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Dipartimento di Matematica
Guido Castelnuovo
SAPIENZA Universit di Roma
Indice
Capitolo 1. Aspetti generali
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici
1.2. Campi vettoriali ed equazioni differenziali ordinarie
1.3. Campi vettoriali sulla retta e separazione delle variabili
1.4. Teoremi generali
1.5. Equazioni differenziali autonome
1.6. Integrali primi
1.7. Soluzione degli esercizi
1.8. Nota bibiliografica
1
1
4
6
8
12
18
20
22
23
23
25
31
32
41
43
48
50
53
53
59
64
65
67
71
78
79
79
87
92
97
99
101
i
I NDICE
II
5.1.
5.2.
5.3.
5.4.
5.5.
5.6.
5.7.
101
109
113
115
121
126
127
131
133
133
136
140
144
151
153
155
155
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159
162
167
174
174
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
CAPITOLO 1
Aspetti generali
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici
Si definisce genericamente sistema dinamico un qualsiasi processo evolutorio, ovvero una struttura caratterizzata da
uno spazio degli stati S,
il tempo t , un parametro che assume valori in R, Z, R+ o Z+ ,
una legge di evoluzione, ovvero una applicazione (t , x) 7 t (x) S, x
S, tale che 0 (x) = x per ogni x S.
Un sistema dinamico in particolare qualsiasi modello matematico che descrive levoluzione nel tempo di un sistema fisico, chimico, biologico, sociale, etc...
La struttura dellinsieme S in tal caso legata alla natura del sistema reale che si
vuole descrivere, dovendo gli elementi di S rappresentare univocamente i possibili stati del sistema reale. Ad esempio, ad ogni istante di tempo, lo stato di
un sistema fisico costituito da N particelle puntiformi che obbediscono alle leggi della meccanica classica determinato univocamente dalle posizioni e dalle
velocit di queste ultime, dunque S = R6N . Osserviamo che in questo caso il sistema evolve con tempo continuo. Daltra parte esistono processi evolutori descrivibili in maniera naturale con tempo discreto (che senza perdita di generalit
possiamo identificare con linsieme degli interi). Ad esempio, nel lancio ripetuto
di una moneta, il tempo naturale rappresentato dal numero di lanci effettuati.
In altri casi, sebbene il processo sia inizialmente definito con tempo continuo,
pu essere utile associare ad esso un sistema dinamico con tempo discreto, ottenuto osservando il processo originario solo ad istanti di tempo prestabiliti, essendo tale descrizione ridotta sufficiente a dedurre propriet significative del
processo originario.
La classe di processi evolutori di cui ci occuperemo possiedono le seguenti
propriet:
Determinismo: il presente determina univocamente passato e futuro
del sistema; in particolare t R (o t Z).
Dimensione finita: lo spazio degli stati, detto anche spazio delle fasi, ha dimensione finita, ovvero ciascuno stato del sistema pu essere
individuato da un numero finito di parametri.
Differenziabilit: lo spazio degli stati possiede la struttura di una variet differenziabile che conservata dalla legge di evoluzione.
1
A SPETTI GENERALI
s(x)
g 1 (x) = g (x),
g 2 (x) = g (g (x)),
...,
g k (x) = g (g k1 (x)).
Da ora innanzi, se non specificato altrimenti, considereremo processi evolutori a tempo continuo (t R). Assegnare un processo deterministico significa
quindi assegnare la coppia (S, {t }), detta flusso di fase. La funzione t 7 t (x)
viene detta moto o legge oraria di x, mentre la sua immagine in S, ovvero lin.
sieme (x) = {t (x); t R} detto curva di fase o orbita di x. Il punto x S
detto punto fisso o posizione di equilibrio se t (x 0 ) = x 0 per ogni t R, ovvero
(x 0 ) {x 0 }: il sistema rimane nello stato x 0 per tutti i tempi.
Analizziamo ora le conseguenze delle ipotesi di differenziabilit e dimensione finita del processo evolutorio. Queste consistono nel supporre che lo spazio delle fasi sia una variet differenziabile di dimensione finita e che la mappa
: R S S definita da (t , x) = t (x) sia differenziabile. Ne segue che {t }
un gruppo ad un parametro reale di diffeomorfismi di S (essendo anche linversa
(t )1 = t differenziabile).
Ricordiamo che variet differenziabili sono lo spazio euclideo Rn , i domini
(insiemi aperti) di tali spazio, e tutti gli insiemi che ammettono sistemi di coordinate locali, quali la circonferenza, la sfera, il toro. Senza ricorrere alla definizione
pi generale, intenderemo nel seguito variet di dimensione n un sottoinsieme
M di uno spazio euclideo RN , con N > n, tale che
M = {z RN : k (z) = 0 k = 1, . . . N n},
(1.1)
essendo k : RN R una collezione di N n funzioni differenziabili e funzionalmente indipendenti, ovvero tali che
o
n
k
(z) = N n
z M.
rango
z i
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In effetti, sotto queste ipotesi, il teorema della funzione implicita garantisce che
nellintorno di ciascun punto di M possibile introdurre coordinate locali. Pi
un aperto U Rn
precisamente, per ciascun z M esistono un intorno W di z,
ed unapplicazione differenziabile f : U W , iniettiva e di rango massimo, tale
che M W = f (U ) = {z RN : z = f (x), x U }. In altri termini, nellintorno W di
z la superficie M ha equazione parametrica z = f (x), ovvero
z 1 = f 1 (x 1 , . . . , x n )
z 2 = f 2 (x 1 , . . . , x n )
(1.2)
...
z N = f N (x 1 , . . . , x n )
Viceversa, la mappa inversa f 1 : M W U fornisce le coordinate locali x =
(x 1 , . . . , x n ) come funzioni x i = x i (z) di M W in R.
Tranne che in pochi casi particolari, gli argomenti trattati in queste note non
sono legati a strutture geometriche e topologiche particolari dello spazio delle
fasi. Per tale motivo ci limiteremo quasi sempre al caso di flussi di fase in domini
di Rn .
D EFINIZIONE 1.1. Sia (D, {t }) il flusso di fase definito da un gruppo ad un
parametro di diffeomorfismi {t } di un dominio D di Rn . Definiamo velocit di
fase del flusso t nel punto x D il vettore:
. d t
v(x) =
(x) .
t =0
dt
Per la propriet di gruppo del flusso di fase notiamo che, per ogni t R,
d t
t +h (x) t (x)
h (t (x)) t (x)
(x) = lim
= lim
= v(t (x)).
h0
h0
dt
h
h
In altri termini ogni moto una soluzione dellequazione differenziale ordinaria:
x = v(x),
x D.
(1.3)
LEq. (1.3) autonoma, ovvero il campo vettoriale non dipende esplicitamente dal tempo, poich abbiamo tacitamente assunto che la legge di evoluzione non dipende dallistante iniziale. Pi in generale, una legge di evoluzione deterministica assegnata da una famiglia di applicazioni differenziabili
t ,t0 : S S, al variare di t , t 0 R, tali che:
i) t0 ,t0 (x) = x per ogni x S e t 0 R;
ii) t ,t0 = t ,s s,t0 per ogni t , t 0 , s R.
In particolare t ,t0 un diffeomorfismo essendo (t ,t0 )1 = t0 ,t .
Definendo:
d s,t
(x) ,
s=t
ds
si verifica analogamente che i moti sono ora soluzioni dellequazione differenziale:
x = v(t , x).
(1.4)
v(t , x) =
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A SPETTI GENERALI
v(x)
x
curva di fase
Rn
V(x)=(1,v(x))
V(x)
curva integrale
x = (t)
=R x D
R
I
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Rn
V(t,x) = (1,v(t,x))
V(t,x)
x = (t)
R
I
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A SPETTI GENERALI
x = v(x),
(1.5)
x(t 0 ) = x 0 .
Distinguiamo due casi:
i ) Se v(x 0 ) = 0, ovvero x 0 un punto singolare del campo v, allora x(t ) x 0
soluzione di (1.5) per ogni t 0 R. Tale soluzione detta stazionaria (ovvero
indipendente dal tempo). Rimandiamo a dopo la discussione sulla eventuale
esistenza di altre soluzioni con questi dati iniziali.
i i ) Supponiamo ora che v(x 0 ) 6= 0. Sia V = (x , x + ) dove
.
x = inf{x U (, x 0 ] : v(y) 6= 0 y (x, x 0 ]},
.
x + = sup{x U [x 0 , +) : v(y) 6= 0 y [x 0 , x)}.
Poich il campo v continuo, si ha x < x + e la funzione 1/v(x) continua in V .
Rimane quindi definita la funzione differenziabile con continuit G : R V R:
Z x
1
.
.
dy
G(t , x) = t t 0
v(y)
x0
Supponiamo ora che t 7 (t ), t J , sia una soluzione di (1.5). Per continuit, in
un intorno J 0 di t 0 sufficientemente piccolo, tale soluzione assume valori in V .
quindi ben definita la funzione t 7 G(t , (t )), t J 0 , ed inoltre:
)
d
(t
G(t , (t )) = 1
= 0,
dt
v((t ))
) = v((t )). Quindi la funzioavendo utilizzato, nellultima uguaglianza, che (t
ne G(t , x) rimane costante lungo le soluzioni di (1.5). Osservando che G(t 0 , x 0 ) =
0, concludiamo che ogni eventuale soluzione (t ) di (1.5), ristretta ad un intorno
sufficientemente piccolo di t 0 , deve soddisfare G(t , (t )) = 0. Ma essendo
1
G(t , x) = 1,
6= (0, 0)
(t , x) R V,
v(x)
il teorema della funzione implicita garantisce che rimane univocamente determinata la soluzione t x(t ) dellequazione G(t , x(t )) = 0, essendo in particolare
la funzione inversa di
Z x
1
t (x) = t 0 +
dy
,
x V.
(1.6)
v(y)
x0
Chiaramente x(t ) soluzione di (1.5) poich x(t 0 ) = x(t (x 0 )) = x 0 e
1
)= 0
= v(x(t )).
x(t
t (x)
x=x(t )
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La funzione x 7 t (x) rappresenta il tempo necessario alla soluzione che parte da x 0 al tempo t 0 per raggiungere la posizione x V . Ciascuno degli estremi x pu essere un punto singolare del campo oppure un punto di frontiera
del dominio U (nel qual caso potrebbe coincidere con se U illimitato). Il
tempo che la soluzione impiega per raggiungere questi punti (nel futuro o nel
passato) dato dai limiti:
Z x
1
,
(1.7)
lim t (x) = t 0 +
dy
xx
v(y)
x0
che esistono essendo la funzione t (x) monotona sul suo dominio V . Lintegrale
a secondo membro va interpretato come integrale (eventualmente) improprio:
di prima specie nel caso in cui x un punto singolare (la funzione integranda 1/v(x) diverge in x ), di seconda specie se x = . La convergenza di tale integrale nel caso di punti di frontiera non singolari implica la non globalit
(nel tempo) della soluzione; viceversa, se una soluzione impiega un tempo finito per raggiungere un punto singolare, si ha perdita di unicit della soluzione.
Illustriamo tali situazioni con una serie di esempi.
E SEMPIO 1.1. Sia v(x) = 3x 2/3 , U = R. Lunico punto singolare x = 0. Fissato x 0 > 0 [risp. x 0 < 0] calcoliamo la funzione x 7 t (x) su (0, +) [risp. (, 0)]
definita da
Z x
1
t = t0 +
d y 2/3 = t 0 + x 1/3 x 01/3 ,
3y
x0
da cui x(t ) = (x 01/3 t 0 + t )3 . Osserviamo che ciascuna soluzione impiega un
tempo infinito per raggiungere (ovvero la frontiera di U = R) cosicch essa
definita globalmente. Daltra parte impiega un tempo finito per raggiungere
il punto singolare x = 0; infatti x(t ) = 0 se t = t 0 x 01/3 . Ne segue una perdita
di unicit per il problema di Cauchy con x 0 = 0: oltre alla soluzione stazionaria
x(t ) 0, anche x(t ) = (t t 0 )3 soluzione con condizione iniziale x(t 0 ) = 0. In
effetti ciascuna funzione
3
se t < t 1
(t t 1 )
0
se t 1 t t 2
x t1 ,t2 (t ) =
3
(t t 2 )
se t > t 2
al variare di t 1 , t 2 R con t 1 t 0 t 2 , soddisfa la condizione x t1 ,t2 (t 0 ) = 0, ed
soluzione dellequazione differenziale (verificarlo!).
E SEMPIO 1.2. Sia v(x) = kx, U = R. Assumiamo k 6= 0; abbiamo solo il punto
singolare x = 0. Fissato x 0 > 0 [risp. x 0 < 0] calcoliamo la funzione x 7 t (x) su
(0, +) [risp. (, 0)] definita da
Z x
1
x
1
= t 0 + log ,
t = t0 +
dy
ky
k
x0
x0
da cui x(t ) = x 0 exp[k(t t 0 )], che fornisce la soluzione del problema di Cauchy con x(t 0 ) = x 0 . Nuovamente ciascuna soluzione impiega un tempo infinito
per raggiungere la frontiera di U = R, ovvero definita globalmente. Inoltre, essendo exp[kt ] > 0 per ogni t R, in questo caso una soluzione che parte da
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A SPETTI GENERALI
x 0 6= 0 impiega un tempo infinito per raggiungere lorigine. Abbiamo quindi unicit anche nel punto singolare x = 0. Inoltre lespressione x(t ) = x 0 exp[k(t t 0 )],
(che abbiamo determinato per x 0 6= 0), rimane valida anche per x 0 = 0, fornendo
in tal caso la soluzione stazionaria x(t ) 0.
E SEMPIO 1.3. Consideriamo il sistema
x = x 2 ,
x(t 0 ) = x 0 .
(1.8)
(1.9)
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(t , x) ,
(1.10)
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10
A SPETTI GENERALI
(,())
(,())
(+,(+))
( t0 ,x 0 )
K
d s v(s, (s)).
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t J t0 ,x0 ,
la funzione che fornisce la soluzione massimale (cio non ulteriormente prolungabile) del problema di Cauchy di dati iniziali (t 0 , x 0 ) (si osservi che J t0 ,x0
un intervallo aperto, come segue dal precedente teorema).
P ROPOSIZIONE 1.5. Sia v C k (; Rn ). Allora per ogni (t 0 , x 0 ) e t J t0 ,x0
esiste un intorno U di x 0 tale che t J t0 ,x e (t , t 0 , x) una funzione differenziabile
(di classe C k ) delle variabili (t , x).
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo t > t 0 (il caso t < t 0 si tratta analogamente). Essendo la curva C = {(s, (s, t 0 , x 0 )); s [t 0 , t ]} chiusa e limitata in , per il
Teorema 1.2 esistono , > 0 tali che, posto
. t t0
n
U j = {y R : |y (t j , t 0 , x)| < }, t j = t 0 + j , j = 0, . . . , N =
,
(s, y) (t 1 2, t 1 + 2) U01 ,
cosicch anche il prolungamento differenziabile essendo composizione di funzioni differenziabili. Possiamo ora ripetere il ragionamento e determinare un
intorno U02 U01 tale che la soluzione si prolunga ulteriormente sullintervallo
(t 0 2, t 2 + 2). Nuovamente, essendo
(s, t 0 , y) = (s, t 2 , (t 2 , t 0 , y)),
(s, y) (t 2 2, t 2 + 2) U01 ,
otteniamo una funzione differenziabile. Dopo N passi determiniamo in tal modo un intorno U = U0,N tale che per y U la soluzione (s, t 0 , y) si prolunga su
tutto lintervallo (t 0 2, t N +2) (contenente t ) ed una funzione differenziabile
di (s, y).
Concludiamo la sezione con il seguente corollario del Teorema 1.4, che fornisce un criterio sufficiente per lesistenza di soluzioni globali nel tempo.
C OROLLARIO 1.6. Sia v C 1 (R Rn ; R) ed esista inoltre una funzione finita
7 B , > 0, tale che:
max |v(t , x)| B (1 + |x|) x R.
|t |
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A SPETTI GENERALI
Rn
|x| =2A
K
|x| = A
t0
t1
F IGURA 1.5. Il prolungamento della soluzione non pu toccare la superficie laterale del compatto K poich stimiamo a priori
.
che |(t )| A = (|(t 0 )| + 2B )e 2B .
D IMOSTRAZIONE . Sia (t ), t [t 0 , t 1 ], una soluzione dellEq. (2.6) ed [, ]
un qualsiasi intervallo compatto che contiene [t 0 , t 1 ]. Scrivendo lequazione differenziale in forma integrale ed utilizzando la disuguaglianza (A.3) (vedi Appendice A) si ha, per ogni t [t 0 , t 1 ],
Z t
Z t
d s |(s)|,
|(t )| |(t 0 )| + d s |v(s, (s))| |(t 0 )| + 2B + B
t0
t0
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t J t0 ,x0 = t 0 + J x0 .
(1.11)
t 0 R.
P ROPOSIZIONE 1.8. Sia v C 1 (D, Rn ), x D. Supponiamo che esista t 1 6= 0
tale che t1 (x) = x. Allora J x = R e la soluzione t 7 t (x) periodica di periodo
T = |t 1 |.
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo t 1 = T > 0 (il caso t 1 < 0 analogo). Sia
C 1 (R; D) il prolungamento T -periodico della funzione t 7 t (x), t [0, T ],
ovvero (t ) = t kT (x) con k = k(t ) lintero tale che t kT [0, T ). immediato
verificare che soluzione dellequazione.
Si verifica ora facilmente che: i) linsieme di tutti i periodi di una funzione
continua : R D un sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali; ii) ogni
sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali costituito da tutto R, dal singolo elemento {0}, oppure dallinsieme {kT ; k Z} per qualche T > 0 (dimostrare
queste affermazioni!). Di conseguenza, una curva di fase (massimale) che interseca se stessa un punto singolare del campo oppure una curva chiusa che
completa il primo giro in un tempo T .
In particolare, se un campo vettoriale definito su tutto lo spazio euclideo (i.e. v C 1 (Rn ; Rn )) la struttura geometrica intrinseca delle curve di fase
molto semplice: un punto, una curva chiusa diffeomorfa ad una circonferenza,
oppure una curva aperta diffeomorfa ad una retta. Pu viceversa essere molto
complicata la loro disposizione nello spazio delle fasi.
1.5.2. Esistenza di flussi di fase. naturale ora chiedersi se un campo vettoriale v C k (D; Rn ) genera un flusso di fase sul dominio D, ovvero se v il campo delle velocit di un flusso di fase. La risposta una conseguenza dei risultati
della sezione precedente:
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A SPETTI GENERALI
v(x)
f*v(y)
y=f(x)
~
D
sul campo
P ROPOSIZIONE 1.9. Sia v C k (D; Rn ). Supponiamo che lEq. (1.3) possa essere prolungata indefinitavamente in avanti ed indietro nel tempo. Allora (D, {t })
un flusso di fase (di classe C k ) di cui v il campo delle velocit di fase.
D IMOSTRAZIONE . Lesistenza ed unicit globali della soluzione implicano
che (t + s, 0, x) = (t + s, s, (s, 0, x)) per ogni s, t R ed x D, da cui t +s =
t s . Essendo 0 la mappa identit, concludiamo che {t } un gruppo ad
un parametro di trasformazioni di D. La differenziabilit di tali trasformazioni
segue dalla Proposizione 1.5.
Si osservi che nel caso in cui la soluzione non esiste globalmente lapplicazione t (x) non definisce (in generale) un diffeomorfismo per nessun tempo
t 6= 0. Si consideri ad esempio lequazione x = x 2 , x R (risolta nellEsempio
1.3). In questo caso t (x) = x(1 xt )1 che non un diffeomorfismo per t 6= 0
poich non definita in x = 1/t .
