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Misure meccaniche e termiche

Introduzione
Caratteristiche di una misura: accuratezza, campo di misura, rapidità di variazione nel tempo, incertezza,
ripetibilità, costo, confrontabilità…

Misurazione: procedimento che serve a quantificare, assegnando dei numeri le proprietà degli oggetti e
degli eventi nel mondo reale.

Perché si fanno misure? Quantificare una proprietà di un oggetto


Controllare un processo
Aumentare la comprensione fisica di un fenomeno solo in parte conosciuto
Tarare uno strumento
DEFINIZIONI
Misurazione : atto del misurare / procedimento attraverso il quale si assegnano valori numerici a
rappresentazione di grandezze fisiche
misura : risultato della misurazione fatta sul misurando (soggetto posto a misurazione)

estensive : vale la somma; il confronto può essere eseguito in termini di rapporti


Tipi di grandezze
intensive : esprimono un ordine, non vale la somma; definiscono un modo di
essere della materia

diretto : il metodo diretto è il metodo nel quale il valore del misurando è


ottenuto leggendo direttamente la grandezza di interesse,
confrontandola con un’altra della stessa specie rappresentante
l’unità di misura
Metodi di misurazione
indiretto : il metodo indiretto è il metodo nel quale la misura è ottenuta
leggendo una o più grandezze legate funzionalmente al valore del
misurando, ma non omogenee alla grandezza di interesse (per
poter utilizzare questo metodo è necessario conoscere
preventivamente le relazioni che legano tra loro queste
grandezze)
può avvenire : per deviazione (spostamento di un indice)
per azzeramento (confronto con un campione
materiale omogeneo)

N.B. Una misura COSTA, è inutile utilizzare strumenti dalle caratteristiche eccessivamente spinte, se
non vi è una reale necessità.
Bisogna misurare ciò che serve : per questo motivo associato ad ogni misura deve esistere un
MODELLO della realtà che si vuole misurare.

DEFINIZIONE
Modello : insieme organico di relazioni tra valori di parametri, descrivente le interazioni e/o l’evoluzione
dei sistemi (UNI 4546).
non esistono modelli migliori o peggiori, ma solo modelli più o meno efficaci nel rappresentare
le caratteristiche dell’applicazione per cui le misure vengono fatte.
(anche un modello molto generale non ha validità assoluta ma solo relativa, ovvero per un
limitato campo di valori dei parametri che definiscono lo stato del sistema)

Le grandezze di disturbo influenzano la misura (temperatura,umidità,sollecitazioni,campi elettrici e


magnetici, gravità,…).
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Espressione della misura ed incertezza
Una MISURA è costituita da : numero +- incertezza [unità di misura]
1 2 3

1 Numero

Cifre significative : sono sostanzialmente quelle cifre del numero che possiamo considerare affidabili.
Esempi: 5,236 (4 cifre significative, il numero incerto è l’ultima cifra)
5,000 (4 cifre significative, incerta l’ultima)
0,005 (1 cifra significativa)
5000 (misura in dubbio, da evitare perché non so dove sta l’incertezza)
5 (1 cifra significativa, pessima misura, sono sicuro solo dei metri)

2 Incertezza
indica il livello di affidabilità che posso dare alla misura
L’incertezza è un numero associato al risultato di una misurazione che esprime la dispersione dei valori
che possono ragionevolmente essere attribuiti al misurando

Prima dell’incertezza si utilizzava il concetto di errore, approccio errato in quanto il valore vero della
misura non è mai noto!
stima
: solitamente c’è una rappresentazione simmetrica tra stima ed incertezza
{
(ci sono casi in cui si sceglie un caso non simmetrico)

incertezza

Le fonti di incertezza sono molte, le più comuni sono: • non costanza dello stato del sistema tra le
misurazioni • incompleta definizione del sistema • presenza di effetti strumentali.

Definita la misura come valore e incertezza, non possiamo più dire quando due misure sono uguali: non
si parla più di uguaglianza ma di compatibilità
condizione che si verifica quando le fasce di
valore assegnate in diverse occasioni come
misura dello stesso parametro nello stesso
stato hanno almeno un elemento in comune
N.B. La compatibilità non è una proprietà transitiva in quanto abbiamo a che fare con intervalli e non
valori.

Richiami di statica

Sono indici relativi ad un campione della


popolazione. In sostanza sono stime della
Media campionaria media e della deviazione standard della
popolazione. Essendo queste stime fatte
sulla base di un campione sono incerte: più
volte faccio la misura e poi la media e più
Deviazione standard campionaria volte ridurrò l’incertezza.

Esistono due diverse modalità di valutazione delle componenti dell’incertezza, entrambe sono basate su
distribuzioni di probabilità, ma se pur con due procedimenti diversi, otterremo la stessa informazione.

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Incertezza tipo A
Vediamo la densità di probabilità come una distribuzione di frequenza osservata → ovvero faccio
molte prove e guardo i risultati, non faccio delle ipotesi; osservo i risultati dopo aver fatto la
misura più volte. (distribuzione Gaussiana o t-student)

: media con N numero di osservazioni e osservazioni indipendenti

: varianza sperimentale della popolazione

: varianza sperimentale della media


La varianza sperimentale della media e lo scarto tipo
sperimentale della media quantificano quanto bene
: varianza della media/scarto tipo stimi il valore atteso di ed entrambi possono
essere adottati come valutazione quantitativa
dell’incertezza di .

La misura è data dalla media, e la sua incertezza è lo scarto tipo della media stessa :

Incertezza tipo B
Faccio delle ipotesi sulla distribuzione. L’incertezza di tipo B può essere stimata attraverso la
deviazione standard delle misure ripetute oppure quando l’informazione di incertezza è già data
qualcun altro.
L’uso dell’insieme di informazioni disponibili per una valutazione di categoria B dell’incertezza
tipo richiede capacità di approfondimento basata sull’esperienza e conoscenze generali.
(es.display digitale)
Ci sono varie distribuzioni di probabilità e a seconda della distribuzione ci sono formule
appropriate per trovare la deviazione standard associata.
distribuzione rettangolare

distribuzione simmetrica trapezoidale

distribuzione simmetrica triangolare

Equazione della propagazione della varianza/incertezza

: vale solo se posso fare l’ipotesi che non ci sia correlazione tra le
variabili che considero come ingressi

Incertezza estesa : è la grandezza che definisce, intorno al risultato di una misurazione, un intervallo che
ci si aspetta comprendere una frazione rilevante della distribuzione di valori
ragionevolmente attribuiti al misurando.
Si ottiene moltiplicando l’incertezza tipo per un opportuno fattore di copertura.
scopo: costruzione di un intervallo di valori che contenga il misurando con la confidenza voluta.
In caso di incertezza estesa è obbligatorio indicare, associato alla misura, il livello di confidenza, il fattore
di copertura e la distribuzione probabilistica utilizzata.

N.B. Nell’espressione della misura il numero di cifre decimali assegnate alla stima deve coincidere
con il numero di cifre decimali associate all’incertezza.

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3 Unità di misura / sistema internazionale

Punti fondamentali : • definire l’unità di misura per le grandezze necessarie; • definire come si realizza il
campione di ciascuna grandezza

Campione : termine di riferimento nell’ambito delle grandezze della stessa specie che costituisce l’unità
di misura. Deve essere accurato, accessibile, riproducibile e invariabile.
quello che si vuole fare è slegare il più possibile il concetto di campione da “campione
fisico” e di riferire i campioni a proprietà della materia o leggi fisiche.
i campioni esistono per le grandezze fondamentali (non per le derivate).

Un sistema di misura deve essere : universale, stabile (i campioni devono essere legati a fenomeni della
fisica inalterabili), accurato, pratico, coerente (deve essere possibile
esprimere qualunque grandezza in funzione di quelle base),
uniforme (si deve poter ricavare il valore di un intervallo da due
lettere lungo una scala), decimale.
•Sistema internazionale
Lunghezza metro [m] grandezze supplementari
Tempo secondo [s] Angolo piano radiante [rad]
Massa chilogrammo [kg] Angolo solido steradiante [sr]
Temperatura kelvin [K] •Sistema assoluto anglossasone
Intensità di corrente elettrica ampere [A] Lunghezza piede [ft] 0,3048m
Intensità luminosa candela [cd] Tempo secondo [s]
Quantità di sostanza mole [mol] Massa libra [lbm] 0,4536kg
•Sistema metrico-gravitazionale
Lunghezza metro [m]
Tempo secondo [s]
Forza-peso chilogrammo-peso
[kgf] 9,80N
le grandezze fondamentali del SI hanno delle dipendenze tra loro

Multipli e sottomultipli
tera T 1012 deca da 101 nano n 10-9
giga G 109 deci d 10-1 pico p 10-12 Decibel : a rigore non è un unità di
misura; viene introdotto per
mega M 106 centi c 10-2 femto f 10-15 esprimere il rapporto tra due
kilo K 103 milli m 10-3 otta a 10-18 potenze

hecto H 102 micro μ 10-6


Grandezze derivate
Frequenza hertz [Hz] Potenziale elettrico volt [V]

Forza newton [N] Capacità elettrica farad [F]

Energia e Lavoro joule [J] Resistenza elettrica ohm [Ω]

Pressione pascal [Pa] Induttanza elettrica henry [H]

Potenza watt [W] Flusso magnetico weber [Wb]


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Digitalizzazione dei segnali / acquisizione dati
L’acquisizione dati è quel processo che permette di ottenere una rappresentazione digitale di un
generico segnale originariamente analogico.
Segnale analogico : dato noto e/o disponibile all’ utente con continuità nel tempo, può assumere un
numero infinito di valori in qualunque ∆t (piccolo a priori).
Segnale digitale : dato noto e/o disponibile all’utente in forma discreta nel dominio del tempo (non è più
continua, è una serie finita di numeri).

Per poter memorizzare, trattare e trasmettere segnale con un computer, è necessario procedere ad una
doppia discretizzazione: discretizzazione lungo l’asse de tempo (campionamento), discretizzazione
lungo l’asse verticale (conversione a/d)
La conversione a/d è il processo con cui il valore reale della
grandezza analogica in un dato istante temporale, viene convertito
in un valore numerico con un numero finito di cifre.

I sistemi digitali presentato vari vantaggi, tra cui : elevata insensibilità ai disturbi del segnale campionato
(una volta che ho convertito in numeri posso elaborarli senza avere disturbi o interferenze), bassa
incertezza con costi relativamente contenuti, ripetibilità e riproducibilità (non c’è degradazione del
segnale), compatibilità intrinseca coi sistemi di calcolo, facilità di manipolazione, trasmissione,
registrazione e riproduzione.

La conversione a/d viene anche detta codifica, in quanto si basa sulla rappresentazione binaria:
conversione a 2bit avrò due confronti (o stadi) a 3bit 3 confronti e cosi via… Dato che una stringa
contiene n bit, avrò 2n stati differenti (es. convertitore a 3bit, avrò 23=8 stati diversi, ovvero 8 gradini sul
grafico in/out e non la retta che idealmente dovremmo avere). Se dovessi avere un convertitore a 8bit,
potrei dividere l’intervallo tra valore max e min in 256 parti (28)(lo svantaggio è che serve più memoria).
fondo scala, caratteristica del convertitore
Equazione della risoluzione del convertitore :

N.B. E’ molto importante che il fondoscala del convertitore sia adeguato al segnale da misurare.

Per risolvere il problema di quando si ha una misura poco adeguata al nostro fondoscala, si possono
fare due cose: • amplificare il segnale analogico in modo da sfruttare la dinamica del convertitore;
• cambiare il fondoscala del convertitore in modo da adattarlo al segnale.
molte schede in commercio hanno un fondoscala
modificabile stiamo facendo il procedimento inverso.
Quello che avviene in pratica è che il valore viene
moltiplicato per una potenza di 10, quasi mai si modifica
realmente il fondoscala.
Se il valore medio di una misura è molto elevato non possiamo ridurre il segnale, quindi si perde
risoluzione. Come si risolve questo problema?
In alcuni casi è possibile ottimizzare la risoluzione “eliminando” dal segnale analizzato il valore
medio:
• modalità ac: si filtra dal segnale la componente armonica a frequenza 0Hz (toglie il valore
medio anche se questo cambia)
• sommatole analogico di tensione: si somma al segnale una tensione dc uguale e contraria al
valore medio del segnale

Quando attuo una discretizzazione lungo l’asse dei tempi mi pongo 3 domande:
• quante volte al secondo osservo il segnale?
• cosa succede se osservo troppo spesso?
• cosa succede se osservo troppo raramente?
aliasing

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Il fenomeno dell’aliasing si ha quando il segnale campionato non è più riconoscibile e sembra avere una
frequenza più bassa del segnale analogico originario: ho campionato a frequenza troppo bassa!

Per evitare aliasing usiamo il teorema del campionamento: Fc ≥ Fsmax con Fc freq. di campionamento
Fsmax frequenza max fra
quelle contenute nel segnale
Per capire che valore assume una frequenza in aliasing (fapp), si usano i diagrammi di aliasing
Per evitare l’aliasing si può agire in due modi:
• alzare la frequenza di campionamento fino a farla diventare > 2Fsmax
• inserire un filtro analogico, prima del convertitore ad, che rimuova tutte le frequenze superiori a Fc/2

Configurazioni di ingresso nei sistemi di conversione a/d

- Configurazione minima: trasduttore→condizionatore(amplificatore+filtro anti-aliasing)→conversione a/d


Molto importante è l’aspetto del tempo di conversione/apertura, ovvero il
tempo che ci mette il convertitore a generare la sequenza di bit.
Il problema è che durante la conversione il segnale potrebbe modificarsi
- Sample & Hold: T→C(a+f)→S/H→A/D
è un circuito elettronico in grado di bloccare il valore in tensione
da convertire per il tempo necessario alla conversione
- Acquisizione di più canali: Ta→C→filtro AA→S/H→ADC→trasm
Tb→C→filtro BB→S/H→ADC→trasm

} present regist

- Convertitore unico: Ta→C→filtro AA


Tb→C→filtro BB

} Multiplexer→S/H→ADC→trasm→present regist
interruttore elettronico
Problema: non ho il tamponamento sincrono di tutti i dati
- Convertitore unico: Ta→C→filtro AA→S/H
Tb→C→filtro BB→S/H

} Multiplexer→ADC→trasm→present regist

Questa configurazione intermedia permette di bloccare tutti i canali nello stesso


istante con un S/H per ogni canale e poi convertirli uno alla volta con un
convertitore A/D

La massima frequenza di campionamento è limitata dal tipo di conversione ta

Fissato il fondoscala dei canali del convertitore A/D e scelta la frequenza di campionamento, resta da
impostare il tempo totale di acquisizione→scelta che determina il numero di campioni acquisiti per ogni
canale

Quando inizia l’acquisizione? • a un t0 scelto dall’operatore;


• a un t0 sincronizzato, acquisizione a trigger (dispositivo che permette di
incominciare ad acquisire i dati quando un segnale preso come
riferimento super un livello prefissato o trigger level)

Campionamento asincrono: si acquisiscono i campioni ad intervalli costanti nel tempo (non mi


sincronizzo con il fenomeno che sto osservando). Fc = 1/∆t
Campionamento sincrono: i campioni vengono acquisiti in maniera sincrona con un evento(serve un
riferimento).

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Caratteristiche statiche degli strumenti di misura e la loro taratura
Se ho uno strumento che misura forze, e genera un’uscita in tensione proporzione alla forza, per poterlo
usare per la misura di forze devo conoscere il legame forza-tensione: la taratura è il processo che
permette di ottenere questa funzione.
Obbiettivo della taratura: studio delle prestazioni degli strumenti e dei sistemi di misura con particolare
riguardo alla qualità della misura. quanto bene il trasduttore funziona

Taratura statica
Caratteristiche di un dispositivo di misura:
• RISOLUZIONE (≠incertezza o sensibilità) = minima differenza che riesco a misurare tra 2 valori di
ingresso differenti. Il valore della risoluzione è la variazione
del valore del misurando che provoca una modificazione
del valore di lettura di ampiezza pari all’incertezza di
lettura.
• DIAGRAMMA DI TARATURA = relazione che permette di ricavare da ogni valore di lettura fornito da un
dispositivo la misura (valore numerico) da assegnare al misurando.
• RIPETIBILITA’ = grado di concordanza tra i risultati di misure successive dello stesso misurando
simili
effettuate nelle medesime condizioni di misura, eseguite in un breve intervallo
temporale.
• RIPRODUCIBILITA’ = grado di concordanza tra i risultati di misure successive dello stesso misurando
effettuate in condizioni di misura diverse (N.B. cambiando le condizioni al
contorno).
• STABILITA’ = attitudine di un dispositivo di misura a mantenere costante il valore fornito in misure
eseguite indipendentemente sullo stesso misurando in un intervallo di tempo definito con
stessa procedura e condizioni.
• DERIVA = variazione in funzione di una grandezza d’influenza di una caratteristica metrologica di un
dispositivo di misura.
• ISTERESI = proprietà di uno strumento di fornire valori di lettura diversi in corrispondenza di un
medesimo misurando, quando questo viene fatto variare per valori crescenti e decrescenti
(materiali elastomeri e campi elettromagnetici).

