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9.

FONDAZIONI

Vincenzo Caputo

9.1 Considerazioni generali e limitazioni

I principi di progettazione e le metodologie di analisi sono stati illustrati in termini


generali e preliminari nel Capitolo 3; in tale Capitolo, in particolare, le varie fasi nelle
quali si articola la progettazione sono state dettagliatamente individuate e riportate in un
diagramma di flusso, che indica altresì le parti delle presenti Linee Guida ove tali fasi
sono trattate specificamente.
Secondo quanto esposto nel Capitolo 3 ed evidenziato nel diagramma di flusso citato,
le verifiche delle prestazioni delle varie opere geotecniche, quali le fondazioni, trattate
in via generale in questo Capitolo e in modo più dettagliato nei due successivi,
costituiscono la fase finale dell’intero iter progettuale. Sono quindi da considerare già
espletate a monte varie scelte strategiche, quali la definizione dei livelli L1 e L2 di
terremoto per i quali verificare l’opera, la definizione dei valori di soglia che
individuano il rispetto degli stati limite da investigare, la scelta della classe di
prestazione richiesta e della metodologia di analisi da impiegare, la determinazione
dell’azione sismica di riferimento.
Quanto illustrato in via generale nel Capitolo 3 necessita in questa sede di una sola
ma rilevante osservazione relativamente alle classi di prestazione e ai gradi di danno che
le individuano.
E’ infatti del tutto evidente che gli interventi di riparazione in una fondazione
gravemente danneggiata sono estremamente onerosi in termini esecutivi ed ancor più
economici, sì da risultare spesso, di fatto, non eseguibili; ciò naturalmente a maggior
ragione nel caso di una fondazione su pali, i cui elementi sono pressoché inaccessibili.
Ben più agevoli ed economici risultano invece eventuali interventi di riparazione sulla
struttura in elevazione.
Per quanto esposto, per la fondazione di un edificio potrebbe ad esempio apparire
opportuno richiedere una classe di prestazione più elevata rispetto a quella richiesta per
la relativa struttura in elevazione (o, il che è lo stesso, imporre un minor grado di
danno).
Una ulteriore osservazione riguarda la scelta della metodologia di analisi, che
dovrebbe essere di complessità crescente al crescere della classe di prestazione
desiderata (Capitolo 3). Per le fondazioni, si osserva che tale proposta potrebbe
incontrare alcune difficoltà nella sua pratica attuazione, qualora per esse si scegliesse
una classe di prestazione differente per la struttura in elevazione.

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Riferendosi ancora all’iter progettuale delineato nel Capitolo 3, si osserva che la
progettazione di una fondazione in zona sismica avviene successivamente all’analisi
geotecnica del sito. Ciò comporta che da un lato risulti già esaminata e garantita la
sicurezza del sito nei confronti della liquefazione e della stabilità dei pendii, dall’altro
che siano già acquisiti i risultati dello studio della risposta sismica locale.
Come per altre opere geotecniche, viene in genere richiesto il rispetto di alcune
prescrizioni costruttive; a tali prescrizioni verrà dato nel seguito adeguato rilievo, allo
scopo di renderne trasparenti sia le motivazioni, sia le conseguenze che dispiegano
sull’iter progettuale.
A rigore, lo studio delle fondazioni dovrebbe essere svolto in un ambito unitario,
comprendente anche la struttura in elevazione. In effetti, a tale insieme – quanto meno
all’insieme della struttura di fondazione e del volume significativo del sottosuolo – si fa
riferimento quando si conducano analisi di interazione terreno-struttura; è peraltro
evidente che analisi di tale tipo, inevitabilmente molto complesse, sono in genere
giustificate solo per opere di grande rilievo, mentre la prassi per opere di minore
impegno è di seguire approcci semplificati.
Nel seguito, si farà prevalentemente riferimento a fondazioni di edifici “normali”, per
le quali da un lato appare in genere ragionevole richiedere una classe di prestazione B o
C così come definite nel Capitolo 3, dall’altro l’iter progettuale tradizionale prevede che
lo studio dell’interazione globale a tre componenti (elevazione, fondazione e sottosuolo)
possa essere semplificato ritenendo lecite due operazioni:
• suddivisione in due problemi di interazione a due componenti:
- (A1) interazione elevazione – fondazione;
- (A2) interazione fondazione – sottosuolo;
• studio “in cascata” di tali problemi.
L’iter progettuale sopra delineato, ampiamente consolidato in campo statico, viene in
qualche modo adottato anche per la maggior parte delle analisi svolte con riferimento ad
azioni sismiche, per le quali, come illustrato nel seguito, è frequente il ricorso al metodo
delle sottostrutture.
In questo documento, l’attenzione è naturalmente concentrata sull’esame del
problema A2, in condizioni sismiche. Prima di affrontare tale problema, peraltro, si
ritiene opportuno premettere, sia pure in modo estremamente sintetico:
1. una descrizione dell’iter progettuale delle fondazioni in campo statico, con
riferimento ad entrambe le fasi di analisi sopra introdotte; ciò allo scopo di
evidenziare alcune assunzioni/semplificazioni adottate, ritenendole, più o meno
implicitamente, lecite, per poter successivamente constatare analogie e
differenze con le procedure in seguito descritte con riferimento alla
progettazione antisismica; giova peraltro ricordareche l’analisi del
comportamento in campo statico di una qualsivoglia opera va comunque
condotta anche in zona sismica;
2. una descrizione delle procedure di analisi strutturale comunemente seguite per lo
studio del comportamento della struttura in elevazione, indicato come fase A1,
in condizioni sismiche.
Ciò consentirà non solo di illustrare come si pervenga alla determinazione delle
azioni da portare in conto nella successiva fase A2, ma anche di evidenziare l’esistenza

Cap. 9 – Fondazioni pag.2


di diversi livelli di analisi strutturale, analogamente a quanto accade per le analisi
geotecniche (Capitolo 3). La terminologia ivi adottata (analisi semplificata /
pseudostatica, analisi dinamica semplificata, analisi dinamica completa) verrà, per
quanto possibile, impiegata per classificare anche le analisi strutturali.
Risulta quindi evidente che il livello di analisi raggiunto nello studio di un problema
di interazione fondazione – terreno (fase A2), dipende anche dal livello di analisi
prescelto per la fase A1.
I brevi richiami dedicati agli aspetti 1 e 2 sopra definiti vengono presentati nel
successivo paragrafo; in tale sede, pur avendo tali richiami valenza essenzialmente
concettuale, alla luce della natura di Linee Guida del presente documento, è stato curato
il riferimento al quadro normativo vigente, in ambito nazionale ed europeo.

9.2 Richiami preliminari

9.2.1 Iter progettuale delle fondazioni in campo statico

Lo studio dell’interazione elevazione – fondazione viene, di solito, condotto


attraverso un’analisi strutturale della sola elevazione, sottoposta ad un sistema di carichi
statici, prevalentemente verticali. La fase A1 viene quindi svolta prescindendo del tutto
dal comportamento del sistema fondazione – sottosuolo, assumendo la presenza di
vincoli fissi nei punti di innesto elevazione – fondazione. Ciò equivale ad assumere il
sistema fondazione – sottosuolo infinitamente rigido rispetto alla struttura in elevazione.
La successiva fase A2 porta in conto le azioni trasmesse dalla sovrastruttura al
sistema di fondazione e determinate nella precedente fase A1, svolgendo verifiche,
esplicitamente previste nel D.M. 11.03.1988 e che, nella logica e nella terminologia
dell’Eurocodice 7, possono riguardarsi come corrispondenti all’esame di due stati
limite:
(i) stato limite ultimo;
(ii) stato limite di servizio.
L’esame dello stato limite ultimo richiede la determinazione del carico limite del
sistema fondazione – sottosuolo; lo studio dello stato limite di servizio, per gli aspetti
geotecnici, consiste nella valutazione degli spostamenti verticali (cedimenti) della
fondazione e nella loro distribuzione. Lo svolgimento di questa seconda analisi
contrasta con l’assunzione, precedentemente richiamata, di assenza di spostamenti nei
punti di innesto elevazione – fondazione; in effetti, fra gli obiettivi di tale analisi vi è
proprio quello di controllare che tale assunzione, sebbene non valida a rigore, sia
almeno parzialmente verificata, risultando i cedimenti calcolati inferiori ad opportuni
valori di soglia.
Le verifiche agli stati limite vengono naturalmente condotte impiegando una
modellazione geotecnica del sottosuolo definita a mezzo di una opportuna campagna di
indagini geotecniche in sito ed in laboratorio.
Le indagini, estese al volume significativo di sottosuolo relativo all’opera in progetto
e obbligatorie ai sensi del D.M. 11.03.1988, hanno infatti la finalità di definire:
- la geometria del sottosuolo;
- il regime della falda acquifera, ove presente;

Cap. 9 – Fondazioni pag.3


- la caratterizzazione fisica e meccanica dei vari strati di terreno presenti nel
volume significativo del sottosuolo, in termini sia di resistenza a rottura, sia di
rigidezza.
Nello svolgimento delle due verifiche, le principali differenze negli approcci indicati
rispettivamente dal D.M. 11.03.1988 e dall’EN 1997-1 sono legate al significato dei
parametri di resistenza e di rigidezza, per i quali l’Eurocodice 7 fa riferimento ai
rispettivi valori caratteristici, e all’adozione di coefficienti di sicurezza, globali nel D.M.
11.03.1988 e parziali nell’Eurocodice.

9.2.2 Principali procedure di analisi strutturale impiegate in ingegneria sismica

Come accennato in precedenza, le procedure di analisi del comportamento degli


edifici sotto l’azione sismica tendono in qualche modo a seguire l’articolazione “in
cascata”, consolidata in campo statico.
A tal proposito, è appena il caso di osservare che, laddove in campo statico lo studio
preliminare del problema A1, attraverso l’analisi del comportamento della sola struttura
in elevazione, appare senz’altro realistico, la stessa procedura nel caso sismico appare
una evidente semplificazione del fenomeno reale, del quale viene in sostanza invertito il
“flusso” delle azioni esplicate sull’edificio e ne viene mutata la natura, convertendo un
moto sismico impartito alla base dell’edificio in forze applicate alla elevazione.
Prima di passare alla sintetica descrizione di tali procedure di analisi strutturale,
appare opportuno descrivere brevemente il fenomeno fisico dell’interazione terreno-
struttura sotto l’azione di un sisma; ciò fornirà un quadro di riferimento utile non solo
per comprendere l’articolazione di analisi rigorose di interazione globale a tre
componenti (analisi dinamica completa), ma anche per apprezzare in pieno le
semplificazioni connesse alla scelta di procedure semplificate.
Per agevolare la comprensione del fenomeno fisico si considera una configurazione
via via più complessa del sistema sottoposto al moto sismico.
In assenza della struttura (elevazione + fondazione), il sistema in esame è costituito
dal solo deposito di terreno, investito dalle onde sismiche che si assumono note sul
substrato rigido (bedrock). In termini di analisi, il moto in superficie (a piano
campagna) viene determinato simulando la propagazione del segnale sismico di
riferimento dal substrato rigido sino in superficie, secondo le procedure impiegate per lo
studio della risposta sismica locale descritte nel Capitolo 6 e viene definito come moto
di free-field.
Per elevare gradualmente la complessità del fenomeno e delle relative analisi, può
farsi riferimento a sistemi, costituiti da fondazioni immerse nel sottosuolo, quali quelle
riportate in Fig. 9.1, prive di una struttura in elevazione. E’ opportuno evidenziare
esplicitamente che anche una fondazione superficiale, come quella di Fig. 9.1a, è in
effetti immersa nel sottosuolo al pari della fondazione a pozzo di Fig. 9.1b e dei pali di
Fig. 9.1c, poiché il suo piano di posa non coincide con il piano di campagna. Ciò
comporta che, a rigore, il moto di free-field determinato con riferimento al piano
campagna, non coincida con il moto che investe la fondazione immersa nel sottosuolo.
Lo studio rigoroso di questo sistema terreno-struttura, richiederebbe l’analisi
dell’interazione, detta cinematica, tra la fondazione ed il terreno di fondazione sotto
l’azione sismica.