1.5.3. Azione di un diffeomorfismo su un campo vettoriale. Supponiamo
sia un diffeomorfismo di D nel dominio D.
Sia t 7 (t ) una curva
che f : D D
.
in D soluzione dellEq. (1.3). Posto (t ) = f ((t )) si ha:
) = D f ((t ))v((t )) = D f ( f 1 ((t ))) v( f 1 ((t ))).
(t
Definiamo allora immagine del campo vettoriale v : D Rn , sotto lazione del
Rn tale che:
diffeomorfismo f , il campo vettoriale f v : D
f v(y) = D f (x)v(x)
.
1
x= f
(y)
In particolare, se (D, {t }) il flusso di fase la cui velocit di fase data dal campo
vettoriale v C 1 (D; Rn ), allora il flusso immagine tramite f , ovvero il flusso di
{ f t f 1 }), generato dal campo vettoriale v =. f v.
fase (D,
Il diffeomorfismo f pu essere interpretato come un cambiamento di coordinate in D. Se x i : D R, i = 1, . . . , n, sono le coordinate assegnate in D, le
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funzioni
y i : D R : y i = f i (x 1 , . . . , x n ),
i = 1, . . . , n,
definiscono un nuovo sistema di coordinate ammissibile (ovvero che conserva la struttura differenziabile) in D. Una curva (t ) soluzione dellEq. (1.3) ha
componenti x i (t ) = x i ((t )), i = 1, . . . , n, soluzioni del sistema:
xi (t ) = v i (x 1 (t ), . . . , x n (t )),
i = 1, . . . , n,
i = 1, . . . , n.
Quindi v 7 f v la legge di trasformazione del campo vettoriale v sotto il cambiamento di coordinate y = f (x).
1.5.4. Il teorema della scatola di flusso. Sia v C 1 (D; Rn ). Un punto x 0 D
detto singolare se v(x 0 ) = 0. Il seguente teorema mostra che la struttura delle
curve di fase in prossimit di un punto non singolare estremamente semplice.
T EOREMA 1.10. In un intorno sufficientemente piccolo di un punto non singolare un campo vettoriale differenziabile diffeomorfo al campo costante e 1 =
(1, 0, . . . , 0). In altri termini in un intorno di un punto non singolare esiste un
diffeomorfismo che trasforma il campo originale in e 1 .
D IMOSTRAZIONE . Sia v C k (D; Rn ) ed x D un punto non singolare (ovvero
6= 0). Dobbiamo determinare un intorno V D di x ed un C k -diffeomorfiv(x)
smo f : V W dellintorno V su un dominio W di Rn tale che f v(y) = e 1 per
ogni x V . Sia H un iperpiano (dim(H ) = n 1) passante per x e non contenente
Quindi H = {x Rn : h(x x)
= 0} per un opportuno funzionale lineare h
v(x).
6= 0. Possiamo assumere il sistema di coordinate x i : D R tale
tale che h(v(x))
che:
x = 0, v(0) = |v(0)|e 1 , H = {x Rn : x 1 = 0}
(ci si pu infatti ricondurre a tale caso mediante una trasformazione affine di
coordinate). In tal modo ogni elemento H rimane individuato attraverso le
n 1 coordinate (2 , . . . , n ) Rn1 .
Per il teorema di esistenza ed unicit locali esistono un intorno I di t = 0 e
U di x = 0 tali che la soluzione t (x) esiste di classe C k per ogni (t , x) I U . In
particolare, posto S = U H , definita lapplicazione di classe C k ,
: I S D : (y) = t (),
y = (t , ),
|v(0)| 0
D(0) =
0
1I
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A SPETTI GENERALI
H
t ()
v(0)
x=0
D
f( x )
x
.
1
ovvero 1
= (D)1 ). Dunque f = 1 il C k -diffeo v(y) = e 1 (infatti D
morfismo cercato.
Si osservi che il teorema ora dimostrato afferma equivalentemente che, in
un intorno V di un punto non singolare del campo v, lequazione x = v(x)
equivalente alla semplice equazione y = e 1 , y W , la cui soluzione y 1 (t ) =
y 1 (0) + t , y j (t ) = y j (0), j = 2, . . . , n.
1.5.5. Equazioni differenziali su variet. La Definizione 1.1 si estende al
caso di un flusso (M , {t }) su una variet differenziabile M definita come in (1.1).
una curva differenziabile su M , passante per z
Fissato z M , il moto t 7 t (z)
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TzM
C(0)
C(t)
RN
x
c(t)
U
Rn
n
X
d
c(0)
=
f (c(t ))
= D f (x)
ci (0) xi f (x),
C (0) =
t =0
dt
i =1
i = 1,
ovvero una combinazione lineare degli n vettori xi f (x),
. . . , n. Daltra par = xi f j (x)
pari ad n, cosicte, poich f ha rango massimo, il rango di D f (x)
ch i vettori xi f (x), i = 1, . . . , n, sono linearmente indipendenti. Ne segue che
linsieme T z M dei vettori tangenti ad M in z uno spazio lineare di dimensione
n, in cui le coordinate locali inducono una base naturale. In particolare il vettore
il vettore tangente ad M in z le cui componenti 1 , . . . , n
velocit di fase v(z)
(nel suddetto sistema di coordinate) sono:
d
d 1
.
i =
x i (t (z))
=
( f )i (t (z))
t =0
t =0
dt
dt
Dunque i moti sono soluzioni dellequazione differenziale ordinaria z = v(z)
sulla variet M . Tutti i risultati di natura locale sulle equazioni differenziali su
domini di Rn si estendono immediatamente al caso di equazioni su variet, poich questultimo caso si riduce al primo dopo avere introdotto le coordinate
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18
A SPETTI GENERALI
locali. La struttura topologica della variet si evidenzia viceversa in risultati riguardanti il comportamento globale delle soluzioni. Ricordiamo qui un primo
semplice risultato: ogni campo vettoriale differenziabile su una variet compatta
M il campo delle velocit di fase di un flusso (M , {t }). In effetti abbiamo visto
che lostruzione allesistenza di un gruppo di diffeomorfismi si manifesta sempre nella fuga allinfinito (in generale verso la frontiera del dominio del campo)
delle soluzioni. quindi evidente che ogni soluzione di unequazione su una
variet compatta (si pensi ad esempio ad un toro, una superficie sferica etc.) si
possa prolungare indefinitivamente nel tempo.
1.6. Integrali primi
Si dice derivata di Lie della funzione F : D R rispetto al campo vettoriale
v : D Rn la nuova funzione L v F : D R tale che
n F
X
d
t Jx .
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19
assume la forma standard (si osservi infine che lindipendenza funzionale non
dipende dal sistema di coordinate).
E SEMPIO 1.5. Consideriamo un sistema di N particelle di masse m i > 0, i =
1, . . . , N , interagenti mediante forze conservative. Quindi esiste una funzione
delle coordinate delle particelle, U = U (x 1 , . . . , x N ), x i R3 , i = 1, . . . , N , detta
energia potenziale, tale che le equazioni del moto sono assegnate dal sistema
del secondo ordine:
U
m i xi =
,
i = 1, . . . , N .
x i
Si verifica immediatamente che lenergia meccanica totale
E (x 1 , . . . , x N , x1 , . . . , xN ) =
N m
X
i 2
xi +U (x 1 , . . . , x N )
i =1 2
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20
A SPETTI GENERALI
x = p(t )v(x),
(1.14)
x(t 0 ) = x 0 .
dove v : U R, p : I R sono funzioni continue sugli intervalli aperti U , I rispettivamente. Si osservi che il sistema autonomo (1.5) il caso particolare di
(1.14) in cui si ponga p(t ) = 1, I = R.
Chiaramente se v(x 0 ) = 0 esiste la soluzione stazionaria x(t ) x 0 del problema. Se invece v(x 0 ) 6= 0 possiamo integrare localmente lequazione ragionando analogamente al caso autonomo. Sia quindi V = (x , x + ) definito come
in Sezione 1.3 e poniamo ora:
Z x
Z
1
. t
dy
d s p(s)
.
G(t , x) =
v(y)
x0
t0
Chiaramente G : I V R differenziabile con continuit e si verifica immediatamente che G(t , (t )) = 0 lungo ogni soluzione t 7 (t ) di (1.14), ovvero G un
integrale primo dipendente dal tempo. Daltra parte
1
G
(t , x) =
6= 0
x
v(x)
(t , x) I V,
2 x + log(1 + x)
se x (, 0)
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21
x0
x 0 + (1 x 0 )e (t t0 )
T = t 0 + log
|x 0 | + 1
> t0 .
|x 0 |
In particolare:
lim x(t ) = 0,
lim x(t ) = .
t T
lim x(t ) = 1.
t +
x 0 + (1 x 0 )e (T t0 ) = 0
T = t 0 + log
x0 1
< t0 .
x0
In particolare:
lim x(t ) = +,
t T +
lim x(t ) = 1.
t +
Troviamo che per certi dati iniziali (x 0 < 0 o x 0 > 1) la soluzione non esiste
globalmente ma fugge allinfinito (che la frontiera di R, dominio del campo
vettoriale) in un tempo finito. Viceversa, qualunque sia il dato iniziale x 0 6= 0, 1,
il tempo necessario a raggiungere le posizioni di equilibrio x = 0, 1 infinito,
cosicch non si ha perdita di unicit.
S OLUZIONE E S . 1.5. Se F un integrale primo, allora F una funzione
continua e costante su un insieme denso in D; dunque F costante su tutto
D.
S OLUZIONE E S . 1.4. Le equazioni del moto sono equivalenti al seguente
sistema del primo ordine autonomo in R6N :
xi = y i
U
(x i , y i ) R3 R3 , i = 1, . . . , N .
m i yi =
x i
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22
A SPETTI GENERALI
i = 1, . . . , N .
i = 1, . . . , N ,
che valgono per tutti i tempi t per i quali la soluzione definita. Fissato T > 0,
consideriamo ora il compatto K T = [T, T ] Q T dello spazio delle fasi ampliato
R R6N , dove
p
p
Q T = {(x, y) R6N : |x i x i (0)| 2T E 0 /m i , |y i | 2 E 0 /m i , i = 1, . . . , N }.
Per il Teorema 1.4 la soluzione di prolunga fino alla frontiera di K T , ma per le
stime precedenti essa pu raggiungere solo le facce di K T per cui |t | = T . La
soluzione si prolunga in tal modo su lintero intervallo di tempi [T, T ] e quindi,
essendo T arbitrario, su tutto R.
S OLUZIONE E S . 1.41. Dimostriamo lidentita di Jacobi, gli altri punti sono
banali. Dobbiamo dimostrare che
[[L a , L b ], L c ] + [[L b , L c ], L a ] + [[L c , L a ], L b ] = 0.
Si ha
[[L a , L b ], L c ] = L a L b L c L a L c L b L b L c L a + L c L b L a
ed analogamente gli altri due termini. La somma di queste espressioni uguale
a zero.
1.8. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector fields. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dynamical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.
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CAPITOLO 2
Sistemi lineari
2.1. Linearizzazione
Consideriamo lequazione differenziale:
x = v(t , x)
0
(t , x) I D,
(2.1)
n2
y = A(t )y,
(2.3)
naturale chiedersi quale connessione esista tra le soluzioni del sistema lineare (2.3) e quelle dellequazione originale (2.1). In particolare si pu sperare che
almeno localmente (ovvero in un intorno della soluzione (t )) ogni soluzione
y(t ) = x(t ) (t ) dellEq. (2.2) sia ben approssimata dal corrispondente problema di Cauchy per il sistema (2.3). Lo studio della relazione tra le soluzioni del
problema originario e quelle del problema linearizzato si basano su un controllo
particolareggiato di queste ultime.
La situazione pi semplice che possiamo considerare quella della linearizzazione intorno ad una posizione di equilibrio di un sistema autonomo. Sia
quindi x 0 un punto singolare del campo vettoriale v C 1 (D; Rn ). Dunque x(t )
x 0 una soluzione stazionaria dellequazione differenziale x = v(x). In tal caso
lequazione linearizzata :
y = Ay,
(t , y) R Rn ,
(2.4)
.
essendo A = D v(x 0 ).
Entrambe le equazioni (2.3) e (2.4) sono lineari ed omogenee, ovvero il campo vettoriale che le definisce una funzione lineare della variabile y ed assente
un termine di ordine 0 nella stessa y. Osserviamo che lEq. (2.4) inoltre autonoma: la matrice A una funzione costante, ovvero non dipende dalla variabile
temporale t . Vedremo che in questo caso il calcolo delle soluzioni dellequazione differenziale si riduce al problema algebrico della riduzione dellla matrice A
in forma opportuna.
23
24
S ISTEMI LINEARI
= sin ,
=
,
`
dove R langolo (crescente in senso antiorario) che il pendolo forma con
la verticale discendente, g laccelerazione di gravit ed ` la lunghezza del pen R2 lequazione si riscrive come
dolo. Nello spazio delle fasi x = (x 1 , x 2 ) = (, )
sistema del primo ordine:
x1 = x 2 ,
x2 = 2 sin x 1 .
ovvero x = v(x) con
v 1 (x)
x2
v(x) =
=
.
v 2 (x)
2 sin x 1
v 1
v 1
(
j
,
0)
(
j
,
0)
x
x 2
1
0
1
.
A j = D v(z j ) =
= (1) j +1 2 0 .
v 2
v 2
( j , 0)
( j , 0)
x 2
x 2
Lequazione linearizzata intorno al punto singolare z j allora y = A j y, ovvero:
y1 = y 2 ,
y2 = (1) j +1 2 y 1 .
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25
In particolare, per j pari, troviamo la ben nota equazione delloscillatore armonico, y1 + 2 y 1 = 0, che descrive le piccole oscillazioni intorno alla posizione di
equilibrio stabile x = 0 (mod 2).
Pi in generale, sia q = q 0 una posizione di equilibrio del sistema meccanico
descritto dallequazione:
q D Rn ,
q = F (q),
0
1I
A=
,
DF (q 0 ) 0
essendo i blocchi a destra matrici n n. Pi esplicitamente:
yi = y n+i ,
i = 1, . . . , n.
n F
X
i
(q
)
y
,
y
=
0
j
n+i
q
j =1
= 2 sin ,
> 0,
= (0, 0).
intorno alla posizione di equilibrio (, )
E SERCIZIO 2.2. Si consideri un pendolo matematico piano in cui il punto
di sospensione oscilla verticalmente secondo la legge a cos(t ), essendo a,
due parametri positivi. Siano rispettivamente g , `, m laccelerazione di gravit,
la lunghezza ed il peso del pendolo. Utilizzando langolo (crescente in senso
antiorario) che il pendolo forma con la verticale discendente, scrivere la lagran = (0, 0)
giana del sistema e le relative equazioni del moto. Verificare che (, )
una posizione di equilibrio e linearizzare le equazioni del moto intorno a tale
posizione.
E SERCIZIO 2.3. Si consideri il seguente sistema differenziale su R2 :
x1 = x 1 (1 x 12 x 22 ) x 2 (1 + x 12 + x 22 ),
x2 = x 1 (1 + x 12 + x 22 ) + x 2 (1 x 12 x 22 ).
Utilizzando le coordinate polari (r, ), determinare una soluzione periodica del
sistema e scrivere il sistema linearizzato intorno ad essa.
2.2. Propriet generali
2.2.1. Preliminari. Sia {e i }i =1,...,n la base canonica di Rn :
x1
n
X
x = . . . =
xi e i
x Rn .
i =1
xn
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26
S ISTEMI LINEARI
x, y Rn ,
i =1
x, y Rn ,
n
X
A j ,i e j ,
j =1
n
X
Ai , j x j .
j =1
(2.5)
rispetto alla quale L(Rn ) uno spazio normato completo. Essendo L(Rn ) di dimensione finita, tutte le norme sono equivalenti. Pi specificatamente facile
dimostrare che:
max
j
n
X
i =1
A 2i , j kAk2
n
X
i , j =1
A 2i , j
A L(Rn ),
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27
(t , x) I Rn ,
(2.6)
dove kA(t )k la norma uniforme delloperatore lineare A(t ). Chiaramente C a,b <
+ essendo t 7 A(t ) continua ed [a, b] compatto. Scrivendo lequazione (2.6)
in forma integrale ed utilizzando (A.3) si ha, per ogni t [t 0 , t 1 ],
Z t
Z t
d s |(s)|,
|(t )| |(t 0 )| + d s |A(s)(s)| |(t 0 )| +C a,b
t0
t0
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28
S ISTEMI LINEARI
n
X
i , j (t )e j ,
j =1
1,1 (t ) . . . n,1 (t )
...
... .
W (t ) = det . . .
(2.8)
1,n (t ) . . . n,n (t )
Quando sar necessario esplicitare la dipendenza dalle n funzioni utilizzeremo
la notazione estesa W [1 , . . . , n ](t ) per indicare il wronskiano.
Definiamo ora sistema fondamentale di soluzioni dellEq. (2.6) ogni base di
S , ovvero ogni collezione di n soluzioni linearmente indipendenti. Il seguente
lemma fornisce un criterio per stabilire la indipendenza lineare di un sistema di
soluzioni.
L EMMA 2.3. Sia W il wronskiano di un sistema di n soluzioni dellEq. (2.6).
Allora W (t ) 6= 0 per ogni t I oppure W (t ) = 0 per ogni t I . Nel primo caso il
sistema fondamentale.
D IMOSTRAZIONE . Essendo la mappa t definita in (2.7) un isomorfismo di
S in Rn , n soluzioni {i }i =1,...,n sono linearmente indipendenti se e solo se lo
sono gli n vettori {i (t )}i =1,...,n di Rn (per ogni t I ). Daltra parte questi ultimi
sono linearmente indipendenti se e solo se W (t ) 6= 0.
O SSERVAZIONE 2.1. Il wronskiano di n funzioni generiche (non soluzioni
di (2.6)) pu annullarsi in qualche punto senza che queste siano linearmente
dipendenti. Consideriamo ad esempio le funzioni:
1
1
1 1
1 (t ) =
, 2 (t ) = 2
= W (t ) = det
= t (t 1).
t
t
t t2
Osserviamo che W (0) = W (1) = 0 e W (t ) 6= 0 se t 6= 0, 1. In particolare 1 (0) =
2 (0) ed 1 (1) = 2 (1), mentre 1 (t ) indipendente da 2 (t ) per ogni t 6= 0, 1.
Daltra parte le funzioni 1 e 2 sono tra loro linearmente indipendenti poich
non esistono costanti c 1 e c 2 non nulle tali che c 1 1 (t ) + c 2 2 (t ) = 0 per ogni
t R. possibile anche che il wronskiano si annulli identicamente senza che le
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29
1 t
1
t
0
= W (t ) = det
1 (t ) =
, 2 (t ) = 2
t t2
t
t
In questo caso 2 (t ) = t 1 (t ), per cui i vettori 1 (t ) e 2 (t ) sono linearmente
dipendenti per ogni t R. Daltra parte le funzioni 1 e 2 sono tra loro linearmente indipendenti poich il fattore di proporzionalit tra i vettori 1 (t ) e 2 (t )
non costante.
Dal Lemma 2.6, se i C 0 (I ; Rn ), i = 1, . . . , n, un sistema fondamentale
di soluzioni, la matrice (t ) di elementi i , j (t ) = j ,i (t ), i , j = 1, . . . , n, non
singolare, ovvero det (t ) 6= 0, per ogni t I . Inoltre, essendo le i soluzioni di
(2.6), la funzione t 7 (t ) soddisfa lequazione:
= A(t )
i,j =
n
X
A i ,k (t )k, j
i , j = 1, . . . , n.
