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IL CICLO DELL'INNOVAZIONE NEI SISTEMI INFORMATIVI

Alfonso Fuggetta

1. Introduzione

It is change, continuing change, inevitable change, that is the


dominant factor in society today. No sensible decision can be made
any longer without taking into account not o nly the world as it is, but
the world as it will be. . . . This, in turn, means that our statesmen,
our businessmen, our everyman must take on a science fictional way
of thinking.
Isaac Asimov

A living thing is distinguished from a dead thing by the multiplicity of


the changes at any moment taking place in it.

Herbert Spencer

Nella storia di una azienda, di un ente pubblico o di una struttura comunque organizzata
non esistono momenti in cui non si discuta di come cambiarne il modo di operare e
interagire con il resto della società. Il cambiamento e l’evoluzione sono connaturati alla
natura stessa di una organizzazione e alla realtà all’interno della quale essa opera .
Questa osservazione può apparire persino scontata. Chi non si rende conto che le cose
mutano ed evolvono? La lettura dei quotidiani e l’ascolto dei telegiornali non fa che
confermare questa “ovvia” osservazione. Aziende vengono create e cancellate
quotidianamente. Nuove strutture organizzative emergono come risultato di fusioni,
acquisizioni, cambi di strategia e di mercato. Aziende presenti sul mercato da decenni
“cambiano completamente pelle” per reagire alle sfide che si trovano ad affrontare. In
Italia, il caso più clamoroso è forse Olivetti che nel giro di pochi anni ha completamente
cambiato il proprio settore di mercato, abbandonando l’informatica a favore dei servizi
di telecomunicazione.

Eppure non esiste nulla di più difficilmente gestibile del cambiamento. La letteratura
scientifica e divulgativa sul tema ci offre decine di esempi di fallimenti. Se è vero che il
cambiamento è una dimensione permanente della vita di una organizzazione, è
altrettanto vero che il cambiamento è difficile da gestire e attuare con successo.

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L’origine di questa difficoltà può essere riassunta nell’osservazione che il cambiamento
è un processo complesso, che coinvolge tutti gli ambiti dell’organizzazione.

Ci troviamo pertanto di fronte ad un paradosso. Da un lato ci si rende sempre più conto


che il cambiamento è inevitabile se si vuole che un’organizzazione resti in grado di
soddisfare i bisogni per cui è stata pensata e creata. D’altro canto, avviare una fase di
cambiamento comporta rischi e pericoli non marginali, che potrebbero addirittura
comportare un peggioramento della situazione. È quindi importante capire i termini del
problema, per saperlo dominare e gestire in modo appropriato. In particolare, è
necessario saper affrontare alcune questioni chiave:

• Perché bisogna cambiare/innovare? Quali sono le spinte che portano una


organizzazione a dover cambiare il proprio modo di operare?
• Quali sono le dimensioni nel cambiamento? Quali i criteri da seguire nell’impostare
il cambiamento di un’organizzazione?
• Come gestire il cambiamento? Quali sono i problemi che di devono affrontare per
cambiare un’organizzazione? Come valutare l’effetto di un cambiamento?
• Quali riferimenti e standard si possono e/o devono utilizzare durante l’attività di
cambiamento?

Questo contributo ha lo scopo di delineare un quadro d’assieme delle problematiche


relative al cambiamento di una organizzazione. Il riferimento nel titolo al “ciclo
dell’innovazione” vuole mettere in luce il fatto che il processo di cambiamento è in
realtà uno sforzo continuo che non ha un inizio ed una fine. Si tratta appunto di un
“ciclo” che si ripete indefinitamente sulla base di nuovi stimoli e alla ricerca di nuovi
traguardi. Il termine “innovazione” vuole invece enfatizzare il senso di questo
“cambiare”: innovare le modalità secondo le quali un’organizzazione opera e soddisfa i
bisogni per la quale è stata creata, alla luce di esigenze, vincoli e obiettivi in continua
evoluzione e mutamento.

Le caratteristiche e le problematiche tipiche del ciclo dell’innovazione vengono studiate


in questo contributo, assumendo come punto di vista privilegiato un fattore
particolarmente critico: le tecnologie dell’informazione (informatica e
telecomunicazioni). Si noti, tuttavia, che questo non significa limitare l’analisi alle sole
componenti tecnologiche. Certamente, l’informatica e le telecomunicazioni hanno reso
possibile la creazione di nuovi servizi e prodotti. Inoltre hanno permesso la creazione di
strutture organizzative nuove che stravolgono i tradizionali schemi di lavoro. Oggi è
possibile coordinare e gestire processi complessi distribuiti su tutto il pianeta, che
coinvolgono persone con culture, ruoli e obiettivi estremamente diversificati. Eppure
anche le tecnologie dell’informazione possono divenire un elemento di complessità e
criticità. Non basta “comprare” programmi, computer e reti. La tentazione di affrontare
il tema del cambiamento in modo unilaterale, come semplice acquisizione di nuovi
prodotti tecnologicamente avanzati, costituisce uno delle cause più ricorrenti di
fallimento dei programmi di innovazione. È necessario che le tecnologie siano
effettivamente utilizzabili da coloro che operano nell’organizzazione, e che ci sia un

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“allineamento”, una “coerenza” di fondo e di fatto tra ciò che l’organizzazione vuole fare
e le funzionalità e caratteristiche dei sistemi informatici e telematici utilizzati. Per questo
motivo, il cambiamento dei sistemi informatici e telematici non può essere perseguito in
maniera disgiunta dal cambiamento dell’organizzazione. Ogni scelta di carattere
tecnologico deve essere motivata e valutata alla luce del cambiamento organizzativo in
atto.

Per dar corso in maniera più puntuale alle osservazioni fin qui esposte, si introducono
alcune nozioni di base relative alla natura e struttura del processo di cambiamento. In
particolare vengono discusse le problematiche relative alla qualità dei processi di
servizio, il concetto di “coerenza” di una organizzazione, la composizione e
articolazione del ciclo dell’innovazione, e gli standard e normative di riferimento che
guidano e supportano le attività del ciclo.

