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Indice
vi
vii
5.2 Forza di attrito viscoso 130 Corrente non stazionaria fra due lastre 190
parallele
5.3 Equazioni di Navier–Stokes 132
incomprimibili 5.9 Soluzioni esatte per correnti 193
in geometria cilindrica
5.4 Condizione iniziale e 135
Corrente di Couette fra superfici 196
condizione al contorno
Condizioni di compatibilità dei e fra i dati 139 cilindriche in rotazione
Frenamento improvviso di una colonna di 199
5.5 Equazioni adimensionali: il 141 fluido rotante
numero di Reynolds Decadimento di un vortice rettilineo 201
Adimensionalizzazione alternativa 143
Correnti ad alti numeri di Reynolds 144 5.10 Viscosità dei fluidi (anche 204
Correnti a bassi numeri di Reynolds 145 comprimibili)
Tensore degli sforzi viscosi 205
5.6 Soluzioni esatte per flussi 146 Tensore simmetrico “gradienti della 207
stazionari paralleli velocità”
Equazioni del moto fra due lastre piane 146 Fluido viscoso newtoniano 208
parallele Vettore sforzo viscoso relativo a una 209
Corrente di Couette piana 148 superficie
Corrente di Poiseuille piana 151 Forza di attrito viscoso 210
Corrente ibrida di Couette–Poiseuille 153 Caso di correnti incomprimibili 210
Corrente di Poiseuille in un tubo di 154
sezione circolare
6 Equazioni dello strato 213
Corrente lungo un piano inclinato causata 159
limite stazionario 2D
dalla gravità
5.7 Correnti stazionare attorno a 162 6.1 Valori tipici delle grandezze in 213
corpi semplici per Re = 0 uno strato limite
Corrente uniforme attorno a una sfera 163 6.2 Teoria dello strato limite di 214
Legge della resistenza di Stokes 167 Prandtl
Risoluzione mediante le variabili primitive 169 Ipotesi della teoria dello strato limite 214
Corrente attorno a un cilindro: paradosso 175 Analisi degli ordini di grandezza 216
di Stokes Corrente non viscosa 220
5.8 Soluzioni esatte per correnti 178 Equazioni dello strato limite di Prandtl 221
parallele dipendenti dal Rappresentazione della funzione di corrente 223
tempo 6.3 Corrente esterna uniforme: 225
Equazioni per correnti parallele non 178 profilo di Blasius
stazionarie Ricerca della variabile di similarità 228
Traslazione istantanea di una lastra piana 179 Equazione di Blasius 229
Diffusione della vorticità 186 Soluzione del campo di moto 229
Metodo alternativo per le soluzioni similari 187 Rappresentazione della funzione di corrente 238
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viii
ix
9.8 Flusso isentropico lungo una 434 9.13 Equazioni di Crocco per 475
linea di corrente correnti stazionarie rotazionali
Velocità del suono 439 Correnti stazionarie rotazionali con 477
Condizione sonica e valori critici 441 entalpia totale uniforme
Il caso del gas ideale politropico 443
9.9 Le equazioni dell’acustica 448
Linearizzazione delle equazioni di Eulero 448 10 Correnti comprimibili 479
Equazioni dell’acustica in un fluido in 450 viscose
quiete
Velocità del suono ed equazione delle 452 10.1 Viscosità di un fluido 480
onde acustiche comprimibile
Soluzione delle equazioni di Eulero 454
Tensore simmetrico “gradienti della 480
dell’acustica
velocità”
9.10 Velocità di propagazione nel 457 Fluido viscoso newtoniano 482
fluido comprimibile Dipendenza della viscosità dalla 485
Equazioni di Eulero in una dimensione 457 temperatura
Problema agli autovalori e velocità 457
caratteristiche 10.2 Equazione di bilancio della 486
quantità di moto
9.11 Potenziale per le correnti 459 Forza di attrito viscoso 486
comprimibili irrotazionali
“Bernoulli comprimibile” per correnti 463 10.3 Conservazione dell’energia 488
irrotazionali
Problema del potenziale comprimibile non 463 Conducibilità termica 488
stazionario
Il sistema di equazioni potenziale–entalpia 467 10.4 Equazioni di Navier–Stokes per 489
Problema del potenziale comprimibile 468 fluidi comprimibili
stazionario
Equazione per le piccole perturbazioni 469 10.5 Equazioni di Navier–Stokes in 491
forma conservativa
9.12 Correnti stazionarie irrotazionali
471
2D con entropia uniforme 10.6 Forma non differenziale: 493
Equazioni per le correnti stazionarie 472 metodo dei volumi finiti
irrotazionali Equazioni di Eulero non differenziali per 496
Equazioni della velocità per le correnti 473 correnti con urti
piane
Equazioni della velocità per le corrente 474 10.7 Equazioni di Navier–Stokes 498
assisimmetriche termodinamicamente stabili
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xi
xii
F Miscele di gas ideali con e A-68 F.6 Miscela di gas ideali reagenti 88
senza reazioni chimiche in non equilibrio chimico
xiii
xiv
FLUIDODINAMICA
..............................................................................................................
TERMODINAMICA
F. Auteri e L. Quartapelle, Fluidodinamica, summary tables 2 colour black
FLUIDODINAMICA
...............................................................................................................
TERMODINAMICA
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 1 colour black
n |u(r(`))|2 (r(`)) o
Corrente anche rotazionale + + χ (r(`)) linea di = C linea di
2 ρ corrente
corrente
|u(r)|2 (r)
Corrente irrotazionale (anche non potenziale) + + χ (r) = C
2 ρ
EQUAZIONE DI BERNOULLI PER CORRENTE INVISCIDA INCOMPRIMIBILE STAZIONARIA CON DENSITA’ VARIABILE
|u(r(`))|2 (r(`))
+ + χ (r(`)) = C linea di
2 ρ linea di linea di corrente
corrente corrente
“EQUAZIONI DI BERNOULLI” PER CORRENTI INVISCIDE COMPRIMIBILI h t = h + 21 |u|2 = e + P/ρ + 21 |u|2
Corrente con entropia anche non uniforme h t (r(`)) + χ(r(`)) linea di = C linea di
corrente corrente
2 ∂t 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 1 colore nero Ottobre 7, 2004
CAPITOLO 1
valido solo fino ad una scala spaziale che risulti molto maggiore della distanza che
caratterizza i vari fenomeni che si verificano a livello microscopico.
Per stabilire in modo più definito questa condizione di applicabilità del mod-
ello del fluido come continuo, si deve introdrre il libero cammino medio. Questa
grandezza rappresenta la distanza media percorsa dalle molecole fra due urti succes-
sivi ed è indicata con λ. Tipicamente il libero cammino medio nell’aria in condizioni
standard (temperatura T = 300 K e pressione atmosferica P = 1.01 × 10 5 Pa)
il valore del libero cammino medio è λ = 10−7 m, mentre nell’acqua alle stesse
condizioni, con le molecole che si muovono rimanendo sempre in contatto, esso è
più difficile da definire e viene arbitrariamento assunto uguale ad alcune distanze
intermolecolari, per cui è dell’irdine di circa 10−10 m.
Il valore di λ nelle condizioni termodinamiche del flusso in esame è poi con-
frontato con una lunghezza caratteristica del problema considerato, che indichi-
amo con L, ad esempio la dimensione di un corpo immerso nel fluido. Il rapporto
fra queste due grandezze, cioè
λ
Kn = ,
L
si chiama numero di Knudsen del flusso in esame e la descrizione secondo il
modello continuo di tale flusso sarà valida a condizione di avere Kn 1. In
caso contrario, sarà necessario ricorrere a un descrizione molto più dettagliata del
fenomeno nella quale dovranno necessariamente giocare un ruolo anche aspetti
legati alla struttura microscopica del fluido (teoria cinetica).
Pressione
La conseguenza immediata di questa proprietà del fluido è che, sotto le condizioni
di moto indicate, la forza interna s, per unità di area, agente su una superficie
elementare può essere espressa come il prodotto di uno scalare, detto pressione, e
del versore n̂ normale alla superficie ∆S considerata. Scriveremo pertanto
s = −P n̂,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 3 colore nero Ottobre 7, 2004
dove il segno meno è necessario in quanto s indica la forza (per unità di area)
esercitata dalla porzione di fluido verso cui punta n̂, sul fluido che si trova dall’altra
parte (ovviamente P > 0). Il valore della pressione P risulta dipendere in generale
dalla posizione r in cui si trova la superficie ∆S, per cui la pressione sar à in realtà
una funzione di r, ossia avremo
P = P(r).
In effetti il problema fondamentale della statica dei fluidi consiste nel calcolare
l’andamento del campo di pressione P(r) nelle condizioni specifiche del problema
considerato.
Densità
Oltre alla pressione, le proprietà del fluido sono caratterizzate anche da un’altra
grandezza macroscopica: la densità (di massa), detta anche massa volumica o
massa specifica, che rappresenta il rapporto fra la massa di una porzione di fluido e il
suo volume. La densità è indicata con ρ e le sue dimensioni sono una massa per unità
di volume, per cui nelle unità del Sistema Internazionale il valore di ρ sarà espresso
in kg/m3 . Naturalmente, anche la densità dipende in generale dalla posizione r
in cui si trova la porzione di fluido e scriveremo allora ρ(r). Di conseguenza,
la risoluzione dei problemi nella statica dei fluidi richiederà di determinare anche
l’andamento spaziale della densità ovvero di calcolare la funzione
ρ = ρ(r).
Nella tabella 1 sono riportati i valori della densità ρ in condizioni termodinamiche
standard, ovvero alla temperatura di T = 300 K e alla pressione atmosferica
P = 1.01 × 105 Pa, di tre fluidi tipici: il mercurio, l’acqua e l’aria. Nella stessa
tabella sono indicati anche i valori delle grandezze viscosità dinamica µ e della
viscosità cinematica ν delle tre sostanze sempre nella condizione termodinamica
standard. Le due viscosità µ e ν saranno definite più avanti nel paragrafo 5.1.
coordinate cartesiane (x, y, z) in termini degli infinitesimi dei tre integrali, ovvero
dV = dx dy dz.
Accanto alla forza di volume, abbiamo l’azione dovuta alle forze interne al
fluido che, considerando il volume V , agiscono sul fluido attraverso la superficie
S = ∂ V che racchiude il volume V . In condizoni di equibrio, ovvero con velocit à
nulla in ogni punto del fluido, le forze interne sono dovute alla sola azione della
pressione e quindi la forza interna totale agente attraverso tutta la superficie che
delimita la porzione di fluido sarà ottenuta sommando i contributi dovuti a ciscun
elemento di superficie d S:
ZZ
F S =
−P(r) n̂(r) d S,
S
dove n̂(r) indica il versore normale nel punto d S uscente dal volume V . Le
presenza del segno meno è dovuta chiaramente al fatto che la relazione esprime la
forza dovuta alla pressione che il fluido all’esterno di V esercita sul quello che si
trova all’interno di V (P > 0).
La condizione di equilibrio per la porzione di fluido considerata si scrive quindi
FV + F S = 0
che permette di ridurre l’integrale di volume del gradiente di una funzione qualsiasi
(derivabile) nell’integrale della funzione sulla superficie di contorno del volume
(notare la presenza del versore normale n̂ uscente dalla superficie). Utilizzando
questo teorema in senso inverso, l’integrale di superficie che compare nella con-
dizione di equilibrio può essere trasformato in integrale di volume e potremo quindi
scrivere
ZZZ
− P(r) + ρ(r) g(r) dV = 0.
V
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D’altra parte, il volume V può essere scelto in modo arbitrario, per cui l’annullamento
dell’integrale per ogni scelta di V richiede che sia nulla la funzione integranda.
RRR
Infatti, se una funzione continua f soddisfa V f (r) dV = 0 per qualunque
dominio V , allora f (r) = 0 in tutti i punti r di V , in quanto, se esistesse un punto r 0
tale che f (r0 ) 6= 0, ad esempio f (r0 ) > 0, allora, per la continuità della funzione
f , essa sarebbe positiva in tutti i punti
RRR appartenenti a un intorno B con centro in r 0
sufficientemente piccola, per cui B f (r) dV sarebbe maggiore di zero.
In altre parole, l’equazione di equilibrio in forma globale espressa dalla
relazione precedente è equivalente alla seguente equazione di equilibrio in forma
locale
− P(r) + ρ(r) g(r) = 0,
che deve essere soddisfatta in tutti i punti r del fluido. In questa equazione il campo
vettoriale g(r) è noto mentre le due funzioni scalari P(r) e ρ(r) sono le variabili
incognite da determinare.
Adottiamo ora una convenzione assai frequente in calcolo differenziale per la
quale si indicano le variabili indipendenti delle funzioni solo per le funzioni note
mentre le funzioni incognite sono indicate senza alcuna variabile. In base a tale
convenzione, l’equazione che esprime l’equilibrio del fluido in forma locale si scrive
nel modo seguente
− P + ρ g(r) = 0.
Questa è una equazione differenziale del primo ordine nella quale compaiono due
funzioni incognite, la pressione e la densità. Essendo l’equazione di carattere
vettoriale, si hanno tre equazioni scalari ma in essa compaiono solo due incognite.
Di conseguenza, in generale, ovvero per un campo di forze esterne g(r) del tutto
arbitrario, l’equazione potrebbe non ammettere soluzione, ovvero in quel campo di
forze l’equilibrio del fluido non sarebbe possibile.
Diventa quindi necessario scoprire quale condizione deve rispettare il campo
e ricordando che
g(r) affinché il fluido possa stare in equilibrio. Notando che risulta P = ρ g(r)
f = 0 per qualunque funzione f (derivabile), ricaviamo la
condizione di compatibilità
[ρ g(r)] = 0.
Sfortunatamente questa condizione non può essere ridotta a una condizone diretta
per il campo esterno g(r) in quanto la funzione densità ρ(r) non è nota ma rap-
presenta un’incognita da determinare come parte della soluzione del problema.
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Tuttavia, nel caso particolare di un fluido avente densità uniforme, ovvero tale che
ρ(r) = costante = ρ, avremo [ρ g(r)] =
la condizione su g(r) diventa semplicemente
[ρ g(r)] = ρ g(r) e quindi
g(r) = 0 in ogni punto del flu-
ido. Un campo vettoriale che soddisfa questa condizione si dice irrotazionale e,
quando rappresenta un campo di forze, il campo di forze corrispondente è detto
conservativo. Pertanto in un fluido avente densità ρ uniforme in ogni punto e
sottoposto a delle forze esterne conservative l’equilibrio del fluido sar à in ogni caso
possibile e la pressione potrà essere determinata come soluzione dell’equazione di
equilibrio P = ρ g(r), dove ρ rappresenta una costante nota.
( ρ) g(r) = 0.
Questa condizione deve essere combinata con l’equazione di equilibrio per cui in
un campo di forze conservative le stato di un fluido in equilibrio sar à determinato
come soluzione del seguente sistema di equazioni
− P + ρ g(r) = 0,
( ρ) g(r) = 0,
Venendo ora alla prima equazione del sistema, potremo scriverla anche come
P = ρ g(r), per cui impone a sua volta che si abbia P k g(r) in tutto il fluido.
Quindi la direzione del campo di forze è perpendicolare anche alle superfici di
valore costante della pressione. L’equazione di equilibrio ha tuttavia un contenuto
matematico quantitativo perché può essere integrata mentre la seconda equazione
ha un carattere puramente direzionale. In effetti per determinare le due incognite
P(r) e ρ(r) della soluzione del problema dell’equilibrio di un fluido è necessario
introdurre qualche altra informazione nella sua formulazione, ad esempio nella
forma di un’equazione termodinamica di stato relativa al fluido o di una relazione
di bilancio dell’energia per il fluido fermo.
P + ρg ẑ = 0,
P + ρ(z)g ẑ = 0,
e quindi anche la pressione P potrà dipendere solo da z, ovvero P(r) = P(z), per
cui l’equazione vettoriale di equilibrio si ridurrà a una semplice relazione scalare
dP
+ ρ(z)g = 0.
dz
Notiamo che questa singola equazione scalare potrà essere risolta per incognita
P(z) se l’andamento della densità con la quota z è noto oppure se è noto almeno un
legame esistente fra la variabile ρ e la variabile incognita P.
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dP
= −ρg,
dz
dove ρ rappresenta la densità uniforme del liquido. Parliamo qui di liquido invece
che di fluido perché abbiamo in mente il problema molto importante dell’equilibrio
dell’acqua sulla superficie terrestre. La risoluzione dell’equazione precedente è im-
mediata tramite la semplice integrazione del secondo membro (oltretutto costante)
Z z
P(z) = P0 − ρg dz = P0 − ρg z, per z < 0,
0
Nell’aria quindi la pressione diminuisce con la quota (z > 0). In base ai valori
della densità in condizioni standard ρ H2 O = 998 kg/m3 e ρ aria = 1.2 kg/m3 , la
rapidità di variazione di P con la quota nell’aria è circa un millesimo di quella
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ga 2
P +ρ r̂ = 0.
r2
Data la simmetria sferica del campo di forze, è conveniente riscrivere questa re-
lazione in coordinate sferiche, per cui la relazione vettoriale si riduce all’equazione
scalare
dP ga 2
+ ρ 2 = 0,
dr r
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dove entrambe le variabili P e ρ dipenderanno solo dalla distanza r dal centro della
Terra. Ricordiamo che il problema studiato è comunque all’esterno della Terra,
ossia per r > a.
La soluzione del problema dell’equilibrio dell’aria dipende inoltre dalla legge
con cui varia la temperatura dell’atmosfera con la quota. In una prima approssi-
mazione si può ritenere che la temperatura sia costante mentre una seconda approssi-
mazione, valida in certe zone alle alte quote, consiste nell’assumere un andamento
della temperatura lineare con la quota.
Pv = P/ρ = Raria T,
dove v indica il volume specifico (massa per unità di volume) e Raria = 280 m2/(s2 K)
è la costante dei gas perfetti relativa all’aria. Nel caso di temperatura costante, cio è
se T = T , questa legge dei gas fornisce un legame diretto fra le due variabili P
e ρ per cui potremo ricavare immediatamente ρ(P) = P/(R aria T ). Sostituendo
nell’equazione di equilibrio si ottiene
dP ga 2 P
+ = 0.
dr Raria T r 2
ga 2
La costante ha necessariamente le dimensioni di una lunghezza e per semplicità
Raria T
ga 2
conviene indicarla sinteticamente come b = . L’equazione diventa allora
Raria T
dP P
= −b 2 ,
dr r
ed è a variabili separabili, per cui,
dP dr
= −b 2 .
P r
La sua integrazione è immediata e fornisce
P
b r
(ln P) Patm = ,
r a
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dove Patm indica la pressione atmosferica sulla superficie della Terra. Valutando le
funzioni agli estremi si ottiene
P b b
ln = − ,
Patm r a
P(r ) = Patm e r − a ,
b b
per r > a.
Si vede che la pressione decresce dal valore Patm sulla superficie terrestre al valore
Patm e−b/a (positivo) per r → ∞, ossia a grande distanza dalla Terra. La dimi-
nuzione esponenziale con la distanza dal centro della pressione nell’atmosfera
isoterma è all’origine della denominazione di atmosfera esponenziale.
T (r ) = T1 [1 + α(r − r 1 )],
P P
ρ(P, r ) = = ,
Raria T (r ) Raria T1 [1 + α(r − r 1 )]
dP P
= −b1 ,
dr [1 + α(r − r 1 )] r 2
dP dr
= −b1 ,
P [1 + α(r − r 1 )] r 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 1 – pagina 13 colore nero Ottobre 7, 2004
ma ora la sua soluzione non risulta esprimibile subito in forma chiusa. Infatti,
l’integrazione conduce alla soluzione
Z r
P dr
ln = −b1 ,
P1 r1 [1 + α(r − r 1 )] r 2
superficie, ovverosia:
ZZ
F =
P(r) n̂1 (r) d S,
S
dove il segno positivo è dovuto al fatto che la normale n̂1 esce dal fluido ed è quindi
diretta verso l’interno del corpo.
La distribuzione della pressione all’interno del fluido dipende solamente dalla
posizione e, in condizioni di equilibrio, non è influenzata dal fatto che sia presente
il corpo immerso nel fluido oppure esso sia tolto e il suo posto sia riempito da
una certa quantità di fluido uguale al fluido circostante e ugualmente supposta in
equilibrio.
Per risolvere il nostro problema conviene allora procedere al seguente esper-
imento concettuale. Supponiamo di sostituire il corpo immerso con un uguale
volume di fluido della stessa natura del fluido circostante. La distribuzione della
densità e della pressione nel fluido aggiunto saranno analoghe a quelle del fluido
circostante in condizioni di equilibrio per quanto appena detto. Indichiamo con ρ̃(r)
la densità e con P̃(r) la pressione nel fluido in questa configurazione virtuale da
noi immaginata. Con essa è stata quindi ripristinata virtualmente la continuità del
fluido che era inizialmente violata dalla presenza del corpo. Ovviamente, in ogni
punto r all’esterno del volume V del corpo risulterà P̃(r) = P(r) e ρ̃(r) = ρ(r).
Nel nostro esperimento immaginario possiamo applicare l’equazione della sta-
tica dei fluidi in ogni punto del fluido, anche all’interno della regione V originari-
amente occupata dal corpo. Possiamo perciò scrivere l’equazione di equilibrio, sia
in forma locale
− P̃(r) + ρ̃(r) g(r) = 0.
sia in forma globale che, nel caso particolare del volume V , sarà data dall’equazione
seguente
ZZ ZZZ
−
P̃(r) n̂(r) d S + ρ̃(r) g(r) dV = 0,
S V
Pertanto il fluido esercita sul corpo immerso una forza che è opposta (e ha lo stesso
punto di applicazione) del peso agente su una quantità dello stesso fluido atta a
riempire il volume del corpo considerato. Questa legge è nota con il nome di
principio di Archimede.
Esercizi 1
1. Determinare l’andamento della pressione in un’atmosfera
terrestre in cui la dipendenza della temperatura da r è la
soluzione generale dell’equazione dell’energia
(κ T ) = 0,
25
CAPITOLO 2
Equazioni della
dinamica dei fluidi
Introduzione In questo capitolo presenteremo il problema del moto di un fluido.
In particolare mostreremo come le leggi fondamentali della dinamica dei fluidi
possono essere formulate in forma matematica utilizzando i concetti e gli stru-
menti del calcolo differenziale vettoriale. Il nostro scopo è di fornire una breve
introduzione alla fluidodinamica ricavando le equazioni che governano il moto dei
fluidi. Introdurremo inoltre alcune restrizioni sulle caratteristiche della corrente e
sulle proprietà del fluido che conducono a regimi di moto di grande interesse per le
applicazioni.
u(r) =
r = u(x, y) = −Ωy x̂ + Ω x ŷ.
Tutti gli esempi mostrati sono idealizzazioni. Nessuna corrente reale pu ò essere
esattemente bidimensionale o perfettamente stazionaria. Tuttavia, considerando
ad esempio la corrente attorno a un’ala di grande apertura e sezione trasversale
uniforme, potremo ritenere che essa sia approssimata in modo adeguato da una
corrente bidimensionale attorno alla sezione tranne che in prossimit à delle estremità
alari.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 27 colore nero Luglio 14, 2005
Figura 2.1
Campo della velocità del moto di
rotazione rigida attorno all’asse z
v = v R R̂ + vθ ˆ + vz ẑ.
dove si deve ricordare che il versore ˆ (come pure R̂) non è costante poiché la sua
direzione dipende dall’angolo θ, ovvero ˆ = ˆ (θ).
Linee di corrente
Per descrivere le correnti è utile introdurre il concetto di linea di corrente. Una linea
di corrente di un campo di velocità u(r, t) è una curva avente la stessa direzione
del vettore u in ogni punto r del fluido in un istante di tempo determinato t. In altre
parole, le linee di corrente sono semplicemente le linee del campo vettoriale nel
caso particolare del campo di velocità istantaneo u(r, t). Allora, dal punto di vista
matematico una linea di corrente S(s) = [X (s), Y (s), Z (s)] del campo di velocit à
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 28 colore nero Luglio 14, 2005
dS
= λ(s) u(S, t)
ds
nella funzione incognita S(s), dove λ(s) è una funzione arbitraria la cui forma
determina la scelta della parametrizzazione della curva. Questa equazione vettoriale
esprime la condizione che la curva S = S(s) sia parallela in ogni punto al campo
di velocità u(r, t). Esplicitando le componenti cartesiane, si hanno le seguenti tre
equazioni scalari
dX
= λ(s) u(X, Y, Z , t),
ds
dY
= λ(s) v(X, Y, Z , t),
ds
dZ
= λ(s) w(X, Y, Z , t),
ds
che sono accoppiate fra loro. Una scelta possibile del parametro per descrivere la
curva è prendere come variabile indipendente del sistema differenziale una delle
tre coordinate, ad esempio x, supponendo che sia u 6= 0. In questo modo si pu ò
eliminare la funzione arbitraria λ(s) dal problema dividendo fra loro le equazioni e
ottenendo il seguente sistema di due equazioni
dY v(x, Y, Z , t) dZ w(x, Y, Z , t)
= , = ,
dx u(x, Y, Z , t) dx u(x, Y, Z , t)
dS
= λ(s) u(S)
ds
dX dY dZ
= λ(s) u(X, Y, Z ), = λ(s) v(X, Y, Z ), = λ(s) w(X, Y, Z ).
ds ds ds
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dX dY
= λ(s) u(X, Y, t), = λ(s) v(X, Y, t).
ds ds
dY v(x, Y, t)
= .
dx u(x, Y, t)
dY v(x, Y )
= .
dx u(x, Y )
Un esempio delle linee di corrente (di una sezione) del campo di velocit à del vento
che soffia in modo stazionario sopra una collina è mostrato nella figura 2.2.
dY v(x, Y ) Ωx x
= = =− .
dx u(x, Y ) −ΩY Y
x 2 + y 2 = C1 , z = C2 .
Traiettorie
Un modo semplice di seguire le correnti non stazionare consiste nel marcare una
particella del fluido in modo da poterla riconoscere da tutte le altre e seguire
poi il suo moto registrando la sua posizione negli istanti successivi. Esistono
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 31 colore nero Luglio 14, 2005
diversi modi per realizzare la marcatura ma ciò che rende utile questa tecnica è
la possibilità di registrare agevolmente la posizione della particella marcata, ad
esempio mediante una macchina fotografica o addirittura una videocamera. Dal
punto di vista matematico le posizioni successive della particella costituiscono la
sua traiettoria R = R(t) che si ottiene risolvendo il seguente problema del moto
dR
= u(R, t),
dt
R(0) = R0 ,
con la velocità della particella data dal campo di velocità u(r, t) del fluido. Nel
caso di corrente non stazionaria, le traiettorie delle varie particelle p = 1, 2, 3, . . .
che passano nello stesso punto R0 in istanti diversi t1 < t2 < t3 . . . sono differenti
in quanto le funzioni R p (t) corrispondenti soddisfano la medesima equazione dif-
ferenziale dR p /dt = u(R p , t) ma la loro condizione iniziale è specificata in istanti
di tempo diversi: R1 (t1 ) = R0 , R2 (t2 ) = R0 , R3 (t3 ) = R0 , . . . .
Nel caso di corrente stazionaria, l’equazione della traiettoria è soluzione del
problema
dR
= u(R),
dt
R(0) = R0 ,
R1 (t), R2 (t), . . . Rk (t), queste saranno soluzione dei seguenti problemi ai valori
iniziali
dR1 dR2 dRk
= u(R1 , t), = u(R2 , t), = u(Rk , t),
dt dt ... dt
R1 (t1 ) = re ; R2 (t2 ) = re ; Rk (tk ) = re ;
La curva di emissione, chiamata in inglese streakline, è la curva formata dalla
posizione delle particelle in un determinato istante di tempo t > t k che è lo stesso
per tutte le particelle. Quindi la curva di emissione all’istante t è data dall’insieme
delle posizioni
Rk (t), Rk−1 (t), . . . , R2 (t), R1 (t)
r1
ρ1 r2
ρ2
r3
ρ3
Introduciamo ora una convenzione per semplificare l’espressione degli integrali che
risulterà molto comoda nel seguito, dove dovremo considerare integrali di funzioni
alquanto complicate. Stabiliamo di scrivere gli integrali omettendo l’elemento
di integrazione infinitesimo a condizione di indicare esplicitamente il dominio di
integrazione come pedice del simbolo di integrale stesso. Useremo pertanto la
ulteriore semplificazione notazionale
ZZZ Z Z
dV −→ dV −→ .
V V V
Z Z
d MV (t) d ∂ρ(r, t)
= ρ(r, t) = .
dt dt V V ∂t
n̂
u dt
dS
P
S
y
Figura 2.7 Il fluido che attraversa
x
d S nell’intervallo di tempo dt riempie
il volume del tubo disegnato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 36 colore nero Luglio 14, 2005
Infine, sempre per ridurre la complessità delle espressioni, proprio come nel caso
dell’integrale di volume, si adotta la convenzione di omettere l’elemento di superficie
infinitesimo d S, a condizione che la superficie di integrazione S sia esplicitamente
indicata ponendo questo simbolo come pedice dell’integrale, ovvero si adotta la
seguente notazione semplificata
ZZ I I
n̂(r) d S −→ n̂(r) d S −→ n̂(r).
S S S
La rapidità con cui la massa entra in V è l’opposto della rapidità appena scritta dato
che la direzione del versore n̂(r) normale a qualunque superficie chiusa S è, per
convenzione, sempre uscente dal volume V contenuto in S.
L’espressione matematica della legge di conservazione della massa relativa-
mente al volume V è quindi che l’aumento per unità di tempo della massa contenuta
in V deve essere uguale alla massa che nell’unità di tempo entra in V attraverso la
sua frontiera S, ovverosia
Z I
∂ρ(r, t)
= − ρ(r, t) u(r, t) n̂(r).
V ∂t S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 37 colore nero Luglio 14, 2005
∂ρ
+ (ρu) = 0
∂t
Le forze di volume dovute a campi esterni (ad esempio il campo di gravit à) sono
espresse in termini della forza specifica g, che è la forza per unità di massa. La
forza di volume totale agente sul fluido contenuto in V è pertanto
Z
ρg.
V
Come per la conservazione della massa, gli integrali di superficie (doppi) possono
essere trasformati in integrali sul volume V (tripli). Il teorema del gradiente fornisce
immediatamente
I Z
P n̂ = P.
S V
Abbiamo pertanto
I Z
ρu (u n̂) = ρ(u )u + u (ρu) .
S V
∂u P
+ (u )u + = g.
∂t ρ
Questa è l’equazione di moto di un fluido non viscoso, detta anche equazione della
quantità di moto. Si osservi che essa è un’equazione differenziale alle derivate
parziali non lineare: il secondo termine del membro di sinistra è non lineare in u e
il termine ( P)/ρ è non lineare a causa della presenza della variabile incognita ρ
a denominatore.
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂u P
+ (u )u + = g.
∂t ρ
Le incognite del sistema sono la densità ρ(r, t), la pressione P(r, t) e la velocità
u(r, t), ma il sistema è costituito da due sole equazioni, una scalare e una vettoriale.
Pertanto manca una seconda equazione scalare per avere un uguale numero di
equazioni e di incognite.
P = P(e, ρ),
T = T (e, ρ).
∂ρ ∂ρ
= =0
∂t ∂t
come pure
(ρu) = (ρu) = ρ u.
u = 0.
∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
u = 0.
Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Eulero per i correnti incompri-
mibili.
È importante notare che in questo caso abbiamo due equazioni, la prima vet-
toriale e la seconda scalare, nelle due funzioni incognite u(r, t) e P(r, t), essendo
ρ una costante nota. Pertanto il sistema ha tante equazioni quante incognite e pu ò
essere risolto senza fare intervenire in alcun modo le equazioni di stato che definis-
cono le proprietà termodinamiche del fluido—sparizione della termodinamica. In
effetti, nel caso di corrente incomprimibile la variabile pressione P che compare
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 43 colore nero Luglio 14, 2005
rotore
correnti irrotazionali. Un campo di velocità u(r, t) è detto irrotazionale se il suo
u è nullo in ogni suo punto e in ogni istante di tempo:
u = 0.
(u )u = 1
|u|2
[
u = 0].
2
Mostreremo nel capitolo 4 che le equazioni di questo sistema possono essere risolte
disaccoppiando il calcolo del campo di velocità da quello del campo di pressione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 44 colore nero Luglio 14, 2005
ρ f visc = µ 2
u, (fluido incomprimibile)
∂u P
+ (u )u + =ν 2
u + g,
∂t ρ
u = 0.
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P = ρg,
∂t
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u = 0,
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P= (u) + ρg,
∂t
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u= (κ T ) + (u) : (u),
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 2 – pagina 46 colore nero Luglio 14, 2005
(u) = 2µ (u) + λ ( u) ,
Esercizi 2
1. Disegnare il campo di velocità stazionario piano dato della 4. Dimostrare che l’equazione di conservazione della massa e
relazione l’equazione della quantità di moto implicano la validità della
seguente equazione
u(x, y) = U e x x̂ + U e−x ŷ
√
e determinare le sue linee di corrente.
√ ∂
ρ
∂t
ρu
+ (ρu )u +
u
2
(ρu) + P = ρg.
2. Un campo di velocità u(r) piano e stazionario ha le seguenti
componenti cartesiane lungo gli assi x e y Questa forma dell’equazione della quantità di moto è
importante per lo sviluppo dei metodi di risoluzione delle
u(x, y) = By, v(x, y) = Bx. equazioni per i flussi incomprimibili mediante gli elementi
finiti. Nel caso di densità uniforme, ρ = ρ, l’equazione
Determinare le linee di corrente. diventa
3. La legge di conservazione della massa in forma locale è
espressa dall’equazione di continuità
∂u
∂t
+ (u )u +
u
2
u + ρP = g.
∂ρ
∂t
+ (ρu) = 0.
Ricavare l’equazione che governa la variabile volume
specifico v = 1/ρ, che rappresenta il volume per unità di
massa in un punto del fluido. Che cosa si può dire del
volume specifico v delle particelle di un fluido con volume
specifico in generale non costante, v = v(r, t), nel caso in
cui il campo di velocità sia solenoidale, ovvero
u = 0?
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 47 colore nero Luglio 14, 2005
47
CAPITOLO 3
Correnti incomprimibili
non viscose
Introduzione In questo capitolo studieremo le equazioni che governano le cor-
renti incomprimibili di un fluido non viscoso. In particolare ricaveremo le equazioni
di Eulero, già dedotte nel paragrafo 2.5, seguendo però un procedimento diverso.
Assumeremo subito che la corrente sia incomprimibile e che il fluido sia di densit à
uniforme. Applicheremo quindi la legge fondamentale della dinamica alle parti-
celle nel caso di una corrente che rispetti le assunzioni fatte. Per seguire il nuovo
procedimento è necessario ricavare l’espressione dell’accelerazione delle particelle
del fluido. A questa importante grandezza cinematica è possibile giungere mediante
il concetto di rapidità di variazione seguendo il moto del fluido.
d F(t) d f (R(t), t)
= .
dt dt
Questa derivata può essere calcolata mediante la regola di derivazione delle funzioni
composte che fornisce
∂t dt
dove nella seconda riga della formula f è un’abbreviazione di f (X (t), Y (t), Z (t), t).
Introducendo la velocità istantanea della particella
dR(t)
V(t) ≡ ,
dt
d F(t) ∂ f (R(t), t)
= + V(t) f (R(t), t).
dt ∂t
∂ f (r, t)
+ u(r, t) f (r, t)
∂t
D ∂
≡ +u ,
Dt ∂t
Df ∂f
≡ +u f.
Dt ∂t
L’espressione D fDt(r,t)
è talvolta chiamata “derivata” materiale o anche “derivata”
D
sostanziale. Si tratta di una denominazione impropria, in quanto l’operatore Dt
non è affatto una derivata. Infatti le derivate possono essere di due tipi: ordinarie o
D
parziali. Il simbolo Dt rappresenta solo una combinazione di due derivate parziali,
una rispetto al tempo e l’altra rispetto allo spazio. Quest’ultima è proporzionale
alla derivata direzionale nella direzione della velocità u(r, t); infatti, come noto,
la derivata direzionale è definita in relazione a un versore v̂ tramite l’espressione
v̂ , mentre in u compare il vettore velocità, che non è un versore.
D
Come vedremo, l’operatore Dt permette di scrivere in modo leggermente più
compatto alcune equazioni della dinamica dei fluidi. Tuttavia questo operatore
sottintende sempre la presenza di un campo di velocità u(r, t), in assenza del quale
esso è privo di significato. In altre parole, una notazione pi ù corretta richiederebbe
di precisare il campo della velocità u(r, t) e potrebbe quindi essere la seguente
Du ∂
≡ +u .
Dt ∂t
D
In virtù della sua definizione, l’operatore Dt risulta comodo nei casi in cui
una grandezza fisica relativa a una proprietà del fluido in movimento, indicata ad
esempio con f , rimane costante per un determinato elemento di fluido. Quando ci ò
accade, la funzione f (r, t) soddisfa l’equazione
Df
= 0.
Dt
Questa equazione significa solo che il valore di f relativo a ciascun elemento
di fluido rimane sempre lo stesso, mentre elementi differenti del fluido possono
comunque avere valori differenti di f .
Un caso particolare del mantenimento dello stesso valore di una propriet à del
fluido da parte delle sue particelle si ha quando la corrente è stazionaria. In questo
caso risulterà ovviamente u = u(r) come pure f = f (r), per cui ∂ f /∂t = 0. In
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 50 colore nero Luglio 14, 2005
Dt ∂t
e analogamente per le altre due componenti v e w. Sommando vettorialmente le
relazioni relative alle tre componenti della velocità si ottiene
Du ∂u
≡ + (u )u.
Dt ∂t
Per definizione questa quantità rappresenta la rapidità di variazione del vettore
velocità u seguendo la particella di fluido, ovverosia è l’accelerazione del fluido
nel punto r e all’istante t. Scriveremo quindi
∂u
a≡ + (u )u,
∂t
u(r) = Ω R ˆ ,
R ∂θ R ∂θ
ˆ (θ)
∆θ Ricordando ora la ben nota proprietà ∂ ˆ (θ)/∂θ = −R̂(θ) del versore non costante
ˆ (θ), si ottiene
θ θ1
[Ω R]2 ∂ ˆ (θ)
(u )u = = −Ω 2 R R̂(θ).
Figura 3.1 Ad illustrazione della
R ∂θ
derivata d ˆ (θ)/dθ = −R̂(θ): notare Quindi si è ottenuta la stessa accelerazione centripeta calcolata mediante le coordi-
∂u
ax = +u u
∂t
∂v
ay = +u v
∂t
∂w
az = +u w
∂t
essendo l’operatore di advezione scalare in coordinate cartesiane definito da
∂u ∂u ∂u
u u=u +v +w .
∂x ∂y ∂z
a = a R R̂ + aθ ˆ + az ẑ
∂u R u 2θ
aR = +u uR −
∂t R
∂u θ u R uθ
aθ = +u uθ +
∂t R
∂u z
az = +u uz
∂t
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate cilindriche è definito da
∂u u θ ∂u ∂u
u u = uR + + uz .
∂R R ∂θ ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 53 colore nero Luglio 14, 2005
a = ar r̂ + aθ ˆ + aφ ˆ
∂u r u 2θ + u 2φ
ar = +u ur −
∂t r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ
aθ = +u uθ + −
∂t r r
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ
aφ = +u uφ + +
∂t r r
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate sferiche è definito da
∂u u θ ∂u u φ ∂u
u u = ur + + .
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
che deve essere soddisfatta dal campo della velocità u(r, t) in ogni punto r e in ogni
istante t.
Vogliamo ora ricavare la stessa equazione utilizzando il principio di conser-
vazione della massa e sfruttando immediatamente l’ipotesi che la densit à del fluido
è costante. Consideriamo come nel paragrafo 2.2 una superficie chiusa S che de-
limita una regione fissa V contenuta nello spazio in cui si muove il fluido. Il fluido
entra nella regione V attraverso alcune parti della superficie S e ne esce da altre.
Indicando con n̂ la normale uscente da V in un punto generico di S, la componente
della velocità u normale alla superficie sarà data da u n̂. Pertanto la quantità di vol-
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 54 colore nero Luglio 14, 2005
valida per qualunque superficie chiusa S. L’applicazione del teorema della diver-
genza fornisce immediatamente
Z
u = 0.
V
punto, ovvero:
u=0
per ogni r ∈ V e ogni t. Come già indicato, questa equazione costituisce la con-
dizione di incomprimibilità e rappresenta un vincolo che il campo della velocità
u(r, t) deve soddisfare in ogni punto r e, nel caso di corrente effettivamente variabile
nel tempo, per ogni istante t.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 55 colore nero Luglio 14, 2005
δf = −( P)δV + ρ δV g.
∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
valida per una corrente incomprimibile di un fluido avente densit à uniforme e vis-
cosità nulla. Il termine contenente il P è scritto nel primo membro dell’equazione
perché la pressione P è una variabile incognita.
Questa equazione deve essere messa a sistema con la condizione d’incomprimi-
bilità dedotta dal principio di conservazione della massa nel paragrafo precedente.
Otteniamo quindi il sistema di equazioni
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 56 colore nero Luglio 14, 2005
∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
u = 0,
I campi u(R, z, t) e P(R, z, t) sono allora governati dalle equazioni di Eulero per le
correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando tutti
i termini contenenti la derivata rispetto a θ, ovvero,
∂u R u 2θ 1 ∂P
+u uR − + = g R (R, z),
∂t R ρ ∂R
∂u θ
+u u θ = gθ (R, z),
∂t
∂u z 1 ∂P
+u uz + = gz (R, z),
∂t ρ ∂z
1 ∂(Ru R ) ∂u z
+ = 0.
R ∂R ∂z
∂u r u 2θ + u 2φ 1 ∂P
+u ur − + = gr (r, θ, φ),
∂t r ρ ∂r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ 1 ∂P
+u uθ + − + = gθ (r, θ, φ),
∂t r r ρ r ∂θ
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ 1 ∂P
+u + uφ + + = gφ (r, θ, φ),
∂t r r ρ r sin θ ∂φ
1 ∂ 2 1 ∂ 1 ∂u φ
2
r ur + sin θ u θ + = 0.
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 58 colore nero Luglio 14, 2005
I campi u(r, θ, t) e P(r, θ, t) sono allora governati dalle equazioni di Eulero per le
correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando tutti
i termini contenenti la derivata rispetto a φ, ovvero,
∂u r u 2θ + u 2φ 1 ∂P
+u ur − + = gr (r, θ),
∂t r ρ ∂r
∂u θ ur u θ u 2φ cot θ 1 ∂P
+u uθ + − + = gθ (r, θ),
∂t r r ρ r ∂θ
∂u φ ur u φ u θ u φ cot θ
+ u uφ + + = gφ (r, θ),
∂t r r
1 ∂ 2 1 ∂
r ur + sin θ u θ = 0,
r 2 ∂r r sin θ ∂θ
dove l’operatore di advezione scalare in coordinate sferiche nel caso assisimmetrico
si riduce a
∂u u θ ∂u
u u = ur + (assisimmetrico).
∂r r ∂θ
u(r, 0) = u0 (r),
dove u0 (r) è un campo di velocità noto. Ciò è conforme alla circostanza che
l’equazione dinamica della velocità è del primo ordine nel tempo e che nel punto
di vista euleriano qui adottato la posizione delle particelle del fluido durante il loro
moto non interessa.
Ma il sistema delle equazioni di Eulero è differenziale anche dal punto di vista
spaziale per il fatto che esse contengono anche le derivate rispetto alle coordinate
spaziali: il gradiente, la divergenza e l’operatore di derivata direzionale. Come
conseguenza, per ottenere un problema che possa avere una sola soluzione occorre
specificare delle condizioni al contorno. Il tipo di condizioni che possono o
debbono essere fornite dipende dal tipo di equazioni e dalla natura del contorno del
problema in esame.
Senza alcuna pretesa di analizzare questo aspetto in modo completo, nel caso
delle equazioni per correnti incomprimibili non viscose abbiamo una sola con-
dizione al contorno scalare da imporre su tutta la frontiera del dominio V in cui si
studia il moto del fluido. La condizione consiste nello specificare il valore della
S bn componente della velocità normale alla frontiera S = ∂ V . Questa condizione al
u tang contorno per l’incognita u sarà scritta allora nel modo seguente
u
bn n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t)
Nel caso particolare in cui una parte del contorno coincide con un corpo solido
fermo, che non permette il passaggio del fluido attraverso la sua superficie, la
condizione su questa superficie diventa omogenea
∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
u = 0,
u(r, 0) = u0 (r),
riferimento della pressione, valore che può inoltre essere scelto arbitrariamente in
ogni istante. Questa situazione è conseguenza dell’ipotesi d’incomprimibilità, che
è alla base del sistema di equazioni in esame, ma deriva anche dall’avere consid-
erato un problema nel quale la velocità normale è prescritta su tutto il contorno S.
Ciò accade tipicamente nello studio di un fluido in moto in una regione delimitata
completamente da pareti rigide. Le correnti di questo tipo sono dette correnti
confinati.
Dal punto di vista fisico, il valore assoluto della variabile termodinamica pres-
sione non può essere variato senza che questo si rifletta sulle altre variabili termod-
inamiche del fluido. Quindi siamo di fronte a un’incongurenza fra la descrizione
teorica fornita dalle equazioni di Eulero per correnti incomprimibili e i principi
della termodinamica. In effetti, come si è già accennato nei paragrafi 2.4 e 2.5,
l’introduzione dell’ipotesi di incomprimibilità della corrente ha estromesso ogni
considerazione termodinamica dal quadro matematico di descrizione del moto del
fluido. Pertanto il paradosso dell’arbitrarietà del livello della pressione nelle correnti
incomprimibili in regioni confinate è una conseguenza dell’ipotesi di incomprim-
ibilità e scomparirà quando si studierà la dinamica dei fluidi comprimibili, nella
quale la termodinamica risulterà giocare un ruolo fondamentale.
Le condizioni al contorno considerate, con la velocità normale specificata su
tutto il contorno, sono le più semplici dal punto di vista matematico nella teoria delle
equazioni incomprimibili: in questo caso l’unicità dalla soluzione delle equazioni
di Eulero (possibile in certi casi, sotto opportune condizioni) è da intendersi nel
senso che la pressione è definita a meno di una funzione additiva C(t) del tutto
arbitraria. Tale funzione non ha comunque alcuna conseguenza sul moto del fluido
perché la forza (per unità di volume) causata dalla pressione è data da P.
Notiamo infine che nei problemi in cui il fluido entra nel domino (correnti
aperte e correnti esterne) è possibile e si deve specificare il valore della pressione
su una parte del contorno al posto della velocità normale. In questi casi il campo di
pressione della soluzione delle equazioni incomprimibili non ha pi ù l’arbitrarietà
caratteristica delle correnti confinate e la pressione è definita univocamente in modo
assoluto poiché la variabile P compare anche in qualche condizione al contorno,
oltre che come argomento dell’operatore gradiente.
u0 = 0.
I I
n̂ u(r, t)|S =
bn (r S , t),
S S
per ogni istante di tempo t > 0. D’altra parte, in virt ù del teorema della divergenza
l’integrale al primo membro si può trasformare in un integrale di volume, ovvero,
Z I
u(r, t) = bn (r S , t).
V S
Siccome il campo della velocità deve essere a divergenza nulla per ∀t > 0,
l’integrale al primo membro è nullo e quindi deve necessariamente essere
I
bn (r S , t) = 0
S
per ogni t > 0. Questa è una condizione di compatibilità globale che il dato al
contorno bn (r S , t) deve rispettare per ogni t > 0 affinché il campo di velocità possa
soddisfare sempre il vincolo d’incomprimibilità.
Nello studio delle correnti attorno a corpi che partono in modo impulsivo, argo-
mento sul quale non ci soffermiamo, esiste una ulteriore condizione che esprime la
compatibilità fra il dato iniziale e il dato al contorno, su S e per t = 0. Quest’ultima
condizione di compatibilità ha la forma seguente
n̂ u0 (r)|S = bn (r S , 0).
u0 = 0,
I
bn (r S , t) = 0,
S
n̂ u0 (r)|S = bn (r S , 0).
Nel caso dei problemi stazionari, non esiste alcun dato iniziale e il valore
prescritto sul contorno per la velocità normale non dipende dal tempo, abbiamo
cioè bn = bn (r S ). Allora vi sarà la sola condizione di compatibilità globale
I
bn (r S ) = 0.
S
Questa forma del termine non lineare si chiama forma rotazionale in quanto con-
tiene il rotore della velocità e viene spesso scritta facendo comparire esplicitamente
la vorticità =
u, ovvero
(u )u = u+ 1
2
|u|2 .
Per mezzo della forma rotazionale, l’equazione della quantità di moto per correnti
incomprimibili vista nel paragrafo 3.4 pu ò essere scritta nella forma seguente
2
∂u |u| P
+( u) u + + = g.
∂t 2 ρ
Supponiamo ora che la forza specifica esterna dovuta al campo g sia conservativa
e possa quindi essere espressa mediante un’energia potenziale specifica χ, ovvero
g = − χ. L’esempio tipico è quando il campo esterno g è il campo di gravità
terrestre, per cui risulta g = −g ẑ = − (gz), con g = 9.81 N/kg, e quindi
χ = gz, avendo scelto l’asse z verticale e con verso positivo diretto verso l’alto.
Utilizzando l’energia potenziale χ, l’operatore gradiente potr à includere tre termini
e l’equazione della quantità di moto diventa
∂u P |u|2
+( u) u = − + +χ ,
∂t ρ 2
dove, nel caso in cui la forza di volume conservativa è dovuta solo al campo di
gravità, risulta χ(r) = gz. Prendendo il prodotto scalare di questa equazione per la
velocità u e sfruttando la proprietà ovvia u (
u) u = 0, si ottiene
P |u| 2
u + + χ = 0,
ρ 2
cioè il campo della velocità in ogni punto è perpendicolare al gradiente della
funzione fra parentesi. Ciò è equivalente a dire che la funzione dentro l’operatore
gradiente non cambia per spostamenti locali lungo ogni linea di corrente. Pertanto
Le linee di corrente di un campo lungo una linea di corrente risulta
di velocità stazionario sono P |u|2
definite nel paragrafo 2.1. + + χ = Clinea di corrente ,
ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 65 colore nero Luglio 14, 2005
dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente
considerata. Questa relazione si chiama teorema di Bernoulli o, pi ù estesamente,
teorema della linea di corrente di Bernoulli . Esso permette di determinare la
pressione P lungo ciascuna linea di corrente mediante la relazione, valida per r ∈
la linea di corrente,
P(r) |u(r)|2
=− − χ(r) + C linea di corrente ,
ρ 2
quando è nota la velocità lungo la linea considerata. Questa relazione deve essere
correttamente interpretata nel senso che il vettore posizione r è vincolato a percorrere
una determinata linea di corrente e che la costante C linea di corrente in generale assume
valori diversi per le diverse linee di corrente. In altre parole, se una determinata
linea di corrente è indicata con r = r(s), dove s rappresenta una parametrizzazione
qualunque della curva, il teorema della linea di corrente di Bernoulli pu ò essere
scritto più precisamente come
P(r(s)) |u(r(s))|2
+ + χ(r(s)) = C linea di corrente .
ρ 2
P(r) |u(r)|2
+ + gz,
ρ 2
dove ora la costante di integrazione C rimane del tutto arbitraria. In altri termini,
dato il carattere confinato della corrente incomprimibile considerata, non è con-
sentito specificare il valore della pressione in un punto del contorno del dominio
o a grande distanza da esso. Diversa è la situazione quando il fluido entra o esce
attraverso una parte del contorno e su almeno una di queste parti non è specificato
il vettore velocità per cui il valore della pressione potrà essere imposto. Analoga-
mente, quando il fluido proviene da molto lontano, si potr à imporre il valore della
pressione a grande distanza.
Un’applicazione banale del teorema di Bernoulli si ha nel caso di un condotto
rettilineo di sezione costante. Prendiamo l’asse x parallelo al condotto. Essendo la
sezione del condotto costante risulta u = u(x) x̂. La condizione di incomprimibilità
diventa du(x)/dx = 0 e quindi u = costante = U . Se il tubo giace in un piano
orizzontale, allora la legge di Bernoulli fornisce P = costante, contrariamente
all’intuizione. Questo fatto apparentemente sorprendente è dovuto all’assenza di
frenamento in virtù del carattere non viscoso nel fluido.
Potremo scrivere il campo della velocità dentro il condotto nel modo seguente
d[hui(x)] A0 (x)
(∆u) = − = P.V. .
A(x)2
dx
3.7 Vorticità
Dato un campo di velocità u, il suo campo di vorticità è definito da
= u,
che è semplicemente il rotore della velocità. La vorticità è una grandezza molto
importante in dinamica dei fluidi. Ad esempio, la vorticità è nulla nelle correnti
irrotazionali, le quali sono pertanto definite attraverso il soddisfacimento della
condizione
u=0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 69 colore nero Luglio 14, 2005
∂v ∂u
ω= − .
∂x ∂y
Si veda la figura 2.1 del paragrafo 2.1 e si determini la vorticit à ω di questo campo
piano.
Non tutti i campi vettoriali con rotore diverso da zero sembrano dotati di moto
rotatorio. Il campo di velocità della rotazione rigida considerato nell’esempio 1
ruota attorno all’asse di rotazione, ma la circolazione lungo un cerchio qualunque
appartenente a un piano perpendicolare a quell’asse è indipendente dalla posizione
del centro del cerchio: essa dipende solo dal suo raggio. Non è nemmeno necessario
che il cerchio abbia il centro sull’asse di rotazione. L’esempio seguente studia il
campo di velocità di un fluido le cui linee di corrente sono linee rette, pur avendo
un rotore costante non nullo, e quindi una velocità angolare locale diversa da zero.
(x,y)
Figura 3.5
Campo di velocità del vortice rettilineo
−y x̂ + x ŷ
ˆ = p ,
x 2 + y2
per cui il campo di velocità del vortice rettilineo è espresso dalla relazione
−Ay x̂ + Ax ŷ
u(r) = ,
x 2 + y2
A(x 2 + y 2 ) − 2x 2 A(x 2 + y 2 ) − 2y 2
= + = 0.
(x 2 + y 2 )2 (x 2 + y 2 )2
Pertanto la vorticità nel vortice rettilineo è nulla ovunque tranne nei punti con
R = 0, ovvero tranne che in tutti i punti del suo asse, dove né u né sono definiti.
Quindi, anche se il fluido da un punto di vista globale sta ruotando, la corrente è
irrotazionale, poiché u = 0 tranne che sull’asse. Nella figura figura 3.6 sono
mostrate le linee di corrente del campo di velocità del vortice rettilineo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 73 colore nero Luglio 14, 2005
Figura 3.6
Linee di corrente del vortice rettilineo
lungo ogni percorso chiuso che non giri intorno all’asse del vortice è nulla.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 74 colore nero Luglio 14, 2005
La circolazione può invece essere diversa da zero quando il percorso concatena tale
asse. Consideriamo allora una circonferenza C a di raggio a con centro sull’asse
e calcoliamo lungo C a la circolazione Γ (a) del campo di velocità del vortice
rettilineo:
I I Z 2π
A ˆ A
Γ (a) = u(r) dr =
(θ) dr =
R dθ = 2π A.
Ca Ca R 0 R
Vortice di Rankine
Il campo di velocità della rotazione rigida definito negli esempi 1 e 2 del paragrafo
2.1 e il campo di velocità del vortice rettilineo definito negli esempi 3 e 4 del
presente paragrafo possono essere combinati assieme nel modo seguente
Ω R, R<a
u θ (R) = Ωa 2
, R>a
R
uθ
da cui
(
2πΩ R 2 , R<a
Γ (R) = 2
2πΩa , R>a
∂u
∂t
+ u = − H,
P |u|2
H≡ + + χ.
ρ 2
∂
+
( u) = 0.
∂t
∂
+ (u ) =( )u,
∂t
D
=(
)u.
Dt
= u.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 77 colore nero Luglio 14, 2005
allora
( )u = ω
∂u
∂z
= 0.
∂ω
+u ω=0
∂t
Dω
= 0.
Dt
Si può quindi concludere che nei flussi incomprimibili non viscosi in due dimensioni,
quando le forze di volume presenti sono conservative, la vorticit à (scalare) ω di
ciascuna particella di fluido si conserva. Nel caso particolare di flussi stazionari
l’equazione precedente si riduce a
u ω=0
r?
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 79 colore nero Luglio 14, 2005
dove n̂(s) è il versore normale alla curva nel punto di integrazione s. Se il campo di
velocità u è a divergenza nulla, l’integrale considerato non dipenderà dal percorso
scelto ma solo dal punto iniziale r? e dal punto finale r. Infatti, se consideriamo
due percorsi diversi L 1 e L 2 che partono dallo stesso punto r? e terminano nello
stesso punto r, come mostrato in figura 3.8, possiamo prendere il percorso chiuso
L 1 + (−L 2 ) ottenuto percorrendo prima L 1 e poi L 2 in senso inverso al suo senso
originario. Calcolando l’integrale di linea lungo tale percorso chiuso avremo, in
virtù del teorema della divergenza in due dimensioni,
I Z
u(s, t) n̂(s) =
u
L 1 +(−L 2 ) V
r
a condizione che la curva L 1 + (−L 2 ) costituisca l’intero contorno della regione V
L1
(ovvero se tutta la regione del piano compresa fra L 1 e L 2 appartiene al dominio di
definizione del campo vettoriale u). In questo caso, essendo u a divergenza nulla,
L2 l’integrale di volume è nullo e quindi
−L 2 I
r?
u(s, t) n̂(s) = 0
L 1 +(−L 2 )
Figura 3.8 Il percorso L 1 + (−L 2 )
è una curva chiusa da cui si ricava subito
Z r Z r
u(s1 , t) n̂(s1 ) =
u(s2 , t) n̂(s2 )
r? ; L 1 r? ; L 2
r? r? r?
Figura 3.9 Campo di velocità Questa relazione vettoriale può essere interpretata geometricamente: essa mostra
incomprimibile piano u(x, y) espresso che il campo di velocità piano u è ottenuto, in ogni punto, facendo ruotare di 90
mediante ψ
gradi il vettore gradiente ψ in senso orario attorno a un asse normale al piano.
Il vantaggio di questa relazione è il suo carattere vettoriale intrinseco che ne
permette l’uso anche in un sistema di coordinate del piano diverso da quello carte-
siano. Ad esempio, se considero le coordinate polari (r, θ) e ricordo l’espressione
del gradiente in tali coordinate, = r̂ ∂r∂ + ˆ 1r ∂θ
∂
, osservo che nella formula vet-
toriale le componenti polari della velocità u r e u θ sono espresse in termini della
funzione di corrente ψ(r, θ) dalle relazioni
1 ∂ψ ∂ψ
ur = e uθ = − .
r ∂θ ∂r
Un campo di velocità piano cosı̀ definito soddisfa automaticamente la condizione
di incomprimibilità che in coordinate polari si scrive
1 ∂ 1 ∂u θ
(r u r ) + = 0.
r ∂r r ∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 81 colore nero Luglio 14, 2005
Infatti risulta
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ ∂ψ
+ − = 0,
r ∂r ∂θ r ∂θ ∂r
per l’uguaglianza delle derivate seconde miste. La medesima rappresentazione vale
per un campo di velocità incomprimibile piano descritto in coordinate cilindriche
(R, θ), nel quale caso la funzione di corrente ψ(R, θ) permette di esprimere le
componenti cilindriche non nulle della velocità tramite le relazioni
1 ∂ψ ∂ψ
uR = e uθ = − .
R ∂θ ∂R
∂ω ∂ω
∂(ω, ψ) ∂x ∂y
=
,
∂(x, y) ∂ψ ∂ψ
∂x ∂y
in quanto
∂(ω, ψ) ∂ω ∂ψ ∂ω ∂ψ
∂(x, y) = ∂ x ∂y − ∂y ∂ x .
∂ω ∂ψ ∂ω ∂ψ
J (ω, ψ) = − ,
∂ x ∂y ∂y ∂ x
per cui il termine advettivo può essere scritto nel modo seguente
u ω = J (ω, ψ).
Quindi i flussi piani incomprimibili di un fluido non viscoso possono essere rappre-
sentati dalle variabili scalari ω(x, y, t) e ψ(x, y, t). Queste variabili non primitive
sono governate dall’equazione scalare della vorticità e dall’equazione di Poisson
della funzione di corrente: queste due equazioni costituiscono infatti il seguente
sistema di equazioni accoppiate:
∂ω
+ J (ω, ψ) = 0,
∂t
2
ψ + ω = 0.
Il sistema di equazioni deve poi essere corredato dalle necessarie condizioni iniziale
e al contorno per costituire un problema completo.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 83 colore nero Luglio 14, 2005
dove ω è una costante che indica l’intensità del vortice. Determiniamo le caratte-
ristiche del vortice di Hill calcolando il suo campo di velocit à u(r).
Considerata la struttura della vorticità, il campo di moto del vortice di Hill sarà
assisimmetrico e la sua componente φ sarà nulla, per cui scriveremo:
1 ∂(r 2 u r ) 1 ∂(sin θ u θ )
+ = 0,
r 2 ∂r r sin θ ∂θ
( ωr
1 ∂(r u θ ) 1 ∂u r a sin θ, r <a
− =
r ∂r r ∂θ 0, r >a
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 84 colore nero Luglio 14, 2005
che può essere sostituita nella seconda ottenendo un’equazione di secondo ordine
per U :
( 2
2ωr
d2 2 se r < a
2
r U − 2U = a
dr 0 se r > a
d2 2
r U − 2U = 0
dr 2
e la sua soluzione è
B
U (r ) = A + .
r3
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Per trovare le due nuove costanti d’integrazione imponiamo che il vettore velocit à
sia continuo sulla superficie della sfera. La componente radiale si annulla sulla sfera
per cui deve essere U (a) = 0, da cui A = −B/a 3 ; scriveremo allora la soluzione
nella forma
a3
U (r ) = C 1 − 3
r
Scriveremo quindi il campo di velocità del vortice di Hill in tutto lo spazio nel
seguente modo: per la componente radiale
2
ωa 1 − ar 2 , r <a
u r (r, θ) = cos θ 2
5 −1 + a3
, r >a
3 r3
La figura 3.10 mostra come variano le componenti della velocità in funzione della
distanza r dal centro del vortice, quando ωa = 5.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 87 colore nero Luglio 14, 2005
U (r) V (r)
1.0
uθ
0.5
Considerando la velocità a grande distanza dal centro del vortice di Hill, per r → ∞
abbiamo u r (r, θ) → − 2ωa15
cos θ e u θ (r, θ) → 2ωa
15
sin θ, ovvero, per |r| → ∞,
risulta u(r) →= − 15 ẑ: il vortice di Hill consiste nel nucleo sferico posto al
2ωa
centro del sistema di riferimento e da un flusso esterno che a grande distanza dal
nucleo diventa un flusso uniforme con velocità 2ωa
15 diretta in senso opposto al verso
positivo dell’asse z.
Linee di corrente
Per comprendere le caratteristiche del vortice di Hill pu ò essere utile disegnarne le
linee di corrente. Per un campo di moto incomprimibile assisimetrico, le compo-
nenti della velocità in coordinate sferiche possono essere descritte tramite le derivate
parziali di una funzione scalare Ψ (r, θ), chiamata funzione di corrente di Stokes,
secondo le relazioni seguenti
1 ∂Ψ 1 ∂Ψ
ur = e uθ = − .
r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂r
1 ∂ 1 ∂Ψ 1 ∂ 1 ∂Ψ
+ − = 0,
r 2 ∂r sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r ∂r
Essendo note le componenti della velocità del vortice di Hill, possiamo scrivere due
equazioni che devono essere soddisfatte dalla funzione di corrente di Stokes
r 2
1 − r2
, r <a
∂Ψ ωa a2
= cos θ sin θ
∂θ 5 2 3
2r −1 + a3 , r > a
3 r
e
r 2r 2
− 1 , r <a
∂Ψ ωa 2 a 2
=− sin θ
∂r 5
2r 1 + a 3 ,
3
r >a
3 2r
Integrando queste due equazioni si ottiene la funzione di corrente del vortice di Hill
r2
1− r2
, r <a
ωa 2 2 a2
Ψ (r, θ) = sin θ
5 2
r −1 + a3
, r >a
3 r3
Le linee di corrente del flusso associato al vortice di Hill sono mostrate nella
figura 3.11. Ovviamente il moto del fluido dentro la sfera vicino all’asse è in senso
opposto al moto uniforme a grande distanza dalla sfera, e infatti abbiamo visto che
V (0) = − ωa5
e ciò significa che u θ (0, θ) = − ωa
5
sin θ, ovvero una velocità diretta
nel verso positivo del’asse z.
y
Figura 3.11
Linee di corrente del vortice di Hill
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 3 – pagina 89 colore nero Luglio 14, 2005
Esercizi 3
1. La concentrazione c(x, y, t) di un inquinante che non 3. Nel caso di correnti non viscose ma comprimibili
diffonde e non reagisce chimicamente dentro un fluido in l’equazione della quantità di moto può essere ancora scritta
moto con velocità u(r) è governata dalla seguente equazione in forma rotazionale a condizione di mantenere la densità
di trasporto o di advezione come quantità variable invece di assumere che essa sia
costante. L’equazione del momento in forma rotazionale per
∂c il moto di un fluido comprimibile viscoso è infatti
+ u(r) c = 0.
∂t
∂u
+ u=−
P
−
|u|2
+χ
Supponiamo che le componenti cartesiane u e v del campo
∂t ρ 2
di velocità del flusso considerato siano date dalla relazioni
dove =
u indica la vorticità.
∂t ρ ρ ρ
sia espressa dalla relazione
c(x, y, t) = βx 2 ye−αt .
Dedurre che, se P dipende solo da ρ, allora l’equazione per
/ρ ha la stessa forma dell’equazione della vorticità ,
valida per le correnti incomprimibili con densità costante
nella regione y > 0, dove α è la costante del campo di
velocità mentre β è un’altra costante. La concentrazione di
ricavata nel paragrafo 3.8, con la sola differenza che la
variabile deve essere sostituita da /ρ.
ogni particella del fluido varia con il tempo?
2. Il campo di velocità del vortice di Rankine espresso in
componenti e coordinate cilindriche (R, θ, z) è dato dalla
relazione
Ω R, R<a
u θ (R) = Ωa 2
, R>a
R
91
CAPITOLO 4
Correnti incomprimibili
non viscose irrotazionali
Introduzione In questo capitolo studieremo un tipo particolare di correnti in-
comprimibili dei fluidi non viscosi nei quali la vorticità è ovunque nulla. Queste
correnti sono chiamate irrotazionali e, sotto una determinata condizione, il loro
campo di moto può essere descritto attraverso una opportuna funzione scalare,
chiamata potenziale cinetico. Ricaveremo l’equazione che governa questa variabile
ausiliaria e mostreremo come l’equazione della quantità di moto, una volta deter-
minata la velocità, diventi un’equazione per la sola incognita pressione che pu ò
essere risolta in modo esplicito anche nel caso generale di correnti non stazionarie.
Il capitolo contiene anche le soluzioni di alcuni problemi di correnti stazionarie
incomprimibili non viscose e irrotazionali attorno a corpi di forma molto semplice,
come una sfera e un cilindro di sezione circolare. In entrambi i casi si affronta
l’equazione di Laplace 2D per il potenziale mediante il metodo di separazione delle
variabili. In particolare, nel caso del cilindro si scopre l’esistenza di un insieme
(famiglia a un parametro) di infiniti campi di velocità irrotazionali che soddisfano la
condizione di non penetrazione sulla superficie del cilindro e di corrente uniforme a
grande distanza dal corpo. Questa famiglia gioca un ruolo fondamentale quando si
considera la corrente irrotazionale di un fluido incomprimibile non viscoso attorno
ai profili alari che sono di fondamentale interesse per l’aerodinamica.
∂u P
+ (u )u + = − χ,
∂t ρ
u = 0,
dove χ rappresenta l’energia potenziale per unità di massa del campo di forze di
volume esterne, che si è supposto conservativo. Come si è visto nel paragrafo 3.5, il
≡
Supponiamo ora che la corrente sia irrotazionale,ovvero che il campo della vorticità
u = 0,
in ogni punto r del campo di moto e per ogni istante t > 0. In realtà non è
necessario assumere per ipotesi questa condizione nella sua interezza in quanto è
possibile dimostrare che, se la vorticità è nulla nell’istante iniziale t = 0, ovvero
u0 = 0,
allora la forma dell’equazione della quantità moto per la corrente incomprimibile
di un fluido non viscoso garantisce che la vorticità rimarrà nulla in ogni istante
successivo t > 0.
∂t ρ 2
Inoltre la condizione d’irrotazionalità
u=
φ,
incomprimibilità
u= φ= 2
φ = 0.
Questa è l’equazione di Laplace per il potenziale φ che potrà essere risolta una
volta che siano state introdotte le sue condizioni al contorno. Nel paragrafo 3.4
abbiamo visto che per una corrente incomprimibile di un fluido non viscoso la
condizione al contorno da imporre sulla velocità è n̂ u(r, t)|S = bn (r S , t), dove
bn è la componente normale della velocità specificata su S. Scrivendo questa
condizione come condizione al contorno per il potenziale φ si ottiene
∂φ(r, t)
= bn (r S , t),
∂n |S
∂
dove ∂n indica la derivata normale sulla frontiera S, ovvero la componente del
∂
≡ n̂
2
φ = 0,
∂φ
= bn (r S , t).
∂n |S
affinché una soluzione possa esistere. Inoltre il potenziale φ nel problema di Neu-
mann non è definito univocamente, proprio come la pressione P nelle equazioni per
le correnti incomprimibili (con o senza viscosità). Infatti data una soluzione φ(r, t)
del problema appena scritto, tutte le funzioni φ(r, t) + A(t), con A(t) funzione
arbitraria, soddisfano ugualmente l’equazione e la condizione di Neumann, perch é
l’incognita φ compare in esse solo come argomento di operatori di derivazione
spaziale. Questa arbitrarietà non pone tuttavia alcun problema dal punto di vista
della determinazione del campo di velocità dal momento che u = φ e quindi la
soluzione della velocità non dipende dalla funzione A(t) e sarà sempre unica.
∂ φ P
=− + +χ .
