Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
FONDAZIONI
Vincenzo Caputo
pag.1
Riferendosi ancora all’iter progettuale delineato nel Capitolo 3, si osserva che la
progettazione di una fondazione in zona sismica avviene successivamente all’analisi
geotecnica del sito. Ciò comporta che da un lato risulti già esaminata e garantita la
sicurezza del sito nei confronti della liquefazione e della stabilità dei pendii, dall’altro
che siano già acquisiti i risultati dello studio della risposta sismica locale.
Come per altre opere geotecniche, viene in genere richiesto il rispetto di alcune
prescrizioni costruttive; a tali prescrizioni verrà dato nel seguito adeguato rilievo, allo
scopo di renderne trasparenti sia le motivazioni, sia le conseguenze che dispiegano
sull’iter progettuale.
A rigore, lo studio delle fondazioni dovrebbe essere svolto in un ambito unitario,
comprendente anche la struttura in elevazione. In effetti, a tale insieme – quanto meno
all’insieme della struttura di fondazione e del volume significativo del sottosuolo – si fa
riferimento quando si conducano analisi di interazione terreno-struttura; è peraltro
evidente che analisi di tale tipo, inevitabilmente molto complesse, sono in genere
giustificate solo per opere di grande rilievo, mentre la prassi per opere di minore
impegno è di seguire approcci semplificati.
Nel seguito, si farà prevalentemente riferimento a fondazioni di edifici “normali”, per
le quali da un lato appare in genere ragionevole richiedere una classe di prestazione B o
C così come definite nel Capitolo 3, dall’altro l’iter progettuale tradizionale prevede che
lo studio dell’interazione globale a tre componenti (elevazione, fondazione e sottosuolo)
possa essere semplificato ritenendo lecite due operazioni:
• suddivisione in due problemi di interazione a due componenti:
- (A1) interazione elevazione – fondazione;
- (A2) interazione fondazione – sottosuolo;
• studio “in cascata” di tali problemi.
L’iter progettuale sopra delineato, ampiamente consolidato in campo statico, viene in
qualche modo adottato anche per la maggior parte delle analisi svolte con riferimento ad
azioni sismiche, per le quali, come illustrato nel seguito, è frequente il ricorso al metodo
delle sottostrutture.
In questo documento, l’attenzione è naturalmente concentrata sull’esame del
problema A2, in condizioni sismiche. Prima di affrontare tale problema, peraltro, si
ritiene opportuno premettere, sia pure in modo estremamente sintetico:
1. una descrizione dell’iter progettuale delle fondazioni in campo statico, con
riferimento ad entrambe le fasi di analisi sopra introdotte; ciò allo scopo di
evidenziare alcune assunzioni/semplificazioni adottate, ritenendole, più o meno
implicitamente, lecite, per poter successivamente constatare analogie e
differenze con le procedure in seguito descritte con riferimento alla
progettazione antisismica; giova peraltro ricordareche l’analisi del
comportamento in campo statico di una qualsivoglia opera va comunque
condotta anche in zona sismica;
2. una descrizione delle procedure di analisi strutturale comunemente seguite per lo
studio del comportamento della struttura in elevazione, indicato come fase A1,
in condizioni sismiche.
Ciò consentirà non solo di illustrare come si pervenga alla determinazione delle
azioni da portare in conto nella successiva fase A2, ma anche di evidenziare l’esistenza
(1.A)
Nella sua versione iniziale, contemplata nel D.M. 16/1/1996, il sito in esame
interviene nella definizione del modulo delle forze statiche equivalenti attraverso il
grado di sismicità della zona ove l’opera è ubicata, espresso tramite il coefficiente
sismico C, eventualmente amplificato mediante un coefficiente di fondazione ε che
tiene conto, sia pure in modo estremamente semplificato, dell’amplificazione sismica
locale.
(1.B)
Una versione più evoluta, che nell’Eurocodice 8 viene indicata come “Lateral force
method”, lega invece i valori delle forze statiche equivalenti a valori dello spettro di
risposta del sito in esame, che esprime la risposta sismica locale. E’ opportuno rilevare
che per seguire tale approccio è spesso possibile evitare la determinazione rigorosa,
attraverso un’analisi dinamica, del periodo proprio Tc associato al primo modo di
vibrazione della struttura in esame.
