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senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere e↵ettuate nei limiti del 15% di
ciascun volume. Le riproduzioni e↵ettuate per finalità di carattere professionale, economico
o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale potranno avvenire a seguito
di specifica autorizzazione rilasciata dall’Editore.
I primi due volumi e parte del terzo sono una nuova edizione delle opere: Lezioni di
Meccanica razionale di T. Levi-Civita e U. Amaldi e: Compendio di Meccanica razionale dei
medesimi autori, pubblicati da Zanichelli in varie edizioni dal 1923 al 1950 (ristampa
anastatica 1974).
2 Linee di flusso 87
3 Derivate locali e derivate sostanziali 88
6 Idrostatica 119
1 Fluidi liberi da forze. Caso generale: isobariche; superficie
di separazione fra fluidi di densità di↵erente 119
2 Forze conservative. Coincidenza delle superficie equipotenziali,
o superficie di livello, colle isobariche. Fluidi pesanti. Forma espressiva
della condizione di equilibrio. Liquidi omogenei. Torchio idraulico 121
3 Pressione atmosferica. Principio dei vasi comunicanti 123
4 L’equazione fondamentale dell’idrostatica sotto forma finita 124
5 Barometro. Misura delle altezze 126
6 Equilibrio relativo di un fluido pesante, quando il vaso che lo contiene
ruota uniformemente intorno a un asse verticale 126
7 Pressioni che un fluido in equilibrio esercita sul vaso
che lo contiene o sopra un fluido immerso. Principio di Archimede.
Caso di un galleggiante 126
7 Idrodinamica 129
1 Moti dotati di potenziale di velocità. Aspetto ridotto del problema
idrodinamico 129
2 Teorema del Torricelli 135
3 Teorema del Bernoulli 136
4 Moti vorticosi. Circolazione e sua invariabilità di fronte
a forze conservative 137
5 Moti vorticosi. Teoremi dell’Helmholtz 139
II Complementi 143
medesimo volume sono in caratteri arabi (per esempio: cap. 3, n. 33) mentre se
sono di un altro volume sono in caratteri romani con pedice il numero del volume
(per esempio cap. III1 , n. 33).
Tutte le figure sono state ridisegnate utilizzando strumenti più moderni (sfu-
mate di grigi o simili) e si è sistematicamente utilizzata la freccia direttamente
sull’asse per indicarne il verso piuttosto che una freccia parallela come nel testo
originale.
Ringraziamo la Zanichelli per aver acconsentito a questa riedizione, l’Acca-
demia dei Lincei per aver permesso la ristampa del necrologio di T. Levi-Civita
tenuto da U. Amaldi, tutti gli Autori che hanno contribuito all’integrazione delle
“Lezioni” e la CompoMat che ne ha permesso la realizzazione sostenendo i costi
della ricomposizione, della revisione delle bozze e dell’impaginazione dell’intera
opera.
1 Premessa
Le Lezioni di Meccanica Razionale (Lezioni nel seguito) di Tullio Levi-Civita (1873-
1941) e Ugo Amaldi (1875-1957) hanno avuto, e hanno ancora oggi, a quasi un
secolo dalla loro prima pubblicazione, un forte impatto sulla comunità dei Fisici-
Matematici italiani (e non solo). Un dato di fatto che viene espresso chiaramen-
te nel 1953 da Carlo Cattaneo nella sua recensione dell’opera per il Bollettino
dell’Unione Matematica Italiana [1]:
Ciascuno di noi, cultori italiani di Meccanica, dopo i primi rudimenti appresi nelle
aule universitarie, ha formato la propria cultura specifica principalmente sul Trattato
che oggi rivede la luce: cosicché può a buon diritto dirsi che tutti i Meccanici italiani
viventi siano, direttamente o no, allievi del Levi-Civita e dell’Amaldi; e per essi il
Trattato è sempre pronto —vero livre de chevet— per una occasionale consultazione
o per una riposata lettura.
Per questa ragione, appare fondamentale cercare di contestualizzare quest’opera
dal punto di vista storico (1 ) e di valutare in modo più sistematico il suo impatto
in relazione alla lunga tradizione Italiana nei corsi di Meccanica Razionale.
A tal fine si seguiranno tre linee di azione.
Lo scopo di questa introduzione non è né quello di recensire le Lezioni né quello
di commentare la figura scientifica di Levi-Civita (2 ). In queste pagine si tenterà,
essenzialmente, di riassumere in modo critico alcune informazioni storiche che, si
spera, possano aiutare a ricostruire l’ambientazione delle Lezioni.
(1 )Bisogna precisare senza nessuna pretesa di fare una vera e propria trattazione storica.
(2 )Questo è tra l’altro un programma storico molto ambizioso che viene portato avanti da
diverso tempo, con scoperte di grande interesse, da professionisti di storia della Matematica. Si
veda per esempio [11].
2 Capitolo 1. Osservazioni sulle Lezioni E. Cirillo, G. Maschio, T. Ruggeri, G. Saccomandi
Amaldi non è molto preciso sul tipo di ispirazione che lega Levi-Civita a Betti e
Beltrami. Chiaramente, da una semplice analisi cronologica, si capisce che Amaldi
non poteva parlare di una vera e propria conoscenza diretta. Viene quindi naturale
cercare dei testi ispiratori di questi autori, anche solo litografati, di cui Levi-Civita
fosse venuto in possesso.
Da quanto ci risulta, sembra che Beltrami non abbia mai insegnato Meccani-
ca Razionale, anche se fu professore di Fisica-Matematica, e Betti scrisse il libro
Teorica delle Forze Newtoniane, che, però, nulla ha veramente a che fare con
quello che si intende per un testo di Meccanica Razionale (4 ). Si deve conclude-
re che forse Amaldi parlava di un’ispirazione indiretta trovata, per esempio, nel
linguaggio scientifico usato da Betti e Beltrami o anche nell’organizzazione ed
esposizione della materia. In particolare si deve ricordare che lo stile di Beltrami
rimane ancora oggi un esempio di lucidità e chiarezza e che, dalla prima produzio-
ne scientifica del Levi-Civita, si evince una certa ispirazione in questa direzione.
Inoltre non si deve dimenticare che Betti fu il maestro di Gregorio Ricci-Curbastro
(1853–1925).
Per quanto riguarda il Maggi, questi scrisse diversi tomi dedicati alla Meccanica
Razionale. Il primo è la Teoria Matematica del Movimento dei Corpi (1896). Di
questo libro Umberto Cisotti (1882–1946) nel 1938 scrive [3]:
Dobbiamo a questo punto esprimere il rincrescimento che il grande amore del Mag-
gi per la forma letteraria, di cui era indubbiamente signore l’abbia indotto ad usare
un linguaggio che non sempre giova alla migliore chiarezza dell’esposizione scienti-
fica. Questa circostanza ha di certo nociuto alla di↵usione del suo pensiero colto e
innovatore nell’introduzione e svolgimento dei principi della Meccanica Razionale.
Nonostante questo aspetto, che risulta ancora più evidente a un lettore contem-
poraneo, il lavoro di Maggi rimane notevole per diverse ragioni. Per prima cosa
contiene le famose equazioni di Maggi, scoperta che precede di tre anni quella
di Paul Émile Appell (1855–1930) e, quindi, contiene una trattazione profonda
del concetto di vincolo. In particolare compare l’idea di annoverare le forze di
attrito tra quelle attive. Inoltre il testo di↵onde in Italia il punto di vista del-
la Mechanik di Gustav Robert Kirchho↵ (1824–1887), opera pubblicata nel 1877
e particolarmente apprezzata da Levi-Civita. Se i manuali di Brioschi, Chelini e
Mossotti costituiscono una prima forte discontinuità innovativa rispetto a quello
del Venturoli, perché recepiscono appieno la modernità della divisione amperiana
della Meccanica, i tomi del Maggi sono una vera e propria opera di riferimento,
qualcosa di molto più profondo rispetto a un libro di testo: un vero e proprio trat-
tato. C’è da ritenere, anche perché al tomo del 1896 ne seguono numerosi altri,
che l’ambizione di Maggi fosse proprio quella di scrivere un trattato di Meccanica,
opera che in Italia mancava fino a quella data.
