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Lezione n.

 9 ‐ Calcolo dell’incertezza 
composta
Statistica Sperimentale e Misure 
Meccaniche

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 1


COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Si è visto come valutare i singoli contributi dei diversi fattori che
producono l’incertezza di misura, ma ciò che interessa è l’effetto
congiunto di tutti i fattori.

Per fare ciò occorre esprimere ogni misurazione come funzione di


diverse grandezze.

Si è osservato, ad esempio, che anche la semplice misura della


lunghezza di un manufatto dipende da altre variabili oltre alla
lunghezza stessa, cioè la temperatura e il coefficiente di dilatazione
termica.

L20  LT 1   20  T 

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA

Tuttavia, anche se non fosse necessario considerare l’effetto della 
temperatura, sarebbe sempre presente almeno la risoluzione r dello 
strumento di misura utilizzato, per cui il valore di lunghezza L, 
rispetto alla lunghezza misurata LT sarebbe dato da:

r
L  LT 
2

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Pertanto, anche nei casi più semplici, la grandezza Y che vogliamo
misurare è funzione di numerose grandezze Xj di cui dobbiamo tenere
conto:


Y  G X1 , ... , X j , ... , X q 
Tale relazione tra le grandezze determina una relazione analoga tra
le misure:

• variabile dipendente  y
• variabili  indipendenti  xj

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Risulta:


y  G x1 , ... , x j , ... , xq 
Nella maggior parte dei casi le funzioni coinvolte sono abbastanza
regolari da poterle rappresentare in un intorno adeguato dei valori
medi con uno sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine.
Pertanto, se le variabili indipendenti xj subiscono una piccola
variazione δxj, si può calcolare la corrispondente variazione della
variabile dipendente δy mediante la formula:

 G   G   G 
y     x1  ... +    x j  ... + 
 
  xq

 x1  x1  x j  x j  xq  x q

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
I fattori
 G 
cj   
  xj 
 x j

rappresentano le derivate parziali della funzione G rispetto alle 
variabili Xj calcolate in corrispondenza dei valori medi x j

Tali fattori vengono detti coefficienti di sensibilità poiché 
permettono di valutare quanto la variabile dipendente y sia 
sensibile alle variazioni delle rispettive variabili indipendenti xj. 

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Se la relazione


Y  G X1 , ... , X j , ... , X q 
è espressa da una formula matematica può essere fatta la
derivazione algebrica o numerica; se invece relazione è espressa da
un funzionale (ad esempio da una procedura convenzionale o un
diagramma empirico) il valore della derivata viene approssimato dal
valore del rapporto incrementale:
 G


  cj 
  
G x1 , ..., x j  x j , ..., xq  G x1 , ..., x j , ..., xq 
  xj  x j
 x j

ove l’incremento Δxj deve essere scelto abbastanza piccolo da non 


essere eccessivamente influenzato dalla non linearità locale, ma 
abbastanza grande da non avere un’eccessiva incertezza relativa.
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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Per una serie di n misurazioni replicate si ottiene:

 y1  c1   x11  ... +c j   x1 j  ... +cq   x1q



 ... ... ...

 yi  c1   xi1  ... +c j   xij  ... +cq   xiq

 ... ... ...
 yn  c1   xn1  ... +c j   xnj  ... +cq   xnq

ove il pedice i ha il significato di risultato ottenuto con l’i‐esima 
prova. Il sistema di equazioni così ottenuto rappresenta la relazione
tra la variabile dipendente Y e le variabili indipendenti Xj.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
In forma matriciale:
y1  x11 . x1 j . x1q   c1 
 .   . . . . .   . 
    
yi   xi1 . xij . xiq  c j 
 .   . . . .