Lo stesso Eurocodice 8, infatti, specifica i casi per i quali è possibile una valutazione
approssimata di Tc e fornisce semplici formule da utilizzare a tale scopo. In modo del
tutto analogo, impiegando semplici espressioni, è possibile valutare Tc portando in conto
anche il contributo del terreno di fondazione.
Quando la valutazione di Tc non sia ottenuta eseguendo un’analisi dinamica,
l’approccio qui descritto mantiene naturalmente una natura pseudo-statica, al pari della
versione precedentemente illustrata.
Figura 9.1 - Interazione cinematica della struttura di fondazione dovuta al moto free field.
Figura 9.2 - Metodo delle sottostrutture per l’analisi dell’interazione dinamica terreno-struttura
attraverso la decomposizione in interazione cinematica e interazione inerziale (da Gazetas e
Mylonakis, 1998).
Vincenzo Caputo
Alcune regole di progettazione hanno ormai raggiunto una ampia condivisione, sia
per la loro palese rispondenza a regole del buon costruire, sia per il sostegno loro fornito
dall’evidenza sperimentale acquisita attraverso l’esame del comportamento di opere in
vera grandezza durante vari terremoti. Allo stato attuale, tali regole sono infatti riportate
in modo molto simile in numerose normative con la valenza di prescrizioni costruttive,
e appare quindi utile riepilogarle e commentarle anche in questo documento.
pag.11
rigidezza, di quanto illustrato per una trave isolata ai casi, senz’altro più realistici, di
fondazione costituita da un graticcio di travi o da una piastra.
I sintetici richiami forniti nel paragrafo 9.2.1 sull’iter progettuale delle fondazioni in
campo statico costituiscono un riferimento rispetto al quale è agevole porre in evidenza
le differenze che derivano dalla progettazione in caso di azione sismica.
Il paragrafo 9.2.2, dedicato a brevi richiami sulle procedure di analisi strutturale
impiegate in ingegneria sismica, ha evidenziato come la tradizionale procedura “in
cascata” che in campo statico parte dallo studio dell’elevazione (fase A1), per poi
pervenire allo studio dell’interazione fra fondazione e sottosuolo (fase A2), costituisce
una semplificazione decisamente più spinta per il problema in condizioni sismiche. In
particolare, l’impiego di tale procedura prevede una fase preliminare A0, che
corrisponde alla definizione delle azioni esplicate sull’edificio in condizioni sismiche.
Nel caso delle applicazioni usuali alle fondazioni superficiali, tale fase si avvale dei
risultati dello studio della risposta sismica locale del sito e, nella maggior parte dei casi,
di fatto coincide con tale studio.
Complessità diverse caratterizzano, come illustrato nello stesso paragrafo 9.2.2, le
analisi strutturali della risposta dell’elevazione ad un evento sismico. Appare quindi
logico, nel definire un approccio allo studio del comportamento delle fondazioni di un
edificio, cercare di bilanciare non solo i livelli di complessità delle analisi strutturali e di
quelle geotecniche, ma anche il livello di approfondimento delle indagini geotecniche.
Alla luce di quanto sin qui esposto, nei successivi paragrafi, dedicati alla descrizione
delle procedure di progetto delle fondazioni sotto azioni sismiche, si avrà quindi cura di
porre in luce il ruolo del sottosuolo in entrambe le fasi, qui indicate come A0 e A2, nelle
quali esso compare.