∂t ρ 2
Ma gli operatori differenziali ∂t∂ e commutano per cui il termine nel membro di
sinistra è il gradiente di ∂φ
∂t . L’equazione si potrà allora scrivere nella forma
| φ|2
∂φ P
+ + + χ = 0,
∂t ρ 2
la cui integrazione (in senso spaziale) fornisce immediatamente
| φ|2
∂φ P
+ + + χ = C(t),
∂t ρ 2
dove C(t) è una funzione arbitraria del tempo. Questa relazione è detta talvolta
teorema di Bernoulli per le correnti irrotazionali potenziali dipendenti dal
tempo. La funzione arbitraria C(t) potrebbe essere fatta sparire dall’equazione
assorbendola nel potenziale φ, che è definito a meno di una funzione arbitraria
del tempo:
R t basterebbe infatti aggiungere a φ la funzione di una sola variabile
Φ(t) = C(t 0 ) dt 0 , visto che in ogni caso u = φ. L’eliminazione della funzione
arbitraria (e del tutto irrilevante) C(t) è però impossibile nel caso stazionario, per
cui conviene lasciare inalterato il membro di destra dell’equazione appena trovata.
Cosı̀ essa potrà essere specializzata al caso stazionario sostituendo semplicemente
la funzione arbitraria C(t) con una costante C.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 95 colore nero Marzo 29, 2006
P(r, t)
=− − − χ(r) + C(t).
ρ ∂t 2
2
φ = 0,
∂φ
= bn (r S ),
∂n |S
H
con il dato al contorno soggetto alla condizione globale bn (r S ) = 0. La soluzione
di questo problema armonico sarà ovviamente definita a meno di una costante
additiva. In altri termini, se la funzione φ(r) è una soluzione, lo sarà anche la
funzione φ(r) + A, dove A è una costante qualsiasi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 96 colore nero Marzo 29, 2006
| φ|2
P
+ + χ = C,
ρ 2
dove il valore della costante C è determinato dal valore di P, | φ| e χ in un punto
del fluido, diciamo nel punto r1 . In altre parole, il teorema di Bernoulli nel caso di
una corrente irrotazionale potenziale stazionaria significa che
P(r) | φ(r)|2
+ + χ(r) = C,
ρ 2
per qualunque punto r nel fluido, dove C = (P(r1 )/ρ) + 12 | φ(r1 )|2 + χ(r1 ).
Questo risultato rappresenta una versione particolare del teorema di Bernoulli per
correnti irrotazionali valida quando è possibile scrivere u = φ. Una tale rapp-
ρ ρ 2
dove P1 = P(r1 ), φ1 = φ(r1 ) e χ1 = χ(r1 ). Se il campo di velocità u(r) è
irrotazionale senza essere rappresentabile come gradiente di un potenziale (corrente
irrotazionale ma con circolazione in un dominio molteplicemente connesso), la
pressione potrà comunque essere calcolata in termini di u(r) mediante la relazione
P(r) P1 1
= + |u(r1 )|2 − |u(r)|2 + χ1 − χ(r).
ρ ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 97 colore nero Marzo 29, 2006
P(r) P∞ 1
= + U 2 − |u(r)|2 .
ρ ρ 2
P(r) − P∞
C P (r) = 1
.
2
2 ρU
|u(r)|2
C P (r) = 1 − ,
U2
φ,
è l’operatore gradiente nelle coordinate sferiche (r, θ, α),1 ovvero,
dove
∂ 1 ∂ 1 ∂
= r̂ +ˆ + ˆ
.
∂r r ∂θ r sin θ ∂α
u= φ = 0 conduce immediatamente
La condizione d’incomprimibilità
all’equazione
2
φ = 0,
2
dove rappresenta l’operatore laplaciano in coordinate sferiche, cioè:
1 ∂ 2 ∂ 1 ∂ ∂ 1 ∂2
2
= 2 r + 2 sin θ + 2 2 .
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂α 2
Supponiamo ora che la corrente sia la stesso in ogni piano passante per l’asse z
ovvero che il campo di moto sia invariante per rotazioni attorno a tale asse: risulterà
allora che le funzioni φ e u non dipendono dalla variabile angolare α, la longitudine,
per cui φ = φ(r, θ) e u = u(r, θ) e diremo che la corrente è assisimmetrica o
assialsimmetrica. In questo caso l’equazione di Laplace per il potenziale φ(r, θ)
sarà bidimensionale e si scriverà
1
L’angolo della longitudine è indicato con la lettera greca α invece della più usuale φ poiché
nel problema studiato tale lettera rappresenta il potenziale della velocità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 99 colore nero Marzo 29, 2006
1 ∂ 2 ∂φ 1 ∂ ∂φ
r + sin θ = 0.
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ
Questa equazione deve essere completata dalle condizioni al contorno che traducono
la condizione di non penetrabilità sulla superficie della sfera, n̂ u = 0 per r = a,
e la condizione asintotica di velocità uniforme u → U ẑ per r → ∞. Queste
condizioni al contorno, espresse come condizioni di Neumann per il potenziale
φ(r, θ), diventano
∂φ ∂φ
=0 e → U cos θ.
∂r |r=a ∂r |r→∞
valida per correnti incomprimibili non viscose, è soddisfatta . Infatti tale con-
dizione equivale a porre a zero il flusso netto del fluido attraverso la superficie
che delimita la regione del campo di moto. Nel problema in esame la condizione
di non penetrazione sulla sfera implica bn = 0 sulla parte del contorno rappre-
sentata dalla superficie r = a; inoltre la velocità uniforme a grande distanza dal
corpo implica che sia nullo l’integrale della componente normale della velocità
bn = U cos θ imposta su una superficie sferica di raggio grande. Una verifica
dell’annullamento di questo secondo integrale richiede di specificare l’elemento
di area d S in coordinate sferiche (r, θ, α) appartenente a una superficie sferica di
raggio r , d S = r dθ r sin θ dα. Avremo pertanto
Z Z 2π Z π
bn (r) d S = U cos θ r∞ dθ r∞ sin θ dα
r=r∞ 0 0
Z π
= 2πUr∞
2
cos θ sin θ dθ
0
2 π
= πUr∞
2
sin θ 0 = 0.
semplice: si ricercano soluzioni che siano prodotti di funzioni, ciascuna delle quali
dipende da una sola delle coordinate.
Il primo passo consiste nella ricerca di soluzioni elementari nella forma di
prodotto di funzioni di una sola variabile:
dove R(r ) e Θ(θ) sono due nuove funzioni incognite. A prima vista, sembra una re-
strizione assurda, infatti la stragrande maggioranza delle soluzioni dell’equazione
di Laplace non è di questa forma. Ad esempio la funzione Φ(r, θ) = H /r +
K ln |(1 − cos θ)/ sin θ|, con H e K costanti arbitrarie, soddisfa l’equazione di
Laplace precedente ma è impossibile esprimerla come prodotto di una funzione di
r per una funzione di θ. Pertanto, procedendo in questo modo stiamo andando alla
ricerca di un sottoinsieme molto ridotto di tutte le soluzioni possibili e sarebbe un
vero miracolo se una di queste riuscisse a soddisfare (da sola) le condizioni al con-
torno di un problema con dati generici. Ma, in virtù della linearità dell’equazione
2
φ = 0 è possibile sommare le soluzioni elementari trovate ottenendo ancora una
soluzione. L’insieme di soluzioni elementari che troveremo sarà inoltre sufficien-
temente ampio che qualunque soluzione potrà essere espressa mediante una loro
combinazione lineare.
Sostituendo Φ(r, θ) = R(r ) Θ(θ) nell’equazione di Laplace in coordinate
(r, θ) otteniamo
Θ d 2 dR R d dΘ
r + sin θ = 0,
r 2 dr dr r 2 sin θ dθ dθ
dove i simboli di derivata parziale si sono trasformati in quelli di derivata ordinaria
perché le nuove incognite R e Θ sono funzioni di una sola variabile, rispettivamente,
r e θ. Moltiplicando per r 2 e dividendo per il prodotto RΘ si ottiene:
1 d 2 dR 1 d dΘ
r + sin θ = 0.
R dr dr Θ sin θ dθ dθ
Il primo termine dipende solo da r e il secondo solo da θ, ovvero abbiamo
un’equazione della forma F(r ) + G(θ) = 0, per cui ciascuno dei due termini
deve essere una costante: come conseguenza abbiamo
1 d 2 dR 1 d dΘ
r = C1 e sin θ = C2 ,
R dr dr Θ sin θ dθ dθ
dove le due costanti di separazione C 1 e C2 sono legate fra loro dalla relazione
C1 + C2 = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 101 colore nero Marzo 29, 2006
P` (x) P0 (x)
1.0
P1 (x)
P3 (x)
0.5 P (x)
4
P5 (x)
-0.5
P2 (x)
d d P1 (cos θ) d d cos θ
sin θ = sin θ
dθ dθ dθ dθ
d
= − sin2 θ = −2 sin θ cos θ
dθ
= −1 · (1 + 1) sin θ P1 (cos θ).
Il caso del terzo polinomio P2 (x) = 1
2
3x 2 − 1 è lasciato come esercizio al lettore.
1 1−x
Q 0 (x) = ln
2 1+x
α 2 + α − `(` + 1) = 0,
si ha
√ p
−1 ± 1 + 4`(` + 1) −1 ± (2` + 1)2
α1,2 = =
2 2
−1 ± (2` + 1)
= = −(` + 1), `.
2
P` (cos θ)
r ` P` (cos θ) e ,
r `+1
famiglia sono
P0 (cos θ) = 1,
r P1 (cos θ) = r cos θ,
3 cos θ 2 − 1
r 2 P2 (cos θ) = r 2 ,
2
5 cos θ 3 − 3 cos θ
r 3 P3 (cos θ) = r 3 ,
2
35 cos θ 4 − 30 cos θ 2 + 3
r 4 P4 (cos θ) = r 4 ,
8
63 cos θ 5 − 70 cos θ 3 + 15 cos θ
r 5 P5 (cos θ) = r 5
8
...
1
r −1 P0 (cos θ) = ,
r
1
r −2 P1 (cos θ) = 2 cos θ,
r
1 3 cos θ 2 − 1
r −3 P2 (cos θ) = ,
r3 2
1 5 cos θ 3 − 3 cos θ
r −4 P3 (cos θ) = ,
r4 2
1 35 cos θ 4 − 30 cos θ 2 + 3
r −5 P4 (cos θ) = ,
r5 8
1 63 cos θ 5 − 70 cos θ 3 + 15 cos θ
r −6 P5 (cos θ) = ,
r6 8
...
∞
X
B`
φ(r, θ) = A`r +
`
P` (cos θ),
`=0
r `+1
∂φ(r, θ) X∞ X∞
→ `A`r `−1 P` (cos θ) = `A`r `−1 P` (cos θ), r → ∞.
∂r `=0 `=1
X∞
B`
φ(r, θ) = A0 + Ur cos θ + P` (cos θ),
`=0
r `+1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 106 colore nero Marzo 29, 2006
,
∂r r ∂θ
per cui si ottiene
a3 a3
u(r, θ) = U 1 − 3 cos θ r̂ − U 1 + 3 sin θ ˆ .
r 2r
3U
u θ (a, θ) = − sin θ.
2
La legge di Bernoulli fornisce quindi l’andamento della pressione sulla superficie
del corpo sferico
P(a, θ) 9U 2 2
=− sin θ + C.
ρ 8
dove −r̂(θ, φ) è la normale entrante nel volume sferico. Questa forza sarà nulla in
quanto la forza sulla parte anteriore della sfera è uguale e opposta alla forza causata
dalla pressione presente sulla parte posteriore, in virtù della della simmetria della
funzione P(a, θ) e della dipendenza di r̂(θ, φ) dalle variabili angolari. Questo è
un esempio particolare del celebre paradosso di D’Alembert, per il quale la forza
risultante esercitata dalla coorrente incomprimibile irrotazionale di un fluido non
viscoso che si estende all’infinito su qualunque corpo di dimensione finita in moto
uniforme è nulla.
D’altra parte, sulla superficie della sfera, r = a, per cui il coefficiente di pressione
sulla sfera dipende solo dall’angolo θ, ossia avremo C P (a, θ) = C P (θ). Inoltre, la
componente normale (radiale) della velocità sulla superficie della sfera è nulla, per
cui avremo
[u θ (a, θ)]2
C P (θ) = 1 − .
U2
C P (θ) = 1 − 94 sin2 θ.
C P (θ)
1.0
θ
1.0 2.0 3.0
−1.0
− 45
Figura 4.4 Coefficiente di pressione
della corrente incomprimibile
irrotazionale attorno a una sfera −2.0
La pressione è massima nei due punti davanti e dietro alla sfera, rispetto alla
direzione della corrente lontano da essa, ed è minima in tutti i punti sulla superficie
della sfera con θ = π/2, ovvero nei punti in cui la superficie interseca il piano z = 0.
Ciò è in conformità al teorema di Bernoulli dal momento che la velocità è nulla nei
due punti estremi mentre raggiunge il suo valore massimo 3/2 U in tutti i punti della
circonferenza massima sulla superficie sferica perpendicolare alla direzione della
corrente.
ẑ
ẑ
u = 0.
Ricordando la forma degli operatori divergenza e rotore in coordinate cilindriche il
sistema si scrive più esplicitamente nella forma seguente:
∂ ∂u θ
Ru R + = 0,
∂R ∂θ
∂ ∂u R
Ru θ − = 0,
∂R ∂θ
che evidenzia le due funzioni incognite u R (R, θ) e u θ (R, θ) del problema.
Queste equazioni devono essere completate dalle condizioni al contorno di non
penetrabilità sulla superficie del cilindro, o meglio sul cerchio (il problema è ormai
un problema piano), n̂ u = 0 per R = a, e la condizione asintotica di corrente
uniforme a grande distanza dal cilindro, u → U x̂ per R → ∞. Il problema
completo della corrente 2D incomprimibile irrotazionale attorno a un cilindro di
sezione circolare è pertanto
∂ ∂u θ
Ru R + = 0,
∂R ∂θ
∂ ∂u R
Ru θ − = 0,
∂R ∂θ
u R (a, θ) = 0,
u R (R → ∞, θ) → U cos θ.
Per risolvere questo problema è conveniente sostituire le due equazioni del primo
ordine con una sola equazione di secondo ordine. A tale fine possiamo elimi-
nare l’incognita u θ che compare nella seconda equazione sostituendo la derivata
∂u θ /∂θ dalla prima equazione. Deriviamo allora la seconda equazione rispetto a θ,
ottenendo
∂ ∂ ∂u R
Ru θ − = 0,
∂θ ∂ R ∂θ
ovverosia, potendosi scambiare l’ordine delle due derivazioni parziali,
∂ ∂u θ ∂ 2u R
R − = 0.
∂R ∂θ ∂θ 2
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dove W (R) e Θ(θ) sono due nuove funzioni incognite, che dipendono solo da R e
da θ.3 Proprio come nel caso sferico, questa scelta sembra una restrizione assurda,
infatti la stragrande maggioranza delle soluzioni dell’equazione considerata non è
di questa forma. Ad esempio la funzione u R (R, θ) = (A/R) + B cos θ, con A e B
costanti arbitrarie, soddisfa l’equazione ma è impossibile esprimerla come prodotto
di una funzione di R per una funzione di θ. Pertanto, molto difficilmente ciascuna
delle soluzioni elementari che troveremo potrà servire da sola a risolvere il problema
completato dalle sue condizioni al contorno. Tuttavia, sempre in virtù della linearità
dell’equazione considerata, è possibile sommare le soluzioni elementari ottenendo
ancora una soluzione. Come nel caso della corrente attorno alla sfera, anche nel
problema in coordinate cilindriche l’insieme di soluzioni elementari è abbastanza
ampio da permettere di esprimere qualunque soluzione mediante una combinazione
lineare delle soluzioni elementari.
3
La funzione Θ(θ) in questo paragrafo non deve essere confusa con quella incontrata nello
studio della corrente attorno a una sfera.
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C1 + C2 = 0.
Quindi, anche nel caso delle coordinate cilindriche, il metodo di separazione delle
variabili riduce l’equazione differenziale alle derivate parziali a un insieme di
equazioni differenziali ordinarie legate da opportune costanti.
Ora C2 non può essere positivo, altrimenti si otterrebbero soluzioni esponenziali
per Θ(θ), manifestamente non periodiche, come è invece necessario che siano.
Pertanto porremo C 2 = −k 2 , con k 2 ≥ 0, e quindi avremo
d 2Θ
= −k 2 Θ.
dθ 2
Consideriamo per primo il caso k = 0, cosicché si ha la seguente equazione per Θ0
d 2 Θ0 dΘ0
=0 ⇒ = costante = B
dθ 2 dθ
e quindi
Θ0 (θ) = A + Bθ.
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Il termine Bθ non può essere accettato dal momento che la variabile θ rappresenta
l’angolo delle coordinate polari per cui si richiede Θ0 (θ + 2π) = Θ0 (θ) e quindi
B = 0. Pertanto la soluzione per il caso k = 0 è
Θ0 (θ) = A.
D’altra parte le soluzioni devono essere periodiche di periodo 2π, per cui deve
essere cos(kθ) = cos[k(θ + 2π)] = cos(kθ + 2kπ) e analogamente per la funzione
seno. Quindi 2kπ deve essere un multiplo intero di 2π: ciò implica che k sia un
intero, ovvero k = 1, 2, . . . . I valori di k interi negativi non servono dato che le
soluzioni corrispondenti sarebbero una semplice ripetizione di quelle per k positivo.
In conclusione, affinché il prodotto W (R) Θ(θ) possa essere effettivamente una
soluzione dell’equazione differenziale originaria alle derivate parziali la costante
di separazione C 2 deve assumere solo determinati valori discreti, dati da C 2 =
0, 1, 4, 9, . . . , k 2 , . . . , con k intero.
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Passando a questo punto all’equazione per Wk(R), dato che C 1 = −C2 = −(−k 2 ) =
k 2 , essa assume la forma seguente
d d
R RWk = k 2 Wk ,
dR dR
che è un’equazione equidimensionale o equazione di Eulero, si veda l’appendice
C. Le sue soluzioni sono del tipo Wk (R) = R n dove l’esponente n è determinato
mediante sostituzione nell’equazione stessa. Si ha
d d n
d d d
R RR = R R n+1
= R (n + 1)R n
dR dR dR dR dR
d
= (n + 1) R n+1 = (n + 1)2 R n = k 2 R n .
dR
Pertanto (n + 1)2 = k 2 , per cui n = ±k − 1 e l’equazione per Wk (R) può avere
soluzioni del tipo
∞
C B ln R X
u R (R, θ) = + + ak R k−1 cos(kθ) + bk R k−1 sin(kθ)
R R k=1
cos(kθ) sin(kθ)
+ ck k+1 + dk k+1 .
R R
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X∞
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u R (R, θ) = + + a1 cos θ + b1 sin θ + ck k+1 + dk k+1 .
R R k=1
R R
Dato che i primi due termini e tutti quelli della sommatoria tendono a zero per
R → ∞, la condizione all’infinito u R (R → ∞, θ) → U cos θ implica che a1 = U
e b1 = 0, per cui l’espressione si semplifica in
X∞
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u R (R, θ) = + + U cos θ + ck k+1 + dk k+1 .
R R k=1
R R
X∞
C B ln a cos(kθ) sin(kθ)
u R (a, θ) = + + U cos θ + ck k+1 + dk k+1 = 0,
a a k=1
a a
che deve essere soddisfatta per ogni θ ∈ [0, 2π]. Ne deriva immediatamente che
C + B ln a = 0, da cui C = −B ln a. Inoltre tutti i coefficienti dei seni devono
essere nulli, ossia dk = 0, per k = 1, 2, . . . , mentre i coefficienti dei coseni devono
essere nulli solo per k = 2, 3, . . . . L’annullamento del termine cos θ conduce
all’equazione U + c1 /a 2 = 0, da cui segue c1 = −a 2U . L’espressione della
soluzione diventa allora
B ln(R/a) a2
u R (a, θ) = + U 1 − 2 cos θ.
R R
D’altra parte il primo termine deve essere nullo perché darebbe luogo a un flusso di
massa netto attraverso le superfici cilindriche, oltretutto di entità dipendente dal loro
raggio, in violazione della legge di conservazione della massa. Abbiamo quindi
necessariamente B = 0 e la soluzione finale è allora la seguente
a2
u R (R, θ) = U 1 − 2 cos θ.
R
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per cui l’annullamento della divergenza impone F 0 (θ) = 0 da cui segue immedi-
atamente F = costante = A. In conclusione, la componente angolare del campo
di velocità attorno al cilindro circolare è
A a2
u θ (R, θ) = − U 1 + 2 sin θ,
R R
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dove A è una costante arbitraria, ossia tutti i valori di A sono permessi. Notiamo
che questa componente della soluzione corrisponde al campo di velocità del vortice
rettilineo che è stato definito negli esempi 3 e 4 del paragrafo 3.7. Per tale ragione
la costante A è ora indicata come Γ /(2π) e la soluzione appena trovata è riscritta
nel modo seguente
a2 Γ
u θ (R, θ) = −U 1 + 2 sin θ + ,
R 2π R
Corrente simmetrica
Esaminiamo per prima cosa la soluzione della corrente attorno al cilindro in assenza
della componente di moto rotatorio, ovverosia per Γ = 0. In questo caso il campo
di moto assume la forma
a2 a2
usim (R, θ) = U 1 − 2 cos θ R̂ − U 1 + 2 sin θ ˆ ,
R R
Si può notare che il campo di velocità vicino al cilindro differisce dal campo
uniforme all’infinito molto di più rispetto al caso della corrente attorno alla sfera
(si confronti con la figura 4.3).
L’andamento della pressione sul cilindro è calcolato mediante la versione irro-
tazionale della legge di Bernoulli. La velocità sulla superficie del cilindro è data
dalla sola componente tangenziale
θ (a, θ) = −2U sin θ.
u sim
Quindi la legge di Bernoulli fornisce la pressione sulla superficie del cilindro cir-
colare immerso in una corrente stazionaria incomprimibile e irrotazionale:
P sim (a, θ)
= −2U 2 sin2 θ + C.
ρ
[u sim
θ (a, θ)]
2
P (θ) = 1 −
C sim = 1 − 4 sin2 θ.
U2
Anche nel caso della corrente attorno al cilindro a sezione circolare la funzione
P(a, θ) ha la proprietà di simmetria
P sim a, 12 π + β = P sim a, 21 π − β ,
fra la parte anteriore e quella posteriore della superficie del cilindro, come anche
mostrato nella figura 4.7.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 119 colore nero Marzo 29, 2006
C sim
P (θ)
1.0
θ
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 6.0
sfera
−1.0
Come per la corrente attorno alla sfera, la forza risultante agente sul cilindro (per
unità di lunghezza) sarà nulla in quanto la forza dovuta alla distribuzione di pres-
sione sulla parte anteriore è uguale e opposta alla forza causata dalla pressione
presente sulla parte posteriore. Si incontra quindi un altro esempio del paradosso
di D’Alembert, secondo il quale i corpi investiti da una corrente stazionaria incom-
primibile di un fluido non viscoso non offrono alcuna resistenza al moto del fluido.
In questo caso il paradosso si riferisce a una corrente bidimensionale.
Il punto importante di questa relazione è che esistono infinite soluzioni del campo di
moto intorno al cilindro, ciascuna delle quali è contraddistinta da un valore diverso
della circolazione Γ , ovvero dell’intensità del vortice rettilineo. Questo risultato
non è limitato al caso del cilindro di sezione circolare. Qualunque sia la forma
della sezione del cilindro di lunghezza infinita, esiste sempre un numero infinito
di soluzioni ciascuna delle quali rappresenta una corrente piana incomprimibile e
irrotazionale attorno al cilindro.
È infatti la presenza del cilindro che fornisce il carattere molteplicemente
connesso al dominio in cui scorre il fluido e questa caratteristica permette l’esistenza
di un numero infinito di campi di velocità irrotazionali e incomprimibili soddi-
sfacenti le condizioni al contorno sul corpo e a grande distanza da esso. Non esiste
ovviamente alcun fluido che sia completamente privo di viscosità, per cui negli
esperimenti non si osservano soluzioni differenti. In effetti, la presenza dell’attrito
viscoso cambia radicalmente la formulazione matematica del problema con due
conseguenze fondamentali: non esistono più infinite soluzioni e la circolazione
della corrente viscosa stazionario attorno al corpo cilindrico avrà un valore unico,
determinato dalla forma della sezione del cilindro ed eventualmente anche dalla
storia del campo di moto.
Γ
u θ (a, θ) = −2U sin θ +
2πa
P(a, θ) 1
= − [u θ (a, θ)]2 + C,
ρ 2
P(a, θ) 1 Γ 2
=− −2U sin θ + +C
ρ 2 2πa
UΓ 1 Γ 2
= −2U 2 sin2 θ + sin θ − + C.
πa 2 2πa
La figura 4.9 confronta l’andamento di C P (θ) della soluzione non simmetrica per
Γ
2π aU
= − 12 , con quello dell’analogo coefficiente della soluzione simmetrica,
ovvero Γ = 0 (non portante). Nel disegno della curva relativa alla soluzione
non simmetrica si è omesso il termine costante che è irrilevante.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 122 colore nero Marzo 29, 2006
C P (θ)
1.0
θ
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 6.0
−1.0
−2.0
Γ =0
Figura 4.9 Coefficiente di pressione −3.0
della corrente incomprimibile
Γ <0
irrotazionale non simmetrica −4.0
Γ 1
2π aU = − 2 , curva continua e
simmetrica (Γ = 0, curva a tratti) −5.0
attorno a un cilindro a sezione circolare
Passando dalla soluzione simmetrica a quella non simmetrica, i due minimi della
funzione C P (θ) sono modificati in maniera diversa. Se Γ < 0, la pressione nel
punto estremo superiore della sezione del cilindro diventa ancora più bassa e questo
punto diventa il luogo in cui la pressione raggiunge il suo valore minimo assoluto
in tutto il fluido; al contrario la pressione nel punto inferiore del cilindro aumenta e
quindi la depressione presente in questa zona si riduce. In altri termini, la presenza
del vortice rettilineo nella soluzione non simmetrica comporta un’asimmetria nel
campo di moto e della pressione fra la zona inferiore e quella superiore. Si noti che
questa asimmetria della pressione intorno al cilindro è una conseguenza del teorema
di Bernoulli. Infatti, quando il vortice ruota in senso orario, la sua velocità sulla
superficie del cilindro nella parte superiore ha lo stesso verso della velocità della
velocità indisturbata a monte (componente simmetrica) per cui le due componenti si
sommano producendo la velocità massima. Viceversa, la velocità del vortice nella
parte inferiore ha verso opposto a quella della componente simmetrica causando
una sottrazione tra le due componenti e quindi la velocità finale sarà minore.
Per determinare la forza agente sul cilindro dobbiamo sommare le forze ele-
mentari dovute alla pressione che agiscono su tutti gli elementi della sua superficie.
Essendo il moto del fluido identico in ogni piano perpendicolare all’asse del cilin-
dro, possiamo considerare la forza f per unità di lunghezza del cilindro. Tale vettore
sarà dato da un integrale semplice lungo la circonferenza R = a, che rappresenta
la sezione della superficie del cilindro:
Z 2π
f= P(a, θ)[−R̂(θ)] a dθ.
0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 123 colore nero Marzo 29, 2006
f = −ρ U Γ ŷ,
Nel caso in esame, le componenti della velocità sono già state determinate e sono
funzioni note, u R = u R (R, θ), u θ = u θ (R, θ), mentre ψ è una funzione incognita.
Riscriviamo quindi le due relazioni precedenti mettendo la variabile incognita ψ
nel primo membro e utilizzando le espressioni di u R (R, θ) e u θ (R, θ) calcolate
precedentemente:
1 ∂ψ a2
=U 1− cos θ,
R ∂θ R2
∂ψ a2 Γ
=U 1+ sin θ − .
∂R R2 2π R
Abbiamo due equazioni in una sola incognita ψ, per cui dovremo verificare che
i risultati delle due integrazioni conducano alla medesima soluzione. La prima
equazione moltiplicata per R diventa
∂ψ a2
= U 1 − 2 R cos θ
∂θ R
Può essere interessante determinare la posizione dei punti in cui si annulla la velocità
sul cilindro, che si chiamano punti di ristagno. In questi punti arriva o parte una
linea di corrente. La posizione dei punti di ristagno è determinata dalla condizione
u(a, θr ) = 0, dove θr indica l’angolo di un eventuale punto di ristagno. Nel caso
della corrente irrotazionale considerata, questa condizione equivale all’equazione
u θ (a, θr ) = 0, ovvero, nel nostro caso:
Γ
−2U sin θr + = 0.
2πa
Risolvendo questa equazione rispetto a θr si ottiene
−1 Γ
θr = sin .
4πaU
Naturalmente oltre all’angolo θr vi è anche una secondo angolo θr0 relativo al punto
speculare rispetto alla retta verticale: θr0 = π − θr se Γ > 0 e θr0 = −π − θr se
Γ < 0. Queste soluzioni esistono solo quando l’intensità Γ del vortice soddisfa la
condizione
Γ
4πaU < 1.
Se invece |Γ /(4πaU )| > 1 allora non c’è alcun punto di ristagno sulla superficie
del corpo immerso. Esisterà tuttavia un punto nel fluido per θ = π/2 se Γ > 0 o
per θ = −π/2 se Γ < 0 in cui il vettore velocità si annulla. Infatti per θ = ±π
2 la
componente radiale della velocità è nulla
a2
u R R, 2 = U 1 − 2 cos ±π
±π
2
=0
R
qualunque sia il valore di R, mentre la componente angolare si annullerà solo nel
punto la cui distanza R0 dall’asse del cilindro soddisfa l’equazione
±π
a2 Γ
u θ R0 , 2 = −U 1 + 2 (±1) + = 0.
R0 2π R0
Questa condizione rappresenta un’equazione di secondo grado nell’incognita R 0 ,
R02 ± b R0 + a 2 = 0, dove b = Γ /(2πU ), che ha le seguenti soluzioni
s 2
R0 Γ Γ
= ± − 1.
a 4πaU 4πaU
Siccome |Γ /(4πaU )| > 1, si verifica facilmente che la soluzione con il segno
positivo implica R0 > a, mentre quella con il segno negativo implica R0 < a.
Poiché stiamo cercando un punto appartenente alla regione del fluido, dovremo
avere R0 > a per cui la radice che ci interessa è quella con il segno positivo. Nella
figura 4.12 sono mostrate le linee di corrente per 4πΓaU = −1.125 che ha un punto
in cui la velocità si annulla nel fluido e non sulla superficie del cilindro.
y
u=
φ.
.
∂R R ∂θ
Osserviamo però subito che il dominio in cui si muove il fluido attorno al cilindro
non è semplicemente connesso, per cui esisteranno anche campi di velocità irro-
tazionali che non è possibile descrivere mediante un potenziale cinetico di cui siano
il gradiente.
In via provvisoria supponiamo che il campo di velocità sia rappresentabile
mediante un potenziale φ, ovvero tale che u = φ. Essendo la corrente incom-
dove 2 è l’operatore laplaciano 2D delle coordinate del piano, ovvero, dopo avere
moltiplicato per R 2 , avremo l’equazione seguente
∂ ∂φ ∂ 2 φ
R R + 2 = 0.
∂R ∂R ∂θ
∂φ ∂φ
=0 e → U cos θ.
∂ R |R=a ∂ R |R→∞
d dS d 2Θ
ΘR R +S = 0.
dR dR dθ 2
Dividendo per il prodotto SΘ si ottiene:
R d dS 1 d 2Θ
R + = 0.
S dR dR Θ dθ 2
Esattamente come visto in precedenza, il primo termine dipende solo da R e il
secondo solo da θ, ovvero abbiamo un’equazione della forma F(R) + G(θ) = 0,
per cui ciascuno dei due termini deve essere una costante: come conseguenza
dobbiamo avere
R d dS 1 d 2Θ
R = C1 , = C2 ,
S dR dR Θ dθ 2
dove le costanti si separazione C 1 e C2 sono legate dalla relazione
C1 + C2 = 0.
d 2Θ
= −k 2 Θ.
dθ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 130 colore nero Marzo 29, 2006
y
x
Figura 4.13 Andamento di θ nei
punti del piano x-y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 131 colore nero Marzo 29, 2006
Osservazione Nel caso in cui l’origine dovesse appartenere alla regione in cui
si muove il fluido, il termine Bθ dovrebbe essere scartato subito perché altrimenti
la variabile θ assumerebbe in tale punto qualunque valore. Nel problema della
corrente all’esterno del cilindro, in cui l’asse z si trovi dentro il cilindro, l’origine
del piano (R, θ) non appartiene alla regione del fluido, per cui la suddetta patologia
non si verifica.
Torniamo ora al nostro problema fluidodinamico in cui si deve determinare
un campo di velocità. Certe soluzioni speciali dell’equazione di Laplace che non
appartengono all’insieme delle funzioni definite in un dominio del piano potrebbero
essere tali che il loro gradiente risulta essere lo stesso un campo vettoriale a un solo
valore. In tal caso il termine Bθ potrebbe essere accettato benché una soluzione
dell’equazione di Laplace che lo contenga non possa essere considerata una funzione
nel senso ordinario del termine.
In effetti il termine Bθ, che ribadiamo non può essere una funzione dei punti
del piano quando θ ∈ [0, 2π], è proprio quello che supplisce all’inadeguatezza
del potenziale scalare nel rappresentare l’eventuale componente rotatoria che pu ò
esistere in un campo di velocità irrotazionale quando il dominio occupato dal fluido
è molteplicemente connesso.
Risolviamo ora l’equazione per S0 (R),
d d S0
R = 0.
dR dR
Integrando una prima volta si ha
d S0 d S0 C
R =C → = .
dR dR R
Integrando una seconda volta
S0 (R) = D + C ln R.
costante, ln R, θ, (ln R) θ.
00 00
dove il termine (C + D ln R) θ costituisce la parte “anomala” (ossia diversa da
una funzione nel senso ordinario) della soluzione, per cui è stata posta tra virgolette.
Consideriamo ora quando k 2 > 0. Le soluzioni possibili dell’equazione relative
all’incognita Θk
d 2 Θk
= −k 2 Θk per k = 1, 2, . . .
dθ 2
sono evidentemente cos(kθ) e sin(kθ). D’altra parte le soluzioni dell’equazione
originaria devono essere periodiche di periodo 2π, per cui deve essere cos(kθ) =
cos[k(θ + 2π)] = cos(kθ + 2kπ) e analogamente per la funzione seno. Come già
visto in precedenza, 2kπ deve allora essere un multiplo intero di 2π per cui k deve
essere un intero, ossia k = 1, 2, . . . . I valori di k interi negativi non servono dato
che le soluzioni corrispondenti sarebbero una semplice ripetizione di quelle per k
positivo.
Siccome C1 = −C2 = −(−k 2 ) = k 2 , l’equazione per Sk (R) è
d d Sk
R R = k 2 Sk per k = 1, 2, . . . .
dR dR
Questa equazione è equidimensionale e le sue soluzioni sono del tipo S(R) = R n
dove l’esponente n si determina mediante sostituzione nell’equazione. Si ha
d d
R R n R n−1 = n R R n = n 2 R R n−1 = n 2 R n = k 2 S = k 2 R n .
dR dR
Pertanto n 2 = k 2 , per cui n = ±k e le soluzioni ricercate sono del tipo R k e R −k .
A questo punto possiamo costruire le soluzioni elementari dell’equazione di
Laplace considerata, per k = 1, 2, . . . . Dovremo moltiplicare le soluzioni delle
equazioni differenziali ordinarie di Sk e Θk , e considerare i prodotti del tipo
cos(kθ) sin(kθ)
R k cos(kθ), R k sin(kθ), e ,
Rk Rk
nonché la loro combinazione lineare
cos(kθ) sin(kθ)
αk R k cos(kθ) + βk R k sin(kθ) + γk + δk .
Rk Rk
In virtù della linearità dell’equazione di Laplace, la sua soluzione generale φ sarà
espressa come combinazione lineare di tutte le soluzioni elementari trovate e avrà
pertanto la forma seguente:
00 00 00 00
φ (R, θ) = A + B ln R + (C + D ln R) θ
X∞
cos(kθ) sin(kθ)
+ αk R cos(kθ) + βk R sin(kθ) + γk
k k
+ δk .
k=1
Rk Rk
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 4 – pagina 133 colore nero Marzo 29, 2006
00 00
e riguardano la derivata di φ rispetto a R, per cui calcoliamo esplicitamente questa
derivata
00 00 ∞
∂ φ (R, θ) B Dθ X
= + + kαk R k−1 cos(kθ) + kβk R k−1 sin(kθ)
∂R R R k=1
cos(kθ) sin(kθ)
− kγk k+1 − kδk k+1 .
R R
00 00
La condizione ∂ φ /∂ R → U cos θ per R → ∞ richiede che siano nulli tutti i
coefficienti delle potenze di R con esponente positivo (pena la divergenza della
funzione per R → ∞) e quindi αk = 0 e βk = 0 per k = 2, 3, . . . . Invece i
primi due termini corrispondenti a k = 1 non divergono per R → ∞ e, dovendo
coincidere con U cos θ, si deve avere α1 = U e β1 = 0.
Riscriviamo allora l’espressione della soluzione che soddisfa per ora solo la
condizione al contorno lontano dal cilindro
00 00 00 00
φ (R, θ) = A + B ln R + (C + D ln R) θ
X∞
cos(kθ) sin(kθ)
+ U R cos θ + γk + δk ,
k=1
Rk Rk
00 00
La condizione di non penetrazione ∂ φ /∂ R = 0 sulla superficie del cilindro, R = a,
richiede che l’equazione
B Dθ X∞
k
+ + U cos θ − k+1
γk cos(kθ) + δk sin(kθ) = 0,
a a k=1
a
sia soddisfatta per ogni valore di θ ∈ [0, 2π]. Quindi deve essere B = 0, D = 0,
U − γ1 /a 2 = 0, γk = 0 per k = 2, 3, . . . , e δk = 0 per k = 1, 2, 3, . . . . Le sole
costanti diverse da zero sono quindi A, C e γ1 = U a 2 per cui la soluzione sarà
00 00 00 00 U a2
φ (R, θ) = A + Cθ + U R cos θ + cos θ,
R
dove A e C sono costanti che non risultano determinate dalle condizioni al contorno
e quindi sono libere di assumere qualunque valore.
La costante A non ha alcun significato fisico dato che il suo valore non pu ò
00 00
influire sul campo di velocità u =
Esercizi 4
1. Mostrare che il campo di velocità piano espresso in
coordinate cilindriche
1 d dQ
sin θ + `(` + 1)Q = 0
sin θ dθ dθ
135
CAPITOLO 5
Correnti incomprimibili
viscose
Introduzione Questo capitolo è dedicato allo studio delle correnti incompri-
mibili di un fluido viscoso. Nel primo paragrafo si descrive il fenomeno della
viscosità nel caso semplice di una corrente che si muove in una sola direzione. Nel
paragrafo 5.2 questa nozione primitiva di viscosità è estesa al caso generale per
ricavare l’espressione della forza agente sulle particelle del fluido dovuta alla sua
viscosità in una corrente tridimensionale, sempre incomprimibile. Nel paragrafo 5.3
il nuovo termine della forza viscosa è aggiunto nell’equazione della quantità di moto,
cosı̀ da potere scrivere il sistema delle equazioni di Navier–Stokes che governano le
correnti incoprimibili viscose. Le condizioni supplementari, iniziali e al contorno,
necessarie per ottenere un problema matematicamente completo sono presentate nel
paragrafo 5.4, assieme alle loro condizioni di compatibilità, analogamente a quanto
visto nel capitolo 3 per il caso non viscoso e le equazioni di Eulero incomprimibili.
Nel paragrafo 5.5 si introduce la forma adimensionale delle equazioni di
Navier–Stokes e si definisce il numero di Reynolds. Nei paragrafi successivi si ri-
cavano alcune soluzioni analitiche delle equazioni in regioni dalla geometria molto
semplice, per correnti incomprimibili viscose, sia stazionarie sia variabili.
Per quanto riguarda le correnti stazionarie, il paragrafo 5.6 è dedicato allo
studio della corrente unidirezionale di un fluido che riempie lo spazio fra due pareti
piane parallele, di cui una eventualmente in moto con velocità costante, in presenza
o meno di un gradiente di pressione uniforme in tutta la regione occupata dal fluido.
Si considera anche la corrente di un fluido all’interno di un tubo causata della
presenza di un gradiente di pressione parallelo all’asse del tubo. Si analizza inoltre
il moto di uno strato di fluido che scorre su un piano a causa del campo di gravità
terrestre. Il paragrafo 5.7 è invece dedicato allo studio della corrente incomprimibile
viscosa attorno a una sfera per velocità molto piccole e alla deduzione della forza
agente su di essa, espressa dalla celebre legge della resistenza di Stokes.
Per quanto riguarda i problemi dipendenti dal tempo, nel paragrafo 5.8 si
studia come un fluido inizia a muoversi in virtù dell’attrito viscoso a causa della
traslazione improvvisa di una parete piana; di questo tipo di correnti unidirezionali
considereremo due esempi particolari. Nel primo caso la regione occupata dal fluido
è un semispazio, nel secondo caso è lo spazio compreso fra due lastre parallele.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 136 colore nero Giugno 12, 2006
Il paragrafo 5.9 è dedicato allo studio di alcune soluzioni esatte delle equazioni
incomprimibili in coordinate cilindriche quando il fluido si muove lungo traietto-
rie circolari. Si esamina dapprima la corrente stazionaria generata in una regione
delimitata da due superfici cilindriche che possono ruotare con velocità angolare
costante attorno al proprio asse. Si analizza inoltre l’evoluzione del moto di una
colonna di fluido che all’istante iniziale ruota in modo rigido e che viene frenata
dall’arresto improvviso della parete cilindrica delimitante il fluido e infine il decadi-
mento nel tempo di un vortice rettilineo e di un vortice attorno a un cilindro rigido
che si arresta istantaneamente.
Il paragrafo 5.10 è dedicato a una descrizione più articolata del fenomeno
della viscosità. Per capire il fenomeno dell’attrito interno in un fluido è necessario
considerare la situazione più generale di un fluido che può essere comprimibile.
Presenteremo pertanto un’analisi che va oltre i confini stabiliti dall’ipotesi di flusso
incomprimibile, per cui questo paragrafo può essere quasi considerato come un
intruso in questo capitolo. Tuttavia le equazioni di Navier–Stokes incomprimbili
sono cosı̀ importanti nella dinamica dei fluidi da rendere fin d’ora opportuna, se
non addirittura necessaria, una descrizione non troppo superficiale del fenomeno
dell’attrito viscoso nei fluidi.
Nell’ultimo paragrafo del capitolo si studia come varia l’energia cinetica in
una corrente incomprimibile viscosa e si presenta l’equazione che governa l’energia
interna del fluido.
du
s =µ ,
dy
dove µ è una proprietà del fluido chiamata viscosità dinamica o più semplicemente
viscosità. Molti fluidi reali, come l’acqua e l’aria, si comportano secondo la
precedente relazione lineare, ma esistono anche molti altri fluidi viscosi, come
le vernici, i polimeri, la maionese e il miele, che hanno un comportamento pi ù
complicato che è detto non newtoniano.
Da un punto di vista dinamico una grandezza molto importante è la cosidetta
viscosità cinematica che è definita dal rapporto fra la viscosità dinamica e la densità
del fluido
µ
ν= .
ρ
Nella tabella 1 sono riportati i valori della densità ρ, della viscosità dinamica µ
e di quella cinematica ν relative al mercurio, all’acqua e all’aria in condizioni
termodinamiche standard, ovvero alla temperatura di T = 300 K e alla pressione
atmosferica Patm = 1.01 × 105 Pa.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 138 colore nero Giugno 12, 2006
Come si mostrerà alla fine del paragrafo 10.1, il valore di µ (e quindi anche di ν)
può variare sensibilmente con la temperatura e dipendono anche, seppure in modo
meno sensibile, dalla pressione del fluido. Tuttavia, in gran parte di questo libro si
considera un modello di fluido in cui la densità ρ e la viscosità dinamica µ sono
costanti. Per indicare esplicitamente i limiti di validità della nostra analisi, abbiamo
indicato con ρ la densità del fluido quando essa è considerata uniforme e costante.
In modo analogo nel seguito indicheremo con µ la viscosità dinamica quando essa
potrà essere considerata una costante caratteristica del fluido, indipendente cioè da
temperatura e pressione. La viscosità cinematica ν sarà invece indicata sempre
senza alcuna sopralineatura dato che l’uso di questa grandezza è limitato al caso
incomprimibile con fluidi di densità uniforme e con viscosità costante, per cui la
definizione effettiva del coefficiente di viscosità cinematica ν è
µ
ν= .
ρ
Soltanto alla fine del capitolo, nel paragrafo 5.10, considereremo il caso generale
dei fluidi comprimibili per i quali il fenomemo dell’attrito viscoso risulta dipendere
dalle condizioni termodinamiche del fluido. In quel paragrafo la viscosità dinamica
sarà allora una funzione (in generale non costante) delle variabili termodinamiche
T e P.
vertice inferiore sinistro nel punto (x, y, z). Lo sforzo viscoso che agisce sul fluido
contenuto nel volumetto attraverso la faccia superiore è dato da µ du(y+∆y)
dy
(il fluido
esterno più veloce tende ad aumentare la velocità del fluido nel volumetto) mentre
lo sforzo agente attraverso la faccia inferiore è dato da −µ du(y)
dy
(il fluido esterno
più lento tende a ridurre la velocità del fluido nel volumetto). La forza netta per
unità di volume sarà allora data dalla differenza
1 du du µ du − µ du
d y y+∆y dy y
Fx =
visc
µ ∆x − µ ∆x = .
∆x ∆y dy y+∆y dy y ∆y
Facendo tendere a zero la dimensione del volumetto, avremo la forza viscosa per
unità di volume
d du
Fx =
visc
µ
dy dy
che nel caso particolare di viscosità dinamica costante, µ = µ, diventa
d 2u
Fxvisc = µ .
dy 2
Questo termine deve essere aggiunto nel secondo membro dell’equazione della
quantità di moto, o meglio, nell’equazione relativa alla sua componente x.
L’espressione della forza viscosa appena ricavata permette di capire perché gli
effetti viscosi possono diventare molto importanti nello strato limite di una qualsiasi
corrente viscosa. Il motivo è che il gradiente della velocità può diventare molto
maggiore nello strato limite che non nelle altre parti della corrente, poiché una
variazione rilevante della velocità si può verificare in uno strato molto sottile. In
questo modo lo sforzo viscoso, e ancora più la sua derivata, che rappresenta la
forza viscosa, diventano essenziali in uno strato sottile, anche se la viscosità è
tanto piccola da permettere di trascurare gli effetti viscosi nelle altre regioni della
corrente.
Nel caso di correnti tridimensionali ma sempre incomprimibili, la forza causata
dall’attrito viscoso in un fluido dovrà essere un vettore e dipenderà dalla derivata
seconda del campo vettoriale di velocità u. Per generalizzare l’espressione ora
stabilita nella situazione di una semplice corrente di taglio, si deve seguire un pro-
cedimento piuttosto elaborato che sarà sviluppato nel paragrafo 5.10 considerando
il caso generale di un fluido comprimibile. Per gli scopi attuali dello studio delle
correnti incomprimibili di un fluido con densità uniforme e viscosità dinamica
costante, µ = µ, possiamo scrivere direttamente la formula finale della forza
vettoriale per unità di volume, che sarà ricavata nel paragrafo 5.10,
Fvisc = µ 2
u,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 140 colore nero Giugno 12, 2006
f visc = ν 2
u.
∂u P
+ (u )u + =ν 2
u + g,
∂t ρ
u = 0.
1 ∂ ∂u 1 ∂ 2u ∂ 2u
2
u= R + 2 2 + 2.
R ∂R ∂R R ∂θ ∂z
Nel caso particolare in cui il campo di velocità iniziale u0 è assisimmetrico, ossia in-
dipendente da θ, per cui u0 = u0 (R, z), nelle regione assisimmetrica sono possibili
soluzioni del campo di moto aventi la stessa simmetria di invarianza per rotazioni at-
torno all’asse. Tali soluzioni sono allora del tipo u = u(R, z, t) e P = P(R, z, t). I
campi u(R, z, t) e P(R, z, t) sono allora governati dalle equazioni di Navier–Stokes
per correnti incomprimibili assisimmetriche ottenute dalle precedenti eliminando
tutti i termini contenenti la derivata rispetto a θ, ovvero,
∂u R ∂u R ∂u R u2 1 ∂P 1 ∂ ∂u R ∂ 2 u R uR
+ uR + uz − θ + =ν R + − ,
∂t ∂R ∂z R ρ ∂R R ∂R ∂R ∂z 2 R2
∂u z ∂u z ∂u z 1 ∂P 1 ∂ ∂u z ∂ 2 u z
+ uR + uz + =ν R + ,
∂t ∂R ∂z ρ ∂z R ∂R ∂R ∂z 2
1 ∂(Ru R ) ∂u z
+ = 0,
R ∂R ∂z
∂u θ ∂u θ ∂u θ uθ u R 1 ∂ ∂u θ ∂ 2 u θ uθ
+ uR + uz + =ν R + − .
∂t ∂R ∂z R R ∂R ∂R ∂z 2 R2
L’equazione per u θ è stata scritta per ultima perché in molte correnti assisimmetriche
il fluido si muove solo nei piani assiali (assenza di “swirl”) per cui u θ = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 142 colore nero Giugno 12, 2006
1 ∂ 2 1 ∂ 1 ∂u φ
2
r ur + sin θ u θ + = 0,
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
2 1 ∂ 2 ∂u 1 ∂ ∂u 1 ∂ 2u
u= r + sin θ + .
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ r 2 sin2 θ ∂φ 2
∂u θ ∂u θ u θ ∂u θ cot θ u 2φ 1 ∂P
+ ur + + ur − +
∂t ∂r r ∂θ r ρ r ∂θ
1 ∂ 2 ∂u θ 1 ∂ ∂u θ uθ 2 ∂u r
=ν 2 r + 2 sin θ − 2 2 + 2 ,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ r ∂θ
∂u φ u θ ∂u φ uφ
+ + (cot θ u θ + u r )
∂t r ∂θ r
1 ∂ 2 ∂u φ
1 ∂ ∂u φ uφ
=ν 2 r + 2 sin θ − 2 2 ,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ
1 ∂ 2 1 ∂
2
r ur + sin θ u θ = 0.
r ∂r r sin θ ∂θ
ordinaria del secondo ordine per l’incognita r = r(t), che rappresenta il vettore
posizione del corpo, la cui soluzione richede di specificare le due condizioni iniziali
r(0) = r0 e dr(0)/dt = v0 . Nel caso delle equazioni di Navier–Stokes è necessario
specificare una sola condizione iniziale (vettoriale): la velocità iniziale del fluido
in ogni punto, ovvero,
u(r, 0) = u0 (r),
dove u0 (r) è un campo di velocità noto. Ciò è conforme alla circostanza che
l’equazione dinamica della velocità è del primo ordine nel tempo e che, nel punto
di vista euleriano qui adottato, la posizione delle particelle del fluido durante il loro
moto non interessa.
Ma le equazioni di Navier–Stokes, come quelle di Eulero, sono differenziali
anche dal punto di vista spaziale per il fatto che esse contengono anche le derivate
rispetto alle coordinate spaziali: il gradiente, la divergenza, l’operatore di derivata
direzionale e soprattutto l’operatore laplaciano. Come conseguenza, per ottenere
un problema che possa avere una sola soluzione, occorre specificare le opportune
condizioni al contorno. Il tipo di condizioni che possono o debbono essere fornite
dipende dal tipo di equazioni e dalla natura del contorno del problema in esame.
Senza alcuna pretesa di analizzare questo aspetto in modo completo, nel caso
delle equazioni per correnti incomprimibili di un fluido viscoso abbiamo una con-
dizione al contorno vettoriale da imporre su tutta la frontiera del dominio V in cui
si studia il moto del fluido. Questo deriva dal fatto che l’equazione della quantità di
moto è vettoriale e in essa è presente il laplaciano dell’incognita u. La condizione
al contorno consiste allora nello specificare il vettore velocità u su tutta la frontiera
S = ∂ V e sarà scritta nel modo seguente
con r S ∈ S. Il valore al contorno b(r S , t) della velocità deve essere specificato per
ogni punto r S ∈ S e ogni istante t > 0, come rappresentato schematicamente nella
figura 5.2 riferita a un tipico problema di corrente attorno a un profilo alare. Si noti
che la funzione b(r S , t) è vettoriale e che la sua variabile spaziale è indicata con r S
per evidenziare che il dominio di tale variabile è limitato alla sola frontiera S, che
nel caso in figura diventa S = Sest ∪ Sprofilo .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 145 colore nero Giugno 12, 2006
b(r S , t)
b(r S , t)
V
Sest b=0
Sprofilo
La condizione al contorno per il vettore velocità è molto più forte di quella che è
stata usata nello studio delle correnti non viscose. La differenza fondamentale è che
l’inclusione del termine viscoso nell’equazione della quantità di moto ha aumentato
l’ordine dell’equazione differenziale alle derivate parziali di uno. Pertanto la vera
condizione al contorno della realtà fisica è inclusa nel modello di Navier–Stokes
mentre non poteva essere soddisfatta nel modello delle equazioni di Eulero.
Nel caso particolare in cui una parte del contorno coincide con un corpo solido
fermo che non permette né il passaggio del fluido attraverso la sua superficie né lo
scivolamento del fluido su di essa, la condizione per la velocità su questa parte del
contorno diventa omogenea
∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = g,
∂t ρ
u = 0,
u(r, 0) = u0 (r),
I termini con il laplaciano della velocità e il gradiente della pressione sono scritti
nel primo membro dell’equazione perché le due variabili u e P sono entrambe
incognite del sistema (la densità ρ è invece una costante nota).
Questo problema presenta la stessa situazione paradossale che abbiamo incon-
trato nel paragrafo 3.4 discutendo le equazioni di Eulero per correnti incomprimibili.
Se i campi u(r, t) e P(r, t) soddisfano le equazioni e le condizioni del problema, e
quindi forniscono una sua soluzione, allora anche la coppia [u(r, t), P(r, t)+C(t)],
dove C(t) è una funzione arbitraria, è soluzione delle medesime equazioni e con-
dizioni. Questo si verifica facilmente sostituendo questi campi nelle equazioni
e nelle condizioni e osservando che C(t) = 0 in quanto la funzione C(t) non
dipende da r.
Pertanto, data una soluzione del problema delle equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili, esistono infinite altre soluzioni che differiscono soltanto per il valore
di riferimento della pressione, valore che può inoltre essere scelto arbitrariamente
in ogni istante. Come nel caso non viscoso, questa situazione è conseguenza
dell’ipotesi d’incomprimibilità, posta alla base del sistema di equazioni in esame,
ma deriva anche dall’avere considerato un problema in cui la velocità (o meglio la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 147 colore nero Giugno 12, 2006
Ma anche il dato al contorno b(r S , t) non può essere scelto in modo completa-
mente arbitrario. Infatti, integrando su tutta la superficie S la componente normale
della velocità b(r S , t) prescritta sul contorno, si ottiene immediatamente
I I
n̂ u(r, t)|S = n̂ b(r S , t),
S S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 148 colore nero Giugno 12, 2006
per ogni istante di tempo t > 0. D’altra parte, in virtù del teorema della divergenza
l’integrale del primo membro si può trasformare in un integrale di volume, ovvero,
Z I
u(r, t) =
n̂ b(r S , t),
V S
e, siccome il campo della velocità deve essere a divergenza nulla ∀t > 0, tale
integrale è nullo e quindi deve necessariamente essere
I
n̂ b(r S , t) = 0
S
per ogni t > 0. Questa è una condizione di compatibilità globale che la componente
normale del dato al contorno b(r S , t) deve rispettare per ogni t > 0 affinché il campo
di velocità possa soddisfare sempre il vincolo d’incomprimibilità.
Infine, nello studio delle correnti attorno a corpi che partono in modo impulsivo,
argomento sul quale non ci soffermiamo, esiste una ulteriore condizione che esprime
la compatibilità fra il dato iniziale e il dato al contorno, su S e per t = 0, che ha la
forma seguente
L’insieme delle tre condizioni di compatibilità nel caso del problema viscoso è
quindi dato da
u0 = 0,
I
n̂ b(r S , t) = 0,
S
Nei problemi stazionari non esiste alcun dato iniziale e il valore prescritto sul
contorno per la velocità non dipende dal tempo, abbiamo cioè b = b(r S ), per cui
esiste la sola condizione di compatibilità
I
n̂ b(r S ) = 0.
S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 149 colore nero Giugno 12, 2006
dr L
dove ˜ rappresenta l’operatore gradiente rispetto alle coordinate adimensionali
, l’operatore laplaciano
si trasformerà nel modo seguente
1 ˜2
2
∇ .=
L2
Esprimiamo ora la velocità dimensionale, incognita originaria del problema in-
comprimibile, in termini della corrispondente variabile adimensionale, u = U ũ, e
sostituiamo nell’equazione della quantità di moto (senza il termine di forza esterna
g):
1 ˜P
1 ∂(U ũ) 1 1
+ (U ũ) ˜ (U ũ) − ν 2 ∇˜ 2 (U ũ) + = 0.
T ∂ t̃ L L L ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 150 colore nero Giugno 12, 2006
U 2 ∂ ũ U 2 1 ˜P
U
+ (ũ ˜ )ũ − ν 2 ∇˜ 2 ũ + = 0.
L ∂ t̃ L L L ρ
∂ ũ ν ˜2
+ (ũ ˜ )ũ − ∇ ũ + ˜ P̃ = 0,
∂ t̃ LU
LU ρ LU
Re = = .
ν µ
Esso permette di scrivere l’equazione della quantità di moto nella classica forma
adimensionale
∂ ũ 1 ˜2
+ (ũ ˜ )ũ − ∇ ũ + ˜ P̃ = 0.
∂ t̃ Re
∂u 1
+ (u )u − 2
u+ P = 0,
∂t Re
u = 0.
Per capire l’utilità del numero di Reynolds, consideriamo le correnti attorno a due
sfere di raggi diversi, una corrente con una velocità U∞ = 100 m/s a grande distanza
da una sfera di raggio a = 4 cm e l’altra con U∞ = 200 m/s con raggio a = 2 cm.
Se scegliamo come L il raggio a e come U la velocità all’infinito U∞ , allora il
numero di Reynolds è lo stesso per entrambe le correnti. Le equazioni soddisfatte
dalle variabili adimensionali sono quindi identiche per le due correnti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 151 colore nero Giugno 12, 2006
Due correnti con la stessa geometria e lo stesso numero di Reynolds sono dette
simili. Più precisamente, consideriamo i campi di velocità dimensionali u1 e u2
di due correnti nelle regioni V1 e V2 le quali sono in rapporto di scala secondo un
fattore λ, cosı̀ che L 1 = λL 2 . Supponiamo di avere scelto il valore U1 e U2 per
ciascuna corrente e che le viscosità cinematiche dei rispettivi fluidi siano ν1 e ν2 .
Se accade che
L 1 U1 L 2 U2
Re1 = Re2 ovvero = ,
ν1 ν2
allora i campi di velocità adimensionali ũ1 e ũ2 soddisfano esattamente le stesse
equazioni nella stessa regione (adimensionale). Pertanto possiamo concludere che
il campo della velocità dimensionale u1 può essere ottenuto dalla soluzione u2 ,
opportunamente riscalata, mediante la relazione u1 = U U1
2
u2 : in altre parole le due
velocità u1 e u2 sono simili.
Per chiarire il significato del numero Re, notiamo che le derivate delle compo-
nenti di u, come ad esempio ∂u/∂ x, saranno tipicamente di ordine U/L, ovvero la
componente u varia di una quantità di ordine U su distanze di ordine L. Tipica-
mente queste derivate avranno a loro volta variazioni di ordine U/L su distanze di
ordine L, per cui le derivate seconde come ∂ 2 u/∂ x 2 saranno di ordine U/L 2 . Infine
il termine non lineare, chiamato spesso anche termine inerziale, avrà variazioni
di ordine U · U/L = U 2 /L. Si ottengono cosı̀ le seguenti stime dell’ordine di
grandezza dei due termini principali dell’equazione della quantità di moto:
|(u )u| = O U 2 /L ,
Adimensionalizzazione alternativa
Esiste una scelta diversa della scala temporale per definire un tempo adimensionale
che conduce ad una forma alternativa delle equazioni di Navier–Stokes adimensio-
nali. Invece del tempo di riferimento L/U basato sulla lunghezza e sulla velocità
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 152 colore nero Giugno 12, 2006
r u . L2 . ρνU
r̆ = , ŭ = , t̆ = t , P̆ = P .
L U ν L
νU ∂ ŭ U 2 νU νU
+ ŭ ˘ ŭ − 2 ∇˘ 2 ŭ + 2 ˘ P̆ = 0.
2
L ∂ t̆ L L L
∂ ŭ
+ Re ŭ ˘ ŭ − ∇˘ 2 ŭ + ˘ P̆ = 0,
∂ t̆
che rappresenta una forma adimensionale dell’equazione, alternativa a quella clas-
sica scritta in precedenza. Questa nuova forma è più comoda per analizzare il
caso particolare di correnti nelle quali effetti associati al termine non lineare sono
trascurabili, ovvero quando si considera il limite Re → 0.
Nelle applicazioni si è molto interessati a correnti in cui il valore di Re è molto
grande. Dobbiamo sottolineare che non si può dire che “se ν è piccolo allora gli
effetti viscosi non sono importanti”, in quanto questo ragionamento non considera le
altre dimensioni del problema. In altre parole, “ν è piccolo” è un’affermazione priva
di significato fisico a meno che non sia stata scelta qualche scala per la lunghezza e
1
la velocità, mentre “ Re è piccolo” è un’affermazione avente significato.
variazioni locali rendono il termine viscoso più grande della stima considerata in
precedenza. È possibile mostrare che lo spessore tipico δ di questo strato limite è
di ordine
δ 1
∝ √ .
L Re
Tanto maggiore è il numero di Reynolds tanto minore è lo spessore dello strato
limite secondo la relazione di ordine che è scritta anche come δ/L = O Re−1/2 .
Un numero di Reynolds elevato è necessario per potere applicare la teoria delle
correnti non viscose nella maggior parte del campo di moto, ma non è sufficiente.
Nelle correnti i reali può verificarsi il fenomeno della separazione dello strato
limite consistente nella deviazione improvvisa delle linee di corrente dalla superficie
del corpo. Quando questo accade, la corrente osservata è molto diversa da quella
ricavabile dalla teoria non viscosa poiché, dopo il punto di separazione della
corrente, dietro al corpo è presente una scia e il moto del fluido può diventare
variabile. In effetti, ai numeri di Reynolds elevati le correnti stazionarie diventano
spesso instabili alle perturbazioni. Questa instabilità spesso è il preludio della
transizione della corrente a un regime turbolento. È stato proprio nel contesto dello
studio dell’origine dell’instabilità che Reynolds introdusse per primo il parametro
adimensionale (numero puro) che porta il suo nome.
P
(u )u − ν 2 u + = g,
ρ
u = 0,
P
(u )u − ν 2 u + = 0,
ρ
u = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 155 colore nero Giugno 12, 2006
dove 2 indica l’operatore di Laplace bidimensionale nel piano x-y e dove abbiamo
supposto di potere trascurare l’effetto della forza di volume esterna g eventualmente
presente. Nel caso in cui questa forza sia esprimibile mediante il gradiente di
un’energia potenziale, il suo effetto potrebbe comunque essere tenuto in conto
come una semplice correzione esplicita della pressione.
Vediamo quali sono le conseguenze delle due equazioni e dell’ipotesi u(r) =
u(x, y) x̂. Dall’equazione d’incomprimibilità si ottiene
∂u
u= = 0,
∂x
per cui la velocità può dipendere solo dalla coordinata y: u = u(y) e quindi avremo
u(r) = u(y) x̂. Allora, per quanto riguarda il termine convettivo, avremo
∂u(y)
)u = (u(y) x̂ )(u(y) x̂) = u(y) x̂ = 0,
(u
∂x
e quindi il termine non lineare dell’equazione è nullo. Per quanto riguarda il termine
viscoso avremo invece
2
2 ∂ ∂2 d 2 u(y)
u= + (u(y) x̂) = x̂,
∂x2 ∂y 2 dy 2
dove si è usata la notazione delle derivata ordinaria per evidenti ragioni. Tenendo
conto di questi risultati, l’equazione (vettoriale) della quantità di moto diventa
quindi
d 2u
P
2
x̂ − = 0,
dy µ
∂P
=0
∂y
per cui la pressione può dipendere solo dalla coordinata x, ovvero deve essere
P(r) = P(x). Usando questo risultato nell’equazione della componente x della
quantità di moto si ha
d 2u 1 dP
2
− = 0.
dy µ dx
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 156 colore nero Giugno 12, 2006
Questa equazione è del tipo f (y) + g(x) = 0 e può essere soddisfatta solo se
entrambe le funzioni f e g sono costanti, ovvero non dipendono dalle rispettive
variabili. Introduciamo pertanto il parametro gradiente di pressione costante
d P
GP =
dx cost
dove l’indice inferiore cost è usato per ricordare che la derivata della pressione non
è una funzione di x ma deve essere una costante. Un gradiente positivo (G P > 0)
comporta una spinta sul fluido nel verso negativo dell’asse x mentre un gradiente
negativo (GP < 0) comporta una spinta nel verso positivo dell’asse x: il fluido è
sempre “spinto in discesa” rispetto al campo della pressione. La pressione lungo
l’intercapedine fra le due lastre avrà quindi l’andamento lineare
P(x) = P0 + GP x,
dove P0 è una costante arbitraria, mentre la velocità u = u(y) fra le due piastre sarà
la soluzione dell’equazione differenziale ordinaria
d 2u GP
2
=
dy µ
che soddisfa le condizioni al contorno della velocità sulle due lastre.
y
u(y) = U ,
h
ovvero un profilo di velocità lineare fra le due lastre. Questa corrente si chiama
corrente di Couette (piana) ed è mostrata nella figura 5.4.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 157 colore nero Giugno 12, 2006
che esprime la forza viscosa per unità di area agente sul fluido che si trova dall’altra
parte di una superficie con normale uscente n̂ a causa dell’attrito viscoso provocato
dal fluido che si muove all’esterno. Se consideriamo una superficie parallela ai
piani delle lastre, la normale uscente n̂ è uguale a ŷ, avremo quindi
sŷ = µ 2(ŷ )(u(y) x̂) + ŷ
(u(y) x̂)
du(y) du(y)
=µ 2 x̂ + ŷ − ẑ
dy dy
du(y) du(y) du(y)
=µ 2 x̂ − x̂ = µ x̂.
dy dy dy
µU
sŷ = x̂,
h
per cui lo sforzo tra le lastre è uniforme e diretto parallelamente alle lastre nella
direzione della velocità (la forza viscosa è comunque nulla in ogni punto fra le
lastre).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 158 colore nero Giugno 12, 2006
GP h 2 y y
u(y) = − 1− .
2µ h h
Il campo di velocità fra le lastre ferme ha quindi un profilo parabolico come quello
mostrato nella figura 5.5 nel caso GP < 0. Questo tipo di corrente è chiamato
corrente di Poiseuille (piana).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 160 colore nero Giugno 12, 2006
GP h 2 h2 d P
u max = u(h/2) = − =− .
8µ 8µ dx cost
d 2u GP
2
= , u(0) = 0 e u(h) = U,
dy µ
ũ( ỹ) = 1 − G̃P (1 − ỹ) ỹ, 0 ≤ ỹ ≤ 1
GP h 2 h2 d P
G̃P = = ,
2µU 2µU dx cost
e rappresenta l’importanza relativa dei due termini responsabili della corrente ibrida,
ovvero il gradiente della pressione e il moto della lastra: G̃P = 0 corrisponde ad
assenza di gradiente di pressione e quindi alla corrente di Couette, G̃P < 0 a un
gradiente della pressione che spinge il fluido nello stesso verso della velocità U
della lastra, e G̃P > 0 a un gradiente di pressione che spinge il fluido in verso
opposto al moto della lastra (vedi figura 5.6).
Può essere interessante sapere per quale valore del parametro G̃P l’effetto della
pressione con gradiente positivo, che quindi spinge il fluido nel verso negativo
dell’asse x, riesce a provocare una corrente in verso opposto al moto della lastra,
almeno in una parte del canale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 162 colore nero Giugno 12, 2006
ỹ
1 U
G̃P = 12 9 6 3 1 0 −1 −3 −6 −9 −12
flusso inverso
Figura 5.6 Profili della velocità x
ũ( ỹ) nella corrente piana di Couette–
–Poiseuille per valori diversi del
parametro adimensionale G̃P
Dalla figura 5.6 si nota che tale corrente inversa sarà possibile solo a partire da
quel valore di G̃P per il quale è nulla la pendenza del profilo di velocità sulla
superficie della lastra inferiore. Esprimendo la condizione in forma adimensionale
d ũ( ỹ)/d ỹ = 0, abbiamo
1 − G̃P (1 − 2 ỹ) = 0,
che per ỹ = 0 fornisce G̃P = 1. Quindi per G̃P > 1 esistono regioni di corrente
inversa vicino alla lastra ferma e la loro estensione cresce al diminuire di G̃P .
Fisicamente una regione di corrente inversa esiste quando la forza viscosa per unità
di volume è superata dal gradiente di pressione avverso o adverso, cioè con la
pressione che aumenta nella verso positivo della corrente.
In modo simmetrico, si può verificare che per G̃P < −1 la velocità nella zona
superiore del canale è maggiore della velocità della lastra.
Figura 5.7
Tubo rettilineo di sezione circolare
Il moto stazionario del fluido sarà governato dalle seguenti equazioni e condizioni
al contorno
P
)u − ν 2
u+ = 0,
(u
ρ
u = 0,
u|R=a = 0,
dove il vettore velocità e tutti gli operatori saranno espressi in coordinate cilindriche.
Data la geometria assisimmetrica, possiamo supporre che la velocità soluzione del
problema abbia solo la componente assiale u z e che non dipenda dalla variabile
angolare θ, per cui scriveremo
In altre parole stiamo cercando una soluzione che sia invariante per rotazioni attorno
all’asse z. La condizione di incomprimibilità, unita all’ipotesi di campo di velocità
unidirezionale, implica che
∂u z (R, z)
u= = 0,
∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 164 colore nero Giugno 12, 2006
per cui u z non dipende da z, ovvero risulta u(r) = u z (R) ẑ. Il termine non lineare
dell’equazione della quantità di moto per la corrente unidirezionale è nullo anche
in coordinate cilindriche in quanto
∂u z (R)
)u = u z (R) ẑ u z (R) ẑ = u z (R) ẑ = 0.