2. Tecnologie dell’innovazione: un’opportunità per le Pubbliche


Amministrazioni Italiane
Le tecnologie dell’informazione hanno cambiato il volto della nostra società
introducendo nuove forme di comunicazione e cooperazione. Inoltre, le tecnologie
dell’informazione si sono rivelate estremamente “pervasive”. Esse sono cioè penetrate in
tutti i livelli e ambiti della nostra società, non limitandosi cioè ad influenzare i settori
produttivi e commerciali.

Questa rivoluzione non può non interessare anche le pubbliche amministrazioni per
motivi sia di carattere interno alle stesse amministrazioni che esterno, cioè relativi al
rapporto tra pubbliche amministrazioni e società civile. Guardando all’interno delle
pubbliche amministrazioni, l’influenza (quanto meno potenziale) delle tecnologie
dell’informazione si concretizza in una serie di opportunità:

1. Snellimento dei procedimenti amministrativi e delle strutture organizzative,


riduzione dei costi e destinazione delle risorse in eccesso per iniziative che oggi non
possono essere portate avanti a causa della carenza di personale e degli investimenti
necessari.
2. Riduzione dei tempi necessari all’espletamento dei servizi attraverso la
rappresentazione, gestione e trasmissione elettronica delle informazioni.
3. Possibilità di integrare informazioni e servizi offerti da diverse pubbliche
amministrazioni attraverso la Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione
(RUPA).
4. Possibilità di creare nuovi servizi non espletabili manualmente, quali, per esempio, i
controlli integrati per la lotta all’evasione fiscale.

Dal punto di vista delle relazioni tra pubbliche amministrazioni e società civile, è
indubbio che l’introduzione delle tecnologie dell’informazione ha un effetto che va al di
là del miglioramento del singolo servizio. Le tecnologie dell’informazione rendono
possibile nuove forme di rapporto tra cittadino, imprese e stato. Al di là di alcuni ritardi e

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incertezze, in Italia stiamo assistendo ad una capillare diffusione di personal computer e
di Internet. Questo fenomeno contribuisce a creare quella società dell’informazione da
molti evocata. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche possono rendere
possibile al singolo cittadino l’accesso ai servizi offerti da una pubblica amministrazione
indipendentemente dalla sua localizzazione fisica e senza le limitazioni rappresentate
dalla necessità di recarsi presso uffici pubblici negli orari previsti di apertura. In
generale, le tecnologie dell’informazione sono certamente uno strumento unico per
favorire la progressiva trasformazione degli apparati dello Stato in reali organismi al
servizio dello sviluppo e crescita della società civile.

Se le tecnologie dell’informazione sono un’opportunità unica per lo sviluppo del paese, è


altrettanto vero che la loro adozione deve essere accompagnata da una crescita culturale
e professionale degli operatori delle pubbliche amministrazioni. La tecnologia non basta.
È necessario coniugare tecnologia, risorse umane e organizzazione, strategie e
formazione secondo “miscele” appropriate. Ed è necessario guidare e monitorare i
processi di innovazione così da assicurare l’ottenimento degli effetti desiderati.

Ma come si fa a verificare che gli obiettivi di un processo di innovazione siano stati


effettivamente raggiunti? Quale è il parametro di giudizio? Ciò che oggi deve guidare il
processo decisionale di un’organizzazione è la “qualità dei servizi e dei prodotti” che
essa offre ai propri “clienti”. Ma cosa si intende per “qualità”? È possibile definire una
volta per tutte questo concetto? Come identificare e misurare i fattori di qualità rilevanti
per uno specifico processo?

3. La qualità nei processi di servizio


L’obiettivo di una qualsiasi organizzazione è soddisfare i bisogni e le aspettative per la
quale essa è stata creata. Questa dichiarazione generica di intenti può essere declinata e
concretizzata in vari modi, alla luce della missione e natura di una specifica
organizzazione. Per esempio, un’azienda commerciale avrà certamente tra i suoi obiettivi
quello di soddisfare gli interessi economici dei suoi azionisti. Un’opera di volontariato,
invece, porrà al centro della propria attività l’esigenza di realizzare quegli obiettivi
umanitari e sociali per i quali è stata creata. Negli ultimi anni, un fattore che ha assunto
un ruolo sempre più importante nelle strategie e nella vita quotidiana di molte
organizzazioni è la “qualità”. Tutti parlano di “qualità”. Tutti vogliono “qualità”. Perché
questa attenzione al concetto di qualità? Fino a qualche anno fa la parola chiave da tutti
declamata era efficienza: produrre di più a costi minori. Le esperienze degli anni 70 (in
paesi asiatici come il Giappone, ma non solo) ha chiarito che produrre di più a meno non
basta. La società è entrata in una fase che è contraddistinta da alcuni fenomeni
importanti. Il soddisfacimento dei bisogni primari del consumatore e del cittadino ha
portato alla luce nuove necessità e richieste. La competizione è oggi incentrata sulla
capacità di un bene o di un servizio di soddisfare aspettative dell’utente/consumatore
sempre più diversificate e articolate. Inoltre, la complessità dei prodotti e servizi è
cresciuta in modo impressionante. Molti prodotti oggi sul mercato, come per esempio
l’elettronica di consumo o le stesse autovetture, hanno raggiunto livelli di sofisticazione
neppure lontanamente immaginabili 20 anni fa. Lo stesso vale per i processi di servizio.

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Chi avrebbe mai potuto pensare che in meno di 3 anni si sarebbe potuto sviluppare un
fenomeno planetario come Internet e i servizi su di essa offerti? Nel corso di questi anni,
dunque, le parole chiave sono divenute aspettative dell’utenza e
diversificazione/sofisticazione dei beni e servizi. Ma per poter soddisfare bisogni sempre
più complessi attraverso beni e servizi sempre più sofisticati è necessario prevedere
processi di produzione e di servizio in grado di rispondere adeguatamente alla sfida
posta dal mercato. In questo scenario, “la qualità” dei prodotti e dei processi diviene
necessariamente il punto nodale delle strategie di molte organizzazioni che operano nella
nostra società.

La qualità ha assunto un ruolo estremamente importante anche nelle Pubbliche


Amministrazioni, il cui obiettivo è l’erogazione di servizi che soddisfino i bisogni e le
richieste dei cittadini e degli altri organismi statali. Proprio per questo motivo, i
requisiti di “qualità” assumono una valenza ancora più importante: è necessario porre
una crescente attenzione al modo attraverso il quale i servizi delle Pubbliche
Amministrazione sono offerti e al loro “livello qualitativo”.

