Sei sulla pagina 1di 13

Progettare è facile quando si sa come si fa (Bruno Munari)

DISPENSA n. 5

PROGETTAZIONE, PROGRAMMAZIONE E MANAGEMENT

LA PROGETTAZIONE E L'AMBIENTE

La funzione di progettazione all’interno delle istituzioni culturali si trasforma con l’evolversi


del progresso tecnologico e il rilievo riconosciuto a musei, gallerie, festival, percorsi
letterari, cinema, performing arts, industrie creative: dunque anche ad attività
che non rappresentano in sé un bene culturale, ma che dalla cultura traggono
linfa creativa e competitività. Al riguardo l’Italia possiede un primato legato non solo
alla produzione artistica e al patrimonio storico del Paese ma anche alla capacità
delle sue istituzioni di trasmettere cultura.

SISTEMA SOCIO-CULTURALE-AMBIENTALE

Il complesso dei processi di progettazione delle istituzioni culturali e delle organizzazioni


connesse ai vari livelli territoriali identifica il sistema socio-culturale-ambientale di
riferimento. Questo possiede oggi una dimensione che aspira ad essere globale.
Ai vari livelli, il ciclo produzione-consumo riveste particolare interesse per qualunque
progettista, poiché quanto egli elabora deve essere compatibile con i processi di produzione
e distribuzione.
Egli agisce rivolto ad un mercato e pertanto a varie categorie di destinatari; se questi non
accettano quel tipo di prodotto, il progettista ha fallito il suo scopo. E’ suo compito rendere
agevole la produzione, assicurare la disponibilità delle risorse, e ridurre gli scarti. Il prodotto
deve anche incontrare il consenso del distributore: i relativi costi possiedono un’incidenza
considerevole sul prezzo del prodotto. Il prodotto deve essere facilmente conservabile, e di
aspetto attraente. Il progettista è così costretto a considerare da subito i molteplici punti di
vista che lo concernono con i relativi condizionamenti, e a sintetizzare tutte le esigenze in un
piano coerente.

CICLO PRODUZIONE-CONSUMO

Occorre tenere conto del flusso dei fattori nel ciclo produzione-consumo e della loro
trasformazione (trasmigrazione del valore) in prodotti.
A questo fenomeno partecipa anche il processo di distribuzione, accompagnato da un
aumento del valore per l’esito del trasferimento dei beni e servizi in termini spaziali e
temporali.
Nell’epoca attuale la raccolta, l'organizzazione, l'aggiornamento, l'immagazzinamento e
successivamente anche il recupero dell’invenduto rappresentano compiti vasti e impegnativi.

1
IL PROGRAMMA DI PROGETTAZIONE

Ogni programma di progettazione (design project) ha una propria storia particolare. Ciò
nonostante, quando un programma viene iniziato e sviluppato, si dispiega una serie di eventi
in ordine successivo, la quale determina uno schema (pattern) che, nelle sue linee generali,
coinvolge tutti i programmi.

Un programma è infatti caratterizzato da una serie di fasi principali che si manifestano in


successione.

FASE I: STUDIO DELLA FATTIBILITÀ

La progettazione ha inizio con uno studio della fattibilità; lo scopo è ottenere un insieme di
soluzioni utilizzabili dato il tipo di progetto. Ogni progetto esprime in sé una novità, ma
talvolta i progettisti vengono destinati a un programma la cui idea fondamentale è già
conosciuta.

FASE II: PROGETTO PRELIMINARE

La fase del progetto preliminare prende l'avvio dal gruppo di soluzioni utilizzabili elaborate
nello studio di fattibilità. Suo scopo è stabilire quale delle alternative proposte sia la migliore.
Si immagina che l’operatore possa tornare indietro ogni volta che lo desidera ridando
confidenza al passo precedente, fino a raggiungere i passi successivi in veste di passi di
sintesi. In altre parole, l'operatore sarà guidato dalle sue metafore creative che si spostano
continuamente avanti e indietro per dare fiducia a un passo precedente in base alla sua
intuizione durante l'intero processo di progettazione.

Successivamente, vengono intrapresi degli studi predittivi, orientati a configurare le


modalità secondo cui le diverse soluzioni si porranno nel tempo.