.  . 
    
y n  xn1 . xnj 
. xnq  cq 
ovvero:
yi   xij c j 
Questa forma consente facilmente il calcolo della varianza di Y:
n 2

 y  yi T yi   T


xij 
 c j  c j 
i
x
s2 y  i 1

T ij

n 1 n 1 n 1
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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
Si osservi che:
 x11 .  xi1 .  xn1   x11 .  x1 j .  x1q 
 .  
T
 . . . .   . . . . . 
 xij   xij 
     1  x .  xij .  xnj     xi1 .  xij .  xiq  
  
1j
n 1 n 1 
 . . . . .   . . . . . 
 x  
 1q .  xiq .  xnq   xn1 .  xnj .  xnq 

 n n n 
 
 i 1
 xi21 . 
i 1
 xi1 xij . 
i 1
 xi1 xiq 

 
 . . . . . 
1  
n n n
 
  xi1 xij
n  1  i 1
.  x
i 1
2
ij . 
i 1
 xij  xiq   s 2  x  

 
 . . . . . 
 n n n 

 x x
i1 iq .  x  x ij iq .   xiq 
2

 i 1 i 1 i 1 
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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
La matrice:
s 2  x  
 

che ha sulla diagonale principale le varianze delle variabili 
indipendenti e fuori dalla diagonale principale le sommatorie dei 
prodotti misti divise per i gradi di libertà (covarianze), si chiama 
matrice varianza‐covarianza. 
Quindi, noto il comportamento delle variabili indipendenti, è possibile 
calcolare la varianza della variabile dipendente:

 
s 2  y   c j  s 2  x c j 
T

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
La matrice varianza‐covarianza può essere calcolata seguendo lo
schema proposto, ovvero:
• fare una serie di misurazioni delle variabili indipendenti;
• calcolare gli scarti δxij dalle medie, cioè la matrice [δxij];
• calcolare la matrice [s2(x)].
Tuttavia nella pratica si procede ad un’ulteriore semplificazione.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
In generale, e specialmente quando si considerano i termini
fortemente aleatori legati alle grandezze d’influenza, si può
presumere una completa indipendenza delle variabili corrispondenti,
per cui, se non vi è una indicazione specifica di dipendenza tra due o
più variabili indipendenti, le covarianze sono ritenute nulle.
In tal caso, svolgendo i calcoli, si ottiene la formula di uso generale:

2
 G  2
 s x j    c 2j s 2 x j 
q q
s y  
2
 
j 1  x j  j 1

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza delle differenze
Talvolta accade di dover determinare la grandezza Y come differenza
tra due grandezze X1 ed X2:

Y  G  X1 , X 2   X 2  X1

La varianza di Y è data da:
2
 G  2
 s x j    12 s 2  x1   12 s 2 x 2   s 2  x1   s 2  x 2 
q
s y  
2
 
j 1  x j 

Ne consegue che la varianza di Y è maggiore delle varianze delle 


grandezze X1 e X2, quindi anche la sua incertezza è più grande. 

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza delle differenze
La caratteristica sfavorevole di questa condizione è ancora più
evidente per l’incertezza relativa, ottenuta come rapporto tra
l’incertezza ed il valore misurato, che aumenta notevolmente tanto
più le grandezze sono prossime tra di loro.

Tuttavia, l’incertezza della differenza si determina senza particolari


problemi quando la grandezza al minuendo è una piccola correzione
da apportare al valore principale. Si osservi che l’incertezza sulla
correzione non sempre è trascurabile, ma talvolta può essere un
contributo significativo.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza delle differenze

Occorre inoltre porre attenzione quando lo stesso tipo di correzione


viene applicata due volte con segno opposto.

È possibile elidere i due fattori di correzione per il calcolo della


grandezza risultante, ma non per il calcolo dell’incertezza
corrispondente a tale grandezza; in tal caso, gli effetti delle due
correzioni si sommano.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Si supponga di voler determinare la resistenza a trazione di un
materiale. Prendiamo una serie di provini, li sottoponiamo a trazione
e troviamo una serie di risultati dispersi.

Il valore di resistenza a trazione da assegnare al materiale sarà il


valore medio di tali dati, ad esso devo associare l’incertezza del valore
medio.

Quindi, determinata la varianza degli n dati sperimentali, per avere la


varianza del valore medio la dividerò per n, come indicato dal
teorema del limite centrale.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Tuttavia, se intendo usare il valore di resistenza a trazione per
progettare una struttura, la varianza del suo valore medio non va
bene per indicare quale sia il rischio di rottura. Infatti la struttura non
si romperà per un valore medio della resistenza a trazione, ma per il
suo valore specifico di quel pezzo di struttura.

Questo esempio sottolinea come si debba sempre porre attenzione al


tipo di informazione che si dà e che si riceve (sia essa relativa al valore
medio o ai dati singoli).

