore ∂t∂ a fattore comune nei primi due termini e l’operatore
φ a fattore comune nel terzo e quarto termine, la relazione assume la forma


   
∂ ∂φ 1 ∂φ 1
+ | φ|2 + φ  + | φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0.
  

∂t ∂t 2 ∂t 2
Sostituendo la seconda equazione del sistema precedente nell’equazione cosı̀ ela-
borata, si ottiene il sistema

∂h
+ φ h + c2 (s, h)∇ 2 φ = C 0 (t),
 

∂t
∂φ 1
+ | φ|2 + h = C(t),


∂t 2

consistente in due equazioni del primo ordine nel tempo, nelle due incognite φ(r, t)
e h(r, t), accoppiate fra loro dal termine φ h e dalla funzione c 2 (s, h).  
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 469 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.11: Potenziale per le correnti comprimibili irrotazionali 469

Problema del potenziale comprimibile stazionario


Nel caso stazionario, il problema del potenziale per le correnti comprimibili con
entropia uniforme assume la forma seguente

 φ  h + c2 (s, h)∇ 2 φ = 0,

2| φ|2 + h = C,
1


dove naturalmente le due incognite φ e h sono ora campi scalari indipendenti dal
tempo, ossia φ = φ(r) e h = h(r). Se scriviamo il termine con l’operatore di
Laplace come primo termine dell’equazione ed eliminiamo la variabile h, abbiamo
allora la singola equazione ellittica, detta equazione del potenziale completo,

2c2 s, h t1 − 21 | φ|2 ∇ 2 φ − ( φ)
   | φ|2 = 0,


dove h t1 è il valore dell’entalpia specifica totale in un punto r1 e dove la velocità del


suono è naturalmente da intendersi come funzione dell’entropia e dell’entalpia:
c = c(s, h). Notiamo che l’equazione è non lineare (molto) e che anche il
secondo termine contiene delle derivate seconde. Sfruttando l’identità vettoriale
(u )|u|2 = 2u (u )u, la precedente equazione del potenziale comprimibile
 

per correnti stazionarie può essere scritta, ad esempio, anche nella forma

c2 s, h t∞ − 21 | φ|2 ∇ 2 φ − ( φ) ( φ
    ) φ = 0,


dove h t∞ è il valore dell’entalpia totale a grande distanza da un corpo di dimensione


finita immerso nel fluido.

Esempio 1 Caso del gas ideale politropico


L’equazione del potenziale comprimibile diventa particolarmente semplice quando
si studia la corrrente di un gas ideale politropico. In questo caso, come mostrato
nell’appendice E, la velocità del suono dipende solo dalla temperatura
√ e quindi
anche solo dall’entalpia, secondo la semplice relazione c = (γ − 1)h . Se si
utilizza questa proprietà, l’equazione del potenziale φ assume la forma

(γ − 1) h t∞ − 12 | φ|2 ∇ 2 φ − ( φ) ( φ ) φ = 0.
    

Quindi la corrente irrotazionale con entropia uniforme stazionaria di un gas ideale


politropico non dipende dal valore s dell’entropia.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 470 colore nero Maggio 29, 2006

470 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Equazione per le piccole perturbazioni


L’equazione del potenziale comprimibile per correnti stazionarie pu ò essere ap-
prossimata quando il corpo immerso nel fluido ha una forma molto sottile ed è
diposto parallelamente alla direzione della velocità uniforme incidente. In questo
caso si può supporre che la presenza del corpo provochi solo una piccola pertur-
bazione della corrente uniforme per cui si potrà procedere a una linearizzazione
dell’equazione del potenziale completo.
Supponiamo allora che il potenziale comprimibile φ possa essere scritto come
somma del potenziale U∞ x della corrente uniforme all’infinito parallela all’asse x
e di una potenziale di perturbazione, che è indicato con Φ, per cui scriviamo:

φ = U∞ x + Φ ovvero  φ = U∞ x̂ +  Φ.

Siccome ∇ 2 (U∞ x) = 0 e (U∞ x̂) = ( U∞ )x̂ = 0, l’equazione del potenziale


 

completo equivale alla seguente equazione per il potenziale di perturbazione Φ



c2 s, h t∞ − 21 | φ|2 ∇ 2 Φ − (U∞ x̂ + Φ) [(U∞ x̂ + Φ) ] Φ = 0.
    

Se il corpo è sottile ed è disposto parallelamente alla direzione x, si può supporre


che la velocità Φ della perturbazione sia piccola rispetto alla velocità esterna U∞ ,


ossia,

| Φ|  U∞ .


L’equazione di Φ potrà allora essere approssimata nel modo seguente



c2 s, h t∞ − 12 | φ|2 ∇ 2 Φ = U∞ x̂ [U∞ x̂ ] Φ
  


= U∞
2
x̂ Φ 

∂x
∂ 2Φ
= U∞
2
.
∂x2
Questa equazione è molto semplificata ma è ancora un’equazione non lineare a
causa della dipendenza dalla vecchia incognita φ nell’espressione della velocità del
suono. Per consistenza è allora necessario procedere alla linearizzazione anche di
questo termine. Abbiamo

h t∞ − 12 | φ|2 = h ∞ + 12 |U∞ |2 − 21 |U∞ x̂ + Φ|2


 

 2 
= h ∞ + 12 |U∞ |2 − 21 U∞ + 2U∞ ∂Φ
∂x
+ | Φ|2 

= h ∞ − U∞ ∂Φ
∂x
− 12 | Φ|2 .

F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 471 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.12: Correnti stazionarie irrotazionali 2D con entropia uniforme 471

Ma | Φ|  U∞ , per cui si potrà accettare l’approssimazione lineare




h t∞ − 12 | φ|2 = h ∞ − U∞ ∂Φ


∂x .

La velocità del suono che compare nell’equazione potrà quindi essere approssimata
utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor attorno a h ∞ arrestato al primo ordine:
 
c s, h t∞ − 12 | φ|2 = c s, h ∞ − U∞ ∂Φ


∂x
 
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
= c(s, h ∞ ) + −U∞
∂h ∂x
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
= c∞ − U∞
∂h ∂x
dove c∞ = c(s, h ∞ ). Il quadrato della velocità del suono è allora
 
 ∂c(s, h ∞ ) ∂Φ 2
c s, h ∞ − 2 | φ| = c∞ − U∞
2 t 1 2


∂h ∂x
 
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ ∂c(s, h ∞ ) ∂Φ 2
= c∞ − 2c∞ U∞
2
+ U∞ .
∂h ∂x ∂h ∂x
Il termine quadratico è trascurabile rispetto a quello lineare per cui vale l’approssi-
mazione
 
 ∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
c2 s, h t∞ − 21 | φ|2 = c∞

2
1 − 2Ma∞ ,
∂h ∂x
dove si è introdotto il numero puro Ma∞ = U∞ /c∞ , chiamato numero di Mach
della corrente imperturbata. Sostituendo questo risultato nell’equazione per Φ si
ottiene
 
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ ∂ 2Φ
1 − 2Ma∞ ∇ 2 Φ − Ma2∞ 2 = 0.
∂h ∂x ∂x
Nel caso in cui il termine proporzionale a Ma∞ sia trascurabile, i due termini
con la derivata seconda nella direzione della corrente possono essere raggruppati,
ottenendo infine l’equazione delle piccole perturbazioni

 ∂ 2Φ ∂ 2Φ ∂ 2Φ
1 − Ma2∞ + + = 0.
∂x2 ∂y 2 ∂z 2

Questa equazione lineare può essere usata per correnti sia subsoniche sia super-
soniche. Nel primo caso l’equazione è ellittica mentre nel secondo è iperbolica.
Tuttavia essa non è valida per Ma∞ prossimo a 1 o  1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 472 colore nero Maggio 29, 2006

472 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

9.12 Correnti stazionarie irrotazionali 2D con entropia uniforme


In questo paragrafo ricaviamo le equazioni che governano le correnti comprimibili
non viscose in regime stazionario nel caso in cui l’entropia sia uniforme in tutto il
fluido, senza però introdurre il potenziale φ. Come vedremo, è possibile ricavare
un sistema completo di equazioni per le sole componenti della velocità, ma ciò è
realizzabile solo nel caso di moti piani o assisimmetrici.
Per ricavare le equazioni stazionare per questo tipo di moti è opportuno consid-
erare inizialmente la situazione generale di una corrente dipendente dal tempo.
Osserviamo preliminarmente che le equazioni di conservazione della massa e
dell’energia (interna) specifica assieme implicano la seguente legge di trasporto
dell’entropia specifica

∂s
+u  s = 0.
∂t

Questo risultato segue immediatamente dall’equazione di conservazione per la


densità di energia, ρe, e dall’uso della relazione fondamentale, e = e(s, v), assieme
alla legge di conservazione della massa. Potremo quindi scrivere il sistema di
equazioni di Eulero per le correnti comprimibili nel modo seguente

∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂u 1 P(s, ρ)
+( u) u + |u|2 + = 0,


 

∂t 2 ρ
∂s
+u  s = 0,
∂t

dove la pressione è stata espressa come funzione dell’entropia s oltre che della
densità ρ = 1/v. Inoltre il termine convettivo dell’equazione della quantità di moto
è stato scritto nella forma rotazionale.
Il termine con il gradiente della pressione può essere sviluppato nel modo
seguente
   
∂P ∂P
 P(s, ρ) =  s+  ρ
∂s ρ ∂ρ s
 
∂P
=  s + c2 (s, ρ) ρ 

∂s ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 473 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.12: Correnti stazionarie irrotazionali 2D con entropia uniforme 473

in cui compare la velocità del suono c. Nel caso di correnti stazionarie, le precedenti
equazioni di Eulero possono allora essere riscritte come

 (ρu) = 0,
 
1 1 ∂P c2 (s, ρ)
(  u) u +  |u|2 +  s+  ρ = 0,
2 ρ ∂s ρ ρ
u  s = 0.

Esse costituiscono un sistema di 5 equazioni nelle 5 incognite, ρ, u e s, supponendo


che la funzione P = P(s, ρ), e quindi anche le sue derivate parziali, sia nota.
L’equazione (vettoriale) della quantità di moto può essere moltiplicata scalar-
mente per la velocità (locale) u in modo da ottenere, in virtù dell’equazione
stazionaria per l’entropia u s = 0, la seguente equazione scalare:


1
2 ρu  |u|2 + c2 (s, ρ) u  ρ = 0.

Sviluppando l’equazione di conservazione della massa si ha ( ρ) u + ρ u = 0,  

per cui si ricava ( ρ) u = −ρ u = 0, che sostituita nell’equazione “proiettata”


 

fornisce

c2 (s, ρ)  u − 12 u  |u|2 = 0.

Mettendo ora a sistema questa equazione con quella di conservazione della massa e
quella dell’entropia si ottiene un sistema di sole tre equazioni ancora nelle medesime
cinque incognite ρ, u e s. Tale sistema risulta quindi avere un numero di equazioni
insufficiente per potere essere risolvibile.

Equazioni per le correnti stazionarie irrotazionali


Nel caso di corrente con entropia del fluido uniforme, s = s = costante, si pu ò
dimostrare che, in assenza di fenomeni dissipativi e di urti, un campo di velocità
inizialmente irrotazionale rimane sempre tale, per cui soddisfa u = 0 per ogni 

t > 0. Risulta pertanto interessante studiare le correnti stazionarie irrotazionali di


un fluido non viscoso e privo di conducibiltà termica. Per questo tipo di correnti
stazionarie è possibile scrivere il seguente sistema di equazioni

 (ρu) = 0,
c (s, ρ)2
 u − 12 u  |u|2 = 0,
 u = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 474 colore nero Maggio 29, 2006

474 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Considerando le correnti in tre dimensioni, abbiamo un sistema di 5 (2+3) equazioni


ma nelle sole 4 incognite ρ e u. Invece, nel caso di correnti bidimensionali, piani
o assisimmetrici, l’equazione vettoriale della vorticità diventa scalare e quindi il
sistema ha solo tre (2 + 1) equazioni nelle tre incognite rappresentate dalla densità
e dalle due componenti della velocità.

Equazioni della velocità per le correnti piane


Per sviluppare le equazioni relative alle correnti piane del tipo considerato, è op-
portuno prendere un sistema di coordinate cartesiane x yz, nel quale il termine con
il gradiente potrà essere espresso nel modo seguente:
 
1 ∂u ∂v ∂w ∂v ∂u
u |u|2 = u 2
 + v2 + w2 + uv +
2 ∂x ∂y ∂z ∂x ∂y
   
∂w ∂u ∂w ∂v
+ uw + + vw + .
∂x ∂z ∂y ∂z
Nel caso di correnti piane avremo più semplicemente:
 
1 ∂u ∂v ∂v ∂u
u |u|2 = u 2
 + v2 + uv + .
2 ∂x ∂y ∂x ∂y
Sostituendo questa espressione nella versione bidimensionale del sistema di equazioni
contenente l’equazione che impone l’irrotazionalità del campo di velocità avremo:
 (ρu) = 0,
 
  ∂u   ∂v ∂v ∂u
c (s, ρ) − u
2 2
+ c (s, ρ) − v
2 2
− uv + = 0,
∂x ∂y ∂x ∂y
∂u ∂v
− = 0.
∂y ∂x
Preferiamo ora eliminare la variabile densità in favore dell’entalpia specifica h.
Sostituiamo allora l’equazione (ρu) = 0 con l’equazione u h t = 0, dove h t
 

rappresenta l’entalpia totale specifica, definita da


h t = h + 21 |u|2 .
Avremo allora il seguente sistema di tre equazioni
 
 2  ∂u  2  ∂v ∂v ∂u
c (s, h) − u 2 + c (s, h) − v 2 − uv + = 0,
∂x ∂y ∂x ∂y
∂u ∂v
− = 0,
∂y ∂x
u  h t = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 475 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.12: Correnti stazionarie irrotazionali 2D con entropia uniforme 475

dove, ancora una volta, la nuova funzione c(s, h) è stata indicata senza preoccuparsi
di evidenziare la differenza rispetto alla precedente funzione c(s, ρ).
Nel caso considerato di corrente con entropia uniforme, possiamo determinare
la costante di integrazione dell’equazione dell’entalpia totale introducendo il valore
h t∞ : in questo modo potremo ridurre il sistema a due sole equazioni scalari nelle
due incognite u e v:
   
u2 ∂u v2 ∂v
1− + 1 −
c2 (s, h t∞ − 12 (u 2 +v 2 )) ∂ x c2 (s, h t∞ − 12 (u 2 +v 2 )) ∂y
 
uv ∂v ∂u
− 2 t 1 2 2 + = 0,
c (s, h ∞ − 2 (u +v )) ∂x ∂y
∂u ∂v
− = 0.
∂y ∂x

Esempio 1 Caso del gas ideale politropico


Le equazioni per la velocità nel moto piano diventano più semplici quando si
studia la corrente di un gas ideale politropico. In questo caso, come mostrato
nell’appendice E, la velocità del suono dipende solo dalla temperatura
√ e quindi
anche solo dall’entalpia, secondo la semplice relazione c = (γ − 1)h . Se si
utilizza questa proprietà, il sistema di equazioni per u e v assume la forma
   
u2 ∂u v2 ∂v
1− + 1−
(γ −1)[h t∞ − 21 (u 2 +v 2 )] ∂ x (γ −1)[h t∞ − 12 (u 2 +v 2 )] ∂y
 
uv ∂v ∂u
− + = 0,
(γ −1)[h t∞ − 21 (u 2 +v 2 )] ∂x ∂y
∂u ∂v
− = 0.
∂y ∂x

Come già visto nel precedente paragrafo 9.10, la corrente stazionaria irrotazionale
con entropia uniforme di un gas ideale politropico è indipendente dal valore s di
tale variabile.

Equazioni della velocità per le corrente assisimmetriche


Nel caso di correnti assisimmetriche, utilizziamo un sistema di coordinate cilin-
driche. Lo stesso ragionamento seguito per le correnti piane conduce al seguente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 476 colore nero Maggio 29, 2006

476 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

sistema di due equazioni per corrente assisimmetriche prive della componente ro-
tatoria del moto.
   
u 2R ∂u R u 2z ∂u z
1− + 1 −
c2 (s, h t∞ − 12 (u 2R +u 2z )) ∂ R c2 (s, h t∞ − 12 (u 2R +u 2z )) ∂z
 
u R uz ∂u z ∂u R uR
− 2 t 1 2 2 + + = 0,
c (s, h ∞ − 2 (u R +u z )) ∂R ∂z R
∂u R ∂u z
− = 0,
∂z ∂R

per le due incognite u R e u z .

9.13 Equazioni di Crocco per correnti stazionarie rotazionali


La corrente stazionaria a valle di un’onda d’urto curva, ossia non piana, è ro-
tazionale (cioè ha vorticità diversa da zero). La scoperta di questo risultato è dovuta
ad Hadamard ed è nota come teorema di Hadamard. Il campo della vorticità
nella regione dietro l’urto ha poi un andamento che può essere calcolato rimanendo
nell’approssimazione delle correnti comprimibili non viscose. Per questo scopo si
possono risolvere le equazioni di Eulero comprimibili, nella versione dipendente
dal tempo oppure stazionaria. Esiste tuttavia un modo alternativo di formulare le
equazioni che governano la corrente comprimibile rotazionale nel caso stazionario.
Questa formulazione si basa su una versione particolare dell’equazione della quan-
tità di moto per i fluidi comprimibili introdotta dal fluidodinamico italiano Crocco.
Abbiamo visto nel paragrafo precedente che il termine contenente il gradiente
della pressione può essere espresso considerando la pressione come funzione di s e
ρ, ovvero P = P(s, ρ):
 
P 1 ∂P c2 (s, ρ)
= s+


ρ  

ρ ρ ∂s ρ ρ
dove c è la velocità del suono. D’altra parte, se consideriamo la relazione fonda-
mentale dell’entalpia specifica, h = h(s, P), avremo
   
∂h ∂h
h=  s+  P 

∂s P ∂P s
P
= T s +v P = T s+


   ,
ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 477 colore nero Maggio 29, 2006

PARAGRAFO 9.13: Equazioni di Crocco per correnti stazionarie rotazionali 477

dove abbiamo usato la relazione ∂h(s, P)/∂ P = v. Quest’ultima relazione deriva


dalla natura convolutiva della trasformazione di Legendre mediante la quale è stata
definita l’entalpia a partire dall’energia. Risolvendo questa relazione rispetto al
termine ( P)/ρ si ha immediatamente:


P
= −T s +


  h.
ρ
Cosideriamo ora la seguente forma dell’equazione della quantità di moto dipendente
dal tempo in cui il termine convettivo è scritto in forma rotazionale
∂u 1 P
+( u) u + |u|2 + = 0.


 

∂t 2 ρ
Sostituendo in questa equazione l’espressione di ( P)/ρ appena ricavata e intro- 

ducendo, come usuale, l’entalpia totale specifica

h t = h + 12 |u|2 ,

si ottiene la seguente forma dell’equazione della quantità di moto per le correnti


instazionarie
∂u
+(  u) u − T s +   h t = 0,
∂t
chiamata sovente equazione di Crocco o di Crocco–Vazsonyi. Questa equazione
deve essere combinata con le due equazioni scalari esprimenti la conservazione
della massa e dell’energia per ottenere in sistema completo di equazioni. Tuttavia,
invece di scrivere queste due equazioni, che farebbero intervenire le due incognite
ρ ed e, è possibile considerare al loro posto la coppia di due equazioni (equivalenti)
per le variabili entropia s ed entalpia totale h t .
Se consideriamo poi il caso di correnti stazionarie, giungiamo al seguente
sistema

u  u + T (s, h) s −   h t = 0,
u  s = 0,
u  h t = 0,

in cui T (s, h) rappresenta una funzione di stato che dipende dal tipo di gas e che
si suppone nota. Abbiamo pertanto un sistema di 5 (3 + 2) equazioni, chiamate
equazioni di Crocco, nelle incognite u, s e h t , che sono appunto 5 incognite scalari.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 478 colore nero Maggio 29, 2006

478 CAPITOLO 9 Correnti comprimibili non viscose (senza urti)

Correnti stazionarie rotazionali con entalpia totale uniforme


Un caso particolare molto importante del sistema di equazioni stazionarie precedenti
si incontra quando le condizioni del fluido sono tali da permettere che l’entalpia
totale sia uniforme in tutto il campo di moto. Ciò si verifica, ad esempio, dietro
a un urto, anche curvo, quando il fluido in tutta la regione davanti all’urto ha una
velocità U uniforme e anche la sua entalpia è uniforme. Si può allora dimostrare
che, in assenza di ogni fenomeno viscoso, l’entalpia totale del fluido non cambia
attraversando l’urto e quindi si avrà
h(r) + 12 |u(r)|2 = costante = h ∞ + 12 U 2 = h t∞ ,
per cui l’equazione dell’entalpia totale risulta essere soddisfatta identicamente.
Pertanto, nel caso di correnti comprimibili stazionarie rotazionali (ma inviscide)
con entalpia totale uniforme, il sistema di equazioni di Crocco si semplifica in

u  u + T s, h t∞ − 21 |u|2  s = 0,
u  s = 0,

in cui l’equazione di stato T = T (s, h) del fluido è nota. Nel caso di correnti
tridimensionali abbiamo un sistema di 4 (3+1) equazioni nelle incognite u e s.

Esempio 1 Caso del gas ideale politropico


Il sistema di equazioni precedenti si semplifica nel caso di un gas ideale politro-
pico. Per questo tipo di gas, come mostrato nell’appendice E, vale la relazione
h = c P T + h rif , ossia T = (h − h rif )/c P , con h rif e c P costanti note, per cui
 ∆h t∞ − |u|2 /2
T s, h t∞ − 21 |u|2 = ,
cP
dove ∆h t∞ = h t∞ − h rif . Il sistema di equazioni per una corrente comprimibile
rotazionale (ma inviscida) con entalpia totale uniforme di un gas ideale politropico
assume allora la forma
∆h t∞ − |u|2 /2
u  u+ s = 0,


cP
u  s = 0.

Quindi, nel caso di gas ideale politropico l’entropia figura nel problema in modo
puramente lineare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 479 colore nero Dicembre 29, 2005

479

CAPITOLO 10

Correnti comprimibili
viscose
Introduzione Questo ultimo capitolo è dedicato alle equazioni che governano il
moto dei fluidi comprimibili viscosi con conducibilità termica non nulla. I fluidi
dotati di queste proprietà fisiche sono sufficientemente generali da descrivere un
grande numero di fenomeni fluidodinamici di rilevante interesse applicativo. Le
equazioni per le correnti comprimibili e viscose si ottengono a partire dagli stessi
principi di conservazione usati per formulare le equazioni di Eulero comprimibili
nel precedente capitolo. Le nuove equazioni sono tuttavia pi ù generali in quanto
contengono alcuni termini aggiuntivi dovuti all’esistenza di fenomeni diffusivi
all’interno di un fluido reale. In particolare, nell’equazione di bilancio della quantità
di moto deve essere inclusa la forza causata dal frenamento viscoso mentre nella
legge di conservazione dell’energia si dovrà tenere conto sia del fenomeno della
conduzione del calore nel fluido sia del riscaldamento del fluido a causa dell’attrito
viscoso al suo interno. Le equazioni che incorporano al loro interno tutti questi
fenomeni sono le celebri equazioni di Navier–Stokes comprimibili o complete.
Esse descrivono fenomeni quali, ad esempio, lo sviluppo dello strato limite in un
fluido comprimibile, la struttura interna delle onde d’urto e l’interazione fra strato
limite e onde d’urto in un gas.
Lo scopo di questo capitolo non è però quello di mostrare delle applicazioni
specifiche delle equazioni di Navier–Stokes comprimibili bensı̀ di concludere la
nostra introduzione alla dinamica dei fluidi fornendo un sistema di equazioni pi ù
generale che include, come casi particolari, alcune delle forme delle equazioni
viste nei capitoli precedenti. Lo studente è invitato quindi a leggere questo breve
capitolo solo per cogliere la visione di sintesi che le equazioni di Navier–Stokes
comprimibili permettono, senza pretendere di capire la complessità dei fenomeni
che queste equazioni possono rappresentare.
Infatti, da un lato lo studio delle equazioni di Navier–Stokes complete cos-
tituisce un capitolo particolarmente ricco e complesso della dinamica dei fluidi
e dall’altro la loro risoluzione può essere affrontata quasi esclusivamente per via
numerica. Di conseguenza, i problemi delle correnti nelle quali gli effetti sia della
comprimibilità del fluido sia della sua viscosità e conducibilità termica sono rilevanti
potranno essere affrontati solo in una fase successiva all’introduzione elementare
alla fluidodinamica qui proposta.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 480 colore nero Dicembre 29, 2005

480 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

10.1 Viscosità di un fluido comprimibile


All’interno di ogni fluido reale, quando il campo di velocità è differente da quello
di un moto rigido, le particelle del fluido (liquido o gas) interagiscono attraverso le
loro superfici di contatto in un modo più complicato della semplice forza dovuta
alla pressione. Queste forze all’interno del fluido sono chiamate forze viscose e
le loro caratteristiche sono già state illustrate nel paragrafo 5.10. L’effetto di tali
forze interne di attrito è di ridurre le disuniformità presenti nel campo di moto e
di provocare un meccanismo di resistenza al moto dei corpi immersi nel fluido.
In questo paragrafo riprendiamo alcuni elementi dello studio delle forze viscose
svolto nel paragrafo 5.10 per ricavare le equazioni che governano il moto di un
fluido qualsiasi, ovvero che risulta essere sia comprimibile sia viscoso.
In realtà, come vedremo, il carattere dissipativo locale del fluido non è descritto
in modo completo dalla sua viscosità e dai relativi coefficienti. Esiste infatti anche
un altro aspetto dissipativo collegato alla trasmissione di energia nel fluido quando
la sua temperatura non è uniforme. Il relativo fenomeno di conduzione del calore è
caratterizzato quantitativamente da una proprietà del fluido nota come conducibilità
termica.

Tensore simmetrico “gradienti della velocità”


All’interno di un fluido lo sforzo viscoso (dimensionalmente una forza per unità di
area) dipende dalla rapidità di variazione della deformazione locale del fluido. Per
descrivere lo sforzo interno al fluido è quindi necessario introdurre una grandezza
in grado di rappresentare questo aspetto cinematico del campo di moto del fluido.
Essa consiste nella versione simmetrizzata del tensore dei “gradienti del campo
di velocità” e si chiama tensore simmetrico dei gradienti della velocità o anche
tensore di rapidità di variazione della deformazione. Nel caso di coordinate
cartesiane, il tensore dei “gradienti della velocità” è dato dalla matrice
 ∂u 
sim sim
  ∂x  
 
 1 ∂u ∂v ∂v 
(u) =  + sim 
 2 ∂y ∂x ∂y 
     
 1 ∂u ∂w 1 ∂v ∂w ∂w 
+ +
2 ∂z ∂x 2 ∂z ∂y ∂z
Come già descritto nel paragrafo 5.10, la definizione generale del tensore dei
gradienti della velocità, valida per ogni sistema di coordinate curvilinee ortogonali,
è la seguente
 
(u) ←→ 12 ê  (ê0  )u + ê0  (ê  )u ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 481 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.1: Viscosità di un fluido comprimibile 481

dove ê ed ê0 sono due versori la cui direzione varia in tutte le possibili direzioni, in
modo da generare il carattere tensoriale di . Anche la definizione generale indica
che la matrice del tensore (u) è simmetrica. Gli elementi di (u) in un sistema
di coordinate curvilinee ortogonali con versori ê1, ê2 ed ê3 sono dati da

 
ei, j (u) = 1
2
êi  (ê j  )u + ê j  (êi   )u , i, j = 1, 2, 3.

Per ricavare questi elementi si deve pertanto ricordare che il calcolo della derivata
(ê j   )u richiede di espandere u in termini delle sue componenti nello stesso sistema
di coordinate curvilinee, ovvero,


(ê j  )u = (ê j  ) u 1 ê1 + u 2 ê2 + u 3 ê3 ,

e di tenere conto che anche i versori ê1, ê2 ed ê3 in generale possono dipendere da
una o più coordinate, per cui alcune loro derivate saranno diverse da zero.

Esempio 1 Tensore dei gradienti della velocità in coordinate cilindriche


Nel caso di coordinate cilindriche, gli elementi di (u) si ottengono mediante
calcolo diretto:
 ∂u R 
sim sim
  ∂R  
 
 1 1 ∂u R ∂  uθ  uR 1 ∂u θ 
(u) =   + R + sim 
2 R ∂θ ∂ R R R R ∂θ 
     
 1 ∂u R ∂u z 1 ∂u θ 1 ∂u z ∂u z 
+ +
2 ∂z ∂R 2 ∂z R ∂θ ∂z
In particolare, se il campo di velocità è assisimmetrico, le sue componenti in
coordinate cilindriche non dipendono da θ, per cui si ha

∂u R 
sim sim
 ∂R 
 R ∂ u  uR 
 θ 
assisim
(u) =  sim 
 2 ∂ R R  R 
 1 ∂u ∂u z 1 ∂u θ ∂u z 
R
+
2 ∂z ∂R 2 ∂z ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 482 colore nero Dicembre 29, 2005

482 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

Esempio 2 Tensore dei gradienti della velocità in coordinate sferiche


Nel caso delle coordinate sferiche, le componenti del tensore (u) sono
 ∂u r 
∂r sim sim
  1 ∂ur  
(u) =  1
2
∂ uθ
r ∂θ + r ∂r r
ur
r + 1 ∂u θ
r ∂θ sim 
 1 ∂u r ∂ uφ
  1 ∂u θ u φ 
2 r sin θ ∂φ + r ∂r r +
1 1 sin θ ∂
2 r sin θ ∂φ r ∂θ sin θ eφ,φ (u)

dove il terzo e ultimo elemento diagonale è scritto separatamente per ragione di


spazio:

cot θ u θ 1 ∂u φ
eφ,φ (u) = ur
r + r + r sin θ ∂φ .

In particolare, se il campo di velocità è invariante rispetto alle rotazioni attorno


all’asse z, le componenti in coordinate sferiche di u non dipendono da φ, per cui si
ha
 ∂u r 
∂r sim sim
  r  
assisim
(u) =  12 r1 ∂u ∂ uθ
∂θ + r ∂r r
1 ∂u θ
r + r ∂θ
ur
sim 
r ∂ uφ
 uφ  ur
2 ∂r r
sin θ ∂
2r ∂θ sin θ r
+ rcot θ u θ

Tensore degli sforzi viscosi


Consideriamo all’interno di un fluido una superficie elementare ∆S di normale n̂,
attraverso la quale si esercita l’interazione fra le particelle del fluido. In assenza di
attrito viscoso, la forza interna fra le particelle è solo nella direzione normale n̂ e
dipende dal valore della pressione P nel punto considerato. Precisamente la forza
esercitata attraverso la superficie ∆S dalle particelle che si trovano dalla parte in
cui punta n̂ sul fluido che si trova dalla parte opposta è data da −P∆S n̂.
Se il fluido è reale, la forza interna tra le particelle, esercitata attraverso la
superficie ∆S, ha componenti sia lungo la normale sia in direzione tangente a ∆S.
Quindi la forza interna non è più descrivibile mediante la sola grandezza scalare
P combinata con il versore normale n̂. Nella realtà, l’azione interna è costituita
da un vettore che dipende in modulo e direzione dalla normale n̂ e che in generale
ha una direzione diversa da quella della normale stessa. Siccome nello spazio
tridimensionale le direzioni indipendenti sono tre, l’azione interna fra le particelle
del fluido sarà rappresentata da tre vettori distinti, ciascuno associato a una direzione
indipendente. In altre parole per caratterizzare l’interazione fra le particelle di un
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 483 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.1: Viscosità di un fluido comprimibile 483

fluido viscoso è necessario introdurre una grandezza di nuovo tipo, che si chiama
tensore degli sforzi viscosi e che si indica con il simbolo particolare . Questa
grandezza è la forza per unità di area relativa alle tre diverse orientazioni nello spazio.
Essa è una grandezza intrinseca, come lo sono i vettori, ma rappresenta un operatore
lineare, nel senso che la sua azione su un determinato vettore produce un altro
vettore. In un determinato sistema di riferimento il tensore sarà descritto da una
matrice i cui elementi dipendono dal sistema scelto, esattamente come accade per
un vettore e le sue componenti. Precisamente una colonna del tensore rappresenta
la forza per unità di area che si esercita attraverso una superficie elementare ∆S la
cui normale è nella direzione corrispondente alla colonna considerata.
Si può dimostrare che la legge di conservazione del momento della quantità
di moto (o momento angolare) implica che il tensore degli sforzi deve essere
simmetrico. Nel caso di coordinate cartesiane il tensore degli sforzi viscosi è
allora dato dalla matrice simmetrica
 
sx,x sim sim
=  s y,x s y,y sim 
sz,x sz,y sz,z

mentre, in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali con versori (ê1 , ê2 , ê3 ), il
n̂ tensore degli sforzi viscosi sarà indicato nella forma generale:
∆S
sn̂  
s1,1 sim sim
=  s2,1 s2,2 sim 
s3,1 s3,2 s3,3
Figura 10.1
Vettore di sforzo viscoso, ovvero Noto il tensore dello sforzo viscoso in un punto del fluido, possiamo introdurre il
proiezione del tensore lungo la vettore sforzo viscoso sn̂ relativo a una superficie con normale n̂ facendo agire il
direzione della normale n̂ tensore su n̂ (vedi figura 10.1)

sn̂ =  n̂.

Fluido viscoso newtoniano


Per definire le proprietà del fluido riguardanti l’attrito interno viscoso si deve fornire
il legame fra il tensore degli sforzi viscosi, che abbiamo indicato , e il tensore dei
gradienti della velocità, che abbiamo indicato con (u), per cui avremo

= ( (u)).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 484 colore nero Dicembre 29, 2005

484 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

In linea teorica sono possibili legami aventi forme diverse, ma il caso di un semplice
legame lineare fra e è particolarmente importante e conduce alla classe di fluidi
viscosi detti newtoniani. Come già osservato nel paragrafo 5.10, questa ipotesi
è il corrispettivo per i fluidi dell’ipotesi di linearità nei solidi tra gli sforzi e le
deformazioni che caratterizza il comportamento perfettamente elastico di un mezzo
continuo solido.
Supponiamo ora che sia una funzione lineare di e che il fluido sia isotropo,
cioè che le sue proprietà siano indipendenti dalla direzione nello spazio. Si può
allora dimostrare che il principio di invarianza delle grandezze intrinseche (vettori
e tensori) rispetto alle rotazioni e alle riflessioni nello spazio implica che siano
sufficienti solo due coefficienti scalari per caratterizzare il legame lineare fra i
tensori ed , e che tale legame assume la seguente forma

(u) = 2µ (u) + λ (   u) ,

dove µ è il coefficiente di viscosità (di taglio) e λ è il coefficiente di viscosità di


dilatazione. Questi coefficienti devono soddisfare le due condizioni seguenti:

µ≥0 e λ + 32 µ ≥ 0.

Nel caso di gas monoatomici, tra i due coefficienti di viscosità esiste il legame
λ = − 23 µ, noto come condizione di Stokes, ma non sarà mai utilizzato nel seguito.
Osserviamo che il tensore degli sforzi viscosi si somma allo sforzo normale
dovuto alla pressione per costituire il tensore totale degli sforzi

(P, u) = −P + (u),


che per un fluido viscoso di tipo newtoniano assume la forma:

(P, u) = −P + 2µ (u) + λ (  u) .


In certi casi si preferisce fare comparire un nuovo tensore con traccia nulla. Osser-
vando allora che   u è uguale alla traccia di (u), la relazione lineare precedente
fra il tensore dei gradienti di velocità e il tensore degli sforzi viscosi si può riscrivere
anche nella forma seguente:
 
(u) = 2µ (u) − 13 (   u) + ζ (   u) ,

dove ζ = 23 µ + λ è chiamato secondo coefficiente di viscosità per distinguerlo da


µ, che allora è indicato come primo coefficiente di viscosità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 485 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.1: Viscosità di un fluido comprimibile 485

In generale, per fluidi con proprietà generiche, il valore dei due coefficienti di
viscosità dipende dalle condizioni termodinamiche del fluido, per cui potremo
scrivere

µ = µ(T, P) e λ = λ(T, P).

Nel campo di moto del fluido avremo in generale

T = T (r, t) e P = P(r, t),

per cui il valore di µ e λ dipenderà della posizione e dal tempo, ovvero avremo, per
esempio,

µ = µ(r, t) = µ(T (r, t), P(r, t)).

Esempio 3 Tensore degli sforzi viscosi in coordinate cilindriche


Nel caso di coordinate cilindriche, gli elementi del tensore degli sforzi viscosi (u)
di un fluido viscoso newtoniano sono dati da:
 
∂R + λ   u
2µ ∂u sim sim
R

  uθ
   
∂θ + R ∂ R R
(u) =  µ R1 ∂u R ∂
2µ uRR + R1 ∂u ∂θ + λ
θ
  u sim 
 ∂u R ∂u z   ∂u θ 1 ∂u z
 ∂u z
µ ∂z + ∂ R µ ∂ z + R ∂θ 2µ ∂ z + λ   u

In particolare, se il campo di velocità è assisimmetrico, le sue componenti in


coordinate cilindriche non dipendono da θ, per cui si ha
 
∂R + λ 
2µ ∂u u sim sim
R

  
(u) = 
assisim
µR ∂∂R uRθ 2µ uRR + λ   u sim 
 
µ ∂u∂ zR + ∂u
∂R
z
µ ∂u
∂z
θ
2µ ∂u
∂z
z
+λ  u

dove
1 ∂(Ru R ) ∂u z
  u= + .
R ∂R ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 486 colore nero Dicembre 29, 2005

486 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

Esempio 4 Tensore degli sforzi viscosi in coordinate sferiche


Nel caso delle coordinate sferiche, le componenti del tensore (u) di un fluido
viscoso newtoniano sono
 
2µ ∂u ∂r
r
+λ  u sim sim
  r    
(u) =  µ 1r ∂u ∂θ
+ r ∂r∂ urθ 2µ urr + 1r ∂u
∂θ
θ
+λ  u sim 
 1 ∂ur u   1 ∂u θ u φ 
µ r sin θ ∂φ
+ r ∂r∂ rφ µ r sin θ ∂φ
+ sinr θ ∂θ

sin θ
sφ,φ (u)

dove il terzo e ultimo elemento diagonale è scritto separatamente per ragione di


spazio:
 
ur cot θ u θ 1 ∂u φ
sφ,φ (u) = 2µ + + +λ  u.
r r r sin θ ∂φ

In particolare, se il campo di velocità è invariante rispetto alle rotazioni attorno


all’asse z, le componenti in coordinate sferiche di u non dipendono da φ, per cui
 
2µ ∂u
∂r
r
+λ u sim sim
assisim

 1 ∂ur   ur  
(u) =  µ r ∂θ + r ∂r∂ uθ
r
2µ r
+ 1 ∂u θ
r ∂θ
+λ  u sim 
uφ  sin θ ∂ u 
µr ∂r∂ r
µ r ∂θ sinφθ assisim
sφ,φ (u)

dove
 
assisim ur cot θ u θ
sφ,φ (u) = 2µ + +λ  u
r r

e inoltre

1 ∂(r 2 u r ) 1 ∂(sin θ u θ )
  u= 2
+ .
r ∂r r sin θ ∂θ

Dipendenza della viscosità dalla temperatura


La vicosità dipende sensibilmente dalla temperatura ma molto poco dalla pressione.
La viscosità dei gas e della maggior parte dei liquidi aumenta leggermente con la
pressione e le variazioni sono di pochi punti percentuali su un intervallo dalla
pressione atmosferica a cento volte questo valore. Il comportamento dell’acqua è
anomalo al di sotto della temperatura di 30 C◦ , dove l’andamento della viscosità
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PARAGRAFO 10.2: Equazione di bilancio della quantità di moto 487

diventa leggermente decrescente al crescere della pressione.


La viscosità dei gas cresce con la temperatura. Due approssimazioni molto
usate sono la legge di potenza

 n
µ(T ) T
≈ ,
µ1 T1

e la legge di Sutherland:

  32
µ(T ) T1 + S T
≈ .
µ1 T +S T1

In entrambe queste relazioni µ1 è il valore della viscosità alla temperatura T1 (di


solito 273 K). I valori delle costanti n e S sono determinati sperimentalmente ed
entrambe le formule sono adeguate in un ampio intervallo di temperature. Per l’aria,
n ≈ 0.7 e S ≈ 110 K.
La viscosità dei liquidi diminuisce con la temperatura in modo all’incirca
esponenziale, µ(T ) ≈ ae −bT . I valori sperimentali sono comunque meglio descritti
da una funzione di ln µ quadratica in 1/T :

   2
µ(T ) T T
ln ≈a+b +c .
µ1 T1 T1

Per l’acqua, con T1 = 273 K, µ1 = 1.80 × 10−3 kg/(m · s), valori adeguati sono
a = −1.94, b = −4.80 e c = 6.74, che garantiscono un’accuratezza dell’1%.

10.2 Equazione di bilancio della quantità di moto


Nel paragrafo 9.4 del capitolo precedente è stata ricavata l’equazione di bilancio
della quantità di moto per un fluido comprimibile ma ideale (non viscoso e non
conduttore del calore) in forma conservativa

∂(ρu)
+  (ρu ⊗ u) +  P = ρg.
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 488 colore nero Dicembre 29, 2005

488 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

Forza di attrito viscoso


Per estendere questa equazione al caso di un fluido reale, ossia viscoso e con
conducibilità termica, si deve aggiungere il termine della forza agente sul fluido in
conseguenza dell’attrito viscoso all’interno dello stesso. L’espressione della forza
per unità di volume Fvisc da includere nel secondo membro dell’equazione della
quantità di moto si ottiene considerando un volumetto di fluido e sommando tutte le
forze agenti sulla sua superficie. Ciò conduce a valutare la divergenza del tensore
simmetrico degli sforzi viscosi (u), ovvero all’espressione

Fvisc =   (u).

Le componenti vettoriali di questo vettore sono date da


 
Fjvisc =   s êj(u) , j = 1, 2, 3,

dove s êj(u) rappresenta il vettore sforzo viscoso relativo a una superficie con
versore normale uguale a ê j . Detto sn̂ (u) il vettore sforzo relativo a una superficie
di normale generica n̂, posta in un punto di un campo di moto u e in cui il tensore
degli sforzi viscosi è (u), abbiamo per definizione

sn̂ (u) = (u)  n̂

ovvero

X
3
sn̂, j (u) = n̂ i si, j (u), j = 1, 2, 3.
i=1

Un calcolo diretto, sebbene po’ noioso, in un sistema di coordinate curvilinee


ortogonali qualsiasi, ad esempio in coordinate cartesiane, permette di ricavare la
seguente relazione vettoriale

sn̂ (u) = µ 2(n̂  )u + n̂ 


u + λ n̂   u.

L’espressione nel secondo membro ha una forma vettoriale intrinseca e quindi pu ò


essere utilizzata per calcolare sn̂ (u) in qualunque sistema di coordinate curvilinee
ortogonali. Sostituendo l’espressione esplicita di s êj(u) si ha quindi

Fjvisc =  

2µ (ê j   )u + µ ê j 
 u + λ ê j  

u, j = 1, 2, 3.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 489 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.3: Conservazione dell’energia 489

Un calcolo ancora diretto, in un qualunque sistema di coordinate curvilinee ortogo-


nali, ad esempio cartesiane, permette di dedurre la seguente espressione della forza
viscosa per unità di volume agente in un fluido qualsiasi, anche comprimibile,
Fvisc = −   (µ  u) +  (2µ + λ)(   u)


+ 2(  µ)  
u − 2(  µ)   u + 2((  µ)   )u.
Questo risultato ha una forma vettoriale intrinseca ed è valida in qualunque sistema
di coordinate curvilinee ortogonali. Per scrivere in modo pi ù compatto la forza
viscosa Fvisc conviene introdurre una speciale notazione che rappresenta in un solo
termine i tre ultimi termini contenenti il vettore  µ. Definiamo il seguente operatore
differenziale vettoriale lineare
(p)
 ?u≡p 
 u−p  u + (p  )u,
che dipende, pure linearmente, dal campo vettoriale p, indicato come indice supe-
riore prefisso all’operatore  ? . Con questa definizione, l’espressione della forza
viscosa assume la forma

   

Fvisc = −  (µ  u) +  (2µ + λ)(   u) + 2 ( µ)


 ? u.

Sommando questo termine al secondo membro dell’equazione della quantità di


moto per correnti comprimibili non viscose scritta all’inizio del paragrafo si ottiene

∂(ρu)
+   (ρu ⊗ u) +  P
∂t
 


= − (µ  u) +  ((2µ + λ)   u) + 2 ( µ)
 ? u + ρg.

10.3 Conservazione dell’energia


Nel paragrafo 9.5 del capitolo precedente è stata ricavata l’equazione di conser-
vazione dell’energia per un fluido comprimibile ma ideale (non viscoso e non
conduttore del calore)
∂(ρe)
+   (ρeu) + P   u = 0.
∂t
Per estendere questa equazione al caso di fludo reale, si devono includere due ter-
mini: il primo termine tiene conto della conducibilità termica del fluido e quindi
della possibilità di avere trasferimento di energia in presenza di grandienti di tem-
peratura; il secondo termine tiene conto dei trasferimenti di energia conseguenti al
lavoro delle forze viscose.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 490 colore nero Dicembre 29, 2005

490 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

Conducibilità termica
Supponiamo che nel fluido esista un flusso di calore che indichiamo con la
grandezza vettoriale q. Sempre nell’ipotesi di considerare un legame lineare tra le
grandezze diffusive e il gradiente corrispondente da cui dipendono, per la legge di
Fourier i due vettori q e  T sono legati dalla relazione di proporzionalità

q = −κ  T,

dove κ è il coefficiente di conducibilità termica del fluido. Questa relazione è nota


come legge del calore di Fourier o più semplicemente come legge di Fourier. Il
segno meno significa che il flusso di energia quando la temperatura non è uniforme
è verso le zone in cui la temperatura è inferiore.
Come per i due coefficienti di viscosità, anche questo coefficiente dipende in
generale dalle condizioni termodinamiche del fluido, per cui avremo

κ = κ(T, P).

Questo coefficiente deve inoltre essere sempre positivo, κ > 0 per ogni valore di T
e P, per ragioni termodinamiche.
La presenza del flusso di calore q all’interno del fluido equivale a una sorgente
di energia in ogni suo punto quando il flusso del campo vettoriale q attraverso a
una piccola superficie intorno al punto è diverso da zero. In altre parole, nel fluido
avremo una quantità di energia  per unità di volume, che va ad aumentare l’energia
interna del fluido nell’unità di tempo, data dalla relazione  = −   q, dove il
segno meno davanti alla divergenza è necessario per indicare la direzione entrante
nel volume elementare. Utilizzando la legge di Fourier abbiamo

=   (κ  T ).