Cap. 9 – Fondazioni pag.4


Un sistema reale è costituito dai tre componenti terreno-fondazione-elevazione, come
quello riportato nella parte superiore di Fig. 9.2. Il moto sismico proveniente dal
substrato rigido percorre i vari strati di terreno e pone in vibrazione il sistema globale in
modo decisamente più complesso rispetto a quanto descritto nel caso precedente, poiché
oscilla anche la struttura in elevazione, sulla quale si sviluppano forze di inerzia che
impegnano a loro volta il sistema fondazione-terreno (interazione inerziale terreno-
struttura). E’ opportuno osservare esplicitamente che nel fenomeno qui descritto è
concettualmente del tutto irrilevante che la fondazione sia superficiale o su pali, come
nel caso ideale precedentemente illustrato ove la struttura interagente con il terreno è
costituita dalla sola fondazione.
Sarebbe possibile condurre un’analisi globale dell’intero sistema terreno- fondazione-
elevazione in un’unica fase, mediante il metodo diretto. Le equazioni del moto vengono
scritte con riferimento alle matrici di massa, di smorzamento e di rigidezza dell’intero
sistema e l’azione sismica esterna è costituita dal segnale che si propaga verso l’alto a
partire dal substrato rigido.
Un approccio semplificato, noto come “metodo delle sottostrutture”, prevede la
suddivisione del problema e delle relative analisi in due fasi distinte, che possono
essere ben comprese riferendosi ancora alla Fig. 9.2. Lo spostamento relativo elevazione
- fondazione viene decomposto nelle sue due componenti, cinematica ed inerziale, che
vengono valutate separatamente.
La componente cinematica si ottiene studiando il sistema terreno-fondazione
(eventualmente su pali, come in Fig. 9.2a), connesso ad una elevazione considerata
priva di massa ed investito dalle onde sismiche propagate a partire dal substrato rigido
(interazione cinematica). La conoscenza della componente cinematica consente la
determinazione di una prima aliquota di sollecitazioni che agiscono sulla fondazione
proprio per effetto di tale interazione. L’azione sismica all’imposta delle fondazioni che
deriva dall’interazione cinematica costituisce inoltre l’azione esterna che impegna
l’elevazione. Nell’analisi di tale struttura il sistema fondazione-terreno è assunto privo
di massa, ma in grado di contribuire al comportamento dinamico globale del sistema
attraverso la sua impedenza dinamica (Fig. 9.2c) che viene quindi introdotta nello
schema (Fig. 9.2d) di analisi. A valle di tale studio è quindi possibile ottenere lo stato
completo di sollecitazione nella fondazione, sommando le sollecitazioni determinate
nella fase di interazione inerziale a quelle precedentemente determinate mediante
l’interazione cinematica. In questa fase si eseguono, inoltre, le analisi allo stato limite
ultimo (verifiche a carico limite) e di esercizio (calcolo dei cedimenti e loro
distribuzione).
Vale la pena di osservare fin d’ora che, in molti casi, l’applicazione del metodo delle
sottostrutture si semplifica ulteriormente, trascurando lo studio dell’interazione
cinematica e considerando in sua vece direttamente l’analisi della risposta sismica di
free-field, ipotizzando così implicitamente che la presenza della fondazione con la sua
geometria e la sua rigidezza non alteri il moto sismico. Nel seguito del presente
Capitolo e nei due successivi si espliciteranno nel dettaglio i casi per i quali si può
ragionevolmente evitare lo studio dell’interazione cinematica.
Alla luce di quanto esposto, appare evidente che la suddivisione delle analisi nelle
sole fasi A1 e A2, costituisce, in condizioni sismiche, una semplificazione decisamente
più spinta, che con i metodi pseudostatici può essere accettata solo nella loro versione
più semplice, nel seguito individuata con la sigla 1A. In tutti gli altri casi, lo studio della

Cap. 9 – Fondazioni pag.5


fase A1 in condizioni sismiche, sia pure premesso allo studio della fase A2, richiede già,
nella definizione delle azioni sull’edificio, alcune informazioni relative al
comportamento del sottosuolo, derivanti dallo studio dell’interazione cinematica o in
alcuni casi, più semplicemente, della risposta sismica locale. Tale studio costituisce una
sorta di fase A0, antecedente le fasi A1 e A2, i cui risultati si riversano nella fase A1,
con modalità peraltro talvolta significativamente diverse a seconda della tipologia di
fondazioni adottata (superficiali o su pali).
Infatti, con riferimento alle fondazioni superficiali, rispetto alla articolata descrizione
precedentemente fornita del moto complessivo del sistema terreno-fondazione-struttura,
si ritiene spesso non necessario distinguere fra il moto del cavo di fondazione ed il moto
del piano di campagna, determinato nell’ambito dell’analisi della risposta sismica
locale. Nel caso di fondazioni dirette impostate ad una certa profondità dal piano di
campagna, è lecito considerare quale azione sulle fondazioni quella che risulta a quella
quota dall’analisi di risposta sismica locale. Nell’Eurocodice 8 –Parte 5 (paragrafo
5.2(2)c) sono indicati limiti di applicabilità di questa procedura.
Una ulteriore approssimazione, comunemente accettata, è quella di trascurare
l’interazione cinematica, assumendo che il moto all’interfaccia terreno-fondazione non
venga modificato significativamente dalla fondazione stessa. Operando in tal modo la
fase A0 coincide con lo studio della risposta sismica locale.
La rigidezza flessionale dei pali, invece, esplica il suo ruolo in strati di terreno più
distanti dal piano campagna e viene quindi più frequentemente portata in conto anche
nella definizione delle azioni da applicare alla elevazione. Come illustrato in
precedenza, infatti, i pali, immersi nel sottosuolo, si deformano per effetto del moto
sismico ma, a causa della loro rigidezza flessionale, non seguono esattamente il
movimento del terreno circostante; ha quindi luogo una interazione pali-terreno,
piuttosto complessa.
Nel caso di un edificio dotato di fondazioni su pali, presenta quindi particolari
difficoltà non solo lo studio dell’interazione globale a tre componenti (elevazione,
fondazione e sottosuolo), perseguito, come già evidenziato, soltanto per opere di grande
rilievo, ma anche la classica decomposizione del problema globale in sottoproblemi da
affrontare “in cascata”. Tale decomposizione, come illustrato in dettaglio nel Capitolo
11, dedicato appunto alle fondazioni su pali, e come brevemente accennato in
precedenza, può essere vantaggiosamente condotta adoperando il metodo delle
sottostrutture, che consente fra l’altro di suddividere con chiarezza l’interazione sismica
in cinematica ed inerziale.
La differenziazione appena illustrata giustifica una trattazione separata delle
fondazioni dirette e delle fondazioni su pali, motivata inoltre dalle differenze nelle
procedure di analisi seguite nelle relative verifiche agli stati limite.
Di seguito vengono illustrati tre tipi di analisi, riferendoli dapprima, per semplicità di
esposizione, al caso di edifici con fondazioni superficiali ed evidenziando poi le
eventuali modifiche necessarie per impiegarli al caso di edifici dotati di fondazioni su
pali.

(1). Analisi semplificata (pseudostatica)


Questo approccio è consigliabile per strutture in elevazione per le quali è presumibile
che abbia effetto prevalente il primo modo di vibrazione. L’elevazione viene sottoposta
ad opportune forze orizzontali statiche, assunte equivalenti all’azione sismica, e ne

Cap. 9 – Fondazioni pag.6


viene condotta un’analisi che fornisce le azioni (pseudo)statiche trasmesse in
fondazione.

(1.A)
Nella sua versione iniziale, contemplata nel D.M. 16/1/1996, il sito in esame
interviene nella definizione del modulo delle forze statiche equivalenti attraverso il
grado di sismicità della zona ove l’opera è ubicata, espresso tramite il coefficiente
sismico C, eventualmente amplificato mediante un coefficiente di fondazione ε che
tiene conto, sia pure in modo estremamente semplificato, dell’amplificazione sismica
locale.

(1.B)
Una versione più evoluta, che nell’Eurocodice 8 viene indicata come “Lateral force
method”, lega invece i valori delle forze statiche equivalenti a valori dello spettro di
risposta del sito in esame, che esprime la risposta sismica locale. E’ opportuno rilevare
che per seguire tale approccio è spesso possibile evitare la determinazione rigorosa,
attraverso un’analisi dinamica, del periodo proprio Tc associato al primo modo di
vibrazione della struttura in esame.
Lo stesso Eurocodice 8, infatti, specifica i casi per i quali è possibile una valutazione
approssimata di Tc e fornisce semplici formule da utilizzare a tale scopo. In modo del
tutto analogo, impiegando semplici espressioni, è possibile valutare Tc portando in conto
anche il contributo del terreno di fondazione.
Quando la valutazione di Tc non sia ottenuta eseguendo un’analisi dinamica,
l’approccio qui descritto mantiene naturalmente una natura pseudo-statica, al pari della
versione precedentemente illustrata.

(2). Analisi dinamica semplificata


Necessaria per strutture in elevazione per le quali l’effetto dei modi di vibrazione
superiori al primo è significativo, è definita “Modal response spectrum analysis”
nell’Eurocodice 8. Richiede come primo passo l’effettuazione dell’analisi modale, che
conduce all’individuazione delle forme e dei periodi propri dei modi di vibrazione. I
modi di vibrazione definiscono in modo compiuto una struttura in termini dinamici e ne
costituiscono una caratteristica intrinseca, indipendente dal particolare moto sismico cui
possa essere sottoposta.
Avvalendosi di spettri di risposta relativi al sito in esame, è possibile determinare il
massimo effetto (spostamento, velocità, accelerazione) associato al periodo proprio di
ogni modo di vibrazione. In particolare, ad ogni modo di vibrazione può essere
associato un sistema di forze che, intese come applicate staticamente, producono sulla
struttura gli effetti dovuti a tale modo.
E’ infine possibile procedere ad una opportuna combinazione di tali valori massimi
della risposta spettrale, ottenendo così il quadro completo del regime di sollecitazioni
cui la struttura è sottoposta sotto l’azione dei vari sistemi di forze, ciascuno
corrispondente ad uno dei modi di vibrazione. Tale procedura consente anche il calcolo
delle azioni trasmesse dalla elevazione alla fondazione che, per quanto osservato, hanno
ancora la natura di forze applicate staticamente.

(3). Analisi dinamica completa

Cap. 9 – Fondazioni pag.7


Nella realtà, in effetti, il moto sismico si propaga a partire dal substrato roccioso e
attraversa le varie stratificazioni di terreno presenti nel sottosuolo sino a raggiungere
l’interfaccia terreno – struttura, costituita dalla fondazione, ponendo in vibrazione
l’intero organismo strutturale (fondazione + elevazione). L’approccio più rispettoso
della fenomenologia innanzi descritta consiste, come già rilevato in precedenza, nello
studiare nella sua interezza la risposta globale dell’intero sistema a tre componenti
(sottosuolo - fondazione - elevazione) sotto l’azione dell’azione sismica, espressa da
uno o più accelerogrammi attesi ar(t) al contorno del dominio d'analisi che comprende
una porzione di sottosuolo di dimensioni ben maggiori di quella abitualmente oggetto di
analisi in campo statico. E’ appena il caso di rilevare che ciò comporta una
corrispondente maggiore estensione del volume di sottosuolo da investigare mediante
indagini, nonché il livello del loro approfondimento.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, appare evidente che, nel caso di edifici
dotati di fondazioni su pali, la descrizione delle tipologie di analisi 1 e 3 mantiene piena
validità, mentre modifiche significative, illustrate in dettaglio nel Capitolo 11,
intervengono nella descrizione del tipo di analisi 2.

