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Il grande formato roba per professionisti. Falso.

In altri paesi, soprattutto negli Stati Uniti, il grande


formato utilizzato anche dai fotoamatori, veri
appassionati che - sulle orme di Adams e di Weston
- preferiscono passare il loro tempo libero in
camera oscura a cimentarsi con il sistema zonale
piuttosto che accontentarsi di frettolose e mediocri
stampine fatte dal minilab del quartiere.
Il grande formato troppo costoso per un
dilettante. Falso. Nel campo professionale il
mercato dell'usato molto fiorente, tanto che non
difficile trovare ottime occasioni al prezzo di un
corredo reflex di livello medio-alto. Gli accessori
originali sono costosi, vero, ma per iniziare ne
servono davvero pochi: uno scatto flessibile,
cinque chssis doppi, un panno nero, ovviamente il
cavalletto. Nient'altro. La vera differenza sta nelle pellicole: in Italia (altrove non
cos) una singola pellicola piana 45" costa (tra acquisto e sviluppo) quanto un
intero rullino formato 135. Tuttavia bisogna considerare che quando si lavora in
grande formato la filosofia del fotografare del tutto diversa: non si fotografa "a
raffica" come con la reflex, ma ci si dedica con attenzione a poche inquadrature
selezionate.
Il grande formato richiede conoscenze particolari. Vero. Non un modo di
fotografare che si improvvisa. Ci sono cose che bisogna sapere prima di
incominciare. Ma si tratta di nozioni tutto sommato semplici da imparare,
soprattutto se si motivati a farlo. Lo scopo di queste pagine proprio quello di
svelare i "segreti" del grande formato a quei fotoamatori attenti (e dotati di un po'
di spirito di avventura) che non temono di esplorare una dimensione del fotografare
davvero nuova e creativa.
Il grande formato roba sorpassata. Falso. Certo, i dilettanti stentano a trattenere
un risolino di fronte a quel grosso e ingombrante apparecchio fornito di soffietto e (a
volte) di standarte in legno, davanti a quel fotografo che sparisce sotto un panno
nero e che ricorda certe illustrazioni dello scorso secolo, o certi film comici dei primi
del Novecento. E' vero: l'aspetto generale delle fotocamere di grande formato non
sembra molto cambiato negli ultimi cento anni: dopotutto una macchina fotografica
non (n deve essere) altro se non una scatola nera a tenuta di luce con un buco
davanti per l'obiettivo, un buco dietro per la pellicola e un sistema di messa a fuoco
(e finora non stato trovato niente di meglio del soffietto). Ci che cambiato (e
che si vede poco) la tecnologia che oggi presiede al procedimento fotografico e
che ha trasformato il banco ottico in un sofisticato e raffinato strumento di
creativit. Certo, non ci sono gli schermi a cristalli liquidi, i ronzii elettronici e i
fantascientifici bip-bip che piacciono tanto ai principianti e che fanno somigliare la
reflex a un game boy, ma c' una tecnologia ottica di altissimo livello che - unita a
una versatilit assoluta - rende il grande formato il pi adatto ad integrarsi con
l'inarrestabile evoluzione dello stesso concetto di immagine. Cos, come vedremo,
proprio questi dinosauri fotografici la cui struttura non sostanzialmente mutata nel
corso dell'ultimo secolo saranno quelli che traghetteranno l'arte della fotografia
verso le innovazioni del nuovo millennio.
Il medio formato pu essere un buon inizio per passare poi al grande formato.
Falso. Non penso che il medio formato possa rivelarsi "propedeutico" all'uso del
grande formato. La filosofia d'uso delle reflex, siano esse Nikon o Hasselblad,
Contax o Exakta 66, non cambia poi molto col variare del formato: si usa una Pentax
67 cos come si usa una Penta ME Super, Una Zenza Bronica come una Nikon,
fatte salve le ovvie differenze di operativit o di complessit nello svolgimento delle
operazioni. Io uso la reflex, anche di medio formato, come "taccuino per gli appunti"
e scatto molte immagini di uno stesso soggetto, indipendentemente dal fatto che
stia utilizzando il 35 mm oppure la pellicola in rullo. Quando invece lavoro in grande
formato, e magari sempre usando la pellicola in rullo (nei formati 67 o 69), mi

comporto in modo decisamente diverso. La differenza non data dal costo del
materiale (lavorare in 67 su una Mamiya non n pi n meno costoso che farlo
con un dorso Linhof), ma dalla filosofia d'uso del grande formato, le cui intrinseche
caratteristiche e le cui possibilit creative non sono compatibili con il "point and
shoot". Intendiamoci, non un problema di limiti strutturali o funzionali della
macchina (Weegee e molti reporter americani ci facevano la cronaca con il grande
formato!), ma - ripeto - di "filosofia". Quando porto con me la folding in alta
montagna, so benissimo che scatter due, forse tre fotografie, laddove con la reflex
(di piccolo o medio formato non fa differenza) ne avrei scattate una cinquantina.
Ritengo pertanto che l'unica propedeutica al grande formato sia... il grande formato.
Il salto troppo netto, il cambio di mentalit richiesto troppo drastico per poterci
arrivare gradualmente, attraverso altri sistemi. Non come passare dalla
Cinquecento alla Maserati: come immergersi con maschera e pinne dopo aver
pensato che il mare fosse solo del bagnato per terra.
Negli Stati Uniti il reportage stato per decenni sinonimo di
grande formato. Le folding 45 pollici (1012 cm),
praticamente sconosciute al fotoamatore (ma anche al
fotogiornalista) europeo, sono state il cavallo di battaglia di
reporter come Wegee (Arthur Fellig), che con la sua Speed
Graphic ha immortalato la vita di due generazioni
nell'America tra le due guerre. Per quanto invece riguarda la
fotografia della natura, come non citare - un esempio fra
tutti - il grande Ansel Adams e i suoi paesaggi sospesi tra la
perfezione formale e l'evocazione? Anche oggi non sono
pochi i fotonaturalisti americani che preferiscono utilizzare il
grande formato, soprattutto per il paesaggio. Conosco
personalmente professionisti che non rinuncerebbero alla
loro Wisner Expedition (un apparecchio le cui dimensioni farebbero rabbrividire un
europeo) nemmeno per la pi sofisticata delle reflex ultima generazione. Non un caso
che su Internet esista un'enorme variet di siti (tutti - o quasi - americani) destinati proprio
alla fotografia in grande formato, con tanto di gruppi di discussione, FAQ e mailing list.
Usare una fotocamera di grande formato consente la creazione di un'immagine
considerata nella sua accezione di opera d'arte. La complessit delle operazioni necessarie
per fotografare costringe a concentrarsi sulla qualit di immagine e sulla composizione, pi
che non sulle suggestioni extrafotografiche le quali, spesso, ci invogliano a catturare un
momento magari emotivamente connotato, ma di per s incapace di venire tradotto dalla
pura e astratta bidimensionalit della fotografia. L'immagine che si forma sul vetro
smerigliato appare capovolta e con i lati invertiti, accentuando le forme, le linee, i valori
tonali e i colori in una limpida astrattezza capace di rendere chiari e immediatamente
percepibili i puri parametri fotografici, senza le distrazioni derivanti dalla visione diretta del
soggetto. L'ampia area di visione (1012 centimetri o superiore) invita l'occhio a esplorare
l'intera composizione, notando ogni minimo particolare, ogni scarto nei valori tonali. Il
mondo che sta al di fuori della composizione (quel mondo che non compare
nell'inquadratura ma che spesso spinge il dilettante a scattare una fotografia che si

riveler impietosamente banale) rigidamente tagliato fuori. Tutto ci che esiste


quell'insieme astratto di linee e toni sul quale lavorare con geometrica precisione.