(u
∂z
ν d du z P
− R ẑ + = 0,
R dR dR ρ
u z (a) = 0.
Questa equazione è della forma f (R) + g(z) = 0 e potrà essere soddisfatta solo se
entrambe le funzioni f e g sono costanti. Pertanto la pressione P(z) deve avere un
gradiente assiale costante e scriveremo quindi
P(z) = P0 + GP z,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 165 colore nero Giugno 12, 2006
GP a 2 R2
u z (R) = − 1− 2 ,
4µ a
GP a 2 u max
=− = z .
8µ 2
Determiniamo la portata in massa P.M., detta anche portata massica, che passa
nel tubo. Essendo la velocità diretta lungo l’asse z, si deve calcolare l’integrale del
flusso su tutta la superficie circolare S della sezione del tubo. Questo integrale è lo
stesso, a meno di un fattore, di quello appena calcolato per determinare la velocità
media, per cui, invece di ripetere i calcoli precedenti, possiamo trovare la portata
utilizzando l’espressione della velocità media hu z i e tenendo conto che la densità
del fluido è costante:
GP a 2
P.M. = ρhu z i πa 2 = −ρ πa 2
8µ
π GP a 4
=−
8ν
Questa relazione è nota con il nome di legge di Poiseuille.
Determiniamo ora la forza agente sul tubo in conseguenza della corrente di
Poiseuille che scorre al suo interno. A tale scopo è necessario calcolare il vettore
sforzo viscoso associato alla direzione R̂, ovvero, essendo la corrente incomprimi-
bile:
sR̂ (r) = µ 2(R̂ )u + R̂
u,
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y
h u(y)
g
x
Figura 5.8 Corrente stazionaria con α
superficie libera lungo un piano
inclinato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 168 colore nero Giugno 12, 2006
Sul fluido agisce la forza di volume esterna dovuta alla presenza del campo di gravità
terrestre. Tale forza (per unità di volume) è data dal vettore campo di gravitazione g
che sarà espresso nel sistema cartesiano inclinato appena introdotto dalla relazione
P
)u − ν 2
u+ = g,
(u
ρ
u = 0,
∂x ∂y dy
implica che v = costante e, in virtù della condizione al contorno di non penetrazione
v(0) = 0 sulla superficie del piano inclinato, v = 0, identicamente.
Essendo allora la corrente unidirezionale con u(r) = u(y) x̂, il termine non
lineare (u )u è nullo. Se teniamo poi conto della forma del termine viscoso e
delle componenti del campo di gravità, l’equazione della quantità di moto assumerà
la forma
d 2u
P
−ν 2 x̂ + = g sin α x̂ − g cos α ŷ.
dy ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 169 colore nero Giugno 12, 2006
d 2u 1 ∂ P
−ν + = g sin α,
dy 2 ρ ∂ x
1 ∂P
= −g cos α.
ρ ∂y
La seconda di queste equazioni si integra immediatamente
da cui segue f (x) = costante = ρgh cos α + Patm , per cui il campo di pressione
della corrente dipenderà solo da y e sarà dato da
d 2u g sin α
=− ,
dy 2 ν
ed è corredata da due condizioni al contorno: la prima di adesione sul piano inclinato
e la seconda di sforzo nullo sulla superficie libera del fluido, ovvero,
du(h)
u(0) = 0 e = 0.
dy
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g sin α 2
u(y) = − y + Ay + B,
2ν
g sin α
u(y) = y(2h − y).
2ν
Z h
gh 3
P.V. = u(y) dy = sin α.
0 3ν
Figura 5.9
Sfera immersa in una corrente
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 171 colore nero Giugno 12, 2006
−µ 2
u+ P = 0,
u = 0,
u(r)|r=a = 0 e u(r)|r→∞ → U.
Le equazioni di Stokes sono lineari e quindi sono più facili da risolvere rispetto
a quelle di Navier–Stokes, ma presentano la medesima difficoltà di ogni problema
incomprimibile dovuta all’esistenza di un accoppiamento fra le incognite velocità
e pressione che richiede una soluzione simultanea di tutte le equazioni del sis-
tema. Nel caso delle coordinate sferiche esiste poi un ulteriore accoppiamento fra
le componenti del vettore velocità causata dal termine viscoso. Si nota infatti che
il laplaciano di un campo vettoriale in queste coordinate non ha un’azione indipen-
dente sulle componenti del vettore velocità. Per queste ragioni, essendo il problema
bidimensionale in virtù dell’ipotesi di assisimmetria della corrente, affronteremo
il problema introducendo la funzione di corrente (sferica) di Stokes Ψ (r, θ) che
ne permette una formulazione in termini di una sola incognita puramente scalare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 172 colore nero Giugno 12, 2006
r sin θ
dove ˆ rappresenta il versore tangente alle circonferenze con centro sull’asse z e
dove è stato introdotto l’operatore differenziale del secondo ordine
∂2 sin θ ∂ 1 ∂
E2 = 2 + 2 .
∂r r ∂θ sin θ ∂θ
u = − 2 u+ ( u) e della condizione
di incomprimibilità
di moto può essere scritta anche nella forma
u+ P =0
µ
che è più conveniente per calcolare il termine viscoso in funzione della variabile
scalare Ψ . Infatti, la componente radiale dell’equazione è
µ ∂ 1 ∂P µ ∂ ∂P
− E 2Ψ + =0 ⇒ − 2 E 2Ψ + = 0.
r sin θ ∂θ r ∂r r sin θ ∂θ ∂r
A sua volta la componente θ dell’equazione è
µ ∂ 1 1 ∂P µ ∂ ∂P
− − E Ψ +
2
=0 ⇒ E 2Ψ + = 0.
r ∂r sin θ r ∂θ sin θ ∂r ∂θ
Differenziando la prima equazione rispetto a θ e la seconda rispetto a r , si pu ò
eliminare la pressione ottenendo una sola equazione per l’incognita Ψ :
∂2 sin θ ∂ 1 ∂
E Ψ + 2
2 2
E Ψ = 0,
∂r 2 r ∂θ sin θ ∂θ
ovvero
2
∂ sin θ ∂ 1 ∂
2
+ 2 E 2 Ψ = 0.
∂r r ∂θ sin θ ∂θ
Ricordando la definizione dell’operatore E 2 , si vede che questa è un’equazione alle
derivate parziali di quarto ordine:
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 173 colore nero Giugno 12, 2006
E 2 E 2 Ψ = 0.
∂Ψ (a, θ)
Ψ (a, θ) = 0, = 0, 0 ≤ θ ≤ π.
∂r
Per imporre la condizione di velocità uniforme a grande distanza della sfera si deve
prima ricavare la funzione di corrente sferica relativa al campo uniforme U ẑ. È
immediato verificare che Ψuniforme = 12 Ur 2 sin2 θ e quindi la condizione al contorno
per r → ∞ è
Ψ (∞, θ) → 21 Ur 2 sin2 θ, 0 ≤ θ ≤ π.
che è già fattorizzata nelle due equazioni algebriche di secondo grado α 2−5α+4 = 0
e α 2 − α − 2 = 0, le cui soluzioni sono rispettivamente le coppie α = 1, α = 4 e
α − 1, α = 2. Pertanto la soluzione generale sarà la combinazione lineare
D
f (r ) = Ar 4 + Br 2 + Cr + .
r
U 2 D
f (r ) = r + Cr + .
2 r
D
f 0 (r ) = Ur + C − ,
r2
3 µU a
P(r, θ) = P∞ − cos θ,
2 r2
P(a, θ)
1.0
0.5
θ
1.0 2.0 3.0
-0.5
dove P∞ è la pressione (arbitraria) lontano dalla sfera. Il profilo della pressione sulla
superficie della sfera è mostrato nella figura 5.11. Il valore di P è minimo dietro
alla sfera e massimo davanti, per cui non esiste più la simmetria della pressione fra
le zone anteriore e posteriore del campo di moto che esisteva invece nella soluzione
della corrente incomprimibile irrotazionale come mostrato nella figura 4.3. Pertanto
nella corrente di Stokes la forza che il fluido viscoso esercita sulla sfera ha un
contributo dovuto alla pressione.
u.
Per semplicità indichiamo con s il vettore sr̂ (u) calcolato sulla superficie r = a. Un
calcolo diretto fornisce
∂u r
sr = 2µ → 0,
∂r
∂ u θ µ ∂u r 3µU
sθ = µr + →− sin θ,
∂r r r ∂θ 2a
sφ = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 177 colore nero Giugno 12, 2006
Per simmetria la forza netta sulla sfera sarà in direzione della corrente uniforme.
Indichiamo con t il vettore sforzo totale tr̂ = −P r̂ + sr̂ , comprendente anche la
pressione, valutato sempre per r = a. La componente z di t è
essendo nullo l’integrale del termine con la pressione. Il calcolo dell’ultimo inte-
grale e il ripristino della natura vettoriale delle grandezze in gioco conducono alla
famosa legge della resistenza di Stokes
D = 6πµa U.
Questa legge è valida per una sfera immersa in una corrente che è uniforme a
grande distanza da essa e vale per numeri di Reynolds bassi. Questo risultato è
sovente espresso in termini di un coefficiente di resistenza, che è una quantità
adimensionale definita da
|D| 1
CD = ρU 2 ,
A 2
dove A = πa 2 rappresenta l’area frontale della sfera. Allora la legge di Stokes per
la sfera è espressa in forma adimensionale dalla relazione
24
CD = ,
Re
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CD
102
10
1 Stokes
Figura 5.12 Coefficiente di
resistenza di una sfera immersa in una 10−1
corrente uniforme in funzione del Re
numero di Reynolds 10−1 1 10 102 103 104 105 106 107
−ν 2
u+ p = 0,
u = 0,
u(r)|r=a = 0 e u(r)|r→∞ → U,
relative al problema di una corrente uniforme che investe una sfera di raggio a.
Come in precedenza, ricerchiamo una soluzione assisimmetrica attorno all’asse
passante per il centro della sfera e parallelo alla direzione della velocità uniforme
U del fluido a grande distanza dal corpo. Introduciamo un sistema di coordinate
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 179 colore nero Giugno 12, 2006
sferiche (r, θ, φ) con il centro nell’origine della sfera e con l’asse z avente la stessa
direzione e lo stesso verso del vettore U. Il campo di velocità ha quindi solo le
componenti radiale e azimutale ed esse saranno indipendenti dall’angolo φ, per cui
le incognite del problema hanno la seguente forma
La soluzione assisimmetrica dipende solo dalle due variabili r e θ per cui possiamo
rappresentare le variabili incognite del problema ricorrendo ai polinomi di Legendre
P` (z), con z = cos θ, nel modo seguente
X
∞
u r (r, θ) = u ` (r ) P` (cos θ),
`=0
X
∞
d P` (cos θ)
u θ (r, θ) = v` (r ) ,
`=1
dθ
X
∞
p(r, θ) = p` (r ) P` (cos θ).
`=0
Si deve notare che l’espansione della componente angolare u θ della velocità non è
basata direttamente sui polinomi di Legendre ma su delle funzioni che sono la loro
derivata prima (rispetto a θ), per cui la sommatoria corrispondente parte dall’indice 1
invece che da 0. Ricordiamo inoltre che il polinomio di Legendre P` (z) di ordine `
è soluzione dell’equazione differenziale
d
2 d P`
1−z + `(` + 1) P` = 0.
dz dz
u
X∞
D`2 [r u ` ] d P` (cos θ) ˆ
=
`=1
`(` + 1) dθ
u,
X∞ X∞
D`2 [r u ` ] 1 d r D`2 [r u ` ] d P` (cos θ) ˆ
2
u= P` (cos θ) r̂ + ,
`=0
r `=1
r dr `(` + 1) dθ
1 d2 `(` + 1)
D`2 = 2
r ... − .
r dr r2
In virtù dell’ortogonalità dei polinomi di Legendre e dei polinomi costituiti dalla
loro derivata, le due componenti dell’equazione della quantità di moto conducono
al seguente sistema
d p` D 2 [r u ` ]
=ν ` ,
dr r
ν d 2
p` = r D` [r u ` ] .
`(` + 1) dr
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 181 colore nero Giugno 12, 2006
D`2 D`2 [r u ` ] = 0,
α = ` + 1, ` − 1, −`, −` − 2.
dato che P1 (z) = z. La condizione asintotica per u r richiede che siano nulle tutte
le potenze r k con k ≥ 1, per cui deve essere A ` = 0 per ogni ` e il primo termine
della soluzione è sempre assente. Scriveremo quindi
3U a
(r, θ) = − sin θ ˆ .
2r 2
−µ 2
u+ P = 0,
u
2
u=0 ⇒ 2
ω = 0,
− 2
ψ = ω,
per cui nel sistema di due equazioni si può eliminare la variabile vorticità e ottenere
una sola equazione per la funzione di corrente
2 2
ψ = 0,
D
f (R) = A R 3 + B R + C R ln R + .
R
D
f (R) = U R + .
R
CD
103
102
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 187
∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = 0,
∂t ρ
u = 0,
gradiente e il laplaciano nelle coordinate del piano x-y. Come già visto nel para-
grafo 5.6 per la corrente stazionaria, la condizione d’incomprimibilità è soddisfatta
identicamente, il termine non lineare è nullo e quello viscoso contiene solo la com-
ponente x. Le equazioni che governano il campo di moto si riducono quindi alla
sola equazione vettoriale:
∂ 2u
∂u P
x̂ − ν 2 x̂ + = 0.
∂t ∂y ρ
La componente y di tale equazione è semplicemente
∂P
= 0,
∂y
da cui segue immediatamente che P = P(x, t). L’equazione della componente x
diventa quindi
∂u ∂ 2u 1 ∂P
−ν 2 + = 0,
∂t ∂y ρ ∂x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 188 colore nero Giugno 12, 2006
nelle due funzioni incognite u = u(y, t) e P = P(x, t). Supponiamo ora che il
moto del fluido sia causato solamente dal moto della lastra e che non esista alcuna
variazione di P lungo l’asse x causata da qualche gradiente della pressione applicato
esternamente, per cui avremo P = P(t). Questa funzione è del tutto arbitraria ma la
sua presenza è irrilevante sulla dinamica del fluido in quanto la pressione interviene
∂u ∂ 2u
−ν 2 =0
∂t ∂y
u(y, 0) = 0, y > 0.
Supponiamo ora che la lastra sia messa in movimento al tempo t = 0 con una
velocità U e che questa velocità sia poi mantenuta sempre costante. Le condizioni
al contorno sono allora
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 189
dell’energia interna in una bacchetta solida lunga e sottile che conduce il calore,
quando la temperatura di un’estremità è fatta variare istantaneamente da zero a un
altro valore e poi mantenuta sempre costante a quel valore.
Il problema alle derivate parziali per la velocità u presenta una caratteristica
molto importante che ne permette la riduzione a un problema differenziale pi ù sem-
plice. Infatti, l’enunciato del problema, o più precisamente tutti i suoi elementi
costitutivi, ovvero l’equazione, la condizione iniziale, le condizioni al contorno
ed eventualmente il termine di sorgente (qui assente), non contengono né alcuna
lunghezza di riferimento né alcun intervallo temporale di riferimento. Ciò sug-
gerisce la possibilità che la soluzione del nostro problema possa dipendere da y e
t solo attraverso una combinazione opportuna di queste variabili invece che dipen-
dere in modo “scollegato” da ciascuna di esse. In altre parole, mancando nei dati
del problema una lunghezza di riferimento assoluta e un tempo di riferimento asso-
luto, la soluzione potrà avere una dipendenza da y solo se essa implica anche una
dipendenza da t “collegata”.
Per individuare il tipo di legame esistente tra le variabili indipendenti della
soluzione particolare ricercata, si procede introducendo un cambiamento di variabili
consistente in una loro semplice dilatazione, ovvero un cambiamento di scala, del
tipo
y → Y = αy e t → T = βt,
e poi si cerca una relazione fra i parametri postivi α e β che lasci invariata l’equazione
differenziale. Indichiamo la soluzione rispetto alle nuove variabili indipendenti
(Y, T ) con la lettera maiuscola U (da non confondere con il valore della condizione
al contorno considerato in precedenza), per cui avremo
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 191
F 00 + 12 ηF 0 = 0
F(0) = U, F(∞) = 0.
G 0 + 21 ηG = 0.
può essere applicato alla funzione F(η) i cui i valori agli estremi dell’intervallo
[0, ∞[ sono specificati, ottenendo
Z ∞
d F(η)
dη = F(∞) − F(0) = 0 − U = −U.
0 dη
dG 1
= − η dη.
G 2
La soluzione generale è
2
G(η) = Ae−η /4
,
√
per cui si ottiene A = −U/ π . La soluzione è quindi
U 2
G(η) = − √ e−η /4 .
π
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 193
η
4.5
4.0
3.5
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
Figura 5.14 Soluzione F(η)
dell’equazione similare per la corrente 0.5
causata dalla traslazione improvvisa di
0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 F(η)/U
una lastra piana
I profili della velocità in alcuni istanti di tempo diversi sono mostrati nella figura 5.15
per il caso ν = 1. La soluzione è talvolta espressa utilizzando la funzione di errore
2
erf(x) definita dall’integrale della funzione gaussiana e −x :
Z x
2 2
erf(x) = √ e−X d X
π 0
o eventualmente della funzione complementare di errore erfc(x) = 1 − erf(x).
La soluzione trovata può allora essere espressa nella forma seguente
y
u(y, t) = U 1 − erf √ .
2 νt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 194 colore nero Giugno 12, 2006
1.5
1.0 t = 0.5
0.3
Figura 5.15 Profili della velocità 0.1
0.5
u(y, t) in istanti di tempo diversi per
0.05
ν = 1 della corrente parallela causata
dalla traslazione impulsiva di una lastra 0.01 u(y, t)/U
piana 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
La soluzione u(y, t) rappresenta una superficie in uno spazio a tre dimensioni con
assi cartesiani che corrispondo alle tre variabili y, t e u. La figura 5.16 mostra la
forma complessiva della soluzione: le linee disegnate sulla superficie corrispondono
al profilo della velocità in determinati istanti di tempo.
u/U
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 195
∂u(y, t) U 2
ω(y, t) = − =√ e−y /(4νt) ,
∂y πνt
√
che tende a zero esponenzialmente oltre una distanza dalla lastra dell’ordine di νt,
come mostrato nella figura 5.17 per la soluzione con ν = 1.
y
3.0
2.0 t=1
1.0 0.3
Figura 5.17 Diffusione della
0.02
vorticità da una lastra messa in moto in 0.1 0.05
modo istantaneo al tempo t = 0. 1.0 2.0 3.0 4.0 ω/U
Soluzione per ν = 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 196 colore nero Giugno 12, 2006
ω/U
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 197
η(y, t) = C y m t n ,
u = U f (η),
1 η m 0
2
1 0
νm f 00 + ν(m − 1) f + f = 0.
η 2η C
Affinché questa equazione diventi adimensionale deve essere C 2/m = 1/ν. Allora
la variabile di similarità sarà definita dalla relazione finale
y m
η(y, t) = √
νt
e l’equazione differenziale ordinaria adimensionale ricercata sarà
00 1 m − 1 1 2−m
f + + η m f 0 = 0.
m η 2
Naturalmente questa equazione deve essere risolta con le due condizioni al contorno
adimensionali:
f (0) = 1 e f (∞) = 0.
Per m = 1 si riottiene lo stesso problema similare analizzato in precedenza.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 199 colore nero Giugno 12, 2006
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 199
Non potendo ricercare una soluzione simile (nel problema esiste una lunghezza di
riferimento: la distanza h fra le lastre) osserviamo che l’equazione è omogenea
mentre le condizioni al contorno non lo sono. Possiamo allora cercare di riformu-
lare il problema mediante un cambiamento dell’incognita che renda omogenee le
condizioni al contorno per poi provare ad applicare il metodo di separazione delle
variabili. Le due condizioni al contorno sono soddisfatte dalla semplice funzione
lineare U (1 − y/ h) che rappresenta la corrente di Couette fra le due lastre. Questa
funzione è anche soluzione (stazionaria) dell’equazione di diffusione. Possiamo
allora introdurre una variabile ausiliaria w mediante la definizione
dove Y (y) e T (t) sono due nuove funzioni incognite. Sostituendo W nell’equazione
di diffusione si ottiene
dT d 2Y
Y −νT = 0,
dt dy 2
dove le derivate parziali sono diventate ordinarie perché le nuove incognite sono
funzioni di una sola variabile. Dopo avere diviso per il prodotto νY T si ottiene
1 dT 1 d 2Y
− = 0.
νT dt Y dy 2
Questa equazione è del tipo f (t) − g(y) = 0 e ha senso solo se ciascuno dei due
termini è una costante, ovvero se sono soddisfatte le due equazioni differenziali
ordinarie
1 dT 1 d 2Y
= C1 e = C2 ,
νT dt Y dy 2
dove le due costanti di separazione C 1 e C2 devono essere legate fra loro dalla
relazione
C1 − C2 = 0.
d 2Y
= C2 Y,
dy 2
PARAGRAFO 5.8: Soluzioni esatte per correnti parallele dipendenti dal tempo 201
Tuttavia la costante C 2 può essere scelta in modo da: i) selezionare soluzioni che os-
cillano e ii) annullare le soluzioni oscillanti proprio nei punti estremi dell’intervallo
0 ≤ y ≤ h. La prima condizione significa prendere C 2 = −σ 2 , con σ costante,
per cui le soluzioni sono sin(σ y) e cos(σ y), mentre la seconda condizione significa
che σ deve assumere i valori discreti soddisfacenti la seguente condizione
nπ
σn h = nπ H⇒ σn = ,
h
dT
= −ν (nπ/ h)2 T
dt
2
e ammette la ovvia soluzione esponenziale T (t) = e −(nπ/ h) νt che scriveremo anche
2 2 2
come T (t) = e−n π νt/ h .
Pertanto le soluzioni elementari in forma di prodotto ricercate sono
2
π 2 νt/ h 2
Wn (y, t) = sin(nπ y/ h) e −n , n = 1, 2, 3, . . . .
X
∞
2
π 2 νt/ h 2
w(y, t) = An sin(nπ y/ h) e −n ,
n=1
X
∞
An sin(nπ y/ h) = −U (1 − y/ h) in 0 ≤ y ≤ h.
n=1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 202 colore nero Giugno 12, 2006
permette di trovare
Z h
2 2U
An = − U (1 − y/ h) sin(nπ y/ h) dy = − .
h 0 nπ
La velocità u fra due lastre parellele provocato dal moto impulsivo della lastra
inferiore è quindi data dalla soluzione
2U X∞
1 2 2 2
u(y, t) = U (1 − y/ h) − sin(nπ y/ h) e −n π νt/ h .
π n=1 n
L’aspetto più importante di questa soluzione è che per tempi t > h 2 /ν la corrente
ha raggiunto il suo stato stazionario (corrente di Couette) e la distribuzione della
vorticità è pressoché uniforme in tutto il fluido.
∂u P
+ (u )u − ν 2
u+ = 0,
∂t ρ
u = 0,
R ∂R R ∂θ
1 ∂
= R u R (R, t) = 0,
R ∂R
per cui deve essere u R (R, t) = A(t)/R. Supponendo ora che le pareti cilindriche
contenenti il fluido siano impermeabili, per cui su di esse u R = 0, allora avremo
A(t) = 0 e quindi u R (R, t) = 0 in ogni punto del fluido e per ogni t > 0. In altre
parole il moto del fluido sarà puramente circolare e quindi il campo della velocità
della soluzione avrà la forma seguente
u(r) = u θ (R, t) ˆ .
Vediamo ora quali sono le conseguenze di questo risultato per quanto riguarda il
ˆ (θ )
1
termine convettivo, esprimendolo ovviamente in coordinate cilindriche. Invece di
usare l’espressione fornita nella tabella degli operatori differenziali in coordinate
∆ˆ
ˆ (θ) cilindriche, calcoliamo questo termine, tenendo conto esplicitamente che i versori
∆θ R̂ e ˆ non sono costanti,
θ1 (u )u = u θ (R, t) ˆ u θ (R, t) ˆ
u 2θ
)u = −
(u R̂
R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 204 colore nero Giugno 12, 2006
in quanto d R̂(θ)/dθ = ˆ (θ), come mostrato in figura 5.20. In base a questi risultati,
l’equazione della quantità di moto per le correnti incomprimibili con traiettorie
circolari sarà
∂u θ ˆ u 2θ 1 ∂ ∂u θ uθ 1 ∂P
− R̂ − ν R − 2 ˆ+ R̂ = 0
∂t R R ∂R ∂R R ρ ∂R
nelle due funzioni incognite u θ (R, t) e P(R, t). La componente angolare di questa
equazione è
∂u θ 1 ∂ ∂u θ uθ
−ν R − 2 = 0,
∂t R ∂R ∂R R
u 2θ 1 ∂P
− + = 0.
R ρ ∂R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 205 colore nero Giugno 12, 2006
1 ∂P [u θ (R, t)]2
= ,
ρ ∂R R
a
b
Ωa
Ωb
Figura 5.21
Cilindri coassiali rotanti
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 206 colore nero Giugno 12, 2006
La corrente stazionaria causata dalla rotazione delle due superfici o di una sola di
esse si ottiene risolvendo la versione stazionaria dell’equazione di u θ (R). Scriviamo
questa equazione notando che nel problema stazionario la derivata rispetto a R
è ordinaria. Moltiplicando per R 2 l’equazione si ottiene la seguente equazione
differenziale ordinaria
d 1 d
(Ru θ ) = 0,
dR R dR
1 d
(Ru θ ) = A,
R dR
che integrata a sua volta conduce a
A R2
Ru θ = + B.
2
Risolvendo rispetto a u θ e ridefinendo la costante A/2 come A si ottiene la soluzione
B
u θ (R) = A R + ,
R
la cui soluzione è
b 2 Ωb − a 2 Ωa a 2 b2 (Ωa − Ωb )
A= , B= .
b2 − a 2 b2 − a 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 207 colore nero Giugno 12, 2006
u θ (R, 0) = Ω R, R ≤ a,
u θ (a, t) = 0, t > 0.
X∞
J1 (λn R/a) νt
u θ (R, t) = −2Ωa exp − λ2n 2 .
n=1
λn J0 (λn ) a
Γ0 ˆ
u0 (r) = , R > 0,
2π R
dove Γ0 è una costante. Il vortice ha una vorticità nulla per ogni R > 0, ma vorticità
infinita in R = 0. In un fluido viscoso questo vortice non può persistere: la vorticità
tenderà a diffondere verso l’esterno al crescere del tempo. La formulazione mate-
matica del problema consiste nell’equazione di diffusione in coordinate cilindriche
per u θ (R, t) scritta in precedenza, completata dalla condizione iniziale
Γ0
u θ (R, 0) =
2π R
u θ (∞, t) → 0.
Γ (R, t) = 2π R u θ (R, t)
come nuova variabile dipendente del problema. Un semplice calcolo mostra che la
nuova incognita deve soddisfare l’equazione
∂Γ ∂ 2Γ 1 ∂Γ
−ν 2
− =0
∂t ∂R R ∂R
Γ (R, 0) = Γ0 , R > 0,
Γ (0, t) = 0, t > 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 211 colore nero Giugno 12, 2006
che proviene dalla richiesta che u θ sia finito per R = 0. La condizione al con-
torno asintotica di u θ non trova corrispondenza per la nuova incognita in quanto
Γ (∞, t) → 2π∞ · 0 e questa espressione è una forma indeterminata.
Il problema per l’incognita Γ è simile a quello della corrente causata dal moto
impulsivo di una lastra, per cui possiamo cercare una soluzione di tipo similare
basata sul medesimo cambiamento di variabili. Scegliamo come variabile similare
la variabile
R2
ξ = ξ(R, t) = ,
νt
che rappresenta il quadrato di quella considerata nel problema del moto impulsivo
della lastra piana, con opportuna sostituzione della lunghezza di riferimento. La
nuova variabile dipendente adimensionale è definita da
γ 00 + 41 γ 0 = 0,
γ (0) = 0 e γ (∞) = 1.
γ 0 + 41 γ = A,
γ (ξ ) = A + Be−ξ /4 ,
γ (ξ ) = 1 − e−ξ /4 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 212 colore nero Giugno 12, 2006
Dalla funzione γ (ξ ) cosı̀ ottenuta ricaviamo poi la soluzione per l’incognita circo-
lazione:
R2
2
Γ (R, t) = Γ0 γ νt = Γ0 1 − e−R /(4νt) ,
Γ0 2
u θ (R, t) = 1 − e−R /(4νt) .
2π R
u θ (R, t)
4.0
t = 0.1
3.0
0.3
2.0 0.5
1
1.0
3
Figura 5.25 Profili della velocità
u θ (R, t) a diversi istanti di tempo per
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 R
Γ0 /(2π) = 4 e ν = 1
√
A distanze maggiori di circa 4νt dall’asse, la circolazione è quasi inalterata
poiché la vorticità non
√ si è ancora diffusa tanto lontano. Tuttavia, a piccola distanza
dall’asse, per R 4νt, la corrente non è più irrotazionale: infatti, considerando
l’approssimazione della serie di √ Taylor della funzione esponenziale arrestata al
termine lineare, risulta, per R 4νt,
Γ0 n h
R2
R2 2
io
u θ (R, t) = 1− 1− 4νt
+O 4νt
2π R
Γ0 R 2 Γ0
= = R,
2π R 4νt 8πνt
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che corrisponde a una rotazione rigida quasi uniforme con velocità angolare
Γ0
Ω(t) = .
8πνt
Quindi l’intensità del vortice diminuisce con il tempo mentre il “core” del vortice
si allarga radialmente.
L’andamento complessivo della velocità può anche essere rappresentato me-
diante una superficie nello spazio tridimensionale, come mostrato nella figura 5.26:
gli assi orizzontali corrispondono alle due variabili indipendenti e l’asse verticale
corrisponde alla soluzione u.
u θ (R, t)
t
Figura 5.26 Rappresentazione
tridimensionale della soluzione R
u θ (R, t) del decadimento di un vortice
rettilineo
Γ0
u θ (R, 0) = , R > a,
2π R
e le (due) condizioni al contorno sono date da
u θ (a, t) = 0 e u θ (∞, t) → 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 214 colore nero Giugno 12, 2006
che soddisferà la stessa equazione del vortice singolare ed è soggetta alla condizione
iniziale
Γ (R, 0) = Γ0 , R > a,
Γ (a, t) = 0, t > 0,
R2
ξ = ξ(R, t) =
νt
usata in precedenza, la nuova incognita γ (ξ ) soddisfa la stessa equazione differen-
ziale ordinaria di prima, cioè, γ 00 + 14 γ 0 = 0, ed è soggetta alle due condizioni al
contorno
2
a
γ =0 e γ (∞) = 1.
νt
La prima deriva dalla sola condizione al contorno sulla superficie del cilindro mentre
la seconda deriva dalla condizione iniziale di Γ osservando che per t → 0 si ha
ξ = R 2 /(νt) → ∞.
Integrando l’equazione del secondo ordine per γ e imponendo le condizioni al
contono si ottiene la soluzione
a2
γ (ξ ) = 1 − e 4νt e−ξ /4 .
Γ0 a 2 −R 2
u θ (R, t) = 1 − e 4νt .
2π R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 215 colore nero Giugno 12, 2006
f visc = ν 2
u,
f xvisc = ν 2
u, f yvisc = ν 2
v, f zvisc = ν 2
w.
Ciascuno di questi tre termini deve essere aggiunto nel secondo membro di ognuna
delle tre componenti cartesiane dell’equazione della quantità di moto del sistema di
equazioni di Eulero per le correnti incomprimibili. La semplicità della forza viscosa
espressa in coordinate cartesiane è la ragione per cui le equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili ammettono soluzioni analitiche che possono essere determinate
agevolmente, almeno nel caso di correnti in regioni limitate da pareti di forma
semplice.
La situazione delle coordinate cilindriche e sferiche è più complessa poiché
l’azione dell’operatore di Laplace su un campo vettoriale espresso in queste coordi-
nate non si separa in azioni indipendenti su ciascuna delle componenti del vettore:
l’operatore 2 introduce infatti un accoppiamento fra due delle componenti cilin-
driche e fra tutte e tre le componenti sferiche del campo vettoriale su cui agisce.
Quindi nel problema di Navier–Stokes incomprimibile in coordinate cilindriche o
sferiche la presenza del termine viscoso non permette di risolvere le equazioni delle
componenti della velocità u in modo indipendente.
Nonostante la forma relativamente semplice della forza viscosa nelle correnti
incomprimibili con viscosità costante, la sua deduzione è alquanto complicata,
essenzialmente per due motivi diversi. In primo luogo una descrizione completa
dell’attrito viscoso internamente a un fluido deve partire dall’analisi di un fluido
comprimibile. Vedremo che considerare un fluido di tipo generale conduce a
scoprire che esistono due forme diverse di attrito nel suo interno associate a due
distinti coefficienti di viscosità, relativi uno all’attrito di taglio e l’altro all’attrito
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 216 colore nero Giugno 12, 2006
n̂ mentre, in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali con versori (ê1 , ê2 , ê3 ), il
∆S tensore degli sforzi viscosi sarà indicato nella forma generale:
sn̂
s1,1 sim sim
= s2,1 s2,2 sim
s3,1 s3,2 s3,3
Figura 5.27
Vettore di sforzo viscoso, ovvero Noto il tensore dello sforzo viscoso in un punto del fluido, possiamo introdurre il
proiezione del tensore lungo la vettore sforzo viscoso sn̂ relativo a una superficie con normale n̂ facendo agire il
direzione della normale n̂ tensore su n̂ (vedi figura 5.27)
sn̂ = n̂.
dove ê ed ê0 sono due versori la cui direzione varia in tutte le possibili direzioni, in
modo da generare il carattere tensoriale di . Anche la definizione generale indica
che la matrice del tensore (u) è simmetrica. Gli elementi di (u) in un sistema
di coordinate curvilinee ortogonali con versori ê1, ê2 ed ê3 sono dati da
ei, j (u) = 12 êi (ê j )u + ê j (êi )u , i, j = 1, 2, 3.
Per ricavare questi elementi si deve pertanto ricordare che il calcolo della derivata
(ê j )u richiede di espandere u in termini delle sue componenti nello stesso sistema
di coordinate, ovvero,
(ê j )u = (ê j ) u 1 ê1 + u 2 ê2 + u 3 ê3 ,
e di tenere conto che anche i versori ê1, ê2 ed ê3 in generale possono dipendere da
una o più coordinate, per cui alcune loro derivate saranno diverse da zero.
(u) = 2µ (u) + λ (
u) ,
(P, u) = −P + 2µ (u) + λ (
u) .
ovvero
X
3
sn̂, j (u) = n̂ i si, j (u), j = 1, 2, 3.
i=1
u.
Fvisc =
(u),
s êj(u) ,
Sostituendo l’espressione esplicita di s êj(u) si ha quindi
Fjvisc = 2µ (ê j )u + µ ê j u + λ ê j j = 1, 2, 3.
u,
Un calcolo ancora diretto, in un qualunque sistema di coordinate curvilinee ortogo-
nali, ad esempio cartesiane, permette di dedurre la seguente espressione della forza
viscosa per unità di volume agente in un fluido qualsiasi, anche comprimibile,
Fvisc = − u) + (2µ + λ)(
(µ u)
+ 2( µ) u − 2( µ) u + 2(( µ)
)u.
(
Introduciamo infine l’ipotesi che la corrente sia incomprimibile, per cui la con-
u = 0 risulta essere soddisfatta. In questo caso l’espressione della forza
dizione
viscosa si semplifica ulteriormente e diventa
Fvisc = −µ
( u).
u) = − 2 u + ( u) usata nel caso di
Fvisc = µ 2
u.
u.
∂t
u = 0,
∂
2 |u| +u 2 |u| + p = νu ∇ 2 u.
1 2
1 2
∂t
Il termine u ∇ 2 u può essere espresso in modo conveniente in base alla seguente
identità differenziale
[(u )u] = u) u + 2 |u|
1 2
(
= u) u] + ∇ 2 12 |u|2
[(
=[ u] u − ( u) + ∇ 2 12 |u|2
u) (
=u u−| u|2 + ∇ 2 12 |u|2 .
u = 0, abbiamo u = −∇ 2 u, per
u ∇ 2 u = ∇ 2 12 |u|2 − [(u )u] − | u|2 .
∂
1
|u|2 +u 1
|u|2 + p − ν ∇2 1
|u|2 + ν| u|2 = −ν
2 2 2
[(u )u].
∂t
∂k
+u (k + p) − ν ∇ 2 k + ν| u|2 = −ν
[(u )u].
∂t
Introduciamo a questo punto l’energia cinetica totale (sempre per unità di massa)
di tutto il fluido contenuto in una regione V fissa,
Z
K V (t) ≡ k(r, t),
V
campi vettoriali a divergenza nulla e con componente normale nulla sulla frontiera,
e lo spazio dei gradienti delle funzioni scalari, ovverosia
Z
φ = 0,
v
V
dove
sumendo quindi che sia n̂ u|∂ V = 0, l’integrazione dell’equazione di evoluzione
su tutta la regione V fornisce
Z Z
d KV
+ −ν ∇ 2 k + ν| 2
= −ν
u| [(u )u].
dt V V
Essendo ∇ 2 k =
I Z I
d KV
−ν k+ν | u| = −ν
2
n̂ n̂ (u )u.
dt ∂V V ∂V
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 224 colore nero Giugno 12, 2006
Supponiamo ora per semplicità che la condizione al contorno della velocità sia nulla
su tutta la frontiera ∂ V , ossia u|∂ V = 0. Il ragionamento può essere esteso anche
al caso in cui la velocità non si annulla sul contorno, semplicemente includendo
nell’equazione alcuni termini supplementari. Sotte le ipotesi fatte, l’ultimo integrale
dell’equazione è nullo per cui, portando nel membro di destra gli altri due integrali,
l’equazione si riduce a
I Z
d KV
=ν n̂ k − ν | u|2 .
dt ∂V V
Osserviamo ora che, essendo nulla la velocità sulla frontiera, si ha anche k|∂ V =
1
|u |2 = 0 e inoltre k ≥ 0 in ogni punto del fluido interno al dominio. Di
2 |∂ V
minio occupato dal fluido, per cui (n̂ k)|∂ V < 0. Pertanto il primo integrale è
necessariamente negativo e ciò significa che una parete fissa sottrae sempre energia
alla corrente incomprimibile. Inoltre anche il secondo termine è sempre negativo
per cui la presenza di vorticità nel fluido comporta un’ulteriore diminuzione di K V .
Quindi necessariamente
d KV
<0
dt
e l’energia cinetica totale del fluido contenuto nella regione V può solo diminuire.
Questo risultato sembra contraddire il principio di conservazione dell’energia mec-
canica. La contraddizione è tuttavia solo apparente in quanto il nostro modello
fluidodinamico include il fenomeno della viscosità, che è un attrito interno al flu-
ido, per cui va oltre i confini di una descrizione puramente meccanica del sistema.
In effetti la diminuzione dell’energia cinetica comporta un aumento dell’energia
interna del fluido che si riscalda in conseguenza del fenomeno dell’attrito viscoso.
ρ (κ
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 5 – pagina 225 colore nero Giugno 12, 2006
∂e 1
+u e= T ) + 2ν | (u)|2 ,
(κ
∂t ρ
κ(e, ρ)
∂t ρ ∂e
che è un’equazione nella sola incognita e, da risolvere nella fase finale. Nel caso
particolare di un gas ideale politropico e = e(T ) = RT /(γ − 1), per cui, se il
coefficiente di conducibilità termica è costante, l’equazione dell’energia interna è
lineare. Una volta determinata la sua soluzione e = e(r, t), potremo calcolare il
campo della pressione termodinamica del fluido mediante la semplice sostituzione
P(e(r, t), ρ) = P(r, t) =, essendo P = P(e, ρ) la seconda equazione di stato del
fluido considerato.
Potremo poi confrontare il campo (r, t) = ρ p(r, t) della pressione (molti-
plicatore di Lagrange) ottenuta risolvendo le equazioni di Navier–Stokes incom-
primibili con il campo P(r, t) della pressione (termodinamica) ottenuta risolvendo
l’equazione dell’energia e usando l’equazione di stato per verificare a posteriori in
che misura sia accettabile l’ipotesi di incomprimibilità della corrente.
Esercizi 5
1. Si consideri il problema del decadimento del vortice soluzione del problema utilizzando la variabile similare
rettilineo studiato nel paragrafo 5.9. Determinare la √
η = η(R, t) = R νt ,
come variabile indipendente.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 213 colore nero Dicembre 29, 2005
213
CAPITOLO 6
P
)u − ν 2
u+ = 0,
(u
ρ
u = 0,
Il campo di moto deve essere determinato in tutto il piano x-y tranne lungo la
semiretta x > 0, y = 0, che rappresenta una sezione della lastra. Notiamo che, a
causa della natura incomprimibile della corrente, la presenza del corpo influisce sul
campo di moto anche nella regione a monte, x < 0. Tuttavia, queste perturbazioni si
attenuano allontandosi dal corpo e quindi a grande distanza la corrente si pu ò ritenere
nota e sarà caratterizzata tramite l’assegnazione delle condizioni al contorno.
Le condizioni al contorno necessarie per il problema della lastra piana semi-
infinita disposta come il semipiano (y = 0, x > 0) comprendono la velocità nulla
su tutta la superficie della lastra:
dove (u est (x), v est (x)) è una distribuzione nota della velocità, e infine la specifi-
cazione della corrente a monte della lastra
dove (u monte (y), v monte (y)) è la distribuzione nota della velocità a grande distanza
a monte della lastra. L’andamento della velocità della corrente a valle della lastra,
ovvero per x → ∞, non è invece specificato.
Supponiamo ora di restringere l’attenzione a condizioni al contorno per le quali
il campo di moto sia simmetrico rispetto al piano orizzontale y = 0. Un esempio
è il caso di corrente esterna uniforme parallela alla lastra. Se si considerano
soluzioni simmetriche, è sufficiente risolvere il problema nel semipiano superiore,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 216 colore nero Dicembre 29, 2005
δx
che stimeremo fra un momento. Su questa base è possibile fornire una stima del
valore delle derivate spaziali delle variabili incognite, che saranno:
∂u ∂v
∼ ∼ .
e
∂x x ∂y δx
Notiamo che nelle relazioni di questo tipo contenenti stime di vari termini il segno
delle quantità non ha alcuna importanza e le relazioni devono sempre essere intese
fra i valori assoluti delle grandezze considerate.
La condizione di incomprimibilità della corrente in due dimensioni permette
di ricavare subito che
δx
∼ ⇒ ∼
.
x δx x
Pertanto la condizione sulla piccolezza dello spessore dello strato limite δ x x
implica anche
il che significa che il moto del fluido nello strato limite è quasi parallelo alla lastra.
Procedendo nella nostra analisi degli ordini di grandezza, consideriamo l’equa-
zione della componente orizzontale della velocità
2
∂u ∂u ∂ u ∂ 2u 1 ∂P
u +v −ν 2
+ 2
+ =0
∂x ∂y ∂x ∂y ρ ∂x
La stima di tutte le derivate di u che compaiono nell’equazione permette di scrivere
1 ∂P
+ +ν + 2 + ∼ 0.
x2
x δx δx ρ ∂x
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 218 colore nero Dicembre 29, 2005
Si ricorda che i segni non sono significativi nelle relazioni riguardanti le stime dei
termini. Se usiamo ora la stima di appena ottenuta, si vede che i due termini non
x2 δx2
x δx ρ ∂y
Anche in questo caso i due termini non lineari hanno lo stesso ordine di grandezza
in quanto, per la stima derivante dalla condizione di incomprimibilità, risulta
2 2 2
x
+ ∼ + ∼ +
,
x δx δx x δx δx δx
δx δx2 ρ ∂y
2
δx 1 ∂P
+ν + ∼ 0,
x2 xδx ρ ∂y
Questa relazione mostra che per δ x x e Rex 1 i primi due termini hanno lo
stesso ordine di grandezza. Ne consegue necessariamente che il terzo termine avrà
o lo stesso ordine di grandezza o sarà più piccolo. Tale termine, confrontato con
l’ordine di grandezza dell’equazione della componente x, risulta piccolo e quindi,
seguendo Prandtl, assumiamo
∂P
= 0.
∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 220 colore nero Dicembre 29, 2005
Pertanto la pressione nello strato limite varierà solo con la coordinata x lungo la
parete e non dipenderà dalla distanza dalla parete, ovvero avremo P = P(x). La
forma corretta dell’equazione per la componente x della velocità appena ricavata
sarà allora
∂u ∂u ∂ 2u 1 dP
u +v −ν 2 + = 0,
∂x ∂y ∂y ρ dx
dove la derivata parziale di P è stata sostituita dalla derivata ordinaria in quanto la
pressione dentro lo strato limite è funzione della sola variabile x.
Il sistema di equazioni da soddisfare per determinare il campo di moto della
corrente attorno alla lastra sarà quindi
∂u ∂u ∂ 2u 1 dP
u +v −ν 2 + = 0,
∂x ∂y ∂y ρ dx
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
Abbiamo pertanto un sistema di due equazioni nelle tre incognite u(x, y), v(x, y)
e P(x), che richiede quindi di essere completato opportunamente per potere avere
una soluzione unica.
∂u ∂u ∂ 2u 1 ∂ P e (x, 0)
u +v −ν 2 =− ,
∂x ∂y ∂y ρ ∂x
u e (−∞, y) = U, y > 0,
dove U > 0, mentre si permette ancora una distribuzione della velocità esterna
verticale v est (x) di tipo generale. La condizione a monte implica che la corrente è
irrotazionale per cui la corrente inviscida soddisferà (la versione irrotazionale de) il
teorema di Bernoulli, ossia,
P e (x, y) 1 e
+ |u (x, y)|2 = C,
ρ 2
dove C una costante arbitraria. Valutando questa relazione sulla lastra, ossia per
y = 0, e risolvendo rispetto alla pressione, abbiamo
P e (x, 0) 1
= − [u e (x, 0)]2 + C.
ρ 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 222 colore nero Dicembre 29, 2005
U e (x) ≡ u e (x, 0)
che rappresenta la velocità (già determinata) della corrente inviscida sulla superficie
della lastra. In termini di questa funzione è immediato derivare
1 ∂ P e (x, 0) dU e (x)
= −U e (x) ,
ρ ∂x dx
e quindi l’equazione della componente orizzontale della velocità assume la forma
∂u ∂u ∂ 2u dU e (x)
u +v − ν 2 = U e (x) .
∂x ∂y ∂y dx
Combinando questa equazione con la condizione di incomprimibilità si ottiene il
seguente sistema
∂u ∂u ∂ 2u dU e (x)
u +v − ν 2 = U e (x) ,
∂x ∂y ∂y dx
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
con due equazioni differenziali alle derivate parziali nelle due incognite u(x, y) e
v(x, y). Questo sistema è noto con il nome di equazioni di Prandtl della teoria
dello strato limite. Si noti che la funzione U e (x) è conosciuta e quindi il termine
del membro di destra della prima equazione è proprio il suo termine noto.
Il dominio in cui risolviamo queste equazioni è costituito dal primo quadrante
x > 0, y > 0.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, sulla lastra si impone l’annulla-
mento della velocità. Inoltre, sulla retta verticale x = 0, y > 0, si impone che la
componente orizzontale della velocità sia uniforme, ovvero, u(0, y) = U . Infine,
a grande distanza dalla lastra si impone sempre, sulla componente orizzontale la
distribuzione della velocità U e (x) fornita dalla soluzione delle equazioni di Eulero
valutata sulla superficie della lastra. Naturalmente si suppone che sia soddisfatta la
condizione di compatibilità U e (0) = U .
L’insieme delle condizioni al contorno da imporre nella risoluzione delle
equazioni di Prandtl è
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 223 colore nero Dicembre 29, 2005
Abbiamo una sola equazione differenziale alle derivate parziali del terzo ordine in
una sola incognita, ψ. Le condizioni al contorno per la nuova variabile ψ si derivano
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 224 colore nero Dicembre 29, 2005
dal quelle originarie per u e v. Consideriamo per prima la condizione di non pen-
etrazione sulla lastra: v(x, 0) = 0. In termini di ψ essa diventa ∂ψ(x, 0)/∂ x = 0,
relazione che, una volta integrata lungo l’asse x, può essere scritta più semplice-
mente come
∂u ∂u ∂ 2u
u +v − ν 2 = 0,
∂x ∂y ∂y
∂u ∂v
+ = 0,
∂x ∂y
dove g(x) è una funzione da determinare. Al posto della incognita u(x, y) intro-
durremo allora la nuova incognita adimensionale h, funzione della sola variabile η,
definita da
y
u(x, y) = U h(η(x, y)) = U h g(x) .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 226 colore nero Dicembre 29, 2005
Se esiste una soluzione u(x, y) di questo tipo, il profilo di velocità ad ogni distanza
x dal bordo di attacco sarà semplicemente una versione dilatata (o compressa) della
velocità a qualunque altra distanza. Notiamo che questa ricerca di una soluzione
similare è un po’ più generale di quelle del capitolo 5 in quanto non stiamo tentando
di immaginare in anticipo una forma determinata della funzione g(x) ma lasciamo
che essa emerga in modo razionale nel corso del procedimento di calcolo.
Analizziamo inizialmente che cosa comporta la condizione di incoprimibilità
per la struttura della seconda variabile incognita v(x, y) del problema originario. Il
vincolo di incomprimibilità permette di scrivere:
∂v ∂u ∂ h y
i
=− =− U h g(x)
∂y ∂x ∂x
∂ y g 0 (x)y
= −U h 0 (η) = −U h 0 (η) −
∂ x g(x) [g(x)]2
U g 0 (x) 0
= ηh (η).
g(x)
Si noti in questa relazione come in tutte le prossime l’apice indica la derivata rispetto
alla variabile indipendente di ogni funzione di una sola variabile, qualunque essa
sia. Per trovare la forma esplicita di v(x, y), integriamo1 questa equazione rispetto
a y:
Z
U g 0 (x) y
v(x, y) = η(x, y) h 0 (η(x, y)) dy,
g(x) 0
1
L’uso dello stesso simbolo y sia come variabile di integrazione sia come estremo dell’integrale
non dovrebbe provocare confusione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 227 colore nero Dicembre 29, 2005
per cui f 0 (η) = h(η), la rappresentazione delle componenti della velocità della
soluzione similare sarà
u(x, y) = U f 0 (η),
v(x, y) = U g 0 (x) η f 0 (η) − f (η) ,
dove, naturalmente, η = η(x, y). Siccome dobbiamo risolvere l’equazione di
Prandtl
∂u ∂u ∂ 2u
u +v − ν 2 = 0,
∂x ∂y ∂y
è necessario determinare le tre derivate che compaiono in essa. Abbiamo
∂u(x, y) ∂ 0 ∂η
= U f (η) = U f 00 (η)
∂x ∂x ∂x
0
g (x)y U g 0 (x) 00
= U f 00 (η) − 2
=− η f (η).
[g(x)] g(x)
D’altra parte
∂u(x, y) ∂ 0 ∂η U 00
= U f (η) = U f 00 (η) = f (η),
∂y ∂y ∂y g(x)
∂ 2 u(x, y) ∂ U 00 U 000 ∂η U
2
= f (η) = f (η) = f 000 (η),
∂y ∂y g(x) g(x) ∂y [g(x)]2
dove si intende sempre η = η(x, y). Sostituendo le espressioni di u e v e di tutte le
derivate di u nell’equazione di Prandtl si ottiene,
U U g 0 00 U 00
−ν 2 f 000 + U f 0 − η f + U g0 η f 0 − f f = 0,
g g g
dove abbiamo scritto g e g 0 al posto di g(x) e g 0 (x) poiché anche la funzione g(x)
non è nota e quindi rappresenta una ulteriore incognita del problema. Semplificando
l’equazione si ottiene
U 000 U 2 g 0 00
ν f + f f = 0,
g2 g
ovverosia, dopo aver diviso per νU/g 2 ,
U gg 0 00
f 000 + f f = 0.
ν
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 228 colore nero Dicembre 29, 2005
ν 1 d 2 ν
gg 0 = ⇒ g = ,
2U 2 dx 2U
Equazione di Blasius
L’equazione similare ricercata per la corrente attorno alla lastra piana semi-infinita
in una corrente uniforme parallela al suo piano risulta essere:
f 000 + 1
2 f f 00 = 0,
f 000 + 1
2
f f 00 = 0,
f (0) = 0, f 0 (0) = 0, f 0 (∞) = 1.
Abbiamo quindi un’equazione differenziale ordinaria del terzo ordine con tre con-
dizioni al contorno di cui due corrispondono alla superficie della lastra e una a
grande distanza da essa.
q
u(x, y) = U f 0 (η(x, y)) = U f 0 y νxU
,
r
1 Uν 0
v(x, y) = η f (η) − f (η)
2 x
q q q
U y 0
= f y νx − U x f y νx
U ν U
.
2 x
ζ0 + 1
2 f ζ = 0,
0
u = ζ,
f 0 = u,
Le condizioni al contorno per ψ possono essere scritte come tre condizioni per u e
f:
ζ 0 = − 21 f ζ,
u 0 = ζ, u(0) = 0 e u(∞) = 1,
f 0 = u, f (0) = 0.
Notiamo che la seconda variabile ausiliaria (u) è soggetta a due condizioni al
contorno mentre non esiste alcuna condizione al contorno per la prima variabile
(ζ ). In realtà, le due condizioni per u implicano una ben definita condizione per ζ
in quanto, in virtù del teorema fondamentale del calcolo differenziale, si ha
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 231 colore nero Dicembre 29, 2005
Z ∞
du(η)
dη = u(∞) − u(0) = 1 − 0 = 1,
0 dη
e quindi la variabile ζ è soggetta alla seguente condizione integrale
Z ∞
ζ(η) dη = 1.
0
Ne consegue che il problema completo, formulato come sistema del primo ordine,
potrà essere scritto anche come
R∞
ζ 0 = − 21 f ζ, 0 ζ(η) dη = 1,
0
u = ζ, u(0) = 0 o u(∞) = 1,
f 0 = u, f (0) = 0.
dy
= F(y),
dη
La soluzione mostrata nella figura 6.2 è stata calcolata per mezzo di un metodo
numerico che rispetta in modo esatto, a livello del problema discretizzato, il teorema
fondamentale del calcolo differenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 233 colore nero Dicembre 29, 2005
1
numerical
u
0
0 1 2 3 4 5
eta
Figura 6.2 Profilo di velocità della
soluzione dell’equazione di Blasius
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 234 colore nero Dicembre 29, 2005
u.
D’altra parte, la componente y dello sforzo sulla parte superiore della lastra sarà
poi bilanciata da una componente uguale e contraria agente sulla parte inferiore,
per cui interessa solamente la componente x del vettore sforzo e quindi avremo
∂u(x, 0)
sŷ; x (x, 0) = µ .
∂y
q
Per calcolare la derivata di u si considera la relazione u(x, y) = U f 0 y νx
U
per
cui risulta
q q
∂u(x, y) U 00
= U νx f y νx U
.
∂y
Esempio 5 Spessore dello strato limite al bordo d’uscita di una lastra piana
Una lastra piana di larghezza finita ` = 1 m e lunghezza molto maggiore di ` è
immersa in una corrente d’aria di velocità uniforme U = 5 m/s, parallela al piano
della lastra e perpendicoltare alla sua lunghezza. La viscosità dinamica dell’aria alla
temperatura di T = 20 ◦ C e alla pressione atmosferica è µ = 17.6 × 10−6 kg/(m· s)
e la sua densità ρ = 1.20 kg/m3 . Determinare lo spessore δ` dello strato limite al
bordo di uscita della lastra.
Il valore del numero di Reynolds locale calcolato al bordo di uscita della lastra
è
ρ`U 1.20 × 1 × 5
Re` = = = 3.42 × 105 .
µ 17.6 × 10−6
Questo valore è inferiore al valore del numero di Reynolds critico per il quale
la corrente diviene turbolenta: per una lastra piana semi-infinita la corrente resta
laminare fino a Recrit ' 5 × 105 . Di conseguenza lo strato limite all’uscita della
lastra è ancora laminare e il suo spessore si può stimare dalla relazione che deriva
dalla soluzione delle equazioni della teoria dello strato limite
5` 5×1
δ` = √ =√ = 8.5 × 10−3 m
Re` 34.2 × 10 4
L’accordo fra la teoria dello strato limite e gli esperimenti è molto buono, sia
riguardo il profilo della velocità sia riguardo il valore della resistenza. Questo
accordo viene meno, tuttavia, quando il numero di Reynolds è molto alto poiché lo
strato limite diventa instabile e inizia la turbolenza. Il valore critico del numero di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 238 colore nero Dicembre 29, 2005
Reynolds al quale ciò può verificarsi è compreso fra 105 e 3 × 106 , a seconda del
livello delle perturbazioni presenti nella corrente incidente.
per cui l’equazione alle derivate parziali è omogenea. In completa analogia con
l’analisi delle equazioni di Prandtl per le componenti della velocità, ricerchiamo una
soluzione similare del problema per la funzione di corrente. Come in precedenza,
si suppone che, data la mancanza di una scala spaziale di riferimento, l’andamento
della velocità orizzontale u possa dipendere dalle due variabili x e y solo attraverso
una variabile di similarità
y
η = η(x, y) = ,
g(x)
dove g(x) è una funzione da determinare, e che u sia esprimibile tramite una
funzione di una sola variabile nel modo seguente
y
u(x, y) = U h(η(x, y)) = U h g(x) .
in cui h(η) dovrebbe essere l’incognita del problema similare ricercato. Essendo
u = ∂ψ/∂y, integriamo la relazione precedente rispetto a y per determinare la
forma similare attesa dell’incognita ψ:
Z y
ỹ
ψ(x, y) = U h g(x) d ỹ + C(x),
0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 239 colore nero Dicembre 29, 2005
Possiamo ora calcolare tutte le derivate della funzione di corrente che compaiono
nell’equazione di terzo ordine per ψ. Le derivate rispetto a y sono:
∂ψ(x, y) ∂η
= U g(x) f 0 (η) = U f 0 (η)
∂y ∂y
∂ 2 ψ(x, y) ∂η U 00
2
= U f 00 (η) = f (η),
∂y ∂y g(x)
∂ 3 ψ(x, y) U 000 ∂η U
3
= f (η) = f 000 (η),
∂y g(x) ∂y [g(x)]2
dove si intende sempre η = η(x, y). La derivata rispetto a x è un po’ più complicata
∂ψ(x, y) ∂η
= U g 0 (x) f (η) + U g(x) f 0 (η)
∂x ∂x
g 0 (x)y
= U g 0 (x) f (η) + U g(x) f 0 (η) −
[g(x)]2
U g 0 (x)y 0
= U g 0 (x) f (η) − f (η)
g(x)
= U g 0 (x) f (η) − η f 0 (η) .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 240 colore nero Dicembre 29, 2005
∂ 2 ψ(x, y) ∂
= U g 0 (x) f (η) − η f 0 (η)
∂y ∂ x ∂y
∂η ∂η 0 ∂η
= U g 0 (x) f 0 (η) − f (η) − η f 00 (η)
∂y ∂y ∂y
1 U g 0 (x) 00
= −U g 0 (x)η f 00 (η) =− η f (η).
g(x) g(x)
∂ 2ψ
Alternativamente, la stessa derivata può essere calcolata effettuando le due
∂ x ∂y
derivazioni in ordine inverso, ottenendo
∂ 2 ψ(x, y) ∂ 0 ∂η
= U f (η) = U f 00 (η)
∂ x ∂y ∂x ∂x
g 0 (x)y
= U f 00 (η) −
[g(x)]2
U g 0(x) 00
=− η f (η),
g(x)
U gg 0 00
f 000 + f f = 0.
ν
Questa equazione coincide con quella ricavata risolvendo le equazioni dello strato
limite per le componenti della velocità. Non ripeteremo quindi tutti calcoli svolti per
la ricerca della variabile di similarità: essi valgono anche in questa dimostrazione
alternativa, senza bisogno di alcuna variazione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 241 colore nero Dicembre 29, 2005
Problema modello
Gli elementi essenziali del metodo delle espansioni asintotiche raccordate possono
essere illustrati considerando un modello matematico semplice che consiste in una
equazione differenziale ordinaria lineare. Il modello, proposto originalmente da
Friedrichs e ripreso da Van Dyke in Perturbation Methods in Fluid Mechanics,
Parabolic Press, 1975, descrive la situazione, tipica nell’ambito della teoria dello
strato limite, della perdita del termine con la derivata di ordine più elevato ed è dato
dal seguente problema:1
d 2u du
2
+ = a, u(0) = 0, u(1) = 1
dx dx
dove è un parametro che tende a zero e a è una costante nota. La seconda con-
dizione al contorno mostra che sia la coordinata x sia la variabile incognita u sono
adimensionali per cui anche i parametri e a dell’equazione sono privi di dimen-
sioni. Sarebbe comunque possibile considerare la condizione al contorno u(L) = U
e modificare corrispondentemente l’equazione onde ottenere un problema in forma
dimensionale.
Si tratta di un’equazione del secondo ordine lineare, a coefficienti costanti e non
omogenea, la cui soluzione è quindi somma della soluzione generale dell’equazione
omogenea associata, ovvero u s.g.e.o. (x) = A + Be−x/ , e della soluzione particolare
dell’equazione completa, ovvero u s.p.e.c. (x) = ax. Imponendo le condizioni al
contorno sulla soluzione u(x) = A + Be −x/ + ax si ottiene A = −B e A =
(1 − a)/(1 − e −1/ ), per cui la soluzione esatta è
1−a −x/
u(x; ) = 1 − e + ax
1 − e−1/
1
In questo paragrafo, la coordinata spaziale inerente il problema dello strato limite è indicata
con x , che è la variabile indipendente usuale nello studio delle equazioni differenziali ordinarie. La
semplice sostituzione di x con y rende la presente analisi leggibile per l’applicazione al problema
della corrente attorno alla lastra.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 242 colore nero Dicembre 29, 2005
u
1.0
soluzione esatta
0.5
Dal grafico si osserva che la soluzione ha un andamento molto vicino a quello che
avrebbe la soluzione dell’equazione senza il termine di secondo ordine, chiamato
termine di perturbazione singolare, tranne in un intorno di spessore ≈ 1/ vicino
all’origine dove rapidamente soddisfa la prima condizione al contorno del problema
originario. Questa zona prossima a x = 0 è caratterizzata dal fatto che il termine
con la derivata seconda risulta dello stesso ordine di grandezza degli altri termini
dell’equazione e viene chiamata zona interna, mentre nella restante parte del
dominio, chiamata zona esterna, il termine della derivata seconda è trascurabile.
La tecnica utilizzata per ottenere equazioni valide nelle diverse zone è nota
con il nome di metodo delle espansioni asintotiche raccordate e consiste nello
scrivere due espansioni in serie del parametro per le soluzioni nelle due zone
e nell’imporre poi che esse si raccordino nella zona di interfaccia. L’espansione
asintotica esterna consiste nel considerare le equazioni (o l’equazione) nella zona in
cui il termine di perturbazione singolare diventa piccolo. Nell’espansione interna si
considera invece la zona sottile in cui il termine di perturbazione singolare diventa
importante e si formula un problema introducendo un cambiamento delle coordinate
nella direzione della variazione rapida della soluzione.
Problema esterno
Ponendo = 0, l’equazione diventa del primo ordine e quindi non è più possibile
soddisfare entrambe le condizioni al contorno. L’andamento della soluzione esatta
indica che si deve abbandonare la condizione per x = 0. Pertanto, per piccolo
si considera il seguente problema differenziale del primo ordine, detto problema
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 243 colore nero Dicembre 29, 2005
du e
= a, u e (1) = 1.
dx
u e (x) = 1 − a + ax,
che rappresenta una buona approssimazione della soluzione esatta u(x) del problema
iniziale tranne nello “strato limite”, in cui x = O(). Si nota inoltre la condizione
al contorno per x = 0 non è soddisfatta: u e (0) = 1 − a 6= 0, dato che in generale
a 6= 1; in altri termini, la condizione per x = 0 sarà soddisfatta solo accidentalmente
nel caso particolare a = 1.
x
X= , U (X; ) = u(x; ) = u( X; ),
e analogamente
d 2 u(x; ) 1 d 2U (X; )
2
= 2 .
dx d X2
d 2U dU
+ = a, U (0; ) = 0, U ;
1
= 1.
d X2 dX
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 244 colore nero Dicembre 29, 2005
1−a
U (X; ) = 1 − e−X + a X.
1 − e−1/
d 2 U0 d 2 U1 2 d 2 U2
2
+ 2
+ +...
dX dX 2 d X2
dU0 dU1 2 dU2
+ + + + . . . = a
dX dX 2 dX
d 2 U0 dU0
2
+ =0
dX dX
che differisce da quella di U (X) per l’assenza del termine noto. Questa nuova
equazione è ancora del secondo ordine e quindi ha bisogno di due condizioni al
contorno. Tuttavia, mentre la condizione al contorno per X = 0 rimane la stessa,
U0 (0) = 0, la condizione al contorno esterna deve essere cambiata. Infatti se si
imponesse Ũ0 (1/) = 1, la soluzione del problema sarebbe
1 − e−X
Ũ0 (X) = → 1 − e−X per → 0,
1 − e−1/
Condizione di raccordo
Questo significa che la condizione al contorno esterna del problema originario deve
essere abbandonata nel problema interno per U0 (X), proprio come non è stato
possibile imporre la condizione interna nel problema esterno per u e (x). La corretta
condizione esterna del problema interno è espressa richiedendo che la soluzione
U (X) e la soluzione u e (x) si raccordino con continuità in una zona intermedia
appartenente al dominio di validità di entrambe. Un teorema dovuto a Kaplun ci
assicura che una zona di questo tipo esiste, in questo caso. Introduciamo dunque
allo scopo una nuova coordinata dilatata, mediante la definizione
x
=
b()
dove b() è una funzione che deve soddisfare le condizioni dette, ovverosia, per
→ 0, b() deve essere grande rispetto a e piccola rispetto a 1. Possiamo scrivere
queste condizioni nella forma rigorosa seguente
b()
lim =0 e lim = 0.
→0 b() →0 1
b() = β
U0 (∞) = u e (0) = 1 − a,
d 2 U0 dU0
2
+ = 0, U0 (0) = 0, U0 (∞) = 1 − a.
dX dX
u
1.0
soluzione esterna
soluzione composita
1−a
0.5
soluzione interna
Come mostrato in figura 6.4, le due soluzioni, esterna u e (x) e interna U0 (x/),
non si raccordano in senso puntuale nella zona di transizione. Questo disaccordo
è comunque eliminato introducendo il concetto si soluzione composita. Infatti il
disaccordo nasce dal fatto che la costruzione richiede di sommare le due soluzioni,
in quanto esse approssimano la soluzione esatta in due zone diverse. La semplice
somma dei due contributi deve tuttavia essere corretta sottraendo la parte comune
alle due soluzioni nella zona di interfaccia, per evitare che essa sia tenuta in conto
due volte. In altre parole, la soluzione composita è definita da
comp
u 0 (x) = U0 x + u e (x) − (1 − a),
poiché il termine (1 − a) è presente in entrambe le soluzioni. Utilizzando la forma
trovata delle soluzioni interna ed esterna, la soluzione composita di ordine zero del
problema modello risulta essere
comp
u0 (x) = (1 − a) 1 − e−x/ + ax per 0 ≤ x ≤ 1,
che costituisce la base per ottenere le equazioni ai vari ordini relative ai coefficienti
dell’espansione esterna.
La condizione di raccordo fra le due espansioni assume allora la forma
U β−1 β ; − u e β β
lim = 0, i = 0, 1 . . . .
→0 i
Il soddisfacimento di questa condizione ai vari ordini delle potenze in conduce
alle seguenti condizioni al contorno esterne per i coefficienti dell’espansione interna
lim U β−1 β ; − u e β β = 0,
→0
U0 β−1− u e0 β β β
lim U1 β−1 β) − β ) = − lim
u e1 β
,
→0 →0
Queste condizioni possono essere riscritte nella forma seguente
U0 (∞) = u e0 (0),
− u e0 ( β β )
U0 ( β−1 β)
U1 (∞) = u e1 (0) − lim .
→0
La successione di problemi da risolvere è allora la seguente. Per primo si risolve il
problema di ordine 0 dell’espansione della soluzione esterna:
du e0
= a, u e0 (1) = 1.
dx
Poi si risolve il problema di ordine 0 dell’espansione della soluzione interna
d 2 U0 dU0
+ = 0, U0 (0) = 0, U0 (∞) = u e0 (0),
d X2 dX
dove si usa il valore per x = 0 della soluzione u e0 (x) appena trovata. A questo punto
si risolve il problema di ordine 1 dell’espansione esterna, ovvero:
du e1 d 2 u e0 (x)
=− , u e1 (1) = 0.
dx dx 2
La soluzione u e1 (x) serve per potere determinare la condizione di raccordo con la
soluzione del problema di ordine 1 dell’espansione interna; infatti questo problema
ha la seguente forma:
d 2 U1 dU1
+ = a, U1 (0) = 0,
d X2 dX
U0 β−1 β − u e0 β β
U1 (∞) = u 1 (0) − lim
e
,
→0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 249 colore nero Dicembre 29, 2005
e cosı̀ via.
Nel caso del problema modello considerato, il problema esterno di ordine 0 per
u e0 (x) ha la soluzione
u e0 (x) = 1 − a + ax.
du e1
= 0, u e1 (1) = 0,
dx
u e1 (x) = 0.
Questa soluzione serve comunque per potere costruire la condizione di raccordo con
la soluzione del problema di ordine 1 dell’espansione interna. Infatti si ricava che
la condizione al contorno a destra, esprimente il raccordo all’interfaccia all’ordine
1, assume la forma seguente
U1 (X) → a X, per X → ∞.
U1 (X) = a X.
comp
u (1) (x) = (1 − a) 1 − e−x/ + ax, per 0 ≤ x ≤ 1.