Il riferimento a Marcolongo, già presente nella prima edizione delle Lezioni,
merita una discussione approfondita. Entrambi erano soci Lincei e parteciparono,
nel 1895, al concorso a cattedra nel quale Marcolongo venne preposto a Levi-
(4 )Questa a↵ermazione è basata su un confronto diretto del testo di Betti con gli Elementi del
Chelini e non con un testo attuale proprio per rendere minimi i problemi già discussi a proposito
del principio antropico forte.
4 Capitolo 1. Osservazioni sulle Lezioni E. Cirillo, G. Maschio, T. Ruggeri, G. Saccomandi
Civita (il quale avrebbe poi vinto nel 1897). Va aggiunto che il testo di Marcolongo
permette di raccogliere informazioni bibliografiche interessanti e di contestualizzare
le Lezioni in un periodo fondamentale per la produzione manualistica non solo
italiana ma anche internazionale.
Nel suo libro Marcolongo fa riferimento ai testi di Maggi, alle lezioni di Filiberto
Castellano (1860–1919), alle lezioni litografate di Valentino Cerruti (1850–1909),
di cui il Marcolongo era stato assistente, e, infine, alle lezioni litografate di Levi-
Civita.
La citazione del testo di Castellano è particolarmente importante. Si deve,
infatti, ricordare che l’attività di ricerca di Castellano si dipana interamente a
contatto con Giuseppe Peano (1858–1932), che ne influenza sia i temi di studio
sia l’impostazione didattica, e che è proprio Castellano il padre dei vettorialisti
meccanici. Le sue Lezioni di Meccanica Razionale del 1894, frutto del corso tenu-
to presso l’Accademia militare è il primo testo di Meccanica Razionale in lingua
italiana dove i vettori sono usati sistematicamente nell’esposizione della cinemati-
ca, della statica, della dinamica del punto materiale e della meccanica dei sistemi
materiali.
Lo stesso Peano richiede a Castellano di
rifondare tutte le dimostrazioni, anche per metterle d’accordo cogli attuali metodi
rigorosi del Calcolo infinitesimale, su cui la Meccanica si fonda
Proprio per il loro taglio fortemente innovativo, le Lezioni del Castellano sono
ristampate nel 1911 e Peano ne loda di↵usamente, e in più circostanze, l’esposizione
chiara, semplice e precisa, sottolineando come
il metodo dei vettori incontrò dapprima l’opposizione dei misoneisti, poi seguı̀ il suo
cammino trionfale. Il Castellano potè ancora vedere questo metodo adottato in quasi
tutte le università d’Italia ed il suo libro citato come primo della schiera, nel trattato
di Meccanica Razionale del Prof. Marcolongo.
Come si vede, si ritorna ancora una volta a Marcolongo.
Tutto il decennio che va dal 1916 al 1926 vede la pubblicazione di un numero
importante di manuali, tutti da parte di personaggi legati strettamente all’am-
biente vettorialista. Si comincia nel 1916 con le Lezioni di Meccanica Razionale di
Pietro Burgatti per i tipi di Zanichelli. Il Burgatti, nato a Cento ma formatosi a
Roma, negli anni della grande guerra è professore presso l’Università di Bologna. A
causa delle vicende belliche la prima edizione di questo manuale non ebbe grande
fortuna, mentre la sua seconda edizione del 1919 riuscı̀ ad avere risonanza anche
all’estero. Burgatti era certamente vettorialista, amico e collaboratore di Cesare
Burali-Forte, di Roberto Marcolongo e di Tommaso Boggio. Peter Field, nella sua
recensione [4] americana delle Lezioni di Burgatti, ricorda
The book begins with a chapter on vector analysis containing as much of the subject
as is needed for the development of the mechanics of a rigid body, which is taken up
in the immediately following chapters.
Che l’uso del calcolo e della notazione vettoriale, che contraddistingue questo
manuale di Meccanica Razionale, sia ormai di↵uso, lo nota lo stesso Field che
aggiunge
3 Le Lezioni e la manualistica italiana 5
It is recognized that the student of mathematical physics must be familiar with vector
analysis, and texts on electricity and magnetism generally begin with a mathematical
introduction which gives the machinery required for what is to follow. More recently
the same idea is being extended to mechanics. We now have a number of books
which treat the mechanics of a rigid body and also the mechanics of continua by
vector methods, but the number is not so large but that the book under review can
find a hearty welcome.
Nonostante ciò, bisogna anche ricordare che Burgatti non sarà mai un vettorialista
estremista ovvero
The author has done well in showing no particular aversion to the cartesian coordinate
system, as a familiarity with the various quantities in both the vector and cartesian
notation is needed.
Dopo il Burgatti arriva il testo di Cesare Burali-Forte, professore all’Accademia
Militare di Torino, e di Tommaso Boggio. Siamo nel 1921, a guerra finita, e lo
scopo del manuale è quello di dare
soltanto quelle nozioni generali che sono fondamento necessario della Meccanica
Applicata.
Sempre gli autori dichiararano che
È appunto per questo suo carattere di preparazione diretta alla parte pratica, che il
nostro volume contiene, talvolta di meno e talvolta di più, di quello che contengono
i due principali e pregevoli trattati, d’indole didattica come il nostro, che abbiamo
oggi in Italia: la Meccanica Razionale del Prof. R. Marcolongo [10] che, insieme a
una notevole serie di applicazioni ed esercizi, ha note bibliografiche e storiche della
massima importanza; le Lezioni di Meccanica Razionale del Prof. P. Burgatti [2], pure
ricche di applicazioni.
Questa presentazione è certamente troppo umile. Lo stesso Peter Field [5], che
aveva recensito il volume di Burgatti e che recensisce anche questo testo, nota
The latter part of this statement is possibly misleading, as the authors do give a
systematic introduction to mechanics, using vector methods, and cover ground not
much di↵erent from what is ordinarily o↵ered in courses on mechanics in our American
universities.
Infine, è interessante notare che nel periodo subito precedente la pubblicazione delle
Lezioni, i testi di Meccanica Razionale cominciano ad avere non solo intendimenti
teorici, ma anche applicativi.
(5 )Non si dimentichi, per esempio, che Mossotti fu professore in Argentina e a Corfù e che lo
stesso Michael Faraday (1791–1867) ne conosceva le opere.
6 Capitolo 1. Osservazioni sulle Lezioni E. Cirillo, G. Maschio, T. Ruggeri, G. Saccomandi
(6 )Per chi volesse dare concretezza alle di↵erenze introdotte dai vettorialisti si consiglia la
lettura del volume del 1896 del Maggi a pagina 128 dove inizia il paragrafo dedicato al movimento
parabolico. Questo paragrafo deve essere confrontato con la pagina 199 del Marcolongo. Il Maggi
contiene un chiaro richiamo a tutto quello che possiamo chiedere a un serio libro di Meccanica
Razionale moderno. Nonostante ciò il linguaggio, il continuo richiamo a risultati di Geometria e
Analisi, il mescolare i vari argomenti in modo caotico ci permette di capire quanto si sia ancora
lontani dalla sintesi logica del Marcolongo.
(7 )Lo studio dei continui, annunciato nella prefazione al primo volume, venne in e↵etti
introdotto nel Compendio, il cui testo è riportato in questo volume ai Capitoli 3–7.
4 Le Lezioni e il contesto internazionale 7
i tomi del Maggi avevano tentato. Le Lezioni, quindi, devono molto ai vettoria-
listi, i quali avevano preparato il terreno a una trattatistica moderna, ma certa-
mente nessuno dei manuali citati in precedenza può essere veramente confrontato
con le Lezioni. A ciò va aggiunto che la struttura e la chiarezza espositiva, cer-
tamente dovute alle capacità dell’Amaldi, regalano alle Lezioni il lusso di poter
essere usate come libro di testo, anche nelle Scuole di Applicazione. Non è un
caso che la Zanichelli abbia poi lanciato un’opera più snella e semplificata con
il Compendio.
These books take their place along with such treatises as those of Routh, Appell,
Budde, Resal, and Lecornu, both in quality and extensiveness.
Ancora, nella recensione sulla stessa rivista del Compendio [9], D.C. Lewis comin-
cia cosı̀:
The two thousand page work by the same authors, entitled Lezioni di Meccanica
Razionale, has already been adequately reviewed by K.P. Williams (this Bulletin,
vol. 36, p. 781). It is one of the great standard works on mechanics of almost an
encyclopaedic nature.
argomenti avanzati, ma anche gli argomenti elementari (si veda per l’appunto
il concetto di equivalenza dinamica), cosı̀ chiaramente fedele alla dichiarazione
sopracitata (8 ).