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Si ottiene la stessa relazione trovata con il teorema del limite centrale.
Tuttavia, in questo caso, la relazione non dice nulla sul tipo di
distribuzione del valore medio e si applica solo se tutti i dati sono
estratti da una singola distribuzione con varianza s2. Si ha:

Y  G X 1 , ... , X j , ... , X q   m   x j
1 q
q j 1
quindi:
2
 G  2
2
 s x j     1  s 2 x j 
q q
s m    
2
 
 
j 1  x j  j 1  q 

e,  poiché i dati sono estratti tutti dalla stessa distribuzione con 
varianza s2, si ha:
s 2 x 
2 2
q
1 2 1 2
s m      s  x   q  s x  
2

j 1  q  q q
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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Questa formula riveste notevole importanza poiché le informazioni
sulle condizioni di variabilità possono talvolta riguardare i valori
medi, ed in tal caso sono collegate alla varianza s2(m); spesso, invece,
riguardano i valori singoli, ed in tal caso sono collegate alla varianza
s2(x).

È evidente, non foss’altro per la grande differenza di valore tra s2(m) e


s2(x), che se venisse utilizzata una varianza invece dell’altra si
compirebbe un grave errore.

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Quando vengono ricevute informazioni riguardanti un valor medio si
usa la formula
s 2  x   qs 2  m 

per trasformare la varianza s2(m) nella varianza s2(x) corrispondente. 

Quando, invece, vengono ricevute informazioni riguardanti i dati


singoli si usa la formula

s2  x 
s2  m 
q
per trasformare la varianza s2(x) nella varianza s2(m) corrispondente. 

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COMPOSIZIONE DEI CONTRIBUTI D’INCERTEZZA
L’incertezza del valore medio
Per ogni fattore occorre considerare:
• molteplicità in ingresso nd, cioè il numero di dati alla cui media si
riferisce l’informazione di variabilità ricevuta:

s 2  x   nd  s 2  m 

• molteplicità in uscita nr, cioè il numero di risultati di cui viene fatta


la media per dare il risultato finale:

s2  x 
s2  m 
nr

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Passiamo dalla trattazione teorica sulla propagazione della varianza
all’applicazione concreta al calcolo dell’incertezza composta.

Nel caso della valutazione dell’incertezza le varianze sono ottenute


non solo da contributi di categoria A, calcolati con metodi statistici
per i quali sarebbe giustificato l’uso del simbolo s (stima dello scarto
tipo σ), ma anche da contributi di categoria B, basati su metodi non
statistici.

Per sottolineare questa situazione, la Guida all’espressione


dell’incertezza di misura (GUM) utilizza il concetto di incertezza tipo,
corrispondente allo scarto tipo per i contributi di categoria A ed allo
scarto tipo equivalente per quelli di categoria B, ed il simbolo u
(iniziale di "uncertainty").

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
L’equazione di propagazione della varianza viene, quindi, scritta nella 
forma:
2
 G  2
 u x j    c j u x j    u 2j  y 
q q q
u y  
2 2 2
 
j 1  x j  j 1 j 1

che evidenzia la simbologia cj per i coefficienti di sensibilità e uj2(y)


per i contributi dei singoli fattori d’incertezza alla varianza di y. 

Il calcolo di tale formula conviene sia organizzato in modo da 
evidenziare i contributi uj2(y) , poiché ci consentiranno di avere una 
visione globale del bilancio delle incertezze, di comprendere il peso 
dei diversi contributi e di decidere come migliorare il processo di 
misura.
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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Bilancio dei contributi di incertezza senza covarianze e gradi di libertà
(forma compatta).

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
• Colonne xj: simboli, valori e note riguardanti le variabili
indipendenti Xj.
• Colonna sj: incertezze tipo dei contributi di categoria A.
• Colonna aj: semiampiezze dei campi di variabilità, informazione
necessaria per calcolare la varianza equivalente per i contributi di
categoria B.
• Colonna uj2(y): varianze delle variabili indipendenti Xj. Occorre
tener conto dell’eventuale condizione di media, quindi di
molteplicità in ingresso o in uscita, contenuta rispettivamente
nell’informazione utilizzata per il contributi d’incertezza in esame,
oppure prescritta per il risultato di misura di cui si valuta
l’incertezza.