(u
Re
u=0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 251 colore nero Dicembre 29, 2005
non può essere trascurato completamente in tutta la regione del fluido. Esso infatti
costituisce il termine con ordine di derivazione più elevato dell’equazione, la cui
eliminazione comporterebbe anche l’impossibilità di imporre una condizione al
contorno essenziale sulla lastra. Infatti, come ben noto, mentre per le equazioni
di Navier–Stokes la velocità deve soddisfare anche la condizione di adesione sulle
pareti solide, nelle equazioni di Eulero si può imporre una sola condizione al
contorno sulla componente normale della velocità alla parete.
Nella realtà, come già accennato, quando Re diventa molto grande si forma
uno strato sottile sulle pareti, lo strato limite appunto, nel quale si ha una rapida
variazione della velocità che consente di soddisfare la condizione al contorno di
perfetta adesione. Problemi di questo tipo sono detti di perturbazione singolare
e possono essere affrontati mediante il metodo delle espansioni asintotiche raccor-
date. Esso consiste nello scrivere due diverse espressioni della soluzione in due
diverse regioni del campo di moto e nell’imporre che tali soluzioni si raccordino
opportunamente nella zona di interfaccia tra le due regioni. Le due espressioni
vengono dette rispettivamente soluzione del problema interno quella in prossimità
della parete e soluzione del problema esterno quella valida nella regione lontana
dalla parete e sono ora analizzate con riferimento alla versione bidimensionale delle
equazioni di Navier–Stokes, ovvero,
∂u ∂u 1 ∂ 2u ∂ 2u ∂p
u +v − + + = 0,
∂x ∂y Re ∂ x 2 ∂y 2 ∂x
∂v ∂v 1 ∂ 2v ∂ 2v ∂p
u +v − + + = 0,
∂x ∂y Re ∂ x 2 ∂y 2 ∂y
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 252 colore nero Dicembre 29, 2005
La scelta di che rende i termini viscosi con derivata rispetto a Y dello stesso ordine
di grandezza di quelli non lineari è
1 1
2 ≈ ⇒ ≈√
.
Re Re
Senza perdere di generalità, per convenzione si può prendere esattamente
1
=√ ,
Re
√
giacché una scelta diversa, ad esempio = 2/ Re , comporterebbe solo la presenza
di determinati coefficienti numerici nelle equazioni. In base a questa assunzione, le
equazioni diventano
∂U ∂U ∂ 2U 2
2∂ U ∂P
U +V − − + = 0,
∂x ∂Y ∂Y 2 ∂x2 ∂x
∂V ∂V ∂2V ∂2V 1 ∂P
U +V − 2 − 3 2 + = 0,
∂x ∂Y ∂Y ∂x ∂Y
∂U ∂V
+ = 0.
∂x ∂Y
Possiamo a questo punto espandere la soluzione del problema interno nel modo
seguente
(
U0 (x, Y ) + U1 (x, Y ) + 12 2 U2 (x, Y ) + . . . x̂
U(x, Y ; ) ∼
+ V0 (x, Y ) + V1 (x, Y ) + 12 2 V2 (x, Y ) + . . . ŷ
− 2 2
(ue0 + ue1 + . . .) + ( p0e + p1e + . . .) = 0,
(ue0 + ue1 + . . .) = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 255 colore nero Dicembre 29, 2005
√
dove è stata utilizzata l’identità = 1/ Re . Isolando i termini dei diversi ordini
in otteniamo le equazioni per le funzioni incognite che costituiscono i coefficienti
dell’espansione, ue0 (x, y), ue1 (x, y), . . . e p0e (x, y), p1e (x, y), . . .. Ad esempio per
l’ordine 0 abbiamo
ue0 = 0,
e analogamente per gli ordini più elevati. Come si vede la prima equazione del
problema esterno non contiene il termine viscoso e quindi il sistema è costituito
dalle equazioni di Eulero per una corrente incomprimibile stazionaria.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, i problemi esterni ereditano dal
problema originario le condizioni al contorno lontano dalla parete. Siccome per ò
l’ordine di derivazione delle equazioni è diminuito di uno, occorre imporre solo il
valore della componente normale
Per quanto riguarda invece le condizioni al contorno vicino alla parete, esse vengono
dettate dalle condizioni di interfaccia con la soluzione del problema interno.
Y
lim =0 e lim = 0.
→0 →0 y
poiché, per che tende a zero a costante, y tende a zero mentre Y tende a infinito.
Si noti poi che la seconda delle due condizioni, poiché come abbiamo visto P0
dipende solamente da X, comporta direttamente che P0 (x) = p0e (x, 0).
Una volta scritte le condizioni di interfaccia fra il problema esterno e quello
interno siamo in grado di scrivere le condizioni al contorno complete che devono
soddisfare i due problemi.
ue0 = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 6 – pagina 257 colore nero Dicembre 29, 2005
v0 (x, 0) = 0
lim ue0 (x, y) r = U r
|r|→∞
dove si è tenuto conto della condizione di interfaccia per la pressione e del fatto
che P0 (x) è dato dalla distribuzione della pressione p0e (x, 0) della corrente esterna
valutata sulla lastra. Le condizioni al contorno per le equazioni di Prandtl sono
Risulta ovviamente
∂ 1 ∂
=√
∂Y Re ∂y
e quindi, semplificando,
∂u ∂u 1 ∂ 2u ∂ p0e (x, 0)
u +v − = − ,
∂x ∂y Re ∂y 2 ∂x
∂u ∂v
+ = 0.
∂x ∂y
269
CAPITOLO 7
Correnti aerodinamiche:
teoria dei profili sottili
Introduzione Nel capitolo precedente abbiamo formulato un modello matema-
tico adatto a rappresentare, in maniera approssimata, correnti incomprimibili esterne
a elevato numero di Reynolds. Abbiamo cosı̀ ricavato le equazioni dello strato limite
ragionando prima sugli ordini di grandezza e utilizzando successivamente la teoria
delle espansioni asintotiche raccordate. Da quest’ultima abbiamo visto come, per
numeri di Reynolds elevati, il campo di moto incomprimibile può essere descritto
vicino alla parete dalle equazioni dello strato limite e nella zona esterna mediante
le equazioni di Eulero incomprimibili.
Nei capitoli precedenti abbiamo anche accennato al fatto che, se la viscosità
fosse nulla, ogni campo di velocità inizialmente irrotazionale rimarrebbe irro-
tazionale per sempre. In realtà, questo vale anche in un fluido viscoso purché
non esistano pareti solide in contatto con il fluido.
D’altra parte, nel capitolo 4 abbiamo visto che un campo di velocità irro-
tazionale u può essere rappresentato come gradiente di un potenziale cinetico, o
potenziale della velocità φ, ossia u = φ, tranne quando la regione occupata dal
fluido non è semplicemente connessa e la circolazione lungo certi percorsi chiusi
è diversa da zero. Questo tipo di campi di velocità irrotazionali ma non rappre-
sentabili come gradiente di uno scalare si incontrano, ad esempio, nello studio delle
correnti piane attorno a corpi cilindrici di lunghezza infinita. Si è infine scoperto
che, quando un potenziale non esiste, vi sono infiniti campi di velocità irrotazionali
che soddisfano le condizioni al contorno assegnate e che differiscono fra loro per
l’intensità della componente rotatoria attorno al cilindro.
Questo capitolo e il prossimo sono dedicati allo studio delle correnti incom-
primibili e irrotazionali attorno a corpi aventi una forma più generale della semplice
sfera e del cilindro di sezione circolare considerate nel capitolo 4. L’obbiettivo è
quello di determinare le caratteristiche delle correnti stazionarie intorno a corpi la
cui forma sia di interesse aerodinamico, quali, ad esempio, i profili alari o un’ala
di estensione finita. In effetti, la forma molto particolare della sezione di un’ala,
di spessore sottile con il bordo d’attacco arrotondato e il bordo d’uscita piuttosto
acuminato, è indispensabile per ottenere una corrente stazionaria regolare e senza
separazione lungo tutto profilo. Questa corrente sarà caratterizzata da un valore
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 270 colore nero Giugno 16, 2006
1 ∂ 2 ∂φ 1 ∂ ∂φ 1 ∂ 2φ
2
r + 2
sin θ + 2 2 = 0,
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂α 2
e, per problemi assisimmetrici con incognita φ = φ(r, θ), si semplifica in
1 ∂ 2 ∂φ 1 ∂ ∂φ
r + sin θ = 0.
r 2 ∂r ∂r r 2 sin θ ∂θ ∂θ
Soluzioni elementari di questa equazione sono state già ricavate nel paragrafo 4.4
e potrebbero essere recuperate dai termini dell’espansione in serie considerata in
quell’analisi. Tuttavia, per ragioni pedagogiche preferiamo introdurre ex novo
le soluzioni elementari derivando anche le componenti sferiche della velocità cor-
rispondente. Ricordando la forma dell’operatore gradiente in coordinate sferiche, le
componenti sferiche del campo di velocità assisimmetrico in termini del potenziale
sono date da
∂φ 1 ∂φ
ur = , uθ = .
∂r r ∂θ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 273 colore nero Giugno 16, 2006
1 ∂ψ 1 ∂ψ
ur = , uθ = − .
r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂r
di incomprimibilità
L’introduzione di questa funzione permette di soddisfare esattamente la condizione
u = 0 dato che, nel caso assisimmetrico, abbiamo
u= 1 ∂
1 ∂ψ
r2
+
1 ∂
sin θ
−1 ∂ψ
2
r ∂r r 2 sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r sin θ ∂r
1 ∂ 1 ∂ψ 1 ∂ 1 ∂ψ
= 2 −
r ∂r sin θ ∂θ r sin θ ∂θ r ∂r
1 ∂ 2ψ 1 ∂ 2ψ
= −
r 2 sin θ ∂r ∂θ r 2 sin θ ∂θ ∂r
2
1 ∂ ψ ∂ 2ψ
= 2 − = 0,
r sin θ ∂r ∂θ ∂θ ∂r
∂φ
= u r = U cos θ ⇒ φ(r, θ) = Ur cos θ + f (θ),
∂r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 274 colore nero Giugno 16, 2006
dove f (θ) è una funzione arbitraria di integrazione (per cosı̀ dire, “parziale”). Tale
funzione è determinata integrando la definizione di u θ rispetto all’altra coordinata,
ossia
1 ∂φ
= u θ = −U sin θ ⇒ φ(r, θ) = Ur cos θ + g(r ),
r ∂θ
dove g(r ) è un’altra funzione arbitraria. Uguagliando le due espressioni ottenute
mediante le due integrazioni, osserviamo che possono essere uguali se e solo se
f (θ) = g(r ), dove C è una costante arbitraria, il che può accadere solo se entrambe
le funzioni sono costanti, cioè indipendenti da θ e r , che poniamo uguali a C, con
C costante arbitraria, che possiamo prendere uguale a zero. Pertanto il potenziale
del campo di velocità uniforme in direzione di z è
Λ 1
φ sorg (r) = − .
4π r
Λ r̂
usorg (r) = .
4π r 2
Notare inoltre che per Λ > 0 la singolarità è una sorgente di fluido (ovvero il
fluido scaturisce dall’origine) mentre per Λ < 0 la singolarità è un pozzo 3D di
fluido (ovvero il fluido è risucchiato nell’origine). Useremo comunque in ogni caso
l’indice sorg indipendentemente dal segno di Λ, per cui potremo pensare ai pozzi
come a sorgenti di segno negativo.
Ribadiamo che la direzione di usorg (r) è puramente radiale, per cui le linee di
corrente sono le semirette uscenti dalla sorgente. La velocità dipende effettivamente
dal punto r e non solo dalla distanza r dal centro dato che u è un vettore e che la
direzione del versore radiale r̂ dipende da entrambe le coordinate angolari θ e α,
ossia r̂ = r̂(θ, α). Nella figura 7.3 si mostra la sezione del campo usorg (r) in un
(semi)piano assiale.
Il fatto che questo campo di velocità abbia una singolarità non impedisce di
utilizzare il potenziale corrispondente come componente per costruire la soluzione
del problema della corrente attorno a un corpo. Per quanto riguarda la singolarità,
basterà fare in modo che essa si trovi all’esterno della regione del fluido, ovvero
essa dovrà essere posta all’interno del volume del corpo.
Figura 7.3 z
Campo di velocità della sorgente 3D
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 277 colore nero Giugno 16, 2006
1 ∂ψ Λ 1
= ur = ,
r 2 sin θ ∂θ 4π r 2
e quindi
∂ψ Λ Λ
= sin θ ⇒ ψ(r, θ) = − cos θ + f (r ),
∂θ 4π 4π
1 ∂ψ
= −u θ = 0 ⇒ ψ(r, θ) = g(θ),
r sin θ ∂r
Λ
ψ sorg (r) = ψ sorg (θ) = − cos θ.
4π
Questa è una scelta possibile e corretta, ma non è la più conveniente nello studio di
problemi in cui esiste anche una corrente uniforme, parallela all’asse z, nel verso
positivo di z. In questi casi può convenire una scelta diversa della costante che
permetta alla funzione ψ di assumere il valore nullo sul seminasse negativo da cui
proviene il fluido. In altre parole, si sceglie il valore (assolutamente arbitrario) della
costante C in modo che la funzione di corrente si annulli sull’asse z, per z < 0.
Si noti che questa richiesta non ha alcun significato fisico, ma è suggerita solo dal
desiderio di potere associare il valore ψ = 0 alla linea di corrente passante per il
punto di ristagno “di arrivo”, che si trova sull’asse z.
Se si adotta questa scelta, allora la funzione di corrente del campo di velocità
della sorgente 3D è data da
Λ
ψ sorg (r) = − (1 + cos θ)
4π
µ cos θ
φ dopp (r, θ) = .
4π r 2
che può essere calcolata utilizzando l’approssimazione lineare fornita dalla seguente
serie di Taylor, con piccolo,
1 1 (−1)(−1)
√ =√ + √ + O( 2 ) = 1 + + O( 2 ).
1− 1−0 2 1−0 2
Avremo pertanto, nel limite d → 0,
1 1 2d
q → 1+ cos θ + O(d 2 )
d2 2 r
1+ r2
− 2d
r
cos θ
d
=1+ cos θ + O(d 2 ),
r
e quindi
Λ 1 d Λd cos θ
φ(r, θ) = − 1 − 1 − cos θ + O(d 2 ) = .
4π r r 4π r 2
Ponendo Λd = µ, si ottiene proprio il potenziale della doppietta ricavato in prece-
denza.
Il campo di velocità della doppietta si ottiene mediante il semplice calcolo del
gradiente in coordinate sferiche
∂ µ cos θ 2µ cos θ
u r (r, θ) = 2
=− ,
∂r 4π r 4π r 3
1 ∂ µ cos θ µ sin θ
u θ (r, θ) = 2
=− ,
r ∂θ 4π r 4π r 3
per cui, riassumendo,
2µ cos θ µ sin θ ˆ
udopp (r, θ) = − 3
r̂ − .
4π r 4π r 3
La velocità della doppietta corrisponde quindi a una corrente di fluido che viene
espulsa dall’origine nella direzione negativa dell’asse z e che viene riassorbita lungo
quella positiva. Il campo di velocità udopp (r, θ) è rappresentato in figura 7.5. Le
frecce di nei punti più vicini alla singolarità non sono state disegnate a causa della
loro lunghezza eccessiva, che avrebbe reso confuso il disegno del campo vettoriale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 280 colore nero Giugno 16, 2006
Figura 7.5
0 z
Campo di velocità della doppietta 3D
µ sin2 θ
ψ dopp (r, θ) = − .
4π r
Nella figura 7.6 sono mostrate alcune delle linee di corrente della doppietta, con-
tenute in un piano assiale qualsiasi. Queste curve sono descritte in coordinate polari
della funzione
µ sin2 θ
r (θ) = − ,
4π ψ
per valori diversi di ψ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 281 colore nero Giugno 16, 2006
Nella figura le varie linee di corrente sono disegnate con un incremento costante di ψ.
Di conseguenza, la densità minore di curve nelle zone più lontane dalla singolarità
corrisponde a valori minori del modulo della velocità. Una descrizione del moto
tridimensionale della doppietta si ottiene facendo ruotare le linee di corrente attorno
all’asse z della figura.
0 z 1 r̂
φ dopp (r) = 2
.
4π r
Figura 7.7 Doppietta 3D posta
nell’origine ma con direzione di
Si noti che, quando la direzione di è parallela all’asse z, si ha r̂ = µ ẑ r̂ =
inclinata rispetto all’asse z µ cos θ e l’espressione coincide con quella della doppietta già studiata.
La velocità si determina calcolando il gradiente di φ dopp (r) nel seguente modo:
r̂ r 1 1
= = r + 3 ( r).
r2 r3 r 3 r
( r) = (µx x + µ y y + µz z)
= (µx x) + (µ y y) + (µz z)
= µx x̂ + µ y ŷ + µz ẑ = .
r̂ 3 3 r
=− rr + 3 = − 4 r̂ + 3
r2 r4 r r r
3( r̂)r̂ − 3( r̂)r̂
=− + 3 = .
r3 r r3
Avremo quindi:
1 [ − 3( r̂)r̂]
udopp (r) = .
4π r3
Notiamo che ora la funzione dipende da tutto il vettore posizione r dato che non
esiste più la simmetria di rotazione intorno all’asse z. Infatti, la frazione dipende
da r che compare al denominatore ma anche da entrambi gli angoli θ e α delle
coordinate sferiche tramite la dipendenza da essi del versore radiale, r̂ = r̂(θ, α), nel
numeratore. Di nuovo, se la doppietta è diretta come l’asse z, si ha −3( r̂)r̂ =
µ ẑ − 3µ cos θ r̂ = µ(cos θ r̂ − sin θ ˆ − 3 cos θ r̂) = −2µ cos θ r̂ − µ sin θ ˆ , in
conformità al risultato già ricavato.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 283 colore nero Giugno 16, 2006
1 2 2 Λ
ψ(r, θ) = Ur sin θ − (1 + cos θ).
2 4π
Per ogni valore di ψ fissato, questa relazione fornisce una linea di corrente. Pre-
cisamente, risolvendo rispetto a r , si ottiene la funzione della linea di corrente in
un semipiano assiale, espressa in coordinate polari,
s
1 Λ 4πψ
r (θ) = + 1 + cos θ
sin θ 2πU Λ
Per interpretare la corrente considerata, calcoliamo inizialmente il campo di ve-
locità:
Λ 1
u(r, θ) = U cos θ + r̂ − U sin θ ˆ .
4π r 2
La seconda equazione dice che gli eventuali punti di ristagno si trovano sull’asse
z (θ = 0 oppure θ = π). La prima equazione diventa allora: ±U + 4π Λ 1
r2
= 0,
per θ = 0 e θ = π, rispettivamente. Supponendo che sia U > 0 e Λ > 0, la sola
soluzione possibile è il punto sull’asse z avente coordinate (sferiche)
r
Λ
(r0 , π) con r0 = .
4πU
Il punto di ristagno si trova quindi sull’asse di simmetria, a sinistra della sorgente.
Il valore di ψ sulla linea di corrente che passa per il punto di ristagno è allora
ψ0 = ψ(r0 , π) = 21 Ur02 sin2 π − 4πΛ
(1 + cos π) = 0 − 4π
Λ
(1 − 1) = 0. L’equazione
di questa linea di corrente particolare si ottiene sostituendo il valore ψ = ψ 0 = 0
nella funzione r = r (θ) generale calcolata in precedenza:
r √
Λ 1 + cos θ
rc (θ) = ,
2πU sin θ
che abbiamo indicato come r c perché può corrispondere a un corpo solido sulla cui
superficie deve valere la condizione di non penetrazione. Si osservi che la distanza
R ≡ r sin θ dall’asse z dei punti di questa linea di corrente è data dalla semplice
relazione
r
Λ
Rc (θ) = (1 + cos θ)
2πU
e quindi per θ → 0 tende a
r r
Λ Λ
Rc (θ → 0) → (1 + 1) = = 2r0 ,
2πU πU
ovvero al doppio della distanza fra il punto di ristagno e l’origine del sistema di
riferimento. La figura 7.9 fornisce la rappresentazione di alcune linee di corrente
all’esterno della linea r = r c (θ) passante per il punto ristagno. Pertanto, mettendo
una ogiva semi-infinita la cui forma corrisponde alla superficie ottenuta facendo
ruotare la linea r = r c (θ) intorno all’asse z, la corrente incomprimibile inviscida
attorno a tale corpo avrebbe l’andamento delle linee mostrate nella figura 7.9.
Rc → 2r0
Figura 7.9 Linee di corrente 70.5◦
dell’ogiva semi-infinita di Rankine r0 z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 285 colore nero Giugno 16, 2006
Solidi di Rankine
La sovrapposizione di una singola sorgente e di una corrente uniforme ha condotto
a una corrente assisimmetrica attorno a un corpo di rivoluzione semi-infinito. Per
ottenere una corrente attorno a un corpo di rivoluzione limitato, possiamo collocare
sull’asse del corpo un pozzo di intensità uguale e opposta a quella della sorgente in
modo che tutte le linee di corrente uscenti dalla sorgente convergano nel pozzo, e
che quindi la corrente esterna si apra davanti al corpo per poi richiudersi dietro di
esso.
Sovrapponendo una sorgente e un pozzo di intensità uguali ed opposte in
una corrente uniforme è possibile ottenere due punti di ristagno e una linea di
corrente che passa per entrambi e che prima e dopo di essi coincide con l’asse z.
La superficie chiusa che si ottiene facendo ruotare questa linea di corrente intorno
all’asse z definisce quindi la forma di una corpo tridimensionale assisimmetrico che,
posto nella corrente considerata, produrrebbe proprio il campo di moto all’esterno
della suddetta linea di corrente. Un corpo con questa forma si chiama solido o
ovoide di Rankine.
Consideriamo una sorgente di intensità Λ e un pozzo di intensità −Λ posti
a distanza 2b. Prendiamo un sistema di coordinate sferiche con l’asse z lungo la
congiungente le due sorgenti e con l’origine nel punto di mezzo per cui le sorgenti
si trovano alla stessa distanza b dall’origine, come mostrato in figura 7.10. La
funzione ψ relativa a queste due sorgenti immerse in una corrente uniforme U
diretta secondo la congiungente e nel verso positivo dell’asse z è
1 Λ
ψ(r, θ) = Ur 2 sin2 θ − (cos ϑ1 − cos ϑ2 ),
2 4π
dove ϑ1 e ϑ2 sono gli angoli che le rette congiungenti il punto (r, θ) con le due
sorgenti formano con l’asse z.
r sin θ
r
ϑ1 θ ϑ2
z
Λ −b b
r cos θ
Figura 7.10 Costruzione
trigonometrica dei contributi di due r cos θ + b
sorgenti alla funzione di corrente r cos θ − b
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 287 colore nero Giugno 16, 2006
Questi angoli sono indicati con la lettera ϑ che è (un po’) diversa da θ perché gli
angoli ϑ1 e ϑ2 non sono due valori particolari della coordinata angolare θ, bensı̀
sono delle funzioni delle variabili r e θ, ovvero sono funzioni della posizione del
punto nello spazio.
Le funzioni ϑ1 (r, θ) e ϑ1 (r, θ) si ottengono osservando che i tre triangoli
rettangoli della figura 7.10 hanno il cateto verticale in comune. I tre cateti orizzontali
dei triangoli con angoli θ, ϑ1 e ϑ2 sono lunghi rispettivamente r cos θ, r cos θ + b e
r cos θ − b. Esprimendo allora la tangente di ϑ1 e ϑ2 come rapporto dei due cateti
del triangolo corrispondente, avremo
r sin θ r sin θ
tan ϑ1 = e tan ϑ2 = .
r cos θ + b r cos θ − b
L’inversione della tangente fornisce quindi le due funzioni richieste. Tuttavia, sic-
come occorre poi calcolare il coseno di ϑ1 e ϑ2 da sostituire nella funzione
√ di cor-
rente, è conveniente utilizzare l’identità trigonometrica cos ϑ = ±1/ 1 + tan2 ϑ,
che permette di ricavare
r
cos θ ± 1 cos θ ± rb
cos ϑ1,2 = q b
=q .
r2 b2
b2
± 2r
b
cos θ + 1 r cos θ +
1 ± 2b r2
Sostituendo nell’espressione della funzione di corrente si ottiene
1 2 2 Λ cos θ + b
cos θ − b
ψ(r, θ) = Ur sin θ − q r
−q r .
2 4π b2 b2
1+ 2b
r cos θ + r2 1− 2b
r cos θ + r2
h
b b −Λ z
Λ
Figura 7.11 Sezione assiale del `
solido ovoidale di Rankine
Per dimostrare questo risultato, consideriamo preliminarmente l’equazione di
Poisson − 2 Φ = s(r), dove s(r) è una funzione nota, diversa da zero solo in una
regione limitata Vs6=0 dello spazio tridimensionale. La soluzione di tale equazione
è
Z
1 s(r0 )
Φ(r) = dV 0 ,
4π Vs6=0 |r − r0 |
costante
|Φ(r)| ≤ per |r| → ∞,
r
Questo risultato è noto dalla studio del campo di una carica elettrica ferma, il cui
1 q
potenziale Φ(r)
R sappiamo essere proporzionale a 4π r
. Nel caso in cui la carica
totale Q = s(r) dV associata alla distribuzione di densità di carica s(r ) è nulla,
Q = 0, allora risulta
U C n̂
costante
n̂ |Φ(r)| ≤ per |r| → ∞,
∂C r2
perché il primo termine dell’espansione in serie di potenze di 1/r è ora assente.
Consideriamo ora un corpo tridimensionale limitato ma di forma arbitraria,
Figura 7.12 immerso in una corrente esterno, che è uniforme a grande distanza dal corpo, come
Corpo immerso in una corrente esterna schematizzato nella figura 7.12.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 290 colore nero Giugno 16, 2006
essendo la normale n̂ a ∂C diretta verso l’interno del corpo. Per il principio di azione
e reazione, il corpo esercita sul fluido una forza opposta F = −F C . Per calcolare
FC mediante la relazione scritta è necessario determinare il campo di pressione
P = P(r) da cui poi ricavare i valori P(rC ), con rC ∈ ∂C. La risoluzione del
problema della pressione è tuttavia molto complicata e dipende dalla forma del
corpo considerato. Esiste invece un percorso alternativo per calcolare la forza totale
FC che non dipende dalla forma specifica del corpo e che non richiede la conoscenza
del campo della pressione.
Consideriamo una superficie chiusa esterna al corpo che contiene una parte
del fluido attorno al corpo. Indichiamo con Sest questa superficie, come mostrato
nella figura 7.13.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 291 colore nero Giugno 16, 2006
U
n̂
n̂
∂C
(Il flusso attraverso la superficie del corpo ∂C è nullo in virtù della condizione
al contorno di non penetrazione.) Risolvendo la relazione rispetto alla forza F C
ricercata abbiamo
I
FC = − [P n̂ + ρu (u n̂)] d S.
Sest
Ma per la legge di Bernoulli, la pressione in ogni punto del fluido è data dalla
relazione
P(r) + 12 ρ|u(r)|2 = K
dove K è una costante. Risolvendo rispetto alla pressione si ottiene:
P(r) = − 21 ρ|u(r)|2 + K
= − 21 ρ [u(r) + U] [u(r) − U] + U 2 + K
= P0 − 12 ρ[u(r) + U] [u(r) − U],
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FC = 0.
Si noti la forza FC è nulla su qualunque superficie chiusa Sest , non solo sulle superfici
sufficientemente grandi. Si deve fare tendere Sest a una sfera di raggio infinito solo
per rendere il calcolo di FC indipendente dall’andamento non uniforme (incognito)
della pressione nel fluido. In altre parole, il processo di limite serve per dimostrare
la relazione (esatta) FC = 0 non per calcolare un valore particolare di FC .
È importante ricordare le ipotesi che sono alla base del paradosso di d’Alembert.
Esse sono le seguenti:
• Il corpo è tridimensionale di dimensione limitata.
• Il fluido è incomprimibile con densità uniforme.
• Il fluido è non viscoso.
• Il moto del fluido è irrotazionale.
• La regione di fluido in cui è immerso il corpo è illimitata.
• Il moto del fluido è stazionario.
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Questa ultima ipotesi può essere interpretata in due modi diversi, in virtù dell’equi-
valenza di tutti i sistemi di riferimeno inerziali (principio di relatività galileiana).
È infatti equivalente considerare un corpo fermo in un fluido dotato di una velocità
uniforme a grande distanza dal corpo, e in tal caso la corrente potrà essere effettiva-
mente stazionaria, oppure un corpo in moto rettilineo uniforme (cioè con velocità
costante, in modulo e direzione) in un fluido che è fermo a grande distanza, e in tal
caso il campo di moto sarà necessariamente variabile a causa del moto del corpo.
Possiamo esaminare il ruolo di alcune di queste ipotesi.
La prima ipotesi è molto importante in quanto è all’origine della differenza
fra il caso tridimensionale e quello bidimensionale della corrente attorno a un
corpo cilindrico (di sezione qualsiasi). Infatti la regione all’esterno di un corpo
nelle spazio tridimensionale di dimensione finita in ogni direzione è semplicemente
connessa mentre questo non è più valido in due dimensioni. Ricordiamo infatti che
nel paragrafo 4.5 abbiamo ricavato, nel caso particolare di un cilindro di sezione
circolare, che la corrente incomprimibile irrotazionale stazionaria piana provoca
una forza risultante sul cilindro perpendicolare alla direzione della velocità esterna
se il campo di moto ha una componente circolante attorno al cilindro.
Se il fluido fosse comprimibile, ma ancora non viscoso, allora sarebbe ne-
cessaria un’indagine ulteriore per scoprire se il paradosso di d’Alembert è ancora
valido. La teoria delle correnti comprimibili non visocose permette di mostrare che
il paraddosso vale se il moto è completamente subsonico oltre a soddisfare le ultime
quattro condizioni.
Se invece il fluido fosse viscoso, ma ancora incomprimibile, entrerebbe in gioco
l’attrito e l’intera teoria irrotazionale qui considerata non sarebbe più applicabile.
Il paradosso di d’Alembert non vale quando il fluido si estende in una regione
limitata a causa della presenza di una superficie libera del fluido, come, ad esempio,
per un corpo immerso nell’acqua di un lago. In tal caso esista una forza agente
sul corpo associata alla presenza di un’onda sulla superfice libera dietro il corpo
immerso nel fluido e che è chiamata resistenza d’onda.
Infine, nel caso di corrente non stazionaria, ovvero se il corpo si muove con
accelerazione non nulla in un fluido fermo, restando comunque in vigore tutte le
altre ipotesi, il fluido esercita sul corpo una forza diversa da zero.
È opportuno ricordare che il paradosso di D’alembert riguarda solo la forza
agente sul corpo. Anche sa la risultante delle forze dovute alla pressione del fluido
agenti sulla superficie del corpo risulta essere nulla, la risultante dei loro momenti
(rispetto a qualche punto) in generale non si annulla. Di conseguenza un corpo
limitato di forma arbitraria in moto uniforme nelle condizioni considerate di solito
è sottoposto a un momento delle forze anche se la forza totale è nulla.
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( u = 0) e irrotazionali (
sionali. Come nei paragrafi precedenti considereremo solo correnti incomprimibili
u = 0).
Affinché il moto possa essere bidimensionale è necessario (ma non sufficiente)
che ogni ostacolo solido presente nel campo di moto si estenda indefinitamente, con
una sezione sempre uguale, in una direzione perpendicolare a quella della corrente
esterna. Si richiede cioè che il corpo immerso nella corrente sia un cilindro infinito:
la sezione del cilindro potrà essere di forma qualsiasi, ma la sua lunghezza sarà
supposta illimitata da entrambe le parti. Naturalmente, non esiste alcun corpo reale
con queste caratteristiche estreme, per cui l’analisi che svilupperemo sarà utile solo
in senso approssimato per i corpi cilindrici reali di estensione finita la cui lunghezza
sia molto maggiore della dimensione caratteristica della loro sezione trasversale.
Tuttavia, da un punto di vista teorico sappiamo che la situazione ideale di un
corpo cilindrico infinitamente lungo fa sorgere un problema delicato riguardo le
caratteristiche topologiche del dominio occupato dal fluido. È noto infatti che la
regione dello spazio tridimensionale esterna a un cilindro infinito è molteplicemente
connessa. Ciò ha una conseguenza sulle soluzioni dell’equazione di Laplace per il
potenziale cinetico in una tale regione, che, come si è visto alla fine del paragrafo 4.5
per il caso del cilindro circolare, ammette infinite soluzioni. Questa particolarità
deve essere tenuta in conto anche nel metodo di risoluzione mediante soluzioni
elementari. Infatti, oltre alle soluzioni elementari e singolari simili a quelle viste
nel caso assisimmetrico, nel caso dei problemi piani in un dominio molteplicemente
connesso è necessario includere anche la soluzione elementare che rappresenta un
vortice rettilineo.
2
Si noti che u non è il modulo del vettore velocità u, ossia u 6= |u|, ma solo la sua componente
cartesiana lungo l’asse x .
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z
r = R + z ẑ.
Figura 7.14 Costruzione della
componente R del vettore posizione r Si è introdotto pertanto il vettore posizione R appartenente a un piano del moto
perpendicolare all’asse z e parallela al e che può essere rappresentato alternativamente in termini delle sue componenti
piano x-y del moto del fluido cartesiane o cilindriche, nei due modi seguenti:
R = x x̂ + y ŷ = R R̂(θ).
La velocità del campo piano può allora essere espressa in termini delle sue due
componenti cilindriche (o polari)
come già descritto nel paragrafo 3.9. Il campo vettoriale ψ è in ogni punto
normale alla velocità, ovvero vale la condizione di perpendicolarità u ψ = 0,
come è facile verificare.
Grazie all’incomprimibilità, il potenziale cinetico φ soddisfa l’equazione di
Laplace 2 φ = 0, che per correnti piane e in coordinate cilindriche significa:
1 ∂ ∂φ 1 ∂ 2φ
R + 2 = 0.
R ∂R ∂R R ∂θ 2
componente z di
Per quanto riguarda l’equazione della funzione di corrente, osserviamo che la
u espressa in termini di ψ(R, θ) è data da
ẑ
u=
1 ∂ 1 ∂u R
Ru θ −
R∂R R ∂θ
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 1 ∂ψ
= −R −
R∂R ∂R R ∂θ R ∂θ
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 2ψ
=− R − 2 ,
R ∂R ∂R R ∂θ 2
per cui la condizione di irrotazionalità
u = 0 equivale all’equazione
1 ∂ ∂ψ 1 ∂ 2ψ
R + 2 = 0,
R ∂R ∂R R ∂θ 2
che è la medesima equazione di Laplace del potenziale. Ovviamente, se le incognite
φ e ψ sono considerate come funzione delle coordinate cartesiane x e y, esse
soddisferanno la stessa equazione di Laplace bidimensionale, ma con l’operatore
2 2
laplaciano espresso nella sua forma cartesiana 2 = ∂∂x 2 + ∂∂y 2 .
1 ∂φ
= u θ = −U sin θ ⇒ φ(r, θ) = U R cos θ + g(R),
R ∂θ
dove g(R) è un’altra funzione arbitraria. Le due integrazioni conducono al poten-
ziale cinetico solo se f (θ) = g(R) = C, dove C è una costante arbitraria, che
possiamo prendere uguale a zero. Pertanto il potenziale del campo di velocit à
uniforme in direzione di x è
In modo analogo si determina la funzione di corrente ψ unif (R, θ). Dalla re-
lazione che definisce u R in termini di ψ abbiamo
1 ∂ψ
= u R = U cos θ
R ∂θ
da cui
∂ψ
= U R cos θ ⇒ ψ(R, θ) = U R sin θ + f (R).
∂θ
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Per trovare la funzione arbitraria f (R), integriamo anche la definizione della com-
ponente u θ in termini di ψ, ovvero
∂ψ
= −u θ = U sin θ ⇒ ψ(R, θ) = U R sin θ + g(θ).
∂R
Si ottiene quindi la condizione f (R) = g(θ) = C, con C costante arbitraria, che
può essere scelta uguale a zero. Quindi, la funzione di corrente del campo di
velocità uniforme in coordinate cilindriche è
dove la funzione u R (R) deve essere specificata. Per determinare la forma di questa
funzione nel caso incomprimibile e irrotazione cui siamo interessati, scriviamo per
prima cosa il legame fra la componente radiale della velocità e il potenziale cinetico
dφ
uR = ,
dR
dove si è scritta la derivata ordinaria di φ rispetto a R invece di quella parziale in
quanto si è deciso di ricercare un potenziale cinetico φ che dipenda solo da R (e
non da θ).
D’altra parte, nel caso di corrente irrotazionale incomprimibile piana, il poten-
ziale cinetico deve soddisfare l’equazione di Laplace. Come si è detto, in coordinate
cilindriche e tenendo conto che φ = φ(R), tale equazione diventa
1 ∂ ∂φ 1 d dφ 1 d
R = R = Ru R = 0,
R ∂R ∂R R dR dR R dR
d A
Ru R = 0 ⇒ u R (R) = ,
dR R
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λ
φ sorg (R) = ln R,
2π
y
e il campo di velocità della sorgente 2D
λ 1
usorg (R) = R̂(θ).
2π R
λ
x Entrambi i campi sono singolari nell’origine o meglio, considerando la loro es-
z pansione in tre dimensioni, sono singolari su tutto l’asse z. Il campo di velocità
è mostrato nella figura 7.18. Questi campi potranno quindi essere utilizzati solo a
Figura 7.17 condizione di fare cadere la loro singolarità all’esterno del campo di moto, ovvero
Sviluppo nello spazio della sorgente 2D dentro un corpo solido cilindrico immerso nel fluido.
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Figura 7.18
Campo di velocità della sorgente 2D
1 ∂ψ λ 1
= uR = ,
R ∂θ 2π R
e quindi
∂ψ λ λ
= ⇒ ψ(R, θ) = θ + f (R),
∂θ 2π 2π
∂ψ
= −u θ = 0 ⇒ ψ(R, θ) = g(θ).
∂R
λ
ψ(R, θ) = θ.
2π
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λ
ψ(θ) = 2π
θ Tuttavia, questa soluzione può essere una funzione dei punti del piano solo a
condizione che la variabile θ vari in un intervallo minore di 2π. In caso contrario,
se θ varia in intervallo maggiore o uguale a 2π, il punto (R, θ) percorrerebbe
un’intera circonferenza di raggio R e ritornerebbe quindi al punto di partenza. Ma
in questo caso il valore di ψ alla fine sarebbe diverso dal valore nel punto iniziale,
in quanto ψ sarebbe incrementato della quantità 2π λ
2π = λ. La soluzione cosı̀
trovata non è pertanto una funzione dei punti del piano in quanto non assume uno
2π θ
e un sol valore in ogni punto del suo dominio di definizione. In altre parole, la
Figura 7.19 Carattere non periodico soluzione ψ(R, θ) non è periodica rispetto a θ, di periodo 2π, vedi figura 7.19. È
λ
della soluzione ψ(θ) = 2π θ comunque vero che l’oggetto matematico trovato permette di determinare lo stesso il
campo di velocità usorg (R) in modo univoco, per cui manterremo ugualmente questa
soluzione, scrivendola tuttavia tra “virgolette”. Scriveremo quindi la “funzione” di
corrente della sorgente 2D nel modo seguente
00
λ
ψ sorg
(R) = θ 0 ≤ θ < 2π,
2π 00
κ sin θ
ψ dopp (R, θ) = − .
2π R
Le linee di corrente si ottengono dalla funzione polare R(θ) = (cost sin θ)/ψ,
con ψ fissato che può essere positivo e negativo, a seconda che sia θ ∈ [π, 2π] o
θ ∈ [0, π].
Alcune linee, con incremento di ψ costante, sono disegnate in figura 7.22. Le
linee di corrente della doppietta 2D sono delle circonferenze con il centro sull’asse
y e tutte tangenti all’asse x nell’origine. Ciò può essere verificato analiticamente
riscrivendo l’equazione delle linee di corrente R + 2πκψ sin θ = 0 in coordinate
cartesiane. Essendo sin θ = y/R e R 2 = x 2 + y 2 , avremo l’equazione cartesiana
κ
x 2 + y2 + y = 0.
2πψ
Ricorrendo al completamento del quadrato, questa relazione equivale a
2 2
κ κ
x2 + y + = ,
4πψ 4πψ
che è l’equazione di un cerchio di raggio 4πκ|ψ| con centro in 0, − 4πκψ .
Calcoliamo ora le componenti cilindriche della velocità della doppietta 2D
ricorrendo alla loro definizione
in terminidella funzione di corrente. Avremo:
1 ∂ψ 1 ∂ κ sin θ κ cos θ
uR = = − =− ,
R ∂θ R ∂θ 2π R 2π R 2
∂ψ ∂ κ sin θ κ sin θ
uθ = − =− − =− ,
∂R ∂R 2π R 2π R 2
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Figura 7.23
Campo di velocità della doppietta 2D
κ cos θ κ sin θ ˆ
udopp (R) = − R̂(θ) − (θ).
2π R 2 2π R 2
I vettori del campo di velocità del doppietto 2D sono stati disegnati nella figura 7.23,
evitando però la zona vicina alla singolarità nell’origine dove l’intensità di u è
proporzionale a 1/R 2 e la lunghezza delle frecce avrebbe reso confusa la rappre-
sentazione del campo vettoriale lontano dall’origine.
Determiniamo infine il potenziale cinetico della doppietta 2D integrando la
relazione φ = u. Per la componente in direzione R abbiamo
∂φ κ cos θ κ cos θ
= uR = − ⇒ φ(R, θ) = + f (θ),
∂R 2π R 2 2π R
dove f (θ) è una funzione arbitraria da determinare. A questo scopo, consideriamo
allora l’equazione che φ deve soddisfare in conseguenza dell’equazione relativa alla
componente θ del gradiente, ossia,
1 ∂φ κ sin θ
= uθ = − ,
R ∂θ 2π R 2
e integriamola rispetto a θ
∂φ κ sin θ κ cos θ
=− ⇒ φ(R, θ) = + g(R),
∂θ 2π R 2π R
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κ cos θ
φ dopp (R, θ) = .
2π R
Vortice rettilineo. L’ultima soluzione elementare per le correnti piane che esamini-
amo è il campo di moto di un fluido che ruota attorno a un asse ed è irrotazionale
in tutto lo spazio tranne i punti dell’asse z. Si tratta del vortice rettilineo che è
u vort
θ (R) già stato descritto nel paragrafo 3.7, sia in coordinate cartesiane (esempio 3) sia
in coordinate cilindriche (esempio 4). In queste pagine, partiamo dall’espressione
del campo di velocità del vortice in coordinate cilindriche stabilita nell’esempio 5,
ossia,
Γ ˆ
uvort (R) = (θ),
2π R
R
Figura 7.24 Dipendenza della in cui compare il parametro Γ che rappresenta la circolazione del vortice e misura
velocità rotatoria del vortice rettilineo quindi la sua intensità. La diminuzione della velocità di rotazione al crescere della
con la distanza dal suo asse distanza dall’asse è mostrata nella figura 7.24.
La struttura del campo di velocità del vortice rettilineo quando Γ > 0 è mostrata
nella figura 7.25, che riproduce la figura 3.5.
Figura 7.25
Campo di velocità del vortice rettilineo
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ẑ
u (R) = ẑ
vort
Γ ˆ
(θ) =
Γ 1 ∂
R
1
2π R 2π R ∂ R R
Γ 1 d 1 Γ 0
= R = ,
2π R d R R 2π R
per cui uvort = 0 in ogni punto del piano tranne il punto R = 0, ovverosia,
considerando l’espansione in tre dimensioni del campo piano, in tutti i punti dello
spazio tranne sull’asse z. Su tale asse il campo del vortice è singolare, perché
la velocità ha un’intensità illimitata e assume ogni possibile direzione del piano.
Quindi il vortice rettilineo è una soluzione singolare e, come ogni altra soluzione
elementare singolare, può essere utilizzata solo se la singolarità è all’esterno del
campo di moto.
Dal campo di velocità del vortice rettilineo è facile ricavare la sua funzione di
corrente. Infatti, la definizione della componente θ in termini di ψ fornisce
∂ψ Γ Γ
= −u θ = − ⇒ ψ(R, θ) = − ln R + f (θ),
∂R 2π R 2π
dove f (θ) è una funzione arbitraria. L’equazione della componente R dice che
1 ∂ψ
= u R = 0 ⇒ ψ(R, θ) = ψ(R) = g(R),
R ∂θ
con g(R) funzione arbitraria. Segue necessariamente che f (θ) = C e g(R) =
− 2π
Γ
ln R + C, dove la costante C può essere presa uguale a zero.
Figura 7.26
Linee di corrente del vortice rettilineo
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Γ
ψ vort (R) = − ln R
2π
∂φ
= uR = 0 ⇒ φ(θ) = f (θ),
∂R
1 ∂φ Γ dφ Γ Γ
= uθ = ⇒ = ⇒ φ(θ) = θ,
R ∂θ 2π R dθ 2π 2π
1 R̂
φ dopp (R) = ,
2π R
1
R̂ R 1
= = R + 2 ( R).
R R2 R2 R
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1 [ − 2( R̂)R̂]
udopp (R) = .
2π R2
Nel caso di vettore della doppietta allineato con l’asse x, questo campo di velocità
coincide con quello già noto, in quanto risulta − 2( R̂)R̂ = κ x̂ − 2κ cos θ R̂ =
κ(cos θ R̂ − sin θ ˆ − 2 cos θ R̂) = −κ cos θ R̂ − κ sin θ ˆ .
λ
φ(R, θ) = U R cos θ + ln R.
2π
Per quanto riguarda la funzione di corrente del campo di moto considerato, avremo:
00
λ
ψ(R, θ) = U R sin θ + θ .
2π 00
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Per ogni valore di ψ fissato, questa relazione fornisce una linea di corrente. Precisa-
mente, risolvendo rispetto a R, si ottiene la funzione della linea di corrente espressa
in coordinate polari
λ 2πψ 1
R(θ) = −θ .
2πU λ sin θ
[R è la distanza del punto (x, y) dall’origine, non dall’asse orizzontale.] Deter-
miniamo poi i punti in cui si annulla la velocità. Avremo le due equazioni:
λ 1
U cos θ + = 0, −U sin θ = 0.
2π R
La seconda equazione dice che gli eventuali punti di ristagno si trovano sull’asse x
(θ = 0 oppure θ = π). La prima equazione diventa allora:
λ 1
±U + = 0,
2π R
per θ = 0 e θ = π, rispettivamente. Supponendo che sia U > 0 e λ > 0, la sola
soluzione possibile è il punto sull’asse x avente coordinate polari
λ
(R0 , π) con R0 = .
2πU
Il punto di ristagno si trova quindi sull’asse di simmetria, a sinistra della sorgente.
Il valore di ψ sulla linea di corrente che passa per il punto di ristagno è allora
λ λ
ψ0 = ψ(R0 , π) = U R0 sin π + π= .
2π 2
L’equazione di questa linea di corrente particolare si ottiene sostituendo il valore
ψ = λ2 nella funzione R = R(θ) generale calcolata in precedenza:
λ π −θ
Rc (θ) = ,
2πU sin θ
che abbiamo indicato come Rc perché può corrispondere a un corpo solido che devia
la corrente uniforme lontano dal corpo. La semi-ampiezza asintotica dell’ogiva
cilindrica di Rankine si indica con h ed è data da
λ π −θ λ
h = lim Rc (θ) sin θ = lim sin θ = .
θ →0 2πU θ →0 sin θ 2U
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Rc (θ)
y
θ
R0
63◦ x
|uc |/U
.
1.4
1.2
1.0
Figura 7.29 Andamento della 0.8
0.6
velocità sulla superficie dell’ogiva
0.4
cilindrica di Rankine, muovendo dal
0.2
punto di ristagno in direzione della
corrente 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 π − θ
Il valore massimo della velocità sulla superficie dell’ogiva si raggiunge per θ = 63◦
e vale |uc (63◦ )| = 1.26 U . Per il teorema di Bernoulli, la pressione raggiunge in
questo punto un valore minimo sulla superfice del corpo. Dopo questo punto la
corrente sulla superfice rallenta e la pressione aumenta. Lo spessore dello strato
limite, che è presente nella corrente reale del fluido viscoso, aumenta e fa crescere
la probabilità che si verifichi una separazione.
ψ(R, θ) = U R sin θ
λ cos θ + Rb cos θ − b
+ cos−1 q − cos−1 q R .
2π b2 b2
1 + 2b
R
cos θ + R2
1− 2b
R
cos θ + R2
y (x, y)
Per determinare il campo di velocità è più comodo partire dal potenziale cinetico
espresso in coordinate cartesiane e calcolare poi le componenti cartesiane u e v di
u. Il potenziale φ(x, y) è dato da
1
λ λ λ
2 1
φ(x, y) = U x + ln 1 − ln 2 = U x + ln ,
2π 2π 2π 2
x dove 1 e 2 indicano la distanza dal punto generico (x, y) alle posizioni delle
λ 0 −λ due sorgenti, come illustrato nella figura 7.32. Essendo ovviamente
p
Figura 7.32 Distanze dalle sorgenti
1,2 (x, y) = (x ± b)2 + y 2 ,
2D per la corrente attorno all’ovale
cilindrico di Rankine si ottiene
λ (x + b)2 + y 2
φ(x, y) = U x + ln .
4π (x − b)2 + y 2
Le componenti cartesiane della velocità saranno quindi:
∂φ λ x +b x −b
u(x, y) = =U+ − ,
∂x 2π (x + b)2 + y 2 (x − b)2 + y 2
∂φ λ y y
v(x, y) = = − .
∂y 2π (x + b)2 + y 2 (x − b)2 + y 2
La figura 7.33 mostra il campo di moto attorno all’ovale limitando la rappresen-
tazione a un solo quadrante del piano dal momento che la velocità negli altri
quadranti si ottiene sfruttando la simmetria rispetto agli assi x e y.
λ ` h ` |uc |max
2πU b b b h U
Tutti gli ovali cilindrici di Rankine, tranne quelli molto sottili, hanno un gradiente
di pressione sfavorevole sulla superficie nella zona a valle. Nella corrente reale si
verificherà quindi una separazione nello strato limite con la formazione di una scia
consistente dietro il corpo, per cui l’andamento della corrente previsto dalla teoria
non viscosa non è realistico in questa zona.
e y mediante la funzione tangente inversa tan−1 (y/x). Infatti tale funzione assume
valori solo nell’intervallo (−π/2, π/2) (aperto) e questi angoli ricoprono soltanto
il semipiano positivo x > 0, mentre l’angolo θ delle coordinate cilindriche/polari
può assumere ogni valore compreso nell’intervallo (0, 2π), di ampiezza doppia.
La determinazione dell’angolo θ corrispondente al punto (x, y) pu ò essere
realizzata solo mediante una funzione inversa di due variabili indipendenti, che
scriveremo come θ = tan2−1 (y, x), per non discostarci troppo dalla notazione
consueta delle funzioni trigonometriche inverse. Tale funzione tiene conto anche
del quadrante in cui si trova il punto (x, y) e fornisce il valore corretto dell’angolo θ
appartenente all’intervallo completo (0, 2π). Pertanto, la trasformazione esplicita
corretta dalle coordinate cartesiane (x, y) a quelle cilindriche (R, θ) è definita da
p
R= x 2 + y 2, θ = tan2−1 (y, x).
uniforme Ux U 0 Uy
00
λ p λ x λ y λ
sorgente ln x 2 + y 2 tan2−1 (y, x)
2π 2π x 2 + y 2 2π x 2 + y 2 2π 00
00
Γ −Γ y Γ x −Γ p 2
vortice tan2−1 (y, x) ln x + y 2
2π 00 2π x 2 + y 2 2π x 2 + y 2 2π
κ x κ y2 − x 2 −κ 2x y −κ y
doppietta
2π x + y 2
2 2π (x 2 + y 2 )2 2π (x + y 2 )2
2 2π x + y 2
2
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sorg λ p
y φ0 (x, y) = ln (x − x 0 )2 + (y − y0 )2
R = (x, y) 2π
e similmente il campo di velocità piano corrispondente sarà
R − R0 sorg λ x − x0 λ y − y0
u0 (x, y) = x̂ + ŷ.
2π (x − x 0 )2 + (y − y0 )2 2π (x − x 0 )2 + (y − y0 )2
x
R0 Naturalmente, se la traslazione del dipolo è soltanto lungo l’asse x, ovvero se
R0 = (x 0 , 0) e la direzione del dipolo è sempre parallela all’asse x, allora la
Figura 7.35 Sorgente 2D posta in soluzione elementare è ancora simmetrica rispetto all’asse x. Diversamente, se
un punto R0 diverso dall’origine y0 6= 0, allora la soluzione del dipolo traslato non rispetta questa simmetria.
una serie di termini che include tutte le potenze inverse maggiori di 2 della dis-
tanza R dall’asse, ciascuna moltiplicata per un’opportuna funzioni trigonometrica
dell’angolo polare θ. A partire da questa espressione, la condizione di incomprim-
ibilità (o l’equazione che stabilisce l’irrotazionalità) permette di ricavare la serie
corrispondente della componente angolare della velocità, u θ (R, θ). In sintesi, ogni
campo di moto piano incomprimibile, irrotazionale e limitato al’infinito pu ò essere
espresso nel modo seguente:
X ∞
C B ln R cos(kθ) sin(kθ)
u(R) = + + a1 cos θ + b1 sin θ + ck k+1 + dk k+1 R̂
R R k=1
R R
X∞
sin(kθ) cos(kθ) Γ ˆ.
+ −a1 sin θ + b1 cos θ + ck k+1 − dk k+1 +
k=1
R R 2π R
Il valore delle costanti B, C, a1 , b1 , ck e dk , per k = 1, 2, . . . , dipende dalle con-
dizioni al contorno per la velocità, mentre Γ è la circolazione lungo una qualunque
linea chiusa che gira intorno al corpo cilindrico (una sola volta). Nel ricavo di
questa espansione sono stati eliminati i termini che divergono per R → ∞.
Imponendo la condizione di corrente uniforme all’infinito con velocità U =
U x̂, avremo a1 = U e b1 = 0 per cui il campo di velocità assume la forma
X∞
C B ln R k
u(R) = + + U cos θ − c k cos(kθ) + d k sin(kθ) R̂
R R k=1
R k+1
X∞
k Γ ˆ.
+ −U sin θ + k+1 k
c sin(kθ) − dk cos(kθ) +
k=1
R 2π R
D’altra parte, la quantità netta di fluido che attraversa una superficie cilindrica di
raggio molto grande deve essere nulla, altrimenti si verificherebbe una generazione
di massa del fluido dal nulla all’interno della superficie cilindrica considerata. Di
conseguenza B = 0 e C = 0, per cui la soluzione si semplifica in
X
∞
k
u(R) = U cos θ − c
k+1 k
cos(kθ) + d k sin(kθ) R̂
k=1
R
X
∞
k Γ ˆ.
+ −U sin θ + ck sin(kθ) − dk cos(kθ) +
k=1
R k+1 2π R
Γ ˆ 1
u(R) = U + +O 2 per |R| → ∞.
2π R R
agenti sul fluido più la quantità di moto del fluido che entra nella regione considerata
Le equazioni di bilancio della deve essere nulla. Dobbiamo allora includere: la forza −fc che il cilindro esercita
quantità di moto in forma sul fluido attraverso la superficie ∂c, più la forza che il fluido all’esterno di Sest
integrale e differenziale sono esercita sul fluido interno e infine il flusso della quantità di moto che entra nella
state ricavate nel paragrafo 2.3 regione considerata attraverso Sest , mentre attraverso la superficie del cilindro il
nel caso generale di correnti flusso è nullo. In formula abbiamo quindi
dipendenti dal tempo.
I
−fc + [−P n̂ − ρu (u n̂)] ds = 0.
sest
Valutiamo ora i due termini della forza. Per il teorema di Bernoulli relativo alle
correnti irrotazionali la pressione in ogni punto del fluido è data dalla relazione
P(R) + 12 ρ|u(R)|2 = K ,
P(R) = − 21 ρ|u(R)|2 + K
= − 21 ρ u(R) + U u(R) − U + U 2 + K
= P0 − 12 ρ u(R) + U u(R) − U ,
Analizziamo ora il contributo alla forza dovuto alla presenza del termine non lineare
u (u n̂). Questo è il punto più delicato della dimostrazione per il problema della
corrente piana rispetto al problema tridimensionale. Infatti, passando dal caso 3D a
quello 2D, il primo termine che tende a zero a grande distanza cambia da O r13 in
O R1 , e quest’ultimo è associato alla componente rotante attorno al corpo clindrico.
Nel caso 3D il termine O r13 era poi moltiplicato per l’area della superficie della
sfera, 4πr 2 , e quindi tendeva a zero, mentre nel caso 2D il termine O R1 deve essere
moltiplicato per la lunghezza della circonferenza, 2π R, per cui dà un contributo
finito alla forza. Un calcolo diretto permette di ricavare
1 1
Γ ˆ Γ ˆ
u (u n̂) → U + +O 2 U+ +O 2 n̂
2π R R 2π R R
Γ ˆ Γ 1
→ U (U n̂) + (U n̂) + U ( ˆ n̂) + O 2
2π R 2π R R
Γ ˆ 1
→ U (U n̂) + (U n̂) + U ( ˆ n̂) + O 2 .
2π R R
Sostituiamo le due relazioni trovate nell’espressione della forza sul Hcilindro. Os-
servando che l’integrale contenente P0 è nullo in virtù dell’identità sest n̂ ds = 0,
valida per ogni linea chiusa, avremo
I 1
ρΓ ds
fc → (U ˆ ) n̂ +O 2
2π sest R R
I 1
Γ ˆ ˆ
−ρ U (U n̂) + (U n̂) + U ( n̂) + O 2 ds.
sest 2π R R
Sulla superficie Sest il versore normale n̂ coincide con R̂, per cui ˆ n̂ = ˆ R̂ = 0
e il terzo termine del secondo integrale è nullo. Raccogliendo in un unico integrale
i due termini rimanenti legati alla componente rotante, abbiamo allora:
I I 1
ρΓ ds
fc → −ρ U (U n̂) ds + (U ˆ ) n̂ − (U n̂) ˆ +O 2 ,
sest 2π sest R R
ovverosia, in virtù della nota identità vettoriale a (b c) = (a c)b − (a b)c,
I I 1
ρΓ ds
fc → −ρ U (U n̂) ds + U (n̂ ˆ ) +O 2 .
sest 2π sest R R
Infine, il vettore U non dipende dalla posizione per cui esce dal segno di integrale
e inoltre n̂ ˆ = ẑ, per cui, osservando che ds = R dθ, si ha anche
I Z 2π 1
ρΓ
fc → −ρ U U n̂ ds + U ẑ dθ + O 2
sest 2π 0 R
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 322 colore nero Giugno 16, 2006
H
e quindi, utilizzando di nuovo l’identità sest n̂ ds = 0,
1
fc → ρΓ U ẑ + O 2 .
R
Effettuando il passaggio al limite per R → 0 il secondo termine va a zero e si ha
fc = ρΓ U ẑ.
Notiamo che, proprio come nel caso della corrente tridimensionale, la forza f c per
unità di lunghezza in apertura è sempre la stessa, qualunque sia la superficie chiusa
Sest , ovvero non è necessario che essa sia molto lontana dal corpo cilindrico. La
linea chiusa sest , che è l’intersezione della superficie Sest con un qualunque piano
perpendicolare all’asse del cilindro, deve tendere a un cerchio di raggio infinito solo
per permettere di calcolare fc senza dovere determinare l’andamento della pressione
(incognita) sulla superficie del corpo cilindrico. In altre parole, anche in questo
caso il processo di limite serve per dimostrare una formula esatta, non per calcolare
il valore asintotico di una determinata grandezza.
Se definiamo il vettore = Γ ẑ, avente come direzione l’asse del vortice
(coincidente con l’asse z) e come modulo l’intensità del vortice, la forza per unità
di lunghezza agente su un cilindro di sezione qualsiasi si scrive anche come
fc = ρ U .
Figura 7.36
Profilo simmetrico NACA0012
u= φ,
dove indica l’operatore gradiente nel piano (x, y) della corrente bidimensionale
considerata.
Avendo srfuttato la condizione di irrotazionalità per scrivere u = φ, pos-
siamo sostituire φ nella condizione di incomprimibilità ( u = 0) ottenendo
l’equazione 2 φ = 0, che è l’equazione di Laplace per il potenziale φ. Questa
equazione deve poi essere completata da opportune condizioni al contorno per im-
porre la velocità uniforme all’infinito e la condizione di non penetrazione sul corpo.
Avremo pertanto il seguente problema armonico:
2
φ = 0,
φ(|R| → ∞) → U,
n̂ φ|profilo = 0,
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dove U = U x̂ e n̂ indica il versore normale alla superficie del profilo diretto verso
il suo interno (la normale deve essere uscente dal dominio di calcolo). Ovviamente,
2
qui 2 rappresenta l’operatore il Laplaciano in due dimensioni, 2 = ∂∂x 2 + ∂∂y 2 .
2
Metodo di soluzione
L’equazione di Laplace è lineare per cui si può utilizzare il principio di sovrappo-
sizione degli effetti. Potremo allora rappresentare il campo di velocità all’esterno
del profilo mediante la somma di opportuni campi elementari (corrente uniforme,
sorgenti o pozzi lineari, doppiette . . .). La presenza e la forma del profilo sarà poi
tenuta in conto imponendo le condizioni al contorno sulla sua superficie, o meglio,
in alcuni punti opportunamente scelti su di essa.
Il potenziale attorno a un profilo simmetrico posto a incidenza nulla può essere
visto come la somma del potenziale della corrente uniforme indisturbata e dei
potenziali di un’opportuna distribuzione di J doppiette, poste dentro il profilo
lungo la sua corda e aventi la direzione parallela ad essa:
X J
dopp
φ(R) = φ unif (R) + κ j φ j (R).
j =1
dopp
φj (R) = φ dopp (R − D j ),
1 cos θ
φ dopp (R) = ,
2π R
p
mentre in coordinate cartesiane (x, y), con R cos θ = x e r = x 2 + y 2 , il
potenziale φ dopp (R) è dato dalla relazione riportata in tabella 4
1 x
φ dopp (R) = .
2π x 2 + y 2
Il potenziale della corrente uniforme parallela all’asse x è (vedi sempre tabella 4)
φ unif (R) = U x.
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Figura 7.37
1 2 3 J −1 J
Posizione delle doppiette
Per ottenere una soluzione simmetrica rispetto all’asse x, conformemente alla sim-
metria del profilo, le doppiette devono essere poste sulla corda 0 < x < c del
profilo e possono essere distribuite in modo uniforme secondo la relazione
D j = j − 21 ∆x x̂, j = 1, 2, . . . , J
dove ∆x = c/J , come mostrato nella figura 7.37. L’espressione dettagliata del
potenziale è pertanto
X
J
φ(R) = φ unif (R) + κ j φ dopp (R − D j ).
j =1
X
J
u(R) = φ unif (R) + κj φ dopp (R − D j ).
j =1
2 3
J −1 J
Figura 7.38 1
Posizione dei punti di controllo
dove la funzione ysp (x) rappresenta lo spessore del profilo considerato in funzione
della coordinata x lungo la corda. Con questa scelta il primo punto di controllo
coincide con il punto centrale del bordo di attacco. Inoltre, data la singolarità del
bordo di uscita, nessun punto di controllo è stato posto in questo punto. Notiamo
che, per la simmetria delle sorgenti usate, la stessa condizione di non penetrazione
sarà soddisfatta dalla soluzione anche nei punti simmetrici posti sul ventre.
Otteniamo dunque il seguente sistema lineare
Aκ = b
∂φ dopp (−D j )
a1, j = ,
∂x
b1 = −U,
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Gli elementi della matrice e del vettore del termine noto per i = 2, 3, . . . , J e
j = 1, 2, . . . , J sono quindi definiti da:
P(R) − P∞
c P (R) = 1 2
,
2 ρU
che indichiamo con una lettera minuscola per ricordare che si riferisce alla sezione di
un profilo in una corrente bidimensionale. Sostituendo l’espressione della pressione
trovata, si ottiene
| φ(R)|2
c P (R) = 1 − .
U2
Essendo interessati all’andamento della pressione sul profilo, calcoleremo quindi
questa funzione nei punti di controllo Ci che si trovano proprio sulla sua superficie
| φ(Ci )|2
c P (Ci ) = 1 − ,
U2
linea media
Figura 7.40
Linea media NACA53SS corda
1 γ (s) ds
⊥ )(x, y) =
_
(du ,
2π
y dove è la distanza fra i due punti, come illustrato nella figura 7.42, ossia,
(x, y)
p
= (x, y; s) = (x − x s )2 + (y − ys )2 .
_
Il contributo du ⊥ alla velocità è diretto perpendicolarmente alla direzione di e
ds quindi la sua direzione cambia quando si integra lungo la linea media da s 0 a sc .
Θ c
Di conseguenza i vari contributi devono essere sommati vettorialmente. A causa
x di questo è più conveniente effettuare tutto il calcolo ricorrendo al “potenziale”
00 00
Figura 7.42 φ del campo di velocità. Riferendosi sempre alla figura 7.42, il contributo dφ al
Sezione dello strato sottile di vortici “potenziale” nel punto (x, y) in base alla tabella 2 è dato da
00 00 00
dΓ γ (s) ds Θ
(dφ)(x, y) = Θ = Θ = γ (s) ds ,
2π 00 2π 00 2π 00
Supponendo che la funzione circolazione (per unità di lunghezza) γ (s) sia stata
00 00
determinata, il campo vettoriale φ fornirà il (contributo al) campo di velocità
indotto dalla distribuzione dei vortici rettilinei lungo il profilo sottile. La velocità
00 00
φ non è però definita nei punti del profilo dato che esso è uno strato sottile di
00 00
u =
singolarità di tipo vorticoso. Attraversando il profilo la velocità indotta _ φ
subisce infatti un salto che può essere determinato nel modo seguente.
3
L’archetto posto sopra la velocità indotta allude alla forma incurvata del profilo e si spera
non sia confuso con il cappuccio usato per indicare un versore.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 331 colore nero Giugno 16, 2006
Cosideriamo uno strato sottile di vortici rettilinei, come mostrato nella figura 7.43.
d`0 Supponiamo di prendere un percorso chiuso di forma rettangolare, molto allungato,
_d
u
di lati ds e d` a cavallo dello strato, per cui |d`| |ds|. Indichiamo con u _d _v
eu
la velocità indotta del fluido in due punti che si trovano dalla parte del dorso e del
ds
ventre del profilo, e molto vicini ad esso. La circolazione lungo il perimetro del
_v
u rettangolo è data solo dal vortice elementare che interseca il rettangolo, per cui
Figura 7.43 Salto della componente I
tangenziale della velocità indotta da dΓ = γ (s) ds = _ u (s 0 ) (s 0 ) ds 0
uno strato sottile di vortici rettilinei, v 0 _d d 0 _d d 0 _s s
attraverso lo strato = _v
u ds + u d` + u ds + u d`0 ,
dove l’indice superiore v indica il ventre, il primo indice d significa destra, il secondo
indice d sta per dorso e l’indice s sta per sinistra. Data la forma molto schiacciata
del rettangolo, abbiamo
v 0 _d d 0 0 v _ d
γ (s) ds = _v
u ds + u ds = _v u − _d
u ds = _ u τ − u τ ds,
essendo d = − v = − , dove il pedice τ denota la componente tangente al
profilo. Da ciò segue immediatamente
γ (s) = _
u τv (s) − _
u τd (s),
In realtà, si constata invece che a ogni angolo d’incidenza del profilo corrisponde
un valore determinato di Γ . La ragione di questo va ricercata nel fatto che
l’approssimazione di fluido non viscoso è un modello che trascura un aspetto fisico
fondamentale del fenomeno fluidodinamico. Per renderci conto di ci ò, consideri-
amo un profilo in una corrente esterna uniforme, posto a incidenza, e tracciamo
le linee di una corrente incomprimibile irrotazionale stazionaria con circolazione
nulla attorno al profilo. I punti di ristagno sulla superficie del profilo si dispon-
gono uno sul ventre (nella zona anteriore) del profilo e uno sul dorso (nella zona
Figura 7.44 Correnti irrotazionali posteriore), come mostrato nel disegno in alto della figura 7.44. Se esaminiamo
attorno a un profilo. Sopra: senza le traiettorie delle particelle di fluido che passano vicino alla parete sul dorso del
circolazione. Sotto: con circolazione profilo, osserviamo che esse sono regolari. Al contrario, le traiettorie che stanno
che soddisfa la condizione di Kutta. sotto il profilo e sono vicine alla sua superficie hanno un andamento pi ù irregolare.
Infatti, tanto più la traiettoria è vicina alla parete, tanto più deve seguire
l’andamento della forma del profilo, anche nella zona del bordo di uscita che ha uno
spigolo appuntito, con un angolo piccolo. Seguendo tale spigolo, le traiettorie pi ù
vicine al profilo devono girare intorno al bordo d’uscita e tornare indietro rispetto
alla direzione della corrente esterna, andando verso il punto di ristagno sul dorso
del profilo. Data la forma acuminata del bordo d’uscita, queste traiettorie devono
addensarsi nella zona di inversione. In effetti si può dimostrare che la corrente
senza circolazione attorno a uno spigolo convesso come quello di un bordo d’uscita
presenta una singolarità nel punto angoloso in cui la velocità tende all’infinito.
Consideriamo allora l’andamento della velocità sul ventre del profilo. A partire dal
primo punto di ristagno (inferiore), in cui è nulla, la velocità dovrà aumentare fino
all’infinito in corrispondenza del punto angoloso per poi diminuire di nuovo fino a
zero nel secondo punto di ristagno (superiore).
Ci sono molti motivi per cui ciò non è fisicamente accettabile. Restando
nell’ambito del modello di corrente incomprimibile, nel quale la termodinamica è
stata esclusa completamente a causa del vincolo di divergenza nulla della velocità,
osserviamo che le grandi variazioni della velocità su distanze molto piccole vicino
allo spigolo e la brusca decelerazione nella zona superiore del bordo d’uscita non
permettono più di considerare trascurabili gli effetti causati dalla viscosità del fluido.
Nella corrente reale si scopre infatti che la corrente stazionaria assume l’andamento
mostrato nel disegno in basso della figura 7.44. Il punto di ristagno sul dorso si
sposta fino a coincidere con il punto angoloso dello spigolo. La corrente risultante
da questo aggiustamento causato dagli effetti viscosi ha una componente circolatoria
in senso orario e quindi avrà un valore Γ < 0 ben preciso.