Richards, Elms e Budhu (1993) hanno sviluppato una procedura che consente, in
condizioni sismiche, di valutare sia il carico limite sia i cedimenti indotti, e quindi di
procedere alle verifiche per entrambi gli stati limite (ultimo e di danno). La valutazione
del carico limite viene perseguita mediante una semplice estensione del problema del
carico limite al caso della presenza di forze di inerzia nel terreno di fondazione dovute
al sisma, mentre la stima dei cedimenti viene ottenuta mediante un approccio alla
Newmark, richiamato nei capitoli dedicati alla stabilità dei pendii ed alla progettazione
delle opere di sostegno, descritto in dettaglio in Appendice H.
p L = N q q + N c c + 0,5 N γ γ B (10.1)
Kp ⎛ Kp ⎞
Nq = ; N γ = ⎜⎜ − 1⎟⎟ tan ρ A (10.6)
KA ⎝ KA ⎠
ρ AE = (ϕ − θ ) + tan −1 ⎨
( )
⎧ 1 + tan 2 (ϕ − θ ) [1 + tan(δ + θ ) cot (ϕ − θ )] − tan(ϕ − θ ) ⎫
⎪ ⎪
⎬ (10.7)
⎪⎩ 1 + tan (δ + θ )(tan (ϕ − θ ) + cot (ϕ − θ )) ⎪⎭
−4
V 2 k *h
∆ = 0,087 (10.12)
Ag A
Nella (10.12) ∆ è lo spostamento del blocco in direzione orizzontale, V e A
costituiscono rispettivamente la velocità di picco ed il coefficiente di accelerazione del
terremoto di progetto, g è l’accelerazione di gravità e k*h il valore critico del coefficiente
di accelerazione. Una volta calcolato ∆, il cedimento w è dato da:
w = 2∆ tan ρ AE (10.13)
La determinazione dei valori di ρAE può essere perseguita oltre che per via analitica,
anche avvalendosi dell’abaco riportato in Fig. 10.5.
Per il calcolo del carico limite, in alternativa all’approccio seguito da Richards et al.
(1993), è possibile avvalersi dei risultati di uno studio condotto da Maugeri e Novità
(2004), che hanno determinato il carico limite di una fondazione superficiale sottoposta
ad un carico (pseudostatico) inclinato e poggiante su un terreno a sua volta soggetto a
forze di inerzia. Lo studio, condotto per via numerica mediante il metodo delle
caratteristiche, ha consentito di ottenere i valori dei coefficienti Nq, Nc e Nγ relativi a
tale analisi, e di rapportarli ai classici valori corrispondenti al caso statico, ottenendo
così degli opportuni coefficienti correttivi, indicati rispettivamente come hq , hc e hγ.
Al fine di semplificarne l’impiego, Maugeri e Novità hanno inoltre provveduto a
determinare delle funzioni interpolanti di tali coefficienti correttivi, dipendenti
dall’angolo d’attrito φ, dal coefficiente sismico kh e dal fattore adimensionale f che
esprime la percentuale di sforzo di taglio trasmesso alla base, e che consente di
distinguere la presenza del solo effetto cinematico dalla presenza dell’effetto dinamico
globale (cinematico + inerziale). Per una completa descrizione del metodo e delle
modalità di impiego si rimanda al lavoro di Maugeri e Novità.
Brinch-Hansen J. (1970). A revised and extended formula for bearing capacity. Danish
Geotechnical Institute Bulletin, 28, pp. 5-11.
Maugeri M., Novità D. (2004). Numerical model for the evaluation of the soil inertia
effects on bearing capacity. Proc. International Conference on Soil Dynamics and
Earthquake Engineering.
Richards R., Elms D.G., Budhu M. Seismic bearing capacity and settlements of
foundations. Journal of Geotechnical Engineering, ASCE, 119, pp. 662-674.
Figura 10.2 - Carico limite in condizioni sismiche, per ϕ= 30°: (a) inclinazioni delle superfici
di rottura; (b) coefficienti di spinta attiva e passiva; (c) meccanismo di rottura (per kh / (1 - kv ) =
0.30).
Figura 10.5 - Inclinazione del cuneo di spinta attiva in funzione del coefficiente kh.
Giovanni Dente
La risposta sismica dei pali di fondazione è il risultato di una complessa interazione terreno-palo-
struttura, la cui analisi è resa difficile dai fenomeni non lineari che intervengono soprattutto nel
terreno in vicinanza dei pali e dagli effetti cinematici associati al moto del terreno.
Concettualmente, si ha interazione cinematica se l’interfaccia tra terreno e struttura si deforma in
maniera diversa rispetto alle condizioni di terreno libero (free field), cioè in assenza della struttura.
