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Fisica statistica

Introduzione
Faremo lapprossimazione di gas perfetto:
1) Le particelle possono essere considerate come puntiformi, perci lo spazio a
disposizione tutto quello del recipiente;
2) Le particelle non sviluppano alcuna mutua interazione;
3) Gli urti tra le particelle e la superficie del recipiente sono completamente
elastici.
Spiegazione microscopica della pressione
Consideriamo un gas perfetto posto in un recipiente, ed analizziamo gli urti delle
particelle del gas contro una parete. Fissiamo i due assi di riferimento rispettivamente
paralleli ed ortogonali alla parete. Prendiamo in considerazione una particella in moto
con velocit

v , con direzione qualsiasi vista lequiprobabilit delle velocit e delle

direzioni dei corpi.

adiacente ad una parete del contenitore

Consideriamo un volumetto infinitesimo

e di base

d=v x t 0 , dove

particella gassosa, di velocit

t0

vx

lintervallo di tempo necessario affinch una

urti contro la parete. In generale, nel volumetto

infinitesimo avremo un numero particolarmente alto di particelle; di esse consideriamo


tutte quelle con ugual velocit

vx,

che urteranno o meno in tempi diversi la parete e

con velocit diverse. Tra le numerose particelle del volumetto, quante urteranno?
Ovviamente, le particelle che avranno
contrario, le particelle con velocit

v x

vx

positivo prima o poi urteranno la parete; al


non urteranno la parete, ma si

allontaneranno da essa. Poich le velocit sono tutte equiprobabili, il 50% delle


particelle avr velocit

vx

e laltro 50% velocit

v x : solo la met delle particelle

urta la superficie.
Supponendo le particelle siano distribuite in maniera uniforme nel volume, detto
il numero di particelle nel recipiente e detto

n=

il volume del recipiente, la formula

descrive il numero di particelle nel volume infinitesimo


saranno:

. E quelle che urteranno

N=

1N

2V

Si potrebbe obiettare che molte particelle hanno


velocit che permettono loro di uscire dal volumetto
infinitesimo; daltra parte, tuttavia, per
lequiprobabilit della distribuzione di particelle, per
un numero di particelle uscenti dal volumetto vi sar
un egual numero di particelle entranti che
compenseranno le perdite di particelle in uscita.
Varr perci:

=v x t 0

1N
n=
S v x t0
2V

Essendo le particelle microscopiche e di massa trascurabile rispetto alla massa della


parete che, dopo lurto, non si muover, varr, per la conservazione della quantit di
moto,

p x =2m v x
La quantit di moto scambiata totale sar pari al numero di particelle per lo scambio
della quantit di moto di una particella:

Q x=

1 N
N 2
S v x t 0 2 mv x =m S v x t 0
2 V
V

Le particelle, urtate contro la superficie, subiscono una forza che le fa rimbalzare in


direzione opposta, che sappiamo, per definizione, essere pari a:

f x=

Qx
N
=m S v 2x
t0
V

Per il principio di azione e reazione, la parete subisce una forza uguale ed opposta

F x =f x ,perci,
F x =m

N
S v 2x
V

Da qui, per definizione di pressione,

P=

Fx N
= m v2x
S V

La pressione identica, punto per punto, in ogni punto della superficie, in quanto
questi urti avvengono in maniera equiprobabile in ogni punto della superficie. Daltra
parte tuttavia non tutte le particelle del volume

hanno la stessa velocit. Per

questo sar necessario considerare la pressione media, che sar:

Px

N
2
m< v x >
V

Ovviamente questa formula pu essere applicata anche alle pareti orizzontali, con
formula:

P y

N
2
m<v y >
V

Ma la pressione su ognuna delle superfici sar la stessa per il caos molecolare: perci,
la pressione totale sar:

v >
3
2

N
2
2
2
v x >+ v y >+ v z > = m
3 M
N
P m
V
Sappiamo, per la legge dei gas perfetti,

PV =nRT P=

Dove

Na

N RT
V Na

il numero di Avogadro. Perci:

RT
m<v 2 > =
3 Na

Moltiplicando e dividendo per 2,

1
3 RT
m< v 2
= E0 >
2
2 Na
Dove

E0 >

lenergia cinetica media. Volendo calcolare lenergia associata ad una

mole di particelle,

3
N a < E0 > RT
2
Detta

lenergia totale ottenuta da tutte le particelle,

3
U= RT
2
Ancora, sfruttando i principi della termodinamica, sappiamo che:

c v=

( QT ) =( UT ) = 32 R
V

Dove si posto

Q=U

della relazione

Q=L+U

in quanto, non essendovi spostamento della parete, il lavoro


uguale a 0. Il calcolo vale ovviamente solo per particelle

puntiformi.
Distribuzione di particelle
Immaginiamo un sistema fisico, costituito da due recipienti a volumi

NS e N D

VSeV D

con

particelle ciascuno. I due contenitori sono

collegati da un setto che, ad un certo istante, viene aperto,


permettendo scambi gassosi tra i due fino al
raggiungimento dellequilibrio. Supponiamo inoltre il
sistema sia isolato dallambiente esterno.

VSV D

Alla fine del processo, sappiamo che varr:

Ps=P 0
Se inoltre supponiamo:

V s=V D
Possiamo aspettarci, alla fine, che valga:

N S =N D
Otterremo questa relazione intuitiva sfruttando solo strumenti statistici, e per un
qualsiasi sistema termodinamico, non necessariamente gassoso, in cui sono disposte
le diverse strutture atomiche.
Per analizzare tutte le possibili configurazioni delle particelle, consideriamo il seguente
esperimento mentale: immaginiamo di avere un secchio pieno di particelle; da esso
estraiamo una particella che lanciamo, in maniera del tutto casuale, in uno tra due
contenitori vuoti.
Qual la probabilit di centrare

Vs

rispetto a

V D ? Ovviamente, pi grande il

contenitore, pi probabile che venga centrato: capiamo perci che la probabilit di


centrare, con una singola particella, la scatola i-esima pari al rapporto

V i /(V S +V D )

, con i=S o i=D; non facciamo altro che usare la definizione di probabilit numero di
casi favorevoli diviso numero di casi possibili.
Immaginiamo dunque di voler iniziare a riempire il contenitore a sinistra; il primo
lancio avr probabilit:

P 1=

Vs
V

La probabilit di colpire con due lanci il contenitore di sinistra sar invece il prodotto
delle probabilit, perci:

Vs
V

( )

P2=

E, continuando questo ragionamento, la probabilit di colpire con

Ns

particelle il

primo contenitore sar:

V
PN = s
V

( )

Ns

La probabilit di centrare il contenitore di destra sar ovviamente la probabilit


complementare:

V
PN = D
V

NN s

V
= D
V

( ) ( )

ND

E dunque, la probabilit di colpire

Ns

volte il primo contenitore e

ND

volte il

secondo contenitore sar:

Vs
V

Ns

VD
V

( )( )

PN =

ND

Le particelle sono tuttavia tutte diverse. Dobbiamo quindi non soltanto considerare la
probabilit che le particelle centrino il contenitore di sinistra o di destra, ma con quale
distribuzione centreranno quello di sinistra e con quale distribuzione quello di destra.
Moltiplicando la probabilit per il numero di modi di disporre le particelle avremo la
probabilit di osservare

N!

NS

particelle nel recipiente di sinistra. Vi sono ovviamente

modi di disporre le particelle; tuttavia non ci importano ripetizioni: la

configurazione che presenta le particelle 1 e 2 nel primo recipiente la stessa che


presenta le particelle 2 ed 1. Al numero di modi possibile quindi necessario dividere
il numero di modi con cui le

Ns

e le

N D particelle possono disporsi nei loro

contenitori:

N!
N!
=
= N
N S ! N D ! N s ! ( N N S ) ! N S

( )

Abbiamo quindi una probabilit di trovare

Vs
P ( N s )= N
Ns V

Ns

VD
V

Ns

particelle nel primo contenitore pari a:

ND

( )( ) ( )

Poich abbiamo prima detto che

V s=V D =V /2 , varr:

1
P ( N s )= N
Ns 2

Ns

ND

1
2

1
= N
Ns 2

( )( ) ( ) ( )( )

Come ci aspettiamo, se i recipienti sono uguali, la probabilit su ogni singolo lancio di


centrare uno dei due recipienti di 1/2. Una probabilit tuttavia deve verificare il
principio di normalizzazione: la probabilit che avvenga un qualsiasi evento , per
definizione,
N

P= P( N s )=1
N s =0

Che viene verificata in quanto


N

1
P= P( N s )= N
N =0
N =0 N s 2

( )( )

N s=0

N!
1
N s ! ( NN s ) ! 2

()

Appare lespressione che descrive il binomio di


Newton:
N

1 1 N
N!
1
1 =1= +
=
2 2
N =0 N s ! ( N N s ) ! 2
N

( )

()

Perci la probabilit

P( N s )

rispetta quello

che il criterio di normalizzazione; inoltre un


termine sempre positivo, perci siamo sicuri
che rispetta tutte le propriet assiomatiche che
la caratterizza.
Qual , ora, il valore di

Ns

per cui la probabilit

massima? Si osserva che, graficando


massimo si ottiene per

P( N s ) , il

N/2

N s =N /2 .

Vediamo ora un approccio al problema pi macroscopico.


