Lomonaco
Un’introduzione
all’algebra lineare
Terza edizione
ARACNE
Copyright © MMVI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
isbn 88–548–0144–5
Capitolo 1
STRUTTURE ALGEBRICHE 1
1 Generalità sulle strutture algebriche 1
2 Gruppi 5
3 Azioni di un gruppo su un insieme 9
4 Anelli 12
5 Polinomi su un dominio di integrità 16
6 Polinomi su un campo 21
6 Fattorizzazione di un polinomio 25
Esercizi 33
Capitolo 2
SPAZI VETTORIALI 37
1 Spazi vettoriali su un campo 37
2 Dipendenza e indipendenza lineare 40
3 Basi e dimensione 45
4 Sottospazi 53
5 Sottospazi congiungenti e somme dirette 58
6 Generalità sulle applicazioni lineari 64
7 Monomorfismi, epimorfismi ed isomorfismi 69
Esercizi 77
Capitolo 3
MATRICI, DETERMINANTI, SISTEMI LINEARI 83
1 Generalità sulle matrici 83
2 Matrici a scala 90
3 Definizione e prime proprietà dei determinanti 96
4 Dimostrazione del Teorema di Esistenza ed Unicità 100
i
5 Ulteriori proprietà dei determinanti 104
6 Calcolo dell’inversa di una matrice 118
7 Generalità sui sistemi lineari 124
8 Il metodo dei determinanti 128
9 Il metodo di Gauss–Jordan 137
Esercizi 148
Capitolo 4
MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI 153
1 Matrici e applicazioni lineari 153
2 Cambiamenti di riferimento 161
3 Alcune applicazioni dei determinanti 163
4 Autovettori, autovalori e polinomio caratteristico 167
5 Diagonalizzazione 173
Esercizi 181
Capitolo 5
SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI 185
1 Forme bilineari e prodotti scalari 185
2 Spazi vettoriali euclidei 193
3 Il Procedimento di Gram–Schmidt 198
4 Diagonalizzazione ortogonale 204
5 Forme quadratiche 209
Esercizi 213
ii
Nota dell’autore
Il presente volume è destinato a studenti del primo anno dei corsi di laurea
triennali delle Facoltà si Scienze ed Ingegneria. In esso sono trattati alcuni dei
più classici argomenti elementari di Algebra Lineare.
Si assume che lo studioso lettore abbia già una certa familiarità con al-
cuni argomenti di base quali l’insiemistica (insiemi, coppie ordinate, prodotto
cartesiano, relazioni d’equivalenza, relazioni d’ordine, applicazioni, iniettività,
suriettività) e la costruzione degli insiemi numerici (numeri naturali, interi,
razionali, reali e complessi).
Desidero ringraziare gli amici Maurizio Brunetti e Giovanni Cutolo per il
contributo che hanno dato alla stesura di questo libro.
Luciano A. Lomonaco
iii
Capitolo 1
∗ : S × S −→ S
1
2 Un’introduzione all’algebra lineare
tale insieme : è una operazione interna, ma è facile verificare che essa non
è associativa. Infatti, ad esempio,
(16 : 4) : 2 6= 16 : (4 : 2) .
Ad esempio (N; +) e (N; ·) sono semigruppi. Sia ora (S; ∗) una struttura
algebrica con una operazione interna.
x∗u=x ∀x∈S .
u∗y =y ∀y∈S .
Cap. 1 – Strutture algebriche 3
Supponiamo ora che la struttura (S; ∗) sia dotata di elemento neutro u e sia
x ∈ S.
x∗y =u=y∗x .
y ′ = y ′ ∗ u = y ′ ∗ (x ∗ y) = (y ′ ∗ x) ∗ y = u ∗ y = y
ovvero y = y ′ . 2
§2. Gruppi
Esempio 3. (Z; +), (Q; +), (R; +), (C; +). In tali gruppi l’elemento neutro
è 0 e per ogni x il simmetrico di x coincide con il suo opposto −x. Osser-
viamo che ogni gruppo di questo esempio è un sottogruppo del successivo.