Cap. 9 – Fondazioni pag.8


(a) (b) (c)

Figura 9.1 - Interazione cinematica della struttura di fondazione dovuta al moto free field.

Figura 9.2 - Metodo delle sottostrutture per l’analisi dell’interazione dinamica terreno-struttura
attraverso la decomposizione in interazione cinematica e interazione inerziale (da Gazetas e
Mylonakis, 1998).

Cap. 9 – Fondazioni pag.9


10. FONDAZIONI SUPERFICIALI

Vincenzo Caputo

10.1 Regole generali di progetto

Alcune regole di progettazione hanno ormai raggiunto una ampia condivisione, sia
per la loro palese rispondenza a regole del buon costruire, sia per il sostegno loro fornito
dall’evidenza sperimentale acquisita attraverso l’esame del comportamento di opere in
vera grandezza durante vari terremoti. Allo stato attuale, tali regole sono infatti riportate
in modo molto simile in numerose normative con la valenza di prescrizioni costruttive,
e appare quindi utile riepilogarle e commentarle anche in questo documento.

Unicità della tipologia di fondazione


Appare opportuno adottare un'unica tipologia di fondazione per una data struttura. A
tal proposito, alcune normative impongono di evitare il ricorso a “fondazioni miste”,
intendendo evidentemente indicare con tale espressione l’adozione di fondazioni
superficiali per alcune parti della struttura in elevazione e di fondazioni su pali per altre
parti della medesima struttura; ciò alla luce di alcune peculiarità del comportamento
delle fondazioni su pali, in parte accennate nel precedente Capitolo e discusse in
dettaglio nel Capitolo dedicato alle fondazioni profonde.
Il ricorso a tipologie diverse di fondazione naturalmente non presenta
controindicazioni nel caso di unità strutturali appartenenti ad una stessa struttura ma fra
loro dinamicamente indipendenti, e in particolare nel caso di ponti.

Elevata rigidezza della fondazione


Si è già avuto modo di evidenziare in precedenza che le procedure progettuali
adottate comunemente per edifici dotati di fondazioni superficiali sono, più o meno
esplicitamente, basate sull’assunzione di rigidezza infinita della fondazione. In
proposito è opportuno osservare che il rispetto di tale requisito è importante sia in
relazione alle azioni che pervengono dall’elevazione alla fondazione e da questa
vengono trasmesse al sottosuolo, sia per le azioni sismiche, che seguono il percorso
inverso. E’ altresì opportuno precisare che le differenti azioni impegnano diversamente
la fondazione, chiamandone in causa diverse componenti della rigidezza.
Sotto l’azione dei carichi statici, prevalentemente verticali, occorre che la fondazione
sia adeguatamente rigida nei confronti degli spostamenti verticali; per una trave, ad
esempio, ciò richiede una elevata rigidezza flessionale nel piano verticale.
La stessa trave, nei confronti di un moto sismico che potrebbe risultare diverso nei
vari punti di contatto trave-terreno, dovrà ridurre il più possibile non solo spostamenti
relativi fra i suoi punti in direzione verticale, in virtù della sua rigidezza flessionale, ma
anche (e soprattutto) in direzione orizzontale, in virtù della sua rigidezza estensionale.
Più in generale, gli spostamenti relativi dovranno essere praticamente impediti in due
direzioni orizzontali mutuamente ortogonali, con evidenti generalizzazioni, in termini di

pag.11
rigidezza, di quanto illustrato per una trave isolata ai casi, senz’altro più realistici, di
fondazione costituita da un graticcio di travi o da una piastra.

10.2 Il ruolo del sottosuolo

I sintetici richiami forniti nel paragrafo 9.2.1 sull’iter progettuale delle fondazioni in
campo statico costituiscono un riferimento rispetto al quale è agevole porre in evidenza
le differenze che derivano dalla progettazione in caso di azione sismica.
Il paragrafo 9.2.2, dedicato a brevi richiami sulle procedure di analisi strutturale
impiegate in ingegneria sismica, ha evidenziato come la tradizionale procedura “in
cascata” che in campo statico parte dallo studio dell’elevazione (fase A1), per poi
pervenire allo studio dell’interazione fra fondazione e sottosuolo (fase A2), costituisce
una semplificazione decisamente più spinta per il problema in condizioni sismiche. In
particolare, l’impiego di tale procedura prevede una fase preliminare A0, che
corrisponde alla definizione delle azioni esplicate sull’edificio in condizioni sismiche.
Nel caso delle applicazioni usuali alle fondazioni superficiali, tale fase si avvale dei
risultati dello studio della risposta sismica locale del sito e, nella maggior parte dei casi,
di fatto coincide con tale studio.
Complessità diverse caratterizzano, come illustrato nello stesso paragrafo 9.2.2, le
analisi strutturali della risposta dell’elevazione ad un evento sismico. Appare quindi
logico, nel definire un approccio allo studio del comportamento delle fondazioni di un
edificio, cercare di bilanciare non solo i livelli di complessità delle analisi strutturali e di
quelle geotecniche, ma anche il livello di approfondimento delle indagini geotecniche.
Alla luce di quanto sin qui esposto, nei successivi paragrafi, dedicati alla descrizione
delle procedure di progetto delle fondazioni sotto azioni sismiche, si avrà quindi cura di
porre in luce il ruolo del sottosuolo in entrambe le fasi, qui indicate come A0 e A2, nelle
quali esso compare.

10.3 Analisi pseudo-statica

In ambito strutturale tale analisi corrisponde, come si è visto, all’approccio


pseudostatico e produce di fatto forze pseudostatiche agenti sul sistema fondazione –
terreno.
Per la caratterizzazione geotecnica appare possibile condurre essenzialmente le stesse
indagini che andrebbero comunque espletate per uno studio relativo alle sole condizioni
statiche, con l’aggiunta di prove per la misura della velocità Vs di trasmissione delle
onde di taglio nel terreno o, almeno, con un particolare interesse per quelle prove (ad
esempio prove penetrometriche) che consentono di avvalersi di correlazioni con Vs.

(A1) interazione elevazione – fondazione


Nella sua versione originale, indicata nel Capitolo precedente come 1.A, la
definizione delle forze pseudostatiche equivalenti richiede soltanto la conoscenza del
grado di sismicità del Comune ove è ubicata l’opera, e dell’eventuale amplificazione

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.12


indotta dal sottosuolo, condensata in un coefficiente di amplificazione (coefficiente di
fondazione ε, secondo il D.M. 16/01/96 o soil factor S, secondo l’Eurocodice 8).
Per analisi semplificate di questo tipo appare congruente che la scelta del valore da
attribuire al coefficiente di sottosuolo derivi semplicemente da una valutazione della
risposta sismica locale del sito svolta mediante criteri di classificazione del sottosuolo, a
loro volta basati sulla conoscenza della stratigrafia, e delle proprietà meccaniche dei
terreni valutate in forma semplificata e speditiva.
La versione più evoluta (Lateral force method), indicata in precedenza come 1.B,
richiede invece di valutare la risposta sismica locale del sito pervenendo ad uno spettro
di risposta; in questo caso tale valutazione richiede una conoscenza più approfondita
delle proprietà meccaniche dei terreni.

(A2) interazione terreno – fondazione


Le analisi del comportamento del sistema fondazione – sottosuolo, mantenendo un
livello uniforme di complessità rispetto a quello perseguito nella fase (A1) possono
quindi essere condotte impiegando le stesse relazioni abitualmente utilizzate in campo
statico, tenendo naturalmente conto dell’eccentricità e dell’inclinazione dei carichi
agenti in fondazione, avvalendosi di formule ben note, quale ad esempio, l’espressione
proposta da Brinch Hansen (1970) per la determinazione del carico limite di una
fondazione superficiale sottoposta ad un carico inclinato ed eccentrico.
Attesa la natura integralmente pseudostatica di tale approccio nelle due fasi A1 e A2
non appare necessario illustrare le procedure di analisi comunemente seguite per le
classiche verifiche in fondazione, in ragione della loro diffusa conoscenza.

10.4 Analisi dinamica semplificata

10.4.1 Considerazioni generali

In ambito strutturale tale analisi corrisponde alla “Modal response spectrum


analysis”. Rispetto al campo statico, volendo mantenere un equilibrato bilanciamento
tra dati sperimentali e procedure di analisi, le indagini geotecniche devono essere
ampliate, perseguendo ad esempio preferibilmente la determinazione diretta di Vs
rispetto a quella basata su correlazioni con risultati di altre prove. Un ulteriore
affinamento potrebbe essere costituito dalla determinazione delle leggi di variazione del
modulo di rigidezza a taglio G e dello smorzamento D con il livello della deformazione
a taglio γ (v. Capitolo 2).
Disponendo di tali dati, lo spettro di risposta del sito (fase A0), da utilizzare per
l’analisi della struttura in elevazione (fase A1), può essere definito (ovvero prescelto
nell’ambito di un insieme di spettri proposti da una normativa) in modo senz’altro più
accurato.
E’ opportuno ribadire che, una volta ultimato lo studio di tale fase, le azioni trasmesse
dall’elevazione alla fondazione, sia pur determinate con procedure tipiche dell’analisi
dinamica delle strutture, quali l’analisi modale, hanno comunque la natura di forze
applicate staticamente.
Per tale motivo, le analisi del comportamento del sistema fondazione – terreno
mantengono per lo più un carattere pseudostatico. Tali analisi, peraltro, possono

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.13


svolgersi avvalendosi di relazioni analoghe a quelle abitualmente impiegate in campo
statico, ma più avanzate e comunque di agevole impiego sia in termini di parametri
richiesti per modellare il comportamento del terreno sia di oneri di calcolo.
Per quanto attiene alla determinazione sperimentale delle proprietà meccaniche dei
terreni da impiegare nelle analisi potrà farsi utilmente riferimento al Capitolo 2. In
particolare, con riferimento alle verifiche in condizioni di rottura (stato limite ultimo), le
analisi relative a fondazioni su terreni a grana fina possono essere condotte in tensioni
totali, con valori della resistenza non drenata cu sostanzialmente coincidenti con quelli
impiegati in condizioni statiche.
Le analisi in condizioni di rottura di fondazioni su terreni a grana grossa vanno invece
effettuate in tensioni efficaci, assumendo anche in questo caso lo stesso valore
dell’angolo d’attrito φ’ adottato in condizioni statiche. Sarà peraltro necessario portare
in conto, quanto meno per terreni poco addensati sotto falda, l’effetto dell’incremento
delle sovrappressioni interstiziali ∆u, positive per tali terreni e quindi tali da agire nel
verso di una diminuzione della sicurezza nei confronti della rottura. In tal caso, gli
effetti delle sovrappressioni interstiziali indotti dall’azione sismica potrebbero essere
concettualmente considerati attraverso un valore fittizio γr del peso dell’unità di volume
convenientemente ridotto, in modo da simulare la riduzione delle tensioni efficaci
dovute all’incremento di pressioni interstiziali. Peraltro, in letteratura non esistono
procedure consolidate basate su tale approccio. Si segnala che Gazetas (2000) propone
un approccio alternativo consistente nell’introdurre un valore ridotto φr dell’angolo
d’attrito del terreno. E’ opportuno evidenziare che, sebbene anche tale approccio
conduca a valutare una riduzione della sicurezza nei confronti della rottura, è
concettualmente fuorviante associare una variazione di pressioni interstiziali con una
variazione dei valori dei parametri di resistenza del terreno.