Consideriamo il caso generale di un contenitore unico di parametri termodinamici

P ,V , T , N
PV =

per cui vale:

N
RT
NA

Il recipiente unico pu essere immaginato come ununione di tanti piccoli recipienti


ideali. Allequilibrio, in ognuno di questi recipienti, quante particelle vi sono? Detti

V 1 ,V 2 V n i recipienti ideali e detto


varr, come possiamo intuire,

Ni

il numero di particelle nel volume i-esimo,

N i= V i=N

Dove

Vi
V

( )

descrive la distribuzione spaziale del numero di particelle, supponendo essa

sia uniforme allequilibrio termodinamico. Ovviamente dovr valere:


n

N i=N

N i =0

Quella che stiamo prendendo in considerazione detta macroconfigurazione:


analizziamo la configurazione delle particelle per ogni scatola di volume, senza
entrare nel dettaglio; la situazione qui descritta ben diversa. Esprimeremo la
macroconfigurazione con la n-upla ordinata:

{ N 1 , N 2 N n } {N i }

Che definisce univocamente la nostra configurazione

macroscopica.
La probabilit osservata prima

N s , ma di n variabili

sar perci non pi una funzione di una variabile

N i , il cui massimo pu essere trovato attraverso lhessiano.

La distribuzione ottenuta in questo caso non sar del tipo binomiale, ma multinomiale,
che possiamo ottenere con il solito ragionamento: immaginiamo di lanciare una
particella nel contenitore; la probabilit di centrare il volumetto
lancio sar proporzionale a

V i /V , e centrarlo con

Ni

Vi

in un singolo

particelle sar proporzionale

a:

Vi
V

Ni

( )

Ripetendo un analogo ragionamento con un qualsiasi altro volumetto, otteniamo che


la probabilit totale sar proporzionale a
n

i=1

Vi
V

Ni

( )

Fattore che, come visto prima, va moltiplicato con il numero di possibili combinazioni
che, in questo caso, vale:

N!
N1 ! N2! N n!
Che possiamo comprendere in questo modo: molte configurazioni sono in realt
ripetute (come nel caso 12 e 21 visto nella situazione pi semplice), perci vanno
ridotte di un fattore per ogni volumetto (appunto, i fattoriali al denominatore). Varr
perci:

P ( { N i })=

n
Vi
N!

N i ! i=1 V

( )

Ni

Ni

n
Vi
N!

V N i=1 N i !

Lespressione sempre positiva, e rispetta le condizioni di normalizzazione, come


dimostrato dal teorema multinomiale di Newton, perci una probabilit. Effettuando
le n derivate parziali e osservando lhessiano, si trova che la soluzione che massimizza
la funzione probabilit per:

N i=N

( VV )
i

Che abbiamo gi trovato intuitivamente.


Considerazioni energetiche
Come si possono applicare le considerazioni fatte alle distribuzioni di particelle nei
volumi alle distribuzioni di energia? Ci chiediamo in altre parole come lenergia del
sistema distribuita tra le particelle.
Immaginiamo al solito un sistema di N particelle, la cui mutua interazione
trascurabile, a temperatura T. Supporremo che le particelle siano distinguibili, cio
etichettabili, analizzabili singolarmente (ipotesi di Maxwell-Boltzmann).
Detta E lenergia totale, ogni particella avr una certa energia; immaginiamo di
dividere lenergia totale E in S range di energia

1 , 2 , , S ,

con valori medi

1 , 2 , , S ; le particelle avranno unenergia che ricadr in uno di questi intervalli


energetici. In questo modo, lenergia totale, di natura unicamente cinetica (in quanto
lenergia dinterazione si supposta trascurabile) sar:

n i i=E
i

Ovviamente lenergia di una singola particella non potr essere maggiore di E, perci

i [0, E] .
Varr inoltre

n i=N
i

Dove N il numero totale di particelle. Fatte queste considerazioni, possiamo


assimilare questa situazione alla precedente, immaginando i diversi range di energia
come le scatole di volume

Vi

viste prima, e analizzare quale sia la probabilit, da

parte di una particella, di rientrare in una banda energetica rispetto ad un altra, allo
stesso modo di come si calcolata la probabilit che una particella si trovasse in uno
dei volumi in cui si era diviso il recipiente. Consideriamo perci il macrostato

{n1 , n2 nS } {ni }

, di particelle nel livelli energetici medi

{ 1 , 2 , , S } { i } .

C per da fare una precisazione: in ogni livello energetico 1 con valor medio

i , una particella non pu avere un qualsiasi valore di

1 , ma soltanto un certo

numero di valori discreto. Questa peculiarit trova maggiore spiegazione nella


meccanica quantistica. Per ogni livello
avere solo un certo numero

gi

i , supponiamo perci una particella possa

di valori energetici, che chiamiamo sottolivelli

energetici. Chiamiamo

gi =G
i=1

Il numero di tutti i livelli energetici possibili nel sistema. Quello analizzato qui
stavolta una configurazione microscopica o macrostato: stiamo infatti prendendo in
considerazione lenergia possibile di ciascuna particella; supporremo tutti i microstati
siano equiprobabili: i macrostati, al contrario, rappresentati dai paccetthi

i , non

sono tutti equiprobabili. Un macrostato infatti pu avere pi sottolivelli energetici, e


dunque pi particelle: pi sono le particelle di una certa energia, pi probabile
trovare una qualsiasi particella con quellenergia.
La probabilit di avere perci

ni

particelle nei g sottolivelli, analogamente al caso

dei volumi, data da:

gi
G

ni

( )

E la probabilit complessiva sar dunque:

P ( { ni } ) =

gi
N!

n1 ! n2 ! nS ! i=1 G

( )

ni

Detta distribuzione di Mawell-Boltzmann. Come si detto, il significato dei sottolivelli


si pu meglio comprendere solo se applicato alla meccanica quantistica, ma lo si pu
associare anche ad un esempio meccanico: si possono, ad esempio, immaginare i
sottolivelli come le direzioni e i versi ammissibili dalle velocit delle particelle entro un

gi

tutti

{n 1 , , nS }

che

cono di data apertura. Tutti i coni saranno ovviamente uguali, essendo i


equiprobabili.
Analogamente a prima, ci chiediamo ora quale sia il macrostato

massimizza questa probabilit, al fine di osservare lenergia pi probabile per una


particella.
Si osservi che la funzione P deve per rispettare i vincoli

ni i=E

ni=N ,

che ne limitano il numero totale di particelle e lenergia totale: trovare dei massimi o
minimi per P diventer quindi un problema di massimi e minimi vincolati.
Riprendiamo:

ni

P ( { ni } ) =

ni

gi
g
N!
N!
= N i

n i ! i=1 G G i=1 ni !

( )

Osserviamo che le

ni

sono ovviamente variabili discrete; non sarebbe possibile

dunque trovare massimi o minimi della funzione effettuando le derivate. Consideriamo


allora

x i ni /N , che un numero razionale, di cui possiamo fare la derivata: in

effetti, essendo

una quantit paragonabile al numero di Avogadro, la grandezza x

pu essere considerata quasi continua.


Per praticit inoltre non deriveremo la stessa funzione P, ma il suo logaritmo: la
funzione logaritmo monotona crescente, dunque, per un massimo osservato per
logP, si potr osservare un massimo anche per P: questo trucco ci permetter di
trasformare tutte le produttorie e i prodotti in somme che saranno pi semplici da
trattare. Ci servir inoltre la formula di Stirling:

log ( n ! )=nlognn+log 2 n+o

( 1n ) nlognn

Si osserva infatti che gli ultimi termini sono trascurabili, poich il

log 2 n

va

allinfinito pi lentamente degli altri: considerando che il numero di particelle che


stiamo qui trattando enorme, lapprossimazione pi che adeguata. Questo inoltre
comporta che, dividendo tutto per n,

1
1
log n !=log n1+ log 2 n
n
n
Per n molto grande, il termine

1
log 2 n
n

tende a 0: lerrore relativo su questa

quantit, dunque, anchessa trascurabile. Varr perci:

n !=e n lognn
Perci, applicando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange per massimi e minimi
vincolati,

log ~
P ( { ni } ) =log P ( { n i } )

Dove

( n N ) ( n E )
i

~
P la probabilit vincolata, e

i i

sono le costanti di Lagrange.

log ~
P ( { ni } ) =log N !N logG+ ( ni log gi ni log ni +ni )
i

( n N ) ( n E )
i

Da qui, deriviamo:

log ~
P ( { ni } )
nk

= ik ( log g k log nk 1+ 1 ) k =log gk log nk k


i

i i

Si avr perci un punto critico per:

log gk log nk k =0
log

gk
= + k
nk

Che un sistema di equazioni non associate.

g k +
g
nk = +k
=e
nk
e
k

Resta da determinare i parametri

attraverso le condizioni al contorno. Daltra

parte sappiamo che:

N= nk =

k
+ k

Da cui ricaviamo

1
1


g e e = gk e
k
N k
e k
k

. Sostituendo,

nk
g e
= k
N gi e

Resta ora da trovare


seconda condizione

, calcolo che si dimostrer molto pi arduo. Applichiamo la

n i i=E
i

ad ambo i membri:

k gk e

nk
g k e
1
E
=
n k k = = k
= ( )>

N gi e
N k
N
g i e
k

Ed essendo

E/ N=3 /2 KT ,

>

funzione della temperatura, cos come

pu dimostrare che, se due sistemi termodinamici sono allequilibrio, il loro

. Si

lo

stesso: si parla di equilibrio statistico. Per questo conviene analizzare un sistema


molto semplice dove

si pu calcolare in maniera meno complicata: da qui,

qualsiasi sistema alla stessa temperatura, avr lo stesso valore del parametro cercato.
Consideriamo allora un sistema costituito da un gas ideale. In questa situazione,
lenergia puramente cinetica, perci vale:

1
= m v2
2

E le velocit variano ovviamente con continuit, non in maniera discreta; dovremo


perci ritrasformare le nostre formule in un caso integrale. La formula precedente
diventer, passando al continuo,

dn e dg
=
N e dg
Nonostante il numero di sottolivelli possa essere molto grande, lo si pu sempre
considerare piccolo rispetto alla grande mole di particelle presente nel sistema.
Introduciamo la funzione

g( ) , come densit numerica di sottolivelli per livello

energetico: in altre parole, descrive il numero di livelli energetici per unit di livello
energetico compreso tra

+ d ; varr perci:

dg=g ( ) d

dn g( ) e d
=
N g ( )e d

1
= m v 2 , possiamo definire analogamente a prima, la densit
2

Ora, essendo

numerica di livelli energetici per velocit della particella, che per praticit chiameremo
sempre

g :

dg=g ( v ) dv
1

m v

dv
dn g(v) e 2
=
1
m v
N
g (v ) e 2
dv
2

E, riapplicando la condizione vincolare, integrando da 0 a

E
= =
dn
N
N

m
2 g (v ) e

1
2
m v
2

g( v)e
dv

1
2
m v
2

v 2 dv

Spostiamoci ora nello spazio delle velocit, cio lo spazio euclideo di assi descriventi le
componenti

vx, vy,vz

delle velocit. Converr esprimere tutto in coordinate polari

(v , , ) . Volendo analizzare le velocit tra v e v+dv, andiamo a conti fatti ad


analizzare le velocit comprese nella corona sferica di spessore dv.

Detto

il volume di un pezzetto di corona, varr, per il cambio di coordinate,

d=v 2 sendvdd . Perci, detto

il volume della corona sferica,

d=v 2 dv sin d d=4 v 2 dv


0

E chiamiamo dm il numero di particelle a velocit

contenute allinterno della

corona, varr:

dm= Ad= A 4 v 2 dv
Dove A un fattore di normalizzazione che descrive il numero di particelle a velocit v
per unit di volume. Ricordiamo che
per unit di velocit compresa tra

g ( v )=

g( v)
e

descrive proprio il numero di particelle

v + dv , perci:

dm
2
=A 4 v
dv

Dunque:
1
2
m v
2

v 2 dv
E 1 A4v e
= m
1
m v
N 2
'
A 4 e 2
dv
2

Questo un particolare tipo di integrale nella forma:

I n= e x x n dx
0

Per risolverli, osserviamo che i seguenti integrali presentano in realt una regola
ricorsiva: consideriamo i primi termini

I 0 = e

dx I 1= e x xdx
0

I 2 = e x x 2 dx I 3= e x x 3 dx
0

Vediamo che, se deriviamo rispetto a

d
x n
I n=
e
x dx= e x x n+2 dx=I n+2
d
0
0
2

Che la regola ricorsiva che cercavamo. Poich i nostri integrali sono di ordine 2 e 4,

I2 =

d
I
d 0

I 4=

d 2
I0
d2
I0 :

Calcoliamo perci

I 0 = e

1
1
dx= e x dx=
2
2

Dunque:
1

2
I0 =
2

I2 = 2
4

3
I 4=
8

5
2

Sostituendo questi risultati negli integrali cercati,

3
1
m
2
E 1 8
= m
N 2 1
1
m
4
2

(
(

5
2

)
)

Si ottiene il valore di

3
2

3
2

E poich vale:

E 3
= KT
N 2

1
KT

Sostituendolo nellequazione di Maxwell Boltzmann,

KT

dn g( ) e d
=

N
g ( )e KT d

Poich, abbiamo visto, il valore di

vale per qualsiasi situazione, possiamo anche

ritornare nel caso discreto con:

nk
gk e KT
=

N
g
e
i KT
i

Poich n rappresenta il numero di particelle con energia compresa tra


diviso per tutte le particelle il rapporto

n/ N

d la probabilit di osservare una

+ d , che chiamiamo

particella ad energia

e +d ,

P ( ) d .

Attenzione: i seguenti passaggi contengono alcune impropriet, ma sono


quelli descritti dal docente; per una spiegazione pi rigorosa, vedere a fine
documento la nota 1.
Consideriamo il caso particolare dei gas perfetti, dove lenergia puramente cinetica:
2

P ( v x , v y , v z ) d v x d v y d v z=

m ( v x +v y +v z )
2 KT
2
x

d vxd v yd vz

2
y

m ( v +v +v 2z )
2 KT

Si osservi che scomparso il fattore

d v x d v y d vz
g ( ) : poich conosciamo le componenti di ogni

singola velocit di ogni singola velocit, non pi necessario considerare una densit
di velocit, possiamo fare una trattazione caso per caso. La funzione al denominatore
viene detta funzione di partizione:
2

Z = e

m ( v x +v y + v z )
2 KT

d vx d v y d v z

Ci proponiamo di calcolare questo valore, separando i tre integrali:

Z = e

mv x
2 KT

d vx e

mv y
2 KT

mv z
2 KT

d v y e

d vz

Poich gli integrali sono tutti nella stessa forma,

Z=

mv 2x
2 KT

d vx =

( ) (

m
2 KT

2 KT
m

3
2

Perci la formula finale avr unespressione del tipo:

2 KT
f ( v ) d v x d v y d v z=
m

3
2

m ( v x +v y +v z )
2 KT

d vx d v y d vz

O, in coordinate sferiche,

2 KT
f ( v ) v sin dvdd=
m

3
2

mv
2 KT

v 2 sin dvdd

Integrando rispetto alle variabili angolari,

2 KT
f ' ( v ) dv =4
m

3
2

m v
2 KT

v 2 dv

Lespressione ha una forma a campana, schiacciata a seconda della temperatura:

Velocit particolari sono le velocit per cui

f (v ) , e dunque la probabilit, massima,

che rappresenta la velocit pi probabile in cui osservare le particelle. La velocit pi


probabile tuttavia non la velocit media

v f ( v ) vd v
0

v > , dove:

N rappresenta il valore della velocit quadratica media.


Correzioni quantistiche
La statistica di Maxwell-Boltzmann non tiene in considerazione di molte problematiche
determinanti nella meccanica quantistica. Primo, non tutte le particelle sono
distinguibili: il problema in questo caso non pu essere caratterizzato da
unhamiltoniana in grado di risolvere completamente il moto. Secondo, non sempre
possibile mettere in maniera arbitraria le particelle in un determinato sottolivello
energetico se il livello energetico gi occupato. Le particelle che sono indistinguibili
sono dette bosoni e seguono la statistica di Bose-Einstein. Le particelle, indistinguibili,
non in grado di accoppiarsi energeticamente in maniera arbitraria sono dette fermioni,
che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac. Le altre particelle sono dette classiche
o boltzoni.
Immaginiamo di avere un certo livello energetico fissato
numero di sottolivelli
voler disporre

ni=2

con un determinato

gi : supponiamo siano tre i livelli accessibili, e immaginiamo di


particelle. Descriveremo i tre sottolivelli con tre linee: come

possiamo disporre le nostre particelle a e b?

Supponiamo ora per di non poter distinguere le particelle, come nella statistica di
Bose-Einstein:

e infine, nel terzo caso, dove non si possono accoppiare i livelli energetici, come nella
statistica di Fermi-Dirac:

Immaginiamo ora di avere non due ma tre particelle: se fossero distinguibili,

Di cui abbiamo preso solo alcune configurazioni: notiamo che, allaggiunta della terza
particella, il numero di configurazioni decisamente aumentato. Se consideriamo
invece dei bosoni

x ,

Vediamo che per la configurazione con particelle distribuite su tre livelli (sei nel caso
della statistica di Boltzmann) corrisponde una sola configurazione nella statistica di
Bose-Einstein. Nella statistica di Fermi-Dirac, invece, ne corrisponde soltanto una per
qualsiasi configurazione di tre particelle:

Vediamo che quindi, a seconda delle particelle, le configurazioni possono cambiare


radicalmente.
Consideriamo, stavolta, tre livelli energetici

i i=1,2,3 , ciascuna con tre sottolivelli e

immaginiamo di voler distribuire tre particelle. Se volessimo ripetere lo stesso


ragionamento fatto per Maxwell-Boltzmann del lanciare le particelle nei contenitori,
osserveremmo che verrebbe confutato un importante criterio da cui si partito, cio
dellequiprobabilit delle distribuzioni: nel caso delle statistiche di Bose-Einstein e
Fermi-Dirac alcune configurazioni sono proibite, perci hanno probabilit 0: si perde
lequiprobabilit.
Distribuzione di Bose-Einstein
Cerchiamo perci di capire come varia la distribuzione considerando la distribuzione
nel livello energetico i
di avere perci

ni

supponendo le particelle siano indistinguibili. Immaginiamo

particelle: se volessimo dividerle in setti, dovremmo creare

gi1

setti separatori per creare

gi

sottolivelli energetici. In quanti modi possiamo

disporre particelle e setti? Certamente, in

( ni + gi 1 ) !

configurazioni. Abbiamo per

ni ! modi di combinare le particelle da escludere, poich, nellipotesi di


indistinguibilit, non ci importa come esse possano essere combinate; analogo
discorso per i setti, anchessi indistinguibili. Il numero di modi diversi per combinare
particelle e setti sar perci:

S i=

( ni + gi 1 ) !
( gi1 ) ! ni !