Ma che cosa significa in concreto e con precisione “qualità” o “livello qualitativo”?


Certamente è possibile menzionare tutta una serie di requisiti generali che definiscono le
proprietà desiderabili, le “qualità” di un servizio. Per esempio, tipiche aspettative di un
utente di un servizio possono essere le seguenti:

1. Efficacia: il servizio fornisce i risultati attesi?


2. Accuratezza: con quale livello di precisione e affidabilità?
3. Efficienza: li dà in tempi accettabili?
4. Fruibilità: il servizio è facilmente fruibile?
5. …

Ma questi esempi non definiscono appieno tutte le possibili accezioni del termine
qualità. Per esempio, il gestore di un servizio potrebbe essere interessato ad altri aspetti
della “qualità del servizio” quali i seguenti:

1. Efficienza: quali sono i costi per la fornitura del servizio?


2. Fruibilità: quanti utenti e quali profili di utente riescono ad utilizzare il servizio?
3. Integrazione: posso integrare il servizio con altri per sfruttarne sinergie e
complementarità?
4. …

Si noti che in alcuni casi la stessa definizione può avere accezioni diverse per diversi
attori coinvolti nella fornitura del servizio. Per l’utente, “efficienza” può voler dire
soprattutto velocità nell’ottenere i risultati attesi (per esempio, un certificato). Per il
gestore del servizio, diventa importante la valutazione anche del costo che deve essere
sostenuto per fornire il servizio (tempo-uomo e costi di struttura addebitabili alla
produzione del certificato). Questi differenti punti di vista sono correlati ai diversi
obiettivi che ciascun attore ha nell’osservare il servizio. L’utente è interessato ad

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ottenere risultati corretti in tempi brevi. Il gestore deve tenere conto dell’economia
complessiva del processo che viene a trovarsi sotto il suo controllo e gestione.

Un’altra dimensione che deve essere considerata per comprendere il concetto di qualità è
il livello di astrazione al quale ci si pone nel studiare le “proprietà desiderabili” di un
servizio. In generale, posso definire l’efficienza di un servizio come il tempo necessario
alla ricezione dei risultati di una richiesta di servizio. Tale “metrica” di qualità può
essere declinata in modi diversi una volta considerati specifici processi di servizio. Nel
caso di un servizio di sportello è il tempo medio di interazione tra sportellista e utente.
Nel caso di un procedimento più complesso, tale durata può includere più interazioni,
anche in diverse date, tra diversi impiegati e lo stesso utente, e implica quindi modalità e
costi di misura significativamente diversi. La definizione di una qualsiasi metrica di
qualità deve essere quindi adattata e “incarnata” alla luce dello specifico contesto
considerato.

Le precedenti osservazioni dimostrano che il concetto di “qualità” non è facilmente


definibile una volta per tutte. È certamente possibile definire una serie di “qualità
generiche” desiderabili per un processo di servizio, ma è indubbio che è necessario
declinare tali definizioni generiche alla luce del punto di vista, dell’obiettivo che ci si
pone nell’osservare il processo di servizio e del contesto specifico all’interno del quale ci
si muove. Ciò richiede lo sviluppo di metodiche appropriate (come ad esempio il metodo
GQM–Goal Question Metrics) che aiutino il gestore di un processo di servizio a
scegliere di volta in volta i parametri che definiscono le caratteristiche di qualità rilevanti
per il processo considerato, le relative modalità di raccolta dei dati e i criteri per la loro
valutazione.

In sintesi, la qualità è un fattore estremamente complesso che determina e motiva il


cambiamento e l’innovazione delle organizzazioni. Ma se il “cambiare” è motivato dalla
necessità di “migliorare il livello qualitativo”, come affrontare in pratica il problema del
cambiamento? Quali sono le dimensioni che devo considerare nel “cambiare”? Secondo
quali criteri è necessario impostare e gestire il processo di cambiamento, il “ciclo
dell’innovazione”?

4. Tecnologie dell’informazione e innovazione organizzativa


Le tecnologie informatiche sono un elemento decisivo per garantire i “livelli qualitativi”
richiesti in processi di servizio comp lessi. Ma è certamente vero che nessuno di questi
“livelli qualitativi” può essere garantito dalle tecnologie informatiche di per se stesse. In
generale, un servizio è erogato da una organizzazione che utilizza “anche” le tecnologie
informatiche per automatizzare alcune fasi del processo di servizio. Per esempio, nel
processo di contenzioso tributario le tecnologie informatiche sono utilizzate per
memorizzare tutti i documenti e i dati relativi ad una pratica. Ma i sistemi di gestione
informatica dei documenti non potranno mai sostituire il giudizio del personale del
Ministero delle Finanze incaricato di istruire il caso. Per questo motivo, lo studio delle
tecnologie informatiche utilizzate in un processo di servizio deve basarsi sull’analisi

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complessiva del “sistema” attraverso il quale il servizio viene erogato. Tale “sistema”
viene detto sistema informativo (vedi Figura 1).

Organizzazione e
risorse umane

Supporta
Sistema
Utilizza
e abilita informativo

Richieste di
Servizi
servizio

Sistema informatico

Figura 1- Il sistema informativo e i processi di servizio.

Il sistema informativo ha il compito di “portare avanti” il processo di servizio. In altri


termini, è colui che “esegue” tale processo. È un sistema complesso che include una
varietà di componenti [5]:

• Risorse umane.
• Strutture organizzative.
• Procedure, regolamenti, leggi, prassi.
• Tecnologie di supporto. Esse vengono spesso denominate il sistema informatico
(telematico) a supporto del processo di servizio.

L’obiettivo di innovare un processo di servizio, di migliorarne cioè la qualità, si traduce


concretamente in una serie di azioni che vanno ad incidere sui diversi componenti del
sistema informativo. L’innovazione è efficace se tali azioni sono coordinate e finalizzate
ad aumentare la “coerenza” dell’organizzazione, sia ni ternamente che in relazione al
contesto nel quale essa si trova a operare.

