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Proprietà letteraria.
GIULIA GONZAGA
CONTESSA Di FONDI
BOLOGNA
DITTA i\ICOLA ZANICHELLI
(Cesare e Giacomo Zanichelli)
1896
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1 1 1974
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INDICE
Dedica Pag.
Prefazione >
II
III
IV
V
La Corte di Giulia a Fondi - Ippolito de' Medici.
VI
VII
Ritratti di Oiulia.
Vili
IX
Letterati in Napoli.
La Riforma in Italia.
XI
Le Donne e la Riforma.
XII
Giulia e Valdes.
XIII
XIV
XV
Tittoria Colonna, il Card. Polo e le conferenze di Titerbo.
fatti sotto Paolo III, Paolo IV e Pio V - Sua morte > 329
INDICE VII
XVI
XVII
XVIII
XIX
Carteggio di Oiiilia.
- a Luigi Davila ;
- all'Imperatore Carlo V - a M.' Giovanni... -
;
IL RICORDO
SOAVE INCANCELLABILE
15 fi-ennaio 1893.
XII GIULIA GONZAGA
PRHFAZIONK XV
Bruto Amante
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Giulia Gonzaga - I Feudi di Fondi e di Traetto.
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CAPITOLO I 3
esso SìgJ si allegra cum V. IH. S. et senza fine in sua buona gratia
molto si raccomanda
Francesco Gonzaga
(^) L' avo materno di Livia vuoisi che fosse della stessa famiglia
fondana, alla quale apparteneva il pretore fondano Aufidio Lusco, q\iel
vanitoso il quale, scambiando Fondi per Roma, indossava le insegne
riservate al pretore di Roma, il che ad Orazio, che traversava Fondi
per recarsi a Brindisi, fece fare le grasse risa:
soldati del quale riportarono una piccola vittoria contro i Sabiniani fra
Terracina e Fondi presso il lago omonimo.
:
CAPITOLO I 19
Q-) V. gli Statuti di Fondi, editi per cura di Errico Amante, Sena-
tore del Regno. Oltre questo lavoro a stampa, mio padre lasciò due
grossi volumi manoscritti di appunti e documenti sopra Fondi, mate-
riale che io da rari anni ho procurato di rendere anche più completo.
20 GIULIA GONZAGA
VVARONIANVS PIFC
Alcuni le interpretarono così: « Valerius Varonia-
nus Ponti fex Isiclis faciendiim curavii ». Il Natarianni
invece ritenne che proprio la collina, a cavaliere di detta
villa, chiamata la casa delle Monache, fosse una villa di
Amico carissimo.
Avendo tutto l' imiìeg-no acciò vi facciate onore con il Sig. Cano-
nico Finto, nel ritorno, che farà, portatelo ne' luoghi seguenti :
lungo Tito Livio nel libro 8'^, cap. 17, E questo VUruvio è differen-
tissimo dallo scrittore d' architettura.
2.° Portatelo inoltre a Casa delle monache e ditegli esser
quella la villa del dottissimo J/. Terenzio Varroiie, scrittore il più cele-
bre tra' latini e uomo pratichissimo, oltre U resto, d' agricoltura. E di-
teg-li inoltre che è molto probabile che ivi avesse scritto i suoi libri
de re rustica, poiché i requisiti che dice abbia da avere una villa nel
M. llpio F. Aed.
latini : — ditegli che il Lago è l' antico Lacus Arnyclanus, detto dalla
distrutta città di Amicle antichissima, ivi vicina, di cui ancora si veg-
gono gli avanzi. — E cosi lo tratterrete con piacere jior qualche tempo ».
E Marziale:
nouien ab urbis Laconiae, Tyntari Regia, in qua nati snnt Castor et Poi-
lux. Alia est in Italia, Inter Terracinam et Fundos, in paludibus a La",o-
26 GIULIA GONZAGA
Brunswich.
Nel 1378 moriva Gregorio XI che, come scrive il
Muratori, « aveva atteso a risarcire la chiesa di Roma,
divenuta nido di gufi ,
perchè abbandonata per più di
settant' anni da' cardinali che, immersi nelle delizie di
Provenza, niun pensiero si mettevano de' loro titoli e tutto
pag-. 38.
,
CAPITOLO I 3:^
36 GIULIA GONZAGA
di Giovanni Pelles'rino.
42 GIULIA GONZAGA
CAPlTOlj) II 45
molte ne arsero. —
— Quelle che ne' muri erano dipinte vilipesero e stra-
pazzarono in altre diverse e indegne maniere. Andarono
nelle sagrestie de' religiosi e tolsero le vesti di quelli
abbigliandosi, e con que' vasi ed altro che a' sacrifici e
può raccontare ».
aveva mai giovato a' suoi interessi, ed era stata una delle
non ultime cause, per le quali egli non aveva potuto
opporre una gagliarda resistenza alle truppe borboniche.
Il Gonzaga compì varie missioni affidategli dal papa,
Isabella.
Poco sappiamo della vita di \'espasiano dopo la presa
Duca di Ferrara:
.... u Un capitaneo de fanti di N. S. nominato niesser Geor^io col-
legranno da Mantu[al dependente da questi S.""' da Gonzaga, il quale è
stato a Paleano in fauore del S."" [A]luise da Gonzaga et hora era tornato
a Roma con la compagnia, fa manda[toJ a cliiamare da S. S.^* et hiersera
in arriuando lo fece detenere, la causa anc[hora] non se intende.... »
grafia lasciataci dall' Affò. (') Giunto a Roma, ebbe dal papa
l'incarico d'impadronirsi d'Ancona colla scusa d'impedire
che questa potesse essere conquistata da' Turchi ; e l'impresa
fu da lui condotta a buon porto, valendosi pure del con-
corso di Monsignore della Barba, che poi restò al governo
della città.
Poco dopo il papa e Giulia avevano bisogno dell'opera
di Luigi contro Napoleone Orsini, uno de' Baroni piti irre-
quieti che allora dessero noia al pontefice ed infestassero
la campagna romana. Clemente VII una volta era riuscito
a farlo prendere e rinchiudere a Castel Sant' Angelo. Ma
trascorsero pochi mesi e lo stesso papa, per 1' entrata a
Roma delle truppe del Borbone, dovè rifugiarsi a Castel
Sant' Angelo e dividere la sorte col suo prigioniero ! Lì
pare si accordassero. Liberato il papa. Napoleone si diede
a scorazzare la campagna romana, uccidendo spagnuoli e
tedeschi e depredando ad Ostia i loro navigli. Ma presto
mutò volontà verso il pontefice che assoldò il conte Dolce
della Corvara e Sforza Monaldi, sotto la guida del fratello
Girolamo Orsini, per far assediare il Castello di Vicovaro,
ceduto a Girolamo e ripreso poi da Napoleone. In quelle
scorrerie Rodomonte, come si è visto, dovette anche difen-
dere e difese con successo le proprietà di Giulia.
62 GIULIA GONZAGA
cercato a' miei giorni molti paesi si nel Levante come nel
Ponente, né mi ù occorso di vedere il più difforme di
costui, ne' vi è parte alcuna del corpo suo che imperfet-
tamente formata non sia: egli è sordo benché sia più ricco
d'orecchie d'un asino, è mezzo losco, piccolo di statura:
ha le labbra di etiopo, il naso schiacciato, le mani storte
ed é di colore di cenere, oltre che porta sempre Saturno
nella fronte » (Libro primo de Cataloghi) (').
terezza della Gonzaga 1' esistenza di chi 1' aveva veduta ignuda. Que-
sta fradizloiìe vive iit Lenola, dove mi fu additato anche il famoso tra-
di Fondi -
Gaiìdolfo Portano, Segretario di (riuh'i - Ricordi sulla Corte
Uiui dedica del Falco a (riulia - Madrigali di Margherita Pelletta
Tizzoni spediti a Criitlia 2)er uiezzo del Bandello - Uiia dedica del
gli onori : ma. senza essa, ogni amore, ogni giuoco, o^ni
onore vi sarii molesto: la vita senza la sanità non è che
una morte viva ». In un'altra lettera, inviatagli il 25 mag-
gio 1543, il Tolomei insiste: « questa vita, senza la sanitii
CAI'ITOI.O V Ni
" Libro, fatica mia, tal quale ognun vede, fatta jjer coloro, die
leggendo o scrivendo prendono diletto. Trapasserai il regno e prima
anderai a quella terra littorana, d'un bel sicuro porto che inlin a qui
ritenne il nome dela sua cara nutrice (M. ora per sua somma grazia
commutato in lui altro della sua patrona, e senora saggia valorosa e
bella, donna Giulia di Gonzaga ch'ivi signoreggia, overo a l'undi, in
cui Ella ogni grazia infonde, destinata dal cielo tra d)ie belli e nobili
paesi, che per lei di miglio in miglio s'abbelliscon, o per testimonio
a coloro, clie da quel di Roma vengono in (jnesta nostra jìarte di
napoletane, o per certezza a' nostri che in Roma vanno dela pudicizia
e castità d' altre Giulie, Porzie e Lucrezie romane. Prima riverente
e 'nchino a' suoi casti e belli piedi, baciandole la bella e bianca mano,
dille, gentil signora e bella, da voi io vegno meco recando un gran
contesto ordinato di parole per rassomigliarlo al vostro ordinatissimo
de virtudi, che tra li contini ameni e graziosi del bel viso vostro chiaro
appare, per cui d' ora in oi'a ingentilite, umilmente vi prego (perche
82 GIULIA GONZAGA
colto e pratico del viver delle corti : fu consigliere dell' imperatore Mas-
similiano e a volta a volta suo governatore ad Asti, oratore al re d' In-
ghilterra e capitano a Trieste. Imperialisti tenaci, nel 1515, alla calata
de' Francesi i Tizzoni, cacciati dai loro possedimenti, dovettero chie-
dere ospitalità agli amici conti Valperga di JSIasino ed a mala pena
nel 1524 poterono ritornare a Desana con un caro ospite, il Muzio. Ma
per brevissimo tempo, che un' altra venuta de' Francesi li costrinse a
fuggir di bel nuovo. Il vecchio conte Lodovico riparò anche questa
volta, insieme col Muzio, a Masino e quindi a Valperga, dove rimase
finché la battaglia di Pavia non venne a torlo d'ogni angustia ».
loro un poco di sospetto, che per troppo amore che loro si porta, o
per acquistare la loro grazia non si passi alquanto il termine della
verità. Ma se una giudiziosa donna, come voi siete, loda un' altra
donna, che sospetto si può avere che ella non dica la nuda e aperta
verità? Voi (siami lecito così dire, parlando il vero e ciò che tutto il
signora Giulia. Questa sarà ben vera e sincera lode, ove punto di sospetta
non si può da Momo stesso trovare, conoscendosi che solamente k;
verità v' lia mosso a così di lei cantare. Felice dunque la signora Giulia
che si nobile cantatrice delle sue virtù ha ritrovato (^) ».
(^) « I sei primi libri (ìeW Eneide di Virgilio, tradotti a più illustri
e onorate donne et tra altre a la nobilissima divina madonna Amalia
Tolomei de Borghesi, a cui è anche indirizzato tutto il presente vo-
lume. MDXXXX. »
N. B. Il 1" libro è tradotto da Aless. Sansedoni; — il 2" da Ip-
polito De' Medici, in Vinegia per Nicolò d' Aristotile detto Zopino con
l'anno di X." S. MDXXXX; — il 3° da Bernardino Borghesi; — il 4"
da Bart. Carlipicolomini ; — il 5° da Aldobrando Senese: — il r>" d;i
Alessandro Piccolomini.
(-) La seguente tavola chiarirà meglio la paternità d'Ippolito ed
i suoi rapporti con casa Medici.
Pietro 4- 1469
della sua ahilitii nel dimenticare tutto, quando ciò ^11 t: le-
tutta Italia. »
Quale fosse allora la società romana galante è facile
imaginare, ricordando che alla Imperia nel dominio dei
cuori era succeduta, fulgentissima etera, Tullia d'Aragona,
precipitata sulla via del vizio dalla stessa madre, la bella
Ferrarese (vedova del Card. d'Aragona ), stella anch'essa
ammirata dalla Roma mondana. Ippolito scrisse due sonetti
per Tullia: in uno di essi ricordava:
conchiudeva:
avere occasione d' entrare in rayionaineuti con Sua S. Non vorrei f^-ia
che nelle lettere Ella mostrasse d' avere indicio alcuno sopra di ciò ;
può dii^e che Ippolito dividesse le sue cure tra l' amore
(del quale diede una nuova prova a Giulia nell' accorrere
Papa fosse mal satisfatto del suo contegno e del suo spi-
l'ito guerriero (il card, veramente sospettava d'altro!),
si parti subitamente di Roma con tutta la sua Corte e se
n' andò alla sua villa di Castel S. Angelo. Quivi dovette
ancora il ]Molza fermarsi insino a tanto che avendo il
e a tutti gli altri che s' erano doluti del Duca Alessandi'o
d' essere avvocato e procuratore dinanzi a Sua Maestà
della libertà della città di Firenze e della restituzione
loro alla patria: la qual cosa, poiché egli non faceva,
dicessero all'imperatore ch'eglino da loro stessi volevano
trattare con lui della libertà e della patria loro (') ».
che forse non essendo il mondo degno d' averlo, innanzi al tempo l' ha
voluto Iddio appresso di lui : della maniera della morte si deve dolerne ;
ma chi sa che questa non sia aperta strada a farne le sue vendette ? »
Ed al Molza :
è stata tanto particolai- mia , eh' ella mi lia fatto sentire un dolore così
grande, ch'egli trapassa certo ogni nostra imaginazione! » (^)
Il Varchi :
(-) Forcella, Iscrkioni delle chiese ed altri edifizi di Tìonia, voi. 5.°'
pag. 174.
,
volgar poesia. »
fantasie che li potriano nocere. Chi volete voi che l' abbia atosicato ? n
non era, me disse : « per Dio ! bisognerà che tu ce lo dichi, che sapremo
che tu l' hai facto, e chi te 1' (h) a facto fare ;
« e così me menò in le
stantie sue, dove haveva ordinato ci fussi e Giovanni del Tunino, e
San Piero corso, a li quali me lassò in guardia per tutto quel giorno,
dove che ogni uno di loro più volte me recercò eh' io li dicessi se
havevo facto tal cosa, e maxime Giovanni, che più volte me disse :
prego bene che vog-liate esser di mezzo, e parlare col Cardinale e con
costoro, che non cor(r)ino a fui-ia, che son certo che il Cardinale non
harà male, e sapete ch'io non sono uso a patire, et essere stractiato,
e se loro me danno martirii mi faranno dire ciò che vorranno, e saranno
la mina del Cardinale, che a me non basta l'animo soportarli. » E cosi
passò il giorno, ch'io non me ne detti molto affanno, anchora che la
tirare su, e me ce tenne più d' una bora, examinandome sopra ciò e ,
sempre stetti saldo cum dire la verità eh' ero innocente, e in questo
mentre che io stavo là suspesso, questo notarlo andava là fora a riferire,
e pigliar l' ordine de quello haveva a fare de sorte che per v-edere queste
pratiche d'entrare e uscire de questo (notarlo), e per la passione e
dolore grande insoportabile io cominciai a dire : « dite quello volete
eh' io dica che dirò quello volete. » Mi disse : « tu ci hai a dire chi
te ha portato el veneno, et de che sorte era, e perchè tu hai avenenato
el C, e dire come tu l'hai aveneiaato. » Io dissi: « è vero eh' io l' ho
avenenato, poiché volete dica cosi, » el veneno, non sapendo dire come
havessi hauto, dissi haverlo comprato da uno mereiaio a caste! s. Agnolo,
e dissi havercelo dato in una menestra, et che era de color biancho.
Dimandandomi perchè havevo facto, et chi me l'aveva facto fare, li
dissi ehe havevo facto per sdegno eh' 1 Cardinale se portava mal di me,
et ehe avevo facto de mia fantasia, né mai dissi altro et cusì me ;
ch'io haveva avenenato, e casi io. Piero, che era li fora ascoso cum
li altri, entrò dentro, e disse : « mettetelo abbasso, « t; dissenii ; « ()
Giovanni Andrea eppur 1' hai facto !» Io li dissi : « Giovan Piero fra-
tutti li suoi mali, sempre haVeva paura di veneno, et che per niente
non lo lassassero in tal fantasie, che saria la sua morte. Cusi me pro-
messero fare. Passò quel di, e l' altro che il cardinale sempre migliorò
de sorte che dicevano guarire ; e cusi a ogni bora veniva su qualcuno
a dirmi eh" io li amanissi la mancia per le bone nove me portavano,
che erano queste che ognuno di qiielli, da per sé, me mandava a dire
eh' io stessi di bona voglia che el cardinale guarirla, et che non era
malato de' veneno. In questo mezzo se io havessi voluto senza dubio
alcuno haria' possuto fuggire, che quella è una rocha minata, et io
andava per tutto a mio piacere, senza guardie, ma non lo volsi fare
per non macchiare la mia inocentia.
La domenica sera venne su Piero Strozzi con forse 15 o 20
capitani, e altri afarme bravate e menade, cume dire che me faria
ben dir lui, o me faria morire in su la fune e cosi volendomi atacare ;
alla fune, chi non me sapeva legare, e chi non voleva, de sorte che
dica a m. Fedrico che non lassi medicare el cardinale per veneno che
r amazzaranno e anchora avertischa che sotto questa ombra costoro
,
(') Credette.
CAPITOLO V Ho
in (iiiesta malatia non lo aveueuassero , e pregato dopo lu morte mia,
si costoro me fanuo morire, che tu dica dove ti trovarai , e al paese,
li assasiuamenti mi sono stati lacti, e qualmente io t'ho decto ch'io
sono innoci'nte, e che questo che ho decto l' iio dicto per martirio. »
menate questo traditore ? » « Noi lo menamo a Roma, che '1 Papa cel
terrà, che ha facto pigliare el vescovo di Furli » ('). El conte disse:
« menamelo in Fondi, finché fai'emo intendere a m. Piero, e al Priore
che il vescovo è preso, e quel che s' ha a fare. Gli fa detto che la
signora lulia non li voleva assicurare eh' io non li fossi tolto, per com-
missione dell' Imperatore. El conte rispose e disse : « l' imperatore è
principe iusto, e farà tagliar la testa al Duca, se harà erato ». Et cosi
li furono sottosopra; chi me avria voluto nel territorio della Chiesa,
chi in quel del Regno, chi diceva: « squartiamolo qui! e cusi el cap.
Piero me corse adosso, volendome dare col pugnale; ma, essendo te-
nuto, me de uno pugno in un occhio. Alora se butò in mezo Ceccon
de Pazzi dicendo : « per 1' amor de Dio, lassetelo vivo, che questo è
quello che me ha a mettere in casa mia ». E cusi per quella nocte
menarmi in Fundi, tornamo indreto e alogiamo in un' osteria in Fundi,
dove vene quella sera el Molza, messer Giovanni Battista da Ricasoli
con molti altri, a crucciarmi cum parole ; ci venne anche el conte lulio,
e (sij posero a sedere appresso di me, et cum assai bone parole me
confortò, e dissemi : « o Giovanni, che hai facto ? » Risposi : « come
io sono innocente di tal tristitia, e costoro me hanno assassinato, e ho
speranza che quando sarò in loco de iustitia che Dio me aiutarà, e
sarà cognosciuta la mia innocentia. Vi jDrego bene che non diciate cosa
alcuna a costoro di quello vi ho decto , che se loro sapessero eh' io
pur egli è morto de veiieno, 1' anno avenenato o il l'riore, o ni. l'iero,
che sono cursi le poste con lui, e 1' anno governato uno di, o doi alle
volte, senza che nissuno Ma non gli dite
de noi servitori ci sia stato.
niente, che me uno podio, o costoro
farieno dispiacere. E cusì, passato
lo dicessero a Ceccone, o come se andasse, dicto Ceccone venne alla
volta mia con una meza zagaglia con gran collera; e davami, se non
che '1 vescovo li disse che non mi fi'sse dispiacere. Lui disse: « questo
traditore dice che noi havemo atosicato el Cardinale, » L' altro dì, par-
tendo da Sarmoneta per venire a Roma, incontrammo de la de la ci-
sterna el capitano della guardia del papa (venuto) per me. Allora
quando li fuoi presso, dissi : « ringratiato Dio, andarò in mano de iu-
stitia, » e cusi andamo alla volta de' Veletri, e per la via ragionò
molto con me el capitano Mario de la Guardia del papa, al quale io
dissi li stractii e asassinanienti me erano stati usati, e come ero in-
nocente, e che se il cardinale era morto de veneno, erano stati el
morte del cardinale, oltre el male che Dio gli avea mandato, o forsi
che li haveva fatto venire i suoi nemici, che teniva appresso e) cuoco,
m. Francesco e m. Giovanni Battista Ricasoli, secondo me, furono in
buona parte cagione, perchè ogni uno di loro, o per semplicità, o perchè
credessero cusì, o perchè li fosse fatto dire, o per loro malignità, dis-
sono che per haver assagiato de la menestra del cardinale erano ave-
nenati, e dissarlo al Cardinale. Questo fu causa che S. S.'^ e li altri
di che '1 Cardinale parti da Roma era venuto da me uno mio lavora-
tore dal Borg-o eh' io li facessi havere dal signor Braccio Baglioni un
potere a lavorio, e me portò lettere de' miei fratelli, e fu visto li in
perchè, ritirati alquanto, e poi tra loro ragionando che era pur bene
seguitare il duca, ed a suo dispetto gli andarono dietro, pensando
eh' egli verso S. Domenico. Ma in quel tempo il Duca
fosse avviato
con Lorenzo era entrato nella casa di detto Lorenzo, contigua col suo
palazzo. E quivi ridottosi in camera, il duca che era stracco, si cavò
di nuovo il giaco e si scinse la spada ed il pugnale e gettossi in sid
letto, e disse a Lorenzo che egli andasse per chi gli aveva ordinato.