Poich le celle energetiche sono indipendenti, questa stessa modalit si ripeter


analogamente in tutte le altre celle i +1 , i+2

etc. Perci, volendo considerare le

configurazioni dellintero sistema,

S=
i=1

( ni + gi1 ) !
( gi1 ) ! ni !

Dove varranno ancora una volta le condizioni:

n i=N ni i=E
i

Lespressione S una probabilit? I fattoriali sono sempre positivi, quindi il primo


principio assiomatico della probabilit verificata. Si osserva che per il numeratore
decisamente pi grande del denominatore, perci S sar sempre pi grande di 1.
Affinch sia una probabilit, necessario normalizzare la distribuzione con un
coefficiente

C BE , detto appunto di Bose-Einstein, ottenibile imponendo la condizione

di normalizzazione:

PBE =

( ni + gi1 ) !
1

C BE i=1 ( gi1 ) ! ni !

P BE ({ni })=1 C1
{ ni }

{ ni }

BE i=1

( n i+ g i1 ) !
( g i1 ) ! ni !

Perci,

C BE=
{ni } i=1

( ni + gi1 ) !
( gi1 ) ! ni !

E in questo modo viene verificata la condizione di normalizzazione.


Massimizziamo la funzione

PBE

al fine di osservare la configurazione pi probabile,

utilizzando il solito trucco dei logaritmi e il criterio dei massimi/minimi vincolati di


Lagrange:

log ~
PBE =log P BE

( n N ) ( n E )=
i

i i

log ( ni + gi1 ) !log ( gi1 ) !log n1 !


()

( n N ) ( n E )=
i

i i

log C BE +
i

E, sfruttando la formula di Stirling,

log C BE + ( ni + gi1 ) log ( ni + gi 1 )( ni+ g i1 ) log ( gi1 ) ni log n1ni

( n N ) ( n E )
i

Derivando,

~
log P BE
=11+log ( n k + g k 1 ) 1log n k +1 k =
nk
log ( nk + g k 1 )log nk k
Perci la funzione ammette un punto critico per:

log ( nk + g k 1 ) log nk k =0 k =1,2,3


Cio:

( nk + gk 1 )
nk

=1+

E isolando

nk =

g k 1 +
=e
nk

nk ,

g 1

k
+ k

Che differisce dal termine osservato nella distribuzione di Maxwell-Boltzmann per un


fattore -1: il -1 al numeratore, nel caso di livelli energetici molto numerosi, pu essere
trascurato. A differenza della distribuzione di MB, tuttavia, qui non possibile
esplicitare

in maniera analitica, ma in maniera esclusivamente numerica

attraverso un calcolatore.

, al contrario, pu essere calcolato utilizzando la stessa

metolodogia usata in passato: poich

, presi due sistemi in equilibrio tra loro, lo

stesso per entrambi i sistemi, possiamo trovare questa costante nel sistema
termodinamico pi semplice da trattare, cio quello costituito da un gas ideale: come
visto prima,

=1/ KT

i i

Distribuzione di Fermi-Dirac
Ritorniamo alle possibili combinazioni di setti e particelle, che era

( ni + gi 1 ) !

. In

questo caso il numero di configurazioni cala drasticamente, in quanto non possibile


per due fermioni occupare lo stesso livello energetico. Deve perci necessariamente
valere

ni gi , poich, al pi, in un sottolivello si pu avere una particella. Come

ridurre le possibili configurazioni con questi vincoli? Sappiamo che, volendo arginare
le particelle in dei setti,

gi1

disporlo; il secondo setto avr

in tutto, abbiamo, per il primo setto,

gi1

gi2 modi di essere disposto; il terzo setto

modi di

gi3

etc: bisogna per assicurarsi che, in un setto, non vi siano mai due particelle, e la
distribuzione dei setti non pu tenere questo in considerazione.

Questo metodo di distribuzione non si dimostra quindi efficace per il calcolo delle
nostre configurazioni. Cambiamo perci punto di vista: immaginiamo di aver gi posto
i setti, e di voler distribuire le particelle in modo che esse non siano mai nello stesso
setto: la prima potr essere distribuita in

gi

modi diversi; la seconda in

gi1

modi, poich uno dei setti gi occupato.

In questo modo possiamo assicurarci che i setti separino sempre due particelle. Varr
perci che le configurazioni sono:

gi ( g i1 ) ( gi2 ) (g ini +1)


Che vanno ridotte di

ni ! , in quanto dobbiamo ricordare che, essendo le particelle

indistinguibili, le loro disposizioni non influenzano le configurazioni.

S=

gi ( g i1 ) ( gi2 ) ( g ini +1 )
ni !

Moltiplicando e dividendo per

S=

gi ( g i1 ) ( gi2 ) ( g ini +1 )
ni !

( gini ) ! ,
( gini ) !
( gini ) !

Perci:

S=

gi !
ni ! ( gini ! )

Volendo dunque considerare le combinazioni tra tutti i possibili sottolivelli energetici, si


avr:

S FD =
i

gi !
ni ! ( gini ) !

Che non ancora una probabilit (sebbene sia sempre positiva), in quanto va
normalizzata come visto nella statistica di Bose-Einstein:

PFD ( { ni } ) =

gi !
1

C FD i ni ! ( gini ) !

Con un ragionamento analogo, otteniamo:

C FD=
i

{ni }

gi !
ni ! ( g ini ) !

A cui aggiungiamo le solite condizioni al contorno:

n i=N ni i=E
i

Ed effettuiamo le solite operazioni di massimizzazione:

( g ini ) !
log gi !log ni !log

() ni N n i iE =

) (

~
P FD =logC FD +

log
E usando Stirling,

( gini )
log gi !n i log ni ni(gin i) log (gin i)

( ) niN ni iE

) (

~
PFD =logC FD+

log
Deriviamo perci per trovare il massimo:

~
P FD
log

g k n k
log
k =0

nk

log

gk

( )
nk

nk=

1 = + k
g

k
+ k

+1

, come nella distribuzione precedente, non calcolabile

La costante

analiticamente; il valore di

come al solito

1 / KT .

Riassumiamo perci le equazioni finora trovate per ogni statistica:

MB :

nk
1
=
=f MB

gk
+
e KT
k

n
BE : k =
gk
nk
FD : =
gk

Dove

1
+

k
KT

=f BE
1

1
+

k
KT

f =nk /g k

=f FD
+1
descrive il grado di occupazione medio di un livello energetico k-

esimo.

Grafichiamo le tre distribuzioni


temperatura. Seppure i valori

in funzione dellenergia ad una fissata


siano discreti, essi, nel macroscopico, sono cos

fitti da poter essere immaginati come continui.

Vediamo che il numero di particelle presenti in livelli particolarmente alti molto


basso, ma aumenta allaumentare della temperatura.

In questo secondo grafico, osserviamo che le curve sono pi schiacciate: nella


statistica di Bose-Einstein, le particelle tendono ad essere pi numerose a livello
energetici bassi.
La distribuzione di Fermi-Dirac ha invece un aspetto molto diverso: prima di tutto si
osserva che la costante

, a differenza delle altre distribuzioni, negativa. Per

questo converr effettuare un cambio di variabile:

F
KT

E la funzione assume lespressione:

f FD=
e

k F
KT

+1

Vediamo che, nellascissa

(detta energia di Fermi), la funzione

assume valore 1/2; nasce una problematica tuttavia per


presente, in
a

sia a

T 0 , in quanto

F , una discontinuit di tipo salto: lesponenziale infatti pu tendere sia

a seconda se si considera il limite destro

k F (positivo) o

sinistro (negativo). Questa situazione il caso particolare in cui le particelle, allo zero

assoluto si sono disposte si sono disposte tutte in livelli energetici compresi tra 0 e

F : per

= F , il livello

riempito a met. Aumentando la temperatura, le

particelle hanno la possibilit di occupare nuovi livelli energetici:

E si osserva che, inoltre, al variare di T, tutte le curve passano per il punto

1
( F , ) .
2

Le tre distribuzioni, come ricordiamo, descrivono le particelle che massimizzano la


probabilit di essere osservate ad una certa temperatura. Si pu dimostrare che
queste particelle coincidono, nel caso in cui la distribuzione multinomiale sia
approssimabile a gaussiana, con il numero medio di particelle:

n1= n 1>

Calori specifici
A basse temperatura, si osserva sperimentalmente che il calore specifico molare di un
corpo cristallino si mantiene costante al valore di 3R. Questo principio si dimostr
errato quando, allinizio del 900, si riusc a raggiungere temperature particolarmente
basse in grado di mostrare come il calore specifico diminuisse fino a tendere
asintoticamente a 0.
Consideriamo perci un solido atomico o molecolare. Per analizzare il sistema,
utilizzeremo la statistica di Maxwell Boltzmann. La qual cosa non ci deve sorprendere:
le particelle, soggette allagitazione termica, tendono ad oscillare attorno alla loro
posizione di equilibrio, approssimativamente come un oscillatore armonico; dunque,
sebbene le particelle siano in s indistinguibili, possiamo ben definirne la posizione in
un determinato punto, essendo le loro oscillazioni piccole. Considereremo dunque le
particelle distinguibili.
La statistica di Maxwell-Boltzmann ci assicura che:

ge
PMBi = i
gk e
k

Volendo calcolare il valor medio dellenergia, per definizione si ha:

i PMBi =
i

i g i e
i

g k e
k

Ricordiamo poi la definizione di calore specifico molare a volume costante:

cv=

( QT )

Fattore calcolabile facilmente sperimentalmente: ad esempio, ponendo un corpo ad


una certa temperatura in un ambiente ad una diversa temperatura: vi saranno scambi
di calore e variazioni di temperatura misurabili, permettendo dunque il calcolo di

cv .