(2.9)
k=1
t0 I ,
t 0 , s, t I ,
t0 , t I .
(2.10)
(t , x) I Rn ,
(2.11)
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30
S ISTEMI LINEARI
Affinch sia soluzione dellEq. (2.11) la funzione incognita C (t ) deve soddisfare lequazione differenziale (t )C (t ) = b(t ), ovvero:
Z t
C (t ) = C (t 0 ) + d s 1 (s)b(s).
t0
t1 , t2 I ,
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31
(2.14)
t0
Z t
d s Tr A(s) = W (t 0 ) det P t ,t0 .
W (t ) = W (t 0 ) exp
(2.15)
t0
D IMOSTRAZIONE . Assegnata una matrice B indichiamo con il suo determinante e con i , j il complemento algebrico dellelemento B i , j . Come noto
dallalgebra lineare (regola di Laplace):
=
n
X
B i ,k i ,k
i = 1, . . . , n,
(2.16)
k=1
= i , j
B i , j
i , j = 1, . . . , n.
n
n
X
X
W
i , j (t ) =
i , j (t )
Wi , j (t )
i , j =1 i , j
i , j =1
n
X
Wi , j (t )
i , j =1
n
X
i ,k=1
n
X
A i ,k (t )k, j (t )
k=1
"
A i ,k (t )
n
X
Wi , j (t )k, j (t ) .
j =1
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32
S ISTEMI LINEARI
che risolta per separazione delle variabili fornisce la prima identit in (2.15). La
seconda identit segue banalmente applicando la prima al wronskiano det P t ,t0 ,
cosicch:
Z t
(2.17)
d
dn
7 (t ),
(t ), . . . ,
(t
)
,
t I,
dt
dtn
dimostrare che linsieme delle soluzioni un sottospazio lineare di C 1 (I ; R) isomorfo allo spazio delle fasi Rn . Definito quindi il wronskiano delle n soluzioni
i C 1 (I ; R), i = 1, . . . , n,
1 (t )
...
n (t )
d 1
d n
(t )
d t (t ) . . .
dt
,
W (t ) = det
...
...
...
n
d 1
d n n
(t ) . . .
(t )
d tn
d tn
dimostrare che:
Z t
W (t ) = W (t 0 ) exp d s a 1 (s)
t0
t0 , t I .
(t , x) R Rn .
(2.18)
.
Poniamo P t = P t ,0 , la matrice principale al tempo t 0 = 0. Essendo il sistema autonomo si ha P t ,t0 = P t t0 ,0 . In altri termini, (t ) = P t t0 x 0 fornisce la soluzione
del problema di Cauchy di dati iniziali (t 0 ) = x 0 . Quindi lintegrazione dellEq.
(2.18) si riduce alla determinazione della funzione differenziabile t 7 P t L(Rn )
soluzione dellequazione:
Pt = AP t
P 0 = 1I
Osserviamo che le relazioni (2.10) diventano in questo caso: 1) P 0 = 1I, 2) P t +s =
P t P s , 3) P t1 = P t , ovvero la mappa t 7 P t L(Rn ) forma un gruppo ad un
parametro di trasformazioni (lineari) di Rn .
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33
N ak
X
ak .
= lim
,
N + k=0 k!
k=0 k!
+
X
(2.19)
dove il limite va inteso nella metrica indotta da una norma di L(Rn ). Ricordiamo in proposito che tutte le norme di L(Rn ) sono equivalenti, per cui la nozione
di convergenza non dipende dalla norma utilizzata per definire la metrica. Mostriamo che la definizione (2.19) ben posta. Essendo L(Rn ) uno spazio normato
completo occorre dimostrare che:
N Ak
. X
SN =
,
k=0 k!
N N,
una successione di Cauchy in L(Rn ). Per far ci osserviamo che dalla definizione di norma uniforme si dimostra facilmente che kAB k kAk kB k A, B L(Rn ).
Allora, qualunque sia M > N ,
X
M
M
X
X kAkk
Ak
kA k k
kS M S N k =
0 per N +,
k=N +1 k! k=N +1 k!
k>N k!
ovvero la successione di Cauchy. La serie in (2.19) converge inoltre assolutamente ed uniformemente sui compatti. Infatti, fissato un qualunque a > 0, per
ogni A L(Rn ) tale che kAk a, si ha:
k
N Ak
X
X a
.
exp A
k>N k!
k=0 k!
Inoltre:
k exp Ak
ak
= ea.
k!
k=0
+
X
exp 0 = 1I,
exp(A + B ) = exp A exp B
(exp A)1 = exp(A),
[exp A, B ] = 0
se [A, B ] = 0,
se [A, B ] = 0.
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34
S ISTEMI LINEARI
scrivere:
exp(A + B ) =
+
N
X 1 X
(A + B )N
N k N k
=
A B
k
N!
N =0
N =0 N ! k=0
+
X
+
X Ak B h
X +
A k B N k
=
k=0 N =k k!(N k)!
k=0 h=0 k!h!
!
!
+
X A k +
X Bh
=
= exp A exp B,
k=1 k!
h=1 h!
+
X
X +
dove la penultima uguaglianza corretta, ovvero si possono moltiplicare termine a termine le due serie, essendo queste assolutamente convergenti.
Dimostriamo ora che P t = exp(At ), cio che:
d
exp(At ) = A exp(At ) = exp(At )A,
dt
ovvero che la serie
exp(At ) =
+
X t k Ak
k=0
k!
exp[A(t + )] exp(At )
exp(A) 1I A
A exp(At ) = exp(At )
+
+
X k1 A k
X ||k1 kAkk
= exp(At )
e kAkt
k!
k!
k=2
k=2
kAk2 e kAk(t +) || 0
per 0.
a 0
a b
a 0
i)
,
ii)
,
iii)
,
0 b
b a
b a
dove a, b R.
i ) Sia ha:
exp
a
0
+
X 1 a
0
=
b
0
k=0 k!
i i ) Decomponiamo:
a
b
0
b
b
= a1I + b J
a
+
X
1 ak
0
k=0 k!
con
a
e
0
k = 0
b
0
.
eb
0 1
J=
.
1 0
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35
+
X (b J )k
a b
exp
= exp(a1I + b J ) = exp(a1I) exp(b J ) = e a
b a
k=0 k!
= ea
+
X (b 2 1I)k b J
(b 2 1I)k
+ ea
k=0 (2k)!
k=0 (2k + 1)!
+
X
(2.20)
avendo posto:
. cos b sin b
R[b] =
.
(2.21)
sin b cos b
a b
Quindi lazione di exp
sui vettori di R2 la composizione di una dilatab a
zione di un fattore e a con una rotazione di un angolo b.
i i i ) Decomponiamo:
a
b
0
= a1I + bN
a
0 0
con N =
.
1 0
a 0
a
a 1
exp
= exp(a1I+bN ) = exp(a1I) exp(bN ) = e (1I+bN ) = e
b a
b
0
. (2.22)
1
X zk
(A k ) +
=
.
k!
k=0 k!
k=0
+
X
P t = 1I +
d s AP s .
(2.23)
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36
S ISTEMI LINEARI
Utilizzare il metodo delle approssimazioni successive di Picard per dimostrare lesistenza ed unicit della soluzione in C 0 (R; L(Rn )), riottendendo in particolare
lespressione di P t in serie di potenze di At .
E SERCIZIO 2.6. Dimostrare che per ogni operatore A L(Rn ) si ha:
det(exp A) = exp(Tr A).
E SERCIZIO 2.7. La matrice A Mn abbia la seguente forma a blocchi:
A1 0
,
A=
0 A2
essendo A 1 Mn1 , A 2 Mn2 , n 1 + n 2 = n. Dimostrare che allora:
exp A 1
0
.
exp A =
0
exp A 2
2.4.2. Matrici simili, cambiamenti di base, calcolo della soluzione. Determinare le soluzioni dellEq. (2.18) equivale a calcolare la matrice exp(At ). Dalla
definizione (2.19) immediato verificare che
S 1 (exp A)S = exp(S 1 AS)
A Mn
S : det S 6= 0.
1
xi e i =
n
X
yi fi .
i =1
j =1
.
(A) = C : det(A 1I) = 0 .
Se un autovalore reale di A allora il sottospazio (di Rn ) Ker(A 1I) contiene
vettori non nulli, detti autovettori di A associati allautovalore . Osserviamo che
ha anche senso definire (A) lo spettro delloperatore lineare identificato dalla
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37
1 0 . . . . . .
...
0
0
0 ...
...
0
2
...
...
. . . . . . . . . . . .
AS =
. . . . . . . . . . . .
...
...
0 . . . . . . 0 n1 0
0 ... ... ...
0
n
e quindi:
e 1 t
0
...
exp(A S t ) =
...
0
0
0
e 2 t
...
...
...
...
...
0
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
n1 t
0 e
...
0
0
0
...
.
...
0
e n t
Lesistenza di una base di autovettori garantita solo in casi particolari, ad esempio se la matrice A possiede n autovalori reali e distinti, oppure se essa simmetrica. Nel caso generale sussiste il seguente risultato.
T EOREMA 2.5. Sia A Mn . Allora:
i) Se un autovalore reale di molteplicit algebrica d , esiste una matrice
non singolare S tale che
D 0
AS =
,
0 B
dove B Mnd e D Md una matrice triangolare inferiore con tutti gli elementi
diagonali uguali allautovalore :
0 ...
...
...
0
D
...
...
. . .
2,1 0
...
...
. . .
... ... ...
(2.24)
D =
. . . . . . . . . D d ,d 2
0
D d ,1 . . . . . .
...
D d ,d 1
ii) Se i sono due autovalori complessi e coniugati di molteplicit algebrica r , esiste una matrice non singolare S tale che
T 0
AS =
,
0 B
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38
S ISTEMI LINEARI
0 . . . . . . . . . . . .
...
... 0
T3,1 T3,2 0 . . . . . .
.
.
.
... ...
...
...
0 ... ...
...
... ...
...
... ... ... ... ...
0 ...
...
... ... ... ... ...
0 ...
...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . T2r 1,2r 2
T2r,1 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
T2r,2r 2
D IMOSTRAZIONE . Iniziamo con il dimostrare il punto i). Sia f 1 un autovettore unitario di A T corrispondente allautovalore reale e si consideri liperpiano 1 = { Rn : , f 1 = 0} dei vettori ortonormali ad f 1 . Essendo A, f 1 =
, A T f 1 = , f 1 = 0 per ogni 1 , tale iperpiano invariante rispetto ad
A e quindi esiste la restrizione di A a 1 che indichiamo con A 1 . Se d > 1 allora (A 1 ) cosicch esiste un autovettore unitario di A T1 corrispondente a .
Esiste quindi la restrizione di A 1 alliperpiano 2 = { 1 : , f 2 = 0}. Iterando largomento otteniamo d vettori ortonormali { f i }i =1,...,d , che possiamo
completare per costruire una base ortonormale. Otteniamo in tal modo una
trasformazione unitaria U tale che:
D 0
. 1
AU = U AU =
.
K B
Cerchiamo ora una trasformazione non singolare S della forma:
1I 0
S =
,
G 1I
con G matrice (n d ) d , in modo tale che:
D
1
S AU S =
0
0
B
1I 0 D 0 1I 0
D
0
1
S AU S =
=
.
G 1I K B G 1I
K GD + BG B
La matrice G deve quindi risolvere lequazione lineare K GD + BG = 0, che
un sistema lineare non omogeneo nelle d (n d ) incognite G i , j . Affinch esista ununica soluzione per ogni termine noto K necessario e sufficiente che
il sistema lineare omogeneo associato BG GD = 0 ammetta la sola soluzione
nulla G = 0. Per dimostrare ci utilizziamo la forma particolare di D ed il fatto che (B ). Sia {e i }i =1,...,d la base canonica di Rd ed assumiamo G tale che
BG = GD. In particolare, essendo De d = e d , deve aversi BGe d = Ge d . Poich
(B ) ne segue che Ge d = 0. Essendo ora De d 1 = D d ,d 1 e d +e d 1 , troviamo
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39
BGe d 1 = Ge d 1 e quindi analogamente deve aversi Ge d 1 = 0. Iterando il ragionamento concludiamo che Ge i = 0 per ogni i = 1, . . . , d , ovvero G la matrice
nulla.
Dimostriamo ora il punto i). Estendiamo A ad un operatore su Cn , la complessificazione di Rn ottenuta prendendo i vettori z = z 1 e 1 + . . . + z n e n con z i C
ed {e i }i =1,...,n la base canonica di Rn . Siano ora autovettori unitari di A T associati agli autovalori i , dunque A T = ( i ) . Essendo la matrice A
reale i vettori sono complessi coniugati: = + , cosicch i vettori:
f1 =
+ +
,
2
f2 =
+
2i
AT f2 = f1 + f2.
AU = U
T
AU =
K
0
B
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40
S ISTEMI LINEARI
diagonale a blocchi:
D1
0
...
...
AS =
...
...
...
0
0
D2
...
...
...
...
...
...
... ...
... ...
... ...
. .. Dp
... 0
... ...
... ...
... ...
...
...
...
0
T1
...
...
...
... ...
... ...
... ...
... ...
... ...
... ...
. . . Tq
... 0
0
...
...
...
,
...
...
0
Tq
(2.26)
x = T x, x R2r ,
x = D x, x Rd ,
,
2)
1)
d
x(0) = c, c R2r .
x(0) = c, c R .
(scegliendo il dato iniziale c i = i , j si ottiene lesponenziale). Tali sistemi si integrano facilmente mediante la formula di variazione delle costanti ripetutamente
applicata. Pi precisamente, per il sistema 1) abbiamo:
x 1 (t )
c 1 e t ,
x 2 (t )
c 2 e t +
Z
0
Z t
c 3 e t + d s e (t s) [D 3,2 x 2 (s) + D 3,1 x 1 (s)]
0
t2
t
,
= e
c 3 + (D 3,2 c 2 + D 3,1 c 1 )t + D 3,2 D 2,1 c 1
2
...... ... ...............
x 3 (t )
dX
1 D
ktk
k=0
k!
= 0.
dove abbiamo usato che [1I, D]
Per risolvere il sistema 2) osserviamo preliminarmente che dallEq. (2.20)
segue:
exp
t = e t R[t ],
(2.27)
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41
x 1 (t )
c1
t
,
= e R[t ]
x 2 (t )
c2
Z t
T3,1 T3,2 x 1 (s)
x 3 (t )
c3
+ d s e (t s) R[(t s)]
= e t R[t ]
T4,1 T4,2 x 2 (s)
x 4 (t )
c4
0
Z t
c1
T3,1 T3,2
c3
t
t
,
R[s]
+e
d s R[(t s)]
= e R[t ]
c2
T
T
c4
4,1
4,2
0
...... ... ...............
Utilizzando la formula di integrazione per parti facile dimostrare induttivamente che, per ogni intero k = 0, 1, 2, . . ., gli integrali del tipo
Z t
Z t
d s sin[(t s)] cos(s) s k ,
d s cos[(t s)] sin(s) s k ,
0
Z
0
Z
0
sono funzioni della forma P (t ) cos(t ) + Q(t ) sin(t ), essendo P (t ) e Q(t ) polinomi di grado k + 1. In tal modo x 3 (t ) ed x 4 (t ) sono funzioni della forma
e t [P 1 (t ) cos(t ) +Q 1 (t ) sin(t )], con P 1 (t ) e Q 1 (t ) polinomi di grado 1, x 5 (t ) ed
x 6 (t ) sono funzioni del tipo e t [P 2 (t ) cos(t ) + Q 2 (t ) sin(t )], con P 2 (t ) e Q 2 (t )
polinomi di grado 2, e via di seguito. Si comprende allora che ciascun elemento
della matrice exp(T t ) una funzione del tipo e t [cos(t )P r (t ) + sin(t )Q r (t )],
con P r (t ) e Q r (t ) polinomi di grado massimo al pi r 1. In conclusione, dal
Corollario 2.6 abbiamo il seguente risultato:
T EOREMA 2.7. Lo spettro della matrice A Mn sia costituito da p autovalori
reali 1 , . . . , p di molteplicit algebrica d 1 , . . . , d p e da q autovalori complessi coniugati 1 i 1 , . . . , q i q , di molteplicit algebrica r 1 , . . . , r q . Allora ogni elemento della matrice exp(At ) e quindi ogni componente della soluzione dellEq.
(2.18) sono dati da somme di funzioni del tipo:
e j t P j (t ),
e k t cos(k t )Q k (t ),
e k t sin(k t )R k (t ),
j = 1, . . . , p, k = 1, . . . , q,
x = Ax,
x1
K1
A 1,1 A 1,2
x=
K=
, A=
.
(2.28)
x(0) = K ,
x2
K2
A 2,1 A 2,2
Il polinomio caratteristico di A
A 1,1
p() = det(A 1I) = det
A 2,1
A 1,2
= 2 (Tr A) + det A,
A 2,2
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42
S ISTEMI LINEARI
S 1,2
S 1,1
. S 1,1 S 1,2
,
(2.29)
,
S=
,
f2 =
f1 =
S 2,1 S 2,2
S 2,2
S 2,1
la matrice S essendo non singolare cosicch ben definita la sua inversa:
1
S 1,1 S 1,2
S 1 =
.
det S S 2,1 S 2,2
Si ha:
AS =
1
0
0
2
e AS t =
t
e 1
0
0
e 2 t
A f 2 = f 1 + f 2 .
AS =
=
e A S t = e t R[t ].
Nelle nuove coordinate y = S 1 x il sistema si scrive y = A S y, la cui soluzione di
dati iniziali y(0) = c :
AS t
t c 1 cos(t ) c 2 sin(t )
y(t ) = e c = e
.
(2.31)
c 1 sin(t ) + c 2 cos(t )
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43
Come nel caso precedente la soluzione nelle variabili originarie x(t ) = Sy(t ) =
Se A S t S 1 K . Equivalentemente, essendo
e At f 1 = e t cos(t ) f 1 + sin(t ) f 2 ,
e At f 2 = e t sin(t ) f 1 + cos(t ) f 2 ,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) = e t [c 1 cos(t ) c 2 sin(t )] f 1 + e t [c 1 sin(t ) + c 2 cos(t )] f 2
e determinare le costanti c 1 e c 2 imponendo la condizione iniziale c 1 f 1 + c 2 f 2 =
K.
Caso 3. Supponiamo che (Tr A)2 = 4 det A cosicch esiste un unico autovalore reale di molteplicit algebrica 2. Se esistono due autovettori linearmente
indipendenti allora A = 1I e la soluzione dellEq. (2.28) x(t ) = e t K . Supponiamo invece che non sia questo il caso. Determiniamo allora un autovettore f 1
della matrice trasposta A T associato allautovalore . Fissiamo quindi un vettore f 2 ortogonale ad f 1 . Utilizzando la notazione come in (2.29) e ricordando
(2.22) si ha allora:
0
0
AS t
t 1
AS =
=
e
=e
.
t 1
Nelle nuove coordinate il sistema si scrive y = A S y, la cui soluzione di dati iniziali y(0) = c :
c1
y(t ) = e A S t c = e t
,
(2.32)
c 2 + t c 1
mentre la soluzione del problema di Cauchy (2.28) x(t ) = Se A S t S 1 K . Equivalentemente, essendo
e At f 1 = e t f 1 + t f 2 ,
e At f 2 = e t f 2 ,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) = c 1 e t f 1 + (c 2 + t c 1 )e t f 2
e determinare le costanti c 1 e c 2 imponendo la condizione iniziale c 1 f 1 + c 2 f 2 =
K.