Il concetto di coerenza è molto diffuso tra gli studiosi delle organizzazioni. Ecco alcuni
estratti da tipici testi di Teoria dell’Organizzazione:

“Coherence is what makes a corporation greater than the sum of its


part. … By achieving coherence, each part of the company and each
and every individual will be better able to drive purposefully toward

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a common goal that is clear, communicated, and understood by
everyone.” [6]

“A system’s overall effectiveness is determined by the extent to which


the different parts are aligned with each other. This alignment or fit
concerns the relationships between inputs and transformations,
between transformations and outputs, and among the subsystems of
the transformation process. […] The systemic perspective suggests
that diagnosis is the search for misfits among the various parts and
subsystems of an organization.” [2]

“In this book, we stress the need to optimize the performance of the
system as a whole. Both the technical and behavioural components
need attention. This means that technology must be changed and
designed in such a way as to fit organizational and individual needs.
At times, the technology may have to be “de-optimized” to
accomplish this fit. Organizations and individuals must also be
changed through training, learning, and planned organizational
change to allow technology to operate and prosper.” [5]

“The importance of context. Organizations function best when they


are appropriately matched to their environments. … The constant
change in the environment is prompting for an optimal match
between their missions and their external conditions.” [3]

Queste osservazioni e citazioni possono essere sintetizzate attraverso un concetto molto


semplice [1]: una qualsiasi iniziativa di miglioramento deve puntare a massimizzare il
livello di coerenza interna e esterna di una organizzazione. Con coerenza interna si
intende l’allineamento e la adeguatezza reciproca delle diverse componenti di una
organizzazione. Con coerenza esterna si intende l’allineamento tra l’organizzazione e “il
contesto” (ciò che viene chiamato “environment” nell’ultima citazione riportata in
precedenza) all’interno del quale essa si trova ad operare. Vediamo alcuni esempi che
illustrino in modo concreto le origini e l’articolazione di queste definizioni.

4.1. Un primo esempio: Le dichiarazioni dei redditi


Il Ministero delle Finanze dispone di un sistema informatico per la raccolta dei dati
relativi alla dichiarazioni dei redditi. Tale sistema, fino a pochi anni fa, era utilizzato
all’interno di un processo che prevedeva la consegna della dichiarazione in forma
cartacea e la successiva immissione manuale dei dati nel sistema informatico. Questo
processo era (ed è) caratterizzato da alcuni problemi legati sia alla coerenza interna che
esterna del processo.
L’immissione manuale dei dati porta a due problemi principali di incoerenza interna. In
primo luogo il tasso di errori di immissione risulta elevato e questo porta ad avere una
base dei dati di qualità limitata. In secondo luogo, i dati sulle dichiarazioni sono
disponibili all’amministrazione finanziaria con un forte ritardo che dipende dal tempo

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necessario ad immettere i dati relativi alle milioni di dichiarazioni presentate ogni anno.
La conseguenza di tutto ciò è la difficoltà di procedere in maniera efficace ad un
controllo delle dichiarazioni e una tempestivo saldo delle posizioni dei contribuenti
(rimborsi o iscrizione ai ruoli).
Dal punto di vista della coerenza esterna, come ben noto, la modulistica italiana e le
procedure in tema di dichiarazione dei redditi sono sempre risultate particolarmente
ostiche ai contribuenti. Tale complessità, peraltro diminuita nel corso degli ultimi anni,
ha avuto come conseguenza la creazione di dichiarazioni spesso erronee o carenti.
D’altro canto, le strutture del Ministero delle Finanze nel passato non sono state in grado
di fornire indicazioni precise su aspetti delicati quali il livello e il tipo di evasione
fiscale, in quanto incapaci di fornire alcune informazioni di sintesi sull’andamento e
sulle caratteristiche complessive del gettito. In sostanza, i due “clienti” principali del
processo di imposizione fiscale (i contribuenti e i responsabili del Ministero) erano (e
probabilmente lo sono ancora) insoddisfatti della “qualità” del processo
(indipendentemente da come esso viene al proprio interno svolto).
o

4.2. Un secondo esempio: Azienda per i servizi ambientali


L’azienda municipalizzata per i servizi ambientali di un comune italiano è afflitta da un
serie di carenze che ne riducono l’efficienza e che hanno portato nel corso degli anni ad
un elevato disservizio e relativa insoddisfazione da parte dell’utenza (incoerenza
esterna). Uno dei principali problemi che l’azienda deve affrontare è il rinnovamento e
potenziamento dei sistemi informativi/informatici. I sistemi esistenti, infatti, erano
caratterizzati dalla separazione delle applicazioni e delle basi di dati e la conseguente
duplicazione di informazione. La scelta strategica fatta in quest’ambito è stata quella di
puntare sull’integrazione dei sistemi informatici e delle relative basi di dati. Per esempio,
un cittadino o un’impresa fruitore dei servizi dell’azienda municipalizzata era descritto
in almeno quattro diverse basi di dati, ciascuna delle quali gestita da un diverso sistema
informatico: amministrazione, anagrafe del territorio e gestione dei tributi, gestione
operativa del servizio di raccolta, servizi speciali per la raccolta differenziata. I quattro
sottosistemi erano integrati attraverso procedure manuali di scambio e sincronizzazione
dei dati o, nel migliore dei casi, attraverso operazioni batch periodiche. L’effetto
complessivo era l’impossibilità di disporre di un base informativa congruente e
aggiornata, e quindi un’estrema difficoltà di pianificazione e controllo del servizio
offerto sul territorio. Si noti, tuttavia, che l’integrazione delle basi di dati non ha un
effetto diretto sulla “pulizia delle strade” (coerenza esterna dell’azienda). L’integrazione
delle informazioni potrà certamente essere utile a migliorare il servizio, ma la valenza di
tale operazione di integrazione è tipicamente collegata alla coerenza interna del
processo. Una reale coerenza esterna si otterrà solo quando “le strade torneranno ad
essere pulite” e i cittadini saranno di nuovo soddisfatti della “qualità del servizio”. Ciò
richiederà tutta una serie di azioni che vanno ben al di là del rinnovamento del sistema
informatico.