Per analizzare compiutamente la risposta sismica del complesso terreno-pali-struttura all’azione
sismica sarebbe necessario fare riferimento a modelli dinamici completi (cfr. 3.5.3), che permettano
di determinare allo stesso tempo le sollecitazioni e le deformazioni nel terreno di fondazione e negli
elementi strutturali. In tale contesto, con un adeguato modello che utilizzi, per esempio, un legame
costitutivo del terreno di tipo elasto-viscoplastico e che operi in termini di tensioni efficaci, si
potrebbe tenere conto anche dell’effetto delle sovrappressioni interstiziali indotte dal sisma nei
terreni saturi. In realtà, una siffatta procedura risulta sostanzialmente impraticabile per la
progettazione corrente.
Una notevole semplificazione dell’analisi si consegue facendo riferimento al metodo delle
sottostrutture, già introdotto nelle sue linee generali nel Capitolo 9, che prevede che lo studio
dell’interazione terreno-fondazione-struttura possa essere suddiviso nelle seguenti fasi (Fig. 11.1):
A0. analisi dell’interazione cinematica che si sviluppa sotto l’azione del moto sismico su uno
schema semplificato in cui sono presenti la struttura di fondazione (con i pali) e il terreno,
mentre la massa della struttura in elevazione è posta uguale a zero; lo studio dell’interazione
cinematica è finalizzato alla determinazione sia dell’azione sismica trasmessa alla
sovrastruttura sia di un’aliquota delle caratteristiche della sollecitazioni nei pali, da sommare
a quelle che sono ottenute nella successiva fase A2;1
A1. analisi della sovrastruttura soggetta all’azione sismica determinata nella fase precedente,
finalizzata alla determinazione delle caratteristiche della sollecitazione agenti nella struttura
in elevazione ed, in particolare, di quelle trasmesse alla fondazione; in tale fase il sistema
fondazione-terreno è assunto privo di massa, ma contribuisce al comportamento dinamico
globale del sistema attraverso la sua impedenza dinamica che viene quindi introdotta nello
schema di analisi (Fig. 11.1).
A2. analisi dell’interazione tra la fondazione, sollecitata dalle forze determinate nella fase A1, ed
il terreno, con determinazione delle caratteristiche della sollecitazione all’interno dei pali;
tali caratteristiche si sommeranno a quelle determinate nella fase A0, ipotizzando valido il
principio di sovrapposizione degli effetti. In tale fase, si eseguiranno anche le verifiche allo
stato limite ultimo del complesso terreno fondazione nei confronti di cinematismi di rottura
a carico limite verticale ed orizzontale.
Le due fasi A1 e A2 studiano, separatamente, la cosiddetta interazione inerziale, che nasce nel
sistema completo sottoposto alle forze d’inerzia.
*
Alla redazione del presente Capitolo ha collaborato Michele Maugeri.
1
Come chiarito in seguito, si ritiene spesso lecito trascurare l’interazione cinematica; in tal caso la fase A0 si limita alla
classica analisi della risposta sisimica locale in condizioni di free-field; in questi casi non si valutano le caratteristiche
della sollecitazione nei pali prodotte dall’interazione cinematica.
Tenuto conto delle difficoltà connesse alla riparazione dei danni subiti dalla fondazione, è
prudente progettare i pali in modo che rimangano funzionanti durante e dopo il terremoto.
Gli aspetti costruttivi e una appropriata scelta dei dettagli del sistema di fondazione sono
determinanti per ottenere una soddisfacente risposta sismica delle fondazioni su pali. Sulla base
L’Eurocodice 8 (prEN 1998-5) stabilisce che per le strutture su pali siano valutate le
caratteristiche della sollecitazione dovute non solo all’interazione inerziale ma anche a quella
cinematica qualora sussistano simultaneamente le seguenti condizioni:
a. profilo del terreno di classe D, S1 o S2, contenente strati consecutivi con forti contrasti di
rigidezza;
b. zona di media o elevata sismicità, ossia con αgR γI S > 0.1, e struttura appartenente alla classe di
importanza III o IV, essendo αgR l’accelerazione orizzontale massima al suolo (di tipo A)
adimensionalizzata rispetto all’accelerazione di gravità, γI il fattore di importanza dell’edificio, S
il fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del terreno di fondazione (definiti
nell’Eurocodice 8).