In conclusione, è nostra opinione, che le Lezioni brillino nel coevo panorama
internazionale principalmente per due motivi. In primo luogo, nonostante un’im-
postazione rigorosa e scientifica, le Lezioni si interessano sempre e con profondità
alle applicazioni tecniche. Spesso è proprio dagli aspetti tecnici della Meccanica
che le Lezioni traggono lo spunto per approfondimenti più sistematici e scientifi-
ci. In secondo luogo, il punto di vista kleiniano delle Lezioni è forte e profondo
ispiratore di tutta l’opera. Un fatto molto originale nel panorama dei trattati di
Meccanica Razionale che si apprezza soprattutto nell’ambito degli argomenti più
avanzati di Meccanica Analitica, ma che è presente in ogni capitolo, anche in quelli
più elementari.
5 Conclusione
L’impatto nella comunità Fisico-Matematica italiana delle Lezioni è stato illustrato
già all’inizio di questa introduzione grazie alle incisive parole della recensione di
Carlo Cattaneo. Per illustrare meglio questo aspetto, si riporta la prima parte della
frizzante poesia di Carlo Cercignani intitolata 1921
Il pendolo semplice e il verso
degli angoli, coppie e momenti,
e l’orientazione dei segmenti,
che sembrano avere un po’ perso
quel ruolo di bei caposaldi,
che noi studiavamo convinti
sui tomi, a caratteri stinti,
del buon Levi Civita-Amaldi;
Un incipit che ricorda in modo scherzoso il ruolo delle Lezioni per chi in Italia fosse
interessato, non solo a studiare la Meccanica, ma a cominciare in questa disciplina
la sua carriera. Di fatto i volumi di Meccanica Razionale dati alle stampe dopo
le Lezioni non hanno potuto fare a meno di pagare un pegno pesante alle stesse.
Certamente nel tempo molte cose sono cambiate, soprattutto negli ordinamenti e
nelle esigenze didattiche dell’Università italiana. I corsi di laurea in Fisica hanno
sempre più considerato come obsoleta la Meccanica Razionale, almeno nella sua
struttura classica, i corsi di laurea in Ingegneria hanno separato sempre più net-
tamente il biennio dalle Scienze. Infine, la disastrosa riforma del 3+2 ha svilito i
corsi di Meccanica Razionale a causa di una drastica riduzione delle ore di inse-
gnamento anche per far posto ad altre discipline. In particolare nelle Facoltà di
Ingegneria spesso la Meccanica Razionale è stata in parte assorbita nei corsi di
Meccanica Applicata o di Scienza delle Costruzioni.
(8 )Per questa ragione e per il fatto che sia Levi-Civita sia Amaldi hanno sempre dimostrato
un interesse particolare per il lavoro di Marius Sophus Lie (1842–1899), non si può non notare
l’assenza dalle Lezioni del teorema di Amalie Emmy Noether (1882–1935). Questa mancanza è,
secondo noi, un a↵ascinante problema storico.
5 Conclusione 11
Dopo la seconda guerra mondiale sembra essere scoccata l’ora per una nuova gene-
razione di trattati esemplificata dal Foundations of Mechanics di Ralph Abraham
e Jerrold Eldon Marsden (1942–2010) oppure dai Metodi Matematici della Mec-
canica Classica di Vladimir Igorevich Arnold (1937–2010). Testi di grandissimo
valore, ma che forse non hanno avuto un impatto confrontabile con il corpus di
cui si diceva.
Dopo i testi di Appell e le Lezioni non è stato più possibile insegnare la Mec-
canica come si faceva prima della loro pubblicazione e questo a qualunque livello.
I testi di Arnold e di Abraham e Marsden hanno sicuramente avuto un forte im-
patto sull’attività di ricerca di molti cultori di Fisica-Matematica, hanno aiutato a
confezionare corsi specialistici e a riscrivere parte delle nostre lezioni introducendo
risultati recenti molto importanti (si pensi al teorema KAM [cfr. cap. 16, §6]).
Nonostante ciò, questi testi non hanno promosso un cambiamento epocale analogo
a quello conseguente all’introduzione del calcolo vettoriale. Un cambiamento che
ha portato con sé, non solo la possibilità, ma addirittura la necessità di riscrivere
il sapere Meccanico e questo a tutti i livelli di profondità.
Il sapore geometrico dei testi di Abraham e Marsden e di Arnold era da una
parte già compreso nella visione che era stata introdotta nei metodi del calcolo
assoluto di Ricci e Levi-Civita e dall’altra rimane ancora troppo macchinoso per
essere universalmente utilizzato a livello didattico. Per fare un parallelo si potrebbe
considerare il classico tomo di Cli↵ord Ambrose Truesdell (1919–2000) e Walter
Noll The Non-Linear Field Theories of Mechanics. L’impatto di questo trattato
non è stato determinato solo dalle sue dimensioni enciclopediche, ma soprattutto
dal fatto che la sua genesi coincide con un momento storico particolare, in cui l’uso
dell’Algebra Lineare nell’ambito della meccanica dei continui si di↵onde e viene
accettato dalla comunità. Questo è lo strumento matematico che permette all’idea
enciclopedica alla base del trattato di non ridurre lo stesso a una semplice lista,
ma a caratterizzarlo come una vera e utile sintesi.
Si nota infine, con rammarico, che la letteratura del dopo guerra che oggi si
considera più innovativa, spesso ignora le Lezioni. Solitamente il tributo con il
passato viene saldato con una citazione all’Appell o a qualche altro classico anglo-
sassone. Spesso viene citato il volume del 1929 The Absolute Di↵erential Calculus
del solo Levi-Civita, ma difficilmente ci si accorge della peculiarità moderna delle
pagine delle Lezioni sui sistemi hamiltoniani. Pagine, che in realtà, sono in perfet-
ta sintonia con gli sviluppi che sarebbero stati successivamente proposti da autori
come Marsden e Tudor Ratiu, ma sui quali ancora oggi non si riesce a convergere
per la mancanza di un contesto unificatore.
L’evoluzione dei testi di Meccanica Razionale italiani successivi alla pubblica-
zione delle Lezioni trova una sintesi nella già citata poesia di Cercignani:
Quel mondo si è rotto ed ormai
i giovani studiano a caso
le cose più strane e col vaso
Pandora ancor semina guai!
certi equilibri son rotti
e circolan libri un po’ strani
che scrivono, qui, il Cercignani,
e, un pò più in là, il Gallavotti.
12 Bibliografia
Sicuramente alcuni autori, dopo le Lezioni, hanno osato molto di più di altri,
ma anche in questi casi un richiamo alle Lezioni appare sempre presente. Questa
osservazione, soprattutto a livello internazionale, non coinvolge solo le Lezioni,
ma tutto quel corpus di trattati che avevano visto la luce con gli albori del XX
secolo. Trattati che spesso erano caratterizzati da un uso finalmente confidente e
universale del calcolo vettoriale.
Alcuni dei testi pubblicati, come Spazio, Tempo e Movimento (9 ) di Cercignani,
appaiono più moderni di altri. In particolare, questo testo si di↵erenzia delle Lezio-
ni proprio per il tentativo di aggiornare alcuni argomenti con i risultati moderni.
Questa idea è ancora più evidente nella monografia di G. Gallavotti. Nonostante
ciò l’attenzione che questi manuali hanno nei confronti dei dettagli per quanto ri-
guarda anche le parti più elementari della Meccanica sono tipici di trattati come le
Lezioni. Un’attenzione che si ritrova anche nell’Arnold, ma non nei trattati anglo-
sassoni moderni, che spesso discutono con superficialità la Meccanica elementare
e aprono le porte alla perpetuazione di errori interpretativi non trascurabili (10 ).
Non bisogna dimenticare, infine, anche che originalità nel ripensare la Mecca-
nica Razionale si ritrova in molti altri testi. Lo stesso Antonio Signorini, diretto
allievo del Levi-Civita, produce un manuale con diversi momenti di grande origi-
nalità e ugualmente si può dire dei manuali di P. G. Bordoni e G. Grioli. In ogni
caso, come più volte già detto, le Lezioni rimangono un faro ed è per questo che
si confida che una loro riedizione a quasi cento anni dalla loro prima stampa, sia
un fatto editoriale importante.