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I due precedenti esempi hanno messo in luce la natura dei concetti di coerenza interna e
esterna di un processo. A quanto visto è importante aggiungere due ulteriori
osservazioni:

1. La presenza di coerenza interna non implica necessariamente anche una coerenza


esterna. Per esempio, un’azienda può essere perfettamente organizzata ed attrezzata
per uno specifico mercato, ma assolutamente inadeguata per altri contesti. In un
famoso libro uscito negli anni ’80 e intitolato “In search of excellence”, Tom Peters
aveva presentato esempi di aziende che avevano raggiunto il livello dell’eccellenza
nel proprio settore. Alcuni anni dopo la pubblicazione di quel libro, molte di quelle
aziende erano fallite. In realtà, Peters non aveva completamente sbagliato la propria
analisi, ma si era purtroppo limitato a considerare solo la coerenza interna delle
aziende, trascurandone la coerenza esterna. Ed è stata l’incapacità di gestire in
maniera appropriata il rapporto con il mercato (il “contesto”) a condannare quelle
aziende.
2. Un mito che va sfatato è quello secondo il quale un alto livello di coerenza (e quindi
di maturità) richiede necessariamente l’adozione delle tecnologie più avanzate
presenti sul mercato (e viceversa). Microsoft è un esempio di azienda che pur non
utilizzando al proprio interno le migliori tecnologie per la produzione del software
ha massimizzato i propri risultati puntando al massimo livello di coerenza interna e
esterna. Uno dei famosi “Microsoft’s secrets” è la combinazione bilanciata e
coerente di tecnologie, organizzazione, cultura, gestione delle risorse umane, e
strategia di mercato. Vedremo a questo proposito un esempio dettagliato nel
successivo paragrafo.

5. Il ciclo dell’innovazione
Come deve essere organizzato e strutturato il ciclo dell’innovazione per poter perseguire
il miglioramento qualitativo in modo coerente e, quindi, efficace? Nel corso degli ultimi
tre decenni sono state proposti molti metodi e approcci che indicano come gestire il
processo di innovazione. Non è ancora del tutto chiaro o scientificamente provato in
quale misura ciascun metodo sia in grado di contribuire al successo di una iniziativa di
innovazione. Ciononostante, è indubbio che alcuni di questi metodi, descritti nella
Sezione 5 di questo capitolo, hanno effettivamente portato a miglioramenti significativi
nei processi oggetto dell’attività di
miglioramento.

1. Plan 2. Do Al di la dei diversi approcci e


paradigmi che ciascun metodo
propone, è indubbio che esiste un
schema di riferimento che
sintetizza la logica secondo la
quale gestire il ciclo
4. Act 3. Study dell’innovazione. Una significativa
formulazione dello schema di
riferimento per il ciclo
Figura 2- Il ciclo di Deming

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dell’innovazione è dovuto a W. Edwards Deming, che ha proposto il cosiddetto PDSA
cycle (Plan-Do-Study-Act) o ciclo di Deming. Tale schema, illustrato in Figura 2,
suggerisce che ogni iterazione del ciclo dell’innovazione di un processo si deve basare
sull’esecuzione di quattro passi:

1. Plan: identificazione degli obiettivi di miglioramento e delle relative azioni


necessarie per perseguirli.
2. Do: applicazione su scala ridotta delle azioni identificate nel passo precedente.
3. Study: valutazione dell’impatto.
4. Act: adozione su ampia scala.

Il ciclo di Deming è all’origine di un numero notevole di approcci al cambiamento


organizzativo. Tale approcci possono essere caratterizzati e distinti in base all’intensità
del cambiamento che essi propongono. Per intensità del cambiamento si intende il grado
di impatto che il cambiamento ha sull’organizzazione esistente. Esistono due approcci
che rappresentano situazioni estreme e paradigmatiche: Business Process Reengineering
e Kaizen.

Il Business Process Reengineering (BPR) suggerisce che il cambiamento e l’innovazione


devono essere radicali. Obiettivo del cambiamento è creare qualcosa di nuovo che non
abbia nulla in comune, almeno in linea di principio, con quanto esisteva in precedenza.
BPR vuol dire “ripensare” l’azienda in maniera globale, senza in alcun modo farsi
condizionare dall’esistente. Il BPR assume quindi una intensità di cambiamento alta. Il
Kaizen, parola giapponese che significa “miglioramento graduale”, rappresenta la
filosofia opposta. In un approccio guidato dal principio del Kaizen, l’intensità del
cambiamento è minima. L’obiettivo è far evolvere l’organizzazione senza traumi e
gradualmente.

Volendo calare questi concetti di carattere generale all’interno della problematica


specifica dell’innovazione dei sistemi informativi, è possibile identificare alcune fasi che
costituiscono un tipico modo
di strutturare il ciclo
Pianificazione
dell’innovazione (vedi
Figura 3). La Pianificazione
ha come obiettivo quello di
delineare le scadenze delle
Valutazione Analisi/Diagnosi/ attività di innovazione e di
Prescrizione stimarne le risorse di
massima necessarie alla loro
attuazione. La successiva
fase ha lo scopo di valutare
Attuazione lo stato del processo
(Analisi), diagnosticarne i
Figura 3 - Il ciclo dell'innovazione di un sistema informativo. problemi (Diagnosi) e
identificare i possibili rimedi

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(Prescrizione). In questa fase è essenziale valutare correttamente il grado di coerenza sia
interna che esterna del sistema informativo. Inoltre, si fa spesso ricorso a metodi di
Assessment e di Benchmarking per analizzare in dettaglio le prestazioni del processo e
confrontarle con quelle di soggetti simili. È anche frequente il ricorso a Studi di
fattibilità che hanno lo scopo di valutare la praticabilità e il costo di specifiche iniziative
che vengono via via proposte per affrontare i problemi identificati. La terza fase
(Attuazione) consiste nella realizzazione delle iniziative identificate nella fase di
Prescrizione. Spesso, la realizzazione di tali iniziative richiede l’acquisizione dal
mercato di tecnologie e di servizi attraverso l’attività di Procurement. La fase finale di
Valutazione si occupa di analizzare il risultato dell’attività di cambiamento e di fornire
indicazioni e direttive alla successiva iterazione del ciclo di innovazione.

Per rendere più concreti i concetti presentati in precedenza, vediamo ora un caso di
studio relativo ad una attività di innovazione di un processo di servizio di una università
italiana.

