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Classicismo PDF
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2.1 La forma-sonata
Per "forma-sonata" si intende la forma tipica del primo movimento di una sonata (anche se spesso a
questa forma sono riconducibili anche altri movimenti). La forma- sonata diventò, nel periodo classico,
un modello compositivo che superò i confini della sonata propriamente detta, e investì praticamente
tutte le forme di musica strumentale (e non solo) dell'epoca. In forma-sonata venivano scritte non solo
tutte le sonate solistiche o per più strumenti, ma anche la musica da camera come i quartetti, la musica
orchestrale come le sinfonie e le ouvertures, e perfino la musica sacra (come il Kyrie della
Harmoniemesse di Haydn). La descrizione corrente della forma-sonata si venne codificando verso la
terza decade del XIX secolo, quindi in epoca successiva allo stile classico; prima di parlarne è
opportuno inquadrarla storicamente.
Sonata. Pezzo strumentale [che consiste] di due, tre o quattro successivi movimenti di diverso carattere, che
possiede una o più parti melodiche, con un solo esecutore per parte [cioè le parti non sono raddoppiate]. Secondo
il numero della parti melodiche, o concertanti, che ha, si parla di sonata à solo, à due, à tre, ecc. [...]
Chiaramente non esiste altra forma di musica strumentale che offra migliori opportunità della sonata per la
pittura di sentimenti senza l'aiuto della parole. [...] Attraverso la sonata il compositore può sperare di produrre un
monologo attraverso accenti di melanconia, di dolore, di tristezza, di tenerezza, o di contentezza o gioia; o di
sostenere un dialogo pieno di espressione solo attraverso accenti appassionati di simile o diverso carattere; o
semplicemente di dipingere emozioni violente, impetuose e contrastanti, o leggere, soavi, fluenti e dilettevoli.
Schulz, come più avanti dichiara, sta qui descrivendo lo stile Empfindsam di Carl Philipp Emanuel
Bach, cioè di un compositore del periodo che oggi si definisce pre-classico, ma non più barocco.
L'accento sulle qualità espressive della sonata, e del suo essere simile all'eloquio, ritorna anche in
descrizioni successive, quali quella di Türk (1789) che restringe il campo della sonata soprattutto allo
strumento a tastiera. La più dettagliata descrizione coeva della sonata è quella che il teorico tedesco
Heinrich Christoph Koch dedica alla struttura del primo movimento di una sinfonia (ma che per
ammissione dello stesso Koch si riferisce anche alla sonata) e si trova nel terzo volume del suo trattato
Versuch einer Anleitung zur Komposition [Saggio di una introduzione alla composizione] (1793). Dopo
aver stabilito la successione dei movimenti come veloce-lento-veloce, Koch afferma che l'Allegro
iniziale è in due sezioni che possono avere come non avere i ritornelli. La prima sezione (che nella
terminologia ottocentesca sarà chiamata esposizione) contiene l'idea principale nella sua forma
originale e conduce alla cadenza nella nuova tonalità. In questa tonalità «il tema sonoro e impetuoso
lascia il passo ad un tema più cantabile, generalmente eseguito con minor forza». Questa «seconda e
più ampia metà di questa prima sezione», che contiene anche un terzo elemento melodico, è nella
tonalità secondaria. Nella seconda sezione (che corrisponde a quello che nella terminologia
ottocentesca è lo "sviluppo") alcuni temi, o anche un solo tema, della prima sezione sono riaffermati in
forma originale, trasposta, o modificata, e danno luogo a modulazioni nelle tonalità vicine o remote dal
tono principale. La sezione conclusiva riafferma il predominio della tonalità principale, conclude Koch,
e «inizia molto spesso col tema principale, anche se a volte con altre idee melodiche». L'Allegro ora
termina con la seconda metà dell'esposizione nella stessa tonalità della prima.