Bibliografia
[4] P. Field, Bull. Amer. Math. Soc. Volume 28, Number 1-2 (1922), 64–65.
[8] L. Lecornu, La mècanique, les idèes et les faits, Paris, Flammarion, 1918.
[9] D.C. Lewis, Bull. Amer. Math. Soc. Volume 47, Number 11 (1941), 847-848.
[11] P. Nastasi and R. Tazzioli, Towards a scientific and personal biography of Tullio
Levi-Civita (1873-1941), Historia Mathematica, 32 (2005) 203–236
[12] G. Novi, Annali di Matematica Pura ed Applicata (1858 - 1865) 3 (1860) 245–251.
[13] L. Petitot, Revue gènèrale des sciences pures et appliquèes, 41 (1930) 281.
[14] L. Potin, Revue gènèrale des sciences pures et appliquèes, 38 (1927) 481.
[15] G. Ricci Curbastro & T. Levi Civita, Mèthodes de Calcul di↵èrentiel absolu et
leurs applications, Mathematische Annalen, 54, 125-201, 1900.
[16] G. Saccomandi, On the motion of the centre of mass of a system of particles, Eur.
J. Phys. 31 (2010) 657.
Giovanni Maschio
Sapienza Università di Roma
Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l’Ingegneria
Sezione Matematica
e-mail: giovanni.maschio@uniroma1.it
Tommaso Ruggeri
Università degli Studi di Bologna
CIRAM
e-mail: ruggeri@ciram.unibo.it
Giuseppe Saccomandi
Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Ingegneria Industriale
e-mail: saccomandi@mec.dii.unipg.it
Grandezze e assiomi
10
P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
Introduzione
Nelle Lezioni, cosı̀ come nella maggior parte dei testi di Meccanica razionale, le
grandezze sono trattate, per lo più, solamente per quanto riguarda le loro misure
piuttosto che nella loro definizione. In particolare per quanto riguarda le masse,
vengono adottate definizioni che non soddisfano il rigore che normalmente si richie-
de a un trattazione matematica. Anche per quanto riguarda i postulati si cerca
di specificare un po’ meglio la formulazione di Newton ma, nella sostanza, essa
rimane inalterata.
Le critiche di Mach [9, 10] e Painlevé [11, 12] al metodo di enunciazione delle
leggi, sono state riprese in tutto o in parte da alcuni autori [7, 13] ma la maggior
parte dei testi si rifà, come nelle Lezioni, all’enunciato originale di Newton. Tra
gli autori di questo contributo, le critiche citate sono state oggetto di lunghe di-
scussioni che hanno portato a risultati nuovi [5, 6] e a una formulazione diversa
dall’usuale, che a noi è sembrata sufficientemente chiara e dettagliata. Si hanno,
cosı̀, delle definizioni rigorose delle grandezze fondamentali e una suddivisione de-
gli assiomi della meccanica che mette in luce i diversi risvolti che compaiono nella
formulazione tradizionale.
Nel seguito viene riportata una sintesi, di quanto compare in [3, 4, 5, 6], essa
è, però, opera del solo terzo autore essendo gli altri due deceduti; eventuali errori
vanno pertanto attribuiti a lui soltanto.
(1 )Si vuol dire che le di↵erenze tra i risultati sono sperimentalmente inapprezzabili oppure si
presume che siano trascurabili in un certo campo di fenomeni.
188 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
solidi a uno schema ideale di corpo rigido, si può dedurre, come si vedrà nei
paragrafi successivi, la nozione di lunghezza.
2 Lunghezza e spazio euclideo Per indicare che due o più spigoli rettilinei ap-
partenenti a solidi diversi sono totalmente sovrapponibili, si dice che essi hanno
la medesima lunghezza, o meglio, si attribuisce la stessa lunghezza ai corrispon-
denti spigoli dei corpi rigidi che rappresentano idealmente i solidi. Una lunghezza
è quindi la classe di equivalenza (2 ) costituita da tutti gli spigoli dei corpi rigidi
che sono totalmente sovrapponibili tra loro.
La nozione di lunghezza desunta dal confronto per sovrapposizione dei solidi, è
indipendente dalla direzione che hanno nello spazio i segmenti cui essa si applica:
come è noto uno spazio che possieda questa proprietà e nel quale valgano i postulati
della geometria elementare si chiama spazio euclideo (tridimensionale); nella
meccanica ci si serve sistematicamente di spazi di questo tipo.
Ogni solido che contenga almeno tre punti A, B, C non allineati, individua o
genera un determinato spazio euclideo che viene, quindi, associato ad esso. Attri-
buito un orientamento al piano ABC, il generico punto P dello spazio solidale al
corpo è individuato dalle lunghezze dei tre segmenti P A, P B, P C, nonché dalla
sua appartenenza al semispazio limitato dalla faccia positiva o da quella negativa
del piano orientato.
(2 )La relazione di totale sovrapponibilità è per sua natura riflessiva e simmetrica; per i corpi
rigidi è anche transitiva ed è quindi una relazione d’equivalenza.
(3 )Il termine ripetizione è usato in senso lato e non implica l’idea di successione.
1 Grandezze scalari e vettoriali 189
Per indicare che due o più parti K1 , K2 , . . . di fenomeni cronometrici distinti sono
totalmente sovrapponibili nel tempo attraverso le loro ripetizioni, si dice che esse
hanno la medesima durata, o meglio, si attribuisce la stessa durata agli inter-
valli di tempo associati a K1 , K2 , . . . Una durata è quindi la classe di equivalenza
costituita da tutti gli intervalli di tempo sovrapponibili tra loro attraverso le ripe-
tizioni di parti di fenomeni cronometrici. Nell’introduzione del concetto di durata
i fenomeni cronometrici hanno un ufficio analogo a quello che i corpi solidi hanno
nell’introduzione del concetto di lunghezza.
Nell’ambito dei fenomeni di moto ordinari di cui si occupa la Meccanica clas-
sica, si ammette, in accordo con l’esperienza, che i diversi osservatori possono
scambiare tra loro dei segnali in maniera tale da attribuire un significato oggettivo
alle nozioni di simultaneità e di successione (4 ). Di conseguenza anche la durata
degli intervalli di tempo ha un significato oggettivo, comune a tutti gli osservatori.
Si dice inoltre che il tempo di cui ci si serve nella Meccanica classica è desunto dal
moto apparente delle stelle per indicare che ci si serve sistematicamente di que-
sto particolare fenomeno cronometrico per individuare le durate degli intervalli di
tempo.
(4 )Questa ipotesi è invece in contrasto con l’esperienza nel più vasto campo di fenomeni di cui
si occupa la Meccanica relativistica.
(5 )Naturalmente questo rapporto è definito da un algoritmo diverso per ogni insieme di
grandezze, si veda il caso delle lunghezze nell’esempio 5.
190 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
Prima proprietà delle misure Il rapporto tra le misure di una medesima grandezza
rispetto a due diverse unità eguaglia l’inverso del rapporto tra le corrispondenti
unità.
qU qV Q
(3) 0 = q 0 = Q0 ,
qU V
che esprime la
Seconda proprietà delle misure Il rapporto tra le misure di due grandezze appar-
tenenti a un medesimo insieme rispetto a una comune unità, risulta indipendente
dalla scelta di quest’ultima ed eguaglia il rapporto tra le grandezze.
Si dice che due grandezze sono omogenee o eterogenee tra loro secondo che esse
appartengano a un medesimo insieme oppure a insiemi i quali siano distinti in base
alla loro costituzione oppure alla definizione dei rapporti tra le grandezze.
Quando si scelga arbitrariamente una grandezza come unità, ogni altra gran-
dezza omogenea con essa risulta associata alla sua misura; risulta quindi possibile
rappresentare le grandezze di ciascun insieme mediante i numeri positivi (6 ), come
si fa per le lunghezze. Questa rappresentazione costituisce uno dei fondamenti del-
la Meccanica poiché fornisce i mezzi necessari a “tradurre” i problemi meccanici
in problemi algebrici o analitici.