FASE III: IL PROGETTO ESECUTIVO

La fase della progettazione particolareggiata parte dall'idea elaborata nel progetto


preliminare. Il suo scopo è quello di fornire la descrizione tecnica di un progetto collaudato e
producibile.
Avendo in mente l'idea ed avendo a portata di mano le informazioni sintetiche preliminari,
viene effettuata una sintesi generale, di carattere provvisorio, elaborata in forma di schema
generale (master layout). Sulla base di questo si costruiscono modelli sperimentali per
controllare e scartare le idee non adatte e si esegue un controllo definitivo su base analitica.
Le componenti, i prototipi parziali, e infine i prototipi completi, vengono collaudati a mano a
mano che ciò si renda necessario. Le informazioni ottenute forniscono una base per la
2
riprogettazione e il perfezionamento nei tempi avvenire.

FASE IV: PROGRAMMAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE

La fase della programmazione del processo di produzione comprende molti passi, la cui
forma ed i cui particolari varieranno a seconda del tipo di attività.
Le informazioni sono generalmente esposte in un diagramma del processo produttivo o
foglio di lavoro (process sheet) per ogni parte dell’assemblaggio.

BENI CULTURALI E AZIENDA MUSEALE

La progettazione, del genere di quella descritta, nel territorio dei beni culturali implica la
consapevolezza della sua essenzialità per il futuro e richiama l'intervento di strutture
appropriate e competenti al fine di costruire un processo di pianificazione ad alto profilo
riguardante gli obiettivi da raggiungere in termini di sviluppo, ricerca di base e creatività e
questo nel breve come nel lungo termine.

Un simile processo dovrebbe essere differenziato in base alle dimensioni e all'importanza


strategica dei progetti e dei relativi investimenti nei settori pubblico e privato e declinato
con forza vincolante diversa in relazione a tale circostanza.

L’individuazione di metodologie progettuali nel territorio dei beni culturali è essenziale per
aiutare i manager delle relative istituzioni a comprendere la portata dei progetti, la loro
sostenibilità, la possibilità di conseguire i risultati con risorse umane e finanziarie adeguate,
con tecniche appropriate, nella forma corrispondente alla funzione e alla destinazione dei
beni e patrimoni già esistenti.

Vanno introdotti quattro requisiti strutturali non sempre presenti nelle esperienze
conosciute, specialmente nell’ambito della pubblica amministrazione:

a) la competenza del decisore in materia di beni culturali;

b) la presenza di itinerari creativi e innovativi indispensabili (dispositivi essenziali) per


caratterizzare il processo di progettazione;

c) la capacità di confronto con passate esperienze al fine di individuare i cambiamenti di


metodo introdotti;

d) la capacità di confronto con le passate modalità di investimento e finanziamento.

Nell’azienda museo

Tradizionalmente, il museo rappresenta il luogo dell’esposizione e della conservazione dei


beni culturali dove, quindi, l'integrità loro nel tempo è essenziale. Emergono le funzioni di
custodia e di esposizione, di restauro e di didattica, grazie alle quali il museo raggiunge la sua

3
economicità e ciò anche con riguardo agli anni avvenire per la lievitazione dei valori delle
opere. A queste funzioni caratteristiche (oggi innovative), sono state aggiunte anche la
funzione di sviluppo degli investimenti, la funzione di marketing, la funzione amministrativa.
E sono proprio queste ultime funzioni quelle che maggiormente colgono gli aspetti di
governance museale.

BUDGETING

Nella transizione dalla progettazione alla programmazione di breve come di lungo termine
le scelte di progetto debbono mettere in luce le risorse disponibili e dunque individuare
finanziamenti ed investimenti che si traducono in entrate ed uscite future di beni e sevizi con
connesse espressioni monetarie. Il capital budgeting di lungo periodo ed il budgeting di
breve periodo (detto operativo) sono tra loro connessi: fungono da stima e da controllo su
operazioni future.

Assumono forme e dimensioni diverse, in base ai metodi operativi, alla portata e alla
complessità di un'azienda. Il capital budget è orientato sugli investimenti per nuovi progetti
i quali spesso richiedono finanziamenti speciali; i budget di breve periodo sono diretti alla
programmazione e al controllo nel corso di un periodo amministrativo. I budget operativi
possono essere suddivisi ulteriormente in budget delle vendite, pubblicità e marketing,
produzione e manodopera, innovazioni. Il budget di cassa mira a pianificare e controllare gli
incassi e gli esborsi. Possono sussistere anche budget short-term per scopi speciali, come
quelli elaborati per una singola commessa.