Se confrontata con la rigidità normativa della descrizione accademica ottocentesca della sonata, la
descrizione di Koch colpisce per la sua flessibilità e per la maggior importanza che attribuisce al
contrasto tonale rispetto al contrasto tematico. Tuttavia, l'allusione di Koch a un contrasto tematico tra
le due aree tonali della prima sezione fu ripresa da teorici successivi fino ad arrivare alla visione tardo
ottocentesca, totalmente tematica, della forma-sonata. Va rilevato, tuttavia, che è esistita una tradizione
teorica e critica, prevalentemente appartenente all'area della Germania del nord, che negava valore
artistico a sinfonie o sonate basate sul contrasto tematico: a questa tradizione apparteneva il
drammaturgo Lessing che, attorno al 1768, scriveva che «Una sinfonia che esprime differenti e
contradditorie passioni attraverso temi differenti è un'atrocità musicale; in una sinfonia una sola
passione deve prevalere». Si può etichettare questa tradizione come passatista e legata all'antica teoria
degli affetti barocca; ma tuttavia va tenuto presente che la concezione della sonata e delle forme
correlate presentava, nei trattatisti e critici coevi, una stupefacente diversità.
Di particolare interesse è la descrizione della sonata data da Francesco Galeazzi nel suo trattato
Elementi teorico-pratici di musica (Roma, 1791 e 1976), in cui l'aspetto del contrasto tematico è
subordinato alla "condotta", cioè all'organico sviluppo del pezzo teso a raggiungere un "crescere
d'effetto" attraverso tutta la composizione.
Nei programmi delle accademie pubbliche a pagamento, invece, le sonate, salvo qualche eccezione,
non compaiono prima del 1830 (mentre precedentemente abbondano i quartetti e le sinfonie).
Se confrontiamo un pezzo di musica tardo barocca, per esempio il primo movimento, Fantasia, della
Partita III in la minore di Johann Sebastian Bach con un pezzo di musica del periodo classico, ad
esempio il primo movimento della Sonata il fa maggiore, K. 323, di Mozart ci accorgiamo che, nel
tempo trascorso tra un pezzo e l'altro, è intervenuto un immenso cambiamento di stile, di gusto, di
estetica. Ogni battuta della Fantasia di Bach, dall'inizio fino alla fine, è dominata dallo scorrere
incessante delle semicrome: quando tacciono in una voce, vengono immancabilmente prese dall'altra in
modo che la successione di semicrome non conosca interruzioni. Non esistono unità tematiche definite,
nel senso di frasi caratterizzate da profili melodici, da modelli ritmici, da formule o tipi di
accompagnamento distinti e peculiari: tutto il pezzo è basato sulla continua trasformazione di due
motivi accoppiati fin dall'inizio, il disegno di semicrome e il disegno di crome, che si susseguono al
basso e al canto, senza che nessuno dei due prevalga sull'altro. Un'unica idea, un unico sentimento,
governa il pezzo dall'inizio alla fine: è l'estetica barocca dall'unità d'affetto, la Affektenlehre, che
vedeva nell'unità, e non nel contrasto, il fine da perseguire. Nella sonata di Mozart, al contrario, il
disegno musicale varia continuamente. All'inizio (bb. 1-4) Mozart imposta una melodia nella mano
destra accompagnata da un accompagnamento del tipo del basso albertino nella sinistra. Ma già alla
quinta battuta questo disegno si interrompe, e alla mano destra compare un nuovo disegno che, dopo
due battute, viene ripreso dalla sinistra in imitazione e porta ad una cadenza conclusiva già a batt. 12.
Quello che segue è un evento completamente nuovo: su un improvviso scarto di registro entra una
piccola, amabile, fanfara di corni, seguita da una nuova cadenza, e poi da un drammatico colpo di
scena: una musica impetuosa e violenta, piena di gestualità teatrali, che si interrompe bruscamente con
una scala discendente. Tanti eventi, tanti contrasti nel breve spazio di poche battute, nell'estetica
dell'Affektenlehre avrebbero suscitato orrore in ogni buon intenditore di musica: ma solo pochi decenni
dopo, sono considerati desiderabili e soddisfacenti. Per capire questo rovesciamento di prospettive
stilistiche ed estetiche è opportuno considerare due stili intermedi che, anche se non hanno prodotto
capolavori paragonabili a quelli dello stile barocco e del pieno stile classico, hanno contribuito a
formare il nuovo ambiente stilistico e, almeno in un caso, quello di Carl Philipp Emanuel Bach, hanno
prodotto musica di prim'ordine: lo stile galante e lo stile empfindsam.