Inoltre, essendo il volume mantenuto costante, vale

Q dU
=
T
dt
Poich tutti gli scambi di calore corrispondono a variazioni energetiche che non
includono il lavoro. Si ottiene perci:

cv=

( dUdt ) =( dEdt )
V

Dove E lenergia totale del sistema, essendo questi isolato. Otteniamo perci il
legame tra

> ed

E.E

stesso sar caratterizzato da due contributi:

riconducendo al modello delloscillatore armonico, si avr un contributo cinetico,


dovuto al moto delle particelle, e un contributo potenziale, dovuto alla forza di
richiamo che riporta la particella alla posizione di equilibrio. Sotto questa
modellizzazione, consideriamo i diversi macrostati che costituiscono il sistema:
sappiamo che, in questi casi, possiamo supporre i livelli discreti dellenergia cos fitti
da essere continui, ed esprimere in forma integrale lespressione vista in precedenza:
E

g ( ) e d

0E

g ( ) e d
0

Dove, come visto nellanalisi dello studio della distribuzione di Maxwell-Boltzmann,

g ()

descrive, nel macroscopico, una densit numerica di sottolivelli energetici per

unit di energia. Poniamoci, per praticit, in un sistema di oscillatori


monodimensionali, cio costituiti da oscillatori in moto unicamente lungo unasse, ad
esempio lasse

x . In questo caso, vi una solo modo in cui pu distribuirsi la

velocit, cio lungo lasse x, e poich lenergia dipende da essa, vi ununica


configurazione energetica permessa dalle particelle, dunque

g ( )=1 . Ovviamente

non esistono solidi le cui molecole oscillano totalmente ed unicamente in una sola

direzione: tuttavia possiamo immaginare questa oscillazione tridimensionale come la


composizione di tre oscillazioni monodimensionali, che possiamo analizzare volta per

g ( )=1 . Dovremo perci risolvere lintegrale:

volta appunto considerando


E

e d

0E

e d
0

Lintegrale al numeratore pu essere svolto per parti; un metodo di risoluzione pi


rapido pu essere applicato osservando che:
E

e d
0

e d

[ ]

d
d
e
=
log e d =
log
d
d

Possiamo inoltre suppore di poter estendere lintegrale ad infinito: per E molto grande,
il termine al denominatore fa tendere a zero molto rapidamente tutta lespressione:
commettiamo dunque un errore trascurabile supponendo

E :

e d

e d

[ ]

d
e
d
1 d
1
=
log
=
log = log = =KT
d
0 d
d

Che lenergia media per particella: perci, volendo considerare lenergia totale,

E=N < NKT =RT


E volendo generalizzare ad un sistema di oscillatori tridimensionali,

E=3 RT
Perci,

c v=

dE d ( 3 RT )
=
=3 R
dT
dT

Che detta legge di Dulong e Petit. Dunque, in base ai calcoli fatti, verificati
sperimentalmente, si potrebbe dire che il calore specifico costante e appunto pari a

3 R , supposizione falsa come detto prima: sotto i 50 Kelvin, landamento, di forma


cubica, decrescente a 0. Lerrore scaturisce dallaver utilizzato unespressione
continua dellenergia, supponendo che, considerando i macrostati, si potesse passare
con continuit da uno stato energetico allaltro delloscillatore. Planck fu tra i primi a
supporre di quantizzare lenergia di questi oscillatori:

i =ih

Dove

la frequenza delloscillatore. In realt, neppure questa formula si dimostra

del tutto corretta; la formula pi giusta infatti:

( 12 ) h

i = i+

Fattore che, come vedremo, non influenzer i calcoli finali, in quanto il termine 1/2
sparisce in seguito alla derivazione. Il termine aggiuntivo 1/2 implica che anche a per
i=0 lenergia non nulla, ed legato al principio di indeterminazione:

p x
Se loscillatore, per i=0, infatti, fosse perfettamente fermo, si conoscerebbe con
certezza sia posizione che quantit di moto del corpo.
Svolgiamo dunque lintegrale visto in precedenza supponendo discreti i livelli
energetici.

(
i

(i + ) h
1
2
i+ h gi e
2

( 12 )h

k+

gk e
k

Considerando ancora una volta la supposizione fatta di oscillatori monodimensionali,

(
i

( i+ ) h
1
2
i+ h e
1
( i+ ) h
2
d
2
=
log e
1
k+ h
d
i
( )
e 2

Anche qui faremo la stessa supposizione che la somma (prima integrale) possa essere
estesa fino allinfinito.

(i + ) h
d
2
>
log e
=
d
i =0

log e
d

h
2

e
i=0

ih

) (

Appare una serie geometrica di ragione

1
d
1
1
d
> h
log
= h + log ( 1eh ) =
h
2
d
2
d
1e

x=e( h ) , che convergente se e soltanto se

|x|<1 , condizione ovviamente verificata.

i
d 1
1
d
=
h + log eih = h
log ( eh )
d 2
2
d
i=0
i=0

1
h eh 1
h
h+
= h+ h
h
2
( 1e ) 2
e 1
Che osserviamo essere un valore completamente diverso da RT. Come prima,
consideriamo lenergia totale ottenendo:

E=3 N < 3

( N2 h + e Nh1 )
h

Perci,
h

c v=

( dEdT ) =3 Nh dTd ( e
V

1
h
KT

( ( )( ))
e KT

=3 Nh

(e

h
K

h
KT

-1
T2
2

N ( h )
=3
K T2

(e

h
KT

h
KT

Moltiplicando e dividendo per la costante di Boltzmann e ricordando che

NK =R ,

otteniamo il risultato finale:

h
c v =3 R
KT

( )(
e

e KT
h
KT

Analizziamo landamento di questa funzione: per

T , possiamo sviluppare

e KT =e x 1+ x , oltre ad osservare landamento a 1 del numeratore:


c v 3 R

h
KT

( )

1
=3 R
h 2
KT

( )

Che la legge di Dulong-Petit, che, come abbiamo gi osservato, funziona per


temperature relativamente alte. Per temperature prossime allo zero, invece, sia
numeratore che denominatore tendono ad infinito: lesponenziale al denominatore al
quadrato, tuttavia, va ad infinito pi rapidamente, perci lespressione tende a 0.
Landamento descritto perci il seguente:

Che, ricordiamo, in realt NON valido per temperature molto vicine allo zero, in
quanto il vero andamento non esponenziale, ma cubico. Una curva pi precisa fu
ottenuta una decina di anni dopo gli studi di Einstein, da parte di Debye. Landamento
qui ottenuto, non in accordo coi dati sperimentali, scaturita dalla supposizione che
gli atomi in un solido non si influenzino gli uni con gli altri. Gli atomi ovviamente nelle
loro oscillazioni urtano, ma, a temperature relativamente alte, queste interazioni
dovute alle oscillazioni sono trascurabili, per la loro completa casualit e la tendenza,
degli atomi, a passare pi tempo agli estremi che al centro di oscillazione. Gli urti, radi
ad alte temperature, diventano per determinanti a bassissime temperature.
Debye suppose di voler considerare il solido come un corpo omogeneo unico in
vibrazione, e non come un insieme di oscillatori armonici. Il solido, visto come corpo
unico, possiede

3 Na

modi vibrazionali, in quanto non possiamo in ogni caso

abbassare i gradi di libert della vibrazione. Lenergia, vista in precedenza,

E=3

N a h
h

e 1

Si trasforma perci:
3Na

E=3
i=1

h i
h i
KT

e 1

Dove si trascurato il termine

( 12 h)

, considerando che, nelle successive

derivazioni, scompare in quanto costante.


Il problema si riconduce dunque allanalisi delle vibrazioni di un corpo esteso.
Allinterno del solido si instaura ovviamente unonda stazionaria, con dei ventri sulle
superfici.

Imponendo perci la stazionariet, i modi vibrazionali diventano:

n x =a cos n y =a cos n z =a cos


2
2
2
Dove gli angoli

, e

sono gli angoli dei coseni direttori che permettono la

proiezione sugli assi.


Comprendiamo, gi intuitivamente, che

ni 3 N a ; inoltre il limite sulle frequenze

permesse anchesso intuitivo: il solido in ogni caso costituito da atomi, e non


possiamo avere frequenze di vibrazione pi piccoli del passo reticolare del solido.
Effettuiamo la somma in quadratura della relazione precedente:
2

2 2 2
n x +n y +n z ) =a 2 ( cos 2 +cos 2 +cos 2 ) =a2
(
4
Consideriamo lo spazio delle fasi

n x , n y , n z . Ad ogni punto

( ni , n j , n z ) ,

contenuto nel

primo ottante, corrisponde un moto vibrazionale. Possiamo dividere il nostro ottante in


cubetti, con vertici in quattro punti. Associamo allora ad ogni cubo il suo punto pi
lontano dallorigine: in questo modo, avremo la corrispondenza di un punto per ogni
unit di volume; il volume stesso dellottante rappresenter il numero totale di modi
vibrazionali.