10.4.2 Metodi per la valutazione del carico limite e dei cedimenti

Metodo di Richards et al. (1993)

Richards, Elms e Budhu (1993) hanno sviluppato una procedura che consente, in
condizioni sismiche, di valutare sia il carico limite sia i cedimenti indotti, e quindi di
procedere alle verifiche per entrambi gli stati limite (ultimo e di danno). La valutazione
del carico limite viene perseguita mediante una semplice estensione del problema del
carico limite al caso della presenza di forze di inerzia nel terreno di fondazione dovute
al sisma, mentre la stima dei cedimenti viene ottenuta mediante un approccio alla
Newmark, richiamato nei capitoli dedicati alla stabilità dei pendii ed alla progettazione
delle opere di sostegno, descritto in dettaglio in Appendice H.

Valutazione del carico limite sotto l’azione sismica


Gli Autori hanno esteso la classica formula trinomia del carico limite:

p L = N q q + N c c + 0,5 N γ γ B (10.1)

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.14


N c = (N q − 1)cot ϕ (10.1’)

esaminando, con un approccio da equilibrio limite, un meccanismo alla Coulomb e


portando in conto le forze d’inerzia agenti sul volume di terreno a rottura.
In campo statico, il classico (e più rigoroso) meccanismo di Prandtl può essere infatti
approssimato come mostrato in fig. 10.1, eliminando la zona di transizione (ventaglio di
Prandtl) ridotta alla sola linea AC, che viene riguardata come una parete ideale in
equilibrio sotto l’azione della spinta attiva e della spinta passiva che riceve dai cunei I e
III.
Gli Autori hanno ricavato le espressioni degli angoli ρA e ρP che definiscono le zone
di spinta attiva e passiva, e dei coefficienti di spinta attiva e passiva KA e KP in funzione
dell’angolo di attrito interno ϕ del terreno e dell’angolo di attrito δ terreno – parete
ideale:
⎧⎪ tan ϕ (tan ϕ + cot ϕ )(1 + tan δ cot ϕ ) − tan ϕ ⎫⎪
ρ A = ϕ + tan −1 ⎨ ⎬ (10.2)
1 + tan δ (tan ϕ + cot ϕ )
⎩⎪ ⎭⎪
⎧⎪ tan ϕ (tan ϕ + cot ϕ )(1 + tan δ cot ϕ ) + tan ϕ ⎫⎪
ρ P = −ϕ + tan −1 ⎨ ⎬ (10.3)
⎪⎩ 1 + tan δ (tan ϕ + cot ϕ ) ⎪⎭
cos 2 ϕ
KA = 2
(10.4)
⎧⎪ sin(ϕ + δ ) sin ϕ ⎫⎪
cos δ ⎨1 + ⎬
⎪⎩ cos δ ⎪⎭
cos 2 ϕ
KP = 2
(10.5)
⎧⎪ sin(ϕ − δ ) sin ϕ ⎫⎪
cos δ ⎨1 − ⎬
⎪⎩ cos δ ⎪⎭
Impiegando tali espressioni ed imponendo l’eguaglianza fra i valori della spinta attiva
e passiva esercitate sulla parete ideale, hanno ottenuto le seguenti espressioni per i
coefficienti Nq e Nγ :

Kp ⎛ Kp ⎞
Nq = ; N γ = ⎜⎜ − 1⎟⎟ tan ρ A (10.6)
KA ⎝ KA ⎠

L’impiego delle (10.6), assumendo δ = 0,5 φ, conduce a valori dei coefficienti di


carico limite molto prossimi a quelli basati su un’analisi alla Prandtl.
Richards et al. hanno quindi esteso l’applicazione del meccanismo di Coulomb al
caso sismico, portando in conto le forze d’inerzia agenti sul volume di terreno a rottura.
Tali forze di massa, dovute ad accelerazioni khg e kvg, agenti rispettivamente in
direzione orizzontale e verticale, sono a loro volta pari a khγ e kvγ. Sono state così
ottenute le estensioni delle espressioni di ρA e ρP, nonché di KA e KP, rispettivamente
indicate come ρAE e ρPE e come KAE e KPE per denotare le condizioni sismiche:

ρ AE = (ϕ − θ ) + tan −1 ⎨
( )
⎧ 1 + tan 2 (ϕ − θ ) [1 + tan(δ + θ ) cot (ϕ − θ )] − tan(ϕ − θ ) ⎫
⎪ ⎪
⎬ (10.7)
⎪⎩ 1 + tan (δ + θ )(tan (ϕ − θ ) + cot (ϕ − θ )) ⎪⎭

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.15



ρ PE = −(ϕ − θ ) + tan −1 ⎨
( )
⎧ 1 + tan 2 (ϕ − θ ) [1 + tan(δ − θ ) cot (ϕ − θ )] + tan(ϕ − θ ) ⎫

⎬ (10.8)
⎪⎩ 1 + tan (δ + θ ) (tan (ϕ − θ ) + cot (ϕ − θ )) ⎪⎭
cos 2 (ϕ − θ )
K AE = 2
(10.9)
⎧⎪ sin(ϕ + δ ) sin(ϕ − θ ) ⎫⎪
cos θ cos(δ + θ ) ⎨1 + ⎬
⎪⎩ cos(δ + θ ) ⎪⎭
cos 2 (ϕ − θ )
K PE = 2
(10.10)
⎧⎪ sin(ϕ + δ ) sin(ϕ − θ ) ⎫⎪
cos θ cos(δ + θ ) ⎨1 − ⎬
⎪⎩ cos(δ + θ ) ⎪⎭

I valori di Nq e Nγ sono determinabili ancora avvalendosi ancora delle (10.6),


impiegando naturalmente le espressioni degli angoli ρAE e ρPE e dei coefficienti KAE e
KPE relative al caso sismico; il valore di di Nc. è fornito sempre dalla (10.1’), che si
assume valida anche in caso sismico. In tali espressioni compare l’angolo θ, definito
come:
k
tan θ = h (10.11)
1 − kv
In particolare, per il caso di angolo di attrito pari a 30°, in fig. 10.2 sono riportati gli
andamenti degli angoli ρAE e ρPE e dei coefficienti KAE e KPE al variare del rapporto kh /
(1 - kv ) e la variazione (riduzione) che subisce il volume di rottura. Sempre per il il caso
ϕ = 30°, la Tab. 10.1 riporta i valori dei coefficienti di carico limite in condizioni
sismiche, oltre ai rapporti fra tali coefficienti ed i rispettivi valori statici, ancora in
funzione del rapporto kh / (1 - kv ).

Valutazione dei cedimenti sotto azioni sismiche


La procedura di Richards et al. consente anche una valutazione dei cedimenti dovuti
all’azione sismica.
Il confronto fra i valori del carico limite determinati mediante la (10.1), in condizioni
statiche e sismiche, permette di ricavare, per ogni valore del coefficiente di sicurezza in
campo statico, il valore critico (kh*) del coefficiente sismico kh che rende unitario il
coefficiente di sicurezza in condizioni sismiche. Nell’ipotesi di comportamento rigido–
perfettamente plastico del terreno di fondazione, si manifesteranno spostamenti della
fondazione solo per valori di accelerazione orizzontale superiore a kh*·g.
La Fig. 10.3 riporta appunto la relazione tra coefficiente di sicurezza in campo statico
e coefficiente sismico critico kh*, per il caso di terreno privo di coesione e per quattro
valori dell’angolo di attrito (10°, 20°, 30° e 40°). Per angoli di attrito differenti si può
procedere per via analitica.
In Fig. 10.4 è illustrata schematicamente l’applicazione di una procedura alla
Newmark per la valutazione dello spostamento cumulato da una fondazione durante un
evento sismico rappresentabile mediante un’accelerogramma. L’integrazione del
diagramma della velocità relativa fornisce il valore della componente orizzontale dello
spostamento che, moltiplicato per tg ρAE, permette di ricavare il valore del cedimento.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.16


In alternativa all’integrazione diretta di uno o più accelerogrammi, illustrata in Fig.
10.4, è possibile valutare gli spostamenti dovuti al sisma mediante la correlazione
ottenuta da Richards e Elms (1979), ottenuta sulla base di un cospicuo insieme di
registrazioni di eventi sismici:

−4
V 2 k *h
∆ = 0,087 (10.12)
Ag A
Nella (10.12) ∆ è lo spostamento del blocco in direzione orizzontale, V e A
costituiscono rispettivamente la velocità di picco ed il coefficiente di accelerazione del
terremoto di progetto, g è l’accelerazione di gravità e k*h il valore critico del coefficiente
di accelerazione. Una volta calcolato ∆, il cedimento w è dato da:

w = 2∆ tan ρ AE (10.13)
La determinazione dei valori di ρAE può essere perseguita oltre che per via analitica,
anche avvalendosi dell’abaco riportato in Fig. 10.5.

Metodo di Maugeri e Novità (2004)

Per il calcolo del carico limite, in alternativa all’approccio seguito da Richards et al.
(1993), è possibile avvalersi dei risultati di uno studio condotto da Maugeri e Novità
(2004), che hanno determinato il carico limite di una fondazione superficiale sottoposta
ad un carico (pseudostatico) inclinato e poggiante su un terreno a sua volta soggetto a
forze di inerzia. Lo studio, condotto per via numerica mediante il metodo delle
caratteristiche, ha consentito di ottenere i valori dei coefficienti Nq, Nc e Nγ relativi a
tale analisi, e di rapportarli ai classici valori corrispondenti al caso statico, ottenendo
così degli opportuni coefficienti correttivi, indicati rispettivamente come hq , hc e hγ.
Al fine di semplificarne l’impiego, Maugeri e Novità hanno inoltre provveduto a
determinare delle funzioni interpolanti di tali coefficienti correttivi, dipendenti
dall’angolo d’attrito φ, dal coefficiente sismico kh e dal fattore adimensionale f che
esprime la percentuale di sforzo di taglio trasmesso alla base, e che consente di
distinguere la presenza del solo effetto cinematico dalla presenza dell’effetto dinamico
globale (cinematico + inerziale). Per una completa descrizione del metodo e delle
modalità di impiego si rimanda al lavoro di Maugeri e Novità.

10.5 Analisi dinamica completa

Viene considerata al di fuori degli obiettivi di questo documento, limitato alle


fondazioni di edifici “normali”, per le quali si è assunto che la classe di prestazione
richiesta sia la B o la C. Tale tipo di analisi, rispetto a quelle precedentemente delineate,
presenta naturalmente oneri ben maggiori, in termini non solo computazionali, ma
anche di determinazione sperimentale dei parametri che governano il comportamento
dei terreni in condizioni dinamiche.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.17


Bibliografia

Brinch-Hansen J. (1970). A revised and extended formula for bearing capacity. Danish
Geotechnical Institute Bulletin, 28, pp. 5-11.
Maugeri M., Novità D. (2004). Numerical model for the evaluation of the soil inertia
effects on bearing capacity. Proc. International Conference on Soil Dynamics and
Earthquake Engineering.
Richards R., Elms D.G., Budhu M. Seismic bearing capacity and settlements of
foundations. Journal of Geotechnical Engineering, ASCE, 119, pp. 662-674.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.18


Tabella. 10.1 - Coefficienti di carico limite in condizioni sismiche per ϕ’ = 30°.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.19


Figura 10.1 - Meccanismo semplificato alla Coulomb, in campo statico.

Figura 10.2 - Carico limite in condizioni sismiche, per ϕ= 30°: (a) inclinazioni delle superfici
di rottura; (b) coefficienti di spinta attiva e passiva; (c) meccanismo di rottura (per kh / (1 - kv ) =
0.30).

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.20


Figura 10.3 - Valori critici del coefficiente di accelerazione kh per coesione c = 0 (nella figura d
e B rappresentano rispettivamente la profondità del piano di posa e la larghezza della
fondazione).

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.21


Figura 10.4 - Calcolo del cedimento dovuto ad un evento sismico, basato sull’applicazione di
una procedura alla Newmark, nell’ipotesi di un cinematismo alla Coulomb.