5.1. Un caso di studi o: la valutazione della didattica al Politecnico di Milano


Il Politecnico di Milano, come molte altre università sia in Italia che all’estero, ha da
tempo avviato un processo di valutazione della didattica per permettere agli studenti di
esprimere un proprio giudizio sui corsi seguiti durante l’anno. Tali giudizi sono utilizzati
dal corpo insegnante per migliorare e raffinare i propri strumenti didattici. La
valutazione viene condotta attraverso la compilazione da parte degli studenti di
questionari anonimi al termine di ogni corso. I questionari erano originariamente
compilati utilizzando le postazioni self-service messe a disposizione degli studenti per
l’emissione rapida di certificati, per l’iscrizione agli appelli d’esame e per tutte le altre
pratiche di interesse degli studenti (per esempio, presentazione dei piani di studio). Le
risposte vengono elaborate e sintetizzate in schede di valutazione inviate al singolo
docente in forma assolutamente riservata. I dati relativi ai singoli corsi sono consultabili
solo dal docente del corso, dal presidente del Consiglio di Corso di Laurea e dal Preside
di Facoltà. Vengono resi pubblici solo rapporti di sintesi che illustrano l’andamento
complessivo della didattica a livello di Corso di Laurea e Facoltà.

Quanto delineato è un processo di servizio alquanto complesso che coinvolge circa


30.000 studenti distribuiti sulle quattro Facoltà di Ingegneria del Politecnico (due a
Milano, Como e Lecco). Lo scopo di tale processo è fornire ai diversi attori coinvolti
(studenti, docenti, presidi) la possibilità di contribuire al miglioramento della didattica.
Tale processo di servizio è “eseguito” da un sistema informativo costituito dal personale
delle segreterie di Facoltà e dal sistema informatico di supporto (i terminali self-service,
il server per la raccolta e l’elaborazione dei dati e il software di elaborazione delle
informazioni). Gli utenti di tale processo di servizio sono gli studenti (gli intervistati) e i
docenti della Facoltà (coloro che ricevono i risultati dei questionari). L’intero processo è
guidato dall’Osservatorio per la Didattica, un organismo del Consiglio di Facoltà che ha
il compito di supervisionare il processo formativo.

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La raccolta dei dati iniziò qualche anno fa, ma da subito il processo non sembrò
funzionare in maniera efficace. Si noti che in questo contesto non ci stiamo occupando
dei risultati veri e propri dell’indagine (cioè della qualità della didattica), quanto
dell’efficacia e credibilità del processo di raccolta dei dati. Purtroppo, nei primi due anni
si riuscì a coinvolgere un numero molto basso di studenti. In particolare, l’Osservatorio
per la Didattica della Facoltà di Ingegneria di Como del Politecnico di Milano osservò
che su 1500 studenti presenti in Facoltà, meno del 10% compilava i questionari. In
questo modo, il significato dei risultati ottenuti veniva seriamente messo in discussione.
Infatti, è evidente che ha poco senso considerare indicazioni offerte da un numero
limitato di studenti. Come interpretare i loro commenti? Chi erano coloro che hanno
risposto? I soddisfatti o gli scontenti? Oppure una distribuzione significativa della
popolazione studentesca? L’unico modo di risolvere il problema era quello di
incrementare significativamente il numero dei partecipanti all’indagine così da poter
essere ragionevolmente sicuri dell’attendibilità e significatività dei dati raccolti. Si noti
che una situazione simile si verificava anche nelle altre Facoltà. Si noti altresì che il
problema non era legato alla scarsa qualità del sistema informatico, né ad una carenza
del personale del Politecnico addetto alla raccolta ed elaborazione dei dati. Il problema
era che i dati raccolti non potevano essere utilizzati in quanto intrinsecamente poco
significativi. L’obiettivo dell’Osservatorio per la Didattica era perciò di coinvolgere in
maniera molto più significativa gli studenti.

Per questo motivo si decise (pianificazione) di cambiare il processo di compilazione dei


questionari attraverso un’attività di innovazione di processo. L’obiettivo era quello di
coinvolgere almeno il 50% degli studenti. Tale percentuale era ritenuta sufficiente a
garantire la significatività dell’indagine conoscitiva. Il gestore di questa iniziative di
miglioramento fu l’Osservatorio per la Didattica di Como che svolse innanzi tutto svolto
un’indagine (analisi) per capire quale fosse il motivo di questa mancanza di
partecipazione degli studenti in quello che era il meccanismo principale offerto loro per
esprimere un parere sul funzionamento della didattica. Attraverso una serie di interviste,
l’Osservatorio si rese conto che gli studenti non “avevano voglia e tempo” di compilare i
questionari. Ma quale era la causa di questa disaffezione? Una prima diagnosi poteva
essere la mancanza di fiducia degli studenti nel fatto che i risultati dell’indagine
potessero avere un qualche effetto pratico. Questa poteva essere certo una spiegazione
plausibile, ma analizzando in maggior dettaglio la struttura del processo di compilazione
dei questionari e i feedback degli studenti si giunse ad una diversa conclusione
(diagnosi):

• Il numero di terminali self-service era insufficiente. Il tempo medio per la


compilazione di un questionario era di circa 15 minuti e questo portava ad avere
lunghe code ai terminali. Il sistema informatico era funzionalmente appropriato ma
incapace di gestire il carico di lavoro reale. Gli studenti non avevano il tempo per
compilare i questionari in quanto pressati dai compagni in attesa di utilizzare i
terminali self-service. Questo è un tipico caso di incoerenza interna in quanto esiste
un “mismatch” tra la struttura del processo e le risorse utilizzate per la sua
esecuzione.

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• Ma il problema ancora più critico era legato alla coerenza esterna del processo.
Per poter accedere alle funzioni del terminale self-service, gli studenti devono
inserire la propria tessera magnetica di identificazione. In questo modo, benché
fosse stato garantito che la compilazione dei questionari era assolutamente anonima,
allo studente restava il dubbio che fosse possibile in un qualche modo collegare il
proprio nominativo alle risposte fornite sul questionario. Quindi la compilazione
dei questionari al terminale non era comunque gradita agli studenti. Il processo di
raccolta dati era esternamente incoerente in quanto esisteva un “mismatch” tra le
aspettative, le abitudini e le percezioni degli studenti (uno dei principali attori ai
quali il servizio è rivolto) e la natura e struttura del servizio.