Le curve di fase dellEq. (2.28) sono quindi limmagine affine (ovvero attraverso una trasformazione lineare non singolare) delle curve di fase di uno tra i
flussi (2.30), (2.31) o (2.32).
2.6. Flussi iperbolici
I risultati della precedente Sezione 2.4 permettono in linea di principio il
calcolo esplicito (o numerico) delle soluzioni dellEq. (2.18). Daltra parte spesso si solo interessati ad una analisi qualitativa sul comportamento nel tempo
delle soluzioni. In questa sezione studiamo il caso importante in cui gli autovalori delloperatore A hanno tutti parte reale non nulla, mostrando come in tal
caso il comportamento qualitativo del corrispondente flusso di fase e At molto
semplice.
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44
S ISTEMI LINEARI
D EFINIZIONE 2.8. Se tutti gli autovalori della matrice A hanno parte reale
non nulla il flusso di fase lineare e At detto un flusso iperbolico. In particolare,
esso detto contrazione [risp. espansione] se tutti gli autovalori della matrice A
hanno parte reale negativa [risp. positiva]. Corrispondentemente, il punto singolare x = 0 dellEq. (2.18) viene detto punto iperbolico. In particolare esso detto
pozzo [risp. sorgente] se il flusso di fase una contrazione [risp. espansione].
T EOREMA 2.9. Sia A L(Rn ) e siano , R tali che < < per ogni
(A). Allora esiste un prodotto scalare , su Rn tale che:
|x|2 x, Ax |x|2
x Rn ,
(2.33)
p
dove |x| = x, x . Inoltre:
e t |x| |e At x| e t |x| .
(2.34)
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo dapprima le stime (2.33). Sia S la trasformazione che appare in (2.26) e siano d 1 , . . . , d p , r 1 , . . . , r q come nel Teorema 2.6.
Per ogni > 0 sia
I (1)
0 ... ...
...
...
...
0
0
I (2) . . . . . .
...
...
...
...
. . . . . . . . . I (p)
0
...
...
...
(2.35)
I =
,
(p+1)
... ... ...
0
I
.
.
.
.
.
.
.
.
.
(p+q1)
... ... ... ...
...
. . . I
0
(p+q)
0
... ... ...
...
...
0
I
dove se k = 1, . . . , p allora I (k) Mdk la matrice diagonale di elementi
(I (k) )i , j = 1i i , j ,
mentre se k = p +1, . . . , p + q allora I (k) M2r k la matrice diagonale di elementi
(1i )/2
i , j se i = 1, 3, . . . , 2r k 1
(k)
(I )i , j =
(2i )/2
i , j se i = 2, 4, . . . , 2r k
. 1
.
Poniamo quindi A = S AS , ove S = SI . Consideriamo ora la trasformazione
.
di coordinate x = S y e sia , il prodotto scalare da essa indotto: x, x 0 =
0
1
1 0
y, y = S x, S x . Osserviamo che:
x, Ax = y, A y = y, A sim
y
.
dove, per ogni B Mn , B sim denota la parte simmetrica di B , ovvero B sim =
(B + B T )/2 (la parte antisimmetrica di una matrice non contribuisce alla forma
quadratica associata). Ricordando la forma (2.26) di A S e la definizione di I
facile verificare che:
(i , j )
(A sim
(A sim
)i , j =
S )i , j
i j,
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45
(A S )i , j y i y j ,
y =
i>j
k=1
cosicch:
lim
y, A sim
y
y, y
n
1 X
(k )y k2 .
y, y k=1
d
|x|2 2|x|2 ,
dt
e dunque:
d
log |x| .
dt
Integrando si ha:
|x(t )|
t ,
|x(0)|
da cui, essendo x(t ) = e At x, seguono le (2.34).
t log
At
bt
|e x| K e |x|
|e
At
x| K
t 0 x Rn .
(2.37)
1 bt
e |x|
At
1 at
|e x| K e |x|
|e
At
x| K e
at
t 0 x Rn .
(2.39)
|x|
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46
S ISTEMI LINEARI
E = Rn ,
|e
At
x| C e
t 0 x Rn .
(2.40)
| x|
D IMOSTRAZIONE . Sia S come in (2.26). Sia quindi P la trasformazione lineare non singolare che consiste nel riordinare i blocchi della matrice A S per valori
crescenti di al variare di (A). Indichiamo con n + [risp. n ] il numero
di autovalori con parte reale negativa [risp. positiva], ciascuno contato con la
propria molteplicit algebrica. Posto U = SP si ha:
U
A+
AU =
0
0
,
A
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47
u
+ .
n
n+
E = x R : x = U y con y =
, uR
,
0
.
E = x Rn : x = U y
con y =
0
,
v
v Rn .
Chiaramente E sono sottospazi invarianti rispetto ad A. Essendo U non singolare si ha la decomposizione in somma diretta Rn = E + E , rimanendo cos
definiti gli operatori di proiezione : Rn E :
u
0
u
+ x = U
, x = U
,
dove
= U 1 x.
0
v
v
Abbiamo ora:
e At + x = U
e A+ t u
,
0
e At x = U
e A t v
dove
u
= U 1 x.
v
I sottospazi E ed E sono detti rispettivamente sottospazio stabile e sottospazio instabile del flusso iperbolico x = Ax. Eccetto lorigine x = 0, tutte le
orbite delle soluzioni dellEq. (2.18) giacenti sullo spazio stabile [risp. instabile]
sono aperte e tendono a 0 per t + [risp. t ]. Tali sottospazi possono
essere caratterizzati nella seguente maniera:
n
o
n
o
E + = x Rn : sup |e At x| < + ,
E = x Rn : sup |e At x| < + . (2.41)
t 0
t 0
t 0 x Rn ,
cosicch:
At
+ x| C 1 e + t |+ x|
|e
|e At x| C 1 e t | x|
t 0 x Rn .
(2.42)
Essendo ora e At x = e At + x+e At x, dalle disuguaglianze (2.40) e (2.42) otteniamo le identit (2.41). Segue inoltre che la decomposizione in sottospazi stabile
ed instabile unica.
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48
S ISTEMI LINEARI
0
1
A=
2
S OLUZIONE E S . 2.2. A meno di termini dipendenti soltanto dal tempo ed
eliminando una derivata totale rispetto al tempo si verifica che la lagrangiana
del sistema :
2
t ) = m` 2 + m` g + a2 cos(t ) cos ,
L(, ,
2
da cui ricaviamo le equazioni del moto:
s
g + a2 cos(t )
.
,
= 2 (t ) sin ,
(t ) =
`
R2 ,
ovvero, nello spazio delle fasi x = (x 1 , x 2 ) = (, )
x1 = x 2 ,
x2 = 2 (t ) sin x 1 .
Essendo x = 0 un punto singolare del campo vettoriale (v(0, t ) = 0 t ) allora
x(t ) = 0 soluzione di equilibrio del sistema. Linearizzando si ottiene il sistema
non autonomo y = A(t )y, y R2 , dove:
0
1
A(t ) =
.
2 (t ) 0
La corrispondente equazione del secondo ordine :
y + 2 (t )y = 0,
nota con il nome di equazione di Mathieu.
S OLUZIONE E S . 2.3. Le coordinate polari sono definite dalla trasformazione:
x 1 = r cos
r > 0, [0, 2].
x 2 = r sin
Osserviamo preliminarmente che tale trasformazione ben definita solo sullaperto R2 \ {0}. Daltra parte lorigine delle coordinate un punto singolare
del campo vettoriale. Quindi esso costituisce da solo unorbita chiusa (corrispondente alla soluzione stazionaria x(t ) = 0) e tutte le altre soluzioni hanno
orbite giacenti sullaperto R2 \ {0}. La matrice jacobiana della trasformazione di
coordinate :
(x 1 , x 2 )
cos r sin
=
,
sin r cos
(r, )
cosicch la legge di trasformazione dei vettori tangenti :
x1
cos r sin r
=
,
x2
sin r cos
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49
r
v r (r, )
=
v (r, )
essendo
v r (r, )
v (r, )
cos
=
sin
cos
=
sin
r sin
r cos
r sin
r cos
r (1 r 2 ) cos r (1 + r 2 ) sin
r (1 + r 2 ) cos r (1 r 2 ) sin
v 1 (x 1 (r, ), x 2 (r, ))
v 2 (x 1 (r, ), x 2 (r, ))
r = r (1 r 2 ),
= 1 + r 2 .
immediato verificare che la funzione t 7 (r (t ), (t )) = (1, 0 + 2t ) soluzione del sistema. Essa corrisponde ad un moto circolare uniforme la cui orbita la circonferenza unitaria di centro lorigine. La linearizzazione del sistema
differenziale intorno alla soluzione periodica allora y = Ay, essendo:
(v r , v )
2 0
A=
=
.
2 0
(r, ) r =1
=0 +2t
x 1 (t )
cos(0 + 2t )
x(t ) =
=
.
x 2 (t )
sin(0 + 2t )
S OLUZIONE E S . 2.4. Tutte le affermazioni sono semplici conseguenze del
fatto che lequazione (2.17) equivalente al sistema (2.6) ove si ponga:
0
1
0
...
0
d
0
1
...
0
d
t
...
...
...
...
x =
A(t ) = . . .
.
,
.
.
.
0
0
0
.
.
.
1
d n1
a n (t ) a n1 (t ) a n3 (t ) . . . a 1 (t )
d t n1
S OLUZIONE E S . 2.5. Le approssimazioni di Picard per lEq. (2.23) sono:
P t(0)
= 1I,
... = ...,
P t(k)
= 1I +
d s AP s(k1) .
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50
S ISTEMI LINEARI
Sostituendo si ottiene:
P t(k)
= 1I + At +
=
=
=
=
ds
0
d A 2 P (k2) = 1I + At +
Z
0
d (t )A 2 P (k2)
Z t Z s
A2 t 2
+ d s d (s )A 3 P s(k3)
1I + At +
2
0
0
Z t
A 2 (t )2
A2 t 2
1I + At +
+ d
AP (k3)
2
2
0
...........................
k Ah t h
X
.
h=0 h!
Z 1
d s Tr A = exp(Tr A).
det(exp A) = det P 1 = exp
0
k k
A1 0
A
0
Ak =
= 1
k N,
0 A2
0 A k2
e quindi:
exp A
lim
N Ak
X
N + k=0 k!
=
N + k=0 k!
lim
N Ak
X
1
exp A 1
0
k
N
X A2
lim
N + k=0 k!
0
.
exp A 2
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51
3) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equations. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
4) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathematics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
5) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. A series of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.
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CAPITOLO 3
Flussi hamiltoniani
3.1. Sistemi lagrangiani e sistemi hamiltoniani
In questa sezione mostriamo che una dinamica lagrangiana (non necessariamente di natura meccanica) pu essere riformulata in termini di un differente formalismo, detto formalismo hamiltoniano o canonico. Sarebbe per riduttivo ritenere la dinamica hamiltoniana una semplice riformulazione di quella
lagrangiana. Infatti, sebbene molti sistemi fisici siano descrivibili con entrambe le formulazioni, quello canonico estremamente ricco, rivelandosi spesso
pi idoneo a trattare alcuni problemi. In particolare la dinamica hamiltoniana
fornisce una notazione compatta in cui il concetto di integrabilit si esprime in
maniera molto semplice. Inoltre lo studio di sistemi vicini a sistemi integrabili, ovvero la teoria delle perturbazioni, si sviluppa molto pi agevolmente in tale
formalismo.
Un sistema lagrangiano assegnato tramite una funzione scalare L(q, , t ),
per (q, , t ) Rn R, con Rn . Assumiamo L regolare ed uniformemente
convessa nelle variabili , ovvero esiste una costante C 0 > 0 tale che, per ogni
(q, , t ) Rn R, sia
n
X
2 L
(q, , t ) i j C 0
2i
i =1
i , j =1 i j
n
X
Rn .
Rn .
(3.1)
I moti t 7 q(t ) del sistema sono allora le soluzioni delle equazioni di EuleroLagrange
d L
L
), t ) =
), t ),
(q(t ), q(t
(q(t ), q(t
d t
q
(3.2)
ovvero, nello spazio delle fasi, le soluzioni t 7 (q(t ), (t )) del problema del primo
ordine
) = (t ),
q(t
(3.3)
d L
L
(q(t ), (t ), t ) =
(q(t ), (t ), t ).
d t
q
53
54
F LUSSI HAMILTONIANI
Lipotesi di convessit (3.1) implica in particolare che la matrice D L invertibile, cosicch le equazioni (3.3) possono essere poste in forma normale
q =
(q, ) Rd ,
= G(q, , t )
essendo
G(q, , t ) = D L(q, , t )
D q L(q, , t ) + 2t L(q, , t ) q L(q, , t ) .
Come noto le equazioni di Eulero-Lagrange sono invarianti in forma sotto trasformazioni di coordinate (anche dipendenti dal tempo) in . Precisamente,
t ) la legge che fornisce le vecchie coordinate q rispetto alle nuove
sia q = f (q,
che induce la trasformazione di coordinate dello spazio delle fasi
coordinate q,
t ) + t f (q,
t ).
= D q f (q,
t ) = L f (q,
q,
,
t ), D q f (q,
t ) + t f (q,
t ), t .
L(
Chiaramente, se consideriamo trasformazioni pi generali dello spazio delle fasi, le equazioni (3.3) perdono questa propriet di invarianza. Introduciamo ora
un sistema di coordinate su tale spazio, dette canoniche, in cui le equazioni del
moto assumono una forma particolarmente simmetrica. Lidea di sostituire le
velocit generalizzate con i momenti cinetici ad esse associati, ovvero di utilizzare come coordinate dello spazio delle fasi la coppia (q, p) dove le variabili p
sono legate alle (q, ) dalle relazioni
p=
L
(q, , t ).
(3.4)
Queste variabili giocano un ruolo speciale nel formalismo lagrangiano. Ricordiamo in particolare che il momento associato ad una coordinata ciclica (ovvero
che non appare esplicitamente nella lagrangiana) un integrale primo del moto.
In effetti molte leggi di conservazione dei sistemi lagrangiani si scrivono come
conservazione di momenti.
Per derivare le equazioni del moto nelle nuove variabili utilizziamo un risultato generale, detto trasformazione di Legendre.
T EOREMA 3.1. Sia f : Rn R una funzione regolare e convessa (ovvero la
matrice D f () definita positiva). Allora la trasformazione
.
p = () = f ()
definisce un diffeomorfismo di Rn sul dominio immagine e la sua inversa
= (p) = p f (p),
con f : Rn (, +] cos definita:
f (p) = sup p, f () .
Rn
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55
D IMOSTRAZIONE . Essendo la matrice jacobiana D() = D f () invertibile, per il teorema della funzione inversa lapplicazione definisce un diffeomorfismo locale nellintorno di ciascun punto. Per verificare linvertibilit globale,
fissiamo 0 , 1 Rn tali che 0 6= 1 . Ponendo = 1 + (1 )0 , si ha
Z 1
Z 1
d
( ) =
d D( )(1 0 ).
(1 ) (0 ) =
d
d
0
0
Moltiplicando scalarmente per 1 0 ed utilizzando la convessit di f , otteniamo
Z 1
1 0 , (1 ) (0 ) =
d (1 0 ), D f ( )(1 0 ) > 0,
0
da cui (1 ) 6= (0 ) necessariamente.
Fissato un qualsiasi punto p nel dominio immagine di , consideriamo ora
.
la funzione f p () = p, f (). Essendo f p () = p f (), per liniettivit
.
di ora dimostrata la funzione f p () possiede un unico punto critico in (p) =
1
(p). Inoltre f p una funzione concava poich D f p () = D f () una
matrice definita negativa. Concludiamo che f p assume il suo valore massimo in
(p), ovvero
f (p) = p, (p) f ((p)).
In particolare, essendo p = f ((p)),
d f (p) = (p), d p + p, d (p) f ((p)), d (p) = (p), d p,
da cui (p) = p f (p).
(3.5)
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56
F LUSSI HAMILTONIANI
E SEMPIO 3.1. Nel caso di una funzione convessa f () di una variabile reale, la trasformata di Legendre f (p) = p(p) f ((p)) con (p) lunico punto (quando esiste) in cui la distanza con segno lungo la verticale tra la retta di
equazione y = p e la curva y = f () massima. Ad esempio, se f () = 2 allora
(p) = p/2 e f (p) = p 2 /4. Invece se f () = e la trasformata f (p) finita solo
per p < 0, precisamente:
+
se p > 0,
f (p) =
p log(p 1 ) + p se p 0.
E SEMPIO 3.2. Calcoliamo f (p) nel caso in cui f una funzione quadratica definita positiva su Rn . Dunque, per qualche matrice simmetrica e definita
positiva A si ha:
n
1
1 X
f () = , A =
A i , j i j .
2
2 i , j =1
Lequazione f = p diventa A = p da cui = A 1 p. Quindi per ogni p Rn si
ha
f (p) = p, A 1 p f (A 1 p) = p, A 1 p
1
1 1
A p, A A 1 p = p, A 1 p.
2
2
f (A) = f ().
D L
E
(q, , t ), L(q, , t )
.
=
=(q,p,t )
(3.6)
q =
(q, p, t )
p
(3.7)
p =
(q, p, t )
q
dette equazioni di Hamilton, con H (q, p, t ) come in (3.6).
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57
H
(q, p, t ),
p
p=
L
(q, , t ),
L
H
(q, , t ) =
(q, p, t ).
q
q
Ne segue immediatamente che il moto t 7 (q(t ), (t )) soluzione delle equazioni (3.3) se e solo se, posto p(t ) = L(q(t ), p(t ), t ), il moto t 7 (q(t ), p(t ))
soluzione delle equazioni (3.7).
O SSERVAZIONE 3.3. Se rinunciamo alla propriet di convessit di L e richiediamo unicamente che la matrice jacobiana D L(q, , t ) sia invertibile per ogni
, ancora possibile il passaggio da un formalismo allaltro almeno localmente.
Infatti, sotto queste ipotesi, la relazione (3.4) definisce comunque un diffeomorfismo locale di un intorno di (q, , t ) in un intorno dellimmagine (q, p, t ); rimane
definita quindi, almeno localmente, lhamiltoniana H (q, p, t ) come in (3.6).
Vediamo ora alcuni esempi di sistemi hamiltoniani.
E SEMPIO 3.3. Un punto materiale P di massa m soggetto ad un potenziale
posizionale U . Indicando con q R3 la posizione di P , la lagrangiana del sistema
m2
L(q, ) =
U (q).
2
Quindi il momento cinetico p = m coincide con lusuale quantit di moto della
particella. Lhamiltoniana allora
p2
+U (q).
2m
Dunque lhamiltoniana coincide con lenergia meccanica totale del punto materiale espressa in funzione delle variabili canoniche, e le equazioni di Hamilton
sono
q = p/m
p = U (q)
H (q, p) = p, p/m L(q, p/m) =
q = A(q)1 p
p = U (q) 12 p, A(q)1 p
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58
F LUSSI HAMILTONIANI
p
p2
= 1 m(r2 + r 2 2 ) U (r ),
L(r, , r, )
H (r, , p r , p ) = r +
+U (r ),
2
2m 2mr 2
essendo p r = m r e p = mr 2 i momenti cinetici associati alle variabili r e
rispettivamente.
iii) Un sistema di N punti materiali P i di masse m i , i = 1, . . . , N , non soggetti
a vincoli. Indichiamo con q i R3 la posizione del punto P i e sia U (q 1 , . . . , q N )
lenergia potenziale del sistema. Le leggi del moto sono
m i qi = p i
i = 1, . . . , N ,
pi = qi U ,
ovvero le equazioni di Hamilton di hamiltoniana
H (q, p) =
N |p |2
X
i
+U (q 1 , . . . , q N )
2m
i
i =1
nelle variabili canoniche (q, p), con q = (q 1 , . . . , q N ) R3N le coordinate cartesiane dei punti e p = (m 1 q1 , . . . , m N qN ) R3N le corrispondenti quantit di
moto.