Figura 10.5 - Inclinazione del cuneo di spinta attiva in funzione del coefficiente kh.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.22


11. FONDAZIONI SU PALI*

Giovanni Dente

11.1 Generalità sull’interazione sismica terreno-palo-struttura

La risposta sismica dei pali di fondazione è il risultato di una complessa interazione terreno-palo-
struttura, la cui analisi è resa difficile dai fenomeni non lineari che intervengono soprattutto nel
terreno in vicinanza dei pali e dagli effetti cinematici associati al moto del terreno.
Concettualmente, si ha interazione cinematica se l’interfaccia tra terreno e struttura si deforma in
maniera diversa rispetto alle condizioni di terreno libero (free field), cioè in assenza della struttura.
Per analizzare compiutamente la risposta sismica del complesso terreno-pali-struttura all’azione
sismica sarebbe necessario fare riferimento a modelli dinamici completi (cfr. 3.5.3), che permettano
di determinare allo stesso tempo le sollecitazioni e le deformazioni nel terreno di fondazione e negli
elementi strutturali. In tale contesto, con un adeguato modello che utilizzi, per esempio, un legame
costitutivo del terreno di tipo elasto-viscoplastico e che operi in termini di tensioni efficaci, si
potrebbe tenere conto anche dell’effetto delle sovrappressioni interstiziali indotte dal sisma nei
terreni saturi. In realtà, una siffatta procedura risulta sostanzialmente impraticabile per la
progettazione corrente.
Una notevole semplificazione dell’analisi si consegue facendo riferimento al metodo delle
sottostrutture, già introdotto nelle sue linee generali nel Capitolo 9, che prevede che lo studio
dell’interazione terreno-fondazione-struttura possa essere suddiviso nelle seguenti fasi (Fig. 11.1):
A0. analisi dell’interazione cinematica che si sviluppa sotto l’azione del moto sismico su uno
schema semplificato in cui sono presenti la struttura di fondazione (con i pali) e il terreno,
mentre la massa della struttura in elevazione è posta uguale a zero; lo studio dell’interazione
cinematica è finalizzato alla determinazione sia dell’azione sismica trasmessa alla
sovrastruttura sia di un’aliquota delle caratteristiche della sollecitazioni nei pali, da sommare
a quelle che sono ottenute nella successiva fase A2;1
A1. analisi della sovrastruttura soggetta all’azione sismica determinata nella fase precedente,
finalizzata alla determinazione delle caratteristiche della sollecitazione agenti nella struttura
in elevazione ed, in particolare, di quelle trasmesse alla fondazione; in tale fase il sistema
fondazione-terreno è assunto privo di massa, ma contribuisce al comportamento dinamico
globale del sistema attraverso la sua impedenza dinamica che viene quindi introdotta nello
schema di analisi (Fig. 11.1).
A2. analisi dell’interazione tra la fondazione, sollecitata dalle forze determinate nella fase A1, ed
il terreno, con determinazione delle caratteristiche della sollecitazione all’interno dei pali;
tali caratteristiche si sommeranno a quelle determinate nella fase A0, ipotizzando valido il
principio di sovrapposizione degli effetti. In tale fase, si eseguiranno anche le verifiche allo
stato limite ultimo del complesso terreno fondazione nei confronti di cinematismi di rottura
a carico limite verticale ed orizzontale.
Le due fasi A1 e A2 studiano, separatamente, la cosiddetta interazione inerziale, che nasce nel
sistema completo sottoposto alle forze d’inerzia.

*
Alla redazione del presente Capitolo ha collaborato Michele Maugeri.
1
Come chiarito in seguito, si ritiene spesso lecito trascurare l’interazione cinematica; in tal caso la fase A0 si limita alla
classica analisi della risposta sisimica locale in condizioni di free-field; in questi casi non si valutano le caratteristiche
della sollecitazione nei pali prodotte dall’interazione cinematica.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.23


Operando questa suddivisione in tre fasi distinte e successive, ciascuna componente del sistema
completo (terreno, fondazione e sovrastruttura) è trattata separatamente, con il vantaggio di poter
adottare le tecniche analitiche o numeriche più adatte per l’analisi del particolare sottosistema. Le
risposte individuali sono poi combinate nel rispetto dell’equilibrio e della compatibilità cinematica.
Giova osservare che la sovrapposizione degli effetti è valida rigorosamente solo in ambito lineare e
diventa, perciò, a rigore non valida nel caso di terremoti di notevole intensità. Tuttavia, anche per
legami non lineari, essa può essere ritenuta approssimativamente valida, dal momento che le
deformazioni del terreno dovute all’interazione inerziale si attenuano rapidamente con l’aumentare
della profondità, fino a praticamente svanire al di là della lunghezza del tratto attivo del palo
(dell’ordine di circa 10 volte il suo diametro). Le deformazioni prodotte dall’interazione cinematica,
almeno per onde di taglio che si propagano verticalmente, si manifestano,apprezzabilmente a
profondità più elevate.
L’importanza relativa delle due componenti dell’interazione dipende dalle caratteristiche della
fondazione e dei terreni, dalla natura delle onde sismiche incidenti e dalle caratteristiche della
struttura in elevazione.
L’interazione inerziale risulta, di norma, predominante rispetto a quella cinematica, soprattutto
per frequenze prossime alla frequenza naturale di oscillazione del sistema terreno-struttura, e può
essere particolarmente rilevante in presenza di livelli o strati di terreno di scadenti caratteristiche
geotecniche (o liquefacibili) ubicati in prossimità della struttura di collegamento alla testa dei pali.
Gli effetti dell’interazione cinematica possono essere significativi per pali di grande diametro
immersi in terreni molto deformabili e in sottosuoli stratificati. Più precisamente, nel caso di terreni
molto deformabili con profilo di rigidezza crescente in maniera regolare con la profondità, i pali
filtrano il moto sismico, in particolare le componenti di alta frequenza, per cui la risposta dinamica
in testa ai pali risulta minore di quella di free field. Questo effetto benefico è però in parte bilanciato
da componenti di moto rotazionali che insorgono alla testa dei pali. Quando, invece, si è in presenza
di sottosuoli stratificati caratterizzati da forti contrasti di rigidezza, il moto alla testa dei pali
potrebbe risultare amplificato rispetto a quello di free field, e i pali vengono sottoposti a momenti
flettenti molto elevati in corrispondenza delle interfacce fra i suddetti strati.
Le procedure di verifica comunemente adottate per i pali di fondazione sotto carichi sismici sono
principalmente basate sul metodo pseudostatico o, se viene applicato il metodo dinamico, si trascura
spesso l’interazione cinematica. Molto spesso, infatti, la progettazione sismica di una struttura viene
eseguita tenendo conto della sola interazione inerziale, applicando alla sua base direttamente il moto
di free field, ovvero, come quasi sempre accade, descrivendo l’eccitazione dinamica mediante lo
spettro di progetto elastico dedotto dal moto del terreno in tali condizioni. Operare così equivale a
trascurare l’influenza dell’interazione cinematica.
Una tale prassi nasce sia dalla mancanza di affidabili metodi di analisi di facile impiego nelle
applicazioni progettuali di routine, sia dal fatto che in alcuni casi gli effetti dell’interazione
cinematica possono essere ritenuti trascurabili. Quando non è lecita quest’ultima assunzione, se si
vuole procedere ad una corretta valutazione della risposta dinamica dell’intero sistema, alla struttura
di collegamento dei pali va applicato l’input sismico modificato in conseguenza dell’interazione
cinematica (moto effettivo della fondazione).

11.2 Aspetti costruttivi

Tenuto conto delle difficoltà connesse alla riparazione dei danni subiti dalla fondazione, è
prudente progettare i pali in modo che rimangano funzionanti durante e dopo il terremoto.
Gli aspetti costruttivi e una appropriata scelta dei dettagli del sistema di fondazione sono
determinanti per ottenere una soddisfacente risposta sismica delle fondazioni su pali. Sulla base

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.24


delle esperienze maturate in occasione di recenti terremoti, è possibile fornire alcune utili
indicazioni di carattere generale (Fig. 11.2):
• i depositi suscettibili di liquefazione ed i pendii instabili dovrebbero essere preventivamente
consolidati per non avere conseguenze particolarmente dannose sulle fondazioni a causa del
verificarsi di elevati spostamenti permanenti del terreno;
• le fondazioni devono rispettare le simmetrie della sovrastruttura;
• particolare attenzione deve essere rivolta alle situazioni caratterizzate da marcata eterogeneità dei
terreni di fondazione, in direzione sia verticale sia orizzontale;
• i pali devono essere armati adeguatamente per tutta la loro lunghezza, anche se ciò non dovesse
risultare strettamente necessario in base ai risultati del calcolo;
• occorre provvedere ad assicurare un’efficace connessione dei pali con la struttura di
collegamento alla loro testa, al fine di evitare che, in occasione di eventi sismici violenti, possa
prodursi una disconnessione di alcuni pali. Qualora si verificasse tale eventualità, perdurando il
moto sismico, si avrebbe un aggravio delle forze agenti sui pali periferici che mantengono la
connessione (Fig. 11.3);
• l’uso di pali inclinati in zona sismica è stato per anni sconsigliato e alcune normative sismiche
come quelle francesi (AFPS 90) richiedono che ne debba essere evitato l’uso; in ogni caso, se
utilizzati, essi devono essere opportunamente progettati e, almeno nel caso degli edifici,
accoppiati aanaloghi pali realizzati con inclinazione simmetrica rispetto all’asse della
fondazione.

11.3 Prescrizioni dell’Eurocodice

L’Eurocodice 8 (prEN 1998-5) stabilisce che per le strutture su pali siano valutate le
caratteristiche della sollecitazione dovute non solo all’interazione inerziale ma anche a quella
cinematica qualora sussistano simultaneamente le seguenti condizioni:
a. profilo del terreno di classe D, S1 o S2, contenente strati consecutivi con forti contrasti di
rigidezza;
b. zona di media o elevata sismicità, ossia con αgR γI S > 0.1, e struttura appartenente alla classe di
importanza III o IV, essendo αgR l’accelerazione orizzontale massima al suolo (di tipo A)
adimensionalizzata rispetto all’accelerazione di gravità, γI il fattore di importanza dell’edificio, S
il fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del terreno di fondazione (definiti
nell’Eurocodice 8).
Negli altri casi, l’Eurocodice consente di trascurare l’interazione cinematica e di considerare
eclusivamente quella inerziale. La norma europea prevede inoltre che i pali debbano essere
progettati in modo da rimanere in campo elastico sotto le sollecitazioni sismiche. Quando ciò non
sia possibile, le sezioni in corrispondenza delle potenziali cerniere plastiche devono essere
progettate in modo da garantire un comportamento duttile.

11.4 Analisi pseudo-statica

11.4.1 Considerazioni generali

Se si opera nell’ambito dei metodi pseudo-statici, che sono certamente quelli di maggiore utilizzo
nella pratica professionale, si rinuncia ad affrontare il problema del calcolo dei pali sulla base del

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.25


comportamento dinamico del sistema terreno-struttura. Comunque, ai fini della progettazione delle
fondazioni su pali, riveste grande interesse la determinazione dei momenti flettenti che insorgono
nei pali, e quindi anche di quelli prodotti per effetto dell’interazione cinematica. Questi ultimi
possono essere calcolati anche attraverso formule semplificate. Le restanti sollecitazioni sismiche di
progetto sui pali di fondazione derivano dalle azioni trasmesse in testa ai pali dalla sovrastruttura
(interazione inerziale), alla quale vengono applicate le forze pseudo-statiche equivalenti
all’accelerazione di free field.
In termini di indagini geotecniche, appare possibile fare riferimento essenzialmente alle stesse
indagini che andrebbero comunque espletate anche per uno studio relativo al solo campo statico,
con l’aggiunta di prove per la misura della velocità Vs di trasmissione delle onde di taglio nel
terreno, o, almeno, di quelle prove (ad esempio, prove penetrometriche) che consentono di avvalersi
di correlazioni con Vs. Dai valori delle velocità delle onde S, utilizzando la definizione riportata nel
Capitolo 2, è possibile ricavare il modulo di rigidezza a taglio a bassi livelli di deformazione.