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Può essere utile considerare una forma estesa della tabella
dell’incertezza che evidenzia:
• Cat. A: calcoli per passare da un’eventuale informazione di
incertezza estesa Uj a quella di scarto tipo sj.
• Cat. B: semicampo di variabilità aj e corrispondente valore del
divisore kaj usato per il calcolo della varianza equivalente. Tale
divisore può valere 3 (distribuzione uniforme), 2 (distribuzione ad
U) o 6 (distribuzione triangolare).
• Parametri assegnati: gradi di libertà νj e valori di molteplicità in
ingresso nd e molteplicità in uscita nr applicabili ad ogni fattore.

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Bilancio dei contributi di incertezza senza covarianze (forma estesa).

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
È possibile implementare tale tabella in un foglio di calcolo per
valutare automaticamente l’incertezza tipo della variabile
dipendente u(y) quando siano inseriti gli opportuni valori dei
contributi di categoria A e B, i parametri assegnati ed i valori dei
coefficienti di sensibilità cj.

Tuttavia, la preparazione della tabella prevede che si rispettino


alcune regole.

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Regola 1
È opportuno evitare, per il modello matematico adottato, l’uso di 
multipli o sottomultipli delle unità di misura. In tal modo, la tabella 
risulta omogenea e non è necessario riportare ovunque le unità di 
misura. 

Quindi, anche i coefficienti di sensibilità assumeranno 
automaticamente le corrette unità di misura.

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Regola 2
Bisogna fare attenzione a non confondere i contributi di incertezza dati
in forma assoluta con quelli dati in forma relativa.

I contributi d’incertezza in forma assoluta sono facilmente


riconoscibili quando sono espressi con le loro unità di misura, invece
richiedono una specifica attenzione, ad esempio, quando riguardano
termini adimensionali oppure sono espressi in percentuale del fondo
scala.

I contributi d’incertezza in forma relativa sono facilmente riconoscibili


quando espressi in forma percentuale.

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Regola 3
L’alternativa se un contributo appartenga alla categoria A oppure
alla categoria B è, in molti casi, facilmente risolubile.

Basta valutare se l’informazione utilizzata è un dato statistico


(categoria A), come uno scarto tipo calcolato da una serie di dati
sperimentali, incertezza tipo o varianza presa da una tabella
precedente, incertezza estesa data da un certificato di taratura.

In tutti gli altri casi l’informazione di partenza non è di tipo statistico


(categoria B) e si presenta nella forma di campo di variabilità
(risoluzione di lettura, dichiarazioni di rispetto delle tolleranze o di
conformità a norma, informazioni sulla variabilità dei risultati
ottenute dagli operatori, ecc.).

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LA TABELLA DEL BILANCIO D’INCERTEZZA
Regola 4
Bisogna porre attenzione alle caratteristiche di valore medio che
possono essere contenute nelle informazioni utilizzate per valutare i
contributi d’incertezza delle variabili indipendenti oppure richieste
per la variabile dipendente su cui si opera.

È possibile tener conto di tali molteplicità quando viene calcolata la


colonna u2(xj).

Si osservi che non tutti i fattori risentono favorevolmente del fatto che
il risultato venga dato come media su nr misurazioni, ma solo quelli
che possono essere esplorati nella variabilità dichiarata dalla
molteplicità di misurazioni.

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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Si consideri l’applicazione della tabella dell’incertezza alla procedura di
misura della lunghezza di un manufatto con effetto di temperatura
significativo sia per il manufatto (α), sia per lo strumento (β)
Il modello fisico:

L20  LT 1     20  T 
deve essere modificato nel modello metrologico corrispondente:

 r
L20   LT  A  Ripr  1     20  T 
 2
Per ogni dato misurato (in questo caso solo LT) bisogna, di solito, 
tenere conto dei contributi di incertezza sulla misura dati dalgli errori 
sistematici A dello strumento usato, dalla riproducibilità Ripr legata 
alle condizioni di prova e dalla risoluzione di lettura r. 
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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Modello metrologico

 r
L20   LT  A  Ripr  1     20  T 
 2

Y  G X1 , ... , X j , ... , X q 
• L20 è la variabile dipendente y;
• LT è presa come variabile indipendente x1 per la parte riguardante 
l’accuratezza, x2 per la riproducibilità e x3 per la risoluzione;
• α è la variabile indipendente x4;
• β è la variabile indipendente x5;
• T è la variabile indipendente x6. 