Esempio 4. (Q − {0}; ·), (R − {0}; ·), (C − {0}; ·). In tali gruppi l’elemento
neutro è 1 per ogni x il simmetrico di x coincide con il suo inverso x−1 .
Anche in questo esempio, ogni gruppo risulta un sottogruppo del gruppo
successivo.
f ·g =g◦f .
f, g : X −→ X
ponendo
f (x) = g(x) = x ∀ x ∈ X − {a, b, c}
ed inoltre
f (a) = b, f (b) = a, f (c) = c
g(a) = a, g(b) = c, g(c) = b .
Il lettore potrà verificare che g◦f 6= f ◦g. Se X = Jn = {1, 2, . . . , n} scriveremo
talvolta Sn invece di SX . Sn prende il nome di gruppo delle permutazioni, o
anche gruppo simmetrico, su n oggetti. Per ogni n consideriamo il gruppo Sn .
Se f ∈ Sn , i ∈ Jn e si ha che f (i) = i, si dice che i è fissato da f .
f = ǫ1 · . . . · ǫn = ǫ′1 · . . . · ǫ′m
(3) σ : Sn −→ {±1}
ponendo
1 se f è pari
σ(f ) =
−1 se f è dispari.
Si verifica agevolmente che se f, g ∈ Sn si ha che
ovvero, come si suol dire, σ è un omomorfismo del gruppo Sn nel gruppo mol-
tiplicativo {±1}. Tale omomorfismo prende il nome di segnatura. Poiché per
ogni f ∈ Sn si ha che f · f −1 = idJn , dall’osservazione precedente deduciamo
che
1 = σ(idJn ) = σ(f · f −1 ) = σ(f ) · σ(f −1 )
e quindi σ(f ) = σ(f −1 ).
· I σ1 σ2 τ1 τ2 τ3
I I σ1 σ2 τ1 τ2 τ3
σ1 σ1 σ2 I τ2 τ3 τ1
σ2 σ2 I σ1 τ3 τ1 τ2
τ1 τ1 τ3 τ2 I σ2 σ1
τ2 τ2 τ1 τ3 σ1 I σ2
τ3 τ3 τ2 τ1 σ2 σ1 I
fλ : X −→ X
10 Un’introduzione all’algebra lineare
e analogamente
fλ (fλ−1 (a)) = a .
Quindi una azione di G su X induce una applicazione
ω : G −→ SX
λ 7→ fλ
che talvolta prende il nome di rappresentazione.
[a] = { λ ⊥ a | λ ∈ G }
a≡b ⇐⇒ ∃λ∈G|b=λ⊥a
a ≡ b =⇒ b ≡ a
Infine, si ha che
a ≡ b, b ≡ c =⇒ a ≡ c
Cap. 1 – Strutture algebriche 11
b = λ ⊥ a, c = µ ⊥ b
allora
c = µ ⊥ b = µ ⊥ (λ ⊥ a) = (µ ∗ λ) ⊥ a .
Le classi di equivalenza di tale relazione sono le orbite che, pertanto, costitui-
scono una ripartizione dell’insieme X.
Xn = X × . . . × X
| {z }
n
⊥: Sn × X n −→ X n
f : Jn −→ Jn
f ⊥x=y
dove y è la n-pla (xf (1) , . . . , xf (n) ). In altre parole la n-pla y si ottiene dalla
n-pla x scambiando di posto le coordinate x1 , . . . , xn nel modo indicato. E’
agevole verificare che ⊥ è una azione di Sn su X n . Una orbita di tale azione
si dice sistema di ordine n di elementi di X. Un sistema [x1 , . . . , xn ] sarà
pertanto la classe della n-pla (x1 , . . . , xn ) ma anche, equivalentemente, di una
qualunque altra n-pla ottenuta da (x1 , . . . , xn ) permutando arbitrariamente
le coordinate. Osserviamo esplicitamente che gli elementi x1 , . . . , xn non sono
necessariamente distinti a due a due. La nozione di sistema di elementi di
un insieme ci consente di considerare n elementi di un insieme, non necessa-
riamente a due a due distinti, senza badare all’ordine in cui essi compaiono.