E SEMPIO 3.6. Consideriamo ora il caso pi generale di un sistema lagrangiano naturale, ovvero quando la lagrangiana una funzione quadratica nelle
velocit:
L(q, , t ) = L 2 (q, , t ) + L 1 (q, , t ) + L 0 (q, t ),
(q, ) Rn ,
(3.8)
essendo
1
, A(q, t ),
L 1 (q, , t ) = , b(q, t ),
2
con A(q, t ) una matrice n n definita positiva e b(q, t ) una funzione a valori in
Rn . In tal caso le variabili canoniche (q, p) sono legate a quelle lagrangiane (q, )
dalle relazioni
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59
ne segue che
1
H (q, p, t ) = p b(q, t ) , A(q, t )1 p b(q, t ) L 0 (q, t ).
2
L 1 (q, , t ) = T1 (q, , t ),
Si osservi che nel caso in cui sono presenti i termini T0 e T1 , lenergia generalizzata L 2 L 0 = T2 T0 +U , e quindi lhamiltoniana, non coincidono con lenergia
meccanica totale del sistema T +U = T2 + T1 + T0 +U .
E SEMPIO 3.7. Un classico esempio di sistema hamiltoniano di origine non
meccanica fornito dal modello predatore-preda di Volterra-Lotka. Si tratta di
un sistema descrivente due specie in simbiosi, luna, x, le prede, laltra, y, i
predatori. Le equazioni del sistema sono:
x = (A B y)x
y = (C x D)y
con A, B,C , D > 0. Si suppone quindi che in assenza di predatori le prede crescono con un tasso costante A mentre in assenza di prede i predatori muoiono
con un tasso costante D. Quando sono presenti entrambi, il tasso di crescita delle prede diminuito ad ogni incontro con un predatore (per un termine B y),
mentre quello dei predatori aumentato ad ogni incontro con una preda (per un
termine C x). Introducendo le variabili p = log x, q = log y nel dominio x, y > 0,
si ha il sistema equivalente
q = C e p D
p = A B e q
che sono le equazioni di Hamilton di hamiltoniana H (q, p) = C e p + B e q Aq
D p.
E SEMPIO 3.8. Consideriamo infine un esempio di sistema hamiltoniano che
non associato ad alcun
sistema lagrangiano. Precisamente, nel dominio q, p >
p
0, sia H (q, p) = log q 2 + p 2 . Poich 2p H (q, p) = (q 2 p 2 )(q 2 + p 2 )2 si annulla lungo le semiretta p = q, lesplicitazione di p in funzione di (q, ) attraverso
lequazione = p H (q, p) = p(q 2 + p 2 )1 non univocamente determinata.
3.2. Leggi di conservazione e parentesi di Poisson
Iniziamo a studiare le propriet dei sistemi hamiltoniani. Sia U un dominio
di R munito delle coordinate
2n
(q, p) = (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n )
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60
F LUSSI HAMILTONIANI
ed H : U R R una funzione regolare. Le equazioni di Hamilton di hamiltoniana H sono dunque date dal sistema del primo ordine
q =
(q, p, t )
p
(3.9)
p =
(q, p, t )
q
Motivati dalla derivazione lagrangiana esposta nella sezione precedente, le variabili p sono dette momenti coniugati alle coordinate q, n detto il numero
di gradi di libert del sistema (da non confondere con la dimensione 2n dello
spazio delle fasi U ). Quando non altrimenti specificato, assumeremo nel seguit ,t
to che il sistema completo, ovvero che la soluzione H 0 (q, p) del sistema (3.9)
esiste globale nel tempo per ogni dato iniziale (q, p, t 0 ) U R. In particolat ,t
re, se lhamiltoniana non dipende esplicitamente dal tempo, si ha H 0 (q, p) =
.
t t ,0
t t
H 0 (q, p) = H 0 (q, p), con (U , {tH }) un flusso di fase, detto flusso hamiltoniano associato alla hamiltoniana H .
Una scrittura pi compatta che si rivela spesso utile la seguente. Poniamo
x = (x 1 , . . . , x 2n ) = (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ),
ovvero x i = q i , x i +n = p i per i = 1, . . . , n, ed introduciamo la matrice simplettica
fondamentale
0 1I
J=
,
1I 0
essendo 1I la matrice identit n n. Posto H (x, t ) = H (q, p, t ) vediamo subito
che il sistema di Hamilton (3.9) nelle variabili x assume la forma
x = J x H (x, t ).
(3.10)
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61
(3.12)
utile ora introdurre la nozione di parentesi di Poisson {F,G} tra due funzioni
regolari F,G : U R. Precisamente {F,G} la nuova funzione
n h F G
X
F G i
,
(3.13)
{F,G} = L J x G F = x F, J x G =
p i q i
i =1 q i p i
dove L J x G la derivata di Lie rispetto al campo vettoriale J x G. Utilizzando
questa definizione lequazione (3.12) si scrive:
d
F
F ((t ), t ) = {F, H }((t ), t ) +
((t ), t ).
dt
t
(3.14)
= L J x H , L J x G F.
Poich il commutatore di due derivate
di Lie ancora un operatore differenziale
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62
F LUSSI HAMILTONIANI
In altri termini: Il commutatore di due campi hamiltoniani con funzioni di Hamilton H ,G ancora un campo hamiltoniano, precisamente quello la cui funzione di Hamilton {G, H }. Dunque, se dotiamo lo spazio lineare dei campi vettoriali infinitamente derivabili su U della struttura di algebra di Lie mediante
loperazione di commutazione, linsieme dei campi hamiltoniani su U ne una
sottoalgebra.
Unimportante conseguenza dellidentit di Jacobi il seguente risultato.
T EOREMA 3.3. Se F 1 ed F 2 sono integrali primi di un campo hamiltoniano
di hamiltoniana H , allora anche la parentesi di Poisson {F 1 , F 2 } possiede tale
propriet.
D IMOSTRAZIONE . Per ipotesi le funzioni F 1 ed F 2 soddisfano lequazione
(3.14), ovvero
{F 1 , H } + t F 1 = 0,
{F 2 , H } + t F 2 = 0.
(3.16)
Dobbiamo da questo dedurne che la stessa equazione rimane soddisfatta da
{F 1 , F 2 }, ovvero che
{{F 1 , F 2 }, H } + t {F 1 , F 2 } = 0.
In effetti, utilizzando la propriet 4) delle parentesi di Poisson, le relazioni (3.16)
ed infine lidentit di Jacobi si ha:
t {F 1 , F 2 } = {t F 1 , F 2 } + {F 1 , t F 2 } = {{F 1 , H }, F 2 } {F 1 , {F 2 , H }}
= {{H , F 1 }, F 2 } + {{F 2 , H }, F 1 } = {{F 1 , F 2 }, H },
Questo teorema fornisce un metodo per costruire nuovi integrali del moto a
partire da due integrali noti attraverso unoperazione di differenziazione (cio il
calcolo della parentesi di Poisson). Infatti se F 1 ed F 2 sono due integrali primi,
allora lo F 3 = {F 1 , F 2 } e quindi F 4 = {F 1 , F 3 }, F 5 = {F 2 , F 3 }, etc. In generale i nuovi
integrali possono essere non indipendenti dai precedenti, ad esempio F 3 (x, t ) =
f (F 1 (x, t ), F 2 (x, t )) per qualche funzione f : R2 R, o addirittura essere delle
costanti. In effetti un sistema ammette al pi 2n integrali primi indipendenti. In
questultimo caso, cio quando il sistema integrabile, solo particolari scelte di
m < 2n integrali primi indipendenti permette di ottenere, attraverso le parentesi
di Poisson, i rimanenti 2n m integrali indipendenti .
E SEMPIO 3.9. Consideriamo una particella di massa m. Siano q = (x, y, z)
m y,
m z)
R3 la quantit di moto del
R3 la posizione e p = (p x , p y , p z ) = (m x,
punto. Sia infine ` = q p il momento della quantit di moto della particella,
dunque ` = (`x , ` y , `z ) con
`x = y p z zp y ,
` y = zp x xp z ,
`z = xp y y p x .
{p x , ` y } =
p x ` y
= pz ,
p x x
{`x , ` y } =
`x ` y `x ` y
= `z ,
z p z p z z
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63
{p x , p y } = 0, {p y , p z } = 0, {p z , p x } = 0,
{p x , ` y } = p z , {p y , `z } = p x , {p z , `x } = p y ,
{`x , ` y } = `z , {` y , `z } = `x , {`z , `x } = ` y .
(3.17)
N |p |2
X
X
i
+ U (|q i q j |),
i =1 2m
i 6= j
dove U : R+ R lenergia potenziale della forza di interazione tra i punti materiali. Le equazioni cardinali della meccanica forniscono in questo caso sei integrali primi, precisamente le componenti delle quantit di moto e momento
angolare totali del sistema, ovvero
P = (P x , P y , P z ) =
N
X
pi ,
L = (L x , L y , L z ) =
i =1
N
X
qi p i .
i =1
Poich la parentesi di Poisson tra impulsi o momenti angolari di particelle differenti nulla, dalle relazioni (3.17), valide per ciascuna particella, otteniamo:
{P x , P y } = 0, {P y , P z } = 0, {P z , P x } = 0,
{P x , L y } = P z , {P y , L z } = P x , {P z , L x } = P y ,
{L x , L y } = L z , {L y , L z } = L x , {L z , L x } = L y .
Quindi le sei leggi di conservazione della quantit di moto e del momento della
quantit di moto non sono indipendenti. Ad esempio, noti P x , L x e L y , i restanti
tre si ottengono come parentesi di Poisson dei precedenti.
Una variabile q k viene detta ciclica o ignorabile se essa non appare esplicitamente nellhamiltoniana. Si osservi che se H la trasformata di Legendre di
una lagrangiana L, essendo qk H (q, p, t ) = qk L(q, , t ), la variabile q k ciclica
per H se e solo se q k ciclica per L.
Supponiamo che q n ciclica, cosicch, per le equazioni di Hamilton,
qn =
H
(q, p, t ),
p n
pn =
H
(q, p, t ) = 0.
q n
Dalla seconda equazione discende che il momento associato un integrale primo del sistema, dunque p n (t ) = p n (t 0 ). Se consideriamo ora le rimanenti 2n
2 equazioni, in esse la coordinata q n non appare (essendo ciclica), mentre il
momento p n interviene come un parametro (essendo conservato). In altri termini, esse sono le equazioni di Hamilton per un sistema con n 1 coordinate
(q 1 , . . . , q n1 ) di hamiltoniana
H (q 1 , . . . , q n1 , p 1 . . . , p n1 , c n , t ),
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64
F LUSSI HAMILTONIANI
(3.18)
d
d
= d x0
det Dt +,t0 (x 0 )
= d x0
det D t +,t t ,t0 (x 0 )
d
d
=0
=0
B
B
Z
= d x0
det Dt +,t (t ,t0 (x 0 ))Dt ,t0 (x 0 )
d
=0
B
Z
=
dx
det Dt +,t (x)
(3.19)
d
=0
B(t )
dove nella seconda [risp. ultima] uguaglianza si fatto il cambiamento di variabili di integrazione x 7 x 0 [risp. x 0 7 x]. Si osservi che det Dt ,t0 (x 0 ) > 0 per
ogni t R. Infatti la funzione t 7 det Dt ,t0 (x 0 ) continua, positiva in t = t 0
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65
(Dt0 ,t0 (x 0 ) = 1), e non pu annullarsi essendo t ,t0 un diffeomorfismo e dunque Dt ,t0 (x 0 ) una matrice invertibile. Per calcolare la derivata nellultimo integrale osserviamo che, supponendo come sempre che il campo vettoriale una
funzione regolare, si ha:
t +,t (x) = x + v(t , x) + R(t , x, ),
con R(t , x, ), x R(t , x, ) funzioni regolari ed infinitesime di ordine superiore al
primo per 0. Quindi
Dt +,t (x) = 1I + D v(t , x) + O(2 ).
Ricordando la definizione di determinante ora facile convincersi del fatto che,
se A un matrice assegnata,
det 1I + A = 1 + Tr A + O(2 ),
da cui
d
= Tr A.
det 1I + A
d
=0
Applicando tale risultato nella (3.19) ed osservando che Tr D v(t , x) = div v(t , x)
luguaglianza (3.18) dimostrata.
O SSERVAZIONE 3.4. Si osservi che abbiamo dimostrato in maniera leggermente diversa il Teorema di Liouville (Teorema 2.4) per il wronskiano di un sistema lineare. Infatti la matrice jacobiana del diffeomorfismo t ,t0 soddisfa lequazione delle variazioni (A.18), ovvero la matrice principale dellEq. (2.9) con
A(t ) = D v(t , t ,t0 (x 0 )).
Dalla formula (3.18) discende immediatamente il seguente teorema.
T EOREMA 3.4. Il flusso di fase associato ad un campo vettoriale a divergenza
nulla conserva il volume nello spazio delle fasi. In particolare il flusso hamiltoniano conserva il volume nello spazio delle fasi.
3.4. Il teorema del ritorno di Poincar
Il risultato della precedente sezione permette di applicare ai sistemi meccanici idee e tecniche della teoria ergodica. Presentiamo qui uno tra i pi semplici
risultati, detto teorema del ritorno (o della ricorrenza) di Poincar.
Iniziamo con una osservazione di carattere generale che utilizzeremo anche
in seguito. Nello studio del comportamento asintotico di un flusso di fase t pu
essere sufficiente osservare levoluzione del sistema solo lungo una determinata
successione di tempi. Pi precisamente, fissiamo un tempo T > 0 e definiamo
.
il diffeomorfismo g = T . Consideriamo la legge di evoluzione a tempo discreto
{g k ; k Z} definita dalle iterazioni della mappa g :
g 0 (x) = x,
g 1 (x) = g (x),
g 2 (x) = g (g (x)),
...,
g k (x) = g (g k1 (x)),
g k (x) = (g 1 )k (x),
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66
F LUSSI HAMILTONIANI
k Z s [0, T ).
g k1 (N ) g k2 (N ) = g k1 N g k2 k1 (N ) = ;.
Quindi gli insiemi g k (N ), k N, sono disgiunti e, poich g conserva la misura,
tutti di volume uguale a (N ). Essendo inoltre tutti contenuti in D ne segue che,
per ogni intero k > 0,
(D)
k1
X
g ` (N ) = k (N ).
`=0
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67
Chiaramente
N
[
[
x A : (g k ) j (x) A per ogni j 1 =
Nk ,
k=1
k=1
.
V A = x A : esiste T > 0 per cui t (x) A per ogni t T
ha misura nulla.
2) Per ogni > 0, linsieme B D dei dati iniziali x tali che t (x) ritorna
infinite volte a distanza non superiore ad da x ha misura piena, ovvero (B ) =
(D).
D IMOSTRAZIONE . 1) Linsieme V A contenuto nellinsieme
.
VA = x A : esiste un intero k > 0 per cui j (x) A per ogni intero j k ,
che linsieme dei punti non ricorrenti infinite volte in A per lapplicazione g =
1 . Poich g soddisfa le ipotesi del Teorema 3.5, ne segue che (VA ) = 0 e dunque
(V A ) = 0.
2) Poich D limitato pu essere ricoperto con un numero finito di palle di
raggio /2. ora sufficiente applicare il punto 1) a ciascuna di esse.
3.5. Misura microcanonica ed ipotesi ergodica
Possiamo applicare i risultati della sezione precedente al flusso di fase tH
di un sistema hamiltoniano x = J H (x) di hamiltoniana H (x) indipendente dal
tempo e tale che i sottolivelli di energia D E = {x R2n : H (x) E } siano degli
insiemi limitati. Infatti la conservazione dellenergia implica in particolare che
D E sono insiemi invarianti sotto il flusso tH , ed il teorema del ritorno si applica
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F LUSSI HAMILTONIANI
E = x R2n : H (x) = E ,
detta anche superficie isoenergetica. In generale, E una superficie di codimensione uno, per cui ha misura di Liouville nulla. allora naturale chiedersi se esiste una misura invariante definita sulla superficie isoenergetica. Effettivamente
tale misura esiste.
T EOREMA 3.7. Fissato E R, sia E una superficie compatta di R2n tale che
H () 6= 0 per ogni E . Indichiamo con d () lelemento di superficie su E .
Allora la misura di superficie
Z
1
(A) = d ()
,
(3.20)
|H ()|
A
dove A E un insieme misurabile, lasciata invariante dal flusso hamiltoniano: (tH (A)) = (A) per ogni t R.
D IMOSTRAZIONE . Poich E compatta ed ivi il gradiente di H non nullo,
se E sufficientemente piccolo possiamo rettificare linsieme {x R2n : E
H (x) E + E }, ovvero introdurre il cambiamento di coordinate x = f (, `),
E , ` [0, ` ], tale che f (, `) la soluzione del problema di Cauchy
H
f
(, `) =
( f (, `)),
`
|H |
f (, 0) = , f (, ` ) E +E .
.
Se A un insieme misurabile in E , poniamo A E = { f (, `) : A, ` [0, ` ]}.
La misura microcanonica di A, definita in (3.20), pu allora ottenersi mediante
il seguente limite:
1
(A) = lim
(A E ).
(3.21)
E 0 E
In effetti si ha:
Z
Z
Z `
(A E ) =
d x = d ()
d ` J (, `)
AE
d ()
E +E
E
A
E +E
Z
A
1
J (, ` ())
|H (, ` ())|
d ()
1
J (, ` ()),
|H (, ` ())|
(, `) = H ( f (, `)),
(, `) = |H ( f (, `))|.
`
`
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69
Poich J (, `) 1 se ` 0 e ` () 0 se E , il limite (3.21) segue immediatamente. Osserviamo ora che, per il teorema di Liouville,
(tH (A E )) = (A E ) t R.
Linvarianza di (A) segue allora dal fatto che
tH (A E ) = tH (A) E + O(E 2 ),
E SEMPIO 3.10. Calcoliamo la misura microcanonica nel caso di un oscillatore armonico di massa m e costante elastica k. Lhamiltoniana
p2 k 2
+ q ,
2m 2
p
p
per cui, per ogni E > 0, E lellisse di assi a = 2k 1 E e b = 2mE :
o
n
q2 p2
E = (q, p) : 2 + 2 = 1 .
a
b
Se utilizziamo la coordinata angolare per parametrizzare il punto su E ,
H (q, p) =
= () = (a cos , b sin ),
p
dove = k/m la pulsazione del moto armonico.
Il teorema del ritorno di Poincar pu portare a paradossi apparenti in meccanica statistica (Paradosso di Zermelo): se si apre un setto che divide una prima camera piena di gas da una seconda camera vuota, dopo un certo tempo
il sistema ritorna in uno stato vicino a quello iniziale, ovvero con quasi tutto il
gas nella prima camera. In realt il tempo necessario per osservare questo fenomeno enorme (si pu stimare essere molto maggiore dellet del sistema
solare), per cui non vi alcuna contraddizione con le leggi della termodinamica
che descrivono fenomeni su scale di tempi molto pi piccole.