Le grandezze misurabili si chiamano anche scalari poiché esse possono essere
rappresentate in scala su una semiretta, associando al punto P di ascissa x la
grandezza Q la cui misura qU eguaglia x (fig. 10.1); la scala della rappresentazione
è determinata dalla scelta delle unità per le Q e per le ascisse.
UQ Q {Q}
0 1 qU x
(6 )Si postula che, comunque si scelgano una grandezza e un numero positivo, esista una
grandezza eguale al loro prodotto.
(7 )In fisica vengono introdotte delle grandezze che non godono di queste proprietà essendo
definite come “medie” di altre grandezze, un esempio sono le temperature.
1 Grandezze scalari e vettoriali 191
definisce valendosi di intervalli consecutivi aventi a due a due un solo istante co-
mune. In base a tale definizione, il prodotto di una durata per un numero possiede
proprietà formali analoghe a quelle del prodotto di una lunghezza per un numero
(n. 5); l’insieme delle durate, o come si dice abitualmente, l’insieme dei tempi,
assume quindi la struttura di un insieme di grandezze scalari.
Le lunghezze e le durate forniscono quanto basta a rappresentare quantita-
tivamente i fenomeni meccanici; per formulare, in base all’esperienza, delle leggi
relative a tali fenomeni, occorre introdurre un terzo insieme di grandezze scalari,
le masse {M}, eterogenee rispetto alle lunghezze e ai tempi.
Senza entrare per il momento in dettagli sulla maniera di introdurre queste
nuove grandezze (n. 10), basta tener presente che esse formano, insieme con le
lunghezze e i tempi, una terna di insiemi di grandezze mutuamente indipendenti,
nel senso che, assegnando unicamente grandezze appartenenti a due di tali insiemi,
senza fare riferimento ad alcun particolare fenomeno, non è possibile individuare
grandezze appartenenti al terzo insieme.
Alle lunghezze, ai tempi e alle masse si dà il nome di grandezze fondamentali
della Meccanica sia per il loro significato sia perché da esse si ricavano tutte le altre
grandezze che servono a precisare i diversi aspetti dei fenomeni e a formularne le
leggi.
L1 L1 + L2 L1 − L2
L2
P1 P2 P3 P1 P3 P2
Si può stabilire anche una relazione di “ordine” tra le grandezze nel senso che si
può definire L1 minore, maggiore o eguale di L2 : si prendono due rappresentanti
P1 P2 di L1 e P2 P3 di L2 a partire ambedue dall’origine della semiretta e si dice
L1 < L2 se P3 segue P2 , L1 > L2 se P3 precede P2 e L1 = L2 se P3 ⌘ P2 .
Se L1 > L2 si può definire una di↵erenza L1 L2 in maniera analoga al-
la somma: bisogna soltanto prendere come rappresentante di L2 P1 P3 , allora la
lunghezza di cui P2 P3 è un rappresentante, è la di↵erenza (fig. 10.2).
(8 )Si ricordi che una lunghezza è una classe di equivalenza e quindi un qualunque elemento di
essa è un rappresentante della classe medesima.
192 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
.. .
m volte
Pm! r
Essendo basata sull’eguaglianza tra numeri reali essa è sicuramente una relazione
d’equivalenza, pertanto ha senso considerare l’insieme quoziente
.
(6) {P} ⌘ {H} ⇥ {K} R
p
i cui elementi sono quindi le classi di equivalenza [s] delle 11 coppie (H, K) che
hanno prodotti delle loro misure eguali. Dati due di tali elementi S1 = [s1 ] ed
S2 = [s2 ], se si pone, per definizione, il rapporto tra di essi eguale al rapporto tra
i numeri s1 ed s2 ad essi associati
S1 s1
= ,
S2 s2
l’insieme {P} assume la struttura di un insieme di grandezze scalari alle quali si
dà il nome di prodotto delle due grandezze. Per esempio, se si considerano
{H} e {K} ambedue coincidenti con l’insieme delle lunghezze, l’insieme prodotto
coincide con l’insieme delle aree.
Una suggestiva rappresentazione degli elementi di questi insiemi si ottiene ri-
portando i due insiemi “fattori” in scala, su due semirette ortogonali aventi l’origine
in comune (fig. 10.4), gli elementi del prodotto cartesiano sono allora i punti del
I quadrante del piano cartesiano hk e le classi di equivalenza [s] sono individuate
dai rami di iperbole equilatera (in tale quadrante) hk = s.
K
kU (H, K)
UK s = hUkU
s = s3
s = s2
{K} 1 (1, 1) s = s1
s=1
0 1 hU h
UH H {H}
ha come elementi le classi di equivalenza [r] delle 11 coppie (H, K) che hanno
quozienti delle loro misure eguali. Dati due di tali elementi R1 = [r1 ] ed R2 = [r2 ],
se si pone, per definizione, il rapporto tra di essi eguale al rapporto tra i numeri
r1 ed r2 ad essi associati
R1 r1
= ,
R2 r2
l’insieme {Q} assume la struttura di un insieme di grandezze scalari alle quali si dà
il nome di quoziente delle due grandezze. Per esempio, se si considerano {H}
e {K} come lunghezza di un arco di circonferenza e lunghezza del raggio, l’insieme
quoziente è l’angolo al centro sotteso dall’arco.
Con la stessa rappresentazione usata per il prodotto (fig. 10.5), le classi di
equivalenza [s] sono individuate dalle semirette del I quadrante uscenti dall’origine
h = rk.
k
r = s3 r = 1 hU
r=
kU
K
kU (H, K) r = r2
UK
(1, 1) r = r1
{K} 1
0 1 hU h
UH H {H}
(9) q = a↵ b c . . .
Se nel gruppo {A}, {B}, {C}. . . vi sono delle grandezze omogenee tra loro, appare
naturale scegliere per esse la medesima unità; quando si adotti tale criterio, tutte le
unità derivate risultano determinate dalle tre unità UM , UL , UT che si scelgono per
le grandezze fondamentali e formano un sistema coerente di unità di misura.
In Meccanica ci si serve sistematicamente di sistemi di unità di questo tipo perché
la rappresentazione delle grandezze mediante le loro misure coerenti risulta nello
stesso tempo particolarmente semplice e sufficientemente generale. Inoltre solo se
il sistema è coerente le operazioni di prodotto e quoziente utilizzate nel derivare
una grandezza Q, diventano commutative e associative.
Sia VM , VL , VT una terna di unità fondamentali distinta da quella precedente-
mente considerata e si indichi con VQ l’unità derivata da esse. Il rapporto VQ /UQ
si ottiene sostituendo nella (9) alla misura di ciascuna massa, il rapporto VM /UM
tra le corrispondenti unità e operando un’analoga sostituzione per le lunghezze e i
(9 )Si dimostra [6] che le espressioni di q del tipo (9) sono le più generali funzioni delle misure
a, b, c, . . . per le quali la costituzione delle classi e i rapporti tra di esse risultano indipendenti
dalla scelta, comunque arbitraria, di tutte le unità UA , UB , UC , . . ., sebbene il numero q associato
a ciascuna classe dipenda da tale scelta. La costituzione e la struttura degli insiemi di grandezze
derivate sono perciò indipendenti dalla scelta delle unità.
196 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
7 Grandezze vettoriali Per dare forma sintetica alla rappresentazione dei fe-
nomeni meccanici e alle loro leggi, si introducono degli insiemi di grandezze
vettoriali w costruiti sul modello dell’insieme dei vettori v. Tali grandezze sono
derivate dai vettori e dalle grandezze scalari valendosi delle definizioni di prodotto
di un vettore per un numero e di prodotto vettoriale e seguendo un procedimento
analogo a quello di cui ci si è serviti per introdurre le grandezze scalari derivate.
Rispetto a un determinato sistema coerente di unità si indichi con q la misura
assoluta della grandezza scalare Q (fondamentale o derivata) e sia v l’intensità del
vettore v cioè la misura assoluta della sua lunghezza. Il prodotto del numero q per
il vettore v è il vettore qv che ha orientamento concorde con v e intensità eguale
a qv. Facendo il prodotto cartesiano tra le grandezze Q e i vettori v si introduce
la relazione d’equivalenza Rv tra le coppie (Q, v) nel modo seguente:
misura. I segmenti orientati, che sono i rappresentanti dei vettori associati alle
g.v., si assumono, in questo modo, come rappresentanti delle grandezze vettoriali
stesse (10 ).