Dal Col de Joux il gruppo del monte Avic in primavera.


Fotocamera Grafle Super Graphic con dorso 45"/1012cm
(l'immagine stata in seguito tagliata in formato panoramico).
Obiettivo Schneider Super-Angulon 90 mm f/8.
Le vaste possibilit di controllo dell'immagine consentono al fotografo di trasformare il
mondo circostante e di trasmettere allo spettatore la "sua" realt, che poi il fine ultimo
della fotografia creativa. I movimenti di decentramento e basculaggio della piastra
portaottica e (in alcuni modelli) del dorso permettono il totale controllo sulla prospettiva e
sulla forma del soggetto, senza contare l'incremento della profondit di campo, un
fenomeno sovente caratterizzato da un drammatico impatto visivo. Se a questi movimenti
si aggiunge la possibilit di ruotare il dorso portachssis di 360 gradi, si vede come il
fotografo possa ottenere il completo controllo dell'immagine senza dover riposizionare la
camera. Ma il vantaggio del grande formato sta soprattutto nella possibilit di trattare le
pellicole piane singolarmente e separatamente, il che consente il completo controllo del
procedimento fotografico e - com' noto - la completa applicazione del sistema zonale. La
mancanza di automazione e la semplicit d'uso mettono in risalto la superiorit tecnica del
grande formato. L'intero procedimento di ripresa trascina il fotografo in un'altra
dimensione, dove il livello di concentrazione si traduce in una maggiore capacit di
espressione e in una pi raffinata creativit.

II casolari di Valmianaz in Valnontey (Cogne).


Camera: ShenHao HZx 45-II A con dorso per pellicola in rullo nel formato 69cm.
Obiettivo: Schneider Super-Angulon xL 65mm f/5,6.
Lo stesso modo di fotografare diverso: i costi di acquisto e di sviluppo di una singola
pellicola piana equivalgono a quelli di un intero rullino 35 mm, per cui non ci si pu
permettere il lusso di scattare a raffica, "tanto poi qualcosa verr fuori". Se la reflex pu
essere usata come "taccuino per gli appunti", la macchina di grande formato richiede
molto tempo e grande attenzione per costruire una composizione "pensata" e strutturata
nei minimi dettagli. Un quadro, pi che una fotografia.I
vantaggi del grande formato
rispetto ai formati inferiori sono sicuramente pi numerosi di quelli che ci limitiamo ad
elencare qui di seguito.

Fotogramma di grandi dimensioni: dal 45 pollici (1012 cm) all'810 pollici


(2025 cm) o superiore. Il 45" il formato pi usato, e praticamente l'unico
utilizzabile sul campo con una certa comodit;
Possibilit di utilizzare formati inferiori. Ogni apparecchio ha la possibilit sostituire
il dorso porta-chssis con dorsi per pellicola in rullo (67, 69, 612 cm);
Massima versatilit nella gestione dell'immagine, dato che le singole pellicole piane
vengono impressionate e trattate separatamente, il che consente di intervenire su
ogni fase del procedimento fotografico (sviluppo variato, applicazione ottimale del
sistema zonale). Inoltre, estremamente agevole passare dal colore al bianco e
nero o al Polaroid, o utilizzare emulsioni di sensibilit diversa, senza
necessariamente dover sostituire un intero rullino;
Maggiore competitivit derivante dalla migliore vendibilit del prodotto. Quando
chiedono un lavoro su pellicola gli editori e gli istituti di cultura, soprattutto
stranieri, continuano a preferire diapositive di grandi dimensioni, mentre sono
sempre meno (soprattutto in Europa) i fotografi che lavorano con il medio e il
grande formato. Quei pochi che ancora lo fanno si collocano in una fascia di
mercato relativamente libera e ricca di possibilit;
I movimenti di decentramento e basculaggio rendono possibile il completo
controllo della prospettiva, della profondit di campo e delle dimensioni
dell'immagine;
Visione su vetro smerigliato di grandi dimensioni che garantisce la massima
accuratezza nel considerare i pi fini dettagli;

Valoun de Blins (Piemonte meridionale).


Cuore dell'Occitania alpina, il Vallone di Bellino affianca testimonianze dell'antica e
fiorente civilt montanara a paesaggi di selvaggia bellezza.
Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso 45".
Obiettivo Schneider Apo-Symmar 180 mm f/5,6.

Si possono utilizzare obiettivi di marche diverse senza i problemi derivanti


dall'incompatibilit fra le varie montature: una volta avvitato alla piastra
portaottica, l'obiettivo pronto per essere usato;
Il grande formato del fotogramma, unito a uno strato di emulsione pi spesso di
quello presente nei formati inferiori, garantisce non soltanto maggiore definizione e
finezza di grana, ma anche una pi ricca gamma tonale e cromatica: una lastra di
45" ha un'area tredici volte superiore a quella di un fotogramma 2436;
Stampe per contatto. Quando si lavora con pellicola negativa e con formati
superiori al 45" possibile effettuare stampe per contatto, molto pi accurate,
nitide e contrastate di quelle ottenibili mediante un ingranditore (metodo,
quest'ultimo, che costringe l'immagine a subire un calo di qualit dovuto alle
aberrazioni ottiche dell'obiettivo da ingrandimento);
Massima concentrazione sull'immagine: la complessit dei procedimenti e il tempo
richiesto da ogni singolo scatto facilitano quello che io chiamo "approccio
meditativo" alla fotografia. Il fotografo costretto ad investire tempo, esperienza e
attenzione in ogni operazione, il che non pu non favorire la creazione di
un'immagine "pensata" durante tutte le sue fasi realizzative;
Totale compatibilit con la gestione elettronica dell'immagine: i dorsi digitali per il
grande formato (utilizzabili con vantaggio soprattutto in studio ma anche - con
qualche problema in pi - all'aperto) garantiscono una qualit di immagine
decisamente sconosciuta alle fotocamere digitali destinate al mercato amatoriale.

Camera a banco ottico Horseman 450 Lx (formato 45").


Le caratteristiche proprie del grande formato rappresentano per anche la causa degli
svantaggi che un simile sistema fotografico comporta:

Tutto manuale. Non esistono preselezione del diaframma, otturatore


programmato o autofocus. Le applicazioni dell'elettronica al grande formato (se si
eccettuano i gi citati dorsi digitali) sono limitate (quando ci sono) a poche funzioni
essenziali. Certamente non esiste quel compiacimento per i gadget (talvolta del
tutto inutili) che caratterizza il mercato am
atoriale. Non esiste la possibilit di
montare obiettivi zoom, non previsti per il grande formato. Proprio la necessit di
effettuare manualmente le varie regolazioni rende possibile una grande quantit di
errori (certamente pi numerosi di quanto un fotografo dilettante riesca ad
immaginare);
Pesi e ingombri notevoli, accresciuti dal fatto che il cavalletto quasi sempre
indispensabile ("quasi" perch in alta montagna io avvito la folding alla paletta della
picozza piantata nella neve. Ma in tutti gli altri caso uso il cavalletto);
Profondit di campo critica. Si pensi che a un obiettivo grandangolare da 24 mm
per il piccolo formato corrisponde, nel formato 45", una focale di circa 90 mm.
Poich col crescere della focale la profondit di campo apparente diminuisce, la
questione si fa importante quando dagli obiettivi grandangolari si passa alle focali
"normali" (150 mm per il 45") o superiori alla normale. La soluzione che consiste
nel diaframmare molto comporta tempi di otturazione proporzionalmente pi lunghi:
un problema quando la brezza fa stormire le fronde nel bosco. L'accorgimento
ottimale (tipico del grande formato) consiste nel fare ricorso ai movimenti di
basculaggio, ma questo richiede una perfetta conoscenza del mezzo e delle sue
possibilit tecniche e non sempre facilmente praticabile all'aperto;

Cantina della Cascina Chicco a Canale d'Alba (Cuneo).