Il punto cruciale risiede nel fatto che il numero di molecole (e quindi il numero di gradi di libert del sistema) estremamente elevato (dellordine del numero di Avogrado N 1023 ). Per spiegare almeno euristicamente il meccanismo
in atto, seguiamo il punto di vista di L. Boltzmann (tra i padri fondatori della
meccanica statistica), ed introduciamo unipotesi fondamentale sulla dinamica,
detta ipotesi ergodica: nella sua evoluzione temporale, il sistema spende in ogni
regione W della superficie isoenergetica un tempo mediamente proporzionale
alla misura (W ) della regione medesima. Se accettiamo tale ipotesi, possiamo
stimare il tempo di ricorrenza in una regione W con linverso del rapporto tra la
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70
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p
dove S E la superficie sferica in R3N centrata nellorigine e di raggio 2mE . Poich il gradiente di H (q, p) = p 2 /(2m) costante su S E , la misura microcanonica
in questo caso proporzionale al prodotto del volume in Q N per la misura di
superficie in S E . Valutiamo allora il volume della regione k E corrispondente a tutte le configurazioni in cui k particelle si trovano in Q e le rimanenti
N k in Q + . Se indichiamo con q i le coordinate delle particelle, poich non
distinguiamo quali particelle si trovano a sinistra e quali a destra, si ha:
Z
Z
Z
Z
N
d qN
d qk
d q k+1
|k | = |S E |
d q1
k Q
Q+
Q
Q+
N!
(2L)3N
.
k!(N k)! 2N
Daltra parte il volume totale dello spazio delle fasi corrispondente alle particelle
confinate in Q |S E |(2L)3N , cosicch la frazione di volume
= |S E |
N!
1
.
k!(N k)! 2N
Se scegliamo k una frazione di N , diciamo k = N con [0, 1], utilizzando la
formula di Stirling n! n n e n , otteniamo:
R(k) =
1
1
N N e N
log R(N ) = lim
log
N N
N N
(N )N ((1 )N )(1)N 2N
= log 2 log (1 ) log(1 ).
.
Quindi R(N ) e N I () con la funzione I () = log 2 + log + (1 ) log(1 )
positiva per ogni 6= 1/2 e nulla in = 1/2. In particolare, essendo I (0) =
I (1) = log 2, lo stato iniziale in cui tutte le particelle sono in Q occupa una frazione dello spazio delle fasi dellordine di 2N . Dunque il tempo di ricorrenza
23
corrispondente per una mole di gas dellordine di 210 !
lim
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71
N |Q|/|Q|.
Altrimenti detto, la possibilit che il sistema raggiunga configurazioni microscopiche a cui corrispondono disomogeneit macroscopiche di densit
estremamente rara; inoltre, quando anche questo avvenisse, il tempo di permanenza in tali stati sarebbe estremamente breve. In definitiva, tali fluttuazioni non sono di fatto osservabili, ed il sistema appare (macroscopicamente) in
equilibrio termodinamico.
Come gi accennato, la misura microcanonica appare nelle lezioni di Boltzmann sulla teoria cinetica dei gas (1871), dove egli formula lipotesi ergodica, secondo la quale ogni moto tH (x) su E visita tutti i punti di E con una
frequenza statistica tale che
Z
Z
1
1
1 T
t
d t f (H (x)) =
d ()
f (),
(3.22)
lim
T T 0
Z E
|H ()|
dove
Z
Z=
d ()
1
|H ()|
una costante di normalizzazione, in modo tale che le medie temporali dellosservabile f possano essere calcolate senza dover integrare le equazioni del
moto. Si dimostrato che tale ipotesi in generale falsa se il numero di gradi di
libert maggiore di uno. In particolare, se il sistema ammette altri integrali primi indipendenti oltre lenergia, evidente che la relazione (3.22) non pu essere
soddisfatta per qualsiasi funzione integrabile f . Infatti ciascuna orbita non visita i punti che non giacciono sugli insiemi di livello degli ulteriori integrali primi.
Possiamo per, analogamente a quanto fatto nel caso della misura microcanonica, costruire una misura invariante per il flusso ristretto allintersezione delle
superfici di livello di tutti gli integrali primi ed affrontare il problema dellergodicit per tale moto ristretto. Nella prossima sezione studiamo una classe particolare di sistemi in cui questo programma si porta a termine completamente.
Sebbene possa sembrare un caso molto particolare, nel prossimo capitolo vedremo che una vasta classe di sistemi hamiltoniani, detti completamente integrabili, possono ricondursi a tale caso mediante unopportuna trasformazione
di coordinate nello spazio delle fasi.
3.6. Moto condizionatamente periodico
Consideriamo un sistema hamiltoniano x = J H (x) tale che x = (, I ) Tn
U , con U un aperto di Rn e Tn il toro n-dimensionale, ovvero le variabili =
(1 , . . . , n ) sono degli angoli:
.
Tn = { = (1 , . . . , n ) mod 2} = Rn /(2Z)n .
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72
F LUSSI HAMILTONIANI
e 1 , . . . , e i n (1 , . . . , n ) mod 2.
Supponiamo ora che le variabili siano tutte cicliche, ovvero che la funzione
di Hamilton dipenda unicamente dalle variabili I , dunque H (x) = H (I ). Le variabili I sono dette variabili di azione e la coppia (, I ) variabili azione-angolo.
Ovviamente il sistema di Hamilton
= H (I ),
I
(3.23)
I = 0,
la cui soluzione di dati iniziali (0) = 0 , I (0) = I 0
(t ) = 0 +
H
(I 0 ) t ,
I
I (t ) = I 0 .
Quindi le variabili I 1 , . . . , I n sono integrali primi, mentre le variabili angolari evolvono linearmente. Come gi accennato, mostreremo in seguito che una classe
importante di sistemi hamiltoniani pu ridursi alla forma (3.23).
La descrizione del moto si riduce allo studio della semplice equazione =
sul toro. Il flusso ad essa associato,
t
() = + t ,
viene detto moto condizionatamente periodico (o moto quasi periodico). I numeri = (1 , . . . , n ) sono detti frequenze del moto (pi correttamente si dovrebbe indicare con il nome di frequenze le grandezze i = i /2). Nel caso del
sistema (3.23) il moto degli angoli su ciascun insieme di livello delle azioni I ha
frequenze
H
(I ),
= (I ) =
I
dipendenti, in generale, dal livello considerato.
t
Il flusso
conserva ovviamente i volumi in Tn (la divergenza del campo
costante v() = nulla), cosicch possiamo chiederci se esso possiede propriet ergodiche rispetto a tale misura. Nel seguito indichiamo con la misura
normalizzata in modo tale che il volume del toro Tn sia uguale ad uno:
d () =
1
1
d =
d 1 d 2 d n .
n
(2)
(2)n
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73
1 se A,
.
1I A () =
0 se A,
cosicch (A) = (1I A ) la misura dellinsieme A, ovvero la frazione di volume
occupata da A rispetto al volume totale del toro:
R
Z
Z
d
1
(A) =
d () 1I A () =
d = R A
.
n
(2) A
Tn
Tn d
Il risultato principale sul moto quasi periodico il contenuto del seguente teorema, noto come teorema della media.
T EOREMA 3.8. Supponiamo che le frequenze = (1 , . . . , n ) siano razionalmente indipendenti, ovvero che
k, 6= 0 k Zn : k 6= 0.
(3.24)
1 T
d t f
() = ( f ).
(3.25)
lim
T T 0
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo dapprima il risultato per i polinomi trigonometrici, ovvero per funzioni del tipo
X
P N () =
a k cosk, + b k sink, ,
(3.26)
kZn :|k|N
d () e i k, =
n Z 2
1 Y
d j ei k j j =
(2)n j =1 0
1
0
Z
Z
1
d () sink, = 0,
d () cosk, =
0
n
n
T
T
se k = 0,
se k 6= 0.
se k = 0,
se k 6= 0.
(3.27)
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Tn k 6= 0.
1 T
d t P N
() = a 0 .
(3.28)
lim
T T 0
Dalle (3.27), (3.28), vista larbitrariet nella scelta di P N (ed N ), concludiamo che
il limite (3.25) dimostrata per linsieme dei polinomi trigonometrici.
Per estendere il risultato allinsieme delle funzioni continue sul toro, utilizziamo un teorema classico dellanalisi, il teorema di Stone-Weierstrass, di cui non
daremo la dimostrazione. Nel presente contesto esso stabilisce che linsieme dei
polinomi trigonometrici denso nello spazio lineare C (Tn ) delle funzioni reali
continue sul toro, dotato della struttura di spazio di Banach rispetto alla norma
uniforme:
.
k f k = sup | f ()|, f C (Tn ).
Tn
Questo significa che, fissata una qualsiasi funzione f C (Tn ), per ogni > 0
esiste un polinomio P N (per un qualche N ) tale che k f P N k < .
Dimostriamo dunque il limite (3.25) per una funzione f C (Tn ). Fissato >
0, esiste un polinomio trigonometrico P N tale che k f P N k < /3. Stimiamo
allora:
Z
1 Z T
t
t
1 T
d t f () ( f )
d t | f
() P N
() |
T 0
T 0
1 Z T
t
+
d t P N
() (P N ) + |(P N ) ( f )|.
T 0
Ovviamente, per ogni Tn e T > 0,
Z
t
1 T
d t | f
() P N
() | k f P N k < ,
T 0
3
e, analogamente,
|(P N ) ( f )|
d () | f () P N ()| k f P N k < .
3
Tn
Daltra parte, avendo dimostrato la (3.25) per i polinomi trigonometrici, sappiamo esistere T > 0 tale che
1 Z T
t
d t P N
() (P N ) <
T > T .
T 0
3
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75
Quindi, in definitiva,
1 Z T
d t f
() ( f ) <
T 0
T > T ,
( f 2 f 1 ) < .
t
t
1 T
1 T
() ( f )
d t f 1
d t f
() ( f 2 )
T 0
T 0
Z
t
1 T
d t f 2
() ( f 1 ).
T 0
Applicando la (3.25) alle funzioni continue f 1 ed f 2 , nel limite T troviamo
Z
t
1 T
d t f
() ( f )
( f 2 f 1 ) lim inf
T T 0
Z
t
1 T
d t f
() ( f )
lim sup
T T 0
( f 2 f 1 ),
da cui
( f ) < lim inf
T
1
T
Z
0
t
1
() lim sup
d t f
T T
Z
0
t
() < ( f ) +
d t f
1
lim
d t f
() = ( f ).
(3.29)
T 2T T
Per dimostrare la (3.29) infatti sufficiente osservare che
Z T
Z
Z
t
1h 1 T
t
1 T
t
i
1
d t f
() =
d t f
() +
d t f
()
2T T
2 T 0
T 0
t
ed applicare separatamente la (3.25) ai flussi
.
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76
F LUSSI HAMILTONIANI
A (, T )
= (A).
T
t
Quindi il tempo medio di soggiorno nellinsieme A della traiettoria
() pari
alla misura (A) di A, il che dimostra lasserto.
Consideriamo ora il caso in cui le frequenze non sono razionalmente indipendenti. Esistono allora vettori non nulli k Zn tali che k, = 0. La relazione k, = 0 detta relazione di risonanza per ed il corrispondente vettore
k detto vettore risonante per . In questo caso le orbite non possono essere
distribuite uniformemente sul toro, anzi nemmeno densamente. Esistono infatti integrali primi del moto non costanti su Tn , precisamente ogni funzione
F : Tn R della forma F () = f (k, ) con f : R R e k Zn risonante con . In
effetti, essendo in tal caso k, = 0,
t
F
() = f k, + t = f k, + k, t = f k, = F ().
Studiamo pi in dettaglio il caso del toro bidimensionale. Se le frequenze
sono razionalmente dipendenti, esistono due interi k 1 , k 2 non entrambi nulli tali
che k 1 1 +k 2 2 = 0. Senza perdita di generalit assumiamo che k 2 6= 0, cosicch
2 = k 1 1 /k 2 . Vi sono ora due possibilit. Se 1 = 0 allora necessariamente
2 = 0 e quindi ogni punto sul toro una posizione di equilibrio. Se invece
1 6= 0, sia = 2k 2 /1 . Allora, per ogni T2 e t R,
k 1 1
2k 2
t +
t
t
1 ,
() =
() + =
() +
1
k2
t
=
() + 2(k 2 , k 1 )
t
=
() mod 2,
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77
Nel caso generale del toro Tn con n > 2 la situazione la seguente. Linsieme
dei vettori risonanti per , detto reticolo risonante, che indichiamo con R , forma un sottogruppo di Zn . Essendo un sottogruppo discreto di Rn , esso ammette
r vettori linearmente indipendenti (per qualche r n), tali che R costituito
dallinsieme di tutte le combinazioni lineari a coefficienti interi di tali vettori. Si
dice in tal caso che possiede r risonanze indipendenti, ed il numero r detto molteplicit della risonanza. Sussiste allora il seguente risultato, di cui non
diamo la dimostrazione.
T EOREMA 3.11. Se le frequenze possiedono r vettori risonanti indipendenti,
t
la chiusura delle traiettorie del flusso
su Tn una superficie di dimensione
(n r ), diffeomorfa al toro Tnr .
Lidea della prova consiste nel costruire una matrice intera D (quindi D i , j
Z) con det D = 1, tale che
.
= D = (0, . . . , 0,
r +1 , . . .
n ) con (
r +1 , . . .
n ) razionalmente indipendenti.
1 X
f g s () = ( f ).
N N s=0
lim
(3.31)
da cui
N
s
1 X
e i k,g () = 0
N N s=0
lim
Tn k 6= 0.
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78
F LUSSI HAMILTONIANI
Ne segue la validit del limite (3.31) per i polinomi trigonometrici, da cui, ragionando per approssimazioni come nella dimostrazione del Teorema 3.8, si
ottiene il risultato per ogni f integrabile.
E SEMPIO 3.11. Il seguente problema, che si trova proposto in vari libri di Arnold, un esempio di una applicazione del teorema della media in un contesto
non hamiltoniano. Consideriamo la successione dei numeri 2n ,
1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, . . .
e costruiamo quella delle prime cifre di tali numeri,
1, 2, 4, 8, 1, 3, 6, 1, 2, . . .
Ci chiediamo quali sono le cifre che appaiono pi frequentemente. In effetti
possiamo fornire una risposta molto precisa. Indicando con (k, N ), k = 1, . . . , 9,
il numero di volte che la cifra k appare nei primi N termini, dimostriamo che
esiste il limite
1
(k, N )
= log10 1 + .
p k = lim
N
N
k
Osserviamo a tal scopo che un intero n per il quale il numero 2n ha come prima
cifra k deve soddisfare la condizione
r N tale che k 10r 2n < (k + 1) 10r ,
ovvero
r N tale che 2 log10 k + 2r n 2 log10 2 < 2 log10 (k + 1) + 2r,
che, posto k = 2 log10 k, possiamo riscrivere nella forma
n 2 log10 2 [k , k+1 ) mod 2.
In altri termini, considerata la traslazione g : T1 T1 con = 2 log10 2, deve
aversi g n (0) [k , k+1 ). Quindi (k, N ) il numero di volte che la traiettoria
j
g (0) = j visita lintervallo [k , k+1 ) nei primi N passi. Dallequazione (3.31)
applicata alla funzione indicatrice dellintervallo [k , k+1 ) segue allora che
k+1 k
(k, N )
1
lim
= [k , k+1 ) =
= log10 1 + .
N
N
2
k
3.7. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento al seguente testo.
1) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.
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CAPITOLO 4
y W,
80
H
k
(y, t ) =
(y) = D(y)T x H ((y), t ) i ,
((y), t )
y i
y i
k=1 x k
y W.
Vista larbitrariet di H concludiamo che condizione necessaria e sufficiente perch la trasformazione sia simplettica che si abbia
D(y)J D(y)T = J
y W.
(4.1)
Osserviamo che la (4.1) una condizione algebrica che deve essere soddisfatta dalla matrice jacobiana della trasformazione . In generale, diciamo
che A, matrice di ordine 2n, simplettica se A J A T = J . Chiaramente, essendo det J = 1, se A simplettica allora (det A)2 = 1 e quindi A non singolare.
Inoltre anche A 1 simplettica essendo A 1 J A T = A 1 A J A T A T = J . Analogamente si dimostra che il prodotto di matrici simplettiche una matrice simplettica, cosicch linsieme Sp(2n) delle matrici simplettiche forma un sottogruppo del gruppo GL(2n) delle matrici 2n 2n non singolari. Osserviamo infine che, essendo J 2 = 1I e J T = J = J 1 , invertendo la relazione A 1 J A T = J
otteniamo A T J A = J . Dunque anche la trasposta di una matrice simplettica
simplettica. In particolare, la condizione di simpletticit per la matrice A pu
equivalentemente scriversi nella forma A T J A = J .
Dunque condizione necessaria e sufficiente perch la trasformazione sia
simplettica che D(y) sia una matrice simplettica per ogni y W . Unindagine
pi accurata mostra che in realt det A = 1 per ogni A Sp(2n). In particolare le
trasformazioni simplettiche conservano il volume e lorientamento dello spazio
delle fasi.
Se n = 1 si verifica immediatamente che
0
det A
T
AJ A =
,
det A
0
cosicch la condizione di simpletticit in tal caso equivalente a richiedere che
det A = 1. Ne segue che nello spazio delle fasi U R2 , la conservazione dellarea
e dellorientamento condizione necessaria e sufficiente perch una trasformazione sia simplettica.
Cambiamo ora punto di vista e vediamo cosa significa la condizione di simpletticit in termini di parentesi di Poisson. Nel seguito indichiamo con x =
(q, p) le coordinate nello spazio delle fasi U e scriviamo y = (Q, P ) per le nuove
coordinate in W . Per non appesantire la notazione non introduciamo nuove lettere per indicare la dipendenza delle (q, p) dalle (Q, P ) (e viceversa), scrivendo
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81
semplicemente:
(
(q, p) = (Q, P )
q = q(Q, P )
p = p(Q, P )
(Q, P ) = 1 (q, p)
(
Q = Q(q, p)
P = P (q, p)
n h F G
X
F G i
,
p i q i
i =1 q i p i
n h F G
X
F G i
,
P i Q i
i =1 Q i P i
F,G,
(4.2)
ovvero {F , G}(Q,
P ) = {F,G}((Q, P )).
Per dimostrare tale affermazione osserviamo che
{F , G}(y)
= L J y G F (y) = y F (y), J y G(y)
= D(y)T x F ((y)), J D(y)T x G((y))
= x F ((y)), D(y)J D(y)T x G((y)).
Daltra parte {F,G} (y) = x F ((y)), J x G((y)), cosicch, vista larbitrariet nella scelta delle funzioni F,G, lidentit (4.2) equivalente alla (4.1).
In particolare sono conservate le parentesi di Poisson fondamentali, ovvero
le relazioni
{q i , q j } = 0,
{p i , p j } = 0,
{q i , p j } = i , j
i , j = 1, . . . , n.
(4.3)
La validit di tali relazioni evidente qualora le parentesi di Poisson siano calcolate rispetto alle coordinate (q, p) medesime, ovvero se {, } = {, }q,p . La simpletticit della trasformazione (q, p) = (q(Q, P ), p(Q, P )) implica invece che tali
relazioni sussistono anche se {, } = {, }Q,P (ovvero calcolando {q i , q j }, {p i , p j },
{q i , p j } con q i = q i (Q, P ), p i = p i (Q, P )).