Operazioni relative alla determinazione di caratteristiche metrologiche:


stabilire il comportamento → taratura
verificare il comportamento → ritaratura
documentare il comportamento → relazione di taratura (documento che dimostra la taratura dello strumento)

taratura statica: procedimento che consiste nel confronto tra un dispositivo di misura (o taratura) ed un
secondo avente caratteristiche metrologiche adeguatamente superiori.
si prende uno strumento da tarare, lo si confronta con uno già tarato e dal
confronto si ricavano le informazioni, oppure mettendo degli strumenti noti
esempio bilancia: la taratura serve per legare l’allungamento della molla con il valore di
massa caricata sul piattello

N.B. L’incertezza sul riferimento viene trascurata, e per fare questo occorre che il riferimento sia dato
da campioni o da misure fornite da uno strumento più accurato di quello che si desiderava tarare
(incertezza molto minore di quella che vogliamo ottenere)

Disturbi o grandezza di influenza: grandezza diversa dal misurando la cui variazione altera la misura.
Nel caso ideale tutte le grandezze di influenza sono fissate e l’uscita dipende solo dal misurando; nel
caso reale non tutte le grandezze sono bloccate e al variare delle grandezze di influenza può cambiare
la curva di taratura. (esempio: bilancia in un ambiente con elevata escursione termica, il ∆T può cambiare la curva di
taratura)
Il diagramma di taratura ideale sarà quindi una parabola e non una retta dove per ogni misura avrò più
punti sulla verticale dovuti proprio all’incertezza di misura (solitamente si ha una distribuzione gaussiana
dei dati)
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Curva di taratura: relazione biunivoca tra ogni valore fornito dallo strumento e il corrispondente valore da
assegnare al misurando. (per ogni curva di taratura c’è la propria fascia di incertezza)
Come si ottiene? Si approssimano i punti ottenuti durante le misure di taratura, in
modo da avere una espressione analitica che consenta una rapida e facile conversione del valore letto
al variare della grandezza da misurare → metodo ai minimi quadrati (o somma dei residui in valore assoluto, o
somma dei residui al quadrato e ne trovi il minimo) errore quadratico medio
Nel caso dello strumento lineare il coefficiente di correlazione lineare è un altro parametro assai
importante indice che ci dice quanto bene sto approssimando i dati variabilità spiegata (variabilità dei dati y
della curva)
variabilità totale (variabilità di tutti i punti
acquisiti)

Il diagramma di taratura è la rappresentazione di curve di taratura + fascia di incertezza (solitamente si


rappresenta con le letture sull’asse delle ascisse e le misure sull’asse delle ordinate ma va bene anche l’opposto, + comodo in
fase di taratura e non utilizzo)

Riassunto taratura
1) Misuro con lo strumento da tarare dei campioni xi (incertezza campioni trascurabile)
2) Ripeto più volte le misure, cambiando casualmente i campioni xi
3) Calcolo media e deviazione standard delle misure ripetute di ciascun campione
4) Con la tecnica dei minimi quadrati approssimo i punti medi
5) Calcolo r2 per valutare quanto la funzione approssimante sia adeguata
6) La deviazione standard ottenuta con misure ripetute di ogni valore del campione xi stima l’incertezza
dello strumento per quel valore di xi
7) Creo il diagramma di taratura composto dalla curva di taratura e dalle fasce di incertezza.

Sensibilità: rapporto tra variazione della grandezza in uscita e la corrispondente variazione della
grandezza in ingresso (caratteristica di ogni strumento)→ deducibile solo dalla curva di taratura S=∆L/∆M

Errori di taratura: • isteresi


• linearità
• effetto di carica inserzione galvanometro
inserzione voltmetro
L’incertezza può essere rappresentata in 4 modi diversi sulla curva di taratura:
• percentuale del fondoscala
• percentuale della lettura
• sovrapposizione dei primi 2 punti, quale dei 2 è maggiore (+ usata)
• somma delle espressioni uno e due (- usata)

Riferibilità: proprietà di un risultato di una misurazione consistente nel poterlo riferire a campioni
appropriati, nazionali o internazionali, attraverso una catena ininterrotta di confronti
stabilita da una gerarchia di campioni e strumenti con incertezza strumentale crescente

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Misure di deformazione meccanica
misure estensimetriche
ESTENSIMETRI
La misure di deformazione sono spesso utilizzate per:
• rilevare la deformazione di un componente sotto carico, che è direttamente legata allo stato di sforzo;
• stimare altre grandezze (forza a partire dalla deformazione che tale forza induce su un componente,
pressione)
∆L σ = Eε sforzo, con E modulo elastico del materiale
ε= deformazione
L stato di sforzo monoassiale : σ =
N
Area

La misura di deformazione viene eseguita mediante dei trasduttori chiamati estensimetri


Caratteristiche di un estensimetro: (misura di deformazione superficiale)
• la costante di taratura dell’estensimetro deve essere stabile e non variare nel tempo (effetti termici ed
ambentali);
• deve misurare la deformazione locale e non quella media;
• deve avere una buona risposta in frequenza;
• deve essere economicamente accessibile per permettere un largo impiego.
Tipi di estensimetri:
• meccanici;
• ottici;
• acustici;
• elettrici. (più utilizzati, svantaggiosi perché non possono esserci campi elettrici o magnetici)
con ρ resistività, L lunghezza del conduttore, A
L
estensimetri a resistenza elettrica: R = ρ
A
sezione del conduttore.
• Principio di funzionamento: un filo conduttore sottoposto a
deformazione meccanica, modifica la resistenza elettrica
(trazione, R aumenta)
• Realizzazione pratica di un estensimetro: filo conduttore (a
griglia) incollato non direttamente al pezzo di cui voglio
misurare l’estensione => messo sul supporto che poi viene
incollato al pezzo => quando il pezzo si deforma, si deforma
il supporto che implica la deformazione della griglia che
porta ad una variazione di resistenza
N.B. Con gli estensimetri a RE si misurano solo deformazioni superficiali, solo nella direzione della
griglia (hanno 2 caratteristiche: resistenza nominale, lunghezza base)

La sensibilità è sempre il rapporto uscita/ingresso di un sistema di misura. Nel caso degli estensimetri
l’entrata è la deformazione e l’uscita è la variazione di resistenza relativa ∆ R/R
K=
ε
PONTE DI WHEATSTONE (circuito che permette di leggere le piccole variazioni di resistenza elettrica degli estensimetri)

Il ponte di Wheatstone ha una configurazione a rombo, dove la R dell’estensimetro è variabile, mentre le


altre 3 resistenze sono fisse. Quando R varia, varierà anche la corrente sulla diagonale di misura:
condizione necessaria e sufficiente per avere linearità, ovvero condizione di azzeramento del ponte /
condizione di ponte bilanciato R1R4=R2R5 → I5=0 (corrente sulla diagonale di misura)
Se il ponte non è inizialmente bilanciato e una delle resistenze subisce una variazione, la tensione (o
corrente) di uscita non è proporzionale alla variazione di quella resistenza.
N.B. Solo partendo da condizione di ponte bilanciato si ha linearità tra le variazioni di resistenza e la
corrente vista sulla diagonale di misura.

La misura con il ponte di Wheatstone può essere fatta in due modalità:


• misura per deflessione (sbilanciamento): misura della variazione di tensione ∆V5, resistenza R5 del
voltmetro è >> delle altre ∆V5=E/4*∆R1/R1 (prendo il
ponte,lo bilancio, allora vale questa equazione)

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• misura per azzeramento: misura della variazione di corrente ∆I5, la resistenza R5 del galvanometro è
poco usata, in rare condizioni << delle altre resistenze ∆I5=(E*∆R )/(2R 2+R R ) (se R1 è cambiata, cambio R2
1 1 2 1
finché non riporto tutto in equilibrio)
Nel dettaglio:
Parto da ponte azzerato→carico e leggo una corrente sulla diagonale di misura→modifico la
resistenza in modo da annullare la corrente circolante→la variazione di resistenza applicata(sulla
resistenza nota) è pari alla variazione subita dall’estensimetro (solo per misure statiche a causa del
doppio azzeramento)
Parto da ponte azzerato→carico il ponte: Ɛ implica ∆R implica ∆V→se R5 è molto grande la
corrente I5 tende a zero, anche dopo lo sbilanciamento→con 4 lati uguali e sbilanciamento solo
su un lato ottengo: ∆V=E/4 * ∆R/R (in questo caso il metodo si presta a misure dinamiche)

Il vantaggio del ponte è quello di amplificare le piccole variazioni di resistenza.


Più cresce il valore di alimentazione (tensioni), più crescono le correnti, più cresce la potenza, più si
riscalda (T alta implica una variazione della resistenza elettrica).

Configurazioni del ponte di Wheatstone:


- 1/4 ponte, ovvero quando una sola delle resistenze è costituita da un estensimetro
- mezzo ponte, 2 su 4 resistenze sono costituite da un estensimetro
- ponte intero, tutti e 4 i lati sono delle resistenze
nel caso di ponte intero tutte le resistenze (lati del ponte) variano: ∆V= E/4 (∆R1/R1-∆R2/R2+
∆R3/R3-∆R4/R4) equazione che regge il ponte, ci permette di gare la
variazione di uscita del ponte stesso, con la variazione di
resistenza di ciascuno dei 4 lati
Il ponte di Wheatstone ha 2 caratteristiche molto utili per fare delle misure:
la prima è che variazioni di resistenza su lati opposti si sommano (∆V=E/4(2∆R/R));
la seconda è che variazioni di resistenza su lati opposti si sottraggono (∆V=0).

EFFETTI DELLA TEMPERATURA


L’estensimetro si danneggia (si stacca l’adesivo ma solo per alte T)

}
Cambia sensibilità: k=f(t) varia la
La griglia dell’estensimetro varia la sua lunghezza in funzione della temperatura: ∆Lest=𝛼est∆T lettura
anche
La base del pezzo varia la sua lunghezza in funzione della temperatura: ∆Lpezz=𝛼pezz∆T
per
Cambia la resistenza perché cambia la resistività piccoli
gradi
si definisce coefficiente di temperatura del fattore di taratura:
con K: fattore di taratura alla T di riferimento (varia al variare di T)
KT: fattore di taratura alla T di prova
∆T: variazione di T subita dal provino

Diversi coefficienti di dilatazione: questo fenomeno può non essere trascurabile; il concetto è che a
tra pezzo ed estensimetro seguito di variazioni di temperatura si ha una dilatazione termica
diversa fra estensimetro e pezzo, questo induce una misura fittizia, nel
senso che misuro una deformazione anche se il pezzo non è
sottoposto a sforzo ε di = (α − α e )∆ T
Variazione della resistività: la resistività del materiale di cui è costituita la griglia dell’estensimetro
dipende dalla temperatura; quindi le variazioni termiche inducono variazioni
della resistenza elettrica dell’estensimetro, anche se non vi è alcuna
variazione della deformazione

=> raccogliendo gli effetti dei diversi coefficienti di dilatazione e della resistività si ha l’equazione che
esprime la deformazione apparente ℇa in funzione della variazione di temperatura ∆T:
con 𝛼 e 𝛼e coefficienti di dilatazione termica lineare

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Estensimetri autocompensanti: estensimetri per cui 𝛼=𝛼e oppure β/K si compensa con (𝛼-𝛼e)∆T
Estensimetro compensatore: metto l’estensimetro vicino ad un altro attaccato a dove devo misurare, ma
il primo non tocca la struttura sollecitata ma un punto dello stesso pezzo
metallico di quello che misura, adesso uno sentirà sia gli effetti termici che
gli effetti della deformazione meccanica e l’altro sentirà solo gli effetti
termici. Se li metto in maniera contigua gli effetti si sottrarranno e quindi ciò
che misuro sarà solo la deformazione meccanica.
Riassunto: estensimetro compensatore applicato a pezzo non sollecitato
→∆R1 deformazione ad effetti termici → ∆R3 solo effetti termici→ lati
contigui(sottrazione effetti) →misuro solo deformazione

COLLEGAMENTI ESTENSIMETRO CENTRALINA

I collegamenti degli estensimetri alla centralina sono importanti per la qualità della misura, in particolare
quando la lunghezza dei cavi di collegamento non è trascurabile. Infatti la resistenza elettrica dei cavi
influenza la misura, soprattutto quando le variazioni termiche inducono variazioni di resistenza elettrica
sui cavi, e quindi inducono delle variazioni della lettura che non sono dovute a deformazioni.
I cavi per quanto brevi possono essere hanno una loro resistenza e con un ∆T variabile ho delle
variazioni di correnti in uscita dal mio estensimetro non dovute all’estensimetro ma dai cavi: (∆RL+∆Rest)/
(Rest+RL) e non ∆Rest/Rest
Per risolvere questo problema si fanno diversi tipi di configurazione :
• Collegamento a 3 fili: il compensatore è vicino all’estensimetro di misura. In questo modo le variazioni
di resistenza dei cavi 1 e 3 sono rispettivamente in serie a R2 e R4. Sono cioè su
lati contigui del ponte: i rispettivi effetti si compensano per le proprietà del ponte.
Il cavo 2 invece, essendo sulla diagonale di misura, si trova in serie al
voltmetro(impedenza molto elevata => R cavo 2 trascurabile). In sintesi le
variazioni termiche sui cavi 1,2 e 3 e quelle sugli estensimetri non hanno effetto
sulla misura.
• Collegamento a 4 fili: l’intero ponte è in prossimità del punto di misura; i cavi di collegamento con la
soluzione per cavi corti centralina possono essere lunghi. Se i cavi sono corti, la tensione di
perché non ho alimentazione generata dalla centralina si applica senza cadute apprezzabili alla
apprezzabile caduta di diagonale di alimentazione AB. Se invece i cavi sono lunghi, la tensione sulla
tensione sui fili di diagonale di alimentazione è inferiore a quella generata sulla centralina, per via
alimentazione
della caduta di potenziale sui cavi di alimentazione. Il problema è che se ho
caduta di potenziale sui cavi di alimentazione, non conosco esattamente la
tensione reale di alimentazione del ponte. Questo è causa di errore nella misura
perché lo sbilanciamento del ponte è legato alla deformazione del pezzo da
misurare ma nella formula compare la tensione di alimentazione del ponte. La tua
è quella realmente applicata al ponte, quindi non quella generata dalla centralina
ma quella al netto delle cadute di potenziale sui cavi di alimentazione. (penso di
alimentare a V0 ma alimento a V0-dv con dv caduta sui cavi)
• Collegamento a 6 fili: risolve il problema dei 4 fili perché ho 2 fili in più, detti sensing che servono per
soluzione corretta se misurare la reale tensione di alimentazione del ponte. Su questi cavi la caduta di
i cavi sono lunghi potenziale è trascurabile, perché sono in serie al voltmetro, quindi la corrente
perché misuro circolante sui cavi di sensing tende a 0, per questo la caduta di potenziale lungo i
l’effettiva tensione di
alimentazione sulla
cavi di sensing è trascurabile.
diagonale del ponte

APPLICAZIONI
- Trazione con un solo estensimetro attivo: nessuna compensazione di effetti termici o di flessione;
Kb=1=sensibilità del ponte=output del ponte/output del
ponte con estensimetro attivo
- Trazione con due estensimetri su lati opposti: si sommano gli effetti, Kb=2, compensazione di flessione
ma non di effetti termici

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- Trazione (3) con 4 estensimetri attivi (a coppie di 2, T): compensazione sia di flessione che di effetti
termici dovuta alla configurazione a ponte
intero. Kb=2(1+v)
- Flessione con 2 estensimetri attivi: sono sullo stesso lato del ponte, si compensano effetti termici e di
trazione, Kb=2
- Flessione (2) con 4 estensimetri: coppie, configurazione a ponte intero, Kb=4, compensazione sia di
effetti termici che di trazione

TARATURA
La taratura di un sistema di questo tipo può essere fatta a diversi livelli:
- taro solo l’estensimetro (ricavo K). In questo caso però devo poter avere un guadagno
dell’amplificatore noto.
- Taro solo il ponte: vado a variare in modo controllato la resistenza di un lato e leggo l’uscita
dell’amplificatore. In questo caso ricavo il guadagno dell’amplificatore. Devo tenere in conto che Kb
potrebbe essere ≠1 ma Kb posso conoscerlo perché dipende da quanti estensimetri uso e da come li
metto sul pezzo e sul ponte.
- Taro direttamente l’intero sistema, nel senso che impongo un carico noto alla struttura e leggo l’uscita
dell’amplificatore, quindi ricavo la taratura dell’intera catena di misura.

Non posso prendere ogni estensimetro e tararlo, per farlo dovremmo incollarlo e poi sarebbe da tarare;
allora si fa un indagine statistica: ho un macchina che produce estensimetri quasi tutti identici, allora ne
prendo il 2% e taro quelli.
taratura del ponte mediante R in∥: sbilanciamento iniziale 0, aggiungo una R in∥»R2 (R
∆R2/R2=K*ℇel variazione di Schunt) => si sbilancia il ponte e ottengo una deformazione
resistenza dovuta a una elettrica ℇel=(∆R/R)/K. ℇel è nota e se misuro la ∆V generata
deformazione simulata da ℇel posso stimare il guadagno dell’amplificatore e quindi
elettricamente ℇel tarare il ponte.
Attenzione: se ho più lati attivi devo tenere conto che la
variazione di R in taratura è imposta da un solo lato (Kb=1),
mentre in misura poi avrò Kb diverso
calibratori interni: stesso principio di funzionamento della R in∥; la differenza è che qui R è
inclusa nella centralina e c’è in genere un pulsante per metterla ∥ad un lato
calibratori esterni: stesso principio di funzionamento dei primi due; il calibratore esterno viene
inserito al posto di un estensimetro. L’effetto dei cavi è considerato in questa
taratura perché metto il calibratore al posto dell’estensimetro, utilizzando tutti i
cavi di collegamento.
taratura diretta: questo tipo di taratura è molto comodo in campo applicativo perché mi permette
di tener conto di tutta la catena di misura durante la taratura. In pratica inserisco
degli ingressi noti e leggo direttamente l’uscita della centralina. Non distinguo i
vari effetti singolarmente ma ne tengo conto contemporaneamente

ALIMENTAZIONE DEL PONTE IN C.A.

In c.c ho problemi di derivata termica e l’amplificatore è più costoso.


se alimento in c.a. il ponte, non vado più a considerare solo la resistenza dei lati, ma anche la
loro induttanza e capacità. In sostanza il ponte viene studiato considerando l’impedenza dei lati e
degli eventuali cavi di collegamento. Le equazioni del ponte rimangono le stesse a patto che
sostituisco le resistenze con le impedenze.

