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comporto in modo decisamente diverso. La differenza non data dal costo del
materiale (lavorare in 67 su una Mamiya non n pi n meno costoso che farlo
con un dorso Linhof), ma dalla filosofia d'uso del grande formato, le cui intrinseche
caratteristiche e le cui possibilit creative non sono compatibili con il "point and
shoot". Intendiamoci, non un problema di limiti strutturali o funzionali della
macchina (Weegee e molti reporter americani ci facevano la cronaca con il grande
formato!), ma - ripeto - di "filosofia". Quando porto con me la folding in alta
montagna, so benissimo che scatter due, forse tre fotografie, laddove con la reflex
(di piccolo o medio formato non fa differenza) ne avrei scattate una cinquantina.
Ritengo pertanto che l'unica propedeutica al grande formato sia... il grande formato.
Il salto troppo netto, il cambio di mentalit richiesto troppo drastico per poterci
arrivare gradualmente, attraverso altri sistemi. Non come passare dalla
Cinquecento alla Maserati: come immergersi con maschera e pinne dopo aver
pensato che il mare fosse solo del bagnato per terra.
Negli Stati Uniti il reportage stato per decenni sinonimo di
grande formato. Le folding 45 pollici (1012 cm),
praticamente sconosciute al fotoamatore (ma anche al
fotogiornalista) europeo, sono state il cavallo di battaglia di
reporter come Wegee (Arthur Fellig), che con la sua Speed
Graphic ha immortalato la vita di due generazioni
nell'America tra le due guerre. Per quanto invece riguarda la
fotografia della natura, come non citare - un esempio fra
tutti - il grande Ansel Adams e i suoi paesaggi sospesi tra la
perfezione formale e l'evocazione? Anche oggi non sono
pochi i fotonaturalisti americani che preferiscono utilizzare il
grande formato, soprattutto per il paesaggio. Conosco
personalmente professionisti che non rinuncerebbero alla
loro Wisner Expedition (un apparecchio le cui dimensioni farebbero rabbrividire un
europeo) nemmeno per la pi sofisticata delle reflex ultima generazione. Non un caso
che su Internet esista un'enorme variet di siti (tutti - o quasi - americani) destinati proprio
alla fotografia in grande formato, con tanto di gruppi di discussione, FAQ e mailing list.
Usare una fotocamera di grande formato consente la creazione di un'immagine
considerata nella sua accezione di opera d'arte. La complessit delle operazioni necessarie
per fotografare costringe a concentrarsi sulla qualit di immagine e sulla composizione, pi
che non sulle suggestioni extrafotografiche le quali, spesso, ci invogliano a catturare un
momento magari emotivamente connotato, ma di per s incapace di venire tradotto dalla
pura e astratta bidimensionalit della fotografia. L'immagine che si forma sul vetro
smerigliato appare capovolta e con i lati invertiti, accentuando le forme, le linee, i valori
tonali e i colori in una limpida astrattezza capace di rendere chiari e immediatamente
percepibili i puri parametri fotografici, senza le distrazioni derivanti dalla visione diretta del
soggetto. L'ampia area di visione (1012 centimetri o superiore) invita l'occhio a esplorare
l'intera composizione, notando ogni minimo particolare, ogni scarto nei valori tonali. Il
mondo che sta al di fuori della composizione (quel mondo che non compare
nell'inquadratura ma che spesso spinge il dilettante a scattare una fotografia che si
Gli obiettivi presentano una luminosit molto ridotta rispetto ai loro equivalenti di
piccolo e medio formato: f/5.6 gi considerata un'apertura relativa massima pi
che buona, f/8 ancora abbastanza comune. Questo pone problemi non indifferenti
quando si debbano effettuare la messa a fuoco e la composizione dell'immagine
attraverso il vetro smerigliato, soprattutto all'aperto e in presenza di forte
luminosit ambientale. Ecco il motivo della tenda nera e dei vari cappucci paraluce
applicati al dorso dell'apparecchio;
La fotografia di animali selvatici nel loro ambiente naturale diventa quasi
impossibile, non solo a causa della limitata profondit di campo, ma anche perch
non possibile montare su questi apparecchi obiettivi di focale molto elevata. Si
pensi che un obiettivo da 480 mm (che nel piccolo formato sarebbe gi un tele