Si noti che il sistema informatico era certamente “stato dell’arte”: interfaccia Windows
su postazione dotata di touch-screen; applicazioni di facile utilizzo e affidabili;
collegamento telematico via rete TCP/IP. Quindi il problema era solo marginalmente di
carattere tecnologico. Si sarebbe certamente potuto aumentare il numero di terminali, ma
questo avrebbe comportato un costo molto alto sia in termini di investimento in nuove
postazioni che per quanto riguarda la loro manutenzione e gestione. E comunque questa
soluzione, benché avrebbe forse potuto risolvere i problemi relativi alla coerenza interna,
non avrebbe certo affrontato in alcun modo il problema di incoerenza esterna.

Per questo motivo l’Osservatorio per la Didattica di Como immaginò un cambiamento di


processo (prescrizione e attuazione) che mirava ad affrontare il problema in maniera
radicale. In particolare, il processo (e conseguentemente l’intero sistema informativo) è
stato significativamente cambiato facendo compilare agli studenti un modulo cartaceo a
lettura ottica. Tale modulo viene distribuito durante una delle ultime lezioni di ogni
corso, proprio nell’aula dove è in corso la lezione stessa. La lezione viene sospesa per
alcuni minuti e gli studenti compilano il modulo senza in alcun modo indicare le proprie
generalità. La compilazione consiste nell’annerire i quadratini corrispondenti alle
risposte prescelte. I moduli vengono poi raccolti dal personale di segreteria che provvede
ad immettere i dati nel sistema di raccolta e analisi dei dati utilizzando i lettori ottici.

In questo modo si sono ottenuti i seguenti risultati (valutazione):

5. La “perdita di tempo” per gli studenti si è ridotta drasticamente ai pochi minuti


dedicati durante la lezione alla compilazione dei questionari (in contemporanea per
tutti gli studenti e senza creare code!).
6. Gli studenti sono sicuri del fatto che non esiste alcun modo per correlare i loro nomi
alle risposte fornite.
7. Dal punto di vista economico, si sono risparmiati gli investimenti in nuove
postazioni, che tra l’altro sarebbero state per la maggior parte dell’anno scarsamente
utilizzate.

In conclusione, già a partire dal primo anno di attuazione di questa nuova procedura di
raccolta dei dati il numero di studenti coinvolti è salito ad oltre il 60%. Certamente va
notato che la popolazione degli studenti che compilano il questionario è adesso diversa.

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In precedenza, il questionario veniva compilato all’atto dell’iscrizione all’esame, mentre
ora è compilato da coloro che frequentano il corso. Quindi nella nuova modalità non
sono coinvolti gli studenti che non frequentano. Ma è anche vero che se uno studente
non frequenta non può certo fornire indicazioni significative sulla qualità della didattica.
E comunque l’aumento della partecipazione è un fatto così significativo da compensare
ampiamente anche l’eventuale polarizzazione nei risultati ottenuti con il nuovo processo.

Dal punto di vista dell’intensità del cambiamento, l’approccio seguito in questo caso è
tipico del Business Process Reengineering. La scelta fatta, infatti, cambia la logica del
processo e addirittura riduce il peso delle tecnologie informatiche. L’altra ipotesi
discussa in precedenza e basata sull’aumento del numero di terminali self-service si
sarebbe invece potuta qualificare come un miglioramento incrementale (kaizen), in
quanto il processo sarebbe rimasto pressoché invariato. L’unica variazione sarebbe stata
l’incremento delle risorse informatiche messe a disposizione del processo.

In generale, questo caso di studio mostra come il miglioramento di un processo di


servizio dipende in maniera organica dal miglioramento delle diverse componenti del
sistema informativo e non del solo sistema informatico. Anzi, in questo caso si è di fatto
depotenziato il sistema informatico (non si utilizzano più le applicazioni interattive sui
terminali self-service) a favore di una soluzione complessivamente più coerente con gli
obiettivi del processo: coinvolgere un alto numero di studenti nel processo di valutazione
della didattica.

6. Gli standard e le normative di riferimento


I metodi e gli approcci oggi disponibili per guidare le attività proprie del ciclo
dell’innovazione possono essere raggruppate in due macro-categorie: modelli di maturità
(o di qualità) e metodi di miglioramento.

8. Modelli di maturità: definiscono il profilo ideale di una processo attraverso


l’insieme minimo di requisiti che il processo deve soddisfare per poter essere
qualificato. Tipici esempi di modelli di maturità sono lo standard ISO 9000, il
Capability Maturity Model e il Malcolm Baldrige Award [7].
6. Metodi di miglioramento: definiscono la strategia secondo la quale il ciclo
dell’innovazione deve essere gestito e condotto. Esempi di metodi di miglioramento
sono TQM (Total Quality Management) e il già citato BPR [2].

Modello di maturità e metodo di miglioramento sono concetti in linea di principio


ortogonali. Un modello di maturità non implica necessariamente anche un metodo di
miglioramento. Analogamente, un metodo di miglioramento può o meno basarsi su uno
o più modelli di maturità. In realtà, la letteratura in materia è a volte poco chiara, in
quanto spesso si assume implicitamente che un modello di maturità sottenda o determini
direttamente un metodo di miglioramento. Per meglio comprendere questa distinzione,
nel seguito verranno brevemente introdotti alcuni esempi di modelli di maturità e metodi
di miglioramento.

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6.1. Modelli di maturità
Il modello di maturità forse più famoso è certamente la famiglia di standard ISO9000.
Tali standard definiscono le caratteristiche del sistema di qualità di una generica azienda
che produce beni o servizi. ISO 9000 si articola in una serie di documenti specializzati
per i diversi tipologie di aziende (ISO 9001, ISO 9002 e ISO 9003). Inoltre esistono una
serie di guide per l’applicazione dello standard in diverse tipologie di mercato (per
esempio ISO 9000-3 per la produzione del software). In generale, gli standard ISO 9000
coprono aspetti legati alla coerenza interna e, parzialmente, esterna.