Condizione di bilanciamento del ponte: Z2Z3-Z1Z4=0

Nel caso alimenti in alternata anche l’uscita sarà in alternata, alla stessa frequenza dell’alimentazione.
L’uscita sarà quindi in alternata, ma modulata in ampiezza a seconda del valore di deformazione.
La tensione in uscita del ponte è pari al prodotto della tensione di alimentazione e il segnale
rappresentante la deformazione. Come si vede, il segnale di uscita non è direttamente il segnale di
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deformazione che vorrei ottenere, proprio per via del prodotto detto sopra. Il mio scopo è quindi quello di
rimuovere il segnale portante (carrier) dal segnale in uscita, in modo da ottenere il segnale di
deformazione desiderato.
Per fare questo abbiamo necessità di un circuito, detto demodulatore.

Scopo del demodulatore: ottenere solo il segnale di deformazione eliminando il contributo della portante.
Il demodulatore è un circuito elettronico che prende in ingresso il segnale di alimentazione del ponte e il
segnale in uscita del ponte. In uscita dal demodulatore abbiamo un segnale detto demodulato, ottenuto
come: in ogni istante confronto il segno della portante con il segno del segnale modulato, se i segni sono
concordi genero un segnale demodulato con segno positivo e ampiezza pari al segnale modulato. Se i
segni sono discordi genero un demodulato con segno negativo e ampiezza come prima.
Una volta demodulato il segnale, applico un filtro passa-basso che rimuove le alte frequenze dovute alla
modulante, permettendomi di passare dal segnale modulato al segnale rappresentativo della
deformazione.
Circuito con demodulatore:
segnale di deformazione→ponte→amplificatore→demodulatore→filtro→output
modulazione oscillatore alimentazione per info
in base
ampiezza

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Misure di spostamento a contatto
Le misure di spostamento possono essere lineari o angolari, quasi statiche o tempovarianti; i trasduttori
di spostamento si possono dividere in diverse categorie: con uscita analogica o digitale oppure a
contatto o senza contatto. A seconda del principio di funzionamento si hanno diversi tipi di trasduttori di
spostamento

Un concetto fondamentale è che tutti i trasduttori di spostamento misurano uno spostamento relativo,
ovvero necessitano di un punto di riferimento a cui ancorare lo statore del trasduttore: rispetto a quel
riferimento si misura lo spostamento.

Trasduttori di spostamento resistivi

Potenziometri
Il trasduttore di spostamento potenziometro basa il suo principio di funzionamento sul partitore di
tensione; è composto da: una resistenza elettrica (formata da un filo conduttore avvolto attorno ad una
barra non conduttrice), un testatore (che scorre lungo la resistenza toccando le spire una alla volta), un
generatore di tensione che alimenta la resistenza. Se il testatore tocca la resistenza in un punto a
distanza x da un estremo, la tensione V misurata in uscita vale: V=Rx*i e Rx=Rtot*x/l0
Possono essere realizzati in maniera lineare, angolare
o anche a spire (avrò un uscita a gradini), a strato
(lisci invece di avere spire e con risoluzione teoricamente
infinita).

Valori tipici:

lineari angolari

portata 2÷2000mm 10°÷60 giri

risoluzione ∞ (strato) - 0,1÷1f.s. (filo) ∞ (strato) - 0,1÷1f.s. (filo)

linearità ±0,1%÷±0,3% ±0,1%÷±0,5%

resistenza 0,5÷10k 0,5÷20k

vita a fatica 108 cicli 108 cicli

velocità max 1 m/s 3000°/s

coppia di spunto 10-4 Nm

I trasduttori potenziometrici angolari possono essere di due tipi:


giri ∞: posso applicare all’albero del trasduttore ∞ giri (il trasduttore misura solo la posizione angolare
fra l’angolo 0 e l’angolo giro). (bandiera segnavento)
a giri finiti: il trasduttore misura anche angoli maggiori di un angolo giro (sono trasduttori che misurano
da un angolo giro assunto come 0, fino ad un massimo di n giri; il trasduttore non rileva solo
la frazione di giro effettuata ma anche tutti i giri precedenti).
N.B. E’ fondamentale il problema dell’allineamento tra albero del trasduttore e albero in rotazione per
mezzo di un giunto rigido nel gol torsionale ed omocinetico. Visto che spesso non è possibile
ottenere una perfetta coincidenza si usa un giunto elastico che permette piccoli disallineamenti,
ma trasmette la rotazione in modo da poter misurare la rotazione dell’albero a cui è calettato il
trasduttore.

N.B. E’ possibile utilizzare un traduttore angolare per eseguire misure lineari, in questo modo ottengo
misure di spostamento con fondoscala elevato senza avere la necessità di un trasduttore
ingombrante (avvolgo il filo su un rocchetto e tiro).

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Valori tipici potenziometri a filo: portata 50 ÷ 2500 mm

sensibilità 0,1 ÷ 20 mV/V/mm

resistenza 0,5 ÷ 1 kΩ
accuratezza ± 0,1% ÷ 0,25% f.s.
Limiti potenziometri a filo: tensione cavo 2÷10N
velocità max <10m/s
accelerazione max <35g(estrazione), <25g(avvolgimento)
Vantaggi potenziometri a filo: il filo disaccoppia l’oggetto dal trasduttore nella direzione perpendicolare
al filo

Trasduttori di spostamento induttivi


Un traduttore induttivo è formato da 2 bobine collegate come due lati di un circuito ponte, e un nucleo
ferromagnetico che scorre all’interno delle bobine. Spostando questo nucleo si crea una variazione
dell’induttanza delle bobine: l’induttanza di una bobina cresce man mano che il nucleo entra nella
bobina stessa. Quando il nucleo risulta nella posizione intermedia, il ponte è bilanciato. Spostando il
nucleo si ha l’aumento dell’induttanza di una bobina ed una corrispondente riduzione dell’induttanza
dell’altra. In questo modo si ha uno sbilanciamento del ponte, proporzionale allo spostamento del
nucleo.
Essendo il ponte (induttivo) alimentato in c.a. è necessario avere un demodulatore

Valori tipici: portata 4 ÷ 100 mm (sonda a molla) ,20 ÷ 500 mm (sonda libera)
sensibilità (al f.s.) 10 ÷ 80 mV/V/mm
scostamento dalla linearità < ± 0,4%

Problemi di montaggio:
- tasto sonda semplicemente appoggiato: non ho significativi effetti di carico, tuttavia ho un limite, il
misurando non deve abbassarsi con una accelerazione
maggiore di quella di gravità, altrimenti il testatore si stacca
dal misurando. Successivamente il testatore tornerà a
contatto con il misurando creando rimbalzi del testatore
stesso.
- tasto sonda con molla: monto una molla che permette il contatto tra testatore e misurando, tuttavia si
può avere un effetto di carico soprattutto se il misurando è molto leggero
o sottile.
- tasto sonda rigidamente collegato all’elemento: è possibile anche fissare il testatore attraverso un
collegamento perfetto; il problema è che il misurando
non è più libero di muoversi in direzione ortogonale
all’asse di misura.

LVDT (traduttori di spostamento a trasformatore differenziale)


Il principio di funzionamento degli LVDT è quello del trasformatore differenziale. Un LVDT è in effetti un
trasformatore, formato da un avvolgimento primario e due secondari. L’avvolgimento primario è
alimentato in alternata e genera un campo magnetico. Quando il materiale ferromagnetico si sposta a
sinistra, accoppia l’avvolgimento primario maggiormente con il
secondario 1, e quindi induce sul secondario 1 una tensione
maggiore di quella che induce sul secondario 2.
Quando il materiale ferromagnetico si pone in posizione
intermedia, le tensioni indotte sui due secondari sono equivalenti,
mentre quando si sposta a destra induce una tensione maggiore
sul secondario 2.
Misurando le tensioni ai due secondari ed elaborando i dati, si
può stimare la posizione del materiale ferromagnetico.

Collegando i 2 secondari in controserie si ottiene in uscita la


differenza delle tensioni dei 2 secondari. Quindi nel caso di un nucleo in posizione intermedia l’uscita è
nulla. Se il nucleo ferromagnetico si sposta verso l’alto, accoppia maggiormente il primario con il
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secondario 1. In questo modo e0 non sarà nulla ma assume valori di ampiezza crescenti al crescere
dello spostamento del nucleo ferromagnetico rispetto alla posizione di mezzeria tra le due bobine.
N.B. Nella misura non sapremo a priori da che parte si è spostato il nucleo: lo vedremo tra i segno
concordi o discordi.

Nelle misurazioni non ci interessa la zona fuori dalla linearità, quindi il produttore mette un fermo sulla
sonda.
Dal momento che il segnale è modulato, avremmo bisogno di un demodulatore come per il ponte di
Wheatstone.
LVDT: genero una tensione più alta sul secondario mettendo più spire → non metto un amplificatore.
Più è elevata la tensione in uscita dal trasduttore, più influiscono poco i disturbi.

Misure di spostamento senza contatto


Traduttori a correnti parassite (≠induttivo)
I trasduttori a correnti parassite funzionano con il seguente principio di
funzionamento: una bobina alimentata in alternata genera un campo magnetico.
Se vi sono materiali conduttori di fronte alla bobina, il campo magnetico induce
delle correnti parassite sulla superficie del conduttore. L’intensità delle correnti
indotte è maggiore se la distanza fra la bobina e il conduttore si riduce →si può
ricavare la distanza tra bobina e conduttore.
Tanto più cresce la frequenza di alimentazione, tanto più le correnti parassite si
concentrano sulla superficie del conduttore: effetto pelle.

Le correnti parassite, indotte dalla bobina alimentata in alternata, hanno intensità maggiore se il
conduttore è più vicino alla bobina. Dato che le correnti parassite modificano l’induttanza della bobina,
misurando tale induttanza si ha un indice proporzionale alla distanza bobina-conduttore.
in uscita si avrà un demodulatore e un filtro passa-basso.

E’ possibile realizzare trasduttori a correnti parassite con 2 bobine: una di misura e l’altra di
bilanciamento delle variazioni di temperatura; in condizionamento può essere fatto con un ponte di
Wheatstone induttivo.

Applicazioni:
- trasduttori di prossimità on-off (misure angoli di rotazione);
-trasduttori di spostamento (distanza);
-ricerca difetti superficiali (usato nei controlli non distruttivi).

Trasduttori capacitivi
A
Si basano comunque su una proprietà elettrica: misura della capacità di un condensatore C = ε 0ε r
Si può misurare la variazione di diversi parametri fisici al variare della capacità d
variare 𝜀r (si modifica la percentuale dell’area delle armature fra le quali si trova il materiale da
misurare)
variare A (si modifica il valore dell’area delle due armature che si trova affacciata)
variare d (si modifica la distanza tra le 2 armature)

Come viene misurata la capacità? Viene utilizzato un ponte di Wheatstone capacitivo


Vantaggi trasduttori capacitivi Svantaggi trasduttori capacitivi

elevata sensibilità e stabilità sensibili alle variazioni di capacità del cavo

poco sensibili alle variazioni di T sensibili alle variazioni delle caratteristiche del dielettrico

elevata impedenza
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Applicazioni:
- misure di livello (liquidi)

Laser a triangolazione
Il diodo laser proietta un punto luminoso focalizzato sulla superficie dell’oggetto da misurare. Il fascio
laser viene diffuso in tutte le direzioni dalla superficie del misurando. Il fotorilevatore è un sensore
simile a quello delle telecamere digitali, munito di ottiche. L’ottica focalizza il laser sul fotorilevatore: a
seconda della posizione del target, varia il punto del fotorilevatore in cui si focalizza il punto laser.
Leggendo quindi la posizione del punto laser sul fotorilevatore, si può risalire alla posizione del
misurando nel campo di misura.

Esistono sensori sia analogici che digitali, ma entrambi si basano su due fattori: posizione e intensità
del punto.

Applicazioni:
-posizionamento braccio robot;
-misura di vibrazioni;
-misura di livello;
-misura di spessore;
-controllo di processi produttivi.

Encoder (segnale in uscita di tipo on-off)


Gli encoder son misuratori di spostamenti angolari (le righe ottiche sullo stesso principio di
funzionamento, misurano spostamenti lineari).
Gli encoder non sono a rigore misuratori senza contatto, in quanto normalmente sono a contatto con il
misurando. Tuttavia il principio di funzionamento è senza contatto, quindi in necessità si possono
realizzare encoder in cui non c’è contatto fra il corpo dello strumento e l’albero rotante.
Il principio di base è il seguente:
Una sorgente luminosa genera luce
Un disco munito di una corona di aree opache e trasparenti alternate, è posto di fronte alla sorgente
luminosa
Un reticolo, anch’esso costituito da aree opache e trasparenti alternate, con lo stesso passo di quelle
del disco, viene posto subito dopo il disco stesso
Un fotosensore rileva l’intensità luminosa che attraversa sia il disco e il reticolo.
A seguito della rotazione del disco, si ha una alternanza di intensità luminosa trasmessa elevata e
bassa. Contando i cicli di crescita e decrescita della luminosità, si ha la stima dell’angolo di rotazione.

Gli encoder possono essere incrementali o assoluti.


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Analisi di Fourier (partiamo da un segnale e lo trasformiamo in tante sinusoidi)
Trasformata di Fourier: strumento che permette di analizzare i segnali scoprendo il contenuto armonico

Sotto ipotesi molto larghe un qualsiasi segnale può essere visto come somma di un numero
(eventualmente infinito) di componenti armoniche. 

Questo ci consente di scomporre un segnale in somma di tante componenti armoniche (sinusoidi). 

Ad ogni componente armonica è associata una frequenza di oscillazione. Quindi è possibile studiare
quali e quante frequenze sono presenti nel segnale. 

onda quadra (più componenti armoniche più sono vicino, fino a ∞ dove ho l’onda quadra
stessa)

- Armoniche dispari: nel caso particolare dell’onda quadra, per ricostruirla si utilizzano un numero infinito
di componenti «dispari», ovvero le multiple dispari della prima armonica.
La prima armonica è un segnale armonico che ha lo stesso periodo dell’onda
quadra che si vuole approssimare.
Si usano quindi la prima armonica, la terza (frequenza tripla della prima), la quinta
eccetera.
Le ampiezze delle componenti armoniche che approssimano l’onda quadra sono
inversamente proporzionali alla frequenza.
- Armoniche pari: considerando le armoniche pari invece, si ha la ricostruzione del dente di sega.
Per un generico segnale, la scomposizione in armoniche genera segnali armonici di
qualunque ordine: oltre alla prima armonica, in generale possono essere coinvolte
tutte le componenti multiple.
output 2 diagrammi: asse ascisse->frequenza/asse ordinate ->fase o ampiezza sinusoide
La trasformata di Fourier è quello strumento matematico che ci permette, dato un segnale di partenza, di
stimare quali componenti armoniche dobbiamo utilizzare per ricostruire tale segnale.
Dal momento che il segnale trasformato con Fourier diventa la somma di componenti armoniche,
ciascuna caratterizzata da una propria frequenza, si dice che la trasformata di Fourier di un segnale
temporale, e nel dominio delle frequenze.
La trasformata di Fourier è reversibile, nel senso che è possibile passare dal dominio del tempo a quello
delle frequenze e viceversa, senza problemi.

La trasformata di Fourier è di fatto un modo alternativo per rappresentare i segnali: al posto di


rappresentare l’andamento del segnale nel tempo, rappresento il valore di ampiezza e fase di ciascuna
componente armonica che devo usare per ricostruire il segnale.
Dal momento che rappresento ampiezza e fase in funzione delle frequenze, il dominio della trasformata
di Fourier sono le frequenze.
spettro di un segnale: trasformata di Fourier di un segnale
ciascuna componente armonica può essere espressa come parte reale e parte
immaginaria, oppure come modulo e fase. La sinusoide può essere vista come
composizione di due vettori che ruotano nel piano complesso con velocità angolare
uguale in modulo, ma di segno opposto.

Le informazioni contenute nella rappresentazione di un segnale nel dominio del tempo e nella
rappresentazione nel dominio delle frequenze, sono le stesse.
Ad esempio la media e il valore RMS (indice di energia associato al segnale), possono essere calcolati
sia a partire dal segnale nel dominio del tempo, sia a partire dallo spettro (segnale nel dominio delle
frequenze). (se ho una sinusoide ho un valore medio; posso vedere quel valore medio come una sinusoide di periodo ∞ )

Se ho un segnale nel dominio del tempo e ne faccio lo spettro, posso calcolare lo spettro della derivata o
dell’integrale di tale segnale, direttamente nello spettro (ovvero lavorando nel dominio delle frequenze).
Dal momento che lo spettro lavora scomponendo il segnale in componenti armoniche, fare la derivata o
l’integrale nello spettro significa fare la derivata o l’integrale di una componente armonica alla volta.
Ma derivare o integrare un segnale armonico, è una operazione immediata. Quindi se misuro un segnale
in spostamento, per ottenere la velocità in termini di modulo devo moltiplicare ciascuna componente
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armonica per omega. Quindi derivando il segnale, rendo più grandi le componenti armoniche a
frequenze maggiori (stesso ragionamento da velocità ad accellerazione).

In sintesi: se acquisisco il moto di un oggetto misurando lo spostamento, sarò facilitato se il moto avrà
soprattutto componenti armoniche a frequenze basse. Se invece il moto ha soprattutto
componenti armoniche a frequenze molto elevate, sarà in generale preferibile misurare le
accelerazioni, in quanto le accelerazioni hanno valori di ampiezza molto maggiori degli
spostamenti ad alta frequenza, per via della moltiplicazione per omega^2.