4.2.2. Un esempio di sinfonia di Haydn: La sinfonia in sol maggiore, Hob. 1:94 "La sorpresa"
La più famosa di tutte le sinfonie di Haydn si apre con una memorabile introduzione. Il carattere pastorale
dell'Adagio cantabile è sottolineato dagli strumenti ad ancia doppia, due oboi e due fagotti, a cui rispondono gli
archi. Il movimento sinuoso dei bassi inizia l'oscuramento progressivo del senso tonale: il cromatismo, prima
limitato ai bassi, coinvolge progressivamente tutte le altre parti fino ad attestarsi sull'accordo di dominante.
L'incertezza tonale rimane anche dopo l'attacco del tema del Vivace assai eseguito piano dai violini, e viene
risolta con lo scattante tutti che stabilizza la tonalità martellando per 49 volte la tonica sol nei bassi. Il tema,
breve e tonalmente instabile, ha bisogno di essere equilibrato da una lunga sezione di tutti che ora però deve
iniziare la transizione al tono della dominante. Questa avviene attraverso l'inattesa ricomparsa del tema iniziale
in tonalità incerta ma che alla fine si dirige con decisione verso il tono d'arrivo dove compare un gruppo di due
temi distinti. Il primo è un tema di carattere ritmico; il secondo è una sorta di "riverenza" chiuso da una musette.
Due temi sono sufficienti per consolidare il tono della dominante e di conseguenza la coda è molto breve. La
peculiarità più notevole dello sviluppo è l'allusione, due battute prima della ripresa, al passo cromatico
dell'introduzione, con le note ribattute che legano questa estrema sezione dello sviluppo alla ripresa. La ripresa
passa direttamente dal primo gruppo tematico al primo dei due secondi temi, e vi è intercalata una notevole
sezione che sviluppa in modo imitativo il primo tema: quasi che Haydn avesse ritenuto insufficiente lo sviluppo.
L'Andante esemplifica molto bene l'arte di Haydn di celare sotto una ostentata semplicità soluzioni formali
sempre nuove ed originali. Il tema delle variazioni è una specie di canzoncina infantile, che Tovey definiva di
«ochesca solennità»; al termine della replica della prima parte c'è la "sorpresa", l'accordo di dominante
fortissimo che, come scrisse Haydn, «avrebbe fatto gridare le signore» (e che nella prima versione mancava). La
prima variazione si apre con la "sorpresa" (che ovviamente non è mai dove uno l’ aspetta) e la variazione
consiste in un semplicissimo contrappunto dei violini primi e a tratti del flauto sopra il tema eseguito da violini
secondi e viole. La seconda variazione, in modo minore, nella prima parte segue da vicino il tema, ma se ne
discosta alquanto nella seconda parte, con l'introduzione di un nuovo elemento, le scale sovrapposte al tema. Il
ritorno al maggiore, preceduto da una curva melodica dei violini primi, avviene con la terza variazione anch'essa
suddivisa nettamente in due parti. La quarta variazione è una marcia accompagnata dalle sorprendenti strappate
in sincope degli archi più gravi ed è interrotta da un richiamo (piano e dolce) a un passaggio del primo
movimento; la variazione termina su un accordo di settima diminuita carico di attesa, attesa che Haydn premia
con la sorpresa più bella di tutto il movimento: una coda piena di poesia e di mistero che illumina
retrospettivamente l'apparente semplicità di queste variazioni. Il Menuetto è uno dei più veloci minuetti che
Haydn abbia mai scritto, tuttavia l'effetto non è quello del valzer, ma piuttosto quello di una pesante danza
rustica. Il Trio presenta una situazione orchestrale tipicamente haydniana, il fagotto che raddoppia i violini
all'ottava ed è costruito esclusivamente a partire dal motivo della seconda parte del minuetto. Il Finale Allegro
molto è uno splendido esempio di rondò-sonata bitematico, uno dei migliori esempi di questa particolare forma
ibrida che nello stile classico maturo sostituisce il rondò semplice. Il primo tema, e ritornello del rondò, è una
perfetta forma chiusa A-B-A. La sezione di transizione (il primo episodio del rondò) dispiega una scintillante
virtuosità dei violini, ma anche un lavoro imitativo tra viole e bassi. La sezione di sviluppo si apre con la
semplice ricomparsa del tema del ritornello che presto lascia il posto a una gara di agilità e di imitazione tra gli
archi basata sui motivi della transizione. Verso la fine dello sviluppo Haydn gioca un doppio scherzo agli
ascoltatori. Il primo è che lo sviluppo finisce con un chiaro richiamo alle prime note del tema principale, ma in
una tonalità sbagliata; il violino ripete l'attacco per quattro volte prima di trovare le note giuste per iniziare la
ripresa. Il secondo scherzo è che quella che inizia non è la ripresa, ma una falsa ripresa, tant'è vero che dopo aver
appena accennato al tema lo sviluppo continua sempre più concitato, fino alla ripresa vera. Questa volta
possiamo ascoltare il tema del rondò nella sua interezza, seguito immediatamente dal secondo tema. Il finale è
dunque avviato verso la conclusione, ma prima Haydn ci riserva un'altra sorpresa: una coda basata su un
lunghissimo rullo del timpano sulla tonica sol che a un certo punto non è più tonica perché la tonalità vira
improvvisamente a mi bemolle, e mentre il timpano continua a rullare il suo sol i bassi prendono un
“dissonantissimo” la bemolle (il passo fu prudentemente cassato nelle edizioni ottocentesche).