La nitidezza dal primo piano allo sfondo stata ottenuta basculando la piastra portaottica
e il dorso in modo da applicare la regola di Scheimpflug, come sar spiegato pi avanti.
Camera: Wista Dx con dorso 69cm.
Obiettivo: Rodenstock Sironar N 150mm f/5,6.
Pellicola: Fuji Provia 100F.

Gli obiettivi presentano una luminosit molto ridotta rispetto ai loro equivalenti di
piccolo e medio formato: f/5.6 gi considerata un'apertura relativa massima pi
che buona, f/8 ancora abbastanza comune. Questo pone problemi non indifferenti
quando si debbano effettuare la messa a fuoco e la composizione dell'immagine
attraverso il vetro smerigliato, soprattutto all'aperto e in presenza di forte
luminosit ambientale. Ecco il motivo della tenda nera e dei vari cappucci paraluce
applicati al dorso dell'apparecchio;
La fotografia di animali selvatici nel loro ambiente naturale diventa quasi
impossibile, non solo a causa della limitata profondit di campo, ma anche perch
non possibile montare su questi apparecchi obiettivi di focale molto elevata. Si
pensi che un obiettivo da 480 mm (che nel piccolo formato sarebbe gi un tele
spinto), nel grande formato considerato poco pi che un teleobiettivo moderato;
Anche la ripresa di fiori e insetti problematica: un rapporto di riproduzione di 1:1
significa un campo inquadrato di 1012 centimetri, troppo grande per far s che una
farfalla riempia convenientemente il fotogramma;
Lunghi tempi di preparazione. Le pellicole piane devono essere inserite ad una ad
una negli chssis e l'operazione va eseguita in camera oscura, il che richiede molto
pi tempo che non infilare un caricatore dentro la macchina fotografica in piena luce
solare. E' vero che esistono in commercio sistemi pi pratici, soprattutto per chi
lavora all'aperto (tipo Kodak ReadyLoad o Fuji QuickLoad), ma richiedono l'acquisto
di un particolare dorso caricatore (praticamente uno chssis alquanto sofisticato) e
sono mediamente piuttosto costosi. Ne parleremo approfonditamente pi avanti;

Il disegno illustra schematicamente l'aspetto di un apparecchio di grande formato a banco


ottico.

1. Standarta posteriore (rear standard).


Ospita il vetro smerigliato
(groundglass) e l'alloggiamento in cui
inserire gli chssis portapellicola
(film holders). Ogni dorso accetta sia
gli chssis del suo formato (45",
57", 810" o superiori), sia -

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mediante adattatori - gli chssis di formato inferiore. I dorsi 45" accettano anche i
caricatori per pellicola in rullo (roll film holders) che consentono di ottenere
fotogrammi di 67, 69 o 612 centimetri su pellicola 120. Il passaggio dalle
inquadrature orizzontali a quelle verticali e viceversa avviene, a seconda dei
modelli, in due modi: a) il dorso viene sganciato manualmente, ruotato di 90 e
riposizionato; b) il dorso ruota di 360 senza bisogno di staccarlo dalla standarta. La
presenza del meccanismo per la rotazione del dorso (revolving back) implica un
peso e un costo maggiori.
Meccanismo per lo sblocco della standarta anteriore. Consente (nel modello
raffigurato) il basculaggio in avanti e all'indietro lungo l'asse orizzontale (tilt), il
basculaggio verso destra e verso sinistra lungo l'asse verticale (swing), il
decentramento verso l'alto (rise) e verso il basso (fall), nonch il decentramento
laterale (shift). Il basculaggio lungo l'asse orizzontale pu avvenire in due modi: a)
mediante rotazione della standarta anteriore intorno al suo asse centrale (center
tilt); b) mediante inclinazione della standarta in avanti e all'indietro, ottenuta
facendo perno sul blocco di scorrimento lungo il banco ottico (base tilt).
Manopole di controllo ergonomiche. Permettono di sbloccare la standarta per
l'esecuzione dei movimenti. In questo modello una sola coppia di manopole
controlla tutti i movimenti di ogni singola standarta. Nella maggior parte dei
modelli, invece, i diversi movimenti richiedono comandi separati.
Rotaia di banco (monorail) con guida di scorrimento. Alla rotaia si possono applicare
prolunghe di banco che si acquistano a parte per consentire estensioni del soffietto
maggiori di quella standard (close-up, uso di focali lunghe).
Soffietto standard intercambiabile (square bellows). Pu essere sostituito con un
soffietto floscio (bag bellows) per l'uso di ottiche grandangolari. In quasi tutti i
modelli pu essere unito a prolunghe per consentire il close-up o l'uso di lunghe
focali.
Blocco in ghisa per il fissaggio al treppiede con fori filettati da 1/4 e 3/8 di pollice.
Blocchi di scorrimento delle standarte lungo la rotaia di banco. Lo scorrimento pu
essere manuale oppure regolato da manopole (geared), per consentire la
regolazione micrometrica.
Livella a bolla (spirit level) sulla standarta posteriore.
Piastra portaottica (lensboard). Ogni piastra forata secondo le dimensioni
dell'otturatore che dovr esservi applicato. Ci sono tre diametri standard: Copal#0,
Copal#1 e Copal#3. Il gruppo anteriore dell'obiettivo, montato sul suo otturatore,
viene applicato alla piastra e fermato posteriormente con un anello di tenuta: il
gruppo posteriore viene poi avvitato sul retro, in modo da restare (a piastra
montata) all'interno del soffietto. E' conveniente mantenere ogni obiettivo gi
avvitato alla sua piastra: la sostituzione della piastra un'operazione rapida e
agevole su tutti i modelli, mentre l'applicazione dell'obiettivo alla piastra richiede
tempo, attenzione e strumenti particolari.

Caratteristiche delle macchine folding


Le macchine a banco ottico (view cameras) sono utilizzate soprattutto in studio. E' vero
che io trasporto la mia Sinar F in una valigia e poi la monto una volta giunto sul luogo delle
riprese, ma questo avviene soltanto quando so che non mi allontaner molto dall'auto.
Negli altri casi, quando cio l'unico mezzo di trasporto sono i piedi, preferisco affidarmi a
una leggera e compatta folding. La prima caratteristica che salta all'occhio quando si
osserva una folding (field camera) la sua facilit di trasporto. Una volta chiusa, una
valigetta (pi o meno pesante) che sta comodamente in uno zaino. Se non si esagera con
gli accessori e ci si accontenta di un paio di obiettivi, un cavetto di scatto flessibile e un
esposimetro - oltre che dell'inevitabile panno nero - si noter che tutto l'insieme non pesa
molto pi di un corredo reflex di medio formato. Anche il peso degli chssis pu essere

ridotto facendo ricorso ai sistemi a caricamento rapido (Fuji Quickload o Kodak Readyload),
che implicano un solo dorso caricatore per pellicole piane confezionate in buste di leggero
e sottile cartoncino.