19
Caratteristiche dinamiche degli strumenti di misura/Dinamica
dei sistemi
Risposta dinamica ideali: esprime la capacità di uno strumento a seguire e misurare una grandezza
variabile nel tempo. in realtà non esistono trasduttori ideali (è una nostra semplificazione)
Il comportamento ideale, dal punto di vista della misura dinamica, è quello descritto da una relazione
algebrica fra ingresso e uscita.
Un relazione algebrica fra ingresso ed uscita rappresenta il caso in cui l’uscita è legata all’ingresso
senza ritardi.
Inoltre una relazione algebrica implica che qualunque componente armonica data in ingresso, subirà lo
stesso «trattamento» per ottenere l’uscita. Non si avrà quindi una diversa amplificazione di componenti
armoniche a frequenze diverse, e neppure un diverso ritardo fra una componente e l’altra.
Risposta dinamica reale: dato un ingresso armonico (e non solo) x(t), l’uscita y(t) ha 1)una ampiezza pari
a quella dell’ingresso moltiplicata per una costante k; 2)un ritardo temporale rispetto all’ingresso.
Un sistema reale, in generale, genererà un’uscita con un certo ritardo rispetto all’applicazione
dell’ingresso. Inoltre in generale, diverse componenti armoniche avranno differenti valori di
amplificazione.
IDEALMENTE REALMENTE

y(t)=kx(t) lo strumento insegue le variazioni della grandezza da


misurare (misurando), riproducendole con un certo
grado di approssimazione, che dipende dalle sue
caratteristiche dinamiche. In generale il segnale viene
amplificato (modulato in ampiezza) e traslato sull’asse
dei tempi (sfasato nel tempo).

Funzione di trasferimento: rapporto fra lo spettro dell’uscita e lo spettro dell’ingresso di un sistema


lineare.(trasformata di Fourier di un segnale)

Noi studieremo la risposta di un sistema lineare scomponendo il segnale generico in segnali semplici.
N.B. Ogni strumento di misura è caratterizzato da una funzione di trasferimento che modifica
l’ampiezza e la fase di ognuna delle sinusoidi che compongono il segnale

MODULO FT FASE FT

stabilisce per ogni frequenza (cioè per ogni stabilisce per ogni frequenza (cioè per ogni
sinusoide che compone il segnale) il rapporto tra sinusoide che compone il segnale) lo sfasamento
le ampiezze del segnale di uscita e di ingresso. temporale introdotto tra il segnale di ingresso e
uscita.

Prontezza: caratteristica dei sistemi dinamici che andiamo a misurare; indica quando uno strumento è
“pronto” a misurare ossia non mi deve dare un segnale in uscita ≠ da quello di ingresso
Quando uno strumento si dice pronto? Ovvero, quando misura senza distaccare?
Lo strumento viene definito come “pronto” quando lavora tra due frequenze limite (min e max); tale
banda prende il nome di banda passante.
Si definisce banda passante di uno strumento di misura il campo di frequenze (f1 , f2) entro cui il
segnale non risulta distorto, cioè:
• il modulo della risposta in frequenza si mantiene costante entro una specificata tolleranza;
• la fase é nulla entro una specificata tolleranza.

Nella realtà uno strumento è “pronto” quando non distorce il segnale in ingresso; un segnale non viene
distorto quando tutte le armoniche in esso presenti vengono moltiplicate per un fattore (modulo della
funzione di trasferimento armoniche) costante e lo sfasamento delle armoniche in uscita, rispetto a
quelle del segnale in ingresso è pari a :
20
• 0° (nessun ritardo far ingresso e uscita)
• 180° (uscita con segno cambiato rispetto all’ingresso)
• proporzionale all’ordine dell’armonica (tutte le armoniche dell’uscita hanno pari ritardo temporale
rispetto all’ingresso.)

FT di uno strumento pronto→in definitiva uno sfasamento proporzionale all’ordine dell’armonica significa
traslare l’asse dei tempi di t secondi. Questo non genera distorsione del segnale ma solo un suo ritardo.

Per studiare il comportamento dinamico degli strumenti è possibile utilizzare due approcci:
• approccio analitico: studio analiticamente la risposta del mio sistema, andando a scrivere le equazioni
dinamiche del mio sistema
• approccio sperimentale: faccio delle prove in cui osservo sperimentalmente la risposta dinamica del
mio sistema (non è nota l’equazione dello strumento o è troppo complessa; è la via più
sicura per una taratura dinamica)

I due approcci sono fra loro complementari ed è opportuno usare entrambi: l’approccio analitico mi
permette di comprendere il comportamento atteso dello strumento e di capire quali parametri sono più
significativi per la sua risposta dinamica, l’approccio sperimentale mi permette di verificare quanto
previsto in modo analitico e di stimare i valori da assegnare ai parametri del modello analitico.

Studio del comportamento dinamico


La scomposizione del segnale in sinusoidi (Fourier) ben si presta a rappresentare segnali periodici;

nei sistemi lineari, nota la risposta a ciascuna componente armonica, la risposta a somma di armoniche
è la somma delle risposte alle singole componenti;

un altro metodo per studiare i sistemi è studiare la risposta ad ingressi semplici;

ad esempio la somma di impulsi è tendenzialmente più adatta per la rappresentazione di transitori.
è possibile fare la sovrapposizione degli effetti nei sistemi lineari
I segnali semplici più comuni sono: sinusoidale, a gradino, a impulso e a rampa.

Modello analitico → studio analitico presuppone la creazione di un modello


Un sistema lineare può in generale essere studiato analizzando il legame ingresso-uscita attraverso una
equazione differenziale che coinvolge in generale:
• le derivate dell’ingresso (qi) rispetto al tempo dall’ordine zero (non derivato) fino al generico ordine m
(derivata m-esima dell’ingresso rispetto al tempo);
• le derivate dell’uscita (q0) rispetto al tempo dall’ordine zero (non derivato) fino al generico ordine n
(derivata n-esima dell’uscita rispetto al tempo).
La soluzione di una equazione differenziale è in generale composta di 2 parti:
- Integrale generale dell’omogenea associata, che rappresenta da un punto di vista fisico, l’uscita del
sistema in condizioni di moto libero, ovvero quando l’ingresso è pari a zero. In questi casi l’uscita è
dovuta ad un ingresso che era stato applicato al sistema in precedenza. L’integrale generale
rappresenta quindi il transitorio;
- Integrale particolare, ovvero la parte di soluzione che tiene conto dell’ingresso corrente. Questa
soluzione rappresenta la soluzione a regime.

Studiamo il rapporto uscita/ingresso per ciascuna componente armonica (cioè per ciascuna frequenza).
Vale poi la sovrapposizione degli effetti.
La funzione di ingresso (input) è del tipo: qi=Ai sinωt
Se si aspetta un tempo sufficiente (gli effetti del transitorio svaniscono), anche qo è un’onda sinusoidale.

Cambia però l’ampiezza e ci può essere ritardo. La risposta del sistema è proprio individuata da queste
due quantità.
qi=Aisinωt q0=A0sin(ωt+φ) con ω=2πf

Strumento di ordine 0
Lo strumento di ordine zero è lo strumento ideale: ovvero uno strumento che genera in uscita un segnale
legato all’ingresso con una legge algebrica (nessuna derivata di ingresso o di uscita). Questo porta ad

21
avere un legame ingresso uscita che non ha sfasamenti temporali.

aoqo=boqi => con a0,b0 costanti

Poiché l’equazione è algebrica è chiaro che, indipendentemente da come varia qi, q0, lo seguirà
perfettamente senza distorsione o ritardo di fase.
Esempio: potenziometro
Il potenziometro è uno strumento che genera in uscita un segnale legato all’ingresso con una legge
algebrica (nessuna derivata di ingresso o uscita)

Strumento del primo ordine (strumenti di misura legati al trasferimento di calore)


La derivata del primo ordine dell’uscita ha coefficiente diverso da zero. Tutte le altre derivate dell’uscita e
tutte le derivate dell’ingresso hanno coefficiente zero (ovvero si semplificano).

Sono sistemi descritti da una equazione del tipo:


I parametri che definiscono il sistema sono 2: τ e k
Il problema della determinazione del comportamento dello strumento si riduce ad una identificazione di
parametri, ossia:
k sensibilità statica: è l’output per unità di input in condizioni statiche (rapporto uscita/ingresso a regime)
τ costante di tempo: parametro che esprime le caratteristiche dinamiche del sistema del primo ordine.
Esempio: termometro a liquido

FT = , se conosciamo la funzione di trasferimento di un sistema, siamo in grado di


prevederne l’uscita dinamica conoscendone l’ingresso.

Risposta al gradino: τ alta la risposta è più bassa, lenta, cioè l’uscita del sistema impiega più tempo ad
approssimarsi al valore asintotico dell’uscita. τ piccola la risposta è più grande.
risposta a gradino di un sistema di ordine 1

Costante τ uno strumento pronto ha τ basso


Si stabilisce un certo errore percentuale al di sotto del quale si può
assumere che il gradino sia stato raggiunto.
Il tempo di risposta è allora quello oltre il quale la valore della grandezza e misura restituita dallo
strumento differiscono meno di un errore prefissato.

Risposta in frequenza: abbiamo visto nei lucidi precedenti la risposta dei sistemi del primo ordine
all’ingresso a gradino (quindi nel dominio del tempo).
Analizziamo invece ora la risposta dei sistemi del primo ordine, lavorando nel dominio delle frequenze: ci
interessiamo quindi della funzione di trasferimento.
Lavorando nel dominio delle frequenze, studiamo la risposta del sistema lineare a un ingresso semplice
armonico. Studiamo la risposta di una armonica alla volta, poi studieremo la risposta complessiva con la
sovrapposizione degli effetti.
Un grosso vantaggio di lavorare con una armonica alla volta, è che se l’ingresso è armonico, la sua
derivata è pari al segnale stesso moltiplicato per jω (dove ω =2*π*f). Quindi il segno di derivata D può
essere sostituito dal prodotto jω.
Modulo della funzione di trasferimento:

Fase della funzione di trasferimento:

Uno strumento del primo ordine si avvicina alla perfezione se ha la risposta ideale dello strumento di
ordine 0. Lo strumento del primo ordine tende a questo se ωτ è piccolo, ossia, fissato τ, esiste una ω di
output sotto la quale la misura è corretta. In alternativa se si deve misurare una qi con ω alta lo
strumento deve avere τ bassa.
→Un sistema del primo ordine si comporta come un filtro passa basso: si vede infatti che preserva
asl’armonica a bassa frequenza, mentre tende a rimuovere l’armonica a frequenza più elevata.
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Tornando all’esempio del termometro si è visto come sia seguendo la via della risposta al gradino, sia
quella della risposta in frequenza, si sia giunti a dire che lo strumento pronto ha τ piccola.

nel caso del termometro: termine importante per chi deve dimensionare (cerca di avere τ più
piccola possibile)

Strumento del secondo ordine


Moltissimi sistemi reali si comportano come sistemi del secondo ordine (soprattutto in campo
meccanico)

Ricordiamo che se studiamo i sistemi nel dominio delle frequenze, al posto della derivata rispetto al
tempo, possiamo scrivere il simbolo D=j*ω.
=>

Esempio: il più semplice sistema del secondo ordine è quello rappresentato da una massa, sospesa su
una molla e su uno smorzatore.
Studiando questo sistema nel dominio delle frequenze, l’analisi matematica ci permette di stabilire che la
soluzione sarà una funzione soluzione del tipo: x0*e(i*ω*t), le cui derivate sono facilmente calcolabili.
Sostituendo x, ẋ e ẍ nell’equazione di equilibrio dinamico (mx+rẋ+kẍ=f) otteniamo una formulazione utile
per i successivi passaggi.
La risposta libera del sistema del secondo ordine ha come inviluppo una funzione esponenziale; lo
smorzamento può essere espresso in diverse forme.
Posso adimensionalizzare l’asse delle frequenze, esprimendo la variabile indipendente ω (pulsazione)
per la pulsazione propria. La pulsazione propria è quella a cui oscilla il sistema in moto libero.
(ω=2*π*freq)

Risposta in frequenza: il modulo della funzione di trasferimento rende conto dei diversi livelli di
amplificazione che il sistema genera per le diverse componenti armoniche.
La fase della funzione di trasferimento rende conto del ritardo di fase che si ha fra uscita ed ingresso a
ciascuna frequenza.
Si ricorda che lo strumento è pronto, ossia non distorce il segnale in ingresso qi, se il modulo della
funzione di trasferimento è costante per tutte le armoniche e se la fase è 0°, 180° o proporzionale
all’ordine dell’armonica.
Questo accade per valori di ω (grandezza) <<ω0. Ovviamente, se ω0 cresce, lo strumento sarà pronto
per ω maggiori. Per misurare alte frequenze in qi, occorrono strumenti con alte ω0. 

Solitamente privilegiare le caratteristiche dinamiche deprime la sensibilità e viceversa.
da h~0,7 non abbiamo più smorzamento in avanti, infatti si dice smorzamento critico

Risposta alla rampa: nella risposta alla rampa si ha un transitorio iniziale e poi l’uscita segue l’ingresso
con un ritardo temporale che dipende dalle caratteristiche del sistema.
Si analizza la risposta a questo segnale perché è il più vicino al gradino reale. Infatti strumenti con alta
ωn e basso h (tipicamente quelli al quarzo) sembrerebbero rispondere molto male al gradino ideale,
mentre invece hanno un ottimo comportamento.

Risposta al gradino: se il gradino ha ampiezza qis si ha: , dove la soluzione è


diversa nei casi in cui h (smorzamento) sia >1,=1,<1.

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La pulsazione propria del sistema è quella alla quale naturalmente oscilla il sistema, una volta perturbato
e lasciato proseguire in moto libero, senza alcuna perturbazione esterna.

Determinazione sperimentale della prontezza


Taratura dinamica: si studia la risposta degli strumenti ad ingressi semplici (l’impulso, il gradino, la
rampa, la sinusoide). La scelta del tipo di segnale da impiegare è dettata per lo più dalla comodità e
dalla semplicità operativa. N.B. situazione ideale ≠ situazione reale

Sinusoide
tutta l’energia a disposizione viene fornita ad una sola frequenza. Vengono fatte molte prove,
ciascuna con una diversa frequenza della sinusoide in ingresso, e per ciascuna di queste si
stimano il modulo e la fase della funzione di trasferimento.
Modulo = amp_out/amp_in, fase = ritardo di fase fra out e in.
Valutare la risposta in frequenza significa dunque in questo caso fornire un ingresso sinusoidale
di ampiezza nota e frequenza variabile pure nota e costruire per punti la funzione di trasferimento
armonica.
Impulso ideale
l’energia viene ripartita in uguale maniera su tutte le frequenze da f=0 a f=+∞. Ovviamente
l’energia distribuita su ciascuna frequenza è minore rispetto al caso della sinusoide.
Pregio: consente infatti di valutare molto rapidamente la risposta in frequenza consentendo in
breve tempo di sondare il comportamento dello strumento in un ampio campo di frequenze. (si
potrebbe valutare la prontezza dello strumento solo guardando la risposta)
Un limite all’impiego dell’impulso è la bassa energia fornita in corrispondenza di ciascuna
frequenza
Rumore bianco (come impulso ideale, spettro con ampiezza costante al variare della frequenza)
segnale assolutamente casuale: in un determinato istante t non è possibile fare alcuna previsione
sull’andamento del segnale all’istante t +∆t.
Tuttavia è necessario mediare più spettri di rumore per avere realmente uno spettro “piatto” al
variare della frequenza. (Il modulo dello spettro di un segnale random di tipo rumore bianco, non ha uno spettro
piatto. Con + storie temporali e facendo lo spettro medio si tende ad avere uno spettro piatto)

Il caso reale però è diverso, in quanto mentre è possibile realizzare qualcosa di simile ad un
bianco almeno in una certa banda di frequenze, più difficile è produrre un impulso che si avvicini
reale: le strutture reali si comportano da “filtro” cancellando di fatto i contributi a più alta
frequenza.
Sweep (tentativo di ridurre la durata della prova)
sweep in frequenza, ossia un segnale sinusoidale ad ampiezza costante e frequenza variabile
con velocità scelta dall’operatore.
Il problema è rimanere un tempo sufficiente a ciascuna frequenza per effettuare la misura:
bisogna trovare un modo per salvare istante per istante la sola riga di interesse. Si utilizzano al
tal fine i filtri ad inseguimento del segnale (tracking filter).

determinazione del parametro τ


Si parla in questo caso ovviamente di sistemi del primo ordine.
Un metodo semplice ma efficace di stimare τ è quello di dare in ingresso al sistema un segnale a
gradino e misurarne l’uscita. Come sappiamo dallo studio dei sistemi del primo ordine, la risposta del
sistema del 1 ordine al gradino ha una equazione nota (q0=kqis(1-e-t/τ)).
Sostituendo t=tau, trovo che, dopo un tempo pari alla costante di tempo, il sistema ha compiuto il 63,2%
circa del gradino applicato. Andando quindi a cercare quanto tempo impiega il sistema a compiere il
63,2% del gradino, ricaviamo la costante di tempo τ. mi aspetto che ci sia una retta dopo aver usato il logaritmo
q0 misurato
→ , uso il logaritmo qis noto

dZ 1
Posso calcolare Z noti i dati sperimentali: (andamento sostanzialmente lineare) =−
dt τ
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Il vantaggio di questo modo di procedere è che il cambiamento di variabile porta i punti della risposta al
gradino su di una retta.

determinazione dei parametri h e ωn


Si parla di strumenti del secondo ordine. Anche in questo caso è possibile tracciare per punti la risposta
in frequenza ed interpolare con le espressioni analitiche della risposta.
L’identificazione di ωn e h avviene così in modo automatico.
Esempi di identificazione di h e ωn. Risposta al gradino o all’impulso: dopo un transitorio il moto è libero smorzato.
Conosco l’equazione teorica della risposta al gradino di un sistema del primo ordine, ma non ne conosco
i parametri (ω e h in particolare). Se misuro la risposta al gradino del sistema che voglio analizzare, e poi
vado ad approssimare i dati sperimentali con la funzione teorica (ricostruzione), potrò modificare i
parametri della funzione teorica di ricostruzione fino ad approssimare al meglio i dati sperimentali. I
parametri che mi permettono di stimare al meglio i dati sperimentali sono una stima dei parametri del
sistema in studio.

E’ possibile anche: stimare la funzione di trasferimento del sistema da analizzare per via sperimentale
Approssimare la funzione di trasferimento sperimentale usando l’equazione della funzione di
trasferimento analitica.
I parametri della funz. di trasf. analitica che mi permettono di approssimare al meglio la funz. di trasf.
sperimentale, sono la mia stima dei parametri del sistema in esame.