Per quanto riguarda invece l’aumento dell’energia interna a causa delle forze interne
viscose, la loro potenza (lavoro per unità di tempo) per unità di volume è data
dalla contrazione del tensore degli sforzi viscosi con il tensore simmetrico dei
gradienti della velocità, ossia (u) : (u). (Per contrazione di due tensori si
intende la doppia sommatoria su entrambi gli indici dei tensori.) Per un fluido
viscoso newtoniano questo termine vale allora:

(u) : (u) = 2µ | (u)|2 + λ (   u)2 ,


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 491 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.4: Equazioni di Navier–Stokes per fluidi comprimibili 491

dove

1X 3 X 3
| (u)|2 = (u) : (u) = ei, j (u) ei, j (u).
4 i=1 j =1

Tutto il termine dissipativo è spesso scritto come una singola funzione

Φ(  u, µ, λ) = (u) : (u),

chiamata funzione di dissipazione. La forma esplicita espansa permette di identi-


ficare facilmente la parte che si annulla nel caso di correnti incomprimibili.
Aggiungendo i due termini appena calcolati nel secondo membro dell’equazione
di conservazione dell’energia interna si ottiene

∂(ρe)
+  (ρeu) + P   u
∂t
=  (κ  T ) + 2µ | (u)|2 + λ (   u)2 .

10.4 Equazioni di Navier–Stokes per fluidi comprimibili


Le equazioni della quantità di moto e dell’energia, con inclusi i termini dovuti alla
viscosità e conducibilità termica del fluido,sono infine combinate con l’equazione di
conservazione della massa e con le due equazioni termodinamiche di stato del fluido.
Questa operazione permette di ottenere il sistema delle equazioni di Navier–Stokes
comprimibili o complete per un fluido newtoniano

∂ρ
+   (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+   (ρu ⊗ u) +  P
∂t



= − (µ  u) +  ((2µ + λ)   u) + 2 ( µ)
 ? u + ρg,
∂(ρe)
+  (ρeu) + P   u
∂t
=  (κ  T ) + 2µ | (u)|2 + λ (   u)2 ,

P = P(e, ρ), T = T (e, ρ),


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 492 colore nero Dicembre 29, 2005

492 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

dove

 
(u) = 1
2
ê  (ê0  )u + ê0  (ê  )u .

Essendo le variabili P e T definite tramite le due equazioni di stato, possiamo dire


che questo sistema consiste di tre equazioni (due scalari e una vettoriale) nelle tre
incognite ρ, u ed e, oppure di 5 equazioni scalari nelle 5 incognite ρ, u, v, w ed e.
Il sistema è (molto) non lineare. Una sua caratteristica assai peculiare è quella
di costituire un sistema “ibrido” iperbolico/parabolico. Infatti la prima equazione
per la conservazione della massa è iperbolica mentre le equazioni del bilancio
della quantità di moto e di conservazione dell’energia sono di natura parabolica. In
linguaggio matematico si dice allora che le equazioni di Navier–Stokes comprimibili
costituiscono sistema parabolico incompleto. Il carattere di “incompletezza” è
dovuto all’assenza di un termine di tipo laplaciano nell’equazione di conservazione
della massa, ma non significa affatto che le equazioni richiedano di essere modificate
o completate1 per potere condurre a un problema matematicamente ben posto.
Questa asimmetria delle equazioni della dinamica dei fluidi è forse l’aspetto
più specifico di questo sistema di equazioni. Esso ha delle conseguenze di natura
fondamentale sulla teoria matematica delle equazioni di Navier–Stokes comprimi-
bili. Ad esempio, se consideriamo un problema in una regione completamente
delimitata da pareti solide, le condizioni al contorno del problema di una corrente
comprimibile viscosa in tale caso comprenderanno la specificazione della velocità e,
ad esempio, della temperatura su tutto il contorno ma non esisterà alcuna condizione
al contorno per la variabile densità.

10.5 Equazioni di Navier–Stokes in forma conservativa


La formulazione delle equazioni per le correnti comprimibili vista nel paragrafo
10.4 non può essere usata direttamente per lo sviluppo di metodi di risoluzione
numerica. In questo caso, soprattutto nello studio di problemi transonici e superso-
nici, nel campo di moto sono presenti variazioni estremamente rapide (ad esempio,
onde d’urto) la cui descrizione è di solito impossibile, anche immaginando di potere
ricorrere ai calcolatori moderni più potenti.

1
Gli autori sono grati a David Massegur Sampietro per avere permesso di chiarire questo
punto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 493 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.5: Equazioni di Navier–Stokes in forma conservativa 493

Occorre allora affrontare il problema basandosi sulla forma originaria delle leggi
di conservazione originarie, utilizzando, ad esempio, l’energia totale per unità di
volume, E t = ρet , come variabile incognita, invece dell’energia interna. Questa
scelta, che è del tutto naturale quando si risolvono in modo numerico le equazioni
di Eulero comprimibili, deve essere seguita anche nel risolvere le equazioni di
Navier–Stokes.
Pertanto, in assenza di forze di volume esterne, g = 0, le equazioni di Navier–
Stokes si scrivono nella cosiddetta forma conservativa

∂ρ
+   (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu) 
+   ρu ⊗ u + P =   (u),
∂t
∂(ρet )  
+   (ρet + P)u =   κ  T + u  (u) ,
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ),

dove

et = e + 12 |u|2

è l’enegia totale specifica mentre il tensore degli sforzi viscosi (u) nel caso di
fluido newtoniano è definito da

(u) = 2µ (u) + λ (   u) .

Si lascia al lettore di ricavare, come esercizio, la forma conservativa delle equazioni


di Navier–Stokes per correnti comprimibili a partire dalla loro versione non conser-
vativa stabilita nel paragrafo 10.4.
Come si può osservare, tutti i termini con le derivate spaziali compaiono come
divergenza di flussi opportuni. I flussi della seconda e terza equazione hanno due
contributi: un contributo, scritto nel membro di sinistra, è lo stesso del fluido (ideale)
avente viscosità e conducibilità termica nulle, ossia il termine delle equazioni di
Eulero comprimibili; il secondo contributo, scritto invece nel membro di destra, è
quello dovuto al carattere diffusivo del fluido (reale) avente proprietà dissipative
non nulle.
Nelle equazioni di Navier–Stokes in forma conservativa appena scritte compare
la derivata temporale delle quantità ρu e ρet . In effetti, questo modo di scrivere,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 494 colore nero Dicembre 29, 2005

494 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

piuttosto comune, ha un significato puramente convenzionale: la grandezza che si


conserva ha una sua individualità e la sua espressione in forma di prodotto di altre
grandezze è usata solo per ricordare la sua definizione. Di conseguenza, per scrivere
in modo matematicamente più chiaro le equazioni in forma conservativa conviene
introdurre la variabile q che rappresenta la quantità di moto per unità volume
e la variabile E t che rappresenta l’energia totale per unità di volume, ovvero si
introducono le definizioni
|q|2
q = ρu e E t = ρet = ρe + .

Le equazioni di Navier–Stokes comprimibili in forma conservativa e in termini delle
variabili conservative, ρ, q e E t , assumono allora la forma seguente

∂ρ
+  q = 0,
∂t
 
∂q q⊗q
+  +P =  (q/ρ),
∂t ρ
   
∂ Et q q
+  (E + P)
t
=  κ T+  (q/ρ) .
∂t ρ ρ

Le equazioni di stato P = P(e, ρ) e T = T (e, ρ) sono poi utilizzate per calcolare


i termini che dipendono dalla pressione e dalla temperatura, nel modo seguente:

Et |q|2 
P=P ρ − 2ρ 2
,ρ ,
Et |q|2 
T =T ρ
− 2ρ 2
,ρ .

10.6 Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti


Come accennato, le equazioni di Eulero e di Navier–Stokes per correnti comprimi-
bili sono alquanto complicate e la loro risoluzione per problemi in regioni di
forma arbitraria richiede l’impiego di tecniche numeriche. Queste sono basate
sulla sostituzione delle derivate spaziali e temporali con loro versioni approssimate:
l’andamento delle variabili incognite nello spazio è rappresentato tipicamento su un
reticolo di punti nella regione occupata dal fluido, mentre l’evoluzione nel tempo
delle stesse incognite è descritta in modo discreto mediante variazioni finite, intro-
ducendo un certo numero di passi temporali di piccola ampiezza. Per determinare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 495 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 495

soluzioni numeriche approssimate di questo tipo sono disponibili varie tecniche di


discretizzazione che possono essere applicate a una delle forme delle equazioni di
conservazione descritte fino a questo punto.
Queste tecniche sono accurate ed efficaci solo a condizione che il reticolo di
punti utilizzato sia in grado di rappresentare tutte le variazioni delle incognite in
tutto il dominio computazionale. Sfortunatamente, in alcuni problemi comprimibili
molto importanti per le applicazioni aerodinamiche, il campo di moto del fluido è
caratterizzato dalla presenza di onde d’urto e di strati limite molto sottili. Per potere
rappresentare correttamente le variazioni della soluzione in queste zone interne
al fluido sarebbe allora necessario introdurre un numero di punti troppo elevato
rispetto alla capacità di memoria dei calcolatori attuali e anche di quelli prevedibili
per il prossimo futuro.
In questi casi è necessario abbandonare la formulazione delle leggi di conser-
vazione basata su equazioni differenziali alle derivate parziali e si deve ricorrere
alla loro espressione in forma non differenziale. Tale forma esprime le leggi di
conservazione o di bilancio relativamente alle regioni finite in cui è stato decom-
posto il dominio di calcolo. In altre parole, risulta essenziale riformulare i principi
di conservazione della massa e di bilancio della quantità di moto e dell’energia
riferendosi direttamente a tutti i volumi di controllo fissi la cui riunione costituisce
la regione occupata dal fluido.
La forma non differenziale, ossia senza derivate,2 delle equazioni della di-
namica dei fluidi può essere ricavata in due modi equivalenti: possiamo integrare
spazialmente su un volume di controllo V le equazioni differenziali scritte in forma
conservativa per poi applicare il teorema della divergenza in modo da fare scom-
parire tale operatore; oppure possiamo uguagliare la variazione della massa, della
quantità di moto e dell’energia totale contenuta in un volume di controllo V fisso
con il flusso di queste grandezze entrante in V attraverso la superficie chiusa ∂ V
che costituisce la frontiera di V . Nel seguito preferiamo adottare il primo procedi-
mento perché permette di comprendere forse più facilmente il legame fra la forma
differenziale e quella non differenziale delle equazioni della dinamica dei fluidi.
Consideriamo allora un volume fisso V dentro il fluido e integriamo su questa
regione le equazioni di Navier–Stokes nell’ipotesi che non agisca alcuna forza
esterna, g = 0. L’applicazione del teorema della divergenza a tutti i termini di
tipo   ( · ) delle equazioni di Navier–Stokes in forma conservativa, conduce al
2
Più precisamente, la specificazione “non differenziale” è appropriata solo nel caso delle
equazioni di Eulero, nelle quali l’eliminazione degli operatori di derivata è completa, mentre nel
caso delle equazioni di Navier–Stokes rimarranno comunque delle derivate spaziali prime delle
incognite nei termini in origine di derivata seconda, come si vedrà fra un momento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 496 colore nero Dicembre 29, 2005

496 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

seguente sistema
Il volume V è fisso nello spazio Z I
per cui l’operatore di derivata d
d ρ+ ρu  n̂ = 0,
ordinaria dt può passare sotto il dt V ∂V
segno di integrale, dove diventa Z I I
d
la derivata parziale ∂t∂ perché la ρu + (ρu ⊗ u + P )  n̂ = (u)  n̂,
funzione integranda dipende dt V ∂V ∂V
Z I I
anche da r, oltre che da t. d 
ρe +
t
(ρe + P) u  n̂ =
t
κ  T + u  (u)  n̂.
dt V ∂V ∂V

Notiamo che, essendo il volume V fisso nello spazio, l’operatore di derivata parziale
rispetto a t è uscito all’esterno del segno di integrale, dove ha assunto la forma
corretta di derivata ordinaria.
Le equazioni appena ricavate contengono ancora le derivate rispetto al tempo
che non possono essere calcolate se nella soluzione sono presenti discontinuit à
che si propagano. Per eliminare questo inconveniente è necessario integrare le
equazioni anche nel tempo. Considerando, ad esempio, i due istanti successivi t n
e tn+1 , si integra sull’intervallo [tn , tn+1 ] e, in virtù del teorema fondamentale del
calcolo differenziale, si ottiene immediatamente
Z Z Z tn+1 I
ρ(r, tn+1 ) − ρ(r, tn ) + dt ρu  n̂ = 0,
V V tn ∂V
Z Z Z tn+1 I Z tn+1 I
(ρu)(r, tn+1 ) − (ρu)(r, tn ) + dt (ρu ⊗ u + P )  n̂ = dt (u)  n̂,
V V tn ∂V tn ∂V
Z Z Z tn+1 I Z tn+1 I

(ρe )(r, tn+1 ) −
t
(ρe )(r, tn ) +
t
dt (ρe + P) u  n̂ =
t
dt κ  T + u  (u)  n̂.
V V tn ∂V tn ∂V

Questo sistema può essere riscritto in un modo più conveniente dal punto di vista
algoritmico, indicando con V j , j = 1, 2, . . . , tutti i volumi di controllo e intro-
ducendo le quantità medie delle variabili conservative nei volumi V j al tempo tn ,
definite nel modo seguente:
Z
1
ρ jn = ρ(r, tn ) dV,
V j Vj
Z
1
(ρu)nj = ρ(r, tn ) u(r, tn ) dV,
V j Vj
Z
1
(ρet )nj = ρ(r, tn ) et (r, tn ) dV,
V j Vj
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 497 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 497

dove abbiamo scritto il volume infinitesimo dV per chiarezza.


In termini di queste quantità medie nel volume V j , l’avanzamento discretizzato
nel tempo delle leggi di conservazione assume la forma:
Z tn+1 I
1
ρ jn+1 = ρ jn − dt ρu  n̂,
Vj tn ∂ Vj
Z I
1 tn+1  
(ρu)n+1
j = (ρu)nj − dt (ρu ⊗ u + P ) − (u)  n̂,
V j tn ∂ Vj
Z tn+1 I
1  t 
(ρet )n+1
j = (ρet )nj − dt (ρe + P) u − κ  T + u  (u)  n̂.
V j tn ∂ Vj

Naturalmente queste equazioni di Navier–Stokes non differenziali devono essere


riscritte per ogni volume elementare V j in cui è stato preliminarmente suddiviso
il dominio computazionale. Una volta determinati i valori medi delle grandezze
conservative, la velocità e l’energia specifica totale (medie) del fluido nel volume
Vj all’istante tn+1 sono calcolate mediante i rapporti

(ρu)n+1
j (ρet )n+1
j
un+1
j = e etj n+1 = .
ρ jn+1 ρ jn+1

Infine l’energia specifica interna (media) del fluido contenuto nel volume V j è
calcolata per mezzo della relazione
2
en+1
j = etj n+1 − 12 un+1
j
.

Questa tecnica di discretizzazione basata sulla forma non differenziale delle equazio-
ni di conservazione (siano esse le equazioni di Eulero o di Navier–Stokes) si chiama
metodo dei volumi finiti. Il vantaggio fondamentale di questo metodo è che le
variazioni delle grandezze conservative dipendono solo dalla valutazione dei flussi
corrispondenti sulle superfici che delimitano i volumi di controllo. Se tali flussi
sono calcolati con la medesima espressione sulla superficie di separazione fra vo-
lumi adiacenti, i due contributi sono esattamente l’uno opposto dell’altro e quindi
la discretizzazione non introduce alcun errore sul totale delle grandezze che si
conservano.
Le forma non differenziale delle equazioni di Navier–Stokes è l’unica che
consente di “catturare” gli urti nella giusta posizione e di farli propagare con la
corretta velocità anche se il reticolo utilizzato è troppo rado per rappresentare la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 498 colore nero Dicembre 29, 2005

498 CAPITOLO 10 Correnti comprimibili viscose

struttura interna dell’urto. Infatti, in realtà un urto come pure una disconitinuità
di contatto non sono della discontinuità esatte nelle variabili del fluido bensı̀ delle
transizioni continue anche se su una distanza molto piccola, in cui si dispiegano i
fenomeni legati alla viscosità e alla conducibilità termica.

Equazioni di Eulero non differenziali per correnti con urti


Nel caso particolare di viscosità e conducibilità termica nulle, le equazioni di
Navier–Stokes del metodo dei volumi finiti appena scritte diventano le equazioni
di Eulero in forma non differenziale
Z tn+1 I
1
ρ jn+1 = ρ jn − dt ρu  n̂,
Vj tn ∂ Vj
Z I
1 tn+1
(ρu)n+1
j = (ρu)nj − dt (ρu ⊗ u + P )  n̂,
V j tn ∂ Vj
Z tn+1 I
1
(ρet )n+1
j = (ρet )nj − dt (ρet + P) u  n̂.
V j tn ∂ Vj

Scrivendo in questa forma il sistema iperbolico delle leggi di conservazione per un


fluido non viscoso e che non conduce il calore è possibile introdurre una nuova
idea di soluzione, la soluzione debole. Questa estensione del concetto di soluzione
è necessaria per potere affrontare i problemi iperbolici non lineari nei quali le
soluzioni sono discontinue. Infatti, le superfici interne al campo di moto sulle
quali risultano discontinue tutte o alcune variabili non possono essere ammesse nel
quadro matematico delle equazioni differenziali alle derivate parziali: le derivate
spaziali e temporali delle incognite risultano non definite su queste superfici e ci ò
rivela l’inadeguatezza della formulazione differenziale del sistema iperbolico non
lineare.
Purtroppo, per qualunque problema iperbolico non lineare con condizioni
iniziali e al contorno specificate, esistono sempre infinite soluzioni deboli. In
altre parole, l’estensione del concetto di soluzione necessario per potere consi-
derare soluzioni discontinue comporta un allargamento dell’insieme delle possibili
soluzioni con la conseguente perdita dell’unicità della soluzione. Daltra parte, la
teoria dimostra che una sola delle infinite soluzioni deboli di un dato problema è
quella che corrisponde alla soluzione (unica) del problema viscoso corrispondente
nel limite per µ, λ e κ → 0. Questa soluzione debole unica è quindi la sola
fisicamente ammissibile e si chiama soluzione entropica. Un esempio particolar-
mente semplice di questa situazione è il caso di un urto stazionario in un gas ideale
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 499 colore nero Dicembre 29, 2005

PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 499

politropico: le soluzioni delle leggi di conservazione espresse dalle relazioni di


salto di Rankine–Hugoniot comprendono sia urti di compressione che di rare-
fazione ma solo quelli del primo tipo sono fisicamente ammissibili mentre i secondi
sono impossibili in quanto violerebbero la seconda legge della termodinamica.
Ma ciò significa che le equazioni di Eulero che governano le correnti di
qualunque tipo, compresi i regimi transoni e supersonici, hanno senso solo come
un sottocaso delle equazioni di Navier–Stokes per correnti comprimibili. Soltanto
nel caso particolare di correnti comprimibili privi di urti e di discontinuità di con-
tatto le equazioni differenziali di Eulero completate da una sola equazione di stato,
P = P(e, ρ), bastano per descrivere il campo di moto ed esso può essere determi-
nato prescindendo completamente dai fenomeni dissipativi all’interno del fluido.
Per tutto quanto detto, risulta quindi non del tutto soddisfacente dal punto di
vista logico presentare le equazioni di Eulero per le correnti comprimibili prima
di avere introdotto le equazioni complete di Navier–Stokes, come invece abbiamo
fatto in questo testo. La specificazione “senza urti” presente nel titolo del capitolo 9
sulle equazioni di Eulero sta proprio a indicare il carattere limitato dell’analisi delle
correnti comprimibili descrivibili mediante le equazioni di Eulero prescindendo
dalle equazioni di Navier–Stokes complete. Comunque sia, da qualche parte bisogna
pure cominciare. L’approccio da noi adottato ci ha almeno permesso di ricavare le
equazioni che governano i fenomeni dell’acustica,che sono essenzialmente di natura
“elastica”, prima di avere introdotto gli aspetti dissipativi del fluido comprimibile
che giocano in questi ultimi un ruolo soltanto marginale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-1 colour black Giugno 22, 2006

A-1

Appendice A

Coordinate curvilinee
ortogonali
Introduzione In questo appendice ricaveremo l’espressione del gradiente di un
campo scalare, della divergenza e del rotore di un campo vettoriale, in sistemi di
coordinate più generali delle coordinate cartesiane. In particolare esprimeremo
queste quantità nelle coordinate cilindriche e in quelle sferiche. La nostra presen-
tazione si basa sulla trattazione del paragrafo 7.7 del testo di Robert Adams, Calcolo
differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.

A.1 Sistemi di coordinate ortogonali

Il sistema di coordinate cartesiane (x, y, z) di 3 sarà chiamato anche spazio x yz. Si


può definire un differente sistema di coordinate [u, v, w] dello spazio x yz mediante
una trasformazione continua della forma

x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w).

Se la trasformazione da una regione D dello spazio uvw in una regione R dello


spazio x yz è biunivoca, allora un punto P di R può essere rappresentato da una terna
[u, v, w], per mezzo delle coordinate (cartesiane) dell’unico punto Q dello spazio
uvw che la trasformazione porta in P. In questo caso si dice che la trasformazione
definisce un sistema di coordinate curvilinee in R e che [u, v, w] sono le coordi-
nate curvilinee di P rispetto a quel sistema. Si noti che [u, v, w] sono coordinate
cartesiane nel loro proprio spazio, lo spazio uvw: esse sono coordinate curvilinee
nello spazio x yz.
È consuetudine attenuare la condizione del carattere biunivoco per la trasfor-
mazione che definisce il sistema di coordinate curvilinee, cioè la condizione che
ogni punto P di R debba avere delle coordinate curvilinee definite in modo univoco.
È infatti ragionevole richiedere che la trasformazione sia biunivoca solo localmente.
Quindi vi può essere più di un punto Q che la trasformazione manda in un punto P,
ma il punto Q deve essere unico in qualunque sottoregione di D sufficientemente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-2 colour black Giugno 22, 2006

A-2 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

piccola. Ad esempio nel sistema di coordinate polari [r, θ] del piano

x = r cos θ, y = r sin θ,

la trasformazione è localmente biunivoca da quella metà D del piano r θ definita da


0 < r < ∞ nella regione R consistente di tutti i punti del piano x y tranne l’origine.
Anche se, ad esempio, [1, 0] e [1, 2π] sono le coordinate polari dello stesso punto
del piano x y, tali coordinate non sono vicine in D. Si osservi tuttavia che esiste
ancora una difficoltà nell’origine: questo punto può essere infatti rappresentato da
[0, θ] per qualunque valore di θ. Poiché in r = 0 la trasformazione non è biunivoca
nemmeno localmente, l’origine del piano x y costituisce un punto singolare del
sistema di coordinate polari del piano.

3
Esempio 1 Il sistema di coordinate cilindriche [R, θ, z] di è definito dalla
trasformazione

x = R cos θ, y = R sin θ, z = z,

dove R ≥ 0. Questa trasformazione manda il semispazio D dato da R > 0 in


tutto lo spazio x yz, escludendo l’asse z, ed è localmente biunivoca. Si è soliti
considerare che la terna [R, θ, z] rappresenti le coordinate cilindriche polari di tutto
lo spazio x yz, ma i punti dell’asse z sono punti singolari del sistema, dal momento
che [0, θ, z] rappresenta lo stesso punto per qualunque valore di θ.

Esempio 2 Il sistema di coordinate sferiche [r, θ, φ] è definito dalla trasfor-


mazione

x = r sin θ cos φ, y = r sin θ sin φ, z = r cos θ,

dove r ≥ 0 e 0 ≤ θ ≤ π. La trasformazione manda la regione D dello spazio r θφ


data da r > 0, 0 < θ < π, nello spazio x yz, in modo localmente biunivoco esclu-
dendo l’asse z. Il punto di coordinate cartesiane (0, 0, z) può essere rappresentato
dalle coordinate sferiche [0, θ, φ] per valori arbitrari di θ e φ se z = 0, da [z, 0, φ]
per qualunque valore di φ se z > 0, e da [|z|, π, φ] per qualunque valore di φ se
z < 0. Quindi, per il sistema di coordinate sferiche tutti i punti dell’asse z sono
singolari.
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PARAGRAFO A.2: Superfici coordinate e linee coordinate A-3

A.2 Superfici coordinate e linee coordinate


Sia [u, v, w] un sistema di coordinate curvilinee dello spazio x yz e sia P0 un punto
non singolare del sistema. Quindi la trasformazione
x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w)
è localmente biunivoca vicino a P0. Siano [u 0, v0 , w0 ] le coordinate curvilinee di P0.
La trasformazione manda il piano di equazione u = u 0 dello spazio uvw in una su-
perficie dello spazio x yz passante per P0 . Questa superficie è chiamata u-superficie
e viene ancora indicata dall’equazione u = u 0 ; le sue equazioni parametriche sono
x = x(u 0 , v, w), y = y(u 0 , v, w), z = z(u 0 , v, w)
essendo v e w i parametri. In modo analogo la v-superficie v = v 0 e la w-superficie
w = w0 passano per P0 ; esse sono le immagini dei piani v = v0 e w = w0 nello
spazio uvw.

Coordinate curvilinee ortogonali


Si dice che [u, v, w] è un sistema di coordinate curvilinee ortogonali
dello spazio x yz se, per ogni punto non singolare P0 dello spazio x yz, le
tre superfici coordinate, u = u 0 , v = v0 e w = w0 , si intersecano in P0
formando angoli retti.

u = u0

w = w0


ŵ P0 =(u 0 ,v0 ,w0 )
v = v0

Figura A.1 x

Superfici coordinate u, v e w
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-4 colour black Giugno 22, 2006

A-4 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Si suppone tacitamente che le superfici coordinate siano lisce in tutti i punti non
singolari, per cui potremo realisticamente supporre che i loro vettori normali siano
mutuamente perpendicolari. La figura A.1 mostra le superfici coordinate passanti
per P0 in un caso tipico di sistema di coordinate curvilinee.
Le coppie di superfici coordinate passanti per un punto si intersecano lungo
una curva coordinata passante per quel punto. Ad esempio le superfici coordinate
v = v0 e w = w0 si intersecano lungo la u-curva che ha equazioni parametriche
x = x(u, v0 , w0 ), y = y(u, v0 , w0 ) e z = z(u, v0 , w0 ),
essendo u il parametro. Un vettore unitario û tangente alla u-curva passante per P0
è normale alla superficie coordinata u = u 0 in P0 . Enunciati analoghi valgono per i
vettori unitari v̂ e ŵ. In un sistema di coordinate curvilinee ortogonali i tre vettori û,
v̂ e ŵ formano una base di vettori unitari mutuamente perpendicolari in ogni punto
P non singolare. (Vedere figura A.1.) Questa base è chiamata base locale in P.

Esempio 1 Per il sistema di coordinate cilindriche (figura A.2) le superfici


coordinate sono:
− i cilindri circolari con asse lungo l’asse z (R-superfici),
− i semipiani verticali uscenti dall’asse z (θ-superfici),
− i piani orizzontali (z-superfici).
Le curve coordinate sono:
− le semirette orizzontali uscenti dall’asse z (R-curve),
− le circonferenze orizzontali con centro sull’asse z (θ-curve),
− le linee rette verticali (z-curve).
z z
cilindro R = costante θ = costante
cono
P = [r, φ, θ]
P = [R, θ, z]
r = costante
sfera

piano orizzontale
z = costante y

φ = costante
semipiano verticale y x semipiano verticale
x θ = costante

Figura A.2 Superfici coordinate delle coordinate cilindriche Figura A.3 Superfici coordinate delle coordinate sferiche
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-5 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-5

Esempio 2 Per il sistema di coordinate sferiche (vedi figura A.3) le superfici


coordinate sono:
− le sfere con centro nell’origine (r -superfici),
− i coni circolari verticali con vertice nell’origine (θ-superfici),
− i semipiani verticali uscenti dall’asse z (φ-superfici).
Le curve coordinate sono:
− le semirette uscenti dall’origine (r -curve),
− le semicirconferenze verticali con centro nell’origine (θ-curve),
− le circonferenze orizzontali con centro sull’asse z (φ-curve).

A.3 Fattori di scala ed elementi differenziali


Nel resto di questo paragrafo supponiamo che [u, v, w] siano le coordinate curvili-
nee ortogonali dello spazio x yz definite mediante la trasformazione

x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w).

Supponiamo inoltre che le superfici coordinate siano lisce in ogni punto non sin-
golare e che i vettori û, v̂ e ŵ della base locale in ogni punto non singolare
costituiscano una terna destrorsa, il che si verifica sia per le coordinate cilindriche
sia per quelle sferiche. Nel caso delle coordinate sferiche, questa è la ragione della
scelta dell’ordine delle coordinate [r, θ, φ] invece che [r, φ, θ].
Il vettore posizione di un punto P dello spazio x yz può essere espresso in
termini delle coordinate curvilinee:

r = x(u, v, w) x̂ + y(u, v, w) ŷ + z(u, v, w) ẑ.

Se si tengono fisse le variabili v = v0 e w = w0 e si lascia variare u, allora


r = r(u, v0 , w0 ) definisce una u-curva nello spazio x yz. In ogni punto P di questa
curva il vettore
∂r ∂x ∂y ∂z
= x̂ + ŷ + ẑ
∂u ∂u ∂u ∂u
è tangente alla u-curva in P. In generale i tre vettori

∂r ∂r ∂r
, e
∂u ∂v ∂w
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-6 colour black Giugno 22, 2006

A-6 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

sono tangenti, rispettivamente, alla u-curva, alla v-curva e alla w-curva, passanti
per P. Tali vettori sono inoltre normali, rispettivamente, alla u-superficie, alla
v-superficie e alla w-superficie, passanti per P, per cui essi sono mutuamente
perpendicolari. (Vedi figura A.1.) Le lunghezze di questi vettori tangenti sono
chiamate fattori di scala del sistema di coordinate.

I fattori di scala del sistema di coordinate curvilinee ortogonali [u, v, w]


sono le tre funzioni

∂r ∂r ∂r
h u = , h v = , h w = .
∂u ∂v ∂w

I fattori di scala sono diversi da zero in ogni punto non singolare P del sistema
di coordinate, per cui la base locale in P può essere ottenuta dividendo i vettori
tangenti alle curve coordinate per le loro rispettive lunghezze. Come si è visto in
precedenza, i vettori della base locale sono indicati con û, v̂ e ŵ. Quindi
∂r ∂r ∂r
= h u û, = h v v̂ e = h w ŵ.
∂u ∂v ∂w
I vettori unitari û, v̂ e ŵ della base formeranno una terna destrorsa a condizione che
sia stato scelto un ordine conveniente delle coordinate u, v e w.

Esempio 1 In coordinate cilindriche r = R cos θ x̂ + R sin θ ŷ + z ẑ, per cui


∂r ∂r ∂r
= cos θ x̂ + sin θ ŷ, = −R sin θ x̂ + R cos θ ŷ e = ẑ.
∂R ∂θ ∂z
Quindi i fattori di scala del sistema di coordinate cilindriche sono dati da

∂r ∂r ∂r
hR = = 1, h θ = = R e h z = = 1,

∂R ∂θ ∂z
e la base locale consiste dei vettori

R̂(θ) = cos θ x̂ + sin θ ŷ, ˆ (θ) = − sin θ x̂ + cos θ ŷ, ẑ.

Vedere la figura A.4. La base locale è destrorsa. I versori R̂ e ˆ non dipendono da


R o z, ma

d R̂(θ) d ˆ (θ)
= ˆ (θ), = −R̂(θ).
dθ dθ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-7 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-7

z z


ˆ

ẑ = k r
ˆ
ˆ
P
y
r

x

y
x

Figura A.4 Base locale delle coordinate cilindriche Figura A.5 Base locale delle coordinate sferiche

Esempio 2 In coordinate sferiche abbiamo

r = r sin θ cos φ x̂ + r sin θ sin φ ŷ + r cos θ ẑ.

Quindi i vettori tangenti alle curve coordinate sono

∂r
= sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ,
∂r
∂r
= r cos θ cos φ x̂ + r cos θ sin φ ŷ − r sin θ ẑ,
∂θ
∂r
= −r sin θ sin φ x̂ + r sin θ cos φ ŷ,
∂φ

e i fattori di scala sono dati da



∂r ∂r ∂r
h r = = 1, h θ = = r e h φ = = r sin θ.
∂r ∂θ ∂φ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-8 colour black Giugno 22, 2006

A-8 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

La base locale consiste dei vettori

r̂(θ, φ) = sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ,


ˆ (θ, φ) = cos θ cos φ x̂ + cos θ sin φ ŷ − sin θ ẑ,
ˆ (φ) = − sin φ x̂ + cos φ ŷ.

Vedere la figura A.5. La base locale è destrorsa. I tre versori non dipendono da r ,
il terzo versore ˆ dipende solo da φ e valgono le relazioni

∂ r̂(θ, φ) ∂ ˆ (θ, φ)
= ˆ (θ, φ), = −r̂(θ, φ),
∂θ ∂θ
∂ r̂(θ, φ) ∂ ˆ (θ, φ)
= sin θ ˆ (φ), = cos θ ˆ (φ),
∂φ ∂φ
d ˆ (φ)
= − sin θ r̂(θ, φ) − cos θ ˆ (θ, φ).

L’elemento di volume in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali è il volume


di una scatola coordinata infinitesima delimitata da coppie di u-superfici, di v-
superfici e di w-superfici corrispondenti, rispettivamente, ai valori u e u + du, v e
v + dv, e w e w + dw. Vedere la figura A.6. Poiché queste superfici coordinate
sono lisce per ipotesi e siccome esse si intersecano ad angolo retto, gli spigoli di
questa scatola rettangolare coordinata sono i vettori

∂r ∂r ∂r
du = h u du û, dv = h v dv v̂ e dw = h w dw ŵ.
∂u ∂v ∂w

Pertanto l’elemento di volume è dato da

dV = h u h v h w du dv dw.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-9 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.3: Fattori di scala ed elementi differenziali A-9

(u, v, w + dw)

h w dw ŵ
dV

(u, v + dv, w)

h v dv v̂

(u, v, w)
Figura A.6 Elemento di volume
h u du û
delle coordinate curvilinee ortogonali (u + du, v, w)

Inoltre gli elementi di area delle u-superfici, delle v-superfici e delle w-superfici
sono le aree delle facce corrispondenti della scatola coordinata:

Elementi di area delle superfici coordinate


d Su = h v h w dv dw, d Sv = h u h w du dw, d Sw = h u h v du dv.

Le lunghezze degli elementi di arco lungo le u-curve, le v-curve e le w-curve


coordinate sono gli spigoli della scatola coordinata:

Elementi di lunghezza delle curve coordinate


dsu = h u du, dsv = h v dv, dsw = h w dw.

Esempio 3 Per le coordinate cilindriche, l’elemento di volume è dato da

dV = h R h θ h z dR dθ dz = R dR dθ dz.

La sua superficie comprende gli elementi di superficie della superficie cilindrica R


= costante, del semipiano θ = costante e del piano z = costante, e tali elementi sono
rispettivamente

d S R = R dθ dz, d Sθ = dR dz e d Sz = R dR dθ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-10 colour black Giugno 22, 2006

A-10 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Esempio 4 In coordinate sferiche, l’elemento di volume è dato da

dV = h r h θ h φ dr dθ dφ = r 2 sin θ dr dθ dφ.

L’elemento di area sulla superficie sferica r = costante è

d Sr = h θ h φ dθ dφ = r 2 sin θ dθ dφ.

L’elemento di area della superficie conica θ = costante è

d Sθ = h r h φ dr dφ = r sin θ dr dφ.

L’elemento di area sul semipiano φ = costante è

d Sφ = h r h θ dr dθ = r dr dθ.

A.4 Gradiente in coordinate curvilinee ortogonali


Il gradiente f di un campo scalare f può essere espresso per mezzo della base
locale in ogni punto P di coordinate curvilinee [u, v, w] nella forma seguente
f = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ.
Per determinare i coefficienti Fu , Fv e Fw che compaiono in questa formula, con-
fronteremo due espressioni della derivata direzionale di f lungo una curva arbitraria
dello spazio x yz.
Se la curva è parametrizzata mediante la lunghezza d’arco s, r = r(s), allora la


derivata direzionale di f lungo è data da




df ∂ f du ∂ f dv ∂ f dw
= + + .
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
df
D’altra parte, questa derivata direzionale è anche data da = f T̂, dove T̂ è il


ds
vettore unitario tangente a . Abbiamo


dr ∂r du ∂r dv ∂r dw
T̂ = = + +
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
du dv dw
= hu û + h v v̂ + h w ŵ.
ds ds ds
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-11 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.5: Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali A-11

Quindi

df du dv dw
= f T̂ = Fu h u
 + Fv h v + Fw h w .
ds ds ds ds

Confrontando queste due espressioni di d f /ds lungo , si vede che




∂f ∂f ∂f
Fu h u = , Fv h v = , Fw h w = .
∂u ∂v ∂w

Pertanto abbiamo mostrato che


Gradiente in coordinate curvilinee ortogonali
1 ∂f 1 ∂f 1 ∂f
f = û + v̂ + ŵ.
h u ∂u h v ∂v h w ∂w

Esempio 1 In coordinate cilindriche, il gradiente del campo scalare f (R, θ, z) è

∂f 1 ∂f ˆ ∂f
f (R, θ, z) = R̂ + + ẑ.
∂R R ∂θ ∂z

Esempio 2 In coordinate sferiche, il gradiente del campo scalare f (r, θ, φ) è

∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂f ˆ
f (r, θ, φ) = r̂ + + .
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ

A.5 Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali


Consideriamo ora un campo vettoriale F espresso per mezzo delle coordinate curvi-
linee:

F(u, v, w) = Fu (u, v, w) û + Fv (u, v, w) v̂ + Fw (u, v, w) ŵ.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-12 colour black Giugno 22, 2006

A-12 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Il flusso di F uscente dalla scatola coordinata infinitesima mostrata nella figura A.6
è la somma dei flussi di F uscenti dalle tre coppie di superfici opposte che delimitano
la scatola. Il flusso uscente dalle u-superfici corrispondenti a u e u + du è dato da

F(u + du,v, w) û d Su − F(u, v, w) û d Su


 

= Fu (u + du, v, w)h v (u + du, v, w)h w (u + du, v, w)



− Fu (u, v, w)h v (u, v, w)h w (u, v, w) dv dw
∂ 
= h v h w Fu du dv dw.
∂u

Espressioni simili valgono per i flussi uscenti dalle altre coppie di superfici coordi-
nate.
La divergenza in P di F è il flusso per unità di volume uscente dalla scatola
coordinata infinitesima in P. Quindi tale divergenza è data da

Divergenza in coordinate curvilinee ortogonali



1 ∂ 
F(u, v, w) =
 h v h w Fu (u, v, w)
h u h v h w ∂u

∂  ∂ 
+ h u h w Fv (u, v, w) + h u h v Fw (u, v, w) .
∂v ∂w

Esempio 1 Per le coordinate cilindriche h R = h z = 1 e h θ = R. Quindi la


divergenza di F = FR R̂ + Fθ ˆ + Fz ẑ è
 
1 ∂  ∂ ∂ 
 F= R FR + Fθ + R Fz
R ∂R ∂θ ∂z
1 ∂  1 ∂ Fθ ∂ Fz
= R FR + + .
R ∂R R ∂θ ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-13 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.6: Rotore in coordinate curvilinee ortogonali A-13

Esempio 2 Per le coordinate sferiche h r = 1, h θ = r e h φ = r sin θ. La


divergenza del campo vettoriale F = Fr r̂ + Fθ ˆ + Fφ ˆ è
 
1 ∂ 2  ∂  ∂ 
 F= 2 r sin θ Fr + r sin θ Fθ + r Fφ
r sin θ ∂r ∂θ ∂φ
1 ∂ 2  1 ∂  1 ∂ Fφ
= r Fr + sin θ Fθ + .
r 2 ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ

A.6 Rotore in coordinate curvilinee ortogonali


Per calcolare il rotore di un campo espresso per mezzo delle coordinate curvilinee
ortogonali possiamo ricorrere ad alcune identità vettoriali ottenute precedentemente.
Osserviamo dapprima che il gradiente del campo scalare f (u, v, w) = u è û/ h u ,
per cui û = h u u. Analogamente v̂ = h v v e ŵ = h w w. Pertanto il campo
vettoriale

F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ

può essere scritto nella forma:

F = Fu h u u + Fv h v v + Fw h w w.

Mediante l’identità ( f g) = f g possiamo calcolare il rotore di ciascun


termine dell’espressione precedente. Abbiamo

Fu h u u = (Fu h u ) u
 
1 ∂ 1 ∂ 1 ∂ û
= (Fu h u ) û + (Fu h u ) v̂ + (Fu h u ) ŵ
h u ∂u h v ∂v h w ∂w hu
1 ∂ 1 ∂
= (Fu h u ) v̂ − (Fu h u ) ŵ
h u h w ∂w h u h v ∂v
 
1 ∂ ∂
= (Fu h u ) (h v v̂) − (Fu h u ) (h w ŵ) .
h u h v h w ∂w ∂v

Per ottenere questo risultato abbiamo usato le relazioni û û = 0, v̂ û = −ŵ e


ŵ û = v̂, che valgono in quanto il sistema di coordinate curvilinee è ortogonale e
destrorso.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-14 colour black Giugno 22, 2006

A-14 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Espressioni corrispondenti possono essere calcolate per gli altri due termini della
formula di F. Combinando i tre termini si ricava che il rotore di

F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ

è dato da
Rotore in coordinate curvilinee ortogonali

h u û h v v̂ h w ŵ

1 ∂ ∂ ∂
F(u, v, w) = .

h u h v h w ∂u ∂v ∂w

h u Fu h v Fv h w Fw

Esempio 1 In coordinate cilindriche, il rotore di F = FR R̂ + Fθ ˆ + Fz ẑ è



R̂ Rˆ ẑ

1 ∂ ∂ ∂

F=
R ∂R ∂θ ∂z
F R Fθ Fz
R

Calcolando il determinante otteniamo


   
1 ∂ Fz ∂ Fθ ∂ FR ∂ Fz ˆ
F= − R̂ + −
R ∂θ ∂z ∂z ∂R
 
∂ Fθ Fθ 1 ∂ FR
+ + − ẑ.
∂R R R ∂θ

Esempio 2 In coordinate sferiche, il rotore di F = Fr r̂ + Fθ ˆ + Fφ ˆ è


r̂ rˆ r sin θ ˆ


1 ∂ ∂ ∂
.
F= 2
r sin θ ∂r ∂θ ∂φ

Fr r Fθ r sin θ Fφ

Sviluppando il determinante si ottiene


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-15 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.7: Laplaciano in coordinate cilindriche e sferiche A-15

 
1 ∂  ∂ Fθ
F= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ ∂φ
 
1 ∂ Fr ∂ 
+ − sin θ r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ ∂r
 
1 ∂  ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ
r ∂r ∂θ
 
1 ∂  1 ∂ Fθ
= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
1 ∂ Fr 1 ∂ 
+ − r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ r ∂r
 
1 ∂  1 ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ.
r ∂r r ∂θ

A.7 Laplaciano in coordinate cilindriche e sferiche


Per completezza vogliamo esprimere l’operatore laplaciano nei due sistemi di co-
ordinate cilindriche e sferiche che stiamo studiando. Considereremo l’espressione
del laplaciano sia di una funzione scalare f , sia di un campo vettoriale F.
Ricordiamo che il laplaciano di una funzione f è definito dalla relazione

2
f =  f.

Le espressioni appena ottenute del gradiente e della divergenza permettono quindi


di ottenere facilmente, in coordinate cilindriche e sferiche,
 
1 ∂ ∂f 1 ∂2 f ∂2 f
2
f = R + +
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂z 2
∂2 f 1 ∂f 1 ∂2 f ∂2 f
= + + + ,
∂ R2 R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂z 2

e in coordinate sferiche
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-16 colour black Giugno 22, 2006

A-16 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

   
2 1 ∂ 2∂f 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f
f = 2 r + 2 sin θ + 2 2
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂φ 2
∂2 f 2 ∂f 1 ∂2 f cot θ ∂ f 1 ∂2 f
= 2
+ + 2 2 + 2 + 2 2 .
∂r r ∂r r ∂θ r ∂θ r sin θ ∂φ 2

A.8 Operatore laplaciano di un campo vettoriale


Veniamo infine alle espressioni dell’operatore laplaciano quando esso è applicato
a un campo vettoriale F in coordinate cilindriche o sferiche. Esse possono essere
ricavate facilmente dalle precedenti espressioni del gradiente, della divergenza e del
rotore utilizzando la seguente identità vettoriale: 2 F = − ( F) + ( F). 

In coordinate cilindriche il laplaciano del campo vettoriale F è


 
FR 2 ∂ Fθ
2
F= 2
FR −− R̂
R2 R 2 ∂θ
 
Fθ 2 ∂ FR ˆ
+ 2
Fθ − 2 + 2
R R ∂θ

+ 2
Fz ẑ.

Questo risultato mostra che, in coordinate cilindriche, le componenti radiale e


angolare di 2 F dipendono da entrambe le componenti FR e Fθ del campo vettoriale
F, mentre la componente assiale di 2 F dipende dalla sola componente Fz di F.
In coordinate sferiche il laplaciano del campo vettoriale F è
  
2 2Fr 2 ∂ sin θ Fθ 2 ∂ Fφ
F= Fr − 2 − 2
2
− 2 r̂
r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
Fθ 2 cos θ ∂ Fφ 2 ∂ Fr ˆ
+ 2
Fθ − 2 2 − 2 2 + 2
r sin θ r sin θ ∂φ r ∂θ
 
Fφ 2 cos θ ∂ Fθ 2 ∂ Fr ˆ
+ 2
Fφ − 2 2 + 2 2 + 2 .
r sin θ r sin θ ∂φ r sin θ ∂φ

2
Di conseguenza, tutte e tre le componenti sferiche di F dipendono da tutte e tre
le componenti Fr , Fθ e Fφ del campo vettoriale F.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-17 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO A.9: Operatori d’advezione A-17

A.9 Operatori d’advezione


Forniamo infine gli operatori di advezione che agiscono su un campo scalare e su
un campo vettoriale rispettivamente in coordinate cilindriche e sferiche.

Coordinate cilindriche
In coordinate cilindriche (R, θ, z) l’operatore di advezione che agisce su un campo
scalare è
∂u aθ ∂u ∂u
a u = aR
 + + az ,
∂R R ∂θ ∂z
mentre quello che agisce su un campo vettoriale è
 aθ u θ 
(a )u = a u R −
  R̂
 R 
aθ u R ˆ
+ a uθ + 

 R
+ a u z ẑ.