Detto

il volume della sfera di raggio

R= n 2x +n2y +n2z

contenuta nel solo primo

ottante,

14
R3
83

E poich vale:

R= n 2x +n2y +n2z =

2a

Si ha:

4 a 3 4 V
=
=
3
3 3

()

Esprimendo in funzione della frequenza,

4 V 3
=
3 u3
La velocit

dellonda ha, nei solidi, una componente longitudinale e due

trasversali, perci varr:

1 1 2
= +
u 3 u3L u 3T
Attenzione: i seguenti passaggi contengono alcune impropriet, ma sono
quelli descritti dal docente; per una spiegazione pi rigorosa, vedere a fine
documento la nota 2 (ANCORA NON PRONTA)
Volendo considerare una corona sferica infinitesima,

d=

4 V 2
v d
3
u

Detto

g ( )=

4 V 2

u3

Varr:

d=g ( ) d
Detto questo, ritorniamo perci allespressione dellenergia:
3N a

E=
i=1

h i
h i

e KT 1

Nello spazio delle fasi, possiamo trattare la somma come un integrale:

E=

d=

h
KT

e 1
M

Dove

h 3 4 V
d
h
3
3
u
e KT 1

la frequenza massima possibile:

4 V 3
M =3 N a
3
3u

M=

9 Nau3
4 V

Per risolvere lintegrale, poniamo:

x=

h
h
xM =
KT
KT

9 Na
KT
KT
=
x d=
dx
4 V
h
h

Perci,

4 Vh KT
E= 3
h
u

4 xM

( )

x3
e x 1 dx
0

La costante moltiplicativa la riassumiamo con la costante di Debye:


3

4 V KT
T
=
3

u Na h

( ) ( )

Perci:

T
RT

3 xM

( )

x3
e x1 dx
0

Svolgendo lintegrale, si ottiene che:

U
c v=
T

( )

Dunque,

4T R
=
3 15
V
cv

non ha una dipendenza esponenziale, ma cubica come si osserva

sperimentalmente.
Considerazioni elettroniche
Tutte le considerazioni fatte non prendono in considerazione le agitazioni elettroniche.
Volendo schematizzare gli elettroni come particelle di un gas, si otterrebbe che, per
temperature abbastanza alte, la

cv

associata agli elettroni sarebbe

calore specifico totale sarebbe dunque pari al contributo

3R

3/ 2 R . Il

del reticolo a cui si

somma il contributo elettronico. Ci per non si osserva sperimentalmente.


Evidentemente, lassunzione che gli elettroni possano costituire una nuvola analoga
a quelle di un gas sbagliata: la distribuzione di Maxwell-Boltzmann non si dimostra,
in questo senso, efficace. La distribuzione pi adeguata si dimostra essere quella di
Fermi-Dirac: gli elettroni possono occupare un solo livello energetico; per questo,
allaumentare della temperatura, gli elettroni non possono spostarsi in livelli gi
occupati. Al pi, potranno muoversi gli elettroni negli strati energetici pi esterni,
non comportando aumenti significativi di

c v , che pu essere trascurato.

Considerazioni dinamiche (da correggere)


Il sistema di N particelle in movimento analizzato da un sistema di 3N equazioni di
Hamilton. Tuttavia, possiamo applicare lo stesso modello di Debye analizzando il
sistema come un unico corpo in vibrazione con 3N gradi di libert.:
2

3N

3N
pi
1 2
H= k q i +
i=1 2
i=1 2 m

Dove le interazioni reciproche sono state trascurate. Perci,


3N

H=
i=1

3N
1 2 pi
k qi
= H i
2
2 m i=1

Se non volessimo trascurare le interazioni,

H= aij q i q j + b ij pi p j
i, j

i, j

Sappiamo che possiamo scegliere una base in grado di diagonalizzare la matrice


e

aij

bij :
~ 2
H= ~
aii ~
q i2+ bii ~
pi
i

Le nuove variabili

~
q e~
p

sono detti modi normali. Vediamo che dunque, anche se vi

sono interazioni reciproche tra le particelle, possiamo trovare comunque una base che
ci permette di fattorizzare i singoli termini e ricondurci nel caso precedente.
Analisi statistica dei mezzi dielettrici sottoposti in un campo magnetico
Consideriamo un mezzo dielettrico immerso in un campo magnetico. Questo,
sappiamo, induce una polarizzazione degli atomi o molecole che contribuiscono al
campo totale. Chiamiamo

El

il campo locale, frutto del campo esterno e quello

generato dai dipoli in un punto. Sappiamo che lenergia associata ad ogni dipolo avr
energia

=p El =p El cos

I dipoli tendono ad allinearsi parallelamente al campo elettrico


esterno; questa tendenza tuttavia controbilanciata dallagitazione
termica, che tende a far disporre i dipoli in maniera casuale. Ci
proponiamo di calcolare il valore medio di

p cos . Supponendo i

dipoli possano essere trattati secondo la statistica di MaxwellBoltzmann, varr:

dn e d g
=
N e d g
Come abbiamo fatto pi volte, converr introdurre una funzione

g()

dg=g ( ) d , cio una funzione descrivente la

tale che

densit numerica di sottolivelli energetici per unit di angolo.


Osserviamo infatti che, come nel caso di un gas perfetto, abbiamo
trovato conveniente introdurre

g( v)

tale che

dg=g ( v ) dv , vista la

corrispondenza tra energia e velocit, qui conviene sottolineare la


corrispondenza tra energia ed angolo

, visto che

=p El cos .

Otteniamo allora

dn e g ( ) d
=
N e g ( ) d

p El cos
KT

dn 2 sin e
d
=
=P()
p E cos
N
2 sin e KT d
l

Si osservi che
dipolo: langolo

g()

dipende esclusivamente dallangolo rispetto alla direzione del


non determinante nellenergia, e dunque non influenza

Usando la definizione di valor medio,

p E cos
p cos dn
p cos 2 e KT sin d
p cos 0

N
Z
l

Calcoliamo separatamente Z: per farlo, osserviamo alcune quantit in dettaglio.

q=1,6 1019 C
d 10

10

K=1,38 1023
T =300 K
El=10 kV
Che comporta un valore dellesponenziale molto piccolo. Effettuiamo perci uno
sviluppo in serie:

P ( ) d=

p El
2 p El
2
2
1+
cos sin d=
sin d+
cos sin d
Z
KT
K
ZKT

g ( ) .

Deve ovviamente valere la condizione di normalizzazione:

2 p E
P ( ) d=1= 2K sin d+ ZKT l cos sin d
0
0
0
Z=4
Perci:

p2 E l
1
2
p cos p cos P ( ) d= p cos sin d+
cos sin d=

2 0
2 KT 0
0
2

p El
3 KT

Da qui otteniamo anche la polarizzabilit per orientamento di un dipolo:

o=

p2
3 KT

Dellordine di circa

1039 . Vediamo che essa dipendente dalla temperatura. La qual

cosa invece non vera nel caso della polarizzazione per deformazione.
Per calcolare questultima, necessario schematizzare latomo come segue: esso pu
essere immaginato come una sfera carica negativamente di distribuzione

, al cui

centro vi una carica puntiforme carica positivamente.

Possiamo immaginare la densit media come:

Ze
4
R3
3

Che supporremo costante. In seguito allapplicazione di un campo elettrico, il


baricentro delle cariche positive si separa dal baricentro delle cariche negative.
Supponendo la nuvola elettronica non si deformi,
applichiamo il teorema di Gauss a questa stessa:

4
r 3
3
E d S=
0
S

Per la simmetria del problema, il campo elettrico costante sulla sfera tratteggiata:

4
r 3
3
E r 4 r 2=

0
Er =

r
3 0

La forza dunque:

F=Ze E l=

Zed
3 0

Da cui ricaviamo d:

d=

3 0
E
l

E troviamo dunque la relazione di proporzionalit tra

p , il momento di dipolo, e il

campo elettrico:

p=Zed=

3 0 Ze
3 Ze
El d= 0 =4 0 R3

Sempre dellordine di

1039 . Osserviamo che questo tipo di polarizzazione, detta

per deformazione, non dipende dalla temperatura.

Corpo nero
Consideriamo una scatola metallica cubica mantenuta a temperatura costante

T .

Sappiamo che gli ioni metallici allinterno della scatola possono essere schematizzati
come dipoli oscillanti, che, sottoposti allagitazione termica, emettono radiazioni.
Questo provoca, allinterno della cavit, lo sviluppo di una fitta rete di radiazioni
elettromagnetiche che riempiono la scatola. Radiazione e temperatura sono in
equilibrio. Se considerassimo il sistema allequilibrio termodinamico, potremo essere
sicuri che, data un ununit di superficie, nellunit di tempo lenergia assorbita pari
allenergia rilasciata dalle pareti.
Al fine di analizzare il corpo nero, enunciato preliminarmente il teorema di Kirchoff.
Immaginiamo di avere due scatole, alla stessa temperatura ma di materiali diversi, tra
loro collegate da un tubo. Se i campi di radiazione prodotti dai due fossero diversi,
avremmo scambi di radiazione (e dunque di energia) da una scatola allaltra, la qual
cosa impossibile, poich i corpi sono alla stessa temperatura: violeremmo il secondo
principio della termodinamica. Necessariamente, allora, il campo magnetico prodotto
da un corpo a temperatura T indipendente dal materiale o dalla forma, ma definita
solo dalla temperatura.
Definiamo potere emissivo la frazione di energia radiante, per unit di superficie ed
unit di tempo, emessa da un corpo a temperatura T dovuta allagitazione termica.
Analogamente, definiamo il potere assorbente come lenergia assorbente, per unit di
superficie e unit di tempo. Allequilibrio, il rapporto tra potere emissivo e assorbente
di un corpo indipendente dalla natura del materiale.
Un corpo il cui potere assorbente pari ad 1 detto corpo nero.