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Accelerometri e sismometri
Sistema 1gdl come strumento di misura (ho un corpo che vibra e ne voglio misurare l’accelerazione)

Pensiamo di installare un sistema del secondo ordine ad un grado


di libertà a bordo di un corpo di cui vogliamo misurare le vibrazioni.
Analizziamo la dinamica del sistema complessivo, per capire se
riusciamo ad utilizzare il sistema ad un grado di libertà per misurare
il moto del corpo.
mẍ + rẋ + kx = −mẏ soluzione tipo x = Xejωt

con

Vibrometro: sistema messo dentro un involucro. Possiamo misurare il moto relativo X fra la massa
(distanza circa costante) e l’involucro e risalire da questo al moto assoluto dell’involucro. Per
questo dovremo tenere conto della funzione di trasferimento della massa m rispetto
all’involucro. (misuro la forza trasferita)
Esistono 4 tipi di vibrometri: capacitivo, induttivo, estensimetri (forza F→ flessione lamina→
deformazione F=-mẍ), velocimetro.

In condizione di fondazione rigida (freq di eccitazione molto


spettro spostamento relativo minore della freq di risonanza della massa grigia sulla molle e
FdT = smorzatore), si ha che il moto della massa grigia e pari al moto
spettro spostamento scatola y del corpo in esame.
Viceversa a freq molto più elevata della risonanza (fondazione
sospesa) si ha che la massa grigia rimane ferma, anche se il corpo oscilla sotto di lei. In questo secondo
caso, misurando il moto relativo fra massa grigia e corpo, si ricava una grandezza uguale (a parte il
segno) al moto del corpo in esame.→sismometro

Sismometro
La massa è ferma se la frequenza di vibrazione della scatola è molto maggiore della frequenza propria;
frequenza propria bassa (< 1 Hz); molle poco rigide massa grande; strumento molto ingombrante;
strumento pronto per frequenze maggiori della frequenza propria dove: | x |
=1
|y|
Caratteristiche:
• bandapassante:0.7—>Hz
• sensibilità:100-1000V/(m/s)
• massainerziale:5-10kg
Il sismometro è un misuratore di spostamento assoluto, nel senso che non richiede un punto di
riferimento fisso. Il riferimento è dato dalla massa sospesa che, essendo in condizioni di massa sismica,
è ferma. Im moto relativo massa-corpo è quindi rappresentativo del moto del corpo.

Accelerometro (stessa analisi dinamica del sismometro ma qui esprimo la fit come x/ÿ)
Nel caso dell’accelerometro il sistema dinamico è formalmente
spettro spostamento relativo lo stesso del sismometro, però in questo caso siamo
FdT =
spettro accellerazione scatola ÿ interessati alla misura dell’accelerazione. Possiamo quindi
scrivere la funzione di trasferimento come rapporto fra il moto
relativo massa-involucro (che abbiamo chiamato X) e
l’accelerazione del vincolo (accelerazione dell’involucro) che è la nostra incognita.

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Per una frequenza f=0 :

Il moto relativo X è tuttavia in genere molto piccolo perché nel caso degli accelerometri normalmente si
realizzano dei sistemi con rigidezza della molla (k) elevata e massa (m) piccola. In queste condizioni la
frequenza propria è elevata, quindi normalmente si misura con frequenze dell’eccitazione molto minore
della freq di risonanza (vedi lucido prima).
Dato che il moto x è in genere trascurabile, non serve il trasduttore di spostamento. Mettiamo invece una
cella di carico che misuri la forza trasmessa dalla massa m (rossa) al vincolo. Tale forza è l’inerzia della
massa, e vale quindi m*a. Avendo nota m, dalla forza di inerzia possiamo facilmente risalire
all’accelerazione della massa m.
Dato che la rigidezza è elevata e lavoriamo in campo quasistatico, l’accelerazione di m è equivalente
all’accelerazione del vincolo, che è la grandezza che vogliamo misurare.
|x| 1 m
Strumento pronto per frequenze minori della frequenza proprio dove: = 2=
|y| Ω k
- Piezoaccelerometri
I materiali piezoelettrici sono materiali che, sollecitati meccanicamente lungo un asse, generano uno
sbilanciamento di cariche elettriche (si genera quindi una piccola tensione, come se avessimo un
condensatore caricato). Misurando lo sbilanciamento di cariche, ottengo una grandezza proporzionale
alla forza che sollecita il quarzo. Ho quindi modo di creare un sensore di forza.
i quarzi essendo materiali artificiali possono avere risposte sia a taglio che a compressione.

La rigidezza del quarzo e il valore della massa sospesa pilotano il valore della frequenza propria. Il
piezoaccelerometro è pronto per frequenze molto minori della risonanza (in modo da garantire che il
modulo della funzione di trasferimento sia sostanzialmente costante al variare della freq). Vi è però un
limite inferiore alla prontezza: tale limite è dovuto alla risposta del quarzo. Infatti, se sollecitato
staticamente, il quarzo genera uno sbilanciamento di cariche, tuttavia per poter misurare tale
sbilanciamento si deve inserire un circuito di misura. Il circuito di misura ha una impedenza in ingresso
elevata ma non infinita, quindi il quarzo si scarica gradualmente, a causa del circuito di misura.
il quarzo non permette di fare misure statiche perché il quarzo stesso si scarica.
La risposta alle alte frequenze è invece limitata dalla risonanza meccanica

Diminuendo la massa sospesa, si ha un aumento della freq propria (miglior prontezza) tuttavia questo
diminuisce la sensibilità, perché massa minore implica minor forza di inerzia e quindi forza minore sul
quarzo.
N.B. Esiste una residua sensibilità trasversale (<1%).

In sintesi: per aumentare la sensibilità di un piezoaccelerometro dovrei aumentare la massa al suo


interno, ma non sempre ciò ha senso, soprattutto nelle misure di oggetti esili; in questo caso ci
vogliono misure piccole. La massa piccola quindi non ha effetti di carico, inoltre mi alza la frequenza di
risonanza, quindi ha i suoi vantaggi (miglior prontezza). L’accelerometro è uno strumento del secondo
ordine.

- Accelerometro ICP (integrated circuit piezatronic)


Piezoaccelerometro con un sistema di amplificazione integrato al suo interno, il che mi permette di
avere un segnale di sbilanciamento di carica in uscita già amplificato. Questo risolve il problema del
disturbo del segnale in uscita dai cavi dell’accelerometro.

Gli accelerometri ICP, avendo un amplificatore all’interno, necessitano di alimentazione. Tale


alimentazione può essere data da una centralina apposita posta fra sensore e sistema di
acquisizione, oppure può essere data dal sistema di acquisizione direttamente (centralina già
integrata).

Alimentazione e misura con un solo cavo a 2 poli: l’alimentazione dei sistemi ICP viene fatta
imponendo una corrente circolante costante sui cavi di collegamento. L’elettronica interna
all’acceletrometro è fatta in modo da modulare l’impedenza ai capi dell’accelerometro stesso, in modo

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proporzionale all’accelerazione istantanea. In questo modo la tensione che si genera si cavi di
collegamento è anch’essa proporzionale all’accelerazione.
Questa soluzione permette di alimentare il sistema con gli stessi cavi con cui si estrae l’uscita. Questo
permette di avere un solo cavo bipolare per alimentazione e misura, senza la necessità di più poli. Il
vantaggio di questa soluzione è che si riduce la massa e la dimensione del cavo di collegamento,
minimizzando l’effetto di carico.
In pratica metto un generatore di corrente in ∥ ad un generatore di tensione a sua volta in ∥
all’accelerometro. L’accelerometro modula l’impedenza di se stesso in maniera tale che questa sia
proporzionale, e questa variazione è quindi proporzionale alla tensione che vado a misurare.

N.B. FdT accelerometro ICP = FdT accelerometro piezoelettrico

Vantaggi ICP:
• sensibilità in tensione costante (indipendente dalla lunghezza del cavo o dalla sua capacità)
• bassa impedenza di uscita (<100 Ω)
• costi limitati

Gli accelerometri piezoelettrici (anche gli ICP) possono essere realizzati in modo da essere triassiali:
si hanno di fatto 3 accelerometri monoassiali integrati nello stesso sensore.

- Servoaccelerometro
Il servoaccelerometro è un sensore che misura l’accelerazione utilizzando un principio diverso dal
piezo.
Nel servo, si ha una massa M che è supportata da molle molto poco rigide (servono solo quando il
sensore è spento, per non far muovere in modo eccessivo la massa). Quando il sensore è acceso, le
molle di fatto non lavorano.
Quando il sensore è acceso, un sistema di servo retroazione elettronico mantiene la massa M nella
posizione di equilibrio (quella rappresentata in figura, in cui la massa M si trova centrata rispetto alla
bobina lungo la direzione X).
Nel momento in cui l’accelerometro subisce una accelerazione lungo l’asse di sensibilità (asse X) la
massa tenderebbe per inerzia a rimanere ferma. Quindi se l’accelerazione è verso le X positive (verso
destra), si avrebbe una riduzione della distanza Z fra massa M e involucro dell’accelerometro.
A questo punto, il sensore di spostamento capacitivo C rileva una variazione della posizione fra la
massa M e l’involucro e quindi identifica che la massa non è più nella posizione di equilibrio.
L’uscita elettrica del sensore C viene opportunamente elaborata ed amplificata, generando un segnale
di tensione che viene usato per alimentare la bobina.
La bobina, così alimentata, tende a riportare la massa M verso la posizione di equilibrio.
Questo sistema di retroazione (sensore C, amplificatore A e bobina) lavora quindi in anello di
retroazione chiuso, in modo da mantenere sempre la massa M centrata rispetto alla bobina lungo la
direzione di sensibilità.
In sintesi quindi, la tensione di alimentazione della bobina è proporzionale all’accelerazione subita
dalla massa M, che è quella subita dall’accelerometro

Un servoaccelerometro è costituito da:


massa sismica (frequenza propria < 1 Hz)
trasduttore di spostamento molto sensibile
sistema elettronico che, grazie ad una bobina e ad una corrente circolante, mantiene la massa
fissa rispetto alla scatola.
La corrente necessaria per tenere la massa ferma rispetto alla scatola è proporzionale
all’accelerazione dello strumento

Caratteristiche:
Strumentomoltosensibile(finoa1000V/g) 

Si possono misurare anche accelerazioni a bassa frequenza 

Campo di impiego:0-500Hz (il limite superiore è legato all’elettronica di controllo) 

Strumento molto delicato quando non è alimentato (le molle hanno una rigidezza molto bassa)
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Fissaggio accelerometri
Il fissaggio degli accelerometri al corpo di cui vogliamo misurare le accelerazioni è un punto chiave, in
quanto il materiale usato per il fissaggio ha una sua rigidezza ed un suo smorzamento, quindi si genera
un ulteriore sistema vibrante in cui la massa è quella dell’intero accelerometro e la rigidezza kV è quella
del sistema di vincolo fra accelerometro e corpo oggetto della misura.
vari fissaggi: perno filettato; cera d’api; colla; magnete permanente; sonda; bioadesivo

L’accoppiamento accelerometro-corpo oggetto della misura ha quindi in generale una frequenza di


risonanza e la misura è attendibile solo nettamente al di sotto di tale frequenza.
Diverse tecniche di montaggio portano a diverse frequenze di risonanza e quindi a diversi campi di
prontezza.

La massa aggiunta dall’accelerometro può generare effetto di carico, ovvero le vibrazioni locali del corpo
oggetto della misura son ingenerale influenzate dalla massa aggiunta (oltre che dallo smorzamento
dovuto ai cavi). L’effetto più evidente della massa aggiunta è la riduzione della frequenza propria (o delle
frequenze proprie). Ovviamente l’effetto è proporzionale alla massa dell’accelerometro e inversamente
proporzionale alla massa modale del corpo oggetto della misura.
Su lamiere sottili, travi esili e corpi comunque con masse modali ridotte l’effetto è ovviamente più
marcato.

Taratura
Non esistono campioni di accelerometri, allora prendo un sistema elettromagnetico che genera
vibrazioni (solitamente moto armonico) di cui misuro un ampiezza.
Metto l’accelerometro in questo oggetto che oscilla per poi tararlo; in questo modo taro l’accelerometro
campione con cui poi taro gli altri accelerometri.

nel dettaglio l’interferometro misura lo spostamento picco-picco della vibrazione; lo spostamento


viene misurato contando le frange di interferenza per ogni periodo; dalla conoscenza dello
spostamento e della frequenza si ricava l’accelerazione.

La sensibilità dell’accelerometro viene ricavata dividendo l’uscita dell’accelerometro per l’accelerazione


misurata con il metodo interferometrico S = V ⎡ V ⎤
A ⎢⎣ ms −2 ⎥⎦
- Taratura per confronto / metodo back to back
Una volta tarato un accelerometro campione, si utilizza poi quell’accelerometro per tarare gli altri
accelerometri, facendo delle prove in cui l’accelerometro di riferimento e quello da tarare sono
sottoposti alla stessa accelerazione.


Verifica della sensibilità


Viene effettuata con eccitatori calibrati portatili che producono una accelerazione di 10 ms-2 alla
frequenza di 159,2 Hz (ω=1000 rad/s) a cui corrisponde una velocità di 10 mms-1 ed uno spostamento di
10 μm.
Gli eccitatori calibrati portatili sono dei generatori di vibrazione di ampiezza nota. Non
permettono di fare una taratura (non hanno le incertezze sufficientemente contenute) ma
permettono di verificare se vi siano scostamenti apprezzabili dal comportamento atteso.

Nel caso dei servo accelerometri, visto che sono in grado di misurare anche le accelerazioni costanti, la
verifica di sensibilità può essere fatta semplicemente ribaltando il sensore: la differenza di misura deve
essere pari a 2g.
Anche in questo caso, non si tratta di taratura, ma piuttosto di una verifica di corretto funzionamento e
una verifica che la catena di misura è stata realizzata correttamente.


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Misure di massa e forza
Massa: proprietà intrinseca di un corpo
Forza peso: associata ad un campo gravitazionale } F=mg [N]=[kg][ms-2]

Le bilancio g-sensibili sono tutti apparecchi che utilizzano sensori e trasduttori di forza che convertono la
massa da misurare in una forza gravitazionale.
Sono strumenti che stimano la massa, stimando la forza peso; vanno usati nell’area in cui sono stati
tarati in quanto la funzione di gravità g è in funzione di latitudine e altezza.

• Prime bilance (stadera)→usati solo per misure di forze molto elevate


In queste bilance, si confrontano masse incognite collegate ad un lato di una leva, con una massa di
bilanciamento nota che può scorrere su una scala graduata: modificando il braccio di leva x si ottiene
un momento di bilanciamento verticale ma noto.
Questo momento, bilancia il momento dato dalla forza peso della massa incognita moltiplicato per un
braccio di leva noto e fisso.

• Bilancia analitica→misure accurate e costi ridotti


E’ una bilancia a due bracci con un peso equilibratore; in questo caso ho eliminato l’influenza di g, ma
potrei avere problemi di pressione idrostatica.
Dal momento che i bracci l1 e l2 non saranno a rigore esattamente uguali, si utilizza il metodo della
doppia pesata per rendere l’uscita indipendente da l1 e l2.
metto la massa incognita; metto la massa equilibratrice. Tolgo la massa incognita lasciando
quella equilibratrice (≠incognita); metto una massa per equilibrare che sarà uguale a quella incognita.
La misura è svincolata dalla differente lunghezza dei bracci in quanto le masse equilibratrici sono sullo
stesso piatto di quella incognita.

I campioni di massa sono fatti con leghe stabili agli agenti chimici esterni; esistono campioni di massa
primari e secondari.

• Dinamometro a pendolo (sistema che risente di g)


Sono associati ad un campo gravitazionale (solo forze verticali) e ne esistono di due tipi: braccio della
forza costante o braccio della forza variabile

• Dinamometro amsler
Seguono il principio del comparatore; si parte dal dinamometro a pendolo con un sistema di
cremagliera-pignone. La rotazione non è lineare con il carico applicato ma, grazie al sistema
cremagliera-pignone, l’indicazione non è lineare con il carico applicato P.

• Dinamometro a molla
E’ necessario un precario per vincere gli attriti iniziali; bisogna lavorare nel campo di linearità della
molla (al di sotto del limite di snervamento); sensibilità in funzione della rigidezza della molla.

• Dinamometro idraulico (per migliorare le prestazioni si possono usare 3 trasduttori in ∥che si suddividono carico)
La forza incognita viene equilibrata da quella derivante dalla pressione di un fluido all’interno di un
volume. La forza determina quindi un aumento di pressione e si misura quest’ultima.
Legame forza-pressione lineare, senza grossa influenza della temperatura.
La trasmissione della pressione può aumentare a lunga distanza, utilizzando lo stesso fluido in
pressione, quindi senza necessità di dover alimentare trasduttori in loco.
↓ variante
• Bilance pneumatiche
Sono come quelle idrauliche ma il fluido utilizzato è l’aria.
Particolarmente adatte per misurando non grand in valore e ove la pulizia e sicurezza sono requisiti
fondamentali. Anche in caso di rottura non danno contaminazione.
Principali svantaggi: solo misure statiche e necessità di controllo della qualità dell’aria.

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• Dinamometro ad anello
La sensibilità de dinamometro è funzione delle caratteristiche geometriche dell’anello e della sensibilità
del trasduttore impiegato. Lo schiacciamento δ può essere stimato da calcoli teorici:
La deformazione dell’anello può essere misurata, anche con LVDT.
deformazione lungo la retta di applicazione del carico

• Materiali piezoresistivi (sfruttano materiali semiconduttori)


I materiali piezoresistivi sono sostanzialmente estensimetri a semiconduttore, con tutti i pregi e i difetti
degli estensimetri a semiconduttore.


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Misure attraverso sistemi di visione
Il processo di formazione dell’immagine può essere inteso come il processo opposto alla visione:
formazione dell’immagine: oggetti → immagini;
visione: immagini → oggetti.
Per noi una immagine sarà un array bidimensionale di luminosità (immagini a scala di grigi); un
immagine può essere rappresentata in 3 modi: forma grafica (come superficie), array di numeri, come
immagine vera e propria.