Moltiplicando un vettore non nullo per l’inverso della sua lunghezza, si ottiene
una grandezza adimensionale (che ha cioè dimensioni nulle) di intensità unitaria;
le grandezze di questo tipo vengono indicate con il simbolo vers v; a tali grandezze
si attribuisce il nome di versori; per definizione, il versore di un generico vettore
v è quindi espresso da:
1
(13) vers v = v.
v
I versori sono associati in modo biunivoco agli orientamenti, poiché ogni versore
individua una direzione e un verso (da ciò deriva il loro nome).
La relazione (13), si inverte nella:
(14) v = v vers v ,
che sussiste anche per il vettore nullo; in quest’ultimo caso vers v è indeterminato
mentre: v = 0.
I versori (dei vettori o delle g.v.) hanno, per definizione, intensità unitaria in
qualunque sistema di unità, quindi, dal punto di vista dimensionale, si comportano
come grandezze adimensionali (11 ). I prodotti e i quozienti dei versori per le g.s.
Q hanno rispettivamente le dimensioni fisiche [Q] oppure [Q 1 ]; per esempio il
prodotto dell’intensità w di una g.v. per il suo versore vers w ha le medesime di-
mensioni fisiche di w; inoltre i prodotti vettoriali e scalari tra versori si comportano
come grandezze adimensionali.
(10 )Ciò consente di utilizzare i procedimenti grafici anche per il calcolo delle grandezze vettoriali.
Talvolta si associano i vettori alle grandezze vettoriali di un insieme omogeneo in maniera diversa;
si adotta, cioè, una scala di rappresentazione. Per individuare una scala di questo tipo, viene
di solito indicata una lunghezza e l’intensità delle g.v. i rappresentanti delle quali hanno quella
lunghezza (per esempio 1 cm = 10 Nw). Questa indicazione è di interpretazione immediata ed è
significativa anche quando le stesse lunghezze sono rappresentate in scala.
(11 )L’insieme dei versori non è però un insieme di grandezze, infatti la somma di due versori
non è in generale un versore.
1 Grandezze scalari e vettoriali 199
e restringere, invece, tale scelta ai sistemi coerenti di unità, in modo che resti
arbitraria soltanto la scelta delle tre unità fondamentali.
Se l’insieme di grandezze A ha le dimensioni fisiche µ, , ⌧ e se la relazione tra
le misure è espressa in forma esplicita rispetto ad a
(15) a = (b, c, . . .) ,
Con tali semplificazioni il secondo membro della (15) si riduce al simbolo dimen-
sionale [M µ L T ⌧ ] di una grandezza; affinché sia verificata la condizione di omo-
geneità è necessario e sufficiente che esso risulti eguale a quello della grandezza A
che figura nel primo membro.
In taluni casi le relazioni tra le misure vengono espresse in forma implicita
eguagliando a zero una loro funzione
(16) '(a, b, c, . . .) = 0 ;
affinché una relazione di questo tipo sia valida indipendentemente dalla scelta
delle unità fondamentali è sufficiente che la ' sia omogenea rispetto alle masse,
200 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
2 Assiomi fondamentali
Partendo dalle nozioni di spazio e di tempo che sono suggerite e sostenute da quelle
astrazioni e da quelle schematizzazioni che originano la geometria euclidea, e da
quelle che, precisando la nozione soggettiva di tempo, consentono la definizione
dell’ascissa temporale si può costruire un riferimento meccanico associando
un’ascissa temporale a uno spazio euclideo R che è in genere solidale a un corpo
rigido ottenuto, cioè, per prolungamento di un corpo solido idealizzato come rigido
(n. 2). Scelto uno spazio di riferimento R, in esso si possono scegliere 16 terne
cartesiane ortogonali, monometriche, destre RC(Oxyz), ognuna delle quali è atta
a descrivere i “moti” di un corpo rispetto a R, atta cioè a individuare le diverse
posizioni occupate dal corpo rispetto a R al variare del tempo. Le nozioni di quiete
e di moto assumono significato soltanto in rapporto a un riferimento fissato.
In presenza di due o più corpi solidi in movimento l’uno rispetto all’altro, il
procedimento di astrazione che dà luogo al concetto di spazio euclideo permette
di associare a ognuno di tali corpi un riferimento meccanico distinto.
Si ottengono in tal modo riferimenti diversi che, pur essendo costruiti indipen-
dentemente l’uno dall’altro, risultano tra loro in relazione: essi appaiono intuitiva-
mente sovrapposti l’uno all’altro, potendo ciascuno di essi essere visto “in moto”
rispetto a ognuno degli altri.
L’analisi delle relazioni riscontrabili tra due riferimenti diversi conduce alla
formulazione dei seguenti assiomi:
Assioma del tempo assoluto L’ascissa temporale è unica: essa è cioè la stessa
per tutti i riferimenti meccanici.
L’assioma dell’invarianza della lunghezza può essere espresso con due successive
assunzioni. La prima è che il moto di R0 in R appaia rigido: cioè che le misure, fatte
in R della distanza delle due immagini contemporanee siano, nei diversi istanti,
tutte eguali tra di loro, ovvero che la distanza delle due immagini contemporanee
non vari al variare di t. La seconda assunzione a↵erma che questo valore costante
della distanza delle immagini è proprio ⇢12 , cioè la distanza dei due punti in R0 (12 ).
Assioma dell’obiettività La relazione che lega i punti di un riferimento alle loro
immagini in un altro riferimento è transitiva.
Dato un punto ⇧ del riferimento R, esso ha, in un istante fissato, un’immagine ⇧0
in R0 ; il punto ⇧0 di R0 ha, a sua volta, un’immagine ⇧00 in un terzo riferimento
R00 . L’assioma dell’obiettività a↵erma che quest’ultima “immagine dell’immagine”
coincide con l’immagine “diretta” del punto ⇧ in R00 .
In particolare da questo assioma si ricava che, se P è l’immagine, all’istante t,
in R, di un punto ⇧ di R0 , allora ⇧ è l’immagine di P in R0 nel medesimo istante.
Questa simmetria della relazione tra i punti e le loro immagini traduce l’i-
dea intuitiva di sovrapposizione dei due spazi euclidei associati ai due riferimenti
R e R0 .
Gli assiomi enunciati caratterizzano completamente le relazioni tra due diversi
riferimenti; da essi infatti si ricavano tutte le relazioni tra le osservazioni e le
misure fatte in un riferimento e quelle e↵ettuate nell’altro; si determinano cioè in
particolare le trasformazioni tra le coordinate xyzt di un un evento nel riferimento
RC e quelle ⇠⌘⇣t dell’evento corrispondente nel riferimento R .
(12 )Il carattere universale (assoluto) delle lunghezze e delle durate degli intervalli di tempo,
caratterizza la meccanica classica, la critica degli assiomi dell’invarianza delle lunghezze e del
tempo assoluto ha mostrato che essi non sono indipendenti, ma, al contrario, sono fortemente
legati tra di loro. La sostituzione di questi assiomi con altri più deboli e l’aggiunta dell’assioma
dell’invarianza della velocità della luce nel vuoto, caratterizza la teoria della relatività.
202 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
Conseguenza immediata del postulato di invarianza delle lunghezze è che ogni ente
geometrico di R0 lascia come immagine in R un ente geometrico che (dovendosi
mantenere inalterate tutte le distanze) ha gli stessi caratteri dell’ente di partenza.
Cosı̀ le rette, i piani, i segmenti, i vettori di R0 , hanno come immagini rette, piani,
segmenti, vettori di R e, in particolare, sono rispettate le relazioni di appartenenza
(cosı̀ l’immagine di una retta appartenente a un certo piano, è una retta che
appartiene all’immagine del piano). Rimangono inalterate anche le relazioni di
parallelismo e di ortogonalità e tutte le misure delle grandezze geometriche: un
segmento lungo 1 m ha cioè un’immagine lunga 1 m, un angolo di ampiezza ⇡/3 ha
come immagine un angolo di ampiezza ⇡/3, una figura di area 1 m2 ha un’immagine
con la medesima area ecc.