La Zone VI, folding 45" in legno (a sinistra) e la Toyo 45AII in metallo (a destra).
Le folding costruite in metallo sono in genere piuttosto pesanti, ma per l'uso sul campo si
rivelano pi robuste di quelle in legno. Queste ultime sono pi leggere da trasportare e pi
belle a vedersi, grazie alla loro estetica un poco "retr", ma sono pi delicate e inadatte ad
un uso, diciamo cos, "sportivo". Se non si presta la necessaria attenzione e le si inserisce
nello zaino insieme a molti altri oggetti, inevitabilmente finiranno per rigarsi. Perci, se si
usano folding in legno, sarebbe bene trasportarle in apposite borse o zaini dedicati, oppure
(se le si mette insieme ad altri oggetti), avvolgerle in sacchetti di stoffa con chiusura a
laccio. In caso di urto o caduta a terra, le macchine in legno corrono qualche rischio in pi
rispetto alle loro consorelle in metallo: guasti, rotture o starature dei movimenti si
verificano con maggiore frequenza. La maggiore leggerezza delle folding in legno le rende
infine meno stabili quando il vento soffia. In questo caso gli apparecchi metallici, pi rigidi,
risultano meno sensibili alle vibrazioni di quelli in legno. Nonostante tutto questo, io
preferisco usare anche sul campo (e in alta montagna) le folding in legno, proprio a causa
della loro maggiore versatilit, unita ad un'incomparabile leggerezza. La mia ShenHao
pesa soltanto due chili e due etti, escluso l'obiettivo, sufficientemente rigida e robusta da
sopportare gli strapazzi a cui normalmente la sottopongo, realizzata in legno di tek, un
materiale compatto a prova di umidit (non a caso utilizzato per realizzare il fasciame delle
imbarcazioni di lusso). Tutto questo ne fa la compagna ideale per la fotografia in
montagna.

Il ritratto in grande formato richiede grande affiatamento tra fotografo e modella: dati i
lunghi tempi di preparazione dello scatto, quest'ultima rischia di stancarsi e finisce per
assumere atteggiamenti fissi e innaturali. Per fare questa foto ho lasciato che la modella si
rilassasse durante l'inquadratura e la messa a fuoco, dicendole poi di assumere la posa
voluta solo al momento dello scatto. La fotografia illustra il mito di Pandora, nel momento
in cui l'incauta fanciulla solleva il coperchio del vaso che contiene i mali del mondo.
L'unica fonte di luce rappresentata dal flash posizionato dentro il contenitore, simbolo
dell'energia maligna che ne scaturisce.
Fotocamera Sinar F.
Obiettivo Schneider Apo-Symmar 180 mm f/5,6.
Alcuni modelli sono caratterizzati dalla presenza di un mirino a telemetro pi o meno
sofisticato, fornito in dotazione (come nella Linhof Master Technika 45 o nei modelli Graflex
ancora in circolazione) o opzionale (Linhof Master Technika 2000). In teoria il mirino
dovrebbe servire ad effettuare la messa a fuoco indipendentemente dal vetro smerigliato,
grazie a un sistema di camme collegate all'allungamento del soffietto, e quindi facilitare
l'uso della camera a mano libera. In realt chi lavora all'aperto non utilizzer praticamente
mai questa funzione, soprattutto perch l'uso a mano libera di macchine di questo genere
implicherebbe tempi di otturazione molto rapidi allo scopo di evitare il mosso e di
conseguenza diaframmi troppo aperti per consentire una nitidezza accettabile. Inutile
ricordare quanto un'apertura superiore a f/11 risulti critica per la maggior parte degli
obiettivi destinati al grande formato. Senza contare il drastico decremento della profondit
di campo quando si usano diaframmi aperti, soprattutto a causa dell'elevata lunghezza
focale delle ottiche. Insomma, se con il piccolo formato si pu fotografare a mano libera
con un obiettivo normale da 50 mm chiuso a f/5.6 e un tempo di otturazione di 1/125 di
secondo mantenendo una profondit di campo accettabile, con il grande formato questo
risulterebbe del tutto impossibile: il diaframma sarebbe troppo aperto per garantire la
sufficiente nitidezza, il tempo sarebbe troppo lento per evitare il mosso e la profondit di
campo si rivelerebbe gravemente insufficiente, dato che l'obiettivo normale ha una focale

di 150 mm (com' noto, la profondit di campo apparente decresce proporzionalmente al


crescere della lunghezza focale).
Da tutto questo consegue che l'uso a mano libera di queste macchine fortemente
sconsigliato, a meno che non si usino tempi di otturazione rapidissimi uniti all'utilizzazione
del flash (come faceva Wegee con la sua Speed Graphic). Ma si tratta in ogni caso di un
ambito decisamente limitato.

Dal Montenvers la Mer de Glace. Sullo sfondo l'Aiguille du Tacul.


Fotocamera Wista Dx con dorso 45".
Obiettivo Rodenstock Sironar 150 mm f/5,6.
La scelta dei soggetti fortemente condizionata dalle possibilit di allungamento del
soffietto e dalle focali disponibili. Alcuni modelli hanno un soffietto piuttosto corto che ne
limita l'utilizzazione ai campi grandangolare e normale. Con alcune limitazioni si possono
anche montare teleobiettivi non troppo potenti, grazie alla particolare costruzione ottica
che li caratterizza (fuoco posteriore pi corto della lunghezza focale nominale). Purtroppo
questa scelta implica spesso il dover rinunciare alla messa a fuoco ravvicinata e - quel che
peggio - il non poter utilizzare i movimenti di macchina, che ci che caratterizza il
grande formato rispetto ai formati inferiori. Questo perch i teleobiettivi, concepiti per
fotografare all'infinito, non sempre godono di un cerchio di copertura sufficiente a
consentirne il decentramento. Tanto per fare un esempio, lo Schneider Tele-Arton da 250
mm e il Nikkor-T ED da 270 coprono il formato 45" senza tuttavia consentire una gamma
di movimenti accettabile. Un prezzo piuttosto alto da pagare, se si considera che nel
grande formato queste focali sono da considerarsi poco pi che normali (paragonabili ad
un 75-80 mm nel formato 2436).

Risulta pertanto preferibile utilizzare obiettivi di elevata lunghezza focale ma a schema


tradizionale, i quali permettono un'ampia gamma di movimenti. Purtroppo essi implicano
anche un allungamento del soffietto pari alla loro lunghezza focale soltanto per fotografare
all'infinito, e doppio della lunghezza focale per fotografare al rapporto di 1:1. Un 300 mm
richiede 30 cm di soffietto solo per il paesaggio, il che in grado di mettere in crisi non
pochi modelli oggi in circolazione. E' pertanto essenziale che nella scelta della macchina
venga attentamente valutato questo parametro.
Un altro problema costituito dalle dimensioni della piastra portaottica. Molti modelli in
circolazione non consentono di montare gli otturatori Copal 3, non tanto perch questi
abbiano un diametro superiore alla larghezza della piastra, quanto perch il foro
risulterebbe talmente grande da ridurne in maniera drastica la robustezza: non prudente
montare un obiettivo da mezzo chilo su una piastra ridotta ad una stretta cornice poco pi
resistente di un foglio di carta! Ora, poich gli obiettivi di focale superiore ai 240 mm sono
generalmente montati su otturatori Copal 3, ecco che il problema appare di difficile
soluzione. Anche le dimensioni e la robustezza della piastra portaottica costituiscono
elementi di scelta determinanti.
Ma ci che va pi attentamente valutato la gamma di movimenti offerta dal modello che
si intende acquistare. Alcune macchine consentono esclusivamente i movimenti della
standarta anteriore, e anche questi alquanto limitati; altri sono dotati di un moderato
basculaggio del dorso sull'asse orizzontale. Sono davvero poche le macchine che
permettono una gamma di movimenti paragonabile a quella del banco ottico da studio
(anche se decisamente pi limitata). Anche in questo caso occorre chiedersi a quale tipo di
riprese ci si dedicher in prevalenza, tenendo conto che i movimenti dei corpi anteriore e
posteriore non servono soltanto in fotografia di architettura e nello still-life: anche gli alberi
di un bosco possono presentare problemi di convergenza delle linee verticali, tanto per
fare un esempio. Senza contare le possibilit di incremento della profondit di campo e il
controllo della forma del soggetto garantiti dai movimenti di basculaggio.
Riassumendo quanto detto finora, possiamo concludere che l'uso sul campo delle folding
di grande formato presenta alcune limitazioni di cui il fotografo deve essere consapevole:

Fotografare a mano libera praticamente impossibile e comunque decisamente


sconsigliabile;

La gamma degli obiettivi utilizzabili limitata alle focali grandangolari e normali. Le


focali superiori presentano problemi di allungamento del soffietto (insufficiente in
alcuni modelli) e di dimensioni dell'otturatore (incompatibili con molte piastre). La
soluzione consisterebbe nell'utilizzare schemi a teleobiettivo (molti di essi sono
montati su otturatori Copal 1), ma soltanto qualora si accettassero pesanti
limitazioni nei movimenti di macchina, oltre all'impossibilit di fotografare a breve
distanza;
I movimenti sono decisamente pi limitati di quanto non avvenga con le macchine
da studio. La loro gamma varia (e di molto) a seconda dei modelli.
Tutto questo rende le folding meno versatili delle macchine a banco ottico: un prezzo che
si paga volentieri quando il peso e l'ingombro sono determinanti, ma che in ogni caso va
attentamente valutato.

Le montagne del gruppo di Frudire in abito invernale.


L'eccezionale trattamento antiriflesso e soprattutto lo schema ottico semplice che
caratterizzano gli obiettivi professionali hanno permesso un'immagine nitida e totalmente
priva di flaree riflessi parassiti, nonostante il sole direttamente inquadrato.
Camera: Graflex Super Graphic con dorso 45"/1012cm.
Obiettivo: Schneider Super-Angulon 90mm f/8. Pellicola: Fuji Provia 100F.
Gli obiettivi per il grande formato sono molto diversi da quelli a cui il fotoamatore
abituato. Innanzitutto non sono dotati di meccanismo per la messa a fuoco, dal momento
che questa viene effettuata estendendo il soffietto; inoltre sono tutti divisi in due parti, il
pi delle volte simmetriche fra loro, che li fanno somigliare a clessidre. In corrispondenza
della strozzatura della clessidra c' un meccanismo tondeggiante piuttosto complesso. Qui
trova posto tutto ci che consente all'obiettivo di funzionare: la regolazione dei diaframmi
e dei tempi di otturazione, la levetta che consente di aprire manualmente l'otturatore (per
effettuare la visione sul vetro smerigliato), la leva per armare l'otturatore, il meccanismo di
scatto con filettatura per il flessibile, il contatto elettrico per il flash. Questo complesso
meccanismo, sbrigativamente definito otturatore (ma abbiamo visto che ben altro),
viene fornito da diversi fabbricanti con diversi nomi commerciali (Copal, Compur, Prontor,
Horseman) e con tre misure fisse, relative al diametro del foro entro cui si avvita l'ottica,
normalmente denominate Copal 0, Copal 1 e Copal 3 (non chiedetemi perch non esiste il
Copal 2: di queste numerazioni bislacche io non ci ho mai capito niente). Il Copal 0 la
misura pi piccola, di solito usata per obiettivi di focale corta o normale; il Copal 1 usato
per obiettivi di focale normale o leggermente superiore alla normale, oltre che per alcuni
teleobiettivi; il Copal 3 per obiettivi dai 240 mm in su.

Due ottiche per il grande formato:


Caltar 150 mm f/5,6 su otturatore Copal 0 (a sinistra)
e Caltar 360 mm f/6,8 su otturatore Copal 3 (in centro).
A destra, lo schema ottico dello Schneider Super Symmar xL 110 mm f/5,6.
Un'altra differenza che balza agli occhi la scala dei diaframmi. Mancano i diaframmi
aperti a cui il fotoamatore abituato: l'apertura relativa massima non supera f/4,5; un
obiettivo f/5,6 considerato gi abbastanza luminoso, mentre non sono infrequenti
(soprattutto nelle focali pi elevate) aperture pari a f/8 o f/12. In compenso gli obiettivi per
grande formato chiudono fino a f/45, f/64 o anche f/90, per compensare la scarsa
profondit di campo dovuta alla lunga focale. Va anche detto che nessun obiettivo
dev'essere adoperato a piena apertura: i diaframmi pi aperti servono soltanto a
visualizzare sul vetro smerigliato un'immagine ragionevolmente luminosa, ma non possono
essere usati per fotografare, pena l'insorgere di gravi aberrazioni ottiche che
abbasserebbero drasticamente la qualit dell'immagine. Anche i diaframmi pi chiusi non
sono da utilizzare se non in casi estremi, dato il rischio di perdite di nitidezza dovute alla
diffrazione. I diaframmi pi indicati vanno generalmente da f/11 a f/32.
Gli obiettivi si montano sulla piastra portaottica svitando il gruppo ottico posteriore,
applicando sul davanti della piastra l'otturatore col gruppo ottico anteriore e riavvitando
sul retro il gruppo ottico posteriore, tenendo fermo l'otturatore con un anello di serraggio.
E' conveniente avere tante piastre quanti sono gli obiettivi, per evitare di smontare e
rimontare ogni volta tutto l'apparato.

Costruzione rurale nel Vallone di Bellino (Val Varaita).


Camera: ShenHao HZx 45-II A con dorso 45"/1012cm.
Obiettivo: Schneider Super-Angulon 65mm f/5,6.
Alcuni obiettivi hanno la possibilit di combinare al gruppo ottico anteriore gruppi
posteriori diversi, per consentire la variazione della lunghezza focale. In questo caso si
parla di obiettivi convertibili. Piuttosto utilizzati in passato, oggi questi obiettivi vengono
prodotti e commercializzati dalla Wisner (che ha ripreso e modernizzato il progetto dei
vecchi Plasmat) e dalla Nikon, limitatamente ai teleobiettivi. Sul mercato dell'usato si
trovano talvolta vecchi obiettivi che possono essere utilizzati rimuovendo il gruppo ottico
anteriore. In questo caso il gruppo ottico posteriore si comporta da lunga focale.
A parte il fatto che questi obiettivi non possono essere usati se non si dispone di un
soffietto adeguatamente lungo, va detto che la loro resa - una volta privati del gruppo
ottico anteriore - risulta alquanto scadente.
Vanno bene per un ritratto un po' flou, ma le aberrazioni che affliggono un singolo gruppo
ottico (non pi compensate dalle aberrazioni, uguali ma di segno contrario, del suo
gemello) rendono queste ottiche inadatte ad ogni altro uso.
Com' noto, la lunghezza focale di un obiettivo determina l'angolo di campo in relazione al
formato. Un obiettivo da 90 mm sar considerato un tele corto nel formato 2436 mm, un
normale nel medio formato e un grandangolare nel grande formato. Nel formato 45" il
normale ha una lunghezza focale pari a 150 mm, che diventano 210 nel formato 57" e
300 nel formato 810". La tabella che segue mette a confronto le lunghezze focali nei
diversi formati di ripresa:

35
mm
18
21
22
25
28
32
37
43
45
52
60
65
73
85
105
135
Quello

66
67
69
cm
cm
cm
33
37
42
39
43
48
41
45
52
46
50
58
54
60
65
58
65
75
67
75
90
75
85
100
80
90
105
95
105
120
110
120
135
120
135
150
135
150
170
150
165
180
190
210
240
240
270
300
che distingue fra loro le

612
45 57
cm
"
"
53
65
90
60
75
105
65
80
110
75
90
125
85
105 150
90
120 160
105
135 180
120
150 210
135
165 240
150
180 260
180
210 300
195
240 330
210
260 350
240
300 400
300
370 500
380
470 640
ottiche per il grande

810"
130
150
160
180
210
240
270
300
330
360
420
480
520
600
740
940
formato, a parit di lunghezza focale,

il diametro del cerchio di copertura. Un obiettivo da 150 mm (normale per il formato 45")
pu avere un cerchio di copertura di poco superiore alla diagonale del fotogramma, oppure
molto pi ampio. Nel primo caso esso coprir il formato 45" consentendo movimenti
limitati; nel secondo potr coprire anche i formati superiori: ovviamente consentir una
gamma di movimenti tanto pi ampio quanto minore sar il formato con cui lo si utilizza.
Tra poco approfondiremo meglio questo importante concetto.