Se S = [x1 , . . . , xn ] è un sistema, per ogni i = 1, . . . , n scriveremo xi ∈ S e
diremo che xi appartiene ad S. Se inoltre S ′ = [y1 , . . . , yk ] è un altro sistema
e (y1 , . . . , yk ) è un rappresentante di S ′ scriveremo S ′ ⊆ S e diremo che S ′ è
incluso in S se n ≥ k ed inoltre esiste un rappresentante (xi1 , . . . , xin ) di S
tale che y1 = xi1 , . . . , yk = xik .
12 Un’introduzione all’algebra lineare
§4. Anelli
La (iii) è nota come proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma.
Dimostrazione. Si ha che
0 = ab − ac = a(b − c)
b = a−1 · (a · b) = a−1 · 0 = 0 .
0 + 0 = 0 = 1 + 1; 1 + 0 = 1 = 0 + 1
0 · 0 = 0 · 1 = 1 · 0 = 0; 1 · 1 = 1 .
Con tali posizioni (K; +, ·) è un campo.
Esempio 11. (Q; +, ·), (R; +, ·), (C; +, ·) sono campi, come è agevole ve-
rificare. Inoltre Q è un sottocampo di R e di C ed R è un sottocampo di
C.
Poniamo inoltre
i2 = j 2 = k 2 = −1
i · j = k = −j · i
j · k = i = −k · j
k · i = j = −i · k
e definiamo
a = (a · h−1 ) · h ∈ H
e quindi H = A. 2
In particolare, se 1 ∈ H allora H = A.
(h) = { a · h | a ∈ A } .
Lemma 1.35. Siano (an )n∈N0 , (bn )n∈N0 due polinomi non nulli e sia
Si ha che
deg (an )n∈N0 + (bn )n∈N0 ≤ max{deg(an )n∈N0 , deg(bn )n∈N0 }
Dimostrazione. Siano (an )n∈N0 , (bn )n∈N0 due polinomi non nulli su F di
grado m, m′ rispettivamente e sia (dn )n∈N0 = (an )n∈N0 · (bn )n∈N0 . Si ha che
dm+m′ = am bm′ 6= 0 .
Φ : α ∈ F 7−→ (α, 0, 0, . . . ) ∈ F̂ .
xn = (0, . . . , 0, 1, 0, 0, . . . ) .
| {z }
n
xk = (0, . . . , 0, 1, 0, 0, . . . ) ∀ k < n .
| {z }
k
Si ha che
xn = xn−1 x = (0, . . . , 0, 1, 0, 0, . . . )(0, 1, 0, 0, . . . )
| {z }
n−1
= (0, . . . , 0, 1, 0, 0, . . . )
| {z }
n
(0, . . . , 0, ak , 0, . . . ) .
| {z }
k
Abbiamo che
′
f g = a0 b0 + (a0 b1 + a1 b0 )x + (a0 b2 + a1 b1 + a2 b0 )x2 + · · · + am bm′ xm+m .
f = a0 + a1 x + · · · + an xn ; g = b0 + b1 x + · · · + bm xm
h = an b−1
m x
n−m
·g .
f = f1 + h = gq1 + r1 + an b−1
m x
n−m
g = g(q1 + an b−1
m x
n−m
) + r1 .
f = gq + r = gq ′ + r ′
g(q − q ′ ) = r ′ − r .
Cap. 1 – Strutture algebriche 21
Se r ′ 6= r e r, r ′ 6= 0 si ha che g(q − q ′ ) 6= 0 e
max{deg(r), deg(r ′ )} = deg(r ′ − r) = deg(g) + deg(q − q ′ ) ≥ deg(g) .
Pertanto deg(r) ≥ deg(g) oppure deg(r ′ ) ≥ deg(g), e questa è una contrad-
dizione. Se r ′ 6= r ma r = 0 oppure r ′ = 0, si ragiona in modo analogo.