Per α, β e T non sono considerati i contributi di accuratezza, 


riproducibilità e risoluzione, poiché α e β sono ottenuti da un 
manuale e T da una valutazione soggettiva della condizione termica.
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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Si voglia valutare l’incertezza connessa con una procedura di collaudo
che richiede di fare 5 volte la misurazione e di prendere come risultato
la media dei valori ottenuti.

Si disponga, come errore sistematico dello strumento, di


un’informazione tratta da prove di tarature precedenti che, valutando
le medie ottenute da gruppi di 4 misurazioni, avevano portato al
risultato di un’incertezza estesa di 3,7 µm valutata in ambito Qualità
(rischio d’errore 0,3%).

Siano, inoltre, state fatte preliminarmente 10 replicazioni di prova


nelle condizioni di lavoro, da cui è stata calcolata la riproducibilità
come scarto tipo s2 = 3 µm. Inoltre la risoluzione è r = 2 µm.

Lo strumento ha un coefficiente di sensibilità β = 11,5∙10‐6 °C‐1 alle


variazioni di temperatura).
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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Sia, poi, noto da manuale il coefficiente di temperatura del materiale
dell’oggetto misurato α = 25∙10‐6 °C‐1, mentre per la temperatura si ha una
valutazione del tutto grossolana della naturale variazione diurna – notturna
che, sulla base dell’esperienza di alcuni giorni, si considera confinata
nell’intervallo (25± 8)°C.

Per completare i dati da inserire in tabella:


• semicampo di variabilità legato alla risoluzione: metà della risoluzione
stessa, a3 = 1 µm;
• semicampo di variabilità legato al coefficiente di dilatazione termica: due
unità della cifra meno significativa (regola convenzionale), a4 = 2∙10‐6 °C‐1;
• semicampo di variabilità legato alla temperatura: semiampiezza del
campo di variabilità, a5 = 8 °C.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 37


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
La colonna dei divisori kaj è utile per il passaggio dal semicampo di
variabilità alla varianza equivalente nei contributi di categoria B.

La tabella dell’incertezza permette inoltre di gestire le molteplicità:


• ndj è il numero di dati mediati da cui è tratta l’informazione
utilizzata per il contributo di incertezza della variabile indipendente
corrispondente;
• nrj è il numero di dati mediati per calcolare la variabile
dipendente, effettivamente significativi per il contributo
d’incertezza considerato.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 38


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Si noti l’utilità della tabella del bilancio delle incertezze per la
pianificazione delle operazioni di misurazione. Infatti, la determinazione
dello scarto tipo sulla grandezza misurata y consente di valutare la sua
incertezza estesa, come richiesto dalle norme sulla qualità.

Inoltre, i contributi della varianza di y dovuti alle diverse variabili xj:

 
u 2j  y   c j 2 u 2 x j

permettono di valutare le ipotesi di miglioramento del processo di


misura, che devono essere viste in due diverse prospettive:
l’eventualità della necessità di una diminuzione dell’incertezza di
misura oppure la convenienza nella diminuzione dei costi.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 39


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Eventuali evoluzioni della procedura di misura:
1. Esaminare le modifiche che possono diminuire i contributi 
maggiori alla varianza totale (e quindi all’incertezza tipo). Si tenga 
conto del fatto che l’obiettivo da raggiungere non è la minore 
incertezza possibile, bensì la maggiore incertezza accettabile.
2. Esaminare le modifiche che possono diminuire i costi. L’uso di uno 
strumento di classe di precisione più alta di quanto necessario 
può portare a sensibili aumenti dei costi. Si esaminano, quindi, i 
contributi uj2(y) di entità minore, il cui aumento non porta un 
incremento sensibile dell’incertezza, e si valuta se sono state 
inutilmente spese risorse per tenerli così bassi. In caso affermativo 
si riducono i costi accettando un aumento di tali contributi.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 40


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Queste due possibili evoluzioni, non sempre antitetiche (è possibile
lavorare sui contributi più elevati per diminuire l’incertezza e,
contemporaneamente, su quelli più bassi per diminuire i costi) si
devono sempre valutare per rendere la procedura di misura più
efficiente.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 41