Ogni immagine digitale viene divisa in una matrice di celle aventi la stessa dimensione ognuna delle
quali verrà detta pixel.
L’immagine statica è il risultato dell’integrazione della luce proveniente dalla scena per un tempo, detto
shutter, che normalmente ha una durata di 1/50 di secondo ma può assumere anche valori decisamente
inferiori. Agendo su questo parametro è possibile acquisire immagini di oggetti in movimento.

Valori di luminosità:
La variazione tra l’assenza di luce e la saturazione del sensore viene solitamente suddivisa in 256
diversi livelli in modo da permetterne la memorizzazione in un byte.

Sistemi di acquisizione delle immagini


I sensori per l’acquisizione di immagini attualmente sul mercato sono: CCD (charge coupled device),
CMOS (complementary metal oxide semiconductor); questi sensori possono essere classificati in base
alle caratteristiche delle immagini fornite (monocromatiche o a colori) e in base alla geometria del
sensore (lineari o matriciali).

- CCD
I CCD hanno rimpiazzato la tecnologia a tubo precedentemente utilizzata in quanto portano vantaggi
in termini di elevata qualità dell’immagine ripresa; stabilità della geometria dell’immagine nel tempo;
ottimo rapporto segnale / disturbo; basso costo; possibilità di ottenere risoluzioni elevate.
Il CCD è formato da un certo numero elevato di elementi sensibili alla luce (pixels) disposti in righe e
colonne come gli elementi di una matrice.
In modo semplificato ognuno di essi può essere pensato come una minuscola cella solare che,
trasformando la luce incidente in cariche elettriche, permette di misurarne l’intensità.

La sensibilità spettrale del CCD è più estesa di quella dell’occhio umano per cui per ottenere delle
immagini simili a quelle proposte dal sistema di percezione visiva si devono utilizzare dei filtri che
eliminano alcune lunghezze d’onda elettromagnetiche.
in alcune applicazioni si sfrutta questa ampia sensibilità (infrarossi)

- CMOS maggiore semplicità costruttiva dei CCD


Costo modesto ⇒uso in cellulari e giocattoli; acquisizioni ad alta velocità ⇒telecamere per crash test.
Rispetto ai CCD i CMOS sono dotati di :
accesso casuale ai pixel;
maggiore dinamica;
costo inferiore;
livello di integrazione molto superiore;
consumi molto inferiori;
possibilità di integrare funzionalità accessorie nel chip e di utilizzare fonderie al silicio standard;
caratteristiche anti-blooming e anti-smearing dovute alla conversione cariche/tensione direttamente
nel pixel.
blooming e smearing possono nascere nei CCD
Svantaggi rispetto ai CCD: rapporto segnale/disturbo e peggiore sensibilità

I sensori CMOS permettono di indirizzare il singolo pixel in quanto tutte le funzionalità di conversione
sono integrate attorno ai singoli fotodiodi.

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Questo permette di definire delle ROI (region of interest) dinamiche che, al diminuire delle loro
dimensioni, permettono di incrementare significativamente il numero di immagini al secondo (frame
rate).

La tecnologia CMOS permette di implementare una funzione di trasferimento logaritmica tra l’intensità
della luce incidente e la tensione in uscita.
Questo permette al dispositivo di catturare correttamente delle scene che si caratterizzano per
importanti differenze di luminosità nella stessa immagine.

Sensori matriciali a colori


Premesso che ottengo ogni immagine a colori a partire da tre immagini acquisite nel rosso, nel verde e
nel blu, le immagini a colori sono ottenute con le seguenti tecniche:
1)  sensore matriciale con filtro a mosaico (filtro di Bayer);
2)  prismi e tre sensori monocromatici filtrati;
3)  più immagini singolarmente filtrate;
4)  sensori matriciali RGB (tecnologia Foveon).

1) 1 chip / sensore matriciale con filtro e mosaico


Questa tecnica è di gran lunga la più utilizzata in campo industriale e consumer.

L’acquisizione di immagini a colori con un singolo sensore si basa su un filtro colore a mosaico che
copre l’area sensibile del sensore (detto di Bayer). Il filtro fa in modo che i singoli pixel ricevono solo i
fotoni di un colore primario.

Le componenti cromatiche dei singoli pixel vengono ricostruite utilizzando le informazioni contenute
negli otto pixel adiacenti.
Questa soluzione spiega il motivo per cui, a parità di numero di pixel del sensore, le immagini a colori
scontano una risoluzione inferiore rispetto a quella della immagini a livelli di grigio.
Dal momento che ciascun pixel acquisisce la luminosità di una sola componente cromatica,
l’immagine acquisita non contiene tutte le informazioni (Servono 3 componenti cromatiche per
ciascun pixel per avere l’intera immagine a colori).
Per ottenere le 3 informazioni cromatiche per ciascun pixel, si usa una interpolazione locale. Questo
processo però crea problemi nelle zone dell’immagine dove ci sono evidenti gradienti cromatici locali.
N.B. molto importante l’algoritmo di interpolazione

2) 3 chip / prismi e sensori monocromatici filtrati / sensori matricolai a colori


L’acquisizione di immagini a colori con tre sensori prevede che la luce proveniente dalla scena sia
separata in tre raggi ciascuno dei quali viene diretto verso un singolo CCD dotato di un filtro
corrispondente ad un colore primario (rosso, verde e blu).
Il sistema permette di mantenere la piena risoluzione ma devo usare tre sensori ed allinearli in modo
molto accurato.

3) più immagini singolarmente filtrate


Con una telecamera in bianco e nero (nessun filtro di Bayer) vengono acquisite in rapida sequenza 3
immagini, una con filtro rosso, una con filtro verde, una con filtro blu.
La soluzione può essere utilizzata solo per immagini statiche; permette di mantenere la risoluzione
del sensore B/N e di utilizzare più bande di colore.

4) CMOS colori / sensori matriciali RGB


La tecnologia introdotta da Foveon permette di realizzare sensori CMOS colore che, sfruttando la
proprietà della radiazione rossa, verde e blu di penetrare il silicio a diversa profondità, acquisiscono
le tre componenti cromatiche per ogni singolo pixel.
rapidi nell’acquisizione, utilizzati in processi continui
Sensori lineari
I sensori lineari si caratterizzano per avere un numero di righe dell’ordine delle migliaia a fronte di un
numero di colonne di molto inferiore.

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Il loro principale utilizzo si ha: • negli scanner/fotocopiatrici (scansione di un unica linea che poi sommata alle altre
in parallelo dà l’immagine)
• nel web inspector (sensore genera le immagini da analizzare catturando il
movimento)
Sensori lineari a colori: il sensore è formato da tre colonne ciascuna dedicata alla acquisizione di una
singola componente cromatica; questi sensori sono comunemente utilizzati negli
scanner e nelle telecamere lineari a colori. Il controllo dell’esposizione è
indipendente per ogni canale in modo da permettere già in acquisizione il
bilanciamento dei colori.

Sensori matriciali
L’area sensibile dei sensori CCD viene misurata in pollici prendendo a riferimento un “tubo
equivalente” (dimensioni in mm).
Tendenzialmente più è grande il sensore, più luce acquisisci più sensibilità. Un sensore più grande però
costa di più ed è più ingombrante.

Effetti immagini
- Effetto Moire →aliasing spaziale (zoom non sufficiente, perdo dettaglio); tessuti molto visibile
L’effetto detto di Moiré si verifica tutte le volte in cui nell’immagine sono presenti delle tessiture tanto
piccole che non possono essere risolte a sufficienza dal sensore.
Il teorema del campionamento impone che ogni periodo spaziale presente in una immagine debba
essere coperto da almeno due pixel; quando questo non avviene compare l’effetto di Moiré. Per
aggirare il problema i costruttori di sensori prevedono dei filtri che diffondono la luce incidente in modo
che questo effetto non possa verificarsi.

- Rumore termico →rumore di acquisizione (telecamera legata all’eccitamento elettronico)


Tutti i dispositivi a semiconduttore soffrono della presenza di elettroni indesiderati legati all’effetto
termico. Il problema diventa importante se si devono eseguire delle foto con dei tempi di posa
prolungati. Questo spiega perchè i sensori per l’astronomia (lunghe pose) sono dotati di un dispositivo
di raffreddamento di solito costituito da una cella di Peltier.

- Blooming →telecamera che acquisisce un oggetto molto luminoso


Il blooming è l’effetto per cui il contrasto dell’immagine risulta compromesso a causa della presenza di
un oggetto molto luminoso. Fisicamente accade che quando un CCD (non CMOS) cattura troppi
elettroni questi tendono a passare anche nei pixel adiacenti ottenendo come risultato un
sovradimensionamento dell’area bianca presente nell’immagine.

- Smear
L’effetto smear è un effetto per cui uno spot molto luminoso in una immagine genera una linea bianca
verticale.
Lo smear è dovuto a motivi costruttivi dei sensori CCD ed al processo di trasferimento verso
l’elettronica di condizionamento delle cariche generate nei pixel dall’interazione con la luce.
Il metodo più efficace di eliminare lo smear è quello di dotare il sensore di un otturatore meccanico
che oscuri il sensore dopo l’esposizione.

Trigger esterno
Molte telecamere per uso industriale hanno un ingresso trigger: quando ricevono un segnale in tensione
che commuta ad esempio fra 0V e 5V, scattano una immagine.
Lo scopo del trigger è quello di acquisire l’immagine in modo sincronizzato con altri eventi.
N.B. Devo acquisire a istanti definiti

Telecamere
Analogiche: non sono più utilizzate per le misure e sono sempre meno utilizzate anche nel campo della
videosorveglianza.
Digitali: queste telecamere hanno al loro interno un convertitore analogico/digitale e forniscono in uscita
dei dati già digitali, in diversi formati possibili.(sezione di acquisizione simile a telecamere analogiche)

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Questa soluzione permette di ottenere immagini di qualità superiore e di utilizzare un cablaggio
più semplice ed economico.
Le telecamere vengono interfacciate verso un elaboratore (PC) con le seguenti modalità:
• direttamente (USB, Firewire, Gigabit ethernet)
• tramite hardware dedicato (frame grabber, analogici o digitali, con o senza capacità di elaborazione)
Le telecamere digitali possono avere diversi tipi di bus di uscita, attraverso il bus inviano le imagini
acquisite al computer di controllo o al sistema di acquisizione e memorizzazione delle immagini.

USB (universal serial bus): lo standard USB è stato sviluppato da un consorzio originariamente per ridurre il
numero di connessioni fisiche (cavi) delle periferiche per PC.
Come vantaggi presenta il collegamento a caldo delle periferiche e alimentazione
diretta. Svantaggi: non esiste per ora uno standard per le telecamere USB per
cui ogni dispositivo deve avere i suoi driver. (USB 1.1-USB 2-USB 3)
IEEE-1394 (fireware): lo standard Firewire è stato sviluppato da Apple come bus per l’interfacciamento di
periferiche a personal computer.
La sua fortuna è dovuta al fatto che è diventato lo standard per il trasferimento di
filmati dalle videocamere amatoriali aderenti allo standard DV.
Vantaggi: plag and play reale; opzione di alimentazione diretta.
Svantaggi: il tempo di trasferimento dell’immagine dalla telecamera all’elaboratore
non è deterministico.
Per quanto detto è importante che le telecamere Firewire abbiano un buffer a
bordo per evitare la perdita di immagini a causa del traffico sul bus.
TCP-IP camera: telecamere che si collegano all’elaboratore tramite una rete ethernet (meglio Gigabit).
Vantaggi: l’utilizzo della stessa tecnologia delle reti permette di realizzare topologie
anche molto complesse e di coprire anche notevoli distanze; lo standard TCP-
IP permette di sostituire in modo
trasparente le telecamere di diversi fornitori e con diverse caratteristiche;
standard emergente.
consuma molta CPU
Svantaggi: il tempo di acquisizione di una immagine non è deterministico in quanto
dipende dalla banda disponibile e dal traffico di rete.
CAMERA LINK: standard per la realizzazione di applicazioni affidabili ad alta velocità; sfrutta la
tecnologia Channel Link per serializzare dei dati paralleli in modo da poterli trasmetterli
con un numero limitato di cavi.
Il collegamento è punto a punto e quindi garantisce il determinismo nei tempi di
trasmissione tra telecamera ed elaboratore.

Pre-processing delle immagini (processi che devo fare per preparare l’immagine)
Operazioni necessarie per:
• evidenziare i dettagli di interesse nell’immagine;
• ridurre l’effetto del rumore; immagine formata dall’ottica (go-pro)
• eliminare distorsioni dell’immagine dovute per esempio ad aberrazioni ottiche oppure a prospettiva.

L’elaborazione delle immagini ha lo scopo di estrarre, dall’enorme mole di informazioni a disposizione,


quella significativa.
Gli operatori sul singolo pixel sono quelli che elaborano l’informazione di ciascun pixel in modo del tutto
indipendente dai valori dei pixel circostanti (aumento luminosità, variazione del contrasto, negativo
dell’immagine…).
Gli operatori sull’intorno del pixel, elaborando un generico pixel dell’immagine, tengono conto anche dei
valori di luminosità dei pixel vicini (es.: ridurre luminosità tra pixel adiacenti, sistemare i bordi degli
oggetti).
N.B. Per ridurre il rumore posso fare la media mobile
Operatori sull’intera immagine: l’operatore trasformata di Fourier in 2D (ovvero su un intera matrice di
immagine) permette di individuare componenti periodiche (ed rimuoverle come il rumore).

Le immagini possono essere utilizzate per l’esecuzione di misure: monodimensionali (distanza tra 2
punti), bidimensionali (area o perimetro) e tridimensionali (con 2 o più immagini).
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L’esecuzione di misure su immagini necessita della massima attenzione verso le possibili distorsioni
delle stesse che possono essere introdotte a più livelli della catena di misura. Rimane comunque la
necessità di inserire una operazione di taratura in modo da:
• potere esprimere le misure effettuate in pixel in coordinate reali mondo; la misura da pixel a mm
• compensare eventuali aberrazioni ottiche.
prospettiva (genera distorsioni) e aberrazione data da ottica grandangolare
per compensare le aberrazioni posso applicare delle deformazioni all’immagine, con la tecnica detta
warping. Ho un immagine di riferimento → ho l’informazione di come la devo deformare (la telecamera necessita una taratura)

Misure con le immagini (ora che abbiamo pulito e preparato le immagini ci possiamo lavorare sopra)
La coordinate dei singoli punti sono ricavate con metodi ottici e quindi senza contatto nel senso
meccanico del termine.

- Misura di un punto (spostamento lungo una direzione)


Il laser a triangolazione è un semplice esempio di misura basato su visione.

- Misura di profili 3D
Più laser e invece di misurare un punto ne misuro tanti.
Profilometro: un laser proietta un piano di luce che viene osservato da una telecamera matriciale
disposta con l’asse ottico incidente rispetto a tale piano.

- Misura di superfici
Estendendo l’idea, possiamo proiettare molte linee parallele, al posto che una sola, e così
f ottenere la misura di molti punti 3D nello spazio.

Algoritmi per fare queste analisi


Algoritmi di ricerca/misura di spostamenti: 1) edge deteciotn, 2) blog analysis, 3) pattern matching a
livelli di grigio, 4) pattern matching geometrico.
Algoritmo di misura di campi di spostamento/deformazione/velocità nei fluidi: 5) DIC, 6) PIV (particle image
velocimetry)

1)-2) Edge e Blob


Le misure monodimensionali prevedono la ricerca all’interno dell’immagine di uno o più dettagli le cui
coordinate esprimono la posizione degli oggetti di interesse.
Edge (punto di variazione della luminosità) può essere usato per identificare la posizione di bordi di
oggetti. (distanza fra punti)
Blob (aree nell’immagine con luminosità omogenea), possono identificare il baricentro, il suo
spostamento, area, allungamento, inerzia. (centro fori)

3) Pattern matching a livelli di grigio


Ricerca di diversi modelli di un immagine
Esempio: macchina chirurgia occhio -> pattern circolare occhio;
4) Pattern matching geometrico abbassamento del ponte ferroviario -> cartello target
Cerco oggetti con lo stesso contorno dei modelli (funziona anche con parziale occlusione)

5) DIC: digital image correlation


Tecnica di analisi delle immagine che consente di misurare l’intero campo di spostamenti (e
deformazioni) degli oggetti inquadrati.
Prendo un quadratino della 1°immagine e lo cerco nella 2°; lo trovo e in base a dove è misuro lo
spostamento orizzontale. Questo posso farlo anche per tante piccole areole e quindi ottengo un
informazione più ricca di prima.
Per fare in modo che la ricerca di ciascuna sottoarea fra immagini successive funzioni bene, è
necessario che l’oggetto della misura abbia una superficie non uniformemente grigia ma con molte
variazioni di luminosità → creo un pattern (faccio dei puntini).
Dal campo degli spostamenti posso stimare la deformazione facendo una derivata numerica.
campo di spostamenti -> campo di misura

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Per aumentare il numero di punti di misura per unità di area si usa spesso la tecnica di sovrapporre i
subset vicini. N.B. I subset possono ruotare e traslare e quindi deformare.

Misure 3D
Le misure 3D prevedono la ricerca all’interno delle immagini riprese da almeno due telecamere disposte
stereoscopicamente di uno o più target le cui coordinate esprimono la posizione degli oggetti di
interesse. spesso sfera

Stereoscopia: osservo la scena da diversi punti di vista e calcolo le coordinate 3D dei punti attraverso
triangolazione.
elementi hardware: • telecamere stereoscopiche;
• filtri IR (infrarosso)
• illuminatori IR (sono accoppiati a telecamere con filtro davanti all’ottica che lascia passare
solo la componente IR. In questo modo si riducono i disturbi generati
dall’illuminazione ambiente)
• marker catarifrangenti

Pose estimation (dall’immagine di un oggetto che ho, riesco a ricavarne la posizione)


Tecniche per la stima della posizione e orientazione nello spazio di un corpo rigido (6 gradi di libertà),
nota la sua geometria.
L’idea base è: se conosco il mio target (geometricamente), e se conosco i parametri della telecamera,
posso stimare la posizione e l’orientazione del target, a partire dalle immagini acquisite dalla telecamera.
posit: diversi algoritmi N.B. Operazione invertibile,
posso risalire alla posizione

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Misure di temperatura
Formalmente la temperatura è la proprietà che regola il trasferimento di energia termica, o calore, da un
sistema ad un altro.
Quando due sistemi sono alla stessa temperatura, sono in equilibrio termico, non avviene alcun
trasferimento di calore.
Quando esiste una differenza di temperatura, il calore tenderà a muoversi dal sistema a temperatura più
alta verso quello a temperatura più bassa, fino al raggiungimento dell’equilibrio termico.
→ Trasferimento del calore avviene in 3 modalità: conduzione, convezione, irraggiamento.