Associata al campo elettromagnetico vi una energia per unit di volume che

u . Detta

chiamiamo

lenergia totale, varr:

ud=

Dove

il volume complessivo del recipiente.

Osserviamo che il processo di emissioni di radiazioni da parte degli oscillatori armonici


del tutto casuale e varia da particella a particella: ognuna di esse emette secondo
una diversa frequenza. Avremo perci una certa distribuzione di energia per unit di
frequenza, che chiamiamo

u , definita come la densit di energia per unit di

frequenza (e volume) a frequenza compresa tra

e +d . Lenergia per unit di

volume sar:

du=u d
Ci proponiamo di calcolare la funzione

u , detta spettro di emissione del corpo nero.

Possiamo costruire un corpo nero utilizzando una scatola metallica (il materiale tanto
non influenzer lo spettro) su cui pratichiamo un foro di dimensioni trascurabili.
Essendo il foro molto piccolo, fatta incidere una radiazione sul foro le probabilit che
possa immediatamente riuscire dalla stessa apertura molto bassa: il foro, dunque,
assorbe tutta la radiazione, e pu essere appunto immaginato come corpo nero. In
realt diversi corpi a cui siamo abituati sono corpi neri, come le lampadine, o perfino le
stelle.
Dimostreremo alcune leggi importanti; in primis, la legge di Stephan: la somma delle
radiazioni emesse a tutte le possibili frequenze da un corpo nero ha unenergia
proporzionale a

T4 .

Pi precisa fu la legge di Wien:

u = 3 F

( T )

Vediamo che le due leggi sono collegate:

u= u d= 3 F
0

( T ) d

Moltiplicando e dividendo per

u=T 4
0

F
d =T 4 xF ( x ) dx
3
T T
T
0

()

Sperimentalmente, si osserva che il grafico di

Dobbiamo dunque ottenere lespressione di

il seguente:

F( /T ) . Poich vale:

=c
Differenziando,

d +d=0
Vediamo che per vi una problematica di segni: entrambi i differenziali sono definiti
positivi; tuttavia, ad aumento della frequenza corrisponde una diminuzione della
lunghezza donda: se

positivo,

perci negativo. Per ovviare a questa

problematica, scriviamo:

dd=0

d
=
d

Ovviamente, volendo esprimere

u =u

u in funzione di

c3
c c c4
c
=u = 3 F
= 3F
= 5F
2
d

T
T
T

()

Volendo ottenere il

( )

che massimizza la curva

d u 5 c 4
c
c4
c
= 6 F
+ 5 F'
d
T
T

( )

[ ( )

u ,

( )]

c
c4
c
c ' c
=
5 F

F
=0
2
6
T
T
T
T

( )( )

Facciamo il cambio di variabili

5 F ( y ) y F ' ( y )=0

( )

c / T = y :

Irrisolvibile senza la condizioni al contorno.


Fu in seguito dimostrato da Rayleigh e Jeans la seguente relazione:

8 2
< >
c3

u =

Vediamo che, supponendo di utilizzare il principio dellequipartizione dellenergia degli


oscillatori armonici,

u =

8 2
KT
c3

Che ovviamente non pu essere che scorretta: integrando in tutte le frequenze, da 0 a

, darebbe unenergia infinita. La problematica, detta catastrofe ultravioletta, fu


in seguito risolta da Planck, che suppose lenergia degli oscillatori fosse discreta, e non
continua. In questo caso non vale il principio di ripartizione dellenergia, ma la
relazione dimostrata nei paragrafi precedenti:

>

h
KT

e 1
Il nuovo spettro ottenuto,

8 3
c3

u =

h
h
KT

e 1

E invece in perfetto accordo coi dati sperimentali, cos come con la legge di Wien.
Queste relazioni possono essere ottenute sfruttando la statistica di Bose-Einstein. Le
radiazioni elettromagnetiche allinterno del corpo nero possono essere immaginate
come costituite da corpi di energia

h , i fotoni, distribuiti isotropicamente allinterno

della cavit. Possiamo quindi immaginare, allinterno del corpo nero, una nuvola
gassosa di fotoni. Ricordando la distribuzione di Bose-Einstein,

nk
=
N

gk
+

h
KT

Il termine

1
, ricordiamo, incognito e non calcolabile analiticamente. Il termine

era apparso, nel calcolo sfruttando il metodo di Lagrange, considerando la

conservazione del numero di particelle. Nel caso dei fotoni, tuttavia, questa
conservazione non avviene: i fotoni vengono continuamente, istante per istante,
assorbiti ed emessi, dunque il loro numero non mai costante. Per questo lecito
porre

=0 .

Esprimiamo il tutto non in funzione dellenergia, ma in base alle frequenze:


consideriamo perci il numero di livelli energetici compresi tra energia

+ d ;

abbiamo visto, nel calcolo di Debye, quale fosse il numero di onde acustiche
stazionarie generatesi allinterno di un cubo a frequenze comprese a

+ d ,

ottenendo:

g ( ) d=

4 V 2
d
3
u

Lo stesso procedimento pu essere applicato alle onde elettromagnetiche, che, in un


contenitore metallico, si annullano sulle superfici interne, portando alla formazione di
onde stazionarie.

g ( ) d=

4 V 2
d
u3E

Dove definiamo:

1
2
2
= 3 = 3
3
u E u Et c
In quanto unonda elettromagnetica ha natura puramente trasversale, e non
longitudinale. Detto

d n

il numero di particelle a frequenza

+ d

per unit

di volume, avremo che lenergia per unit di volume a frequenza compresa tra

+ d

sar ovviamente:

u d=d n h
E, sfruttando la distribuzione di Bose-Einstein,

8 2
d
2
g ( ) d c 3
8 ( h ) d ( h ) 8 3 d
u d=
=
= 3 3
= 3 3
e 1
e 1
c h e 1
c h e 1
Che ci porta allo stesso risultato visto nel caso precedente.
Modelli atomici
Il modello di Thompson
Il primo modello atomico immaginava latomo come una distribuzione sferica di carica
positiva (complessivamente pari a Ze) allinterno del quale erano incastonate
cariche Z cariche negative; per leffetto delle forze couloumbiane, le cariche
tenderebbero ad accentrarsi nel nucleo: ci non avviene per le forze di repulsione tra
gli elettroni. Ad esempio, nel caso dellidrogeno, sia ha una sfera positiva con un
elettrone al centro; latomo di elio una sfera di carica 2e con due elettroni, etc.

Un modello atomico del genere rispetta i principi dellelettromagnetismo classico e,


incredibilmente, si dimostrava anche adatto a diverse osservazioni sperimentali.
Imporre un campo elettrico esterno agli atomi portava alloscillazione degli elettroni
allinterno della sfera carica positivamente, alla stessa maniera di un oscillatore
armonico. La frequenza di oscillazione di questi elettroni coincide con la frequenza
della radiazione riemessa dallatomo, cosa che ha portato, nell800, a far cadere
nellerrore gli scienziati del tempo.
Il modello di Rutherford
Nel 1915 lesperimento di Rutherford confut il modello di Thompson. Rutherford
decise di bombardare, con delle particelle

, degli atomi di una sottile lamina

doro, per osservarne le deviazioni di traiettoria. Lo scienziato calcol che le deviazioni


dovessero essere molto piccole: le particelle

possono infatti incidere o non

incidere con latomo. Nel secondo caso, le forze couloumbiane si annullano per il
teorema di Gauss; nel primo, la grande massa delle particelle

rispetto agli

elettroni non determinano grosse variazioni del moto.

Al contrario, tuttavia, le particelle


direzioni.

dellesperimento venivano deviate in tutte le

Rutherford, supponendo latomo costituito da una parte centrale positiva circondata da


una distribuzione di cariche negative, cerc di spiegare in questo modo il fenomeno.
Immaginiamo latomo sia costituito da una parte centrale, detta nucleo di carica Ze,
considerabile puntiforme. Una particella

, distante inizialmente b dallasse del

nucleo, si muover, a causa dellinterazione couloumbiana, su una traiettoria


iperbolica. Al variare del parametro durto, abbiamo iperboli sempre pi schiacciate,
finch, per b=0, la particella torna indietro.

Rutherford determin che la sezione durto fosse:


2

Z e2
1
W ()=
2
4 M v sin 4
2

Detta

langolo di direzione; grosse deviazioni corrispondono a piccole aree durto.