In effetti la conservazione delle parentesi di Poisson fondamentali condizione anche sufficiente per la simpletticit di una trasformazione. Osserviamo a
tal scopo che, per ogni F,G ed ogni trasformazione di coordinate (Q, P ) = (q, p)
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82
si ha:
h F
n h F G i
X
{q i , q j }Q,P +
q i
i , j =1 q i q j (Q,P )
h F
n h F G i
X
+
{p i , q j }Q,P +
p i
i , j =1 p i q j (Q,P )
{F , G}(Q,
P) =
G i
{q i , p j }Q,P
p j (Q,P )
G i
{p i , p j }Q,P .
p j (Q,P )
q q
Q P
D(y) =
p p ,
Q
A
0
=
.
C A T
Essendo D(y) = , la condizione di simpletticit diventa
A
0
0 1I A T C T
0 1I
=
,
1I 0
C A T 1I 0
0 A 1
ovvero
0
1I
0 1I
=
,
1I 0
1I C A 1 A T C T
D f (Q)
0
D(Q, P ) =
.
Q [D f (Q)T P ] D f (Q)T
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83
Q [D f (Q)T P ] i , j
=
=
n f 1
X
k
1
T
[D f ( f (Q)) P ]i =
( f (Q))P k
Q j
Q j k=1 q i
n
X
2 f k1
k,h=1 q i q h
( f (Q)) P k
= D q q f 1 (q), P
fh
(Q)
Q j
D f (Q)
q= f (Q)
,
i,j
1
dove D q q f 1 (q), P la matrice hessiana della
funzione f (q), P . Ne segue
=
f (q) sono le equazioni di Lagrange corrispondenti alla lagrangiana L(Q,
Q)
L
L
= D f (Q)T
= D f (Q)T p
(Q, Q)
( f (Q), D f (Q)Q)
q
Q
ovvero p = D f (Q)T P .
Daltra parte questo non lunico possibile completamento. Si pu ad esempio verificare che la trasformazione
(
v j
q = f (Q)
v i
=
i , j = 1, . . . , n
con v(Q) tale che
T
Q j Q i
p = D f (Q) [P + v(Q)]
simplettica.
E SEMPIO 4.3. Un esempio di traformazione canonica che sicuramente non
estende alcuna trasformazione puntuale (Q, P ) = (P, Q), che simplettica
poich D(Q, P ) = J e J simplettica (J J J T = J 3 = J ).
E SEMPIO 4.4. Fissato > 0 consideriamo la trasformazione (q, p) = (, I )
tale che
(
p
q = 2I / cos
1
2
p
: S (0, ) R \ {(0, 0)} :
p = 2I sin
Per verificarne la simpletticit calcoliamo le parentesi di Poisson fondamentali.
Dobbiamo verificare che
{q, q},I = 0,
{p, p},I = 0,
{q, p},I = 1.
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84
Le prime due sono ovvie per lantisimmetria delle parentesi di Poisson. Infine
s
r
q p q p
2I
{q, p},I =
=
sin
sin
I
I
2I
r
p
1
cos 2I cos = 1.
+
2I
Le variabili (, I ) sono dette variabili angolo-azione per loscillatore armonico di
frequenza . In effetti, se
s
k
p2 k 2
+ q ,
=
,
H (q, p) =
2m 2
m
p p
riscalando canonicamente (q, p) = (Q/ m, mP ) si ottiene
P 2 2 2
+
Q ,
2
2
p
p
(
(t ) = 0 + t
I (t ) = I 0
1
q = U A 1/2 Q = A 1/2U T Q
T
p = U A 1/2 P = A 1/2U T P
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85
La traformazione (q, p) (Q, P ) simplettica (vedi Esempio 4.1) e lhamiltoniana nelle nuove variabili diventa
n P2
X
2
i
H (Q, P ) = H (A 1/2U T Q, A 1/2U T P ) =
+ i Q i2 .
2
i =1 2
Introduciamo infine le variabili angolo-azione attraverso la trasformazione simplettica (Q, P ) = (, I ) con
(
p
Q i = 2I i /i cos i
n
n
: T (0, ) W :
i = 1, . . . , n,
p
P i = 2i I i sin i
con W = {(Q, P ) R2n : P i2 +Q i2 > 0 i = 1, . . . , n}. In tali variabili lhamiltoniana
assume la forma
n
X
H (, I ) = , I =
I .
i i
i =1
Quindi su ciascun insieme di livello delle azioni I il moto degli angoli quasi periodico con frequenze = (1 , . . . , n ) indipendenti dal livello (oscillazioni
isocrone).
E SEMPIO 4.6. Costruiamo infine le variabili angolo-azione per un sistema
unidimensionale conservativo di energia potenziale U (q) che, senza perdere di
generalit, assumiamo definita su tutto lasse reale. Dunque:
p2
+U (q),
(q, p) R2 .
2
Supponiamo che q 0 R sia un punto di minimo dellenergia potenziale con
U 00 (q 0 ) > 0. In particolare q 0 un punto critico isolato di U , cosicch, posto
E 0 = U (q 0 ), esistono un intorno K di q 0 ed un valore E 1 > 0 dellenergia tali che
le curve
E = {(q, p) : q K , H (q, p) = E }, E 0 < E < E 1 ,
H (q, p) =
un dominio invariante rispetto alla dinamica, dove hanno luogo moti periodici
attorno a q 0 , le cui orbite sono esattamente le curve E .
Analogamente a quanto fatto per loscillatore armonico, vogliamo ora determinare delle variabili angolo-azione (, I ) per descrivere i moti periodici in
D. Siano q (E ) < q 0 < q + (E ), E 0 < E < E 1 , le intersezioni di E con lasse p = 0,
quindi U (q (E )) = E . Indichiamo con T (E ) il periodo del moto sulla curva E ,
Z q+ (E )
d
.
T (E ) = 2
p
q (E )
2(E U ())
Consideriamo
p
la semiretta S = {(q 0 , p) : p > 0} che interseca E nel punto x E =
q 0 , 2(E E 0 ) . Sia quindi : D R la variabile cos definita: se H (q, p) = E
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86
allora
Z q
d
q0
2(E U ())
Z q+ (E )
Z q+ (E )
d
d
+
p
p
(q, p) =
q
q0
2(E U ())
2(E U ())
Z q0
T
(E
)
q
2(E U ())
se p 0, q q 0 ,
se p < 0,
se p 0, q < q 0 .
In altri termini (q, p) il minor tempo positivo necessario per spostarsi dal
punto x E sulla semiretta S al punto (q, p); in particolare 0 (q, p) < T (H (q, p)).
Rimane in tal modo definita la trasformazione di coordinate
(
= (q, p)
(q, p) (, E ) :
E = H (q, p)
del dominio D su {(, E ) : 0 < T (E ), E 0 < E < E 1 }. Sia (q, p) = (, E ) la trasformazione inversa. Ovviamente (T (E ), E ) = (0, E ), cosicch possibile prolungare la trasformazione per periodicit (di periodo T (E )) a tutti i valori R. Corrispondentemente il tempo diventa una funzione multivoca di (q, p), definita
a meno di multipli del periodo T (E ). La trasformazione simplettica. Per mostrarlo conviene verificare equivalentemente che 1 simplettica, calcolando
le parentesi di Poisson fondamentali. Le uguaglianze {E , E }q,p = {, }q,p = 0 sono evidenti. Daltra parte {, E }q,p = {, H }q,p = per la definizione stessa di parentesi di Poisson; ma = 1 essendo (q, p) il tempo di percorrenza sullorbita
passante per (q, p).
Nelle variabili (, E ) lhamiltoniana assume la forma semplicissima H (, E ) =
E , ma non sono ancora le variabili angolo-azione cercate poich non un
angolo ed il suo periodo dipende da E . Per ottenere un angolo definiamo
.
(, E ) = 2
T (E )
Dobbiamo ora determinare una variabile I = I (E ) in modo tale che la trasformazione (, E ) (, I ) sia canonica. Infatti in tal caso la trasformazione composta
(q, p) (, E ) (, I ) canonica e lhamiltoniana diventa H (, I ) = h(I ) con
h(I ) la funzione inversa di I (E ): h(I (E )) = E . Ne segue che il sistema hamiltoniano nelle variabili (, I ) si scrive
(
= (I ),
(I ) = h 0 (I ),
I = 0,
dunque (, I ) sono le variabili angolo-azione cercate. Per determinare I dobbiamo richiedere che {, I },E = 1. Poich richiediamo I indipendente da , questa
condizione diventa
0
2 0
T (E )
{, I },E =
I (E ) =
I (E ) = 1 I 0 (E ) =
.
T (E )
2
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87
ora facile verificare che T (E ) = A 0 (E ) essendo A(E ) larea della regione limitata
del piano delle fasi (q, p) racchiusa dalla curva E . Dunque possiamo scegliere
I
Z
p
A(E )
1
1 q+ (E )
I (E ) =
=
p dq =
d q 2(E U (q)).
2
2 E
q (E )
La funzione I (E ) monotona crescente con I (0) = 0. In definitiva, la trasformazione cercata (q, p) (, I )
I
(q, p)
1
(q, p) = 2
,
I (q, p) =
p d q.
T (H (q, p))
2 H (q,p)
4.2. Conservazione della 1-forma di Liouville e funzioni generatrici
Esiste unulteriore caratterizzazione delle trasformazioni simplettiche, basata sul comportamento, sotto lazione di questultime, di una particolare forma
differenziale. Precisamente, consideriamo la forma
p dq =
n
X
p i d qi ,
i =1
(4.4)
ovvero, pi esplicitamente,
n q
X
F
k
pk Pi =
,
Q i
k=1 Q i
n q
X
F
k
pk =
P i
k=1 P i
i = 1, . . . , n.
(4.5)
2n
X
A i (z) d z i ,
z = x, y,
i =1
p d q q d p P dQ +Q d P
hX
n
i
= 2 p d q P dQ d
q k p k Q k P k ,
k=1
da cui
p d q P dQ =
n
1 hX
i
1
J x, d x J y, d y + d
q k p k Q k P k .
2
2 k=1
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88
v j
v i
(y) =
(y),
y j
y i
2 k
(y) J k,h h (y)
k,h=1 y i y j
2n
X
D D(y)T J (y) i , j =
T
D(y)T J D(y) J = D(y)T J T D(y) J T = D(y)T J D(y) J .
Concludiamo che condizione necessaria e sufficiente perch la forma J x, d x
J y, d y sia esatta che D(y)T J D(y) J = 0, ovvero che sia simplettica.
Abbiamo quindi dimostrato che la simpletticit della trasformazione equivale alla condizione (4.4), detta condizione di Lie. La funzione F che vi appare
dipende dalla trasformazione ed definita localmente. Ovviamente, se ci restringiamo a domini semplicemente connessi, allora F rimane definita globalmente.
Il Teorema 4.2 permette di sviluppare un metodo, detto delle funzioni generatrici, per produrre trasformazioni canoniche. Il punto di partenza la semplice osservazione che la condizione (4.4), essendo unidentit differenziale, non
dipende dalla particolare scelta delle 2n variabili indipendenti. Quindi, accanto
alle (4.5), possiamo potenzialmente sviluppare la (4.4) rispetto a variabili miste, ovvero parte delle vecchie e parte delle nuove, purch la trasformazione in
esame ammetta la scelta di tali variabili come coordinate indipendenti.
Iniziamo con il considerare la classe delle trasformazioni simplettiche tali
che
q
(Q, P ) 6= 0,
P
dette trasformazioni libere o di prima specie. La condizione di non singolarit
richiesta permette di esplicitare, almeno localmente, la variabile P nella relazio
ne q = q(Q, P ), ottenendo P = P (q,Q) e quindi p = p(Q, P (q,Q)) = p(q,Q).
In
definitiva possiamo utilizzare localmente come variabili indipendenti la coppia
(q,Q). Posto ora S 1 (q,Q) = F (Q, P (q,Q)), la relazione (4.4) diventa
det
p(q,Q)
d q P (q,Q) dQ = d S 1 (q,Q)
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89
e dunque
S 1
S 1
(q,Q) = p(q,Q),
(q,Q) = P (q,Q).
q
Q
Questo suggerisce che possiamo generare trasformazioni libere mediante opportune funzioni reali di 2n variabili:
Le trasformazioni libere non includono trasformazioni importanti, quali le
trasformazioni puntuali estese ai momenti discusse nellEsempio 4.2. Infatti in
tal caso q = q(Q, P ) = f (Q), cosicch lesplicitazione P = P (q,Q) impossibile.
Introduciamo allora una diversa classe di trasformazioni simplettiche, dette di
seconda specie, definite dalla condizione
det
q
(Q, P ) 6= 0.
Q
Questo permette di esplicitare la variabile Q nella relazione q = q(Q, P ), otte P ) e quindi p = p(Q(q,Q),
n
X
p d q +Q d P = d F +
Qk Pk
k=1
e ponendo
P ), P ) +
S 2 (q, P ) = F (Q(q,
n
X
Q k (q, P )P k ,
k=1
otteniamo
P ) d P = d S 2 (q, P )
P ) d q + Q(q,
p(q,
e dunque
S 2
P ),
(q, P ) = p(q,
q
S 2
P ).
(q, P ) = Q(q,
P
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90
E SEMPIO 4.7. Le trasformazioni puntuali estese ai momenti sono generate
dalla funzione
n
X
S 2 (q, P ) =
f k1 (q) P k .
k=1
Q=
S 2
(q, P ) = f 1 (q),
P
q 1 , . . . , q n ,Q i 1 , . . . ,Q i k , P j 1 , . . . , P j nk
forniscano un sistema di coordinate indipendente. La trasformazione quindi
ricavata da unopportuna funzione generatrice
S = S q 1 , . . . , q n ,Q i 1 , . . . ,Q i k , P j 1 , . . . , P j nk
ponendo
p=
S
,
q
Q j` =
S
P j `
(` = 1, . . . , n k)
Pi s =
S
Q i s
(s = 1, . . . , k).
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91
Per ulteriori dettagli si pu consultare il libro di Arnold citato nella nota bibliografica al capitolo.
O SSERVAZIONE 4.2. Concludiamo la sezione con una osservazione importante. Supponiamo che lhamiltoniana H : U R, U R2n , determina un flusso
hamiltoniano tH . Dunque {tH }t R un gruppo ad un parametro di trasformazioni dello spazio delle fasi U . Asseriamo che per ogni t R la trasformazione
tH : U U simplettica. A tal scopo mostriamo che la matrice DtH (x)T simplettica, ovvero che DtH (x)T J DtH (x) = J . Poich 0H = 1I, tale condizione
vera per t = 0, dunque sufficiente dimostrare che
d
DtH (x)T J DtH (x) = 0
dt
x U,
t R.
d
d
= DtH (x)T
DH (tH (x))T J DH (tH (x)) DtH (x),
d
=0
DH (x)T J DH (x)
=0
d
=0
x U.
d
d
DH (x)T J DH (x)
=
1I D 2 H (x)J J 1I + J D 2 H (x)
d
d
=0
=0
2
2
= D H (x) D H (x) = 0.
In effetti si pu dimostrare anche il viceversa, ovvero un gruppo ad un parametro di trasformazioni simplettiche {t }t R soluzione di un opportuno sistema di equazioni di Hamilton. Infatti esso il flusso di fase generato dal campo
vettoriale
d
v (y) =
(y) .
=0
d
Daltra parte, per piccolo una trasformazione simplettica vicina allidentit, dunque
(
q = Q + f (Q, P, )
(q, p) = (Q, P )
p = P + g (Q, P, )
con f , g funzioni regolari di (Q, P, ). Per il teorema della funzione implicita, per
piccolo possibile esplicitare Q = Q(q, P, ) dallequazione q = Q + f (Q, P, ).
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92
Esiste quindi una funzione generatrice di seconda specie S(q, P, ) per cui
S(q, P, ) =
n
X
q k P k + A(q, P, ),
p = P +
k=1
A
(q, P, ),
q
Q = q +
A
(q, P, ),
P
q(Q, P, ) = Q
q(Q, P, ), P,
(Q, P ) =
p(Q, P, ) = P +
q(Q, P, ), P,
q
Derivando rispetto ad e valutando in = 0 si ricava che v (y) = J y H (y) con
H (y) = H (Q, P ) = A(Q, P, 0).
4.3. Lequazione di Hamilton-Jacobi
Consideriamo un sistema hamiltoniano
(q, p)
q =
p
(q, p) U R2n ,
p =
(q, p)
q
H : U R.
S
(q, P ),
q
Q=
S
(q, P ).
P
Si ha allora
S
H q(Q, P ),
(q(Q, P ), P ) = K (P ).
q
Scrivendo questa relazione nelle variabili indipendenti (q, P ), concludiamo che
la funzione generatrice S soddisfa la relazione
S
H q,
(q, P ) = K (P ).
q
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93
nella quale sia la funzione W (q) che la costante h sono incognite, detta equazione ridotta di Hamilton-Jacobi associata ad H .
Cos ad esempio, se
H (q, p) =
n p2
X
i
i =1
+ V (q 1 , . . . , q n ),
2W
6= 0.
q
(4.6)
La nozione di integrale completo sopra data non deve confondersi con quella di integrale generale, che fornisce linsieme di tutte le possibili soluzione. Questultimo dipende in generale, nel caso di unequazione del primo ordine, da
una funzione arbitraria. Ad esempio lequazione x W y W = 0, (x, y) R2 , ha
soluzione W (x, y) = f (x + y) con f : R R una funzione regolare qualsiasi.
La conoscenza di un integrale completo dellequazione di Hamilton-Jacobi
permette di integrare le equazioni del moto. Precisamente abbiamo il seguente
risultato.
P ROPOSIZIONE 4.7. Sia {W (q, ), h()} un integrale completo dellequazione di Hamilton-Jacobi di hamiltoniana H . Allora la funzione S(q, P ) = W (q, P )
genera una trasformazione canonica di seconda specie (q, p) (Q, P ) tale che
H (Q, P ) = h(P ).
D IMOSTRAZIONE . La condizione (4.6) garantisce che S(q, P ) = W (q, P ) pu
utilizzarsi come funzione generatrice di una trasformazione canonica di seconda specie. Inoltre
S
= h(P ),
H (Q, P ) = H (q(Q, P ), p(Q, P )) = H q,
q q=q(Q,P )
dove, nellultimo passaggio, si utilizzato che S = W soddisfa lequazione di
Hamilton-Jacobi
W
H q,
(q, ) = h().
q
E SEMPIO 4.8. Nel caso di un sistema unidimensionale la cui hamiltoniana
sia H (q, p) = 12 p 2 + U (q), (q, p) R2 , lequazione di Hamilton-Jacobi prende la
forma
1 dW 2
+U (q) = h.
2 dq
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94
dove q 0 un punto fissato (tale ovviamente che U (q 0 ) < per i valori di considerati). Per fissare le idee scegliamo la determinazione positiva ed indichiamo con (, h) le nuove coordinate. Dunque la trasformazione generata da
S(q, h) = W+ (q, h), cosicch
Z q
d
S
S p
= 2( U (q)),
=
=
p=
.
p
q
h
q0
2( U ())
Chiaramente H (, h) = h e le equazioni del moto diventano = 1, h = 0. Abbiamo riottenuto le variabili tempo-energia precedentemente introdotte nellEsempio 4.6, qui corrispondenti alle fasi di moto progressivo (per descrivere i moti nel semipiano p < 0 occorre utilizzare W (q, h) quale funzione generatrice).
Anche le coordinate angolo-azione possono essere ricavate in modo diretto
dallequazione di Hamilton-Jacobi. Supponiamo che lenergia potenziale U (q)
possieda un minimo isolato in un punto q 0 , cosicch nellintorno della posizione di equilibrio (q 0 , 0) lo spazio delle fasi riempito da orbite periodiche h , essendo h il livello di energia. Se A(h) larea della regione limitata racchiusa dalla
curva h , la variabile dazione I = A(h)/2 (vedi lEsempio 4.6). Sia infine h(I )
lesplicitazione dellenergia in funzione di I , in particolare h 0 (I ) = 2/T (h(I ))
con T (h) periodo del moto su h . Per generare la trasformazione (q, p) (, I )
fissiamo = I come parametro nellintegrale completo ed integriamo dal punto
di inversione del moto q (h), ottenendo
Z q
p
d 2(h(I ) U ()).