La temperatura Ta di un corpo A si può misurare portando un certo corpo (strumento di misura) in


equilibrio termico con A e osservando le variazioni di una sua qualche proprietà che vari con la
temperatura.
La temperatura è una grandezza intensiva, mi occorrono quindi strumenti tarati rispetto a punti fissi e
con adeguata scala. Come definisco un campione di temperatura?
Si definiscono dei punti fissi e una scala che li congiunge, detta scala di
temperatura.

Scale per la misura di temperatura


Per costruire una scala di temperatura servono punti fissi e strumenti interpolanti; come definisco punti
fissi e strumenti?
Sappiamo che la variazione di temperatura ΔT di un corpo provoca variazione di diverse grandezze:
a) variazione di stato fisico (solido, liquido, gassoso) → utilizzata per definire i punti fissi, ovvero i campioni di
temperatura da utilizzare per la taratura.
b) variazione di volume ΔV

c) variazione di proprietà elettriche

d) variazione di irraggiamento
[Scala Fahrenheit - Scala centigrada -> Celsius]
} utilizzati come principi fisici per realizzare i termometri

Presto ci si accorse che non bastavano punti fissi, ma era necessario definire metodi di interpolazione
tra i punti fissi.
Per definire correttamente e univocamente una scala di temperature è necessario definire almeno:
• un punto fisso T0;
• un rapporto di temperature T1/T0.

Con questa logica posso poi creare una scala di temperatura.

Scala termodinamica delle temperature: nel 1848 Lord Kelvin fornisce la base teorica per una scala di
temperature basata sul ciclo di Carnot (2 isoterme, 2
Q
adiabatiche) con η = 1− out
Qin
Qout ϕ2
Per il ciclo di Carnot η = 1− =
Qin ϕ1 con ϕ : temperatura
termodinamica. Potendo definire un rapporto tra due
temperature φ2/φ1 e scegliendo la temperatura di un punto fisso
φ0 come punto fisso prescelto, abbiamo trovato un nuovo modo
per definire completamente una scala delle temperature.
Attualmente il punto fisso che viene preso in considerazione è il
punto triplo dell’acqua, lo stato più altamente e facilmente
riproducibile.
Come misurare la temperatura termodinamica φ? Si può dimostrare che la temperatura termodinamica
è uguale alla temperatura del gas ideale, quindi può essere misurata con il termometro a gas ideale.
Esiste? No, ma qualunque gas, a pressione molto bassa, prossima a zero, lo approssima bene.

Termometro a gas ideale: il termometro a gas ideale usa una proprietà macroscopica (P o V) per definire
volume mantenuto costante Scale ed Unità corrispondenti alla teoria termodinamica, PV=nRT. Un
tramite un ampolla con gas termometro a gas a volume costante mantiene una quantità di gas costante
collegata a tubo a U contente all’interno di un ambiente con volume costante e misura le variazioni di
acqua o mercurio
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pressione provocate dalle variazioni di temperatura. (Esiste il duale, termometro a
gas con P costante)

ITS-90: Concetti fondamentali →l’insieme di queste norme definisce una scala di temperatura a cui tutte le misure
devono essere riferibili
- Concetto 1: unità di misura
L’unità di misura della temperatura termodinamica, simbolo T, è il Kelvin [K], definito come 1/273.16 la
temperatura termodinamica del punto triplo dell’acqua.
La Scala Internazionale definisce sia la International Kelvin Temperature, simbolo T90, sia la
International Celsius Temperature, simbolo t90.
Per definizione il grado Celsius, °C, è uguale come ampiezza al Kelvin, tuttavia la scala Celsius ha il
suo zero in corrispondenza del punto di fusione del ghiaccio, cioè 273.15K. → t[°C] = T[K] - 273.15
- Concetto 2: intervallo di temperature considerato
L’intervallo di temperature considerato va da 0.65K alla più alta temperatura misurabile sfruttando le
leggi dell’irraggiamento.
- Concetto 3: punti fissi
Definizione dei punti fissi: si tratta di stati fisici facilmente riproducibili e universali, per la taratura dei
termometri. Si tratta di: passaggi di stato (vantaggio è che, coinvolgendo il calore latente, avvengono a
temperatura costante); punti tripli (coesistenza dei tre stati della materia in equilibrio).
- Concetto 4: termometri per le interpolazioni
Definisce i tipi di termometri da utilizzare in ciascun campo di temperatura per interpolare i punti fissi.
Sono da considerarsi come termometri campione.
• 0.65K 5 K: termometri a pressione di vapore

• 3K punto triplo del neon (24.5561K): termometri a gas
• punto triplo idrogeno (13.8K) → punto di fusione dell’argento (961.78°C): termometri a
resistenza di platino
• >961.78°C: termometri a radiazione (pirometri)
- Concetto 5
Definisce i valori forniti dai termometri campione in corrispondenza dei punti fissi.
- Concetto 6
Definisce le funzioni interpolanti da adottare tra i vari punti fissi.

Esistono vari tipi di strumenti per la misura di temperatura: 1) termometri a espansione 2) termometri a
resistenza metallica (termoresistenze) 3) termistori 4) termocoppie 5) pirometri e termocamere.

1) Termometri a espansione
I termometri ad espansione, o a dilatazione meccanica, sfruttano le variazione di volume di materiali
diversi (solidi, liquidi, gas) provocate dalle variazioni di temperatura.
Nei solidi: allungamento di due diversi materiali metallici a diverso coefficiente di dilatazione termica
(termometri bimetallici) .
Nei liquidi: innalzamento di colonna di liquido (termometri a colonna); pressione provocata dalla
dilatazione termica del liquido a volume costante.
Nei gas e vapori: pressione provocata dell’espansione termica del gas a volume costante.

Termometri a colonna di liquido


I più comuni, detti termometri a bulbo, fanno riferimento all’espansione di una colonnina di alcool o
mercurio (Hg) rinchiusa in un capillare. Ciò che si misura effettivamente è la variazione dell’altezza
della colonnina.
Liquido più comune è mercurio, per temperature medio-alte (-39°C/550°C). Per temperature inferiori si
utilizza: alcool fino a -60°C, toluolo fino a -90°C, pentano fino a -200°C, miscela di propano e
propilene fino a -220°C.
Accuratezza ottenibile dipende da qualità dello strumento, dal campo di temperatura e dal tipo di
immersione.
Vantaggi: lettura immediata, facilmente utilizzabile, poco costoso.
Svantaggi: fragile, una volta fuori taratura non può più essere ritirato, intervallo di temperatura limitato
(-180°C/650°C), poco accurato (±0.5°C).

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Termometri bimetallici (a dilatazione di solidi)
Sfruttano la diversa espansione termica di materiali differenti.
Si prendono due strisce metalliche con coefficienti di dilatazione termica diversi tra loro. Le strisce
vengono quindi saldamente unite ad una temperatura di riferimento T0. Ad una diversa T1 i due metalli
si dilatano diversamente provocando una curvatura, funzione della nuova temperatura.
Anche in questo caso la mancanza di buona linearità porta ad errori dell’ordine di 0.5 °C.

Curvatura ρ inversamente proporzionale alla differenza di temperatura, proporzionale a 1/(T1-T0).

Questi trasduttori sfruttano la differente dilatazione termica di materiali diversi, per realizzare un
trasduttore di temperatura. → termometro bimetallico è dunque un trasduttore di temperatura T in spostamento X

Elementi bimetallici possono essere utilizzati sia come misuratori di temperatura sia come elementi
combinati, con funzione sia di sensore sia di controllore. (es. interruttori on-off)
Campo di temperature di lavoro tra -70°C fino 550°C con accuratezze dell’ordine di 0.5°C.

Vantaggi: facile lettura.


Svantaggi: non copre una vasta gamma di temperature, poco accurato.

2) Termometri a resistenza metallica - termoresistenze


Molto di quanto visto a proposito degli estensimetri può essere esteso ai termometri; qui si sfrutta qui
la variazione di resistenza con la T.
La sensibilità alla temperatura è però superiore alla variazione di resistenza legata alla deformazione,
questo implica qualche semplificazione per quanto riguarda i circuiti di misura.

Il classico termometro a resistenza al platino fu costruito avvolgendo una bobina di platino su una
trama di mica (silicato di alluminio e potassio, isolante) e mettendo il tutto all’interno di un tubo di
vetro.
Sebbene tale costruzione produca un elemento molto stabile, il contatto termico tra platino e punto di
misura è molto scarso. Ciò implica un tempo di risposta elevato. Inoltre la fragilità della struttura ne
limita l’utilizzo in laboratorio.

Variando la temperatura T, varia la resistenza RT del conduttore, secondo la legge:


con α coefficiente di temperatura (dipende dal tipo di materiale)

Materiali per termoresistenze


Platino: nella quasi totalità delle applicazioni per la sua maggior resistenza all’ossidazione, resistività
elettrica e riproducibilità.
Nichel: presenta un maggior coefficiente di temperatura α rispetto al Pt, una minor resistenza
all’ossidazione, minor resistività elettrica e minor possibilità di purezza. Elementi sensibili più
grossi e quindi con maggiori tempi di risposta→ applicazioni con modeste variazioni di
temperatura.
Rame: presenta coefficiente di temperatura α costante rispetto Pt, minor resistenza all’ossidazione e
minor resistività elettrica → applicazioni intorno alla temperatura ambiente.

Caratteristiche ideali per le termoresistenze:


coefficiente di temperatura elevato → elevata sensibilità;
alto punto di fusione → elevato campo di misura, α dipende dal tipo di materiale metallico costituente la
linearità; termoresistenza e non essendo solitamente lineare con la
stabilità nel tempo. temperatura viene normalmente definito nel campo 0-100°C

La marcatura delle termoresistenze al Pt deve comprendere: simbolo Pt;



valore di resistenza a 0°C (R0);

classe di tolleranza;

numeri di fili di collegamento;

campo di temperatura di impiego.
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Configurazioni:
• Il termometro standard a resistenza di Pt è fragile e pertanto utilizzato solo in laboratorio. In questa
configurazione filo è libero di contrarsi e espandersi → no tensioni che influenzano misura.
• A filo avvolto: filo avvolto su un mandrino cilindrico di ceramica. Filo non si può contrarre o estendere
liberamente → tensioni. Buona accuratezza per uso industriale.
• In un’altra configurazione, a filo sospeso, la bobina è assemblata in piccoli fori all’interno del
mandrino cilindrico ceramico. Le bobine sono sostenute da polvere ceramica e sigillate alle estremità.
In questa configurazione il filo è libero di contrarsi ed espandersi → no tensioni.
• A film metallico. Un sottile film di platino è depositato all’interno di un substrato ceramico. Il tutto
ricoperto con materiale vetroso per proteggere da umidità e agenti inquinanti.

Dal momento che la misura della temperatura viene realizzata misurando la resistenza elettrica del
sensore, è fondamentale che il circuito elettrico usato per la misura della resistenza elettrica sia
realizzato in modo opportuno:
- 2 fili
Poco utilizzata in quanto introduce errori grossolani di misura se la resistenza dei fili di collegamento
non è trascurabile rispetto a quella del termoelemento (utilizzata pertanto nel caso di fili di
collegamento corti e di bassa resistività).
- 3 fili
E’ la più utilizzata industrialmente data la miglior accuratezza ottenibile dalla misura. Elimina gli effetti
provocati dalla resistenza dei fili di collegamento del termoelemento RTD.
- 4 fili (volt-amperometrica)
Tecnica utilizzata quasi esclusivamente in laboratorio, poco industrialmente. Fornisce la miglior
accuratezza in senso assoluto.
Volendo limitare l’effetto di riscaldamento dovuto al passaggio di corrente, è possibile pulsare
l’alimentazione; la lettura risulta però discontinua.

Vantaggi: ottima accuratezza; elevato campo di misura; stabili e lineari.


Svantaggi: costo; sensibilità ad urti e vibrazioni; costante di tempo elevata a causa di involucro;
riscaldamento per effetto Joule può causare errori.

3) Termistori
Anche i termistori sono misuratori di temperatura che sfruttano la variazione di resistenza in funzione
della temperatura.
Differenza dalle RTD è il materiale che li costituisce: • termoresistenze (conduttori metallici);
• termistori (semiconduttori metallici).
Materiali hanno comportamento differente: • conduttori: R aumenta al crescere di T;
• semiconduttori: R diminuisce al crescere di T.
tramite drogaggio diventano quasi conduttori, più sensibili alle variazioni
Esistono pertanto termistori con coefficiente di temperatura TC negativo (NTC) o positivo (PTC).
Procedura di produzione prevede che il semiconduttore venga sminuzzato, mescolato ad un legante in
una proporzione corretta, pressato e quindi sinterizzato.
libertà di forma; piccole dimensioni; tempi di risposta molto piccoli (𝜏 bassa)

A causa della tecnologia realizzativa presentano coefficienti di temperatura molto più elevati rispetto alle
termoresistenze.
Sono dunque strumenti molto sensibili ma generalmente fortemente non lineari.
Inoltre, essendo il valore di resistenza elevato, non risentono di problemi di misura dovuto alla resistenza
dei cavi, semplificando i circuiti di misura.

Vantaggi: alta sensibilità; dimensioni ridotte; prontezza; basso costo; possibile di collegamento a 2 fili.
Svantaggi: campi di misura limitati; non lineari; fragili.

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4) Termocoppie
Le termocoppie sono sensori di temperatura molto semplici; trasducono T in f.e.m. direttamente
mediante effetto termoelettrico. Operano da Tmin molto basse (criogeniche) fino a TMAX molto elevate
pertanto sono diffusissime.

Effetti termoelettrici
- Effetto Seebeck
“In un circuito formato da 2 materiali diversi A e B, se i giunti sono a temperatura T1≠T2, nel circuito si
genera una f.e.m. funzione della differenza di temperatura.”
N.B. Se i due materiali sono uguali o se le T dei giunti sono le stesse fem=0.

- Effetto Peltier
“Se in un circuito formato da due materiali diversi A e B viene fatta passare corrente elettrica I, allora
un giunto si scalda mentre l’altro si raffredda. Ai giunti si ha assorbimento e cessione di calore”.
Se la corrente circola nel verso spontaneo si ha passaggio di calore da giunto caldo a freddo. Se
invece la corrente viene forzata si ha il passaggio inverso; sfruttando questo effetto vengono
realizzate le pompe di calore comunemente denominate celle Peltier.
N.B. Questo effetto modifica la temperatura dei giunti, quindi può generare errori di misura → il
misuratore di tensione che viene usato per rilevare la fem generata dalla termocoppia, deve avere una
impedenza di ingresso il più elevata possibile.

- Effetto Thomson (principale effetto della deviazione lineare)


“Se in un conduttore si ha un gradiente di temperatura positivo in direzione della corrente vi è
trasformazione di energia termica in elettrica e dunque il conduttore assorbe calore dall’ambiente. Il
fenomeno opposto si verifica se il gradiente è negativo nella direzione della corrente.”

Leggi e proprietà delle termocoppie


- Proprietà 1 (conseguenza della legge dei circuiti omogenei)
Variazioni di temperatura sui fili A e B non influenzano la fem se i giunti rimangono a T1 e T2 e se i
conduttori A e B sono di due materiali perfettamente omogenei.
permette nella pratica di avere fili di collegamento di lunghezza qualsiasi e che seguono percorsi
diversi senza curarsi che variazioni di temperatura degli stessi possano produrre errori di misura.
- Proprietà 2
L’introduzione di un terzo metallo C in una termocoppia A e B non modifica la fem se le nuove
giunzioni sono isoterme e T1 e T2 sono invariate.
Questa proprietà permette di inserire uno strumento di misura della fem nel circuito.
- Proprietà 3 (conseguenze della legge termoelettrica dei materiali intermedi)
L’introduzione di un terzo metallo C in una giunzione a T1 di una termocoppia non modifica la fem se
le nuove giunzioni sono isoterme a T1.
Questa proprietà è utilizzabile sia per inserire uno strumento di misura nel circuito sia per saldare o
brasare i giunti della termocoppia.
- Proprietà 4
Se la termocoppia A e C con i giunti a T1 e T2 genera la fem EAC e la termocoppia B e C con i giunti
a T1 e T2 genera la fem EBC, allora la termocoppia A e B con i giunti T1 e T2 genera la fem EAB=EAC
+EBC.
Questa proprietà permette di calcolare il potere termoelettrico di qualsiasi termocoppia A e B se è
noto il potere termoelettrico di ogni materiale con riferimento ad un unico materiale C, (riferimento).
Questo permette a priori di stimare la sensibilità attesa per una termocoppia.
- Proprietà 5 (legge delle temperature intermedie)
Se la termocoppia A e B con i giunti a T1 e T2 genera la fem E12 e con i giunti a T2 e T3 genera la
fem E23, allora essa genera E13=E12+E23.
Questa proprietà è utilizzata per riferire le misure di una qualsiasi temperatura T3 a 0°C senza
necessariamente tenere il giunto di riferimento a 0°C.

Nell’utilizzare una termocoppia per la misura di una temperatura incognita, la temperatura di una delle
due giunzioni deve essere nota per una qualche via indipendente.
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Una misura di tensione permetterà poi di ottenere la temperatura dell’altra giunzione dalle tabelle di
taratura.