I budget di capitale e quelli operativi possono anche essere di tipo flessibile. Un budget
flessibile richiede un'attenta separazione dei costi aziendali e del progetto in fissi, semifissi
e variabili.

Le operazioni di budgeting mirano a realizzare una combinazione di efficienza ed efficacia


capace di valutare la percezione che i consumatori hanno del servizio offerto e di dare
rilevanza ai fattori qualitativi minimizzando i costi delle risorse impiegate tenendo presente
la qualità dei risultati: “spending less” e “spending well” ovvero economicità ed efficienza; e
“spending wisely” ovvero efficacia dei risultati ottenuti.

VALORE, RESPONSABILITA’ E MANAGEMENT

Creazione del valore economico, secondo il modello degli “stakeholders” non significa solo
la massimizzazione del ritorno dell’investimento degli azionisti, degli obbligazionisti e dello
Stato ma anche la soddisfazione economica degli altri gruppi aventi interessi “economici”,
come i clienti, i fornitori, i concorrenti, ecc.

E’ essenziale dimostrare la corretta gestione dei fondi attraverso report periodici al fine di
verificare nel continuo l’accountability, cioè l’assunzione di piena responsabilità della
4
gestione da parte dei responsabili rendendo conto dell’uso di risorse e di fondi ricevuti.

Al momento attuale all’interno dei siti museali più accreditati si propone di stimolare
l’interesse su una duplice riflessione:
1. da una parte riconoscendo l’importanza e monitorando le tecniche di avvicinamento alle
valutazioni dell’utenza cercando di rilevare l’impatto prodotto a livello collettivo dalla
quantità e qualità dei servizi della cultura: Invero il rapporto con l’utenza è essenziale (ad
esempio un museo che operi con una limitata utenza è destinato prima o poi a chiudere);

2. dall’altro (così ICOM Italia) proponendo di avviare una nuova epoca di valorizzazione dei
musei orientato su una utilizzazione all’interno dell’azienda-museo di competenze
manageriali formatisi presso le imprese.

Sul piano del management si riconosce che esperti formatisi in settori differenti dal territorio
dei beni culturali potrebbero offrire idee e strumenti nuovi. Seppure non basti introdurre
professionisti del mondo profit per rinnovare i musei, è innegabile che nel contesto attuale
collocare dei for profit manager alla guida di taluni musei costituirebbe un primo segnale di
cambiamento. Verrebbero impostati e attuati dei piani di sviluppo con visioni differenti,
successivamente mediati e combinati con la professionalità e le competenze di cui i
tradizionali professionisti dei musei sono ampiamente in possesso.

Assai utile sarebbe perfezionare i rapporti con il MiBACT per rendere “reale” la figura
del manager museale (vale a dire, prevedere che tra le professionalità museali ci siano anche
posizioni amministrative per le quali venga espressamente richiesta una laurea in
“management culturale”). Ciò consentirebbe di introdurre nei settori di costo primari e
strumentali visioni ed azioni generatrici del successo economico dando vita ad una vera e
propria catena del valore, riuscendo a distinguere quello realizzato (in termini di risultati
tangibili ed esprimibili quantitativamente), quello percepito (in termini di risultati
immateriali); quello diffuso (in termini di ricchezza socio culturale complessivamente
prodotta).

APPLICAZIONE: PROGETTAZIONE, RESPONSABILITÀ, VALUTAZIONE, PENSARE CREATIVO

Proponiamo di applicare, in ogni area omogenea di cultural heritage, la metodologia,


descritta molti anni fa da Bruno Munari nel libro "Da cosa nasce cosa", ed. Laterza 1983, e
che l'autore - con il suo solito "linguaggio diretto ed efficace" - definisce come ... la
progettazione e la produzione del "piatto di riso" (piatto di riso verde con i suoi ingredienti).
La sua idea è stata discussa in varie sedi ma soprattutto è stata evidenziata e valorizzata nella
storica mostra "L'arte di tutti, la regola e il caso" organizzata nel 1997 a Trieste dal Gruppo
Immagine presso il Castello ed il Museo di Miramare.

