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Critica ragionata al buddismo della Soka Gakkai

1) Il buddismo insegna, innanzitutto, il non-attaccamento: questo lo fa perchè


prende esempio dalla vita, che è effimera, un soffio di vento, il battito d'ali di una
farfalla.
Questa, è la natura stessa della vita.
Per contro, nel buddismo Soka, c'è un continuo lavaggio del cervello sul
raggiungimento degli obiettivi personali e quelli della stessa associazione (la pace nel
mondo, sostiene la Soka).
Si afferma che “i desideri terreni sono illuminazione”: prima di tutto non è affatto
chiaro il significato di questa affermazione teorica.
Nel buddismo Mahayana però, l'illuminazione, proviene dal giusto distacco dalle
cose materiali, dagli attaccamenti, e non certo invece dall'attaccamento, ulteriore, ad
un obiettivo/oggetto o desiderio che sia – elemento fondante della volontà nevrotica
- per chi ha le cognizioni elementari di psicologia umana.
Il buddismo, per contro, insegna il corretto atteggiamento verso la vita, perchè ne
coglie il significato ultimo, cioè, come detto, l'impermanenza di tutte le cose.

2) Nel buddismo Soka si dà energia ad una pergamena, recitandovi davanti


continuamente il mantra.
Questa pergamena, rappresentazione della propria vita (sostengono), ricomprende dei
simboli (singoli, e come disegno complessivo) di cui nessun membro praticante
conosce il vero e profondo significato, dato che si tratta di ideogrammi giapponesi di
secoli andati.
Vero è invece che i preti e le persone al vertice della organizzazione, sono a
conoscenza delle “porte” che schiudono altre dimensioni, cosa, come e quando
aprirle, e se ne possono avvalere come preferiscono, usando anche le energie dei
membri, attraverso le pergamene, ad esempio.
In buona sostanza, chi pratica, non sa a cosa fornisce veramente energia, né il perchè.
C'è una ragione poi, per cui, quando un membro smette di praticare, deve restituire la
pergamena: si tratta di un trick, simbolico/energetico, con cui le persone ri-
consegnano la propria vita (o qualcosa di profondo che la riguarda) alla Gakkai.
La stessa pergamena - così come gli scritti stessi del fondatore di questa pratica -
fanno riferimento ad un intero “pantheon di déi”, questo, anziché limitarsi a parlare
del/dei budda: cosa c'entrano infatti questi déi con la pratica del buddismo Mahayana,
da cui il buddismo soka dovrebbe trarre funzione e credito?
E' un elemento evidentissimo negli scritti, ma nessun praticante sembra lamentarsene,
perchè è imperativo accettarne i dogmi.

3) Il budda originale, non ha mai scritto una sola riga di suo pugno, e questo non
perchè non fosse istruito, ma proprio perchè egli non voleva che i suoi insegnamenti
si trasformassero in una qualche forma di potere temporale, come di fatto è stato, in
seguito, attraverso i cd “ascoltatori della voce”, che invece avrebbero trascritto le sue
parole e creato le varie ramificazioni e correnti del buddismo contemporaneo.
4) In uno dei testi più rilevanti sulle forme di buddismo (che qui non riporto), in cui si
riferisce e si spiega di tutte le scuole (ramificazioni) del buddismo, quello giapponese
Soka, viene spicciato con pochissime righe, rispetto ad altri buddismi.
Forse non è l'indicazione ultima dell'importanza del buddismo Soka, ma di sicuro un
sintomo lo è di certo.

5) Il buddismo Soka è una forma di ”buddismo MacDonald”, chiamiamolo così: è


sufficiente infatti recitare il mantra, e più tempo lo si pratica e meglio sarebbe,
secondo i praticanti.
Ma N., il fondatore di questa scuola, non ha mai scritto una sola riga, in merito al
fatto che “la pratica” sarebbe una questione di durata!
Inoltre, ci sarà una ragione per cui le altre pratiche buddiste (il buddismo tibetano in
primis) sono molte volte più articolate, e non si richiede questa ripetitività ossessiva
quotidiana.