Questo passaggio dalla corrente senza circolazione a quella con circolazione
caratterizzato dalla posizione del punto di ristagno posteriore sullo spigolo del
bordo d’uscita è illustrato forse meglio se si esamina il problema di una lamina
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 333 colore nero Giugno 16, 2006
piana posta a incidenza, vedi figura 7.45. Si noti che nella corrente con circolazione
rappresentata nel disegno in basso la linea di corrente è regolare nella zona del
bordo d’uscita ed è parallela alla lamina. La presenza della circolazione lascia
comunque una singolarità nel campo di velocità nel bordo di attacco. Da ciò deriva
l’esigenza che il bordo d’attacco dei profili alari (per le correnti incomprimibili) sia
arrotondato affinché la velocità possa essere regolare in tutto il campo di moto.
La figura 7.46 mostra il campo di velocità della soluzione esatta attorno a una
Figura 7.45 Correnti irrotazionali lamina piana, larga c = 2, posta in una corrente incomprimibile inviscida, uniforme
attorno a una lamina piana posta a a grande distanza e diretta con un angolo d’incidenza α = 39 ◦ rispetto alla lamina.
incidenza. Sopra: senza circolazione. La circolazione attorno ad essa è nulla e si riconoscono due punti di ristagno, sulle
Sotto: con circolazione per soddisfare due faccie della llamina. In prossimità dei sui estremi il fluido accelera e in effetti
la condizione di Kutta. si raggiungono velocità molto grandi nei punti molto vicini agli estremi.
In altre parole, il punto spigoloso di un bordo d’uscita con angolo finito deve essere
un punto di ristagno.
Nel caso di un bordo d‘uscita a forma di cuspide, le due normali sul dorso
e sul ventre sono antiparallele e quindi le componenti tangenti della velocità sul
ventre e sul dorso possono essere non nulle. In base alla condizione di Kutta,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 335 colore nero Giugno 16, 2006
queste velocità devono solo essere finite ma potrebbero avere anche valori diversi.
D’altra parte, un’eventuale discontinuità della velocità nel bordo d’uscita e lungo la
linea di corrente che esce da esso comporterebbe, per il teorema di Bernoulli, che
la pressione assuma due valori differenti nei punti di discontinuità della velocità.
Questo è evidentemente impossibilie, per cui, nel caso di bordo d’uscita a forma di
cuspide la velocità tangente deve essere finita e deve assumere lo stesso valore sul
dorso e sul ventre del profilo, ovverosia:
u dτ (b.u.) = u vτ (b.u.) bordo d0 uscita a forma di cuspide,
dove il pedice τ denota la componente tangente alla superficie del profilo. Pertanto,
la linea di corrente che parte da un bordo d’uscita a forma di cuspide ha la stessa
direzione della tangente al profilo ma l’estremo del bordo d’uscita pu ò anche non
essere un punto di ristagno.
L’ultimo caso riguarda un profilo sottile per il quale può essere introdotta una
distribuzione di circolazione γ (s) per unità di lunghezza lungo il profilo, come visto
nel paragrafo precedente. Dato che la funzione γ (s) rappresenta il salto attraverso
il profilo della componente tangente della velocità, la condizione di Kutta relativa
al bordo d’uscita a forma di cuspide diventa
γ (b.u.) = 0, profilo sottile.
Possiamo pertanto riassumere i tre casi possibili della condizione di Kutta nel modo
seguente:
u(b.u.) = 0, angolo finito
condizione di Kutta = u dτ (b.u.) = u vτ (b.u.), cuspide
γ (b.u.) = 0, profilo sottile
n̂(s)
ylm (x)
β(x)
x x
Figura 7.49 Componente della β(x) − α
U sin(β − α)
velocità esterna U normale alla linea
α U
media nel punto (x, ylm (x))
La velocità u del fluido in ogni punto del campo di moto sarà espressa come
u(r) = U + _
u (r)
dove _
u (r) rappresenta il contributo alla velocità indotto dalla distribuzione di vortici
lungo il profilo sottile. La condizione che la linea media sia una linea di corrente si
scrive imponendo l’annullamento della componente di u normale al profilo, ovvero:
n̂(s) u| ylm = n̂(s) U+_
u | ylm = 0, s0 ≤ s ≤ sc ,
dove n̂(s) indica il versore normale alla linea media nel punto s. La variabile s
rappresenta, come si è detto, la coordinata curvilinea lunghezza d’arco della linea
media. Scrivendo U = U ˆ , dove ˆ denota il versore della direzione della velocità
U avente angolo d’incidenza α, l’equazione precedente equivale a
U n̂(s) ˆ + n̂(s) _
u | ylm = 0, s0 ≤ s ≤ sc .
Un = n̂ U = U n̂ ˆ = U coshn̂, ˆ i
= U cos π2 + β − α = −U sin(β − α).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 337 colore nero Giugno 16, 2006
Teniamo ora conto esplicitamente che l’angolo β dipende dall’ascissa x e che la sua
tangente è la derivata di ylm (x). La componente Un (x) della velocità U normale
alla linea media nel punto (x, ylm (x)) è allora data da
Un (x) = −U sin[β(x) − α]
−1 dylm (x)
= −U sin tan −α .
dx
u | ylm = n̂(s) _
n̂(s) _ u (x, ylm (x)),
dylm (x)
−U sin tan−1 − α + n̂(s) _
u (x, ylm (x)) = 0, 0 ≤ x ≤ c.
dx
Dobbiamo ora esprimere la velocità indotta _ u in tutti i punti del profilo in termini
della incognita γ (s). È qui che interviene l’ipotesi di approssimare la linea media
con la corda del profilo. Sotto questa condizione, la componente normale della ve-
u n (s) ≡ n̂(s) _lm
locità indotta, _lm u (s), può essere approssimata con la componente
verticale v (s) ≡ ŷ _lm
_lm
u (s) e inoltre questa funzione può essere calcolata lungo
y la corda invece che lungo il profilo, ottenendo _ v (x, 0) ≡ ŷ _ u (x, 0). Notiamo che
la riduzione a calcolare le funzioni sulla corda invece che sul profilo è possibile
in quanto stiamo considerando la componente normale che è continua attraverso il
γ (ξ ) dξ profilo sottile.
_
dv (x) A questo punto possiamo valutare facilmente la funzione _ v (x) = _ v (x, 0)
considerando il suo contributo elementare dovuto a un vortice posto lungo la corda
dξ nel punto x = ξ e d’intensità infinitesima γ (ξ ) dξ , come mostrato in figura 7.50,
ξ x
Figura 7.50 Contributo alla 1 γ (ξ ) dξ
componente verticale _ v (x) della
_
dv (x) = .
2π x − ξ
velocità indotta dal vortice elementare
di intensità γ (ξ ) dξ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 338 colore nero Giugno 16, 2006
dove è stata aggiunta la condizione di Kutta che rende il problema completo, ossia
con un’unica soluzione (vedi più avanti).
L’equazione trovata si chiama equazione dei profili sottili di Prandtl. Essa è
un’equazione integrale per la funzione incognita γα (x), 0 ≤ x ≤ c. L’equazione
rappresenta una relazione che deve essere soddisfatta per ogni valore di x che
varia nell’intervallo [0, c]: per questa ragione essa determina i valori della variabile
incognita γα per tutti i valori di x in quell’intervallo. Notiamo che si tratta comunque
di un’equazione lineare. Nell’ambito della teoria delle equazioni di tipo integrale
l’equazione di Prandtl costituisce un’equazione di Fredholm di prima specie.
La soluzione del problema di Prandtl dipende dall’angolo d’incidenza α e
dalla forma della linea media del profilo che è descritta dalla funzione ylm (x),
0 ≤ x ≤ c. L’angolo d’incidenza e il termine con la derivata della linea media
sono scritti nel membro di destra poiché assieme costituiscono il termine noto
dell’equazione. La variabile x che compare nell’equazione integrale è la coordinata
lungo l’asse x e ha quindi la dimensione di una lunghezza, come la corda c. Tuttavia,
la presenza di rapporti fra lunghezze nella frazione dell’integrale e nella derivata
della funzione della linea media permette anche di interpretare x come variabile
adimensionale rispetto alla lunghezza c della corda, con intervallo d’integrazione
[0, 1], a condizioneRdi prendere anche la funzione ylm (x) in forma adimensionale,
sempre rispetto a c .
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e che rappresenta la componente verticale della velocità del fluido sulla superficie
del profilo. Il problema di Prandtl della teoria dei profili sottili si scrive allora pi ù
semplicemente come
Z c
1 γ (ξ ) dξ
− = −ν(x), γ (c) = 0,
2π 0 x − ξ
1
√
(c − x)x
è soluzione della versione omogenea (cioè con termine noto nullo) dell’equazione
integrale di Prandtl sostituendo la funzione in essa e verificando che sia
Z c
dξ
− √ =0
0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ
per ogni x ∈ [0, c]. Infatti, la funzione integranda coinvolta ha una primitiva
esprimibile in forma chiusa, ovvero risulta essere
Z
dξ
− √ = Q(x, ξ ) + C,
(x − ξ ) (c − ξ )ξ
dove
c(x+ξ )−2xξ √
√ + 2 (c − ξ )ξ
1 (c−x)x
Q(x, ξ ) = √ ln
(c − x)x |x − ξ |
per ogni x e ξ ∈ [0, c], come si può verificare derivando questa funzione rispetto a
ξ . Si può poi calcolare l’integrale contenente la singolarità mediante il limite
Z c
dξ
− √
0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ
Z x− Z c
dξ dξ
≡ lim+ √ + √ ,
→0 0 (x − ξ ) (c − ξ )ξ x+ (x − ξ ) (c − ξ )ξ
Z cr
x
ΓK = −2 ν(x) dx.
0 c−x
dove la soluzione è stata scritta come γK (x) per sottolineare che essa soddisfa la
condizione di Kutta.
1 + cos θ
γ̂α (θ) = −2U α (profilo sottile piatto).
sin θ
ricavata nell’appendice H.
Infatti, sostituendo l’espressione della soluzione nell’integrale del membro di
sinistra dell’equazione, si ottiene, a meno di un fattore −2U α,
Z π Z π Z π
(1 + cos ϕ) dϕ dϕ cos ϕ dϕ
= + = 0 + π = π,
0 cos ϕ − cos θ 0 cos ϕ − cos θ 0 cos ϕ − cos θ
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dove si è usata la precedente formula dell’integrale definito per i due casi particolari
n = 0 e n = 1. Tenendo conto del fattore −2U α, si vede che l’equazione integrale
è identicamente soddisfatta per ogni θ appartenente all’intervallo [0, π].
Nel bordo di uscita, ossia per θ = π, questa soluzione fornisce
1 + cos π 1−1
γ̂α (π) = −2U α = −2U α ,
sin π 0
per cui la soluzione è regolare e soddisfa la condizione di Kutta per un profilo sottile.
Viceversa, nel bordo di attacco, ossia per θ = 0, si può osservare che la soluzione
è singolare, tranne quando α = 0, dato che
1 + cos 0 2
γ̂α (0) = −2U α = −2U α .
sin 0 0
Questa singolarità è dovuta alla forma a punta del bordo di attacco e, nel caso di un
profilo non simmetrico, anche con spessore, potrà essere eliminata per un particolare
valore dell’angolo d’incidenza che dipende dalla forma della linea media, come sarà
mostrato nel paragrafo 7.11. La soluzione per l’incognita originaria si determina
ricorrendo alla trasformazione inversa θ = θ(x) = cos−1 (1 − 2x/c). Un semplice
calcolo permette di ottenere la funzione
r r
1 + cos θ(x) 1 − x/c x . x c
=r = 1− = − 1,
sin θ(x) x x c c x
1−
c c
che è mostrata nella figura 7.52. L’espressione della circolazione locale per il
problema del profilo piatto è quindi
r
c
γα (x) = γ̂α (θ(x)) = −2U α −1 (profilo sottile piatto).
x
5.0
4.0
3.0
2.0
1.0
Figura 7.52 Equazione integrale di
Prandtl per un profilo sottile
p piatto: 1.0 x/c
grafico della funzione xc − 1
P(r) − P∞
= − 12 |u(r)|2 − U 2 .
ρ
D’altra parte, la velocità sulle due facce del profilo piatto è data da
∆P(x) n 2 2 o
= 12 U cos α − 12 γα (x) − U cos α + 12 γα (x)
ρ
= 12 − U cos α γα (x) − U cos α γα (x) = −U cos α γα (x).
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La spinta è quindi diretta verso l’alto. Inoltre, il carico è concentrato verso il bordo
di attacco e diventa infinito per x → 0. L’elevato gradiente della pressione vicino al
bordo di attacco causerà la separazione della corrente quando l’angolo d’incidenza
aumenta. Cionondimeno, la pressione relativa al profilo sottile piatto fornisce la
portanza di qualunque profilo simmetrico dal momento che la distribuzione dello
spessore del profilo non influenza la componente non simmetrica della soluzione,
che è quella responsabile della portanza e del momento delle forze aerodinamiche.
Integrando il salto ∆P(x) su tutto il profilo si ottiene la portanza:
Z c Z cr
c
`(α) = ∆P(x) dx = 2ρ U 2 α − 1 dx.
0 0 x
Per calcolare l’integrale è necessario conoscere il seguente integrale indefinito:
Z √ p
(c − x)x c 2x
dx = (c − x)x + sin−1 − 1 + C,
x 2 c
da cui si ottiene facilmente l’integrale definito
Z cr Z c√
c (c − x)x cπ
− 1 dx = dx = .
0 x 0 x 2
Risulta pertanto
`(α) = ρU 2 cπα.
Coefficienti aerodinamici
Siamo ora in grado di determinare il coefficiente di portanza per il profilo sot-
tile piatto. Per prima cosa si determina la circolazione totale dovuta all’intera
distribuzione di vortici, dal bordo di attacco al bordo d’uscita, che è data da
Z c
Γ (α) = γα (x) dx,
0
ovvero, in termini della variabile trasformata θ,
Z Z π
c π
Γ (α) = γ̂α (θ) sin θ dθ = −cU α (1 + cos θ) dθ
2 0 0
= −U cπα.
Questo valore corrisponde all’approssimazione per angoli piccoli della circolazione
ΓK = −U cπ sin α della soluzione esatta relativa alla corrente attorno a una lamina
piana presentata nel paragrafo 7.7. Ribadiamo che la circolazione Γ (α) corrisponde
a soddisfare la condizione di Kutta (per ogni d’incidenza) e che ora e nel seguito si
omette il pedice K solo per non appesantire la notazione.
Sostituendo la circolazione trovata Γ (α) nel teorema della portanza di Kutta–
Vedi paragrafo 7.4. Joukowski, ` = −ρU Γ , dove ` indica la portanza per unità di lunghezza in apertura,
si ottiene il valore di questa grandezza quando l’angolo d’incidenza è α:
`(α) = −ρU [−Ucπα] = ρU 2 cπα,
come si è già ricavato dall’integrazione del salto di pressione. È conveniente intro-
durre la versione adimensionale della portanza, chiamata coefficiente di portanza,
che si indica con c` e che è definita dal rapporto
`
c` = 1 2c
.
2
ρU
L’uso della lettera minuscola ricorda che il coefficiente è relativo a una sezione 2D
di un problema attorno a un corpo cilindrico. Il coefficiente di portanza del profilo
sottile piatto posto a incidenza α è allora
c` (α) = 2πα,
c`
2.0
1.6
1.2
0.8
0.4
α (gradi)
−32 −24 −16 −8 8 16 24 32 40
−0.4
−0.8
Figura 7.53 Coefficiente di portanza
−1.2
di un profilo piatto o simmetrico
Calcoliamo infine il momento delle forze agenti sul profilo scegliendo come punto
di riferimento il punto di attacco della linea media. Consideriamo l’elemento di
vorticità di intensità γα (x) dx che si trova alla distanza x dal bordo di attacco. La
circolazione elementare associata a questo elemento è dΓ = γα (x) dx e fornisce
un contributo alla portanza pari a d` = −ρU dΓ = −ρU γα (x) dx. A sua volta
questo elemento di portanza provoca una contributo dτ al momento della forza
rispetto al bordo di attacco dato da dτ = x d` = −ρU xγα (x) dx. Il momento
totale, rispetto al bordo di attacco, delle forze aerodinamiche agenti sul profilo piatto
posto a incidenza α sarà
Z c Z c
τ b.a. (α) = dτ = −ρU xγα (x) dx.
0 0
È infine utile avere una versione adimensionale del momento delle forze τ b.a. (α).
Si introduce allora il coefficiente del momento delle forze, definito dal rapporto
τ b.a.
cmom, b.a. = 1
.
2
ρU 2 c2
Per il profilo sottile piatto posto a incidenza α il valore del coefficiente del momento
delle forze è
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π
cmom, b.a. (α) = α.
2
Osserviamo ora che entrambi i coefficienti di portanza e del momento delle forze
sono proporzionali all’angolo d’incidenza α. Inoltre, si vede che vale la relazione
cmom, b.a. (α) = c` (α)/4. È immediato ricavare la relazione che esprime il coef-
ficiente del momento delle forze cmom, X valutato rispetto a un punto X lungo la
corda, in funzione di quello valutato rispetto al bordo di attacco:
X
cmom, X = cmom, b.a. − c ,
c `
dove c indica la lunghezza della corda del profilo. Mediante questa relazione
possiamo valutare il momento rispetto al punto x = c/4 a un quarto di corda al
bordo di attacco, ottenendo
che contiene una serie infinita di termini, ciascuno funzione della variabile trasfor-
mata θ. Il primo termine ha una forma simile alla soluzione del profilo piatto ma
con un coefficiente A 0 (α) da determinare, mentre gli altri termini costituiscono una
serie di Fourier di soli seni con coefficienti A n , n = 1, 2, . . . , anch’essi da deter-
minare. Tutti questi coefficienti dipendono dalla forma della linea media, tramite
la funzione dylm (x)/dx, ma il primo dipende anche dall’angolo d’incidenza α. Co-
munque, in ogni caso la condizione di Kutta per un profilo sottile γ̂ α (π) = 0 risulta
soddisfatta, per quanto visto nel caso di profilo piatto e dato che sin(nπ) = 0 per
qualunque n intero.
Nel bordo di attacco θ = 0 si ha invece γ̂α (θ) → ∞ per qualunque valore di α
tranne, al più, un valore di α per il quale sia A 0 (α) = 0. Questo angolo particolare
d’incidenza per cui non si ha la singolarità nel bordo di attacco si chiama angolo di
Theodorsen e si indica con αTh : esso è definito dalla condizione
A0 (αTh ) = 0.
Calcolando gli integrali definiti per mezzo delle due formule introdotte in prece-
denza, questa relazione diventa
X
∞
dylm (x(θ))
A0 (α) − An cos(nθ) = α − ,
n=1
dx
ovvero
dylm (x(θ)) X∞
= α − A0 (α) + An cos(nθ).
dx n=1
Osserviamo che questa espressione è una serie di Fourier di soli coseni. Più
precisamente, data una funzione f (θ), definita nell’intervallo 0 ≤ θ ≤ π, la sua
rappresentazione come serie di coseni avrà la forma
X
∞
f (θ) = f0 + f n cos(nθ),
n=1
dove
Z π
1
f0 = f (θ) dθ,
π 0
Z π
2
fn = f (θ) cos(nθ) dθ, per n = 1, 2, . . .
π 0
I valori di questi integrali dipendono dalla funzione dylm (x)/dx che rappresenta la
pendenza della linea media. Si noti che la dipendenza dall’angolo d’incidenza α
del profilo influisce solo sul valore del primo coefficiente A 0 (α).
Nota la forma assunta dal coefficiente A 0 (α), possiamo determinare il valore
dell’angolo di Theodorsen αTh ponendo, come detto, A 0 (αTh ) = 0, da cui si ricava
immediatamente
Z Z
1 π dylm (x(θ)) 1 c dylm (x) dx
αTh = dθ = √ .
π 0 dx π 0 dx (c − x)x
Coefficienti aerodinamici
Consideriamo ora le espressioni dei coefficienti aerodinamici per il profilo sottile
con curvatura. La circolazione totale dovuta all’intera dstribuzione di vortici dal
bordo di attacco al bordo d’uscita è
Z c Z
c π
Γ (α) = γα (x) dx = γ̂α (θ) sin θ dθ.
0 2 0
Rπ Rπ
Ma il primo integrale è ovvio, 0 (1 + cos θ) dθ = 0 dθ = π e gli altri sono tutti
nulli tranne il primo per la relazione di ortogonalità
Z (
π
π π 1 per n = 1,
sin(nθ) sin θ dθ = δn,1 =
0 2 2 0 per n 6= 1,
A0 (α`=0 ) + 12 A1 = 0.
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c`
2.0
1.6
1.2
0.8
0.4
α (gradi)
−32 −24 −16 −8 8 16 24 32 40
−0.4
−0.8
Figura 7.55 Coefficiente di
−1.2
portanza di un profilo con curvatura
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dc` (α)
= 2π rad−1 = 0.11 gradi−1 ,
dα
a seconda che α sia espresso in radianti o in gradi.
Il coefficiente del momento delle forze, rispetto al suo bordo di attacco, agenti
su un profilo sottile con curvatura posto a incidenza α si calcola nello stesso modo
del caso piatto. Il momento totale delle forze aerodinamiche agenti sulla linea
media del profilo curvo è
Z c Z c
τ b.a. (α) = dτ = −ρU xγα (x) dx
0 0
Z π
ρU c2
=− (1 − cos θ) sin θ γ̂α (θ) dθ.
4 0
Sostituendo l’espressione della soluzione γ̂α (θ) relativa al profilo sottile curvo, si
ha
Z
ρU 2 c2 π 1 + cos θ X ∞
τ b.a. (α) = (1−cos θ) sin θ A0 (α) + An sin(nθ) dθ,
2 0 sin θ n=1
Il primo integrale vale π/2 mentre il secondo si scompone nel modo seguente:
Z π
(1 − cos θ) sin θ sin(nθ) dθ
0
Z π Z π
1 π π
= sin θ sin(nθ) dθ − sin(2θ) sin(nθ) dθ = δn,1 − δn,2 ,
0 2 0 2 4
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c` (α) π
cmom, b.a. (α) = + (A1 − A2 ),
4 4
che, per A1 = A2 = 0, si riduce al risultato del profilo piatto.
Per determinare il coefficiente del momento delle forze rispetto a qualunque
punto appartenente alla corda è necessaria una relazione che leghi il momento delle
forze valutato rispetto a punti diversi. In base alla definizione, il momento delle
forze rispetto a un punto X fisso sulla corda è sprimibile come
Z c Z c Z c
τ X = −ρU (x − X)γα (x) dx = −ρU xγα (x) dx − X γα (x) dx
0 0 0
Z c Z c
= −ρU xγα (x) dx + XρU γα (x) dx = τb.a. − X`,
0 0
Z c
(x − x c.a. ) γα (x) dx = costante.
0
c.a. Per il profilo sottile con curvatura abbiamo x c.a. = c/4, come mostrato in figura 7.56,
x
0 c c e pertanto scriveremo
4
U
π
cmom, c.a.=c/4 = (A1 − A2 ).
Figura 7.56 Posizione del centro 4
aerodinamico lungo la corda di un
profilo sottile curvo La posizione x c.p. del centro delle pressioni si può calcolare uguagliando a cmom, b.a.
il momento di c` rispetto alla distanza adimensionale x c.p. /c, da cui:
c π(A1 − A2 ) c A1 − A2
x c.p. (α) = 1+ = 1+ .
4 c` (α) 4 2(α − α`=0 )
Pertanto la posizione del centro delle pressioni di un profilo con curvatura dipende
dal coefficiente di portanza. Quando l’angolo d’incidenza varia, anche il coefficiente
di portanza varia e il centro delle pressioni x c.p. si sposta: in particolare, quando
la portanza tende a zero, x c.p. (α) si allontana dal profilo e tende all’infinito. Per
questo motivo il centro delle pressioni non è sempre il punto più adatto dove porre
il sistema delle forze agenti su un profilo alare.
Per concludere il nostro studio della soluzione dell’equazione integrale di
Prandtl riportiamo nella tabella 5 i risultati aerodinamici ottenuti nei due casi di
profilo sottile piatto e con curvatura.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 357 colore nero Giugno 16, 2006
Tabella 5. Profili sottili a incidenza α piccola: θ = θ(x) = cos−1 1 − 2x
c .
P∞
γ̂α (θ) −2U α 1+cos θ
sin θ −2U A0 (α) 1+cos θ
sin θ + n=1 An sin(nθ)
dc` (α)
dα 2π 1
rad = 0.11 grado
1
2π 1
rad = 0.11 grado
1
A1 A2
cmom, b.a. (α) π
2 α π
2 α − α`=0 + 2 − 2
cmom, c.a.=c/4 0 π
4 [A 1 − A2 ]
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 358 colore nero Giugno 16, 2006
θ −→ X = − cos θ,
dX dX dX
dθ = =√ =√ .
sin θ 1 − cos2 θ 1 − X2
Z 1
f (X) d X π XK
√ = f (X k ).
−1 1 − X2 K k=1
La stessa espressione senza il coseno vale per l’integrale del primo coefficiente
A0 (α), ovverosia
1 XK
dylm 1
(1 + Xk)
A0 (α) = α − 2
.
K k=1 dx
P(R) − P∞
c P (R) = 1 2
2 ρU
sul dorso e sul ventre del profilo, consideriamo la sua espressione, che consegue dal
teorema di Bernoulli,
|u(R)|2
c P (R) = 1 − .
U2
[u d,v (x)]2
cd,v
P (x) = 1 − .
U2
[u d,v (x i )]2
cd,v
P (x i ) = 1 − .
U2
Come già visto per la corrente simmetrica attorno a un profilo con spessore, il
valore massimo assunto da c P è 1 e si verifica nel punto di ristagno. Nel caso qui
considerato, tranne che per un’incidenza pari all’angolo di Theodorsen, nel bordo
di attacco il valore di c P tende a −∞ a causa del contributo divergente dovuto alla
linea media.
La rappresentazione più diffusa dell’andamento della pressione sui profili alari
è fatta invertendo il verso dell’asse della pressione. In questo modo la parte superiore
del grafico corrisponde alla pressione sul dorso mentre la parte inferiore al ventre.
Un tipico andamento della distribuzione della pressione sul dorso e sul ventre
di un profilo NACA 23012 posto a incidenza di 9◦ è mostrato nella figura 7.58, dove
è fornito il confronto fra i risultati sperimentali e l’andamento previsto dalla teoria
dei profili sottili. Nella figura 7.59 i risultati ottenuti in una seconda misura sono
confrontati con la medesima soluzione teorica.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 7 – pagina 362 colore nero Giugno 16, 2006
−4
Upper surface computed cp
−3.5 lower surface computed cp
Upper surface real cp
−3
lower surface real cp
−2.5
−2
−1.5
Cp
−1
−0.5
−2
−1.5
Cp
−1
−0.5
365
CAPITOLO 8
Correnti aerodinamiche:
ali di apertura finita
Introduzione Nel capitolo precedente abbiamo sviluppato la teoria dei profili
alari considerando l’ala come un cilindro di lunghezza infinita, con sezione nor-
male all’asse avente la forma di profilo alare, investito da una corrente esterna
uniforme diretta perpendicolarmente al suo asse. La geometria del problema e le
condizioni al contorno hanno permesso di considerare la corrente bidimensionale.
In realtà la superficie portante di qualunque velivolo è di lunghezza finita e quindi la
corrente attorno a essa è necessariamente tridimensionale. Di conseguenza dobbi-
amo analizzare se e in quale modo la teoria dei profili sottili sviluppata nel capitolo
precedente può essere estesa per tenere conto di questo aspetto.
L’analisi che presentiamo si basa sulla trattazione dei paragrafi iniziali del capi-
tolo 5 di due testi classici: John D. Anderson Fundamentals of Aerodynamics, Third
Edition, McGraw-Hill, New York, 2001 e John N. Newman Marine Hydrodynamics,
Fourth Printing, MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 1982.
Per una visione rigorosa e moderna della teoria della linea portante si rimanda
all’articolo di Jean-Luc Guermond “A generalized lifting-line theory for curved and
swept wings”, Journal of Fluid Mechanics, 211, p. 497–513, 1990. La versione
instazionaria della teoria è trattata nel lavoro di Jean-Luc Guermond e Antoine
Sellier “A unified unsteady lifting-line theory”, Journal of Fluid Mechanics, 229,
p. 427–451, 1991.
z c(z)
x
Figura 8.1 Sistema di riferimento e
pianta di un’ala di apertura finita
Ai fini della nostra teoria, la forma dell’ala può essere caratterizzata indicando tre
sole funzioni della coordinata z che percorre l’ala nel senso della sua apertura.
Supponiamo di indicare con b l’apertura dell’ala, per cui avremo − b2 ≤ z ≤ b2 .
Allora, la pianta dell’ala sarà data dalla funzione, solitamente simmetrica1 ,
che specifica la lunghezza c(z) della corda del profilo in ogni sezione z dell’ala.
L’area della superficie dell’ala è allora data dall’integrale seguente
Z b/2
S= c(z) dz.
−b/2
b2
Rf = ,
S
Il rapporto di forma è una misura importante degli effetti tridimensionali. Per ele-
vati allungamenti i profili alari, lontano dalle estremità dell’ala, lavorano sostanzial-
mente come nel caso bidimensionale. Per bassi allungamenti, invece, il compor-
tamento dell’ala è dominato da fenomeni tridimensionali e non può essere trattato
con la teoria semplificata sviluppata in questo capitolo.
Le ali possono poi avere uno svergolamento geometrico consistente in una
variazione dell’angolo d’incidenza α(z) della corda del profilo nelle varie sezioni z
dell’ala: questa caratteristica geometrica è descritta dalla funzione
che fornisce l’angolo di svergolamento della corda del profilo di ogni sezione in
funzione della sua distanza z dal piano mediano dell’ala. Questa funzione è quasi
sempre simmetrica (un’eccezione è, ad esempio, il boomerang). Per un’ala piatta
si avrà α(z) = 0.
Infine, le ali di molti aeroplani moderni hanno sezioni con profili alari di-
versi lungo l’apertura e questo provoca valori diversi di α`=0 nelle diverse sezioni
dell’ala2 . Questo aspetto è indicato con il nome di svergolamento aerodinamico
dell’ala ed è rappresentato da una terza funzione, sempre simmetrica,
ottenuta risolvendo i problemi bidimensionali della teoria dei profili sottili che è
necessaria per la teoria tridimensionale, nota con il nome di teoria della linea
portante di Prandtl e Lanchester.
Come ultima osservazione riguardante la pianta di un’ala, osserviamo che
l’angolo formato dalla linea congiungente i centri aerodinamici dei profili che
costituiscono l’ala con l’asse z è un parametro importante per determinare le carat-
teristiche aerodinamiche dell’ala stessa e viene detto angolo di freccia, che pu ò
essere funzione dell’apertura e viene indicato con la funzione β(z). Per semplicità,
in questo capitolo considereremo solo ali con freccia nulla.
Come nello studio dei profili sottili sviluppato nel capitolo precedente, anche
l’analisi delle correnti attorno a un’ala finita che sarà svolta in questo capitolo si
basa sull’ipotesi che la direzione della corrente incidente formi un angolo piccolo
rispetto al piano dell’ala e che gli effetti viscosi siano confinati in uno strato sottile
sulla superficie dell’ala.
Il moto del fluido generato nella regione delle estremità alari modificherà la corrente
principale nel senso che la direzione della velocità sul dorso sarà deviata verso la
parte centrale dell’ala (ossia verso l’interno) mentre sul ventre sarà deviata verso
l’esterno, come mostrato nella figura 8.3.
Questo tipo di differenza nella direzione della velocità, ma non nel suo modulo,
è compatibile con la condizione di Kutta nei punti del bordo d’uscita, per cui si
intuisce che, a partire del bordo di uscita dell’ala, può formarsi una superficie di
discontinuità della componente orizzontale della velocità, cioè una scia vorticosa
orizzontale, che è chiamata scia di Prandtl. Un’eventuale sezione di questa super-
ficie, eseguita con un piano perpendicolare alla direzione della velocità asintotica,
metterebbe in evidenza una linea di discontinuità della componente z della velocità
fra la zona superiore e quella inferiore del fluido. La presenza di questa scia in-
fluisce su tutto il campo di moto, modificando le prestazioni dell’ala rispetto alla
situazione ideale dell’ala di apertura infinita. Per cercare di descrivere in maniera
quantitativa e non solo qualitativa il comportamento di un’ala reale occorre per ò
partire da un’analisi più approfondita della corrente tridimensionale in presenza di
un vortice il cui asse esce da una superficie.
Legge di Biot–Savart
Incominciamo a studiare il campo di velocità associato alla presenza di un vor-
tice rettilineo infinito. A tale fine, assumiamo, senza dimostrarla, la relazione che
descrive il contributo al campo di velocità associato a un tratto infinitesimo di
lunghezza dl di un filamento vorticoso, o vortice rettilineo, di circolazione Γ .
Questa relazione è analoga a quella che descrive il contributo al campo magnetico
statico dovuto a un elemento di corrente elettrica stazionaria in un filo rettilineo, e
che è nota come legge di Biot–Savart. Nel caso fluidodinamico questa legge dice
che il contributo elementare du alla velocità indotta da un tratto infinitesimo dl di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 370 colore nero Maggio 31, 2006
Volendo scrivere il campo della velocità del vortice rettilineo infinito in forma
vettoriale, possiamo introdurre il vettore circolazione diretto come l’asse del
(r ˆ ) ˆ
vortice e con intensità uguale alla sua circolazione attorno all’asse. Otteniamo
1 × R̂
u(r) =
r ,
2π R
Figura 8.5 Proiezione del vettore dove R = r − (r ˆ ) ˆ . Questo risultato coincide con il campo di moto del vortice
posizione r nelle direzioni parallela e rettilineo infinito, espresso in coordinate cilindriche, con l’asse z coincidente con
normale all’asse di un vortice rettilineo la direzione dell’asse del vortice.
Per giungere a valutazioni quantitative occorre caratterizzare in maniera pi ù
precisa il comportamento della scia. A questo fine è necessario conoscere alcune
proprietà geometrice fondamentali del campo vettoriale della vorticità.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 371 colore nero Maggio 31, 2006
=
=0
Bla Bla
Supponiamo ora di potere considere la velocità indotta solo da meta di un vortice
rettilineo. Un vortice di questo tipo non può esistere nel fluido in assenza di pareti
solide ma, come vedremo, è invece possibile se l’asse del vortice esce da una parete
solida. Chiameremo convenzionanalmente questo vortice semi-rettilineo semi-
vortice rettilineo. La velocità indotta da un tale semi-vortice risulterebbe essere
metà del valore precedente, ossia, dovremmo poter scrivere
Γ
|u(P)| = (vortice rettilineo semi−infinito).
4π R
A rigore, il contributo elementare della legge di Biot–Savart non può essere interpre-
tato come diretta conseguenza fisica del termine elementare di vorticità = Γ dl.
Ciascun profilo ottenuto da una determinata sezione sarà caratterizzato da una sua
Γ (z) b
− propria portanza `(z) per unità di apertura, come il profilo della sezione mostrata
2 nella figura 8.6. L’integrale di `(z) lungo tutta l’apertura fornirà la portanza totale
L dell’ala finita. Alla portanza locale `(z) corrisponderà, in base al teorema di
b
Kutta–Joukowski, una circolazione locale Γ (z) = − `(z) ρU
anch’essa funzione della
2
distanza z dal piano mediano dell’ala.
x Supponiamo temporaneamente che Γ (z) sia costante e che la corrente attorno
z
all’ala possa essere schematizzata come prodotta da un tratto finito di un vortice
rettilineo disposto lungo l’apertura e di intensità Γ ; ovverosia assumiamo che sia
Γ (z) = Γ = costante, come mostrato nella figura 8.7 a lato, supponendo Γ < 0.
Figura 8.7 Ipotesi provvisoria di Dato che il secondo teorema di Kelvin–Helmholtz stabilisce che un vortice filamen-
circolazione uniforme lungo l’apertura toso (o un tubo di vorticità) deve richiudersi su sè stesso oppure estendersi fino al
di un’ala finita, in condizione portante contorno (parete solida o all’infinito) del campo di moto, è legittimo domandarsi
(Γ < 0) che cosa accade a tale tratto di vortice finito agli estremi dell’ala.
D’altra parte, come abbiamo visto in precedenza analizzando qualitativamente
la corrente attorno all’ala vicino alle sue estremità, il moto del fluido in queste
due zone assume l’aspetto di due semi-vortici rettilinei allineati con la direzione
della velocità esterna, che contribuiscono a formare una scia dietro l’ala. Siccome
questi due vortici ruotano in versi opposti ma sono entrambi coerenti con il verso
della circolazione Γ del vortice associato all’ala, si può descrivere l’insieme come
un unico vortice a forma di U o a ferro di cavallo costituito da tre tratti di vortici
rettilinei, di cui due semi-infiniti e uno di lunghezza finita compreso fra gli altri due,
come mostrato nella figura 8.8.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 373 colore nero Maggio 31, 2006
dvind (z)
b b
Figura 8.9 Schema per il calcolo −z − +z
2 2
della velocità verticale indotta nel punto z
z della linea portante dovuta ai vortici x
di estremità. Nel disegno il verso dei z
due vortici è immaginato positivo ai fini
del calcolo della velocità verticale con
il segno corretto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 374 colore nero Maggio 31, 2006
Il contributo alla velocità in z da parte del vortice con semi-asse uscente dall’estremità
alare z = b/2 è
+ Γ b
vind (z) = , |z| ≤ ,
4π(b/2 − z) 2
mentre il contributo del secondo vortice con semi-asse uscente dall’altra estremità
z = −b/2 è
− Γ b
vind (z) = , |z| ≤ .
4π(b/2 + z) 2
La velocità indotta dai due vortici sarà semplicemente la somma dei due contributi
+ −
appena calcolati, ossia vind (z) = vind (z) + vind (z), per cui otteniamo
Γ b b
vind (z) = , |z| ≤ .
4π b2 /4 − z 2 2
Osserviamo che il segno della velocità indotta è concorde con quello della circo-
lazione. Ad esempio, in condizioni portanti, Γ sarà negativa e la velocità indotta
vind (z) è diretta verso il basso (in inglese è chiamata “downwash”).
In corrispondenza del vortice portante la velocità indotta dalla scia va a som-
marsi con la velocità della corrente indisturbata, modificando la velocità incidente
sull’ala sia in direzione sia in intensità. La velocità risultante lungo il vortice
portante sarà data quindi dalla seguente somma vettoriale:
α
b
U u(z) = U x̂ + vind (z) ẑ |z| ≤ ,
2
per cui il modulo della velocità u(z) che incide effettivamente sull’ala nelle diverse
U α sezioni è dato da
αind
vind q
u b
|u(z)| = U 2 + vind2
(z), |z| ≤ .
2
Figura 8.10 Figura superiore: Consideriamo il triangolo delle velocità nel disegno inferiore della figura 8.10. Se,
angolo d’incidenza per il profilo piatto. in una data stazione in apertura, la velocità indotta è positiva (cioè diretta verso
Figura inferiore: triangolo delle l’alto), l’angolo d’incidenza a cui lavora il relativo profilo aumenta di un angolo
velocità e angolo d’incidenza indotta. αind (z), che è chiamato angolo d’incidenza indotta ed è quindi definito da:
vind (z) b
αind (z) = tan −1
, |z| ≤ .
U 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 375 colore nero Maggio 31, 2006
Come si può vedere, anche l’angolo d’incidenza indotta αind (z) ha lo stesso segno
della velocità indotta vind (z) e quindi anche della circolazione Γ (z). Si ricorda che
α rappresenta l’angolo compreso fra il profilo e la direzione dell’asse x ed è positivo
se antiorario.
Considerando ancora la stessa figura, possiamo allora introdurre l’angolo
d’incidenza effettivo, che si indica con αeff e che è definito da
b
αeff (z) = α(z) + αind (z), |z| ≤ .
2
Notiamo che mentre α(z) rappresenta una funzione nota, la funzione α ind (z), e
quindi anche vind (z), sono invece da determinare.
Supponiamo che Γ1 > Γ2 > 0 e avviciniamo i due vortici fino a far coincidere il
vortice di scia sinistro del primo, che ha intensità Γ1 positiva perché il suo verso è
concorde con quello dell’asse x, con il vortice di scia destro del secondo vortice, di
intensità −Γ2 nella convenzione di segno adottata. Questa operazione ci porta ad
avere un unico vortice portante con circolazione che aumenta bruscamente da Γ 1 a
Γ2 . In corrispondenza dell’aumento della circolazione del vortice portante abbiamo
un vortice di scia di intensità −Γ2 + Γ1 , ottenuto dalla somma algebrica dei vortici
di scia dei due vortici a U considerati, che è negativo per le ipotesi fatte.
dove, come già visto, αind (z) = tan−1 vind (z)/U .
Avendo supposto valida la teoria dei profili sottili, l’angolo d’incidenza geo-
metrica e l’angolo d’incidenza indotta devono essere piccoli. Questo ci consente di
approssimare la tangente di un angolo con l’angolo stesso, per cui scriviamo
e anche di considerare la velocità indotta vind (z) trascurabile rispetto a quella asin-
totica, per cui
|u(z)| ' U.
Γ (z) v (z)
+ ind = −α(z) + α`=0 (z).
πU c(z) U
Rimane ora il problema di determinare la velocità vind (z) indotta dalla scia di
Prandtl. Per fare questo possiamo utilizzare le relazioni viste in precedenza per
i semi-vortici rettilinei. In questo caso un tratto di apertura infinitesima dζ della
scia, in corrispondenza della coordinata z = ζ , si comporterà come un semi-vortice
rettilineo, e darà un contributo alla velocità indotta nel punto z
γscia (ζ ) dζ 1
dvind (z) = − ,
4π z−ζ
dove il segno negativo è dovuto al fatto che il contributo della velocità verticale è di-
retto in senso opposto al verso positivo dell’asse z, come mostrato nella figura 8.13.
Introducendo la relazione fra la derivata della circolazione sul vortice portante e
y la circolazione per unità di apertura nella scia ricavata nel paragrafo precedente, si
ottiene, come mostrato nella figura 8.13,
1 dΓ (ζ ) dζ
dvind (z) = .
ζ x 4π dζ z − ζ
Integrando su tutta l’apertura alare il contributo di ciascun elemento della scia, si
z
ottiene l’espressione della velocità indotta
z dζ
dvind (z) Z b/2
1 dΓ (ζ ) dζ
vind (z) = − .
Figura 8.13 Contributo alla velocità 4π −b/2 dζ z − ζ
indotta dovuta a una circolazione
elementare della scia
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R
Si noti il simbolo di integrazione adottato −. Poiché la funzione integranda ha una
singolarità non integrabile del tipo 1/z, il suo integrale di Riemann non esiste. Del
resto la singolarità non ha luogo nella realtà essendo presente la viscosità a smorzare
le velocità nel nucleo del vortice. Si adotta per questo motivo un’integrazione nel
senso del valore principale secondo Cauchy, per la quale le due aree infinite ma di
segno opposto sottese dalla funzione integranda si cancellano vicendevolmente.
L’espressione integrale di vind (z) può essere sostituita nell’equazione per Γ (z)
per ottenere un’equazione in questa sola incognita
Z b/2
Γ (z) 1 dΓ (ζ ) dζ
+ − = −α(z) + α`=0 (z).
πU c(z) 4πU −b/2 dζ z − ζ
Questa equazione è nota come equazione della teoria della linea portante di
Prandtl–Lanchester. Essa consiste in un legame che deve essere soddisfatto, per ogni
valore di z nell’intervallo [−b/2, b/2],dalla funzione incognita Γ (z) da determinare
nello stesso intervallo. L’equazione è integro-differenziale in quanto sotto il segno
d’integrale compare la derivata della funzione incognita Γ (z). Notiamo che si
devono imporre condizioni supplementari agli estremi dell’intervallo per avere una
soluzione unica, proprio come nel caso dell’equazione integrale per i profili sottili
dove era necessaria la condzione di Kutta. La condizione appropriata dal punto di
vista fisico richiede che la circolazione si annulli alle estremità dell’ala, ovverosia:
Γ (±b/2) = 0.
Come l’equazione integrale della teoria dei profili sottili studiata nel capitolo prece-
dente, anche l’equazione integro-differenziale della teoria della linea portante è
lineare e ha un nucleo debolmente singolare. A causa di questo secondo fatto
l’integrale che compare nell’equazione deve essere inteso nel senso di Cauchy:
il punto singolare ζ = z richiede infatti a considerare separatamente i due in-
Rz R b/2
tegrali −b/2 e z , ed entrambi risultano in generale divergenti. L’operazione
d’integrazione nel senso di Cauchy (indicata dal simbolo col trattino) consiste nel
R z− R b/2
calcolare il limite della somma dei due integrali −b/2 e z+ per → 0+ .
Osservazione La presenza delle due funzioni Γ (z) e c(z) nel primo termine
dell’equazione considerata ha significati molto diversi. La funzione c(z) è una
funzione nota, come le altre due, α(z) e α`=0 (z) che compaiono nel secondo mem-
bro, mentre la funzione Γ (z) è l’incognita dell’equazione integro-differenziale. La
variabile z deve apparire esplicitamente dato che nelle equazioni integrali esiste
sempre una variabile libera.
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ovverosia
Z b/2
τrollio = −ρ U zΓ (z) dz.
−b/2
D’altra parte risulta dind (z) ≈ −`(z) αind (z) = ρ U Γ (z) αind (z), per cui, inte-
grando su tutta l’apertura, si ottiene
Z b/2
τimb = ρ U zΓ (z) αind (z) dz,
−b/2
Z b/2
τimb 2
Cmom, imb = 1
= zΓ (z) αind (z) dz.
ρ U 2 Sb U Sb
2 −b/2
q
2z 2
Γ (z) = Γ0 1 − b
,
Γ (z) `(z)
b b
−
2 2
z
Γ0
che è l’oppost della densità di circolazione γscia (z) ed è mostrata nella figura 8.15.
Figura 8.15 Densità di circolazione Sostituendo la derivata nella definizione della velocità verticale indotta abbiamo
γscia (z) = −dΓ (z)/dz della scia nel Z b/2
Γ0 ζ dζ
caso di distribuzione ellittica della vind (z) = − 2 q 2 .
πb −b/2
circolazione e della portanza in (z − ζ ) 1 − 2ζb
condizioni di corrente portante (Γ0 < 0)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 385 colore nero Maggio 31, 2006
b
z = − cos θ,
2
θ
z b e quindi introdurre la funzione v̂ind (θ) che esprime la velocità verticale indotta in
b
− funzione della nuova variabile θ, in base alla definizione
2 2
Figura 8.16 Cambiamento di v̂ind (θ) = vind (z(θ)) = vind cos−1 − 2zb .
variabili z → θ(z) = cos−1 − 2z b della
coordinata in apertura di un’ala finita La nuova variabile che corrisponde alla variabile di integrazione ζ è indicata con
ϑ, per cui
b b
ζ = − cos ϑ e dζ = sin ϑ dϑ,
2 2
e l’integrale precedente diventa
Z π
Γ0 cos ϑ
v̂ind (θ) = dϑ.
2πb 0 cos ϑ − cos θ
per |z| ≤ b/2, per cui anche l’angolo d’incidenza indotta di un’ala con una portanza
ellittica è uniforme lungo la sua apertura.
Un caso semplice in cui si ha effettivamente la distribuzione ellittica della
portanza si incontra quando l’ala è priva di svergolamento sia geometrico sia aero-
dinamico. In questo caso le due funzioni α(z) e α`=0 (z) sono costanti e anche αind
è costante. Possiamo allora indicare la differenza α(z) − α`=0 (z) come variabile α
e l’equazione integrale nel caso di distribuzione ellittica della circolazione si riduce
a:
q 2
Γ0 1 − 2zb Γ0
+ = −α.
πU c(z) 2U b
Affinché questa equazione possa essere soddisfatta è necessario che anche la corda
abbia una distribuzione elittica in apertura, ossia deve essere
q 2
c(z) = c0 1 − 2zb ,
dove c0 è la corda al centro dell’ala. L’equazione assume allora la forma seguente
Γ0 Γ0
+ = −α
πU c0 2U b
e definisce quindi il valore della circolazione massima per ogni incidenza. Risol-
vendo rispetto a Γ0 si ha
4U b
Γ0 (α) = − α
2 + Rf
b2 b2 4 b
Rf = = π = .
S 4
bc0 π c0
Determiniamo ora il coefficiente di portanza:
Z b/2
2
CL = − Γ (z) dz
U S −b/2
Z q
2Γ0 b/2 2
=− 1 − 2zb dz
U S −b/2
Z
2Γ0 b π 2 πΓ0
= sin θ dθ =
US 2 0 2U Sb
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 387 colore nero Maggio 31, 2006
2π Rf
C L (α) = α.
2 + Rf
4π Rf
C Dind (α) = α2 .
(2 + Rf )2
C L2
C Dind = .
πRf
adottato nel caso di andamento ellittico della portanza e mostrato nella figura 8.16.
Introduciamo quindi l’incognita trasformata, ovvero Γ̂ (θ), funzione della nuova
variable θ, definita da
Γ̂ (θ) = Γ (z(θ)) = Γ cos−1 − 2zb .
b
ζ = − cos ϑ.
2
Il cambiamento di variabili considerato conduce pertanto all’equazione
Z π
Γ̂ (θ) 1 d Γ̂ (ϑ) dϑ
+ − = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ),
πU ĉ(θ) 2πU b 0 dϑ cos ϑ − cos θ
X
∞
Γ̂ (θ) = 2U b Bm sin(mθ),
m=1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 389 colore nero Maggio 31, 2006
d Γ̂ (θ) X∞
= 2U b m Bm cos(mθ).
dθ m=1
Ma gli integrali definiti sono proprio quelli di Glauert, riportati nel precedente
paragrafo e in appendice, per cui l’equazione diventa
2b X ∞ X∞
sin(mθ)
Bm sin(mθ) + m Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ),
π ĉ(θ) m=1 m=1
sin θ
X∞
2b m
+ sin(mθ) Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ).
m=1
π ĉ(θ) sin θ
Questa equazione deve essere soddisfatta in tutto l’intervallo [0, π] in cui sono
definite le tre funzioni ĉ(θ), α̂(θ) e α̂`=0 (θ) che compaiono in essa. Gli infiniti
coefficienti Bm , m = 1, 2, . . . , sono le incognite del problema. Esse compaiono
in modo lineare nell’equazione per cui il problema può essere riguardato come un
sistema di infinite equazioni lineari, una per ogni valore di θ ∈ [0, π], nelle infinite
incognite Bm , m = 1, 2, . . . .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 390 colore nero Maggio 31, 2006
per cui la serie dell’equazione contenente infiniti termini diventa una sommatoria
di soli M termini, ossia,
XM
2b m
+ sin(mθ) Bm = −α̂(θ) + α̂`=0 (θ).
m=1
π ĉ(θ) sin θ
M
X
2b
sin θn + m ĉ(θn ) sin(mθn ) Bm = −α̂(θn ) + α̂`=0 (θn ) ĉ(θn ) sin θn ,
m=1
π
Ab = d,
C L = −π Rf B1 .
Notiamo che, benché C L dipenda solo dal primo coefficiente della serie di Γ̂ (θ),
un valore accurato di C L richiede di risolvere un sistema lineare con un numero M
sufficientemente grande di incognite, Bm , m = 1, 2, . . . , M.
Il calcolo del coefficiente di resistenza indotta è alquanto più elaborato dal
punto di vista dei passaggi analitici, seppur concettualmente analogo al precedente.
Per definizione abbiamo:
Z b/2
Dind 2
C Dind = 1 = `x (z) αind (z) dz
2 ρU S
2 ρU 2 S −b/2
Z b/2
2
= ρU Γ (z) α ind (z) dz
ρU 2 S −b/2
Z π
b
= Γ̂ (θ) α̂ind (θ) sin θ dθ.
US 0
X
∞
sin(mθ)
α̂ind (θ) = m Bm .
m=1
sin θ
πb2 X
∞
C Dind = m Bm2 .
S m=1
X
∞
C Dind = π Rf m Bm2 .
m=1
X∞
Bm 2
δ= m ,
m=2
B1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 394 colore nero Maggio 31, 2006
per cui si ha
C L2
C Dind = (1 + δ) .
π Rf
Z b/2
2
Cmom, rollio = − zΓ (z) dz
U Sb −b/2
Z π Z π
b b
= Γ̂ (θ) cos θ sin θ dθ = Γ̂ (θ) sin(2θ) dθ
2U S 0 4U S 0
Z π X∞
b
= 2U B Bm sin(mθ) sin(2θ) dθ
4U S 0 m=1
Z π
b2 X∞
= Bm sin(mθ) sin(2θ) dθ.
2S m=1 0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 395 colore nero Maggio 31, 2006
Per l’ortogonalità dei coseni, il calcolo degli integrali è immediato e quindi abbiamo
Rf X
∞
π
Cmom, rollio = Bm δm,2 ,
2 m=1 2
Come era lecito attendersi, il momento di rollio è legato ai termini pari della serie
di seni, quelli che corrispondono alle distribuzioni di circolazione, e quindi di
portanza, antisimmetriche rispetto alla mezzeria alare. Un po’ più sorprendente è
che, come nel caso del coefficiente di portanza, il coefficiente di momento di rollio
dipenda solamente dal primo termine pari della serie.
Riguardo il coefficiente del momento di imbardata abbiamo
Z b/2
2
Cmom, imb = zΓ (z) αind (z) dz
U Sb −b/2
Z π
b
=− Γ̂ (θ) α̂ind (θ) cos θ sin θ dθ.
2U S 0
Z π X
∞ X
∞
b2 sin(m 0 θ)
Cmom, imb = − Bm sin(mθ) m 0 Bm 0 sin θ cos θ dθ
S 0 m=1 m 0 =1
sin θ
X
∞ X
∞ Z π
= −Rf Bm m 0 Bm 0 sin(mθ) sin(m 0 θ) cos θ dθ.
m=1 m 0 =1 0
sin(nθ) cos θ = 1
2 sin[(n + 1)θ] + sin[(n − 1)θ] ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 8 – pagina 396 colore nero Maggio 31, 2006
per cui
Z π
sin(mθ) sin(m 0 θ) cos θ dθ
0
Z
1 π
= sin(mθ) sin[(m 0 + 1)θ] + sin[(m 0 − 1)θ] dθ
2 0
Z π Z π
1
= sin(mθ) sin[(m 0 + 1)θ] dθ + sin(mθ) sin[(m 0 − 1)θ] dθ
2 0 0
1 nπ π o π
= δm,m 0 +1 + δm,m 0 −1 = δm,m 0 +1 + δm,m 0 −1 .
2 2 2 4
Pertanto
π X∞
Cmom, imb = − Rf Bm+1 m Bm + Bm−1 m Bm
4 m=1
π X∞
=− Rf m Bm [Bm+1 + Bm−1 ,
4 m=1
π X∞
Cmom, imb = − Rf (2m + 1)Bm Bm+1 .
4 m=1
P∞
αind (z) Γ0 (α)
2U b = − πCRL f m=1 m Bm sin[mθ (z)]
sin θ (z)
L − π4 ρU bΓ0 (α) − π2 ρU 2 b2 B1
bΓ0 (α)
CL − π2 US = 2π Rf
2+Rf α −π Rf B1
4π Rf C L2 C2
C Dind (2+Rf )2
α2 = π Rf
π (1 + δ) Rf B12 = (1 + δ) π RL f
π
Cmom, rollio 0 4
R f B2
P∞
Cmom, imb 0 − π4 Rf m=1 (2m + 1)Bm Bm+1
P∞
Bm 2
Γ0 (α) ≡ − 2+R
4U b
f
α δ≡ m=2 m B1
401
CAPITOLO 9
Correnti comprimibili
non viscose (senza urti)
Introduzione In molti problemi di dinamica dei fluidi non è possibile ritenere che
la densità del fluido sia invariabile. L’abbandono dell’ipotesi di incomprimibilità
rende necessario da un lato includere la legge di conservazione dell’energia, accanto
a quella della massa e all’equazione della quantità di moto, e dall’altro considerare le
proprietà termodinamiche del fluido. Di conseguenza il quadro matematico risulta
assai diverso rispetto al caso delle equazioni per le correnti incomprimibili.
In questo capitolo si presentano le equazioni che governano il moto dei fluidi
comprimibili non viscosi, nei quali cioè le variazioni locali della densità provo-
cano effetti che devono essere tenuti in conto mentre gli effetti della viscosità e
della diffusione del calore nel fluido possono essere trascurati. Le tre equazioni
che esprimono, sotto queste ipotesi, la conservazione della massa, il bilancio della
quantità di moto e la conservazione dell’energia sono note come equazioni di
Eulero comprimibili o anche come equazioni della gasdinamica. Naturalmente
esse devono essere completate mediante le relazioni termodinamiche descriventi le
proprietà del fluido considerato, tipicamente un gas. Da questo punto di vista, le
soluzioni che potranno essere trovate nel caso comprimibile dipenderanno neces-
sariamente dalle proprietà termodinamiche del fluido e quindi saranno più specifiche
di quelle relative ai problemi incomprimibili.
Le correnti reali coinvolgono, come accennato, oltre agli effetti legati alla
comprimibilità del fluido e alle sue proprietà termodinamiche anche le sue caratte-
ristiche dissipative o diffusive. Questi effetti entrano a fare parte del modello
tramite i due coefficienti di viscosità introdotti nel paragrafo 5.10 e un coefficiente di
conducibilità termica. Le equazioni generali della dinamica dei fluidi che includono
tutti questi fenomeni si chiamano equazioni di Navier–Stokes comprimibili e
saranno introdotte solo nel prossimo capitolo.
Per ricavare le equazioni di Eulero comprimibili a partire dalle leggi di con-
servazione seguiremo un procedimento diverso da quello considerato nel caso in-
comprimibile. Infatti, la legge di conservazione dell’energia si esprime in modo
naturale considerando una particella di fluido in moto per tenere conto dei vari
fenomeni che fanno variare la sua energia. Come vedremo, l’analisi del legame fra
la forma globale e quella locale della legge di conservazione dell’energia richiede
di calcolare la rapidità di variazione di un integrale di volume su un dominio di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 402 colore nero Maggio 29, 2006
integrazione variabile nel tempo. Per questa ragione il primo paragrafo del capitolo
è dedicato alla dimostrazione dell’identità differenziale relativa alla derivata di un
integrale su un volume che si muove nello spazio.
Nel secondo paragrafo, 9.2, si introduce il teorema di trasporto di Reynolds
e si analizza criticamente la relazione che esiste fra questo teorema e l’identità
differenziale stabilita nel paragrafo precedente.
Questa identità è poi utilizzata nei tre paragrafi successivi 9.3–9.5 per esprimere
in forma locale il principio di conservazione della massa, la legge di bilancio della
quantità di moto e la legge di conservazione dell’energia. Nel caso delle prime
due equazioni, relative alla massa e alla quantità di moto, si presenta pertanto una
derivazione diversa ma equivalente a quelle viste nei paragrafi 2.2 e 2.3. Per quanto
riguarda invece la terza equazione relativa all’energia, essa è qui introdotta per la
prima volta. Di essa si forniranno inoltre due versioni differenti, una in termini
della densità di energia totale del fluido l’altra in termini della sua energia specifica
interna.
Il paragrafo 9.6 è dedicato al completamento del sistema di equazioni di Eulero
delle correnti comprimibili per tenere conto delle proprietà termodinamiche del
fluido attraverso le sue equazioni di stato. Le equazioni di Eulero comprimibili
saranno poi scritte sia in forma conservativa sia in forma quasi lineare.
Nei due paragrafi successivi si considerano correnti stazionarie per le quali
conviene scrivere l’equazione di conservazione dell’energia in termini dell’entalpia.
Nel paragrafo 9.7 si introduce la “versione comprimibile” del teorema di Bernoulli
mentre nel 9.8 si studia l’andamento della soluzione lungo una linea di corrente.
Il paragrafo 9.9 presenta una forma approssimata delle equazioni comprimibili
instazionarie, ottenute per mezzo di una linearizzazione, che sono in grado di rap-
presentare la propagazione delle piccole perturbazioni nel fluido. In questo ambito
si introduce la velocità del suono e si usano le equazioni di Eulero linearizzate per
ricavare l’equazione delle onde che governa i fenomeni acustici. Nel paragrafo 9.10
si estende l’idea della propagazione di segnali all’interno del fluido al caso generale
in cui le perturbazioni possono essere di qualunque ampiezza finita.
Nel paragrafo 9.11 si studiano le correnti comprimibili con entropia uniforme e
irrotazionali e si ricava l’equazione che governa il loro potenziale cinetico in regime
sia stazionario sia non stazionario. Nel paragrafo successivo 9.12 si considerano
solo correnti stazionarie (sempre con entropia uniforme e irrotazionali) e si mostra
che, nel caso di moto piano o assisimmetrico, il problema pu ò essere formulato
in termini di due sole incognite scalari, le componenti della velocità. L’ultimo
paragrafo riguarda ancora le correnti comprimibili stazionarie ma considera il caso
più generale di moto rotazionale con entropia variabile nello spazio.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 403 colore nero Maggio 29, 2006
La quantità G(t) definita dall’integrale dipenderà dal tempo per due motivi diversi,
come illustrato nella figura 9.1.
f (x, t + ∆t)
Un contributo alla variazione di G(t) deriva dalla variazione nel tempo della fun-
zione integranda f (x, t). A questo si può aggiungere, eventualmente, una vari-
azione dovuta al cambiamento dell’intervallo d’integrazione i cui estremi a e b
sono mobili. Questi due contributi alla rapidità di variazione di G(t) sono espressi
precisamente nella seguente identità differenziale
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t) db(t) da(t)
f (x, t) dx = dx + f (b(t), t) − f (a(t), t) .
dt a(t) a(t) ∂t dt dt
Questa relazione è nota come teorema di Leibniz si dimostra1 nel seguente modo.
Dalla definizione di derivata abbiamo
dG(t) G(t + ∆t) − G(t)
= lim
dt ∆t→0 ∆t
Z b(t+∆t) Z b(t)
1
= lim f (x, t + ∆t) dx − f (x, t) dx .
∆t→0 ∆t a(t+∆t) a(t)
ottenendo
Z
G(t + ∆t) − G(t) 1 b(t+∆t)
= [ f (x, t + ∆t) − f (x, t)] dx
∆t ∆t a(t+∆t)
Z b(t+∆t) Z b(t)
+ f (x, t) dx − f (x, t) dx .
a(t+∆t) a(t)
Ma i due ultimi integrali hanno la stessa funzione integranda, con segni oppposti,
e hanno in comune gran parte dell’intervallo di integrazione. Di conseguenza,
R b(t+∆t) R b(t) R b(t+∆t) R b(t) R a(t+∆t) R b(t)
scrivendo a(t+∆t) come a(t+∆t) + b(t) e a(t) come a(t) + a(t+∆t) , la
differenza dei due ultimi termini può essere scritta come differenza di due integrali
su due piccoli intervalli vicini agli estremi di [a(t), b(t)], ovverosia
Z b(t+∆t)
G(t + ∆t) − G(t) f (x, t + ∆t) − f (x, t)
= dx
∆t a(t+∆t) ∆t
Z b(t+∆t) Z a(t+∆t)
1 1
+ f (x, t) dx − f (x, t) dx.
∆t b(t) ∆t a(t)
1
Nel caso particolare di estremi di integrazione “fissi”, i due termini di contorno sono assenti
e l’identità è nota come “teorema di derivazione sotto il segno di integrale”.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 405 colore nero Maggio 29, 2006
Il secondo termine, a meno di termini di ordine superiore in |b(t + ∆t) − b(t)|, vale
Z
1 b(t+∆t)
b(t + ∆t) − b(t)
lim f (x, t) dx = f (b(t), t) lim
∆t→0 ∆t b(t) ∆t→0 ∆t
db(t)
= f (b(t), t) .
dt
Analogamente il terzo termine diventa
Z a(t+∆t)
1 da(t)
lim f (x, t) dx = f (a(t), t) .
∆t→0 ∆t a(t) dt
In definitiva:
Z b(t)
dG(t) ∂ f (x, t) db(t) da(t)
= dx + f (b(t), t) − f (a(t), t) ,
dt a(t) ∂t dt dt
Vt+∆t
St+∆t
Vt St
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (rS , t) vS n̂,
dt Vt Vt ∂t St
per qualunque funzione liscia f (r, t), dove n̂ indica il versore normale uscente dalla
superficie St e vS rappresenta la velocità dei punti di St .
La dimostrazione di questa identità è semplice. Sia ∆Vt l’insieme dei punti
“spazzati” da St quando il tempo aumenta da t fino a t + ∆t. L’elemento di volume
infinitesimo dV di ∆Vt può essere espresso in termini dell’elemento di area d S di
St mediante la relazione
dV = vS n̂ d S ∆t.
si ottiene
Z
G(t + ∆t) − G(t) f (r, t + ∆t) − f (r, t)
=
∆t Vt ∆t
Z Z
f (r, t + ∆t) − f (r, t) 1
+ + f (r, t).
∆Vt ∆t ∆t ∆Vt
St+∆t
St n̂ vS
vS ∆t
Data la generalità di quanto dimostrato, queste due identità differenziali, che es-
primono la rapidità di variazione di integrali su un volume mobile, permettono di
dedurre le equazioni della dinamica dei fluidi dalle leggi di bilancio della massa,
della quantità di moto e dell’energia.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 409 colore nero Maggio 29, 2006
dt t
t
∂t
dt t
t
∂t t
Z I
∂f
= + f | t u | t n̂,
∂t
t t
superficie coincide con la velocità vS (rS , t) dei punti del contorno t , per cui avremo
Z Z I
d ∂ f (r, t)
f (r, t) = + f (r| t , t) vS (rS , t) n̂,
dt ∂t
t t t
che è proprio l’identità differenziale stabilita nel precedente paragrafo, riferita qui
al volume materiale t .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 410 colore nero Maggio 29, 2006
interni alla regione di integrazione. Ciò è paradossale dato che solo la velocità dei
punti del contorno dovrebbe influire sulla rapidità di variazione dell’integrale. La
spiegazione del paradosso va ricercata nella presenza della divergenza nel termine
considerato per cui l’uso del teorema della divergenza mostra la sua effettiva in-
dipendenza dalla velocità locale u(r, t) nei punti interni di t . In base a questa
osservazione, si constata che il teorema di trasporto di Reynolds non rappresenta
una relazione effettivamente primitiva per caratterizzare la derivata di un integrale
su un volume variabile.
Notiamo che talvolta il teorema di trasporto è scritto scorrettamente, indicando
la derivata davanti all’integrale del primo membro con il simbolo di derivata parziale,
ossia,
Z Z
∂ ∂f
f = + ( f u) ←− Sbagliato!
∂t
t
t
∂t
L’errore consiste nel trascurare che l’integrale, una volta calcolato, risulta essere
funzione solo della variabile t per cui la derivata rispetto al tempo dell’integrale del
membro di sinistra è semplicemente una derivata ordinaria e non parziale.
In certi casi il teorema di trasporto di Reynolds è espresso in una forma legger-
mente diversa espandendo ( f u) in due termini e ricorrendo alla notazione della
D ∂
≡ +u .
Dt ∂t
t
t
Dt
Si noti che, in questa forma, il paradosso appena visto risulta ancora maggiore
poiché ora la derivata dell’integrale sul volume mobile sembra dipendere sia dal
D
valore di u, attraverso la definizione di Dt , sia dal valore di u in tutti i punti
In alcuni testi, purtroppo non pochi,la questione è resa ancora più confusa dall’impie-
go di una notazione scorretta. Infatti, talvolta il teorema di trasporto di Reynolds è
formulato nel seguente modo
Z Z
D Df
f = + f u ←− Sbagliato!
Dt
t
t
Dt
D
ovvero utilizzando lo stesso simbolo Dt sia all’esterno sia all’interno dell’integrale.
D
Una tale espressione è priva di senso dato che l’operatore Dt R è definito per agire
su funzioni di r e t, mentre la funzione fornita dall’integrale t dipende solo dalla
Z Z
Df
f = + f u ←− Sbagliato!
t
t
t
Dt
Alla luce di queste osservazioni, si deve affermare che non esiste alcun motivo
per introdurre un simbolo particolare per indicare la derivata rispetto al tempo di
un integrale su un volume mobile: una volta che l’integrale è stato calcolato, il
risultato è una funzione della sola variabile t per la quale il comune simbolo di
derivata ordinaria dtd è l’unico corretto.
t
t
Dt
Prima di dimostrare questa relazione, osserviamo che essa è semplice solo in ap-
parenza in quanto si basa su una serie di ipotesi sottintese che non sono riscontrabili
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 412 colore nero Maggio 29, 2006
∂t
D ≡ ∂ +u
.
Dt ∂t
Si noti che la seconda relazione è un’equazione che deve essere soddisfatta dalla
coppia di variabili ρ-u, che esprime il principio di conservazione della massa
introdotto nel paragrafo 2.2.
Questa versione del teorema di Reynolds può essere ricavata senza difficoltà
dall’identità differenziale per la derivata di un integrale su un volume variabile con
la funzione integranda f sostituita dal prodotto ρ f . Abbiamo
Z Z I
d ∂(ρ f )
ρf = + ρ f u n̂,
dt t
t
∂t
∂ t
dt t
t
∂t
∂t t
Z
∂f ∂ρ
= ρ + f + ρu f + f (ρu)
t
∂t
∂t
Z ∂ρ
∂f
= ρ +u f + f + (ρu) .
t
∂t
∂t
t
∂t
t
Dt
Infatti, poiché t è un volume di fluido e si muove con la stessa velocità del fluido,
non può esservi flusso di massa attraverso la superficie ∂ t del volume. Il principio
di conservazione è allora espresso dell’equazione
Z
d M t (t) d
= ρ(r, t) = 0
dt dt
t
∂t ∂ t
∂t ∂ t
Z I
∂ρ
+ ρ u|∂
n̂ = 0.
t
∂t ∂
t
t
Essendo u definita in tutto il campo di moto del fluido, si può applicare il teorema
della divergenza al termine dell’integrale di contorno per ottenere
Z
∂ρ
+ (ρu) = 0.
t
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 415 colore nero Maggio 29, 2006
Per la completa arbitrarietà del volume t del fluido, questa relazione integrale è
equivalente all’equazione
Questa equazione coincide con
quella ricavata nel paragrafo 2.2 ∂ρ
con un ragionamento basato su + (ρu) = 0,
∂t
un volume di controllo V fisso.
che rappresenta la forma differenziale (o locale) della legge di conservazione
della massa, nota anche come equazione di continuità.