Negli altri casi, l’Eurocodice consente di trascurare l’interazione cinematica e di considerare
eclusivamente quella inerziale. La norma europea prevede inoltre che i pali debbano essere
progettati in modo da rimanere in campo elastico sotto le sollecitazioni sismiche. Quando ciò non
sia possibile, le sezioni in corrispondenza delle potenziali cerniere plastiche devono essere
progettate in modo da garantire un comportamento duttile.
Se si opera nell’ambito dei metodi pseudo-statici, che sono certamente quelli di maggiore utilizzo
nella pratica professionale, si rinuncia ad affrontare il problema del calcolo dei pali sulla base del
Le sollecitazioni prodotte nei pali dalla propagazione di onde sismiche sono influenzate da
numerosi fattori quali la rigidezza relativa palo-terreno, la snellezza del palo ed il tipo di vincolo in
testa, lo spessore e le proprietà geotecniche dei vari strati costituenti il sottosuolo e, ovviamente, le
caratteristiche dell’input sismico. Dall’esame della letteratura si traggono alcune considerazioni di
carattere generale che possono risultare utili per il progetto dei pali in zona sismica:
a) nel caso di pali liberi di ruotare in testa ed immersi in terreni omogenei, il momento flettente
raggiunge il massimo valore in una sezione posta a circa metà della sua lunghezza; per pali
impediti di ruotare in testa, il massimo momento si registra, invece, in corrispondenza del
vincolo;
b) nel caso di pali in terreni stratificati, la sollecitazione flettente subisce un pronunciato incremento
in prossimità dell’interfaccia fra strati di diversa rigidezza. Tale incremento è tanto maggiore
quanto più elevato è il contrasto di rigidezza fra gli strati; in tali casi, il valore risultante del
momento potrebbe anche superare quello che insorge in testa al palo, quando ne viene impedita
la rotazione;
c) la presenza del vincolo in testa fa risentire la sua influenza sulla distribuzione del momento fino
ad una profondità (lunghezza attiva La) che può valutarsi, in prima approssimazione, tramite la
relazione (Randolph, 1981), basata sull’assunzione di comportamento elastico lineare del palo e
del terreno:
14
⎛ Ep ⎞
La = 1.5 ⎜⎜ ⎟⎟ d (11.1)
E
⎝ s⎠
dove Ep e Es sono rispettivamente i moduli di rigidezza assiale del palo e del terreno, e d è il
diametro del palo;
d) nell’interazione cinematica, si può trascurare l’effetto gruppo.
In letteratura, sono disponibili, solo da poco tempo, alcuni metodi semplificati per valutare le
sollecitazioni flettenti indotte nel palo dall’interazione cinematica. Essi per lo più fanno riferimento
allo schema di propagazione monodimensionale di onde di taglio in direzione verticale.
Le norme NEHRP (1997) forniscono la seguente espressione per calcolare la distribuzione del
momento flettente lungo l’asse del palo:
a( z, t )
M ( z, t ) = E p I p (11.2)
Vs2
in cui M(z,t) = momento flettente, EpIp = rigidezza flessionale del palo, a(z,t) = accelerazione nel
terreno in condizione di free field alla profondità z ed al tempo t, Vs = velocità di propagazione
dell’onda di taglio nel terreno. Tale espressione è stata ottenuta nell’ipotesi che il palo segua
Per tenere conto in maniera appropriata delle forze d’inerzia trasmesse dalla sovrastruttura alla
fondazione su pali, occorre portare in conto la rigidezza del sistema terreno-fondazione per ciascun
grado di libertà della fondazione. A tal fine è fondamentale il comportamento del singolo palo
soggetto a forze applicate in testa, che può essere facilmente analizzato facendo riferimento al
modello di terreno del tipo alla Winkler o al modello di continuo elastico. Sono disponibili
espressioni analitiche semplificate della rigidezza statica di un palo singolo - definita come la forza
(o coppia) che deve essere applicata alla testa del palo per produrre uno spostamento (o rotazione)
unitario nella stessa direzione della forza - per diverse condizioni di carico e di vincolo in testa
(libera o incastrata). Le espressioni della rigidezza orizzontale, KHH, di quella flessionale, KMM, e
delle rigidezze rotazioni/traslazioni accoppiate, KHM=KMH, per pali flessibili immersi in tre diversi
modelli di terreno sono riportate nella Tabella 11.1. Si tratta di valori guida suggeriti
dall’Eurocodice, sebbene in letteratura siano disponibili soluzioni alternative che forniscono
risultati alquanto diversi (Appendice I).