Partito che fu Lorenzo di casa, il duca prese il sonno senza alcun
pensiero. Ma Lorenzo in gran fretta andò a trovare Baccio del Taro-
laccino, detto Scoronconcolo per soprannome, allevato loro di casa, che
stava per garzone al sale, persona vile ed artefice, ma valente della
persona : e coli' arme lo condusse in casa segretamente, e quando
saliva le scale, fermatosi disse : Baccio, è ora venuto il tempo di atte-
in camera, dove aveva il duca serrato a chiave, pure con sua voglia,
ed accostossi al letto dicendo : Signore è tempo a star desto. Quando
il duca a quel suono risvegliatosi, si sentì trafitto innanzi da una
pugnalata che s' accorgesse bene d' esser desto, ma rizzatosi e gri-
gli aveva dato un' altra ferita, ma nessuna mortale. Ebbe spazio il duca
così ferito a rizzarsi ed uscire dal letto, perchè era molto gagliardo, ed
appiccatosi con Lorenzo, benché senz' arme, perchè se n' era spogliato,
faceva brava difesa e, veggendo Scoronconcolo, se gli raccomandava
:
fede, poiché vide Lorenzo che da per so non poteva finir 1' opera e che
r udì chiamare aiuto, accostatosi con un coltello, passò la gola al duca,
che cosi scannato cadde in terra e disperatamente finì la vita. »
.
VI
(^) Nel 1888 in fondo alla marina di Sperlonga tra Fondi e Gaeta
vennero trovate cinque Lombardelle, delle quali il sig. Edmondo Web
quattro inviò a Parigi ed una donò al Museo Campano. Il sig. Giu-
seppe Novi, invitato ad esprimere il suo avviso, scrisse : « questo rin-
venimento fa supporre che quelle artiglierie o fossero state adoperate
in qualche torre difensiva del littorale la quale fosse stata adeguata
al suolo in qualche fazione di guerra, oppure che fossero appartenute
a qualche galea, distrutta in battaglia navale o conquassata dall' im-
peto de' marosi. » Ed esposte le dimensioni del diametro del vivo della
volata, del risalto dell' anello, della lunghezza degli orecchioni, dello
spessore della braga, del diametro interno della forcella, conchiuse:
« la bombardella campana ha un utUe riscontro in quella di Marsala
ed è da ritenere come uno de' pochi esempi di bocche da fuoco a
braga ed a forcella, che sieno scampate in Italia dalla edace opera del
tempo. Essa appartiene ad im' età, in cui le artiglierie, acquistando
pregio ed efficacia, rovesciarono 1' ordinamento politico della società ».
9
130 GIULIA GONZAGA
si salvò (') ».
(^) Sansovino. Ritratto delle fiù ììohili e famose città d'Italia. Ve-
nezia, 1555, pag. 31.
(2) Segni. -S';^, fiorentina. Milano, 1805, voi. 2.", pag. 36.
(3) Lettera da Roma 10 agosto 1534 di Francesco Saraceno ad
Ercole d'Este (Arch. Stato di Modena, Cancelleria Ducale, dispacci
degli oratori estensi a Roma).
CAPITOLO VI l:il
abriizzo che . s' intenderà per tutto settembre prossimo che viene et
tutto sia senza preiuditio de le mie ragioni, et che si possa trattare
lo accordo fra detta S,""^ et me. Data in Fondi.
E con
altra lettera del 15 luglio 1532: « tornato da
Fondi ho trovato morto il nostro povero Benvenuto ».
io
quale credo che a qiiest' ora debbia essere finito : pure se g-iung-esse
a tempo questo mio avviso, dite a fra Sebastiano che io penso che se
egli lo riduce al naturale, cioè che non gli facesse il viso maggiore
del vero, eh' io credo fermamente che gli saria venuto colto con manco
fatica assai : pur io mi ricordo del precetto sudor ne ultra crepidaiii.
:
quale ritratto riesci cosa rai-a e de' più belli ch'egli mai
facesse e fu poi mandato in Francia al re Francesco, che
il fece porre in suo luogo in Fontanehlò ». Quest'indi-
cazione, tolta dallo stesso Vasari, ho trovata confermata
da altri. Neil' edizione del Vasari edita dal Le Monnier
il 1854, in una nota apposta all' accenno di quella galle-
ria, è scritto: « molti Iianno detto essere il ritratto di
colorito ».
Il Cavalcasene mi assicurava che tre sono i ritratti
d' après 1' autre, on peut conjecturer qu' il a fait les médailles de
Molza, de Tebaldeo et du cardinal Hippolvte de Médicis. C est par
ordre de ce mòme cardinal qu' Alfonso aurait fait la médaille de Giu-
lia Gonzag-a.
bleau mais si elle eùt ètè reprèsentée en sainte Agathe, il est probable que une
;
telle circonstance eùt ètè inentionnée par Vasari. Le portrait est sìgnè d'ailleurs
Sebastianus Venetus Faciebat Roma; or, ce n"est pas à Roma qu' il fut peint,
mais à Fondi, royaume de Naples ».
144 GIULIA GONZAGA
Di Ippolito Capilupi e del suo tempo. Milano, fr. Rivara, 1893, p. 49.
10
146 GIULIA GONZAGA
quadro da ricercato. me
Toccherò ancora rapidamente di due incisioni osser-
vate in due diverse pubblicazioni. Nel voi 4^ delle « vite
famoso vescovo.
Nella sezione Guicciardini della Biblioteca Nazionale
<ìi Firenze trovasi una traduzione in spagnuolo, fatta dal
Valdes, di due epistole di S. Paolo, con dedica a Giu-
lia, della quale riproduce un ritratto. Questo è a mezza
figura, col viso volto leggermente a sinistra. Un drappo
appoggiato sul capo ricade sul dorso, coprendo intera-
mente la persona da tergo ed è sostenuto dalla mano
destra della Gonzaga. Abito scollato « alla vergine », al
CAPITOLO VII 117
dicembre del 1535 ('). Con breve di Papa Paolo III ottenne
di poter abitare nel convento annesso alla chiesa di San
Francesco delle Monache, ora detta della Rotonda, alle
spalle della chiesa di S. Chiara. L'affermazione dell'Ama-
bile « la Gonzaga dimorava nel monastero di S. Francesco
delle Monache, oggi detto del Gesù delle Monache presso
porta S. Gennaro mi sembra assolutamente erronea (^);
»
(3) Arch. St. Nap. anno 1883, pag. 293: Cod. del sec. XIIIL
Catalogo d^gli ediflzi sacri della città di Napoli.
,
frutti siano miei. A dover provar che Donna Isabella cercasse quella
conferma da Sua Ma. io non lo potrìa mostrar, salvo se in Corte di
Sua Ma. non fusse, perchè le scritture di Fondi son perse, e quello
Notaro morto. Si trova ben una Procura che fu fatta in Gaeta, ma
non fu fatta per questo. Ma io so, che quando il Signor mio fratello
andò in Corte, portò una Procura di Donna Isabella. Ma come si sia,
io non cerco voler il suo Stato, ma bene il modo d'intertenermi ; e li
che fra li altri ho voluto far con Donna Isabella. Ora sapendo che
V. S. viene in Napoli, me
ae sono molto allegrata, avendo visto con
quanta affezione V. S. è sempre venuta ne le cose mie. E sia certa
eh' io tengo più fede in lei che in persona del mondo, l'er questo la
prego (juanto piii posso voglia tanto che sta in Napoli veder di far
che queste cose mie si accomodino di qualche modo, che di tatto
quello che farà V. S. sarò io contentissima, e se bisognerà aver ajuto
per sia di Sua Ma. io spero col mezzo di V. S. e de l' Illustrissimo
ed Eccellentissimo nostro di accomodar le cose mie.
potrebbero pur difendere con qualche rag-ione, come a dire eh' essi
contendono della monarchia del mondo : e però sono escusati se fanno
ogni sforzo e ogni diligenza per ottenerla. Il che non avviene di voi
cacciate ogni via per offendervi più fieramente che quelli non fanno.
La qual cosa veramente solo a pensarla è pur troppo strana, conside-
rando i tanti e si stretti legami già stati fra voi, e se in gran parte
si sono disciolti per morte, almeno la memoria doverla conservarli;
ma se quella ancora non basta, dovrebbe pure bastare il vedervi tut-
tavia innanzi il sig. Vespasiano ; che questo nodo solo che vi è rimase,
veramente deve essere possente a mantenere e congiungere in amici-
zia e amore ogni mente perversa dopo qualunque offesa non che voi
che nate siete di sangue si generoso e gentile. Voi mi potreste dire
che non è vostra la colpa, ma che procede dall'altra madre, e quella
dirà il contrario: cosi fa ancora l'Imperatore e il Re di Francia, ag-
gravandosi l' un r altro delle cagioni di tante ruine. Ne crediate già
per questo, eh' io voglia scusar lei ; ma ben vi dico che l' unione fa-
rebbe per tutte due; della quale poi nascendo tanto gran bene in
cose così per sottile, ma più presto lasciar qualque cosa, ancor che si
tenesse con ragione. E pensate phe voi gli potete dare in un giorno
quello eh' egli forse penerà molti anni de' suoi migliori anni in acqui-
starlo. Per la qual cosa egli vi potrà chiamare giustamente piuttosto
matrigne che madri e quei, che vi consigliano altrimenti, debbono
essere ignoranti e maligni e nemici della vostra quiete e distruttori
di quella, per qualche loro commodo e interesse. Non vedete voi che
questa vita, che voi tenete, vi ha fatto scordare la vostra benigna
natura e vi tiene di continuo in preda a persone umilissime e venali ?
Onde nascono poi mille indegnità negli animi nobili. Tornate adunque
in voi stessa, e pensate" bene che tutte le vostre sorelle e che gli
pone ad effetto questo buon animo vostro a beneficio suo poi che
tanto r amate ? Lassate dunque le gare e le liti da parte e unitamente
procacciate la grandezza di questo vostro figlio di tanta speranza, e
pensate che voi due siete le colonne e che, unite, lo sostenterete e
disgiunte lo farete rovinare. Che questo accordo sia buono già si vede
chiarissimo e manifesto, benché nel modo di condurlo pare qualche
difficoltà ; ma a levarla e' è questo rimedio di non ricordare ingiurie,
né ragioni; ma trovare un mezzo ben istrutto delle cause e senza
passione é commettere il tutto in arbitrio suo. E a questo fatto non
si potrebbe non che trovare, ma imaginare il migliore, né il più giusto,
ne il più pio di Nostro Signore, rimettendosi interamente nel perfetto
giudicio di S. Santità. E da tale accordo potrebbe poi seguitare l'ef-
fetto dell' altro negozio di più importanza, del quale altre volte s' è
ragionato. Sopra che principalmente avete a considerare la evidente
utilità, che ne viene al S. Vespasiano, perché in tutte le vostre azioni
dovete sempre tendere a quel fine e voi conoscete molto bene quanta
Vedete come é andata la causa di
difficoltà sia a ricuperare Stati.
sig. Vespasiano non si potrà mai dolere di voi che non gli abbiate
procacciatoun buon protettore e benefattore, del quale veramente egli
ha gran bisogno in questa età e in questi frangenti del mondo. Or
molte ragioni sopra questi negotii si dovrebbero addurre e molte
risposte alle obietioni già fatte si potrebbero fare; ma per essere V.
Signoria istrutta a pieno d' ogni cosa, mi par che questo basti, e con-
siderate bene tutte le cose dette da me, come sono in effetto e le
(1) Allora Isabella era già passata in seconde nozze col principe
di Sulmona, come si vedrà.
(2) Delle lettere volgari di diversi nobilissimi uomini et eccel-
lentissimi ingegni, scritte in diverse materie. Venezia 1567, libro III,
pag. 98.
CAPITOLO Vili 157
questa causa, quale Dio g-razia è stata pur espedita e in mio favore
hanno pur condenuata la sig. D. Isabella a pagarmi ogni anno doimila
e cinquecento ducati a terza per terza e altri mille ducati adesso pel
tem])0 passato. La ragione mia era tale che invero la doveva mandare
più avanti, ma mi contenta molto più aver fatto conoscere al mondo
la giustizia mia e la causa che mi ha necessitato a questo termine
che di aver ottenuto. Poi non è poco ad esser fuori di questo fastidio :
cosi volesse Dio che fusseno finite le altre, a le (juali vado procurando
di dare la miglior forma che posso e del tutto sai-a al solito avisata.
Per adesso la supplico a prender questo piacere di vedermi in parte
da quiete e a comandarmi sempre ecc.
Veramente ragione ebbe colui che scrisse che tutte le cose che
erano secondo natura, fussero buone e ninna esservene più secondo
natura che il morire . . . Questo mondo, signora, è una vaUe di lagrime
profonda, oscura, e piena di fango ed è bene avventurato chi felice-
mente vi esce, fatto. Ahi quante volte mi sono io riso
com'egli ha
di coloro che non avveggono che il piangere le cose irrecuperabili
si
Ippolita —
esempio in (juesto caso imitabilissimo dalle
nostre matrone —
volle che la nuova casa a Napoli
rappresentasse il suo gusto e la sua passione per le belle
onesto ».
(1) « Fu uno de' principi deg-ni di lode per le singolari sue virtù
e non ordinario valore, e d' animo generoso fra quanti ne furono del
suo tempo onde quel tanto, che il padre a' cavalli, e falconi spender
;
soleva, spendeva egli a tenere una numerosa corte, fra quali erano
molti cavalieri, a' quali dava onorate provvisioni, e benché fosse stato
molto avido d' avere cariche militari sopra gente da guerra, onde con
tal disegno fosse andato in Ispagna nella corte di Carlo V, non potendo
però conseguire posti di suo gusto, non pose in etfetto quella sua
buona intentioae » ( Aldimari, lùsforia geneaolojica della famiglia Caraffay
Napoli 1691, pag. 387).
11
162 GIULIA GONZAGA
la bella Gonzaga
Ippolita, d' onor, non d' altro vaga (')
non più inteso repentino discenso, che la notte, circa le 7 ore innanzi
al martedì 8 dell' istante, presente la signora Giulia Gonzaga Illustris-
sima, la quale per farci delle solite grazie volse ritrovarsi dal princi-
pio dell" infermità per infino all' ultimo, col fare que' rimedi, che a lei
col consenso de' medici parevano migliori, passò di questa vita lasciando
me in quel supremo grado di dolore involto, che non riceve augu-
mento. Non ho voluto mancare, riputandomele quel servitore, che le
sono, di darle questa amara e angosciosa novella e insieme dolermi
CAPITOLO Vili 1()5
seco della morte dell' 111. mo Signor Cardinale di Mantova ('), che in
servirla.
ma, come disse un suo contemporaneo, era assai più facile indurre i
cardinali a dargli il voto, che persuadere il Gonzaga ad accettare.
(') Furono pubblicate la prima volta dall' Affò, op. cit., p. 114.
166 GIULIA GONZAGA
«... accaderà che andrai al Popolo (S. Maria del Popolo a Roma),
alla Cou.'^olazione, a S. Pietro, a S. Janni e per le altre chiese princi-
pali ne' (li solenni ; onde tutti i galanti signori, cortigiani, gentiluomini
saranno in ischiera in quel luogo che gli sarà più coinrnodo a veder
le belle, dando la sua a tutte quelle che passano, o pigliano de l'accpia
benedetta con la punta del dito, non senza (lualche pizzicotto, che
cuoca ».
delle anime loro.... Li birri stetero alla porta della chiesa, acciò non
entrassero alcun omo: ma ve n'erano da fuori da due mila! ».
letterati sono quasi tutti dell' avviso dell' Aretino, il quale dice la mo-
glie esser peso da lasciare alle spalle d'Atlante. Il celibato delle per-
sone colte, de' letterati e degli artisti tende a suscitare l'etera e la
cortigiana.