Oltre l'obiettivo
Lavorare sul campo con una lunga focale - gi ne abbiamo parlato - piuttosto
problematico, non solo per la non eccessiva estensione del soffietto che caratterizza la
maggior parte delle folding, ma anche per problemi di stabilit: le ottiche a schema
tradizionale risultano troppo grosse e pesanti; quelle a schema teleobiettivo hanno un
cerchio di copertura limitato. Per ovviare a questo inconveniente, la Horseman produce un
duplicatore di focale (l'unico nel grande formato), che applicato all'obiettivo normale da
150 mm lo "trasforma" in un 300 mm, con l'unico svantaggio costituito dalla perdita di due
diaframmi (cosa che avviene con tutti i duplicatori). Restano invariate le possibilit di
movimento dell'ottica. Il 2 Teleconverter della Horseman viene importato in Italia su
ordinazione (il distributore Asphot), ma lo si trova anche su Internet a meno di 500
dollari, comprese le spese di spedizione. L'unico svantaggio consiste nel fatto che pu
essere applicato solo agli obiettivi dotati di otturatore Copal 0.

Il duplicatore Horseman si monta dietro la piastra portaottica.

I movimenti, questi sconosciuti.


Contrariamente ai formati inferiori, il grande formato permette il controllo totale
dell'immagine, consentendo al fotografo di modificare ogni relazione esistente tra piano
focale e piano nodale dell'ottica. Questo significa poter cambiare a piacere la forma e le
dimensioni di un oggetto, modificare la messa a fuoco e la nitidezza, esagerare o ridurre la
prospettiva, tenere sotto controllo le linee convergenti, ottenere la massima profondit di
campo senza necessariamente dover agire sul diaframma. Tutto senza muovere la
macchina, che anzi dovr restare sempre perfettamente "in bolla". Quando sente parlare
di movimenti delle standarte, il dilettante rimane perplesso. La convinzione che la luce
viaggi in linea retta rende difficilmente comprensibile che possa formare un'immagine
quando la piastra anteriore e quella posteriore formano un angolo e quando il soffietto
incurvato come un gatto in cerca della sua coda. In realt quello che dev'essere prima di
tutto capito il concetto di "cerchio di copertura".

La Punta Rossa della Grivola dal Lauson.


La perfetta conoscenza del cerchio di copertura dei nostri obiettivi pu essere sfruttata per
ottenere un voluto effetto di vignettatura. Decentrando l'obiettivo verso l'alto, fin quasi a
sfiorare il limite del cerchio di copertura, ho potuto ottenere un cielo saturo anche senza
fare ricorso al filtro polarizzatore.
Camera: Graflex Super Graphic con dorso 45"/1012cm.
Obiettivo: Schneider Apo-Symmar 180mm f/5,6.
Pellicola: Fuji Velvia 50.
La luce che entra in un obiettivo viene rifratta dalle lenti e concentrata in un punto, detto
punto nodale posteriore. In pratica come se il fascio di raggi di luce paralleli provenienti
dall'infinito venisse afferrato e stretto, annodato in un unico punto. Da questo punto i raggi
di luce ripartono e nuovamente si sparpagliano, formando un cono luminoso. Se sul
percorso del cono di raggi noi mettiamo un quadrilatero di materiale sensibile, a una
distanza pari alla lunghezza focale dell'obiettivo, otteniamo l'immagine nitida del soggetto.
In realt l'immagine non ha forma rettangolare, ma rotonda (sezionando un cono secondo
un piano perpendicolare alla sua altezza otteniamo un cerchio). E' all'interno di questo
cerchio che noi mettiamo il nostro quadrilatero di materiale sensibile. Nelle macchine di
piccolo e medio formato il quadrilatero costituito dal fotogramma si inscrive perfettamente
all'interno del cerchio, nel senso che la sua diagonale coincide con il diametro del cerchio
(in realt il diametro del cerchio leggermente superiore per evitare perdite di nitidezza
dovute all'eccessiva vicinanza ai bordi: sto semplificando molto, ma per farmi capire
senza inutili pignolerie). Nelle macchine di grande formato, invece, il diametro del cerchio
un po' (o molto) pi ampio della diagonale del fotogramma. Questo significa che il

quadrilatero potr muoversi con una certa libert all'interno del cerchio di copertura.
Perch questo? Proprio per consentire all'obiettivo e alla pellicola di spostarsi rispetto
all'asse centrale continuando comunque a formare un'immagine nitida.
Vediamo adesso a che cosa servono questi spostamenti.
Decentramento diretto. Consiste nello scorrimento (in orizzontale o in verticale) della
piastra portaottica o del dorso. Serve ad effettuare il controllo della prospettiva evitando di
fotografare il soggetto secondo un'angolazione tale da provocare l'apparente convergenza
delle linee parallele. L'esempio classico costituito dalla fotografia di edifici. Come
includere nella fotografia il tetto dell'edificio quando si fotografa dal piano stradale?
Inclinando la macchina verso l'alto si otterrebbe la convergenza delle linee verticali:

Inclinando la macchina verso l'alto, sul vetro smerigliato


apparirebbe un'immagine come quella qui a destra.
Utilizzando un forte grandangolare si riprenderebbe una larga parte di selciato, del tutto
inutile ai fini della composizione (senza contare il rischio di distorsione ai bordi). La
soluzione (con un apparecchio fisso) sarebbe quella di alzare il punto di ripresa
fotografando da una finestra dell'edificio antistante, ma ben raro trovare una persona
cos comprensiva nei confronti del fotografo da concedergli di salire in casa sua.
L'apparecchio di grande formato a corpi mobili risolve il problema: dapprima si allinea il
dorso dell'apparecchio in modo che risulti pefettamente parallelo alla facciata, poi si fa
slittare verso l'alto la standarta anteriore: quei pochi centimetri sono il pi delle volte
sufficienti a spostare l'inclinazione del cono di raggi in modo da riprendere il tetto
dell'edificio minimizzando il selciato antistante:

Il decentramento (della piastra portaottica o del dorso) pu essere verticale verso l'alto
(rise), verticale verso il basso (fall), orizzontale (shift). Quest'ultimo ha la stessa funzione
del decentramento verticale quando sia necessario spostare il punto di ripresa rispetto
all'asse centrale (ad esempio, fotografare uno specchio senza che l'immagine del fotografo
e della macchina ne vengano riflesse). I movimenti di decentramento di una standarta
possono essere ampliati decentrando l'altra standarta in senso contrario (ad esempio
decentrando la piastra portaottica verso il basso e il dorso verso l'alto). Ovviamente

occorre controllare che il cerchio di copertura dell'obiettivo consenta un movimento cos


ampio.