Per determinare la risposta di pali in gruppo si possono essenzialmente seguire due procedure
consistenti, rispettivamente, nel: 1) trascurare l’interazione fra i pali e considerare il gruppo come
un sistema strutturale interagente con il terreno; 2) considerare il terreno come un mezzo continuo
elastico e portare in conto l’interazione tra i pali attraverso il terreno (effetto gruppo), ricorrendo, ad
esempio, al metodo dei coefficienti d’interazione (Poulos e Davis, 1980).
Un esempio di analisi, condotta trascurando l’interazione tra i pali, è riportato in Appendice I.
I pali inclinati vengono spesso impiegati per assorbire elevati valori dei carichi laterali; l’effetto
dell’inclinazione è quello di chiamare in causa, in direzione orizzontale, una parte della rigidezza
assiale che, per il palo verticale, è ben più grande di quella laterale (vedi Tabella I.1). Per questa
ragione, i pali inclinati richiamano forze che non sempre la testa del palo o il plinto sono in grado di
sostenere, senza pervenire alla rottura.
Il cattivo comportamento sismico dei pali inclinati è la conseguenza di una non corretta
valutazione degli effettivi carichi sismici. Infatti, nella pratica progettuale corrente, di norma, i
gruppi di pali inclinati sono calcolati schematizzandoli come un semplice sistema staticamente
determinato e ignorando, per di più, la presenza del terreno; in tal modo essi risultano sollecitati
solo assialmente, mentre nella realtà richiamano significative sollecitazioni flessionali.
L’applicazione di metodi di calcolo più aderenti alla realtà, oggi disponibili, mostra,
particolarmente nei casi dove la componente verticale del carico è relativamente bassa, che i pali
inclinati possono essere usati con vantaggio per ridurre sia i momenti flettenti nei pali stessi sia gli
spostamenti orizzontali.
Il progetto di fondazioni su pali inclinati deve, pertanto, essere eseguito sulla base di
un’appropriata stima delle azioni prodotte durante il sisma. L’Eurocodice raccomanda che i pali
inclinati devono essere progettati per resistere non solo ai carichi laterali ma anche a quelli
assiali, oltre che ai momenti flettenti.
L’interazione non lineare palo-terreno può essere affrontata attraverso il metodo delle curve p-y
(Reese e Matlock, 1956; Castelli et al., 1995) che permette, tra l’altro, di portare in conto anche gli
effetti della separazione tra il palo e il terreno circostante. In maniera approssimata può essere
applicata la semplice procedura analitica proposta da Budhu e Davies (1987, 1988). Quest’ultima
consente di determinare gli spostamenti e le rotazioni in testa al palo, nonché il valore del massimo
momento flettente. Le espressioni corrispondenti sono riportate in Appendice I.
Le verifiche agli stati limite degli elementi di fondazione vengono eseguite seguendo l’attuale
criterio prestazionale delle strutture in rapporto a due diversi terremoti di progetto (cfr. 3.2), per i
quali è possibile definire uno stato limite ultimo e uno stato limite di danno. Allo stato limite
ultimo, note le sollecitazioni trasmesse dalla sovrastruttura per effetto dell’interazione inerziale,
occorre verificare la stabilità dell’insieme terreno-fondazione. In particolare, si conducono le
verifiche a carico limite verticale per il palo singolo e per il gruppo, nonché la verifica per carico
orizzontale, ricorrendo ai metodi consolidati dell’ingegneria geotecnica. Inoltre, bisogna tenere ben
presente l’influenza che il moto rotazionale della struttura (rocking) può esercitare sulla risposta
della fondazione, per cui alcuni pali possono risultare sollecitati a trazione. Di ciò dovrà tenersi
conto assicurando un’adeguata connessione tra pali e plinto di fondazione. Per quanto riguarda le
verifiche sotto carichi orizzontali, il metodo più semplice e diffuso è quello sviluppato da Broms
(1964).