172 GIULIA GONZAGA
sbernia di raso cremesino puntato d' oro, et dal cubito fino ale mani
pareva con perle una pallade armata : seguivala appresso Portia Arbe-
rina in veste di damasco bianco, zenzili bianchi et cinti de una ma-
tassa di perle leggiadrissime ; sotto lei era Cornelia Caffarelli in veste
di tabi turchino listata d' oro tirato con un petto et cinto di perle,
sbernia di raso cremesino con scacchi d' oro variata et scutfia d' oro,
procedevali a la sinistra Innocentia Mathalena in veste di tabi giallo,
cinto de un cordone di corniola con bottoni d' oro intermezato, di sopra
haveva li zenzili et in fronte li pendeva una palla di baiaselo lucidis-
simo ; succedeva a lei Lutia Bufolina in veste di broccato de argento,
cinto de oro tirato con quattro teste di smalto imi^eratorie, scutfia d' oro
et di perle ricamata; allato li era Sofonisba Cavaliera in veste di ciam-
bellotto candidissimo listata di velluto cremesino, zenzili di sopra, cinto
di medaglie d' oro, secondo intendo, antiquissime ; questa dolcemente
teneva per mano Costantia Tomaroza in veste di raso pavonaza listata
a cordone d' oro con balzana d' oro, sbernia di taffettà bianca, cinto de
una tela soriana con pendagli d' oro et più sete divisato, scuffia di seta
verde, con oro et perle variata; allato a lei erano le due belle sorelle
,
frontiera d' oro donde pendeva una croce de diamanti, cinto de meda-
glie d' oro, corniole et diaspri con grande arte catenati succedeva a :
collo e una barretta di velluto nigro con certe fogliacee d' oro di mar-
tiello, semenate per le pieghe della barretta e accompagnata da suo
d' oro e una eentura di oro di luartiello. Appresso vennero due yeu-
tiMonne di casa Caracciolo, una vestita di velluto lionato e l'altra di
raso lionato con due g-rossi collari al collo, acconipaynate da multe
altre donne ben vestite ;
— lo figlie dell' eccellente signora Contessa
di Terranova, cioè di Madama Vittoria dello Manzo , tutte vestite di
imbrocato e di velluto di diverse sorti , e bellissimi collari d' oro al
collo e barrette di velluto negro con certe seggie di foco di oro semi-
nate per le pieghe delle barrette e nuilte altre donne in loro compagnia.,
molto ben vestite. Appresso vennero la tiglia del sig. Gio. Ant. Bul-
cano, vestita con una gonnella di raso bianco e certe seggie di foco
d' oro di martiello per le pieghe della detta berretta per corrispondere
con lo collaro, e una eentura d* oro di martiello ;
— l' eccellente signora
contessa di Matalune (Maddaloni) di casa Sanseverino, vestita di vel-
luto morato carmosino e in sua compagnia l'eccellente contessa di
Rugo, vestita morato carmosino e un grosso collare al collO'
di raso
d' oro, e anco e' era con loro la mogliera del sig. Io. Tommaso Car-
rafa, con una gonnella di raso carmosino fasciata con certi frisci d' oro
tirato con ini grosso collare al collo e andava a cavallo a una acchinea
(chinea), guarnita di velluto carmosino e france d'oro e seta negra:
— r illustrissima signora principessa di Francavilla di casa di Avalos
come a donna vidua, quale era, portata per lo braccio dall' illustrissimo
testa di velluto nigro, con certe teste di garofani d' oro di martiello
e in sua compagnia molte altre donne vestite tutte di velluto e in
12
178 GIULIA GONZAGA
mogliera del figlio del conte di Cariati di casa Spiniello con una gon-
nella di imbroccato riccio e al collo un bello e grosso collaro e in
testa una una berretta di l'aso bianco con certe let-
scuffia d' oro e
tere d' oro di martiello semenate per le pieghe di detta barretta
e una centura di oro. Appresso venne l' illustrissima signora Vice-
regina moglie di don Romualdo de Cardona Viceré del Regno di
, ,
dfUa barretta certe perne g-rosse più elio una fava j^rossa 1' una e per
medaglia un bello e g-rosso rubino, al collo un bel collaro d'oro e una
centura di oro di martiello e sopra la barretta per cordone certe i)erne
g-rosse quanto una fava 1' una e in sua coinpag-nia era sua madre di
casa di Cardona , vestita di velluto morato carmosino. — Appresso
vennero la mogliera del barone Tolosa e sua cognata, vestita di im-
broccato riccio e bellissime collane e barretta in testa con molte perne
e gioie semenate per le jìiegbe della barretta : — la signora marchesa
di Laino di casa Caracciolo , inante di suo marito , con una g-onnella
di raso morato carmosino , portato in Sciacclie , tutta semenata di
fogliame di seta di oro di martiello: — l'eccellente signora contessa
di Nicastro con gonnella di raso carmosino con truncbe d' oro di mar-
tiello, fatte mezzo d' oro dello medesimo
a quatre, con certe stelle in
semenate per la gonnella e in testa con una medesima guarnizione
come alla gonnella e del medesimo oro e al collo >m ricco collare e
una centura d' oro di martiello — la duchessa d' Amalfi a cavallo a
;
e r altra metà di imbroccato d' argento con certi frisi d' oro di
martiello fatti a comete e una scuffia d' oro e una barretta di raso
azurro con certe comete d' oro di martiello , semenate per le pieghe
per corrispondere colla gonnella e al collo un ricco collare e una cen-
tura d'oro di martiello e sei sue creature vestite di damasco impa-
gliato, fasciate di velluto negro con pistagne di taffetà fjianco e anco
la detta duchessa portava sotto le maniche strette di raso bianco tutte
semenate d'oro di martiello. — Appresso vennero l'illustrissima mar-
chesa di Ilicito, vestita con ima gonnella di imbroccato riccio sopra
riccio, e certe spere d' oro di martiello semenate per la gonnella e una
barretta in testa di velluto azurro con le medesime spere di oro per
le pieghe per corrispondere con la gonnella e un g-rosso ooUaro al
Ve ne era una
una di raso torchino listata d'oro con iesomine d'arg'ento tirato; una
di damasco d'oro tirato con le tiamme divelluto carmesi: una di raso
bianco con le fiamme di imbroccato di pilo; una di raso turchino seme-
nata di cupe d'api d'oro di martiello, che costa 4000 ducati d'oro » ecc.
ognuno quasi che più molesta loro sia l' altrui povertà
e miseria che la propria mendicità! » Ascanio, invece di
insegnare la fabbrica dell' oro , avrebbe dovuto imparare
a conservare il proprio, perchè egli fu tanto prodigo che
negli ultimi anni di sua vita fu condannato ad una specie
di interdizione legale. E queste occupazioni erano il meno :
vestri parte nlvea, domestica vero eburnea, quae facie ipsa non est
,
giies subincurui atque perteiiues colore per quain siiavi: thorace pyri
eversi formam subeunte, sed pressa, cuins viilelicot coims ad seotum
transversuui parvus, at<iue spliericiis, basis , ad colli ratlictMu longi-
tudine, ac planitie excellenti proportione forinatis, collocantiir. N'outre
sub pectore decenti, et lateri (juae secretiora correspondeant : amplis,
atque perrotundis coxendicibns: coxa ad tibiam, et tilna ad brachiuni
sexquialtera jn-oportione se habente, hunieris divina rationo ad caeteras
corporis partes commensiiratis, pedibus niotlicis, digitoriiiii adiiiirabili
corapositione stnictis, ciiiiis synimetria ac pulcliritndo tanta est, ut
non iniiiria Inter caelicolas collocari digrna sit (M-
zioni ».
186 GIULIA GONZAGA
pensiero ,
perchè troppo spesso peccava d' opere ,
qui è
soverchiamente ingenuo : ad ogni modo è certo che sua
Maestà, fredda come la tramontana, in una festa da ballo
accordò a Donna Giovanna tre singolari favori, tra' quali
fatti: il marito dopo tre anni aprì gli occhi e tornò tutto
alla moglie.
Pare che solo allora D. Alfonso si accorgesse che
era padrone di un tesoro che tutti potevano invidiargli
meglio insidiargli. Divenne perciò ferocemente geloso
della moglie. Quando Carlo V, reduce da' t)-ionfi della
spedizione di Tunisi, capitanata appunto dal Marchese del
Vasto, rivolse a costui alcuni complimenti intorno alla
bellezza della sposa: « di questa infuori e della mia fama,
replicò il fiero giovane , ogni altra cosa è liberamente
nelle vostre mani ». Una sera che il viceré Toledo, in
tutto il resto era stato con lei da marito. E de' sette figli,
(1) Pare che a lei, per confortarla dell' assenza lontana del marito,
Veronica Gambara indirizzasse il sonetto , del quale riproduco la prima
quartina :
Ajìv: queste mie tre donne, già morte, mi danno un gran fastidio:
però compatisco bene chi ne ha attorno delle vive ! (Lett. al Tiraboschi
25 maggio 17S7).
Tiraboschi: non si lasci spaventare da tre donne le quali, se
erano così gentili, come ci vengon descritte, spero che verranno una
notte a grattarle i piedi in ringraziamento della fatica per esse impie-
gata (lett. all'Aifò 28 maggio 1787). — « L' Abate Bettinelli mi scrive
gran lodi delle sue tre Goii-zaghe. E io non le ho ancora avute. Spero
che al più tardi me le porterà la signora Marchesa Paolucci >> (lett.
.... ciò, che rendeva (Napoli) più augusta e superba fu 1' adu-
namento in quest' occasione delle più illustri dame fregiate della più
rara beltà e d' altre eccellentissime doti e maniere. Eravi D. Maria
d'Aragona, Marchesa del Vasto, D. Giovanna d'Aragona, sua sorella,
moglie d'Ascanio Colonna, D. Isabella Villamarino, principessa di Sa-
lerno ; D. Isabella di Capua, principessa di Molfetta, moglie di D. Fer-
rante Gonzaga; la principessa di Bìsignano; D. Isabella Colonna, prin-
cipessa di Sulmona; D. Maria Cardona Marchesa della Padula, moglie
di D. Ferrante d' Este ; D. Clarice Ursina principessa di Stigliano ; la
ritornò alla regia Corte per linea finita. Una sua lettera
(riportata dal Giustiniani) è scritta con molta grazia, dal
Castello di Avellino. Ortensio Landò mandò alle stampe
il 1550 il panegirico, che compose per lei. Il Quadrio l'in-
.... credo vi sia noto quanto dispiacere abbia e con giusta ca-
gione preso di Messer Lodovico Dolce, dolce forse ad altrui, a me
amarissimo, per ciò che avendomi per più sue lettere offerto voler
egli aver pensiero di correggere la mia terza opera data in luce sopra
i canti dell'Ariosto, non solo non 1' ha punto corretta , ma Dio il volesse
(con sua pace parlando) che fosse almeno medesimo modo, di quel
eh' io la mandai e non di peggiore stampata che non si scorgereb-
bero in essa tanti errori: quali ci hanno quasi in tutto disanimata di
mai più dare in luce cosa alcuna.
(*) Di lui parla Scipione Ammirato nel suo voi. delle Famiglie
Nobili napoletane. Fu in Norimberga, adottò la confessione augustana
e non la lasciò mai più; andò vagando per diversi luoghi, visitò Ba-
silea, Lione, Londra, la Transilvania, sempre portando seco 1 suoi libri,
che formavano otto some, e, dopoché una delle sue schiave turche
impazzi e l' altra prese marito, si recò a Costantinopoli per fornirsi
di altri cibi che di latte e latticini, uova, fichi seccia, uva passa, pomi
e ravanelli, bevendo sempre acqua e non usando mai stufa, benché in
paese molto freddo. Mori in Danzica il 1597, quarant' anni dopo aver
abbandonato Napoli. Aveva già composto una traduzione di Sallustio,
mare :
principe dall' eseuipio vivo del fj-ran Cosinio d-' Medici r, (Venezia 1552),
e nelle raccolte del Domenichi, del Bulifon e della Bergalli.
Altra donna, assai lodata per le sue virtù, fu Porzia Capece, morta
in Napoli il 15G0. Sulla s)ia tomba, in S. Domenico Maggiore, leggesi
r affettuoso distico del marito Bernardino Rota :
CAPITOLO IX 20\}
TAI'ITOI.»» IX ?1''
fosse piaciuto di condurlo. Questi comprese per aria il comando del pa-
drone, e una sera, in una stanza a terreno del palazzo ducale, afferrato
il Raineri, lo scannò.
\'aspasiano allora . presa la moj^lie, la trasse nella stanza, dove
yiaceva ucciso il Raineri, e additandole il cadavere, le porse una tiala
contenente niortalissimo liquore. -- iSevi, le disse il truce marito: ti
risparmio morte pubblica ed infame, solo per 1' onore della mia fami-
glia — ; e cliiusala nella stanza, se ne andò.
La misera donna esitava a trangugiare il veleno ; due giorni stette
udiva una voce a lei ben nota, che le intimava bevi. Al terzo giorno,
estenuata ed esausta, appressò alle labbra la tremenda tazza e bevette.
Allora apertasi subito la stanza, la Principessa ancora agonizzante
fu portata nel suo letto nelle stanze ducali; e immediatamente si sparse
la voce, che fosse stata colta e uccisa da una sincope; si prepararono
solennissimi funerali, fu messa a lutto tutta la corte e lo stesso Ve-
spasiano si mostrò in pubblico addoloratissimo.
Ma né i pomposi funerali fatti alla Principessa, né il lutto osten-
tato dal Principe ingannarono la cittadinanza; si taceva per rispetto,
per prudenza, per timore; ma l'orrenda tragedia fu nota a tutti, e la
ma oramai era vecchio e affranto così dalle fatiche della guerra, come
dalle domestiche sventure, di <jui egli era il primo colpevole. Capiva
di non potere sperare nuova prole onde pensò a collocare l' unica sua
:
figliuola Isabella.
214 GIULIA GONZAGA
Giulia Goiizaga, il quale oltre che non la rappresenta di queir età che
la desiderate, non vai nulla — A' 3 ottobre 1562, di Napoli.... quello che
aveva mio padre lo donai alla signora D. Vittoria Colonna sua nipote.
e, non potendo, fate eh' il sappia, perchè non v' aspetti in vano.
fosse mio padrino per mettermi a campo con questi cavalieri Napo-
il
Napoli e vi si raccomanda.
quella. La quale dice aver, più eh' altra, sembianza e similitudine nel
volto del primo bello, cioè de la bellezza di Dio : perchè le cose, che
son belle quaggiù, tanto son belle quanto partecipano de' raggi de la
Ecco i versi :
speciali dell' Italia per limitaì^e e determinare gli effetti della Ri-
italiane.
della città o per esser infermo non potesse confessarle, perché dubi-
tava che colla occasione della confessione fatta ad altri non palesassero
le sue scellerità per la qual cosa è avvenuto molte volte che ne sona
;
voler satiare tutti li sfrenati appetiti della lussuria sua, et in ciò teneva
questa maniera, che quando confessava alcuna di quelle, che g-li pia-
cevano, neir atto medesimo della confessione tentava di tirarla alle
i .
rAIMTOI.ù X 'S^->
che egli simosso a tentarla jier far prova della bontà sua. Ma
fosse
passati dopo l' assalto datole nella confessione, prendendo
alcuni di
lusinghe, perchè alcune di loro per non esser sempre ne' ceppi et nelle
catene, vinte dai tormenti continui, si disponevano a compiacerlo: alcune
altre non volendo consentirgli, nò potendo come delicate sostenere
r incomodo della prigione né la crudeltà de' tormenti si hanno data la
morte con mangiare e bere cose, che le uccidevano.
Hor questo scellerato per non si mettere ad impresa di monaca,
la quale poiché 1' avesse con<iuistata non gli fosse piaciuta, voleva ve-
derle nude. Laonde nel tempo della state le faceva spogliare et entrare
in vm luogo, dove è acqua di mare, che si cìiiama la Cavana, nella
quale sogliono tener la gondola; et havendole a suo bell'agio consi-
derate parte a parte, et fatta nell' animo suo elettione delle più belle
et più vaghe secondo il giuditio suo, procurava per l'una delle due vie
predette di tirarle al suo dishonesto desiderio, et con tutto che stesse
di altri maggiori, nondimeno
continuo in (piesto peccato involto et in
celebrava messa quasi ogni di, né mai si confessava, et spesso coni-
la
poteva fare; et era. tanto il timore, che era entrato nella mente di
t'itte per le crudeltà che usava contro di quelle che non 1' obbedivano,
che non ardivano di rifiutar il sacramento anchor che si conoscessero
(li commettere cosi grave peccato; et vi è stata alcuna di loro, che-
presa in bocca l' ostia sacrata et conservatala senza inghiottirla, la
gittava nel fuoco poiché si era ritirata dal cospetto di lui et delle
monache, giudicando minor peccato questo che il riceverla essendone
tanto indegna. Et per ristorarsi delle fatiche amorose, che erano grandi,
perchè era solo come gran turco nel serraglio, che tutte le maneg-
giava, et con molte haveva conversatione cai-nale, viveva di fagiani et
di starne et di pretiosi vini, et haveva la camera piena di confetti et
ristorativi et di mille ricette per poter con l' opera loro esser più forte
alla battaglia. Et se alcuna di loro si ingravidava, egli con medicine
et con altre arti le faceva spregnar, delle una è stata gravida
([uali
15
226 GIULIA GONZAGA
al monastero che erano molte per la divotione che tutta la città ba-
vera, ma rubava anche le fatiche di queste poverelle, le quali egli
ciato: et parve che Dio gli volesse dar lua^rgior pena di (india clip
gli era stata costituita dalla giustizia et pietà di (juesti Signori, i)erché
il boja gli diede i)iii di otto colpi colla mazza sulla accetta che gli
aveva posta sul collo, et non potò tagliarglielo: onde uno di (luelli
mosso a pietà, che per mano del boja non poteva morire, gli tolse la
mazza di mano, et di suo pugno gli diede ben quattro o cinque colpi
con tuttt' le forze sue, i quali non furono anche tali, che gli spiccas-
sero la testa dal busto : per la (piai cosa il boia rii)rese la mazza in
mano, et gliene diede parecchie, et al line con un coltello datogli dal
birro tini di tagliargli il collo, non avendo potuto farlo con tutti i
colpi, che egli et queir altro gli diedero. Questo infelice prete, essendo
già condotto sul palco , disse molte parole verso il popolo, le quali
furono scritte da un giovane mentre il Prete le diceva, et la coi)ia
verrà con questa mia, essendomi stata promessa.
Nel monastero delle Convertite è stato dopo (piesto fatto gran
confusione, et è tuttavia, ma non cosi grande. Sono uscite due di fa
Germania.
Quindi l'Italia che precorse nell'indirizzo della cri-
tica e di una orpande libertà d' esame il movimento della
230 GIULIA GONZAGA
bere procedere ».
Infine quanto un lii/.antinismo anche più ridicolo del-
l' antico ed una negazione completa d' ogni precetto di
CAPITOLO X 211
1500, alla vista del papa e de' cardinali, nella corte con-
tigua a Castel Sant'Angelo, venne strozzato e poscia bru-
ciato. Di lui restano alcune lettere.
Ma due città diedero luogo a' maggiori sospetti e in
16
,
(1) Neil' Archivio della Società rom. di st. patria leg-gesi un Breve
di Paolo III del 1° ottobre 1555 al Duca di Ferrara per far arrestare
e mandare a Bologna i modenesi Bonifazio Valentini, preposto alla
cattedrale, Filippo Valentini, Ludovico Castelvetro e il libraio Antonio
Gabaldino, infettti di eresie (voi. Ili, p. 434).
CAPITOLO X 243
Le Donne e la Riforma.
(1) Amabile, Il sanV officio d,elV inquisizione di Napoli. Voi. I, pag, 55.
rAPiTòLo XI 247
(^) Ester Stanhope,. in mezzo a' Brusi, fantasticò una nuova reli-
gione e promise \m nuovo Messia, di cui essa sarebbe stata sacerdotessa.
248 GIULIA GONZAGA
Aveva fissato la sua dimora sul monte Libano, vìvendo libera in mezzo
a popoli selvaggi, sottraendosi agli usi ed aUe convenienze sociali, e
gettandosi, negli ultimi anni di sua vita, in braccio a tutte le assurdità
di negromanzia, magia e demonologia. Morì il 23 giugno 1839 in età
di 63 anni.
CAPITOLO xr 249
li desse nelle mani de' nemici, cioè dell' Inquisizione. Tali opinioni viil-
gari apparvero da' loro processi, da quali però non risultano le turpi-
tudini, di che sono imputate queste deliranti; che la Gug-liehnina
rompesse a vergognoso commercio con Andrea Saraniita che la Main- :
(•) Tengo in parte presente la narrazione dell' Amabile nel suo libro
sul Saat' Officio deh' Inquisizione in Napoli.
250 GIULIA GONZAGA
CAPITOLO XI 253
Partirono a prender questi luterani, de' quali è stata usata tal dili-
gentia che una parte presero alla campagna e molti altri tra huomini e
donne che si sono venuti a presentare, passano il n.° 1400; ed oggi che
è il dì del corpo di Xsto ha fatte (il sig. Ascanio, spedito dal viceré)
([uelle giuntar tutte insieme e le ha fatto condurre in prigione qui in
Montalto, dove al presente si ritrovano ; e certo è una compassione
senth-li esclamare, piangere e dimandar misericordia, dicendo che sono
stati ingannati dal diavolo, e dicono molte altre parole degne di com-
passione : con tutto ciò il sig. Marchese e il sig. Ascanio hanno questa
mattina, avanti che partissero della Guardia, fatto dar fuoco a tutte
le case e havanti avevano fatto smantellar quelle e tagliar le vigne.
Hora resta a far la giustitia, la quale per quanto hanno appuntato
questi signori con gli auditori e fra Valerio qua inquisitore, sarà tre-
menda, atteso vogliono far condurre di questi huomini et anco delle
donne fino al principio di Calabria et fino alli confini et di passo in
passo farli impiccare. — Fino a quest' hora s' è scritto quanto gior-
faceva il simile, ha seguito quest' ordine fino al n.° di 88, il qual spet-
tacolo quanto sia stato compassionevole, lo lascio pensare et conside-
rare a voi. I vecchi vanno a morire allegri, et li gioveni vanno più
impauriti, si è dato ordine e già sono qui le carra, et tutti si squar-
teranno e si metteranno di mano in mano per tutta la strada che fa
il procaccio fino a i confini della Calabria, se il papato et il s/ vice
Re non comanderà al sJ Marchese che levi mano, tuttavia fa dar de
la corda a gli altri e fa un numero per poter poi far del resto, si è
dato ordine far venire hoggi cento donne delle più vecchie , et quelle
far tormentare e poi farle giustitiare ancor loro per poter far la mi-
stura perfetta. Ve ne sono sette che non vogliono vedere il crucifisso
» rana (sic), et sono state pigliate delle altre, et ne sono state liberate
» alcune, et fra esse la moglie del Capitan Valdes eh' è una bella Gio-
» vane, però la Madre di essa è stata retenuta et tutte (legg. et di
» tutte) le Donne retenute ne hanno messe alcune nel Monasterio dela
» Consolatione, et la S.''^ Isabella Galzerana fu messa nel Monasterio
CAPITOLO XI V:..).)