6) Ogni anno, l'anziano presidente della Soka, scrive una “proposta di pace”, che
indirizza all'Onu.
Ora, tale proposta è sostanzialmente inutile, e spiace dirlo, una forma di arroganza
travestita da buone intenzioni: prima di tutto perchè essa non è mai stata presa in
alcuna considerazione in sede Onu; poi perchè, purtroppo, la proliferazione nucleare
e la relativa minaccia, non sono mai venute meno, dal dopo-guerra ad oggi, anzi è
proprio vero il contrario.
Siamo a pochi minuti dalla “mezzanotte”.

7) Non è sensato affermare che questa sia l'unica pratica per il raggiungimento della
illuminazione o della felicità, che sia: affermare questo è puro delirio di onnipotenza.

8) E' invece sensato affermare che potrebbe servire per la pace, intesa come pace
individuale, elemento che conduce e sostiene sicuramente la pace collettiva, ma non
lo è solo questa pratica (come invece si sostiene), e la pace non la si può perseguire
certo solo nel proprio cuore: vanno compiute concrete azioni individuali e collettive
anche nella realtà, a questo fine.

9) Nessuna organizzazione si può arrogare il diritto di “sistematizzare la


manifestazione della fede”: La fede, in primis, è un concetto che appartiene all'essere
umano, in sé e per sé, e non è dominio di alcuna organizzazione religiosa, né lo può
essere, e non c'è alcun metodo sicuro e riconosciuto (empiricamente), affinché di essa
se ne manifestino i frutti.
Questo lo scrivo perchè la pratica di N. si incentra su un metodo per manifestare la
fede e i suoi frutti, i cd “benefici”, e quindi i propri desideri, e questo va a diretto
detrimento dell'intelligenza della persona, nel perseguire i propri scopi (nonché nella
sua sicurezza di sé), seppure si inciti all'azione (sempre nella pratica di N.)

10) Il ripetersi ossessivo e quotidiano del mantra,va contro i concetti più elementari
(e scientificamente riconosciuti) della neuro-plasticità cerebrale.
La ripetizione ossessiva, ogni giorno, rafforza infatti vecchie “vie neuronali”, dà
sostegno all'ego, nonché alla riproposizione di vecchi sotto-programmi mentali, che si
riattivano continuamente, portando la persona a non risolvere mai i propri casi.
Si tratta dunque di una vera e propria forma di sostegno al karma personale, dove per
karma si può sostituire le efficacissime due parole di “mente prigioniera”, che è,
come detto quello che accade, praticando con ossessione.

11) Non ha alcun senso svolgere una pratica di “sviluppo personale” - che è ciò che
dovrebbe essere in fondo il buddismo – per sempre: è una contraddizione in termini.
Qualunque pratica del genere ha un tempo nella vita di una persona, poi, si può
serenamente passare ad altro.
E questo anche riferendosi al concetto di “espediente”, di cui il budda stesso parla,
riferendosi alla pratica buddista da lui insegnata: la pratica è un espediente, e come
tale ha una funzione limitata nel tempo.
Poi va abbandonata, altrimenti si parla di “dipendenza”.

12) Concludendo, ciò che viene riferito, nella teoria buddista di N, cioè che l'essere
umano soggiaccia in questa esistenza al cd. “demone del senso cielo”, cioè, in una
parola sola “l'ego” - il vero signore di questo mondo – trova, nella pratica della soka,
un braccio, una sua manifestazione concreta, molto forte ed evidente.
E la cosa è quanto meno paradossale.
In poche parole, si può affermare, con certezza, che la pratica della soka è una diretta
estrinsecazione dei voleri del demone di cui sopra.
Come d'altra parte lo sono tutta una serie di istituzioni private, pubbliche, mentali,
astratte, religiose, ecc, su questo pianeta, da cui l'essere umano, veramente
risvegliato, deve trovare (se verso la vera illuminazione intende rivolgersi) la giusta
distanza.
E libertà.

Buone ricerche e felice risveglio al vero cercatore della strada.

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