Allo stato limite di danno, oltre all’ammissibilità degli spostamenti subiti dalla sovrastruttura
sotto le azioni sismiche di progetto, va determinata l’entità degli spostamenti dei pali. Tali
spostamenti possono essere calcolati attraverso l’approccio elastico delle matrici di rigidezza
esplicitato in Appendice I, oppure con il più semplice metodo di Budhu e Davies (Appendice I), che
permette di portare in conto il comportamento non lineare del terreno. La verifica strutturale dei
pali, come già detto, deve essere eseguita sommando alle caratteristiche di sollecitazione “inerziali”
quelle dovute all’interazione cinematica.
Per quanto attiene la determinazione delle proprietà meccaniche dei terreni da utilizzare nelle
verifiche in condizioni di stato limite ultimo, le analisi relative a fondazioni su terreni a grana fina
possono essere condotte in tensioni totali, adottando, in accordo con quanto riportato nel Capitolo 2,
un valore della resistenza non drenata cu sostanzialmente coincidente con quello desunto in
condizioni statiche. Per i terreni a grana grossa è opportuno fare riferimento ai parametri di
resistenza in tensioni efficaci, assumendo, in accordo con quanto riportato nel Capitolo 2, lo stesso
valore dell’angolo d’attrito φ’ desunto in condizioni statiche. Per i terreni poco addensati sotto
falda, sarebbe opportuno portare in conto l’effetto dell’incremento di pressioni interstiziali ∆u,
Bibliografia
AFPS, 1990. Recommandations AFPS 90. Association Française de Génie Parasismique. Presses
des Ponts et Chaussées.
Blaney G.W., Kausel E., Roësset J.M., 1976. Dynamic stiffness of piles. Numerical Methods in
Geomechanics, 1001-1012.
Broms B.B., 1964a. Lateral resistance of piles in cohesive soils. Journ. Soil Mech. Found. Div.,
ASCE, 90 (SM2), 27-63.
Broms B.B., 1964b. Lateral resistance of piles in cohesionless soils. Journ. Soil Mech. Found.
Div., ASCE, 90 (SM3), 123-156.
K HH K MM K HM
Modello di terreno
d Es d 3 Es d 2 Es
0.35 0.80 0.60
z ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 0.60 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.14 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.17 ⎜⎜ ⎟⎟
d ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠
0.28 0.77 0.53
z ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 0.79 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.15 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.24 ⎜⎜ ⎟⎟
d ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠
0.21 0.75 0.50
⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 1.08 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.16 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.22 ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠
Tabella 11.1 - Rigidezza di pali con riferimento a tre profili rappresentativi di terreno.
Giovanni Dente
Si considera un palo singolo immerso in un terreno stratificato (Fig. I.1), soggetto al moto as del
piano campagna e si calcolano i momenti flettenti massimi con le espressioni fornite nel paragrafo
11.4.1. I risultati ottenuti sono riportati nei grafici di Fig. I.2. È da notare che, come già detto, le
norme NEHRP forniscono il massimo momento in testa al palo immerso nello strato omogeneo che,
nel caso in esame viene assunto di caratteristiche meccaniche corrispondenti allo strato di terreno
superiore.
Nelle tabelle I.2 e I.3 si riportano le espressioni approssimate da utilizzare per il calcolo degli
spostamenti e dei momenti flettenti per i pali caricati lateralmente.
Interazione cinematica
L’interazione palo-terreno viene simulata attraverso il modello dinamico alla Winkler, in cui il
sottosuolo è schematizzato per mezzo di molle e di smorzatori distribuiti lungo la superficie laterale
del palo. I parametri meccanici delle molle e degli smorzatori (kx e cx), funzioni della frequenza di
oscillazione ω, sono determinati attraverso modelli teorici e calibrati mediante il confronto con
soluzioni numeriche rigorose.