» vare la Principessa d'Ascoli con la quale soleva vivere per sua l)a-
» mig-ella. et se ne parti con essa di Napoli, però fu mandata una
» Compagnia menata in Napoli, et non
di cavalli per essa, et cosi fu
i> si dice altro non che viveano secondo la legge Hebraica et che
si
dina del cielo e la bugia per la sua debolezza mai s' in-
CAPITOLO XI 257
toglie quello che nella morte suol essere più duro, eh' è
il timore di morire ».
costituì.
Il Tizzano il 27 ottobre 1553 (documento terzo), depose:
Mi sou ricordiito che oltre quelle donne, colle quali dissi ieri d' aver
ragionato, io ho ragionato ancora delle con alcune opinioni predette
altredonne nel modo che dissi a V. S. Ho ragionato con una suor —
Bernardina, monaca del sopranominato monasterio di S. Francesco di
Napoli (') più volte può esser da cintjue in sei anni incirca del sacra-
mento dell' altare, tenendo che fosse solamente un segno e della divi-
nità di Cristo negative e dell' altre opinioni luterane, le quali la detta
monaca aveva già inteso dal Valdesio e ne era assai bene instrutta. —
Ho anche ragionato con una suor Jacoma,un tempo ab- la ciuale fu
badessa del detto monasterio e con una suor Aurelia del detto mona-
stero molte volte di molte opinioni luterane... Mi ricordo anche aver
ragionato con un fra Lione di Monte oliveto di Napoli, conmiesso di
detto Monastero (').
Nel sunto de' processi editi dal Corvisieri e che ebbero luogo sotto
Paolo III e Paolo IV, sì trovano appunto designate « moniales sandae
Martae extra muros Florentiae » — e altrove « moniales sanctae Cliata-
rinae de Viterbo, sti^pectae ex litteris Marcliionissae Piscariae ».
Modena,
In così il Sandonnini ('), nell' anno 1537 si
Ecco r elenco :
Giulia e Valdes.
per artinare l'indole nata alla virtù in ogni genere d' ornamenti, a che
esortarti, poiché corri spontaneamente in questo nobilissimo studio ?
Nazial, unico que el editor conze. Por Apéndize va una Carta de a Valdes.
Madrid, ano de 1860, imprenta de Martin Alegria ». L' appendice com-
prende la lettera del Valdes al Castiglione per giustificare il dialogo
18
.
(^) Ejnsfolarum Rerjinaìdi Poli ecc. Pars III, p. 203. Brixiae, Riz-
zar di, 1748.
CAPITOLO XII 275
fino alla morte del Valdes, avvenuta nel 1540, nel qual
tempo abbandonò Napoli ed ebbe per successore l'agosti-
niano Pietro Martire Vermigli. Questi dalla chiesa annessa
al suo convento, cioè da S. Pietro ad Aram, imprese a
spiegare e commentare le epistole di S. Paolo con tanto
credito e con tanto concorso di gente , che cattivo cri-
«ombattè ,
però con forma umana e conciliante , naturale
CAPITOLO XII 281
versi speciali per D.^ Giulia), 16 sett. 1560: « l'Arciv. di Salerno dice
di sapere che la bo. me. del Card. Polo ha scritto questi libri » : (segue
r elenco de' libri, cioè del modo di predicare ; alcune brevi questioni
del Concilio; de la reformatione de la Chiesa; Dialogo tra sé ed il
Card, d' Urbino — delle condizioni che deve avere un papa, in lingua
italiana ; molte epistole e tra le altre alcune notevoli all'Arciv. di Conza,
quando era maestro del sacro Palazzo ; e dice che per ora non si ricorda
d' altro). « Dice di più che ama et stima tanto voi solo, quanto ame-
rebbe et stimerebbe tutti i;\i amici et padroni a i quali per sua disgratia
è sopravisso; ma si duole bene che nello scrivere che voi fate di lui
li par di vedere che 1'animo vostro non sia affatto purgato dalle cor-
tegianie romane : il qual peccato non è per perdonarvi se voi non cre-
derete eh' egli non ha né fede, nò affetto alcuno a tutto qiiello che
altri dice et voi scrivete. V invita a Salerno, dove andara tra poclii
giorni, et vi certifica che queir aere è ottimo à torre via tutte le re-
liquie de i morbi pericolosi, tra i quali pessimo egli reputa che sia
quel clie si contrahe dal canto delle syrene. — V. E. gionghi et manchi
quanto li piace et habbia in sua potestà tutto me, come ha qualsivoglia
suo servitore ». — 3. ", Va GO f. 8. D.^ Giulia al Seripando. 24 febb."^
IStJl. Scrive della risoluzione del Sig. Cesare 111.'"° sopra un affare vi-
vamente raccomandato dal Seripando; i quattro ultimi versi sono au-
tografi. — 4.", Ibid. f. 20, Id. id. ult." di febb." 1561. Si congratula
perchè è stato creato Cardinale, e dice: « son volta a ringraciar Dio
poiché da lui solo e venuta la sua promocione, et comincio a sperare
che se vora ricordar de li soi. et per ciò li desidero longa vita et sa-
nità accio veda adimplita (luellapromessa che già mi fece ». La lettera
è autografa tutta, la firma è « Julia de Gonzaga Colonna » la spe- ;
ranza sua pare essere che Dio vorrà farlo divenir Papa per dar pace
a' fedeli suoi la promessa è certamente la pubblicazione de' libri del
;
tionato alla fé. me. del fiJ Ferrante di Gonzaga li mando 1' alligata
sempre sana ». —
15.°, Aa 63, f. 135 t.° Serip. a Camillo Porzio, 23
marzo 1562; « Voi m' havete fatto un g-ran piacere per lo raguaglio
pai'ticolare che mi date dell' attieni vostre... Delle compositioni nelle
quali vi sete exercitato, dopo che saranno poste in luce, mi sarà caro
haverne copia, et intenderne il prudentiss.° giuditio della S.''^ D. Giulia
111.™*, per il quale quando l'opra venghi approbata potrete star sicuro
che non li potrà nuocere nec Jovis ira nec ignes ».
,
(^) TiRABOscHi, St. leti. Hai., tomo III, p. 2074 dell' edizione mi-
'
lanese de' CI. italiani.
286 GIULIA GONZAGA
Caterini ,
poi Arcivescovo di Coii.sa: opera citata dal La-
derchi negli Annali Ecclesiastici e l'orse non pubblicata
per essere stato quel libro messo all' indice. Tutti questi
fatti, in forma naturalmente di accuse, si leggono nel-
l'estratto del processo Carnesecchi.
Il Flaminio quando, per la morte del \'aldes, abban-
donò Napoli per recarsi a Viterbo, tenne viva corrispon-
denza con Giulia, tradusse alcune delle opere del Valdes
per consiglio della stessa, indirizzandolene la dedica. Tutto
ciò risulta pure dagli interrogatori degli inquisitori e dalle
risposte del Carnesecchi nel processo omonimo.
19
,
più che altra cosa eh' io leggessi giammai, mi è parso per più accen-
dermi a seguire il vero camino di Christo, eli' egli ci insegna, riducerlo
(^) C.\NTÙ, G-li eretici in Italia, Torino, Unione tip. ed., voi. 3.°,
pag. 710.
,
vegliate nel vostro letto. Due immagini abbiate sempre innanzi agli
occhi, quella della perfezione cristiana e quella della vostra imperfe-
zione. Questi libri vi faranno avanzare in un giorno più che gli altri
momenti più cattivi per me sono quelli che perdo a sentire predi-
catori, (juali voi descrivete; onde rado mi succede ».
servo di tutti ».
(pag. 143).
Apparteneva a quell'ordine, anzi era stato uno dei
fondatori dell'ordine nel 1525, con S. Gaetano, Giampietro
Carafa nato il 28 giugno 1476 da Giannantonio Conte di
Matalona e da Vittoria Camponesca la quale, come allora
si ripeteva, essendo gravida di lui , si era recata a Mon-
tevergine per consacrare a Dio il nascituro, quando, scorta
da un romito, fu pregata di procedere più cautamente per
quelle difficili ed alpestri vie affine di assicurare e rispet-
tare così meglio chi portava in seno e che un giorno sarebbe
stato papa! E la buona signora, tornata fra' suoi, non
mancò di ripetere a tutti che quanto prima avrebbe
dato alla luce un figlio, predestinato a reggere un giorno
le sorti della Chiesa. La profezia si verificò ,
quantunque
assai tardi ,
perchè Giampietro fu assunto al pontificato
quasi ottuagenario. Del resto se la madre vedeva i futuri
papi, il figliuolo pare che non fosse meno forte a prevedere
la prossima morte de' papi, come gli avvenne quando poi di-
pene ,
perchè il successore Pio IV fece strangolare il
della sua volontà, penetrava uomini e cose da lei spirava un' atmosfera, ;
catenacci e di fortissime serrature le parti de' futuri carceri del Saut' Offi-
cio e provvidele di ceppi e ferri e altri strumenti che vi bisognavano.
cose, eziandio al vitto umano necessarie e che non avessero con cristiani
commercio alcuno, ne' possedessero. E comandò che rimanesse, si come
era, anzi si accrescesse, secondo il numero de' catecumeni, il tributo
che gli pagavano di dieci scudi l'anno per ciascuno, e, aggiungendoli
delle altre gravezze, rivocò tutti li privilegi loro concessi dalli altri
pontefici, con 1' occasione de' quali avevano infinite ricchezze accumu-
late, a torto e a diritto.Fece anche abbruciare i libri del loro Talmud.
Cosa degna di notare quanto cresca la mala gramigna nella città di :
donne per poterle così distinguere dalle... altre Tullia d'Aragona, quando !
Gli ebrei pagarono a suo tempo pan per focaccia. Quando, morto
Paolo IV, il popolo romano trascinò a vilipendio la statua del ponte-
fice, tolta dal Campidoglio e staccò da quella la testa, questa fu
coperta da un ebreo con un berretto giallo e tra' fischi della plebaglia
fu buttata al Tevere.
CAPITOLO XII 301
dovevano come tali poi onorarsi; gli altri, uccisi ii(d nome
di Cristo ,
per sentenza de suoi sacerdoti , non dovevano
eccitare neanche un pensiero di commiserazione nel con-
cetto dell'umanità. Cristo aveva bisogno gli si immolassero
vittime, come ne ebbero bisogno gli Dei immortali! L'an-
tica teocrazia poteva dirsi ed era rappresentante di Giove;
ma r altra poteva dirsi rappresentante di Cristo, del Dio
dell' amore e del perdono ?
Povera martire!
20
,
figlio (li Ercole (il quale ultimo era stato chiuso in una
fortezza dal Duca di Ui-bino ed era stato poco dopo libe-
rato) venne con alcune soldatesche sotto Camerino; ma
lu sconfitto e Caterina fece lanciare da Clemente VII la
scomunica contro di lui, contro l'altro fratello Alessandro
e più tardi contro il loro padre, Ercole.
Su quella promessa di matrimonio non si pronunciò
giammai in modo favorevole il pontefice e Caterina ebbe
altre offerte per Ippolito de' Medici e sopratutto per
Filippo Lanoia, principe di Solmona, in favore del quale
prese parte vivissima Carlo V, grato alla memoria del
Lanoia, vincitore nella battaglia di Pavia. Ma Caterina non
volle giammai ritirare la parola data al Duca d'Urbino a
favore del figlio Guidobaldo. E dire che questi invece si era
innamorato pazzamente di Clarice Orsini, figliuola di Gian
Domenico Orsini! Se non che in que'tempi, in materia di
libertà di scelta ne' matrimoni , i figliuoli non avevano
certe licenze de' nostri tempi, ed il Duca, forte della for-
tissima patria potestà, come allora questa era intesa ed
,
(1) Sansovino, dell' origitie e de' fatti delle famiglie ili ustri d'Italia,.
qui, sono poi tutti di mala vita e micidiali. So che a V. S. parerà anco
un sogno, come pare a noi altri, che 60 persone, messisi a pigliar Came-
rino e poi che 1' han presa e me fatta prigione senza far dispiacere
alcuno, mi habbino rilassata senza dirmi una parola e fuggirsi senza
essere da persona cacciati, et cosi ne rendo gratie a Dio che il fatto
« Dico che credo sia stata amica di fra Bernardino et ante et post
discessum et che lei abbia sempre amate e stimate le sue composi-
zioni et io con lei. Del 1540 o 1541 insieme con Flaminio mi ricordo
averla visitata in Firenze in casa sua et bavere ragionato seco del
articulo della giustificatione, ma secondo l' opinione valdesiana et senza
avere facte altre illationi et ella sentiva e teneva cosi ; et dì più posso
dire questo che ella habbia tenuto a soi uno Don Paulo già
servitii
ston, 1846.
II TiRABOscHi nel toni. 7.° pag. 1753 della sua storia letteraria la
chiama donna veramente nata ad onor del suo sesso e di tutta Italia »,
«
Corte a suo danno. Nel 1543 papa Paolo III era capitato
a Ferrara, accoltovi con magnifiche feste dal Duca. E ben
difficile che allora sul moltiplicar.si di novatori in quella
città non sia stata richiamata l'attenzione del Duca da
parte del papa, di quel papa che lo stesso anno creava
il tribunale della Santa Inquisizione. La presenza della Du-
chessa certo avea dovuto rendere vana, o meglio aveva
dovuta neutralizzare 1' opera del vecchio pontefice: ma non
poteva a' nuovi rimproveri mostrarsi ormai piìi sordo il
mio sostegno, esposta a' più ingiusti trattamenti. Le mie sorelle par-
teciparono alla mia sorte e non raccolsero che ingratitudine. Non si
può imaginare quale fu allora la mia disperazione. Quelli, che altra
volta avevamo chiamati amici, non osavano mostrarci alcun interessa-
mento e noi eravamo piombati in un abisso sì profondo, che sem-
:
som un del éfranger, s' était développé avec une nouvelle energie durant
avaient porte un coup profond dont elle ne detait plus se relever. EU" jugea
son danger sans illusion coimne sans faiblesse. La culture des lettres ne
fut dés lors, pour elle, qu' une application plus costante a V étude de la
parole sainte: la poesie qu' une priere. La derniére JLuse dont elle fut
visitée, fut celle des toinbeaiiS [}).
stesso secolo quattro edizioni a Basilea, cioè nel 1558, 1562, 1570 e
1580 e prima fu dedicata ad Isabella Manrique. Ecco il titolo del-
la
r osservanza de' sacri riti, essere cosi maltrattato il culto divino e l' am-
ministrazione de' santi sacramenti, mossi da santo zelo, si riunirono in
un oratorio, chiamato del Divino Amore, circa 60 di loro, per far quivi,
quasi come in una torre o cittadella, og:ni sforzo per guardare le di-
vine leg-gi e ribatter l' impeto de' vizi e degli abusi. Questi furono, tra
gli altri, il Contareno, il Sadoleto, il Giberto, il nostro Giovan Pietro
Carafa, Gaetano da Tbiene, Bonifacio da Colle, Paolo Consigliero, Tullio
Crispoldo, Latino Giovenale, Luigi Lippomano, Giuliano Dathi o Cachi
e altri molti, tutti uomini principali e di vita esemplare. Fondarono
quest' oratorio nella parrocchial chiesa di S. Silvestro e Dorotea in
Trastevere, non lungi da S. Maria in Trastevere, cioè da quel luogo,
ove dicono che S. Pietro abitasse. Era allora curato della Chiesa il già
detto Giuliano Dathi, penitenziere maggiore di S. Giovanni Laterano il
(^) Caracciolo, o}). cit. pag-. 48. A pag. 51 lo stesso autore sog-
giungeva: la nostra religione di chierici regolari è derivata da quel-
r oratorio di Santa Dorotea. E si ha per tradizione e detto da noi vecchi
che alla nova di doversi fondare la detta religione de' chierici , vi fu-
rono 36 persone di detto oratorio, che fecero pensiero d' entrarvi ; ma
poi sgomentati dalla stretta povertà, che si istituiva, di trentasei quattro
soli restarono.
,
senza necessità; — non pretendere lucro nell' uso della potestà delle
Chiavi, secondo il mandato di Cristo gratis accejìistis et gratis date
: :
—
avere ministri idonei, non ordinando persone imperite , basse, scostu-
mate, di poca età ;
— guardar bene alla collazione de' benefìci eccle-
siastici e massime de' vescovati, badando al gregge di Cristo e non
alle persone, facendo che i vescovi abbiano a risiedere nelle loro chiese
e vietando la cessione di queste ;
— non costituire pensioni su' frutti
de' benefici, eccetto che per elemosine e massime a clerici poveri: —
vietare la permuta de'beneficii: — vietare le rinunzie de' vescovadi
con riserva : — vietare la successione ne' benefici tra' parenti, le aspet-
324 GIULIA GONZAGA
tative, le riserve ;
— mantenere l' incompatibilità di alcuni beneficii,
massime de' vescovati ;
— non conferire vescovati a cardinali, essendo
-incompatibili il cardinalato e il vescovato; — obbligare i vescovi a
risiedere nelle rispettive diocesi; — obbligare i cardinali a risiedere
nella curia ;
— non prestarsi a permettere ciie i clerici si sottraggano
alla giurisdizione del proprio vescovo; — abolire i frati conventuali
coir impedire cbe se ne ammettano altri ;
— stabilire che predicatori
e confessori dell' ordine de' frati sieno sempre sottoposti a' vescovi
circa la loro idoneità; — ordinare che pure i Nunzi e Legati non
debbano attendere a lucri; — vietare che vi sieno frati conventuali
in cura di monache ;
— vietare le dispute nelle chiese ed ogni disputa
pubblica in teologia; — non concedere a' frati che lasciano il con-
vento r uso dell' abito clericale, tanto meno che abbiano beneficii ;
—
togliere la questua dello Spirito Santo, di S. Antonio, ecc. che impli-
cano superstizioni; — non concedere le dispense a' costituiti negli
Il Reumont osserva;
Vittoria Colonna con tutto !' ardore dell' anima anelava alla riforma ;
lei colla corte pontifìcia ; e, se ve n' era ancor d' uopo, provato una
volta di più la natura delle sue aspirazioni e de' suoi sentimenti reli-
giosi; quelle in difesa de' cappuccini mostrato l'animo suo, che s'ac-
cendeva per quanto le rappresentava un ritorno a vita austera e zelo
per la fede, una cooperazione a quella riforma della chiesa, che stette
in cima a' pensieri di lei e de' suoi amici.
CAPITOLO XV :>:31
Molte cose m' haii diete che 1' oppongono che, ponendosi Cristo
e S. Francesco dinante, saranno risolute. Prima che paiono luterani,
perchè predicano la libertà dello spirito, che se son subgiugati alli
ordinarli della terra , che non han scripture , che non obediscono al
Generalissimo, che portano differente 1' habito et che acceptano li frati
Ho
da scriver bora d' una mia grandissima letitia et consolatione,
che ho avuto in questi giorni passati. La serenissima regina di
io
mente del sesso vostro. Io per me son secui-o che questo habbia ad
CAPITOLO XV 3:H3
santa vig'aa et chiesa del Sigriore, che era piena di spine ot di oscu-
rità: cioè se la bontà di Dio ci anderà suscitando di cpiesti spiriti
postscriptum :
tenerlo in efi'etto ».