Paesaggio invernale a Estoul. Sullo sfondo le montagne di Champorcher.


Il decentramento verso l'alto della piastra portaottica ha permesso ai larici di mantenere la
giusta verticalit, evitando il convergere delle linee.
Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso 45".
Obiettivo Schneider Schneider Super-Angulon 90mm f/8.
Basculaggio. Il basculaggio si pu definire come un movimento di rotazione della standarta
intorno a un asse (verticale o orizzontale) passante per il centro della standarta stessa;
oppure il movimento di inclinazione rispetto a un asse posto sul basamento. In alcune
macchine sono presenti entrambe le possibilit. Avremo cos un basculaggio destra/sinistra
sull'asse verticale (swing) e un basculaggio avanti/indietro sull'asse orizzontale (tilt). Il
basculaggio produce effetti diversi a seconda che sia applicato al corpo anteriore o al
corpo posteriore. Se applicato al corpo anteriore modifica la nitidezza ma non influisce pi
di tanto sulla prospettiva; se applicato al corpo posteriore modifica la nitidezza e incide
pesantemente sulla prospettiva, influenzando i rapporti dimensionali tra primo piano e
sfondo.
Vediamo alcuni esempi.
Abbiamo di fronte a noi un paesaggio con montagne sullo sfondo
(all'infinito) e delle rocce in primo piano. Desideriamo mantenere a fuoco
tanto le rocce quanto lo sfondo. Sappiamo che chiudere il diaframma non
serve a molto, prima di tutto perch un obiettivo da 150 mm quale quello
che stiamo adoperando non ha una profondit di campo cos estesa; in secondo luogo
perch vogliamo evitare perdite di qualit dovute alla diffrazione. La soluzione del
problema consiste nel basculare in avanti la piastra portaottica:

Parco Nazionale Gran Paradiso. Torrente nel Vallone di Piamprato.


Per mantenere a fuoco tanto lo sfondo quanto le rocce in primo piano ho basculato in
avanti la piastra portaottica.
Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso 45".
Obiettivo Schneider Apo-Symmar 180 mm f/5,6.
Questo ci consentir di incrementare la profondit di campo mantenendo il diaframma al
valore ottimale. Perch avviene questo? Per spiegarlo, dobbiamo introdurre la "regola di
Scheimpflug".
Era costui un ufficiale dell'esercito austro-ungarico, nonch studioso di ottica, che enunci
questa semplice regola: quando il piano su cui giace il soggetto, il piano nodale posteriore
dell'obiettivo e il piano focale si incontrano in un unico punto, si ottiene la piena messa a
fuoco del soggetto indipendentemente dal diaframma utilizzato.
Questa la regola su cui si basa il principio della messa a fuoco, quale che sia
l'apparecchio che stiamo utilizzando: a ben pensarci, infatti, anche negli apparecchi di
piccolo e medio formato questa regola viene applicata: i piani della pellicola e dell'ottica
sono paralleli (cio si incontrano all'infinito), per cui l'unico piano-soggetto i cui punti
saranno perfettamente a fuoco dovr essere un piano perfettamente parallelo agli altri
due.
Il disegno qui sotto illustra nella pratica come funziona la regola di Scheimpflug:

Nella figura 1 si vede come un oggetto posto


diagonalmente rispetto all'asse di ripresa pu
non essere totalmente compreso nella zona
della profondit di campo utile. Basculando la
piastra portaottica (figura 2) si fa in modo che
i tre piani si incontrino in un unico punto,
ottenendo cos un'immagine nitida a
prescindere dall'estensione dell'area di
profondit focale (dipendente dal diaframma
impostato). Questa regola costituisce il
principio su cui si basano tutte le tecniche di
basculaggio.
Per capire bene di che cosa stiamo parlando
occorre fare un breve excursus. Il problema della profondit di campo nel grande formato
non pu essere risolto considerando i parametri a cui siamo stati abituati con le macchine
a corpi fissi. Prima di compilare o consultare una qualunque delle tabelle della profondit
di campo (ivi compresi i "depth of field calculators") pubblicate in rete, bisogna chiedersi
innanzitutto qual il grado di accuratezza del lavoro che si intende svolgere, poi quale
sar l'ingrandimento a cui sottoporremo il negativo.
Dalla risposta a queste due domande dipende un parametro fondamentale, che il
diametro del circolo di confusione sul quale si basano tutti i calcoli per determinare
l'iperfocale e quindi i limiti accettabili (anteriore e posteriore) della profondit di campo.
L'espressione "limiti accettabili", poi, quanto mai adeguata a introdurre una seconda
considerazione, e cio che la messa a fuoco perfetta avviene sempre e soltanto su un
unico piano. Tutto ci che si focalizza un po' pi avanti o un po' pi indietro rispetto a
questo piano di fatto sfocato. E' vero che i limiti del nostro sistema visivo percepiscono
come puntiformi i cerchietti che rappresentano i singoli punti immagine, finch il loro
diametro resta al di sotto del diametro del circolo di confusione, ma anche vero che con il
crescere dell'ingrandimento anche i cerchietti si ingrandiscono. Di conseguenza, ci che si
vedeva nitido su una stampa a contatto di 1012 cm diventer sfocato se lo stesso
negativo sar ingrandito a 5060 cm.
Da tutto questo derivano due conclusioni: la prima che nessuna tabella della profondit
di campo ha senso se prima non stabilisce a quale ingrandimento sono riferiti i parametri
riportati; la seconda, che l'unico modo per ottenere una profondit di campo reale e non
legata all'ingrandimento fare ricorso alla Regola di Scheimpflug, l dove applicabile.
Una precisazione: il decentramento della sola piastra portaottica verso il basso pu porre
problemi di copertura. Per questo spesso si preferisce unire al decentramento in avanti
della piastra anteriore quello all'indietro della piastra posteriore: come si vede dal disegno
qui sotto anche in questo caso la regola di Scheimpflug rispettata. L'unica differenza
(importante!) consiste nel fatto che - come gi detto - il basculaggio del dorso modifica la
prospettiva del soggetto, cosa che non avviene (se non in misura minima) basculando
soltanto il corpo anteriore.

Si possono combinare i movimenti di decentramento e basculaggio? Ad esempio, se si


vogliono fotografare due soggetti posti a distanze diverse e caratterizzati da linee verticali,
possibile decentrare verso l'alto per evitare le linee cadenti
e contemporaneamente basculare la piastra anteriore verso il basso per soddisfare la
regola di Scheimpflug? Certamente s, come mostra il disegno qui sotto, tratto dal sito
Internet del fotografo austriacoAugust Lechner:

Come si vede il corpo anteriore decentrato verso l'alto e nello stesso tempo basculato in
avanti: le linee rosse che rappresentano, rispettivamente, il piano del soggetto, il piano
dell'ottica e il piano focale vanno a convergere in un unico punto.
Ma vediamo un altro esempio.
Vogliamo fotografare (mantenendolo completamente a fuoco) uno steccato
che corre in diagonale verso l'orizzonte, partendo dalla nostra sinistra e
allontanandosi verso destra. Soluzione: basculaggio della piastra
portaottica verso sinistra. Sul vetro smerigliato si vedr chiaramente
quando la condizione posta dalla regola di Scheimpflug sar stata
raggiunta, e cio quando tutto lo steccato ci apparir a fuoco.