Gli elettroni sono invece vincolati a muoversi con orbite circolari attorno ai nuclei
positivi. La forza dinterazione tra nucleo ed elettroni sar del tipo:

v2
1 Z e2
Fc =m =
r 4 0 r2
Che implica:

v 2=

1 Ze
4 0 mr

Lenergia cinetica e potenziale sar perci:

1 Z e2
8 0 r

U c=

U p=eV ( r ) =

1 Z e
4 0 r

Perci:

U T =U p +U c =

1 Z e 2
2U
v=
8 0 r
m

Restano per irrisolte problematiche: la velocit dellelettrone non pu mantenersi


costante, in quanto esso, come sappiamo, irradia energia, dunque rallentando. In
questo senso lelettrone seguirebbe una struttura a spirale per poi annichilirsi con il
protone. Inoltre, il modello, seppure si dimostri in buon accordo coi dati sperimentali,
non pi applicabile per atomi con numero atomico maggiore.
Il modello di Rutherford
Calcoliamo innanzitutto il momento angolare: mettendoci nel piano xy ove giace la
traiettoria dellelettrone, varr:

L=mvr=mr

1 Z e2
1
=
Z e2 mr
4 0 mr
4 0

Con lavvento della meccanica quantistica, tuttavia, nacque la supposizione che il


momento angolare non potesse avere valori continui, ma valori discreti della quantit

h/2 :

h
2

L=n

Questo ovviamente implica anche la dipendenza di r da h:


2
0 h2 n2
1
2
2 h
Z e mr=n

r=
4 0
4 2
Z e 2 m

Dunque anche i raggi accessibili dagli elettroni sono quantizzati. Considerando un


atomo di idrogeno, il pi piccolo raggio, detto raggio classico di Bohr, pari a:

r 0=

0h
2

e m

=a 0 53 pm

Questo determina analogamente anche una quantizzazione dellenergia:

UT=

1
4 0

Ze
0h2

Z e m

n2

2 4
Z e m 1 U 0
=
8 20 h2 n2 n2

Vediamo che, al crescere di n, lenergia diminuisce. Bohr osserv sperimentalmente,


senza riuscire a darne una spiegazione quantitativa, che gli elettroni, in moto su
queste orbite discrete e a queste energie, non irradiassero energia. Al contrario, nel
passaggio
da
unorbita
ad
unaltra,
la
variazione
di
energia

U =U nU m viene trasformata in radiazione emessa dallelettrone, che verifica la


relazione:

U nU m=h nm
Dove

nm

la frequenza della radiazione emessa. In base alle relazioni viste

precedentemente, otteniamo:
2 4

U nU m=

Z e m 1 1
hc
2 =h nm=
2 2
2
nm
8 0 h
m n

Perci:
2 4

1
Z e m 1 1
= 2 3

nm 8 0 h c m2 n 2

La relazione era gi nota da scienziati come Riedbergh che osserv sperimentalmente,


nel caso dellatomo di idrogeno,

1
1
1
1
1
=R 2 2 1,097 107 2 2
nm
m n
m n

Valore in incredibile accordo con quello teorico.


Anche il modello di Bohr tuttavia si dimostra inefficace se si considerano atomi con un
numero atomico pi grande; le equazioni differenziali sviluppatesi considerando pi
elettroni e pi protoni non risolvibile analiticamente e non dunque possibile
ricondursi a semplici orbite circolari. Fanno eccezioni casi particolari come quelli dei
metalli alcalini, dove gli effetti di schermo degli elettroni negli strati pi interni
approssimano il problema del moto di un elettrone degli strati pi esterni a quelli di un
problema di forze centrali.
Inoltre, finora si supposto le orbite fossero unicamente circolari, quando, applicando
sempre un modello classico, comprendiamo le orbite sottoposte a forze centrali del
genere siano in realt ellittiche.

Nota 1
Riprendiamo la distribuzione di Maxwell Boltzmann e, ora che abbiamo trovato le
costanti

, osserviamo cosa accade nel caso particolare di un sistema

termodinamico costituito da un gas ideale. Nel caso discreto, valeva, detto


numero di particelle nello stato energetico

nk

il

k
KT

nk
g e
= k
N
g i e KT

Passando ai gas, lenergia, essendo puramente cinetica, pari a

1
= m v 2 . Poich,
2

macroscopicamente, essa varia con continuit, possiamo supporre di poter passare al


caso continuo:
m v
2 KT

dn e
dg
= m v
N
e 2 KT dg
2

Abbiamo introdotto nelle considerazioni precedenti la funzione

dg=g ( ) d : in questo senso,

g( )

g ()

tale che

costituisce una densit numerica di sottolivelli

per unit di energia, cio il numero di sottolivelli occupati da particelle ad energia


compresa tra

livelli energetici

+ d ; tant che, moltiplicata per lenergia, ci d il numero di

dg . In questo caso converr introdurre unaltra funzione,

dipendente s dallenergia, ma in maniera indiretta: introduciamo infatti


che

dg=g ( v ) dv .

g( v)

g( v)

tale

rappresenta una densit numerica per unit di velocit, cio

il numero di sottolivelli permessi occupati da particelle a velocit

v + dv : le

due funzioni sono strettamente connesse, in quanto le particelle che si trovano in


sottolivelli dove sono permesse solo certe energie sono sottolivelli in cui sono
permesse solo certe velocit, per la relazione
m v
2 KT

g ( v ) dv
dn e
= m v
N
e 2 KT g ( v ) dv
2

1
= m v 2 . Dunque,
2

dn/ N descrive ora il numero di particelle a velocit compresa tra

Detta

P(v )

v + dv

N : in questo senso, descrive la probabilit di

diviso il numero totale di particelle

N ,

trovare, tra le tante particelle

dn

particelle in questo intervallo di velocit.

la probabilit per unit di velocit, varr:


mv
2 KT

e
g ( v ) dv
dn
=P ( v ) dv= m v
N
e 2 KT g ( v ) dv
2

g( v) , una volta posti nello spazio

Come abbiamo visto in precedenza, la funzione

A 4 v 2 , perci:

delle velocit, era pari a

P ( v ) dv=

m v
2 KT

4 v dv

m v 2
2 KT

4 v dv

m v
2 KT

v 2 dv

m v 2
2 KT

v 2 dv

Svolgiamo lintegrale al denominatore, integrando tra tutte le possibili velocit:

Z = e

m v
2 KT

v dv= e

v dv

Osservando che:

e v dv= e v v 2 dv=Z
0
0
2

Calcoliamo perci lintegrale a sinistra, pi semplice da calcolare, in quanto si riduce al


classico integrale di Gauss:

1 1
1
m
e v dv=
=
2 =

0
2 4
4
2 KT
2

Moltiplichiamo e dividiamo per

3
2

1
2
m
Z = 3
4
2 KT
2

( )

3
2

1
m
4 2 KT

Risostituendo,

m
P ( v ) dv=4
2 KT

3
2

)e

m v
2 KT

v 2 dv

3
2

3
2

=Z

Che il risultato ottenuto prima, senza passare per

d v x d v y d vz

Poich n rappresenta il numero di particelle con energia compresa tra


diviso per tutte le particelle il rapporto

n/ N

d la probabilit di osservare una

+ d , che chiamiamo

particella ad energia

e +d ,

P ( ) d .

Attenzione: i seguenti passaggi contengono alcune impropriet, ma sono


quelli descritti dal docente; per una spiegazione pi rigorosa, vedere a fine
documento la nota 1.
Consideriamo il caso particolare dei gas perfetti, dove lenergia puramente cinetica:
2

P ( v x , v y , v z ) d v x d v y d v z=

m ( v x +v y +v z )
2 KT
2
x

d vxd v yd vz

2
y

m ( v +v +v 2z )
2 KT

d v x d v y d vz
g ( ) : poich conosciamo le componenti di ogni

Si osservi che scomparso il fattore

singola velocit di ogni singola velocit, non pi necessario considerare una densit
di velocit, possiamo fare una trattazione caso per caso. La funzione al denominatore
viene detta funzione di partizione:
2

Z = e

m ( v x +v y + v z )
2 KT

d vx d v y d v z

Ci proponiamo di calcolare questo valore, separando i tre integrali:

Z = e

mv x
2 KT

d vx e

mv y
2 KT

mv z
2 KT

d v y e

d vz

Poich gli integrali sono tutti nella stessa forma,

Z=

mv 2x
2 KT

d vx =

( ) (

m
2 KT

2 KT
m

3
2

Perci la formula finale avr unespressione del tipo:

2 KT
f ( v ) d v x d v y d v z=
m

3
2

O, in coordinate sferiche,

m ( v x +v y +v z )
2 KT

d vx d v y d vz

2 KT
f ( v ) v sin dvdd=
m

3
2

mv
2 KT

v 2 sin dvdd

Integrando rispetto alle variabili angolari,

2 KT
f ' ( v ) dv =4
m

3
2

m v
2 KT

v 2 dv

Precisazione sul paradosso dei gemelli


Sappiamo che, nel paradosso dei gemelli, si crea una situazione di asimmetria di
sistemi di riferimento. Osserviamo che per vi sono a tutti gli effetti tre sistemi di
riferimento: uno solidale alla Terra, uno solidale allastronave in andata, e uno
solidale allastronave in ritorno; perci un gemello ha vissuto sempre nello stesso
sistema di riferimento, un altro in due diversi sistemi di riferimento: non si pu perci
parlare di simmetria in quanto non vale la reciprocit. Ovviamente tutti questi discorsi
prescindono dal fatto che lastronave, per raggiungere una certa velocit, deve
accelerare e decelerare, costringendoci ad usare la relativit generale. E se i tempi di
accelerazione fossero trascurabili? Questo comporterebbe accelerazioni enormi che
comunque richiedono unanalisi considerando la relativit generale.
Consideriamo ora il seguente esperimento mentale; unastronave, con velocit
prossima a c, incrocia la Terra sincronizzando il proprio orologio con quello di un
osservatore terrestre; lastronave incrocia poi unaltra astronave, che sincronizzer il
proprio orologio con quello della prima navicella; questa seconda nave, una volta
incrociata la Terra, sincronizza nuovamente il proprio orologio con quello
dellosservatore a terra. La qual cosa vera per qualsiasi sistema di riferimento, in
quanto, quando le due navi o le navi e la Terra si incrociano, occupano la stessa
posizione. Il metodo della staffetta permette di comprendere il paradosso dei gemelli
e spiegarlo anche in termini di relativit ristretta.

Bibliografia:
Lichnerowicz Elementi di calcolo tensoriale

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