11.4.2 Interazione cinematica

Le sollecitazioni prodotte nei pali dalla propagazione di onde sismiche sono influenzate da
numerosi fattori quali la rigidezza relativa palo-terreno, la snellezza del palo ed il tipo di vincolo in
testa, lo spessore e le proprietà geotecniche dei vari strati costituenti il sottosuolo e, ovviamente, le
caratteristiche dell’input sismico. Dall’esame della letteratura si traggono alcune considerazioni di
carattere generale che possono risultare utili per il progetto dei pali in zona sismica:
a) nel caso di pali liberi di ruotare in testa ed immersi in terreni omogenei, il momento flettente
raggiunge il massimo valore in una sezione posta a circa metà della sua lunghezza; per pali
impediti di ruotare in testa, il massimo momento si registra, invece, in corrispondenza del
vincolo;
b) nel caso di pali in terreni stratificati, la sollecitazione flettente subisce un pronunciato incremento
in prossimità dell’interfaccia fra strati di diversa rigidezza. Tale incremento è tanto maggiore
quanto più elevato è il contrasto di rigidezza fra gli strati; in tali casi, il valore risultante del
momento potrebbe anche superare quello che insorge in testa al palo, quando ne viene impedita
la rotazione;
c) la presenza del vincolo in testa fa risentire la sua influenza sulla distribuzione del momento fino
ad una profondità (lunghezza attiva La) che può valutarsi, in prima approssimazione, tramite la
relazione (Randolph, 1981), basata sull’assunzione di comportamento elastico lineare del palo e
del terreno:
14
⎛ Ep ⎞
La = 1.5 ⎜⎜ ⎟⎟ d (11.1)
E
⎝ s⎠
dove Ep e Es sono rispettivamente i moduli di rigidezza assiale del palo e del terreno, e d è il
diametro del palo;
d) nell’interazione cinematica, si può trascurare l’effetto gruppo.
In letteratura, sono disponibili, solo da poco tempo, alcuni metodi semplificati per valutare le
sollecitazioni flettenti indotte nel palo dall’interazione cinematica. Essi per lo più fanno riferimento
allo schema di propagazione monodimensionale di onde di taglio in direzione verticale.
Le norme NEHRP (1997) forniscono la seguente espressione per calcolare la distribuzione del
momento flettente lungo l’asse del palo:
a( z, t )
M ( z, t ) = E p I p (11.2)
Vs2
in cui M(z,t) = momento flettente, EpIp = rigidezza flessionale del palo, a(z,t) = accelerazione nel
terreno in condizione di free field alla profondità z ed al tempo t, Vs = velocità di propagazione
dell’onda di taglio nel terreno. Tale espressione è stata ottenuta nell’ipotesi che il palo segua

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.26


esattamente il movimento del terreno circostante e, pertanto, trascura del tutto l’interazione con il
terreno. Inoltre, poiché presuppone che il terreno sia omogeneo, essa è inadatta a valutare il
momento che insorge in corrispondenza dell’interfaccia fra strati di diversa rigidezza. Si rivela
invece utile per determinare il momento alla testa del palo, soprattutto in corrispondenza di basse
frequenze, per le quali il moto del palo e quello del terreno tendono a coincidere. Per fare ciò
occorre assumere nella (11.2) il valore dell’accelerazione al piano campagna.
Una soluzione che consente di superare la suddetta limitazione è stata proposta da Dobry e
O’Rourke (1983), sempre in ipotesi di elasticità lineare. Il valore del momento flettente in
corrispondenza del contatto fra due strati (Fig. 11.4) è deducibile dalle relazioni
M = 1.86( E p I p ) 3 / 4 (G1 )1 / 4 γ 1 F (11.3)
(1 − c −4 ) (1 + c 3 )
F= (11.4a)
(1 + c) (c −1 + 1 + c + c 2 )
1/ 4
⎛G ⎞
c = ⎜⎜ 2 ⎟⎟ (11.4b)
⎝ G1 ⎠
ρ h
γ 1 = 1 1 a max s (11.5)
G1
In tali espressioni G1 e G2 sono i moduli di rigidezza a taglio dello strato superiore e inferiore, γ1
è la deformazione di taglio alla base dello strato superiore, ρ1 è la densità (massa per unità di
volume) dello strato superiore, h1 lo spessore, amaxs è l’accelerazione massima al piano campagna
nelle condizioni di terreno libero.
Infine, è stata recentemente proposta (Nikolaou et al., 2001) una relazione che deriva dai risultati
di numerose analisi nelle quali si è tenuto conto della natura dinamica dell’eccitazione. Tale
relazione consente di calcolare, in maniera approssimata, il massimo momento flettente nel palo in
corrispondenza dell’interfaccia fra due strati di diversa rigidezza, in condizioni ideali di moto
stazionario con frequenza prossima alla frequenza fondamentale del deposito in cui è immerso il
palo:
0.65 0.50
⎛ E p ⎞ ⎛ Vs 2 ⎞
0.30
3⎛L⎞
M = 0.042 τ c d ⎜ ⎟ ⎜⎜ ⎟ ⎜ ⎟ (11.6)
⎝ d ⎠ ⎝ E1 ⎟⎠ ⎜⎝ Vs1 ⎟⎠
in cui τ c = a max s ρ1 h1 ; Vs1 e Vs2 indicano, rispettivamente, la velocità delle onde di taglio nei due
strati; E1 è il modulo di rigidezza assiale dello strato superiore di terreno.
Occorre far notare che l’eq. (11.6) è valida a rigore quando l’interfaccia fra gli strati si trova ad
una profondità superiore alla lunghezza attiva del palo, valutabile con l’eq. (11.1). Per calcolare il
momento massimo prodotto dall’eccitazione sismica, gli Autori suggeriscono l’espressione
approssimata:
M max = δ ⋅ M (11.7)
dove M è dato dall’eq. (11.6) e δ è un fattore riduttivo (compreso, in genere, fra 0.17 e 0.5) funzione
del numero di cicli effettivi Nc dell’accelerogramma, che può essere valutato tramite le seguenti
relazioni:
δ = 0.04 N c + 0.23 (11.8a)
δ = 0.015 N c + 0.17 (11.8b)
valide, rispettivamente, nei casi in cui il periodo naturale del deposito è prossimo o si discosta dai
periodi predominanti dell’eccitazione sismica.
Il confronto fra i risultati ottenuti utilizzando le soluzioni sopra riportate ha evidenziato che l’eq.
(11.6) fornisce valori in buon accordo con soluzioni più rigorose; l’eq. (11.2), invece, per lo più

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.27


sottostima in maniera significativa il valore del momento flettente, mentre l’eq. (11.3) fornisce,
generalmente, valori cautelativi (Mylonakis, 2001).
Risultati ottenuti con gli approcci sopra menzionati sono riportati in Appendice I.

11.4.3 Interazione inerziale

Per tenere conto in maniera appropriata delle forze d’inerzia trasmesse dalla sovrastruttura alla
fondazione su pali, occorre portare in conto la rigidezza del sistema terreno-fondazione per ciascun
grado di libertà della fondazione. A tal fine è fondamentale il comportamento del singolo palo
soggetto a forze applicate in testa, che può essere facilmente analizzato facendo riferimento al
modello di terreno del tipo alla Winkler o al modello di continuo elastico. Sono disponibili
espressioni analitiche semplificate della rigidezza statica di un palo singolo - definita come la forza
(o coppia) che deve essere applicata alla testa del palo per produrre uno spostamento (o rotazione)
unitario nella stessa direzione della forza - per diverse condizioni di carico e di vincolo in testa
(libera o incastrata). Le espressioni della rigidezza orizzontale, KHH, di quella flessionale, KMM, e
delle rigidezze rotazioni/traslazioni accoppiate, KHM=KMH, per pali flessibili immersi in tre diversi
modelli di terreno sono riportate nella Tabella 11.1. Si tratta di valori guida suggeriti
dall’Eurocodice, sebbene in letteratura siano disponibili soluzioni alternative che forniscono
risultati alquanto diversi (Appendice I).
Per determinare la risposta di pali in gruppo si possono essenzialmente seguire due procedure
consistenti, rispettivamente, nel: 1) trascurare l’interazione fra i pali e considerare il gruppo come
un sistema strutturale interagente con il terreno; 2) considerare il terreno come un mezzo continuo
elastico e portare in conto l’interazione tra i pali attraverso il terreno (effetto gruppo), ricorrendo, ad
esempio, al metodo dei coefficienti d’interazione (Poulos e Davis, 1980).
Un esempio di analisi, condotta trascurando l’interazione tra i pali, è riportato in Appendice I.

11.4.4 Pali inclinati

I pali inclinati vengono spesso impiegati per assorbire elevati valori dei carichi laterali; l’effetto
dell’inclinazione è quello di chiamare in causa, in direzione orizzontale, una parte della rigidezza
assiale che, per il palo verticale, è ben più grande di quella laterale (vedi Tabella I.1). Per questa
ragione, i pali inclinati richiamano forze che non sempre la testa del palo o il plinto sono in grado di
sostenere, senza pervenire alla rottura.
Il cattivo comportamento sismico dei pali inclinati è la conseguenza di una non corretta
valutazione degli effettivi carichi sismici. Infatti, nella pratica progettuale corrente, di norma, i
gruppi di pali inclinati sono calcolati schematizzandoli come un semplice sistema staticamente
determinato e ignorando, per di più, la presenza del terreno; in tal modo essi risultano sollecitati
solo assialmente, mentre nella realtà richiamano significative sollecitazioni flessionali.
L’applicazione di metodi di calcolo più aderenti alla realtà, oggi disponibili, mostra,
particolarmente nei casi dove la componente verticale del carico è relativamente bassa, che i pali
inclinati possono essere usati con vantaggio per ridurre sia i momenti flettenti nei pali stessi sia gli
spostamenti orizzontali.
Il progetto di fondazioni su pali inclinati deve, pertanto, essere eseguito sulla base di
un’appropriata stima delle azioni prodotte durante il sisma. L’Eurocodice raccomanda che i pali
inclinati devono essere progettati per resistere non solo ai carichi laterali ma anche a quelli
assiali, oltre che ai momenti flettenti.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.28


L’evidenza sperimentale connessa a recenti terremoti dimostra che, almeno in alcuni casi, i pali
inclinati hanno esibito un comportamento positivo sia per quanto attiene la sovrastruttura che per i
pali stessi (Gazetas e Mylonakis, 1998). Inoltre, se l’inclinazione è non simmetrica, vale a dire i pali
sono tutti inclinati nella stessa direzione, oppure alcuni sono inclinati e altri verticali, può
svilupparsi una rotazione permanente, per via della diversa rigidezza del gruppo di pali in ciascuna
direzione di carico.
I pali inclinati non dovrebbero essere usati nei terreni in cui può instaurarsi un processo di
consolidazione (o di addensamento nel caso dei terreni incoerenti sciolti), poiché i movimenti
verticali del terreno costituiscono un aggravio degli effetti flettenti nei pali.

11.4.5 Analisi non lineare del palo singolo

L’interazione non lineare palo-terreno può essere affrontata attraverso il metodo delle curve p-y
(Reese e Matlock, 1956; Castelli et al., 1995) che permette, tra l’altro, di portare in conto anche gli
effetti della separazione tra il palo e il terreno circostante. In maniera approssimata può essere
applicata la semplice procedura analitica proposta da Budhu e Davies (1987, 1988). Quest’ultima
consente di determinare gli spostamenti e le rotazioni in testa al palo, nonché il valore del massimo
momento flettente. Le espressioni corrispondenti sono riportate in Appendice I.