Al contrario, vogliamo effettuare una messa a fuoco selettiva mantenendo a


fuoco una singola foglia e lasciando che tutte le altre foglie risultino
morbidamente sfocate. Soluzione: basculaggio all'indietro della piastra
portaottica. In questo modo si infrange volutamente la regola di
Scheimpflug, provocando la sfocatura di tutti i punti-immagine che non
cadono esattamente sul piano di messa a fuoco.
Questa volta abbiamo l'esigenza di enfatizzare la forma e le dimensioni di
una roccia in primo piano. Soluzione: basculaggio del dorso all'indietro:
allontanando la parte superiore del dorso dall'ottica si enfatizzeranno forma
e dimensioni del primo piano.
Analogamente, il basculaggio sull'asse verticale (destra/sinistra) del dorso
sar in grado di manipolare la forma e le dimensioni degli oggetti
spostandoli letteralmente da una parte all'altra dell' inquadratura.
Decentramento indiretto. A volte il decentramento diretto descritto
sopra non sufficiente. Inclinando verso l'alto la camera e
basculando in avanti le standarte, in modo che risultino parallele al
piano del soggetto, si ottiene di fatto uno spostamento molto pi
marcato di quanto non avvenga semplicemente decentrando.
Ancora una volta bisogna essere sicuri che il cerchio di copertura
dell'obiettivo sia sufficientemente ampio per consentire questo movimento.

Il controllo del cerchio di copertura


Come essere sicuri che i movimenti applicati non eccedano il cerchio di copertura
dell'ottica? Esistono trucchi per controllare agevolmente questo?
Nessun trucco, ma una ben precisa procedura. Il vetro smerigliato delle camere di grande
formato non un rettangolo perfetto, ma smussato agli angoli. Questo fatto
innanzitutto per lasciare entrare l'aria quando si estende il soffietto, che diversamente si
allungherebbe con difficolt e chiudendosi si gonfierebbe come un palloncino; in secondo
luogo per consentire al fotografo di vedere il foro del diaframma per controllare il cerchio
di copertura.
In pratica, dopo avere eseguito i movimenti voluti, si chiude il diaframma all'apertura di
lavoro, lasciando aperto l'otturatore, e si accosta l'occhio a quel triangolino vuoto agli
angoli del vetro smerigliato. Se da tutti e quattro gli angoli si vede con chiarezza il
poligono perfetto formato dal foro del diaframma, tutto va bene, se invece non si vede,
oppure si vede tagliato, vuol dire che c' una vignettatura meccanica. Se la vignettatura
non dovuta al paraluce, allora la colpa senz'altro di un cerchio di copertura
insufficiente.
Ricordiamo che il cerchio di copertura un parametro critico soprattutto quando si
utilizzano decentramenti e basculaggi del corpo anteriore.

Come procedere (e come evitare gli errori)


Il problema del fattore di posa
Per fenomeni attinenti all'ottica geometrica che non stiamo ad approfondire in questa
sede, la quantit di luce che giunge alla pellicola decresce proporzionalmente al crescere
dell'ingrandimento. Questo significa che a mano a mano che si allontana l'obiettivo dal
piano focale per fotografare soggetti vicini, la quantit di illuminazione per unit di
superficie diminuisce, e i valori esposimetrici rilevati con l'esposimetro separato non sono
pi validi. Questo un problema che si verifica sempre, non solo col grande formato: la
differenza sta nel fatto che le reflex dotate di esposimetro TTL compensano
automaticamente la caduta di luce. Il fenomeno di fatto trascurabile finch dall'infinito si
passa a rapporti di riproduzione prossimi a 1:10; ma quando il valore di R scende al di
sotto di questo limite, la caduta di luce inizia a farsi sensibile, e dev'essere compensata
mediante un proporzionale incremento dell'esposizione. Questo incremento prende il nome
di "fattore di posa" (exposure factor).

Zucche e noci fotografate in luce lampo con la tecnica dell'open flash: ambiente oscurato,
otturatore aperto, un flash fatto scattare manualmente tutt'intorno al soggetto, che in
questo modo viene illuminato da "pennellate" di luce successive. Soltanto l'esperienza
suggerisce la quantit, la direzione della luce e la distanza tra flash e soggetto utile a
garantire un'illuminazione uniforme e senza squilibri evidenti.
Rapporto di riproduzione di 1:2, con una caduta di luce pari a un diaframma.
Il diaframma impostato era f/45, ma la luce che giungeva alla pellicola era quella
corrispondente a f/64.
Camera: Wista Dx con dorso 45"/1012cm.
Obiettivo: Rodenstock Sinorar N 150mm f/5,6.
Pellicola: Fuji Velvia 50
Si possono usare due sistemi per determinare il fattore di posa.
Il primo strettamente matematico, il secondo pi empirico (ma funziona perch
fondato sulle leggi dell'ottica geometrica).
Il primo sistema fa ricorso ad una semplice formula:
F = (t / f)
dove F il fattore di incremento dell'esposizione, t il tiraggio, f la lunghezza focale

dell'obiettivo.
Esempio: con un obiettivo da 150 mm e un tiraggio (allungamento del soffietto) di 300 mm
si avr:
F = (300 / 150)
F = 2
F = 4.
Un fattore di posa pari a 4 significa che - a parit di tempo di otturazione - occorrer
incrementare l'esposizione didue diaframmi (ad esempio da f/32 a f/16), mentre - a parit
di diaframma - sar necessario quadruplicare il tempo di otturazione (ad esempio da 1/30
sec. a 1/8 sec.).
La seguente tabella render immediatamente comprensibile il concetto:
Fattore di posa 4 5,6 8 11 16
Incremento in
2 2,5 3 3,5 4
stop
Il secondo sistema, quello empirico, richiede di considerare la lunghezza focale
dell'obiettivo in centimetri anzich in millimetri e di effettuare una semplice conversione.
La procedura la seguente:
Si effettua la messa a fuoco del soggetto;
Si misura l'allungamento del soffietto con un semplice righello, prendendo come
punti di riferimento le due standarte (se non si usa un teleobiettivo, ma un obiettivo
a schema simmetrico, il piano nodale posteriore coincide quasi esattamente con il
piano su cui giace la piastra portaottica);
Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando
(per eccesso o per difetto) al valore pi vicino. Se ad esempio abbiamo misurato un
tiraggio di 20 centimetri, lo considereremo equivalente a f/22; se avremo misurato
35 cm, terremo a mente f/32;
Si trasforma la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri;
Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando
(per eccesso o per difetto) al valore pi vicino. Se ad esempio l'obiettivo ha una
focale di 180 mm (18 cm), noi la considereremo equivalente a f/16; un 210 mm sar
equivalente a f/22;
Si calcola quanti sono i diaframmi di differenza fra i due valori rilevati. Questo scarto
sar il fattore di posa da applicare.
Esempio: dopo avere messo a fuoco il soggetto, vediamo che il tiraggio pari a 47 cm.
Questo valore pu essere considerato come f/45. Sappiamo che l'obiettivo ha una focale di
210 mm (21 cm), paragonabile a f/22. Quanti sono i diaframmi che separano f/45 da f/22?
Sono due diaframmi. Allora noi incrementeremo l'esposizione di due diaframmi (o
quadruplicheremo il tempo di otturazione aumentandolo di due valori) per compensare la
caduta di luce dovuta al tiraggio.
Per dovere di cronaca, dobbiamo citare tutti quei regoli calcolatori, dischi graduati e
ammennicoli vari che consentono di ottenere - con procedure macchinose e molto
dispendio di energie - ci che si pu avere molto pi rapidamente grazie ad un semplice
calcolo. Vengono copiosamente pubblicizzati (e venduti) sui siti Internet americani che si
occupano di grande formato: sembra che oltreoceano la determinazione del
corretto exposure factor sia una preoccupazione primaria.

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