spinto), nel grande formato considerato poco pi che un teleobiettivo moderato;
Anche la ripresa di fiori e insetti problematica: un rapporto di riproduzione di 1:1
significa un campo inquadrato di 1012 centimetri, troppo grande per far s che una
farfalla riempia convenientemente il fotogramma;
Lunghi tempi di preparazione. Le pellicole piane devono essere inserite ad una ad
una negli chssis e l'operazione va eseguita in camera oscura, il che richiede molto
pi tempo che non infilare un caricatore dentro la macchina fotografica in piena luce
solare. E' vero che esistono in commercio sistemi pi pratici, soprattutto per chi
lavora all'aperto (tipo Kodak ReadyLoad o Fuji QuickLoad), ma richiedono l'acquisto
di un particolare dorso caricatore (praticamente uno chssis alquanto sofisticato) e
sono mediamente piuttosto costosi. Ne parleremo approfonditamente pi avanti;
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mediante adattatori - gli chssis di formato inferiore. I dorsi 45" accettano anche i
caricatori per pellicola in rullo (roll film holders) che consentono di ottenere
fotogrammi di 67, 69 o 612 centimetri su pellicola 120. Il passaggio dalle
inquadrature orizzontali a quelle verticali e viceversa avviene, a seconda dei
modelli, in due modi: a) il dorso viene sganciato manualmente, ruotato di 90 e
riposizionato; b) il dorso ruota di 360 senza bisogno di staccarlo dalla standarta. La
presenza del meccanismo per la rotazione del dorso (revolving back) implica un
peso e un costo maggiori.
Meccanismo per lo sblocco della standarta anteriore. Consente (nel modello
raffigurato) il basculaggio in avanti e all'indietro lungo l'asse orizzontale (tilt), il
basculaggio verso destra e verso sinistra lungo l'asse verticale (swing), il
decentramento verso l'alto (rise) e verso il basso (fall), nonch il decentramento
laterale (shift). Il basculaggio lungo l'asse orizzontale pu avvenire in due modi: a)
mediante rotazione della standarta anteriore intorno al suo asse centrale (center
tilt); b) mediante inclinazione della standarta in avanti e all'indietro, ottenuta
facendo perno sul blocco di scorrimento lungo il banco ottico (base tilt).
Manopole di controllo ergonomiche. Permettono di sbloccare la standarta per
l'esecuzione dei movimenti. In questo modello una sola coppia di manopole
controlla tutti i movimenti di ogni singola standarta. Nella maggior parte dei
modelli, invece, i diversi movimenti richiedono comandi separati.
Rotaia di banco (monorail) con guida di scorrimento. Alla rotaia si possono applicare
prolunghe di banco che si acquistano a parte per consentire estensioni del soffietto
maggiori di quella standard (close-up, uso di focali lunghe).
Soffietto standard intercambiabile (square bellows). Pu essere sostituito con un
soffietto floscio (bag bellows) per l'uso di ottiche grandangolari. In quasi tutti i
modelli pu essere unito a prolunghe per consentire il close-up o l'uso di lunghe
focali.
Blocco in ghisa per il fissaggio al treppiede con fori filettati da 1/4 e 3/8 di pollice.
Blocchi di scorrimento delle standarte lungo la rotaia di banco. Lo scorrimento pu
essere manuale oppure regolato da manopole (geared), per consentire la
regolazione micrometrica.
Livella a bolla (spirit level) sulla standarta posteriore.
Piastra portaottica (lensboard). Ogni piastra forata secondo le dimensioni
dell'otturatore che dovr esservi applicato. Ci sono tre diametri standard: Copal#0,
Copal#1 e Copal#3. Il gruppo anteriore dell'obiettivo, montato sul suo otturatore,
viene applicato alla piastra e fermato posteriormente con un anello di tenuta: il
gruppo posteriore viene poi avvitato sul retro, in modo da restare (a piastra
montata) all'interno del soffietto. E' conveniente mantenere ogni obiettivo gi
avvitato alla sua piastra: la sostituzione della piastra un'operazione rapida e
agevole su tutti i modelli, mentre l'applicazione dell'obiettivo alla piastra richiede
tempo, attenzione e strumenti particolari.
ridotto facendo ricorso ai sistemi a caricamento rapido (Fuji Quickload o Kodak Readyload),
che implicano un solo dorso caricatore per pellicole piane confezionate in buste di leggero
e sottile cartoncino.