9 Prima legge. Riferimenti inerziali I moti dei corpi reali appaiono palesemen-
te più o meno complicati a seconda del sistema di riferimento nel quale essi sono
osservati e al quale sono riferiti; il moto di un qualunque corpo è inoltre influen-
zato dalla presenza di altri corpi. Per ottenere dei risultati semplici, che possano
essere assunti come principi generali, è dunque necessario operare delle scelte sul
riferimento, esaminare i moti dei corpi che sono abbastanza lontani da altri corpi,
e tener conto soltanto dell’aspetto più elementare del moto, utilizzando lo schema
di elemento. In particolare, per indicare che l’elemento è la schematizzazione di
un corpo reale si usa il nome di elemento materiale. Si e↵ettuano inoltre del-
le idealizzazioni dei risultati sperimentali, che consistono nell’assumere verificate,
in modo assoluto, quelle proprietà che l’esperienza mostra verificate in modo ap-
prossimato, ma con approssimazione tanto maggiore quanto più vengono eliminate
certe circostanze, che per questo motivo sono classificate come perturbatrici.
Le osservazioni sul moto dei corpi celesti mostrano che le accelerazioni, valu-
tate in un riferimento che sia associato agli altri corpi celesti, risultano tanto più
piccole in intensità quanto più lontani sono gli altri corpi, che si ritengono perciò la
causa delle perturbazioni. L’idealizzazione di queste esperienze porta contempora-
neamente agli schemi elementari di elemento materiale isolato e di sistema di
riferimento inerziale R⇤ , e alla formulazione della prima legge della dinamica:
Prima legge (Legge d’inerzia) Gli elementi materiali isolati rimangono in quiete
nei riferimenti inerziali, oppure vi si muovono di moto rettilineo uniforme.
La seconda legge individua una corrispondenza che associa a ogni coppia di ele-
menti, E1 e E2 un numero reale positivo (E1 , E2 ). Questo numero è caratteristico
dei due corpi che sono rappresentati dai due elementi; esso è infatti indipendente
dalle loro posizioni e dalle loro velocità, nonché dal tempo. L’esperienza mostra
che, per la corrispondenza che associa a ogni coppia di elementi E1 ed E2 il numero
(E1 , E2 ), sussiste la seguente regola di composizione:
alla stessa classe e cioè che per essi risulta (E 0 , E 00 ) = 1. Date due classi m0 ed
m00 , si definisce il rapporto delle due masse, ponendo per definizione:
m00
(19) = (E 0 , E 00 ) con m(E 0 ) = m0 e m(E 00 ) = m00 .
m0
La definizione è legittima poiché, in forza della (18), il valore di (E 0 , E 00 ) è sempre
lo stesso, comunque si scelga E 0 nella prima classe ed E 00 nella seconda. La (19)
induce sull’insieme delle masse una struttura di grandezze scalari (n. 4). La scel-
ta di assumere (E 0 , E 00 ) come rapporto delle masse m00 /m0 , nell’ordine inverso
anziché nell’ordine diretto, è determinante per il significato fisico della grandezza
“massa”, cosı̀ come è illustrato nel n. 12; l’associazione dello schema di elemento e
della grandezza scalare massa, descrive in maniera completa lo schema di elemento
materiale.
Utilizzando le masse degli elementi materiali, è possibile riassumere la seconda
legge nelle due equazioni (14 ):
(20) m1 a1 + m2 a2 = 0 ,
(21) P1 O ^ m1 a1 + P2 O ^ m2 a2 = 0 ,
(22) f 1 := m1 a1 , f 2 := m2 a2 .
Queste sono, per definizione, le forze (e↵ettive) che i due elementi materiali E1
ed E2 esercitano l’uno sull’altro. In termini delle forze, la seconda legge è espressa
dalle equazioni:
essendo ' una grandezza scalare con segno, che è positiva o negativa secondo che
le forze abbiano carattere repulsivo oppure attrattivo.
Le osservazioni sperimentali mostrano inoltre che il moto di ogni coppia isolata
di elementi materiali è determinato dalle condizioni iniziali, cioè dalle posizioni P1
e P2 e dalle velocità v 1 e v 2 che i due elementi materiali hanno nell’istante iniziale
t0 cioè nell’istante in cui si inizia l’osservazione del moto. In e↵etti l’esperienza
mostra che, se i due elementi materiali assumono, in un successivo istante t1 , le
medesime posizioni già assunte all’istante t0 , e con le medesime velocità, allora
il moto riprende, a partire dall’istante t1 , riproducendo il moto svoltosi a partire
dall’istante t0 .
(14 )Nel seguito, come si è già fatto per le altre grandezze, quando non vi sia possibilità di
equivoco, si userà la notazione abbreviata m1 in luogo di m(E1 ) ecc.
3 Leggi della meccanica 205
Da queste si riconosce che il moto della coppia isolata è determinato dalle condi-
zioni iniziali. Infatti, quando siano note le funzioni (24), dalla definizione stessa
(22) si ottengono le eguaglianze:
(
m1 a1 = f 1 (P1 , P2 , v 1 , v 2 )
(25)
m2 a2 = f 2 (P1 , P2 , v 1 , v 2 ) .
Il problema della previsione del moto della coppia isolata è ricondotto dunque
dalle (25) o dalle (26) a quello di determinare la legge delle forze, cioè la funzio-
ne '(P1 , P2 , v 1 , v 2 ). Esaminando il moto della coppia nel suo svolgimento prima
dell’istante t0 , è possibile in generale ricavare per induzione la legge delle forze
e, nota questa, è possibile prevedere il moto della coppia a partire dall’istante t0 ,
come l’unica soluzione del sistema (26) corrispondente allo stato del sistema al-
l’istante t0 . Nel procedimento di induzione, con il quale si determina la funzione
'(P1 , P2 , v 1 , v 2 ), sono di aiuto le limitazioni che sono indotte sulla sua forma dal
principio di relatività (par. 13).
Dalla terza legge si riconosce che il principio del determinismo, assunto come as-
sioma per il moto delle coppie isolate, sussiste anche per un qualunque sistema
isolato: la conoscenza delle leggi delle forze di interazione consente, almeno in li-
nea teorica, di e↵ettuare la previsione del moto di un sistema isolato costituito da
un numero qualunque di elementi materiali. Infatti quando si conoscano le funzioni
'ij (Pi , Pj , v i , v j ) e sia incognito il moto del sistema materiale, le eguaglianze (29)
costituiscono un sistema normale di equazioni di↵erenziali del secondo ordine. Si
tratta di N equazioni vettoriali, equivalenti a 3N equazioni scalari, nelle N inco-
gnite vettoriali: P1 (t), P2 (t),. . . ,PN (t), equivalenti alle 3N incognite scalari, x1 (t),
y1 (t), z1 (t); x2 (t), y2 (t), z2 (t); . . . ; xN (t), yN (t), zN (t). Il sistema di equazioni ha
la forma normale perché risultano espresse esplicitamente le derivate seconde delle
funzioni incognite in termini dei valori contemporanei delle funzioni incognite e
delle loro derivate prime. Sussiste allora, per questo sistema di equazioni, il teo-
rema di esistenza e unicità; esso ammette infatti molte soluzioni, ma una sola di
queste è in accordo con le condizioni iniziali che consistono nell’assegnare la posi-
zione e la velocità di ognuno degli elementi all’istante “iniziale” t0 e sono espresse
3 Leggi della meccanica 207
dalle:
In queste ultime si deve intendere che l’indice i assuma tutti i valori possibili
cioè i = 1, 2, . . . , N ; si tratta dunque di 6N condizioni imposte alle 3N funzioni
incognite. Poiché a ogni scelta dei valori dei 6N parametri xi0 , yi0 , zi0 , vxi0 , vyi0 ,
vzi0 , corrisponde una sola soluzione del sistema (29), mentre a due scelte diverse
di tali valori corrispondono due soluzioni diverse, si riconosce che le soluzioni
del sistema sono un’infinità dipendente da 6N parametri, ovvero, come si dice
usualmente, sono in quantità 16N .
Si consideri ora un moto del sistema durante il quale i due elementi materiali E2
ed E3 si muovono rimanendo “attaccati” tra loro, in modo cioè da poter essere
agglomerati (schematizzati) in un unico elemento materiale E. Sarà: a2 = a3 = a;
dalle (31), eliminando le forze si ottiene allora:
(32) m1 a1 + (m2 + m3 )a = 0 .