22
338 GIULIA GONZAGA
Ipsa et Polus male de fide sentiunt fol. 137 fac. 1*. Marchionissa
pecuniam de suis redditibus praestat haereticis , vel ad fidelium sub-
versionem largiebatur per Polum. Unde et sola in monasteriis vivebat
CAPITOLO XV 339
fol. 151 fac. 2''. Marchionissa maxime affecta propter falsam doctrinam
erga Cardinalem Morouum et illius complex , cur sub discipliua Poli
Cardinalis ex pluribus litteris suis ad Morouum a fol. 279, 280 et seq.
ad idem fol. 283 et seq. et quod Polus leg-atus in Concilium sit veluti
sua confessione fol. 12 fac. 1* et 2^, ubi quod eam saepe visitabat
CAPITOLO XV 341
mano fu qui in Roma il primo anno di Papa l'aulo terzo per intro-
ductione, si ben mi ricordo, del Cardinale Palmieri, il quale era molto
amico di quella sig-nora. Di poi la reviddi a Fiorenza, essendo lei capi-
tata in quelle bande per andare alli bagni di Lucca, dove essendo
andato ancor io per mia buona sorte in quel tempo medesimo hebbi ,
tenesse, ma basta che 1' attribuiva molto alla gratia et alla fede in suoi
ragionamenti. Et d' altra parte nella vita et nelle attioni sue mostrava
di tenere gran conto dell' opere facendo grande elemosine et usando
charità universalmente con tutti, nel che veniva a osservare et seguire
il consiglio , che ella diceva haverli dato il Cardinale , al quale ella
come se per la fede sola s' bavesse a salvare, et d' altra parte atten-
dere ad operare come se la salute sua consistesse nelle opere, il che
ella mi referi un giorno, dicendo haver fatto instantia al sudetto Car-
dinale che li dicesse 1' opinione sua circa questo articulo della giusti-
non haverne potuto cavare altra resolutione che questa,
ficazione, et
né bavere poi bavuto ardire di dimandargli altro intorno a questo, né
altro dogma pertinente alla fede, dubitando di non offenderlo con la
troppa curiosità sua.
Iiiterrogatus an sciat vel audiverit dictam Marchio /lissam tenuisse
aliquas alias opiniones circa fideni suspectas,
Respondit: In verità non. E ben vero che mi pare bavere com-
preso, legende qualche suo sonetto, che ella tenesse la predestinatione
assolutamente, ma non so dire a ponto in che modo.
Interrogatus an ipsi vel illi habuerint sermones de aliis dogmatibiis
largò et distese più che tutti.... Quanto alla signora Marchesa, quanto
ho detto, non so certo che fusse amicitia tra loro , ma son inclinato
più presto a credere di si che altrimenti per la medesima causa (pa-
gina 350-352).
dico tra noi, cioè tra il Friuli et il Flaminio et me, ma se fusse tra
loro et la Marchesa, non ne posso dire nulla affirmativamente, perchè
non mi ricordo d'essermi trovato presente ad alcuno ragionamento
occorso tra essa Marchesa et li sudetti, per il quale habbia potuto
venire in cognitione di questo particulare.
Et ad aliani interrogationem dominorum,
Dixit trovavamo alcune volte insieme, o il Friuli o il Fla-
: Ci
minio et io, o tutti e tre di compagnia con la detta Marchesa, ma i
nostri ragionamenti erano per la maggior parte di cose comuni et
indifferenti, et si pure si parlava di cose di religione, se ne parlava in
generale, discorrendo i:!erbi gratia sopra la providenza che ha Dio de' suoi,
et lodando la humiltà come fondamento di tutte le altre vertù Chri-
stiane, et parlando poi della mortificatione, alla quale deve attendere
il christiano, et similia.
Interrogatus an ipse dominus constitutus quandoque snìus adibat dictam
dominam Marckionissam et cum ea colloiiuebatur et an de rebus fidei et
quibus,
Respondit : Non mi ricordo intorno a ciò d' alcuno particulare,
essendo cosa ormai di 24 anni, non negando però di non mi ricordare
d' haverla visitata più volte, et mentre era a Viterbo, et poi qui a Roma
io solo, et di haver ragionato seco a longo, ma per quello che mi
ricordo, i nostri ragionamenti erano la maggior parte in laude del
Cardinale Folo, come subbietto che deiettava ambedue, et il resto poi.
,
CAPITOLO XV 345
a dire il vero, era più tosto di cose i)rofane et temporali che di cose
spirituali et divine. Et insomma non mi ricordo di haver conferito seco
di alcun dogma di quelli, che sono in discettatione.
quello che Dio per ottimi mezzi li ha coraunicato, dico non sapermi ima-
ginare che detta signora volesse intendere altro, che là dottrina et
institutione, che la signora donna Giulia haveva havuta per mezzo del
Valdes, ancor eh" io non sappia corto quello che essa Marchesa per
altro se sentisse delli scritti et opinioni del suddetto Valdes.
Et quella espositione di San Paulo credo che sia quella del \'aldes,
Et ad aliam intcrrogationern.
Dixit : La signora Marchesa, avanti che pigliasse 1' amicitia del
Cardinale, si affliggeva talmente con digiuni, cilicii et altre sorte di
mortifìcationi della carne, che si era ridotta ad bavere q\iasi la ]jelle
in suir osso, et ciò faceva forse con ponere troppa confidentia in simili
opere, imaginandosi che in esse consistesse la vera pietà et religione,
et per consequente la salute dell' anima sua. Ma poi che fu admonita
dal Cardinale che ella piuttosto oftendeva Dio che altrimenti, con usare
tanta austerità et rigore centra il suo corpo, con ciò sia che prima
dice San Paulo ad Timofheuni che corporalis exercitatio admodum ralet
ad pietatern (il che però mi imagino, et non so certo, che fusse da Sua
Signoria illustrissima addotto in questo proposito, poi che il christiano
è obligato ad haver cura del suo corpo, et conservare quel tabernaculo
346 GIULIA GONZAGil
che Dio r ha posto, insin che piace di ripeterlo a chi I' ha dato) la
CAPITOLO XV 347
parteng-ono a me, nelle quali pur fo professione d' haver detto la verità,
per quanto mi è stato sug:gerito dalla conscientia et memoria mia in-
sieme, almeno di quelle che appartengono ad altri, et massime a quelli
dai quali, non essendo più in questo mondo, non posso più né sperare
né temere cosa alcuna, potendo all' incontro temere di esser gravemente
punito in questo mondo et nel altro, tacendo et dissimulando quello
che io son obligato di dire et di confessare.
Iitterrogatus quid ipse domimis constitutm intelligat per iUa verha
dictantiit ìiteraruni: si che se non fusse M. Luisi Friuli et il signor
Carnesecchi, io starei male,
Respondit: Non credo che volesse inferire altro che quello che
sonano le parole istesse, cioè che se non fosse stata visitata più spesso
dal Friuli et da me, che dal Flaminio, che harebbe sentito più la
solitudine della stanza di Viterbo che cosi non faceva....
ancora visitava spesso la suddetta Marchesa in quel tempo che lei era
in Viterbo, dove lui era vicelegato.
quos libros
Rfspondit: Di me posso affermare, per quanto mi ricordo però,
dinon bavere prestato, né donato libri a quella signora, et delli altri
non so rendere conto.
Et dicentibus dorninis si dieta domina Marchionissa legit Ubrum de
Beneficio Christi et aìios similes
Respondit: Né anche di questo so cosa alcuna.
Et cum haee scriberentur,
corum libros,
questo più che d' altro ; ma che 1' aveva admonita in generale che si
di ciò presa da lui, se bene li liaveva per iimnzi portato molta reve-
rentia et rispetto (p. 498-505).
quale pareva che egli avesse molta familiarità ; ma per qual mezzo se
r havesse contratta io non lo so. Ma col cardinale Polo credo la con-
traesse per mezo del barone del Burcio, eh' era un gran gentilhuomo
siciliano, il quale stava allora qui al governo del duca Octavio et delle
cose sue, et era molto amico et servitore del Cardinale sudetto, il quale
allora però se trovava absente (p. 525).
Et in quadam coiifessione pei' eundem constitiitum facta cu/'n detine-
retur in carceribus Turris Nonae, postquam curiae saeculari traditus esset,
in fine processus :
che poi non segui per essermi in capo a pochi di partito da Bagnorea,
dove erano allhora, per la volta di Fiorenza, et poi di Francia.
poetessa.
XVI
fratello di Vittoria:
si lascerà.
23
354 GIULIA GONZAGA
(1) « Volle con cristiana umiltà che tale fosse il suo funerale (?),
dissensi sul luogo, ove fini di vivere una donna, clie del
suo nome aveva empito la prima metà del secolo XVI, della
quale nelle loro lettere si professano ammiratoi'i Cai-lo V,
Clemente VII, Alichelangiolo, la regina di Navarra, gli
ingegni più eletti del tempo. È morta a Viterbo, secondo
il Crescimbeni, il Quadrio, il Roscio ed altri: a Milano,
stidi non pochi allo stesso principato civile do' papi. Due
cugini della poetessa, il Card. Pompeo e Vespasiano, si
Napoli Sacra, a pag. 291, dice che sulla tomba del Pescara,
posto nella sagrestia, si leggevano i versi dell'Ariosto,
sopra —
non poteva appunto designare, come mh' accessio
maritalis. Vittoria Colonna? L'aver omesso di anteporre
anche il nome di essa, 1' aver conservati sulla cassa quei
simboli gloriosi, non potevano appunto significare che si
quantasettenne.
Allora si addivenne alla constatazione del sesso, cosa
non facile, tenuto conto delle condizioni dello scheletro e
non accertabile con un semplice esame anatomico, senza
il sussidio che può solo fornire un gabinetto scientifico. Il
Preg.mo Signore ,
•
CAPITOLO XVI :Ui'.)
trovata )
— non che la statura corrispondente a quella
che sappiamo della poetessa;
4.^ L' età attribuita allo scheletro da due scien-
A Lei dunque rinviene il merito d' aver reso certezza ciò che per
più secoli fu dubbio e mistero.
Con i sensi della più profonda osservanza e la speranza d' aver
(juanto prima il bene di fare la sua personale conoscenza, mi creda
Suo dev.nio
Marcantonio Colonna
24
.
obliata quella spada, che vinse Francesco 1'^ a Pavia, la prima spada
d' Italia dopo quella di Vittorio Emanuele deplorai, sdegnato dal pro-
,
Giulia, come
può anche rilevare dalle lettere che
si
poi passò ad abitare una casa nel Borgo de' Vergini e final-
mente domandò di tornare in quel monastero. Il Papa
secondò il desiderio col seguente breve che il Ch. Pro-
fessor Fontana si compiacque trascrivermi dall'Archivio
Vaticano (lulii III brev. min. A. MDL, tomo 1.° breve 239,
n.° 55).
Blos
cavare destramente da essa Donna Giulia quel che 1' abbia indotta a
fare tale motivo. V. S. adunque sarà contenta di parlarne seco come
prima vi ara la commodità ed avisarmi subito del ritratto, acciò che
io ne possa dar conto a quel signore, il quale si mostra desiderosis-
simo dell' effetto di tal disegno ; ma, come modesto, non ardisce di
sperarlo, se già Dio non avesse destinato di far per mezzo di Donna
Giulia questo cosi gran benefìcio e favore a lui e alla casa sua, di
che le resteria in eterno obbligato; come in ogni modo resta della
volontà e disposizione che in questo e in ogni altra cosa mostra di
farli piacere e servizio.
idee religiose.
376 GIULIA GONZAGA
I II
scriveva:
Vengo ora a dolermi del dolore che mostra aver preso Donna
Giulia di cotale accidente, ma più ancora del rimedio, eh' Ella si
che Dio in quel punto desse a lui, servendo quasi di scorta per quel-
r orribil passaggio. Il che non sipuò negare che non proceda da un
pio e onorevole affetto verso 1' amico ma dubito bene eh' egli si per-
;
che bisognava, né aria saputo da sé stesso cavarne quel frutto che cavò
poi mediante il credito, che dette alla relazione ed esperienza fattane
da lui. All'ultimo discese alla commemorazione di tante amorevoli ed
efficaci consolazioni, che aveva ricevute dalla detta Donna lulia da
poi che erano cominciati li suoi travagli, parte per avvertirlo in che
modo si dovesse reggere e governare in si fiera burrasca e parte per
esibirli tutto l'avere ed il potere svio.
grave precipizio.
In altra lettera :
ultimi avvisi s' intese che stava bene e designava di venirsene in Italia,
ma eredo che sarà più savio in fatti che in parole. Se Morone sarà
CAPITOLO XVll :}Sl
passato.
io m' era rallegrato della partita del papa per tutti li rispetti e
pubblici e privati ; ma ora me ne rallegro maggiormente, avendo inteso
che se non partiva si tosto, aria dato la stretta ancora a Donna Giulia,
il che voglio credere sia stata cagione di farlo partire avanti che forse
non aria fatto per l' ordinario, cioè che Dio abbia così permesso per
salvare Donna Giulia, e, per amor suo, tutti gli amici e servitori suoi.
seconda volta quel divin Signore del card. Polo, per ciò che mentre
viveva r uno, non si poteva dire che fosse estinto l' altro in tutto, tanta
conformità e similitudine era tra quelli due veramente angelici e divini
spiriti. Questa morte è parsa tanto più acerba ed importuna a tutti
noi altri suoi amici, quanto che egli era, quanto alla sanità, ridotto
in miglior termine che fosse stato mai dopo la morte del cardinale.
E quanto al resto era in tanto credito ed estimazione appresso al papa
e a tutto il resto de la Corte, che si teneva per certo che arebbe
per ora avuto il vescovato di ^'erona vacato nuovamente, e fra non
molto tempo sarebbe anche stato cardinale, non ostante che egli non
avesse pelo adosso che avesse un minimo pensiero né dell' uno , né
dell' altro, essendo veramente privo d' ogni affetto di cupidità e d' am-
bizione....
jNel cap. l'.).*^ il lettore vedrii una lettera che Giulia nei
1542 inviava a Don Ferrante Gonzaga per annunciare la
Altre edizioni furono fatte a Ginevra nel 1543 ed a Basilea nel 1562.
Serriion''s de file. Dialoghi sette, Venezia 1542. Diaìogi -Y.V.Y (in duos
litjvos divisi), Basilea, 1563. Z>e Purgatorio dialogus, Tiguri, 1555. Apologi,
ne' quali si scoprono li abusi, sciocchezze, superstizioni, errori, idolatrie et
einpietà della sinagoga del Papa, et specialmente de' suoi preti, monaci et
supremazia del Vescovo di Roma ecc. Commenti ad alcune epistole de' S. Apo-
stoli. Lettera al Nuzio per render ragione della sua fuga dall' Italia ecc.
miei beni l' 111. Vespasiano Gonzaga mio nepote, eccetto nelli infrascritti
25
386 GIULIA GONZAGA
soa vita tanto. Lasso al Magnifico Gio. Battista Peres di Napoli ducati
cento di moneta l' anno, durante la sua vita tanto. Lasso a I\L Federico
Zannichellis de Sabioneta ducati trecento di moneta. Lasso al Magnifico
Sertorio Pepe per aiuto di collocar le sue due figliuole ducati seicento
di moneta, cioè ducati trecento per ciascheduna, et li siano pagati subito.
Lasso Cintia mia schiava al detto Vespasiano mio herede, al qiiale or-
dino che la tenga in lo Stato suo di Lombardia, et inteso la verità
da quella di quanto io volea sapere da lei, la debbia maritare in quelle
bande, con darli ducento ducati di moneta in dote et farla libera e
franca. Lasso a Beatrice Pisana, figlia del Alagnifico Gio : Antonio Pisano
Medico ducati trecento di moneta, quale il patre ce li ponga in entrate,
di più li lasso altri ducati cinquanta di moneta per una volta tanto.
Lasso a Lucretia Gnirfo che sia pagata del suo salario, et di più li
lasso ducati vinti moneta per una volta tanto. Lasso a Giovanni
di
Gnirfo di Salerno mio Creato ducati ducento di moneta. Lasso a Pi-
trillo eh' io ho fatto allevare in casa mia ducati mille di moneta. Et
non ce li barò fatti pagare prima. Lasso al Rev. Don Pietro del Incu-
rabile ducati dieci di moneta per una volta tanto. Lasso a Lelio Cri-
stofani ducati trenta di moneta per una volta tanto. Lasso al Cappel-
lano che al presente mi serve ducati vinti di moneta per una volta,
ultra il salario che li compete. Lasso a madama Antonia... donna di
compagnia, che sia pagata del suo salario, et di più li lasso altri du-
cati vinti di moneta. Prego Vespasiano mio herede li sia raccomandato
Tiberio del Cagnino che per onor mio li dia alcuno trattenimento.
Al Magnifico Gio; Vincenzo Abbate ducati trenta per una gramaglia.
Lasso a M. Onorato Russo, fratello di Caterina Rossa già mia Creata
ducati trecento di moneta, cioè ducati cento per lui et ducati ducento
per li figli per conto de li servitii de Caterina predetta. Lasso all' herede
del Magnifico q. Donato Antonio Altomare Medico ducati cinquanta
di moneta. Lasso a Camilla Altomare figlia del detto Donato Antonio
ducati cinquanta di moneta. Lasso al Confessore, eh' è al pi-esente de
le Monache del detto Monasterio di San Francesco per uno abito du-
cati vinti di moneta per una volta tanto. Lasso che a tutti servitori
di casa mia se li facciano le spese per uno mese. Item ordino che
nisciuno mio servitore o servitrice possa essere astretto né costretta a
dar conto alcuno per via di lite e di Corte, ne' altramente, tanto di
solvo, et ordino che non siano molestati per conto alcuno. Item che
tutti i miei debiti et legati si paghino senza lite, e senza dilatione
alcima, e tutti servitori et servitrici pensionate siano pagati sino al-
l'ultimo giorno che haveranno servito ultra li legati che T bavero lassati.
Prego l' 111. Signora Donna Anna de Aragona, che faccia pregare nostro
Signor Iddio per me. Lasso all' Hospitale de la Nuntiata di Napoli du-
cati cinquanta di moneta per una volta tanto : all' Hospitale del Incu-
rabile altri ducati cinquanta, alle Convertite altri ducati cinquanta, al
Monte de la Carità altri ducati cinquanta. Lasso a la lUustriss. Si-
gnora Donna Isabella Colonna Principessa di Solmone ducati trecento
cinquanta di moneta per una volta tanto in loco di certo Calice e Pa-
tena, et certe perluccie, e bacil de argento, che pervennero da casa
soa in poter mio, che ponno importar detta somma. Lasso a la Rev.
'
l' ordine.
Giulia aveva disposto, come si è visto, di essere sep-
trovava ?
Alla prima domanda darei una risposta negativa con-
siderando che Giulia non fu. monaca e non poteva perciò
nare lo zucchero !
confessasse d' aver fallato, ma non siffattamente che tal pena n' avesse
a patire, disse in modo che fu da molti sentito.
colla società più distinta d' una città, ove 1' azione degli
inquisitori non era sopportata con soverchia indulgenza.
Ma l'assunzione al pontificato rese naturalmente più facile
il comi)ito al vecchio inquisitore.
Il 10 decembre 1565 spirava Pio IV, a grande mira-
colo poco prima scampato da una pugnalata di Benedetto
Accolti, figlio del Card. Accolti. Ciò aveva obbligato il
a uno per uno fu dato loro d" un mazzo su la testa, di poi furono
schannati et poi squartati, la sera poi all' hora solita fumo levati li
detti quarti.
di fuori, si dubita che non ne sieno delli altri nella rete. Questo papa
per r occasione di queste scritture ha detto cJie se le liavesse viste irriuia
peccato suo! ».