Utilizzando l’espressione dell’operatore di advezione per una funzione scalare si


ricava facilmente
   
∂u R aθ ∂u R ∂u R
(a )u = a R
 + − u θ + az R̂
∂R R ∂θ ∂z
   
∂u θ aθ ∂u θ ∂u θ ˆ
+ aR + + u R + az
∂R R ∂θ ∂z
 
∂u z aθ ∂u z ∂u z
+ aR + + az ẑ
∂R R ∂θ ∂z

Coordinate sferiche
In coordinate sferiche (r, θ, φ) l’operatore di advezione che agisce su un campo
scalare assume la forma
∂u aθ ∂u aφ ∂u
a u = ar
 + + ,
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
mentre quello che agisce su un campo vettoriale assume la forma
 aθ u θ + a φ u φ 
(a )u = a u r −
  r̂
r
 aθ u r − cot θ aφ u φ  ˆ
+ a uθ + 

r
 aφ u r + cot θ aφ u θ  ˆ
+ a uφ +  .
r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-18 colour black Giugno 22, 2006

A-18 APPENDICE A: COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI

Utilizzando l’espressione dell’operatore di advezione per una funzione scalare si


ricava facilmente    
∂u r aθ ∂u r aφ 1 ∂u r
(a )u = ar
 + − uθ + − u φ r̂
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
    
∂u θ aθ ∂u θ aφ ∂u θ ˆ
+ ar + + ur + − cos θ u φ
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
    
∂u φ aθ ∂u φ aφ 1 ∂u φ ˆ
+ ar + + + cos θ u θ + u r
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ

A.10 Identità differenziali vettoriali

(φ + ψ) = φ+ ψ
 (F + G) =  F+  G
(F + G) = F+ G

(1/ψ) = −( ψ)/ψ 2
(φ/ψ) = (ψ φ − φ ψ)/ψ 2

(φψ) = φ ψ + ψ φ
 (φF) = φ  F+F  φ
(φF) = φ F−F φ
 (F G) = G  F−F  G
(F G) = F  G−G  F − (F  )G + (G  )F
(F G) = F  G+G F + (F  )G + (G  )F
(F 2 ) = (F F) = 2 F  F + 2 (F  )F

 φ= 2
φ
φ=0
 F=0
F=− 2
F+ (  F).
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A-19

Appendice B

Campi vettoriali
conservativi
Introduzione Questa appendice costituisce una breve introduzione allo studio
dei campi vettoriali conservativi. La presentazione è tratta dai capitoli 6 e 7 del
testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza
edizione, CEA, 2003.

B.1 Campi vettoriali conservativi


Dal momento che il gradiente di un campo scalare è un campo vettoriale, è naturale
chiedersi se tutti i campi vettoriali sono gradienti di un campo scalare. Ovvero, dato
un campo vettoriale F(x, y, z), esiste un campo scalare φ(x, y, z) tale che

∂φ ∂φ ∂φ
F(x, y, z) = φ(x, y, z) = x̂ + ŷ + ẑ ?
∂x ∂y ∂z

In generale la risposta è “no”. Solo certi campi vettoriali speciali possono essere
scritti in questo modo.

DEFINIZIONE 1 Se F(x, y, z) = φ(x, y, z) in un dominio D, allora si dice che F è un campo


vettoriale conservativo in D e la funzione φ è detta potenziale (scalare) di F
in D. Definizioni simili valgono nel piano e in uno spazio con n dimensioni.

Come le antiderivate, le funzioni potenziali non sono determinate in modo univoco:


si può sempre aggiungere una costante arbitraria. Si noti che F è conservativo in
un dominio D se e solo se F = φ in ogni punto di D; il potenziale φ non può
avere neanche un punto singolare in D.
Essendo campi scalari e non vettoriali, i potenziali dei campi conservativi sono
più facili da trattare algebricamente dei rispettivi campi vettoriali. Ad esempio la
somma di funzioni potenziali è la funzione potenziale della somma dei campi vet-
toriali corrispondenti. Un campo vettoriale può essere sempre calcolato prendendo
il gradiente della sua funzione potenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-20 colour black Giugno 22, 2006

A-20 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

Esempio 1 Il campo gravitazionale di una massa puntiforme è conservativo


Mostrare che il campo gravitazionale F(r) = −km(r − r0 )/|r − r0 |3 è conservativo
ovunque esso è definito (cioè ovunque in 3 tranne che in r0 ), facendo vedere che

km km
φ(x, y, z) = =p
|r − r0 | (x − x 0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z 0 )2

è una funzione potenziale di F.

Soluzione Osserviamo che


∂φ −km(x − x 0 ) −km(x − x 0 )
= 3/2 = = Fx (r),
∂x (x − x 0 ) + (y − y0 ) + (z − z 0 )
2 2 2 |r − r0 |3

e che formule simili valgono per le altre derivate parziali di φ. Ne segue che
φ(x, y, z) = F(x, y, z) per (x, y, z) 6= (0, 0, 0), e F è conservativo tranne
nell’origine.

Osservazione Non è necessario scrivere l’espressione km/|r − r0 | in termini


delle componenti di r − r0 come abbiamo fatto nell’esempio 1 per calcolare le
sue derivate parziali. Ecco una formula utile per la derivata dell’intensità di una
funzione vettoriale F rispetto a una variabile x:
 

F F



∂x
|F| = .
∂x |F|

Per verificare questa relazione, esprimiamo |F| = F F e calcoliamo la sua


derivata mediante la regola di derivazione delle funzioni composte e del prodotto di


funzioni:
 
  F ∂ F
∂ ∂ √ 1 ∂ ∂x 

|F| = F F= √ 2F F = .
|F|
 

∂x ∂x 2 F F 
∂x

Questa derivata può essere confrontata con quella del valore assoluto di una funzione
di una variabile:
d f (x) 0
| f (x)| = sgn( f (x)) f 0 (x) = f (x).
dx | f (x)|
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-21 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.1: Campi vettoriali conservativi A-21

In riferimento all’esempio 1 abbiamo

∂ km −km ∂ −km(x − x 0 )
= |r − r0 | = ,
∂ x |r − r0 | |r − r0 |2 ∂ x |r − r0 |3

con espressioni simili per le altre derivate parziali di |r − r0 |.

Esempio 2 Mostrare che il campo di velocità u = −Ωy x̂ + Ω x ŷ della ro-


tazione rigida attorno all’asse z (vedi l’esempio 1 del paragrafo 2.1) non è conser-
vativo.

Soluzione Vi sono due modi per mostrare che non può esistere alcun potenziale
per u. Un modo consiste nel cercare di ottenere un potenziale φ(x, y) per il campo
vettoriale. Richiediamo
∂φ ∂φ
= −Ωy e = Ω x.
∂x ∂y

La prima di queste equazioni implica che φ(x, y) = −Ω x y + 1 (y). (Abbiamo

integrato rispetto a x; la costante può dipendere ancora da y.) Analogamente, la


seconda equazione implica che φ(x, y) = Ω x y + 2 (x). Pertanto dobbiamo avere


−Ω x y + 1 (y) = Ω x y + 2 (x), da cui 2Ω x y = 1 (y) − 2 (x) per qualunque


   

(x, y). Ciò non è possibile per nessuna scelta delle funzioni di una variabile 1 (y) 

e 2 (x).


Alternativamente possiamo considerare le derivate parziali miste di φ ottenendo


dalle due equazioni precedenti

∂ 2φ ∂ 2φ
= −Ω e = Ω.
∂y∂ x ∂ x∂y

Ciò non è possibile se Ω 6= 0 poiché il carattere liscio di u implica che il suo


potenziale dovrebbe essere liscio, per cui le derivate parziali miste dovrebbero
essere uguali. Quindi una tale funzione φ non può esistere: il campo u non è
conservativo.

L’esempio 2 suggerisce una condizione necessaria che deve essere soddisfatta


affinché qualunque campo vettoriale piano sia conservativo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-22 colour black Giugno 22, 2006

A-22 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

Condizione necessaria di conservatività per un campo vettoriale piano


Se F(x, y) = Fx (x, y) x̂ + Fy (x, y) ŷ è un campo vettoriale conservativo
in un dominio D del piano x y, allora la condizione

∂ ∂
Fx (x, y) = Fy (x, y)
∂y ∂x

deve essere soddisfatta in tutti i punti di D.

Per constatarlo si osservi che


! ATTENZIONE
∂φ ∂φ
Non confondere questa condizione Fx x̂ + Fy ŷ = F = φ= x̂ + ŷ
∂x ∂y
necessaria con una condizione
sufficiente affinché F sia implica le due equazioni scalari
conservativo. Mostreremo in ∂φ ∂φ
seguito che per garantire che F sia Fx = e Fy = ,
∂x ∂y
conservativo in D è richiesta
un’altra condizione in aggiunta a da cui, dovendo essere uguali le derivate parziali miste di φ,
∂ Fx /∂y = ∂ Fy /∂ x.
∂ Fx ∂ 2φ ∂ 2φ ∂ Fy
= = = .
∂y ∂y∂ x ∂ x∂y ∂x
Una condizione simile si ottiene per i campi vettoriali nello spazio tridimensionale.
3
Condizione necessaria di conservatività per un campo vettoriale di
Se F(x, y, z) = Fx (x, y, z) x̂ + Fy (x, y, z) ŷ + Fz (x, y, z) ẑ è un campo
vettoriale conservativo in un dominio D dello spazio tridimensionale, al-
lora si deve avere, ovunque in D,

∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂
Fx = Fy , Fx = Fz , Fy = Fz .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y

B.2 Superfici e curve equipotenziali


Se φ(x, y, z) è una funzione potenziale del campo vettoriale conservativo F, allora
le superfici di livello φ(x, y, z) = C di φ sono chiamate superfici equipotenziali
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-23 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.2: Superfici e curve equipotenziali A-23

di F. Dal momento che F = φ è normale a queste superfici (dovunque φ non


si annulla), le linee del campo F intersecano le superfici equipotenziali sempre
ad angolo retto. Ad esempio le superfici equipotenziali del campo gravitazionale
generato da una massa puntiforme sono le superfici di sfere con il centro nella
particella; queste superfici sferiche sono normali alle linee del campo, che sono rette
passanti per la massa. In modo analogo le curve di livello della funzione potenziale
relativa a un campo vettoriale piano conservativo sono dette linee equipotenziali del
campo vettoriale. Queste curve sono traiettorie ortogonali alle linee del campo,
cioè intersecano le linee del campo ad angolo retto.

Esempio 1 Mostrare che il campo vettoriale F(x, y) = x x̂− y ŷ è conservativo


e determinare una sua funzione potenziale. Descrivere le linee del campo e le curve
equipotenziali.

Soluzione Dal momento che ∂ Fx /∂y = 0 = ∂ Fy /∂ x ovunque in 2 , ci si aspetta


che F sia conservativo. Qualunque funzione potenziale φ deve soddisfare

∂φ ∂φ
= Fx = x e = Fy = −y.
∂x ∂y

La prima di queste equazioni fornisce


Z
1
φ(x, y) = x dx = x 2 + 1 (y). 

Si osservi che, essendo l’integrale effettuato rispetto a x, la “costante” di inte-


grazione può dipendere dall’altra variabile. Usiamo ora la seconda equazione per
ottenere
∂φ 0 1
−y = = 

1 (y) ⇒ 

1 (y) = − y2 + 

2.
∂y 2

Quindi F è conservativo e, per ogni costante 

2,

x 2 − y2
φ(x, y) = + 

2
2
è una funzione potenziale di F. Le linee del campo F soddisfano

dx dy
=− ⇒ ln |x| = − ln |y| + ln 

3 ⇒ xy = 

3.
x y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-24 colour black Giugno 22, 2006

A-24 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

Figura B.1 Linee di campo (in nero)


ed equipotenziali (in colore) del campo
F = x x̂ − y ŷ

Le linee del campo F sono quindi iperboli equilatere aventi gli assi coordinati
come asintoti. Le curve equipotenziali costituiscono un’altra famiglia di iperboli
equilatere, x 2 −y 2 = 4 , aventi le rette x = ±y come asintoti. Le curve appartenenti


alle due famiglie si intersecano ad angolo retto. (Vedi figura B.1.) Si noti tuttavia
che F non individua alcuna direzione nell’origine e che l’ortogonalità viene meno
in quel punto: entrambe le famiglie non hanno alcuna curva passante per l’origine.

Osservazione Nell’esempio precedente abbiamo costruito il potenziale φ inte-


grando l’equazione ∂φ/∂ x = Fx per prima. Avremmo potuto iniziare integrando
l’equazione ∂φ/∂y = Fy , nel qual caso la costante d’integrazione sarebbe stata una
funzione di x. Alla fine si sarebbe comunque ottenuta la stessa φ.

Conservatività del campo e topologia del suo dominio


L’esistenza di un potenziale per un campo vettoriale dipende dalla “topologia” del
dominio del campo (cioè dalla presenza o meno di “buchi” nel dominio e dal tipo di
buchi) come pure dalla struttura delle componenti del campo stesso. (Anche se le
condizioni necessarie indicate in precedenza sono soddisfatte, un campo vettoriale
può non essere conservativo in un dominio contenente dei “buchi.”) Esploreremo
ulteriormente la natura dei campi conservativi nel paragrafo B.4 dove mostreremo
che le precedenti condizioni necessarie sono anche sufficienti a garantire che F sia
conservativo solo se il dominio di F soddisfa determinate condizioni. Forniamo ora
un esempio di un campo vettoriale piano non conservativo in un dominio in cui la
condizione necessaria è comunque soddisfatta.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-25 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.2: Superfici e curve equipotenziali A-25

Esempio 2 Per (x, y) 6= (0, 0) definiamo un campo vettoriale F(x, y) e un


campo scalare θ(x, y) nel modo seguente:
   
−y x
F(x, y) = x̂ + ŷ
x + y2
2 x + y2
2

θ(x, y) = angolo polare θ di (x, y) tale che 0 ≤ θ < 2π.

Quindi x = r cos[θ(x, y)] e y = r sin[θ(x, y)], dove r 2 = x 2 + y 2 . Verificare le


seguenti proprosizioni:
∂ ∂
(a) Fx (x, y) = Fy (x, y) per (x, y) 6= (0, 0).
∂y ∂x
(b) θ(x, y) = F(x, y), per tutti i punti (x, y) 6= (0, 0) tali che 0 < θ < 2π.
(c) F non è conservativo nell’intero piano x y privato dell’origine.

Soluzione
−y x
(a) Abbiamo Fx = e Fy = 2 . Quindi
x 2 + y2 x + y2
   
∂ ∂ y y2 − x 2 ∂ x
Fx (x, y) = − 2 = 2 =
∂y ∂y x + y2 (x + y )2 2 ∂x x + y2
2


= Fy (x, y)
∂x
per tutti i punti (x, y) 6= (0, 0).
(b) Deriviamo implicitamente le equazioni x = r cos θ e y = r sin θ rispetto a x
per ottenere

∂x ∂r ∂θ
1= = cos θ − r sin θ ,
∂x ∂x ∂x
∂y ∂r ∂θ
0= = sin θ + r cos θ .
∂x ∂x ∂x
Eliminando ∂r/∂ x da questa coppia di equazioni e risolvendo rispetto a ∂θ/∂ x
si ricava
∂θ r sin θ y
=− 2 =− 2 = Fx .
∂x r x + y2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-26 colour black Giugno 22, 2006

A-26 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

Analogamente derivando rispetto a y si ottiene

∂θ x
= 2 = Fy .
∂y x + y2

Queste formule valgono solo se 0 < θ < 2π; la funzione θ(x, y) non è nemmeno
continua sull’asse x positivo; se x > 0, allora

lim θ(x, y) = 0 ma lim θ(x, y) = 2π.


y→0+ y→0−

Quindi θ = F vale ovunque nel piano, tranne nei punti (x, 0) con x ≥ 0.
(c) Supponiamo che F sia conservativo in tutto il piano privato dell’origine. Allora
F = φ in esso, per qualche funzione scalare φ(x, y). Ne segue che (θ −
φ) = 0 per 0 < θ < 2π, e θ − φ = C (costante), ossia θ = φ + C. Il membro
di sinistra di tale equazione è discontinuo lungo l’asse x positivo mentre il
membro di destra non lo è. Pertanto i due membri non possono essere uguali.
Questa contraddizione dimostra che F non può essere conservativo in tutto il
piano privato dell’origine.

Osservazione Si osservi che nell’esempio in esame l’origine (0, 0) è un buco


del dominio di F. Anche se il campo F soddisfa la condizione necessaria per
essere conservativo ovunque tranne in questo buco, per potere avere una funzione
potenziale di F si deve eliminare dal dominio di F una semiretta (raggio) o, pi ù in
generale, una curva uscente dall’origine e che vada all’infinito. Il campo F non è
conservativo in qualunque dominio contenente una curva che circonda l’origine.

B.3 Domini connessi e semplicemente connessi


Il lettore avrà notato che il campo vettoriale F del precedente esempio 1 è con-
servativo, mentre quello dell’esempio 2 non lo è. Il prossimo teorema 1 conferma
che esiste un legame fra l’indipendenza dal percorso dell’integrale di linea della
componente tangenziale di un campo vettoriale e l’esistenza di una funzione scalare
che è il potenziale di quel campo. Questo teorema e i successivi richiedono delle
ipotesi riguardo la natura topologica del dominio del campo vettoriale F, per cui si
devono introdurre alcune definizioni.
Ricordiamo che un insieme S del piano (o dello spazio tridimensionale) è
aperto se ogni punto di S è il centro di un disco (o di una palla) avente raggio
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-27 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.3: Domini connessi e semplicemente connessi A-27

positivo e tutto contenuto in S. Se S è aperto e B è un insieme (eventualmente


vuoto) di punti di contorno di S, allora l’insieme D = S ∪ B è chiamato dominio.
Un dominio non può contenere punti isolati. Un dominio può essere chiuso, ma
deve avere punti interni vicino a ognuno dei suoi punti di contorno.

DEFINIZIONE 2 Un dominio D del piano (o dello spazio tridimensionale) è detto connesso se,
per ogni coppia di punti P e Q di D, esiste un percorso liscio a pezzi in D
che unisce P con Q.

Ad esempio l’insieme di punti (x, y) del piano che soddisfano le condizioni x > 0,
y > 0 e x 2 + y 2 ≤ 4 è un dominio connesso. Al contrario, l’insieme di punti
soddisfacenti |x| > 1 non è connesso poiché non esiste alcun percorso da (−2, 0) a
(2, 0) che giaccia interamente in |x| > 1. L’insieme di punti (x, y, z) dello spazio
tridimensionale che soddisfano 0 < z < 1/(x 2 + y 2 ) è un dominio connesso, mentre
l’insieme soddisfacente z 6= 0 non lo è.
Una curva chiusa è semplice se non ha altra intersezione con sè stessa che
iniziare e finire nello stesso punto. (Ad esempio, un cerchio è una curva chiusa
semplice.) Immaginiamo un elastico che abbia la forma di una tale curva. Se
l’elastico è infinitamente accorciabile, può contrarsi fino a diventare un unico punto.

DEFINIZIONE 3 Un dominio connesso D è detto semplicemente connesso se ogni curva


chiusa di D può essere ridotta in modo continuo a un punto di D senza che
alcuna sua parte esca da D.

y y y

D
D D D

x x x
Figura B.2 Figura B.3 Dominio connesso ma Figura B.4
Dominio semplicemente connesso non semplicemente connesso Dominio non connesso
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-28 colour black Giugno 22, 2006

A-28 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

La figura B.2 mostra un dominio semplicemente connesso del piano. La figura B.3
mostra invece un dominio connesso, ma non semplicemente connesso. (Una curva
chiusa che circonda il buco non può essere ridotta a un punto senza uscire da
D.) Il dominio mostrato nella figura B.4 non è nemmeno connesso. Esso ha due
componenti e, se P e Q sono punti appartenenti a componenti diverse, essi non
possono essere uniti da una curva che sia interamente in D.
Nel piano, un dominio semplicemente connesso D non pu ò avere buchi, nem-
meno buchi costituiti da un solo punto. L’interno di ogni curva chiusa che non
interseca se stessa appartenente a tale dominio D giace in D. Ad esempio, il do-
minio della funzione 1/(x 2 + y 2 ) non è semplicemente connesso poiché l’origine
non gli appartiene. (L’origine è un “buco” di quel dominio.) Nello spazio tridimen-
sionale, un dominio semplicemente connesso può avere dei buchi. L’insieme di tutti
i punti di 3 esclusa l’origine è semplicemente connesso, come pure lo è l’esterno
di una palla. Ma l’insieme di tutti i punti di 3 soddisfacenti x 2 + y 2 > 0 non è
semplicemente connesso. E neppure lo è l’interno di una ciambella chiamato in
geometria toro. In generale ciascuna delle seguenti condizioni caratterizza i domini
D semplicemente connessi:
(i) Qualunque curva chiusa di D è il contorno di una “superficie” che giace
interamente in D.
(ii) Se 1 e 2 sono due curve di D aventi gli stessi punti estremi, allora 1 può
  

essere deformata in modo continuo in 2 , rimanendo in D durante il processo




di deformazione.

B.4 Condizioni necessarie per la conservatività


TEOREMA 1 Indipendenza dal percorso
Sia D un dominio aperto connesso e sia F un campo vettoriale definito su D. Allora,
le tre proposizioni seguenti sono equivalenti, nel senso che se vale una qualunque
di esse valgono allora anche le altre due:
(a) F è conservativo in D.
I
(b) F dr = 0 per ogni curva chiusa liscia e continua a pezzi contenuta in D.
 

Z
(c) Dati due punti qualsiasi P0 e P1 appartenenti a D, l’integrale F dr ha lo


stesso valore per tutte le curve lisce continue a pezzi in D che iniziano in P0 e
terminano in P1 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-29 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-29

DIMOSTRAZIONE Dimostreremo che (a) implica (b), poi che (b) implica (c) e
infine che (c) implica (a). Di conseguenza ognuna di esse implica le altre due.
Supponiamo che (a) sia vera. Allora F = φ per qualche funzione scalare φ
definita in D. Pertanto
 
∂φ ∂φ ∂φ 
F dr = x̂ + ŷ + ẑ dx x̂ + dy ŷ + dz ẑ


∂x ∂y ∂z
∂φ ∂φ ∂φ
= dx + dy + dz = dφ.
∂x ∂y ∂y
Se è una qualunque curva chiusa liscia a pezzi, parametrizzata ad esempio con


r = r(t), (a ≤ t ≤ b), allora r(a) = r(b) e


Z Z b 
dφ r(t)  
1 F dr =  dt = φ r(b) − φ r(a) = 0.
a dt
Quindi (a) implica (b).
2
P1 Supponiamo ora che (b) sia vera. Siano P0 e P1 due punti in D, e siano 1 e 2  

P0 − 2 due curve lisce a pezzi in D che vanno da P0 e P1 . Indichiamo con = 1 − 2 la   

curva chiusa che va da P0 e P1 lungo 1 e poi indietro fino a P0 lungo 2 in direzione


 

opposta. (Vedi figura B.5.) Poiché abbiamo supposto che (b) è vera, abbiamo
I Z Z
0 = F dr =  F dr − F dr.  

1 2
Figura B.5 1− 2 = 1 + (− 2 )
è una curva chiusa Di conseguenza
Z Z
F dr = F dr,
 

1 2

e abbiamo dimostrato che (b) implica (c).


Supponiamo infine che (c) sia vera. Sia P0 = (x 0 , y0 , z 0 ) un punto fisso del
dominio D e sia P = (x, y, z) un punto arbitrario in quel dominio. Definiamo una
funzione φ mediante
Z
φ(x, y, z) = F dr, 

dove è qualche curva contenuta in D, liscia a pezzi, e che va da P0 a P. (Sotto




le ipotesi del teorema una tale curva esiste e, per l’assunzione (c), l’integrale ha lo
stesso valore per tutte queste curve. Di conseguenza φ è definita univocamente in
D.) Mostreremo che φ = F, stabilendo cosı̀ che F è conservativo e ha φ come
potenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-30 colour black Giugno 22, 2006

A-30 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

È sufficiente mostrare che ∂φ/∂ x = Fx (x, y, z); le altre due componenti possono
essere ottenute in modo simile. Poiché D è aperto, esiste una palla di raggio positivo
z con centro in P e contenuta in D. Prendiamo un punto (x 1 , y, z) in questa palla con
x 1 < x. Si noti che la retta passante per questo punto e per P è parallela all’asse
(x 0 ,y0 ,z 0 )
x. Poiché possiamo scegliere liberamente la curva dell’integrale che definisce


φ, prendiamola in modo che consista di due segmenti: 1 , che è liscio a pezzi e




1 va da (x 0 , y0 , z 0 ) a (x 1 , y, z), e 2 , che è un segmento di linea retta da (x 1 , y, z) a




(x 1 ,y,z) (x, y, z). (Vedi figura B.6.) Allora


2 Z Z
(x ,y,z) y φ(x, y, z) = F dr + F dr. 

1 2
x
Figura B.6 Il primo integrale non dipende da x, per cui la sua derivata rispetto a x è nulla.
Un percorso particolare da P0 a P1 La linea retta del secondo integrale è parametrizzata da r = t x̂ + y ŷ + z ẑ, dove
x 1 ≤ t ≤ x per cui dr = dt x̂ e
Z Z x
∂φ ∂ ∂
= F dr =  Fx (t, y, z) dt = Fx (x, y, z),
∂x ∂x 2 ∂ x x1

che è quanto volevamo. Quindi il campo vettoriale F = φ è conservativo e (c)


implica (a).

Osservazione È molto facile calcolare l’integrale di linea della componente tan-


genziale di un campo vettoriale conservativo lungo una curva , se si conosce un 

potenziale di F. Se F = φ e va da P0 a P1 , allora


Z Z
F dr =
 dφ = φ(P1 ) − φ(P0 ).

Come notato in precedenza, il valore dell’integrale dipende solo dal valore del
potenziale agli estremi di . 

Osservazione Aggiungiamo ora un’altra possibilità alla lista di tre condizioni


che abbiamo mostrato essere equivalenti nel teorema 1, a condizione che il dominio
D sia semplicemente connesso. Per un tale dominio ciascuna delle tre condizioni
del teorema è equivalente a

∂ Fx ∂ Fy ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fz
= , = e = .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-31 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-31

Sappiamo già che queste equazioni sono soddisfatte in un dominio in cui F è


conservativo. Dopo il prossimo esempio mostreremo che, se queste tre equazioni
valgono in un dominio semplicemente connesso, allora F è conservativo in quel
dominio.

Esempio 1 Per quali valori delle costanti A e B il campo vettoriale



F = Ax sin(π y) x̂ + x 2 cos(π y) + Bye −z ŷ + y 2 e−z ẑ

è conservativo? Con tale scelta delle costanti A e B, calcolare


Z
F dr,


dove rappresenta


(a) la curva r = cos t x̂ + sin(2t) ŷ + sin2 t ẑ, (0 ≤ t ≤ 2π), e


(b) la curva d’intersezione del paraboloide z = x 2 + 4y 2 con il piano z = 3x − 2y,
dal punto (0, 0, 0) al punto (1, 1/2, 2).

Soluzione Il campo F non può essere conservativo a meno che


∂ Fx ∂ Fy ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fz
= , = e = ,
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
cioè a meno che

Aπ x cos(π y) = 2x cos(π y), 0=0 e − Bye −z = 2ye−z .

Quindi deve essere A = 2/π e B = −2. In questo caso si verifica facilmente che

x 2 sin(π y)
F= φ, dove φ = − y 2 e−z .
π
Per la curva (a) abbiamo r(0) = x̂ = r(2π), per cui questa curva è chiusa e
Z I
F dr =
 φ dr = 0.


Dal momento che la curva (b) inizia in (0, 0, 0) e termina in (1, 1/2, 2), abbiamo
Z  2  (1,1/2,2)
x sin(π y) 1 1
F dr =
 − y 2 e−z = − 2.
π (0,0,0) π 4e
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-32 colour black Giugno 22, 2006

A-32 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

Potenziale scalare e potenziale vettoriale


Si utilizzano due nomi speciali per descrivere i campi vettoriali per i quali la
divergenza o il rotore sono nulli.

DEFINIZIONE 4 Campi vettoriali solenoidali e irrotazionali


Un campo vettoriale F è detto solenoidale o a divergenza nulla in un dominio
D se F = 0 in D.


Un campo vettoriale F è detto irrotazionale o a rotore nullo in un dominio


D se F = 0 in D.

Siccome per qualunque funzione scalare f risulta ( f ) = 0, allora F =


φ H⇒ F = 0. Quindi

Ogni campo vettoriale conservativo è irrotazionale.

Siccome per qualunque campo vettoriale A risulta  ( A) = 0, allora F =


G H⇒ F = 0. Quindi


Il rotore di qualunque campo vettoriale è solenoidale.

L’inverso di queste asserzioni vale se il dominio di F soddisfa certe condizioni.


TEOREMA 2 Se F è un campo vettoriale irrotazionale liscio in un dominio D semplicemente
connesso, allora F = φ per qualche funzione potenziale definita in D, e quindi F
è conservativo.

TEOREMA 3 Se F è un campo vettoriale a divergenza nulla liscio in un dominio D con la proprietà


che qualunque superficie chiusa di D delimita una regione contenuta interamente
in D, allora F = G per qualche campo vettoriale G definito in D. Tale campo
vettoriale G è chiamato potenziale vettoriale del campo vettoriale F.

Non siamo ora in grado di dimostrare questo risultato nella sua completa generalità.
Tuttavia entrambi i teoremi hanno una dimostrazione semplice nel caso particolare di
domini D semplicemente connessi detti stellati. Un dominio D è chiamato stellato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-33 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO B.4: Condizioni necessarie per la conservatività A-33

se esiste un punto P0 in D tale che il segmento di retta da P0 a qualunque punto


P di D giace completamente in D. (Vedi figura B.7.) Entrambe le dimostrazioni
sono costruttive nel senso che dicono come trovare un potenziale.
Dimostrazione del teorema 2 per domini stellati. Senza perdita di generalità
D P0 possiamo supporre che P0 sia l’origine. Se P = (x, y, z) è un punto qualsiasi di
D, allora il segmento di retta

P
r(t) = t x x̂ + t y ŷ + tz ẑ, 0≤t ≤1
Figura B.7 Il segmento di retta da da P0 a P giace in D. Definiamo la funzione φ in D mediante
P0 a ogni punto di D che si trova Z 1
interamente in D  dr
φ(x, y, z) = F r(t) dt

0 dt
Z 1

= x Fx (ξ, η, ζ ) + y Fy (ξ, η, ζ ) + z Fz (ξ, η, ζ ) dt,
0

dove ξ = t x, η = t y e ζ = tz. Calcoliamo ∂φ/∂ x utilizzando il fatto che F=0


per sostituire (∂/∂ξ )Fy (ξ, η, ζ ) con (∂/∂η)Fx (ξ, η, ζ ) e (∂/∂ξ )Fz (ξ, η, ζ ) con
(∂/∂ζ )Fx (ξ, η, ζ ):
Z 1
∂φ ∂ Fx ∂ Fy ∂ Fz 
= Fx (ξ, η, ζ ) + t x + ty + tz dt
∂x 0 ∂ξ ∂ξ ∂ξ
Z 1
∂ Fx ∂ Fx ∂ Fx 
= Fx (ξ, η, ζ ) + t x + ty + tz dt
0 ∂ξ ∂η ∂ζ
Z 1
d   1
= t Fx (ξ, η, ζ ) dt = t Fx (t x, t y, tz) = Fx (x, y, z).
0 dt 0

In modo analogo ∂φ/∂y = Fy e ∂φ/∂z = Fz . Quindi φ = F.

I dettagli della dimostrazione del teorema 3 sono simili a quelli del teorema 2 e
procede nel modo seguente.
Si supponga che F = 0 in un dominio D con la proprietà che ogni suo


punto P può essere unito con l’origine mediante un segmento di retta contenuto in
D. Sia r = t x i + t y j + tz k, 0 ≤ t ≤ 1, una parametrizzazione del segmento di
retta dall’origine al generico punto (x, y, z) di D. Se
Z 1
dr
G(x, y, z) = tF(r(t)) dt,
0 dt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-34 colour black Giugno 22, 2006

A-34 APPENDICE B: CAMPI VETTORIALI CONSERVATIVI

mostrare che G = F in tutto D. Suggerimento: è sufficiente verificare la


relazione per la prima componente di G e di F.
Per (x, y, z) in D sia v = x x̂ + y ŷ + z ẑ. Il segmento di retta r(t) = tv,
(0 ≤ t ≤ 1), appartiene a D, per cui sul percorso F = 0. Abbiamo 

Z 1

G(x, y, z) = t F r(t) v dt
0
Z 1 
= t F ξ(t), η(t), ζ(t) v dt
0

dove ξ = t x, η = t y, ζ = tz. La prima componente di G è


( G)x
Z 1 
= t (F v) x
dt
0
Z 1  
∂ ∂
= (F v)z − (F v) y dt
t
0 ∂y ∂z
Z 1  
∂ ∂
= t (Fx y − Fy x) − (Fz x − Fx z) dt
0 ∂y ∂z
Z 1 
2 ∂ Fx 2 ∂ Fy 2 ∂ Fz 2 ∂ Fx
= t Fx + t y −t x −t x + t Fx + t z dt
0 ∂η ∂η ∂ζ ∂ζ
Z 1 
∂ Fx ∂ Fx ∂ Fx
= 2t Fx + t 2 x + t2 y + t2z dt.
0 ∂ξ ∂η ∂ζ
Per ottenere l’ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che F = 0 per sostituire


2 ∂ Fy 2 ∂ Fz 2 ∂ Fx
−t x −t x con t x . Continuando il calcolo, abbiamo
∂η ∂ζ ∂ξ
Z 1
d 2 
( G)x = t Fx (ξ, η, ζ ) dt
0 dt
1

= t 2 Fx (t x, t y, tz) = Fx (x, y, z).
0

Similmente, ( G) y = Fy e ( G)z = Fz . Pertanto G = F, come richiesto.


Si noti che i potenziali vettoriali, quando esistono, non sono affatto definiti in
modo univoco. Poiché φ è identicamente nullo (teorema <undefined>(h)),
si può sempre sommare a G un campo conservativo arbitrario senza modificare il
valore di G. L’esempio seguente illustra proprio quanto grande sia la libertà
nell’introdurre ipotesi semplificative quando si cerca di determinare un potenziale
vettoriale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-35 colour black Giugno 22, 2006

A-35

Appendice C

Equazioni di Eulero o
equidimensionali
Introduzione Nella risoluzione delle equazioni di Laplace e di Poisson in coordi-
nate cilindriche e sferiche con il metodo di separazione delle variabili si incontrano
spesso delle equazioni differenziali ordinarie del secondo ordine lineari ma a coef-
ficienti variabili, omogenee, che possono essere ricondotte al seguente tipo

d2 y dy
x2 + αx + βy = 0,
dx 2 dx

dove y(x) è la funzione incognita e α e β sono delle costanti note. Questa


equazione appartiene alla classe delle equazioni di Eulero, che sono chiamata anche
equazioni equidimensionali per la seguente ragione: i coefficienti dell’equazione
lineare dipendono dalla variabile x come una potenza di x in modo tale che, se la
grandezza x ha una determinata dimensione fisica (ad esempio una lunghezza), in
ciascun termine la dimensione di x si compensa perché il grado della potenza di
x del coefficiente è uguale all’ordine della corrispondente derivata. Le equazioni
equidimensionali (del secondo ordine) possono presentarsi in una forma diversa da
quella qui considerata ma sono sempre riconducibili a questa forma con semplici
passaggi. Ad esempio, dividendo l’equazione per x 2 essa può essere scritta anche
nella forma

d2 y α dy β
2
+ + 2 y = 0,
dx x dx x

che consideriamo come punto di partenza per determinare la soluzione generale.


Supporremo in ogni caso x > 0.

C.1 Ricerca del cambiamento di variabili


Il metodo di risoluzione si basa sulla ricerca di un cambiamento di variabili
che trasformi l’equazione equidimensionale in un’equazione lineare a coefficienti
costanti. Più precisamente, si ipotizza che esista un cambiamento della variabile
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-36 colour black Giugno 22, 2006

A-36 APPENDICE C: EQUAZIONI DI EULERO O EQUIDIMENSIONALI

indipendente
x → z = z(x),
invertibile in modo da avere anche x = x(z), tale che il conseguente cambiamento
della incognita
y → Y = Y (z) = y(x(z))
permetta alla nuova equazione differenziale
d 2Y dY
+ p(z) + q(z)Y = 0
dz 2 dz
di essere a coefficienti costanti, ovvero di avere p(z) = costante e q(z) = costante.
Ci si attende che queste condizioni sui due nuovi coefficienti consentano di definire
una trasformazione determinata della variabile indipendente. Se ci ò risulta possi-
bile, si potrà allora usare la tecnica risolutiva dell’equazione lineare a coefficienti
costanti per trovare la soluzione dell’equazione equidimensionale originaria.
La regola di derivazione delle funzioni composte applicata alla definizione
Y (z) = y(x(z)) fornisce:
dY dy dx dy dy 1 dY
= = x0 ⇒ = 0 .
dz dx dz dx dx x dz
Analogamente si ricava
   
d 2Y d dY d 0 dy
= = x
dz 2 dz dz dz dx
 
dy d dy dy d2 y
= x 00 + x0 = x 00 + x 0x 0 2
dx dz dx dx dx
dy d2 y
= x 00 + (x 0 )2 2 ,
dx dx
da cui, risolvendo rispetto alla derivata seconda della vecchia variabile incognita y,
d2 y 1 d 2Y x 00 dy
2
= 0 2 2
− 0 2
dx (x ) dz (x ) dx
1 d 2Y x 00 1 dY
= −
(x 0 )2 dz 2 (x 0 )2 x 0 dz
1 d 2Y x 00 dY
= − .
(x 0 )2 dz 2 (x 0 )3 dz
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-37 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO C.2: Soluzione generale dell’equazione trasformata A-37

Sostituendo le derivate di y rispetto a x cosı̀ espresse nell’equazione equidimen-


sionale si ottiene l’equazione

1 d 2Y x 00 dY α 1 dY β
0
− 0 3 + + 2 Y = 0,
2
(x ) dz 2 (x ) dz x x 0 dz x

che, una volta moltiplicata per (x 0 )2 , diventa

d 2Y x 00 dY αx 0 dY β(x 0 )2
− + + Y = 0.
dz 2 x 0 dz x dz x2
L’equazione ricercata per la nuova incognita Y (z) è quindi
 00   0 2
d 2Y x αx 0 dY x
2
+ − 0
+ + β Y = 0.
dz x x dz x

Affinché questa equazione abbia i coefficienti costanti deve essere

x0 1 dx
=C ovvero = C,
x x dz
dove C è una costante arbitraria. Una soluzione di questa equazione ausiliaria è
1
ln x = Cz ovvero z = z(x) = ln x C .

Questa trasformazione rende costante il coefficiente del terzo termine dell’equazione.


Ma anche il coefficiente del secondo termine diventa costante in quanto x 0 = C x
implica x 00 = C x 0 , per cui l’equazione trasformata con il cambiamento di variabili
trovato assume la forma:

d 2Y dY
2
+ (α − 1)C + βC 2 Y = 0,
dz dz
che è un’equazione di secondo grado lineare a coefficienti costanti.

C.2 Soluzione generale dell’equazione trasformata


L’equazione caratteristica associata all’equazione per Y (z) è

λ2 + (α − 1)C λ + βC 2 = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-38 colour black Giugno 22, 2006

A-38 APPENDICE C: EQUAZIONI DI EULERO O EQUIDIMENSIONALI

e le sue soluzioni sono date da


Ch p i
λ1,2 = 1 − α ± (1 − α)2 − 4β .
2

Avremo quindi due soluzioni reali distinte per (1 − α)2 > 4β, una soluzione reale
doppia se (1 − α)2 = 4β e due soluzioni complesse coniugate se (1 − α)2 < 4β. In
corrispondenza di ciascuno di questi tre casi la soluzione generale Y (z) assumerà
la forma seguente
 C
 √  C
 √ 

 C e 2 1−α+ (1−α)2 −4β z
+ C e 2 1−α− (1−α)2 −4β z
se (1 − α)2 > 4β

 1 2



  C


 C1 + C2 z e 2 (1−α)z se (1 − α)2 = 4β
Y (z) = h  p 

 C

 e 2 (1−α)z C1 cos C2 4β − (1 − α)2 z



  p i


 + C2 sin C2 4β − (1 − α)2 z se (1 − α)2 < 4β

dove C1 e C2 sono delle costanti arbitrarie.

C.3 Soluzione generale dell’equazione equidimensionale


La soluzione y(x) si ottieneda quella appena calcolata Y (z) tramite il cambiamento
di variabili z(x) = ln x 1/C per cui

y(x) = Y ln x 1/C .
s
Ricordando che z = (ln x)/C e osservando che e s ln x = eln(x ) = x s , per x > 0, si
ottiene:
  √   √ 
1 1

 C1 x 1−α+ (1−α)2 −4β
+ C2 x 1−α− (1−α)2 −4β
se (1 − α)2 > 4β


2 2





 (C1 + C2 ln x) x (1−α)/2 se (1 − α)2 = 4β
y(x) = h  p 




 x (1−α)/2
C 1 cos 1
2
4β − (1 − α) 2 ln x

  p i


 + C2 sin 12 4β − (1 − α)2 ln x se (1 − α)2 < 4β
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice D – pagina A-39 colour black Giugno 22, 2006

A-39

Appendice D

Principi di
termodinamica
Introduzione Di tutte le teorie fisiche la termodinamica è probabilmente la più
semplice ma, nello stesso tempo, è anche una delle meno capite, persino da chi
l’abbia studiata per poterla applicare. Uno dei motivi di questa situazione è legato
al modo in cui gli elementi della teoria sono normalmente presentati nelle espo-
sizioni elementari. Tipicamente, i principi e i concetti termodinamici sono introdotti
seguendo un percorso graduale che prescinde dalla struttura matematica (assoluta-
mente elementare) della teoria. La conseguenza quasi inevitabile di un approccio
simile è una mancanza di

D.1 Variabili estensive e relazione fondamentale

D.2 Principi della termodinamica

Convessità della relazione fondamentale specifica

D.3 Variabili intensive ed equazioni di stato

D.4 Calori specifici


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice D – pagina A-40 colour black Giugno 22, 2006

A-40 APPENDICE D: PRINCIPI DI TERMODINAMICA

D.5 Velocità del suono


La velocità del suono in un fluido è definita da
∂P
c= .
∂ρ s

Questa funzione termodinamica gioca un ruolo fondamentale nello studio del moto
dei fluidi comprimibili per cui è assai utile avere una sue espressione generale
che possa essere specializzata nei casi di fluidi aventi proprietà termodinamiche
particolari. Un’espressione generale dovrà necessariamente essere una funzione di
due variabili termodinamiche e potremo scegliere come variabili indipendenti la
temperatura e il volume specifico. Dimostriamo ora che vale la seguente relazione
 
T v2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c2 (T, v) = − v2 ,
cv (T, v) ∂T ∂v

che esprime la velocità del suono in un fluido qualsiasi in termini delle sue due
funzioni di stato P = P(T, v) e cv = cv (T, v).
Dalla definizione segue che

∂ P(s, ρ) ∂ P s, 1v ∂ ∂ P(s, v) dv(ρ)
c =
2
= = P̃(s, v) =
∂ρ ∂ρ ∂ρ ∂v dρ
∂ P(s, v) d 1  1 ∂ P(s, v) ∂ P(s, v)
= =− 2 = −v 2 .
∂v dρ ρ ρ ∂v ∂v

Si noti che, per comodità di scrittura, abbiamo semplificato P̃ in P, intendendo che


la differenza fra le due funzioni P(s, ρ) e P(s, v) sia desumibile dall’indicazione
delle variabili indipendenti.1 Eliminiamo ora la variabile indipendente entropia
in favore della temperatura, sostituendo s = s(T, v) nella funzione pressione.
Otteniamo
∂ P(s, v) ∂
c2 = −v 2 = −v 2 P̃(T (s, v), v)
∂v ∂v
 
2 ∂ P(T, v) ∂ T (s, v) ∂ P(T, v)
= −v + .
∂T ∂v ∂v
1
Questo abuso di notazione matematica è frequente in termodinamica ed è tollerabile a
condizione di esserne consapevoli.
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PARAGRAFO D.5: Velocità del suono A-41

Il secondo fattore del primo termine vale

∂ T (s, v) ∂es (s, v) ∂ev (s, v) ∂ P(s, v)


= = =−
∂v ∂v ∂s ∂s
ed, eliminando di nuovo la variabile s in favore di T ,

∂ T (s, v) ∂ P(s, v) ∂ ∂ P(T, v) ∂ T (s, v)


=− = − P̃(T (s, v), v) = − .
∂v ∂s ∂s ∂T ∂s
Quindi l’espressione della velocità del suono diventa
 2 
∂ P(T, v) ∂ T (s, v) ∂ P(T, v)
c =v
2 2
− .
∂T ∂s ∂v

D’altra parte, dalla definizione della variabile temperatura e del calore specifico a
volume costante
∂e(s, v) ∂
T = es (s, v) = = ẽ(T (s, v), v)
∂s ∂s
∂e(T, v) ∂ T (s, v) ∂ T (s, v)
= = cv (T, v) ,
∂T ∂s ∂s
si ricava immediatamente la relazione
∂ T (s, v) T
= .
∂s cv (T, v)

Sostituendo questa relazione nell’espressione di c 2 si ottiene


   
T ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
[c(T, v)]2 = v 2 − ,
cv (T, v) ∂T ∂v

che è proprio la formula generale della velocità del suono che si intendeva di-
mostrare.
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A-42

Appendice E

Proprietà termodinamiche
dei gas
Introduzione Questa appendice è dedicata alla descrizione delle proprietà ter-
modinamiche dei gas in condizioni di equilibrio. Si prendono in esame diversi tipi
di gas, partendo dal modello più semplice e assai noto di gas ideale e considerando
poi modelli più complicati come, ad esempio, il gas reale di van der Waals. Nel
caso di gas costituiti da molecole, si contempla anche la possibilità di tenere conto
in modo graduale del contributo delle vibrazioni molecolari all’energia interna del
gas. Negli ultimi paragrafi si considerano infine alcuni modelli di gas proposti
negli ultimi anni che permettono di rappresentare in modo accurato le proprietà
termodinamiche del gas anche nella regione vicina al punto critico.
Si considerano modelli di gas caratterizzati da complessità crescente per met-
tere in evidenza il contrasto con la situazione del gas ideale. Questo modello di gas
è utilizzato molto spesso nelle applicazioni ma descrive un comportamento per certi
aspetti degenere dal punto di vista termodinamico. In particolare, per il gas ideale
caratterizzato da calori specifici costanti, che nel seguito chiameremo “politropico”,
esiste una relazione di proporzionalità fra le due variabili temperatura ed energia
per unità di massa, sicché alcune relazioni termodinamiche sono straordinariamente
semplici. Ma anche per il gas ideale “non politropico”, cioè con calori specifici
non costanti, il fatto che queste grandezze dipendano solo dalla temperatura implica
che anche altre funzioni importanti, come ad esempio l’entalpia e la velocità del
suono, possano dipendere da una sola variabile. Questa particolarità ha alcune con-
seguenze non marginali nello studio delle correnti comprimibili le cui caratteristiche
dipendono in modo determinante dall’entalpia e dalla velocità del suono.
Questa appendice è stata scritta assieme ad Alberto Guardone, che gli autori
ringraziano sentitamente per la gentile collaborazione.

E.1 Gas ideale politropico


Consideriamo un gas costituito da atomi o molecole tutte della stessa specie chimi-
ca, ossia della stessa sostanza. Se tali atomi o molecole possono essere considerati
puntiformi e non interagenti, tranne nell’istante del contatto, si ha un sistema
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-43 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.1: Gas ideale politropico A-43

termodinamico che costituisce un gas ideale o perfetto monocomponente. La re-


lazione termodinamica fondamentale di un gas ideale per le variabili specifiche
(ossia per unità di massa) risulta essere, nella rappresentazione entropica,
 
e  γ −1
1
v
s = s(e, v) = s0 + R ln ,
e0 v0

dove e0 , v0 e s0 sono i valori delle variabili estensive specifiche in uno stato di


riferimento. Il parametro R è la costante del gas considerato definita dal rapporto
R = /m.m., dove = 8.3143 J/(mol· K) è la costante universale dei gas ideali
mentre m.m. è la massa molare del gas considerato, detta anche massa molecolare
o atomica se il gas è atomico. Inoltre γ è un’altra costante caratteristica del gas
il cui significato sarà rivelato fra un momento. I valori della massa molare m.m. e
della costante R di alcuni gas atomici e molecolari sono riportati nella tabella 1.