5
Per interpretare "Piatto di riso" potrebbe essere importante un altro contributo storico di
Bruno Munari: vedi "Design e comunicazione visiva", ed. Laterza 1983, pag. 358 e segg.
insieme a un saggio di Asimow (Morris Asimow, Introduzione al design, Prentice-Hall 1962)
sui principi della creatività e del design. Morris Asimow descrive gli elementi caratterizzanti
il design (identificazione e formulazione). Si tratta non solo di sviluppare una sequenza logica
di passaggi, ma di collocare - nel contesto dell'analisi dei dati (parte centrale del piatto) - la
questione fondamentale della creatività (la manifestazione del pensiero metaforico).

Ecco le componenti essenziali di quanto illustrato da Bruno Munari

BASIC MODEL FOR PLANNING: THE LOGIC OF DISH RICE (CREATIVE DESIGN)

PROBLEM (milestones)
DEFINING THE PROBLEM
COMPONENTS OF THE PROBLEM
DATA GATHERING
DATA ANALYSIS
CREATIVENESS
MATERIALS AND TECHNOLOGY
EXPERIMENTATION

 recovering action
6
 exploring variations
 testing limits
 changing perspectives
 modifying dimensions
 transforming organization
 looking for analogies
 challenging habits

MODELS GREEN RICE


STRUCTURES OBTAINED
ORGANIC DRAWINGS
SOLUTION Green rice with spinach for four people Rice, spinach, meat, onion, oil, salt,
pepper, broth Is there any other person who has already done? How he did it? What can I
learn from that person?
How do I put it all together in the proper way?

Which rice? Which pot? Which fire?

Tests. Tastings. CHECK UP


CONSTRUCTION DRAWINGS SOLUTIONS
Final sample Good, is fine for four
GREEN RICE, SERVED ON HOT PLATE

CREATIVITÀ (misurabile): 1. Ritrovare l'azione; 2. Esplorare le variazioni; 3. Misurare i limiti;


4. Modificare i punti di vista; 5. Cambiare le dimensioni; 6. Trasformare l’organizzazione; 7.
Ricercare le analogie; 8. Spiazzare le abitudini. (Vedi, Gruppo Immagine, Quaderno n. 2 ed.
Lint, Trieste: contributo di Alberto Munari, Appunti metodologici per i laboratori "Giocare con
l'Arte").

Applichiamo i princìpi metodologici di cui sopra con brevi limitati esempi alle problematiche
che possono intervenire nella gestione di un’azienda, compresa l’azienda museale, in dati
momenti in cui occorre prefigurare la relazione tra la situazione esistente ed una dinamica
di cambiamento. L’allievo potrà agevolmente generalizzare quanto si dirà proponendo altri
esempi.

1. RITROVARE L’AZIONE

A. Un’applicazione aziendale del principio “Ritrovare l’azione” potrebbe ipotizzarsi nel


campo delle strategie d’investimento in cui i responsabili ricorressero a fonti di
finanziamento più agili e più convenienti delle fonti sino al momento sperimentate. Ad
esempio potrebbero decidere, avendone l’opportunità, di trasformare la massa di debiti a
7
breve termine in debiti a medio/lungo termine; oppure potrebbero per l’avvenire decidere
di limitarsi a ricercare contributi pubblici a fondo perduto senza richiedere prestiti alle
banche operando con minori risorse ma con maggiore serenità (nei due casi immaginati
accrescendo lo slancio e la fiducia nell’attività).
B. Anche il migliorare l’organizzazione assumendo soggetti competenti nei settori chiave
capaci di guidare verso sentieri virtuosi potrebbe permettere nuovi impulsi con l’esito di
ritrovare l’azione. Nell’azienda museale, ad esempio, l’acquisizione di manager d’impresa
potrebbe potenziare i sistemi di produzione di servizi museali e di marketing ed altresì fornire
delle metodologie di misurazione e valutazione delle dinamiche economiche in termini di
fonti e impieghi; in particolare potrebbe condurre all’introduzione dell’analisi dei flussi di
cassa, con nuove opportunità non trascurabili.