11.4.6 Verifica agli stati limite ultimo e di danno

Le verifiche agli stati limite degli elementi di fondazione vengono eseguite seguendo l’attuale
criterio prestazionale delle strutture in rapporto a due diversi terremoti di progetto (cfr. 3.2), per i
quali è possibile definire uno stato limite ultimo e uno stato limite di danno. Allo stato limite
ultimo, note le sollecitazioni trasmesse dalla sovrastruttura per effetto dell’interazione inerziale,
occorre verificare la stabilità dell’insieme terreno-fondazione. In particolare, si conducono le
verifiche a carico limite verticale per il palo singolo e per il gruppo, nonché la verifica per carico
orizzontale, ricorrendo ai metodi consolidati dell’ingegneria geotecnica. Inoltre, bisogna tenere ben
presente l’influenza che il moto rotazionale della struttura (rocking) può esercitare sulla risposta
della fondazione, per cui alcuni pali possono risultare sollecitati a trazione. Di ciò dovrà tenersi
conto assicurando un’adeguata connessione tra pali e plinto di fondazione. Per quanto riguarda le
verifiche sotto carichi orizzontali, il metodo più semplice e diffuso è quello sviluppato da Broms
(1964).
Allo stato limite di danno, oltre all’ammissibilità degli spostamenti subiti dalla sovrastruttura
sotto le azioni sismiche di progetto, va determinata l’entità degli spostamenti dei pali. Tali
spostamenti possono essere calcolati attraverso l’approccio elastico delle matrici di rigidezza
esplicitato in Appendice I, oppure con il più semplice metodo di Budhu e Davies (Appendice I), che
permette di portare in conto il comportamento non lineare del terreno. La verifica strutturale dei
pali, come già detto, deve essere eseguita sommando alle caratteristiche di sollecitazione “inerziali”
quelle dovute all’interazione cinematica.
Per quanto attiene la determinazione delle proprietà meccaniche dei terreni da utilizzare nelle
verifiche in condizioni di stato limite ultimo, le analisi relative a fondazioni su terreni a grana fina
possono essere condotte in tensioni totali, adottando, in accordo con quanto riportato nel Capitolo 2,
un valore della resistenza non drenata cu sostanzialmente coincidente con quello desunto in
condizioni statiche. Per i terreni a grana grossa è opportuno fare riferimento ai parametri di
resistenza in tensioni efficaci, assumendo, in accordo con quanto riportato nel Capitolo 2, lo stesso
valore dell’angolo d’attrito φ’ desunto in condizioni statiche. Per i terreni poco addensati sotto
falda, sarebbe opportuno portare in conto l’effetto dell’incremento di pressioni interstiziali ∆u,

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.29


positive per tali terreni e quindi tali da agire nel verso di una diminuzione della sicurezza nei
confronti della rottura.

11.5 Analisi dinamica semplificata

La determinazione della risposta sismica di un sistema strutturale viene effettuata mediante


l’integrazione numerica delle equazioni di moto del sistema terreno-struttura. Come già accennato
in precedenza, con il metodo delle sottostrutture (§ 11.1) l’analisi viene affrontata in maniera più
agevole dal punto di vista computazionale, ricavando separatamente dapprima la risposta
cinematica, e dopo quella inerziale, le quali vengono sommate per ottenere la risposta complessiva.
L’analisi può essere condotta sia nel dominio del tempo sia in quello della frequenza. Per quanto
riguarda quest’ultimo caso, la conoscenza della funzione di impedenza della fondazione riveste un
ruolo essenziale. Maggiori dettagli su tale approccio vengono forniti nell’Appendice I.
Le verifiche agli stati limite (ultimo e di danno) si effettuano generalmente utilizzando gli stessi
metodi introdotti nel paragrafo 11.4.6.
Rispetto al caso dell’analisi pseudostatica, le indagini geotecniche devono essere maggiormente
estese ed approfondite; sarebbe opportuno, ad esempio, fare riferimento determinazioni dirette di Vs.

11.6 Analisi dinamica completa

L’analisi dinamica completa dell’interazione, nella quale l’insieme terreno-fondazione-


sovrastruttura viene considerato nel suo complesso, è concettualmente più soddisfacente. In
commercio sono disponibili programmi di calcolo agli elementi finiti o alle differenze finite, alcuni
dei quali permettono di effettuare anche l’analisi in condizioni tridimensionali. Un modello
matematico (AHNSE) che combina le tecniche di analisi spettrale e il metodo agli elementi finiti e
che permette di risolvere il problema dinamico a partire dalla sorgente delle onde sismiche fino alla
risposta strutturale, è stato sviluppato da un’apposita commissione di studio europea (TRISEE,
1999).
L’analisi dinamica completa, rispetto a quelle descritte nei paragrafi precedenti, presenta
naturalmente oneri ben maggiori anche in termini di caratterizzazione geotecnica del sottosuolo,
richiedendo sia l’estensione delle indagini al volume significativo che influenza il comportamento
dinamico del sistema opera-terreno di fondazione, sia la definizione di tutti i parametri fisici e
meccanici necessari ad una corretta valutazione del comportamento del terreno, tenendo conto dei
modelli costitutivi che si utilizzano.

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K HH K MM K HM
Modello di terreno
d Es d 3 Es d 2 Es
0.35 0.80 0.60
z ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 0.60 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.14 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.17 ⎜⎜ ⎟⎟
d ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠
0.28 0.77 0.53
z ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 0.79 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.15 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.24 ⎜⎜ ⎟⎟
d ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠
0.21 0.75 0.50
⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞ ⎛ Ep ⎞
E = Es 1.08 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.16 ⎜⎜ ⎟⎟ 0.22 ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠ ⎝ Es ⎠

E = modulo di deformazione del modello di terreno, Es = modulo di deformazione del terreno ad


una profondità pari al diametro del palo; Ep = modulo di deformazione del palo e d = diametro del
palo.

Tabella 11.1 - Rigidezza di pali con riferimento a tre profili rappresentativi di terreno.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.32


Figura 11.1 - Metodo delle sottostrutture per l’analisi dell’interazione dinamica terreno-struttura (modificata
da Gazetas e Mylonakis, 1998).

Figura 11.2 - Possibili meccanismi di rottura di palificate soggette a moto sismico.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.33


Figura 11.3 - Sollevamento del plinto e della punta del palo sotto carichi sismici (modificata da Novak,
1991).

Figura 11.4 - Palo in un terreno stratificato.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.34


APPENDICE I - ESEMPI APPLICATIVI DI CALCOLO DI PALI SOTTO
AZIONI SISMICHE

Giovanni Dente

I.1 Interazione cinematica semplificata

Si considera un palo singolo immerso in un terreno stratificato (Fig. I.1), soggetto al moto as del
piano campagna e si calcolano i momenti flettenti massimi con le espressioni fornite nel paragrafo
11.4.1. I risultati ottenuti sono riportati nei grafici di Fig. I.2. È da notare che, come già detto, le
norme NEHRP forniscono il massimo momento in testa al palo immerso nello strato omogeneo che,
nel caso in esame viene assunto di caratteristiche meccaniche corrispondenti allo strato di terreno
superiore.

I.2 Esempi di calcolo di pali inclinati


In Fig. I.3 è schematizzata una palificata, in cui sono presenti pali inclinati. Utilizzando le
rigidezze riportate in Tabella I.1, le caratteristiche di sollecitazione che insorgono in corrispondenza
della testa del palo i-esimo per effetto degli spostamenti u e v e della rotazione α sono date dalle
seguenti espressioni:
N i = K V (−u sin ω + v cos ω + αxi cos ω) (I.1)
Ti = K HH (u cos ω + v sin ω + αxi sin ω) + K HM α (I.2)
M i = K MM α + K HM (u cos ω + v sin ω + αxi sin ω) (I.3)
in cui ω è l’inclinazione del palo rispetto alla verticale, αxi è lo spostamento verticale dovuto alla
rotazione α del plinto.
Le componenti verticale e orizzontale di Ni e Ti sono:
Yi = N i cos ω + Ti sin ω (I.4)
X i = − N i sin ω + Ti cos ω (I.5)
Imponendo l’equilibrio del plinto si ottiene:
H = ∑ Xi (I.6)
V = ∑ Yi (I.7)
M = ∑ M i + ∑ Yi xi (I.8)
Risolvendo le equazioni (I.6)-(I.8) si risale alle componenti dello spostamento u, v e α.

Palo singolo inclinato


Consideriamo un palo inclinato di 15° rispetto alla verticale ed immerso in un semispazio
omogeneo. Ipotizziamo inoltre che sia Ep/Es=1000. I valori adimensionali delle rigidezze risultano:
K HH K MM K HM
= 4.61 , = 28.45 , = 6.96 .
dE s d Es
3
d 2 Es
Il coefficiente di rigidezza verticale si può calcolare attraverso l’espressione riportata in
Appendice I.4. Assumendo per il palo una lunghezza L pari a 20 m, si ottiene:

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.35


KV
= 14.11 .
dE s
Se consideriamo il palo soggetto a uno spostamento orizzontale unitario alla testa (rotazione e
spostamento verticale nulli) le caratteristiche di sollecitazione risultano:
N = −3.7 E s d ⋅ 1 (compressione)
T = 4.4 E s d ⋅ 1
M = 6.7 E s d 2 ⋅ 1
Adottando E s = 25 MPa, d = 0.75 m, u = 1 cm, si ha: N=-694 kN, T=825 kN, M=942 kNm.
Nel caso di ω=30°, le caratteristiche di sollecitazione diventano:
N = −7.1E s d ⋅ 1
T = 4Es d ⋅1
M = 6Es d 2 ⋅1
e quindi: N=-1331 kN, T=750 kN, M=844 kNm.
Se il palo è verticale (ω=0°), lo sforzo assiale risulta nullo, mentre T=864 kN e M=979 kNm. Nei
pali inclinati, pertanto, si è in presenza di una combinazione di sforzo normale, momento flettente e
taglio che potrebbe risultare particolarmente gravosa sotto l’azione di terremoti violenti.

Rigidezza del gruppo


L’uso di pali inclinati ha l’effetto di aumentare la rigidezza del gruppo. Ad esempio consideriamo
una coppia di pali collegati in testa da un plinto rigido (Fig. I.4), sollecitato da una forza laterale H.
I pali sono inclinati, simmetricamente, dello stesso angolo ω nel piano dove è applicata la forza. Si
suppone che il plinto possa spostarsi soltanto in direzione orizzontale. La rigidezza KG del gruppo
può essere facilmente calcolata come rapporto tra la forza H e lo spostamento u di corpo rigido
subito dal plinto e, utilizzando le equazioni (I.1), (I.2), (I.5) e (I.6), si perviene alla seguente
espressione:
K G = 2( K V sin 2 ω + K HH cos 2 ω)
Se ω=0° si ottiene K G = 2 K HH . Considerando le stesse grandezze dell’esempio precedente si ha:
K G = 9.22dE s = 173 kN/mm.
Per ω=15°, risulta: K G = 10.5dE s = 197 kN/mm.
Per ω=30°, si ottiene: K G = 14dE s = 262 kN/mm.
In Tabella I.1 sono riportate le rigidezze del palo singolo considerato nell’esempio, calcolati con
le diverse espressioni disponibili in letteratura. Le differenze riscontrate sono imputabili al fatto che
le formulazioni proposte sono state ottenute attraverso modelli di calcolo alquanto differenti tra
loro. Nelle suddette espressioni è preferibile utilizzare un valore secante del modulo elastico del
terreno compatibile con il livello di deformazione indotta.