Tabella 1. Massa molare m.m. e costante R di alcuni gas atomici e molecolari.

simbolo massa molare R= /m.m.


Sostanza chimico kg/kmol J/(kg · K)

Elio He 4.003 2077.0


Neon Ne 20.183 411.9
Argon Ar 39.948 208.1
Xenon Xe 131.30 63.3
Idrogeno H2 2.016 4124.16
Azoto N2 28.013 296.83
Ossigeno O2 32.00 259.82
Ossido di Carbonio CO 28.010 296.83
Acqua H2 O 18.015 461.52
Biossido di Carbonio CO2 44.01 188.92
Metano CH4 16.043 518.25
Propano C 3 H8 44.097 188.54

La relazione fondamentale entropica può essere risolta rispetto all’energia interna, in


virtù della monotonia della funzione s(e, v) rispetto alla prima variabile. In questo
modo si ottiene la relazione fondamentale1 nella rappresentazione energetica:

1
La base della funzione esponenziale è qui indicata con il carattere diritto “e” per evitare la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-44 colour black Giugno 22, 2006

A-44 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

e(γ −1)(s−s0 )/R


e = e(s, v) = e0 .
(v/v0 )γ −1

Notiamo che la costante s0 può essere espressa nel seguente modo


γR µ
s0 = − ,
γ −1 T 0
dove µ rappresenta il potenziale elettrochimico e T la temperatura, una relazione
che tuttavia non giocherà alcun ruolo nel seguito.

Equazioni di stato
Le derivate parziali della relazione fondamentale e = e(s, v) definiscono la tem-
peratura e la pressione, per cui avremo

∂e(s, v) γ − 1 e(γ −1)(s−s0 )/R γ −1


T = = e0 = e,
∂s R (v/v0 )γ −1 R
∂e(s, v) e0 e(γ −1)(s−s0 )/R e
P =− = +(γ − 1) = (γ − 1) .
∂v v0 (v/v0 )γ v
La prima relazione mostra che e = e(T ) = RT /(γ − 1). Inoltre, combinando
le due relazioni si ottiene la celebre (forse sin troppo) equazione di stato del gas
ideale

Pv = RT ovvero P = ρ RT.

Calori specifici
Determiniamo ora i calori specifici a volume e a pressione costante del gas ideale
considerato. Riguardo il calore specifico a volume costante, dalla sua definizione 2
otteniamo, in virtù della legge di conservazione dell’energia de = d ? q − P dv,
 ?     
d q de + P dv ∂e
cv = = = .
dT v=cost dT v=cost ∂T v

confusione con il simbolo e, in carattere corsivo, che indica l’energia interna specifica.
2
L’uso della stellina come apice del simbolo di infinitesimo d sta a indicare che il calore q
non è una variabile di stato per cui non esiste alcuna variazione di questa grandezza, n é finita né
infinitesima.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-45 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.1: Gas ideale politropico A-45

Nel caso di gas ideale risulta e = e(T ) per cui (∂e/∂ T )v = de(T )/dT . Essendo poi
per il gas ideale considerato e(T ) = RT /(γ −1), abbiamo de(T )/dT = R/(γ −1)
e quindi

R
cv =
γ −1

per cui cv è effettivamente costante. Un gas per il quale il calore specifico a volume
costante sia costante è detto politropico. Quindi il gas definito in questo paragrafo è
più precisamente un gas ideale politropico. Il calore specifico a pressione costante
è poi definito da
 ?       
d q de + P dv ∂e ∂v
cP = = = +P .
dT P=cost dT P ∂T P ∂T P

Per il gas ideale politropico risulta de(T )/dT = R/(γ −1) e inoltre v = v(T, P) =
RT /P, e quindi
 
de(T ) ∂v R
cP = +P = +R
dT ∂T P γ −1

da cui si ricava la relazione di Meyer

c P = cv + R.

Essa mostra che per un gas ideale politropico anche il calore specifico a pressione
costante è costante e il suo valore è
γ
cP = R.
γ −1

Risolvendo l’equazione cv = R/(γ − 1) rispetto a γ si ottiene γ = 1 + R/cv e


quindi, per la relazione di Meyer,

cP
γ = ,
cv

ovvero, la costante γ del gas ideale politropico è uguale al rapporto dei suoi calori
specifici costanti. Per questo motivo il modello del gas ideale politropico è sovente
chiamato anche gas con legge-γ (costante).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-46 colour black Giugno 22, 2006

A-46 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Entalpia
L’entalpia specifica (per unità di massa) del gas ideale politropico è data da
RT γ
h = e + Pv = + RT = RT,
γ −1 γ −1
e quindi
h = c P T,
cioè, nel gas ideale politropico l’entalpia specifica è proporzionale alla temperatura,
come l’energia interna specifica.
In certi problemi di dinamica dei fluidi (come il calcolo del coefficiente di
pressione nelle correnti comprimibili con entropia uniforme) interviene la pressione
espressa in funzione delle variabili entropia e entalpia, ossia compare la funzione
P = P(s, h). Questa funzione può essere determinata a partire dalla relazione
h = h(s, P) risolvendola rispetto a P. D’altra parte l’entalpia come funzione
delle sue variabili naturali s e P si ottiene effettuando la trasformata di Legendre
della relazione termodinamica fondamentale e = e(s, v) rispetto a v, e questa
trasformazione costituisce proprio la definizione della grandezza entalpia.
Determiniamo allora la relazione fondamentale trasformata h = e + Pv per il
gas considerato, ovverosia calcoliamo la seguente funzione composta
h(s, P) = e(s, v(s, P)) + P v(s, P),
dove v = v(s, P) si ottiene invertendo l’equazione di stato P = P(s, v) rispetto
alla seconda variabile v. Nel caso del gas ideale politropico si vede facilmente che
  γ1
(γ −1)(s−s0 )/R P0
v(s, P) = v0 e ,
P
dove P0 = (γ − 1)e0 /v0 . Sostituendo questa funzione nella definizione di h(s, P),
un calcolo elementare, anche se un po’ noioso, fornisce

  γ −1
P γ
h(s, P) = h 0 e(s−s0 )/R ,
P0

dove naturalmente h 0 = e0 + P0 v0 . Risolvendo infine questa relazione rispetto a P


si ottiene la funzione della pressione ricercata, per il gas ideale politropico,
  γ γ−1
−(s−s0 )/R h
P(s, h) = P0 e .
h0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-47 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-47

Velocità del suono


Calcoliamo infine la velocità del suono nelgas ideale politropico. Per definizione
abbiamo, ricordando che P̃(s, ρ) = P s, ρ1 = P(s, v),

∂ P̃(s, ρ) ∂ P s, 1
∂ P(s, v) d  1  ∂ P(s, v)
c =
2
= = = −v 2
ρ
.
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ ∂v

Calcoliamo la derivata parziale rispetto a v


 
∂ e0 e(γ −1)(s−s0 )/R
c = −v
2 2
(γ − 1)
∂v v0 (v/v0 )γ
e(γ −1)(s−s0 )/R
= v 2 γ (γ − 1) e0
(v/v0 )γ −1
e0 e(γ −1)(s−s0 )/R P
= v γ (γ − 1) γ
= γ vP = γ .
v0 (v/v0 ) ρ

Estraendo la radice quadrata si ha la velocità del suono del gas ideale politropico
s
γP
c= ,
ρ

ovvero, utilizzando l’equazione di stato dei gas ideali,


p
c= γ RT .

Quindi nel gas ideale politropico la velocità del suono dipende solo dalla temperatura
del gas. Alternativamente, esprimendo la temperatura in termini dell’entalpia, la
velocità del suono del gas ideale politropico può essere scritta anche come
p
c= (γ − 1)h .

Mentre per un gas generico la velocità del suono come funzione dell’entalpia
dipende anche da una seconda variabile termodinamica, per il gas ideale politropico
si ha c = c(h). Siccome la funzione c(s, h) gioca un ruolo decisivo nello studio
delle correnti comprimibili con entropia uniforme, le correnti di questo tipo in un
gas ideale politropico saranno del tutto indipendenti dal valore s dell’entropia del
fluido, supposta uniforme nell’intero campo di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-48 colour black Giugno 22, 2006

A-48 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

E.2 Gas ideale non politropico


Il parametro γ del modello del gas ideale politropico deve essere maggiore di 1,
essendo c P > cv in conseguenza della relazione di Meyer, ma, per il resto ogni
valore di γ è permesso senza che il modello di gas con molecole o atomi puntiformi
possa fornire alcuna indicazione quantitativa e nemmeno qualitativa. Per avere
qualche indicazione sul valore effettivo di γ per un determinato gas è necessario
considerare la natura delle particelle che lo costituiscono.

Gas atomici
Il caso di gran lunga più semplice è rappresentato dai gas atomici. In questo caso
l’unica forma di energia posseduta dal gas ideale (trascurando ogni ionizzazione) è
l’energia cinetica di traslazione degli atomi. Per i gas atomici il calore specifico a
volume costante vale quindi cvatom = 23 R, che corrisponde a un contributo di 12 RT
all’energia interna del gas dovuto a ciascuno dei tre gradi di libertà di traslazione
degli atomi. Ne consegue che γ atom = 53 e catom P = 52 R. Il modello di gas
ideale politropico con γ atom = 3 descrive quindi i gas monoatomici, almeno nelle
5

condizioni in cui la ionizzazione può essere trascurata.

Gas molecolari
Molto diversa è la situazione dei gas molecolari. In questo caso possono verificarsi
fenomeni assenti nel gas atomico. In primo luogo le molecole del gas possono
ruotare nello spazio e l’energia associata a tali rotazioni potrà contribuire all’energia
interna ovvero ai calori specifici del gas. In secondo luogo le molecole non saranno
rigide ma potranno subire delle deformazioni e di conseguenza l’energia del gas
potrà avere un contributo derivante da questi gradi di libertà interni alla molecola.
Un terzo fenomeno sarà poi possibile: a temperature sufficientemente elevate le
molecole del gas potranno dissociarsi.
Di questi tre fenomeni molecolari diversi – rotazione, vibrazione e dissoci-
azione – considereremo solo i primi due mentre supporremo che la temperatura del
gas resti al di sotto del valore per cui le molecole possono iniziare a dissociarsi ed
eventualemente a ionizzarsi.
Le rotazioni e le vibrazioni di una molecola possono essere analizzate mediante
le leggi della meccanica newtoniana. Per quanto riguarda la rotazione di una
molecola è necessario distinguere le molecole lineari, che hanno tutti gli atomi
allineati, da tutte le altre. Mentre le molecole non lineari possono ruotare attorno
a tre assi perpendicolari, le molecole lineari, che comprendono naturalmente tutte
le molecole costituite da due soli atomi, dette molecole diatomiche o biatomiche,
possono ruotare solo attorno a due assi perpendicolari all’asse della molecola.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-49 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-49

Questa differenza implica che il contributo delle rotazioni all’energia interna di


un gas con molecole lineari è inferiore a quello in un gas con molecole non lin-
eari. Inoltre, la differenza in questione si riflette anche sul numero di vibrazioni
indipendenti della molecola. Infatti, considerata una molecola con un numero di
atomi pari a n.a., i gradi di libertà che permettono di definire la posizione di tutti
gli atomi della molecola sono g.d.l. = 3 n.a., essendo tre le coordinate cartesiane
necessarie per definire la posizione di ciascun atomo. D’altra parte, 3 gradi di
libertà servono per definire la posizione del centro di massa della molecola e 2
o 3 gradi di libertà servono per stabilire la posizione angolare della molecola a
seconda che essa sia lineare o non lineare: nel primo caso basta fornire la direzione
dell’asse della molecola mentre nel secondo caso, fissata una direzione solidale con
la molecola rigida, occorre un terzo angolo di rotazione attorno a questa direzione.
In conclusione il numero di gradi di libertà a disposizone delle vibrazioni sarà dato
da
(
3 n.a. − 5 molecola lineare
g.d.l. vib =
3 n.a. − 6 molecola non lineare

In altre parole, le molecole lineari hanno un grado di libertà vibrazionale in più


rispetto a quelle non lineari aventi lo stesso numero di atomi.
Dalla meccanica classica, considerando deformazioni della molecola di pic-
cola entità, si può di mostrare che la vibrazione complessiva è semplicemente la
sovrapposizione di oscillazioni elementari indipendenti, chiamati modi normali,
il cui numero è uguale al numero di gradi di libertà vibrazionali, ossia g.d.l. vib.
Ognuno di questi modi rappresenta un’oscillazione armonica della molecola, nello
stesso senso in cui il moto in una dimensione di una massa puntuale sosgetta alla
forza elastica di una molla è effettivamente un moto oscillatorio armonico. Come
ben noto in questo tipo di sistema fisico vi è sia un’energia cinetica sia un’energia
potenziale elastica dovuta alla presenza della forza di richiamo della molla. In
modo del tutto analogo, i modi normali di oscillazione della molecola forniscono
all’energia interna del gas dei contributi associati sia alla loro energia cinetica sia
alla loro energia potenziale elastica. Quest’ultima è dovuta alle forze di richiamo
fra gli atomi quando essi si spostano (di poco) dalle posizioni di equilibrio. Pertanto
ogni modo normale di vibrazione darà origine a un contributo pari a 21 R + 12 R = R.

Principio di equipartizione dell’energia


In base al principio di equipartizione dell’energia, ogni termine dell’energia del
sistema (energia cinetica traslazionale o rotazionale, come pure energia cinetica di
vibrazione o potenziale elastica) all’equilibrio termodinamico contribuisce al calore
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-50 colour black Giugno 22, 2006

A-50 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

specifico a volume costante con una quantità pari a 12 R. La previsione del valore di
cv basata sulla teoria classica è quindi data della seguente somma
cvclass = cvtrasl + cvrot + cvvib = 32 R + cvrot + (g.d.l. vib)R
dove i contributi rotazionale e vibrazionale dipendono dal carattere lineare o non
lineare della molecola considerata. Tenendo conto di questo, abbiamo
3
 2 R,
 gas atomico
cv = 2 (6 n.a. − 5)R, molecola lineare (n.a. ≥ 2)
class 1


3(n.a. − 1)R molecola non lineare (n.a. ≥ 3)
Questa è la previsione della teoria classica. Ad esempio, un gas biatomico avrebbe
cvclass = 27 R mentre per un gas triatomico con molecola lineare si avrebbe c vclass =
13
2
R e con molecola non lineare si avrebbe invece cvclass = 6R.
In ogni caso la teoria classica prevede che il calore specifico sia costante. Questa
previsione è tuttavia in completo disaccordo con i risultati sperimentali che, con la
sola eccezione dei gas monoatomici, mostrano che cv cresce con la temperatura fino
a raggiungere il valore previsto classicamente ma solo a temperatura relativamente
elevata. Una descrizione soddisfacente dei risultati sperimentali è tuttavia possibile
ricorrendo alla descrizione delle rotazioni e delle vibrazioni delle molecole fornita
dalla meccanica quantistica.
Nell’ambito di tale teoria, le rotazioni e le vibrazioni molecolari risultano avere
una struttura discreta nel senso che il passaggio da uno stato di rotazione all’altro e
da uno stato di vibrazione all’altro può avvenire solo in modo discontinuo, ovvero
con salti di ampiezza finita. La conseguenza termodinamica di questa natura discreta
delle rotazioni e delle vibrazioni è che, per temperature sufficientemente basse,
cioè inferiori a una cosiddetta temperatura rotazionale della molecola, la sua
rotazione è impossibile e quindi non contribuisce all’energia interna del gas. Solo
per temperature maggiori della temperatura rotazionale i diversi livelli di rotazione
diventano accessibili e al crescere della temperatura il contributo della rotazione
al calore specifico previsto dalla teoria quantistica tende a quello previsto dalla
meccanica classica.
Un’analoga interdizione si verifica per le vibrazioni: a temperature inferiore di
determinate temperature vibrazionali caratteristiche della molecola le vibrazioni
sono inacessibili, come se non esistessero (si parla talvolta di “vibrazioni conge-
late”). Solo a temperature maggiori delle temperature vibrazionali la molecola pu ò
oscillare effettivamente e quando la temperatura è abbastanza grande le previsioni
della teoria quantistica tendono a quelle della meccanica classica. Nella tabella 2
sono riportate la temperatura rotazionale (unica) e la temperatura vibrazionale (pure
unica) di alcuni gas diatomici.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-51 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-51

Tabella 2. Temperature rotazionali e vibrazionali di alcuni gas diatomici.

massa molare Trot Tvib


Sostanza kg/kmol K K

H2 2.016 85.5 6325


N2 28.013 2.89 3393
O2 32.00 2.08 2273
CO 28.010 2.78 3122
NO 30.01 2700
HCl 36.47 15.2 4150
HBr 80.917 3680

Si vede che la temperatura rotazionale risulta essere molto minore di quella vi-
brazionale. Tali valori possono essere calcolati teoricamente mediante la mecca-
nica quantistica. Nel caso di molecole più complicate occorre tenere presente che
possono esistere anche 2 o 3 temperature rotazionali diverse in quanto i momenti
principali d’inerzia della molecola possono essere molto diversi fra loro se la forma
della molecola è allungata. Per quanto riguarda le temperature vibrazionali, il loro
numero per ogni tipo di molecola dipende dal numero di frequenze distinte dei
modi normali di oscillazione della molecola. Comunque, come sarà mostrato fra
un momento, anche per molecole più complicate di quelle con due soli atomi, le
temperature rotazionali della molecola poliatomica risultano essere sempre minori
delle sue temperature vibrazionali.
Di conseguenza, per molte applicazioni potremo considerare attive e trattabili in
senso classico le rotazioni e ritenere nello stesso tempo congelate, e quindi comple-
tamente assenti, tutte le vibrazioni molecolari. All’interno di tale approssimazione,
che chiameremo intermedia, il valore del calore specifico a volume costante sarà
dovuto solo all’energia cinetica delle traslazioni e delle rotazioni, per cui avremo

3 5
 2 R, gas atomico
  3 = 1.6, gas atomico

cvinter = 52 R, mol. lineare γ inter = 75 = 1.4, mol. lineare

 
4
3R, mol. non lineare 3
= 1.3, mol. non lineare

Il modello di gas ideale di questa approssimazione intermedia è quindi politropico


e può essere utilizzato per gas poliatomici anche complessi purché essi si trovino
in un determinato intervallo di temperature.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-52 colour black Giugno 22, 2006

A-52 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Modi di vibrazione della molecola


Considerando molecole con più di due atomi, i modi normali di oscillazione sono
almeno 3 ed essi possono essere degeneri, nel senso che alcune delle frequenze
di oscillazione possono essere multiple. Nella tabella 3 riportiamo le temperature
vibrazionali di alcuni gas con molecole triatomiche. Notiamo che le molecole
lineari hanno un modo di oscillazione in più rispetto a quelle non lineari con lo stesso
numero di atomi. Il modo normale delle molecole lineari di frequenza, e quindi
temperatura vibrazionale, più bassa è doppiamente degenere. Ciò corrisponde alla
flessione che una molecola triatomica lineare può avere in due direzioni linearmente
indipendenti normali al suo asse.

Tabella 3. Temperature vibrazionali di alcuni gas con molecole triatomiche.

Tvib,1 Tvib,2 Tvib,3


Sostanza K K K
CO2 (lineare) 960 (2) 2000 3380
N2 O (lineare) 847 (2) 1850 3200
H2 O 2290 5250 5400
H2 S 1855 3670 3860
CH2 2080 4270 4310
NO2 931 1900 2330
SO2 753 1660 1960

La tabella 4 riporta le temperature vibrazionali di alcune molecole poliatomiche


costituite da 4 o più atomi. Accanto a ogni frequenza è riportata la molteplicità
della degenerazione eventuale del modo di oscillazione.

Tabella 4. Temperature vibrazionali di alcuni gas con molecole poliatomiche di


quattro o più atomi.

Tvib,1 Tvib,2 Tvib,3 Tvib,4 & 5


Sostanza K K K K

C2 H2 (lineare) 880 (2) 1050 (2) 2840 4730&4850


NH3 1368 2340 (2) 4800 4910 (2)
CH4 1880 (3) 2190 (2) 4190 4350 (3)
CCl4 314 (2) 452 (3) 659 1120 (3)
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PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-53

Dai valori delle temperature vibrazionali più basse si vede che in alcuni casi le vi-
brazioni del primo modo normale possono entrare in gioco anche a temperature non
troppo elevate rispetto alla temepratura ambiente. Sembra pertanto utile sviluppare
un modello di gas ideale in grado di tenere conto dell’“accensione” graduale delle
vibrazioni descritta dalla teoria quantistica.

Energia vibrazionale e calore specifico


In base alla meccanica quantistica il contributo al calore specifico di un modo
oscillatorio con temperatura vibrazionale Tm è
 2
Tm eTm /T
cv (T ) = R
vib
2 .
T eTm /T − 1
Questo contributo può essere scritto anche nella maniera equivalente:
 
Tm /(2T ) 2
cv (T ) = R
vib
.
sinh(Tm /2T )
L’andamento di questa funzione con la temperatura è mostrato nella figura E.1.
cvvib /R

1.2

1.0

0.8

0.6

0.4

0.2
Figura E.1 Contributo al calore
specifico a volume costante della
0.5 1.0 1.5 2.0 T /Tvib
vibrazione molecolare

Supponendo ora che la molecola abbia Mvib modi di vibrazione, ciascuno caratte-
rizzato da una determinata temperatura vibrazionale Tm , l’espressione del calore
specifico del gas ideale di tipo molecolare sarà

Mvib 
X 
Tm 2 eTm /T
cv (T ) =  R + R 2 ,
m=1
T eTm /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-54 colour black Giugno 22, 2006

A-54 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

dove il parametro  può assumere solo i due seguenti valori


(3 2
+ = 52 = 2.5, molecola lineare
 = 32 32
2
+ 2 = 3, molecola non lineare

perché la parte non vibrazionale dell’energia interna comprende sempre la medesima


energia cinetica traslazionale mentre l’energia rotazionale è diversa a seconda che la
molecola sia lineare o meno. Questo modello di gas ideale è detto non politropico.
Si deve notare che, se qualche modo vibrazionale ha frequenza multipla (de-
generazione del modo normale), la formula precedente è corretta a condizione
di includere nella sommatoria il termine degenere un numero di volte pari alla
sua molteplicità; oppure, più convenientemente, la sommatoria può essere limitata
ai soli modi di vibrazione con frequenza diversa includendo un fattore pari alla
molteplicità di ciascuno. Osserviamo inoltre che per il gas ideale non politropico
anche il calore specifico a pressione costante è funzione della sola temperatura.
Infatti
 
de(T ) ∂v
cP = +P = cv (T ) + R = c P (T ).
dT ∂T P

Relazione fondamentale in forma parametrica


L’espressione del calore specifico a volume costante completa la definizione del
gas ideale non politropico. Tuttavia, siccome la funzione cv = cv (T ) non può
essere risolta rispetto alla variabile T , non è possibile scrivere in forma analitica
la relazione fondamentale e si deve ricorrere a una sua rappresentazione in forma
parametrica. La maniera classica consiste nello scrivere due equazioni di stato
per l’energia e l’entropia in funzione di T e v. Per il gas ideale tali equazioni
parametriche assumono la forma seguente
Z T
e(T ) = e0 + cv (T 0 ) dT 0 ,
T0
Z
v T
cv (T 0 )
s(T, v) = s0 + R ln + dT 0 .
v0 T0 T0
Notare che, anche nel caso non politropico, l’energia interna specifica del gas ideale
dipende solo da T . La stessa cosa accade per l’entalpia, dato che h = e + Pv =
e(T ) + RT = h(T ).
Sostituendo la funzione cv (T ) del nostro modello di gas non politropico e
calcolando l’integrale della relazione per l’energia avremo quindi:
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PARAGRAFO E.2: Gas ideale non politropico A-55

" #
Z Mvib 
X  0
T
Tm 2 eTm /T 0
e(T ) = e0 + R + R 2 dT ,
T0 m=1
T0 eTm /T 0 − 1
Mvib Z
X T  2 0
Tm eTm /T 0
= e0 +  R(T − T0 ) + R 2 dT .
m=1 T0 T0 eTm /T 0 − 1
Il calcolo dell’integrale si effettua mediante il semplice cambiamento di variabile
0
T 0 → z = eTm /T , per cui
Z T  2 0 Z eTm /T
Tm eTm /T 0 dz
2 dT = −Tm
T0 T 0
e m −1
T /T 0
e Tm /T0 (z − 1)2
  eTm /T
1
= +Tm
z − 1 eTm /T0
 
1 1
= Tm− .
eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm
Scegliendo la costante e0 tale che e0 = R m=1 eTm /T0 −1
, si ottiene la relazione
dell’energia interna del gas ideale non politropico:

X
Mvib
RTm
e(T ) =  R(T − T0 ) + .
m=1
eTm /T − 1

Considerando invece la relazione dell’entropia, la sostituzione dell’espressione di


cv (T ) del modello non politropico considerato fornisce
Z  Mvib 
X  0 
v T
Tm 2 eTm /T dT 0
s(T, v) = s0 + R ln +R + 2 .
v0 T0 m=1
T0 eTm /T 0 −1 T0
R
Un’integrazione diretta mediante l’integrale indefinito ln x dx = x ln x − x con-
duce alla seguente espressione esplicita:
 
v T
s(T, v) = s0 + R ln + R ln
v0 T0
Mvib 
X 
1 − e−Tm /T0 Tm /T Tm /T0
+R ln + T /T − .
m=1
1 − e−Tm /T e m − 1 eTm /T0 − 1
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A-56 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
  XMvib  
s(T, v) v T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + .
R v0 T0 m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1

Velocità del suono


Per determinare la velocità del suono del gas ideale non politropico partiamo dalla
sua espressione generale in termini delle due funzioni di stato P = P(T, v) e
cv = cv (T, v)
 
T v2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c2 (T, v) = − v2 ,
cv (T, v) ∂T ∂v
che nel caso particolare di calore specifico dipendente solo dal T diventa
 
T v 2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c (T, v) =
2
− v2 .
cv (T ) ∂T ∂v
Sostituendo i valori delle due derivate parziali
∂ P(T, v) R ∂ P(T, v) RT
= e =− 2 ,
∂T v ∂v v
abbiamo
 2    
T v2 R RT R
c (T ) =
2
−v − 2 = 1+
2
RT.
cv (T ) v v cv (T )
Estraendo la radice quadrata otteniamo la velocità del suono in un gas ideale non
politropico:
s 
R
c(T ) = 1+ RT ,
cv (T )

dove cv (T ) è dato dall’espressione2 vista all’inizio. Quindi il gas ideale anche non
politropico ha una velocità del suono dipendente solo dalla temperatura.
2
L’impiego della stessa lettera per indicare la velocità del suono e il calore specifico è molto
infelice, particolarmente nel caso del gas ideale non politropico, per il quale entrambe le grandezze
dipendono solo dalla temperatura. D’altra parte, la scelta alternativa alquanto comune della lettera
a per indicare la velocità del suono in un fluido non può essere qui seguita perché in conflitto con
la notazione standard dei coefficienti del gas di van der Waals, come si vedrà fra un momento.
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PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-57

E.3 Gas di van der Waals


Nella sua tesi di dottorato Johannes Diderik van der Waals propose nel 1873 un
modello termodinamico di un fluido quando sono presenti contemporaneamente la
fase gassosa e quella liquida. Dal punto di vista microscopico il sistema consisteva di
un insieme di atomi o molecole interagenti a coppie per effetto di forze debolmente
attrattive a grande distanza e fortemente repulsive a piccola distanza.
In questo paragrafo considereremo due diversi modelli di gas di van der
Waals, che sarebbe però più corretto chiamare fluido di van der Waals. I due
modelli hanno la stessa equazione di stato P = P(v, T ) formulata originariamente
da van der Waals ma differiscono per la forma assunta dalla seconda equazione di
stato e = e(v, T ), che è necessario introdurre per avere una descrizione completa
delle proprietà termodinamiche del fluido. Nel primo modello si suppone che il
calore specifico a volume costante sia costante e il sistema sarà chiamato gas di
van der Waals politropico mentre nel secondo modello tale calore specifico pu ò
dipendere dalla temperatura per cui il sistema corrispondente sarà chiamato gas di
van der Waals non politropico.
L’equazione di stato proposta da van der Waals è
 
a
P + 2 (v − b) = RT,
v

dove R = /m.m. è la costante del gas di massa molare m.m., = 8.314 J/(mol ·
K), e dove le costanti (dimensionali) a e b dipendono dal gas considerato. Esse
sono legate rispettivamente alle intensità delle forze attrattive a grande distanza e
di quelle repulsive a corta distanza. In particolare b rappresenta il volume minimo
per unità di massa al quale il fluido può essere compresso e si chiama covolume.
Risolvendo questa equazione rispetto alla pressione si ha l’equazione di stato

RT a
P(T, v) = − 2,
v−b v
che permette di rappresentare le curve isoterme nel piano v-P: è sufficiente diseg-
nare le curve della funzione P = P(T, v) per valori fissati di T . Nella figura E.2
sono riportate alcune curve isoterme del gas di van der Waals, utilizzando invero
delle variabili ridotte adimensionali che saranno definite più avanti.
Come mostra il disegno, alcune curve isoterme sono monotone mentre alcune
altre hanno un andamento più complicato con un massimo e un minimo locale e un
punto di flesso compreso fra essi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-58 colour black Giugno 22, 2006

A-58 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

P/Pc

2.5

2.0 T
= 1.2
Tc

1.5 1.1
1
1.0
Figura E.2 Alcune isoterme del gas
di van der Waals nella regione del punto 0.9
0.5
critico. La curva a campana più larga 0.8
delimita la regione in cui sono presenti
contemporaneamente liquido e gas. 1 0.5 1.0 1.5 2.0 v/vc
3

Per un isoterma particolare i due punti di stazionarità coincidono e in quel punto


l’isoterma speciale avrà anche un punto di flesso con tangente orizzontale. Tale
punto si trova quindi ricercando un punto in cui la tangente alla curva sia orizzontale
e nello stesso tempo vi sia anche un flesso con tangente orizzontale. Si deve pertanto
risolvere il seguente sistema di due equazioni

∂ P(Tc , vc ) ∂ 2 P(Tc , vc )
= 0, = 0.
∂v ∂v 2

Un calcolo elementare fornisce vc = 3b e Tc = 8a/(27b R), da cui segue,


dall’equazione di stato, Pc = a/(27b2) e scriveremo quindi la soluzione completa
che definisce il punto critico

a 8a
Pc = , Tc = , vc = 3b.
27b2 27b R

Utilizzando questi valori è possibile definire le variabili ridotte adimensionali

P T v
Pr = , Tr = , vr = .
Pc Tc vc

L’equazione di stato espressa in termini delle variabili ridotte diventa

8Tr 3
Pr (Tr , vr ) = − .
3vr − 1 vr2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-59 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-59

Al disotto del punto critico la sostanza si può trovare in condizioni per cui è presente
contemporaneamente la fase liquida e la fase gassosa, che sono caratterizzate da
valori differenti del volume specifico o densità per una data temperatura. Al di sopra
del punto critico la sostanza si presenta invece necessariamente in un’unica fase
che non sarà possibile definire liquida o gassosa dal momento che il cambiamento
di densità avviene in modo omogeneo e uniforme in tutto il volume occupato dal
fluido. Nella tabella seguente riportiamo i valori critici di alcune sostanze semplici,
misurati sperimentalmente.

Tabella 5. Valori nel punto critico delle grandezze termodinamiche per alcuni gas.

Pc Tc vc Pc vc /RTc
Sostanza 10 × Pa
6
K 10 −3
× m /kg
3
= Zc

He 0.226 5.2 14.43 0.302


Ne 2.73 44.5 2.066 0.308
Ar 4.861 150.7 1.883 0.288
Xe 5.87 289.7 0.9049 0.290
H2 1.279 33.2 32.3 0.302
N2 3.354 126.2 3.2154 0.288
O2 5.014 154.8 2.33 0.291
CO
H2 O 21.817 647.3 3.154 0.230
CO2 7.290 304.2 2.17 0.275
SO2 7.88 430.0 1.900 0.268
CH4 4.58 190.7 6.17 0.285
C3 H 8 4.21 370.0 4.425 0.267

Si riporta anche il valore nel punto critico del fattore di comprimibilità definito
dal seguente rapporto
Pv
Z= .
RT
Il fattore di comprimibilità di ogni gas ideale è sempre uguale a 1, in qualunque
stato termodinamico. Diversamente, per un gas di van der Waals il fattore di
comprimibilità è dato da
v a
Z vdW = − .
v − b v RT
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-60 colour black Giugno 22, 2006

A-60 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

e quindi dipende dallo stato termodinamico considerato, ossia Z vdW = Z vdW (T, v).
In particolare, il fattore di comprimibilità nello stato critico vale

Z cvdW = Z vdW (Tc , vc ) = 3


2
− 9
8
= 3
8
= 0.375.

Il confronto coi dati sperimentali mostra che l’equazione di van der Waals for-
nisce una descrizione non molto accurata del comportamento del gas, almeno in
prossimità della zona critica.
Nella figura E.2 la curva punteggiata rappresenta il luogo dei punti estremi
(punti di massimo e minimo) delle isoterme per temperature minori di quelle
dell’isoterma critica, che è quella avente un punto di flesso con tangente orizzontale.
L’equazione di questo luogo si ottiene scrivendo la condizione ∂ P(T, v)/∂v = 0
ed eliminando la temperatura mediante l’equazione di stato:

 
a 2b
Ptan or (v) = 1 −
v2 v

Le costanti a e b di ogni sostanza possono essere espresse in funzione dei valori


critici Tc e Pc , nonché della costante R del gas considerato. È infatti immediato
ricavare le relazioni

27 R 2 Tc2 1 RTc
a= , b= .
64 Pc 8 Pc

Nella prossima tabella sono riportati i valori delle costanti R, a e b del modello di
van der Waals di alcuni gas. Si noti che b è il covolume specifico, ossia per unità di
massa (non per mole) e analogamente le dimensioni e i valori di a sono relativi alle
equazioni in cui compaiono le variabili specifiche, ossia per unità di massa (non
per mole). Si riporta anche il valore della costante δ che compare nella relazione
fondamentale e che è quindi necessario per definire in modo completo il modello
di gas di van der Waals, come sarà spiegato più avanti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-61 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-61

Tabella 6. Costanti delle equazioni di stato per alcuni gas di van der Waals.

R= /m.m. a b δ
Pa · m6 m3
Sostanza J
kg · K
10 × 3
kg2
10 −3
× kg

He 2077.0 0.227 5.92 0.6


Ne 411.9 0.0528 0.847 0.6
Ar 208.1 0.0827 0.756 0.6
H2 4124.20 6.1020 13.19 0.41
N2 296.83 0.1733 1.374 0.41
O2 259.82 0.1347 1.018 0.39
CO 296.83 0.1925 1.424 0.40
H2 O 461.52 1.1676 1.693 0.32
CO2 188.92 0.2070 0.970 0.33
N2 O 188.90 0.4893 1.004 0.28
SO2 129.78 0.1657 0.880 0.28

Caso politropico
Invece di fornire la seconda equazione di stato e = e(T, v) necessaria per completare
la definizione delle proprietà termodinamiche di gas, preferiamo definire il gas di
van der Waals politropico attraverso la sua relazione fondamentale dell’entropia
"  1δ #
e + av v−b
s = s(e, v) = s0 + R ln ,
e0 + va0 v0 − b

oppure, alternativamente, per mezzo della relazione fondamentale dell’energia

a  a   v0 − b δ δ (s−s0 )/R
e = e(s, v) = − + e0 + e ,
v v0 v−b

che è semplicemente la funzione inversa della precedente rispetto al primo argo-


mento, ossia e(s, v) = s −1 (s, v). I parametri e0 , v0 e s0 che compaiono nelle
precedenti relazioni sono i valori delle rispettive grandezze in uno stato di riferi-
mento arbitrario.
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A-62 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Le relazioni fondamentali precedenti con a = 0 e b = 0 diventano quelle


del gas ideale politropico considerato nel paragrafo E.1, con la corrispondenza
δ = γ − 1. Notare tuttavia che per il gas di van der Waals la quantità δ + 1
(che è costante, per definizione, nel modello) non rappresenta il rapporto dei calori
specifici a pressione e a volume costante. Infatti, per il gas di van der Waals anche
politropico c P non è costante.
Il modello di gas considerato dipende dal valore del parametro δ oltre che dalle
tre costanti R, a e b. Vedremo fra un momento che δ = R/cv , dove cv indica il
calore specifico a volume costante, che è costante, per cui l’esponente δ è una ver-
sione adimensionale dell’inverso del calore specifico. Nell’ipotesi di congelamento
completo dei modi di vibrazione delle molecole, il valore di δ dipenderebbe dal
conteggio dei modi di traslazione e rotazione della molecola come già discusso nel
caso di gas ideale, per cui si dovrebbe avere
5
 3 − 1 = 3 = 0.6, gas atomico
2

δ = γ inter − 1 = 75 − 1 = 25 = 0.4, molecola lineare

4
3 − 1 = 3 = 0.3,
1
molecola non lineare
In realtà, solo nel caso di gas atomico il valore di δ è dato esattamente da tale
analisi. Negli altri casi le vibrazioni della molecola possono contribuire in modo
più o meno considerevole all’energia interna. Il valore del parametro δ conveniente
per una determinata sostanza risulta allora da misure sperimentali. Nella tabella 6
sono riportati i valori di δ derivati appunto dagli esperimenti.
Le derivate parziali della relazione fondamentale e = e(s, v) definiscono la
temperatura e la pressione, per cui avremo
∂e(s, v) δ a   v0 − b δ δ (s−s0 )/R
T (s, v) = = e0 + e ,
∂s R v0 v−b
∂e(s, v) a  a  (v0 − b)δ δ (s−s0 )/R
P(s, v) = − = − 2 + δ e0 + e .
∂v v v0 (v − b)δ+1
La variabile s può essere eliminata in favore di e, ottenendo le relazioni
δ  a
T (e, v) = e+ ,
R v
e + av a
P(e, v) = δ − .
v − b v2
Determiniamo il calore specifico a volume costante cv . Per definizione abbiamo
 
∂e(T, v) ∂ RT a R
cv = = − = ,
∂T ∂T δ v δ
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PARAGRAFO E.3: Gas di van der Waals A-63

per cui il cv del gas di van der Waals considerato è costante, donde la denominazione
di politropico, conformemente al caso del gas ideale.
Calcoliamo infine la velocitàdel suono, al quadrato. Per definizione abbiamo,
ricordando che P̃(s, ρ) = P s, ρ1 = P(s, v),

∂ P̃(s, ρ) ∂ P s, ρ1 ∂ P(s, v) d  1  ∂ P(s, v)
c (s, v) =
2
= = = −v 2 .
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ ∂v
Calcolando la derivata parziale rispetto a v si ha

2a  a  v 2 (v0 − b)δ δ (s−s0 )/R


c2 (s, v) = − + δ(δ + 1) e0 + e .
v v0 (v − b)δ+2
Eliminando infine la variabile s in funzione di P si ottiene
Pv 2 + a 2a
c2 (P, v) = (δ + 1) − ,
v−b v
ovvero, se si elimina la pressione in favore della temperatura come variabile in-
dipendente,

v 2 RT 2a
[c(T, v)]2 = (δ + 1) − .
(v − b)2 v

Quindi, diversamente dal caso di gas ideale, la velocità del suono del gas di van der
Waals dipende anche dal volume specifico oltre che dalla temperatura.

Caso non politropico


Il caso non politropico di un gas di van der Waals di tipo molecolare si ottiene aggiun-
gendo all’energia interna il contributo dovuto ai moti vibrazionali delle molecole,
nello stesso modo in cui si è proceduto per la versione non politropica del gas ideale.
Supponiamo che il calore specifico a volume costante assuma la forma c v = cv (T )
già vista nel paragrafo E.2, che qui riportiamo per comodità:
Mvib 
X 
Tm 2 eTm /T
cv (T ) =  R + R 2 ,
m=1
T eTm /T − 1
dove il parametro  può assumere solo i due valori seguenti
(
5
= 2.5, molecola lineare
= 2
3, molecola non lineare
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A-64 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

L’aggiunta di questa specificazione rende completa la definizione del modello gas


di van der Waals non politropico. Anche per il caso del gas di van der Waals
l’impossibilità di risolvere analiticamente la funzione cv = cv (T ) rispetto alla vari-
abile T costringe a rappresentare la relazione fondamentale in forma parametrica,
per mezzo delle seguenti funzioni di T e v:
Z T
a
e(T, v) = e0 − + cv (T 0 ) dT 0 ,
v T0
Z
v−b T
cv (T 0 )
s(T, v) = s0 + R ln + dT 0 .
v0 − b T0 T0

Sostituendo la funzione cv (T ) del nostro modello di gas non politropico e calcolando


l’integrale che compare nella relazione per l’energia avremo:

a X
Mvib
RTm
e(T, v) = − +  R(T − T0 ) + Tm /T − 1
,
v m=1
e
P Mvib Tm
avendo scelto e0 = R m=1 eTm /T0 −1
. Considerando poi la relazione dell’entropia, la
sostituzione della funzione cv (T ) del modello non politropico considerato fornisce
Z  Mvib 
X  0 
v−b T
Tm 2 eTm /T dT 0
s(T, v) = s0 + R ln +R + 2 .
v0 − b T0 m=1
T0 eTm /T 0 − 1 T0
R
Un’integrazione diretta mediante l’integrale indefinito ln x dx = x ln x − x con-
duce alla seguente espressione esplicita:
 
v−b T
s(T, v) = s0 + R ln + R ln
v0 − b T0
X
M  
vib
1 − e−Tm /T0 Tm /T Tm /T0
+R ln + − .
m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
  XMvib  
s(T, v) v−b T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + T /T .
R v0 − b T0 m=1
1 − e−Tm /T e m −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-65 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.4: Gas di Soave–Redlich–Kwong A-65

Per determinare la velocità del suono del gas considerato, partiamo dall’espressione
di c2 (T, v) valida quando il calore specifico a volume costante dipende solo dalla
temperatura. Questa relazione è già stata introdotta alla fine del paragrafo E.2 nello
studio del gas ideale non politropico. Mediante un calcolo diretto si trova che la
velocità del suono in un gas di van der Waals non politropico è data da:
 
R RT v 2 2a
[c(T, v)] = 1 +
2
− ,
cv (T ) (v − b) 2 v

e quindi dipende dalla temperatura in modo più complicato del corrispondente


modello politropico.

E.4 Gas di Soave–Redlich–Kwong

Forma della molecola e fattore acentrico


Nel 1972 Soave ha proposto una modifica a un modello di gas dovuto a Redlich e
Kwong per tenere conto della forma più o meno allungata delle molecole del gas.
La modifica consiste nell’introdurre un nuovo parametro adimensionale, chiamato
fattore acentrico, che viene indicato con ω e che è definito dalla seguente relazione

Psat (0.7)
ω = −1 − log10 ,
Pc

in cui Psat (0.7) rappresenta la pressione in condizioni di vapore saturo (equilibrio


della fase gassosa con la fase liquida) quando T = 0.7 Tc .
Questo parametro è uguale a zero per molecole non polari di forma quasi sferica
e il suo valore è una misura della deviazione dalla situazione di molecola non polare
sferica. Ad esempio, per il metano, che ha una struttura tetraedrica, quindi molto
simmetrica, risulta ω = 0.011.
In alternativa, il fattore acentrico può anche essere calcolato in modo approssi-
mato ricorrendo a un’altra relazione, dovuta a Poling e collaboratori, in termini
dei valori critici Tc e Pc , nonchè del valore Te della temperatura di ebollizione alla
pressione P1 = 1 atm,

3 1 Pc
ω = −1 + log10 .
7 (Tc /Te ) − 1 P1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-66 colour black Giugno 22, 2006

A-66 APPENDICE E: PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DEI GAS

Il valore di ω cosı̀ definito per il gas studiato è poi utilizzato per calcolare la seguente
funzione adimensionale di una temperatura adimensionale
√ 
αω (τ ) = 1 + f ω 1 − τ ,
dove τ = T /Tc rappresenta la temperatura ridotta e il coefficiente (sempre adimen-
sionale) fω è dato dalla relazione
f ω = 0.48 + 1.574 ω − 0.176 ω 2.

Equazione di stato
L’equazione di stato del gas di Soave–Redlich–Kwong ha la forma seguente
 2
RT a αω TTc
P(T, v) = − ,
v−b v 2 + bv

dove parametri a e b sono determinati in termini della pressione e temperatura


critiche mediante le relazioni:
R 2 Tc2 RTc
a = 0.42748 , b = 0.08664 .
Pc Pc

Relazione fondamentale in forma parametrica


Naturalmente, per definire il modello di gas in modo completo, questa equazione
di stato deve essere combinata con la funzione
Z T Z T
φ(T ) = cv (T 0, ∞) dT 0 = lim cv (T 0, v) dT 0 ,
Trif v→∞ Trif

che fornisce il contributo all’energia interna specifica dovuto ai gradi di libertà


interni delle molecole del gas.
Per completezza riportiamo le due equazioni di stato e = e(T, v) e s = s(T, v)
che costituiscono la definizione in forma parametrica dell’equazione fondamentale
del gas di Soave–Redlich–Kwong:
 
a  b p 
e(T, v) = erif + φ(T ) − αω αω T
+ fω
Tc ln 1 +
T
Tc ,T
Tc
b v
  
a f ω αω TTc b
s(T, v) = srif + ψ(T ) + R ln(v − b) − √ ln 1 + ,
b T Tc v
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-67 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO E.5: Gas di Martin–Hou A-67

dove è stata introdotta la funzione


Z T Z T
cv (T 0, ∞) 0 cv (T 0, v)
ψ(T ) = 0
dT = lim 0
dT 0 .
Trif T v→∞ Trif T

E.5 Gas di Martin–Hou


L’ultimo modello di gas che consideriamo è stato proposto inizialmente da Martin
e Hou e perfezionato successivamente da Martin, Kapoor e De Nevers. Esso è noto
come gas di Martin–Hou ed è definito dall’equazione di stato

RT X
5
Q i (T )
P(T, v) = +
v − b i=2 (v − b)i

assieme alla funzione


Z T
φ(T ) = cv (T 0, ∞) dT 0
Trif

per il contributo all’energia dei gradi di libertà interni delle molecole. Le quattro
funzioni Q i (T ), i = 2, . . . , 5, del gas di Martin–Hou sono definite dalla relazione

Q i (T ) = Ai + Bi T + Ci e−κ T /Tc , κ = 5.475,

dove i coefficienti A i , Bi e Ci sono determinati mediante un procedimento oppor-


tuno. Questo tipo di gas è definito quindi dai valori di 14 parametri: le costanti R e
b nonché i 12 coefficienti sopra indicati.
Per completezza riportiamo le due equazioni di stato e = e(T, v) e s = s(T, v)
che costituiscono la definizione in forma parametrica dell’equazione fondamentale
del gas di Martin–Hou

X5
T d QdTi (T ) − Q i (T )
e(T, v) = erif + φ(T ) − ,
i=2
(i − 1)(v − b)i−1

X
5 d Q i (T )
s(T, v) = srif + ψ(T ) + R ln(v − b) − dT
.
i=2
(i − 1)(v − b)i−1
RT
Naturalmente, come sempre, ψ(T ) = Trif cv (T 0, ∞)/T 0 dT 0 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-68 colour black Giugno 22, 2006

A-68

Appendice F

Miscele di gas ideali con e


senza reazioni chimiche
Introduzione Nei fenomeni reali, i gas non sono quasi mai costituiti da una
sola sostanza pura ma contengono invece più specie chimiche, che si combinano
secondo reazioni determinate. In questa appendice si introducono le proprietà
termodinamiche delle miscele di gas che possono essere descritte con sufficiente
precisione ricorrendo al modello del gas ideale. Dopo avere indicato la compo-
sizione dell’aria in condizioni standard, si analizzano le miscele di gas in cui non
può avvenire alcuna reazione chimica. Si discute poi il caso in cui le diverse
sostanze del gas possono reagire chimicamente, esaminando prima la situazione in
cui il gas è in condizione di equilibrio chimico e poi la situazione di non equilibrio.