2. ESPLORARE LE VARIAZIONI
Nel caso citato al precedente punto A (ricerca di nuove configurazioni e condizioni di debito)
l’applicazione del principio “Esplorare le variazioni” si declinerebbe ricercando le possibili
soluzioni in termini di redditività e di qualità della stessa immaginando di sperimentare via
via differenti rapporti tra fondi propri e debiti (ad es. 100% di fondi propri e 0% di debiti;
80% di fondi propri e 20% di debiti; 50% di fondi propri e 50% di debiti, e così via). I
responsabili dovrebbero così scegliere la soluzione da loro considerata la più adatta alla luce
del trade/off rischio rendimento conseguente.

3. MISURARE I LIMITI
Un’applicazione inerente le problematiche aziendali del principio “Misurare i limiti” potrebbe
essere quella in cui i responsabili dell’attività considerata, descritta al punto precedente,
fossero invitati a valutare che cosa comporterebbe la decisione di ridurre drasticamente i
fondi propri riducendo la provvista di capitale esclusivamente a quella rappresentata dal
capitale di terzi (debiti), con esclusione di capitali propri apportati. In questo caso non
soltanto vi sarebbero esiti negativi in termini di redditività ma i responsabili dell’azienda
gradualmente perderebbero il controllo della stessa. Questa di fatto passerebbe nelle mani
dei finanziatori creditori.

4. MODIFICARE I PUNTI DI VISTA


Proprio perché ci sono diversi livelli di interpretazione e orientamenti nelle scelte possono
emergere più soluzioni. Non si possono formulare regole o criteri generali, poiché il numero
e la differenziazione dei livelli di interpretazione e di convinzione dipendono ovviamente
dalla posizione assunta dai responsabili aziendali. Anche qui le innovazioni della funzione di
produzione, le politiche d’investimento, la politica dei dividendi, l’interpretazione del grado
di maturità del settore di appartenenza, ecc. possono comportare più soluzioni accettabili. A
volte basta semplicemente offrire l'opportunità di osservare le azioni della concorrenza per
iniziare un nuovo percorso di produzione e/o commerciale e per innescare il desiderio di
esplorare il mercato da molti punti di vista diversi.

8
5. CAMBIARE LE DIMENSIONI
Normalmente i modelli manageriali cominciano con la ricerca della missione e della visione
dell’organizzazione. Sembra, però, che all’inizio sia necessario porsi domande ancor più
elementari:
Qual è il contesto globale della nostra azienda?
In che direzione va l’ambiente sociale del quale fa parte?
Per affrontare il tema delle dimensioni occorre chiedersi qual è l’identità (ontologica) e qual
è il ruolo fondamentale che l’azienda gioca rispetto al mondo esterno.
Bisogna prendere coscienza del fatto che la società di oggi è una “società di organizzazioni”,
nella quale le aziende sono i principali agenti del cambiamento. Solo con questa
autocoscienza si potrà decidere in merito alla dimensione riconoscibile alla propria attività.
Il punto chiave consiste nel fatto che al centro dell’interesse vi sono tutti i gruppi con i quali
l’azienda si rapporta. Nel contesto della lettura relazionale/sociale, questo non basta più.
L’azienda/organizzazione non determina se stessa, ma è determinata da “fuori”, dalle
aspettative (visioni) dei suoi partner. La somma delle aspettative, necessità, desideri,
pregiudizi, ecc. degli stakeholder definisce la visione e la ragion d’essere dell’azienda, cioè la
sua missione. Attualmente, non si tratta di evitare la complessità, ma di “accoglierla” perché
solo in essa è possibile trovare soluzioni profonde e nuove a problemi spesso mascherati e
confusi.

6. TRASFORMARE L’ORGANIZZAZIONE

Normalmente la complessità aziendale è sempre stata un “problema”, che si è cercato di


ridurre il più possibile attraverso il principio esclusivo della gerarchizzazione.

Ciò che prevale oggi è prevalentemente un modello organizzativo divisionale o gerarchico


: solo una minoranza delle aziende adotta un’organizzazione del lavoro più circolare e
partecipata. Tuttavia si ritiene necessario un cambiamento fondato sull’organizzazione
partecipata: per ora è un trend solo potenziale, non ancora pienamente preso in
considerazione, ma che inizia a determinare la traiettoria da intraprendere. Si tratta di
un nuovo modello organizzativo aziendale in cui si superano le rigide gerarchie a favore
di strutture più circolari e partecipate.