I.3 Metodo analitico approssimato

Nelle tabelle I.2 e I.3 si riportano le espressioni approssimate da utilizzare per il calcolo degli
spostamenti e dei momenti flettenti per i pali caricati lateralmente.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.36


I.4 Analisi dinamica semplificata
Nel cosiddetto metodo diretto, l’intero sistema terreno-fondazione-sovrastruttura viene analizzato
in un’unica fase. Specificando il moto free field ur come input alla base del modello (generalmente
sul bedrock), la risposta del sistema si determina risolvendo le equazioni del moto:
[ M ]{ u( t )} + [ C ]{ u( t )} + [ K ]{ u( t )} = −[ M ]{ I }ur ( t ) (I.9)
in cui [M] è la matrice di massa del sistema, [C] la matrice di smorzamento, [K] la matrice di
rigidezza, {I} vettore unitario.
Operando nel dominio della frequenza ω, si può definire la matrice di rigidezza complessa
[K*]=[K]+iω[C], con i= − 1 , e ricercare la soluzione stazionaria del moto risolvendo le equazioni:
[ M ]{ u } + [ K * ]{ u } = −[ M ]{ I }ur (I.10)
Questo secondo approccio è quello al quale si fa riferimento nel seguito. Con il metodo delle
sottostrutture, inoltre, lo spostamento relativo {u} può essere scomposto nelle due componenti
cinematiche ed inerziali:
{u} = {u cin } + {u in } (I.11)
che possono essere calcolate risolvendo il seguente sistema di equazioni di moto:
[ M so ]{ ucin } + [ K * ]{ u cin } = −[ M so ]{ I }ur (I.12a)
*
[ M st ]{ uin } + [ K ]{ u in } = − [ M st ]({ ucin } + { I }ur ) (I.12b)
in cui [Mso] è la matrice delle masse del terreno e dei pali (considerando nulla la massa della
sovrastruttura), [Mst] è la matrice di massa della sola sovrastruttura (considerando nulle le masse del
terreno e dei pali).

Interazione cinematica
L’interazione palo-terreno viene simulata attraverso il modello dinamico alla Winkler, in cui il
sottosuolo è schematizzato per mezzo di molle e di smorzatori distribuiti lungo la superficie laterale
del palo. I parametri meccanici delle molle e degli smorzatori (kx e cx), funzioni della frequenza di
oscillazione ω, sono determinati attraverso modelli teorici e calibrati mediante il confronto con
soluzioni numeriche rigorose.
Noto il moto free field uff(z) in corrispondenza dell’interfaccia palo-terreno (risolvendo il
problema della risposta sismica locale), la risposta u(z) del palo connesso alle molle e agli
smorzatori può essere ottenuta risolvendo la seguente equazione di equilibrio dinamico, con le
dovute condizioni alle estremità del palo:
d 4u( z)
+ λ4 u ( z ) = ςu ff ( z ) (I.13)
dz 4

dove
k x + iωc x − m pω 2
λ= 4 (I.14a)
EpI p
k x + iωc x
ς= (I.14b)
EpI p
essendo Ep il modulo di elasticità del palo, Ip il suo momento d’inerzia, mp la massa per unità di
lunghezza del palo, i= − 1 . L’eq. (I.13) deve essere risolta numericamente per un terreno
stratificato, discretizzando il palo in elementi finiti (Kavvadas e Gazetas, 1993). Nel caso di
semispazio elastico omogeneo, la soluzione analitica è la seguente (Makris e Gazetas, 1992):
u ( z ) = Γu ff ( z ) (I.15)
in cui
k x + iωc x
Γ = (I.16)
E p I p ( ω / Vs )4 + k x + iωc x − m pω 2

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.37


I valori dei coefficienti delle molle e degli smorzatori lungo il palo possono essere assunti in base
alle seguenti espressioni approssimate:
k x = 1.2 E s (I.17a)
c x = 1.6ρ sVs d (ωd / Vs ) −1 / 4 + 2ξ k x / ω (I.17b)
essendo Vs la velocità di propagazione dell’onda di taglio nel terreno, Es il modulo elastico del
terreno, ρs la sua densità di massa, ξ il rapporto di smorzamento, d il diametro del palo.
Calcolato lo spostamento (I.15) del palo, il momento flettente è dato da:
d 2 u( z )
M( z ) = EpI p (I.18)
dz 2
L’accelerazione da applicare alla base della struttura (moto sismico effettivo) nell’analisi di
interazione inerziale viene determinata derivando due volte l’eq. (I.15).
È stato dimostrato che l’effetto gruppo ha un’importanza secondaria sulla risposta cinematica dei
pali, per cui può essere trascurato senza che ciò comporti sensibili errori.

Interazione inerziale
Per risolvere il problema dell’interazione inerziale bisogna conoscere la cosiddetta impedenza dei
pali. Essa esprime l’ampiezza della forza armonica che occorre applicare in testa al palo per
generare un moto armonico di ampiezza unitaria, per una data direzione (Fig. I.6). L’impedenza è
una funzione complessa della frequenza del moto e viene espressa nella forma seguente:
K = K + iωC (I.19)
dove K è la cosiddetta rigidezza dinamica, C è il coefficiente di smorzamento, entrambi funzione
della frequenza ω. La funzione d’impedenza può essere interpretata fisicamente come una molla (la
parte reale) e uno smorzatore (la parte immaginaria).
Espressioni algebriche per il calcolo delle funzioni d’impedenza di tipo traslazionale orizzontale,
traslazionale-rotazionale accoppiato e rotazionale sono riportate da Gazetas (1991) per tre profili
caratteristici del terreno. Queste espressioni (Tabella I.5) sono valide solo per pali flessibili la cui
lunghezza supera il tratto di lunghezza attiva.
La funzione d’impedenza del palo singolo può essere utilizzata per lo studio delle palificate
attraverso il metodo dei coefficienti d’interazione. Per due pali incastrati in testa e immersi in uno
strato omogeneo, il coefficiente d’interazione orizzontale è fornito dalla seguente espressione
(Makris e Gazetas, 1992):
3 K HH + iωC HH
αH = ψ (I.20)
4 K HH + iωC HH − mω 2
essendo KHH la rigidezza orizzontale del palo, CHH il suo coefficiente di smorzamento, m la massa
per unità di lunghezza del palo, Ψ una funzione di attenuazione che dipende dall’interasse S fra la
coppia di pali e dall’angolo η che la congiungente i pali forma con la direzione del carico (Fig. I.7).
La funzione di attenuazione, nel caso di η=0°, è data da:
d ⎡ ωS ⎤
Ψ ( S ,0 ) = exp ⎢− ( ξ + i ) ⎥ (I.21a)
2S ⎣ V La ⎦

Nel caso di η=90°, risulta:


⎛ π⎞ d ⎡ ωS ⎤
Ψ ⎜S, ⎟ = exp ⎢− ( ξ + i ) ⎥ (I.21b)
⎝ 2⎠ 2S ⎣ Vs ⎦
mentre nei casi intermedi:
⎛ π⎞
Ψ ( S , η) = Ψ ( S ,0) cos 2 η + Ψ⎜ S , ⎟ sin 2 η (I.21c)
⎝ 2⎠
In queste espressioni d è il diametro dei pali, ξ il rapporto di smorzamento del terreno, Vs la velocità
di propagazione dell’onda di taglio nel terreno, V La = 3.4Vs /[π(1 − ν )] , ν coefficiente di Poisson.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.38


Il coefficiente d’interazione verticale può essere calcolato con la seguente espressione
(Gazetas e Makris, 1991):
d ⎡ ωS ⎤
αV = exp ⎢− ( ξ + i ) ⎥ (I.22)
2S ⎣ Vs ⎦

Analisi non lineare


Le formulazioni sopra riportate si basano sull’assunzione che il comportamento del terreno sia
governato dall’elasticità lineare e che il palo sia connesso al terreno. In pratica, raramente nel corso
della sollecitazione sismica il contatto palo terreno è assicurato; spesso avvengono separazioni e
scorrimenti, e la regione di terreno immediatamente adiacente al palo esibisce elevate deformazioni
e, quindi, un comportamento non lineare. Gli stessi approcci, tuttavia, possono essere ancora
utilizzati aggiornando progressivamente i parametri di rigidezza e di smorzamento del terreno
(assumendo opportune leggi di variazione, calibrate mediante prove di laboratorio quali colonna
risonante o triassiale ciclica) in funzione del livello di deformazione calcolato attraverso l’analisi
lineare, fino a un prefissato livello di convergenza (analisi lineare equivalente). Un’analisi non
lineare semplificata può essere invece condotta ricorrendo alle curve dinamiche p-y (Kagawa e
Kraft, 1980; Conte e Dente, 1988, 1989).

KHH (kN/mm) KMM (kNmm) KHM (kN) KV (kN/mm)


Gazetas (1991) 80 281 98 268
Novak (1974) - 209 55 301
Blaney et al. (1976) 83 294 105 745
Fleming et al. (1985) 80 313 103 380
Davies e Budhu (1986) 82 174 148 -
Evangelista (1976) 75 158 122 184
Poulos e Davis (1980) 69 182 143 234
Kaynia e Kausel (1991) 223 - - 872

Tabella I.1 - Confronto tra le rigidezze del palo singolo verticale considerato nell’esempio, calcolati con vari
metodi (ν=0.5).

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.39


Tabella I.2 - Soluzioni relative al palo singolo caricato lateralmente (da Davies e Budhu, 1986; Budhu e
Davies, 1987, 1988).
L’apice F è riferito a un palo incastrato in testa.
Le espressioni delle deformazioni elastiche u E , u FE , θ E e dei momenti M ME , M ME
F
sono date in Tabella
I.3.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.40


Tabella I.3 - Soluzioni elastiche (da Davies e Budhu, 1986; Budhu e Davies, 1987).

D = diametro del palo e = eccentricità del carico H


L = lunghezza del palo M = coppia flettente applicata in testa al palo
Ep = modulo di elasticità del palo cu = resistenza non drenata del terreno
Es = modulo di elasticità del terreno ϕ’ = angolo di resistenza al taglio del terreno
z = profondità γ = peso dell’unità di volume del terreno
H = carico laterale γ’ = peso dell’unità di volume del terreno sommerso

Tabella I.4 - Lista dei simboli.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.41


Tabella I.5 - Rigidezza dinamica e coefficienti di smorzamento di pali flessibili.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.42


L / d = 20
E p / E1 = 5000
h1 / L = 0.7
ν = 0 .4
Vs 2 / Vs1 = 2
a max s = 0.35 g
δ = 0 .5

Figura I.1 - Palo singolo in un terreno stratificato.


12 50
NEHRP (1997) NEHRP (1997)
Dobry e O'Rourke (1983) 40 Dobry e O'Rourke (1983)
Mmax (MNm)

Nikolaou et al. (2001)


Mmax (MNm)

8 Nikolaou et al. (2001)


30

20
4
10

0 0
0.0 0.5 1.0 1.5 0 10000 20000 30000 40000 50000
h1/L Ep/E1

30 15
NEHRP (1997) NEHRP (1997)
Dobry e O'Rourke (1983) Dobry e O'Rourke (1983)
Nikolaou et al. (2001) Nikolaou et al. (2001)
Mmax (MNm)

20 10
Mmax (MNm)

10 5

0 0
0 20 40 60 80 100 0 2 4 6 8 10
L/d Vs2/Vs1

Figura I.2 - Momenti flettenti massimi su palo singolo dovuti all’interazione cinematica.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.43


Figura I.3 - Analisi di una palificata (modificata da Lancellotta e Calavera, 1999).

Figura I.4 - Gruppo di due pali inclinati.

Figura I.5 - Palo incastrato (a) e libero in testa (b).

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.44


Figura I.6 - Definizione della funzione d’impedenza.

Figura I.7 - Propagazione delle onde tra palo sorgente e ricevente.

Cap. 10 – Fondazioni superficiali pag.45

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