La Zone VI, folding 45" in legno (a sinistra) e la Toyo 45AII in metallo (a destra).
Le folding costruite in metallo sono in genere piuttosto pesanti, ma per l'uso sul campo si
rivelano pi robuste di quelle in legno. Queste ultime sono pi leggere da trasportare e pi
belle a vedersi, grazie alla loro estetica un poco "retr", ma sono pi delicate e inadatte ad
un uso, diciamo cos, "sportivo". Se non si presta la necessaria attenzione e le si inserisce
nello zaino insieme a molti altri oggetti, inevitabilmente finiranno per rigarsi. Perci, se si
usano folding in legno, sarebbe bene trasportarle in apposite borse o zaini dedicati, oppure
(se le si mette insieme ad altri oggetti), avvolgerle in sacchetti di stoffa con chiusura a
laccio. In caso di urto o caduta a terra, le macchine in legno corrono qualche rischio in pi
rispetto alle loro consorelle in metallo: guasti, rotture o starature dei movimenti si
verificano con maggiore frequenza. La maggiore leggerezza delle folding in legno le rende
infine meno stabili quando il vento soffia. In questo caso gli apparecchi metallici, pi rigidi,
risultano meno sensibili alle vibrazioni di quelli in legno. Nonostante tutto questo, io
preferisco usare anche sul campo (e in alta montagna) le folding in legno, proprio a causa
della loro maggiore versatilit, unita ad un'incomparabile leggerezza. La mia ShenHao
pesa soltanto due chili e due etti, escluso l'obiettivo, sufficientemente rigida e robusta da
sopportare gli strapazzi a cui normalmente la sottopongo, realizzata in legno di tek, un
materiale compatto a prova di umidit (non a caso utilizzato per realizzare il fasciame delle
imbarcazioni di lusso). Tutto questo ne fa la compagna ideale per la fotografia in
montagna.
Il ritratto in grande formato richiede grande affiatamento tra fotografo e modella: dati i
lunghi tempi di preparazione dello scatto, quest'ultima rischia di stancarsi e finisce per
assumere atteggiamenti fissi e innaturali. Per fare questa foto ho lasciato che la modella si
rilassasse durante l'inquadratura e la messa a fuoco, dicendole poi di assumere la posa
voluta solo al momento dello scatto. La fotografia illustra il mito di Pandora, nel momento
in cui l'incauta fanciulla solleva il coperchio del vaso che contiene i mali del mondo.
L'unica fonte di luce rappresentata dal flash posizionato dentro il contenitore, simbolo
dell'energia maligna che ne scaturisce.
Fotocamera Sinar F.
Obiettivo Schneider Apo-Symmar 180 mm f/5,6.
Alcuni modelli sono caratterizzati dalla presenza di un mirino a telemetro pi o meno
sofisticato, fornito in dotazione (come nella Linhof Master Technika 45 o nei modelli Graflex
ancora in circolazione) o opzionale (Linhof Master Technika 2000). In teoria il mirino
dovrebbe servire ad effettuare la messa a fuoco indipendentemente dal vetro smerigliato,
grazie a un sistema di camme collegate all'allungamento del soffietto, e quindi facilitare
l'uso della camera a mano libera. In realt chi lavora all'aperto non utilizzer praticamente
mai questa funzione, soprattutto perch l'uso a mano libera di macchine di questo genere
implicherebbe tempi di otturazione molto rapidi allo scopo di evitare il mosso e di
conseguenza diaframmi troppo aperti per consentire una nitidezza accettabile. Inutile
ricordare quanto un'apertura superiore a f/11 risulti critica per la maggior parte degli
obiettivi destinati al grande formato. Senza contare il drastico decremento della profondit
di campo quando si usano diaframmi aperti, soprattutto a causa dell'elevata lunghezza
focale delle ottiche. Insomma, se con il piccolo formato si pu fotografare a mano libera
con un obiettivo normale da 50 mm chiuso a f/5.6 e un tempo di otturazione di 1/125 di
secondo mantenendo una profondit di campo accettabile, con il grande formato questo
risulterebbe del tutto impossibile: il diaframma sarebbe troppo aperto per garantire la
sufficiente nitidezza, il tempo sarebbe troppo lento per evitare il mosso e la profondit di
campo si rivelerebbe gravemente insufficiente, dato che l'obiettivo normale ha una focale
35
mm
18
21
22
25
28
32
37
43
45
52
60
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73
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105
135
Quello
66
67
69
cm
cm
cm
33
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39
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58
54
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67
75
90
75
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100
80
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95
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120
110
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120
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150
135
150
170
150
165
180
190
210
240
240
270
300
che distingue fra loro le
612
45 57
cm
"
"
53
65
90
60
75
105
65
80
110
75
90
125
85
105 150
90
120 160
105
135 180
120
150 210
135
165 240
150
180 260
180
210 300
195
240 330
210
260 350
240
300 400
300
370 500
380
470 640
ottiche per il grande
810"
130
150
160
180
210
240
270
300
330
360
420
480
520
600
740
940
formato, a parit di lunghezza focale,
il diametro del cerchio di copertura. Un obiettivo da 150 mm (normale per il formato 45")
pu avere un cerchio di copertura di poco superiore alla diagonale del fotogramma, oppure
molto pi ampio. Nel primo caso esso coprir il formato 45" consentendo movimenti
limitati; nel secondo potr coprire anche i formati superiori: ovviamente consentir una
gamma di movimenti tanto pi ampio quanto minore sar il formato con cui lo si utilizza.