F.1 Composizione chimica dell’aria


L’aria è un gas costituito da un grande numero di sostanze chimiche. Tuttavia, in
prima approssimazione essa può essere considerata una miscela di soli tre gas più
importanti: l’azoto in forma biatomica, N2 , l’ossigeno pure in forma biatomica,
O2 , e il gas nobile argon, Ar. Tutte le altre sostanze o particelle che sono presenti
nell’aria hanno delle concentrazioni cosı̀ basse che la loro influenza può essere
considerata trascurabile, almeno per quanto riguarda i più importanti fenomeni di
dinamica dei fluidi.
Nella tabella 1 si riportano la massa molecolare m, la costante R = /m del
gas ideale e il rapporto γ = c P /cv dei calori specifici di questi gas, in base alla loro
descrizione fornita dal modello di gas ideale politropico.
Tabella 1. Massa molecolare w, costante dei gas R e rapporto fra i calori specifici
dei gas principali che costituiscono l’aria.

mi Ri = /m i γi = c P,i /cv,i
Sostanza kg/kmol J/(kg · K)

N2 28.01 296.8 1.40


O2 32.00 259.8 1.39
Ar 39.94 208.1 1.66
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-69 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.2: Composizione di una miscela di gas A-69

In condizioni standard, cioè alla temperatura Trif = 298.15 K e alla pressione


atmosferica Patm = 1.013 × 105 Pa, le componenti principali dell’aria hanno le
frazioni volumiche percentuali Vi /V , pressioni parziali, Pi e densità ρi , riportate
nella tabella 2.

Tabella 2. Frazione volumica e valori di alcune grandezze termodinamiche dei gas


costituenti principali dell’aria in condizioni standard.

Vi /V Pi = Patm Vi /V ρi = Pi /(Ri Trif )


Sostanza Pa kg/m3

N2 78.1 0.7912 × 105 0.894


O2 21.0 0.2112 × 105 0.274
Ar H0.9 0.0091 × 105 0.015

F.2 Composizione di una miscela di gas


Consideriamo un gas costituito da una miscela omogenea di specie chimiche
diverse. Indichiamo con S l’insieme1 delle specie chimiche della miscela, o
meglio, l’insieme degli indici usati per contraddistinguere tutte queste specie, cioè:
S = {1, 2, . . . |S|}, dove |S| indica il numero di specie che compongono la miscela.
Indichiamo poi con m 1 , m 2 , . . . , m |S| . La massa molare, detta anche massa o peso
molecolare, di ciascuna specie della miscela, per cui potremo introdurre la costante
dei gas ideali di ogni gas componente:

Ri = /m i , i ∈ S.

Supponiamo che la miscela si trovi in condizioni di equlibrio termodinamico alla


temperatura T e che occupi il volume V . Se indichiamo con M1 , M2 , . . . , M|S| la
massa parziale di gas di ognuna delle specie, la massa totale della miscela di gas
sarà

|S|
X
M= Mi .
i=1

1
Il simbolo S non dovrebbe essere confuso con l’entropia.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-70 colour black Giugno 22, 2006

A-70 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

Per agevolare la lettura delle relazioni con le sommatorie, preferiamo una notazione
leggermente diversa, impiegata da Vincent Giovangigli in Multicomponent Flow
Modeling, Birkhäuser, Boston, Basel, Berlin, 1999. Il questa notazione l’indice
della sommatoria è scritto semplicemente come i ∈ S e non è più necessario
indicare gli estremi dell’intervallo. La massa totale della miscela di gas è allora
espressa nel modo seguente
X
M= Mi .
i∈S

Possiamo anche definire la densità parziale della specie i -esima


Mi
ρi =
V
e la densità totale della miscela di gas
M 1 X X
ρ= = Mi = ρi .
V V i∈S i∈S

Frazioni di massa delle specie chimiche


Per caratterizzare la composizione della miscela è conveniente introdurre le variabili
adimensionali frazione di massa di tutte le specie

Mi ρi
Yi = = , i ∈ S,
M ρ

che soddisfano, per definizione, la relazione di normalizzazione


X
Yi = 1.
i∈S

Frazioni molari delle specie chimiche


Un modo alternativo alle masse parziali Mi per caratterizzare la quantità di ciascuna
specie di gas della miscela è fornito dal numero di moli N1 , N2 , . . . , N|S| delle varie
specie, che sono definiti da

Mi
Ni = , i ∈ S.
mi
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-71 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.3: Miscela di gas ideali non reagenti A-71

Il numero di moli totale della miscela è naturalmente


X X Mi
N= Ni = .
i∈S i∈S
mi

In termini del numero di moli, la composizione della miscela può essere caratteriz-
zata alternativamente dalle frazioni molari definite da

Ni
Xi = , i ∈ S,
N

che soddisfano ovviamente al condizione di normalizzazione


X
X i = 1.
i∈S

Legame fra le frazioni di massa e le frazioni molari


Il legame esistente fra la massa Mi di ogni specie e il suo numero di moli Ni ,
ossia Mi = m i Ni , permette di passare dalle frazioni di massa alle frazioni molari e
viceversa. Abbiamo infatti
Mi Mi m i Mi /m i
Yi = =P =P
M j ∈S M j j ∈S m j M j /m j

m i Ni m i Ni /N
=P =P
j ∈S m j N j j ∈S m j N j /N

mi Xi
=P .
j ∈S m j X j

Se introduciamo i vettori Y = {Yi , i ∈ S}, X = {X i , i ∈ S} ed m = {m i , i ∈ S}, la


relazione precedente si può scrivere compattamente come
mi Xi
Yi (X) = i ∈ S.
m X 

Una dimostrazione analoga ma in senso inverso permette di dedurre che


Yi /m i
X i (Y) = i ∈ S,
Y m−1 

dove ovviamente “l’inverso del vettore” m è il vettore avente come componenti il


reciproco delle sue componenti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-72 colour black Giugno 22, 2006

A-72 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

F.3 Miscela di gas ideali non reagenti


In questo paragrafo immaginiamo che la miscela di gas abbia una composizione
congelata. Con questa dizione si intende che nessuna reazione chimica è permes-
sa fra le specie chimiche che costituiscono la miscela gassosa. Questa ipotesi è
del tutto irrealistica, nel senso che in un gas contenente anche una sola sostanza
chimica, costituita da una sola specie atomica diversa da un gas nobile, esiste
sempre la possibilità che si formino delle molecole diatomiche o poliatomiche di
quell’elemento. La frazione della specie atomica che va a formare le altri specie
poliatomiche dipende dalle condizioni termodinamiche di temperatura e pressione
in cui si trova il gas. Quindi le frazioni delle varie specie in condizioni di equilibrio
termodinamico sono determinate univocamente dalle leggi delle reazioni chimiche.
Di conseguenza le masse parziali delle varie specie o le loro frazioni di massa o
molari non sono delle variabili indipendenti ma solo delle grandezze i cui valori
sono determinati delle condizioni di equilibrio chimico. Pertanto, supporre una
composizione fissata in assenza di reazioni rappresenta una idealizzazione solo
momentanea, che dovrà essere rimossa quando svilupperemo la teoria della miscela
di gas in presenza di reazioni.

Caso di gas ideali politropici


Supponiamo ora che la nostra miscela di gas sia in condizioni di rarefazione e
pressione tali da potere essere rappresentata secondo il modello di un gas ideale.
Ciò significa potere considerare puntiformi le molecole di tutte le specie della
miscela e assumere che esse possano interagire solo istantaneamente negli urti fra
loro.
Supponiamo poi che ciascuna specie di gas della miscela, presa separata-
mente, si comporti termodinamicamente come un gas ideale di tipo politropico.
La relazione fondamentale della generica specie i -esima nella rappresentazione
entropica per le grandezze specifiche sarà allora
 
e i c i v i
si = si (ei , v) = s0,i + Ri ln ,
e0,i v0,i

dove abbiamo introdotto per comodità la costante

1 c P,i
ci = , γi = ,
γi − 1 cv,i

relativa al gas i -esimo. Le quantità s0,i , e0,i e v0,i sono delle costanti completamente
arbitrarie. Notiamo che le variabili specifiche di questa relazione sono definite tutte
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-73 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.3: Miscela di gas ideali non reagenti A-73

per unità di massa, ovverosia,

Si Ei V
si = , ei = , vi = ,
Mi Mi Mi

dove Si ed E i sono l’entropia e l’energia (interna) di un sistema costituito dal gas


i -esimo e Mi è la sua massa. Per semplificare l’analisi, ma senza alcuna perdita di
generalità, definiamo anche i valori di riferimento S0,i E 0,i e V0,i delle grandezze
estensive considerando la massa Mi della specie i -esima come una costante fissa,
per cui avremo

S0,i E 0,i V0,i


s0,i = , e0,i = , v0,i = .
Mi Mi Mi

È da notare che abbiamo considerato un valore V0,i diverso per ciascuna specie
perché in generale il volume nello stato di riferimento può essere scelto in modo
differente da specie a specie.
Partendo dalla relazione fondamentale per le grandezze specifiche è possibile
ricostruire la relazione fondamentale per le grandezze estensive. Infatti, in virt ù
delle proprietà di omogeneità della relazione fondamentale rispetto alle sue variabili
indipendenti, potremo scrivere
   ci 
Ei
 E i /Mi V /Mi
Si = M i si M , V
Mi = Mi s0,i + Ri ln
i
E 0,i /Mi V0,i /Mi
  ci 
Ei V
= Mi s0,i + Mi Ri ln
E 0,i V0,i
= Si (E i , V, Mi ).

Per gli sviluppi successivi, è necessario conoscere l’equazione di stato dell’energia


in funzione della temperatura. La relazione per l’energia specifica del gas ideale
politropico è

ei (T ) = e0,i + Ri ci (T − T0 ),

dove T0 è una temperatura di riferimento. L’equazione di stato per l’energia di una


massa Mi di gas di quella specie è allora
 
E i (T, Mi ) = Mi e0,i + Ri ci (T − T0 )
= E 0,i + Mi Ri ci (T − T0 ).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-74 colour black Giugno 22, 2006

A-74 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

Vogliamo ora ricavare l’entropia del gas i -esimo in funzione delle variabili T e
V che non dipendono dalla specie chimica cnsiderata. Sostituendo E i (T, Mi )
nella relazione fondamentale estensiva Si (E i , V, Mi ) della specie i -esima, il fattore
relativo al rapporto delle energie si scrive
Ei E 0,i + Mi Ri ci (T − T0 )
=
E 0,i E 0,i
Mi R i c i
=1+ (T − T0 )
E 0,i
 
Ri ci T0 T
=1+ −1 .
e0,i T0
Scegliamo ora i valori delle costanti e0,i di tutte le specie in funzione del valore
dell’unica temperatura T0 di riferimento, cosı̀ che e0,i = Ri ci T0 ovvero E 0,i =
Mi Ri ci T0 , per i ∈ S, in modo da avere la semplificazione:
T
E i = Mi Ri ci T = E 0,i .
T0
Sostituendo nella funzione Si (E i , V, Mi ) si ha:
 ci 
T V
Si (T, V, Mi ) = S0,i + Mi Ri ln ,
T0 V0,i
dove S0,i = Mi s0,i . Notare che le due funzioni Si (E i , V, Mi ) e Si (T, V, Mi ) sono
matematicamente diverse, ma sono indicate con lo stesso simbolo per evitare di
complicare la notazione. L’equazione di stato cercata è quindi:
   
T V
Si (T, V, Mi ) = S0,i + Mi Ri ci ln + Mi Ri ln .
T0 V0,i

Per amore di precisione, notiamo che se avessimo introdotto anche un valore di


riferimento M0,i anche per la massa di ciascuna specie della miscela, si sarebbero
ottenute delle relazioni molto simili per l’energia e l’entropia con solo una forma
diversa della costante S0,i .

Teorema di Gibbs della miscela di gas ideali


Ricaviamo ora le relazioni che descrivono in modo completo le proprietà termodi-
namiche di una miscela di gas ideali. Useremo il teorema di Gibbs secondo il quale
l’entropia di una miscela di gas ideali che si trova a una determinata temperatura e
occupa un volume assegnato è data dalla somma delle entropie dei gas costituenti
la miscela alla medesima temperatura e occupanti lo stesso volume. In formula il
teorema di Gibbs si esprime quindi nella maniera seguente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-75 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.3: Miscela di gas ideali non reagenti A-75

X
S(T, V ; M) = Si (T, V, Mi ).
i∈S

Notare che si sommano le relazioni fondamentali dei vari gas, altrimenti si otterebbe
una funzione S ? (E 1 , E 2 , . . . , |S| , V ; M) che ha fra le variabili tutte le energie
individuali delle diverse specie. Utilizzando la funzione Si (T, V, Mi ) di ogni
specie, che si è supposta essere un gas ideale politropico, il teorema di Gibbs
fornisce
   
P  T P  V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) + i∈S M R c
i i i ln + i∈S M R
i i ln
T0 V0
dove
X   
V0
S0∗ (M) = Mi s0,i + Ri ln
i∈S
V0,i
Definiamo a questo punto le due funzioni seguenti relative alla miscela di gas
considerata con composizione data da M:

X X X Ri
R(M) = Mi R i , Rγ (M) = Mi R i c i = Mi
i∈S i∈S i∈S
γi − 1

e notiamo che esse sono lineari rispetto alla loro variabile M. In termini di queste
funzioni, l’equazione di stato dell’entropia assume la forma
   
∗ T V
S(T, V ; M) = S0 (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln .
T0 V0

Relazione fondamentale in forma parametrica


Come noto una sola equazione di stato non è in grado di fornire la descrizione
completa di un sistema termodinamico. Nel caso in questione possiamo tuttavia
affiancare alla relazione appena trovata anche l’equazione di stato dell’energia della
miscela. Supponendo che le molecole puntiformi delle diverse specie non interagis-
cano tranne che negli urti istantanei, l’energia della miscela risulterà dalla semplice
somma delle energie delle varie specie di gas che la compongono, ovverosia avremo
X P 
E(T ; M) = Mi Ri ci T, = i∈S Mi Ri ci T = Rγ (M) T.
i∈S

Le proprietà termodinamiche della miscela di gas ideali politropici sono allora


definite in modo completo dalle coppia di equazioni di stato:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-76 colour black Giugno 22, 2006

A-76 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

E(T ; M) = Rγ (M) T
   
T V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln ,
T0 V0

Queste equazioni di stato forniscono una rappresentazione parametrica della re-


lazione termodinamica fondamentale S = S(E, V ; M) della miscela, dove la tem-
peratura T gioca il ruolo di parametro.

Relazione fondamentale per le grandezze globali


Dato il carattere politropico dei gas costituenti la miscela, è possibile ricavare la
sua relazione fondamentale eliminando la variabile T fra le due equazioni. Infatti,
definiamo l’energia di riferimento della miscela prendendo il suo valore nella tem-
peratura di riferimento, ovverosia poniamo E 0 (M) = E(T0 ; M) = Rγ (M) T0 . Con
questa scelta, l’eliminazione di T nell’equazione dell’entropia mediante l’equazione
dell’energia fornisce immediatamente
   
E V
S(E, V ; M) = S0∗ (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln .
E 0 (M) V0

Relazione fondamentale per le grandezze specifiche


La relazione fondamentale appena ricavata per le variabili estensive globali della
miscela può facilmente essere tradotta nell’analoga relazione fondamentale per le
variabili specifice (ovvero per unità di massa) definite da
S E V
s= , e= , v= ,
M M M
dove M rappresenta la massa totale della miscela. Sfruttando la linearità rispetto
a M delle funzioni Rγ (M) e R(M) e della funzione dell’entropia di riferimento
S0∗ (M), un calcolo elementare permette di ricavare
   
e v
s(e, v; Y) = s0∗ (Y) + Rγ (Y) ln + R(Y) ln ,
e0 (Y) v0

dove
S0∗ (M) E 0 (M) V0
s0∗ (Y) = = S0∗ (Y), e0 (Y) = = E 0 (Y), v0 = .
M M M
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-77 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.3: Miscela di gas ideali non reagenti A-77

Relazione fondamentale con numero di moli


Nello studio delle reazioni chimiche risulta naturale esprimere la “quantità” delle
specie presenti in una miscela in termini del numero di moli N invece che della mass
M. Ricaviamo allora la relazione termodinamica fondamentale S = S(E, V ; N).
Si può procedere in due modi diversi. Potremmo ripercorrere tutto il procedimento
seguito per costruire la relazione fondamentale S = S(E, V ; M) ma partendo
dalla relazione fondamentale per la specie i -esima con il numero di moli N i al
posto della massa Mi . Un secondo metodo consiste nell’effettuare direttamente
la sostituzione Mi = Ni m i nella relazione S = S(E, V ; M). Seguiamo questo
secondo procedimento che è molto più rapido, ovvero calcoliamo S(E, V ; N) =
S(E, V ; {Mi }) = S(E, V ; {Ni m i }).2
In base alla definizione di R(M) abbiamo
X X
R({Mi }) = R({Ni m i }) = N i m i Ri = Ni = N .
i∈S i∈S

In modo analogo, dalla definizione di Rγ (M) si ricava


X X X
Rγ ({Mi }) = Rγ ({Ni m i }) = N i m i Ri c i = Ni c i = Ni c i .
i∈S i∈S i∈S

Per quanto riguarda il termine S0∗ (M), mediante la sostituzione Mi = Ni m i esso


diventa
X  
V0

S0∗ (N) = Ni s̃0,i + ln ,
i∈S
V0,i
dove s̃0,i è l’entropia molare della specie chimica i -esima in uno stato di riferimento.
Infine, per l’energia di riferimento E 0 (M) abbiamo
P 
E 0 ({Mi }) = E 0 ({Ni m i }) = Rγ ({Ni m i }) T0 = i∈S Ni ci T0 .
Sostituendo tutti questi risultati nella funzione S(E, V ; M) si ricava la relazione
fondamentale con i numeri di moli N al posto della masse parziali M:
   
P  E V
S(E, V ; N) = S0∗ (N) + i∈S Ni ci ln + N ln .
T0 Σi∈S Ni ci V0

2
A rigore, si dovrebbe indicare la nuova funzione fondamentale, che dipende da N, in modo
diverso per non confonderla con quella iniziale, che dipende invece da M; tuttavia, dato che
entrambe le funzioni rappresentano la stessa “grandezza fisica”, per evitare una complicazione
notazionale useremo lo stesso simbolo S e distingueremo le due funzioni in base alla variabile
indipendente N o M che compare in esse.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-78 colour black Giugno 22, 2006

A-78 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

Relazione fondamentale per le grandezze molari


In modo analogo è possibile ricavare la relazione fondamentale per le grandezze
molari, ovvero per unità di mole della miscela. Contraddistinguiamo la versione
molare delle grandezze estensive scrivendo una tilde sopra il simbolo della variabile.
Pertanto l’entropia, l’energia e il volume molari sono definiti da

S E V
s̃ = , ẽ = , ṽ = ,
N N N

dove N rappresenta il numero totale di moli della miscela. Utilizziamo ora queste
definizioni nella relazione fondamentale dell’entropia per le grandezze estensive
globali, e osserviamo che risulta, grazie alla linearità di Rγ (M),

E 0 (M) Rγ (M) T0 
= = Rγ MN T0
N N
X  X 
Mi Ni m i
= Ri T0 = Ri T0
i∈S
N i∈S
N
X  X 
Ni
= m i Ri T0 = Xi T0
i∈S
N i∈S
X 
= Xi T0 = T0 .
i∈S

Un calcolo elementare permette di ricavare


   
P  ẽ ṽ
s̃(ẽ, ṽ; X) = s̃0∗ (X) + i∈S ci X i ln + ln ,
T0 ṽ0

dove

X   
∗ ṽ0
s˜0 (X) = X i s̃0,i + ln ,
i∈S
ṽ0,i

e inoltre

V0 V0,i
v˜0 = , ṽ0,i = .
N N
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-79 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.3: Miscela di gas ideali non reagenti A-79

Esempio 1 Relazioni fondamentali di una miscela di gas ideali politropici


Per comodità di confronto scriviamo assieme le relazioni fondamentali di una
miscela di gas ideali politropici nelle quattro rappresentazioni diverse che sono
state ricavate in questo paragrafo.

  
E V
S(E, V ; M) = S0∗ (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln ,
E 0 (M) V0
   
∗ e v
s(e, v; Y) = s0 (Y) + Rγ (Y) ln + R(Y) ln ,
e0 (Y) v0
   
P  E V
S(E, V ; N) = S0∗ (N) + N
i∈S i ic ln + N ln ,
T0 Σi∈S Ni ci V0
   
∗ P  ẽ ṽ
s̃(ẽ, ṽ; X) = s̃0 (X) + i∈S X i ci ln + ln .
T0 ṽ0

Nelle prime due compaiono le masse o le frazioni di massa delle diverse specie
chimiche, mentre nelle ultime due compaiono i numeri di moli o le frazioni mo-
lari. Inoltre, la prima e la terza forma della relazione fondamentale riguardano
le grandezze estensive, mentre la seconda e la terza si riferiscono alle grandezze
rispettivamente specifiche e molari. Si deve fare attenzione che le due funzioni
S(E, V ; M) e S(E, V ; N) sono diverse, come pure S0∗ (M) e S0∗ (N), vedere il testo.

Caso di gas ideali non politropici


La forma parametrica della relazione fondamentale della miscela gassosa è utile in
quanto permette di applicare il teorema di Gibbs nel caso più generale di un insieme
di gas ideali anche non politropici. A questo fine, richiamiamo dal secondo para-
grafo dell’appendice E le equazioni di stato dell’energia e dell’entropia specifiche
di un singolo gas ideale non politropico

Z T
ei (T ) = e0,i + cv,i (T 0 ) dT 0 ,
T0
Z  
T
cv,i (T 0 ) 0 v
si (T, v) = s0,i + dT + Ri ln ,
T0 T0 v0,i

dove cv,i (T ) è il calore specifico a volume costante della specie i -esima. Moltipli-
cando entrambe le equazioni per la massa Mi della specie considerata, abbiamo le
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-80 colour black Giugno 22, 2006

A-80 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

equazioni per le sue grandezze estensive:


Z T
E i (T, Mi ) = E 0,i + Mi cv,i (T 0 ) dT 0 ,
T0
Z  
T
cv,i (T 0 ) 0 V
Si (T, V, Mi ) = S0,i + Mi dT + Mi Ri ln .
T0 T0 V0,i
Anche nel caso non politropico si suppone che le molecole delle diverse specie
non interagiscano, tranne che negli urti puntuali istantanei, per cui l’energia della
miscela di gas si ottiene sommando le energie delle sue componenti, ovvero
X Z T 
E(T ; M) = E 0,i + Mi cv,i (T 0 ) dT 0
i∈S T0
Z T X
= E 0 (M) + Mi cv,i (T 0 ) dT 0 ,
T0 i∈S
P P
dove E 0 (M) = i∈S E 0,i = i∈S Mi e0,i . Introducendo il calore specifico medio
della miscela avente composizione M,

1 X
cv (T ; M) = Mi cv,i (T ),
M i∈S

l’energia totale della miscela ideale non politropica assume la forma


Z T
E(T ; M) = E 0 (M) + M cv (T 0 ; M) dT 0 .
T0

L’applicazione del teorema di Gibbs fornisce la funzione entropia


X Z T
cv,i (T 0 )

V

0
S(T, V ; M) = S0,i + Mi dT + M R
i i ln
i∈S T0 T0 V0,i
Z T P 0  
i∈S Mi cv,i (T ) V
= S0∗ (M) + 0
dT 0
+ R(M) ln
T0 T V0
Z T  
cv (T 0 ; M) V
= S0∗ (M) + M 0
dT 0 + R(M) ln ,
T0 T V0
dove il termine S0∗ (M) è uguale al caso politropico. In conclusione la coppia di
equazioni di stato che rappresentano in forma parametrica la relazione fondamentale
di una miscela di gas ideali non politropici è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-81 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.4: Reazioni chimiche A-81

Z T
E(T ; M) = E 0 (M) + M cv (T 0 ; M) dT 0 ,
T0
Z  
T
cv (T 0 ; M) V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) +M 0
dT + R(M) ln .
T0 T0 V0

Come nel caso di un semplice gas ideale monocomponente non politropico, non si
riesce a invertire la funzione fra l’energia e la temperatura (tranne nel caso in cui i
calori specifici di tutte le componenti siano costanti). Pertanto la forma parametrica
rappresenta l’espressione analitica della relazione fondamentale più esplicita che si
può ottenere per il sistema gassoso non politropico considerato.

F.4 Reazioni chimiche

Reazione chimica elementare


In una reazione chimica il numero di moli del sistema cambia giacché qualche
specie aumenta a spese di qualche altra. Le relazioni fra i numeri di moli variabili
sono governate dalle reazioni chimiche come, ad esempio,

2H2 + O2 *
) 2H2 O,

oppure la ancora più semplice reazione di dissociazione

2O *
) O2 .

Il significato della prima di queste equazioni è che i cambiamenti del numero di


moli dell’idrogeno, dell’ossigeno e dell’acqua sono nel rapporto −1 : −2 : +2. Pi ù
in generale, una reazione chimica fra le molecole 1 , 2 , . . . , |S| di diverse specie
  

si può scrivere nella forma


X
0 * ) νi i .


i∈S

dove i numeri interi νi sono detti coefficienti stechiometrici e possono essere sia
postivi sia negativi. Nella reazione di formazione dell’acqua, con 1 = H2 , 2 = O2
 

e 3 = H2 O, sia ha ν1 = −2, ν1 = −1, ν1 = +2. Se i coefficenti stechiometrici



F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-82 colour black Giugno 22, 2006

A-82 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

sono intesi come componenti di un vettore , allora nella reazione considerata si


ha = (−2, −1, +2). Se la reazione fosse considerata nel verso opposto (come
dissociazione dell’acqua in idrogeno in ossigeno) si assegnerebbo segni opposti a
tutte le componenti di : la scelta è puramente arbitraria e solo i segni relativi delle
componenti νi hanno significato.

Modello di un insieme di reazioni chimiche


Nelle applicazioni intervengono normalmente processi che coinvolgono contem-
poraneamente più reazioni chimiche, in ognuna delle quali prendono parte alcune
delle |S| specie chimiche diverse del sistema. Ad esempio, un modello di reazioni
chimiche molto semplice dell’aria si ottiene supponendo che le molecole biatomiche
O2 e N2 (costituenti le componenti principali in base alla schematizzazione vista
all’inizio di questa appendice) possano dissociare e che le specie monoatomiche O
e N possano combinarsi a formare una molecola di monossido di azoto NO. In altre
parole si suppone di studiare l’insieme di tre reazioni chimiche simultanee

O2 *
) 2O,
N2 *
) 2N,
) N + O.
NO *

Come al solito, si preferisce scrivere a destra del simbolo *


) tutte le specie
chimiche che partecipano alle reazioni, per cui il modello considerato si scrive
anche in modo equivalente:

) −O2 + 2O,
0 *
) −N2 + 2N,
0 *
) −NO + N + O.
0 *

I coefficienti stechiometrici sono allora raccolti in una tabella le cui righe si


riferiscono a ciascuna reazione del modello chimico considerato. Nel nostro esem-
pio di tre reazioni chimiche, i coefficienti stechiometrici delle tre reazioni possono
essere raggruppati nella seguente tabella

O N O2 N2 NO
 
2 0 −1 0 0

= 0 2 0 −1 0
1 1 0 0 −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-83 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.5: Miscela di gas ideali reagenti in equilibrio A-83

Notare che la posizione dei coefficienti nella tabella dipende dall’ordinamento scelto
per le specie chimiche coinvolte.
In generale, indichiamo con R l’insieme di reazioni chimiche (effettivamente
distinte), il cui numero è pari a |R|. Allora il modello di tali reazioni potrà essere
rappresenatato dalle |R| relazioni seguenti
X
0 *) νr,i i , r ∈ R.


i∈S

Si introduce allora la matrice dei coefficienti stechiometrici di tutte le reazioni


del modello e il vettore delle specie chimiche coinvolte
 

 
  

1
ν1,1 ν1,2 · ν1,|S|  · 
 · · · ·   
=  = 
 · 
· · · ·
 

 · 
ν|R|,1 ν|R|,2 · ν|R|,|S|


|S|

I coefficienti stechiometrici sono necessariamente degli interi e sono tipicamente


positivi per i prodotti della reazione e negativi per i reagenti. Con queste definizioni,
l’insieme delle reazioni chimiche di un modello può essere scritto in forma compatta

0 *
)   .

F.5 Miscela di gas ideali reagenti in equilibrio


Costituenti atomici e loro conservazione
Tutte le molecole del modello di reazioni chimiche sono costituite da un numero
determinato di atomi. Indichiamo con A l’insieme dei costituenti atomici e sia |A|
il loro numero, relativamente al modello preso in esame. I costituenti atomici sono
allora indicati dalle lettere

1 2 j | A|
, , ..., , ..., ,

dove l’indice in alto non rappresenta una potenza. Vale sempre la seguente
equazione
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-84 colour black Giugno 22, 2006

A-84 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

|S| = |R| + |A|

Una molecola sarà rappresentata dai simboli degli atomi che la costituiscono.


Nella formula della molecola, gli atomi che sono presenti più di una volta sono scritti
mettendo come pedice il numero intero ≥ 2 che corrisponde alla loro molteplicità.
La formula di una generica molecola del modello di reazioni sarà pertanto scritta
nel modo seguente
j | A|
 = 1
α1
2
α2 ... αj
... α |A|

Naturalmente in questa espressione della formula della molecola si sottintende che


per ogni indice α j = 0 non si deve scrivere l’atomo j -esimo, mentre per ogni indice
α j = 1 il simbolo dell’atomo deve comparire senza indice. L’espressione della
molecola può essere scritta compattamente ricorrendo al simbolo di produttoria,


per cui avremo


Y j
 = j
α
j∈A

Per la generica molecola i di un insieme di |S| specie chimiche diverse scriveremo




Y j


i = j, i∈S
αi
j∈A

Nel caso del modello considerato di tre (= |R|) reazioni fra 5 (= |S|) specie
j
chimiche, si hanno quindi 2 (= |A|) costituenti atomi elementari. I coefficienti α i
interi positivi o nulli possono essere organizzati in una tabella nella quale ciascuna
riga si riferisce a ogni costituente atomico

O N O2 N2 NO
 
1 0 2 0 1
=
0 1 0 2 1
j
In generale la tabella dei coefficienti interi (non negativi) αi , con j ∈ A e i ∈ S,
costituisce una matrice rettangolare di dimensioni |A| × |S|, chiamata matrice
costitutiva delle molecole, del tipo:
 1 1 
α1 α21 · α|S|
 · · · · 
= 
· · · ·
| A| | A| | A|
α1 α2 · α|S|
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-85 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.5: Miscela di gas ideali reagenti in equilibrio A-85

In qualunque reazione chimica (non nucleare), il numero di costituenti atomici


degli elementi deve rimanere costante. È quindi possibili scrivere un’equazione di
bilancio per ciascuno dei costituenti atomici che partecipano nelle reazioni chimiche
del modello in esame. Introduciamo allora il vettore Nc.a. del numero di moli dei
vari costituenti atomici 1 , . . . , | A| , del modello di reazioni considerato. La
conservazione del numero di atomi di tipo j è espressa dall’equazione
X j
αi Ni = N jc.a. , j ∈ A.
i∈S

L’insieme di equazioni relative a tutti i costituenti atomici può essere scritto in


forma compatta matriciale

N = Nc.a. ,

dove N è il vettore del numero di moli delle specie chimiche. Dato che il numero di
moli N jc.a. dei costituenti atomi di tipo j ∈ A si conserva, il membro di destra della
relazione precedente è noto in base alle condizioni iniziali. Un modo alternativo
di scrivere questa relazione di conservazione che sarà utile nel seguito richiede
di esprimere la composizione della miscela in frazioni di massa Y invece che in
mumero di moli N. Dato che N = M m = M m , l’equazione considerata è equivalente
Y

a
ˆ Y = Nc.a. /M,
j j
dove α̂i = αi /m i .

Composizione in condizioni di equilibrio termodinamico


Una volta definito il modello di reazioni chimiche, è possibile scrivere la condizione
di equilibrio chimico espressa dalla legge di azione di massa

Y  Ni νr,i
= K r (T ), r ∈ R,
i∈S
V

dove K r (T ) è la costante di equilibrio della reazione r . Notare che K r (T ) è in


realtà una funzione della temperatura. La condizione di equilibrio pu ò essere scritta
anche in termini delle densità parziali delle specie e anche delle loro frazioni di
massa.

X
νr = νr,i , r∈R
i∈S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-86 colour black Giugno 22, 2006

A-86 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

Y νr,i Q ν 
Yi = i∈S m i r,i v νr K r (T )
i∈S

Le condizioni di equilibrio delle |R| reazioni chimiche e la legge di conser-


vazione del numero moli di tutti gli |A| costituenti atomici sono infine combinate
insieme a formare il seguente sistema
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-87 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO F.5: Miscela di gas ideali reagenti in equilibrio A-87

Y νr,i Q ν 
Yi − i∈S m i r,i K r (T ) v νr = 0, r∈R
i∈S
X j N jc.a.
α̂i Yi − = 0, j∈A
i∈S
M

Abbiamo quindi un sistema di |R| + |A| = |S| equazioni nella |S| incognite Y, che
potremo riscrivere compattamente nella forma seguente
(T, v; Y; Nc.a. /M) = 0
Il sistema rappresenta la definizione della funzione implicita Y = Y(T, v; N c.a. /M),
per ogni valore di T , v e Nc.a. /M assegnato. Per trovare la soluzione, si può
utilizzare il metodo iterativo di Newton, che richiede di calcolare a ogni passo la
matrice jacobiana del sistema. Notiamo che tale matrice ha la struttura a blocchi
seguente
 νr,i Q νr,i0 
c.a. 0 ∈S Yi 0
∂ (T, v; Y; N /M)  Y i

= i
∂Y
ˆ
Il primo blocco è una matrice rettangolare di dimensioni |R| × |S| mentre il secondo
(che è una matrice costante) ha dimensioni |A| × |S|.

Equazioni di stato
Una volta che sia stata determinata la composisione Y(T, v, Nc.a. /M) all’equilibrio,
per valori di T e v fissati, la pressione e l’energia specifica (interna) della miscela
di gas è data da
T X Yi (T, v)
P = P(T, v) = ,
v i∈S mi
X
e = e(T, v) = Yi (T, v) ei (T ),
i∈S

dove abbiamo scritto Y(T, v) invece di Y(T, v; Nc.a. /M), per semplicità. Se sup-
poniamo che i gas costituenti la miscela possano essere solo monoatomici o di-
atomici la funzione ei (T ) avrà la seguente forma

 3 T

 e0,i + 2 m i
 gas monoatomico
ei (T ) =

 5 T T vib /m i

 e0,i + + vibi gas biatomico
2 mi e Ti /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-88 colour black Giugno 22, 2006

A-88 APPENDICE F: MISCELE DI GAS IDEALI CON E SENZA REAZIONI CHIMICHE

Anche l’equazione di stato dell’entropia potrà esser calcolata tramite la relazione


Z
cv (T 0 , Y(T 0 , v))
T
s(T, v; Y(T, v)) = s0∗ (Y(T, v)) + dT 0
T0 T0
 
v
+ R(Y(T, v)) ln
v0

F.6 Miscela di gas ideali reagenti in non equilibrio chimico


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-89 colour black Giugno 22, 2006

A-89

Appendice G

Profili alari NACA


Introduzione In questa appendice si forniscono alcune informazioni di carattere
generale sui profili alari e si introduce la definizione geometrica dei profili NACA
delle serie a quattro cifre o a cinque cifre,

G.1 Generalità sui profili alari


Consideriamo un’ala qualsiasi, tridimensionale. Se essa è sufficientemente allun-
gata, cioè se l’apertura alare b è molto maggiore della corda media o anche se il
rapporto fra il quadrato dell’apertura e la superficie alare S è molto maggiore di
1, sperimentalmente si osserva che il comportamento dell’ala dipende in grande
misura dalla forma che hanno le sezioni dell’ala in direzione normale all’apertura.
Tali sezioni si dicono profili alari e l’influenza che hanno sulle prestazioni delle ali
di elevato allungamento ne giustifica l’importanza.
Vediamo dunque come è fatto un profilo alare di cui si vede un esempio
tipico nella figura G.1. Il profilo può essere considerato come composto da una
distribuzione di spessore simmetrica, adagiata su una linea media di forma op-
portuna. La linea media, infatti, è quella linea curva che è in ogni punto equidistante
dal dorso e dal ventre del profilo. La distanza fra la linea media e la superficie del
profilo è detta spessore.
I punti in cui la linea media incontra il profilo nella zona anteriore e nella
zona posteriore si chiamano ripettivamente bordo d’attacco e bordo d’uscita. Il
segmento che unisce questi due punti si chiama invece corda del profilo. È facile
vedere geometricamente che in un profilo simmetrico la corda del profilo coincide
con la linea media, cioè in un profilo simmetrico la linea media è un segmento che
congiunge il bordo d’attacco con il bordo d’uscita.

linea media
bordo d0 attacco

Figura G.1 corda bordo d0 uscita


Nomenclatura del profilo alare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-90 colour black Giugno 22, 2006

A-90 APPENDICE G: PROFILI ALARI NACA

Per quanto riguarda la distribuzione di spessori, il rapporto fra lo spessore massimo


del profilo e la lunghezza della corda, espresso in percentuale, è un parametro geo-
metrico spesso utilizzato nella definizione dei profili e viene denominato spessore
percentuale. Nella definizione dei profili alari viene spesso considerata anche la
posizione lungo la corda per la quale si ha il massimo spessore. Nel caso della
definizione della linea media si utilizza invece la massima ordinata, espressa in
percentuale o in millesimi di corda, e la posizione lungo la corda per la quale si ha
il massimo.
Consideriamo ora un profilo alare immerso in una corrente uniforme, con ve-
locità a grande distanza dal profilo pari a U diretta come l’asse x, che in questo caso
non coincide necessariamente con la corda del profilo. Chiamiamo incidenza del
profilo l’angolo compreso fra la direzione della velocità U e la corda del profilo,
positivo in senso orario. Diciamo poi portanza, e la indichiamo con `, la compo-
nente della forza, in questo caso per unità di apertura, che la corrente esercita sul
profilo in direzione normale alla velocità U. Chiamiamo resistenza la componente
della stessa forza, per unità di apertura, in direzione parallela alla velocità U e
momento aerodinamico di beccheggio il momento delle forze esercitate dal fluido
sul profilo nel piano del profilo stesso, rispetto a un polo posto a 1/4 della corda a
partire dal bordo d’attacco.

Coefficienti aerodinamici
È spesso conveniente esprimere le forze aerodinamiche e il momento in forma
adimensionale dividendo la portanza e la resistenza, per unità di apertura, per
1 2 1 2 2
2 ρU c mentre il momento, per unità di apertura, va diviso per 2 ρU c . In questo
modo si ottengono i coefficienti aerodinamici:
(i) il coefficiente di portanza
2`
c` = ,
ρU 2 c
(ii) il coefficiente di momento di beccheggio
2m
cm = ,
ρU 2 c2
(iii) il coefficiente di resistenza
2d
cd = .
ρU 2 c
Nei coefficienti aerodinamici sono state utilizzate lettere minuscole al fine di evi-
denziare il fatto che ci stiamo riferendo a profili bidimensionali.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-91 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO G.1: Generalità sui profili alari A-91

Curve caratteristiche
I coefficienti aerodinamici dipendono, per un determinato profilo alare, dall’inci-
denza del profilo, dal numero di Reynolds e dal numero di Mach della corrente
che lo investe, nonché dalla rugosità della superficie del profilo. Dato un profilo
alare e fissati il numero di Reynolds e il numero di Mach, è interessante studiare la
dipendenza dei coefficienti aerodinamici dall’angolo di incidenza α. Si ottengono
in questo modo le curve caratteristiche del profilo alare:
(i) la curva c` -α che rappresenta l’andamento del coefficiente di portanza al variare
dell’angolo di incidenza;
(ii) le curve cm -α e cm -c` che rappresentano l’andamento del coefficiente di mo-
mento in funzione rispettivamente dell’angolo di incidenza e del coefficiente
di portanza;
(iii) la polare del profilo che rappresenta l’andamento del coefficiente di resistenza
al variare del coefficiente di portanza.
Le curve caratteristiche di un profilo alare progettato correttamente presentano
alcune proprietà comuni a tutti i profili. Nelle figure G.2–G.3 si mostrano le curve
caratteristiche relative al profilo alare NACA 23012 misurate per un numero di
Reynolds di 6.0 × 106 .
Osservando la curva c` -α, possiamo individuare un tratto centrale lineare per
angoli di incidenza sufficientemente vicini all’angolo di incidenza di progetto. La
pendenza di tale tratto è all’incirca 2π come previsto dalla teoria dei profili sottili,
quando si esprimano gli angoli in radianti. Se il profilo è simmetrico, l’angolo
di incidenza per il quale si annulla il coefficiente di portanza, α`=0 , è nullo. Per
profili non simmetrici, invece, esso assume in generale un valore diverso da zero.
All’aumentare dell’angolo d’incidenza, per valori dell’ordine di 15 ◦ -20◦ , la curva
si discosta dalla linearità fino a raggiungere il suo valore massimo per un angolo di
incidenza detto angolo di stallo. Il fenomeno associato a questo scostamento dalla
linearità è detto appunto stallo.
Fisicamente si verifica un distacco dello strato limite che impedisce al profilo di
lavorare correttamente e che porta, più o meno rapidamente a seconda della forma
del profilo e del numero di Reynolds, a una diminuzione del coefficiente di portanza
e a un aumento del coefficiente di resistenza. A seconda che la separazione dello
strato limite avvenga in una zona in prossimità del bordo d’attacco del profilo o in
prossimità del bordo d’uscita lo stallo è più o meno brusco. Nel primo caso, tipico
dei profili con un basso spessore percentuale e con un ridotto raggio di curvatura al
bordo d’attacco, si parla di stallo di bordo d’attacco, nel secondo caso, tipico dei
profili con un elevato spessore percentuale e con un elevato raggio di curvatura al
bordo d’attacco, si parla di stallo di bordo d’uscita.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-92 colour black Giugno 22, 2006

A-92 APPENDICE G: PROFILI ALARI NACA

2 0.5

0.4
1.5

0.3
1
0.2

Coefficiente di momento
Coefficiente di portanza

0.5
0.1

0 0

-0.1
-0.5

-0.2
-1
-0.3
Figura G.2 Curva c` -α () e cm -α
-1.5
(◦) del profilo NACA 23012 per un -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20
numero di Reynolds di 6.0 × 106 Angolo di incidenza

È interessante osservare anche la curva del coefficiente di momento di beccheggio


in funzione dell’angolo di incidenza. Poiché il coefficiente di momento contiene
un grado di arbitrarietà a causa della scelta del polo rispetto al quale viene calcolato
il momento, occorre una convenzione che permetta di potere confrontare fra loro
le curve dei diversi profili. Esiste in generale un polo rispetto al quale pu ò essere
calcolato il coefficiente di momento di beccheggio in modo che quest’ultimo non
dipenda dall’angolo di incidenza del profilo. Questa proprietà rimane valida soltanto
nella zona di linearità della curva c` -α. Questo polo particolare è detto centro
aerodinamico e si trova all’incirca a 1/4 della corda del profilo. Generalmente
quindi, per costruire il diagramma cm -α, viene utilizzato il punto a 1/4 della corda.
L’analisi di questo diagramma rivela, tra l’altro, che in corrispondenza dello stallo
vi sono, in generale, forti variazioni del coefficiente di momento. Questo fenomeno,
unito alla diminuzione del coefficiente di portanza e all’aumento del coefficiente di
resistenza, dà ragione della pericolosità del fenomeno dello stallo per il volo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-93 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO G.1: Generalità sui profili alari A-93

0.0200 0.200

0.0175 0.175

0.0150 0.150

0.0125 0.125
Coefficiente di resistenza

Coefficiente di momento
0.0100 0.100

0.0075 0.075

0.0050 0.050

0.0025 0.025

Figura G.3 Curva polare del profilo


0 0
NACA 23012 per un numero di
Reynolds di 6.0 × 106 , coefficiente di
-0.0025 -0.025
resistenza cd -c` () e coefficiente di -1 -0.5 0 0.5 1 1.5
momento di beccheggio cm -c` (◦) Coefficiente di portanza

È importante notare che i valori del coefficiente di beccheggio rispetto al punto posto
a 1/4 della corda, riportati nelle figure precedenti, sono positivi. Nella convenzione
di segno adottata questo significa un momento a picchiare, cioè che agisce in senso
orario sul profilo, immaginato con il bordo d’attacco a sinistra e il bordo d’uscita
a destra. Questo fatto è tipico dei profili alari convenzionali. Tradizionalmente, il
momento di beccheggio viene assunto invece con la convenzione di segno opposta,
cioè positivo se agisce in senso orario, come, ad esempio, nei Report NACA nei
quali venivano riportate le caratteristiche aerodinamiche dei profili alari ottenute
sperimentalmente. Nel consultare i dati relativi alle caratteristiche aerodinamiche
dei profili alari occorre quindi prestare attenzione a quale convenzione di segno è
stata adottata.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-94 colour black Giugno 22, 2006

A-94 APPENDICE G: PROFILI ALARI NACA

G.2 Costruzione del profilo con curvatura


La forma del profilo NACA con curvatura (non simmetrico) è definita per mezzo
delle due funzioni ylm (x) e ysp (x) che descrivono rispettivamente la linea media e
lo spessore del profilo in funzione della coordinata x lungo la corda. Come si è
detto, le variabili x e y di queste funzioni sono adimensionali, avendo preso come
lunghezza di riferimento la lunghezza c della corda del profilo.