(1) Cantù, Grli erefici in Italia, Torino, 1866. voi. 2.° p. 423.
chiamavano a render ragione d' ogni periodo di lettere sue e d' altrui,
di note marginali, d' ogni ambiguità d' espressioni, benché in iscrit-
«... s' ha nuova che sua Signoria Reverendissima era per pas-
sare mare e per intervenire come legato all' abboccamento della pace
il
et aia tuiii quia eadeui donuiia lidia cUleni doniiiia I.saliella cxistt'utt m
parfi/jtts haereticoruiii pecuìwts ministt'ahat, ner non eosdein dominani hu-
heìlam et (rnìeatiunt rupihat ut iierhiaiieret in risdeni jiartilius a/jud haerr-
ticoif tutn etidhi quia dirta domina lulia dimisit Venturain et Pauluiii
constituti scientin, tuui denique quia dieta domina lulia non sohim i/npro-
snam sententiam, cuni tamen in eadem confessione dictus C'ardi nalis roii-
qualche obbligo cbe bumanamente bavesse con essi, et non per com-
plicità et conformità delle opinioni. Quanto poi al bavere lei improbato
r indice delli libri probibiti et poi la confessione catholica che fece
Inghilterra nel suo testamento, non accade eh' io respondi altrimente,
havendo risposto a 1' un et 1' altra obbiettione al suo logo proprio nelli
constituti di sopra, alli quali mi rimetto confidando nell' equità de' miei
illustrissimi signori giudici che non la condemneranno né per 1' uno
né per 1' altro capo per più heretica di quella eh' ella se fusse per conto
del articolo già tante volte repetito da me della giust'iflcafione per la fede,
26
.
che se non ha finto , essendo morto con tanto spirito e con tanta
corapuntione che si debbe credere che idio 1' babbi raccolto nelle sue
s.'" braccia. Il Carnesecchi anchor eh' abbi mostra qualche penitentia
et babbi confessato bavere errato grandemente et con tutto che 1' uno
e r altro si confessasse e si comunicasse, a lui non è stato creso che
dicesse di cuore e da vero , havendo sempre dubitato del purgatorio
e dell' opere, se bene nell' ultime parole che disèe furono che confes-
sava la S. Madre ecclesia romana... la executione si fece cosi per
CAPITOLO XVII 403
condursi non mostrò viltà, non per altro se non per ostentatione ilei
mondo e perchè andasse fuori voce che lui fosse morto con molta
constantia per la nuova religione, doppo che fu decapitato , il M."*" della
loro peccati. M.'' Pietro ci dette il suo ferraiolo che se ne facessi del
bene per 1' anima sua. Et il frate ci dette un habito per portare a
S.t° Apostolo » (voi. 7." p. 78).
non che ci dette le sottoscritte doi lettere scritte d(? sua mano pre-
gandoci le mandassimo alla moglie et figlioli sua a Colle di Valdelsa •«.
sieno mostrati ossequenti alla Chiesa per evitare l'atrocità dell' abbru-
ciamento in vita, adattandosi piuttosto ad una pena di morte meno
atroce, ciò non toglie che, considerati in massa, abbiano amato meglio
non separarsi dalla chiesa romana, aspirando a vederla emendata e
non demolita. Né io intendo pronunziare giudizi sulla condotta di
Roma: solamente non posso mancare di dire che oltre allo scempio
della carità, si ebbe lo sperpero d' un tesoro di fede, sperpero non
più riparato presso di noi, essendo rimasto nella generalità ciò che
tuttora si vede — o ditfuso il dubbio e l' indifferentismo, spesso con-
diti anche coli' ipocrisia — o diffusi moltissimi santi e innumerevoli
madonne (ne sorgono pur oggi sotto i nostri occhi e in quali maniere!);
un culto, non una religione : un culto senza un sentimento profondo
ed efficace dell' Essere supremo, un culto rutinario con molta devo-
zione rumorosa e non con altrettanta buona coscienza: lo stato di cose,
in alto ed in basso, che un nostro filosofo, perseguitato esso pure dal
Santo Officio, scolpi con quelle sue parole : ci serviamo di Dio e non
serviamo a Dio! ».
XVIII
I.
dire che io la visitassi a Napoli, e tanti anni sono. E se ben con l' animo
io ho sempre continuato d' osservarla, di riverirla e d' ammirarla quanto
si conviene a signora di tanto merito, non ne ha veduti però segni
estrinsechi, per li quali io le potessi venire in quella considerazione in
che mi si dice che le sono. Di tutto dunque so grato alla molta uma-
nità ed amorevolezza sua. E come ne le sono infinitamente obbligato,
così le ne rendo infinite grazie. E supplicandola a non dimenticarsi di
(^) Caro, delle lettere familian. Venezia, Remondini, 1756, voi. I.'^
pag. 195.
CAPlToI.o XVIII 40n
Ili
Non farò con voi altra scusa d' essere cosi poco otiicioso ne la
IV
Vorrei, IH. ma sig.* mia che piuttosto gli effetti fossero testimonio
a V. S. del desiderio, eh' io tengo di servirvi, che la molta cortesia di
M. Gandolfo perchè di quel modo e servirei a voi e sodisferei a l' animo
;
con forse più acuta vista vede il secreto dell' animo mio, vi fa phit-
tosto fede del desiderio, che de le operazioni. De l'haver raccomandato
al s. Principe le cose vostre e sollecitato M. Gio. Cola, niun obligo me
(1) Sette libri delle lettere di M. Claudio Toiomei ecc. Vinegia, Ga-
briel Giolito de' Ferrari, 1565, p. 141.
ne dovete avere ;
perchè ne appo 1' uno avete bisogno di raccomanda-
zione , ne presso 1' altro di sollecitudine l' uno vi osserva e desidera
:
più r onore e 1' utile vostro che ogni suo particolar commodo e piacere :
Bernardo Tasso ,
Dedica a Giulia Gonzaga^.
eh' io sovra ogni altra maggiore stimo, è la grazia, che per questa
via mi pare appresso alquante valorose signore di poter acquistare, le
quali con molto fervore amando la virtù, spero che ancora in me deb-
bano quel desiderio amare che a seguir cosa mi sprona, tanto da loro
apprezzata e avuta cara, delle quali principalmente voi una siete che
ciò facendo tanto più ra' accrescete di favore, quanto che alle vostre
rare virtù è giunta quella divina bellezza che simil non credo eh' ad
altra il cielo donasse giammai. Né si poteva in più degno albergo che
del bellissimo corpo vostro chiudere anima sì purgata e gentile et bene
mostrò d' esservi veramente amica la natura quando con ogni sua in-
dustria adornò il vostro virtuoso ingegno di si perfette bellezze che
pur un minimo difetto scorger non si puote quindi nasce 1' ardente :
vostro nome in ogni parte e inalzarvi per le vostre lodi infìno al cielo.
Ond' io desideroso cogli altri che gli altri meriti vostri per la mia
lingua si odano e con questi miei versi piacere altrui; conoscendo in
alcun' altra guisa non poter meglio le orecchia del mondo dilettare che
con la dolce memoria del nome vostro, ho voluto che queste mie
CAPITOLO XVIII 411
composizioni (') seco nella fronte lo rechino. E benché (luesto sia picciol
non pertanto vorrei che vi cadesse nel pensiero che 1" animo mio fosse
tale: anzi di continuo mi doglio della fortuna che non abbia il mio
fette donne, che possono col suo valore guidare la nostra età a (luel-
r antiqua gloria e restituirla ad ampi e pregiati onori.
VI
poi tornai un' altra volta a pentirmi sapendo il dispiacere che avrebbe
lasciato a molti la partita sua e massime a V. E., ma non potei tor-
nare indrieto, perchè Mons. ili."" et R.™° di Mantua Signor mio es-
sendo informato o da me o da altri delle qualità di questo prelato,
sollecitava più ardentemente di me che fosse chiamato. È giunto con
r aiuto di Dio benedetto agli otto di questo un poco smarrito dal cam-
mino e ci ha consolato tutti, massime che il medesimo giorno giun-
sero tre de' principali prelati di Spagna, da' quali siamo assicurati del
venir degli altri et nessuna cosa ci tiene più sospesi che l' incertitu-
dine delle cose di Francia, delle quali però non ci diffidiamo anzi spe-
riamo che quanto più ha tardato Mons. ili.™" Legato a darce qualque
(^) Cioè: <x selva nella morte del sig. Luigi Gonzaga: — epita-
lamio nelle nozze del Duca di Mantova; — favola di Piramo e di Tisbe ».
rag-guaglio dell' opera sua, tanto teniamo che sia per essere più frut-
tuosa perchè tutti i frutti di molta durata crescono et vengono tardi.
VII
MIl
IX
et per quel che si deve alla carità di N. Sig. Dio, voglia vivamente
pigliar in se questa impresa d' aiutare questo Gentil' huomo, vassallo
et buon servitore delle S. \'. Illustrissime, presso il Reverendissimo
Sig. Cardinale di Mantova, talmente eh' ella il metta in gratia di
S. S. secondo che egli tanto affettuosamente desidera, o almeno ren-
derlo sicuro dall' alteratione , che per le false relationi de gli Emuli
detto Sig. Cardina l' ha contra di lui, come V. S. Illustrissima può, et
son certo che vorrà, per non mancare della solita bontà sua.
In che farà opera Christiana, e degna della grandezza et prudenza
di se stessa et obligarà singolarmente questi Signori, et me insieme,
promettendomi fermamente ch'ella non mancherà: et a V. S. Illu-
strissima bacio le mani etc.
raccolta, un' altra lettera da Bruxelles in data 7 dee. 1544, che non
riproduco.
CAPITI»!. Il WIII 11")
XI
dalla volontà sua, ne' dall' opinione della romana chiesa ('); il che se
è cosi, come mi ha affermato uno chi 1' ha visto e come spero di chia-
rirmene tosto, avendo il promesso di mostrarmelo e
fratello del Friuli
XII
Orsù pur ringraziamo Iddio che la nostra fede non pende da uomini,
ne' è fondata in arena; ma sopra la viva pietra, sopra la quale hanno
fondata la sua similmente gli apostoli e i profeti e tutti gli altri eletti
dominio sopra di lui et i pari suoi. Hora, essendo cosi, quanto mag-
giormente dovrebbe operare in noi quest' efletto il consi<ierare che è
morto ("luùsto, et che morendo ha trionfato della morte, havendola
vinta et superata per noi, di maniera che non ci può più nuocere, né
li è restato in lei altro d' horribile che il nome et la faccia sola, che è
([uasi una maschera da fare paura ai piccirilli ed alle femminelle, et
molto più ancora alli impii et infìdeli, quali o non credono che sia
altra vita che questa, o credendolo, tengono che habbia a esser in
lor pernitre (pernicie?) o condenmatione. Ma a che jjroposito, dirà
\'. S. , sei tu entrato a ragionar di morte ? Perchè vorrei, ragionandone
spesso, adomesticarmi talmente con lei, che non ne havesse più paura,
uè per me, uè per li ben che quanto a me, quando io
miei amici,
examino bene me non trovo causa niuna perchè io debbe abhor-
stesso,
rire la morte, essendo sicuro che ella non mi può fare male nessuno,
anzi mi darà adito a conseguire un infinito bene, liberandomi fra tanto
da infiniti fastidii et travagli che porta seco questa vita, et sopratutto
dal peccare et ofi'endere Dio, che è propriamente la morte del anima,
la qual si deve reputare, come è in eff'etto senza comparitione (com-
parazione) niuna più grave et più acerba di quella del corpo.
Postscritta et sigillata ho havuto un' altra copia d' avisi, tra i quali
è la morte del mio dolcissimo patrone d' Inghilterra, che certo mi ha
ti'afitto il cuore, non ostante eh' io mi fusse già armato con l' imagi-
natione che eli' havesse a seguire dopo si longa et grave malatia.
Horsù pure prego Dio che mi conservi Donna Giulia, et se pur me
la vuol torre innanzi tempo, uà concedi almeno quella gratia che ha
XIII
27
418 GIULIA ONZAGA
correspondi all' opinione che s' haveva della cristiana pacientia et for-
tezza del animo di quel signore. Ma io per me credo che questa sia
una iiuaginatione nata dal poco intervallo di tempo che fu dal pas-
saggio dell' una a quello dell' altro, et che il puovero signor fusse
tanto afflitto et estenuato per la lunga infìrraitu .patita, che non ha-
vesse più spirito in corpo. Sua Signoria reverendissima ha lasciato suo
herede universale il signor Friuli, non ostante che havesse molti stretti
parenti, et che lui fusse al tutto forestiero in quelle parti, nel che ha
chiaramente dimostro quanto ella stimasse più la congiuntione del spi-
rito che quella della carne. Erasi in sin allhora trovato in casa circa
XII mila scudi tra denari ed argenti, et pareva cosa strana che non
si fosse trovata molta maggior summa, havendo sua Signoria reveren-
dissima exacto già parecchi anni le decime, et i primi frutti di quel
regno che importavano un mondo. Imperò s'havera qualche inditio che
la Regina se n' era servita nelle sue occurrentie. Trovasi ancora qui
un credito in sul monte della zecca di 9 o 10 mila scudi in nome del
sudetto Reverendissimo, quali conseguentemente appartengono al si-
gnor Friuli, et li venivano quasi di ragione hereditaria, perchè essendo
quelli che furon lasciati dalla marchesa di Fescara al Cardinale, pai-eva
conveniente che egli similmente lasciasse a qualcuno altro con l' istessa
carità che fu usata con lui, il qual però ha caricato tal heredità di
molti legati fatti a parenti et servitori, di maniera che s' è mostrato
grato et liberale universalmente con tutti , et quando pur havesse
mancato in parte alcuna, sono certo che la bontà del Friuli supplirà
liberalmente a ogni falta con esponere le proprie facoltà sue bisognando,
M. Donato s' è trovato ancor esso alla morte di sua Signoria reveren-
dissima, et se ne doverla tornare in Italia in compagnia del Friuli, se
però non restaranno di passare il mare per paura di inquisitori,
potendosi stare là sicurissimi. V. S. harà inteso 1' essequie fatte a Roma
a Carlo V couìe a Imperatore, et la bolla eh' era uscita contra quelli
che ambiscano il papato, privando i cardinali inquisiti della voce ac-
tiva et passiva nel conclave. Harà anche inteso l' electione fatta del
reverendissimo Alexandrino per presidente dell' inquisìtione, et sou
certo harà subito pensato a quel eh' è venuto in mente ancora a me,
dico che ciò sia stato fatto particularmente per conto di Morone : però
non mi estenderò in dirli altro intorno a ciò.
Carteggio di Oiiiliu.
^/*, »3*, 9ff*, 3*^ 3t- a 35, W^, 50"^ a 53^, 37'^ a 60^. - Alla
4.3=^, 47*. - A Cesare Gazzio, i7^. - A luigi Davila, 29^. - All' Im-
peratore Carlo V, 30^. - A M.r Giovanni.... 3i^. - A Pietro Antonio
Masserotto, 36^ a 4t^. - Alla Dttchessa d' Ariano, 4^^. - A Sabino
Calandra, 4ò'\ S'i^. - A Muzio Capilupi, 46'^\ - A Ippolito Capilupi,
Gl^, 74^. - A Vespasiano Gonzaga Colonna, 48^, 49^, 56"^, 75% 77^
a 79^. - Ad Arturo di Veura, 55*. - A Cesare Gonzaga, 62^, 63'"^,
Mantova.
II
Mantova.
Havendo avuto accepto 1' altro mottetto (}) qual mandai a V. 111. S.
mi son sforzata farne metere un altro inseme per far piacere ad quella....
III
IV
et per adesso con questa intentione ho ditto al 111, S**"" Cagnino mio :
fratello chel ditto vada ad star alli servitij del IH. S. Luisi sino ad
tanto che la parte resti di miglior manera accomodata : et a V. S. IH.™'"'
baso le mano la cui persona nostro Signore guarde corno desea; Da
Fundi ali Xij de Julio M.D.XXXij.
424 GIULIA GONZAGA
VI
VII
Credo che V. S. avesse una lettera mia insieme con quella del
Villano, che portò un giovane, che veniva al servizio di V. S. dove
ella potè facilmente vedere come il Villano mi dava assai grassa parte
ne le cose del Testamento; ma o per aver meglio viste le scritture,
perchè si sia, mi dice al contrario, dicendo che li Feudi non si
ponno obbligar senza assenso impetrato prima la morte del sig. Vesjja.
fé : me : ovver che Donna Isabella avesse rilevato detto assenso. A la
prima dico, che credo, coni' io son certa, che il Signor mio non ci
procura di Donna Isabella. Ma, come si sia, io non cerco voler il suo
Stato, ma bene il modo d' intertenermi : e li miei Avvocati me ne
ponno esser boni testimoni, che quando nd dissero che mi competeva
molto, io sempre dissi, volermi accomodar col manco eh' io potessi,
come anche V. S. potrà vedere per un partito, che fra li altri ho
voluto fare con Donna Isabella. Ora sapendo che V. S. viene in Napoli
me ne sono molto allegrata, avendo visto con quanta affezione V. S.
è sempre venuta ne le cose mie. E sia certa eh' io tengo più fede in
lei che in persona del mondo. Per questo la prego quanto più posso
voglia tanto che sta in Napoli veder di far che queste cose mie si
Vili
IX
.... Procurando di bavere dal S."" mio Patre (luel che delle
mie dote me conviene, sto sperando più presto ne le gratie che V. Ex.'^
è solita formi che in altra diligentia che potessi fare, et essendo V. Ex.'*
patrone de Tutti, massime di me che le tengo segnalatiss."^ osservan-
tia non dubito che mirato non meno e la juxta satisfa-
et affettione,
ctione mia che a quel che mi porta la disgratia mia, interponerà la
autorità sua di manera che a quel che si debitamente ricerco, non se
426 GIULIA GONZAGA
XI
XII
XIII
vata assai più occupata in questa mia causa, quale Dio gratia è stata
pur espedita et in mio favore hanno condennata la Sig. D. Isabella a
pagarme ogni anno doimila e cinquecento ducati a terza per terza, e
ad esser fuora di questo fastidio, cosi volesse Dio che fusseno finite
XIV
circa quel che le parerà più servitio di questa signora. Et non haven-
dole di me a dir altro per adesso resto basando le mani di v. s. 111. ma
insieme con quelle della S.''=^ Principessa et la bocca delli figliuoli.
XV
À D. Ferrante Gonzaga {Napoli, tiltimo d' ott. i538 . Modena, Est.
Ill.mo 8.°'" Fratello et S.""" mio osser.™° — Una S.""^ amica mia mi
astringe a pregar V. S. 111. ma voglia concedere al presente Caiabaranos
una compagnia de infanteria ovvero qualche altro conveniente cargo
alla sua qualità, et per che io non posso mancar a questa tal S.""^ per
infiniti rispetti et non dubito che V. S. Ill.ma bavera per excusato
questo mio non posser far altrimenti che scriverli et supplicarla per
che me ricerca et io desidero scrivere, la prego voglia in quanto le
et quanto desidera.
XVI
morte di M.^ 111.™^ S.""^ gloria, che per la sua littera s' è degnata farme
scivere non tanto m' è stato partecipe come comanda, ma proprio per
infiniti rispetti, massime per la continua osservantia eh'
. io tengo a
tutti li soi successi, quali desidero che siano sempre prosperi et fe-
licissimi, nondimeno ancorché questo di presente debbia dolere, io lo
reputo de assai manco, consideranno quanto ce ha tassato, et si per
questo, come per essere anche caso naturale et non molto fuora dal
suo debito termine, non dubito che V. E.'^ lo haverrà accomodato con
la sua somma prudentia. Per tanto non mi extenderò molto in suppli-
camela, ma restarò pregando il S.*" Dio li piaccia ristorarla de molto
più in li figliuoli, stato, et quanto desidera, et nd conservi in la bona
CAPITOLO XIX rj'.>
Wll
Modend, Est.
XVIII
eh' io mandi a V. S. Ill.ma 1' alligata lettera sua insieme con quelle
scritture accioch' veda a quanto s' è proceduto con in la sua querela
col fregoso e perchè circa di questo io non ho da dire altro se non
che li mando questo dispaccio et per addesso non ho tempo da scri-
vere altro, la prego a farmi scrivere subito la ricevuta ; et con questo
resto basando le mani di V. S, Ill.ma insieme con quelle della s.''^ Prin.^''''
XIX
XX
111.""' et Ex.™''^ S.'' mio oss.™'\ — Questa mia serra per basar le mani
XXI
WII
male nove eh' io havessi possuto per addesso liavere , è stata quella
me hanno le S. V. scritta della morte del 111.'"° S."" Duca S."» gloria,
servirla di quello che faccio io, la quale insieme con Vesp. bacio la
XXIIl
A I). Ferrante 6>onzag:a /" luglio... forse i340j. Modena, Est. Aiitogr.
S." Donna HyiDpolita non so che dirme si non una infamia il vedere
et sentire quel che passa. Lei sta con li soi soceri et marito. V. Ex.
lo intenderà da altri che io confesso che son troppo sensibile in molte
cose e particularmente in questo fatto, per ciò non ne parlo voluntieri.
V. Ex. havrà saputo la cosa de Siena et ora che '1 duca de Fiorenza
ha fatto li fatti soi voi tratar la pace ; lui ha ragione perchè lui solo sa
far guerra et pace. S' io fussi signora de quelli che se penterano col
tempo, dico credo che sarei signora de li signori et di ciò basta.