Ciascuna coppia mostra una combinazione di proprietà (linearità, campo di misura, incertezza,
sensibilità) che la rendono indicata in una particolare classe di applicazioni.
N.B. La sensibilità varia con la temperatura.

Circuiti di massa: le termocoppie necessitano di un circuito di misura, che permetta di rilevare la fem
generata e di compensare gli effetti di avere il giunto freddo che non si trova a 0°C
ma ad una temperatura diversa.
Tipo 1: circuito con giunto di riferimento in bagno di H2O+ghiaccio
Tipo 2: circuito con giunto di riferimento a T≠0°C con circuito di
compensazione
Termopile

Vantaggi: semplici; robuste; basso costo; vasta varietà di tipi e forme; ampi campi di misura.
Svantaggi: non lineari; bassi valori di tensione in uscita; necessità di riferimento; poco stabili; poco
sensibili.

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Termografia all’infrarosso
tecnica di misura delle temperature ottenuta attraverso l’irraggiamento dei corpi

Riscaldando una barretta di ferro, questa, superata una certa temperatura inizia ad emettere luce, di
intensità crescente prima rossa, poi gialla e quindi bianca.

Qualsiasi corpo con una temperatura superiore allo zero assoluto emette radiazioni, in quantità e
modalità diverse in funzione della temperatura.
Un corpo capace di: • assorbire completamente qualsiasi radiazione che lo investe;
• emettere la massima quantità possibile di radiazione per quella temperatura;
è detto corpo nero.
Il corpo nero è un’astrazione fisica, tuttavia il concetto di corpo nero ci è molto utile per studiare
fenomeni come l’irraggiamento.
in funzione della lunghezza d’onda qual’è la quantità di energia emessa
La curva di emissione del corpo nero (energia emessa in funzione della lunghezza d’onda della
radiazione) dipende dalla temperatura del corpo nero stesso.
A Tamb emette più energia ed ha una lunghezza d’onda più corta. Sull’asse y si hanno 9 ordini di
grandezza: quando un corpo nero viene scaldato l’energia emessa cresce in modo non lineare.
Aumentando la T in un cn ottengo uno spostamento a sinistra della curva di emissione.

1) La legge di Plank descrive l’emissione del corpo nero (dipende da T e λ) ed indica: intensità
della radiazione emessa da una superficie piana di un corpo nero in una semisfera per unità di
area, alla lunghezza d’onda λ e temperatura T.

2) Legge di Wien: stabilisce una corrispondenza semplice tra la temperatura del corpo nero e la
lunghezza d’onda in corrispondenza al massimo di emissione: (iperbole che unisce i
punti di MAX delle varie curve); tale lunghezza d’onda diminuisce all’aumentare della T
(aumento dell’energia complessiva).

3) Legge di Stefan-Boltzman: questa legge integra quella di Plank nella lunghezza d’onda e ci
dice quant’è l’energia totale irradiata da un corpo nero in funzione della temperatura
Se l’energia cresce, migliora anche la sua misura.

Corpo nero reale


Il corpo nero può anche non essere nero in quanto assumerà un colore funzione della sua temperatura.
Il corpo nero reale è realizzato con un recipiente con un piccolo foro attraverso il quale le radiazioni
elettro-magnetiche possono entrare ed uscire. I cn reali non esistono, si creano delle macchine che
simulano un cn e servono per i test di taratura.

Corpo grigio
corpo che emette a tutte le lunghezze d’onda, una percentuale rispetto al cn.
Un corpo si definisce grigio quando il suo coefficiente di assorbimento è costante al variare della
lunghezza d’onda e della temperatura; in modo analogo anche il coefficiente emissivo.

Superficie reale
Sicuramente non eccede mai il cn e non ha una curva regolare; ogni superficie ha la sua curva
caratteristica.

Emissività 0<ε<1 generico corpo ε=1 cn


energia irradiata dal corpo di interesse/energia irradiata dal cn (a stessa T e λ)
La emissività di un corpo dipende da più fattori quali: •tipo di materiale

•angolo di vista (quindi la forma)

•rugosità superficiale (lavorazione)
•temperatura
•lunghezza d’onda

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Il valore di ε va determinato sull’oggetto della misura, mediante confronto tra misura di T convenzionale
e ad irraggiamento.
→ Se devo fare una misura di temperatura devo conoscere l’emissività per poi risalire alla T.
ε è stimato con varie tecniche: metto il corpo a una T nota, ne misuro l’energia e risalgo a ε. I corpi reali
hanno una ε che non è costante con la T.

Termografia (si misura con un intera immagine)


Misuro la radiazione emessa in campo infrarosso da un corpo e da essa risalgo alla temperatura del
corpo.
La termografia all’infrarosso permette di risalire alla mappa termica della scena inquadrata mediante
l’interpretazione della radiazione percepita da un array bidimensionale di sensori: la termocamera.
dalla misura dell’energia possono risalire alla T
Nella termografia la misura avviene senza contatto e ciò mi garantisce: assenza dell’effetto di carico,
studio in aree pericolose, monitoraggio di corpi ad elevata temperatura.
La misura è estesa ad una superficie: un singolo fotogramma contiene una mappa termica e non una
misura puntuale.

Inoltre si ha la possibilità di compiere misure senza l’interruzione del ciclo produttivo (ispezioni, evito la
manutenzione preventiva).
I campi di misura sono molto estesi (20°C-1500°C) con τ=12ms e risoluzione termica fino a 3 centesimi
di grado.
I sensori di temperatura hanno un risposta simile ai sistemi del 1° ordine.

Limitazioni: • costo dell’apparecchiatura; (elevato rispetto ad altri)



• necessità di un operatore qualificato; (problema a T basse)

• grossi impedimenti nel caso di materiali con emissività bassa; (alluminio) 

• necessità di schermare la termocamera dalle emissioni ambientali. (soprattutto a T basse)

Cosa succede ad un oggetto in termini di interazione con l’infrarosso?


→ conservazione dell’energia: la radiazione si divide in 3, ovvero l’energia della radiazione incidente è
pari alla somma dell’energia della radiazione riflessa, assorbita e
trasmessa.
ρ+τ+α=1
coefficiente di assorbimento α=ε

Corpi non trasparenti (τ=0): premesso che la maggior parte dei materiali non sono trasparenti alla
radiazione infrarossa, la legge di conservazione dell’energia diventa ε+ρ=1.

Cosa succede se metto la termocamera di fronte ad un oggetto?


La radiazione infrarossa che raggiunge la termocamera è composta da 3 componenti:
• energia emessa dal corpo di cui voglio rilevare la temperatura: freccia rossa. Questa è l’unica
ccomponente che idealmente vorrei avere nella misura;
• energia proveniente da altre sorgenti e che viene riflessa dal corpo oggetto della misura e raggiunge la
dtermocamera;
• energia emessa dall’atmosfera in prossimità della termocamera.
un disturbo critico è dato dagli oggetti attorno che emettono energia; fortemente condizionato
dalla T dei corpi attorno → necessità di schermare.

Trasmittanza dell’atmosfera: l’energia emessa dal corpo oggetto della misura in direzione dell’ottica della
termocamera viene attenuata dall’atmosfera che si interpone fra il corpo
stesso e la termocamera.
Abbiamo 2 zone: • 8-13 λ longinfrared, buona trasmissione, T≃Tamb
• 2-5 λ shortinfrared, non buona trasmissione ma si riesce
a trasmettere una piccola quantità di energia; T alte (+
emissione).
In entrambe le zone la trasmissione è garantita.
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Detector (rileva l’energia emessa)
L’elemento sensibile alla radiazione infrarossa delle termocamere viene chiamato detector.
I detector possono essere costituiti da un singolo elemento sensibile oppure sono formati da una matrice
bidimensionale di sensori (pixel). Nel primo caso la termocamera viene dotata di un sistema meccanico
che permette di focalizzare in istanti successivi zone adiacenti dell’area inquadrata.

- Detector fotonico (simile al CCD come idea ma è sensibile all’infrarosso e non al visibile)→ 50Hz freq. campionamento
I detector fotonici sono costruiti su materiale semiconduttore e sfruttano l’interazione fotonica con gli
elettroni: a causa di questa interazione vengono generate cariche elettriche, verranno poi accelerate
da un campo elettrico e misurate.
Principio di funzionamento molto rapido quindi adatto a misure molto veloci (dinamiche).
matrice di sensori termici
- Detector termico (o microbolometrico) → 1MHz freq. campionamento
I detector termici sono costruiti di materiale in cui una o più caratteristiche fisiche sono legate alla
temperatura cui si trova il corpo.
La radiazione infrarossa incidente il detector causa una alterazione delle caratteristiche elettriche
dell’elemento sensibile.
Questi sensori sono insensibili alla lunghezza d’onda della radiazione incidente ma mostrano un
tempo di risposta legato alla costante di tempo che caratterizza termicamente l’elemento sensibile.

Cross-talking fra i pixel: se presento davanti alla termocamera un corpo nero visto attraverso 2 lamine
metalliche divise da una feritoia, quello che dovrei vedere in teoria sarebbe un
irraggiamento elevato in corrispondenza della feritoia e un irraggiamento basso
in corrispondenza delle lamine. Dovrei quindi avere un impulso rettangolare
rilevato dalla termocamera.
In realtà quello che ottengo è un impulso con gli spigoli arrotondati. Questo
fenomeno è dovuto al cosiddetto cross-talking fra i pixel, ovvero il fatto che, in
prossimità di grandi gradienti di irraggiamento, i pixel vicini si influenzano
mutuamente generando dei gradienti più dolci di quelli reali.

Risposta dinamica: per studiare la risposta dinamica della termocamera, gli davanti un cn, e poi
interponiamo fra i 2 elementi un disco rotante munito di 2 scanalature. Mentre il
disco ruota, in alcuni istanti la termocamera vedrà il disco, in altri vedrà il corpo nero
riscaldato, che emette una grande quantità di radiazione IR.
La termocamera ha così un ingresso controllato con andamento da onda quadra.
non è perfettamente un’onda quadra perché si ha un limite sulla prontezza del
sensore, e quindi l’uscita è come una sequenza di risposte al gradino di un
sistema del primo ordine.

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Misure di pressione
forza
La pressione è una grandezza derivata: P = ; è una grandezza di stato misurata in Pascal.
area
A seconda del campo di pressione che sono in grado di misurare, i trasduttori di pressione si
distinguono in: manometri (pressioni superiori a quella atmosferica);
barometri (pressione attorno a quella atmosferica); (metrologia)
vacuometri (pressioni inferiori a quella atmosferica).

Con i trasduttori di pressione possiamo fare misure di pressione assoluta (rispetto al vuoto) oppure
relativa (rispetto ad una pressione di riferimento). La pressione di riferimento può essere data da una
presa di pressione (variabile nel tempo) oppure può essere una pressione costante.

La pressione atmosferica normale (o standard) di riferimento Patm, esercitata dall’atmosfera al livello del
mare (0 m di altitudine) e alla temperatura di 0 °C, equivale a: Patm= 101325 Pa = 1013,25 mbar.

Manometri
- Colonna di liquido (differenziali)
Ipotizziamo di fare misure di pressione di gas, trascuriamo quindi la densità del fluido di cui voglio
misurare la pressione, considero solo la densità del fluido manometrico.
→ N.B. Inclinando il tubo si ottiene una sensibilità crescente (altra configurazione)

La sensibilità dipende ovviamente dalla densità del liquido manometrico: • mercurio


• acqua
• olio
• toluolo (problemi di capillarità)
• miscele di alcol e benzina

Al variare della massa volumica del gas varia la sensibilità.


I manometri a colona sono adatti per la misura di pressioni differenziali “piccole”.

- Manometri a deformazione
1) Tubo Bourdon
2) Manometri a membrana
3) Manometri a soffietto

1) Tubo Bourdon
Tubo a sezione ellittica; asse ad arco di circonferenza → sezione tende a diventare circolare; asse
rettilineo
Per migliorare la sensibilità si sfrutta un tubo più lungo.
Fondo scala MAX: > 1000 atm
Incertezza: 0,1-0,5% (manometri campione)/0,5-2% (manometri industriali).

2)-3) Soffietti e membrane


Molti trasduttori di pressione basano il loro funzionamento sulla deformazione di elementi sottoposti
al ∆P.
La pressione provoca la deformazione di un elemento elastico;
la deformazione è misurata con estensimetri o captatori di spostamento;
valore della pressione per taratura.

Rispetto a Bourdon si ha minore ingombro; la forza o lo spostamento sono facilmente interfacciabili


a dispositivi elettronici per la trasduzione in segnale elettrico.
Sensibilità e fondo scala legati al campo di misura del trasduttore che rileva la deformazione.

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• Membrane lisce: buona linearità se la deflessione massima è pari al 30% dello spessore della
membrana;
effetto di reazione dei trasduttori di spostamento a contatto;
→ rinforzo delle membrane nella parte centrale;
possibilità di utilizzare gli estensimetri come trasduttori secondari.

• Membrane corrugate: diametro maggiore rispetto a quelle lisce;


linearità anche con deflessoni maggiori del 30% dello spessore;
utilizzate soprattutto in applicazioni statiche.

Problemi legati all’elemento sensibile


Isteresi: diversi andamenti della deformazione tra la fase di carico e quella di scarico;
dopo un ciclo la membrana può non ritornare nella posizione iniziale.
Non linearità: con gli appoggi sagomati ho una buona sensibilità per piccoli ∆P;
elevato fondo-scala ma minore sensibilità.
Resistenza meccanica: rischio di rottura della membrana senza elemento centrale.

Trasduttore di pressione: pressione → deformazione → tensione-corrente

Misura della deformazione o della freccia


- Estensimetri (membrane lisce)
L’idea è quella di usare estensimetri nei quali le griglie vicine al centro misurano deformazioni
circonferenziali (positive), mentre le griglie vicino al bordo misurano deformazioni radiali (negative).
Così facendo 2 griglie misurano trazione, le altre due compressione; collegando gli estensimetri in
modo corretto sul ponte di Wheatstone si ottiene la massimizzazione della sensibilità.
Campi di misura 5-300 bar
Sensibilità tipica 2-3 mV/V (F.S.)

- Sensore secondario capacitivo (microfoni)


In questo tipo di sensori la membrana viene usata come una delle armature di un trasduttore
capacitivo: quando la pressione muove la membrana si crea una variazione di capacità nel trasduttore
capacitivo e quindi si ottiene una uscita elettrica.
Utilizzati come standard secondari, nel campo delle basse pressioni; sono molto pronti perché danno
segnale per movimenti piccolissimi della membrana.

- Sensore secondario LVDT


In questo caso lo spostamento del centro della membrana o del soffietto viene misurato con un
trasduttore di spostamento LVDT.
Fondo scala 1250-2500 Pa. Alimentazione in continua; uscita ± 10V.

- Sensore secondario ottico (esiste anche con fibra ottica)


La deformazione della membrana modula il fascio di luce che raggiunge un fotodiodo.
L’uscita del fotodiodo risulta quindi proporzionale alla pressione da misurare.

Misura diretta della pressione


- Trasduttori piezoelettrici (sensori di pressione al quarzo)
Azione meccanica → generazione carica particolarmente adatti alla misure dinamiche con
Azione elettrica → deformazione } limitazioni alle basse frequenze (0-2 Hz)

La forza di inerzia della membrana, che può confondersi con il vero segnale di pressione, viene
compensata all’origine da un segnale accelerometrico proporzionale all’inerzia.
frequenza propria: fino a 100 kHz
sensibilità: 10-100 pC/bar
portata: fino a ca 1000 bar
linearità: < 1%
sensibilità all’accelerazione: < 0.005 bar/g
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- Trasduttori piezoresistivi
I sensori di pressione piezoresistivi sono costituiti da un chip di silicio, la cui proprietà è quella di variare
la propria resistenza quando viene sottoposto a uno stress meccanico. Sul chip di silicio viene
realizzato un ponte di Wheatstone. Sono di fatto trasduttori estensimetrici a semiconduttore.

La risposta del sensore è condizionata dalle variazioni termiche. Si provvede a compensare questo
effetto con tecnica analoga a quanto visto per gli estensimetri elettrici.

Misura delle pressioni dinamiche (sistema vibrante a 1gdl)


Le variazioni di pressione pongono alcuni problemi per la misura per via di:
• prontezza del trasduttore di pressione
• effetto dinamico dei tubi di collegamento fra il punto di misura e il trasduttore.
il sistema da considerare risulta essere costituito da: strumento di misura;

sistema di collegamento.

Le variazioni di pressione p generano degli spostamenti di una parte del fluido all’interno del condotto di
lunghezza . Tali spostamenti sono molto più importanti nel caso di misurandi comprimibili. Se misuro olio
o acqua, questi problemi sono meno sentiti, ma se misuro la pressione di un gas il movimento di fluido
nel condotto e nella camera dello strumento di misura sono importanti. Si ha un effetto dinamico del tubo
di collegamento e della camera dello strumento, generando eventuali amplificazioni ai valori di frequenza
della risonanza e abbattimento delle frequenze più elevate.

Metodi di taratura
- Per confronto
Il pistone serve solo per ridurre il volume interno allo strumento e quindi mettere in pressione i 2
trasduttori.
Lo strumento campione (secondario) deve avere una incertezza di almeno 4 volte migliore
dell’incertezza dichiarata o presunta dello strumento da tarare.
Tre cicli completi di taratura permettono di ricavare: l’incertezza, la ripetibilità, la linearità, l’isteresi.

- A pesi
In questo caso il pistone serve per sollevare il pistone ed i pesi, in modo che sia la pressione interna a
controbilanciare la forza peso dei pesi campione+pistone.
Procedura di taratura: stantuffo a fine corsa;
montaggio manometro da tarare;
pinterna= pambiente;
carico con peso campione;

azione sul volantino fino al sollevamento del carico;

rotazione del disco;
lettura del manometro di prova;
nuovo carico.

Misura di un campione di misura: per definire un campo di pressione occorrono numerosi punti di
misura.

Si utilizzano prese di pressione collegate mediante dei tubi al sistema
di misura.

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