Per chi prediligesse la notazione della cosiddetta “derivata materiale” o “sostan-
D
ziale” Dt ≡ ∂t∂ + u , l’equazione di continuità può essere scritta anche nella
forma equivalente a
Dρ
+ρ u = 0.
Dt
dove t rappresenta un porzione data del fluido in moto. Questa assunzione sul
moto del fluido è nota con il nome di incomprimibilità e una corrente che soddisfa
tale condizione si dice incomprimibile.
L’ipotesi di corrente incomprimibile rappresenta un’assunzione per forza in
contrasto con il sistema completo delle equazioni fluidodinamiche. Questo sistema
comprende da un lato le leggi di conservazione e dall’altro i principi della termo-
dinamica, espressi dalle equazioni di stato del fluido: insieme essi costituiscono un
problema ben posto, avente un numero di equazioni uguale al numero di incognite.
Pertanto, l’aggiunta del vincolo supplementare d’incomprimibilità, da soddisfare in
ogni punto del campo di moto, può essere consentita solo accettando di modificare
il normale quadro teorico fluidodinamico–termodinamico. In effetti il prezzo da
pagare all’introduzione dell’ipotesi d’incomprimibilità della corrente è la perdita di
significato termodinamico della variabile pressione. Nelle correnti incomprimibili
a questa variabile si attribuisce infatti un ruolo del tutto diverso rispetto a quello
giocato nelle correnti comprimibili: la pressione rappresenta un moltiplicatore di
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 416 colore nero Maggio 29, 2006
Lagrange, che fornisce i gradi di libertà necessari per potere soddisfare il vincolo
d’incomprimibilità; pertanto, il sistema di equazioni che governano le correnti
incomprimibili non comprende più l’equazione di stato P = P(e, ρ) e la pressione
non rappresenta più la variabile termodinamica intensiva P chiamata comunemente
pressione. Il fatto che si usi lo stesso nome di “pressione” e di solito anche lo
stesso simbolo “P” in entrambi i casi non deve trarre in inganno: la pressione nel
caso incomprimibile è altra cosa rispetto alla pressione termodinamica di un fluido
comprimibile.
La condizione d’incomprimibilità in forma differenziale si ottiene partendo
dall’ipotesi che il volume di ogni particella di fluido sia costante per cui la derivata
temporale dell’ultima relazione è nulla, ossia
Z
d
dV = 0.
dt t
u = 0,
dt t
t
∂t ∂ t
∂ t t
dove v∂ t indica la velocità dei punti del contorno ∂ t. Per la completa arbitrarietà
della porzione t di fluido considerata, segue che
u = 0,
in ogni punto r nella regione occupata dal fluido e per ogni istante t. Questa
equazione, che impone la divergenza nulla sul campo di velocità, costituisce la ben
nota condizione di incomprimibilità.
∂t
Pertanto, per le correnti incomprimibili l’equazione di conservazione della massa ha
la forma di una semplice equazione convettiva per la variabile densità. Ciò significa
che, in questo tipo di correnti, ogni particella del fluido si muove mantenendo per
sempre il valore di densità che aveva in un istante iniziale. In termini più precisi, se
in una corrente incomprimibile la densità del fluido è all’istante t = 0 non uniforme,
ossia
ρ(r, 0) = ρ0 (r) 6= costante,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 417 colore nero Maggio 29, 2006
allora la densità rimarrà non uniforme in ogni istante di tempo successivo, cioè:
ρ(r, t) 6= costante,
per ogni t > 0. È importante notare che nelle correnti incomprimibili l’equazione
di continuità deve in generale essere soddisfatta assieme alla condizione di incom-
primibilità u = 0. Precisamente, nelle correnti incomprimibili con densità non
∂ρ
+ u ρ = 0,
∂t
∂u P
+ (u )u + = − χ(r),
∂t ρ
u = 0.
Abbiamo un sistema di tre equazioni (due scalari e una vettoriale) accoppiate, nelle
tre incognite ρ, P e u.
1 P
u) u + |u|2 + = − χ(r).
(
2 ρ
u
2 ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 418 colore nero Maggio 29, 2006
ρ ρ ρ
precedente diventa
2
|u| P P
u + χ(r) + u + 2 u ρ = 0.
2 ρ ρ
|u(r)|2 P(r)
+ + χ(r) = Clinea di corrente ,
2 ρ(r)
dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente e
il vettore r è vincolato a percorrere la linea di corrente considerata. Siccome
u ρ = 0, ρ non varia lungo la linea di corrente, per cui ρ = ρ l.c. . Pertanto,
|u(r(s))|2 P(r(s))
+ + χ(r(s)) = Clinea di corrente .
2 ρ l.c.
Questa relazione costituisce il teorema di Bernoulli per le correnti incomprimi-
bili con densità non uniforme.2
ρ(r, 0) = ρ = costante,
2
Gli autori sono grati al professor Aldo Frezzotti per avere segnalato la possibilit à di estendere
il teorema di Bernoulli per correnti stazionarie al caso di densità variabile.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 419 colore nero Maggio 29, 2006
∂ρ
+u ρ =0
∂t
[completata eventualmente da opportune condizioni al contorno] sarà soddisfatta
identicamente dalla soluzione ovvia
In altre parole, se la densità è uniforme al tempo iniziale, rimarrà tale per sempre.
Ciò significa che, sotto queste condizioni, la variabile ρ non è più un’incognita
del problema e diventa un semplice parametro costante che è stato indicato con
ρ. Contemporaneamente, l’equazione di conservazione della massa è soddisfatta
identicamente e rimane da soddisfare assieme all’equazione della quantità di moto
solo il vincolo d’incomprimibilità u = 0. Si ottengono cosı̀ le equazioni di
Eulero incomprimibili che governano le incognite velocità u e pressione P. Tali
equazioni sono state anticipate nel paragrafo 2.4 e poi ricavate nel paragrafo 3.3.
t ∂
t
con il segno negativo nell’integrale di superficie dato che la direzione della normale
unitaria n̂ è sempre verso l’esterno del volume considerato. Usiamo ora l’identità
differenziale relativa alla rapidità di variazione di un integrale di volume di una
quantità vettoriale, stabilita alla fine del paragrafo 9.1, per esprimere il membro di
sinistra della legge di Newton ottenendo
Z I I Z
∂(ρu)
+ ρu v∂ t n̂ = − P n̂ + ρg,
t
∂t ∂ t
∂ t t
dove v∂ t è la velocità del contorno del volume materiale mobile. D’altra parte, t
si muove in base al campo di velocità u del fluido, per cui v∂ t = u|∂ t , e quindi
t
∂t ∂ t
∂ t t
dove la velocità u|∂ t nell’integrale di superficie del membro di sinistra è stata scritta
∂V V
che vale per qualunque coppia di campi vettoriali F e G differenziabili. [Questa
identità è la controparte vettoriale della seguente identità scalare
I Z
f G n̂ = f G+G f ,
∂V V
che, a sua volta, è una conseguenza diretta del teorema della divergenza applicata
al campo vettoriale f G.]
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 421 colore nero Maggio 29, 2006
t
∂t
t
t t
t
∂t
t
∂t
è la forma conservativa della seconda legge di Newton per il moto del fluido. La
quantità che compare nella divergenza, cioè il tensore simmetrico
≡ + P = ρu ⊗ u + P ,
t
∂t
∂t t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 422 colore nero Maggio 29, 2006
t
∂t t
per cui due termini si elidono e la relazione di bilancio globale si semplifica in:
Questa forma convettiva Z Z
dell’equazione di bilancio della ∂u
ρ + ρ (u )u + P = ρg.
∂t t
∂t
t ∂
t
t
∂t ∂ t ∂ t
t
Supponiamo ancora che il campo di moto sia liscio, ovvero senza urti e dis-
continuità, in modo che si possa applicare il teorema della divergenza per ottenere
Z Z Z
∂ Et
+ (E t u) + (P u) = ρg u,
t
∂t t
t
ovverosia
Z Z
∂ Et
+ ((E t + P)u) = ρg u.
t
∂t
2 ∂t ∂t 2
Sfruttando le due identità vettoriali seguenti
∂ 1 2 ∂u
|u| = u e (w ) 21 |u|2 = u (w )u
∂t 2
∂t
valide per qualunque coppia di campi vettoriali u e w differenziabili, si ha
∂u ∂e
ρu +ρ + ρu (u )u + ρu e + (Pu) = ρg u.
∂t ∂t
Riordinando i termini ed espandendo (Pu) = P u + u P si ha anche
∂e ∂u
ρ + ρu e + P u + u P + ρu
+ ρu (u )u = ρg u,
∂t ∂t
ovverosia
∂e ∂u
ρ + ρu e + P u+u ρ + ρ(u )u + P = u ρg.
∂t ∂t
In virtù dell’equazione della quantità di moto scritta in forma convettiva il termine
con le parentesi quadre è uguale al secondo membro, per cui, dividendo infine per
L’equazione dell’energia interna la densità, si ottiene l’equazione di conservazione per l’energia specifica interna:
è stata ricavata utilizzando sia
l’equazione di conservazione ∂e P
della massa sia l’equazione di +u e+ u = 0.
∂t ρ
bilancio della quantità di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 425 colore nero Maggio 29, 2006
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u + P ) = ρg
∂t
∂(ρet )
+ ((ρet + P)u) = ρg u;
∂t
e poi nella forma convettiva
∂ρ
+ u ρ+ρ u = 0,
∂t
∂u P
+ (u )u + = g,
∂t ρ
∂e P
+ u e+ u = 0.
∂t ρ
Completamento termodinamico
Entrambi questi sistemi consistono di tre equazioni (due scalari e una vettoriale)
ma contengono le seguenti variabili ρ, P, e e u (tre scalari e una vettoriale). Vi è
quindi una incognita scalare in più rispetto al numero di equazioni: occorre quindi
aggiungere un’altra relazione per avere un numero di equazioni pari al numero di
incognite.
Que mancante è fornita da una delle due equazioni di stato che servono a
caratterizzare le proprietà termodinamiche del fluido considerato. In particolare,
se si ricercano soluzioni senza urti o discontinuità, sarà sufficiente considerare la
relazione che fornisce la pressione P del fluido in funzione di e e ρ, ovverosia,
P = P(e, ρ).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 426 colore nero Maggio 29, 2006
Se invece si stanno studiando delle correnti più generali nelle quali sono presenti
onde d’urto e/o discontinuità, occorre includere un’altra equazione di stato. A
esempio, si potrà considerare la relazione che esprime la temperatura in funzione
delle stesse variabili indipendenti e e ρ della precedente equazione di stato, ossia:
T = T (e, ρ).
∂ρ
+ (ρu) = 0
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u + P ) = ρg
∂t
∂(ρet )
+ ((ρet + P)u) = ρg u
∂t
P = P(e, ρ) T = T (e, ρ)
fρ ≡ ρu,
≡ ρu ⊗ u + P ,
f E t ≡ (E + P)u.
t
∂ρ
+u ρ +ρ u=0
∂t
∂u P
+ (u )u + =g
∂t ρ
∂e P
+u e+ u=0
∂t ρ
P = P(e, ρ) T = T (e, ρ).
Osservazione Questa forma delle equazioni di Eulero è detta anche quasi line-
are3 in quanto tutte le derivate delle variabili incognite compaiono solo in modo
lineare nelle varie equazioni. In questa forma le equazioni di Eulero mostrano
chiaramente di costituire un sistema iperbolico non lineare.
3
La dizione “quasi lineare” contraddistingue la “forma” in cui è scritta un’equazione o un
sistema di equazioni non lineari e non indica un tipo particolare di non linearit à.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 428 colore nero Maggio 29, 2006
ρ(r, 0) = ρ0 (r),
u(r, 0) = u0 (r),
e(r, 0) = e0 (r),
mentre non si può imporre alcuna condizione per le variabili termodinamiche (né la
densità né l’energia). Di conseguenza, il valore assunto sul corpo da ogni variabile
termodinamica sarà determinato come parte della soluzione del problema. La stessa
cose accade per la componente tangente della velocità, che sarà in generale diversa
da zero: per questo aspetto l’andamento della velocità sulla superficie di un corpo
previsto dalla soluzione delle equazioni di Eulero sarà simile a quello della soluzione
potenziale, cioè il fluido in generale scivola sulla superficie del corpo solido.
A grande distanza dal corpo le condizioni al contorno sono molto complicate e
il loro tipo dipende dal tipo di corrente considerata, ovverosia dalla stessa soluzione
che si sta ricercando. In termini generali, il numero stesso di condizioni al contorno
che si possono/devono imporre nei punti del contorno esterno pu ò variare da zero a 4
o 5 per le correnti in due o tre dimensioni, rispettivamente. Questo numero non è lo
stesso su tutto il contorno e cambia sulle varie parti in cui risulta che esso deve essere
suddiviso in base alla natura locale della soluzione in quella regione. Un’autentica
maledizione, che richiede un’arte alquanto raffinata da parte dell’analista numerico
e non numerico alle prese con i sistemi iperbolici non lineari, quali le equazioni
della gasdinamica. Naturalmente l’analisi delle condizioni al contorno da imporre
nei problemi relativi alle correnti comprimibili va molto al di là degli scopi di questo
corso introduttivo alla dinamica dei fluidi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 429 colore nero Maggio 29, 2006
∂s ρ ∂t ∂ρ s ∂t ∂s ρ ∂ρ s ρ
D’altra parte, per definizione risulta
∂e ∂e ∂ ẽ(s, v) dv d 1 P
=T e = = −P = 2.
∂s ρ ∂ρ s ∂v s dρ dρ ρ ρ
Sostituendo nell’equazione dell’energia interna abbiamo
∂s P ∂ρ P P
T + 2 +T u s+ 2 u ρ+ u = 0,
∂t ρ ∂t ρ ρ
ovverosia
∂s P ∂ρ
T +u s + 2 +u ρ +ρ u = 0.
∂t ρ ∂t
Ma, per la legge di conservazione della massa la somma dei tre termini fra le ultime
parentesi è nulla, per cui
∂s
T + u s = 0,
∂t
ovverosia, essendo la temperatura sempre diversa da zero,
∂s
+u s = 0.
∂t
(ρu) = 0,
(ρu ⊗ u + P ) = ρg,
((ρe + P)u) = ρg u.
t
et = e + 12 |u|2 ,
P
h =e+ = e + Pv,
ρ
in cui v ≡ 1/ρ rappresenta il volume specifico, per cui si definisce anche l’entalpia
totale specifica del fluido mediante l’ovvia relazione
1 P 1 P
h t = h + |u|2 = e + + |u|2 = et + .
2 ρ 2 ρ
(ρu h t ) = ρu g.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 431 colore nero Maggio 29, 2006
(ρu h t ) = −ρu χ.
u h t = −u χ,
ovverosia
u (h t + χ) = 0.
h t + χ = Clinea di corrente ,
dove Clinea di corrente è una costante il cui valore dipende dalla linea di corrente
considerata. Questa relazione significa che, se si considera una determinata linea
di corrente rappresentata in forma parametrica da r = r(`), allora vale la relazione
P(e(r(`)), ρ(r(`))) 1
e(r(`)) + + |u(r(`))|2 + χ(r(`)) = Clinea di corrente .
ρ(r(`)) 2
P∞ a grande distanza dal corpo, normalizzata con il valore dell’energia cinetica per
unità di volume del fluido lontano dal corpo, ovvero, si definisce
P(r) − P∞ 2P∞ P(r)
C P (r) = 1 = −1 .
2 ρ∞ U
2 ρ∞ U 2 P∞
P(r) = h −1 −1
s∞ (h(r)) = h s∞ h ∞ + 2 U − 2 |u(r)| .
1 2 1 2
La funzione inversa h −1
s cosı̀ ottenuta è infine sostituita nella relazione del coeffi-
ciente di pressione ottenendo
γ
2P∞ h ∞ + 12 U 2 − 21 |u(r)|2 γ −1
C P (r) = −1
ρ∞ U 2 h∞
1 2 1 γ γ−1
2 U − 2 |u(r)|
2
2P∞
= + 1 − 1
ρ∞ U 2 h∞
2 γ γ−1
2P∞ U |u(r)|2
= 1− +1 −1 .
ρ∞ U 2 2h ∞ U2
√ √
Sfruttando ora le relazioni c∞ = γ P∞ /ρ∞ = (γ − 1)h ∞ per fare comparire
il numero di Mach Ma∞ = U/c∞ della corrente esterna al posto di U , si ottiene la
forma finale del coefficiente di pressione per un gas ideale politropico
γ γ−1
2 (γ − 1)Ma2∞ |u(r)|2
C P (r) = 1− +1 −1 .
γ Ma2∞ 2 U2
(ρu) = 0,
P
)u + = 0,
(u
ρ
u h t = 0,
alle quali si può aggiungere (in sostituzione della prima o della terza) l’equazione
dell’entropia per correnti stazionarie
u s = 0.
h t = costante e s = costante.
P(e, ρ) 1 2
e+ + |u| = Clinea di corrente ,
ρ 2
che esprime un legame, lungo la linea di corrente considerata, fra le tre variabili
e, ρ e |u|. Da sola questa relazione permette di determinare una delle tre variabili
in funzione delle altre due. Ma nel caso in esame di corrente senza urti, l’entropia
sulla linea di corrente è costante e quindi si può cercare di tenere conto di tale
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 437 colore nero Maggio 29, 2006
che risulta fornire proprio la classica equazione di stato P = P(s, ρ). Con queste
sostituzioni, il “teorema di Bernoulli” comprimibile per la linea di corrente si
scriverà
P(s l.c. , ρ) 1 2
e(s l.c. , ρ) + + |u| = Clinea di corrente ,
ρ 2
s = s l.c. .
h + 12 |u|2 = h l.c.
0 ,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 438 colore nero Maggio 29, 2006
dove h l.c.
0 è il valore dell’entalpia di ristagno sulla linea di corrente considerata.
La velocità |u| è maggiore nei punti in cui l’entalpia è minore. Il valore massimo
possibile di |u| (sulla linea di corrente considerata, ossia per valori di s l.c. e h l.c.
0
fissati) si ha nel punto in cui h è minima. D’altra parte, a entropia costante si
ha dh = d P/ρ per cui, dato che ρ > 0, le variazioni dh e d P hanno lo stesso
segno e quindi h e P variano nello stesso senso lungo la linea di corrente. [La
relazione dh = d P/ρ = v d P deriva dalla semplice osservazione che dh =
d(e + Pv) = de + v d P + P dv, ma de = ∂e(s,v) ∂v dv = −P dv, se s = costante,
per cui dh = −P dv + v d P + P dv = v d P.] Possiamo quindi concludere che la
velocità lungo una linea di corrente aumenta quando la pressione diminuisce. Da
questo punto di vista il “teorema di Bernoulli” comprimibile dice qualitativamente
la stessa cosa di quello incomprimibile.
Il valore più piccolo possibile della pressione e dell’entalpia si hanno quando
la temperatura assoluta T = 0. La pressione corrispondente è P = 0 e il valore di
h per T = 0 può essere preso arbitrariamente uguale allo zero dell’energia: cosı̀,
h = 0 per T = 0. A questo punto possiamo dedurre il valore massimo possibile
della velocità, per un valore assegnato dell’entalpia di ristagno,
q
|u|max = 2h l.c.
0 .
Questa velocità può essere raggiunta quando il gas fluisce in maniera stazionaria
nel vuoto, supponendo che non abbiano luogo fenomeni di condensazione causati
dalla forte riduzione di temperatura del gas.
Come anticipato, la terza equazione da includere nell’analisi è quella relativa
alla componente della quantità di moto tangente alla linea di corrente in ogni suo
punto. Indicando con ˆ il versore tangente locale, la relazione richiesta è
ˆ P
ˆ (u )u + = 0.
a ρ
ˆ = ˆ
mentre può essere identificato, a meno di un eventuale segno, con |u|. In base
all’espressione del termine convettivo vettoriale in coordinate cilindriche, il primo
termine dell’equazione precedente vale:
uθ u R ˆ
ˆ (u )u = ˆ u u θ +
R
1 ∂u
=u u=uˆ u=u
.
R ∂θ
Analogamente per il termine gradiente abbiamo:
1 ∂P
ˆ P= ˆ P=
.
R ∂θ
Quindi la componente tangente dell’equazione di bilancio della quantità di moto si
scrive
u ∂u 1 1 ∂P
+ = 0,
R ∂θ ρ R ∂θ
ovverosia, introducendo la coordinata curvilinea ` lungo la linea di corrente,
du 1 dP
u + = 0,
d` ρ d`
dove si è usato il simbolo di derivata ordinaria dato che vi è una sola variabile
indipendente (`). L’integrazione di questa equazione differenziale ordinaria, a
partire dalla condizione “iniziale” u = 0 nel punto di ristagno e sotto il vincolo
rappresentato dalle due condizioni di costanza di s e h t , permette di determinare
le variabili del fluido lungo la linea di corrente, ovvero di trovare la soluzione
ρ = ρ(`), u = u(`) ed e = e(`), come pure le altre variabili termodinamiche.
Tuttavia noi siamo interessati a determinare le proprietà generali della soluzione
della corrente comprimibile stazionaria lungo qualunque linea di corrente, indipen-
dentemente dalla sua forma. Pertanto eliminiamo la variabile spaziale indipendente
` per ottenere un’equazione che lega solo le variabili dipendenti, notando che
l’equazione precedente implica il seguente legame differenziale
dP
u du = − ,
ρ
direttamente fra le variabili u, ρ e P lungo la linea di corrente. D’altra parte, come
al solito la pressione è una funzione delle altre variabili termodinamiche e nel nostro
caso s = s l.c. , per cui
∂ P(s, ρ)
dP = dρ
∂ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 440 colore nero Maggio 29, 2006
1 ∂ P(s l.c. , ρ)
u du = − dρ.
ρ ∂ρ
∂ 2 e(s, v)
> 0.
∂v 2
Di conseguenza, si ha sempre
∂ P(s, ρ)
> 0,
∂ρ
per qualunque tipo di fluido ed è sempre possibile estrarre la radice quadrata di
questa quantità per definire la grandezza
s
∂P
c≡ ,
∂ρ s
che si chiama velocità del suono del fluido. Come sarà mostrato nel paragrafo 9.9,
la stessa grandezza si incontra nello studio delle equazioni che governano le piccole
perturbazioni nel fluido. In quel contesto c risulta avere proprio il significato della
velocità con cui si propagano le piccole perturbazioni.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 441 colore nero Maggio 29, 2006
j/j∗
incomprimibile
∗
1.00
comprimibile
0.50
Figura 9.5 Densità di corrente della
massa in funzione della velocità lungo
una linea di corrente 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 442 colore nero Maggio 29, 2006
h ∗ + 21 c∗2 = h l.c.
0 ,
s∗ = s l.c. ,
h ∗ = h(s l.c., ρ∗ ),
P∗ = P(s l.c., ρ∗ ),
T∗ = T (s l.c., ρ∗ ).
Figura 9.7 Andamento della Le caratteristiche delle correnti supersoniche sono illustrate nella figura 9.7. Il
velocità nelle correnti supersoniche. In disegno inferiore relativo a una zona di corrente divergente mostra che la velocità
alto: regione di corrente convergente aumenta nel verso della corrente dato che la densità diminuisce e che la portata
con densità che aumenta nel verso della deve rimanere la stessa su ogni sezione dello stesso tubo di corrente. Nel disegno
corrente. In basso: regione di corrente superiore relativo a una corrente convergente, la densità aumenta nel verso della
divergente con densità che diminuisce. corrente e quindi la portata di ogni tubo è costante solo se la velocità diminuisce.
Si può vedere che quando M = u/c < 1 risulta anche u/c∗ < 1, e quando
M = u/c > 1 risulta u/c∗ > 1. Pertanto il numero di Mach M(∗) ≡ u/c∗ basato
sulla velocità critica fornisce un criterio analogo al numero di Mach locale M = u/c
ma è più semplice in quanto c∗ è una costante per la linea di corrente, diversamente
da c che varia lungo di essa.
Il fatto che su una linea di corrente si raggiunga o meno la condizione sonica e
quindi la corrente possa diventare supersonica dipende dalle caratteristiche essen-
zialmente multidimensionali della corrente e, in ultima analisi, dalla forma della
regione in cui scorre il gas. In effetti, la funzione j/j∗ = f (u/u ∗ ) non contiene al-
cuna informazione riguardo la posizione spaziale in cui le varie grandezze assumono
determinati valori. Di conseguenza, l’andamento della soluzione lungo una linea di
corrente potrà essere descritto dal tratto di curva indicato nella figura 9.8.
j/j∗
1.00 3
2
0.50
4
1
Figura 9.8 Densità di corrente della
massa in una corrente solo subsonica 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 444 colore nero Maggio 29, 2006
j/j∗
3
1.00
2 4
0.50
1
Figura 9.10 Densità di corrente
della massa in una corrente prima
subsonica e poi supersonica 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 u/c∗
Per determinare i valori critici per il gas ideale politropico è necessario ricavare
preliminarmente la forma esplicita delle funzioni
ovverosia semplicemente
1
2 (γ + 1)h(s l.c., ρ∗ ) = h l.c.
0 .
γ −1
P γ
h = h(s, P) = h r e (s−sr )/R
,
Pr
γ
(s l.c. −sr )/R P∗ 2h l.c. γ −1
e = 0
.
Pr (γ + 1)h r
1
2 γ −1
ρ∗ = ρ0 ,
γ +1
γ
2 γ −1
P∗ = P0 ,
γ +1
2
T∗ = T0 ,
γ +1
dove tutte le grandezze con pedice 0 si riferiscono ai valori nel punto di ristagno.
Per quanto riguarda le velocità critica si ricava
s
2
|u∗ | = c∗ = c0 ,
γ +1
dove si usa il simbolo di vettore per ricordare che la direzione di u non è fissa, dato
che la linea di corrente può essere curva. La velocità massima adimensionale è
quindi data da
s
|u|max γ +1
=
c∗ γ −1
1 c2 1 c02
h + |u|2 = + |u|2 = h l.c.
0 =
2 γ −1 2 γ −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 447 colore nero Maggio 29, 2006
c∗2 1 c02 γ +1 2
+ c∗2 = ⇒ c∗ = c02
γ −1 2 γ −1 2
γ 1
P ρ ρ T γ −1
= e = .
P0 ρ0 ρ0 T0
1 1
ρ γ − 1 |u|2 γ −1 |u|2 γ −1
= 1− = 1 − 2 (γ − 1) 2
1
ρ0 γ + 1 c∗2 c0
γ γ
P γ − 1 |u|2 γ −1 |u|2 γ −1
= 1− = 1 − 2 (γ − 1) 2
1
P0 γ + 1 c∗2 c0
T γ − 1 |u|2 |u|2
= 1− = 1 − 12 (γ − 1)
T0 γ + 1 c∗2 c02
1
j ρ|u| 1 |u|2 γ −1 |u|
= = γ + 1 − (γ − 1) 2 .
j∗ ρ∗ c ∗ 2 c∗ c∗
Questa è la funzione che è stata disegnata nelle figure 9.5, 9.8 e 9.10 per γ = 1.4.
Talvolta è conveniente avere a disposizione le relazioni che forniscono la ve-
locità in funzione delle variabili termodinamiche. Esse si ottengono semplicemente
risolvendo le precedenti relazioni rispetto a |u|. Un calcolo diretto fornisce
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 448 colore nero Maggio 29, 2006
dove c è la velocità del suono nel punto in cui si valuta la velocità u. Il quadrato
del vettore di Mach critico, M(∗) ≡ u/c∗ , è dato allora da
(γ + 1)|M|2
|M(∗) |2 = .
2 + (γ − 1)|M|2
Pertanto, quando |M| varia fra 0 e ∞, |M(∗) |2 varia fra 0 e γγ +1−1 . Quest’ultima
relazione permette di ricavare le variabili termodinamiche sulla linea di corrente in
funzione del numero di Mach locale:
ρ −1
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2 γ −1
ρ0
P −γ
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2 γ −1
P0
T −1
= 1 + 12 (γ − 1)|M|2
T0
Osservazione Le soluzioni considerate valgono solo per correnti in cui non vi
siano onde d’urto. Quando è presente un’onda d’urto, la condizione di costanza
dell’entropia non vale in quanto l’entropia del gas ha una variazione finita nel
punto in cui la linea di corrente attraversa l’onda d’urto. Tuttavia, come vedremo
nell’appendice N, la “relazione di Bernoulli” comprimibile rimane valida anche
quando vi sono onde d’urto, dato che h + 21 |u|2 è una quantità che non cambia
attraverso una superficie di discontinuità delle grandezze fisiche del fluido.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 449 colore nero Maggio 29, 2006
ρ= (ρ + ρ 0 ) = ρ0 e e= (e + e0 ) = e0 ,
∂ρ 0
+ (u + u0 ) ρ 0 + (ρ + ρ 0 ) u0 = 0,
∂t
∂u0 P
+ ((u + u0 ) )u0 + = 0,
ρ + ρ0
∂t
∂e0 P
+ (u + u0 ) e0 + u0 = 0,
ρ + ρ0
∂t
dove
diventano
∂ρ 0
+ u ρ0 + ρ
u0 = 0,
∂t
∂u0 P
+ (u )u0 + = 0,
∂t ρ
∂e0 P
+u e0 + u0 = 0,
∂t ρ
che devono essere risolte utilizzando l’equazione di stato P = P(e, ρ) per esprimere
P(r, t) = P(e(r, t), ρ(r, t)). Per la regola di derivazione delle funzioni composte,
da questa relazione si ricava immediatamente
∂ P(e, ρ) ∂ P(e, ρ)
P(r, t) ∼
= e0 (r, t) + ρ 0 (r, t).
∂e ∂ρ
lineare
P u0 ∼
=P u0 ,
dove P = P(e, ρ). In questo modo si ottiene il sistema delle equazioni di Eulero
linearizzate
∂ρ 0
+ u ρ0 + ρ u0 = 0,
∂t
∂u0 1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
+ (u )u0 + ρ0 + e0 = 0,
∂t ρ ∂ρ ρ ∂e
∂e0 P
+u e0 + u0 = 0.
∂t ρ
∂ρ 0
+ρ u = 0,
∂t
∂u 1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
+ ρ0 + e0 = 0,
∂t ρ ∂ρ ρ ∂e
∂e0 P
+ u = 0.
∂t ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 452 colore nero Maggio 29, 2006
∂ u 1 ∂ P(e, ρ) 2 0 1 ∂ P(e, ρ) 2 0
+ ρ + e = 0.
∂t ρ ∂ρ ρ ∂e
∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) 0
P0 ≡ e + ρ,
∂e ∂ρ
∂ u 1
+ 2
P 0 = 0.
∂t ρ
1 ∂ P(e, ρ) 1 ∂ P(e, ρ)
e ,
ρ ∂ρ ρ ∂e
ρ ∂t ∂ρ ∂e ∂ρ ρ ∂e
ρ ∂t ∂ρ ρ ∂e
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 453 colore nero Maggio 29, 2006
∂ P0
u=− ∂t .
∂ P(e,ρ)
∂ρ
+ P2 ∂ P(e,ρ)
∂e
ρ
1 ∂2 P0
− 2
P 0 = 0.
∂ P(e,ρ)
+ P ∂ P(e,ρ) ∂t 2
∂ρ ρ2 ∂e
P = P̃(s, ρ),
Questa realzione è una conseguenza immediata della formula che definisce P̃(s, ρ)
in termini della funzione P(e, ρ) e di e = ẽ(s, ρ):
che rappresenta la velocità con cui si propagano le piccole perturbazioni nel fluido
e si chiama velocità del suono. In termini della velocità del suono, l’equazione per
la perturbazione P 0 della pressione assume la seguente forma:
1 ∂2 P0
− 2
P 0 = 0,
c 2 ∂t 2
dove c = c(s, ρ). Questa equazione differenziale alle derivate parziali si chiama
equazione delle onde di d’Alembert. Essa è lineare e del secondo ordine, sia nel
tempo sia nello spazio. Per potere essere risolta l’equazione deve essere completata
da opportune condizioni iniziali e al contorno. Per quanto riguarda le condizioni
iniziali sono necessarie due condizioni per la variabile P 0 mentre le condizioni al
contorno saranno dello stesso tipo delle condizioni per i problemi ellittici.
∂u P 0 (r, t)
=−
.
∂t ρ
∂ u
= 0,
∂t
che dice che la vorticità della campo di velocità della perturbazione non cambia nel
tempo. Se la velocità di perturbazione iniziale è irrotazionale (e il dominio occupato
dal fluido è semplicemente connesso) allora potremo esprimere il campo di velocità
iniziale mediante un potenziale φ0 e quindi u(r, 0) = u0 (r) = φ0 (r), dove la φ0 (r)
è una funzione nota. In questo caso la vorticità della perturbazione sarà sempre
nulla, ossia u = 0 per ogni t > 0. Pertanto la velocità della perturbazione sarà
∂ φ P 0 (r, t)
=−
,
∂t ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 456 colore nero Maggio 29, 2006
∂φ P 0 (r, t)
=− ,
∂t ρ
avendo preso uguale a zero la costante (in realtà funzione del tempo) di integrazione.
Integrando poi rispetto al tempo si ottiene
Z t
1
φ(r, t) = φ0 (r) − P 0 (r, τ ) dτ.
ρ 0
1 0
F(r) = ρ00 (r) − P0 (r),
c2
dove P00 (r) è la condizione iniziale per la perturbazione della pressione, data da
∂ P(e, ρ) 0 ∂ P(e, ρ) 0
P00 (r) = e0 (r) + ρ0 (r).
∂e ∂ρ
1 0
ρ 0 (r, t) = ρ00 (r) + 2
P (r, t) − P00 (r) .
c
Un ragionamento analogo permette di dedurre anche la soluzione dell’equazione
dell’energia
P 0
e0 (r, t) = e00 (r) + P (r, t) − P00 (r) .
(ρ c )2
det(A − λI) = 0.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 459 colore nero Maggio 29, 2006
Nel caso fluidodinamico in esame, la matrice del sistema iperbolico dipende dal
vettore w per cui anche i suoi autovalori saranno funzione di w. L’equazione
caratteristica del nostro problema agli autovalori sarà quindi scritta nel seguente
modo
det[A(w) − λ(w)I] = 0,
dove
u−λ ρ 0
1 ∂P
A(w) − λ(w)I = u−λ 1 ∂P
ρ ∂ρ e ρ ∂e ρ
0 P
ρ
u−λ
Ma la somma dei due termini con le due drivate parziali è esattamente il quadrato
della velocità c = c(e, P) del suono, per cui l’equazione caratteristica si può
scrivere
(u − λ) (u − λ)2 − c2 = 0.
u−λ=0 e (u − λ)2 − c2 = 0.
λ1 = u − c, λ2 = u, λ3 = u + c.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 460 colore nero Maggio 29, 2006
è rilevante anche per lo studio delle correnti in cui le perturbazioni possono essere
di ampiezza finita. Nel caso generale (ossia senza l’approssimazione acustica) la
velocità del suono potrà essere diversa in ogni punto del fluido. Si introduce allora
la variabile adimensionale
u
M=
c
che rappresenta una misura adimensionale della velocità del fluido in ogni punto
riferita al valore locale c della velocità del suono nello stesso punto. Questa quantità
si chiama numero di Mach locale. Le correnti comprimibili sono classificate a
seconda del valore del numero di Mach locale. Precisamente, quando in un punto
• |M| 1, diciamo |M| ' 0.2, la corrente è detta subsonica;
• |M| ' 0.7, la corrente è detta transonica;
• |M| > 1, ma non troppo maggiore di 1, la corrente è detta supersonica;
• |M| > 3, la corrente è detta ipersonica.
∂ρ
+ (ρ φ) = 0.
∂t
Specifichiamo ora l’equazione per la velocità che, in assenza di forze esterne, può
essere scritta come
∂u 1 P
+( u) u + |u|2 + = 0,
∂t 2 ρ
∂ φ 1 P(s, ρ)
+ | φ|2 + = 0.
∂t 2 ρ
∂ P(s, ρ)
P(s, ρ) = ρ = c2 (s, ρ) ρ,
∂ρ
7
Nel caso di dominio molteplicemente connesso, il potenziale cinetico esiste solo per alcuni
campi irrotazionali, non tutti.
8
In realtà esisteranno infiniti potenziali essendo la funzione φ(r, t) definita a meno di
un’arbitraria funzione additiva del tempo. Infatti la trasformazione φ(r, t) → φ 1 (r, t) =
φ(r, t) + Φ(t), con Φ(t) arbitraria, non ha alcuna conseguenza sul campo di velocità, essendo
u = φ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 462 colore nero Maggio 29, 2006
dove c indica la velocità di propagazione del suono, per cui l’equazione della
velocità può essere scritta nel seguente modo:
∂ φ 1 c2 (s, ρ)
+ | φ|2 + ρ = 0.
∂t 2 ρ
Quindi le due equazioni che governano il moto irrotazionale con entropia uniforme
di un fluido comprimibile costituiscono il sistema
∂ρ
+ (ρ φ) = 0,
∂t
∂ φ 1 c2 (s, ρ)
+ | φ|2 + ρ = 0,
∂t 2 ρ
dove c(s, ρ) è una funzione nota. Le due equazioni per le due incognite φ e ρ sono
accoppiate fra loro. La presenza del termine di derivata ibrida spazio-temporale
rende questo sistema molto difficile da risolvere (almeno in forma differenziale
forte), per cui ne ricerchiamo una versione alternativa diversa.
Per prima cosa possiamo riscrivere il termine con il gradiente della densità in
una forma alternativa sfruttando la seguente identità differenziale
Z ρ(r,t) 2
c2 (s, ρ) c (s, ρ 0 ) 0
ρ= dρ .
ρ0
ρ
Notare che la variabile ρ 0 nell’integrale rappresenta semplicemente la variabile di
integrazione e, diversamente da ρ(r, t), non è un campo.
L’integrale considerato è esprimibile in un modo che contiene la funzione
entalpia h(s, ρ). Infatti, dalla definizione di entalpia, h = e + Pρ , segue che
∂h ∂e 1 ∂P P 1 ∂P
= + − 2 = ,
∂ρ s ∂ρ s ρ ∂ρ s ρ ρ ∂ρ s
dove si è utilizzata l’identità P = − ∂v
∂e
s
= +ρ 2 ∂ρ
∂ ẽ
s
conseguenza della definizione
di pressione. Essendo quindi
∂h c2
= ,
∂ρ s ρ
abbiamo anche
Z ρ 2 Z
c (s, ρ 0 ) 0 ρ
∂h(s, ρ 0 ) 0
dρ = dρ = h(s, ρ) + f (s),
ρ0 ∂ρ 0
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 463 colore nero Maggio 29, 2006
dove f (s) è una funzione che dipenderà dal tipo di fluido. Considerando ora una
corrente con entropia uniforme, s = s, e con densità ρ = ρ(r, t), abbiamo allora
c2 (s, ρ)
ρ= [h(s, ρ) + f (s)] = h(s, ρ).
ρ
∂φ
+
1
2
| φ|2 + h(s, ρ) = 0,
∂t
ovverosia,
∂φ 1
+ | φ|2 + h(s, ρ) = 0.
∂t 2
∂φ 1
+ | φ|2 + h(s, ρ) = C(t),
∂t 2
dove C(t) rappresenta una funzione arbitraria. Questa funzione potrebbe essere fatta
sparire dall’equazione assorbendola nel potenziale φ, che è definito a meno di una
funzione arbitraria del Rtempo: basterebbe infatti aggiungere a φ la funzione di una
t
sola variabile Φ(t) = C(t 0 ) dt 0 , visto che in ogni caso u = φ. L’eliminazione
della funzione arbitraria (e del tutto irrilevante) C(t) è però impossibile nel caso
stazionario. In effetti, l’integrazione dell’equazione per correnti stazionarie
1
| φ| + h(s, ρ) = 0
2
conduce a
| φ|2
+ h(s, ρ) = C,
2
dove C è la costante di integrazione, che è univocamente determinata dal valore
dell’espressione in un punto del fluido, ad esempio nel punto r 1 . Scriveremo allora
| φ(r)|2
+ h(s, ρ(r)) = C,
indicata diventa
∂t 2
| φ(r)|2
+ h(s, ρ(r)) + χ(r) = C,
dove C = 12 | φ(r1 )|2 + h(s, ρ(r1 )) + χ(r1 ). Questa equazione stazionaria valida
∂t
∂φ | φ|2
+ + h(s, ρ) = C(t).
∂t 2
Questo sistema è ancora molto difficile da risolvere perché l’incognita ρ è presente
sia nella prima equazione, come argomento della derivata temporale, sia nella
seconda, come variabile della funzione algebrica che definisce l’entalpia del fluido.
Si ricerca allora un’equazione diversa che possa evitare questa complessità appena
indicata. La nuova equazione si ottiene combinando opportunamente l’equazione
di conservazione della massa con l’equazione della velocità.
Riscriviamo l’equazione di conservazione della massa sviluppando il termine
con la divergenza:
∂ρ
+ ρ∇ 2 φ + ρ φ = 0.
∂t
Moltiplicando poi scalarmente per la velocità φ l’equazione della velocità conte-
ottiene
1 ∂ 1 c2 (s, ρ)
| φ|2 + ( φ)
| φ|2 +
φ ρ = 0.
2 ∂t 2 ρ
Eliminando il termine misto ρ φ fra le due equazioni appena scritte si ottiene:
1 ∂ 1 1 ∂ρ
| φ|2 + ( φ)
| φ| + c (s, ρ) −
2 2
− ∇ φ = 0.
2
2 ∂t 2 ρ ∂t
2
Ma il termine cρ ∂ρ
∂t si può esprimere in modo diverso. Infatti, nella corrente con
entropia uniforme P = P(s, ρ), per cui, sempre per il teorema di derivazione di
una funzione composta, risulta
∂ P(s, ρ) ∂ P(s, ρ) ∂ρ ∂ρ
= = c2 (s, ρ) .
∂t ∂ρ ∂t ∂t
Questa relazione permette di trasformare la derivata di ρ rispetto a t in quella di P.
Quest’ultima derivata temporale può essere ricavata a sua volta dalla relazione
∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 + = 0,
∂t 2 ∂t ρ ∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 466 colore nero Maggio 29, 2006
c2 (s, ρ) ∂ρ 1 ∂ P(s, ρ) ∂ 2φ 1 ∂
= =− 2 − | φ|2 .
ρ ∂t ρ ∂t ∂t 2 ∂t
∂ 2φ ∂ 1
2
+ | φ|2 + ( φ) | φ|2 − c2 (s, ρ)∇ 2 φ = 0.
∂t ∂t 2
In questa equazione per φ compare anche la variabile incognita ρ, per cui l’equazione
deve essere messa a sistema con quella trovata in precedenza contenente la funzione
entalpia. Si perviene quindi al seguente sistema
∂ 2φ ∂ 1
+ | φ|2 + ( φ) | φ|2 − c2 (s, ρ)∇ 2 φ = 0,
∂t 2
∂t 2
∂φ 1
+ | φ|2 + h(s, ρ) = C(t),
∂t 2
∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 + = 0.
∂t 2 ∂t ρ ∂t
∂t 2
2 ∂t ∂t ρ
Infatti, in virtù delle regole di derivazione del prodotto di funzioni e delle funzioni
composte, il termine di sinistra vale
∂ ∂ρ ∂
f (ρ) P(ρ) = f 0 (ρ)
P(ρ) + f (ρ) P(ρ) ,
∂t ∂t ∂t
mentre il termine di destra vale
∂ P(ρ) ∂ P(ρ) ∂ P(ρ)
f (ρ) = f 0 (ρ) ρ + f (ρ) .
∂t ∂t ∂t
Dato che gli operatori e ∂t∂ commutano, i due ultimi termini dei due secondi
membri coincidono, per cui l’identità considerata è esatta se vale l’identità più
semplice
∂ρ ∂ P(ρ)
P(ρ) = ρ .
∂t ∂t
Ma questa identità è certamente vera poiché, calcolando entrambe le derivate della
funzione P(ρ) e usando ancora una volta la regola di derivazione delle funzioni
composte, si ottiene
∂ρ 0 ∂ρ
P (ρ) ρ = ρ P 0 (ρ) ,
∂t ∂t
che è un’identità ovvia. Applicando questo risultato nel caso particolare f (ρ) = ρ1 ,
possiamo allora riscrivere l’equazione con la derivata seconda temporale nel modo
seguente:
∂2 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
φ+ | φ|2 + = 0.
∂t 2 ∂t ρ ∂t
2 ∂t ρ ∂t
∂ 2φ 1 ∂ 1 ∂ P(s, ρ)
2
+ | φ|2 + = D(t),
∂t 2 ∂t ρ ∂t
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dove D(t) è una funzione arbitraria. Questa funzione può essere riassorbita nella
definizione del potenziale φ, che è definito a meno di una funzione del tempo
arbitraria: basterà aggiungere a φ la funzione Φ(t) data dal seguente integrale
R t R t0
doppio Φ(t) = D(t 00 ) dt 00 dt 0 . Questo dimostra l’identità considerata.
Alternativamente, se si conosce la velocità del suono in funzione dell’entalpia
specifica h e dell’entropia s, allora si può usare come vaiabile incognita h al posto
della densità ρ e il sistema precedente si può scrivere anche, in modo equivalente,
∂ 2φ ∂ 1
2
+ | φ|2 + ( φ)
| φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0,
∂t ∂t 2
∂φ 1
+ | φ|2 + h = C(t),
∂t 2
2
∂ φ 1 ∂ ∂φ 1
+ | φ| 2
+ φ + ( φ) | φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0.
∂t 2
2 ∂t ∂t 2
Raccogliendo l’operatore ∂t∂ a fattore comune nei primi due termini e l’operatore
φ a fattore comune nel terzo e quarto termine, la relazione assume la forma
∂ ∂φ 1 ∂φ 1
+ | φ|2 + φ + | φ|2 − c2 (s, h)∇ 2 φ = 0.
∂t ∂t 2 ∂t 2
Sostituendo la seconda equazione del sistema precedente nell’equazione cosı̀ ela-
borata, si ottiene il sistema
∂h
+ φ h + c2 (s, h)∇ 2 φ = C 0 (t),
∂t
∂φ 1
+ | φ|2 + h = C(t),
∂t 2
consistente in due equazioni del primo ordine nel tempo, nelle due incognite φ(r, t)
e h(r, t), accoppiate fra loro dal termine φ h e dalla funzione c 2 (s, h).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 469 colore nero Maggio 29, 2006
φ h + c2 (s, h)∇ 2 φ = 0,
2| φ|2 + h = C,
1
dove naturalmente le due incognite φ e h sono ora campi scalari indipendenti dal
tempo, ossia φ = φ(r) e h = h(r). Se scriviamo il termine con l’operatore di
Laplace come primo termine dell’equazione ed eliminiamo la variabile h, abbiamo
allora la singola equazione ellittica, detta equazione del potenziale completo,
2c2 s, h t1 − 21 | φ|2 ∇ 2 φ − ( φ)
| φ|2 = 0,
per correnti stazionarie può essere scritta, ad esempio, anche nella forma
c2 s, h t∞ − 21 | φ|2 ∇ 2 φ − ( φ) ( φ
) φ = 0,
φ = U∞ x + Φ ovvero φ = U∞ x̂ + Φ.
ossia,
| Φ| U∞ .
∂
= U∞
2
x̂ Φ
∂x
∂ 2Φ
= U∞
2
.
∂x2
Questa equazione è molto semplificata ma è ancora un’equazione non lineare a
causa della dipendenza dalla vecchia incognita φ nell’espressione della velocità del
suono. Per consistenza è allora necessario procedere alla linearizzazione anche di
questo termine. Abbiamo
2
= h ∞ + 12 |U∞ |2 − 21 U∞ + 2U∞ ∂Φ
∂x
+ | Φ|2
= h ∞ − U∞ ∂Φ
∂x
− 12 | Φ|2 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 471 colore nero Maggio 29, 2006
h t∞ − 12 | φ|2 = h ∞ − U∞ ∂Φ
∂x .
La velocità del suono che compare nell’equazione potrà quindi essere approssimata
utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor attorno a h ∞ arrestato al primo ordine:
c s, h t∞ − 12 | φ|2 = c s, h ∞ − U∞ ∂Φ
∂x
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
= c(s, h ∞ ) + −U∞
∂h ∂x
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
= c∞ − U∞
∂h ∂x
dove c∞ = c(s, h ∞ ). Il quadrato della velocità del suono è allora
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ 2
c s, h ∞ − 2 | φ| = c∞ − U∞
2 t 1 2
∂h ∂x
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ ∂c(s, h ∞ ) ∂Φ 2
= c∞ − 2c∞ U∞
2
+ U∞ .
∂h ∂x ∂h ∂x
Il termine quadratico è trascurabile rispetto a quello lineare per cui vale l’approssi-
mazione
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ
c2 s, h t∞ − 21 | φ|2 = c∞
2
1 − 2Ma∞ ,
∂h ∂x
dove si è introdotto il numero puro Ma∞ = U∞ /c∞ , chiamato numero di Mach
della corrente imperturbata. Sostituendo questo risultato nell’equazione per Φ si
ottiene
∂c(s, h ∞ ) ∂Φ ∂ 2Φ
1 − 2Ma∞ ∇ 2 Φ − Ma2∞ 2 = 0.
∂h ∂x ∂x
Nel caso in cui il termine proporzionale a Ma∞ sia trascurabile, i due termini
con la derivata seconda nella direzione della corrente possono essere raggruppati,
ottenendo infine l’equazione delle piccole perturbazioni
∂ 2Φ ∂ 2Φ ∂ 2Φ
1 − Ma2∞ + + = 0.
∂x2 ∂y 2 ∂z 2
Questa equazione lineare può essere usata per correnti sia subsoniche sia super-
soniche. Nel primo caso l’equazione è ellittica mentre nel secondo è iperbolica.
Tuttavia essa non è valida per Ma∞ prossimo a 1 o 1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 472 colore nero Maggio 29, 2006
∂s
+u s = 0.
∂t
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂u 1 P(s, ρ)
+( u) u + |u|2 + = 0,
∂t 2 ρ
∂s
+u s = 0,
∂t
dove la pressione è stata espressa come funzione dell’entropia s oltre che della
densità ρ = 1/v. Inoltre il termine convettivo dell’equazione della quantità di moto
è stato scritto nella forma rotazionale.
Il termine con il gradiente della pressione può essere sviluppato nel modo
seguente
∂P ∂P
P(s, ρ) = s+ ρ
∂s ρ ∂ρ s
∂P
= s + c2 (s, ρ) ρ
∂s ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 473 colore nero Maggio 29, 2006
in cui compare la velocità del suono c. Nel caso di correnti stazionarie, le precedenti
equazioni di Eulero possono allora essere riscritte come
(ρu) = 0,
1 1 ∂P c2 (s, ρ)
( u) u + |u|2 + s+ ρ = 0,
2 ρ ∂s ρ ρ
u s = 0.
1
2 ρu |u|2 + c2 (s, ρ) u ρ = 0.
fornisce
c2 (s, ρ) u − 12 u |u|2 = 0.
Mettendo ora a sistema questa equazione con quella di conservazione della massa e
quella dell’entropia si ottiene un sistema di sole tre equazioni ancora nelle medesime
cinque incognite ρ, u e s. Tale sistema risulta quindi avere un numero di equazioni
insufficiente per potere essere risolvibile.
(ρu) = 0,
c (s, ρ)2
u − 12 u |u|2 = 0,
u = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 474 colore nero Maggio 29, 2006
dove, ancora una volta, la nuova funzione c(s, h) è stata indicata senza preoccuparsi
di evidenziare la differenza rispetto alla precedente funzione c(s, ρ).
Nel caso considerato di corrente con entropia uniforme, possiamo determinare
la costante di integrazione dell’equazione dell’entalpia totale introducendo il valore
h t∞ : in questo modo potremo ridurre il sistema a due sole equazioni scalari nelle
due incognite u e v:
u2 ∂u v2 ∂v
1− + 1 −
c2 (s, h t∞ − 12 (u 2 +v 2 )) ∂ x c2 (s, h t∞ − 12 (u 2 +v 2 )) ∂y
uv ∂v ∂u
− 2 t 1 2 2 + = 0,
c (s, h ∞ − 2 (u +v )) ∂x ∂y
∂u ∂v
− = 0.
∂y ∂x
Come già visto nel precedente paragrafo 9.10, la corrente stazionaria irrotazionale
con entropia uniforme di un gas ideale politropico è indipendente dal valore s di
tale variabile.
sistema di due equazioni per corrente assisimmetriche prive della componente ro-
tatoria del moto.
u 2R ∂u R u 2z ∂u z
1− + 1 −
c2 (s, h t∞ − 12 (u 2R +u 2z )) ∂ R c2 (s, h t∞ − 12 (u 2R +u 2z )) ∂z
u R uz ∂u z ∂u R uR
− 2 t 1 2 2 + + = 0,
c (s, h ∞ − 2 (u R +u z )) ∂R ∂z R
∂u R ∂u z
− = 0,
∂z ∂R
ρ
ρ ρ ∂s ρ ρ
dove c è la velocità del suono. D’altra parte, se consideriamo la relazione fonda-
mentale dell’entalpia specifica, h = h(s, P), avremo
∂h ∂h
h= s+ P
∂s P ∂P s
P
= T s +v P = T s+
,
ρ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 477 colore nero Maggio 29, 2006
P
= −T s +
h.
ρ
Cosideriamo ora la seguente forma dell’equazione della quantità di moto dipendente
dal tempo in cui il termine convettivo è scritto in forma rotazionale
∂u 1 P
+( u) u + |u|2 + = 0.
∂t 2 ρ
Sostituendo in questa equazione l’espressione di ( P)/ρ appena ricavata e intro-
h t = h + 12 |u|2 ,
u u + T (s, h) s − h t = 0,
u s = 0,
u h t = 0,
in cui T (s, h) rappresenta una funzione di stato che dipende dal tipo di gas e che
si suppone nota. Abbiamo pertanto un sistema di 5 (3 + 2) equazioni, chiamate
equazioni di Crocco, nelle incognite u, s e h t , che sono appunto 5 incognite scalari.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 9 – pagina 478 colore nero Maggio 29, 2006
in cui l’equazione di stato T = T (s, h) del fluido è nota. Nel caso di correnti
tridimensionali abbiamo un sistema di 4 (3+1) equazioni nelle incognite u e s.
cP
u s = 0.
Quindi, nel caso di gas ideale politropico l’entropia figura nel problema in modo
puramente lineare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 479 colore nero Dicembre 29, 2005
479
CAPITOLO 10
Correnti comprimibili
viscose
Introduzione Questo ultimo capitolo è dedicato alle equazioni che governano il
moto dei fluidi comprimibili viscosi con conducibilità termica non nulla. I fluidi
dotati di queste proprietà fisiche sono sufficientemente generali da descrivere un
grande numero di fenomeni fluidodinamici di rilevante interesse applicativo. Le
equazioni per le correnti comprimibili e viscose si ottengono a partire dagli stessi
principi di conservazione usati per formulare le equazioni di Eulero comprimibili
nel precedente capitolo. Le nuove equazioni sono tuttavia pi ù generali in quanto
contengono alcuni termini aggiuntivi dovuti all’esistenza di fenomeni diffusivi
all’interno di un fluido reale. In particolare, nell’equazione di bilancio della quantità
di moto deve essere inclusa la forza causata dal frenamento viscoso mentre nella
legge di conservazione dell’energia si dovrà tenere conto sia del fenomeno della
conduzione del calore nel fluido sia del riscaldamento del fluido a causa dell’attrito
viscoso al suo interno. Le equazioni che incorporano al loro interno tutti questi
fenomeni sono le celebri equazioni di Navier–Stokes comprimibili o complete.
Esse descrivono fenomeni quali, ad esempio, lo sviluppo dello strato limite in un
fluido comprimibile, la struttura interna delle onde d’urto e l’interazione fra strato
limite e onde d’urto in un gas.
Lo scopo di questo capitolo non è però quello di mostrare delle applicazioni
specifiche delle equazioni di Navier–Stokes comprimibili bensı̀ di concludere la
nostra introduzione alla dinamica dei fluidi fornendo un sistema di equazioni pi ù
generale che include, come casi particolari, alcune delle forme delle equazioni
viste nei capitoli precedenti. Lo studente è invitato quindi a leggere questo breve
capitolo solo per cogliere la visione di sintesi che le equazioni di Navier–Stokes
comprimibili permettono, senza pretendere di capire la complessità dei fenomeni
che queste equazioni possono rappresentare.
Infatti, da un lato lo studio delle equazioni di Navier–Stokes complete cos-
tituisce un capitolo particolarmente ricco e complesso della dinamica dei fluidi
e dall’altro la loro risoluzione può essere affrontata quasi esclusivamente per via
numerica. Di conseguenza, i problemi delle correnti nelle quali gli effetti sia della
comprimibilità del fluido sia della sua viscosità e conducibilità termica sono rilevanti
potranno essere affrontati solo in una fase successiva all’introduzione elementare
alla fluidodinamica qui proposta.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 480 colore nero Dicembre 29, 2005
dove ê ed ê0 sono due versori la cui direzione varia in tutte le possibili direzioni, in
modo da generare il carattere tensoriale di . Anche la definizione generale indica
che la matrice del tensore (u) è simmetrica. Gli elementi di (u) in un sistema
di coordinate curvilinee ortogonali con versori ê1, ê2 ed ê3 sono dati da
ei, j (u) = 1
2
êi (ê j )u + ê j (êi )u , i, j = 1, 2, 3.
Per ricavare questi elementi si deve pertanto ricordare che il calcolo della derivata
(ê j )u richiede di espandere u in termini delle sue componenti nello stesso sistema
di coordinate curvilinee, ovvero,
(ê j )u = (ê j ) u 1 ê1 + u 2 ê2 + u 3 ê3 ,
e di tenere conto che anche i versori ê1, ê2 ed ê3 in generale possono dipendere da
una o più coordinate, per cui alcune loro derivate saranno diverse da zero.
cot θ u θ 1 ∂u φ
eφ,φ (u) = ur
r + r + r sin θ ∂φ .
fluido viscoso è necessario introdurre una grandezza di nuovo tipo, che si chiama
tensore degli sforzi viscosi e che si indica con il simbolo particolare . Questa
grandezza è la forza per unità di area relativa alle tre diverse orientazioni nello spazio.
Essa è una grandezza intrinseca, come lo sono i vettori, ma rappresenta un operatore
lineare, nel senso che la sua azione su un determinato vettore produce un altro
vettore. In un determinato sistema di riferimento il tensore sarà descritto da una
matrice i cui elementi dipendono dal sistema scelto, esattamente come accade per
un vettore e le sue componenti. Precisamente una colonna del tensore rappresenta
la forza per unità di area che si esercita attraverso una superficie elementare ∆S la
cui normale è nella direzione corrispondente alla colonna considerata.
Si può dimostrare che la legge di conservazione del momento della quantità
di moto (o momento angolare) implica che il tensore degli sforzi deve essere
simmetrico. Nel caso di coordinate cartesiane il tensore degli sforzi viscosi è
allora dato dalla matrice simmetrica
sx,x sim sim
= s y,x s y,y sim
sz,x sz,y sz,z
mentre, in un sistema di coordinate curvilinee ortogonali con versori (ê1 , ê2 , ê3 ), il
n̂ tensore degli sforzi viscosi sarà indicato nella forma generale:
∆S
sn̂
s1,1 sim sim
= s2,1 s2,2 sim
s3,1 s3,2 s3,3
Figura 10.1
Vettore di sforzo viscoso, ovvero Noto il tensore dello sforzo viscoso in un punto del fluido, possiamo introdurre il
proiezione del tensore lungo la vettore sforzo viscoso sn̂ relativo a una superficie con normale n̂ facendo agire il
direzione della normale n̂ tensore su n̂ (vedi figura 10.1)
sn̂ = n̂.
= ( (u)).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 484 colore nero Dicembre 29, 2005
In linea teorica sono possibili legami aventi forme diverse, ma il caso di un semplice
legame lineare fra e è particolarmente importante e conduce alla classe di fluidi
viscosi detti newtoniani. Come già osservato nel paragrafo 5.10, questa ipotesi
è il corrispettivo per i fluidi dell’ipotesi di linearità nei solidi tra gli sforzi e le
deformazioni che caratterizza il comportamento perfettamente elastico di un mezzo
continuo solido.
Supponiamo ora che sia una funzione lineare di e che il fluido sia isotropo,
cioè che le sue proprietà siano indipendenti dalla direzione nello spazio. Si può
allora dimostrare che il principio di invarianza delle grandezze intrinseche (vettori
e tensori) rispetto alle rotazioni e alle riflessioni nello spazio implica che siano
sufficienti solo due coefficienti scalari per caratterizzare il legame lineare fra i
tensori ed , e che tale legame assume la seguente forma
(u) = 2µ (u) + λ ( u) ,
µ≥0 e λ + 32 µ ≥ 0.
Nel caso di gas monoatomici, tra i due coefficienti di viscosità esiste il legame
λ = − 23 µ, noto come condizione di Stokes, ma non sarà mai utilizzato nel seguito.
Osserviamo che il tensore degli sforzi viscosi si somma allo sforzo normale
dovuto alla pressione per costituire il tensore totale degli sforzi
(P, u) = −P + (u),
(P, u) = −P + 2µ (u) + λ ( u) .
In certi casi si preferisce fare comparire un nuovo tensore con traccia nulla. Osser-
vando allora che u è uguale alla traccia di (u), la relazione lineare precedente
fra il tensore dei gradienti di velocità e il tensore degli sforzi viscosi si può riscrivere
anche nella forma seguente:
(u) = 2µ (u) − 13 ( u) + ζ ( u) ,
In generale, per fluidi con proprietà generiche, il valore dei due coefficienti di
viscosità dipende dalle condizioni termodinamiche del fluido, per cui potremo
scrivere
per cui il valore di µ e λ dipenderà della posizione e dal tempo, ovvero avremo, per
esempio,
uθ
∂θ + R ∂ R R
(u) = µ R1 ∂u R ∂
2µ uRR + R1 ∂u ∂θ + λ
θ
u sim
∂u R ∂u z ∂u θ 1 ∂u z
∂u z
µ ∂z + ∂ R µ ∂ z + R ∂θ 2µ ∂ z + λ u
dove
1 ∂(Ru R ) ∂u z
u= + .
R ∂R ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 486 colore nero Dicembre 29, 2005
dove
assisim ur cot θ u θ
sφ,φ (u) = 2µ + +λ u
r r
e inoltre
1 ∂(r 2 u r ) 1 ∂(sin θ u θ )
u= 2
+ .
r ∂r r sin θ ∂θ
n
µ(T ) T
≈ ,
µ1 T1
e la legge di Sutherland:
32
µ(T ) T1 + S T
≈ .
µ1 T +S T1
2
µ(T ) T T
ln ≈a+b +c .
µ1 T1 T1
Per l’acqua, con T1 = 273 K, µ1 = 1.80 × 10−3 kg/(m · s), valori adeguati sono
a = −1.94, b = −4.80 e c = 6.74, che garantiscono un’accuratezza dell’1%.
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P = ρg.
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 488 colore nero Dicembre 29, 2005
Fvisc = (u).
dove s êj(u) rappresenta il vettore sforzo viscoso relativo a una superficie con
versore normale uguale a ê j . Detto sn̂ (u) il vettore sforzo relativo a una superficie
di normale generica n̂, posta in un punto di un campo di moto u e in cui il tensore
degli sforzi viscosi è (u), abbiamo per definizione
ovvero
X
3
sn̂, j (u) = n̂ i si, j (u), j = 1, 2, 3.
i=1
Fjvisc =
2µ (ê j )u + µ ê j
u + λ ê j
u, j = 1, 2, 3.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 489 colore nero Dicembre 29, 2005
+ 2( µ)
u − 2( µ) u + 2(( µ) )u.
Questo risultato ha una forma vettoriale intrinseca ed è valida in qualunque sistema
di coordinate curvilinee ortogonali. Per scrivere in modo pi ù compatto la forza
viscosa Fvisc conviene introdurre una speciale notazione che rappresenta in un solo
termine i tre ultimi termini contenenti il vettore µ. Definiamo il seguente operatore
differenziale vettoriale lineare
(p)
?u≡p
u−p u + (p )u,
che dipende, pure linearmente, dal campo vettoriale p, indicato come indice supe-
riore prefisso all’operatore ? . Con questa definizione, l’espressione della forza
viscosa assume la forma
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P
∂t
= − (µ u) + ((2µ + λ) u) + 2 ( µ)
? u + ρg.
Conducibilità termica
Supponiamo che nel fluido esista un flusso di calore che indichiamo con la
grandezza vettoriale q. Sempre nell’ipotesi di considerare un legame lineare tra le
grandezze diffusive e il gradiente corrispondente da cui dipendono, per la legge di
Fourier i due vettori q e T sono legati dalla relazione di proporzionalità
q = −κ T,
κ = κ(T, P).
Questo coefficiente deve inoltre essere sempre positivo, κ > 0 per ogni valore di T
e P, per ragioni termodinamiche.
La presenza del flusso di calore q all’interno del fluido equivale a una sorgente
di energia in ogni suo punto quando il flusso del campo vettoriale q attraverso a
una piccola superficie intorno al punto è diverso da zero. In altre parole, nel fluido
avremo una quantità di energia per unità di volume, che va ad aumentare l’energia
interna del fluido nell’unità di tempo, data dalla relazione = − q, dove il
segno meno davanti alla divergenza è necessario per indicare la direzione entrante
nel volume elementare. Utilizzando la legge di Fourier abbiamo
= (κ T ).
Per quanto riguarda invece l’aumento dell’energia interna a causa delle forze interne
viscose, la loro potenza (lavoro per unità di tempo) per unità di volume è data
dalla contrazione del tensore degli sforzi viscosi con il tensore simmetrico dei
gradienti della velocità, ossia (u) : (u). (Per contrazione di due tensori si
intende la doppia sommatoria su entrambi gli indici dei tensori.) Per un fluido
viscoso newtoniano questo termine vale allora:
dove
1X 3 X 3
| (u)|2 = (u) : (u) = ei, j (u) ei, j (u).
4 i=1 j =1
Φ( u, µ, λ) = (u) : (u),
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u
∂t
= (κ T ) + 2µ | (u)|2 + λ ( u)2 .
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ (ρu ⊗ u) + P
∂t
= − (µ u) + ((2µ + λ) u) + 2 ( µ)
? u + ρg,
∂(ρe)
+ (ρeu) + P u
∂t
= (κ T ) + 2µ | (u)|2 + λ ( u)2 ,
dove
(u) = 1
2
ê (ê0 )u + ê0 (ê )u .
1
Gli autori sono grati a David Massegur Sampietro per avere permesso di chiarire questo
punto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 493 colore nero Dicembre 29, 2005
Occorre allora affrontare il problema basandosi sulla forma originaria delle leggi
di conservazione originarie, utilizzando, ad esempio, l’energia totale per unità di
volume, E t = ρet , come variabile incognita, invece dell’energia interna. Questa
scelta, che è del tutto naturale quando si risolvono in modo numerico le equazioni
di Eulero comprimibili, deve essere seguita anche nel risolvere le equazioni di
Navier–Stokes.
Pertanto, in assenza di forze di volume esterne, g = 0, le equazioni di Navier–
Stokes si scrivono nella cosiddetta forma conservativa
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ ρu ⊗ u + P = (u),
∂t
∂(ρet )
+ (ρet + P)u = κ T + u (u) ,
∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ),
dove
et = e + 12 |u|2
è l’enegia totale specifica mentre il tensore degli sforzi viscosi (u) nel caso di
fluido newtoniano è definito da
(u) = 2µ (u) + λ ( u) .
∂ρ
+ q = 0,
∂t
∂q q⊗q
+ +P = (q/ρ),
∂t ρ
∂ Et q q
+ (E + P)
t
= κ T+ (q/ρ) .
∂t ρ ρ
Et |q|2
P=P ρ − 2ρ 2
,ρ ,
Et |q|2
T =T ρ
− 2ρ 2
,ρ .
PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 495
seguente sistema
Il volume V è fisso nello spazio Z I
per cui l’operatore di derivata d
d ρ+ ρu n̂ = 0,
ordinaria dt può passare sotto il dt V ∂V
segno di integrale, dove diventa Z I I
d
la derivata parziale ∂t∂ perché la ρu + (ρu ⊗ u + P ) n̂ = (u) n̂,
funzione integranda dipende dt V ∂V ∂V
Z I I
anche da r, oltre che da t. d
ρe +
t
(ρe + P) u n̂ =
t
κ T + u (u) n̂.
dt V ∂V ∂V
Notiamo che, essendo il volume V fisso nello spazio, l’operatore di derivata parziale
rispetto a t è uscito all’esterno del segno di integrale, dove ha assunto la forma
corretta di derivata ordinaria.
Le equazioni appena ricavate contengono ancora le derivate rispetto al tempo
che non possono essere calcolate se nella soluzione sono presenti discontinuit à
che si propagano. Per eliminare questo inconveniente è necessario integrare le
equazioni anche nel tempo. Considerando, ad esempio, i due istanti successivi t n
e tn+1 , si integra sull’intervallo [tn , tn+1 ] e, in virtù del teorema fondamentale del
calcolo differenziale, si ottiene immediatamente
Z Z Z tn+1 I
ρ(r, tn+1 ) − ρ(r, tn ) + dt ρu n̂ = 0,
V V tn ∂V
Z Z Z tn+1 I Z tn+1 I
(ρu)(r, tn+1 ) − (ρu)(r, tn ) + dt (ρu ⊗ u + P ) n̂ = dt (u) n̂,
V V tn ∂V tn ∂V
Z Z Z tn+1 I Z tn+1 I
(ρe )(r, tn+1 ) −
t
(ρe )(r, tn ) +
t
dt (ρe + P) u n̂ =
t
dt κ T + u (u) n̂.
V V tn ∂V tn ∂V
Questo sistema può essere riscritto in un modo più conveniente dal punto di vista
algoritmico, indicando con V j , j = 1, 2, . . . , tutti i volumi di controllo e intro-
ducendo le quantità medie delle variabili conservative nei volumi V j al tempo tn ,
definite nel modo seguente:
Z
1
ρ jn = ρ(r, tn ) dV,
V j Vj
Z
1
(ρu)nj = ρ(r, tn ) u(r, tn ) dV,
V j Vj
Z
1
(ρet )nj = ρ(r, tn ) et (r, tn ) dV,
V j Vj
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 497 colore nero Dicembre 29, 2005
PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 497
(ρu)n+1
j (ρet )n+1
j
un+1
j = e etj n+1 = .