Un numero limitato di aziende ha iniziato concretamente a muoversi in questa direzione, ma


molte hanno dichiarato di conoscere o essere interessate a utilizzare un modello circolare
solo in futuro, mentre in quasi un’impresa su due sono nati processi partecipativi circolari
spontanei e strutturati con spazi fisici e sperimentazioni dedicate a queste iniziative.

In effetti non si tratta di evitare la complessità, ma di “accoglierla” perché solo in essa è


possibile trovare soluzioni profonde e nuove a problemi spesso mascherati e confusi.

Nelle organizzazioni culturali e nella realtà museale va poi segnalato il feedback e cioè
l’insieme di informazioni che si danno ai collaboratori per aiutarli a realizzare gli obiettivi
individuali, i quali discendono direttamente da quelli istituzionali. Si discutono i fattori o gli

9
elementi che caratterizzano il lavoro posto in essere, al fine di mettere in grado il destinatario
di programmare e gestire al meglio i suoi compiti.

7. RICERCARE LE ANALOGIE
La conoscenza produce innovazione. L’innovazione produce valore.
E’ stato introdotto il concetto di conoscenza generativa, che da luogo a nuove idee (nuove
visioni del mondo, nuovi significati e linguaggi, nuove soluzioni operative) dunque ad idee
originali, diverse da quelle preesistenti, attraverso le quali si riesce diminuire i costi o ad
aumentare le utilità generate dalla filiera produttiva (Enzo Rullani, SINERGIE-SIMA
CONFERENCE 2018 Strategie di trasformazione e nuovi modelli per la creazione di valore 14-
15 giugno 2018 ).
Da ciò deriva l’allargamento del bacino di produzione, riproduzione, utilizzo, non di rado con
incorporazione in nuove procedure (conoscenza replicativa, codificata, meccanizzata,
trasformata in un programma di software o in un algoritmo).
Occorre investire tempo, denaro e attenzione nella trasformazione del lavoro esecutivo
(conoscenza replicabile, facilmente trasferibile) in lavoro intelligente (conoscenza
generativa, non trasferibile). Rullani cit. ibidem.

8. SPIAZZARE LE ABITUDINI

L’azienda è, tecnicamente, un processo in comunione. Le decisioni assunte devono


possedere tre caratteristiche:
1) non possono essere compiute senza il concorso di più soggetti e ciò implica che tutti siano
consapevoli di ciò che fanno;
2) ogni soggetto mantiene la propria identità e la propria responsabilità;
3) le relazioni intersoggettive debbono portare ad una qualche unificazione degli sforzi: ogni
partecipante all’azione comune deve mirare a far convergere i propri sforzi verso un
qualche obiettivo.

Dette caratteristiche distinguono l’azione comune dall’azione collettiva, nella quale viene
meno il principio di responsabilità individuale, dal momento che il singolo scompare.

Quanto descritto spiazza continuamente le abitudini sia dei manager che dei dipendenti in
quanto l’impegno dentro l’azienda può essere esercitato in due modi: a) nei mezzi; b) nei fini.
Nel primo caso, si estremizza la logica contrattuale ed il rapporto di lavoro si riversa sulle
funzioni, fissate con criteri analitici; nel secondo, emerge la responsabilità congiunta
dell’azienda verso i dipendenti e dei dipendenti verso l’azienda.

Orbene, non c’è alcun dubbio che si debba privilegiare un rapporto fondato sui fini.

Se quando la comunanza è nei mezzi, il problema posto dai dipendenti è, fondamentalmente,

10
quello della coordinazione, quando la comunanza è nei fini, il coordinamento non basta più.
Quel che in più ci vuole è la cooperazione. E questa per i suoi connotati di continuo
adattamento spiazza inevitabilmente le abitudini. Va riconosciuto che nel quadro della
cooperazione tra impresa e lavoro, la comunanza dei fini può consentire livelli più elevati di
efficienza.

ELEMENTI DI STRUTTURA ORGANIZZATIVA

La struttura organizzativa individua i rapporti di dipendenza formale tra dipendenti e manager,


compresi il numero di livelli gerarchici e l’articolazione di controllo di manager e supervisori.