Esaminiamo infine il caso in cui r = r ′ . Abbiamo che
g(q − q ′ ) = 0
e poiché g 6= 0, deve accadere che q − q ′ = 0 ovvero q = q ′ . 2
Abbiamo già osservato che per ogni dominio di integrità unitario F anche
F[x] è un dominio di integrità unitario. Ha senso quindi considerare l’anello
dei polinomi su F[x] che si indica ad esempio con F[x][y], o anche con F[x, y],
ed è a sua volta un dominio di integrità unitario. Gli elementi di tale anello si
dicono polinomi su F nelle indeterminate x, y. Più in generale si può definire,
induttivamente, per ogni n ∈ N, il dominio di integrità unitario F[x1 , . . . , xn ]
che prende il nome di anello dei polinomi su F nelle indeterminate x1 , . . . , xn .
Un polinomio f ∈ F[x1 , . . . , xn ] avrà quindi una espressione del tipo
X
f= ar1 ,...,rn x1r1 . . . xrnn
r1 ,...,rn
dove ar1 ,...,rn ∈ F e la sommatoria è finita (ovvero solo al più un numero finito
dei coefficienti ar1 ,...,rn è non nullo). Il generico addendo ar1 ,...,rn x1r1 . . . xrnn si
dice monomio di grado r = r1 + · · · + rn . Se f 6= 0 il grado di f sarà poi il
massimo dei gradi dei suoi monomi.
Lemma 1.42. Per ogni polinomio f e per ogni scalare c esiste un unico
polinomio q tale che
f = (x − c)q + f (c) .
Definizione 1.44. Siano f, h due polinomi non nulli. Diremo che f è divi-
sibile per h, ovvero anche che h è un divisore di f , e scriveremo h|f , se esiste
un altro polinomio g tale che f = hg.
(5) f = (x − c)h
dall’unicità del quoziente e del resto di una divisione tra polinomi e dal con-
fronto tra la (4) e la (5) si deduce che h = q e f (c) = 0, ovvero c è una radice
di f . 2
Cap. 1 – Strutture algebriche 23
q = (x − c2 ) . . . (x − ct )h
e quindi
f = (x − c1 )(x − c2 ) . . . (x − ct )h .
e quindi
cioè deg(f ) ≥ t. 2
Teorema 1.51. Sia f un polinomio e sia c una sua radice. c è una radice
multipla se e solo se è radice anche del polinomio Df .
Df = (x − c)Dh + h .
Pertanto
0 = (Df )(c) = (c − c)(Dh)(c) + h(c)
ovvero h(c) = 0. c è quindi una radice di h ed esiste un polinomio q tale che
h = (x − c)q. Sicché
f = (x − c)h = (x − c)2 q
e c è una radice multipla di f . 2
Dimostrazione. Omessa. 2
Cap. 1 – Strutture algebriche 25
Definizione 1.53. Siano f, g due polinomi non nulli. Diremo che f e g sono
associati, e scriveremo f ∼ g, se esiste un polinomio invertibile (ovvero una
costante non nulla) k tale che f = kg.
e tali che
g0 = g1 f1 + g2
g1 = g2 f2 + g3
g2 = g3 f3 + g4
..
(6) .
gn−3 = gn−2 fn−2 + gn−1
gn−2 = gn−1 fn−1 + gn
gn−1 = gn fn
Definizione 1.58. Siano f, g due polinomi non nulli. Diremo che f e g sono
coprimi se mcd(f, g) = 1.
p = af + bg .
(7) gn = a′ f + b′ g .
(8) 1 = af + bg .
28 Un’introduzione all’algebra lineare
D’altra parte, se vale la (8) allora 1 = mcd(f, g). Infatti è chiaro che 1|f , 1|g.
Inoltre, se anche h|f , h|g, esistono dei polinomi h1 , h2 tali che
f = hh1 ; g = hh2
e quindi h|1. Quindi f e g sono coprimi se e solo se esiste una espressione del
tipo (8).
1 = ap + bf
e dunque
g = apg + bf g = apg + bph = p(ag + bh) .
f = k · f1 · . . . · fr .
f = α + βx (α, β ∈ F, β 6= 0) .
f = β(β −1 f ) = β(β −1 α + x)
e questa è una fattorizzazione del tipo richiesto. Supponiamo ora che deg(f ) =
n > 1 e procediamo per induzione, ovvero supponiamo che i polinomi di grado
positivo e minore di n ammettano una fattorizzazione del tipo richiesto. Se f
è irriducibile e an è il suo parametro direttore, allora
f = an (a−1
n f)
tali che
h′ = k′ · h′1 · . . . · h′s ; h′′ = k′′ · h′′1 · . . . · h′′t
e quindi
f = (k′ k′′ ) · h′1 · . . . · h′s · h′′1 · . . . · h′′t .