Il maestro, sebbene fosse piazzato nel mezzo di questo flusso di musica, non sentiva assolutamente nulla e non si
accorse neppure degli applausi del pubblico alla fine della sua grande opera, ma continuava a stare in piedi
girando la schiena al pubblico e battendo il tempo, finché la signorina Unger, che aveva cantato la parte del
contralto, lo girò, o meglio lo indusse a rivolgere la faccia alla gente che stava ancora battendo le mani e
manifestando la più grande contentezza. Al suo girarsi il pubblico si rese immediatamente conto della sua
infermità, e questo agì come una scossa elettrica sui presenti, suscitando una vulcanica esplosione di simpatia e
di ammirazione che sembrava non dovesse finire mai».
5. Il concerto
Mentre la sinfonia fu, si può dire, interamente plasmata dai compositori dell'era classica e pre-classica,
il concerto classico, ancora nella seconda metà del Settecento non aveva una sua forma definita, e
anche dopo, nel periodo della sua piena fioritura, non si liberò mai dell'eredità barocca. Questo dipese
dal fatto che, nel periodo barocco, la sinfonia era un genere nuovo e dalla forma troppo poco definita
per costituire un modello, mentre il concerto aveva raggiunto un alto grado di definizione e di
popolarità.
Elementi essenziali del concerto barocco, infatti, quali lo schema a ritornello, sopravvivono anche nei
concerti di Mozart. Il principio organizzatore della forma sonata, dunque, influenzò solo in parte il
concerto, che restò sempre relativamente autonomo rispetto alle altre forme strumentali, quali la
sinfonia, la sonata o il quartetto. Il nuovo stile classico influenzò certamente il concerto, ma non tanto
per l'aspetto formale, quanto per il principio del contrasto tematico e della simmetria fraseologica.
Rispetto al concerto barocco in concerto classico presenta queste differenze:
1. maggiore definizione tematica. Lo stile classico, rispetto a quello barocco, offre al compositore la
possibilità di modificare istantaneamente la scrittura musicale in tutte le sue componenti, permettendo
cosi di creare aree tematiche estremamente differenziale e individualizzate. Queste potenzialità furono
utilizzate per distinguere tematicamente sezioni diverse all'interno del tutti (sezioni dove suona
l'orchestra), e per differenziare tematicamente le sezioni di solo (sezioni dove suona un solista
accompagnato dall'orchestra) da quelle del tutti.
2. Unificazione della forma. Il concerto barocco, basato sull'alternanza di tutti e solo, non possedeva
quell'unità coordinata di tensione armonica e tematica che caratterizza le forme classiche mature. Nel
concerto classico questa unità tardò ad arrivare, ma verso la fine del Settecento i compositori avevano
realizzato un tipo di concerto in cui la struttura a ritornelli era coordinata in un ampio e unitario arco
formale.
T-S-T-S-T-S-T
L'influenza della forma sonata fece assumere al primo ritornello, verso la fine del Settecento, un ruolo
sempre più importante, simile a quello dell'esposizione nella sonata. Il primo ritornello, cioè, veniva ad
assumere la funzione dell'esposizione dell'intero patrimonio tematico, compreso il contrasto tonale tra il
primo gruppo, nella tonica, e il secondo gruppo, nella dominante. Ciò comportava un grave problema.