L’organizzazione, quale sistema nervoso della società, deve fornire un flusso di informazioni
sia verticale sia orizzontale per raggiungere gli obiettivi generali del management.
I collegamenti verticali sono progettati principalmente per il controllo, i collegamenti
orizzontali per l’attività operativa.
Le aziende possono scegliere se orientarsi verso una organizzazione che enfatizza la
comunicazione e il controllo verticali oppure verso la c.d. learning organization, che enfatizza
il coordinamento orizzontale.

La maggiore sfida per gli imprenditori è quella di attrarre e conservare lavoratori qualificati. Si
può ottenere tale risultato soltanto grazie all’applicazione di tecniche efficaci e allo sviluppo
di un attivo rapporto reciproco.
In tale contesto, una serie di misure adeguate potrebbero comprendere l’istruzione e la
formazione del personale lungo tutto l’arco della vita, la sua responsabilizzazione, un
miglioramento del circuito d’informazione nell’impresa, un migliore equilibrio tra lavoro,
famiglia e tempo libero, una maggiore diversità delle risorse umane, l’applicazione del
principio di uguaglianza per le retribuzioni e le prospettive delle carriere femminili, la
partecipazione alla distribuzione del reddito aziendale e la presa in considerazione della
capacità d’inserimento professionale e della sicurezza sul posto di lavoro.
L’attuazione dei princìpi di responsabilità sociale richiede un impegno reciproco. Il dialogo
sociale con i rappresentanti del personale, il principale meccanismo per definire i rapporti tra
aziende e dipendenti, svolge, quindi, un ruolo cruciale nel quadro più ampio dell’adozione di
prassi socialmente responsabili. Inoltre, dal momento che le questioni relative alla
responsabilità sociale delle imprese presentano molteplici aspetti e sono collegate alla quasi
totalità delle attività, i rappresentanti del personale devono essere lungamente consultati
sulle politiche, sui programmi e sulle misure previsti. Il dialogo sociale deve essere esteso alle
questioni e agli strumenti volti a migliorare le prestazioni sociali e ambientali dell’azienda
grazie ad una sensibilizzazione della direzione e dei dipendenti, a programmi di formazione, di
orientamento della stessa nel settore sociale o a quello della protezione dell’ambiente e a
sistemi di gestione strategica che integrino considerazioni economiche, sociali ed ecologiche.
Efficienza economica e solidarietà non sono in opposizione tra loro. Nell’Economia di oggi che

11
cerca di uscire dalla crisi, l’efficienza economica e le dimensioni della solidarietà si rafforzano
a vicenda.

La struttura organizzativa che esprime un dato numero di rapporti gerarchici e nel contempo
indica le modalità del controllo dell’organizzazione si sintetizza come segue:

Raggruppamento funzionale: organizza i dipendenti che svolgono funzioni o processi simili o


che concentrano conoscenze e capacità analoghe.
Raggruppamento divisionale: organizza i dipendenti sulla base delle loro aree di destinazione
produttiva.
Raggruppamento circolare: l’organizzazione mira all’esclusione dei rapporti tra soggetti aventi
competenze diverse riguardo alla messa a punto dei progetti.
Raggruppamento orizzontale: organizzare i dipendenti intorno ai processi di lavoro
fondamentali, ai lavori contigui e ai flussi di informazioni e materiali che creano direttamente
valore per i clienti.

In ogni caso la struttura organizzativa mira ad assicurare la comunicazione efficace tra le unità
organizzative e la spiegazione del mismatch tra obiettivi e risultati.

La struttura organizzativa è espressa attraverso rappresentazioni visive di un intero sistema di


attività e processi fondamentali dell’organizzazione.

L’organigramma mostra le varie parti di un’organizzazione, il modo in cui sono collegate e


come ogni posizione e unità convergano nell’insieme.

In ogni caso le unità organizzative sono create al fine di svolgere compiti considerati
strategicamente importanti per l’azienda.

Si tratta di definire il modo in cui tali attività e unità debbano inserirsi all’interno della
gerarchia organizzativa. Le relazioni di reporting vengono rappresentate in un organigramma
da linee verticali.

12
13

Potrebbero piacerti anche