Proviamo ora l’unicità di una fattorizzazione del tipo richiesto. Siano k, k′ due
costanti non nulle e f1 , . . . , fr , g1 , . . . , gs dei polinomi monici irriducibili tali
che
(9) f = k · f1 · . . . · fr = k′ · g1 · . . . · gs .
30 Un’introduzione all’algebra lineare
k · f2 · . . . · fr = k′ · g2 · . . . · gs .
(10) k = k′ · gr+1 · . . . · gs
f = an · (x − z1 )b1 · . . . · (x − zt )bt
a ∈ R 7−→ a + i0 ∈ C
Esercizi.
1. Sia X un insieme non vuoto e sia End(X) l’insieme delle applicazioni di X in sé.
Definiamo una operazione interna · in End(X)
ponendo
f · g := g ◦ f .
(i) Provare che la struttura algebrica End(X); · è un monoide;
(ii) sia Y ⊆ X e sia
n o
B= f ∈ End(X) | f (y) = y ∀ y ∈ Y ⊆ End(X) ;
3. Sia X un insieme non vuoto e sia Y una sua parte non vuota. Indichiamo con
PY (X) l’insieme delle
parti di
X contenenti Y (inclusione stretta).
(i) Provare che PY (X); ∩ è una parte stabile del monoide P (X); ∩ ed è a
sua volta unmonoide;
(i) Provare che PY (X); ∪ è una parte stabile del monoide P (X); ∪ ed è a
sua volta un semigruppo (ma non un monoide).
4. Sia X un insieme non vuoto. Provare che la differenza tra sottoinsiemi è una
operazione interna non associativa in P (X).
5. Sia S 1 la circonferenza unitaria del piano euclideo, ovvero l’insieme dei punti P
del piano le cui coordinate x, y in un fissato riferimento monometrico ortogonale
soddisfino la relazione x2 + y 2 = 1. Per ogni θ ∈ R indichiamo con Pθ il punto di
coordinate cos θ, sen θ. Poiché per ogni θ si ha che cos2 θ + sen2 θ = 1, si ha che
Pθ ∈ S 1 . D’altra parte ogni punto P ≡ (x, y) di S 1 è di questo tipo. Definiamo
una operazione · in S 1 ponendo
Pθ · Pθ′ = Pθ+θ′ .
provare che IY è un ideale (non banale) di C(X) e che tale ideale è massi-
male nell’insieme I degli ideali propri di C(X) parzialmente ordinato per
inclusione se e solo se Y è un singleton.
f = x3 − x2 + x − 1 ; g = x4 − x3 − x2 − x − 2 .
f = x4 − 1 ; g = x3 − 6x2 + 11x − 6 .
f = x3 − x2 + x − 1 ; g = x3 − 6x2 + 11x − 6 .
11. Determinare due polinomi in Z[x] che ammettono le stesse radici ma non sono
associati.
13. Sia f ∈ Q[x] un polinomio monico a coefficienti interi. Provare che ogni sua
radice (razionale) è intera.
14. Sia f = a0 + a1 x + · · · + an xn ∈ Z[x]. Provare che ogni sua radice (intera) divide
a0 .
Cap. 1 – Strutture algebriche 35
15. Sia F un campo e sia I il sottoinsieme di F[x] costituito dai polinomi aventi il
termine costante nullo, ovvero del tipo
f = a1 x + · · · + an xn .
Sia inoltre I l’insieme degli ideali propri di F[x] parzialmente ordinato per in-
clusione.
(i) Provare che I è un ideale di F[x];
(ii) provare che I è massimale in I;
16. Provare che gli ideali non banali dell’anello degli interi Z sono tutti e soli quelli
del tipo I = mZ, dove m è un intero positivo.