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Nella procedura di misura di lunghezza di un manufatto, l’effetto della
temperatura produce il contributo predominante, mentre l’effetto
della risoluzione è del tutto trascurabile. Si può desumere che:
1. per diminuirne l’incertezza, bisogna soprattutto ridurre il
contributo legato alle variazioni di temperatura (associando una
misura della temperatura alla misura di lunghezza con l’uso di un
semplice termometro o, se necessario, facendo la misura in
ambiente termostatato);
2. se si intende rendere più economica la procedura di misura si può
utilizzare uno strumento con risoluzione più grossolana e con
incertezza maggiore. Si noti, inoltre, che i fattori influenzati dalla
molteplicità delle prove (nrj=5) hanno un’entità trascurabile,
quindi un risparmio può essere ottenuto riducendo il numero di
prove.
G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 42
UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
È facile fare queste valutazioni una volta impostata la tabella di
calcolo. Vediamo, ad esempio, se:
• basta adottare un normale termometro con cui misurare
periodicamente la temperatura ambiente, in modo che, rispetto
all’indicazione rilevata, stia sempre nell’intervallo di ± 1°C;
• è opportuno misurare la temperatura del pezzo contestualmente
alla misura di lunghezza, in modo da conoscerla entro un campo di
variabilità di ± 0,5°C;
• è necessario lavorare in ambiente climatizzato entro ± 0,2°C.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 43


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Ipotesi 1
Vista l’inutilità, la molteplicità delle prove è stata annullata.

Anche ponendosi in una condizione sfavorevole (temperatura 27°C) e


prendendo in considerazione uno strumento di classe inferiore, con
accuratezza, riproducibilità e risoluzione di 0,01 mm, l’incertezza tipo
totale è scesa da 0,11 mm della situazione iniziale a 0,02 mm.

Il contributo dovuto al coefficiente di dilatazione termica è del tutto


trascurabile, quindi si vede che l’uso convenzionale, di prendere due
unità della cifra meno significativa, è adeguato allo scopo.

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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Ipotesi 2
Nella tabella dell’ipotesi 1, i contributi d’incertezza maggiori sono
dovuti ancora alla temperatura (1,3∙10‐4 mm2), all’accuratezza
(1,3∙10‐4 mm2) ed alla riproducibilità (1,0∙10‐4 mm2), per cui
mantenendo lo stesso strumento centesimale e migliorando il
controllo di temperatura e le condizioni d’uso con la replicazione di 2
prove può ancora migliorare la situazione.

Infatti, in seguito a tali operazioni, l’incertezza tipo scende a 0,016


mm.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 45


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Ipotesi 3
Nella tabella dell’ipotesi 2, il contributo maggiore è dovuto allo
strumento, per cui incomincia ad essere vantaggioso l’uso dello
strumento migliore che porterebbe l’incertezza tipo a 0,010 mm in
una buona armonizzazione dei contributi d’incertezza.

Solo ora il contributo dovuto al coefficiente di dilatazione termica


inizia ad essere significativo.

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UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
In conclusione, l’uso di uno strumento di classe superiore con
condizioni ambientali povere non porta nessun vantaggio. È meglio
usare uno strumento centesimale e migliorare la gestione della
temperatura con un banalissimo termometro ed una procedura di
rilievo periodico della temperatura.

L’uso delle tabelle di bilancio delle incertezze consentono di valutare


le diverse possibili condizioni, per scegliere quella più adatta,
tendendo ad ottenere il livello d’incertezza accettabile con il costo
minore possibile.

In ogni condizione impostata si può individuare facilmente quali sono i


contributi critici a cui dedicare, se necessario, le risorse disponibili.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 47


UNA SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA PIANIFICAZIONE 
DI UNA MISURA DIMENSIONALE
Si noti che le conclusioni ottenute sono specifiche della situazione
presa in considerazione, cioè strumento e materiale con coefficiente di
dilatazione termica data.

Ad esempio, per gli usuali strumenti con scala in acciaio per la misura
di pezzi in acciaio, quindi con un differenziale di deformazione di poche
parti per milione, si trova che è giustificato l’uso normale che non
prevede alcun controllo di temperatura.

G. Barbato ‐ A. Germak ‐ G. Genta 48

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