(xd , yd )
Figura G.4 Generazione di un linea media
profilo non simmetrico a partire dalla θ
linea media e dallo spessore (profilo corda
NACA5312) (xv , yv )

Con riferimento alla figura G.4, la forma del dorso e del ventre del profilo alare è
fornita dando la coppia di coordinate (x d , yd ) e (x v , yv ) dei punti giacenti sulla su-
perficie superiore e inferiore del profilo. Queste coordinate, sempre adimensionali,
sono fornite in funzione della coordinata adimensionale x lungo la corda mediante
le relazioni che derivano dalla costruzione illustrata nella figura G.4:

x d (x) = x − ysp (x) sin θx , yd (x) = ylm (x) + ysp (x) cos θx ,
x v (x) = x + ysp (x) sin θx , yv (x) = ylm (x) − ysp (x) cos θx ,

per 0 < x ≤ 1. In queste relazioni θ x = θ(x) rappresenta l’angolo che la retta


tangente alla linea media nel punto (x, ylm (x)) forma con l’asse x, ovverosia, in
termini della derivata della funzione ylm (x) risulta

 
dylm (x)
θx = tan−1 .
dx

Nella figura G.5 è mostrato il profilo alare NACA5312.

Figura G.5 Profilo NACA5312


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-95 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO G.4: Spessore dei profili alari NACA A-95

G.3 Convenzioni della notazione NACA


I profili alari della serie NACA a quattro o cinque cifre sono caratterizzati in modo
convenzionale da un gruppo di quattro o cinque cifre che specificano sia la forma
della linea media sia l’andamento dello spessore del profilo. I profili appartenenti
a queste due serie sono definiti nel seguente modo

NACA M SS e NACA ddd SS,

dove M, , SS e ddd sono tutti numeri interi: in particolare M e sono interi di


una sola cifra mentre SS e ddd sono interi rispettivamente di due e tre cifre. Il loro
significato è il seguente.
Nel caso dei profili NACA a quattro cifre, indicati con NACA M SS, le
prime due cifre M e descrivono la linea media mentre le ultime due cifre SS si
riferiscono allo spessore del profilo in direzione normale alla linea media in ogni
suo punto. Più precisamente:
M rappresenta l’ordinata massima, espressa come percentuale della lunghezza
della corda;
rappresenta la posizione lungo la corda della massima ordinata della linea
media, espressa in decimi della lunghezza della corda (si usa il carattere speciale
per ricordare che questo valore è in decimi);
SS rappresenta lo spessore massimo del profilo simmetrico, espresso come per-
centuale della lunghezza della corda (si usa un simbolo con due lettere per
ricordare che questo valore è dato con due cifre).
Per esprimere tutte queste quantità in un unico modo uniforme come frazione della
corda, si introducono le seguenti variabili adimensionali, necessariamente < 1,
M
M −→ m= ,
100

−→ p= ,
10
SS
SS −→ s= .
100

Per i profili NACA a cinque cifre, indicati con NACA ddd SS, le prime tre cifre
ddd indicano in modo convenzionale la scelta della linea media, mentre le ultime
due cifre SS si riferiscono allo spessore massimo del profilo in direzione normale
alla linea media, esattamente come nel caso a quattro cifre.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-96 colour black Giugno 22, 2006

A-96 APPENDICE G: PROFILI ALARI NACA

G.4 Spessore dei profili alari NACA


La forma di tutti i profili simmetrici della serie NACA a quattro o cinque cifre è
definita da un’unica funzione ysp = ysp (x) che fornisce il valore dello spessore del
profilo ysp (x) in funzione della distanza x di un punto lungo la corda dal bordo
d’attacco. Nella relazione compare un fattore moltiplicativo s che corrisponde alle
due ultime cifre SS del profilo NACA in base alla definizione

SS
s= .
100

Come si è detto, s rappresenta lo spessore massimo del profilo espresso in frazione


della lunghezza c della corda. Lo spessore locale ysp (in realtà la metà dello spessore
simmetrico) dei profili NACA considerati, in funzione di x e del valore di s, è dato
dalla relazione

ysp (x) = 5 × s 0.29690 x − 0.12600 x − 0.35160 x 2

+ 0.28430 x 3 − 0.10150 x 4 .

Tutte le variabili di questa relazione, s, x e ysp , sono adimensionali e sono espresse


come frazione della lunghezza c della corda: cosı̀, la relazione è definita per s < 1
nell’intervallo 0 ≤ x ≤ 1 e sarà in ogni caso ysp (x) < 1. Ad esempio, SS = 12
equivale a s = 0.12 e definisce lo spessore del profilo simmetrico NACA0012
mostrato nella figura G.6.

Figura G.6
Profilo simmetrico NACA0012

La pendenza del profilo, necessaria per determinare la normale alla superficie


superiore del profilo simmetrico, è data dalla derivata

dysp (x) 0.29690
=5×s √ − 0.12600 − 0.35160 × 2x
dx 2 x 
+ 0.28430 × 3x 2 − 0.10150 × 4x 3 ,

per 0 < x ≤ 1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-97 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO G.6: Linea media dei profili NACA a cinque cifre A-97

G.5 Linea media dei profili NACA a quattro cifre


Per rappresentare la dipendenza della curvatura del profilo dalla ascissa adimension-
ale x lungo la corda, la forma della linea media è espressa analiticamente come due
archi parabolici tangenti nella posizione ( p, m) dell’ordinata massima della linea
media. Le equazioni che definiscono la linea media dei profili NACA a quattro
cifre, indicati con NACA M SS, sono
 m 

 p2 2 px − x
2
 se 0 ≤ x ≤ p
ylm (x) = 

 m
 1 − 2 p + 2 px − x 2 se p ≤ x ≤ 1
(1 − p) 2

dove m = 100 M
è l’ordinata massima della linea media e p = 10 è la posizione
lungo la corda dell’ordinata massima, entrambe espresse in modo adimensionale
come frazione della lunghezza c della corda. Naturalmente, anche i valori di y lm (x)
sono espressi nello stesso modo adimensionale. Come esempio, nella figura G.7 è
disegnata la linea media dei profili NACA53SS.

linea media

corda
Figura G.7 Linea media NACA53SS

G.6 Linea media dei profili NACA a cinque cifre


La linea media dei profili NACA a cinque cifre, indicati con NACA ddd SS, è
definita dalle relazioni

 k 3 
 x − 3qx + q (3 − q)x se 0 ≤ x ≤ q,
 2 2
6
ylm (x) =

 k q 3 (1 − x)

se q ≤ x ≤ 1.
6

I valori di k e q dipendono dal numero convenzionale intero con tre cifre ddd
secondo le cinque possibilità indicate nella prossima tabella.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-98 colour black Giugno 22, 2006

A-98 APPENDICE G: PROFILI ALARI NACA

Tabella 1. Valore dei parametri dei profili NACA a cinque cifre.

ddd k q

210 361.4 0.0580


220 51.64 0.1260
230 15.957 0.2025
240 6.643 0.2900
250 3.230 0.3910

I valori di q sono stati scelti in modo da avere la posizione lungo la corda


dell’ordinata massima della linea media rispettivamente nei punti x = 0.05, 0.10,
0.15, 0.20 e 0.25, vedere I. H. Abbott and A. E. von Doenhoff, Theory of Wing
Sections, Dover, 1949.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-99 colour black Giugno 22, 2006

A-99

Appendice H

Integrali di Glauert per


le equazioni integrali
Introduzione Nella risoluzione dell’equazione integrale della teoria dei profili
sottili e dell’equazione integro-differenziale della teoria dell’ala di apertura finita si
incontrano i due integrali definiti seguenti
Z π Z π
cos(nϕ) sin(nϕ) sin ϕ
dϕ e dϕ,
0 cos ϕ − cos θ 0 cos ϕ − cos θ

dove n è un intero non negativo nel primo integrale e positivo nel secondo. La
variabile θ che compare negli integrali varia nello stesso intervallo [0, π] di inte-
grazione. Questi integrali sono noti come integrali di Glauert.
In questa appendice ricaviamo il valore di questi integrali. È da osservare che i
due integrali considerati sono impropri poiché la funzione integranda non è definita
per ϕ = θ: per tale valore il denominatore si annulla e quindi la funzione integranda
diverge. Tuttavia questa divergenza non preclude l’esistenza dell’integrale definito
in quanto la singolarità della funzione integranda è debole e si ha una compensazione
dei due contributi all’integrale di segno opposto provienienti dai due lati della
singolarità.

H.1 Integrale con il coseno


Si vuole dimostrare l’identità
Z π
cos(nϕ) sin(nθ)
dϕ = π ,
0 cos ϕ − cos θ sin θ

per ogni n intero non negativo, n = 0, 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π]. Notiamo che
per θ = 0 e θ = π il valore dell’intgrale è definito in quanto la frazione a secondo
membro non diverge ma origina la forma indeterminata 00 che, in virtù della regola
de l’Hôpital, ha un valore finito.
L’integrale definito del primo membro è più facile da calcolare se viene prima
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-100 colour black Giugno 22, 2006

A-100 APPENDICE H: INTEGRALI DI GLAUERT PER LE EQUAZIONI INTEGRALI

moltiplicato per la funzione sin θ, per cui consideriamo l’integrale


Z π
cos(nϕ) sin θ
dϕ.
0 cos ϕ − cos θ

Per prima cosa riscriviamo il denominatore in forma di prodotto ricorrendo alla


fromula di prostaferesi
 
cos α − cos β = −2 sin α+β2
sin α−β
2
.

Avremo allora
sin θ sin θ
=− ϕ+θ   .
cos ϕ − cos θ 2 sin 2
sin ϕ−θ
2

Osserviamo ora che anche il numeratore sin θ di questa frazione si pu ò scrivere in


funzione di ϕ+θ
2
e ϕ−θ
2
. Infatti

ϕ+θ 
sin θ = sin 2 − ϕ−θ
2
   
= sin ϕ+θ
2
cos ϕ−θ
2
− sin ϕ−θ
2
cos ϕ+θ
2
.

Avremo quindi
ϕ+θ    
sin θ sin cos ϕ−θ − sin ϕ−θ cos ϕ+θ
=− 2 2
 2
 2
cos ϕ − cos θ 2 sin ϕ+θ
2 sin ϕ−θ
2
ϕ−θ
 ϕ+θ

cos cos
=− 2
ϕ−θ
 + 2
ϕ+θ

2 sin 2 2 sin 2
h i
1 ϕ−θ  ϕ+θ 
= cot 2 + cot 2 .
2
L’integrale modificato diventa quindi
Z π Z h
cos(nϕ) sin θ 1 π ϕ−θ
 ϕ+θ
i
dϕ = cos(nϕ) cot + cot dϕ.
0 cos ϕ − cos θ 2 0 2 2

Spezzando l’integrale e osservando che


Z Z
π
ϕ−θ
 0
ϕ+θ

cos(nϕ) cot 2
dϕ = cos(nϕ) cot 2

0 −π
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-101 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO H.1: Integrale con il coseno A-101

essendo le funzioni coseno e cotangente rispettivamente pari e dispari, si ha


Z π Z π
cos(nϕ) sin θ 1 ϕ+θ 
dϕ = cos(nϕ) cot dϕ.
0 cos ϕ − cos θ 2 −π
2

Si considera ora la sostituzione x = θ + ϕ, da cui dϕ = dx e θ = x − ϕ, si ottiene


Z π Z θ +π
cos(nϕ) sin θ 1 x
dϕ = cos(nx − nθ) cot dx
0 cos ϕ − cos θ 2 θ −π 2
Z θ +π
cos(nθ) x
= cos(nx) cot dx
2 θ −π 2
Z θ +π
sin(nθ) x
+ sin(nx) cot dx
2 θ −π 2

Il primo integrale è nullo. Infatti la funzione cot x2 è dispari e periodica di periodo


2π. Poiché la funzione cos(nx) è pari e di periodo 2π/n per n ≥ 1, si ha
Z θ +π Z π
x x
cos(nx) cot dx = cos(nx) cot dx = 0,
θ −π 2 −π 2

giacché la funzione integranda è dispari. Siamo quindi arrivati a scrivere che


Z π Z θ +π
cos(nϕ) sin θ sin(nθ) x
dϕ = sin(nx) cot dx
0 cos ϕ − cos θ 2 θ −π 2
Z π
sin(nθ) x
= sin(nx) cot dx,
2 −π 2

dato che anche la funzione sin(nx) ha periodo 2π/n per n ≥ 1.


Definiamo ora l’integrale
Z π
x
Jn = sin(nx) cot dx.
−π 2

Possiamo allora scrivere


Z π
 x
Jn − Jn−1 = sin(nx) − sin[(n − 1)x] cot dx.
−π 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-102 colour black Giugno 22, 2006

A-102 APPENDICE H: INTEGRALI DI GLAUERT PER LE EQUAZIONI INTEGRALI

Utilizzando ancora le formule di prostaferesi possiamo scrivere


n + n − 1  n − n + 1 
sin(nx) − sin[(n − 1)x] = 2 cos x sin x
2 2
 2n − 1  x
= 2 cos x sin ,
2 2
per cui
Z π  2n − 1  x x
Jn − Jn−1 = 2 cos x sin cot dx.
−π 2 2 2
Z π  2n − 1  x
= 2 cos x cos dx
−π 2 2
Z π

= cos(nx) + cos[(n − 1)x] dx.
−π

Il primo integrale è nullo per ogni n 6= 0. Il secondo è nullo ma per ogni n 6= 1.


Quindi se n ≥ 2 entrambi gli integrali sono nulli e Jn = Jn−1 , per n ≥ 2. Di
conseguenza, per n ≥ 1 si ha Jn = J1 . Calcoliamo pertanto solo questo integrale:
Z π
x
J1 = sin x cot dx.
−π 2
In virtù della formula sin(2α) = 2 sin α cos α, abbiamo
Z π
x x x
J1 = 2 sin cos cot dx
−π 2 2 2
Z π Z π
x 1 + cos x
=2 cos2 dx = 2 dx
−π 2 −π 2
Z π Z π
= (1 + cos x) dx = dx = 2π.
−π −π

In conclusione, l’integrale che ci interessa è dato da


Z π Z π
cos(nϕ) 1 cos(nϕ) sin θ
dϕ = dϕ
0 cos ϕ − cos θ sin θ 0 cos ϕ − cos θ
Z
1 sin(nθ) π x
= sin(nx) cot dx
sin θ 2 −π 2
sin(nθ) sin(nθ) sin(nθ)
= Jn = J1 = π ,
2 sin θ 2 sin θ sin θ
per ogni n intero non negativo, n = 0, 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π].
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-103 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO H.3: Un utile integrale indefinito A-103

H.2 Integrale con il seno


A questo punto si vuole dimostrare l’identità
Z π
sin(nϕ) sin ϕ
dϕ = −π cos(nθ)
0 cos ϕ − cos θ

per ogni n intero positivo, n = 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π].


Incominciamo con l’osservare che

1
sin(nϕ) sin ϕ = cos[(n − 1)ϕ] − cos[(n + 1)ϕ] .
2

Infatti i due coseni possono essere scritti nel seguente modo

cos[(n ± 1)ϕ] = cos[nϕ ± ϕ] = cos(nϕ) cos ϕ ∓ sin(nϕ) sin ϕ,

e sottraendo la prima dalla seconda si arriva al risultato. Quindi possiamo scrivere


l’integrale di partenza come
Z Z Z
π
sin(nϕ) sin ϕ 1 π
cos[(n − 1)ϕ] 1 π
cos[(n + 1)ϕ]
dϕ = dϕ − dϕ.
0 cos ϕ − cos θ 2 0 cos ϕ − cos θ 2 0 cos ϕ − cos θ

Ma, essendo n ≥ 1, gli integrali nel secondo membro sono tutti del tipo visto nel
precedente paragrafo. Si ha perciò
Z π
sin(nϕ) sin ϕ π sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ]
dϕ = .
0 cos ϕ − cos θ 2 sin θ

Osserviamo a questo punto che

sin[(n ± 1)θ] = sin[nθ ± θ] = sin(nθ) cos θ ± cos(nθ) sin θ,

per cui sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ] = −2 cos(nθ) sin θ, da cui si ricava
Z π
sin(nϕ) sin ϕ π −2 cos(nθ) sin θ
dϕ = = −π cos(nθ),
0 cos ϕ − cos θ 2 sin θ

che dimostra la tesi.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-104 colour black Giugno 22, 2006

A-104 APPENDICE H: INTEGRALI DI GLAUERT PER LE EQUAZIONI INTEGRALI

H.3 Un utile integrale indefinito


Nell’ambito della teoria della linea portante si incontrano alcuni integrali definiti il
cui valore può essere calcolato a partire dal seguente integrale indefinito:

 sin[(n − m)θ] sin[(n + m)θ]
Z  2(n − m) − 2(n + m) + C se n 6= m

sin(mθ) sin(nθ) dθ =

 θ − sin(2nθ) + C

se n = m
2 4n
dove m e n sono entrambi positivi. La validità di questa relazione può essere
verificata calcolando la derivata delle due funzioni primitive che compaiono a
destra.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-105 colour black Giugno 22, 2006

A-105

Appendice I

Derivata temporale di
integrali su domini mobili
Introduzione In questa appendice presentiamo alcune identità differenziali che
esprimono la rapidità di variazione di integrali su domini variabili e in movimento
nello spazio. Si suppone che le funzioni da integrare possano dipendere dal tempo
oltre che dalla posizione, ma il valore dell’integrale varia col tempo anche a causa
del fatto che il dominio d’integrazione è variabile in funzione del tempo.
Le identità differenziali che considereremo rappresentano la generalizzazione
alle tre dimensioni del teorema del calcolo differenziale, noto con il nome di identità
di Leibniz, che esprime la derivata di un integrale definito unidimensionale rispetto
a una variabile, diversa da quella d’integrazione, da cui dipendono sia la funzione
integranda sia uno o entrambi gli estremi dell’intervallo di integrazione.

I.1 Derivata di un integrale su un intervallo mobile


Consideriamo l’integrale di una funzione di due variabili indipendenti f = f (x, t)
su un intervallo [a, b] dell’asse x. La seconda variabile è indicata con t e rappre-
Rb
senta, nell’interpretazione cui siamo interessati, il tempo. L’integrale a f (x, t) dx
dipenderà ovviamente da t e sarà quindi diverso da istante a istante.
Supponiamo ora che gli estremi d’integrazione dipendano da t, ossia a = a(t)
e b = b(t), e consideriamo l’integrale sull’intervallo mobile It = [a(t), b(t)].
R b(t)
Naturalmente il valore dell’integrale a(t) f (x, t) dx dipenderà ora dal tempo anche
in conseguenza del carattere variabile dell’intervallo d’integrazione.
La rapidità di variazione (ovvero la derivata rispetto al tempo) di questo in-
tegrale sull’intervallo mobile dipenderà sia dalla dipendenza da t della funzione
integranda sia dal movimento degli estremi d’integrazione. Come ben noto tale
derivata si può calcolare mediante la seguente identità di Leibniz
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
db(t) da(t)
+ f (b(t), t) − f (a(t), t) .
dt dt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-106 colour black Giugno 22, 2006

A-106 APPENDICE I: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

La derivata di a(t) e b(t) rappresenta la velocità degli estremi dell’intervallo


d’integrazione It , secondo la definizone:

da(t) db(t)
va (t) ≡ e vb (t) ≡ ,
dt dt

per cui l’identità di Leibniz può essere scritta anche nella forma cinematicamente
più espressiva:
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
+ f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t).

Notiamo che nel caso particolare di intervallo fisso si ha va = 0 e vb = 0 per cui la


relazione diventa il noto teorema di derivazione sotto il segno d’integrale:
Z b Z b
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx.
dt a a ∂t

L’identità generale precedente è ora generalizzata al caso di integrali in tre


dimensioni. Considereremo integrali di tre tipi diversi:
• Circolazione di un campo vettoriale lungo una curva mobile;
• Flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie mobile;
• Integrale di una funzione scalare su un volume mobile.
In tutti questi casi il dominio di integrazione è supposto muoversi o deformarsi o
entrambe le cose, in modo arbitrario. Il tipo di movimento del dominio è definito
specificando la velocità dei suoi punti che si trovano sul confine fra il dominio
d’integrazione e lo spazio in cui esso si muove. In particolare, nel caso degli integrali
lungo la curva e sulla superficie in movimento si deve conoscere la velocità di tutti
i punti di queste due regioni di integrazione, inclusi i punti estremi della curva
e i punti appartenenti al contorno della superficie. Nel terzo caso dell’integrale
di volume, è invece sufficiente indicare la velocità dei soli punti appartenenti alla
superficie che costituisce il contorno del volume mobile.
Per quanto riguarda invece le funzioni integrande, esse saranno in ogni caso
definite in tutti i punti della regione dello spazio tridimensionale in cui si muove
il dominio di integrazione variabile. In altre parole, le funzioni a valori scalari o
vettoriali da integrare saranno dei campi scalari o vettoriali definiti in 3 e dipendenti
anche dal tempo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-107 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO I.2: Derivata della circolazione lungo una curva mobile A-107

Le tre identità differenziali indicate sono state considerate insieme per la prima volta
da Robert Adams e il secondo autore. Le dimostrazioni riportate nel seguito sono
delineate alla fine del capitolo 7 del testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2,
Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.
Nelle dimostrazioni si suppone in ogni caso che tutte le funzioni con cui si opera
siano sufficientemente lisce da potere effettuare su di esse le operazioni standard
del calcolo differenziale.

I.2 Derivata della circolazione lungo una curva mobile


Consideriamo una curva continua C t che si muove e si deforma col tempo e sia
rC = rC (s, t) la sua rappresentazione parametrica al tempo t dove s rappresenta
il parametro lunghezza d’arco di linea. I due punti estremi di C t saranno (vedi
figura I.1)

ra (t) = rC (a, t) e rb (t) = rC (b, t).

La curva Ct si muove al crescere di t e la velocità (vettoriale) di ogni punto di C t al


tempo t sarà indicata con

∂rC (s, t)
vC (s, t) = ,
∂t
dove rC ∈ Ct .
Sia F(r, t) un campo vettoriale liscio che dipende da t (ovvero un campo
vettoriale dipendente dal tempo) e che è definito in tutta la regione dello spazio
tridimensionale in cui si muove C t .

va (t)

ra (t)
rb (t)
vC Ct

Figura I.1 Curva che si muove e si ˆ vb (t)


deforma nello spazio
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-108 colour black Giugno 22, 2006

A-108 APPENDICE I: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

La generalizzazione in tre dimensioni dell’identità differenziale vista nel precedente


paragrafo all’integrale della circolazione di F(r, t) lungo la curva mobile C t è:
Z Z  
d ∂F
F ˆ ds =
 +( F) vC  ˆ ds
dt Ct Ct ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t),
 

dove ˆ ds rappresenta lo spostamento (vettoriale) infinitesimo lungo C t , essendo ˆ


il versore unitario tangente alla direzione locale della curva C t .
Per dimostrare questa identità introduciamo la funzione a valori vettoriali
definita solo su C t

FC (s, t) ≡ F(rC (s, t), t),

dove si suppone che rC = rC (s, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo
ordine. L’uso della regola di derivazione delle funzioni composte fornisce l’identità
   
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂F ∂rC ∂rC ∂rC
FC −
 FC =  +(  F)  .
∂t ∂s ∂s ∂t ∂t ∂s ∂t ∂s

Qui la derivata F è fatta rispetto al vettore posizione r, mentre le funzioni ∂F/∂t


e F sono calcolate in r = rC . Per t fissato, il vettore rC = rC (s, t), (a ≤ s ≤ b),
rappresenta parametricamente la curva C t di 3 . Abbiamo
Z Z b
d d ∂rC
F ˆ ds = F ds
dt a C ∂s
 

dt Ct
Z b  
∂ ∂rC
= FC ds


a ∂t ∂s
Z b       
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂ ∂rC
= F − F + F ds
∂t C ∂s ∂s C ∂t ∂s C ∂t
  

a
Z b    
∂ ∂rC ∂ ∂rC
= F − F ds
∂t C ∂s ∂s C ∂t
 

+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t).


 

L’uso dell’identità precedente nell’integrale del membro di destra completa la di-


mostrazione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-109 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO I.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-109

Per semplificare l’aspetto della formula, in coerenza con quanto fatto altrove in
questo testo, scriveremo questa relazione eliminando l’infinitesimo ds:
Z Z  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t),
 

In particolare, se si suppone che la curva C t sia chiusa (vedi figura I.2), la circo-
lazione è chiamata circuitazione intorno a C t . In questo caso ra = rb in ogni
istante e quindi i due termini associati agli estremi della curva non esistono pi ù, per
cui la precedente identità differenziale si semplifica in
I I  
d ∂F
F ˆ =
 +( F) vC  ˆ.
dt Ct Ct ∂t

Si può notare che questa identità vale anche quando la curva chiusa C t appartiene a
una regione molteplicemente connessa incluso il caso in cui C t gira intorno a uno
o più “fori” della regione.

vC

Ct

Figura I.2 Curva chiusa che si


muove e si deforma nello spazio

È importante notare che le due identità precedenti hanno un significato es-


clusivamente cinematico differenziale nel senso che non dipendono in alcun modo
dall’equazione che governa l’evoluzione del campo vettoriale F.

I.3 Derivata del flusso attraverso una superficie mobile


Consideriamo ora una superficie St in 3 avente Ct come contorno e i cui punti si
trovino all’istante t nella posizione descritta dalla seguente funzione parametrica
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-110 colour black Giugno 22, 2006

A-110 APPENDICE I: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

liscia
rS = rS (u, v, t),
dove (u, v) appartiene a una conveniente regione R del piano dei parametri uv. Si
suppone che r S (u, v, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo ordine. La
velocità dei punti di St (vedi figura I.3) è data dalla derivata parziale
∂rS (u, v, t)
vS (u, v, t) = .
∂t
La derivata rispetto al tempo del flusso di F(r, t) attraverso St è data dalla seguente
identità
Z Z   I
d ∂F
F n̂ d S =
 + ( F) vS n̂ d S +  F vC ˆ ds,
 

dt St St ∂t Ct

dove n̂ = n̂(rS , t) è il campo dei versori normali su St all’istante t che definisce


l’orientazione di St e ˆ è il versore tangente alla curva chiusa C t = ∂ St , con
orientazione indotta da quella di St . Inoltre, vC = vS (rC , t) è la velocità dei punti di
Ct (vedi figura I.3).

vC

St

vS Ct
Figura I.3 Superficie limitata che si
muove e si deforma nello spazio

L’identità si dimostra introducendo la funzione a valori vettoriali


FS (u, v, t) ≡ F(rS (u, v, t), t).
definita sulla superficie mobile t . Per prima cosa, in virtù della regola di derivazione
delle funzioni composte è possibile mostrare che
        
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
F − F − F
∂t S ∂u S ∂v S
  

∂u ∂v ∂t ∂v ∂u ∂t
   
∂F ∂rS ∂rS ∂rS ∂rS ∂rS
=  + ( F)   ,
∂t ∂u ∂v ∂t ∂u ∂v
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-111 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO I.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-111

dove la derivata F è fatta rispetto a r, mentre le funzioni ∂F/∂t e


 F sono cal- 

colate in r = r S . Inoltre, siccome C t rappresenta il contorno di St con orientazione


indotta da quella di St , il teorema di Green in due dimensioni fornisce
Z       
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
FS + F du dv
∂v S
 

R ∂u ∂t ∂v ∂u ∂t
Z       
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
= FS  − FS  du dv
R ∂u ∂t ∂v ∂v ∂t ∂u
I
∂rS
= FS ˆ ds. 

Ct ∂t

La rapidità di variazione del flusso di F attraverso la superficie in movimento St


può essere espressa come
Z Z 

d d ∂rS ∂rS
F n̂ d S =
 FS  du dv
dt St dt R ∂u ∂v
Z   
∂ ∂rS ∂rS
= FS  du dv,
R ∂t ∂u ∂v

dal momento che

∂rS ∂rS
du dv = n̂ d S.
∂u ∂v

L’integrando nel membro di destra di questa relazione è ora espresso tramite


l’identità precedente e usando l’espressione ottenuta mediante il teorema di Green.
Osservando che

∂rS 
= vS rS |Ct , t = vC (rC , t),
∂t Ct

dove vC è la velocità di Ct = ∂ St , si ottiene l’identità fondamentale


Z Z   I
d ∂F
F n̂ d S =
 +(  F) vS  n̂ d S + F vC ˆ ds.

dt St St ∂t Ct

Per semplificare la scrittura della relazione finale, gli elementi infinitesimi d S e ds


degli integrali sono eliminati e si considerano sottintesi, per cui avremo
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-112 colour black Giugno 22, 2006

A-112 APPENDICE I: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

Z Z   I
d ∂F
F n̂ =
 +(  F) vS  n̂ + F vC ˆ .


dt St St ∂t Ct

In particolare, se la superficie St è chiusa (vedi figura I.4), non esiste il contorno


Ct e quindi l’integrale lungo C t sparisce per cui la derivata temporale del flusso
attraverso una superficie chiusa mobile è
I I  
d ∂F
F n̂ =
 +(  F) vS  n̂.
dt St St ∂t

Questa identità vale anche quando la superficie chiusa St contiene al suo interno
una o più “lacune” del dominio, eventualmente consistenti in regioni vuote non
semplicemente connesse.

St

vS

Figura I.4 Superficie chiusa che si


muove e si deforma nello spazio

I.4 Derivata dell’integrale su un volume mobile


Consideriamo infine un dominio tridimensionale variabile Vt delimitato da una
superficie chiusa liscia St i cui punti si muovono con una velocità che all’istante t
è data dalla funzione (definita solo sulla superficie St stessa)

vS = vS (rS , t),
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-113 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO I.4: Derivata dell’integrale su un volume mobile A-113

dove rS ∈ St . La derivata rispetto al tempo dell’integrale della funzione f (r, t)


che dipende anche da t (ossia, un campo scalare dipendente dal tempo) sul volume
mobile Vt è dato dall’identità differenziale
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) dV = dV + f (rS , t) vS (rS , t) n̂(rS , t) d S,


dt Vt Vt ∂t St

che vale per qualunque funzione liscia f (r, t), dove n̂(rS , t) denota il vettore unitario
normale alla superficie St al tempo t e uscente da Vt , mentre vS (rS , t) è la velocità dei
punti del contorno St . Questa relazione è chiamata talvolta teorema di trasporto
di Reynolds.
Questa identità si dimostra facilmente nel modo seguente. Sia ∆Vt l’insieme
di punti attraverso cui passa St al crescere del tempo da t a t + ∆t. L’elemento di
volume dV di ∆Vt può essere espresso in termini dell’elemento di area d S di St

dV = vS n̂ d S ∆t.


Si vede subito che


Z Z 
1
f (r, t + ∆t) dV − f (r, t) dV
∆t Vt+∆t Vt
Z Z Z 
1
= f (r, t + ∆t) dV + f (r, t + ∆t) dV − f (r, t) dV
∆t Vt ∆Vt Vt
Z Z
f (r, t + ∆t) − f (r, t) f (r, t + ∆t) − f (r, t)
= dV + dV
Vt ∆t ∆Vt ∆t
Z
1
+ f (r, t) dV,
∆t ∆Vt

e il penultimo integrale → 0 quando ∆t → 0 mentre l’ultimo integrale si riduce a


un integrale di superficie su St , dato che dV = vS n̂ d S ∆t. 

Anche in questo caso, per comodità di scrittura, gli elementi infinitesimi di


volume e di superficie sono eliminati dall’identità, sottintendendo la loro presenza
facilmente ricostruibile dai domini d’integrazione. Con questa semplificazione no-
tazionale, l’identità differenziale per la derivata temporale degli integrali su domini
variabili assumerà la forma seguente:
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (rS , t) vS n̂,


dt Vt Vt ∂t St
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-114 colour black Giugno 22, 2006

A-114 APPENDICE I: DERIVATA TEMPORALE DI INTEGRALI SU DOMINI MOBILI

Un’espressione analoga vale per l’integrale di volume di un campo vettoriale F(r, t),
che si suppone definito in una regione dello spazio tridimensionale contenente Vt :
Z Z I
d ∂F(r, t)
F(r, t) = + F(rS , t) vS n̂.


dt Vt Vt ∂t St
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-115 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO I.5: Tabella riassuntiva delle identità differenziali A-115

I.5 Tabella riassuntiva delle identità differenziali


Per comodità di consultazione, le varie identità differenziali introdotte in questa
appendice sono raccolte nella seguente tabella riassuntiva:

Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t

+ f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t)

Z Z  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t

+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t)


 

I I  
d ∂F
F ˆ = +( F) vC  ˆ
dt Ct Ct ∂t

Z Z   I
d ∂F
F n̂ =  +(  F) vS  n̂ + F vC ˆ


dt St St ∂t Ct

I I  
d ∂F
F n̂ =  +(  F) vS  n̂
dt St St ∂t

Z Z I
d ∂f
f = + f vS n̂ 

dt Vt Vt ∂t St

Z Z I
d ∂F
F= + F vS n̂ 

dt Vt Vt ∂t St

 
F = F(r, t) e f = f (r, t) ma vC = vC (rC , t) e vS = vS (rS , t)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-116 colour black Giugno 22, 2006

A-116

Appendice L

Equazioni adimensionali
per fluidi comprimibili
Introduzione Nelle applicazioni è quasi sempre conveniente operare con una
versione adimensionale delle leggi fisiche considerate invece che con la loro forma
originaria in cui le variabili e le grandezze, o almeno alcune di esse, hanno le loro
dimensioni caratteristiche. Nel caso particolare delle equazioni di Navier–Stokes
per i fluidi comprimibili, il procedimento di adimensionalizzazione seguito in molti
testi di fluidodinamica ricalca quello adottato per le equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili. Si cerca cioè di riscrivere le equazioni partendo da, ed estendendo
opportunamente, lo schema adottato per rendere adimensionale l’equazione di bi-
lancio della quantità di moto per una corrente incomprimibile e facendo quindi
apparire il celeberrimo numero di Reynolds, come abbiamo visto nel paragrafo 5.5.
Questa scelta non è tuttavia particolarmente perspicua, in quanto il sistema
di equazioni che governano il moto di un fluido comprimibile viscoso e condu-
cente calore è molto più complicato. Inoltre occorre includere nel processo di
adimensionalizzazione sia le equazioni di stato termodinamiche sia le funzioni che
definiscono le proprietà dissipative del fluido. In effetti, l’adimensionalizzazione
delle equazioni di governo delle correnti incomprimibili è particolarmente semplice
per tre motivi:
i) si deve rendere adimensionale una sola equazione,
ii) la variabile densità è in realtà un parametro costante, ρ,
iii) la variabile pressione non ha alcun legame con la termodinamica che, come
noto, non gioca alcun ruolo nella fluidodinamica incomprimibile.
Queste peculiarità del procedimento di adimensionalizzazione quando la corrente
è incomprimibile sono state evidenziate agli autori da Alberto Guardone e Stefano
Rebay. Partendo da tali osservazioni, essi hanno suggerito un semplice procedi-
mento per scrivere le equazioni di Navier–Stokes complete in forma adimensionale,
mediante il quale è possibile realizzare programmi di calcolo del tutto generali per
la simulazione numerica delle correnti comprimibili.
In questa appendice sviluppiamo lo schema di adimensionalizzazione suggerito
da Guardone e Rebay per la fluidodinamica comprimibile. Considereremo prima il
caso delle equazioni di Eulero della gasdinamica ed estenderemo poi il procedimento
al caso delle equazioni di Navier–Stokes per un fluido comprimibile viscoso.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-117 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO L.1: Equazioni di Eulero per i fluidi comprimibili A-117

L.1 Equazioni di Eulero per i fluidi comprimibili


Supponendo che non esistano forze di volume esterne, le equazioni di Eulero (in
forma conservativa) che governano il moto di un fluido comprimibile sono
∂ρ
+ (ρu) = 0,


∂t
∂(ρu) 
+ ρu ⊗ u + P = 0,


∂t
∂(ρet ) 
+ (ρet + P)u = 0,


∂t
t
dove e rappresenta l’energia specifica totale (interna più cinetica) del fluido. Queste
equazioni devono essere completate dalle equazioni termodinamiche di stato del
fluido, cioè,
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).
In realtà la seconda equazione di stato potrebbe non essere necessaria, in quanto la
temperatura non compare nelle equazioni dinamiche per i fluidi non viscosi.

Procedimento di adimensionalizzazione
Introduciamo ora una lunghezza caratteristica L e una velocità caratteristica U per il
problema in esame; introduciamo inoltre i valori di riferimento ρsc , esc , Psc e Tsc per
rendere adimensionali mediante una scalatura , le quattro variabili termodinamiche
che compaiono nelle equazioni di conservazione e nelle equazioni di stato.
Osservazione È importante notare che i valori ρsc , esc , Psc e Tsc possono essere
scelti senza pretendere che corrispondano a un determinato stato termodinamico
del fluido: essi possono essere presi in modo indipendente (almeno fino al punto
in cui non emerga l’esigenza di imporre qualche condizione fra di essi). In altre
parole, il valore di scalatura ρsc potrebbe corrispondere, ad esempio, al valore della
densità ρ in un punto molto lontano da un corpo immerso nel fluido, mentre e sc
potrebbe essere il valore dell’energia specifica sulla superficie del corpo. Il valore
di scalatura per la pressione, Psc , potrà poi essere scelto liberamente e in generale
sarà diverso dal valore P(esc , ρsc ).
Per mezzo di tutte queste quantità caratteristiche e di scalatura potremo rendere
adimensionali le equazioni introducendo le seguenti versioni adimensionali delle
variabili indipendenti:
Ut r
t̃ = , r̃ = ,
L L
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-118 colour black Giugno 22, 2006

A-118 APPENDICE L: EQUAZIONI ADIMENSIONALI PER FLUIDI COMPRIMIBILI

come pure delle variabili dipendenti (incognite):

u ρ e P T
ũ = , ρ̃ = , ẽ = , P̃ = , T̃ = .
U ρsc esc Psc Tsc

Qui e nel seguito il simbolo tilde ˜ è utilizzato per indicare le quantità adimensionali.
Esprimiamo ora tutte le variabili dimensionali che compaiono nelle equazioni di
Eulero in funzione delle variabili adimensionali corrispondenti appenda introdotte,
ottenendo

U ∂ ρ̃ ρsc U ˜
ρsc + (ρ̃ ũ) = 0,


L ∂ t̃ L
ρscU 2 ∂(ρ̃ ũ) ρsc U 2 ˜ Psc ˜
+ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) +
 P̃ = 0,
L ∂ t̃ L L
ρsc esc U ∂(ρ̃ ẽt ) ρsc escU ˜ Psc U ˜
+ (ρ̃ ẽt ũ) +
 ( P̃ ũ) = 0,

L ∂ t̃ L L

dove ovviamente

˜ =L ∂ ∂
ovverosia =L .
∂ r̃ ∂r

Moltiplicando ciascuna equazione per un coefficiente opportuno, il sistema si sem-


plifica e assume la forma

∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,


∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) + P̃ = 0,
ρsc U 2


∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ẽt ũ) +
 ( P̃ ũ) = 0.


∂ t̃ ρsc esc

Imponiamo a questo punto la condizione che le equazioni adimensionali abbiano


la stessa forma delle equazioni di partenza. Affinché ciò sia possibile è necessario
che i due coefficienti dei termini con la pressione siano entrambi uguali ad 1, ossia
devono essere soddisfatte le due condizioni

Psc Psc
=1 e = 1.
ρsc U 2 ρsc esc
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-119 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO L.1: Equazioni di Eulero per i fluidi comprimibili A-119

Il loro confronto implica la relazione


esc = U 2 ,
per cui la scala dell’energia specifica e quella della velocità sono legate.
La seconda condizione, cioè, Psc /(ρsc esc ) = 1, rappresenta poi un vincolo fra
le scale delle tre variabili termodinamiche ρ, e e P. Scegliendo ρsc e Psc come scale
indipendenti, avremo allora che la quantità da usare per scalare l’energia specifica
è data da
Psc
esc = ,
ρsc
da cui segue, in base alla relazione esc = U 2 trovata in precedenza, che la quantità
da usare come scala della velocità è data da
s
Psc
U= .
ρsc
Notiamo che la scelta della coppia ρsc e Psc nel gruppo di tre grandezze ρsc , esc e
Psc è arbitraria e che anche le altre scelte possibili sono permesse.
Scegliamo quindi come valori di scalatura indipendenti le quattro quantità L,
ρsc Psc e Tsc . Allora le variabili cinematiche sono rese adimensionali mediante le
definizioni seguenti
r s
r ρsc Psc t
r̃ = , ũ = u, t̃ = ,
L Psc ρsc L
mentre le variabili termodinamiche sono rese adimensionali in base alle definizioni
ρ P T ρsc
ρ̃ = , P̃ = , T̃ = , ẽ = e.
ρsc Psc Tsc Psc
Utilizzando questo schema, le equazioni di Eulero comprimibili assumono allora la
seguente forma completamente adimensionale
∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,


∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) 
+ ˜ ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ = 0,


∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt ) 
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ = 0,


∂ t̃
che ha proprio il medesimo aspetto delle equazioni originarie.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-120 colour black Giugno 22, 2006

A-120 APPENDICE L: EQUAZIONI ADIMENSIONALI PER FLUIDI COMPRIMIBILI

Equazioni di Eulero adimensionali


Per semplicità di scrittura, di solito si scrivono tutte le grandezze adimensionali
eliminando il simbolo tilde, per cui le equazioni adimensionali di Eulero appariranno
nella seguente forma

∂ρ
+  (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu) 
+  ρu ⊗ u + P = 0,
∂t
∂(ρet ) 
+  (ρet + P)u = 0.
∂t

Quando si usa questa notazione con tutte le quantità adimensionali indicate da lettere
normali, senza ornamenti, le variabili cinematiche adimensionali sono espresse dalle
relazioni
r s
rdim ρsc Psc tdim
r= , = L dim , u= udim , t= ,
L Psc ρsc L

mentre le variabili termodinamiche adimensionali sono date dalle relazioni

ρdim Pdim Tdim ρsc


ρ= , P= , T = , e= edim .
ρsc Psc Tsc Psc

Le equazioni di stato dimensionali

Pdim = Pdim (edim , ρdim ) e Tdim = Tdim (edim , ρdim )

permetteranno allora di determinare i valori delle variabili intensive adimensionali,


P e T , mediante le relazioni seguenti:

Psc
 Psc

Pdim ρsc e, ρsc ρ Tdim ρsc e, ρsc ρ
P= , T = ,
Psc Tsc

dove anche le grandezze e e ρ sono adimensionali. Notiamo che tutte le grandezze


di scalatura, come pure la lunghezza caratteristica L, sono sempre dimensionali.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-121 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO L.2: Equazioni di Navier–Stokes per i fluidi comprimibili A-121

L.2 Equazioni di Navier–Stokes per i fluidi comprimibili


Estendiamo il procedimento di adimensionalizzazione appena visto per le equazioni
di Eulero al caso delle equazioni che governano il moto di un fluido viscoso.
Supponendo ancora che non vi siano forze di volume esterne, le equazioni di
Navier–Stokes comprimibili per un un fluido viscoso newtoniano sono (in forma
conservativa)
∂ρ
+ (ρu) = 0,


∂t
∂(ρu) 
+ ρu ⊗ u + P =  (µ, λ; u),
 

∂t
∂(ρet )  
+ (ρet + P)u =
 κ T + u  (µ, λ; u) ,
 

∂t
dove rappresenta il tensore degli sforzi viscosi ed è definito da
(µ, λ; u) = 2µ (u) + λ (  u) .
Queste equazioni sono completate dalle equazioni termodinamiche di stato del
fluido, cioè,
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ),
nonché dalle funzioni che descrivono la dipendenza dallo stato termodinamico dei
coefficienti dissipativi, ossia:
µ = µ(T, P), λ = λ(T, P) e κ = κ(T, P).

Procedimento di adimensionalizzazione
Riprendendo il procedimento seguito per la riduzione in forma adimensionale delle
equazioni di Eulero, le equazioni di Navier–Stokes comprimibili per le variabili
adimensionali assumono la forma
∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,


∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) Psc ˜ 1 ˜
+ ˜ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) + P̃ = ˜ (µ, λ; ũ)
ρsc U 2
 

∂ t̃ ρsc LU
∂(ρ̃ ẽt ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ẽt ũ) +
 ( P̃ ũ)


∂ t̃ ρsc esc
Tsc 1 ˜ 1 U ˜
=  (κ ˜ T̃ ) + (ũ ˜ (µ, λ; ũ)),
 

ρsc esc LU ρsc esc L


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-122 colour black Giugno 22, 2006

A-122 APPENDICE L: EQUAZIONI ADIMENSIONALI PER FLUIDI COMPRIMIBILI

dove naturalmente ˜ (µ, λ; ũ) indica il tensore degli sforzi viscosi nel quale le
derivate spaziali sone effetturate rispetto alle coordinate adimensionali.
Imponendo anche in questo caso le due condizioni

Psc Psc
=1 e = 1,
ρsc U 2 ρsc esc

otteniamo gli stessi due legami fra le quantità caratteristiche


s
Psc Psc
esc = e U= ,
ρsc ρsc

che abbiamo ricavato per le equazioni di Eulero. Pertanto, come nel caso precedente,
lo schema di adimensionalizzazione delle variabili cinematiche è
r s
r ρsc Psc t
r̃ = , ũ = u, t̃ = ,
L Psc ρsc L

e quello delle variabili termodinamiche è

ρ P T ρsc
ρ̃ = , P̃ = , T̃ = , ẽ = e.
ρsc Psc Tsc Psc

Eliminando esc e U in favore delle grandezze di scalatura scelte come indipen-


denti, le equazioni della quantità di moto e dell’energia diventano (non riscriviamo
l’equazione di conservazione della massa che appare già nella forma finale richiesta)

∂(ρ̃ ũ)  1
+ ˜  ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ =√ ˜ ˜ (µ, λ; ũ),


∂ t̃ ρsc Psc L
∂(ρ̃ ẽt ) 
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ


∂ t̃
r
Tsc ρsc 1 ˜ 1
= (κ ˜ T̃ ) + √

˜ (ũ ˜ (µ, λ; ũ)).
 

Psc Psc L ρsc Psc L

È quindi naturale introdurre la controparte adimensionale dei coefficienti di viscosità


in base alle seguenti definizioni

µ λ
µ̃ = √ e λ̃ = √ ,
ρsc Psc L ρsc Psc L
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-123 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO L.2: Equazioni di Navier–Stokes per i fluidi comprimibili A-123

come pure del coefficiente di conducibilità termica


κ
κ̃ = q .
Psc Psc
Tsc ρsc L

Le equazioni di Navier–Stokes comprimibili rese completamente adimensionali


assumono quindi la forma seguente
∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,


∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) 
+ ˜ ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ = ˜ ˜ (µ̃, λ̃; ũ),
 

∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt )  
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ = ˜ κ̃ ˜ T̃ + ũ ˜ (µ̃, λ̃; ũ) .
  

∂ t̃

Equazioni di Navier–Stokes adimensionali


Come consueto, per semplicità di scrittura tutte le grandezze adimensionali sono poi
scritte eliminando il simbolo tilde. Usando questa notazione con tutte le quantità
adimensionali indicate da lettere normali, le variabili cinematiche adimensionali
sono espresse dalle relazioni

r s
rdim ρsc Psc tdim
r= , =L dim , u= udim , t= ,
L Psc ρsc L

e quelle termodinamiche adimensionali dalle relazioni

ρdim Pdim Tdim ρsc


ρ= , P= , T = , e= edim .
ρsc Psc Tsc Psc

Le equazioni adimensionali di Navier–Stokes comprimibili saranno allora

∂ρ
+  (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu) 
+  ρu ⊗ u + P =  (µ, λ; u),


∂t
∂(ρet )  
+  (ρet + P)u =  κ T + u  (µ, λ; u) .


∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-124 colour black Giugno 22, 2006

A-124 APPENDICE L: EQUAZIONI ADIMENSIONALI PER FLUIDI COMPRIMIBILI

In queste equazioni, anche il tensore degli sforzi viscosi è ovviamente la versione


adimensionale del tensore originario. Ciò significa che le derivate spaziali in
(µ, λ; u) sono fatte rispetto alle coordinate adimensionali e che le variabili µ, λ e
u sono tutte adimensionali.
Le equazioni termodinamiche di stato dimensionali permetteranno poi di deter-
minare i valori delle variabili adimensionali, P e T , mediante le relazioni seguenti:
 
P = Pdim Psc
ρsc
e, ρsc ρ Psc , T = Tdim Psc
ρsc
e, ρsc ρ Tsc .

In modo analogo, le funzioni che definiscono il valore dei coefficienti dissipativi


dimensionali, ossia,

µdim = µdim (Tdim , Pdim ), λdim = λdim (Tdim , Pdim ),


κdim = κdim (Tdim , Pdim ),

permettono di ricavare i corrispondenti valori adimensionali µ, λ e κ, tramite le


relazioni.

µdim (Tsc T, Psc P) λdim (Tsc T, Psc P)


µ= √ , λ= √ ,
ρsc Psc L ρsc Psc L
κdim (Tsc T, Psc P)
κ= q ,
Psc Psc
Tsc ρsc
L

dove anche le variabili T e P sono adimensionali. Si ricorda che tutte le grandezze


di scalatura e la lunghezza caratteristica L sono dimensionali.

Proprietà dissipative costanti e numero di Prandtl


Nel caso particolare in cui i coefficienti dissipativi del fluido non dipendano dal suo
stato termodinamico, le equazioni di Navier–Stokes comprimibili adimensionali si
possono scrivere in un’altra forma altrettanto comoda di quella generale appena
vista.
Supponiamo allora che i coefficienti di viscosità e di conduzione termica del
fluido siano costanti, per cui, riferendosi alle grandezze dimensionali scriveremo

µdim = µdim , λdim = λdim , κdim = κ dim ,

dove le quantità sopralineate sono delle costanti.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-125 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO L.2: Equazioni di Navier–Stokes per i fluidi comprimibili A-125

La viscosità (adimensionale) µ che compare nelle equazioni dinamiche adimen-


sionali sarà allora data da

µ
µ = √ dim = costante.
ρsc Psc L

L’inverso di questa costante adimensionale definisce il numero di Reynolds nel


caso di correnti comprimibili:
√ √
ρsc Psc L ρsc Psc /ρsc L ρsc U L
Resc = = = .
µdim µdim µdim

Pertanto, nel caso comprimibile il numero di Reynolds dipende dai valori di scalatura
delle variabili, che sono arbitrari, e il numero puro Resc ha un carattere alquanto
convenzionale rispetto al caso incomprimibile. Con questa definizione di Re sc , nel
caso considerato di viscosità costante, µdim = µdim , potremo quindi effettuare nelle
equazioni comprimibili adimensionali la sostituzione seguente:

1
µ→ .
Resc

Se anche il secondo coefficiente di viscosità è costante, ovvero se λdim = λdim =


costante, potremo poi scrivere

λdim µ λdim
λ= √ = √ dim ,
ρsc Psc L µ
ρsc Psc L dim

e quindi, sotto le condizioni predette, sarà permessa anche la sostituzione

1 λdim
λ→ .
Resc µdim

Supponendo infine che anche il coefficiente di conducibilità termica sia costante,


κdim = κ dim = costante, potremo scrivere:

κ dim 1 ρsc Psc L κ dim 1 ρsc Tsc κ dim
κ= q = q =
Psc Psc
L Resc µdim Psc Psc
L Resc Psc µdim
Tsc ρsc Tsc ρsc

dove è stato introdotto il numero di Reynolds a numeratore e a denominatore.


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-126 colour black Giugno 22, 2006

A-126 APPENDICE L: EQUAZIONI ADIMENSIONALI PER FLUIDI COMPRIMIBILI

A questo punto si definisce il numero di Prandtl

R µdim
Pr = ,
κ dim

dove R rappresenta la costante del gas considerato, che è stata introdotta per ottenere
effettivamente un numero puro. Il numero di Prandtl dipende solo dalle caratteris-
tiche del fluido considerato, che si è supposto avere coefficienti dissipativi costanti.
Alla luce di questa definizione, la relazione precedente permette di effettuare nelle
equazioni dinamiche adimensionali la sostituzione
1 ρsc RTsc
κ→ .
Resc Pr Psc
Le tre sostituzioni indicate permettono quindi di scrivere le equazioni adimensionali
di Navier–Stokes per un fluido comprimibile con proprietà dissipative costanti nella
forma seguente

∂ρ
+  (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)  1  
+  ρu ⊗ u + P = 
 1, µλdim ; u ,
∂t Resc dim

∂(ρet ) 
+ (ρet + P)u


∂t 
1 1 ρsc RTsc h  i
= 2
T+  u  1, µ ; u

λdim
.
Resc Pr Psc dim

Notiamo che, se si prende come pressione di scalatura il valore stabilito dall’equa-


zione di stato in base ai valori di scalatura scelti per la densità e la temperatura,
ovvero, se si prende Psc = Pdim (Tsc , ρsc ), e se il fluido è un gas ideale per cui
Psc = ρsc RTsc , l’equazione dell’energia in forma adimensionale si scrive più sem-
plicemente come
 h  i
∂(ρet )  1 1 2
+  (ρet + P)u = T+ u  1, µλdim ; u . 

∂t Resc Pr dim

Nello schema di adimensionalizzazione si dovrà però ricordare che la scala della


temperatura è dipendente da quelle della densità e della pressione e si dovrà usare
Tsc = Psc /(Rρsc ), per cui la temperatura adimensionale T sarà data da
Tdim ρsc RTdim
T = = .
Tsc Psc
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice M – pagina A-127 colour black Giugno 22, 2006

A-127

Appendice M

Equazioni per fluidi


con più componenti
Introduzione In questa appendice si presentano le equazioni della fluidodinamica
per un fluido generale costituito da diverse componenti chimiche che possono reagire
fra loro. Si scriveranno le equazioni che governono correnti dipendenti dal tempo
in cui la composizione chimica locale del fluido può essere in condizioni di non
equilibrio. In termini matematici, il sistema di equazioni comprenderà le equazioni
di conservazione per ciascuna componente chimica della miscela di gas reagenti.
La presentazione seguita in questa appendice è essenzialmente la traduzione dei
primi paragrafi del capitolo 2 del testo Multicomponent Flow Modeling, Birkhäuser,
Boston, Basel, Berlin, 1999, di Vincent Giovangigli, al quale si rimanda il lettore
interessato ad approfondire l’argomento.

M.1 Equazioni di conservazione


Introduciamo le equazioni primitive di conservazione che governano la correnti
multicomponenti ed esprimono la conservazione della massa delle varie specie, il
bilancio della quantità di moto e dell’energia. Queste equazioni primitive sono
poi combinate per ottenere alcune forme alternative. In particolare, otterremo le
equazioni che governano la massa totale, le frazioni di massa delle specie chimiche
e l’energia interna. Discuteremo anche la situazione semplificata di forze esterne
che sono uguali per tutte le specie.

Equazioni di bilancio delle componenti chimiche


Supponiamo di avere un certo insieme S = {1, 2, . . . , |S|} di specie chimiche
aventi massa molare m i , i ∈ S, chiamata anche peso molecolare. L’equazione di
conservazione della massa di ciascuna delle specie chimiche può essere scritta nella
forma
∂ρi
+  (ρi u) +  F i = m i ωi , i ∈ S,
∂t
dove ρi è la densità di massa della specie i -esima, u è la velocità media della massa
del fluido, Fi è il vettore flusso diffusivo della specie i -esima e ωi è la velocità
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice M – pagina A-128 colour black Giugno 22, 2006

A-128 APPENDICE M: EQUAZIONI PER FLUIDI CON PIÙ COMPONENTI

di produzione per unità di volume della specie i -esima. Le grandezze Fi e ωi


sono delle funzioni note delle variabili dinamiche e termodinamiche del sistema e
la loro forma specifica dipenderà dalle caratteristiche dei processi rispettivamente
di trasporto diffusivo e di cinetica chimica all’interno del fluido multicomponente
considerato.

Equazione di bilancio della quantità di moto


L’equazione di bilancio della quantità di moto per il fluido multicomponente può
essere scritta
∂(ρu)  X
+  ρu ⊗ u + P − (u) = ρi g i ,
∂t i∈S

dove u ⊗ u è il prodotto tensoriale del vettore velocità, P la pressione, il tensore


identità dello spazio tridimensionale, (u) il tensore degli sforzi viscosi (per dettegli
vedere il paragrafo 10.1) e gi è il campo di forza (ossia forza per unità di massa)
agente sulla specie i -esima. Ovviamente ρ è la densità di massa totale della miscela,
ovverosia,
X
ρ= ρi .
i∈S

Equazione di bilancio dell’energia totale


L’ultima legge di conservazione è quella relativa all’energia. Considerando la
versione di tale legge per l’energia totale (interna più cinetica), nel caso di fluido
multicomponente l’equazione di bilancio dell’energia assume la forma

∂(ρet )  X
+  (ρet + P)u − κ T − u  (u) =
 (ρi u + Fi ) gi ,


∂t i∈S

dove et rappresenta l’energia totale specifica, ossia,

et = e + 12 |u|2 .

Equazioni di Navier–Stokes per fluido multicomponente


Per amore di sintesi, riscriviamo il sistema delle equazioni di conservazione che
rappresenta l’estensione delle equazioni di Navier–Stokes comprimibili al caso di
un fluido multicomponente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice M – pagina A-129 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO M.3: Conservazione delle frazioni di massa A-129

∂ρi
+ (ρi u) +
 F i = m i ωi , 

∂t
∂(ρu)  X
+ ρu ⊗ u + P − (u) =
 ρi g i ,
∂t i∈S

∂(ρet )  X
+  (ρet + P)u − κ T − u  (u) =
 (ρi u + Fi ) gi . 

∂t i∈S

M.2 Conservazione della massa totale


Sommando le equazioni di conservazione della massa di ciascuna delle P |S| specie,
possiamo ricavare l’equazione di conservazione densità totale ρ = i∈S ρi . Si può
dimostrare che esiste il seguente vincolo fra i flussi diffusivi delle diverse specie:
X
Fi = 0,
i∈S

e anche un vincolo fra le velocità di produzione delle varie specie chimiche


X
m i ωi = 0
i∈S

In virtù di tali vincoli, la somma delle equazioni di conservazione di tutte le specie


conduce all’equazione
∂ρ
+  (ρu) = 0.
∂t
Usando questa equazioni di conservazione della massa totale, si pu ò dimostratre
facimente che, per qualunque funzione ζ di (r, t), vale l’identità
∂(ρζ ) ∂ζ
+  (ρζ u) = ρ + ρu  ζ,
∂t ∂t
cosı̀ che tutte le equazioni di conservazione precedenti scritte in forma conservativa
possono essere riscritte anche in forma non conservativa. Ad esempio, la forma
non conservativa dell’equazione di bilancio della quantità di moto è
∂u X
ρ + ρ(u  )u + P−  (u) =
 ρi g i .
∂t i∈S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice M – pagina A-130 colour black Giugno 22, 2006

A-130 APPENDICE M: EQUAZIONI PER FLUIDI CON PIÙ COMPONENTI

M.3 Conservazione delle frazioni di massa

M.4 Equazione di conservazione dell’energia interna


F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-131 colour black Giugno 22, 2006

A-131

Appendice N

Onde d’urto normali

Introduzione Questa appendice descrive alcune soluzioni discontinue delle equa-


zioni di Eulero della gasdinamica. Le soluzioni di questo tipo sono di fondamentale
importanza nelle correnti comprimibili in regime transonico e supersonico. Si intro-
ducono sia la discontinuità di contatto sia l’onda d’urto normale, e di quest’ultima
si analizza il caso particolare relativo a un gas ideale politropico. La presentazione
seguita in queste pagine si basa sui testi classici seguenti: L. D. Landau e E. M. Lif-
shitz Fluid Mechanics, Course on Theoretical Physics, Vol. 6, Second Edition,
Pergamon Press, New York, 1979, traduzione in inglese dall’originale russo, op-
pure la traduzione in francese Mecanique des fluides, Physique théorique, Tome 6,
Deuxième édition, Éditions MIR, Moscou, 1989, e P. A. Thompson, Compressible-
Fluid Dynamics, Rensselaer Polytechnic Institute, 1988.

N.1 Superfici di discontinuità e processi irreversibili


Lo studio delle soluzioni delle equazioni di Eulero introdotte nel capitolo 9 presup-
pone che tutte le quantità (velocità, densità, pressione, energia, etc.) siano continue
in tutto il campo di moto. Sotto queste condizioni, il movimento del fluido, ide-
alizzato come non viscoso e con conducibilità termica nulla, è isentropico e ogni
sua particella mantiene la propria entropia durante il moto. Più precisamente, se
l’entropia specifica iniziale è uniforme, s(r, 0) = s, con s costante, questa variabile
rimane costante in tutti gli istanti successivi, ossia s(r, t) = s per ogni t > 0. In
questo caso, una sola delle due variabili termodinamiche rimane come incognita
ed è sufficiente solo una delle due equazioni termodinamiche di stato, tipicamente
P = P(s, ρ), per avere un sistema di equazioni completo. In corrispondenza,
l’equazione di conservazione dell’energia risulterà essere soddisfatta automatica-
mente e potrà quindi essere lasciata da parte. In altre parole, da un punto di vista
matematico le correnti non viscose in assenza di discontinuità sono caratterizzati da
una semplificazione sostanziale del problema consistente nell’eliminazione di un
grado di libertà delle incognite.
Esistono tuttavia situazioni di correnti più complicate nelle quali compaiono
delle discontinuità nella distribuzione di una o più variabili incognite del problema.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-132 colour black Giugno 22, 2006

A-132 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

Queste discontinuità nella corrente di un gas si verificano su determinate superfici


attraverso le quali le grandezze in questione possono subire un salto, da cui il nome
di superfici di discontinuità. Nelle correnti non stazionare tali superfici in generale
non rimangono immobili. Tuttavia è importante sottolineare che la velocità con cui
si muove una superficie di discontinuità in generale non è la velocità del fluido
stesso. Infatti, nel loro moto le particelle del fluido possono attraversare questa
superficie.
In un fluido reale, le superfici di discontinuità sono in effetti delle regioni
relativamente sottili attraversate dal fluido, vicino alle quali si verificano delle
variazioni rapide delle grandezze del fluido. Queste regioni di transizione hanno uno
spessore misurabile che in condizioni tipiche risulta essere dell’ordine di 10 −6 m.
A causa dei valori molto grandi delle derivate spaziali (seconde) delle variabili in
tali regioni sottili non è più possibile considerare trascurabile in esse la viscosità e
la conducibiltà termica del fluido, per quanto piccole. I meccanismi fisici associati
a queste proprietà del fluido sono in realtà all’origine della formazione e della
permanenza delle predette regioni sottili di transizione. Lo studio dettagliato di
questi fenomeni dissipativi permette di rivelare la natura irreversibile dei processi
che si verificano nelle regioni sottili associate alle superfici di discontinuità e di
determinarne anche la struttura interna. Per gli scopi della nostra analisi, tratteremo
tuttavia queste regioni sottili dotate di una struttura interna come delle vere e proprie
discontinuità di spessore nullo.

N.2 Relazioni di salto in correnti stazionarie in una dimensione


Per semplicità, supponiamo di considerare una corrente stazionaria unidimensio-
nale, in direzione dell’asse x, nella quale è presente un salto di una o più variabili
fluidodinamiche. Usiamo gli indici 1 e 2 per contraddistinguere i lati, rispetti-
vamente, a sinistra e a destra della discontinuità, per cui i valori ρ1 , u 1 ed e1
individuano le condizioni della corrente a sinistra e ρ2 , u 2 ed e2 quelle a destra,
come mostrato in figura N.1.
Per prima cosa osserviamo che la legge di conservazione della massa implica
che il flusso della massa per unità di area trasversale che entra dal lato di sinistra
ρ1 , u 1 , e 1 ρ2 , u 2 , e 2 della discontinuità (ferma) deve essere uguale al flusso che esce dal lato di destra.
Si deve quindi avere la condizione:
ρ1 u 1 = ρ 2 u 2
Figura N.1 Condizioni della
corrente ai due lati della discontinuità Se nel salto la velocità diminuisce, la densità deve necessariamente aumentare,
della soluzione ovvero, a un rallentamento del fluido deve corrispondere un suo addensamento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-133 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO N.3: Discontinuità di contatto A-133

In secondo luogo, il bilancio della quantità di moto, sempre per unità di area
trasversale, includendo le forze dovute alla pressione, implica la seguente relazione
ρ1 u 21 + P1 = ρ2 u 22 + P2
dato che abbiamo assunto che la direzione della velocità del fluido sia lungo l’asse
x. Infine, la legge di conservazione dell’energia totale nell’attraversamento della
discontinuità permette di scrivere la terza relazione
     
ρ1 e1 + 12 u 21 + P1 u 1 = ρ2 e2 + 12 u 22 + P2 u 2 ,
ovverosia, più semplicente,
1 2
 
ρ1 u 1 2 u1 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2 1 2
2 u2 + e2 + P2 /ρ2 .
Scrivendo assieme le tre condizioni di salto appena ricavate, avremo
ρ1 u 1 = ρ 2 u 2 ,
+ P1 = ρ2 u 22 + P2 ,
ρ1 u 21
 
ρ1 u 1 12 u 21 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2 12 u 22 + e2 + P2 /ρ2
Tenendo conto che P = P(e, ρ), queste relazioni, per condizioni fissate a sinistra,
ossia per valori ρ1 , u 1 ed e1 noti, costituiscono un sistema di tre equazioni nelle
tre incognite ρ2 , u 2 ed e2 , che definiscono le condizioni a destra. Una soluzione
possibile è ovviamente quella che corrisponde a una corrente uniforme, ossia,
ρ2 = ρ1 , u 2 = u 1 e e2 = e1 (e quindi anche P2 = P1 ), ma essa è banale per cui non
sarà più considerata nel seguito.
Per scrivere le relazioni di salto di questo tipo in modo più compatto, è con-
veniente introdurre una notazione particolare che consiste nell’utilizzare delle pa-
rentesi quadre speciali per indicare la variazione di una grandezza a cavallo del
salto, secondo la definizione seguente:
[|A|] ≡ A1 − A2 .
Sfruttando questa notazione, le tre relazioni di conservazione precedenti potranno
essere scritte sinteticamente come

[|ρu|] = 0,
 2 
ρu + P = 0,
  2  

ρu u + e + P = 0.
2 ρ

Naturalmente si deve poi includere l’equazione termodinamica di stato P =


P(e, ρ), la cui forma dipende dalla natura del fluido considerato.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-134 colour black Giugno 22, 2006

A-134 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

N.3 Discontinuità di contatto


Una soluzione discontinua semplice, ma non banale e anche strutturalmente molto
importante, delle relazioni di salto stazionarie si ha nel caso di velocità nulla. Infatti,
se u 1 = 0, la prima e la terza equazione sono soddisfatte prendendo semplicemente
u 2 = 0. La seconda equazione allora si semplifica in

[|P|] = 0 ossia P2 = P1 ,

mentre la densità (come pure l’energia) può essere discontinua. Abbiamo quindi la
semplice soluzione

ρ1 e ρ2 arbitrari,
u 1 = u 2 = 0,
P1 = P2 = P ? ,

dove P ? è un valore della pressione qualsiasi. Una soluzione discontinua di questo


tipo si chiama discontinuità di contatto. Notiamo che solo la velocità e la pressione
H (x)
sono continue mentre ogni altra variabile termodinamica risulta essere discontinua.
Ad esempio, l’energia, che è data in generale dall’equazione di stato e = e(P, ρ),
1
sarà discontinua se ρ1 6= ρ2 , e analogamente per altre variabili quali la temperatura
e l’entropia.
0 x
Possiamo rappresentare la soluzione costituita da una discontinuità di contatto
Figura N.2 che si trova nell’origine dell’asse x utilizzando la funzione gradino unitario, detta
Funzione a gradino di Heaviside anche funzione di Heaviside, mostrata nella figura N.2,
(
0 se x < 0,
H (x) =
1 se x > 0.

Si vede immediatamente che la discontinuità di contatto ferma nell’origine cor-


ρ(x) risponde alla soluzione
ρ2
ρ(x) = ρ1 + (ρ2 − ρ1 )H (x),
ρ1
u(x) = 0,
0 x
P(x) = P ? ,
Figura N.3 Andamento della
densità nella discontinuità di contatto come mostrato nella figura a lato.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-135 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO N.4: Condizioni di salto di Rankine–Hugoniot A-135

La soluzione trovata è stazionaria ma, a partire da essa, è possibile costruire anche


una discontinuità di contatto in movimento. Possiamo infatti considerare un secondo
sistema di riferimento, indicato con x 0 , che sia in moto rettilineo uniforme con
velocità U rispetto al sistema x. Come ben noto dalla cinematica relativa, il legame
fra le ascisse x e x 0 di un punto materiale nei due sistemi di riferimento è x = x 0 +U t,
avendo supposto per semplicità che le origini dei due sistemi coincidano all’istante
t = 0. Le velocità del punto nei due sistemi sono legate dalla relazione u = u 0 + U .
Per la soluzione discontinua trovata la velocità del fluido nel nuovo sistema risulta
essere u 0 = u − U = 0 − U = −U e quindi è opposta alla velocità del sistema di
riferimento in moto. Se definiamo u ? = −U , ogni punto del fluido avrà la velocità
u 0 = u ? in ogni istante di tempo. Pertanto, nel nuovo sistema di riferimento la
discontinuità di contatto si muoverà con velocità u ? e l’espressione completa della
soluzione dipendente dal tempo sarà:

ρ(x 0 , t) = ρ1 + (ρ2 − ρ1 )H (x 0 − u ? t),


u 0 (x 0 , t) = u ? ,
P(x 0 , t) = P ? ,

dove u ? e P ? sono delle costanti. Questa soluzione rappresenta un fluido che si


muove con velocità costante u ? (verso sinistra se u ? < 0, verso destra se u ? > 0)
nel quale la densità subisce un salto mentre la pressione è uniforme.

N.4 Condizioni di salto di Rankine–Hugoniot


Supponiamo ora che u 1 6= 0 e u 2 6= 0: il caso opposto è stato appena considerato
e ha condotto alla discussione della discontinuità di contatto. Nel caso di velocità
diverse da zero il fattore ρu che che compare neele relazioni di salto è una costante,
in virtù della prima relazione, e quindi si si semplifica nella terza. Possiamo allora
riscrivere il sistema delle tre condizioni di salto nella seguente forma

[|ρu|] = 0,
 2 
ρu + P = 0,
 2 
u
+ e + P = 0.
2 ρ

Si deve notare che in queste relazioni la pressione P non rappresenta un’altra


variabile da aggiungere alle variabili ρ, u ed em sono le incognite del sistema. In
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-136 colour black Giugno 22, 2006

A-136 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

realtà la pressione è legata alle due variabili termodinamiche ρ ed e per mezzo


dell’equazione di stato P = P(e, ρ), per cui il sistema può essere riscritto più
precisamente nel modo seguente

[|ρu|] = 0,
 2 
ρu + P(e, ρ) = 0,
 2 
u
+ e + P(e, ρ) = 0.
2 ρ

Queste relazioni si chiamano condizioni di salto di Rankine–Hugoniot e rappre-


sentano un vincolo fra i valori delle variabili a valle e a monte dell’urto. Scrivendo
in modo esplicito le variazioni che compaiono nelle tre equazioni, otteniamo il
seguente sistema

ρ1 u 1 = ρ 2 u 2 ,
ρ1 u 21 + P(e1 , ρ1 ) = ρ2 u 22 + P(e2 , ρ2 ),
u 21 P(e1 , ρ1 ) u2 P(e2 , ρ2 )
+ e1 + = 2 + e2 + .
2 ρ1 2 ρ2
dove possiamo interpretare le grandezze che compaiono nei secondi membri come
delle quantità incognite da determinarsi in funzione dei valori noti che definiscono
la condizione del fluido a sinistra della discontinuità. Essendo questo un sistema di
equazioni non lineari con un uguale numero di equazioni e incognite, vi possono
essere una o più soluzioni, che possiamo rappresentare formalmente come

ρ2 = F(ρ1 , u 1 , e1 ),
u 2 = G(ρ1 , u 1 , e1 ),
e2 = H (ρ1 , u 1 , e1 ).

In effetti esiste sempre la soluzione banale ρ2 = ρ1 , u 2 = u 1 e e2 = e1 , corrispon-


dente a una corrente uniforme, ma essa è priva di interesse. Nel seguito cercheremo
quindi eventuali soluzioni non banali delle condizioni di salto di Rankine–Hugoniot.
Per fissare le idee, supponiamo ora che entrambe le velocità u 1 e u 2 siano
dirette verso destra, ossia u 1 > 0, u 2 > 0. Si può dimostrare che, quando
 2 
∂ v
> 0,
∂ P2 s
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PARAGRAFO N.4: Condizioni di salto di Rankine–Hugoniot A-137

dove v ≡ 1/ρ, la soluzione fisicamente realizzabile del salto è caratterizzata dalla


condizione u 1 > u 2 , per cui il fluido quando attraversa la discontinuità rallenta,
come mostrato nella figura N.4. Notiamo che, nel caso di gas ideale politropico, la
u1 u2 condizione termodinamica predetta è sempre verificata in quanto risulta
 
∂ 2v γ +1 v
= > 0.
∂ P2 s γ 2 P2
Figura N.4 Rallentamento della
velocità in un urto stazionario: u 2 < u 1 Sempre sotto la condizione termodinamica appena considerata, si pu ò inoltre di-
mostrare che una soluzione è possibile solo se è soddisfatta una condizione più
restrittiva di u 1 > u 2 : infatti, per ragioni di stabilità termodinamica è necessario
che la velocità entrante u 1 sia maggiore del valore della velocità del suono c1
nelle condizioni del fluido a sinistra e che la velocità uscente u 2 sia minore della
M1 > 1 M2 < 1 velocità del suono c2 a destra. Pertanto è utile introdurre la variabile numero di
Mach locale M ≡ u/c, dove c indica il valore della velocità del suono nello stesso
punto del fluido in cui si valuta la velocità u. La situazione effettiva di questa
discontinuità, chiamata onda d’urto, sarà allora definita dalle condizioni seguenti:
Figura N.5 Riduzione in un urto M1 = u 1 /c1 > 1 e M2 = u 2 /c2 < 1, come indicato nella figura N.5. In altre parole
normale stazionario della velocità di la corrente entrante nell’urto è sempre supersonica mentre quella uscente dall’urto
una corrente supersonica a velocità è sempre subsonica. Si dice anche che l’urto normale “rende subsonica la corrente
subsonica supersonica”, riferendosi sempre al sistema solidale con l’urto.

Sistemi di riferimento solidali con una parte di fluido


Per avere una visione più completa della situazione della discontinuità in esame, è
utile descrivere il moto del fluido anche in due sistemi di riferimento solidali con
il fluido a sinistra (entrante) o con il fluido a destra (uscente). Se contrassegnamo
con un apice un sistema di riferimento in moto con velocità U rispetto al sistema
solidale con il salto, la legge di trasformazione delle velocità di un punto nei due
u 0s = −u 1 sistemi di riferimento sarà u = u 0 + U , ovverosia u 0 = u − U .
u 01 = 0
u 02 = u 2 − u 1 Se il sistema mobile è solidale con il fluido a sinistra, allora U = u 1 e la
relazione di trasformazione fornisce u 01 = u 1 − U = u 1 − u 1 = 0 e u 02 = u 2 − U =
u 02 u 2 − u 1 < 0, dovendo essere u 1 > u 2 . Inoltre la velocità del salto nel nuovo sistema
u 0s sarà u 0s = u s − U = 0 − u 1 = −u 1 < 0, per cui il salto si muove verso sinistra con
una velocità supersonica rispetto alle condizioni del fluido (fermo) in cui si propaga.
u 02
u 0s
La descrizione della propagazione del salto nel sistema di riferimento solidale con
il fluido di fronte è illustrata nella figura N.6.
Figura N.6 Onda d’urto in moto, Passando ora al sistema solidale con il fluido dietro al salto, indichiamo con
vista nel sistema di riferimento del x 00 questo altro sistema in moto con velocità U = u 2 . Le velocità del fluido a
fluido rispetto al quale l’urto si avvicina sinistra e a destra sono date da u 001 = u 1 − U = u 1 − u 2 > 0, essendo u 1 > u 2 , e
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A-138 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

u 001 = u 1 − u 2 u 002 = 0
u 002 = u 2 − U = u 2 − u 2 = 0. Inoltre la velocità del salto è u 00s = u s − U = 0 − u 2 =
u 00s = −u 2 −u 2 < 0, per cui il salto si propaga ancora verso sinistra ma questa volta con una
u 001 velocità subsonica, rispetto alle condizioni del fluido (fermo) dal quale si allontana.
La figura N.7 descrive la propagazione del salto nel sistema di riferimento solidale
u 00s con il fluido dietro di esso.
u 001 Nel caso limite di salto di intensità tendente a zero, entrambe le velocità u 0s e
00
u 00s u s tendono alle velocità del suono c1 e c2 , rispettivamente.

Figura N.7 Onda d’urto in moto, Equazione di Rankine–Hugoniot e adiabatica dell’urto


vista nel sistema di riferimento del fluido Ricaviamo ora le relazioni che sono la conseguenza diretta delle condizioni di
rispetto al quale l’urto si allontana Rankine–Hugoniot. Per prima cosa introduciamo la costante

J ≡ ρu 6= 0

che rappresenta il flusso di massa, di modo che la prima relazione di salto equivale
a ρ1 u 1 = ρ2 u 2 = J . Introducendo la variabile volume specifico v = 1/ρ, potremo
allora riscrivere le condizioni di salto anche nella maniera seguente

u 1 = J v1 , u 2 = J v2 ,
J u 1 + P1 = J u 2 + P2 ,
1 2
2 u1 + h 1 = 21 u 22 + h 2 ,

dove nella terza equazione abbiamo introdotto la variabile termodinamica entalpia


specifica h = e + Pv. Sostituendo u 1 e u 2 dalle prime due relazioni nell’equazione
contenente la pressione otteniamo

J 2 v1 + P1 = J 2 v2 + P2 ,

da cui si ricava subito

P1 − P2 [|P|]
J2 = − =− .
v1 − v 2 [|v|]

Analogamente, eliminando u 1 e u 2 in funzione di v1 e v2 nell’ultima relazione di


salto si ha

J2 2 J2 2
v1 + h 1 = v + h2,
2 2 2
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PARAGRAFO N.4: Condizioni di salto di Rankine–Hugoniot A-139

da cui si ricava immediatamente


J2 2 
h1 − h2 + v1 − v22 = 0.
2
Osserviamo ora che la relazione per J 2 trovata in precedenza permette di ridurre la
relazione di salto dell’energia in una forma che contiene solo le variabili termodi-
namiche. Infatti, eliminando J 2 l’ultima equazione diventa

h 1 − h 2 − 21 (v1 + v2 )(P1 − P2 ) = 0.

Dato che h = e+ Pv, un semplice calcolo algebrico conduce alla seguente relazione
in termini dell’energia specifica interna

e1 − e2 + 12 (P1 + P2 )(v1 − v2 ) = 0.

Questa relazione è detta equazione di Rankine–Hugoniot e ha la caratteristica


notevole di contenere solo grandezze termodinamiche. Per essere utilizzata richiede
comunque di conoscere un’equazione di stato del fluido in esame, ad esempio
l’equazione e = e(P, v). Se lo stato noto del fluido è quello a sinistra, a monte
dell’urto, mentre lo stato da determinare è quello a destra, a valle dell’urto, avremo
allora la relazione seguente

e(P2 , v2 ) + 21 (P1 + P2 )(v2 − v1 ) = e1 ,

fra le variabili incognite P2 e v2 , mentre P1 , v1 e e1 = e(P1 , v1 ) sono quantità


note. In questo modo essa rappresenta, per P1 e v1 fissati, la definizione della
P2 funzione implicita P = P(v2 ; P1 , ρ1 ), che si chiama adiabatica dell’urto o anche
adiabatica di Hugoniot. Per un gas arbitrario, la determinazione della funzione
Hugoniot implicita richiederà di risolvere un’equazione in generale non lineare.
Le curve adiabatiche di Hugoniot non devono essere confuse con le curve
adiabatiche relative alle trasformazioni isentropiche di un gas, chiamate anche
P1 Poisson adiabatiche di Poisson. Le curve adiabatiche a entropia costante costituiscono
una famiglia a un solo parametro di curve del piano, in quanto sono definite
dall’equazione s(P, v) = costante, dove la costante è arbitraria. Al contrario,
v1 v2
le adiabatiche di Hugoniot sono delle curve P = P(v; P1 , v1 ) definite implicita-
Figura N.8 Curve adiabatiche di mente da un’equazione del tipo φ(P, v; P1 , v1 ) = 0, dove P1 e v1 sono parametri
Poisson (reversibile) e di Hugoniot liberi: quindi le curve di Hugoniot costituiscono una famiglia a due parametri di
(irreversibile) passanti per il punto curve del piano P-v. Nella figura N.8 sono disegnate le due curve adiabatiche di
(P1 , v1 ) Hugoniot e di Poisson passanti per il punto (P1 , v1 ).
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A-140 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

P P(v; P2 , v2 )
Un altro modo di esprimere questa differenza consiste nell’osservare che, dato
P(v; P1 , v1 ) un punto (P2 , v2 ) sull’adiabatica di Hugoniot uscente dal punto (P1 , v1 ), la curva
P2 adiabatica di Hugoniot che parte da (P2 , v2 ) non è un tratto di quella iniziale ma
la interseca almeno in questo punto, come mostrato nella figura N.9. La maggiore
P1 conseguenza di questo fatto è che, se due onde d’urto successive fanno passare il
fluido dallo stato 1 allo stato 2 e poi dallo stato 2 a un terzo stato 3, la transizione
dallo stato 1 a 3 mediante una sola onda d’urto è in generale impossibile.
v2 v1 v
Osserviamo che la soluzione P2 = P(v2 ; P1 , ρ1 ) cosı̀ ottenuta contiene v2
Figura N.9 Curve adiabatiche di come variabile indipendente e quindi non fornisce ancora la soluzione del prob-
Hugoniot che partono dai punti (P1 , v1 ) lema dell’urto, che richiede di soddisfare anche le relazioni di salto relative alla
e (P2 , v2 ) conservazione della massa e al bilancio della quantità di moto.

Relazione di Prandtl
Dalle condzioni di salto per la massa e per la quantità di moto si può ricavare
una seconda relazione che non dipende dalla terza condizione di salto relativa
all’energia. Infatti moltiplicando membro a membro le due relazioni u 1 = J v1 e
u 2 = J v2 si ottiene
u 1 u 2 = J 2 v1 v2 .
Sostituendo in questa relazione l’espressione di J 2 trovata in precedenza avremo

P1 − P2 P1 − P2 [|P|]
u1u2 = − v1 v2 = − = .
v1 − v 2 ρ2 − ρ 1 [|ρ|]

Questa relazione è nota come relazione di Prandtl e fornisce il valore della velocità
u 2 dietro il salto, in funzione dello stato termodinamico (ρ2 , P2 ) dietro l’urto. La
soluzione completa (ρ2 , u 2 , P2 ) del problema si ottiene infine mettendo a sistema
l’equazione di conservazione della massa attraverso l’urto, u 1 /v1 = u 2 /v2 , con
l’adiabatica di Hugoniot e la relazione di Prandtl.
Ricaviamo ora alcune relazioni che sono utili per calcolare la soluzione com-
pleta del problema dell’urto e che saranno utilizzate nel prossimo paragrafo nel caso
molto importante del gas ideale politropico. È conveniente introdurre delle quantità
adimensionali e non dovrebbe sorprendere la scelta della velocità del suono c1 nello
stato di sinistra come velocità di riferimento.
Sfruttando la prima relazione di salto ρ1 u 1 = ρ2 u 2 , la variazione della velocità
attraverso l’urto si può esprimere in funzione di quella del volume specifico in base
alla relazione
 
ρ1 u 1 ρ1
[|u|] = u 1 − u 2 = u 1 − = 1− u1,
ρ2 ρ2
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PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-141

da cui, esprimendo la densità in funzione del volume specifico, si ricava immedi-


atamente
 
ρ1 u 1 ρ1
[|u|] = u 1 − u 2 = u 1 − = 1− u1
ρ2 ρ2
 
v2 v1 − v 2 [|v|]
= 1− u1 = u1 = u1.
v1 v1 v1
La versione adimensionale di questa variazione, basata sulla velocità del suono a
sinistra, è

[|u|] [|v|]
= M1 .
c1 v1

Grazie alla conservazione della massa, la relazione di Prandtl u 1 u 2 = [|P|]/[|ρ|]


permette di esprimere il salto della pressione adimensionale nel modo seguente
 
[|P|] u 1 u 2 [|ρ|] u 2 [|ρ|] u2 ρ2
= = M1 = M1 1−
ρ1 c12 ρ1 c12 c 1 ρ1 c1 ρ1
 
u2 u1 M1 [|u|]
= M1 1− = (u 2 − u 1 ) = −M1 .
c1 u2 c1 c1
Utilizzando la precedente relazione si ottiene

[|P|] [|v|]
2
= −M12 .
ρ1 c 1 v1

N.5 Onda d’urto normale nel gas ideale politropico


Applichiamo ora le relazioni dell’urto ottenute nel paragrafo precedente al caso
particolare di un gas ideale politropico. L’energia interna (specifica) per un gas di
questo tipo con costante dei calori specifici γ è
RT Pv
e= + costante = + costante,
γ −1 γ −1
√ √
e la sua velocità del suono è c = γ P/ρ = γ Pv . L’equazione di Hugoniot del
gas ideale politropico è allora
1 1
[|Pv|] + (P1 + P2 )[|v|] = 0.
γ −1 2
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A-142 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

Valutando esplicitamente le variazioni di Pv e v, si ottiene

2
(P1 v1 − P2 v2 ) + (P1 + P2 )(v1 − v2 ) = 0,
γ −1

da cui, dividendo per P1 v1 ,


  
P2 v2 γ −1 P2 v2
1− + 1+ 1− = 0.
P1 v1 2 P1 v1

Questa è una semplice equazione lineare rispetto al rapporto di compressione


P2 /P1

h v2 iP v2
2
(γ + 1) − (γ − 1) = γ + 1 − (γ − 1) ,
v1 P1 v1

la cui soluzione è immediata

γ − 1 v2
1−
P2 γ + 1 v1
= .
P1 v2 γ −1

v1 γ +1

Dati i valori P1 e v1 , la relazione trovata fornisce l’adiabatica dell’urto, P2 =


P(v2 ; P1 , v1 ), del gas ideale politropico. Essa può essere confrontata con la curva
di un’espansione isentropica di questo tipo di gas
 γ
P2 v1
= .
P1 s=cost v2

Entrambe sono della forma P = P(v2 ), con P1 e v1 come parametri, e rappresentano


i possibili stati finali rispettivamente di un processo d’urto, che è adiabatico irre-
versibile, e di un processo isentropico, che è adiabatico reversibile. La figura N.10
mostra che la curva di Hugoniot è un’iperbole equilatera con il centro nel punto
γ −1 γ −1 
γ +1 , − γ +1 . Solo il tratto al di sopra del punto (P1 , v1 ) ha senso fisico perché
è caratterizzato da s2 > s1 . Il rapporto di compressione P2 /P1 tende all’infinito
quando vv21 → γγ −1+1 . Per confronto, è disegnata anche con linea sottile la curva della
trasformazione isentropica (adiabatica di Poisson).
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PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-143

P2 /P1

3.0

2.0

1.0
Figura N.10 Tratto fisicamente
realizzabile dell’adiabatica di Hugoniot
per un gas ideale politropico con γ = 1.4.
La linea sottile è la trasformazione γ −1 1.0 2.0 3.0 4.0 v2 /v1
γ +1
isentropica (adiabatica di Poisson)

La curva di Hugoniot appena discussa fornisce un insieme di stati fra i quali si


trova la soluzione relativa a condizioni date della corrente davanti all’urto. Infatti la
funzione trovata è del tipo P2 /P1 = f (v2 /v1 ) e il valore di v2 è ancora sconosciuto.
In altre parole, per determinare completamente la soluzione dietro l’urto è necessario
trovare v2 e ciò richiede di includere anche l’aspetto cinematico oltre a quello
termodinamico nella risoluzione del problema.
A questo scopo, per prima cosa risolviamo rispetto a v2 /v1 la relazione che
esprime il rapporto di compressione. Un calcolo diretto fornisce
γ − 1 P2
1+
v2 γ + 1 P1
= .
v1 P2 γ −1
+
P1 γ +1
Da questa ricaviamo poi la variazione adimensionale del volume specifico:
[|v|] v2 2[|P|]/P1
=1− =− .
v1 v1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
Sostituiamo il rapporto trovato nell’ultima relazione ricavata per un gas con proprietà
termodinamiche arbitrarie, ossia,
[|P|] [|v|]
= −M12 ,
ρ1 c12 v1
per cui abbiamo
[|P|] 2M12 [|P|]/P1
= .
2
ρ1 c 1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-144 colour black Giugno 22, 2006

A-144 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

Tenendo ora conto che per il gas ideale politropico ρc 2 = ρ(γ P/ρ) = γ P, questa
relazione diventa
[|P|] 2M12 [|P|]/P1
= ,
γ P1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
da cui, semplificando il fattore [|P|]/P1 , si ricava
2γ − (γ + 1)[|P|]/P1 = 2γ M12 .
Risolvendo infine rispetto al rapporto P2 /P1 si ottiene
P2 2γ γ −1
= M2 − .
P1 γ +1 1 γ +1
Per determinare la variazione della velocità attraverso l’urto, sostituiamo nella
relazione generale
[|u|] [|v|]
= M1 ,
c1 v1
valida per un gas qualsiasi, la precedente espressione del rapporto adimensionale
[|v|]/v1 , ottenendo
[|u|] 2M1 [|P|]/P1
=− ,
c1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
da cui
u2 2[|P|]/P1
=1+ .
u1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
Sostituendo il rapporto P2 /P1 in funzione del numero di Mach M1 , un semplice
calcolo fornisce
u2 γ −1 2
= + .
u1 γ + 1 (γ + 1)M12
Notiamo infine che la legge di conservazione della massa, ρ1 u 1 = ρ2 u 2 , implica che
u2 ρ1 u2 v2
u 1 = ρ2 e quindi anche u 1 = v1 . Riassumeremo pertanto le relazioni esprimenti le
condizioni dopo l’urto in funzione dello stato davanti all’urto e del numero di Mach
M1 > 1 prima dell’urto nel modo seguente

u2 γ −1 2 v2 ρ1
= + = = ,
u1 γ + 1 (γ + 1)M12 v1 ρ2
P2 2γ γ −1
= M12 − .
P1 γ +1 γ +1

Nella figura N.11 sono disegnate le curve del rapporto di compressione P2 /P1 e del
rapporto fra le densità ρ2 /ρ1 in funzione del numero di Mach M1 > 1 della corrente
che entra nel’urto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-145 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-145

9.0
8.0
7.0 P2
6.0 P1 γ +1
γ −1

5.0 ρ2
4.0 ρ1

3.0
Figura N.11 Urto normale:
q
γ −1
2.0 2γ
condizioni dietro l’urto in funzione del
numero di Mach M1 > 1 della corrente 1.0 M2
supersonica incidente, per un gas ideale
1.0 2.0 3.0 4.0 M1
politropico con γ = 1.4

La variazione di entropia specifica nell’urto è calcolata mediante la relazione


[|s|] = s1 − s2 = s(P1 , v1 ) − s(P2 , v2 ).
Dall’equazione di stato per un gas perfetto politropico (vedere il paragrafo E.1
dell’appendice E) si ottiene
"  1   γ #
P γ −1 v γ −1
s(P, v) = s0 + R ln ,
P0 v0
da cui, sostituendo il rapporto di compressione e quello dei volumi specifici appena
calcolati, si ricava immediatamente
"  γ −1
1   γ γ−1 #
2γ γ −1 γ −1 2
[|s|] = −R ln M2 − + .
γ +1 1 γ +1 γ + 1 (γ + 1)M12

Queste sono le relazioni conclusive che determinano le condizioni di velocità e


termodinamiche dietro l’urto in funzione delle condizioni davanti all’urto, nel caso
di gas ideale politropico. Si può infine determinare come il numero di Mach M2
dopo l’urto dipende dal valore di M1 prima. Per definizione si ha
 
u2 u 1 − [|u|] c1 [|u|] c1
M2 = = = M1 − .
c2 c1 c2 c1 c2
D’altra parte, per il gas ideale politropico c 2 ∝ Pv, per cui, elevando al quadrato,
si ottiene
 
[|u|] 2 P1 v1
M2 = M1 −
2
.
c1 P2 v2
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A-146 APPENDICE N: ONDE D’URTO NORMALI

Utilizzando le relazioni trovate per [|u|]/c1 e per i rapporti P2 /P1 e v2 /v1 , con
semplici calcoli si ottiene

2 + (γ − 1)M12
M22 = .
2γ M12 − (γ − 1)

L’andamento della funzione M2 con il numero di Mach M1 > 1 davanti all’urto è


mostrato nella precedente figura N.11. Notare che, mentre il rapporto di compres-
sione è illimitato per M1 → ∞, le altre due funzioni tendono a un valore finito e
precisamente:
s
ρ2 γ +1 γ −1
→ e |M2 | → ,
ρ1 γ −1 2γ

quando l’intensità dell’urto diventa arbitrariamente grande.