Da questa relazione, per confronto con la (20), si riconosce che l’elemento materiale
E, ottenuto dall’agglomerazione dei due elementi E2 ed E3 , ha come massa la
somma delle masse dei due elementi materiali che sono stati agglomerati. Questa
proprietà definisce in modo operativo la operazione di addizione per le masse e
attribuisce intuitivamente alla massa il significato fisico elementare di “quantità
di materia”.
(15 )Analisi più approfondite su questo argomento mettono in evidenza che il principio di re-
latività nella sua forma più generale è in contraddizione con gli assiomi del tempo assoluto e
dell’invarianza delle lunghezze.
208 Capitolo 10. Grandezze e assiomi P. Benvenuti, P. G. Bordoni, G. Maschio
Il principio esprime in primo luogo l’omogeneità e l’isotropia dello spazio, che sus-
sistono dunque, non soltanto nei confronti delle proprietà geometriche, ma anche
nei confronti delle leggi della meccanica: queste non attribuiscono alcuna proprietà
speciale a qualche punto (omogeneità), o a qualche direzione (isotropia), poiché
la loro formulazione analitica è invariante in ogni trasformazione corrispondente a
un cambiamento di assi cartesiani, nell’ambito dello stesso spazio euclideo. L’in-
varianza delle leggi per le trasformazioni che mutano l’origine degli assi, lasciando
invariato il loro orientamento, esprime l’omogeneità dello spazio; l’invarianza, in-
vece, per le trasformazioni che lasciano invariata l’origine degli assi, ma ne mutano
l’orientamento, esprime l’isotropia. Le leggi della dinamica sono invarianti anche
per ogni mutamento nella scelta dell’istante, assunto come origine delle ascisse
temporali (omogeneità rispetto al tempo).
Il principio di relatività comporta però, più in generale, l’invarianza delle leggi
della meccanica, non soltanto rispetto a un cambiamento di coordinate nell’ambito
di uno stesso riferimento meccanico, ma anche rispetto alle trasformazioni, dette di
Galilei, che legano tra loro le osservazioni fatte in due riferimenti inerziali diversi,
in moto traslatorio rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro.
Poiché le leggi fondamentali della dinamica sono espresse mediante le accelera-
zioni, e queste assumono lo stesso valore in tutti i riferimenti inerziali, l’ottempe-
ranza di queste leggi al principio di relatività è assicurata. Il principio pone però
delle limitazioni sulla forma delle funzioni '(P1 , P2 , v 1 , v 2 ) che determinano la di-
pendenza delle forze di interazione dalle posizioni e dalle velocità dei due elementi
materiali. La dipendenza deve attuarsi solamente per il tramite degli invarian-
ti nelle trasformazioni di coordinate e nelle trasformazioni di Galilei (16 ); questi
invarianti sono:
I1 = (P2 P1 ) ⇥ (P1 P2 ) ,
I2 = (P1 P2 ) ⇥ (v 1 v 2 ) ,
I3 = (v 1 v 2 ) ⇥ (v 1 v 2 ) .
(16 )La dimostrazione di questa a↵ermazione è piuttosto complessa e non viene riportata (cfr.
per esempio [2]).
(17 )Per le interazioni più comuni si trova in realtà che la grandezza ' dipende soltanto dal primo
invariante e cioè dalla distanza dei due elementi materiali.
4 Lo schema particellare, forze interne, forze esterne 209
Σ1 Σ2
Eh!
f! i
hi
Ej!!
f!jie
f!ihi
!
f!ije Ei
Ek!!
Figura 10.6. Rappresentazione di uno schema particellare con in evidenza i due sottosistemi ⌃1 e ⌃2 .
il “moto approssimato di Ej ”:
In esso si è indicata con f ii la somma delle forze interne e con f ei quella delle forze
esterne agenti sull’i-esimo elemento materiale di ⌃1 , con P ⌘ (P1 , P2 , . . . , PN ) la
!
generica configurazione e con V ⌘ (v 1 , v 2 , . . . , v N ) l’atto di moto del sistema:
XN S
X
!
f ii (P, V ) = i
f ih Pi , Ph , v i , v h , f ei (Pi , v i , t) = f eij Pi , Pj (t), v i , v j (t) .
h=1 j=1
occupa con atto di moto nullo, da quell’istante in poi il moto di S si riduce alla
quiete. Le configurazioni d’equilibrio sono, cioè, quelle nelle quali è possibile la
quiete o l’equilibrio del sistema in corrispondenza a un atto di moto nullo. In
tutte le altre possibili configurazioni, anche in corrispondenza di un atto di moto
nullo, il moto non è mai la quiete.
Nella tecnica è molto importante poter determinare le configurazioni d’equi-
librio sia per essere sicuri della staticità delle costruzioni (si pensi alle case, ai
ponti, alle gallerie ecc.) sia per evitare la quiete (si pensi a tutti quei meccani-
smi che si vogliono in moto anche se presentano istanti di inversione o di arresto
del moto medesimo). Dalla definizione sembrerebbe che la determinazione delle
eventuali configurazioni d’equilibrio si possa fare solo dopo avere determinato l’in-
sieme dei possibili moti: quelle condizioni iniziali alle quali corrispondono le quieti
individuerebbero le configurazioni d’equilibrio.
Si dimostra, invece, che il seguente sistema di equazioni in termini finiti, cui si
dà il nome di sistema fondamentale della statica degli schemi particellari,
individua tutte e sole le configurazioni d’equilibrio
(34) 0 = f ii (P, 0) + f ei (Pi , 0, t) (i = 1, 2, . . . , N ) .
Infatti, indicata con P ⇤ ⌘ (P1⇤ , P2⇤ , . . . , PN⇤ ) una soluzione del sistema (34), si
consideri la quiete Pi (t) = P ⇤i corrispondente alle condizioni iniziali Pi (0) = P ⇤i e
v i (0) = 0. Tale quiete, sostituita nel sistema (33) dà:
0 = f ii (P ⇤ , 0) + f ei (Pi⇤ , 0, t) (i = 1, 2, . . . , N ) ,
ma poiché P ⇤ è soluzione del sistema (34), queste sono N identità, quindi per il
teorema di esistenza e unicità Pi (t) = P ⇤i è una quiete per il sistema e perciò P ⇤
è una configurazione d’equilibrio.
Viceversa, una qualunque configurazione d’equilibrio P e ⌘ (P1e , P2e , . . . , PNe )
individua una quiete in P e che verifica identicamente il sistema (33)
0 ⌘ f ii (P e , 0) + f ei (Pie , 0, t) (i = 1, 2, . . . , N ) ,
queste eguaglianze, confrontate con il sistema (34), indicano che P e è soluzione
del sistema fondamentale della statica.
Resta cosı̀ dimostrato che il sistema (34) individua l’insieme completo delle
configurazioni d’equilibrio.
Un sistema particellare particolarmente semplice e di grande interesse è quello
dell’elemento materiale non isolato: il sistema ⌃1 è costituito da un solo ele-
mento materiale e ⌃2 è costituito da tutti gli altri. In tal caso non ci sono forze
interne e il sistema (33) si riduce a una sola equazione vettoriale: l’equazione
fondamentale della dinamica dell’elemento materiale (18 ):
(35) ma = f (P, v, t) .
(18 )Tutta la dinamica dei sistemi particellari può essere ottenuta, in una trattazione elementare,
a partire da questa equazione. Il sistema (33) è visto allora come una generalizzazione della (35),
la legge di inerzia è intesa come una particolarizzazione al caso in cui sia: f = 0. È necessario però
aggiungere, in sostituzione della seconda legge, il principio di azione e reazione e, in sostituzione
della terza, il principio di addizione per le forze agenti su di uno stesso elemento materiale (regola
del parallelogramma delle forze).
212 Bibliografia
Infine, il sistema (34) in questo caso dà luogo all’equazione fondamentale della
statica dell’elemento materiale:
(36) 0 = f (P, 0, t) .
Bibliografia
[2] V. I. Arnold, Metodi matematici della meccanica classica, Editori riuniti, 1986
[8] G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi, (seconda giornata), 1632.
[9] E. Mach, Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit,
Prague, Calve, 1872.
[10] E. Mach, The Science of Mechanics: A critical and Historical Account of Its
Development, The Open Court Publishing Company, Lasalle, Illinois, 1960.
Giovanni Maschio
Sapienza Università di Roma
Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l’Ingegneria
Sezione Matematica
e-mail: giovanni.maschio@uniroma1.it