ρ jn+1 ρ jn+1
Infine l’energia specifica interna (media) del fluido contenuto nel volume V j è
calcolata per mezzo della relazione
2
en+1
j = etj n+1 − 12 un+1
j
.
Questa tecnica di discretizzazione basata sulla forma non differenziale delle equazio-
ni di conservazione (siano esse le equazioni di Eulero o di Navier–Stokes) si chiama
metodo dei volumi finiti. Il vantaggio fondamentale di questo metodo è che le
variazioni delle grandezze conservative dipendono solo dalla valutazione dei flussi
corrispondenti sulle superfici che delimitano i volumi di controllo. Se tali flussi
sono calcolati con la medesima espressione sulla superficie di separazione fra vo-
lumi adiacenti, i due contributi sono esattamente l’uno opposto dell’altro e quindi
la discretizzazione non introduce alcun errore sul totale delle grandezze che si
conservano.
Le forma non differenziale delle equazioni di Navier–Stokes è l’unica che
consente di “catturare” gli urti nella giusta posizione e di farli propagare con la
corretta velocità anche se il reticolo utilizzato è troppo rado per rappresentare la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Capitolo 10 – pagina 498 colore nero Dicembre 29, 2005
struttura interna dell’urto. Infatti, in realtà un urto come pure una disconitinuità
di contatto non sono della discontinuità esatte nelle variabili del fluido bensı̀ delle
transizioni continue anche se su una distanza molto piccola, in cui si dispiegano i
fenomeni legati alla viscosità e alla conducibilità termica.
PARAGRAFO 10.6: Forma non differenziale: metodo dei volumi finiti 499
A-1
Appendice A
Coordinate curvilinee
ortogonali
Introduzione In questo appendice ricaveremo l’espressione del gradiente di un
campo scalare, della divergenza e del rotore di un campo vettoriale, in sistemi di
coordinate più generali delle coordinate cartesiane. In particolare esprimeremo
queste quantità nelle coordinate cilindriche e in quelle sferiche. La nostra presen-
tazione si basa sulla trattazione del paragrafo 7.7 del testo di Robert Adams, Calcolo
differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.
x = r cos θ, y = r sin θ,
3
Esempio 1 Il sistema di coordinate cilindriche [R, θ, z] di è definito dalla
trasformazione
x = R cos θ, y = R sin θ, z = z,
u = u0
w = w0
v̂
û
ŵ P0 =(u 0 ,v0 ,w0 )
v = v0
Figura A.1 x
Superfici coordinate u, v e w
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-4 colour black Giugno 22, 2006
Si suppone tacitamente che le superfici coordinate siano lisce in tutti i punti non
singolari, per cui potremo realisticamente supporre che i loro vettori normali siano
mutuamente perpendicolari. La figura A.1 mostra le superfici coordinate passanti
per P0 in un caso tipico di sistema di coordinate curvilinee.
Le coppie di superfici coordinate passanti per un punto si intersecano lungo
una curva coordinata passante per quel punto. Ad esempio le superfici coordinate
v = v0 e w = w0 si intersecano lungo la u-curva che ha equazioni parametriche
x = x(u, v0 , w0 ), y = y(u, v0 , w0 ) e z = z(u, v0 , w0 ),
essendo u il parametro. Un vettore unitario û tangente alla u-curva passante per P0
è normale alla superficie coordinata u = u 0 in P0 . Enunciati analoghi valgono per i
vettori unitari v̂ e ŵ. In un sistema di coordinate curvilinee ortogonali i tre vettori û,
v̂ e ŵ formano una base di vettori unitari mutuamente perpendicolari in ogni punto
P non singolare. (Vedere figura A.1.) Questa base è chiamata base locale in P.
piano orizzontale
z = costante y
φ = costante
semipiano verticale y x semipiano verticale
x θ = costante
Figura A.2 Superfici coordinate delle coordinate cilindriche Figura A.3 Superfici coordinate delle coordinate sferiche
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-5 colour black Giugno 22, 2006
Supponiamo inoltre che le superfici coordinate siano lisce in ogni punto non sin-
golare e che i vettori û, v̂ e ŵ della base locale in ogni punto non singolare
costituiscano una terna destrorsa, il che si verifica sia per le coordinate cilindriche
sia per quelle sferiche. Nel caso delle coordinate sferiche, questa è la ragione della
scelta dell’ordine delle coordinate [r, θ, φ] invece che [r, φ, θ].
Il vettore posizione di un punto P dello spazio x yz può essere espresso in
termini delle coordinate curvilinee:
∂r ∂r ∂r
, e
∂u ∂v ∂w
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-6 colour black Giugno 22, 2006
sono tangenti, rispettivamente, alla u-curva, alla v-curva e alla w-curva, passanti
per P. Tali vettori sono inoltre normali, rispettivamente, alla u-superficie, alla
v-superficie e alla w-superficie, passanti per P, per cui essi sono mutuamente
perpendicolari. (Vedi figura A.1.) Le lunghezze di questi vettori tangenti sono
chiamate fattori di scala del sistema di coordinate.
I fattori di scala sono diversi da zero in ogni punto non singolare P del sistema
di coordinate, per cui la base locale in P può essere ottenuta dividendo i vettori
tangenti alle curve coordinate per le loro rispettive lunghezze. Come si è visto in
precedenza, i vettori della base locale sono indicati con û, v̂ e ŵ. Quindi
∂r ∂r ∂r
= h u û, = h v v̂ e = h w ŵ.
∂u ∂v ∂w
I vettori unitari û, v̂ e ŵ della base formeranno una terna destrorsa a condizione che
sia stato scelto un ordine conveniente delle coordinate u, v e w.
d R̂(θ) d ˆ (θ)
= ˆ (θ), = −R̂(θ).
dθ dθ
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-7 colour black Giugno 22, 2006
z z
r̂
ˆ
ẑ = k r
ˆ
ˆ
P
y
r
R̂
x
y
x
Figura A.4 Base locale delle coordinate cilindriche Figura A.5 Base locale delle coordinate sferiche
∂r
= sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ,
∂r
∂r
= r cos θ cos φ x̂ + r cos θ sin φ ŷ − r sin θ ẑ,
∂θ
∂r
= −r sin θ sin φ x̂ + r sin θ cos φ ŷ,
∂φ
Vedere la figura A.5. La base locale è destrorsa. I tre versori non dipendono da r ,
il terzo versore ˆ dipende solo da φ e valgono le relazioni
∂ r̂(θ, φ) ∂ ˆ (θ, φ)
= ˆ (θ, φ), = −r̂(θ, φ),
∂θ ∂θ
∂ r̂(θ, φ) ∂ ˆ (θ, φ)
= sin θ ˆ (φ), = cos θ ˆ (φ),
∂φ ∂φ
d ˆ (φ)
= − sin θ r̂(θ, φ) − cos θ ˆ (θ, φ).
dφ
∂r ∂r ∂r
du = h u du û, dv = h v dv v̂ e dw = h w dw ŵ.
∂u ∂v ∂w
dV = h u h v h w du dv dw.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-9 colour black Giugno 22, 2006
(u, v, w + dw)
h w dw ŵ
dV
(u, v + dv, w)
h v dv v̂
(u, v, w)
Figura A.6 Elemento di volume
h u du û
delle coordinate curvilinee ortogonali (u + du, v, w)
Inoltre gli elementi di area delle u-superfici, delle v-superfici e delle w-superfici
sono le aree delle facce corrispondenti della scatola coordinata:
dV = h R h θ h z dR dθ dz = R dR dθ dz.
d S R = R dθ dz, d Sθ = dR dz e d Sz = R dR dθ.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-10 colour black Giugno 22, 2006
dV = h r h θ h φ dr dθ dφ = r 2 sin θ dr dθ dφ.
d Sr = h θ h φ dθ dφ = r 2 sin θ dθ dφ.
d Sθ = h r h φ dr dφ = r sin θ dr dφ.
d Sφ = h r h θ dr dθ = r dr dθ.
df ∂ f du ∂ f dv ∂ f dw
= + + .
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
df
D’altra parte, questa derivata direzionale è anche data da = f T̂, dove T̂ è il
ds
vettore unitario tangente a . Abbiamo
dr ∂r du ∂r dv ∂r dw
T̂ = = + +
ds ∂u ds ∂v ds ∂w ds
du dv dw
= hu û + h v v̂ + h w ŵ.
ds ds ds
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-11 colour black Giugno 22, 2006
Quindi
df du dv dw
= f T̂ = Fu h u
+ Fv h v + Fw h w .
ds ds ds ds
∂f ∂f ∂f
Fu h u = , Fv h v = , Fw h w = .
∂u ∂v ∂w
∂f 1 ∂f ˆ ∂f
f (R, θ, z) = R̂ + + ẑ.
∂R R ∂θ ∂z
∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂f ˆ
f (r, θ, φ) = r̂ + + .
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
Il flusso di F uscente dalla scatola coordinata infinitesima mostrata nella figura A.6
è la somma dei flussi di F uscenti dalle tre coppie di superfici opposte che delimitano
la scatola. Il flusso uscente dalle u-superfici corrispondenti a u e u + du è dato da
Espressioni simili valgono per i flussi uscenti dalle altre coppie di superfici coordi-
nate.
La divergenza in P di F è il flusso per unità di volume uscente dalla scatola
coordinata infinitesima in P. Quindi tale divergenza è data da
F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ
F = Fu h u u + Fv h v v + Fw h w w.
Espressioni corrispondenti possono essere calcolate per gli altri due termini della
formula di F. Combinando i tre termini si ricava che il rotore di
F = Fu û + Fv v̂ + Fw ŵ
è dato da
Rotore in coordinate curvilinee ortogonali
h u û h v v̂ h w ŵ
1 ∂ ∂ ∂
F(u, v, w) = .
h u h v h w ∂u ∂v ∂w
h u Fu h v Fv h w Fw
1 ∂ ∂ Fθ
F= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ ∂φ
1 ∂ Fr ∂
+ − sin θ r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ ∂r
1 ∂ ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ
r ∂r ∂θ
1 ∂ 1 ∂ Fθ
= sin θ Fφ − r̂
r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
1 ∂ Fr 1 ∂
+ − r Fφ ˆ
r sin θ ∂φ r ∂r
1 ∂ 1 ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ.
r ∂r r ∂θ
2
f = f.
e in coordinate sferiche
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-16 colour black Giugno 22, 2006
2 1 ∂ 2∂f 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f
f = 2 r + 2 sin θ + 2 2
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂φ 2
∂2 f 2 ∂f 1 ∂2 f cot θ ∂ f 1 ∂2 f
= 2
+ + 2 2 + 2 + 2 2 .
∂r r ∂r r ∂θ r ∂θ r sin θ ∂φ 2
2
Di conseguenza, tutte e tre le componenti sferiche di F dipendono da tutte e tre
le componenti Fr , Fθ e Fφ del campo vettoriale F.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-17 colour black Giugno 22, 2006
Coordinate cilindriche
In coordinate cilindriche (R, θ, z) l’operatore di advezione che agisce su un campo
scalare è
∂u aθ ∂u ∂u
a u = aR
+ + az ,
∂R R ∂θ ∂z
mentre quello che agisce su un campo vettoriale è
aθ u θ
(a )u = a u R −
R̂
R
aθ u R ˆ
+ a uθ +
R
+ a u z ẑ.
Coordinate sferiche
In coordinate sferiche (r, θ, φ) l’operatore di advezione che agisce su un campo
scalare assume la forma
∂u aθ ∂u aφ ∂u
a u = ar
+ + ,
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
mentre quello che agisce su un campo vettoriale assume la forma
aθ u θ + a φ u φ
(a )u = a u r −
r̂
r
aθ u r − cot θ aφ u φ ˆ
+ a uθ +
r
aφ u r + cot θ aφ u θ ˆ
+ a uφ + .
r
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice A – pagina A-18 colour black Giugno 22, 2006
(φ + ψ) = φ+ ψ
(F + G) = F+ G
(F + G) = F+ G
(1/ψ) = −( ψ)/ψ 2
(φ/ψ) = (ψ φ − φ ψ)/ψ 2
(φψ) = φ ψ + ψ φ
(φF) = φ F+F φ
(φF) = φ F−F φ
(F G) = G F−F G
(F G) = F G−G F − (F )G + (G )F
(F G) = F G+G F + (F )G + (G )F
(F 2 ) = (F F) = 2 F F + 2 (F )F
φ= 2
φ
φ=0
F=0
F=− 2
F+ ( F).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-19 colour black Giugno 22, 2006
A-19
Appendice B
Campi vettoriali
conservativi
Introduzione Questa appendice costituisce una breve introduzione allo studio
dei campi vettoriali conservativi. La presentazione è tratta dai capitoli 6 e 7 del
testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2, Funzioni di più variabili, Terza
edizione, CEA, 2003.
∂φ ∂φ ∂φ
F(x, y, z) = φ(x, y, z) = x̂ + ŷ + ẑ ?
∂x ∂y ∂z
In generale la risposta è “no”. Solo certi campi vettoriali speciali possono essere
scritti in questo modo.
km km
φ(x, y, z) = =p
|r − r0 | (x − x 0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z 0 )2
e che formule simili valgono per le altre derivate parziali di φ. Ne segue che
φ(x, y, z) = F(x, y, z) per (x, y, z) 6= (0, 0, 0), e F è conservativo tranne
nell’origine.
∂x
|F| = .
∂x |F|
√
Per verificare questa relazione, esprimiamo |F| = F F e calcoliamo la sua
|F| = F F= √ 2F F = .
|F|
∂x ∂x 2 F F
∂x
Questa derivata può essere confrontata con quella del valore assoluto di una funzione
di una variabile:
d f (x) 0
| f (x)| = sgn( f (x)) f 0 (x) = f (x).
dx | f (x)|
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-21 colour black Giugno 22, 2006
∂ km −km ∂ −km(x − x 0 )
= |r − r0 | = ,
∂ x |r − r0 | |r − r0 |2 ∂ x |r − r0 |3
Soluzione Vi sono due modi per mostrare che non può esistere alcun potenziale
per u. Un modo consiste nel cercare di ottenere un potenziale φ(x, y) per il campo
vettoriale. Richiediamo
∂φ ∂φ
= −Ωy e = Ω x.
∂x ∂y
(x, y). Ciò non è possibile per nessuna scelta delle funzioni di una variabile 1 (y)
e 2 (x).
∂ 2φ ∂ 2φ
= −Ω e = Ω.
∂y∂ x ∂ x∂y
∂ ∂
Fx (x, y) = Fy (x, y)
∂y ∂x
∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂
Fx = Fy , Fx = Fz , Fy = Fz .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
∂φ ∂φ
= Fx = x e = Fy = −y.
∂x ∂y
1 (y) ⇒
1 (y) = − y2 +
2.
∂y 2
2,
x 2 − y2
φ(x, y) = +
2
2
è una funzione potenziale di F. Le linee del campo F soddisfano
dx dy
=− ⇒ ln |x| = − ln |y| + ln
3 ⇒ xy =
3.
x y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-24 colour black Giugno 22, 2006
Le linee del campo F sono quindi iperboli equilatere aventi gli assi coordinati
come asintoti. Le curve equipotenziali costituiscono un’altra famiglia di iperboli
equilatere, x 2 −y 2 = 4 , aventi le rette x = ±y come asintoti. Le curve appartenenti
alle due famiglie si intersecano ad angolo retto. (Vedi figura B.1.) Si noti tuttavia
che F non individua alcuna direzione nell’origine e che l’ortogonalità viene meno
in quel punto: entrambe le famiglie non hanno alcuna curva passante per l’origine.
Soluzione
−y x
(a) Abbiamo Fx = e Fy = 2 . Quindi
x 2 + y2 x + y2
∂ ∂ y y2 − x 2 ∂ x
Fx (x, y) = − 2 = 2 =
∂y ∂y x + y2 (x + y )2 2 ∂x x + y2
2
∂
= Fy (x, y)
∂x
per tutti i punti (x, y) 6= (0, 0).
(b) Deriviamo implicitamente le equazioni x = r cos θ e y = r sin θ rispetto a x
per ottenere
∂x ∂r ∂θ
1= = cos θ − r sin θ ,
∂x ∂x ∂x
∂y ∂r ∂θ
0= = sin θ + r cos θ .
∂x ∂x ∂x
Eliminando ∂r/∂ x da questa coppia di equazioni e risolvendo rispetto a ∂θ/∂ x
si ricava
∂θ r sin θ y
=− 2 =− 2 = Fx .
∂x r x + y2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-26 colour black Giugno 22, 2006
∂θ x
= 2 = Fy .
∂y x + y2
Queste formule valgono solo se 0 < θ < 2π; la funzione θ(x, y) non è nemmeno
continua sull’asse x positivo; se x > 0, allora
Quindi θ = F vale ovunque nel piano, tranne nei punti (x, 0) con x ≥ 0.
(c) Supponiamo che F sia conservativo in tutto il piano privato dell’origine. Allora
F = φ in esso, per qualche funzione scalare φ(x, y). Ne segue che (θ −
φ) = 0 per 0 < θ < 2π, e θ − φ = C (costante), ossia θ = φ + C. Il membro
di sinistra di tale equazione è discontinuo lungo l’asse x positivo mentre il
membro di destra non lo è. Pertanto i due membri non possono essere uguali.
Questa contraddizione dimostra che F non può essere conservativo in tutto il
piano privato dell’origine.
DEFINIZIONE 2 Un dominio D del piano (o dello spazio tridimensionale) è detto connesso se,
per ogni coppia di punti P e Q di D, esiste un percorso liscio a pezzi in D
che unisce P con Q.
Ad esempio l’insieme di punti (x, y) del piano che soddisfano le condizioni x > 0,
y > 0 e x 2 + y 2 ≤ 4 è un dominio connesso. Al contrario, l’insieme di punti
soddisfacenti |x| > 1 non è connesso poiché non esiste alcun percorso da (−2, 0) a
(2, 0) che giaccia interamente in |x| > 1. L’insieme di punti (x, y, z) dello spazio
tridimensionale che soddisfano 0 < z < 1/(x 2 + y 2 ) è un dominio connesso, mentre
l’insieme soddisfacente z 6= 0 non lo è.
Una curva chiusa è semplice se non ha altra intersezione con sè stessa che
iniziare e finire nello stesso punto. (Ad esempio, un cerchio è una curva chiusa
semplice.) Immaginiamo un elastico che abbia la forma di una tale curva. Se
l’elastico è infinitamente accorciabile, può contrarsi fino a diventare un unico punto.
y y y
D
D D D
x x x
Figura B.2 Figura B.3 Dominio connesso ma Figura B.4
Dominio semplicemente connesso non semplicemente connesso Dominio non connesso
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-28 colour black Giugno 22, 2006
La figura B.2 mostra un dominio semplicemente connesso del piano. La figura B.3
mostra invece un dominio connesso, ma non semplicemente connesso. (Una curva
chiusa che circonda il buco non può essere ridotta a un punto senza uscire da
D.) Il dominio mostrato nella figura B.4 non è nemmeno connesso. Esso ha due
componenti e, se P e Q sono punti appartenenti a componenti diverse, essi non
possono essere uniti da una curva che sia interamente in D.
Nel piano, un dominio semplicemente connesso D non pu ò avere buchi, nem-
meno buchi costituiti da un solo punto. L’interno di ogni curva chiusa che non
interseca se stessa appartenente a tale dominio D giace in D. Ad esempio, il do-
minio della funzione 1/(x 2 + y 2 ) non è semplicemente connesso poiché l’origine
non gli appartiene. (L’origine è un “buco” di quel dominio.) Nello spazio tridimen-
sionale, un dominio semplicemente connesso può avere dei buchi. L’insieme di tutti
i punti di 3 esclusa l’origine è semplicemente connesso, come pure lo è l’esterno
di una palla. Ma l’insieme di tutti i punti di 3 soddisfacenti x 2 + y 2 > 0 non è
semplicemente connesso. E neppure lo è l’interno di una ciambella chiamato in
geometria toro. In generale ciascuna delle seguenti condizioni caratterizza i domini
D semplicemente connessi:
(i) Qualunque curva chiusa di D è il contorno di una “superficie” che giace
interamente in D.
(ii) Se 1 e 2 sono due curve di D aventi gli stessi punti estremi, allora 1 può
di deformazione.
Z
(c) Dati due punti qualsiasi P0 e P1 appartenenti a D, l’integrale F dr ha lo
stesso valore per tutte le curve lisce continue a pezzi in D che iniziano in P0 e
terminano in P1 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-29 colour black Giugno 22, 2006
DIMOSTRAZIONE Dimostreremo che (a) implica (b), poi che (b) implica (c) e
infine che (c) implica (a). Di conseguenza ognuna di esse implica le altre due.
Supponiamo che (a) sia vera. Allora F = φ per qualche funzione scalare φ
definita in D. Pertanto
∂φ ∂φ ∂φ
F dr = x̂ + ŷ + ẑ dx x̂ + dy ŷ + dz ẑ
∂x ∂y ∂z
∂φ ∂φ ∂φ
= dx + dy + dz = dφ.
∂x ∂y ∂y
Se è una qualunque curva chiusa liscia a pezzi, parametrizzata ad esempio con
opposta. (Vedi figura B.5.) Poiché abbiamo supposto che (b) è vera, abbiamo
I Z Z
0 = F dr = F dr − F dr.
1 2
Figura B.5 1− 2 = 1 + (− 2 )
è una curva chiusa Di conseguenza
Z Z
F dr = F dr,
1 2
le ipotesi del teorema una tale curva esiste e, per l’assunzione (c), l’integrale ha lo
stesso valore per tutte queste curve. Di conseguenza φ è definita univocamente in
D.) Mostreremo che φ = F, stabilendo cosı̀ che F è conservativo e ha φ come
potenziale.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-30 colour black Giugno 22, 2006
È sufficiente mostrare che ∂φ/∂ x = Fx (x, y, z); le altre due componenti possono
essere ottenute in modo simile. Poiché D è aperto, esiste una palla di raggio positivo
z con centro in P e contenuta in D. Prendiamo un punto (x 1 , y, z) in questa palla con
x 1 < x. Si noti che la retta passante per questo punto e per P è parallela all’asse
(x 0 ,y0 ,z 0 )
x. Poiché possiamo scegliere liberamente la curva dell’integrale che definisce
1 2
x
Figura B.6 Il primo integrale non dipende da x, per cui la sua derivata rispetto a x è nulla.
Un percorso particolare da P0 a P1 La linea retta del secondo integrale è parametrizzata da r = t x̂ + y ŷ + z ẑ, dove
x 1 ≤ t ≤ x per cui dr = dt x̂ e
Z Z x
∂φ ∂ ∂
= F dr = Fx (t, y, z) dt = Fx (x, y, z),
∂x ∂x 2 ∂ x x1
potenziale di F. Se F = φ e va da P0 a P1 , allora
Z Z
F dr =
dφ = φ(P1 ) − φ(P0 ).
Come notato in precedenza, il valore dell’integrale dipende solo dal valore del
potenziale agli estremi di .
∂ Fx ∂ Fy ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fz
= , = e = .
∂y ∂x ∂z ∂x ∂z ∂y
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-31 colour black Giugno 22, 2006
dove rappresenta
Quindi deve essere A = 2/π e B = −2. In questo caso si verifica facilmente che
x 2 sin(π y)
F= φ, dove φ = − y 2 e−z .
π
Per la curva (a) abbiamo r(0) = x̂ = r(2π), per cui questa curva è chiusa e
Z I
F dr =
φ dr = 0.
Dal momento che la curva (b) inizia in (0, 0, 0) e termina in (1, 1/2, 2), abbiamo
Z 2 (1,1/2,2)
x sin(π y) 1 1
F dr =
− y 2 e−z = − 2.
π (0,0,0) π 4e
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-32 colour black Giugno 22, 2006
Non siamo ora in grado di dimostrare questo risultato nella sua completa generalità.
Tuttavia entrambi i teoremi hanno una dimostrazione semplice nel caso particolare di
domini D semplicemente connessi detti stellati. Un dominio D è chiamato stellato
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-33 colour black Giugno 22, 2006
P
r(t) = t x x̂ + t y ŷ + tz ẑ, 0≤t ≤1
Figura B.7 Il segmento di retta da da P0 a P giace in D. Definiamo la funzione φ in D mediante
P0 a ogni punto di D che si trova Z 1
interamente in D dr
φ(x, y, z) = F r(t) dt
0 dt
Z 1
= x Fx (ξ, η, ζ ) + y Fy (ξ, η, ζ ) + z Fz (ξ, η, ζ ) dt,
0
I dettagli della dimostrazione del teorema 3 sono simili a quelli del teorema 2 e
procede nel modo seguente.
Si supponga che F = 0 in un dominio D con la proprietà che ogni suo
punto P può essere unito con l’origine mediante un segmento di retta contenuto in
D. Sia r = t x i + t y j + tz k, 0 ≤ t ≤ 1, una parametrizzazione del segmento di
retta dall’origine al generico punto (x, y, z) di D. Se
Z 1
dr
G(x, y, z) = tF(r(t)) dt,
0 dt
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice B – pagina A-34 colour black Giugno 22, 2006
Z 1
G(x, y, z) = t F r(t) v dt
0
Z 1
= t F ξ(t), η(t), ζ(t) v dt
0
2 ∂ Fy 2 ∂ Fz 2 ∂ Fx
−t x −t x con t x . Continuando il calcolo, abbiamo
∂η ∂ζ ∂ξ
Z 1
d 2
( G)x = t Fx (ξ, η, ζ ) dt
0 dt
1
= t 2 Fx (t x, t y, tz) = Fx (x, y, z).
0
A-35
Appendice C
Equazioni di Eulero o
equidimensionali
Introduzione Nella risoluzione delle equazioni di Laplace e di Poisson in coordi-
nate cilindriche e sferiche con il metodo di separazione delle variabili si incontrano
spesso delle equazioni differenziali ordinarie del secondo ordine lineari ma a coef-
ficienti variabili, omogenee, che possono essere ricondotte al seguente tipo
d2 y dy
x2 + αx + βy = 0,
dx 2 dx
d2 y α dy β
2
+ + 2 y = 0,
dx x dx x
indipendente
x → z = z(x),
invertibile in modo da avere anche x = x(z), tale che il conseguente cambiamento
della incognita
y → Y = Y (z) = y(x(z))
permetta alla nuova equazione differenziale
d 2Y dY
+ p(z) + q(z)Y = 0
dz 2 dz
di essere a coefficienti costanti, ovvero di avere p(z) = costante e q(z) = costante.
Ci si attende che queste condizioni sui due nuovi coefficienti consentano di definire
una trasformazione determinata della variabile indipendente. Se ci ò risulta possi-
bile, si potrà allora usare la tecnica risolutiva dell’equazione lineare a coefficienti
costanti per trovare la soluzione dell’equazione equidimensionale originaria.
La regola di derivazione delle funzioni composte applicata alla definizione
Y (z) = y(x(z)) fornisce:
dY dy dx dy dy 1 dY
= = x0 ⇒ = 0 .
dz dx dz dx dx x dz
Analogamente si ricava
d 2Y d dY d 0 dy
= = x
dz 2 dz dz dz dx
dy d dy dy d2 y
= x 00 + x0 = x 00 + x 0x 0 2
dx dz dx dx dx
dy d2 y
= x 00 + (x 0 )2 2 ,
dx dx
da cui, risolvendo rispetto alla derivata seconda della vecchia variabile incognita y,
d2 y 1 d 2Y x 00 dy
2
= 0 2 2
− 0 2
dx (x ) dz (x ) dx
1 d 2Y x 00 1 dY
= −
(x 0 )2 dz 2 (x 0 )2 x 0 dz
1 d 2Y x 00 dY
= − .
(x 0 )2 dz 2 (x 0 )3 dz
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-37 colour black Giugno 22, 2006
1 d 2Y x 00 dY α 1 dY β
0
− 0 3 + + 2 Y = 0,
2
(x ) dz 2 (x ) dz x x 0 dz x
d 2Y x 00 dY αx 0 dY β(x 0 )2
− + + Y = 0.
dz 2 x 0 dz x dz x2
L’equazione ricercata per la nuova incognita Y (z) è quindi
00 0 2
d 2Y x αx 0 dY x
2
+ − 0
+ + β Y = 0.
dz x x dz x
x0 1 dx
=C ovvero = C,
x x dz
dove C è una costante arbitraria. Una soluzione di questa equazione ausiliaria è
1
ln x = Cz ovvero z = z(x) = ln x C .
d 2Y dY
2
+ (α − 1)C + βC 2 Y = 0,
dz dz
che è un’equazione di secondo grado lineare a coefficienti costanti.
λ2 + (α − 1)C λ + βC 2 = 0,
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice C – pagina A-38 colour black Giugno 22, 2006
Avremo quindi due soluzioni reali distinte per (1 − α)2 > 4β, una soluzione reale
doppia se (1 − α)2 = 4β e due soluzioni complesse coniugate se (1 − α)2 < 4β. In
corrispondenza di ciascuno di questi tre casi la soluzione generale Y (z) assumerà
la forma seguente
C
√ C
√
C e 2 1−α+ (1−α)2 −4β z
+ C e 2 1−α− (1−α)2 −4β z
se (1 − α)2 > 4β
1 2
C
C1 + C2 z e 2 (1−α)z se (1 − α)2 = 4β
Y (z) = h p
C
e 2 (1−α)z C1 cos C2 4β − (1 − α)2 z
p i
+ C2 sin C2 4β − (1 − α)2 z se (1 − α)2 < 4β
A-39
Appendice D
Principi di
termodinamica
Introduzione Di tutte le teorie fisiche la termodinamica è probabilmente la più
semplice ma, nello stesso tempo, è anche una delle meno capite, persino da chi
l’abbia studiata per poterla applicare. Uno dei motivi di questa situazione è legato
al modo in cui gli elementi della teoria sono normalmente presentati nelle espo-
sizioni elementari. Tipicamente, i principi e i concetti termodinamici sono introdotti
seguendo un percorso graduale che prescinde dalla struttura matematica (assoluta-
mente elementare) della teoria. La conseguenza quasi inevitabile di un approccio
simile è una mancanza di
Questa funzione termodinamica gioca un ruolo fondamentale nello studio del moto
dei fluidi comprimibili per cui è assai utile avere una sue espressione generale
che possa essere specializzata nei casi di fluidi aventi proprietà termodinamiche
particolari. Un’espressione generale dovrà necessariamente essere una funzione di
due variabili termodinamiche e potremo scegliere come variabili indipendenti la
temperatura e il volume specifico. Dimostriamo ora che vale la seguente relazione
T v2 ∂ P(T, v) 2 ∂ P(T, v)
c2 (T, v) = − v2 ,
cv (T, v) ∂T ∂v
che esprime la velocità del suono in un fluido qualsiasi in termini delle sue due
funzioni di stato P = P(T, v) e cv = cv (T, v).
Dalla definizione segue che
∂ P(s, ρ) ∂ P s, 1v ∂ ∂ P(s, v) dv(ρ)
c =
2
= = P̃(s, v) =
∂ρ ∂ρ ∂ρ ∂v dρ
∂ P(s, v) d 1 1 ∂ P(s, v) ∂ P(s, v)
= =− 2 = −v 2 .
∂v dρ ρ ρ ∂v ∂v
D’altra parte, dalla definizione della variabile temperatura e del calore specifico a
volume costante
∂e(s, v) ∂
T = es (s, v) = = ẽ(T (s, v), v)
∂s ∂s
∂e(T, v) ∂ T (s, v) ∂ T (s, v)
= = cv (T, v) ,
∂T ∂s ∂s
si ricava immediatamente la relazione
∂ T (s, v) T
= .
∂s cv (T, v)
che è proprio la formula generale della velocità del suono che si intendeva di-
mostrare.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-42 colour black Giugno 22, 2006
A-42
Appendice E
Proprietà termodinamiche
dei gas
Introduzione Questa appendice è dedicata alla descrizione delle proprietà ter-
modinamiche dei gas in condizioni di equilibrio. Si prendono in esame diversi tipi
di gas, partendo dal modello più semplice e assai noto di gas ideale e considerando
poi modelli più complicati come, ad esempio, il gas reale di van der Waals. Nel
caso di gas costituiti da molecole, si contempla anche la possibilità di tenere conto
in modo graduale del contributo delle vibrazioni molecolari all’energia interna del
gas. Negli ultimi paragrafi si considerano infine alcuni modelli di gas proposti
negli ultimi anni che permettono di rappresentare in modo accurato le proprietà
termodinamiche del gas anche nella regione vicina al punto critico.
Si considerano modelli di gas caratterizzati da complessità crescente per met-
tere in evidenza il contrasto con la situazione del gas ideale. Questo modello di gas
è utilizzato molto spesso nelle applicazioni ma descrive un comportamento per certi
aspetti degenere dal punto di vista termodinamico. In particolare, per il gas ideale
caratterizzato da calori specifici costanti, che nel seguito chiameremo “politropico”,
esiste una relazione di proporzionalità fra le due variabili temperatura ed energia
per unità di massa, sicché alcune relazioni termodinamiche sono straordinariamente
semplici. Ma anche per il gas ideale “non politropico”, cioè con calori specifici
non costanti, il fatto che queste grandezze dipendano solo dalla temperatura implica
che anche altre funzioni importanti, come ad esempio l’entalpia e la velocità del
suono, possano dipendere da una sola variabile. Questa particolarità ha alcune con-
seguenze non marginali nello studio delle correnti comprimibili le cui caratteristiche
dipendono in modo determinante dall’entalpia e dalla velocità del suono.
Questa appendice è stata scritta assieme ad Alberto Guardone, che gli autori
ringraziano sentitamente per la gentile collaborazione.
1
La base della funzione esponenziale è qui indicata con il carattere diritto “e” per evitare la
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-44 colour black Giugno 22, 2006
Equazioni di stato
Le derivate parziali della relazione fondamentale e = e(s, v) definiscono la tem-
peratura e la pressione, per cui avremo
Pv = RT ovvero P = ρ RT.
Calori specifici
Determiniamo ora i calori specifici a volume e a pressione costante del gas ideale
considerato. Riguardo il calore specifico a volume costante, dalla sua definizione 2
otteniamo, in virtù della legge di conservazione dell’energia de = d ? q − P dv,
?
d q de + P dv ∂e
cv = = = .
dT v=cost dT v=cost ∂T v
confusione con il simbolo e, in carattere corsivo, che indica l’energia interna specifica.
2
L’uso della stellina come apice del simbolo di infinitesimo d sta a indicare che il calore q
non è una variabile di stato per cui non esiste alcuna variazione di questa grandezza, n é finita né
infinitesima.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-45 colour black Giugno 22, 2006
Nel caso di gas ideale risulta e = e(T ) per cui (∂e/∂ T )v = de(T )/dT . Essendo poi
per il gas ideale considerato e(T ) = RT /(γ −1), abbiamo de(T )/dT = R/(γ −1)
e quindi
R
cv =
γ −1
per cui cv è effettivamente costante. Un gas per il quale il calore specifico a volume
costante sia costante è detto politropico. Quindi il gas definito in questo paragrafo è
più precisamente un gas ideale politropico. Il calore specifico a pressione costante
è poi definito da
?
d q de + P dv ∂e ∂v
cP = = = +P .
dT P=cost dT P ∂T P ∂T P
Per il gas ideale politropico risulta de(T )/dT = R/(γ −1) e inoltre v = v(T, P) =
RT /P, e quindi
de(T ) ∂v R
cP = +P = +R
dT ∂T P γ −1
c P = cv + R.
Essa mostra che per un gas ideale politropico anche il calore specifico a pressione
costante è costante e il suo valore è
γ
cP = R.
γ −1
cP
γ = ,
cv
ovvero, la costante γ del gas ideale politropico è uguale al rapporto dei suoi calori
specifici costanti. Per questo motivo il modello del gas ideale politropico è sovente
chiamato anche gas con legge-γ (costante).
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-46 colour black Giugno 22, 2006
Entalpia
L’entalpia specifica (per unità di massa) del gas ideale politropico è data da
RT γ
h = e + Pv = + RT = RT,
γ −1 γ −1
e quindi
h = c P T,
cioè, nel gas ideale politropico l’entalpia specifica è proporzionale alla temperatura,
come l’energia interna specifica.
In certi problemi di dinamica dei fluidi (come il calcolo del coefficiente di
pressione nelle correnti comprimibili con entropia uniforme) interviene la pressione
espressa in funzione delle variabili entropia e entalpia, ossia compare la funzione
P = P(s, h). Questa funzione può essere determinata a partire dalla relazione
h = h(s, P) risolvendola rispetto a P. D’altra parte l’entalpia come funzione
delle sue variabili naturali s e P si ottiene effettuando la trasformata di Legendre
della relazione termodinamica fondamentale e = e(s, v) rispetto a v, e questa
trasformazione costituisce proprio la definizione della grandezza entalpia.
Determiniamo allora la relazione fondamentale trasformata h = e + Pv per il
gas considerato, ovverosia calcoliamo la seguente funzione composta
h(s, P) = e(s, v(s, P)) + P v(s, P),
dove v = v(s, P) si ottiene invertendo l’equazione di stato P = P(s, v) rispetto
alla seconda variabile v. Nel caso del gas ideale politropico si vede facilmente che
γ1
(γ −1)(s−s0 )/R P0
v(s, P) = v0 e ,
P
dove P0 = (γ − 1)e0 /v0 . Sostituendo questa funzione nella definizione di h(s, P),
un calcolo elementare, anche se un po’ noioso, fornisce
γ −1
P γ
h(s, P) = h 0 e(s−s0 )/R ,
P0
Estraendo la radice quadrata si ha la velocità del suono del gas ideale politropico
s
γP
c= ,
ρ
Quindi nel gas ideale politropico la velocità del suono dipende solo dalla temperatura
del gas. Alternativamente, esprimendo la temperatura in termini dell’entalpia, la
velocità del suono del gas ideale politropico può essere scritta anche come
p
c= (γ − 1)h .
Mentre per un gas generico la velocità del suono come funzione dell’entalpia
dipende anche da una seconda variabile termodinamica, per il gas ideale politropico
si ha c = c(h). Siccome la funzione c(s, h) gioca un ruolo decisivo nello studio
delle correnti comprimibili con entropia uniforme, le correnti di questo tipo in un
gas ideale politropico saranno del tutto indipendenti dal valore s dell’entropia del
fluido, supposta uniforme nell’intero campo di moto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-48 colour black Giugno 22, 2006
Gas atomici
Il caso di gran lunga più semplice è rappresentato dai gas atomici. In questo caso
l’unica forma di energia posseduta dal gas ideale (trascurando ogni ionizzazione) è
l’energia cinetica di traslazione degli atomi. Per i gas atomici il calore specifico a
volume costante vale quindi cvatom = 23 R, che corrisponde a un contributo di 12 RT
all’energia interna del gas dovuto a ciascuno dei tre gradi di libertà di traslazione
degli atomi. Ne consegue che γ atom = 53 e catom P = 52 R. Il modello di gas
ideale politropico con γ atom = 3 descrive quindi i gas monoatomici, almeno nelle
5
Gas molecolari
Molto diversa è la situazione dei gas molecolari. In questo caso possono verificarsi
fenomeni assenti nel gas atomico. In primo luogo le molecole del gas possono
ruotare nello spazio e l’energia associata a tali rotazioni potrà contribuire all’energia
interna ovvero ai calori specifici del gas. In secondo luogo le molecole non saranno
rigide ma potranno subire delle deformazioni e di conseguenza l’energia del gas
potrà avere un contributo derivante da questi gradi di libertà interni alla molecola.
Un terzo fenomeno sarà poi possibile: a temperature sufficientemente elevate le
molecole del gas potranno dissociarsi.
Di questi tre fenomeni molecolari diversi – rotazione, vibrazione e dissoci-
azione – considereremo solo i primi due mentre supporremo che la temperatura del
gas resti al di sotto del valore per cui le molecole possono iniziare a dissociarsi ed
eventualemente a ionizzarsi.
Le rotazioni e le vibrazioni di una molecola possono essere analizzate mediante
le leggi della meccanica newtoniana. Per quanto riguarda la rotazione di una
molecola è necessario distinguere le molecole lineari, che hanno tutti gli atomi
allineati, da tutte le altre. Mentre le molecole non lineari possono ruotare attorno
a tre assi perpendicolari, le molecole lineari, che comprendono naturalmente tutte
le molecole costituite da due soli atomi, dette molecole diatomiche o biatomiche,
possono ruotare solo attorno a due assi perpendicolari all’asse della molecola.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-49 colour black Giugno 22, 2006
specifico a volume costante con una quantità pari a 12 R. La previsione del valore di
cv basata sulla teoria classica è quindi data della seguente somma
cvclass = cvtrasl + cvrot + cvvib = 32 R + cvrot + (g.d.l. vib)R
dove i contributi rotazionale e vibrazionale dipendono dal carattere lineare o non
lineare della molecola considerata. Tenendo conto di questo, abbiamo
3
2 R,
gas atomico
cv = 2 (6 n.a. − 5)R, molecola lineare (n.a. ≥ 2)
class 1
3(n.a. − 1)R molecola non lineare (n.a. ≥ 3)
Questa è la previsione della teoria classica. Ad esempio, un gas biatomico avrebbe
cvclass = 27 R mentre per un gas triatomico con molecola lineare si avrebbe c vclass =
13
2
R e con molecola non lineare si avrebbe invece cvclass = 6R.
In ogni caso la teoria classica prevede che il calore specifico sia costante. Questa
previsione è tuttavia in completo disaccordo con i risultati sperimentali che, con la
sola eccezione dei gas monoatomici, mostrano che cv cresce con la temperatura fino
a raggiungere il valore previsto classicamente ma solo a temperatura relativamente
elevata. Una descrizione soddisfacente dei risultati sperimentali è tuttavia possibile
ricorrendo alla descrizione delle rotazioni e delle vibrazioni delle molecole fornita
dalla meccanica quantistica.
Nell’ambito di tale teoria, le rotazioni e le vibrazioni molecolari risultano avere
una struttura discreta nel senso che il passaggio da uno stato di rotazione all’altro e
da uno stato di vibrazione all’altro può avvenire solo in modo discontinuo, ovvero
con salti di ampiezza finita. La conseguenza termodinamica di questa natura discreta
delle rotazioni e delle vibrazioni è che, per temperature sufficientemente basse,
cioè inferiori a una cosiddetta temperatura rotazionale della molecola, la sua
rotazione è impossibile e quindi non contribuisce all’energia interna del gas. Solo
per temperature maggiori della temperatura rotazionale i diversi livelli di rotazione
diventano accessibili e al crescere della temperatura il contributo della rotazione
al calore specifico previsto dalla teoria quantistica tende a quello previsto dalla
meccanica classica.
Un’analoga interdizione si verifica per le vibrazioni: a temperature inferiore di
determinate temperature vibrazionali caratteristiche della molecola le vibrazioni
sono inacessibili, come se non esistessero (si parla talvolta di “vibrazioni conge-
late”). Solo a temperature maggiori delle temperature vibrazionali la molecola pu ò
oscillare effettivamente e quando la temperatura è abbastanza grande le previsioni
della teoria quantistica tendono a quelle della meccanica classica. Nella tabella 2
sono riportate la temperatura rotazionale (unica) e la temperatura vibrazionale (pure
unica) di alcuni gas diatomici.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-51 colour black Giugno 22, 2006
Si vede che la temperatura rotazionale risulta essere molto minore di quella vi-
brazionale. Tali valori possono essere calcolati teoricamente mediante la mecca-
nica quantistica. Nel caso di molecole più complicate occorre tenere presente che
possono esistere anche 2 o 3 temperature rotazionali diverse in quanto i momenti
principali d’inerzia della molecola possono essere molto diversi fra loro se la forma
della molecola è allungata. Per quanto riguarda le temperature vibrazionali, il loro
numero per ogni tipo di molecola dipende dal numero di frequenze distinte dei
modi normali di oscillazione della molecola. Comunque, come sarà mostrato fra
un momento, anche per molecole più complicate di quelle con due soli atomi, le
temperature rotazionali della molecola poliatomica risultano essere sempre minori
delle sue temperature vibrazionali.
Di conseguenza, per molte applicazioni potremo considerare attive e trattabili in
senso classico le rotazioni e ritenere nello stesso tempo congelate, e quindi comple-
tamente assenti, tutte le vibrazioni molecolari. All’interno di tale approssimazione,
che chiameremo intermedia, il valore del calore specifico a volume costante sarà
dovuto solo all’energia cinetica delle traslazioni e delle rotazioni, per cui avremo
3 5
2 R, gas atomico
3 = 1.6, gas atomico
cvinter = 52 R, mol. lineare γ inter = 75 = 1.4, mol. lineare
4
3R, mol. non lineare 3
= 1.3, mol. non lineare
Dai valori delle temperature vibrazionali più basse si vede che in alcuni casi le vi-
brazioni del primo modo normale possono entrare in gioco anche a temperature non
troppo elevate rispetto alla temepratura ambiente. Sembra pertanto utile sviluppare
un modello di gas ideale in grado di tenere conto dell’“accensione” graduale delle
vibrazioni descritta dalla teoria quantistica.
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
Figura E.1 Contributo al calore
specifico a volume costante della
0.5 1.0 1.5 2.0 T /Tvib
vibrazione molecolare
Supponendo ora che la molecola abbia Mvib modi di vibrazione, ciascuno caratte-
rizzato da una determinata temperatura vibrazionale Tm , l’espressione del calore
specifico del gas ideale di tipo molecolare sarà
Mvib
X
Tm 2 eTm /T
cv (T ) = R + R 2 ,
m=1
T eTm /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-54 colour black Giugno 22, 2006
" #
Z Mvib
X 0
T
Tm 2 eTm /T 0
e(T ) = e0 + R + R 2 dT ,
T0 m=1
T0 eTm /T 0 − 1
Mvib Z
X T 2 0
Tm eTm /T 0
= e0 + R(T − T0 ) + R 2 dT .
m=1 T0 T0 eTm /T 0 − 1
Il calcolo dell’integrale si effettua mediante il semplice cambiamento di variabile
0
T 0 → z = eTm /T , per cui
Z T 2 0 Z eTm /T
Tm eTm /T 0 dz
2 dT = −Tm
T0 T 0
e m −1
T /T 0
e Tm /T0 (z − 1)2
eTm /T
1
= +Tm
z − 1 eTm /T0
1 1
= Tm− .
eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm
Scegliendo la costante e0 tale che e0 = R m=1 eTm /T0 −1
, si ottiene la relazione
dell’energia interna del gas ideale non politropico:
X
Mvib
RTm
e(T ) = R(T − T0 ) + .
m=1
eTm /T − 1
P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
XMvib
s(T, v) v T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + .
R v0 T0 m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1
dove cv (T ) è dato dall’espressione2 vista all’inizio. Quindi il gas ideale anche non
politropico ha una velocità del suono dipendente solo dalla temperatura.
2
L’impiego della stessa lettera per indicare la velocità del suono e il calore specifico è molto
infelice, particolarmente nel caso del gas ideale non politropico, per il quale entrambe le grandezze
dipendono solo dalla temperatura. D’altra parte, la scelta alternativa alquanto comune della lettera
a per indicare la velocità del suono in un fluido non può essere qui seguita perché in conflitto con
la notazione standard dei coefficienti del gas di van der Waals, come si vedrà fra un momento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-57 colour black Giugno 22, 2006
dove R = /m.m. è la costante del gas di massa molare m.m., = 8.314 J/(mol ·
K), e dove le costanti (dimensionali) a e b dipendono dal gas considerato. Esse
sono legate rispettivamente alle intensità delle forze attrattive a grande distanza e
di quelle repulsive a corta distanza. In particolare b rappresenta il volume minimo
per unità di massa al quale il fluido può essere compresso e si chiama covolume.
Risolvendo questa equazione rispetto alla pressione si ha l’equazione di stato
RT a
P(T, v) = − 2,
v−b v
che permette di rappresentare le curve isoterme nel piano v-P: è sufficiente diseg-
nare le curve della funzione P = P(T, v) per valori fissati di T . Nella figura E.2
sono riportate alcune curve isoterme del gas di van der Waals, utilizzando invero
delle variabili ridotte adimensionali che saranno definite più avanti.
Come mostra il disegno, alcune curve isoterme sono monotone mentre alcune
altre hanno un andamento più complicato con un massimo e un minimo locale e un
punto di flesso compreso fra essi.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-58 colour black Giugno 22, 2006
P/Pc
2.5
2.0 T
= 1.2
Tc
1.5 1.1
1
1.0
Figura E.2 Alcune isoterme del gas
di van der Waals nella regione del punto 0.9
0.5
critico. La curva a campana più larga 0.8
delimita la regione in cui sono presenti
contemporaneamente liquido e gas. 1 0.5 1.0 1.5 2.0 v/vc
3
∂ P(Tc , vc ) ∂ 2 P(Tc , vc )
= 0, = 0.
∂v ∂v 2
a 8a
Pc = , Tc = , vc = 3b.
27b2 27b R
P T v
Pr = , Tr = , vr = .
Pc Tc vc
8Tr 3
Pr (Tr , vr ) = − .
3vr − 1 vr2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-59 colour black Giugno 22, 2006
Al disotto del punto critico la sostanza si può trovare in condizioni per cui è presente
contemporaneamente la fase liquida e la fase gassosa, che sono caratterizzate da
valori differenti del volume specifico o densità per una data temperatura. Al di sopra
del punto critico la sostanza si presenta invece necessariamente in un’unica fase
che non sarà possibile definire liquida o gassosa dal momento che il cambiamento
di densità avviene in modo omogeneo e uniforme in tutto il volume occupato dal
fluido. Nella tabella seguente riportiamo i valori critici di alcune sostanze semplici,
misurati sperimentalmente.
Tabella 5. Valori nel punto critico delle grandezze termodinamiche per alcuni gas.
Pc Tc vc Pc vc /RTc
Sostanza 10 × Pa
6
K 10 −3
× m /kg
3
= Zc
Si riporta anche il valore nel punto critico del fattore di comprimibilità definito
dal seguente rapporto
Pv
Z= .
RT
Il fattore di comprimibilità di ogni gas ideale è sempre uguale a 1, in qualunque
stato termodinamico. Diversamente, per un gas di van der Waals il fattore di
comprimibilità è dato da
v a
Z vdW = − .
v − b v RT
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-60 colour black Giugno 22, 2006
e quindi dipende dallo stato termodinamico considerato, ossia Z vdW = Z vdW (T, v).
In particolare, il fattore di comprimibilità nello stato critico vale
Il confronto coi dati sperimentali mostra che l’equazione di van der Waals for-
nisce una descrizione non molto accurata del comportamento del gas, almeno in
prossimità della zona critica.
Nella figura E.2 la curva punteggiata rappresenta il luogo dei punti estremi
(punti di massimo e minimo) delle isoterme per temperature minori di quelle
dell’isoterma critica, che è quella avente un punto di flesso con tangente orizzontale.
L’equazione di questo luogo si ottiene scrivendo la condizione ∂ P(T, v)/∂v = 0
ed eliminando la temperatura mediante l’equazione di stato:
a 2b
Ptan or (v) = 1 −
v2 v
27 R 2 Tc2 1 RTc
a= , b= .
64 Pc 8 Pc
Nella prossima tabella sono riportati i valori delle costanti R, a e b del modello di
van der Waals di alcuni gas. Si noti che b è il covolume specifico, ossia per unità di
massa (non per mole) e analogamente le dimensioni e i valori di a sono relativi alle
equazioni in cui compaiono le variabili specifiche, ossia per unità di massa (non
per mole). Si riporta anche il valore della costante δ che compare nella relazione
fondamentale e che è quindi necessario per definire in modo completo il modello
di gas di van der Waals, come sarà spiegato più avanti.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-61 colour black Giugno 22, 2006
Tabella 6. Costanti delle equazioni di stato per alcuni gas di van der Waals.
R= /m.m. a b δ
Pa · m6 m3
Sostanza J
kg · K
10 × 3
kg2
10 −3
× kg
Caso politropico
Invece di fornire la seconda equazione di stato e = e(T, v) necessaria per completare
la definizione delle proprietà termodinamiche di gas, preferiamo definire il gas di
van der Waals politropico attraverso la sua relazione fondamentale dell’entropia
" 1δ #
e + av v−b
s = s(e, v) = s0 + R ln ,
e0 + va0 v0 − b
a a v0 − b δ δ (s−s0 )/R
e = e(s, v) = − + e0 + e ,
v v0 v−b
per cui il cv del gas di van der Waals considerato è costante, donde la denominazione
di politropico, conformemente al caso del gas ideale.
Calcoliamo infine la velocitàdel suono, al quadrato. Per definizione abbiamo,
ricordando che P̃(s, ρ) = P s, ρ1 = P(s, v),
∂ P̃(s, ρ) ∂ P s, ρ1 ∂ P(s, v) d 1 ∂ P(s, v)
c (s, v) =
2
= = = −v 2 .
∂ρ ∂ρ ∂v dρ ρ ∂v
Calcolando la derivata parziale rispetto a v si ha
v 2 RT 2a
[c(T, v)]2 = (δ + 1) − .
(v − b)2 v
Quindi, diversamente dal caso di gas ideale, la velocità del suono del gas di van der
Waals dipende anche dal volume specifico oltre che dalla temperatura.
a X
Mvib
RTm
e(T, v) = − + R(T − T0 ) + Tm /T − 1
,
v m=1
e
P Mvib Tm
avendo scelto e0 = R m=1 eTm /T0 −1
. Considerando poi la relazione dell’entropia, la
sostituzione della funzione cv (T ) del modello non politropico considerato fornisce
Z Mvib
X 0
v−b T
Tm 2 eTm /T dT 0
s(T, v) = s0 + R ln +R + 2 .
v0 − b T0 m=1
T0 eTm /T 0 − 1 T0
R
Un’integrazione diretta mediante l’integrale indefinito ln x dx = x ln x − x con-
duce alla seguente espressione esplicita:
v−b T
s(T, v) = s0 + R ln + R ln
v0 − b T0
X
M
vib
1 − e−Tm /T0 Tm /T Tm /T0
+R ln + − .
m=1
1 − e−Tm /T eTm /T − 1 eTm /T0 − 1
P Mvib Tm /T0
Scegliendo ora il valore s0 in modo che s0 = R m=1 eTm /T0 −1 , la relazione para-
metrica per l’entropia si semplifica in
XMvib
s(T, v) v−b T 1 − e−Tm /T0 Tm /T
= ln + ln + ln + T /T .
R v0 − b T0 m=1
1 − e−Tm /T e m −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-65 colour black Giugno 22, 2006
Per determinare la velocità del suono del gas considerato, partiamo dall’espressione
di c2 (T, v) valida quando il calore specifico a volume costante dipende solo dalla
temperatura. Questa relazione è già stata introdotta alla fine del paragrafo E.2 nello
studio del gas ideale non politropico. Mediante un calcolo diretto si trova che la
velocità del suono in un gas di van der Waals non politropico è data da:
R RT v 2 2a
[c(T, v)] = 1 +
2
− ,
cv (T ) (v − b) 2 v
Psat (0.7)
ω = −1 − log10 ,
Pc
3 1 Pc
ω = −1 + log10 .
7 (Tc /Te ) − 1 P1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice E – pagina A-66 colour black Giugno 22, 2006
Il valore di ω cosı̀ definito per il gas studiato è poi utilizzato per calcolare la seguente
funzione adimensionale di una temperatura adimensionale
√
αω (τ ) = 1 + f ω 1 − τ ,
dove τ = T /Tc rappresenta la temperatura ridotta e il coefficiente (sempre adimen-
sionale) fω è dato dalla relazione
f ω = 0.48 + 1.574 ω − 0.176 ω 2.
Equazione di stato
L’equazione di stato del gas di Soave–Redlich–Kwong ha la forma seguente
2
RT a αω TTc
P(T, v) = − ,
v−b v 2 + bv
RT X
5
Q i (T )
P(T, v) = +
v − b i=2 (v − b)i
per il contributo all’energia dei gradi di libertà interni delle molecole. Le quattro
funzioni Q i (T ), i = 2, . . . , 5, del gas di Martin–Hou sono definite dalla relazione
X5
T d QdTi (T ) − Q i (T )
e(T, v) = erif + φ(T ) − ,
i=2
(i − 1)(v − b)i−1
X
5 d Q i (T )
s(T, v) = srif + ψ(T ) + R ln(v − b) − dT
.
i=2
(i − 1)(v − b)i−1
RT
Naturalmente, come sempre, ψ(T ) = Trif cv (T 0, ∞)/T 0 dT 0 .
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-68 colour black Giugno 22, 2006
A-68
Appendice F
mi Ri = /m i γi = c P,i /cv,i
Sostanza kg/kmol J/(kg · K)
Ri = /m i , i ∈ S.
|S|
X
M= Mi .
i=1
1
Il simbolo S non dovrebbe essere confuso con l’entropia.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-70 colour black Giugno 22, 2006
Per agevolare la lettura delle relazioni con le sommatorie, preferiamo una notazione
leggermente diversa, impiegata da Vincent Giovangigli in Multicomponent Flow
Modeling, Birkhäuser, Boston, Basel, Berlin, 1999. Il questa notazione l’indice
della sommatoria è scritto semplicemente come i ∈ S e non è più necessario
indicare gli estremi dell’intervallo. La massa totale della miscela di gas è allora
espressa nel modo seguente
X
M= Mi .
i∈S
Mi ρi
Yi = = , i ∈ S,
M ρ
Mi
Ni = , i ∈ S.
mi
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-71 colour black Giugno 22, 2006
In termini del numero di moli, la composizione della miscela può essere caratteriz-
zata alternativamente dalle frazioni molari definite da
Ni
Xi = , i ∈ S,
N
m i Ni m i Ni /N
=P =P
j ∈S m j N j j ∈S m j N j /N
mi Xi
=P .
j ∈S m j X j
1 c P,i
ci = , γi = ,
γi − 1 cv,i
relativa al gas i -esimo. Le quantità s0,i , e0,i e v0,i sono delle costanti completamente
arbitrarie. Notiamo che le variabili specifiche di questa relazione sono definite tutte
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-73 colour black Giugno 22, 2006
Si Ei V
si = , ei = , vi = ,
Mi Mi Mi
È da notare che abbiamo considerato un valore V0,i diverso per ciascuna specie
perché in generale il volume nello stato di riferimento può essere scelto in modo
differente da specie a specie.
Partendo dalla relazione fondamentale per le grandezze specifiche è possibile
ricostruire la relazione fondamentale per le grandezze estensive. Infatti, in virt ù
delle proprietà di omogeneità della relazione fondamentale rispetto alle sue variabili
indipendenti, potremo scrivere
ci
Ei
E i /Mi V /Mi
Si = M i si M , V
Mi = Mi s0,i + Ri ln
i
E 0,i /Mi V0,i /Mi
ci
Ei V
= Mi s0,i + Mi Ri ln
E 0,i V0,i
= Si (E i , V, Mi ).
ei (T ) = e0,i + Ri ci (T − T0 ),
Vogliamo ora ricavare l’entropia del gas i -esimo in funzione delle variabili T e
V che non dipendono dalla specie chimica cnsiderata. Sostituendo E i (T, Mi )
nella relazione fondamentale estensiva Si (E i , V, Mi ) della specie i -esima, il fattore
relativo al rapporto delle energie si scrive
Ei E 0,i + Mi Ri ci (T − T0 )
=
E 0,i E 0,i
Mi R i c i
=1+ (T − T0 )
E 0,i
Ri ci T0 T
=1+ −1 .
e0,i T0
Scegliamo ora i valori delle costanti e0,i di tutte le specie in funzione del valore
dell’unica temperatura T0 di riferimento, cosı̀ che e0,i = Ri ci T0 ovvero E 0,i =
Mi Ri ci T0 , per i ∈ S, in modo da avere la semplificazione:
T
E i = Mi Ri ci T = E 0,i .
T0
Sostituendo nella funzione Si (E i , V, Mi ) si ha:
ci
T V
Si (T, V, Mi ) = S0,i + Mi Ri ln ,
T0 V0,i
dove S0,i = Mi s0,i . Notare che le due funzioni Si (E i , V, Mi ) e Si (T, V, Mi ) sono
matematicamente diverse, ma sono indicate con lo stesso simbolo per evitare di
complicare la notazione. L’equazione di stato cercata è quindi:
T V
Si (T, V, Mi ) = S0,i + Mi Ri ci ln + Mi Ri ln .
T0 V0,i
X
S(T, V ; M) = Si (T, V, Mi ).
i∈S
Notare che si sommano le relazioni fondamentali dei vari gas, altrimenti si otterebbe
una funzione S ? (E 1 , E 2 , . . . , |S| , V ; M) che ha fra le variabili tutte le energie
individuali delle diverse specie. Utilizzando la funzione Si (T, V, Mi ) di ogni
specie, che si è supposta essere un gas ideale politropico, il teorema di Gibbs
fornisce
P T P V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) + i∈S M R c
i i i ln + i∈S M R
i i ln
T0 V0
dove
X
V0
S0∗ (M) = Mi s0,i + Ri ln
i∈S
V0,i
Definiamo a questo punto le due funzioni seguenti relative alla miscela di gas
considerata con composizione data da M:
X X X Ri
R(M) = Mi R i , Rγ (M) = Mi R i c i = Mi
i∈S i∈S i∈S
γi − 1
e notiamo che esse sono lineari rispetto alla loro variabile M. In termini di queste
funzioni, l’equazione di stato dell’entropia assume la forma
∗ T V
S(T, V ; M) = S0 (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln .
T0 V0
E(T ; M) = Rγ (M) T
T V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) + Rγ (M) ln + R(M) ln ,
T0 V0
dove
S0∗ (M) E 0 (M) V0
s0∗ (Y) = = S0∗ (Y), e0 (Y) = = E 0 (Y), v0 = .
M M M
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-77 colour black Giugno 22, 2006
2
A rigore, si dovrebbe indicare la nuova funzione fondamentale, che dipende da N, in modo
diverso per non confonderla con quella iniziale, che dipende invece da M; tuttavia, dato che
entrambe le funzioni rappresentano la stessa “grandezza fisica”, per evitare una complicazione
notazionale useremo lo stesso simbolo S e distingueremo le due funzioni in base alla variabile
indipendente N o M che compare in esse.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-78 colour black Giugno 22, 2006
S E V
s̃ = , ẽ = , ṽ = ,
N N N
dove N rappresenta il numero totale di moli della miscela. Utilizziamo ora queste
definizioni nella relazione fondamentale dell’entropia per le grandezze estensive
globali, e osserviamo che risulta, grazie alla linearità di Rγ (M),
E 0 (M) Rγ (M) T0
= = Rγ MN T0
N N
X X
Mi Ni m i
= Ri T0 = Ri T0
i∈S
N i∈S
N
X X
Ni
= m i Ri T0 = Xi T0
i∈S
N i∈S
X
= Xi T0 = T0 .
i∈S
dove
X
∗ ṽ0
s˜0 (X) = X i s̃0,i + ln ,
i∈S
ṽ0,i
e inoltre
V0 V0,i
v˜0 = , ṽ0,i = .
N N
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-79 colour black Giugno 22, 2006
Nelle prime due compaiono le masse o le frazioni di massa delle diverse specie
chimiche, mentre nelle ultime due compaiono i numeri di moli o le frazioni mo-
lari. Inoltre, la prima e la terza forma della relazione fondamentale riguardano
le grandezze estensive, mentre la seconda e la terza si riferiscono alle grandezze
rispettivamente specifiche e molari. Si deve fare attenzione che le due funzioni
S(E, V ; M) e S(E, V ; N) sono diverse, come pure S0∗ (M) e S0∗ (N), vedere il testo.
Z T
ei (T ) = e0,i + cv,i (T 0 ) dT 0 ,
T0
Z
T
cv,i (T 0 ) 0 v
si (T, v) = s0,i + dT + Ri ln ,
T0 T0 v0,i
dove cv,i (T ) è il calore specifico a volume costante della specie i -esima. Moltipli-
cando entrambe le equazioni per la massa Mi della specie considerata, abbiamo le
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-80 colour black Giugno 22, 2006
1 X
cv (T ; M) = Mi cv,i (T ),
M i∈S
Z T
E(T ; M) = E 0 (M) + M cv (T 0 ; M) dT 0 ,
T0
Z
T
cv (T 0 ; M) V
S(T, V ; M) = S0∗ (M) +M 0
dT + R(M) ln .
T0 T0 V0
Come nel caso di un semplice gas ideale monocomponente non politropico, non si
riesce a invertire la funzione fra l’energia e la temperatura (tranne nel caso in cui i
calori specifici di tutte le componenti siano costanti). Pertanto la forma parametrica
rappresenta l’espressione analitica della relazione fondamentale più esplicita che si
può ottenere per il sistema gassoso non politropico considerato.
2H2 + O2 *
) 2H2 O,
2O *
) O2 .
i∈S
dove i numeri interi νi sono detti coefficienti stechiometrici e possono essere sia
postivi sia negativi. Nella reazione di formazione dell’acqua, con 1 = H2 , 2 = O2
O2 *
) 2O,
N2 *
) 2N,
) N + O.
NO *
) −O2 + 2O,
0 *
) −N2 + 2N,
0 *
) −NO + N + O.
0 *
O N O2 N2 NO
2 0 −1 0 0
= 0 2 0 −1 0
1 1 0 0 −1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-83 colour black Giugno 22, 2006
Notare che la posizione dei coefficienti nella tabella dipende dall’ordinamento scelto
per le specie chimiche coinvolte.
In generale, indichiamo con R l’insieme di reazioni chimiche (effettivamente
distinte), il cui numero è pari a |R|. Allora il modello di tali reazioni potrà essere
rappresenatato dalle |R| relazioni seguenti
X
0 *) νr,i i , r ∈ R.
i∈S
1
ν1,1 ν1,2 · ν1,|S| ·
· · · ·
= =
·
· · · ·
·
ν|R|,1 ν|R|,2 · ν|R|,|S|
|S|
0 *
) .
1 2 j | A|
, , ..., , ..., ,
dove l’indice in alto non rappresenta una potenza. Vale sempre la seguente
equazione
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-84 colour black Giugno 22, 2006
Una molecola sarà rappresentata dai simboli degli atomi che la costituiscono.
Nella formula della molecola, gli atomi che sono presenti più di una volta sono scritti
mettendo come pedice il numero intero ≥ 2 che corrisponde alla loro molteplicità.
La formula di una generica molecola del modello di reazioni sarà pertanto scritta
nel modo seguente
j | A|
= 1
α1
2
α2 ... αj
... α |A|
Y j
i = j, i∈S
αi
j∈A
Nel caso del modello considerato di tre (= |R|) reazioni fra 5 (= |S|) specie
j
chimiche, si hanno quindi 2 (= |A|) costituenti atomi elementari. I coefficienti α i
interi positivi o nulli possono essere organizzati in una tabella nella quale ciascuna
riga si riferisce a ogni costituente atomico
O N O2 N2 NO
1 0 2 0 1
=
0 1 0 2 1
j
In generale la tabella dei coefficienti interi (non negativi) αi , con j ∈ A e i ∈ S,
costituisce una matrice rettangolare di dimensioni |A| × |S|, chiamata matrice
costitutiva delle molecole, del tipo:
1 1
α1 α21 · α|S|
· · · ·
=
· · · ·
| A| | A| | A|
α1 α2 · α|S|
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-85 colour black Giugno 22, 2006
N = Nc.a. ,
dove N è il vettore del numero di moli delle specie chimiche. Dato che il numero di
moli N jc.a. dei costituenti atomi di tipo j ∈ A si conserva, il membro di destra della
relazione precedente è noto in base alle condizioni iniziali. Un modo alternativo
di scrivere questa relazione di conservazione che sarà utile nel seguito richiede
di esprimere la composizione della miscela in frazioni di massa Y invece che in
mumero di moli N. Dato che N = M m = M m , l’equazione considerata è equivalente
Y
a
ˆ Y = Nc.a. /M,
j j
dove α̂i = αi /m i .
Y Ni νr,i
= K r (T ), r ∈ R,
i∈S
V
X
νr = νr,i , r∈R
i∈S
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-86 colour black Giugno 22, 2006
Y νr,i Q ν
Yi = i∈S m i r,i v νr K r (T )
i∈S
Y νr,i Q ν
Yi − i∈S m i r,i K r (T ) v νr = 0, r∈R
i∈S
X j N jc.a.
α̂i Yi − = 0, j∈A
i∈S
M
Abbiamo quindi un sistema di |R| + |A| = |S| equazioni nella |S| incognite Y, che
potremo riscrivere compattamente nella forma seguente
(T, v; Y; Nc.a. /M) = 0
Il sistema rappresenta la definizione della funzione implicita Y = Y(T, v; N c.a. /M),
per ogni valore di T , v e Nc.a. /M assegnato. Per trovare la soluzione, si può
utilizzare il metodo iterativo di Newton, che richiede di calcolare a ogni passo la
matrice jacobiana del sistema. Notiamo che tale matrice ha la struttura a blocchi
seguente
νr,i Q νr,i0
c.a. 0 ∈S Yi 0
∂ (T, v; Y; N /M) Y i
= i
∂Y
ˆ
Il primo blocco è una matrice rettangolare di dimensioni |R| × |S| mentre il secondo
(che è una matrice costante) ha dimensioni |A| × |S|.
Equazioni di stato
Una volta che sia stata determinata la composisione Y(T, v, Nc.a. /M) all’equilibrio,
per valori di T e v fissati, la pressione e l’energia specifica (interna) della miscela
di gas è data da
T X Yi (T, v)
P = P(T, v) = ,
v i∈S mi
X
e = e(T, v) = Yi (T, v) ei (T ),
i∈S
dove abbiamo scritto Y(T, v) invece di Y(T, v; Nc.a. /M), per semplicità. Se sup-
poniamo che i gas costituenti la miscela possano essere solo monoatomici o di-
atomici la funzione ei (T ) avrà la seguente forma
3 T
e0,i + 2 m i
gas monoatomico
ei (T ) =
5 T T vib /m i
e0,i + + vibi gas biatomico
2 mi e Ti /T − 1
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice F – pagina A-88 colour black Giugno 22, 2006
A-89
Appendice G
linea media
bordo d0 attacco
Coefficienti aerodinamici
È spesso conveniente esprimere le forze aerodinamiche e il momento in forma
adimensionale dividendo la portanza e la resistenza, per unità di apertura, per
1 2 1 2 2
2 ρU c mentre il momento, per unità di apertura, va diviso per 2 ρU c . In questo
modo si ottengono i coefficienti aerodinamici:
(i) il coefficiente di portanza
2`
c` = ,
ρU 2 c
(ii) il coefficiente di momento di beccheggio
2m
cm = ,
ρU 2 c2
(iii) il coefficiente di resistenza
2d
cd = .