Il contrasto tematico e tonale della sonata e dei generi affini aveva lo scopo di introdurre un elemento
drammatico in un genere musicale, come la sonata o la sinfonia, dove regnava una sostanziale
uniformità. Ma nel concerto esiste già un principio di contrasto e di dramma tra il solo e il tutti, e
un'esposizione come quella della sonata in questo contesto avrebbe comportato il rischio di indebolire
il contrasto principale, quello tra tutti e solo, ad un elemento secondario. In sostanza, un'esposizione
sonatistica avrebbe danneggiato l'effetto dell'entrata del solista. La soluzione che venne poi adottata da
Mozart in quasi tutti i suoi concerti fu quella di ampliare il tutti iniziale, fino a fargli assumere le
dimensioni di un'esposizione, ma di sopprimere la modulazione alla dominante e di mantenere tutti
temi presentati nella tonalità della tonica, riservando così l'area della dominante al solo: i due elementi
drammatici sono così coordinati.
6. La musica da camera
Quello che si è detto sulla funzione sociale a proposito della sonata vale in gran parte anche per la
musica da camera, cioè per la musica destinata all'esecuzione da parte di un piccolo gruppo di esecutori
e che esclude l'idea di raddoppio (cioè che una parte possa essere suonata da più di un esecutore). La
sonata, infatti, è un genere solistico ma è anche un genere cameristico: non soltanto perché sono sempre
state composte sonate per due strumenti (prima, durante e dopo il periodo classico), ma anche perché,
nel Settecento, la distinzione tra sonata per sola tastiera e sonata per più strumenti era molto
evanescente. Un genere molto di moda, infatti, era la sonata per tastiera con accompagnamento ad
libitum di un violino (talora due) e, talvolta, anche di un violoncello: musica che era possibile eseguire,
dunque, in una certa varietà di combinazioni strumentali. Le combinazioni strumentali nella musica da
camera, tuttavia, andarono stabilizzandosi nella seconda metà del Settecento, fino a configurare generi
rimasti classici: la sonata per pianoforte e violino (più raramente un altro strumento ad arco o a fiato), il
trio con pianoforte, il quartetto con pianoforte (più raro del trio), il quartetto d'archi e il quintetto d'archi
(in due versioni: con due viole o con due violoncelli). Naturalmente molte altre combinazioni erano
praticate oltre a quelle sopra indicate, specialmente le combinazioni di pianoforte con strumenti a fiato
(in particolare il quintetto) o combinazioni particolari di pianoforte con strumenti ad arco e a fiato, o il
quartetto o quintetto con archi e uno strumento a fiato con carattere di solista. I gruppi strumentali di
più di cinque strumenti, come il sestetto, il settimino, l'ottetto, e oltre, svolgevano di solito una funzione
diversa da quella della musica da camera vera e propria: erano destinati spesso a funzioni celebrative o
encomiastiche, come omaggi in occasione di nascite o matrimoni, e quindi appartengono più al genere
della musica di trattenimento, come la serenata, il divertimento o la cassazione.
6. Il quartetto d'archi
Il quartetto d'archi è il più importante dei complessi di musica da camera nati dopo il periodo barocco,
e una delle forme più emblematiche del periodo classico. Musica per ensemble di quattro archi senza
basso continuo era stata occasionalmente composta anche prima del periodo classico, come le Sonate a
quattro senza cembalo di Alessandro Scarlatti, ma si trattava di musica più vicina al genere orchestrale
che alla musica da camera, e che non escludeva per principio il raddoppio.
Il "vero" quartetto d'archi, tuttavia, ha poco a che vedere con questi lontani precedenti. La sua nascita è
piuttosto legata all'ambiente del salotto della nobiltà cittadina intellettuale e riformatrice,
profondamente permeata di spirito illuminista. Quest'ambiente fu il fruitore e il destinatario del
quartetto d'archi, il più intellettuale e dotto fra i generi di musica da camera. Le quattro parti
strumentali del quartetto (due violini, viola e violoncello) costituivano, per i suoi cultori, il parallelo
"moderno" delle quattro voci (soprano, contralto, tenore e basso) della polifonia classica, della quale
costituivano dunque la prosecuzione ideale, ereditandone la nobiltà e il prestigio.