Un secondo modello di maturità molto conosciuto è il Malcolm Baldrige Award (MBA),


un premio istituito negli Stati Uniti per promuovere il miglioramento qualitativo delle
aziende. Tale premio si basa sulla valutazione delle caratteristiche di una azienda. In
particolare esiste un griglia di valutazione che identifica le caratteristiche rilevanti di
un’azienda e, implicitamente, ne definisce la maturità. Il MBA copre sia gli aspetti legati
alla coerenza interna che esterna dell’organizzazione.

CMM ISO 9000 MBA


Sviluppo del
Applicabilità Generale Generale
software
Standard No Si No
Organizzazione
A stadi “Piatto” “Piatto”
del modello
Interna
Interna e esterna Internal and
Coerenza (solo per aspetti
(parzialmente) external
ingegneristici)
Tabella 1 - Modelli di maturità.

Un modello molto conosciuto nel settore dell’Ingegneria del Software è il Capability


Maturity Model del Software Engineering Institute. Tale modello definisce il profilo di
maturità di una azienda produttrice di software. La sua applicabilità è quindi limitata ad
uno specifico settore di mercato. Inoltre, il modello considera solo la coerenza degli
aspetti ingegneristici del processo di sviluppo del software Copre quindi, e solo
parzialmente, la coerenza interna dell’organizzazione. Un aspetto caratteristico del
CMM è il fatto di essere organizzato per livelli. Il modello definisce 5 profili di maturità
crescente, indicando implicitamente anche una strategia molto generale di miglioramento
che si basa sull’introduzione di quelle pratiche che permettono ad un’azienda di
muoversi da un livello di maturità al successivo.

6.2. Metodi di miglioramento


Il panorama dei metodi di miglioramento è molto vasto, in quanto esistono un notevole
numero di approcci proposti nel corso degli ultimi anni. Alcuni di essi sono
esplicitamente basati su uno specifico modello di maturità. Vediamone alcuni esempi
particolarmente significativi.

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Due approcci piuttosto famosi sono TQM e BPR. Total Quality Management (TQM) è
un’approccio sviluppato nel corso degli anni ’70 per aumentare la qualità di beni e
servizi. L’idea di fondo è che la qualità non può essere semplicemente assicurata al
termine di un processo ma deve essere “costruita” in ogni fase relativa alla concezione,
produzione, erogazione di un bene o servizio. Tale approccio è divenuto famoso in
Giappone ma ha origini nel lavoro di studiosi quali Deming e Juran. TQM assume di
fatto una logica di tipo kaizen, in cui si favorisce un miglioramento continuo e graduale
di un processo. Il Business Process Reengineering (BPR), già discusso in precedenza,
assume un approccio sostanzialmente opposto a quello del TQM e orientato al
cambiamento radicale dell’organizzazione. Sia TQM che BPR non assumono un
modello di maturità esplicito. BPR è maggiormente orientato alle fasi di analisi, diagnosi
e prescrizione.

Due metodi di miglioramento che invece si basano su un modello di maturità specifico


sono SPICE e SEI CBA-IPI. SPICE è un progetto i cui risultati sono divenuti uno
standard dell’ISO relativo al miglioramento dei processi di sviluppo del software (ISO
15504). Il metodo si basa sostanzialmente su un modello di maturità derivato dalla
combinazione di CMM e ISO 9000. Il metodo assume un approccio che è
tendenzialmente di tipo kaizen, in quanto suggerisce una serie di livelli simili a quelli del
CMM. SEI CBA-IPI è un metodo di analisi/diagnosi sviluppato dal SEI sulla base del
CMM. Il metodo è orientato a facilitare le attività di analisi e diagnosi di processi di
sviluppo del software condotte direttamente dall’azienda (CBA-IPI sta appunto per
“CMM-Based Appraisal –Internal Process Improvement”). La logica del CBA-IPI à
strettamente derivata da quella del CMM.

SPICE
SEI CBA-IPI BPR TQM
ISO 15504
Sviluppo del Sviluppo del
Applicabilità Generale Generale
software software
Standard Si No No No
Basati su un Si Si
No No
modello (CMM e ISO 9000) (CMM)
Ciclo Analisi, Diagnosi Ciclo
Copertura Solo analisi
dell’innovazione e Prescrizione dell’innovazione
Tabella 2 - Metodi di miglioramento.

6.3. Un’osservazione finale


Questa veloce panoramica dei modelli di maturità e dei metodi di miglioramento
suggerisce una riflessione importante. Nel settore delle tecnologie dell’informazione si
tende a privilegiare l’insieme degli aspetti tecnologici e ingegneristici di un processo di
miglioramento. Questo fatto è abbastanza evidente se si guarda a come sono stati
strutturati i metodi e i modelli relativi all’ingegneria del software. Essi sono
sostanzialmente basati sulla valutazione della coerenza interna degli aspetti
ingegneristici di una organizzazione. Questa polarizzazione è assai diffusa e tende
appunto a identificare l’innovazione di processo con la semplice innovazione

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tecnologica. Se si considerano altri modelli e metodi quali MBA e TQM ci si accorge
che le tecnologie dell’informazione, per quanto fattore certamente importante, sono
sempre viste nell’ambito del contesto ampio dell’organizzazione e delle sue strategie
complessive.

7. Riferimenti
[1] M. Bolognani. Metodi e tecniche di supporto alla valutazione nelle
amministrazioni pubbliche. In Sviluppo e Organizzazione, CRORA –
Università Bocconi (Milano),Vol. 163, Settembre-Ottobre 1997.

[2] T.G. Cummings, C.G. Worley. Organization Development & Change, 6th
Edition. South-Western College Publishing, Cincinnati (Ohio), 1997.

[3] D. Druckman, J.E. Singer, and H. Van Cott, eds. Enhancing organizational
performance. Fourth Report of the Committee on techniques for the
enhancement of human performance, National Research Council. National
Academy Press, Washington D.C., 1997.

[4] G.R. Jones. Organizational Theory, 2nd Edition. Addison-Wesley Publishing


Company, 1998.

[5] K.C. Laudon, and J.P. Laudon. Management Information Systems, 5th Edition.
Prentice Hall, 1998.

[6] B. Pasternack and A.J. Viscio. The centerless corporation. Simon & Schuster,
New York (NY), 1998.

[7] M.O. Tingey. Comparing ISO 9000, Malcolm Baldridge, and the SEI CMM for
Software. Prentice Hall PTR, 1996.

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