ρU 2 c
Nei coefficienti aerodinamici sono state utilizzate lettere minuscole al fine di evi-
denziare il fatto che ci stiamo riferendo a profili bidimensionali.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-91 colour black Giugno 22, 2006
Curve caratteristiche
I coefficienti aerodinamici dipendono, per un determinato profilo alare, dall’inci-
denza del profilo, dal numero di Reynolds e dal numero di Mach della corrente
che lo investe, nonché dalla rugosità della superficie del profilo. Dato un profilo
alare e fissati il numero di Reynolds e il numero di Mach, è interessante studiare la
dipendenza dei coefficienti aerodinamici dall’angolo di incidenza α. Si ottengono
in questo modo le curve caratteristiche del profilo alare:
(i) la curva c` -α che rappresenta l’andamento del coefficiente di portanza al variare
dell’angolo di incidenza;
(ii) le curve cm -α e cm -c` che rappresentano l’andamento del coefficiente di mo-
mento in funzione rispettivamente dell’angolo di incidenza e del coefficiente
di portanza;
(iii) la polare del profilo che rappresenta l’andamento del coefficiente di resistenza
al variare del coefficiente di portanza.
Le curve caratteristiche di un profilo alare progettato correttamente presentano
alcune proprietà comuni a tutti i profili. Nelle figure G.2–G.3 si mostrano le curve
caratteristiche relative al profilo alare NACA 23012 misurate per un numero di
Reynolds di 6.0 × 106 .
Osservando la curva c` -α, possiamo individuare un tratto centrale lineare per
angoli di incidenza sufficientemente vicini all’angolo di incidenza di progetto. La
pendenza di tale tratto è all’incirca 2π come previsto dalla teoria dei profili sottili,
quando si esprimano gli angoli in radianti. Se il profilo è simmetrico, l’angolo
di incidenza per il quale si annulla il coefficiente di portanza, α`=0 , è nullo. Per
profili non simmetrici, invece, esso assume in generale un valore diverso da zero.
All’aumentare dell’angolo d’incidenza, per valori dell’ordine di 15 ◦ -20◦ , la curva
si discosta dalla linearità fino a raggiungere il suo valore massimo per un angolo di
incidenza detto angolo di stallo. Il fenomeno associato a questo scostamento dalla
linearità è detto appunto stallo.
Fisicamente si verifica un distacco dello strato limite che impedisce al profilo di
lavorare correttamente e che porta, più o meno rapidamente a seconda della forma
del profilo e del numero di Reynolds, a una diminuzione del coefficiente di portanza
e a un aumento del coefficiente di resistenza. A seconda che la separazione dello
strato limite avvenga in una zona in prossimità del bordo d’attacco del profilo o in
prossimità del bordo d’uscita lo stallo è più o meno brusco. Nel primo caso, tipico
dei profili con un basso spessore percentuale e con un ridotto raggio di curvatura al
bordo d’attacco, si parla di stallo di bordo d’attacco, nel secondo caso, tipico dei
profili con un elevato spessore percentuale e con un elevato raggio di curvatura al
bordo d’attacco, si parla di stallo di bordo d’uscita.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-92 colour black Giugno 22, 2006
2 0.5
0.4
1.5
0.3
1
0.2
Coefficiente di momento
Coefficiente di portanza
0.5
0.1
0 0
-0.1
-0.5
-0.2
-1
-0.3
Figura G.2 Curva c` -α () e cm -α
-1.5
(◦) del profilo NACA 23012 per un -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20
numero di Reynolds di 6.0 × 106 Angolo di incidenza
0.0200 0.200
0.0175 0.175
0.0150 0.150
0.0125 0.125
Coefficiente di resistenza
Coefficiente di momento
0.0100 0.100
0.0075 0.075
0.0050 0.050
0.0025 0.025
È importante notare che i valori del coefficiente di beccheggio rispetto al punto posto
a 1/4 della corda, riportati nelle figure precedenti, sono positivi. Nella convenzione
di segno adottata questo significa un momento a picchiare, cioè che agisce in senso
orario sul profilo, immaginato con il bordo d’attacco a sinistra e il bordo d’uscita
a destra. Questo fatto è tipico dei profili alari convenzionali. Tradizionalmente, il
momento di beccheggio viene assunto invece con la convenzione di segno opposta,
cioè positivo se agisce in senso orario, come, ad esempio, nei Report NACA nei
quali venivano riportate le caratteristiche aerodinamiche dei profili alari ottenute
sperimentalmente. Nel consultare i dati relativi alle caratteristiche aerodinamiche
dei profili alari occorre quindi prestare attenzione a quale convenzione di segno è
stata adottata.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-94 colour black Giugno 22, 2006
(xd , yd )
Figura G.4 Generazione di un linea media
profilo non simmetrico a partire dalla θ
linea media e dallo spessore (profilo corda
NACA5312) (xv , yv )
Con riferimento alla figura G.4, la forma del dorso e del ventre del profilo alare è
fornita dando la coppia di coordinate (x d , yd ) e (x v , yv ) dei punti giacenti sulla su-
perficie superiore e inferiore del profilo. Queste coordinate, sempre adimensionali,
sono fornite in funzione della coordinata adimensionale x lungo la corda mediante
le relazioni che derivano dalla costruzione illustrata nella figura G.4:
x d (x) = x − ysp (x) sin θx , yd (x) = ylm (x) + ysp (x) cos θx ,
x v (x) = x + ysp (x) sin θx , yv (x) = ylm (x) − ysp (x) cos θx ,
dylm (x)
θx = tan−1 .
dx
−→ p= ,
10
SS
SS −→ s= .
100
Per i profili NACA a cinque cifre, indicati con NACA ddd SS, le prime tre cifre
ddd indicano in modo convenzionale la scelta della linea media, mentre le ultime
due cifre SS si riferiscono allo spessore massimo del profilo in direzione normale
alla linea media, esattamente come nel caso a quattro cifre.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-96 colour black Giugno 22, 2006
SS
s= .
100
Figura G.6
Profilo simmetrico NACA0012
per 0 < x ≤ 1.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-97 colour black Giugno 22, 2006
PARAGRAFO G.6: Linea media dei profili NACA a cinque cifre A-97
dove m = 100 M
è l’ordinata massima della linea media e p = 10 è la posizione
lungo la corda dell’ordinata massima, entrambe espresse in modo adimensionale
come frazione della lunghezza c della corda. Naturalmente, anche i valori di y lm (x)
sono espressi nello stesso modo adimensionale. Come esempio, nella figura G.7 è
disegnata la linea media dei profili NACA53SS.
linea media
corda
Figura G.7 Linea media NACA53SS
I valori di k e q dipendono dal numero convenzionale intero con tre cifre ddd
secondo le cinque possibilità indicate nella prossima tabella.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice G – pagina A-98 colour black Giugno 22, 2006
ddd k q
A-99
Appendice H
dove n è un intero non negativo nel primo integrale e positivo nel secondo. La
variabile θ che compare negli integrali varia nello stesso intervallo [0, π] di inte-
grazione. Questi integrali sono noti come integrali di Glauert.
In questa appendice ricaviamo il valore di questi integrali. È da osservare che i
due integrali considerati sono impropri poiché la funzione integranda non è definita
per ϕ = θ: per tale valore il denominatore si annulla e quindi la funzione integranda
diverge. Tuttavia questa divergenza non preclude l’esistenza dell’integrale definito
in quanto la singolarità della funzione integranda è debole e si ha una compensazione
dei due contributi all’integrale di segno opposto provienienti dai due lati della
singolarità.
per ogni n intero non negativo, n = 0, 1, 2, . . . , e per θ ∈ [0, π]. Notiamo che
per θ = 0 e θ = π il valore dell’intgrale è definito in quanto la frazione a secondo
membro non diverge ma origina la forma indeterminata 00 che, in virtù della regola
de l’Hôpital, ha un valore finito.
L’integrale definito del primo membro è più facile da calcolare se viene prima
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice H – pagina A-100 colour black Giugno 22, 2006
Avremo allora
sin θ sin θ
=− ϕ+θ .
cos ϕ − cos θ 2 sin 2
sin ϕ−θ
2
ϕ+θ
sin θ = sin 2 − ϕ−θ
2
= sin ϕ+θ
2
cos ϕ−θ
2
− sin ϕ−θ
2
cos ϕ+θ
2
.
Avremo quindi
ϕ+θ
sin θ sin cos ϕ−θ − sin ϕ−θ cos ϕ+θ
=− 2 2
2
2
cos ϕ − cos θ 2 sin ϕ+θ
2 sin ϕ−θ
2
ϕ−θ
ϕ+θ
cos cos
=− 2
ϕ−θ
+ 2
ϕ+θ
2 sin 2 2 sin 2
h i
1 ϕ−θ ϕ+θ
= cot 2 + cot 2 .
2
L’integrale modificato diventa quindi
Z π Z h
cos(nϕ) sin θ 1 π ϕ−θ
ϕ+θ
i
dϕ = cos(nϕ) cot + cot dϕ.
0 cos ϕ − cos θ 2 0 2 2
1
sin(nϕ) sin ϕ = cos[(n − 1)ϕ] − cos[(n + 1)ϕ] .
2
Ma, essendo n ≥ 1, gli integrali nel secondo membro sono tutti del tipo visto nel
precedente paragrafo. Si ha perciò
Z π
sin(nϕ) sin ϕ π sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ]
dϕ = .
0 cos ϕ − cos θ 2 sin θ
per cui sin[(n − 1)θ] − sin[(n + 1)θ] = −2 cos(nθ) sin θ, da cui si ricava
Z π
sin(nϕ) sin ϕ π −2 cos(nθ) sin θ
dϕ = = −π cos(nθ),
0 cos ϕ − cos θ 2 sin θ
A-105
Appendice I
Derivata temporale di
integrali su domini mobili
Introduzione In questa appendice presentiamo alcune identità differenziali che
esprimono la rapidità di variazione di integrali su domini variabili e in movimento
nello spazio. Si suppone che le funzioni da integrare possano dipendere dal tempo
oltre che dalla posizione, ma il valore dell’integrale varia col tempo anche a causa
del fatto che il dominio d’integrazione è variabile in funzione del tempo.
Le identità differenziali che considereremo rappresentano la generalizzazione
alle tre dimensioni del teorema del calcolo differenziale, noto con il nome di identità
di Leibniz, che esprime la derivata di un integrale definito unidimensionale rispetto
a una variabile, diversa da quella d’integrazione, da cui dipendono sia la funzione
integranda sia uno o entrambi gli estremi dell’intervallo di integrazione.
da(t) db(t)
va (t) ≡ e vb (t) ≡ ,
dt dt
per cui l’identità di Leibniz può essere scritta anche nella forma cinematicamente
più espressiva:
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
+ f (b(t), t) vb (t) − f (a(t), t) va (t).
PARAGRAFO I.2: Derivata della circolazione lungo una curva mobile A-107
Le tre identità differenziali indicate sono state considerate insieme per la prima volta
da Robert Adams e il secondo autore. Le dimostrazioni riportate nel seguito sono
delineate alla fine del capitolo 7 del testo di Robert Adams, Calcolo differenziale 2,
Funzioni di più variabili, Terza edizione, CEA, 2003.
Nelle dimostrazioni si suppone in ogni caso che tutte le funzioni con cui si opera
siano sufficientemente lisce da potere effettuare su di esse le operazioni standard
del calcolo differenziale.
∂rC (s, t)
vC (s, t) = ,
∂t
dove rC ∈ Ct .
Sia F(r, t) un campo vettoriale liscio che dipende da t (ovvero un campo
vettoriale dipendente dal tempo) e che è definito in tutta la regione dello spazio
tridimensionale in cui si muove C t .
va (t)
ra (t)
rb (t)
vC Ct
dove si suppone che rC = rC (s, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo
ordine. L’uso della regola di derivazione delle funzioni composte fornisce l’identità
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂F ∂rC ∂rC ∂rC
FC −
FC = +( F) .
∂t ∂s ∂s ∂t ∂t ∂s ∂t ∂s
dt Ct
Z b
∂ ∂rC
= FC ds
a ∂t ∂s
Z b
∂ ∂rC ∂ ∂rC ∂ ∂rC
= F − F + F ds
∂t C ∂s ∂s C ∂t ∂s C ∂t
a
Z b
∂ ∂rC ∂ ∂rC
= F − F ds
∂t C ∂s ∂s C ∂t
PARAGRAFO I.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-109
Per semplificare l’aspetto della formula, in coerenza con quanto fatto altrove in
questo testo, scriveremo questa relazione eliminando l’infinitesimo ds:
Z Z
d ∂F
F ˆ = +( F) vC ˆ
dt Ct Ct ∂t
+ F(rC (b, t), t) vC (b, t) − F(rC (a, t), t) vC (a, t),
In particolare, se si suppone che la curva C t sia chiusa (vedi figura I.2), la circo-
lazione è chiamata circuitazione intorno a C t . In questo caso ra = rb in ogni
istante e quindi i due termini associati agli estremi della curva non esistono pi ù, per
cui la precedente identità differenziale si semplifica in
I I
d ∂F
F ˆ =
+( F) vC ˆ.
dt Ct Ct ∂t
Si può notare che questa identità vale anche quando la curva chiusa C t appartiene a
una regione molteplicemente connessa incluso il caso in cui C t gira intorno a uno
o più “fori” della regione.
vC
Ct
liscia
rS = rS (u, v, t),
dove (u, v) appartiene a una conveniente regione R del piano dei parametri uv. Si
suppone che r S (u, v, t) abbia derivate parziali continue fino al secondo ordine. La
velocità dei punti di St (vedi figura I.3) è data dalla derivata parziale
∂rS (u, v, t)
vS (u, v, t) = .
∂t
La derivata rispetto al tempo del flusso di F(r, t) attraverso St è data dalla seguente
identità
Z Z I
d ∂F
F n̂ d S =
+ ( F) vS n̂ d S + F vC ˆ ds,
dt St St ∂t Ct
vC
n̂
St
vS Ct
Figura I.3 Superficie limitata che si
muove e si deforma nello spazio
∂u ∂v ∂t ∂v ∂u ∂t
∂F ∂rS ∂rS ∂rS ∂rS ∂rS
= + ( F) ,
∂t ∂u ∂v ∂t ∂u ∂v
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-111 colour black Giugno 22, 2006
PARAGRAFO I.3: Derivata del flusso attraverso una superficie mobile A-111
R ∂u ∂t ∂v ∂u ∂t
Z
∂ ∂rS ∂rS ∂ ∂rS ∂rS
= FS − FS du dv
R ∂u ∂t ∂v ∂v ∂t ∂u
I
∂rS
= FS ˆ ds.
Ct ∂t
∂rS ∂rS
du dv = n̂ d S.
∂u ∂v
dt St St ∂t Ct
Z Z I
d ∂F
F n̂ =
+( F) vS n̂ + F vC ˆ .
dt St St ∂t Ct
Questa identità vale anche quando la superficie chiusa St contiene al suo interno
una o più “lacune” del dominio, eventualmente consistenti in regioni vuote non
semplicemente connesse.
n̂
St
vS
vS = vS (rS , t),
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-113 colour black Giugno 22, 2006
dt Vt Vt ∂t St
che vale per qualunque funzione liscia f (r, t), dove n̂(rS , t) denota il vettore unitario
normale alla superficie St al tempo t e uscente da Vt , mentre vS (rS , t) è la velocità dei
punti del contorno St . Questa relazione è chiamata talvolta teorema di trasporto
di Reynolds.
Questa identità si dimostra facilmente nel modo seguente. Sia ∆Vt l’insieme
di punti attraverso cui passa St al crescere del tempo da t a t + ∆t. L’elemento di
volume dV di ∆Vt può essere espresso in termini dell’elemento di area d S di St
dV = vS n̂ d S ∆t.
dt Vt Vt ∂t St
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-114 colour black Giugno 22, 2006
Un’espressione analoga vale per l’integrale di volume di un campo vettoriale F(r, t),
che si suppone definito in una regione dello spazio tridimensionale contenente Vt :
Z Z I
d ∂F(r, t)
F(r, t) = + F(rS , t) vS n̂.
dt Vt Vt ∂t St
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice I – pagina A-115 colour black Giugno 22, 2006
Z b(t) Z b(t)
d ∂ f (x, t)
f (x, t) dx = dx
dt a(t) a(t) ∂t
Z Z
d ∂F
F ˆ = +( F) vC ˆ
dt Ct Ct ∂t
I I
d ∂F
F ˆ = +( F) vC ˆ
dt Ct Ct ∂t
Z Z I
d ∂F
F n̂ = +( F) vS n̂ + F vC ˆ
dt St St ∂t Ct
I I
d ∂F
F n̂ = +( F) vS n̂
dt St St ∂t
Z Z I
d ∂f
f = + f vS n̂
dt Vt Vt ∂t St
Z Z I
d ∂F
F= + F vS n̂
dt Vt Vt ∂t St
F = F(r, t) e f = f (r, t) ma vC = vC (rC , t) e vS = vS (rS , t)
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-116 colour black Giugno 22, 2006
A-116
Appendice L
Equazioni adimensionali
per fluidi comprimibili
Introduzione Nelle applicazioni è quasi sempre conveniente operare con una
versione adimensionale delle leggi fisiche considerate invece che con la loro forma
originaria in cui le variabili e le grandezze, o almeno alcune di esse, hanno le loro
dimensioni caratteristiche. Nel caso particolare delle equazioni di Navier–Stokes
per i fluidi comprimibili, il procedimento di adimensionalizzazione seguito in molti
testi di fluidodinamica ricalca quello adottato per le equazioni di Navier–Stokes
incomprimibili. Si cerca cioè di riscrivere le equazioni partendo da, ed estendendo
opportunamente, lo schema adottato per rendere adimensionale l’equazione di bi-
lancio della quantità di moto per una corrente incomprimibile e facendo quindi
apparire il celeberrimo numero di Reynolds, come abbiamo visto nel paragrafo 5.5.
Questa scelta non è tuttavia particolarmente perspicua, in quanto il sistema
di equazioni che governano il moto di un fluido comprimibile viscoso e condu-
cente calore è molto più complicato. Inoltre occorre includere nel processo di
adimensionalizzazione sia le equazioni di stato termodinamiche sia le funzioni che
definiscono le proprietà dissipative del fluido. In effetti, l’adimensionalizzazione
delle equazioni di governo delle correnti incomprimibili è particolarmente semplice
per tre motivi:
i) si deve rendere adimensionale una sola equazione,
ii) la variabile densità è in realtà un parametro costante, ρ,
iii) la variabile pressione non ha alcun legame con la termodinamica che, come
noto, non gioca alcun ruolo nella fluidodinamica incomprimibile.
Queste peculiarità del procedimento di adimensionalizzazione quando la corrente
è incomprimibile sono state evidenziate agli autori da Alberto Guardone e Stefano
Rebay. Partendo da tali osservazioni, essi hanno suggerito un semplice procedi-
mento per scrivere le equazioni di Navier–Stokes complete in forma adimensionale,
mediante il quale è possibile realizzare programmi di calcolo del tutto generali per
la simulazione numerica delle correnti comprimibili.
In questa appendice sviluppiamo lo schema di adimensionalizzazione suggerito
da Guardone e Rebay per la fluidodinamica comprimibile. Considereremo prima il
caso delle equazioni di Eulero della gasdinamica ed estenderemo poi il procedimento
al caso delle equazioni di Navier–Stokes per un fluido comprimibile viscoso.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-117 colour black Giugno 22, 2006
∂t
∂(ρu)
+ ρu ⊗ u + P = 0,
∂t
∂(ρet )
+ (ρet + P)u = 0,
∂t
t
dove e rappresenta l’energia specifica totale (interna più cinetica) del fluido. Queste
equazioni devono essere completate dalle equazioni termodinamiche di stato del
fluido, cioè,
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ).
In realtà la seconda equazione di stato potrebbe non essere necessaria, in quanto la
temperatura non compare nelle equazioni dinamiche per i fluidi non viscosi.
Procedimento di adimensionalizzazione
Introduciamo ora una lunghezza caratteristica L e una velocità caratteristica U per il
problema in esame; introduciamo inoltre i valori di riferimento ρsc , esc , Psc e Tsc per
rendere adimensionali mediante una scalatura , le quattro variabili termodinamiche
che compaiono nelle equazioni di conservazione e nelle equazioni di stato.
Osservazione È importante notare che i valori ρsc , esc , Psc e Tsc possono essere
scelti senza pretendere che corrispondano a un determinato stato termodinamico
del fluido: essi possono essere presi in modo indipendente (almeno fino al punto
in cui non emerga l’esigenza di imporre qualche condizione fra di essi). In altre
parole, il valore di scalatura ρsc potrebbe corrispondere, ad esempio, al valore della
densità ρ in un punto molto lontano da un corpo immerso nel fluido, mentre e sc
potrebbe essere il valore dell’energia specifica sulla superficie del corpo. Il valore
di scalatura per la pressione, Psc , potrà poi essere scelto liberamente e in generale
sarà diverso dal valore P(esc , ρsc ).
Per mezzo di tutte queste quantità caratteristiche e di scalatura potremo rendere
adimensionali le equazioni introducendo le seguenti versioni adimensionali delle
variabili indipendenti:
Ut r
t̃ = , r̃ = ,
L L
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-118 colour black Giugno 22, 2006
u ρ e P T
ũ = , ρ̃ = , ẽ = , P̃ = , T̃ = .
U ρsc esc Psc Tsc
Qui e nel seguito il simbolo tilde ˜ è utilizzato per indicare le quantità adimensionali.
Esprimiamo ora tutte le variabili dimensionali che compaiono nelle equazioni di
Eulero in funzione delle variabili adimensionali corrispondenti appenda introdotte,
ottenendo
U ∂ ρ̃ ρsc U ˜
ρsc + (ρ̃ ũ) = 0,
L ∂ t̃ L
ρscU 2 ∂(ρ̃ ũ) ρsc U 2 ˜ Psc ˜
+ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) +
P̃ = 0,
L ∂ t̃ L L
ρsc esc U ∂(ρ̃ ẽt ) ρsc escU ˜ Psc U ˜
+ (ρ̃ ẽt ũ) +
( P̃ ũ) = 0,
L ∂ t̃ L L
dove ovviamente
˜ =L ∂ ∂
ovverosia =L .
∂ r̃ ∂r
∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,
∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) + P̃ = 0,
ρsc U 2
∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ẽt ũ) +
( P̃ ũ) = 0.
∂ t̃ ρsc esc
Psc Psc
=1 e = 1.
ρsc U 2 ρsc esc
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-119 colour black Giugno 22, 2006
∂ t̃
∂(ρ̃ ũ)
+ ˜ ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ = 0,
∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt )
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ = 0,
∂ t̃
che ha proprio il medesimo aspetto delle equazioni originarie.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-120 colour black Giugno 22, 2006
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ ρu ⊗ u + P = 0,
∂t
∂(ρet )
+ (ρet + P)u = 0.
∂t
Quando si usa questa notazione con tutte le quantità adimensionali indicate da lettere
normali, senza ornamenti, le variabili cinematiche adimensionali sono espresse dalle
relazioni
r s
rdim ρsc Psc tdim
r= , = L dim , u= udim , t= ,
L Psc ρsc L
Psc
Psc
Pdim ρsc e, ρsc ρ Tdim ρsc e, ρsc ρ
P= , T = ,
Psc Tsc
∂t
∂(ρu)
+ ρu ⊗ u + P = (µ, λ; u),
∂t
∂(ρet )
+ (ρet + P)u =
κ T + u (µ, λ; u) ,
∂t
dove rappresenta il tensore degli sforzi viscosi ed è definito da
(µ, λ; u) = 2µ (u) + λ ( u) .
Queste equazioni sono completate dalle equazioni termodinamiche di stato del
fluido, cioè,
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ),
nonché dalle funzioni che descrivono la dipendenza dallo stato termodinamico dei
coefficienti dissipativi, ossia:
µ = µ(T, P), λ = λ(T, P) e κ = κ(T, P).
Procedimento di adimensionalizzazione
Riprendendo il procedimento seguito per la riduzione in forma adimensionale delle
equazioni di Eulero, le equazioni di Navier–Stokes comprimibili per le variabili
adimensionali assumono la forma
∂ ρ̃
+ ˜ (ρ̃ ũ) = 0,
∂ t̃
∂(ρ̃ ũ) Psc ˜ 1 ˜
+ ˜ (ρ̃ ũ ⊗ ũ) + P̃ = ˜ (µ, λ; ũ)
ρsc U 2
∂ t̃ ρsc LU
∂(ρ̃ ẽt ) Psc ˜
+ ˜ (ρ̃ ẽt ũ) +
( P̃ ũ)
∂ t̃ ρsc esc
Tsc 1 ˜ 1 U ˜
= (κ ˜ T̃ ) + (ũ ˜ (µ, λ; ũ)),
dove naturalmente ˜ (µ, λ; ũ) indica il tensore degli sforzi viscosi nel quale le
derivate spaziali sone effetturate rispetto alle coordinate adimensionali.
Imponendo anche in questo caso le due condizioni
Psc Psc
=1 e = 1,
ρsc U 2 ρsc esc
che abbiamo ricavato per le equazioni di Eulero. Pertanto, come nel caso precedente,
lo schema di adimensionalizzazione delle variabili cinematiche è
r s
r ρsc Psc t
r̃ = , ũ = u, t̃ = ,
L Psc ρsc L
ρ P T ρsc
ρ̃ = , P̃ = , T̃ = , ẽ = e.
ρsc Psc Tsc Psc
∂(ρ̃ ũ) 1
+ ˜ ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ =√ ˜ ˜ (µ, λ; ũ),
∂ t̃ ρsc Psc L
∂(ρ̃ ẽt )
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ
∂ t̃
r
Tsc ρsc 1 ˜ 1
= (κ ˜ T̃ ) + √
˜ (ũ ˜ (µ, λ; ũ)).
µ λ
µ̃ = √ e λ̃ = √ ,
ρsc Psc L ρsc Psc L
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-123 colour black Giugno 22, 2006
∂ t̃
∂(ρ̃ ũ)
+ ˜ ρ̃ ũ ⊗ ũ + P̃ = ˜ ˜ (µ̃, λ̃; ũ),
∂ t̃
∂(ρ̃ ẽt )
+ ˜ (ρ̃ ẽt + P̃)ũ = ˜ κ̃ ˜ T̃ + ũ ˜ (µ̃, λ̃; ũ) .
∂ t̃
r s
rdim ρsc Psc tdim
r= , =L dim , u= udim , t= ,
L Psc ρsc L
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu)
+ ρu ⊗ u + P = (µ, λ; u),
∂t
∂(ρet )
+ (ρet + P)u = κ T + u (µ, λ; u) .
∂t
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice L – pagina A-124 colour black Giugno 22, 2006
µ
µ = √ dim = costante.
ρsc Psc L
Pertanto, nel caso comprimibile il numero di Reynolds dipende dai valori di scalatura
delle variabili, che sono arbitrari, e il numero puro Resc ha un carattere alquanto
convenzionale rispetto al caso incomprimibile. Con questa definizione di Re sc , nel
caso considerato di viscosità costante, µdim = µdim , potremo quindi effettuare nelle
equazioni comprimibili adimensionali la sostituzione seguente:
1
µ→ .
Resc
λdim µ λdim
λ= √ = √ dim ,
ρsc Psc L µ
ρsc Psc L dim
1 λdim
λ→ .
Resc µdim
R µdim
Pr = ,
κ dim
dove R rappresenta la costante del gas considerato, che è stata introdotta per ottenere
effettivamente un numero puro. Il numero di Prandtl dipende solo dalle caratteris-
tiche del fluido considerato, che si è supposto avere coefficienti dissipativi costanti.
Alla luce di questa definizione, la relazione precedente permette di effettuare nelle
equazioni dinamiche adimensionali la sostituzione
1 ρsc RTsc
κ→ .
Resc Pr Psc
Le tre sostituzioni indicate permettono quindi di scrivere le equazioni adimensionali
di Navier–Stokes per un fluido comprimibile con proprietà dissipative costanti nella
forma seguente
∂ρ
+ (ρu) = 0,
∂t
∂(ρu) 1
+ ρu ⊗ u + P =
1, µλdim ; u ,
∂t Resc dim
∂(ρet )
+ (ρet + P)u
∂t
1 1 ρsc RTsc h i
= 2
T+ u 1, µ ; u
λdim
.
Resc Pr Psc dim
∂t Resc Pr dim
A-127
Appendice M
∂(ρet ) X
+ (ρet + P)u − κ T − u (u) =
(ρi u + Fi ) gi ,
∂t i∈S
et = e + 12 |u|2 .
∂ρi
+ (ρi u) +
F i = m i ωi ,
∂t
∂(ρu) X
+ ρu ⊗ u + P − (u) =
ρi g i ,
∂t i∈S
∂(ρet ) X
+ (ρet + P)u − κ T − u (u) =
(ρi u + Fi ) gi .
∂t i∈S
A-131
Appendice N
In secondo luogo, il bilancio della quantità di moto, sempre per unità di area
trasversale, includendo le forze dovute alla pressione, implica la seguente relazione
ρ1 u 21 + P1 = ρ2 u 22 + P2
dato che abbiamo assunto che la direzione della velocità del fluido sia lungo l’asse
x. Infine, la legge di conservazione dell’energia totale nell’attraversamento della
discontinuità permette di scrivere la terza relazione
ρ1 e1 + 12 u 21 + P1 u 1 = ρ2 e2 + 12 u 22 + P2 u 2 ,
ovverosia, più semplicente,
1 2
ρ1 u 1 2 u1 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2 1 2
2 u2 + e2 + P2 /ρ2 .
Scrivendo assieme le tre condizioni di salto appena ricavate, avremo
ρ1 u 1 = ρ 2 u 2 ,
+ P1 = ρ2 u 22 + P2 ,
ρ1 u 21
ρ1 u 1 12 u 21 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2 12 u 22 + e2 + P2 /ρ2
Tenendo conto che P = P(e, ρ), queste relazioni, per condizioni fissate a sinistra,
ossia per valori ρ1 , u 1 ed e1 noti, costituiscono un sistema di tre equazioni nelle
tre incognite ρ2 , u 2 ed e2 , che definiscono le condizioni a destra. Una soluzione
possibile è ovviamente quella che corrisponde a una corrente uniforme, ossia,
ρ2 = ρ1 , u 2 = u 1 e e2 = e1 (e quindi anche P2 = P1 ), ma essa è banale per cui non
sarà più considerata nel seguito.
Per scrivere le relazioni di salto di questo tipo in modo più compatto, è con-
veniente introdurre una notazione particolare che consiste nell’utilizzare delle pa-
rentesi quadre speciali per indicare la variazione di una grandezza a cavallo del
salto, secondo la definizione seguente:
[|A|] ≡ A1 − A2 .
Sfruttando questa notazione, le tre relazioni di conservazione precedenti potranno
essere scritte sinteticamente come
[|ρu|] = 0,
2
ρu + P = 0,
2
ρu u + e + P = 0.
2 ρ
[|P|] = 0 ossia P2 = P1 ,
mentre la densità (come pure l’energia) può essere discontinua. Abbiamo quindi la
semplice soluzione
ρ1 e ρ2 arbitrari,
u 1 = u 2 = 0,
P1 = P2 = P ? ,
[|ρu|] = 0,
2
ρu + P = 0,
2
u
+ e + P = 0.
2 ρ
[|ρu|] = 0,
2
ρu + P(e, ρ) = 0,
2
u
+ e + P(e, ρ) = 0.
2 ρ
ρ1 u 1 = ρ 2 u 2 ,
ρ1 u 21 + P(e1 , ρ1 ) = ρ2 u 22 + P(e2 , ρ2 ),
u 21 P(e1 , ρ1 ) u2 P(e2 , ρ2 )
+ e1 + = 2 + e2 + .
2 ρ1 2 ρ2
dove possiamo interpretare le grandezze che compaiono nei secondi membri come
delle quantità incognite da determinarsi in funzione dei valori noti che definiscono
la condizione del fluido a sinistra della discontinuità. Essendo questo un sistema di
equazioni non lineari con un uguale numero di equazioni e incognite, vi possono
essere una o più soluzioni, che possiamo rappresentare formalmente come
ρ2 = F(ρ1 , u 1 , e1 ),
u 2 = G(ρ1 , u 1 , e1 ),
e2 = H (ρ1 , u 1 , e1 ).
u 001 = u 1 − u 2 u 002 = 0
u 002 = u 2 − U = u 2 − u 2 = 0. Inoltre la velocità del salto è u 00s = u s − U = 0 − u 2 =
u 00s = −u 2 −u 2 < 0, per cui il salto si propaga ancora verso sinistra ma questa volta con una
u 001 velocità subsonica, rispetto alle condizioni del fluido (fermo) dal quale si allontana.
La figura N.7 descrive la propagazione del salto nel sistema di riferimento solidale
u 00s con il fluido dietro di esso.
u 001 Nel caso limite di salto di intensità tendente a zero, entrambe le velocità u 0s e
00
u 00s u s tendono alle velocità del suono c1 e c2 , rispettivamente.
J ≡ ρu 6= 0
che rappresenta il flusso di massa, di modo che la prima relazione di salto equivale
a ρ1 u 1 = ρ2 u 2 = J . Introducendo la variabile volume specifico v = 1/ρ, potremo
allora riscrivere le condizioni di salto anche nella maniera seguente
u 1 = J v1 , u 2 = J v2 ,
J u 1 + P1 = J u 2 + P2 ,
1 2
2 u1 + h 1 = 21 u 22 + h 2 ,
J 2 v1 + P1 = J 2 v2 + P2 ,
P1 − P2 [|P|]
J2 = − =− .
v1 − v 2 [|v|]
J2 2 J2 2
v1 + h 1 = v + h2,
2 2 2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-139 colour black Giugno 22, 2006
h 1 − h 2 − 21 (v1 + v2 )(P1 − P2 ) = 0.
Dato che h = e+ Pv, un semplice calcolo algebrico conduce alla seguente relazione
in termini dell’energia specifica interna
e1 − e2 + 12 (P1 + P2 )(v1 − v2 ) = 0.
P P(v; P2 , v2 )
Un altro modo di esprimere questa differenza consiste nell’osservare che, dato
P(v; P1 , v1 ) un punto (P2 , v2 ) sull’adiabatica di Hugoniot uscente dal punto (P1 , v1 ), la curva
P2 adiabatica di Hugoniot che parte da (P2 , v2 ) non è un tratto di quella iniziale ma
la interseca almeno in questo punto, come mostrato nella figura N.9. La maggiore
P1 conseguenza di questo fatto è che, se due onde d’urto successive fanno passare il
fluido dallo stato 1 allo stato 2 e poi dallo stato 2 a un terzo stato 3, la transizione
dallo stato 1 a 3 mediante una sola onda d’urto è in generale impossibile.
v2 v1 v
Osserviamo che la soluzione P2 = P(v2 ; P1 , ρ1 ) cosı̀ ottenuta contiene v2
Figura N.9 Curve adiabatiche di come variabile indipendente e quindi non fornisce ancora la soluzione del prob-
Hugoniot che partono dai punti (P1 , v1 ) lema dell’urto, che richiede di soddisfare anche le relazioni di salto relative alla
e (P2 , v2 ) conservazione della massa e al bilancio della quantità di moto.
Relazione di Prandtl
Dalle condzioni di salto per la massa e per la quantità di moto si può ricavare
una seconda relazione che non dipende dalla terza condizione di salto relativa
all’energia. Infatti moltiplicando membro a membro le due relazioni u 1 = J v1 e
u 2 = J v2 si ottiene
u 1 u 2 = J 2 v1 v2 .
Sostituendo in questa relazione l’espressione di J 2 trovata in precedenza avremo
P1 − P2 P1 − P2 [|P|]
u1u2 = − v1 v2 = − = .
v1 − v 2 ρ2 − ρ 1 [|ρ|]
Questa relazione è nota come relazione di Prandtl e fornisce il valore della velocità
u 2 dietro il salto, in funzione dello stato termodinamico (ρ2 , P2 ) dietro l’urto. La
soluzione completa (ρ2 , u 2 , P2 ) del problema si ottiene infine mettendo a sistema
l’equazione di conservazione della massa attraverso l’urto, u 1 /v1 = u 2 /v2 , con
l’adiabatica di Hugoniot e la relazione di Prandtl.
Ricaviamo ora alcune relazioni che sono utili per calcolare la soluzione com-
pleta del problema dell’urto e che saranno utilizzate nel prossimo paragrafo nel caso
molto importante del gas ideale politropico. È conveniente introdurre delle quantità
adimensionali e non dovrebbe sorprendere la scelta della velocità del suono c1 nello
stato di sinistra come velocità di riferimento.
Sfruttando la prima relazione di salto ρ1 u 1 = ρ2 u 2 , la variazione della velocità
attraverso l’urto si può esprimere in funzione di quella del volume specifico in base
alla relazione
ρ1 u 1 ρ1
[|u|] = u 1 − u 2 = u 1 − = 1− u1,
ρ2 ρ2
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-141 colour black Giugno 22, 2006
PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-141
[|u|] [|v|]
= M1 .
c1 v1
[|P|] [|v|]
2
= −M12 .
ρ1 c 1 v1
2
(P1 v1 − P2 v2 ) + (P1 + P2 )(v1 − v2 ) = 0,
γ −1
h v2 iP v2
2
(γ + 1) − (γ − 1) = γ + 1 − (γ − 1) ,
v1 P1 v1
γ − 1 v2
1−
P2 γ + 1 v1
= .
P1 v2 γ −1
−
v1 γ +1
PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-143
P2 /P1
3.0
2.0
1.0
Figura N.10 Tratto fisicamente
realizzabile dell’adiabatica di Hugoniot
per un gas ideale politropico con γ = 1.4.
La linea sottile è la trasformazione γ −1 1.0 2.0 3.0 4.0 v2 /v1
γ +1
isentropica (adiabatica di Poisson)
Tenendo ora conto che per il gas ideale politropico ρc 2 = ρ(γ P/ρ) = γ P, questa
relazione diventa
[|P|] 2M12 [|P|]/P1
= ,
γ P1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
da cui, semplificando il fattore [|P|]/P1 , si ricava
2γ − (γ + 1)[|P|]/P1 = 2γ M12 .
Risolvendo infine rispetto al rapporto P2 /P1 si ottiene
P2 2γ γ −1
= M2 − .
P1 γ +1 1 γ +1
Per determinare la variazione della velocità attraverso l’urto, sostituiamo nella
relazione generale
[|u|] [|v|]
= M1 ,
c1 v1
valida per un gas qualsiasi, la precedente espressione del rapporto adimensionale
[|v|]/v1 , ottenendo
[|u|] 2M1 [|P|]/P1
=− ,
c1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
da cui
u2 2[|P|]/P1
=1+ .
u1 2γ − (γ + 1)[|P|]/P1
Sostituendo il rapporto P2 /P1 in funzione del numero di Mach M1 , un semplice
calcolo fornisce
u2 γ −1 2
= + .
u1 γ + 1 (γ + 1)M12
Notiamo infine che la legge di conservazione della massa, ρ1 u 1 = ρ2 u 2 , implica che
u2 ρ1 u2 v2
u 1 = ρ2 e quindi anche u 1 = v1 . Riassumeremo pertanto le relazioni esprimenti le
condizioni dopo l’urto in funzione dello stato davanti all’urto e del numero di Mach
M1 > 1 prima dell’urto nel modo seguente
u2 γ −1 2 v2 ρ1
= + = = ,
u1 γ + 1 (γ + 1)M12 v1 ρ2
P2 2γ γ −1
= M12 − .
P1 γ +1 γ +1
Nella figura N.11 sono disegnate le curve del rapporto di compressione P2 /P1 e del
rapporto fra le densità ρ2 /ρ1 in funzione del numero di Mach M1 > 1 della corrente
che entra nel’urto
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice N – pagina A-145 colour black Giugno 22, 2006
PARAGRAFO N.5: Onda d’urto normale nel gas ideale politropico A-145
9.0
8.0
7.0 P2
6.0 P1 γ +1
γ −1
5.0 ρ2
4.0 ρ1
3.0
Figura N.11 Urto normale:
q
γ −1
2.0 2γ
condizioni dietro l’urto in funzione del
numero di Mach M1 > 1 della corrente 1.0 M2
supersonica incidente, per un gas ideale
1.0 2.0 3.0 4.0 M1
politropico con γ = 1.4
Utilizzando le relazioni trovate per [|u|]/c1 e per i rapporti P2 /P1 e v2 /v1 , con
semplici calcoli si ottiene
2 + (γ − 1)M12
M22 = .
2γ M12 − (γ − 1)
A-147
Appendice O
Introduzione Questa appendice è dedicata allo descrizione delle onde d’urto in-
clinate rispetto a una corrente uniforme incidente. Si ricavano le condizioni di salto
fra le variabili attraverso una superficie piana immersa in una corrente stazionaria
non necessariamente unidimensionale. Dopo avere descritto la situazione in cui è
discontinua la solaa componente della velocità tangente alla superficie, detta su-
perficie di contatto, si esamina in dettaglio la situazione in cui la sola componente
discontinua della velocità è quella normale per cui si forma un’onda d’urto obliqua.
Le relazioni di salto corrispondenti sono note come condizioni di Rankine–Hugoniot
dell’urto obliquo.
Le equazioni della gasdinamica in due o tre dimensioni possono avere soluzioni
stazionarie discontinue con un urto obliquo quando una corrente uniforme incontra
un corpo caratterizzato da superfici piane. Ad esempio, possiamo immaginare
un diedro, la cui sezione è mostrata nella figura O.1, investito da una corrente
uniforme, allineata con l’asse di simmetria del diedro. Se la velocità del fluido a
monte è sufficientemente elevata rispetto alla velocità del suono e se l’inclinazione
delle pareti del diedro non è troppo grande rispetto alla direzione della corrente, il
fluido può subire una deviazione e un rallentamento improvvisi, che sono gli stessi
a qualunque distanza dal piano di simmetria: in altre parole si possono generare
due onde d’urto piane oblique rispetto alla direzione della corrente incidente, come
illustrato nella figura O.1. Ad essere precisi, le superfici di discontinuità sono due
semipiani che escono dalla retta che costituisce lo spigolo del diedro.
Per ogni assegnata configurazione cinematico/geometrica che permette la for-
mazione di un urto obliquo, mostreremo che sono possibili due urti differenti, chia-
mati urto debole e urto forte, dietro i quali la corrente è rispettivamente supersonica
e subsonica.
u1
Senza perdita di generalità, l’urto obliquo può essere studiato considerando una
corrente bidimensionale. Formuleremo inizialmente il problema senza introdurre
alcuna ipotesi riguardo le proprietà termodinamiche del gas considerato. Solo in un
Figura O.1 Corrente uniforme che secondo tempo svilupperemo le relazioni dell’urto obliquo nel caso particolare del
incide su un diedro gas ideale politropico.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-148 colour black Giugno 22, 2006
u1 = u 1,n n̂ + u1,τ ,
u2 = u 2,n n̂ + u2,τ ,
dove u = (u n , uτ ), essendo
(
(0, u τ ) in due dimensioni
uτ ≡
(0, u τ , u τ̃ ) in tre dimensioni
ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n .
Figura O.3 Versore normale alla Se nel salto la componente normale della velocità diminuisce, la densità deve nec-
superficie di discontinuità per il calcolo essariamente aumentare, ovvero, a un rallentamento del fluido deve corrispondere
dei flussi attraverso di essa un suo addensamento.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-149 colour black Giugno 22, 2006
ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 .
Per quanto riguarda invece la componente della quantità di moto tangente alla
superficie, l’elemento fuori diagonale n-τ del tensore del flusso della quantità di
moto permette di scrivere
ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 ,
ρ1 u 1,n u1,τ = ρ2 u 2,n u2,τ ,
ρ1 u 1,n 1
|u |2 + e1 + P1 /ρ1 = ρ2 u 2,n 12 |u2 |2 + e2 + P2 /ρ2 ,
2 1
Tenendo conto che P = P(e, ρ), queste relazioni, per condizioni fissate a sinis-
tra, ossia per valori ρ1 , u1 ed e1 noti, costituiscono un sistema di equazioni nelle
incognite ρ2 , u 2,n , u2,τ ed e2 , che definiscono le condizioni a destra. Una soluzione
possibile è ovviamente quella che corrisponde a una corrente uniforme, ossia,
ρ2 = ρ1 , u2 = u1 e e2 = e1 (e quindi anche P2 = P1 ), ma essa è banale per cui non
sarà più considerata nel seguito.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-150 colour black Giugno 22, 2006
u1 u 1,n = u 2,n = 0; P1 = P2 ;
u1,τ 6= u2,τ ; ρ1 6= ρ2 .
u2
Questa soluzione stazionaria consiste quindi in una superficie di discontinuità per
la velocità tangente e per la densità del fluido, mentre la componente normale della
velocità e la pressione sono continue. Per tale motivo essa è chiamata superficie
Figura O.4 Superficie di contatto di contatto o anche superficie di scivolamento, in inglese slip surface o slip
line. Questa soluzione è schematizzata nella figura O.4 ed estende alle correnti
in più dimensioni la nozione di discontinuità di contatto propria delle correnti
unidimensionali Si noti che attraverso la superfice di contatto P1 = P2 ma ρ1 6=
ρ2 , per cui le altre variabili termodinamiche, come, ad esempio, la temperatura,
l’energia interna e l’entropia, sono discontinue.
u1,τ = u2,τ
ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P1 = ρ2 u 22,n + P2 ,
P1 u 21,n P2 u 22,n
e1 + + = e2 + + ,
ρ1 2 ρ2 2
ρ1 u 1,n = ρ2 u 2,n ,
ρ1 u 21,n + P(e1 , ρ1 ) = ρ2 u 22,n + P(e2 , ρ2 ),
P(e1 , ρ1 ) u 21,n P(e2 , ρ2 ) u 22,n
e1 + + = e2 + + .
ρ1 2 ρ2 2
|u1 | cos(β − δ)
= ,
|u2 | cos β
|u1 | ρ2 sin(β − δ)
= .
|u2 | ρ1 sin β
cos(β − δ) ρ2 sin(β − δ)
= ,
cos β ρ1 sin β
ovverosia
tan β ρ2
= .
tan(β − δ) ρ1
PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-153
Una corrente di questo tipo che risulta essere uniforme, in due regioni separate da
un superficie di discontinuità che è un semipiano, può essere prodotta quando la
u1 corrente uniforme di un gas è diretta verso un diedro di semiapertura angolare δ
u2
con il piano di simmetria parallelo alla direzione della corrente incidente, come
β schematizzato nella figura O.6. Nel seguito si assume per ipotesi che i valori di
δ |u1 | e δ siano tali per cui il fluido subisce effettivamente una deviazione che non
dipende dalla distanza dal diedro. Naturalmente, la deviazione della velocità nella
Figura O.6 Configurazione di regione al di sotto del diedro è speculare di quella nella regione superiore solo se
un’onda d’urto obliqua su un diedro di il diedro è posto simmetricamente rispetto alla direzione della corrente incidente,
semiapertura angolare δ ossia il diedro è posto a incidenza nulla.
Osserviamo che il requisito fondamentale per avere una corrente normale superso-
nica è ora
M1 sin β ≥ 1.
La corrente normale a valle sarà necessariamente subsonica, ossia |M2 | sin(β −δ) <
1, ma la velocità u2 potrà essere supersonica dato che potrà essere
|M2 | > 1.
Effettuando ora le sostituzioni indicate, si ottiene la soluzione dell’urto obliquo nel
gas ideale politropico
u 2,n ρ1 γ −1 2
= = +
u 1,n ρ2 γ + 1 (γ + 1)M12 sin2 β
P2 2γ γ −1
= M 2 sin2 β −
P1 γ +1 1 γ +1
2 + (γ − 1)M12 sin2 β
|M2 |2 =
sin2 (β − δ) 2γ M12 sin2 β − (γ − 1)
2 + (γ − 1)M12 sin2 β
tan(β − δ) = tan β ,
(γ + 1)M12 sin2 β
PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-155
δ
∞
◦ 5 10
40
4
30◦ 3
2.5
Figura O.7 Inclinazione β degli urti 20◦ 2
obliqui, debole e forte, in funzione 1.75
dell’angolo δ della parete rispetto alla 10◦ 1.5
direzione della corrente incidente (per M1 = 1.25
γ = 1.4) 10◦ 20◦ 30◦ 40◦ 50◦ 60◦ 70◦ 80◦ 90◦ β
Le curve del disegno dicono per prima cosa che, per ogni dato numero di Mach
M1 a monte, la soluzione esiste solo se l’angolo δ della parete del diedro rispetto
alla corrente è inferiore a un valore determinato. In altre parole, il flusso ipotiz-
zato consistente in un urto obliquo non è possibile se il semipiano del diedro ha
un’inclinazione δ troppo grande rispetto alla corrente incidente, per un dato numero
di Mach. Ad esempio, per M1 = 2 l’angolo massimo per avere un urto piano è
circa 20◦ e per M1 → ∞ l’angolo massimo è circa 46◦ .
Possiamo determinare il valore massimo δmax dell’angolo di semi-apertura del
diedro oltre il quale non può esistere alcun urto attaccato. Questo valore si ottiene
considerando il limite per M1 → ∞ della funzione δ(β, M1 ), ossia
sin(2β)
δ M1 →∞ (β) = tan−1 .
γ + cos(2β)
L’annullamento della derivata di questa funzione fornisce
M1 > 1 |M(r)| > 1 β = 12 cos−1 − γ1 , δmax = tan−1 √ 1
γ 2 −1
Per δ > δmax l’urto piano attaccato non può esistere, indipendentemente dal valore
|M(r)| < 1 di M1 e si forma un urto curvo distaccato, come mostrato in figura O.8.
Si noti che la corrente dietro l’urto staccato è sia subsonica (nella zona anteriore
δ > δmax
prossima al naso del corpo) sia supersonica (nella zona verso valle). Nella figura O.8
La linea dei punti in cui il modulo del numero di Mach dopo l’urto |M(r)| = 1 si
Figura O.8 Urto staccato e corrente chiama linea sonica, rappresentata dalla curva a puntini della figura O.8. In realtà
mista subsonica e supersonica dietro nella corrente reale si ha una superficie sonica di cui nella figura è disegnata la
l’urto curvo sezione.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-156 colour black Giugno 22, 2006
u1 u2 La seconda informazione della figura O.7 è che, per ogni numero di Mach M1
a monte e per angoli δ permessi, esistono due urti con deviazione diverse della
δ corrente. I due urti sono mostrati nella figura O.9 e hanno intensità diverse: la
soluzione dell’urto obliquo caratterizzata dal valore β inferiore è indicata come
u1 urto debole mentre quella con β maggiore è detta urto forte. L’urto forte riduce la
u2 corrente a subsonica mentre l’urto debole lascia in genere la corrente supersonica.
δ Nei disegni e nei grafici che seguono l’urto debole è indicato da una linea tratteggiata
mentre quello forte da una linea continua.
Figura O.9 Urti obliqui: urto debole
La differenza fra i due urti obliqui si riduce fino a scomparire quando l’angolo
(in alto) e urto forte (in basso)
δ tende al suo valore massimo consentito per il numero di Mach dato. L’intensità
degli urti è misurata da
P2 − P1 2γ
I = = M12 sin2 β − 1 .
P1 γ +1
Per un determinato angolo δ, l’aumento del numero di Mach ha effetti opposti
sugli urti di tipo debole rispetto a quelli forti: l’angolo β di inclinazione degli urti
deboli diminuisce e quindi si avvicina a quella del diedro, mentre l’inclinazione
degli urti forti aumenta e quindi si allontana da quella del diedro, come illustrato
nella figura O.10.
urto debole
M1 = 2 β = 53.3◦ M1 = 5
β = 29.9◦
◦
δ = 20 δ = 20◦
M1 = 2 β = 74.2◦ M1 = 5 β = 84.5◦
Figura O.10 Effetto dell’aumento
◦
del numero di Mach M1 a monte negli δ = 20 δ = 20◦
urti obliqui urto forte
Notiamo che le due soluzioni per δ → 0, ossia in una corrente attorno a diedro
infinitamente sottile, sono un urto debole con β = sin−1 M11 di intensità che tende
a zero, ovvero non c’è alcun urto, e un urto forte normale β = π/2 di intensità
I = γ2γ+1
M 2
1 − 1 , ovvero si osserva la formazione di un urto normale.
Le due soluzioni trovate sono entrambe possibili ma corrispondono a condizioni
al contorno diverse. Negli esperimenti in cui l’urto è attaccato si verificano esclu-
sivamente urti deboli e urti forti si osservano solo nella correnti con urto staccato,
che abbiamo visto essere di tipo misto subsonico e supersonico nella regione dietro
l’urto.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-157 colour black Giugno 22, 2006
PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-157
urto debole
δ δ0
Nella figura O.11 si mostra invece come varia l’inclinazione degli urti all’aumentare
dell’angolo δ della parete, rispetto alla direzione della corrente incidente.
Una modo alternativo di rappresentare le soluzioni dell’urto obliquo consiste
nel vedere come l’angolo β dell’urto dipende dal numero di Mach a monte M 1 ,
per diversi valori dell’angolo δ del piano. Infatti, anche se non è stato possibile
risolvere l’equazione rispetto a β, essa può essere facilmente risolta rispetto a M1 ,
ottenendo
2 tan β
M12 = .
sin2 β[(γ + 1) tan(β − δ) − (γ − 1) tan β]
2 cos(β − δ)
M12 = .
sin β[(γ + 1) sin(β − δ) cos β − (γ − 1) sin β cos(β − δ)]
2 cos(β − δ)
M12 = .
sin β[sin(2β − δ) − γ sin δ]
Nella figura O.12 si mostrano le curve della funzione M1 = f (β, δ), per alcuni
valori di δ (ovviamente con δ < δmax ) per γ = 1.4.
F. Auteri e L. Quartapelle: Fluidodinamica. Appendice O – pagina A-158 colour black Giugno 22, 2006
β
90◦
δ=0 5
80◦ 10 15
20
70◦
25 30 35 40
60◦
50◦
40◦
30◦
Figura O.12 Inclinazione β degli 20◦
urti obliqui, debole e forte, in funzione 10◦
del numero di Mach a monte M1 (per
γ = 1.4) 1 2 3 4 M1
2 + (γ − 1)M12 sin2 β
|M2 |2 = .
sin2 (β − δ) 2γ M12 sin2 β − (γ − 1)
Le curve M1 = M1 (|M2 |) per vari valori di δ sono disegnate nella figura O.13,
ricorrendo alla loro rappresentazione parametrica: M1 = f (β, δ), |M2 | = g(β, δ),
per 0 ≤ β ≤ π/2.
|M2 | 0◦
4 5◦
10◦
15◦
3
20◦
25◦
2 30◦
35◦
1 δ = 40◦
PARAGRAFO O.4: Onda d’urto obliqua nel gas ideale politropico A-159
P2 2γ γ −1
= M12 sin2 β − ,
P1 γ +1 γ +1
3 20◦
2 15◦
10◦
1
δ = 5◦
Figura O.14 Rapporto di
compressione in funzione del numero di
Mach M1 a monte degli urti obliqui 1 2 3 4 M1
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 1 colour black
IDENTITA’ VETTORIALI
Se u = u x x̂ + u y ŷ + u z ẑ allora (prodotto scalare) u v = u x vx + u y v y + u z vz
v = vx x̂ + v y ŷ + vz ẑ x̂ ŷ ẑ
(prodotto vettoriale) u v = u x u y u z = (u y vz − u z v y ) x̂ + (u z vx − u x vz ) ŷ + (u x v y − u y vx ) ẑ
w = wx x̂ + w y ŷ + wz ẑ v
x v y vz
q
√ u v
modulo di u = |u| = u u= u 2x + u 2y + u 2z angolo compreso fra u e v = cos−1
|u||v|
ẑ
∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z
x̂ ŷ ẑ
F(x, y, z) = rot F(x, y, z) = ∂∂x ∂∂y ∂∂z
F F Fz
x y
∂ Fz ∂ F y ∂ Fx ∂ Fz ∂ Fy ∂ Fx
= − x̂ + − ŷ + − ẑ
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
∂f ∂f ∂f
f = ax + ay + az )F = a Fx x̂ + a Fy ŷ + a
a (a Fz ẑ
∂x ∂y ∂z
(φψ) = φ ψ + ψ φ (F G) = ( F) G − F (
G)
(φF) = ( φ) F + φ ( (F G) = F( G) − G ( F) − (F )G + (G
F) )F
(φF) = ( φ) F + φ ( (F G) = F ( G) + G ( F) + (F )G + (G
F) )F
(
2 ∂ 2φ ∂2φ ∂2φ 2
φ(x, y, z) = φ(x, y, z) = div grad φ = + + F) = F) − (rot rot = grad div − laplaciano )
( ( F
∂ x2 ∂ y2 ∂ z2
ZZ I I
∂ Fy ∂ Fx
− dA = F dr = Fx (x, y) dx + Fy (x, y) d y dove C è il contorno di R orientato positivamente (teorema di Green)
R ∂x ∂y C C
ZZ I I
F n̂ d S = F dr = Fx (x, y, z) dx + Fy (x, y, z) d y + Fz (x, y, z) dz dove C è il contorno orientato di S
(teorema di Stokes)
S C C
V S V S
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 2 colour black
elemento di area: dV = r dr dθ
campo scalare: f (r, θ) campo vettoriale: F(r, θ ) = Fr (r, θ ) r̂(θ ) + Fθ (r, θ ) ˆ (θ )
∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂ 1 ∂ Fθ
f = r̂(θ) + F= r Fr +
rotore: ẑ
r ∂r r ∂θ
2 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f 2 1 ∂ ∂ Fr 1 ∂ 2 Fr Fr 2 ∂ Fθ
f = + 2 F= + 2 − 2 − 2
COORDINATE CILINDRICHE
∂r ∂r ∂r
vettore posizione: r = R cos θ x̂ + R sin θ ŷ + z ẑ fattori di scala: h R = = 1, hθ = = R, hz = =1
∂R ∂θ ∂z
p
trasformazione: R = x2 + y2 x = R cos θ base locale: R̂(θ ) = cos θ x̂ + sin θ ŷ x̂ = cos θ R̂(θ ) − sin θ ˆ (θ )
θ = tan2−1 (y, x) y = R sin θ ˆ (θ ) = − sin θ x̂ + cos θ ŷ ŷ = sin θ R̂(θ ) + cos θ ˆ (θ )
z=z z=z
elemento di volume: dV = R dR dθ dz
campo scalare: f (R, θ, z) campo vett.: F(R, θ, z) = F R (R, θ, z) R̂(θ ) + Fθ (R, θ, z) ˆ (θ ) + Fz (R, θ, z) ẑ
∂f 1 ∂f ˆ ∂f 1 ∂ 1 ∂ Fθ ∂ Fz
f = R̂(θ) + (θ) + F= R FR + +
gradiente: ẑ divergenza:
∂R R ∂θ ∂z R ∂R R ∂θ ∂z
1 ∂ Fz ∂ Fθ ∂ FR ∂ Fz ˆ (θ )
F= − R̂(θ ) + −
rotore:
R ∂θ ∂z ∂z ∂R
1 ∂ 1 ∂ FR
+ R Fθ − ẑ
R ∂R R ∂θ
2 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f ∂2 f 2 1 ∂ ∂ FR 1 ∂ 2 FR ∂ 2 FR FR 2 ∂ Fθ
f = + 2 2 + 2 F= + 2 + − 2 − 2
laplaciano: R R R̂(θ )
R ∂R ∂R R ∂θ ∂z R ∂R ∂R R ∂θ 2 ∂ z2 R R ∂θ
1 ∂ ∂ Fθ 1 ∂ 2 Fθ ∂ 2 Fθ Fθ 2 ∂ FR ˆ (θ )
+ R + + − + 2
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂ z2 R2 R ∂θ
1 ∂ ∂ Fz 1 ∂ 2 Fz ∂ 2 Fz
+ R + + ẑ
R ∂R ∂R R 2 ∂θ 2 ∂ z2
∂f aθ ∂ f ∂f ∂ FR aθ ∂ FR ∂ FR
f = aR + + az )F = a R + − Fθ + az
advezione: a (a R̂(θ )
∂R R ∂θ ∂z ∂R R ∂θ ∂z
∂ Fθ aθ ∂ Fθ ∂ Fθ ˆ (θ )
+ aR + + FR + az
∂R R ∂θ ∂z
∂ Fz aθ ∂ Fz ∂ Fz
+ aR + + az ẑ
∂R R ∂θ ∂z
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 3 colour black
COORDINATE SFERICHE
∂r ∂r ∂r
vettore posizione: r = r sin θ cos φ x̂ + r sin θ sin φ ŷ + r cos θ ẑ fattori di scala: h r = = 1, h θ = = r, h φ = = r sin θ
∂r ∂θ ∂φ
p
trasformazione: r = x 2 + y 2 + z2 base locale: r̂(θ, φ) = sin θ cos φ x̂ + sin θ sin φ ŷ + cos θ ẑ
p
θ = cos−1 z/ x 2 + y 2 + z 2 ˆ (θ, φ) = cos θ cos φ x̂ + cos θ sin φ ŷ − sin θ ẑ
φ = tan2 −1
(y, x) ˆ (φ) = − sin φ x̂ + cos φ ŷ
x = r sin θ cos φ x̂ = sin θ cos φ r̂(θ, φ) + cos θ cos φ ˆ (θ, φ) − sin φ ˆ (φ)
y = r sin θ sin φ
ŷ = sin θ sin φ r̂(θ, φ) + cos θ sin φ ˆ (θ, φ) + cos φ ˆ (φ)
z = r cos θ
ẑ = cos θ r̂(θ, φ) − sin θ ˆ (θ, φ)
elemento di volume: dV = r2 sin θ dr dθ dφ
campo scalare: f (r, θ, φ) c. vett.: F(r, θ, φ) = Fr (r, θ, φ) r̂(θ, φ) + Fθ (r, θ, φ) ˆ (θ, φ) + Fφ (r, θ, φ) ˆ (φ)
∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂f ˆ 1 ∂ 2 1 ∂ 1 ∂ Fφ
f = r̂(θ, φ) + (θ, φ) + F= r Fr + sin θ Fθ +
rotore: r̂(θ, φ)
r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
1 ∂ Fr 1 ∂
+ − r Fφ ˆ (θ, φ)
r sin θ ∂φ r ∂r
1 ∂ 1 ∂ Fr ˆ
+ r Fθ − (φ)
r ∂r r ∂θ
2 1 ∂ 2 ∂f 1 ∂ ∂f 1 ∂2 f 2 2 2Fr 2 ∂(sin θ Fθ ) 2 ∂ Fφ
f = + 2 + 2 2 F= Fr − − 2 − 2
r sin θ r̂(θ, φ)
r 2 ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂φ 2 r2 r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ
2 Fθ 2 cos θ ∂ Fφ 2 ∂ Fr ˆ (θ, φ)
+ Fθ − − 2 2 + 2
r 2 sin2 θ r sin θ ∂φ r ∂θ
2 Fφ 2 cos θ ∂ Fθ 2 ∂ Fr ˆ (φ)
+ Fφ − + 2 2 + 2
advezione: a (a r̂(θ, φ)
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ r
aθ Fr − cot θ aφ Fφ ˆ (θ, φ)
+ a Fθ +
r
aφ (Fr + cot θ Fθ ) ˆ (φ)
+ a Fφ +
r
∂ Fr aθ ∂ Fr aφ 1 ∂ Fr
= ar + − Fθ + − Fφ r̂(θ, φ)
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
∂ Fθ aθ ∂ Fθ aφ ∂ Fθ ˆ (θ, φ)
+ ar + + Fr + − cos θ Fφ
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
∂ Fφ aθ ∂ Fφ aφ 1 ∂ Fφ ˆ (φ)
+ ar + + + cos θ Fθ + Fr
∂r r ∂θ r sin θ ∂φ
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 4 colour black
∂f ∂f 1 ∂ ∂ Fz
f = R̂ + F= R FR +
gradiente: ẑ divergenza:
∂R ∂z R ∂R ∂z
∂ Fθ 1 ∂ ∂ FR ∂ Fz ˆ
F=− R̂ + R Fθ ẑ + −
rotore:
∂z R ∂R ∂z ∂R
2 1 ∂ ∂f ∂2 f 2 2 FR 2
2 Fθ ˆ
f = + F= FR − R̂ + Fz ẑ + Fθ −
advezione: a advez.: (a
∂R ∂z R R
∂ FR ∂ FR aθ Fθ ∂ Fz ∂ Fz
= aR + az − R̂ + a R + az ẑ
∂R ∂z R ∂R ∂z
∂ Fθ ∂ Fθ aθ F R ˆ
+ aR + az +
∂R ∂z R
campo scalare: f (r, θ) campo vett.: F(r, θ ) = Fr (r, θ ) r̂(θ ) + Fθ (r, θ ) ˆ (θ ) + Fφ (r, θ ) ˆ
∂f 1 ∂f ˆ 1 ∂ 2 1 ∂
f = r̂(θ) + F= r Fr +
rotore:
r sin θ ∂θ r ∂r
1 ∂ 1 ∂ Fr
+ r Fθ − ˆ
r ∂r r ∂θ
2 1 ∂ ∂f 1 ∂ ∂f 2Fr 2 ∂(sin θ Fθ )
f = r2 + 2
F= 2
Fr − − 2
r 2 sin2 θ r ∂θ
2 Fφ ˆ
+ Fφ −
r2 sin2 θ
∂f aθ ∂ f aθ Fθ + aφ Fφ
f = ar + )F = a Fr −
r
aφ (Fr + cot θ Fθ ) ˆ
+ a Fφ +
r
∂ Fr aθ ∂ Fr aφ Fφ
= ar + − Fθ − r̂(θ )
∂r r ∂θ r
∂ Fθ aθ ∂ Fθ aφ Fφ ˆ (θ )
+ ar + + Fr − cot θ
∂r r ∂θ r
∂ Fφ aθ ∂ Fφ aφ ˆ
+ ar + + (Fr + cot θ Fθ )
∂r r ∂θ r
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 5 colour black
gradiente: ŵ divergenza: h u h v Fw
h u ∂u h v ∂v h w ∂w hu hv hw ∂u ∂v ∂w
h u û h v v̂ h w ŵ
2 1 ∂ hv hw ∂ f ∂ hu hw ∂ f ∂ hu hv ∂ f 1 ∂ ∂ ∂
f = + + F=
rotore:
h u h v h w ∂u h u ∂u ∂v h v ∂v ∂w h w ∂w h u h v h w ∂u ∂v ∂w
h F h v Fv h w Fw
u u
F. Auteri e L. Quartapelle endpaper 6 colour black
EQUAZIONI DI LAPLACE E DI BERNOULLI PER CORRENTI INCOMPRIMIBILI IRROTAZIONALI DEI FLUIDI NON VISCOSI
2
φ=0 Condizione di compatibilità:
ZZ
∂φ
= bn (r S , t)
bn (r S , t) d S = 0
∂n |S S
| φ(r, t)|2
(r, t) ∂φ(r, t)
=− − − χ(r) + C(t)
ρ ∂t 2
Condizioni di compatibilità:
∂t ρ
u0 = 0
u=0
ZZ
u(r, 0) = u0 (r)
bn (r S , t) d S = 0
S
∂t ρ
u0 = 0
u=0
ZZ
u(r, 0) = u0 (r)
n̂ b(r S , t) d S = 0
S
∂t ∂t ∂t
∂u P
∂(ρu) ∂(ρu)
+ (u )u + = g(r, t) + (ρu ⊗ u) + P = ρg(r, t) + ρu ⊗ u + P = ρg(r, t)
∂t ρ ∂t ∂t
∂e P ∂(ρe) ∂(ρet )
+u e+ u=0 + (ρeu) + P u=0 + (ρet + P)u = ρu g(r, t)
∂t ρ ∂t ∂t
P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ) P = P(e, ρ), T = T (e, ρ), et = etot = e + 21 |u|2
∂t ∂t
∂(ρu) (u) + ρg(r, t) ∂(ρu) (u) + ρg(r, t)
+ (ρu ⊗ u) + P= + ρu ⊗ u + P =
∂t ∂t
∂(ρe) ∂(ρet )
+ (ρeu) + P u= T ) + (u): (u) + (ρet + P)u = T + u (u) + ρu g(r, t)
(κ
κ
∂t ∂t
(u) = 2µ (u) + λ ( u) (u) = 2µ (u) + λ ( u)
1
(u) ←→ ei, j (u) = 2 êi (ê j )u + ê j (êi i, j = 1, 2, 3 (u) ←→ ei, j (u) = 2 êi (ê j 1
)u + ê j (êi i, j = 1, 2, 3
)u ,
)u ,
ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0
∂t ∂x ∂t
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + +P =0 + +P =0 +
+P =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
q ∂ Et ∂ q ∂ Et q
E tt + Et + P =0 + Et + P =0 + Et + P =0
ρ x
∂t ∂x ρ ∂t ρ
Et |q|2 Et |q|2 Et |q|2
P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t P=P − 2,ρ ≡ 5 ρ, q, E t
ρ 2ρ ρ 2ρ ρ 2ρ
∂t ∂x ∂t
∂w ∂w ∂w
wt + A(w) wx = 0 + A(w) =0 + A(w) w=0
∂t ∂x ∂t
∂ f (w) ∂ f (w) ∂f(w)
A(w) = A(w) = A(w) =
∂w ∂w ∂w
ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0
∂t ∂x ∂t
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + + P(ρ) =0 + + P(ρ) =0 +
+ P(ρ) =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
[P = P(ρ) = P(s, ρ)] [P = P(ρ) = P(s, ρ)] [P = P(ρ) = P(s, ρ)]
ρt + q x = 0 ∂ρ ∂q ∂ρ
+ =0 + q=0
∂t ∂x ∂t
q2 ∂q ∂ q2 ∂q q⊗q
qt + + a 2ρ =0 + + a 2ρ =0 +
+ a 2ρ =0
ρ x ∂t ∂x ρ ∂t ρ
a 2 ρ = P(ρ) a 2 ρ = P(ρ) a 2 ρ = P(ρ)