S' è vero quel che se dice che '1 Duca se contenterà de la prima
capitulacione, il re ce havrà avanzato assai oltra de tanti migliara et
432 GIULIA GONZAGA
nisca questo de qua corno già e par finito che francesi avanti che se
partissero volevano darli una mano a li nostri e già li era venuta fatta
la inboscata che li nostri se credevano che fussero lontani parechi
miglia. Or 1'andò bene et fumo presi parechi pregioni de importancia
fra quali è Monsignor de La Roccia che ha fatto de taglia otto miglia
scuti a tre o quattro cavalli legieri, ma Francesco del Harra con li-
cencia del signor Duca d'Alba 1' ha comprato da quelli tali cinquecento
'1 Duca venirà a Gaeta dove se vedrà con la mo-
ducati. Scrivevo che
glie, alcuni dicono che passerà più avanti. M'ero scordato dire che
se '1 socorso a li nostri de la Scaramuzza era presto che se rompeva
tutta quella gente eh' era una più che mezza vitoria. Se intende per
più vie che '1 papa vole che '1 cardinale de Ingliterra veng[h]i a Roma
e già comò saprà il Morone è in castello con alcuni altri eh' erano
tenuti per inreprensibili, papa chiamarà a poco a poco
dicono che '1
sucesor suo dico eligerlo da mo. Non so se me credi una cossi fatta
cosa pur se vedono cose assai: V. Ex. atendi a star sana per veder
più cose. Donna Beatrice d'Avalos se ne andò ieri col marito per mare
fino a Salerno e poi per terra de lì a Potenza ; tutta Napoli ha pianto
la sua partita, il priore nostro è andato a compagniarla fino a Salerno.
Baso le mano de V. Ex. et prego Nostro Signore Dio che concedi a
V. Ex. ciò che desia e io li vorei vedere. V. Ex. havrà inteso quel che
passò nel dar del tosbn al conte de Santa Fiore et Antonio Doria, però
non lo replicherò. Io non vedo da molt' anni in qua Antonio Doria che
lui da che sucesse quel fatto tra il pover conte del Fiesco e Genelin
Doria lui volse mostrar meco il pater patria e fa tanto del grande che
'1non se pò sofrire. Se e' è proposito o no V. Ex. lo consideri. Credo
che '1 sia amico di fortuna et che per ciò compiacere a giudicio suo
ad altri a bon conto se debbe mostrar con V. Ex. de quel modo. Io
vedrò che N. N. ce lo faccia adimandar da R. R. Ho inteso quello che
V. Ex. dice de lo asegnamento e Dio perdoni al tesorero pur 1" ho in-
teso da poi, ma io cresi che V. Ex. lo dovesse mandar per scritto.
Ora come la Principessa stia meglio li dirò il parer mio con amore
ma non li voglio già far del maestro e N. : S. dia longa vita et felice
a V. Ex.
CAPITOLO XIX 433
XXIV
A 1). IUnnn Cardonn Gonzaga ;io dee. 1540 . Modena, Est. Autogr.
111. ma Sig.* figlia mia carissima et hon.™* — Per molto que li sia
detto scritto non
pò dire ne scrivere abastanza
si 1'
amor eh' io li
parentato so que sera facil cosa quella credi avere e io a lei il reci-
proco amore e son certa que andrà ogni di avanzando que cossi in-
traviene quando le persone son grate et conoscono quel que li con-
XXV
Al Duca di Mantova? Xai)oU S luglio loir. Modena, Est.
XXVI
XXVll
XXVIII
chi tocca de bona voluntà; ma i)erchò ella non credi che resti per
non voler dir qualche cosa, comandandenielo \. S. dirò quello che ho
inteso, che lui ahi scritto alla Marchesa di Pescara e alcuni dicono al
Papa. Dicono che 1' abl)ia scritto a la d. sig-iiora che hii era jiartito
da Venecia, donde fu citato per comparire davanti il papa ;> che es-
sendo arrivato a Firenze fu c<msi<;liato a non venire, e se ben mi
ricorda nomina un D. Pietro Martir de 1' ordine de' canonici rej,'-olari
causa perchè sia stato citato, ma da Roma sarà facil cosa a sapere.
XXIX
A Luigi Davìla '^dj). /-'i apr. /544J. Balla race. Marcobruno, p. 49.
il suo favore, voglio purg-armi d' una sinistra imiiutatione, che intendo
essermi fatta dalla modestia del sig. Luigi Davila; — e questo è
che gli anni passati ricevessi un libro dell' Ethica d'Ai-istotile tradotta
in lingua volgare, e non habbia mai voluto né rispondere alle lettere,
ne' haver grato il dono mandatomi : che certo s' io fossi incorsa in
tale errore, o per superbia, o per ing-ratitudine, meriterei esserne ripresa
e notata da V. S. e da chi lo intendesse. Ma perchè con verità son
per natura aliena dell'uno e l'altro simile vitio e massime con \. S.
XXX
che Vostra Maestà gli darà, spenderà sempre volontieri in servitio suo
e del Principe, a i cui servitii è per vivere e morire, non meno fedel-
mente di quello che hanno fatto Lodovico mio Padre, e Luigi mio
fratello, Avo e Padre del detto Vespasiano, ne i servitii della santa
mem: di Massimiliano Imperatore e di V. Maestà, come più larga-
mente esporrà il presente Agente, cosi mi resto baciando humilmente
lemani e piedi a Vostra Maestà.
CAPITOLO XIX 437
XXXI
Ma^.eo in.s Giuvjiiuii mio hoii. Io liu st'iiipn' linvvita ferina f»>d»*
in voi. che accascaiulo in chi farmi piacere non sarestivo mai per
mancare, et s5e mai mi acascò cosa che io desiderassi d' ottenere et
fame la prova, questa n' e una : lo scrivo al Sig". Don Ferrante una
lettera de raccomandacione in favore del conte Broccardo da Persico
g-entir uomo Cremonese, qiianto esser possa mio amicissimo. Et perchè
non vale havere il favore, se non e chi procuri et soliciti de haverlo
et d' usarlo alli tempi che le convengano d' usarlo però con questa :
mia ho preso seeurta de voi che per amor mio vogliate adoperarvi in
questa cosa da haverne piacere come se fusse cosa mia propria. Come
saria di raccomandar la Causa a quello che sarà comissario strettissi-
mamente, et a tre o quattro delli principali senatori in che più con-
fidate, et ad ogni altra persona che fosse bisogno parlarne, et secondo
ve ne sarà data intentione da chi solicitava per il predetto conte : poi
che havrete havuta don Ferrante, al quale non ho
la parola dal Sig.
voluto scriver ogni cosa minutamente, per non fastidirlo ma a voi :
quante cose, gli venga fatto se non torto espresso ;dmeno un estremo
rigore di giustizia, per havere detto Passarino ottenuto lettere de fa-
vore dal Sig. Duca di Fiorenza, or poi che il conte Broccardo è tale
che lo merita et per la ragion che tiene, et per amor mio vi astringo
a non mancare d" ajutarlo in tutto quello che per voi si potrà come
confida in voi, et altra eh" io ve ne restarò con obligo ve lo astrin-
gerete lui in cosa da non scordarsi mai. Io non dirò altro per ora se
non eh" io resto con desiderio d' intendere bone demonstracioni del-
l' animo vostro, in questa causa, et benché ho scritto al Sig. Don Fer-
rante per tal causa : Io voria però per amor mio voi ne pigliassi il
XXXII
plicarla eh' Ella sia servita. Non gravare quella repubblica di maggior
numero di soldati che di 150 italiani ed un governatore a elezion loro,
il quale altra volta tenne quel carico : le remission degli esuli non la
n legano : ma saria meglio negarla che concederla con quelle condi-
zioni, eh' io intendo : cioè che essi sieno rimessi nella lor patria con
quelle leggi però e capitoli, che piaceranno all' avversari loro : v. s.
senza suo gran danno pagar tanta guardia ma sia come essi dicano or : :
non è meglio che i cittadini patino in qualque parte nella roba che nella
roba e nel sangue oltre a questo non ha questa città le sue entrate pub-
blice, dove si spendono ? Non è già onesto che i primati se le usurpino,
neanche se sperdino e si consumino in vacatarirC?), donde non ne viene
utilità nessuna alla città. Ora v. s. conoscerà bene li faziosi e gli in-
quieti perturbatori della pace e con esilio o con più grave castigo
potrà punirli e render a' buoni sicura la patria loro, che non doman-
dano se non giustizia universale e ugualità. Io son ben certo che v. s.
patino e stiano privati della patria loro contro o^-ni del)ito di {giu-
stizia; e tanto più che essi altro non cliieg-ycmo che {^--oder il suo,
con sicurezza della vita. Ho voluto non dar consig-lio a v. s. ma so-
lamente ricordarle la quiete di quella città e la salute de' buoni cosi :
che ella non g-li manchi, perchè intendo hii esser molto uomo dabbene:
N. S- esalti v. s. quanto essa desideri.
XXXIII
fosse stato iritato di alcune cose, ma come si sia la cosa è seguita e s' io
non mi gabbo questi suoi fratelli restati son degni d' esser considerati
massime da V. S. al giudizio della quale e bontà li raccomando quanto
più strettamente posso. Et se mi vorrà far grazia di rispondere a ciò,
conforme al desiderio et speranza mia, io lo tenero a grandissima grazia
e lo tenero segreto.
440 GIULIA GONZAGA
XXXIV
111.™° et Ex.™° Sig-. mio obser.™° — Questa mia serva solo per
basarli con essa la mano persuadendomi que delle cose di qua V. S.
sia ben rag-uag-liata, or se sta quieti ma non senza suspetti e mai lio
desiderato tanto1' essere fora de qua come fo ora. Dio ce prò vedi que
XXXV
A D. Ferrante Gonzaga (Ischia lì ag. 4347J. Modena, Est. autogr.
stata a sai male, ma non essendosi poi continuato l' aviso che non
sarà andato il male inanti. N. S. sia servito que sia cossi. Io sto in
Il periculo poi della cita d' essere saquegiata. V. S. credi que non è
stata in dui deta e certo la cita se portata meravigliosamente, ma
più presto si pò dir que Dio 1' ha voluta riguardare le ruine successe
in parte di essa. V. S. l' intenderà da altri, in fine il rigore al giu-
dicio mio non è bono in tutti tempi e se ben non tempo par que
causi rispetto et observantia al fine comò cosa violenta non pò du-
CAPITOLO XIX 441
rare, or io son qua e io con ìiIcuik' doiiiu' sto in castello e ^-li altri
XXXVI
che la figlia del Signor Cagnino Bo Xre sii comodata con la figlia :
del 8.°'" duca di Ferrara, poiché quel altro partito non ha havuto
effetto "S'espasiano ha fatto far li conti al S.*"" Salazar del suo ma-
:
serò consultata qua, perhò vi dico che alla receputa di questa non
debbiate manchar de veder detti conti, et del tutto darme notitia,
rimandandomi la medema copia del conto eh' io mando a vui et che ;
XXXVII
aver avuto ferma conclusione dello star suo et che vada vagando or
per questa casa, maggior vituperio del
ora per quella ; mi par il
XXXVIII
WXIX
A Pietro Antonio Masserotto (Xapoli io ott. ir.is . Mo'lnui, Est.
tator di questa Gio. Antonio Marchetto e per essere stato suo j)adre
XL
alla ricevuta di questa facciate opera che la metà della terza sii posta
in Milano in mano d' homo sicuro da potersi avere ad ogni mia re-
quisizione, facendomi girar 1' altra metà qua in Napoli per ipiella via
XLI
medeme g-alere, come credo che bavera, vi dico che non debbiate
manchar d' acomodarlo de tanti dinari quanti li bastarano a ritornar
a Napoli a piedi et non più, che tal è la volontà mia. State sano et
N. S. vi conservi. Da Napoli il dì X lug-lio del XL Vili, (mano propria.) —
Vili sapeti che la S. Domia Isabella è la più cara amica eh' io habi,
per questo non mancate de farli tutti gli servicii che serano posibili
et li oferireti ogni cosa e la visitareti come facessivo a me propria.
Al piacer vostro ecc.
XLII
vessi proposta se non conosesse in lei molto più di quel ch'io saprei
de virtù e bontà et sapere. So che lei è venuta ancor per amor mio
a servirla costi V. S. ancor per amor mio Tabi più cara oltra gli altri
respetti. Di me li dico che son stata trista alcuni di e forsi se causò
del haver pianto ne la morte de la Signora Marchesa de Bitonte mia
eia, e la mia testa se resente d' ogni piciol cosa. Y. S. atendi a con-
CAPITOLO XIX 445
XLIII
A I). Dinn.1 Cardoua Gonzaga ^?V niarzo tSòO). Modena, Est. autog.
XLIV
A D. Ferrante Gonzaga Napoli o off. I55t). Modena, Est.
s. Patigno in ciò che fusse in facoltà mia di poter far per lui genti-
luomo che lo merita per ogni rispetto ; e per ciò desidero che questo
suo cognato senta in effetto mie raccomandacioni non essere
le state
XLV
A Sabino Calandra, Mantova (Napoli 19 marzo 456^) Ardi. Cronzaga
Mantova.
mesi continui, nel qual tempo non ho possuto complire con chi do-
veva, vetandomelo gli medici per la sorte del infermità in che mi tro-
vava .... Hora Dio grafia sto meglio.
XLVI
più depciidendo voi servitort- ili \ cspiisiano d;i me, il che farà clu?
\LVII
jl
ma s<io-nora nepute e lìylia on.'"'' — La di \'. S. del 22 del pas-
sato in risposta ad una mia mi è stato oltremodo grata, alla quale
non mi occorre dir altro se non che ho preso piacere grandissimo
intendere che Ella stia bene e si conservi. La ringrazio della diligen-
tia promette di far usare nelle lettere, che io scriverò di qui in avanti
XLVIII
avviso come è già quattro mesi non sto niente bene, perchè oltre
certi dolori di fianchi che mi vennero li giorni passati e poi febbre
con vertigine, mi sopraggiimsero 1' altra sera certe doglie di stomaco
448 GIULIA GONZAGA
XLIX
incluse venute di Lombardia datemi dall' agente qua del s. Don Fer-
rante et appreso per dirvi che ho preso piacere d' aver inteso da Paolo
Colle che siete venuto pel viaggio bene et siete arrivato in Fondi a sal-
vamento. Intesi anche dal detto come avevi animo di dare una volta a
Napoli et pensava che saresti venuto ad alloggiare qua in la casa
eh' io tengo. Io gli riscrissi che vi dovesse visitar per parte mia e che
col desiderio aspettavo di vedervi e di più gli dissi che m' avvisasse
della certezza se era per venir ad alloggiare con me e quando : — e
questo lo scrissi per poter aver tempo di farmi accomodare di forni-
menti per mettere in ordine due camere per la persona vostra, perchè
io non ne tengo. Mi risponde ora Paolo che la S.""^ vostra madre
verrà alloggiata qua in sua casa, che se così è farete bene a satisfarla
et consolarla sì di questo come d' altro, il che vi consiglio facciate e
con questo fo fine et il s. Dio sia con voi et vi faccia quello che ia
vi vorrei vedere. {Segue un jìs.J.
ili tutto questo non se faceva niente volendo jjoi aneor.i (jue se fa-
cesse il schiavo a la mofrlie con ricevere of^-ni di mille all'ronti come
ne \H) fiir fede quelli che l'ano provato, si che le cause son queste)
\nn jìcr dir tutto e' è S.'° lacobo que se pensa far yran cose et Napoli
qiie ha il cervello cossi fatto: or intorno a questo io vo pensando qua
li strani modi que si teiifi-ono in quel tribunale de inquisi/ione sono
tali que og-nuno per ussirne dice non quel que sanno, ma (juello clie
se imag-inano et que a lor pare ({ue ayradi a quei sever."" sopra detti
loro ne tengono mala opinione, dico que se loro anno mala opinione
que li devevano o deveno proibire, que essendo poi proil)iti io sarò
ubidiente se bene non li tengo manco adesso. Lor non mancano de
far et dir alcune cose contra di me, come è a dire che a ogniuno gli
va per la domandano di me et se dicono que habiano par-
mano li
29
450 GIULIA GONZAGA
in Italia, et que forsi quella S.'"^ non sia atta ad aspettare de le occa-
sioni : e questo non per que non la giudichi de tal valore que de
facile lei aspetasse voluntieri il tempo, ma me imagino que ce sono
de le cose, come in tutte le cose |
de questo mal mondo sogliono
essere le quale se sentono et non se possono ne vogliono dire ma :
parlo a la tentoni e più per imaginacione che per scienzia. Ben vedo
che queste cure et pensieri travagliano talvolta più le mente de li
grandi que magior importanza per le mano e forsi que
cose de
star sempre contrastando et sul tavogliero V onore la vita et forsi
ancor in parte V anima e non solo con li inimici scoperti ma con
chi lo deve amare et con li inimici occulti. Io comprendo assai più
che non so dire e tanto più me doglio que se li agionge travag-li
per ig-iioraiiza orri ma non ;,'-ià per vulnntu facessi uftìcio con chi si
sia de mal" arte tanto più con (juci de casa mia (lue sono dopo Dio
le persone a chi sono più inclinata de amare et servire, questo non
dico ad altro efetto sì non jìer dir (jue a bona et in presencia se ponno
dir cose que in carta non sariano prese per il verso, e tornando al
])rop()sito dico que se bene e benissimo que ^'. E. asecuri (piei S/'
de Mantua conio conviene non per ciò dirò «lue se deva itrecijiitar
ben sua M.tà. ce lo desse se vero que siano molti dì prima que '1
vicirè morisse que lui mandò a cercar licencia a sua Ma. dicendo
que '1 conosceva non poterlo servire in quel regnio, poi que 1' era tal-
mente minato que a un bisognio non e' era modo de difenderlo se :
questo è così la medesima causa lo farà non voler quest' altro se già
sua Ma. non volesse rimediarce come ho detto, ma li aficcionati di
"\'.
E. dicono que venendo qua lei et tenendosi li modi debiti que
non ogni sorte de persone se arichissero con quel che se da per la
defensione de questo regnio, que le cose passariano meglio or veda :
452 GIULIA GONZAGA
LI
LII
andar guardato perchè m' è stato detto eh' ella se ne descuida tropo,
basoli de novo le mano : in bona gracia sua me racomando.
LUI
cossi fatta che se do^'-liono del male et non se contentano del bene
454 GIULIA GONZAGA
fusse il suo servicio, volesse dio che corno sento ogni suo fastidio
fussi atta a diminuirneli .... alcuno, ma poi non posso altro. Prego
dio che sia lui che lo acquieti et contenti. De le cose mie non so
se se stano. Como intenderò altro ne aviserò V. E. poi che
me lo comanda e me favorirò con tanta magior sicurtà quanto che
conosco che \. E. se trata meco cossi amorevolmente de la nostra S. D.
LIV
V. E. (le que il casamento del lìylio del Pr."" de Stiti-liiino con la lìylia
del Pr." de Sulmona era a le strette, ora dico con qviesta cbe io lo
tengo per fatto poi che sono d'accordo del dote. E solo sta la co.sa
nel modo del pagamento che per non esserce molto deferencia credo che
se farà masime che me par che "1 pr.'' de Stigliano stia molto resentito
de non so qne lettera che va pnìjlicando il sig. lo : Donato de la Marca
et a me non è parso bene lo andarlo sossidiando, con ogniuno poi
che -a lui al giudicio mio doveva bastare haverne il favore et quel
Card.''' lo sapesse senza farve il bando che me ha detto più de diece
persone et alcuni che son afficionati a V. E. ce lo voluto dire seben
ce lo acenai per altra mia. Et uno di essi ma detto che "1 pr." de Sti-
gliano ha detto, vedeti se m'era data la baia per acomodar questi de
la Marca. Lo voluto scrivere acciò sapia il tutto. Io con ragione e
contra de essa son obligata ad amar li servitori de Y. E. : come fo in
cità possibile. Il Pisanello e fori parmi che '1 se senti assai obligato
ala E. ^'. e forsi saria a proposito che V. E. scrivesse che lui li farla
Scritto fin qua me dice quello amico con chi parla il Pr. de Sti-
g-liano. Che lui intertenirà la ieratica con Sulmona fin a Setembre se
li davano parole dal canto de V. E. che farà li fati suoi. Se sarà cosi
V. E. havrà l' intento che saranno due mesi et alora se potrà risolvere
<ii cose sarà cosi perchè, io do poco credito a le sue parole, pur la
volontà che tiene de far quel casamento, potrà essere che lo faccia
osservar qiiello quel che dice. E si no, non si perderà se ben invero
non ce essendo altri et dando lui dodeci miglia scudi l' anno al figlio,
Mag.° Sig.°''. — Lodato sia dio che pur se vene al fine de questo
matrimonio, Mes."" Sabino mio. et forsi lesser ritardato un poco più
se la fatto esser tanto più caro. Io ne sento un contento grande per
ogni respetto e più sagumentarà quando vedrò comò tengo per certo
che sarà che la S. d. Isabella contenta e non sia chi dica chio
ne sia
vui S.'' Sabino mio sareti contento alegrarvene in mio nome con quelle
LVI
LVII
LVIII
LIX
So ben ([ue 13 (il Sig. Don Fer. Gonz.*) non fece cossi ma il h^
(minis. di S. A. in Napoli) in fano cossi et a questa nacione è
licito ogni cosa, voglio vedere de haverne una lista et mandarla a
V. E. se ben da ISIantua l'havrà forsi havuta. Dice N. N. (Donna Giulia)
que fra questi de 46 (D. d'Alva) se dice que 48 (Don Gomez) non
è tanto favorito dal 2 (Re), non so dove lo fondino, e già saprà che
46 (D. d'Alva) sta in dubio de andare -h-h(a la Corte). Cesare de la
CAPITOLO XIX 4')\)
tanto inimico pò stare (pie \'. K. 1' avesse dal Re e poi se potria
acordare facendose pace et (piel Car.'*-' se contenteria con poca cosa.