Noto il moto free field uff(z) in corrispondenza dell’interfaccia palo-terreno (risolvendo il
problema della risposta sismica locale), la risposta u(z) del palo connesso alle molle e agli
smorzatori può essere ottenuta risolvendo la seguente equazione di equilibrio dinamico, con le
dovute condizioni alle estremità del palo:
d 4u( z)
+ λ4 u ( z ) = ςu ff ( z ) (I.13)
dz 4
dove
k x + iωc x − m pω 2
λ= 4 (I.14a)
EpI p
k x + iωc x
ς= (I.14b)
EpI p
essendo Ep il modulo di elasticità del palo, Ip il suo momento d’inerzia, mp la massa per unità di
lunghezza del palo, i= − 1 . L’eq. (I.13) deve essere risolta numericamente per un terreno
stratificato, discretizzando il palo in elementi finiti (Kavvadas e Gazetas, 1993). Nel caso di
semispazio elastico omogeneo, la soluzione analitica è la seguente (Makris e Gazetas, 1992):
u ( z ) = Γu ff ( z ) (I.15)
in cui
k x + iωc x
Γ = (I.16)
E p I p ( ω / Vs )4 + k x + iωc x − m pω 2
Interazione inerziale
Per risolvere il problema dell’interazione inerziale bisogna conoscere la cosiddetta impedenza dei
pali. Essa esprime l’ampiezza della forza armonica che occorre applicare in testa al palo per
generare un moto armonico di ampiezza unitaria, per una data direzione (Fig. I.6). L’impedenza è
una funzione complessa della frequenza del moto e viene espressa nella forma seguente:
K = K + iωC (I.19)
dove K è la cosiddetta rigidezza dinamica, C è il coefficiente di smorzamento, entrambi funzione
della frequenza ω. La funzione d’impedenza può essere interpretata fisicamente come una molla (la
parte reale) e uno smorzatore (la parte immaginaria).
Espressioni algebriche per il calcolo delle funzioni d’impedenza di tipo traslazionale orizzontale,
traslazionale-rotazionale accoppiato e rotazionale sono riportate da Gazetas (1991) per tre profili
caratteristici del terreno. Queste espressioni (Tabella I.5) sono valide solo per pali flessibili la cui
lunghezza supera il tratto di lunghezza attiva.
La funzione d’impedenza del palo singolo può essere utilizzata per lo studio delle palificate
attraverso il metodo dei coefficienti d’interazione. Per due pali incastrati in testa e immersi in uno
strato omogeneo, il coefficiente d’interazione orizzontale è fornito dalla seguente espressione
(Makris e Gazetas, 1992):
3 K HH + iωC HH
αH = ψ (I.20)
4 K HH + iωC HH − mω 2
essendo KHH la rigidezza orizzontale del palo, CHH il suo coefficiente di smorzamento, m la massa
per unità di lunghezza del palo, Ψ una funzione di attenuazione che dipende dall’interasse S fra la
coppia di pali e dall’angolo η che la congiungente i pali forma con la direzione del carico (Fig. I.7).
La funzione di attenuazione, nel caso di η=0°, è data da:
d ⎡ ωS ⎤
Ψ ( S ,0 ) = exp ⎢− ( ξ + i ) ⎥ (I.21a)
2S ⎣ V La ⎦
Tabella I.1 - Confronto tra le rigidezze del palo singolo verticale considerato nell’esempio, calcolati con vari
metodi (ν=0.5).
20
4
10
0 0
0.0 0.5 1.0 1.5 0 10000 20000 30000 40000 50000
h1/L Ep/E1
30 15
NEHRP (1997) NEHRP (1997)
Dobry e O'Rourke (1983) Dobry e O'Rourke (1983)
Nikolaou et al. (2001) Nikolaou et al. (2001)
Mmax (MNm)
20 10
Mmax (MNm)
10 5
0 0
0 20 40 60 80 100 0 2 4 6 8 10
L/d Vs2/Vs1
Figura I.2 - Momenti flettenti massimi su palo singolo dovuti all’interazione cinematica.