Osservazione Le soluzioni discontinue delle equazioni di Eulero sono le sole che


possono essere soluzioni stazionarie in una dimensione, oltre a quella banale della
corrente uniforme. Tutte le soluzioni unidimensionali continue sono necessaria-
mente non stazionarie. In particolare possono esistere soluzioni variabili col tempo
di tipo similare, che dipendono dalle variabili indipendenti x e t solo attraverso la
variabile di similarità x/t. Soluzioni di questo tipo si ottengono quando non esiste
alcuna lunghezza di riferimento nel problema e nelle sue condizioni iniziali, come
ad esempio nei problemi di Riemann.
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A-147

Appendice O

Onde d’urto oblique

Introduzione Questa appendice è dedicata allo descrizione delle onde d’urto in-
clinate rispetto a una corrente uniforme incidente. Si ricavano le condizioni di salto
fra le variabili attraverso una superficie piana immersa in una corrente stazionaria
non necessariamente unidimensionale. Dopo avere descritto la situazione in cui è
discontinua la solaa componente della velocità tangente alla superficie, detta su-
perficie di contatto, si esamina in dettaglio la situazione in cui la sola componente
discontinua della velocità è quella normale per cui si forma un’onda d’urto obliqua.
Le relazioni di salto corrispondenti sono note come condizioni di Rankine–Hugoniot
dell’urto obliquo.
Le equazioni della gasdinamica in due o tre dimensioni possono avere soluzioni
stazionarie discontinue con un urto obliquo quando una corrente uniforme incontra
un corpo caratterizzato da superfici piane. Ad esempio, possiamo immaginare
un diedro, la cui sezione è mostrata nella figura O.1, investito da una corrente
uniforme, allineata con l’asse di simmetria del diedro. Se la velocità del fluido a
monte è sufficientemente elevata rispetto alla velocità del suono e se l’inclinazione
delle pareti del diedro non è troppo grande rispetto alla direzione della corrente, il
fluido può subire una deviazione e un rallentamento improvvisi, che sono gli stessi
a qualunque distanza dal piano di simmetria: in altre parole si possono generare
due onde d’urto piane oblique rispetto alla direzione della corrente incidente, come
illustrato nella figura O.1. Ad essere precisi, le superfici di discontinuità sono due
semipiani che escono dalla retta che costituisce lo spigolo del diedro.
Per ogni assegnata configurazione cinematico/geometrica che permette la for-
mazione di un urto obliquo, mostreremo che sono possibili due urti differenti, chia-
mati urto debole e urto forte, dietro i quali la corrente è rispettivamente supersonica
e subsonica.
u1
Senza perdita di generalità, l’urto obliquo può essere studiato considerando una
corrente bidimensionale. Formuleremo inizialmente il problema senza introdurre
alcuna ipotesi riguardo le proprietà termodinamiche del gas considerato. Solo in un
Figura O.1 Corrente uniforme che secondo tempo svilupperemo le relazioni dell’urto obliquo nel caso particolare del
incide su un diedro gas ideale politropico.
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A-148 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

O.1 Condizioni di salto in correnti 2D/3D


Consideriamo una corrente stazionaria che è uniforme prima di raggiungere una
superficie piana, inclinata rispetto alla direzione della corrente incidente. La super-
ficie si trova dentro il fluido e attraverso di essa la corrente può variare anche in
u2,τ modo discontinuo per una o più variabili del campo di moto. Usiamo gli indici 1 e
u1 2 per contraddistinguere le variabili nella regione, rispettivamente, a sinistra e a de-
u2
stra della discontinuità, per cui u1 , ρ1 ed e1 individuano le variabili termodinamiche
u1,τ nella corrente che incide sulla superficie e u2 , ρ2 ed e2 quelle nella corrente che
β
esce dalla superficie. Introduciamo un sistema di coordinate cartesiane, in cui la
superficie di discontinuità è ferma, con l’asse x nella stessa direzione della velocità
uniforme u1 del fluido che incide sulla superficie e indichiamo con β l’angolo com-
Figura O.2 Corrente con superficie preso fra l’asse x e la superficie, come mostrato nella figura O.2. L’angolo β di
di discontinuità inclinata rispetto a una deviazione della direzione della corrente è detto angolo dell’urto obliquo rispetto
corrente uniforme alla corrente incidente.
Per scrivere le condizioni di salto attraverso la superficie di discontinuità è
comodo introdurre il versore n̂ in direzione normale alla superficie di discontinuità
e decomporre i vettori velocità u1 e u2 nelle direzioni normale e tangente ad essa,
ovverosia,

u1 = u 1,n n̂ + u1,τ ,
u2 = u 2,n n̂ + u2,τ ,

dove u = (u n , uτ ), essendo
(
(0, u τ ) in due dimensioni
uτ ≡
(0, u τ , u τ̃ ) in tre dimensioni

ossia uτ è la velocità tangente alla superficie di discontinuità (τ̃ indica la seconda


direzione tangente alla superficie, normale al piano del disegno).
Per prima cosa osserviamo che la legge di conservazione della massa implica
che il flusso della massa per unità di area che entra dal lato di sinistra della discon-

tinuità obliqua (ferma) deve essere uguale al flusso che esce dal lato di destra. Si
deve quindi avere la condizione:

ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n .

Figura O.3 Versore normale alla Se nel salto la componente normale della velocità diminuisce, la densità deve nec-
superficie di discontinuità per il calcolo essariamente aumentare, ovvero, a un rallentamento del fluido deve corrispondere
dei flussi attraverso di essa un suo addensamento.
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PARAGRAFO O.2: Superficie di contatto A-149

In secondo luogo vediamo la condizione di salto associata al bilancio della quantità


di moto, considerando separatamente la componente normale e quella tangente di
tale grandezza. Per quanto riguarda la componente normale abbiamo:

ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 .

Per quanto riguarda invece la componente della quantità di moto tangente alla
superficie, l’elemento fuori diagonale n-τ del tensore del flusso della quantità di
moto permette di scrivere

ρ1 u 1,n u1,τ = ρ2 u 2,n u2,τ .

Notare che non possiamo semplificare questa relazione sfruttando la condizione


di salto della conservazione della massa a meno di essere sicuri che u 1,n 6= 0 e
u 2,n 6= 0.
Infine, la legge di conservazione dell’energia totale nell’attraversamento della
superficie di discontinuità permette di scrivere la quarta relazione
     
ρ1 e1 + 12 |u1 |2 + P1 u 1,n = ρ2 e2 + 12 |u2 |2 + P2 u 2,n ,

ovverosia, in modo equivalente,


 
2 |u1 |
2
ρ1 u 1,n 1
+ e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2,n 2 |u2 |
1 2
+ e2 + P2 /ρ2 ,

essendo in ogni caso ρ1 > 0 e ρ2 > 0.


Scrivendo assieme le quattro condizioni di salto appena ricavate, avremo

ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 ,
ρ1 u 1,n u1,τ = ρ2 u 2,n u2,τ ,
 
ρ1 u 1,n 1
|u |2 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2,n 12 |u2 |2 + e2 + P2 /ρ2 ,
2 1

Tenendo conto che P = P(e, ρ), queste relazioni, per condizioni fissate a sinis-
tra, ossia per valori ρ1 , u1 ed e1 noti, costituiscono un sistema di equazioni nelle
incognite ρ2 , u 2,n , u2,τ ed e2 , che definiscono le condizioni a destra. Una soluzione
possibile è ovviamente quella che corrisponde a una corrente uniforme, ossia,
ρ2 = ρ1 , u2 = u1 e e2 = e1 (e quindi anche P2 = P1 ), ma essa è banale per cui non
sarà più considerata nel seguito.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-150 colour black Giugno 22, 2006

A-150 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

O.2 Superficie di contatto


Un tipo di corrente discontinua molto peculiare non banale che soddisfa le con-
dizioni di salto appena scritte si ha quando il fluido scorre parallelamente alla
superficie di discontinuità, ovvero, nel caso di corrente piana, parallelamente alla
retta di discontinuità. Se, ad esempio, la velocità u1 a monte della discontinuità
ha componente normale nulla, ossia u 1,n = 0, allora tutte le condizioni di salto,
tranne la seconda, sono soddisfatte prendendo semplicemente u 2,n = 0. La se-
conda condizione di salto si riduce invece alla semplice condizione di continuità
della pressione
P1 = P2
mentre le altre variabili possono essere discontinue, ossia possiamo avere:
ρ1 6= ρ2 , u1,τ 6= u2,τ ,
La soluzione discontinua di questo caso particolare è quindi caratterizzata dal
seguente insieme di relazioni

u1 u 1,n = u 2,n = 0; P1 = P2 ;
u1,τ 6= u2,τ ; ρ1 6= ρ2 .
u2
Questa soluzione stazionaria consiste quindi in una superficie di discontinuità per
la velocità tangente e per la densità del fluido, mentre la componente normale della
velocità e la pressione sono continue. Per tale motivo essa è chiamata superficie
Figura O.4 Superficie di contatto di contatto o anche superficie di scivolamento, in inglese slip surface o slip
line. Questa soluzione è schematizzata nella figura O.4 ed estende alle correnti
in più dimensioni la nozione di discontinuità di contatto propria delle correnti
unidimensionali Si noti che attraverso la superfice di contatto P1 = P2 ma ρ1 6=
ρ2 , per cui le altre variabili termodinamiche, come, ad esempio, la temperatura,
l’energia interna e l’entropia, sono discontinue.

O.3 Onda d’urto obliqua


Vediamo ora il caso di grande interesse in cui la corrente che soddisfa le condizioni
di salto comporta un passaggio netto di quantità di fluido attraverso la superficie di
discontinuità. In questo caso la velocità normale è diversa da zero, ossia u 1,n 6= 0 e
quindi anche u 2,n 6= 0. Allora la prima relazione di salto permette di semplificare le
ultime due relazioni. In particolare, la relazione di salto per la componente tangente
si semplifica in
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-151 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO O.3: Onda d’urto obliqua A-151

u1,τ = u2,τ

e quindi la componente della velocità tangente alla superficie è continua. Analoga-


mente, il fattore costante ρu n può essere semplificato nella relazione di salto per
l’energia, per cui riscriveremo il sistema delle altre tre condizioni nel modo seguente

ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 ,

P1 u 21,n P2 u 22,n
e1 + + = e2 + + ,
ρ1 2 ρ2 2

dove si è sfruttata anche l’uguaglianza |u1,τ |2 = |u2,τ |2 = |uτ |2 .

Onda d’urto normale equivalente


Le tre condizioni appena trovate (di un salto che non è una superficie di contatto)
sono dello stesso tipo di quelle dell’urto normale in una corrente unidimension-
ale, considerate nell’appendice N. L’unica particolarità è che in esse compaiono
le componenti u 1,n e u 2,n della velocità normali al piano di discontinuità dell’urto
obliquo al posto delle velocità u 1 e u 2 della corrente unidimensionale. Analoga-
mente al caso di urto normale, si deve osservare che la pressione non è una variabile
indipendente bensı̀ una funzione delle due variabili termodinamiche del problema,
ossia densità ed energia interna. Allora, se è nota la corrente a monte, incluse le
condizioni termodinamiche del fluido, potremo riscrivere le tre condizioni di salto
dell’urto obliquo nel modo seguente

ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P(e1 , ρ1 ) = ρ2 u 22,n + P(e2 , ρ2 ),
P(e1 , ρ1 ) u 21,n P(e2 , ρ2 ) u 22,n
e1 + + = e2 + + .
ρ1 2 ρ2 2

In principio, se è nota l’equazione di stato P = P(e, ρ) del gas, queste relazioni


determinano i valori di ρ2 , e2 e u 2,n a valle dell’urto a partire dalle corrispondenti
quantità ρ1 , e1 e u 1,n a monte. D’altra parte, occorre tenere presente che la compo-
nente normale u 1,n della velocità non è nota, dato che u 1,n = |u1 | sin β e l’angolo
β di inclinazione dell’urto è a sua volta incognito.
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A-152 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

Tuttavia, l’uguaglianza della componente tangente della velocità a cavallo dell’urto


può essere combinata con le condizioni di salto per ricavare una relazione che lega
u 2,n l’angolo β con l’angolo di deviazione δ, che è l’angolo di cui la corrente è stata
uτ uτ
u1 u2 deviata dalla sua direzione originaria (asse x), e con il rapporto delle densità a
β−δ cavallo del salto. Infatti, in virtù della figura O.5, le componenti normali e tangente
u 1,n delle velocità u1 e u2 sono definite dalle relazioni

u 1,n = |u1 | sin β,


β
u 2,n = |u2 | sin(β − δ),
Figura O.5 Componenti normale e u τ = |u1 | cos β = |u2 | cos(β − δ).
tangente delle velocità a monte e a valle
di un’onda d’urto obliqua La relazione per la componente tangente fornisce

|u1 | cos(β − δ)
= ,
|u2 | cos β

mentre la condizione di salto relativa alla conservazione della massa implica

|u1 | ρ2 sin(β − δ)
= .
|u2 | ρ1 sin β

Uguagliando i due rapporti si ottiene

cos(β − δ) ρ2 sin(β − δ)
= ,
cos β ρ1 sin β

ovverosia

tan β ρ2
= .
tan(β − δ) ρ1

D’altra parte, in virtù delle condizioni di salto per la componente normale, il


rapporto ρρ12 è in effetti una funzione dei valori noti della condizioni a monte dell’urto
e dell’angolo β incognito, ossia ρρ21 = f (1, β). Di conseguenza, la relazione
precedente è un’equazione nella sola incognita β e rappresenta una definizione
implicita della funzione β = β(δ). In generale questa funzione pu ò assumere due
valori diversi per cui, per un dato angolo δ nell’intervallo con urti piani, possono
esistere due angoli possibli di urto obliquo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-153 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-153

Una corrente di questo tipo che risulta essere uniforme, in due regioni separate da
un superficie di discontinuità che è un semipiano, può essere prodotta quando la
u1 corrente uniforme di un gas è diretta verso un diedro di semiapertura angolare δ
u2
con il piano di simmetria parallelo alla direzione della corrente incidente, come
β schematizzato nella figura O.6. Nel seguito si assume per ipotesi che i valori di
δ |u1 | e δ siano tali per cui il fluido subisce effettivamente una deviazione che non
dipende dalla distanza dal diedro. Naturalmente, la deviazione della velocità nella
Figura O.6 Configurazione di regione al di sotto del diedro è speculare di quella nella regione superiore solo se
un’onda d’urto obliqua su un diedro di il diedro è posto simmetricamente rispetto alla direzione della corrente incidente,
semiapertura angolare δ ossia il diedro è posto a incidenza nulla.

O.4 Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico


Le tre relazioni di salto dell’urto obliquo appena ricavate hanno la stessa forma
di quelle per l’urto normale, con la sola avvertenza di considerare le componenti
normali delle velocità. Se ora supponiamo che il fluido sia un gas ideale politropico,
possiamo utilizzare la soluzione dell’urto normale determinata nel paragrafo N.5
dell’appendice N, che è qui riportata per comodità
u2 ρ1 γ −1 2
= = + ,
u1 ρ2 γ + 1 (γ + 1)M12
P2 2γ γ −1
= M12 − ,
P1 γ +1 γ +1
2 + (γ − 1)M12
M22 = ,
2γ M12 − (γ − 1)
dove γ è il rapporto dei calori specifici del gas. Per rendere chiare le relazioni
dell’urto obliquo, è utile introdurre i vettori di Mach
u1 u2
M1 = e M2 =
c1 c2
delle correnti rispettivamente a monte e a valle dell’urto. In termini di tali vettori,
le espressioni della soluzione dell’urto normale possono essere utilizzate facendo
le semplici sostituzioni:
u 1,n |u1 | sin β
M1 → = = |M1 | sin β = M1 sin β,
c1 c1
u 2,n |u2 | sin(β − δ)
M2 → = = |M2 | sin(β − δ).
c2 c2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-154 colour black Giugno 22, 2006

A-154 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

Osserviamo che il requisito fondamentale per avere una corrente normale superso-
nica è ora
M1 sin β ≥ 1.
La corrente normale a valle sarà necessariamente subsonica, ossia |M2 | sin(β −δ) <
1, ma la velocità u2 potrà essere supersonica dato che potrà essere
|M2 | > 1.
Effettuando ora le sostituzioni indicate, si ottiene la soluzione dell’urto obliquo nel
gas ideale politropico

u 2,n ρ1 γ −1 2
= = +
u 1,n ρ2 γ + 1 (γ + 1)M12 sin2 β
P2 2γ γ −1
= M 2 sin2 β −
P1 γ +1 1 γ +1
2 + (γ − 1)M12 sin2 β
|M2 |2 =  
sin2 (β − δ) 2γ M12 sin2 β − (γ − 1)

Notiamo che nell’attraversamento dell’urto si ha ρ2 > ρ1 e quindi u 2,n < u 1,n ,


per cui la velocità dopo l’urto obliquo gira sempre verso la direzione tangente alla
superficie dell’urto.
A queste relazioni si deve aggiungere naturalmente una quarta relazione che
determina l’angolo incognito β, ossia,

2 + (γ − 1)M12 sin2 β
tan(β − δ) = tan β ,
(γ + 1)M12 sin2 β

dove si è utilizzata l’espressione del rapporto di compressione valida per il gas


ideale politropico. Come anticipato, quest’ultima relazione è un’equazione nella
sola incognita β. Essa non può essere risolta analiticamente rispetto a β, ma
è possibile ricavare un’espressione esplicita dell’angolo di deviazione δ. Infatti,
tan x−tan y
sfruttando l’identità trigonometrica tan(x − y) = 1+tan x tan y , con semplici calcoli
si ottiene
 2 2 !
−1 2 cot β M1 sin β − 1
δ = tan .
M12 [γ + cos(2β)] + 2
Nella figura O.7 si rappresenta l’andamento della funzione δ = δ(β, M 1 ) per diversi
valori di M1 , nel caso tipico del gas ideale con γ = 1.4 (aria).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-155 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-155

δ

◦ 5 10
40
4
30◦ 3
2.5
Figura O.7 Inclinazione β degli urti 20◦ 2
obliqui, debole e forte, in funzione 1.75
dell’angolo δ della parete rispetto alla 10◦ 1.5
direzione della corrente incidente (per M1 = 1.25
γ = 1.4) 10◦ 20◦ 30◦ 40◦ 50◦ 60◦ 70◦ 80◦ 90◦ β

Le curve del disegno dicono per prima cosa che, per ogni dato numero di Mach
M1 a monte, la soluzione esiste solo se l’angolo δ della parete del diedro rispetto
alla corrente è inferiore a un valore determinato. In altre parole, il flusso ipotiz-
zato consistente in un urto obliquo non è possibile se il semipiano del diedro ha
un’inclinazione δ troppo grande rispetto alla corrente incidente, per un dato numero
di Mach. Ad esempio, per M1 = 2 l’angolo massimo per avere un urto piano è
circa 20◦ e per M1 → ∞ l’angolo massimo è circa 46◦ .
Possiamo determinare il valore massimo δmax dell’angolo di semi-apertura del
diedro oltre il quale non può esistere alcun urto attaccato. Questo valore si ottiene
considerando il limite per M1 → ∞ della funzione δ(β, M1 ), ossia
 
sin(2β)
δ M1 →∞ (β) = tan−1 .
γ + cos(2β)
L’annullamento della derivata di questa funzione fornisce
  
M1 > 1 |M(r)| > 1 β = 12 cos−1 − γ1 , δmax = tan−1 √ 1
γ 2 −1

Per δ > δmax l’urto piano attaccato non può esistere, indipendentemente dal valore
|M(r)| < 1 di M1 e si forma un urto curvo distaccato, come mostrato in figura O.8.
Si noti che la corrente dietro l’urto staccato è sia subsonica (nella zona anteriore
δ > δmax
prossima al naso del corpo) sia supersonica (nella zona verso valle). Nella figura O.8
La linea dei punti in cui il modulo del numero di Mach dopo l’urto |M(r)| = 1 si
Figura O.8 Urto staccato e corrente chiama linea sonica, rappresentata dalla curva a puntini della figura O.8. In realtà
mista subsonica e supersonica dietro nella corrente reale si ha una superficie sonica di cui nella figura è disegnata la
l’urto curvo sezione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-156 colour black Giugno 22, 2006

A-156 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

u1 u2 La seconda informazione della figura O.7 è che, per ogni numero di Mach M1
a monte e per angoli δ permessi, esistono due urti con deviazione diverse della
δ corrente. I due urti sono mostrati nella figura O.9 e hanno intensità diverse: la
soluzione dell’urto obliquo caratterizzata dal valore β inferiore è indicata come
u1 urto debole mentre quella con β maggiore è detta urto forte. L’urto forte riduce la
u2 corrente a subsonica mentre l’urto debole lascia in genere la corrente supersonica.
δ Nei disegni e nei grafici che seguono l’urto debole è indicato da una linea tratteggiata
mentre quello forte da una linea continua.
Figura O.9 Urti obliqui: urto debole
La differenza fra i due urti obliqui si riduce fino a scomparire quando l’angolo
(in alto) e urto forte (in basso)
δ tende al suo valore massimo consentito per il numero di Mach dato. L’intensità
degli urti è misurata da
P2 − P1 2γ 
I = = M12 sin2 β − 1 .
P1 γ +1
Per un determinato angolo δ, l’aumento del numero di Mach ha effetti opposti
sugli urti di tipo debole rispetto a quelli forti: l’angolo β di inclinazione degli urti
deboli diminuisce e quindi si avvicina a quella del diedro, mentre l’inclinazione
degli urti forti aumenta e quindi si allontana da quella del diedro, come illustrato
nella figura O.10.

urto debole

M1 = 2 β = 53.3◦ M1 = 5
β = 29.9◦

δ = 20 δ = 20◦

M1 = 2 β = 74.2◦ M1 = 5 β = 84.5◦
Figura O.10 Effetto dell’aumento

del numero di Mach M1 a monte negli δ = 20 δ = 20◦
urti obliqui urto forte

Notiamo che le due soluzioni per δ → 0, ossia in una corrente  attorno a diedro
infinitamente sottile, sono un urto debole con β = sin−1 M11 di intensità che tende
a zero, ovvero non c’è alcun urto, e un urto forte normale β = π/2 di intensità
I = γ2γ+1
M 2
1 − 1 , ovvero si osserva la formazione di un urto normale.
Le due soluzioni trovate sono entrambe possibili ma corrispondono a condizioni
al contorno diverse. Negli esperimenti in cui l’urto è attaccato si verificano esclu-
sivamente urti deboli e urti forti si osservano solo nella correnti con urto staccato,
che abbiamo visto essere di tipo misto subsonico e supersonico nella regione dietro
l’urto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-157 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-157

urto debole

δ δ0

Figura O.11 Effetto dell’aumento urto forte


dell’angolo δ della parete, rispetto alla
δ δ0
direzione della corrente a monte degli
urti obliqui

Nella figura O.11 si mostra invece come varia l’inclinazione degli urti all’aumentare
dell’angolo δ della parete, rispetto alla direzione della corrente incidente.
Una modo alternativo di rappresentare le soluzioni dell’urto obliquo consiste
nel vedere come l’angolo β dell’urto dipende dal numero di Mach a monte M 1 ,
per diversi valori dell’angolo δ del piano. Infatti, anche se non è stato possibile
risolvere l’equazione rispetto a β, essa può essere facilmente risolta rispetto a M1 ,
ottenendo

2 tan β
M12 = .
sin2 β[(γ + 1) tan(β − δ) − (γ − 1) tan β]

Questo risultato può essere semplificato riscrivendo il numeratore e il denominatore


nel modo seguente

2 cos(β − δ)
M12 = .
sin β[(γ + 1) sin(β − δ) cos β − (γ − 1) sin β cos(β − δ)]

A questo punto si usano le identità trigonometriche per le funzioni degli angoli


multipli per ridurre l’espressione nella seguente forma

2 cos(β − δ)
M12 = .
sin β[sin(2β − δ) − γ sin δ]

Nella figura O.12 si mostrano le curve della funzione M1 = f (β, δ), per alcuni
valori di δ (ovviamente con δ < δmax ) per γ = 1.4.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-158 colour black Giugno 22, 2006

A-158 APPENDICE O: ONDE D’URTO OBLIQUE

β
90◦
δ=0 5
80◦ 10 15
20
70◦
25 30 35 40
60◦
50◦
40◦
30◦
Figura O.12 Inclinazione β degli 20◦
urti obliqui, debole e forte, in funzione 10◦
del numero di Mach a monte M1 (per
γ = 1.4) 1 2 3 4 M1

Un’altra funzione interessante per l’analisi dell’onda d’urto obliqua è il numero di


Mach |M2 | a valle dell’urto in funzione di quello a monte:

2 + (γ − 1)M12 sin2 β
|M2 |2 =  .
sin2 (β − δ) 2γ M12 sin2 β − (γ − 1)

Le curve M1 = M1 (|M2 |) per vari valori di δ sono disegnate nella figura O.13,
ricorrendo alla loro rappresentazione parametrica: M1 = f (β, δ), |M2 | = g(β, δ),
per 0 ≤ β ≤ π/2.

|M2 | 0◦
4 5◦
10◦
15◦
3
20◦
25◦
2 30◦
35◦

1 δ = 40◦

Figura O.13 Numero di Mach |M2 |


a valle degli urti obliqui in funzione del
numero di Mach M1 a monte 1 2 3 4 M1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-159 colour black Giugno 22, 2006

PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-159

Infine, è interessante vedere anche come varia il rapporto di compressione in fun-


zione del numero di Mach M1 a monte,

P2 2γ γ −1
= M12 sin2 β − ,
P1 γ +1 γ +1

per diversi valori dell’angolo di deviazione δ. Le curve corrispondenti, calcolate ri-


correndo ancora alla rappresentazione parametrica, sono mostrate nella figura O.14.
P2
P1 4 30◦
25◦

3 20◦

2 15◦

10◦
1
δ = 5◦
Figura O.14 Rapporto di
compressione in funzione del numero di
Mach M1 a monte degli urti obliqui 1 2 3 4 M1
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 1 colour black

IDENTITA’ VETTORIALI
Se u = u x x̂ + u y ŷ + u z ẑ allora (prodotto scalare) u v = u x vx + u y v y + u z vz

v = vx x̂ + v y ŷ + vz ẑ x̂ ŷ ẑ

(prodotto vettoriale) u v = u x u y u z = (u y vz − u z v y ) x̂ + (u z vx − u x vz ) ŷ + (u x v y − u y vx ) ẑ


w = wx x̂ + w y ŷ + wz ẑ v
x v y vz
q  
√ u v
modulo di u = |u| = u u= u 2x + u 2y + u 2z angolo compreso fra u e v = cos−1
|u||v|

identità dei prodotti tripli: u (v w) = v (w u) = w (u v) u (v w) = (u w)v − (u v)w


    

IDENTITA’ CONTENENTI GRADIENTE, DIVERGENZA, ROTORE E LAPLACIANO


∂ ∂ ∂
= x̂ + ŷ + ẑ F(x, y, z) = Fx (x, y, z) x̂ + Fy (x, y, z) ŷ + Fz (x, y, z) ẑ


operatore “nabla” o “del”


∂x ∂y ∂z
∂φ ∂φ ∂φ ∂ Fx ∂ Fy ∂ Fz
φ(x, y, z) = grad φ(x, y, z) = x̂ + ŷ + F(x, y, z) = div F(x, y, z) = + +
 


∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z
x̂ ŷ ẑ


F(x, y, z) = rot F(x, y, z) = ∂∂x ∂∂y ∂∂z



F F Fz
  x y   
∂ Fz ∂ F y ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fx
= − x̂ + − ŷ + − ẑ
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y

∂f ∂f ∂f   
f = ax + ay + az )F = a Fx x̂ + a Fy ŷ + a
    

a (a Fz ẑ
∂x ∂y ∂z

(φψ) = φ ψ + ψ φ (F G) = ( F) G − F (
     

G)
  

(φF) = ( φ) F + φ ( (F G) = F( G) − G ( F) − (F )G + (G
       

F) )F
 

(φF) = ( φ) F + φ ( (F G) = F ( G) + G ( F) + (F )G + (G
       

F) )F
      

( φ) = 0 (rot grad = 0) F) = 0 (div rot = 0)


   

(
 

2 ∂ 2φ ∂2φ ∂2φ 2
φ(x, y, z) = φ(x, y, z) = div grad φ = + + F) = F) − (rot rot = grad div − laplaciano )
       

( ( F
 

∂ x2 ∂ y2 ∂ z2

VERSIONI DEL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO DIFFERENZIALE


Z b
f 0 (t) dt = f (b) − f (a) (teorema fondamentale in una dimensione)
a
Z
 
φ dr = φ r(b) − φ r(a) se C è la curva r = r(t), (a ≤ t ≤ b)


ZZ   I I
∂ Fy ∂ Fx 
− dA = F dr = Fx (x, y) dx + Fy (x, y) d y dove C è il contorno di R orientato positivamente (teorema di Green)
R ∂x ∂y C C
ZZ I I

F n̂ d S = F dr = Fx (x, y, z) dx + Fy (x, y, z) d y + Fz (x, y, z) dz dove C è il contorno orientato di S


(teorema di Stokes)


S C C

Versioni tridimensionali: S è il contorno chiuso di V , con vettore normale esterno n̂


ZZZ ZZ Z I
F dV = F n̂ d S F=
 

F n̂ (teorema della divergenza)


V S V S
ZZZ ZZ Z I
φ dV = φ n̂ d S φ=
 

φ n̂ (teorema del gradiente)


V S V S
ZZZ ZZ Z I
F dV = − F n̂ d S F=−
 

F n̂ (teorema del rotore)


   

V S V S
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COORDINATE POLARI PIANE


∂r ∂r

vettore posizione: r = r cos θ x̂ + r sin θ ŷ fattori di scala: h r = = 1, hθ = =r
∂r ∂θ
p
trasformazione: r = x2 + y2 x = r cos θ base locale: r̂(θ ) = cos θ x̂ + sin θ ŷ x̂ = cos θ r̂(θ ) − sin θ ˆ (θ)
θ = tan2 −1
(y, x) y = r sin θ ˆ (θ ) = − sin θ x̂ + cos θ ŷ ŷ = sin θ r̂(θ ) + cos θ ˆ (θ)

elemento di area: dV = r dr dθ
campo scalare: f (r, θ) campo vettoriale: F(r, θ ) = Fr (r, θ ) r̂(θ ) + Fθ (r, θ ) ˆ (θ )
∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂  1 ∂ Fθ
f = r̂(θ) + F= r Fr +
 

gradiente: (θ) divergenza:


∂r r ∂θ r ∂r r ∂θ
 
1 ∂  1 ∂ Fr
F= r Fθ −


rotore: ẑ


r ∂r r ∂θ
 
2 1 ∂  ∂f  1 ∂2 f 2 1 ∂  ∂ Fr  1 ∂ 2 Fr Fr 2 ∂ Fθ
f = + 2 F= + 2 − 2 − 2
 

laplaciano: r lapl. vett.: r r̂(θ )


r ∂r ∂r r ∂θ 2 r ∂r ∂r r ∂θ 2 r r ∂θ
  ∂F  
1 ∂ θ 1 ∂ 2 Fθ Fθ 2 ∂ Fr ˆ (θ )
+ r + − 2 + 2
r ∂r ∂r r 2 ∂θ 2 r r ∂θ
  
∂f aθ ∂ f ∂ Fr aθ ∂ Fr
f = ar + )F = ar + − Fθ
 

advezione: a advez.: (a r̂(θ )


∂r r ∂θ ∂r r ∂θ
  
∂ Fθ aθ ∂ Fθ ˆ (θ )
+ ar + + Fr
∂r r ∂θ

COORDINATE CILINDRICHE
∂r ∂r ∂r

vettore posizione: r = R cos θ x̂ + R sin θ ŷ + z ẑ fattori di scala: h R = = 1, hθ = = R, hz = =1
∂R ∂θ ∂z
p
trasformazione: R = x2 + y2 x = R cos θ base locale: R̂(θ ) = cos θ x̂ + sin θ ŷ x̂ = cos θ R̂(θ ) − sin θ ˆ (θ )
θ = tan2−1 (y, x) y = R sin θ ˆ (θ ) = − sin θ x̂ + cos θ ŷ ŷ = sin θ R̂(θ ) + cos θ ˆ (θ )
z=z z=z

elemento di volume: dV = R dR dθ dz
campo scalare: f (R, θ, z) campo vett.: F(R, θ, z) = F R (R, θ, z) R̂(θ ) + Fθ (R, θ, z) ˆ (θ ) + Fz (R, θ, z) ẑ
∂f 1 ∂f ˆ ∂f 1 ∂  1 ∂ Fθ ∂ Fz
f = R̂(θ) + (θ) + F= R FR + +
 

gradiente: ẑ divergenza:
∂R R ∂θ ∂z R ∂R R ∂θ ∂z
   
1 ∂ Fz ∂ Fθ ∂ FR ∂ Fz ˆ (θ )
F= − R̂(θ ) + −


rotore:


R ∂θ ∂z ∂z ∂R
 
1 ∂  1 ∂ FR
+ R Fθ − ẑ
R ∂R R ∂θ
 
2 1 ∂  ∂f  1 ∂2 f ∂2 f 2 1 ∂  ∂ FR  1 ∂ 2 FR ∂ 2 FR FR 2 ∂ Fθ
f = + 2 2 + 2 F= + 2 + − 2 − 2
 

laplaciano: R R R̂(θ )
R ∂R ∂R R ∂θ ∂z R ∂R ∂R R ∂θ 2 ∂ z2 R R ∂θ
 
1 ∂  ∂ Fθ  1 ∂ 2 Fθ ∂ 2 Fθ Fθ 2 ∂ FR ˆ (θ )
+ R + + − + 2
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂ z2 R2 R ∂θ
   
1 ∂ ∂ Fz 1 ∂ 2 Fz ∂ 2 Fz
+ R + + ẑ
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂ z2
   
∂f aθ ∂ f ∂f ∂ FR aθ ∂ FR ∂ FR
f = aR + + az )F = a R + − Fθ + az
 

advezione: a (a R̂(θ )
∂R R ∂θ ∂z ∂R R ∂θ ∂z
   
∂ Fθ aθ ∂ Fθ ∂ Fθ ˆ (θ )
+ aR + + FR + az
∂R R ∂θ ∂z
 
∂ Fz aθ ∂ Fz ∂ Fz
+ aR + + az ẑ
∂R R ∂θ ∂z
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COORDINATE SFERICHE
∂r ∂r ∂r

vettore posizione: r = r sin θ cos φ x̂ + r sin θ sin φ ŷ + r cos θ ẑ fattori di scala: h r = = 1, h θ = = r, h φ = = r sin θ
∂r ∂θ ∂φ
p
trasformazione: r = x 2 + y 2 + z2 base locale: r̂(θ, φ) = sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ
p 
θ = cos−1 z/ x 2 + y 2 + z 2 ˆ (θ, φ) = cos θ cos φ x̂ + cos θ sin φ ŷ − sin θ ẑ

φ = tan2 −1
(y, x) ˆ (φ) = − sin φ x̂ + cos φ ŷ

x = r sin θ cos φ x̂ = sin θ cos φ r̂(θ, φ) + cos θ cos φ ˆ (θ, φ) − sin φ ˆ (φ)
y = r sin θ sin φ
ŷ = sin θ sin φ r̂(θ, φ) + cos θ sin φ ˆ (θ, φ) + cos φ ˆ (φ)
z = r cos θ
ẑ = cos θ r̂(θ, φ) − sin θ ˆ (θ, φ)
elemento di volume: dV = r2 sin θ dr dθ dφ

campo scalare: f (r, θ, φ) c. vett.: F(r, θ, φ) = Fr (r, θ, φ) r̂(θ, φ) + Fθ (r, θ, φ) ˆ (θ, φ) + Fφ (r, θ, φ) ˆ (φ)

∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂f ˆ 1 ∂ 2  1 ∂  1 ∂ Fφ
f = r̂(θ, φ) + (θ, φ) + F= r Fr + sin θ Fθ +
 

gradiente: (φ) divergenza:


∂r r ∂θ r sin θ ∂φ r 2 ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
1 ∂  1 ∂ Fθ
F= sin θ Fφ −


rotore: r̂(θ, φ)


r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
1 ∂ Fr 1 ∂ 
+ − r Fφ ˆ (θ, φ)
r sin θ ∂φ r ∂r
 
1 ∂  1 ∂ Fr ˆ
+ r Fθ − (φ)
r ∂r r ∂θ
 
2 1 ∂  2 ∂f  1 ∂  ∂f  1 ∂2 f 2 2 2Fr 2 ∂(sin θ Fθ ) 2 ∂ Fφ
f = + 2 + 2 2 F= Fr − − 2 − 2
  

r sin θ r̂(θ, φ)
r 2 ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂φ 2 r2 r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
 
2 Fθ 2 cos θ ∂ Fφ 2 ∂ Fr ˆ (θ, φ)
+ Fθ − − 2 2 + 2


r 2 sin2 θ r sin θ ∂φ r ∂θ
 
2 Fφ 2 cos θ ∂ Fθ 2 ∂ Fr ˆ (φ)
+ Fφ − + 2 2 + 2


r 2 sin2 θ r sin θ ∂φ r sin θ ∂φ


 
∂f aθ ∂ f aφ ∂ f aθ Fθ + aφ Fφ
f = ar + + )F = a Fr −
  

advezione: a (a r̂(θ, φ)
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ r
 
aθ Fr − cot θ aφ Fφ ˆ (θ, φ)
+ a Fθ +


r
 
aφ (Fr + cot θ Fθ ) ˆ (φ)
+ a Fφ +


r
    
∂ Fr aθ ∂ Fr aφ 1 ∂ Fr
= ar + − Fθ + − Fφ r̂(θ, φ)
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
    
∂ Fθ aθ ∂ Fθ aφ ∂ Fθ ˆ (θ, φ)
+ ar + + Fr + − cos θ Fφ
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
    
∂ Fφ aθ ∂ Fφ aφ 1 ∂ Fφ ˆ (φ)
+ ar + + + cos θ Fθ + Fr
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
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COORDINATE CILINDRICHE PER PROBLEMI ASSISIMMETRICI CON EVENTUALE “SWIRL”

versori: R̂(θ) → R̂ e ˆ (θ) → ˆ

campo scalare: f (R, z) campo vettoriale: F(R, z) = F R (R, z) R̂ + Fz (R, z) ẑ + Fθ (R, z) ˆ

∂f ∂f 1 ∂  ∂ Fz
f = R̂ + F= R FR +
 

gradiente: ẑ divergenza:
∂R ∂z R ∂R ∂z
 
∂ Fθ 1 ∂  ∂ FR ∂ Fz ˆ
F=− R̂ + R Fθ ẑ + −


rotore:


∂z R ∂R ∂z ∂R
     
2 1 ∂ ∂f ∂2 f 2 2 FR  2
 2 Fθ ˆ
f = + F= FR − R̂ + Fz ẑ + Fθ −
    

laplaciano: R lapl. vett.:


R ∂R ∂R ∂ z2 R2 R2
   
∂f ∂f aθ Fθ   aθ F R ˆ
f = aR + az )F = a FR − R̂ + a Fz ẑ + a Fθ +
    

advezione: a advez.: (a
∂R ∂z R R
   
∂ FR ∂ FR aθ Fθ ∂ Fz ∂ Fz
= aR + az − R̂ + a R + az ẑ
∂R ∂z R ∂R ∂z
 
∂ Fθ ∂ Fθ aθ F R ˆ
+ aR + az +
∂R ∂z R

COORDINATE SFERICHE PER PROBLEMI ASSISIMMETRICI CON EVENTUALE “SWIRL”

versori: r̂(θ, φ) → r̂(θ), ˆ (θ, φ) → ˆ (θ) e ˆ (φ) → ˆ

campo scalare: f (r, θ) campo vett.: F(r, θ ) = Fr (r, θ ) r̂(θ ) + Fθ (r, θ ) ˆ (θ ) + Fφ (r, θ ) ˆ

∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂ 2  1 ∂ 
f = r̂(θ) + F= r Fr +
 

gradiente: (θ) divergenza: sin θ Fθ


∂r r ∂θ r 2 ∂r r sin θ ∂θ
1 ∂  1 ∂ 
F= sin θ Fφ r̂(θ ) − r Fφ ˆ (θ )


rotore:


r sin θ ∂θ r ∂r
 
1 ∂  1 ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ
r ∂r r ∂θ
     
2 1 ∂ ∂f 1 ∂ ∂f 2Fr 2 ∂(sin θ Fθ )
f = r2 + 2
F= 2
Fr − − 2
  

laplaciano: sin θ lapl. vett.: r̂(θ )


r 2 ∂r ∂r r2 sin θ ∂θ ∂θ r2 r sin θ ∂θ
 
2 Fθ 2 ∂ Fr ˆ (θ )
+ Fθ − + 2


r 2 sin2 θ r ∂θ
 
2 Fφ ˆ
+ Fφ −


r2 sin2 θ
 
∂f aθ ∂ f aθ Fθ + aφ Fφ
f = ar + )F = a Fr −
  

advezione: a advez.: (a r̂(θ )


∂r r ∂θ r
 
aθ Fr − cot θ aφ Fφ ˆ (θ )
+ a Fθ +


r
 
aφ (Fr + cot θ Fθ ) ˆ
+ a Fφ +


r
   
∂ Fr aθ ∂ Fr aφ Fφ
= ar + − Fθ − r̂(θ )
∂r r ∂θ r
   
∂ Fθ aθ ∂ Fθ aφ Fφ ˆ (θ )
+ ar + + Fr − cot θ
∂r r ∂θ r
 
∂ Fφ aθ ∂ Fφ aφ ˆ
+ ar + + (Fr + cot θ Fθ )
∂r r ∂θ r
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COORDINATE CURVILINEE ORTOGONALI


trasformazione: x = x(u, v, w), y = y(u, v, w), z = z(u, v, w) vettore posizione: r = x(u, v, w) x̂ + y(u, v, w) ŷ + z(u, v, w) ẑ
∂r ∂r ∂r
1 ∂r 1 ∂r 1 ∂r
fattori di scala: h u = , h v = , hw = base locale: û(u, v, w) = , v̂(u, v, w) = , ŵ(u, v, w) =
∂u ∂v ∂w h u ∂u h v ∂v h w ∂w
elemento di volume: dV = h u h v h w du dv dw
campo scalare: f (u, v, w) campo vettoriale: F(u, v, w) = Fu (u, v, w) û + Fv (u, v, w) v̂ + Fw (u, v, w) ŵ
 
1 ∂f 1 ∂f 1 ∂f 1 ∂  ∂  ∂ 
f = û + v̂ + F= h v h w Fu + h u h w Fv +
 

gradiente: ŵ divergenza: h u h v Fw
h u ∂u h v ∂v h w ∂w hu hv hw ∂u ∂v ∂w

 h u û h v v̂ h w ŵ
     
2 1 ∂ hv hw ∂ f ∂ hu hw ∂ f ∂ hu hv ∂ f 1 ∂ ∂ ∂
f = + + F=
 

rotore:


h u h v h w ∂u h u ∂u ∂v h v ∂v ∂w h w ∂w h u h v h w ∂u ∂v ∂w
h F h v Fv h w Fw

u u
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EQUAZIONI DI LAPLACE E DI BERNOULLI PER CORRENTI INCOMPRIMIBILI IRROTAZIONALI DEI FLUIDI NON VISCOSI
2
φ=0 Condizione di compatibilità:
ZZ
∂φ
= bn (r S , t) bn (r S , t) d S = 0
∂n |S S


| φ(r, t)|2


(r, t) ∂φ(r, t)
=− − − χ(r) + C(t)
ρ ∂t 2

EQUAZIONI DI EULERO PER CORRENTI INCOMPRIMIBILI DEI FLUIDI NON VISCOSI




∂u
+ (u )u + = g(r, t)


Condizioni di compatibilità:
∂t ρ
u0 = 0


u=0


ZZ
u(r, 0) = u0 (r) bn (r S , t) d S = 0
S

n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t) n̂ u0 (r)|S = bn (r S , 0)

EQUAZIONI DI NAVIER–STOKES PER CORRENTI INCOMPRIMIBILI DEI FLUIDI VISCOSI (NEWTONIANI)




∂u 2
+ (u )u − ν u+ = g(r, t) [ν = µ/ρ] Condizioni di compatibilità:


∂t ρ
u0 = 0


u=0


ZZ
u(r, 0) = u0 (r) n̂ b(r S , t) d S = 0
S

u(r, t)|S = b(r S , t) n̂ u0 (r)|S = n̂ b(r S , 0)

EQUAZIONI DI EULERO PER FLUIDI COMPRIMIBILI NON VISCOSI


Forma convettiva: Forma intermedia: Forma conservativa con variabili conservative:
∂ρ ∂ρ ∂ρ
+u ρ+ρ u=0 + (ρu) = 0 + (ρu) = 0
   

∂t ∂t ∂t
∂u P


∂(ρu) ∂(ρu) 
+ (u )u + = g(r, t) + (ρu ⊗ u) + P = ρg(r, t) + ρu ⊗ u + P  = ρg(r, t)
   

∂t ρ ∂t ∂t
∂e P ∂(ρe) ∂(ρet ) 
+u e+ u=0 + (ρeu) + P u=0 + (ρet + P)u = ρu g(r, t)
 


 

∂t ρ ∂t ∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ), et = etot = e + 21 |u|2

EQUAZIONI DI NAVIER–STOKES PER FLUIDI COMPRIMIBILI VISCOSI (NEWTONIANI)


Forma con energia interna: Forma conservativa con variabili conservative:
∂ρ ∂ρ
+ (ρu) = 0 + (ρu) = 0
 

∂t ∂t
∂(ρu)  (u) + ρg(r, t) ∂(ρu)   (u) + ρg(r, t)
+ (ρu ⊗ u) + P= + ρu ⊗ u + P  =
    

∂t ∂t
∂(ρe) ∂(ρet )  
+ (ρeu) + P u= T ) +  (u):  (u) + (ρet + P)u = T + u  (u) + ρu g(r, t)
   


  

κ
∂t ∂t
 (u) = 2µ  (u) + λ ( u)   (u) = 2µ  (u) + λ ( u) 


1
   
 (u) ←→ ei, j (u) = 2 êi (ê j )u + ê j (êi i, j = 1, 2, 3  (u) ←→ ei, j (u) = 2 êi (ê j 1
)u + ê j (êi i, j = 1, 2, 3
 

)u ,
 

)u ,

P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ), t


e =e tot
=e+ 1
2 |u|
2
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EQUAZIONI DI EULERO DELLA GASDINAMICA IN FORMA CONSERVATIVA


Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in più dimensioni [q = ρu]:

ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0


∂t ∂x ∂t
     
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + +P =0 + +P =0 +


+P =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
     
q ∂ Et ∂ q ∂ Et q
E tt + Et + P =0 + Et + P =0 + Et + P =0


ρ x
∂t ∂x ρ ∂t ρ
     
Et |q|2  Et |q|2  Et |q|2 
P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t
ρ 2ρ ρ 2ρ ρ 2ρ

VETTORE DELLE INCOGNITE E FLUSSI DELLE EQUAZIONI DELLA GASDINAMICA


Problemi in una dimensione [q = ρu]: Problemi in più dimensioni [q = ρu]:
       
ρ q ρ q
   q2     
   +P     q⊗q 
w =  q , f (w) =   w =  q , f(w) = 
 ρ +P


   ρ     
q q
Et
tE +P Et t E +P
ρ ρ

FORMA CONSERVATIVA E FORMA QUASI-LINEARE DELLE EQUAZIONI DELLA GASDINAMICA


Sistema iperbolico in una dimensione: Sistema iperbolico in una dimensione: Sistema iperbolico in più dimensioni:
∂w ∂ f (w) ∂w
wt + [ f (w)]x = 0 + =0 + f(w) = 0


∂t ∂x ∂t
∂w ∂w ∂w
wt + A(w) wx = 0 + A(w) =0 + A(w) w=0


∂t ∂x ∂t
∂ f (w) ∂ f (w) ∂f(w)
A(w) = A(w) = A(w) =
∂w ∂w ∂w

EQUAZIONI DELLA GASDINAMICA PER CORRENTI ISENTROPICHE IN FORMA CONSERVATIVA


Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in più dimensioni [q = ρu]:

ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0


∂t ∂x ∂t
     
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + + P(ρ) =0 + + P(ρ) =0 +


+ P(ρ)  =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
[P = P(ρ) = P(s, ρ)] [P = P(ρ) = P(s, ρ)] [P = P(ρ) = P(s, ρ)]

EQUAZIONI DELLA GASDINAMICA PER GAS IDEALE ISOTERMO IN FORMA CONSERVATIVA


Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in una dimensione [q = ρu]: Equazioni in più dimensioni [q = ρu]:

ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0


∂t ∂x ∂t
     
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + + a 2ρ =0 + + a 2ρ =0 +


+ a 2ρ  =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
     
a 2 ρ = P(ρ) a 2 ρ = P(ρ) a 2 ρ = P(ρ)

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