Tra poco approfondiremo meglio questo importante concetto.
Oltre l'obiettivo
Lavorare sul campo con una lunga focale - gi ne abbiamo parlato - piuttosto
problematico, non solo per la non eccessiva estensione del soffietto che caratterizza la
maggior parte delle folding, ma anche per problemi di stabilit: le ottiche a schema
tradizionale risultano troppo grosse e pesanti; quelle a schema teleobiettivo hanno un
cerchio di copertura limitato. Per ovviare a questo inconveniente, la Horseman produce un
duplicatore di focale (l'unico nel grande formato), che applicato all'obiettivo normale da
150 mm lo "trasforma" in un 300 mm, con l'unico svantaggio costituito dalla perdita di due
diaframmi (cosa che avviene con tutti i duplicatori). Restano invariate le possibilit di
movimento dell'ottica. Il 2 Teleconverter della Horseman viene importato in Italia su
ordinazione (il distributore Asphot), ma lo si trova anche su Internet a meno di 500
dollari, comprese le spese di spedizione. L'unico svantaggio consiste nel fatto che pu
essere applicato solo agli obiettivi dotati di otturatore Copal 0.
quadrilatero potr muoversi con una certa libert all'interno del cerchio di copertura.
Perch questo? Proprio per consentire all'obiettivo e alla pellicola di spostarsi rispetto
all'asse centrale continuando comunque a formare un'immagine nitida.
Vediamo adesso a che cosa servono questi spostamenti.
Decentramento diretto. Consiste nello scorrimento (in orizzontale o in verticale) della
piastra portaottica o del dorso. Serve ad effettuare il controllo della prospettiva evitando di
fotografare il soggetto secondo un'angolazione tale da provocare l'apparente convergenza
delle linee parallele. L'esempio classico costituito dalla fotografia di edifici. Come
includere nella fotografia il tetto dell'edificio quando si fotografa dal piano stradale?
Inclinando la macchina verso l'alto si otterrebbe la convergenza delle linee verticali:
Il decentramento (della piastra portaottica o del dorso) pu essere verticale verso l'alto
(rise), verticale verso il basso (fall), orizzontale (shift). Quest'ultimo ha la stessa funzione
del decentramento verticale quando sia necessario spostare il punto di ripresa rispetto
all'asse centrale (ad esempio, fotografare uno specchio senza che l'immagine del fotografo
e della macchina ne vengano riflesse). I movimenti di decentramento di una standarta
possono essere ampliati decentrando l'altra standarta in senso contrario (ad esempio
decentrando la piastra portaottica verso il basso e il dorso verso l'alto). Ovviamente
Come si vede il corpo anteriore decentrato verso l'alto e nello stesso tempo basculato in
avanti: le linee rosse che rappresentano, rispettivamente, il piano del soggetto, il piano
dell'ottica e il piano focale vanno a convergere in un unico punto.
Ma vediamo un altro esempio.