V. E. ce pensi per il Sig-. F'rancesco , et de le cose de (jua questo
g-entilomo ne li potrà dar conto, e io resto con basar le mano a \. E. :
LX
.V 1). Ferrante Gonzaga fM nov. 15^7). Modena, Est.
LXI
LXII
vere con questa occasione. Vi dirò solamente che m' è stata assai
cara l' amorevolezza, colla qiiale avete fatto quesf ufficio con me ;
e prego N. S. che come v' ha fatto vedere queste feste con salute,
così le piaccia farvene passare mille altre congionte con tutta quella
soddisfatione, che desiderate. M' è stata carissima anchora la nuova
che mi date del ben' essere vostro, facendovi intendere che anchor io
per gratia di Dio mi trovo assai bene. E senza più vi prego felice e
lunga vita ; e fo fine. — {Autografo) Desidero che que la Signora
Donna Diana stia bene et perciò prego voi a far quella se governi
per molti anni felice: desidero che dicate al sig. Duca de Sessa che
li baso le mani.
CAPITOLO XIX 461
lAIIl
V. s. 111.""" dandoli nuova del mio ben' essere. Cosi la supplico clie
comandi eh' io spesso veng-a avvisata de la salute sua essendo ciò
uno de' principali pensieri et desideri eh' io abbia per ordinario. Dal
sudetto s. Fabritio v. s. potrà intendere molti casi eh' io li ho confe-
riti perchè se ne doni conto a lei e fra 1' altro sarà il particolare de
LXn'
Non ho risposto prima eh' adesso alla lettera di ^'. S. R.™" de' XXV
del passato, volendo insieme colla mia mandarvi ancho la risolutione
del sig. Cesare 111."'° sopra il negotio che da Lei m' era cosi calda-
mente raccomandato. Dogliomi che la risposta non sia venuta nel
modo che io desiderava per servitio di V. S. iscusandosi il sig. Cesare
per la maniera che potrà intendere dal sig. Marcello suo nipote, a cui
lio fatto leggere la lettera, perchè possa riferirne quanto contiene.
Ben le dico che quante volte Ella mi comanderà cosa che assoluta-
mente dependa da me conoscerà per gli effetti che la virtù e valor
suo si può promettere di me ogni buono et amorevole ufficio e eh' io
non solo spenderò volontieri le forze mie quali elle si sieno in tutto
quello che Le piacerà di adoperarle, ma mi recBerò a ventura di haver
occasione di servirla, richiedendo cosi il merito suo e l' affetione,
LXV
Al Card. Seripando (ultimo difebhr. tsei}. Bihl. Naz. Nap. Autog.
LXVI
Alla Duchessa di Mantova (^) 'Napoli IG apr. lo6l). Arch. &onz. Mantova.
I.WU
desidera.
Autografa. — Tre di sono que scrissi a ^'. S. 111."'^ per avisarla de la
vacimza de V Arcivescovado di Paleruìo. que essendo il Cardinale nostro
De Gonzaga nato in quel regno, e toccando questa volta a li nati
LXVHI
essendo della bellezza che scrive, non deve essere d' naturale, oppure m.
Titiauo ha voluto mostrar la forza del siio ingegno formando una
doima compitamente bella, et come dovrebbe essere, non come io mi
sia stata. Pure mi piace che il ritratto sia in potere di V. S. poten-
domi facilmente succedere eh' ella per mezzo della pittura havrà me-
moria delle persone vere, et per F avvenire mi sarà più cortese delle
siie lettere. Intanto me le offero et raccomando con tutto 1' animo et
LXIX
de' quali tirò una archibusata a Pier Luise Castaldo, della quale si
rano haver g-ratia da Y. S. 111.™^ et dopo molti aimi che sono andati
fuggendo poter vivere alla lor patria. La supplico ad havergli per
raccomandati in tutto quello che si potrà senza pregiudicio ideila giu-
stizia. Il che riceverò ancor io a favor segnalato da lei, restandone
con obbligo etemo alla cortesia di Y. S. 111.™^ alla quale prego ogni
suprema felicità.
LXX
persone che non posso mancar di compiacerle d" una lettera di racco-
mandazione. La quale desidero nondimeno eh' abbia tanta forza quanto
è per tornar comodo a Y. S. 111.™% e non pregiudichi a le consulte
ho per bene che prevagliano a tutte le mie
del suo Auditore, le quali
raccomandazioni, si come hamio fatto in questa dei sopradetti Pan-
1' auditore
dolfi, parendomi ben onesto che la giustizia con la quale
accompagna tutte le sue consulte, non debba esser ritardata dal favore
de le mie lettere. E col fine di questa baserò a ^^ S. 111.™'' le mani,
pregandole ogni suprema felicità, supplicandola a tener esercitata la
LXXI
patre tiene in testa. Li denari già gli avrà hauti ^'espasiano in Milano
et me piace che '1 vadi là et che ce vadi honoratamente et che stia
ben con tutti desidero che '1 Masalora complisca et che quei dinari
vadino in Venecia subito. Perchè me n' ho da finir qui me piace che
vili con tutta la casa vostra stian bene : salutareti tutti in mio nome
et a la S. Elena et a vui me racomando con tutto il core, et fate dar
recapito a queste per Vespasiano.
LXXII
dicono costì e per una non ho per autentica, quella che viene al par-
ticolare del marchese di Pescara, essendo molte ragioni in contrario,
che non mi curerò di scrivere altrimenti. All'Aldegatto scrivo diste-
samente nel mio negozio col Mazalora, onde non dirò altro, rimetten-
dovi a quanto scrivo adesso a M. Agostino. Intanto me la offero e
raccomando con tutto l'animo e saluto la Consorte e i figliuoli, a' quali,
LXXIII
LXXIV
LXXV
A Ippolito Gapilupi, Vescovo di Fano, Venezia (Napoli 29 ai))'. 1304)
(i).
quelli aniorruoli uilìeii. clu' {tosso et so^'-lio prestare a" miei carissimi
amici: con v\\v mi parerà anelli' di nii;^lioriir(' la una conditione, perche
facendo altramente potrei cadere da quella opinione cortese, eh' ella
et Monsii^-. Carnesecchi teng-ono di me, della quale fo tanto caso
quanto del g-iudicio di tutto il resto deg-li huoniini; poiché se bene è
fallace, nasce tuttavia da affettione et da amore, che mi portano. Del
qual ingranno d'aiubedue io resto contentissimo, perchè da ciucilo ne
risulta a me cosi notabil g-uadag-no. Io non uog"lio per bora dar la
LXXVI
dere anche cosi buoni particolari della sigj^ Donna Anna, la quale
non dubito che senta questa lontananza di Vespasiano con molto desi-
derio e risentimento di animo. Piaccia a N. S. di dare ad ambedue
lunga vita, acciò si possano g-odere con lor contento e soddisfatlon di
tutti noi che è quanto posso dir a V. S. alla quale mi raccomando di
LXXVII
lassar per ora e quando [e quando] sareti con Vespasiano dirli che '1
di novo che '1 non se faccia inimici, massime quel amico. State
sano et avisatemi de 1' arivo vostro et me racomando a vui. Ogi do-
minica de palme potrete ancor rimandarmi le litere che scrive Ve-
spasiano a me poiché 1' avrete bene intese non lasate de tentar il
fatto de le tratte et non me remandate la cifra per il staflero ma da
CAPITOLO XIX 469
LXXVIII
111.""^ nepote et tìglio cariss.° Credevo que non possi tardar ad arivar
alfonso con la Hjrlia se ^--ia non è yionto secondo la comodità che
bave havuta et il tempo a proposito et da lui intenderà de 1' esser
mio et de ciò che vorà sapere dele cose de qua. Ora vengo a rispon-
dere a una sua de dui de ottobre et m' è stato sommamente caro in-
tendere per essa que la mia S. D. Amia et D. Isabella stiano bene et
sopra tutto que vui ancora ve trovate sano et (Mio ?) ve conservi
tutti et ala mia S.'"'' Donna Amia dia un l)ello figlio maschio con sua
salute. Quanto ala morte de Hypolito me ne son doluta per esser
diseso e?) da tanti servitori dela casa nostra et havrei caro que la moglie
fusse gravida et facesse figliolo que vivesse in memoria deli soi patri
et avi, e fintanto que se vedrà 1' esito dela fìglianza dela moglie m" è
parso mandar ordine a M. Rainero aciò faccia inventariare le cose dela
eredità et deli frutti e mobili se cominciano a pagare i debiti que in
ogni evento sarà a proposito, e io non farò risolucione in caso que
toca a me si non col parer mio. Ho intese le nove di la. Di qua li
de' soldati et parte per la pocagine deli turchi e' è restate quelle reli-
quie distrutte in modo que se li principi christiani non aiutano li
turchi per altra via havrano l' intento que Malta se abandoni. Io me
470 GIULIA GONZAGA
pace col papa et que io liavevo inteso que "1 papa se saria contentato
de quello que adimandò nel principio '1 papa mostrava me rispose que
desiderar que volendola di quel modo non se li poteva
la pace et
negar per il Duca poi que '1 re liaveva sottoscritta quella dimanda
del Card.' Caraffa sì que se tiene qiie sarà pace.
LXXIX
vpstivo per due letere che per conto alcuno non pensasse a. 8. [a
donna Isabella d" Aragona]. Ma lasato questo a parte, eh' è giusto che
se compiaccia a vui il più che si pò, dico che concorro che 12 [Domia
Virginia] sia a vostro proposito tanto più che vui la conosete quanto;
a la de Spagnia non so se voran eh" eschi del suo paese senza grande
lor avantagio : e dico che 8 [donna Isabella d" Aragona] non posendosi
eflfetuar con 12 [donna Virginia] me piace per ogni cosa e masime
per quello che vui mostrate de desiderare, sopra ogni altra cosa, corno
so ve •
ho detto più volte, dico circa 1' onestà et ingiegnio : ma da
pochi dì in qua s' è fatta tanto grassa che dubito che vui non ve ne
CAPITOLA XIX 471
coiiteiit;irt'st(-'vo. l'erohé li;i jicr-so «^'nni piirtc «le l:i v;i<,'-[hjezz;i che te-
vera giudicio comò ho creso eh' ella habi deverà far con vui almanco
quello che fa con gli altri se ben essendo vui il primo deveria far
più perchè voler contentarvi con dire che poi de la morte sua havreti
quel che non pò togliervi par strano, forsi se ravederà. Io ho ragio-
nato con Messer Rainero sopra ciò a longo : che tenti sopra le tratte
poiché lei n' è mal pagata e \'ui potrestivo haveme qualque cosa et
saria facile a vui che servite il re e lei se scomodaria poco : e ser-
virla che se intendesse che lei veda darve sei milia ducati l' anno
quanto ala reputacione dovendovi acasare. se de questo modo non
haveti da lei che li resta il stato 1' entrate de diece milia ducati de
472 GIULIA GONZAGA
LXXX
che le litere che vengono a \'. S. sian tardate pt-relu- sucessc la morte
del sig-nor mio tre g-iorni poi de ciuella di sua excellentia : si che V. S.
non imputi questo al Cardinale et perché la posta voi partire io non
dico si non che li baso le mane con iiuelle de la Sitj'^nora principessa
et che ebi la h'tera di sua mano e \'. S. respondi presto perchè non
penso espedir piT Luniliardia senza saj)cr 1' ordiiH' chi' li jtar se habi
a tenere.
LXXXI
Con mio gran dispiacer ho risaputo esser venuto a voi xin scele-
rato- alchimista, il quale con false losinghe v' ha pervertito il cervello
e vi ha fatto entrare in umore che tramutar si possino le sostanze
delli elementi e di ramo farsi argento : e l' argento convertire in oro :
rizzate de" thesori in Cielo, dove ladri non rubbano, dove la ruginei
non consuma e dove la tignuola non rode e non mannuca quel che :
si acquista per mala via non è acqiiisto, ma 1' è perdita grande e dan-
ELENCO CRONOLOGICO
commendatizie (Est.).
affari (Est.).
(Estense).
1549, agosto 3, Napoli. — -1 Don Ferrante Gonza'ja. — Relativa ad una
commissione ricevuta (Est.).
1553, marzo 8. . . . —
A Don Ferrante Gonzaga. — Trasmissione di
Commissione data al Perez (Est.).
1553, aprile 12, Napoli. — A Vespasiano Colonna. — Lettera di racco-
mandazione (Est.).
1553, giugno 25, con la posdata del 28. — A Don Ferrante Gonzaga.
— (Estense).
1553, luglio 29, Napoli. — A Vespasiano Colonna. — Lettera d'affari
(Estense),
1 553, agosto 4, Napoli. — A Vespasiano Colonna. — Lettera d' affari
(Estense).
1553, settembre 23, Napoli. — A Vespasiano Gonzaga. — Gli manda
lettere del Ratzale, clie deve avergli già annunziato la morte
di Donna Beatrice, madre della signora D. Diana. Parla del
testamento della defunta e delle difficoltà che possono insor-
gere da quell'atto (Est.).
1554, aprile 5, — Al
Duca di Mantova (tutta di mano di G. G.)
(?).
—
Lettera di complimento (Arch. St. Mantova).
1554, ottobre 18, (?). —
Al Duca di Mantora (autografa). Congra- —
tulazioni per nozze (Arch. St. Mantova).
1554, ottobre 18, Napoli. — A Sabino Calandra (autografa). — « Lodato
sia Dio pur se venuto al tlne a questo S."*" matrimonio, caro
Sabino mio ^ — E segue su questo argomento per tre fac-
31
482 GIULIA GONZAGA
Alois (d') Gio. Frane, detto Ca- Argoli Aless. Vescovo, 127.
serta, 285. 287, 288. Aubignè (d') Teod. Agrippa, 267.
Altieri Baldasarre. 239, 240, 396. Aurelia, suora nel mon. di S.
Altomare Camilla, 387, Francesco, 263.
Amante Errico. 19, 144. Austria (dell') Giustina, 265.
Amedeo III, 33: Amedeo VI, 34. Avalos Alfonso, March, del Vasto,
Amicle (città). 23, 24. V. Vasto; Costanza principessa di
Ang-elo (di) Franceschina, 265. Franca villa, 177, 182; Costanza
Ang-iò fd'). Vari di questa fa- A. Piccolormni, 260, 261, 334;
miglia, da 27 a 35. Ferrante Frane. Marchese di Pe-
Angaiissola Sofonisba, 163. scara, V. Pescara.
Anna (moglie di Pietro) eretica, Aversa (d') Matteo, 235.
265.
Apollonia Antonia. 265. Badia Card., 242, 243. 323. 325,
Appiani Beatrice, 9. 13, 14. 336.
Aquila (famiglia de' Conti dell'), Balbani Cesare, 267.
25. 38, 39. Balbiano (famiglia di), 12.
(') Non sono stati compresi i nomi che si leggono ne' due carteggi
(cap. 18." e 19.°).
484 GIULIA GONZAGA
nantonio, conte di Madilaloni. 12: 33; Cle.nente VII papa, 16, 41, 42
Isabella, 12, 13; Nipoti del papa, a 46, 51, 54, f.l, 64. 86 a 89, 92,
297. 108. 127, 227. 271. 272, 305 a 3o8,
Carandini Dallila, 2(J5. 326, 395.
Caravalo Claudio, 243. Coccopani l'aolo. 145.
Cardona (di) Diana, 18(5, 212, Codato Angela, 265.
213; MariM. 182, 19<5, 197, 258. Colle Bonifacio, 321.
Carueseechi l'ieti-o, 80, 190, 234, Colocci Angelo, <)1. 77, 78.
239, 243,273,280. 286, 289, 311, Colosini Milander Angela, 255 ;
167, 209, 210, 337, 375. 383; Leggenda dell' uccisione del ca-
Francesco, 62; Gianfrancesco, 1; meriere, 72 ; Aneddoto del Tosca-
Ippolita, sorella di Giulia, 5 ; Ippo- nella sulla sua pudicizia, 73 ; Versi
lita G. duchessa di Mondrag-one, a lei del Muzio e del Tolomei, 74 ;
158 a 162, 164 (ivi, 1^ riga legg. Motto ed impresa di Giulia, 75.
Ippolita invece di Eleonora), 165, Sua corte a Fondi, 77; Affetto
167, 289; Isabella, 257; Isabella pel suo Segretario Porrino, 78;
G. di Puviglio, 258; Isabella Co- Elogio fattone dal Valdes e dal
lonna, maritata a Luigi Gonzaga Porrino, 80 ; Il Falco le dedica il
Rota a Giulia, 203 Si consacra ; monio tra una nipote del Card.
all' educazione del nipote Vespa- Morone e Cesare Gonzaga, 373 ;
215, 216; Versi a lei del Tolomei, Venuta in sospetto dell' inquisi-
216, 217: del Tansillo. 218 e di zione e consigliata a fuggire si ri-
. .
137, 141, 143, 223, 307: Loren- cesco 210; Girolamo 61, 62; Mad-
zino, 95, 108, 118, 119. dalena 260; Napoleone 46, 57, 61,
Melantone, 336, 348. 62, 64; Virginio 132.
Merenda Apollonio, 277, 396, 397. Orthega Caterina, 238.
Mignoz Sigismondo, 289.
Minadois Germano, 289. Padula (March, della) Maria,
Miniato (da) fra Tommaso, 243. 166, 196, 257.
Minturno (città), V. Traetto. Paglias Violante, 255.
Miranda Bartolomeo, 243. Paleario Aonio, 61, 403 a 405;
Molilo Gio. da Montalcino, 240, sua famiglia 404.
V. Buzio. Paliano ( Castello) 57 a 59, 187,
Molza, 61, 75, 76, 78, 80, 90, 358.
91, 94, 95, 99, 101 a 105, 113, Pallantieri Alessandro, 298.
114, 117, 138, 143, 215, 216,374. Pallavicini Card., 325.
Moncada Ugo, 43, 44, 46. Palmieri Card., 340.
Montesano Giulia, 246. Paolis (Paolo de) 243.
Monticelli, feudo della Gonzaga, Paolo III, 36, 78, 93, 98, 99,
144. 104, 117, 143, 150, 159,207, 224,
Morata Fulvia Olimpia, 241, 259, 242, 243. 311, 313, 323. 335.
260, 266, 289, 303 a 305, 312 a Paolo IV, 187, 188, 210, 211.
319; Peregrino, 312, 313. 243, 281, 288, 296 a 300, 323,
Morone Card., 240, 242, 273, 324, 326, 334, 381, 392.
325 a 327, 333, 335, 337 a 340, Parpaglia Vincenzo, 347.
342, ?43, 373, 380, 381, 397, 398. Pasquali Coni Ludovico, 241.
Moroni Alessandro, 360. Pasquali Gio. Luigi, 251, 252.
,
,.
DG Amante, Bruto
54-0 Giulia Gonzaga contessa di
.8 Fondi e il movimento
G65a6 religioso femminile nel
secolo X/I
'''^ijtJ^Éìji^'^^"
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