Vogliamo fotografare (mantenendolo completamente a fuoco) uno steccato
che corre in diagonale verso l'orizzonte, partendo dalla nostra sinistra e
allontanandosi verso destra. Soluzione: basculaggio della piastra
portaottica verso sinistra. Sul vetro smerigliato si vedr chiaramente
quando la condizione posta dalla regola di Scheimpflug sar stata
raggiunta, e cio quando tutto lo steccato ci apparir a fuoco.
Zucche e noci fotografate in luce lampo con la tecnica dell'open flash: ambiente oscurato,
otturatore aperto, un flash fatto scattare manualmente tutt'intorno al soggetto, che in
questo modo viene illuminato da "pennellate" di luce successive. Soltanto l'esperienza
suggerisce la quantit, la direzione della luce e la distanza tra flash e soggetto utile a
garantire un'illuminazione uniforme e senza squilibri evidenti.
Rapporto di riproduzione di 1:2, con una caduta di luce pari a un diaframma.
Il diaframma impostato era f/45, ma la luce che giungeva alla pellicola era quella
corrispondente a f/64.
Camera: Wista Dx con dorso 45"/1012cm.
Obiettivo: Rodenstock Sinorar N 150mm f/5,6.
Pellicola: Fuji Velvia 50
Si possono usare due sistemi per determinare il fattore di posa.
Il primo strettamente matematico, il secondo pi empirico (ma funziona perch
fondato sulle leggi dell'ottica geometrica).
Il primo sistema fa ricorso ad una semplice formula:
F = (t / f)
dove F il fattore di incremento dell'esposizione, t il tiraggio, f la lunghezza focale
dell'obiettivo.
Esempio: con un obiettivo da 150 mm e un tiraggio (allungamento del soffietto) di 300 mm
si avr:
F = (300 / 150)
F = 2
F = 4.
Un fattore di posa pari a 4 significa che - a parit di tempo di otturazione - occorrer
incrementare l'esposizione didue diaframmi (ad esempio da f/32 a f/16), mentre - a parit
di diaframma - sar necessario quadruplicare il tempo di otturazione (ad esempio da 1/30
sec. a 1/8 sec.).
La seguente tabella render immediatamente comprensibile il concetto:
Fattore di posa 4 5,6 8 11 16
Incremento in
2 2,5 3 3,5 4
stop
Il secondo sistema, quello empirico, richiede di considerare la lunghezza focale
dell'obiettivo in centimetri anzich in millimetri e di effettuare una semplice conversione.
La procedura la seguente:
Si effettua la messa a fuoco del soggetto;
Si misura l'allungamento del soffietto con un semplice righello, prendendo come
punti di riferimento le due standarte (se non si usa un teleobiettivo, ma un obiettivo
a schema simmetrico, il piano nodale posteriore coincide quasi esattamente con il
piano su cui giace la piastra portaottica);
Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando
(per eccesso o per difetto) al valore pi vicino. Se ad esempio abbiamo misurato un
tiraggio di 20 centimetri, lo considereremo equivalente a f/22; se avremo misurato
35 cm, terremo a mente f/32;
Si trasforma la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri;
Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando
(per eccesso o per difetto) al valore pi vicino. Se ad esempio l'obiettivo ha una
focale di 180 mm (18 cm), noi la considereremo equivalente a f/16; un 210 mm sar
equivalente a f/22;
Si calcola quanti sono i diaframmi di differenza fra i due valori rilevati. Questo scarto
sar il fattore di posa da applicare.
Esempio: dopo avere messo a fuoco il soggetto, vediamo che il tiraggio pari a 47 cm.
Questo valore pu essere considerato come f/45. Sappiamo che l'obiettivo ha una focale di
210 mm (21 cm), paragonabile a f/22. Quanti sono i diaframmi che separano f/45 da f/22?
Sono due diaframmi. Allora noi incrementeremo l'esposizione di due diaframmi (o
quadruplicheremo il tempo di otturazione aumentandolo di due valori) per compensare la
caduta di luce dovuta al tiraggio.
Per dovere di cronaca, dobbiamo citare tutti quei regoli calcolatori, dischi graduati e
ammennicoli vari che consentono di ottenere - con procedure macchinose e molto
dispendio di energie - ci che si pu avere molto pi rapidamente grazie ad un semplice
calcolo. Vengono copiosamente pubblicizzati (e venduti) sui siti Internet americani che si
occupano di grande formato: sembra che oltreoceano la determinazione del
corretto exposure factor sia una preoccupazione primaria.