S (q, I ) =
q (h(I ))
Essendo U (q (h)) = h, la dipendenza da I nellestremo di integrazione non contribuisce alla derivata cosicch:
q
S
p=
= 2(h(I ) U (q)),
q
=
S
2
=
I
T (h(I ))
d
.
p
q (h(I ))
2(h(I ) U ())
q
Le variabili sono definite solo localmente; precisamente la coppia (+ , I ) [risp. ( , I )] definisce una trasformazione di coordinate nel semipiano superiore
p > 0 [risp. inferiore p < 0] del piano delle fasi. Daltra parte la variabile angolare
(
+ mod(2) se p 0
=
mod(2) se p < 0
definita globalmente e la coppia (, I ) fornisce le variabili angolo-azione cercate.
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95
La maggior parte dei problemi integrabili della meccanica si basa sul metodo della separazione delle variabili, che permette di determinare un integrale
completo dellequazione di Hamilton-Jacobi. Illustriamo brevemente tale metodo.
Assegnata lhamiltoniana H (q, p) = H (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ), la variabile q 1
detta separabile per lequazione di Hamilton-Jacobi associata se H ha la forma
H (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ) = H1 (1 (q 1 , p 1 ), q 2 , . . . , q n , p 2 , . . . , p n ),
per opportune funzioni 1 e H1 di, rispettivamente, 2 e 2n 1 variabili. Cer (q 2 , . . . , q n ).
chiamo in tal caso la soluzione W nella forma W (q) = W1 (q 1 ) + W
Sostituendo otteniamo
dW1
W
W
H 1 1 q 1 ,
, q2 , . . . , qn ,
= h.
,...,
d q1
q 2
q n
Poniamo ora
dW1
1 q 1 ,
= 1 ,
d q1
W
W
,...,
= h,
H1 1 , q 2 , . . . , q n ,
q 2
q n
che ancora unequazione di Hamilton-Jacobi (dove appare il parametro reale
1 ), in cui si ridotto di ununit il numero di variabili da cui dipende la funzione
incognita. Chiaramente se, nuovamente,
H1 (1 , q 2 , . . . , q n , p 2 , . . . , p n ) = H2 (2 (q 2 , p 2 ), q 3 , . . . , q n , p 3 , . . . , p n ),
per opportune funzioni 2 e H2 (dipendenti in generale entrambe dal parametro
(q 2 , . . . , q n )
1 ), possiamo ripetere largomento cercando la funzione incognita W
(q 3 , . . . , q n ). Se tale situazione si ripete per tutte le n
nella forma W2 (q 2 ) + W
variabili otteniamo infine un integrale completo della forma
W (q, ) =
n
X
Wk (q k , 1 , . . . , k ).
k=1
H (q, p) = f H1 (q 1 , p 1 ), . . . , Hn (q n , p n )
P
possiamo cercare lintegrale completo nella forma S(q) = k S k (q k ), da cui, sostituendo nellequazione di Hamilton-Jacobi, si ottiene
d Sk
Hk q k ,
= k ,
h() = f (1 , . . . , n )
d qk
P
e quindi S(q, ) = k S k (q k , k ).
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96
E SEMPIO 4.10. Consideriamo il moto di un punto materiale di massa unitaria che si muove su un piano ed soggetto ad una forza centrale. Nelle coordinate polari (r, ), indicando con U (r ) lenergia potenziale, si ha:
2
p r2 p
1 2
2 2
L(r, , r, ) = (r + r ) U (r ),
H (r, , p r , p ) =
+ 2 +U (r ),
2
2
2r
essendo p r = r e p = r 2 i momenti cinetici associati alle variabili r e rispet-
Z r
n h
S
2 io1/2
=
=
d x 2 h U (x) 2
,
h
2x
r min (,h)
Z r
n h
2 io1/2
S
=
d x 2 2 h U (x) 2
.
=
x
2x
r min (,h)
=
Chiaramente H (, , h, ) = h cosicch le equazioni del moto sono = 1,
0, h = 0, = 0. Le variabili h ed sono, rispettivamente, lenergia ed il momento
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97
angolare del punto, dunque sono correttamente conservate. Anche la conservazione della variabile non deve sorprendere. In effetti, se indichiamo con 0 il
valore dellangolo quando r = r min (, h), nella successiva fase di moto progressivo t r (t ) della variabile radiale, la corrispondente variazione della variabile
angolare :
Z r (t )
Z r (t )
(s)
n h
2 io1/2
d r (s)
d x 2 2 h U (x) 2
,
(t ) 0 =
=
r(s)
x
2x
r min (,h)
r min (,h)
poich = p /r 2 = 2 /r 2 ed r = p r . Quindi = ( 0 ) = 0 , costante del
moto.
Osserviamo infine che il caso = p = 0, non coperto dalla precedente trattazione, corrisponde ai moti unidimensionali di caduta nel centro e va analizzato separatamente.
4.4. Il Teorema di Liouville-Arnold
Consideriamo un sistema integrabile nel senso di Hamilton-Jacobi, dunque
esiste una trasformazione canonica (q, p) (Q, P ) tale che H (Q, P ) = K (P ) per
qualche funzione K . In particolare le funzioni P j = P j (q, p), j = 1, . . . , n, costituiscono un sistema di n integrali primi del moto. Inoltre, per la conservazione delle parentesi di Poisson fondamentali, essi sono in involuzione tra loro,
ovvero:
{P i , P j }q,p = 0 i , j = 1, . . . n.
Quindi tutti i sistemi integrabili nel senso sopra descritto possiedono almeno n
integrali primi indipendenti in involuzione. Ad esempio:
Il moto unidimensionale (n = 1): lenergia H .
Il moto centrale piano (n = 2): lenergia H ed il momento p .
Il moto centrale nello spazio (n = 3): lenergia H , il quadrato del momento angolare M 2 , la terza componente del momento angolare M z .
Il sistema di n oscillatori armonici accoppiati: Le energie H j (Q j , P j ) =
1 2 2
1 2
2 P j + 2 j Q j dei modi normali.
Il moto di Eulero-Poinsot, ovvero il moto di un corpo rigido con un
punto fisso in assenza di forze (n = 3): lenergia cinetica T , il quadrato del momento angolare M 2 , la terza componente del momento
angolare M z .
(verificare per esercizio che in ciascun esempio gli integrali primi citati sono
effettivamente in involuzione).
Un risultato notevole della teoria dei sistemi hamiltoniani asserisce che lesistenza di n integrali primi indipendenti ed in involuzione condizione anche
sufficiente per la completa integrabilit di un sistema. In altri termini, possibile in tal caso integrare le equazioni del moto a meno di operazioni elementari (inversione di funzioni e quadrature). Inoltre, analogamente a quanto visto
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98
nel caso di forze elastiche (vedi Esempio 4.5), possibile introdurre coordinate angolo-azione per descrivere i moti limitati sui livelli non critici degli integrali primi. Pi precisamente vale il seguente teorema, di cui non daremo la
dimostrazione.
T EOREMA 4.8 (Liouville-Arnold). Consideriamo un sistema hamiltoniano
q =
(q, p)
p
(q, p) U R2n , H : U R.
p =
(q, p)
q
Supponiamo che esistano n integrali primi del moto, F 1 = H , F 2 , . . . , F n : U R
tali che {F i , F j } = 0 per ogni i , j = 1, . . . , n. Per ogni f = ( f 1 , . . . , f n ) Rn sia M f =
{(q, p) U : F i (q, p) = f i i = 1, . . . , n}. Supponiamo che per un certo f 0 Rn
linsieme M f 0 compatto, connesso ed inoltre
rango
(F 1 , . . . , F n )
=n
(q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n )
su M f 0 .
Allora
(1) M f 0 una superficie regolare, diffeomorfa al toro Tn = Rn /(2Z)n , ed
invariante sotto il flusso tH .
(2) Il flusso di fase su M f 0 quasi periodico, ovvero se sono coordinate
angolari sul M f 0 allora = ( f 0 ).
(3) Le equazioni del moto si integrano per quadratura.
(4) In un intorno F di f 0 linsieme
M F = f F M f
diffeomorfo al prodotto cartesiano F M f 0 . Inoltre esiste una trasformazione canonica,
M F F M f 0 3 (q, p) (, I ) Tn B,
B Rn ,
F = F1 Fn ,
1
= (1 , . . . , n ) Rn
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99
+
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CAPITOLO 5
Dinamica iperbolica
5.1. Teorema delle variet stabile ed instabile
Consideriamo unequazione differenziale autonoma,
x = v(x),
x D Rn ,
v C ` (D; Rn ),
` 1.
v(x) = Lx + v(x),
(5.1)
.
dove L = D v(0) non possiede autovalori immaginari puri. Il resto v un infini = 0 e D v(0)
= 0. Indichiamo con E + [risp. E ]
tesimo di ordine superiore: v(0)
il sottospazio stabile [risp. instabile] del flusso iperbolico lineare x = Lx, vedi
Sezione 2.6. Assumiamo che le coordinate siano adattate alla decomposizione
Rn = E + E in modo tale che:
x
+
n
+
n+
E = x R : x =
, x R
,
0
0
E = x Rn : x = , x Rn ,
x
A 0
L=
,
(5.2)
0 B
con A Mn+ una contrazione in E + e B Mn una espansione in E . Definiti i
proiettori:
+
+
x
0
x
n
: R E
: + x =
, x =
x = Rn ,
0
x
x
si ha perci:
Ax +
Lx = + Lx + Lx = L+ x + L x =
,
B x
At +
e x
Lt
Lt
Lt
Lt
Lt
e x = + e x + e x = e + x + e x = B t .
e x
101
102
D INAMICA IPERBOLICA
W (0)
E
W +(0)
W +(Q)
E+
0
W (Q)
Q
+ x, L+ x = x + , Ax + |x + |2 = |+ x|2 ,
(5.3)
x, L x = x , B x |x |2 = | x|2 ,
(vedi Teorema 2.9). In particolare, vedi Teorema 2.10, per ogni t 0,
Lt
|e + x| = |e At x + | e t |x + | = e t |+ x|,
|e Lt x| = |e B t x | e t |x | = e t | x|.
(5.4)
Vogliamo ora mostrare che in un intorno di x = 0 il flusso non lineare possiede una struttura simile. Fissiamo > 0 piccolo abbastanza in modo tale che,
posto
.
Q = {x Rn : |+ x| < , | x| < },
(5.5)
sia Q D. Definiamo variet stabile locale del punto iperbolico x = 0 linsieme:
n
o
.
W + (Q) = x Q : t (x) Q t 0,
lim t (x) = 0
t +
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103
t 0
o [
.
W (0) = x D : lim t (x) = 0 =
t (W (Q)).
n
t +
(5.7)
t 0
Si osservi che le variet W (0) sono insiemi invarianti per il flusso t , mentre W + (Q) [risp. W (Q)] positivamente [risp. negativamente] invariante.
D IMOSTRAZIONE . Sia : R+ [0, 1] una funzione infinitamente derivabile,
a supporto compatto e tale che (s) = 1 se s 1, (s) = 0 se s 2 e |0 (s)| 2 per
ogni s R+ . Poniamo:
.
1
g (x) = v(x)(
|x|),
con v(x)
come in (5.1) ed > 0 un parametro da fissare in seguito. Chiaramente:
kg k sup |v(x)|.
|x|2
kD g k sup kD v(x)k
+ 21 sup |v(x)|.
|x|2
|x|2
= 0 e D v(0)
= 0 concludiamo che:
Essendo v(0)
kg k + kD g k < ,
con 0 per 0. Daltra parte evidente che nella palla B (0) le soluzioni
(5.8)
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104
D INAMICA IPERBOLICA
da cui, proiettando,
+ x(t ) = e + x(0) +
x(t ) = e Lt x(0) +
d s e L(t s) + g (x(s)),
(5.11)
d s e L(t s) g (x(s)).
(5.12)
(5.13)
Lt
0
t
0
Essendo x(t ) = + x(t ) + x(t ), dalle uguaglianze (5.11), (5.12) e (5.14) otteniamo lidentit (5.10).
Viceversa, ogni soluzione continua t 7 x(t ) dellEq. (5.10) una soluzione
limitata nel futuro dellEq. (5.8). Infatti si verifica facilmente che x(t ) una fun ) = Lx(t ) + g (x(t )). Inoltre, per le stime (5.4) ed
zione differenziabile tale che x(t
essendo kg k < ,
Z t
Z +
|x(t )| e t |+ x(0)| + d s e (t s) +
d s e (t s)
0
t
1 1
|x(0)| +
+
t 0.
(5.15)
In conclusione, linsieme delle soluzioni limitate nel futuro dellEq. (5.8) coincide con linsieme delle soluzioni continue dellEq. (5.10).
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105
da cui, proiettando,
+ x(0) = a,
x(0) =
Z
0
d s e Ls g (x(s)),
0
0
e, analogamente,
+
Z
t
d s e (t s) |x(s) y(s)|
1
kx yk .
In definitiva:
1 1
kF a (x) F b (y)k |a b| +
+
kx yk .
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106
D INAMICA IPERBOLICA
1 1
1
,
+
2
(5.16)
cosicch:
1
(5.17)
kF a (x) F b (y)k |a b| + kx yk .
2
Ponendo b = a segue in particolare che F a : C 0 C 0 una contrazione per ogni
a E + , per cui esiste ununica funzione t 7 x a (t ) tale che x a = F a (x a ). Quindi
x a lunica soluzione limitata nel futuro dellEq. (5.8) tale che + x a (0) = a, ed al
variare di a E + otteniamo tutte tali soluzioni: W + (0) = {x a (0) : a E + }. Inoltre,
dalla stima (5.17) si ricava che kx a x b k 2|a b|. Ma x a = 0 se a = 0 poich
g (0) = 0, per cui:
kx a k 2|a|.
(5.18)
.
La prima identit dellEq. (5.9) si ottiene definendo h : E + E tale che h(a) =
x a (0). Occorre dimostrare che h di classe C ` , che Dh(0) = 0 e che |h(a)|
|a|. Ci limitiamo qui al caso ` = 1, la generalizzazione non difficile. Ricordando
la (5.14),
Z +
d s e Ls g (x a (s)),
h(a) =
0
da cui:
x a
(s),
(5.19)
a
0
provvisto che a 7 x a una mappa differenziabile di E + in C 0 . Per dimostrare questultima affermazione utilizziamo il teorema della funzione implicita su
.
spazi di Banach. Sia G : E + C 0 C 0 tale che G(a, x) = F (a, x) x. Sappiamo
che la funzione a 7 x a fornisce lunica esplicitazione dellequazione G(a, x) = 0,
ovvero G(a, x a ) = 0 per ogni a E + . Per il teorema della funzione implicita, se
esistono continue le funzioni
Z
Dh(a) =
d s e Ls D g (x a (s))
(a, x) 7 D x G L(C 0 ; C 0 ),
(a, x) 7 D a G L(E + ; C 0 ),
Z
0
d s e L(t s) + D g (x(s))(s)
+
per cui
D x F (a, x) (t ) =
Z
0
d s e L(t s) + D g (x(s))(s)
Z
t
d s e L(t s) D g (x(s))(s).
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107
Inoltre, procedendo come nella dimostrazione della stima (5.17), otteniamo che
kD x F a (x)k kk /2. Ne segue che D x G(a, x) = D x F (a, x) 1I invertibile:
X
D x G(a, x)1 = [1I D x F (a, x)]1 =
[D x F (a, x)]k ,
k0
|h(a)|
d s e s |a| |a|.
0
Rimane da dimostrare la seconda identit dellEq. (5.9) (dopodich lultima
conseguenza delle precedenti). Fissato 0 (0, ) assumiamo tale che, oltre
.
alla (5.16), sia (0 )/2. Posto y(t ) = + x a (t ), si ha allora, per ogni [0, 0 ],
d
|y(t )|2
dt
avendo utilizzato la stima (5.3), kD g k < e |h(y)| |y|. Integrando la precedente disequazione differenziale troviamo, per ogni t 0, |y(t )| e t |y(0)|,
ovvero |+ x a (t )| e t |a|; infine | x a (t )| = |h(+ x a (t ))| |+ x a (t )| e t |a|.
Le variet stabile ed instabile globali definite in (5.6) e (5.7) non sono, in
generale, grafici di funzioni h : E E , e possono avere una struttura molto
complicata.
E SEMPIO 5.1. Consideriamo il sistema meccanico:
x = v
3
x = x x
v = x x 3
Il punto singolare (x, v) = (0, 0) iperbolico, essendo:
v)
(x,
0 1
(0, 0) =
=
(L) = {1; 1}.
L=
1 0
(x, v)
Dal calcolo degli autovettori associati si ricava che E = {(x, v) : v = x}. Le
curve di fase del sistema giacciono sulle linee di livello dellenergia E (x, v) =
v 2 /2 + x 4 /4 x 2 /2. In particolare le variet stabile ed instabile globali coincidono: W + (0) = W (0) = {(x, v) : E (x, v) = 0}. In effetti, il livello critico di energia E (x, v) = 0 costituito dallunione dellorbita stazionaria del punto singolare
(0, 0) con le orbite dei due moti a meta asintotica verso questultimo.
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108
D INAMICA IPERBOLICA
y
E+
E
W +(0) = W (0)
x
0
C<0
W (0)
C>0
E
0
C>0
C<0
x = x
y = y + x 2
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109
y)
(x,
1 0
L=
(0, 0) =
=
(L) = {1; 1}.
0 1
(x, y)
Ovviamente E + = {(x, y) : x = 0}, E = {(x, y) : y = 0}. Cerchiamo le curve di fase
del sistema. Notiamo che se x(0) = 0 allora x(t ) = 0 ed y(t ) = y(0)e t , cosicch
E + invariante anche per la dinamica non lineare. Sullinsieme invariante R2 \
E + le curve di fase sono tutte e sole le soluzioni dellequazione differenziale:
d y y
y
= =x .
d x x
x
Questa si pu risolvere esplicitamente ponendo y(x) = x 2 (x) e determinando
(x) per separazione delle variabili. Si trova in tal modo lintegrale generale:
y(x) =
x2 C
+ ,
3
x
C R.
Concludiamo che:
n
o
W + (0) = E + = (x, y) : x = 0 ,
n
x2 o
W (0) = (x, y) : y =
.
3
: Rn Rn
C ` -diffeomorfismo,
k Z.
cosicch (0)
= 0 e D (0)
= 0. Si osservi che, essendo un diffeomorfismo,
loperatore L invertibile, dunque 0 (L), ed L 1 = D1 (0). Il punto fisso x =
0 detto iperbolico se loperatore L non possiede autovalori sulla circonferenza
.
unitaria del piano complesso: (L) S 1 = ;, dove S 1 = {z C : |z| = 1}.
Al pari dei flussi lineari iperbolici, il comportamento delle iterazioni di una
mappa lineare iperbolica piuttosto semplice. Caratterizziamo dapprima il caso in cui tutti gli autovalori hanno modulo minore di uno. Diciamo che la mappa
lineare B una contrazione lineare se
lim B k x = 0
k+
x Rn .
x Rn .
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110
D INAMICA IPERBOLICA
D IMOSTRAZIONE . Si ha:
c) = a): Ovvio.
a) = b): Supponiamo per assurdo che esista (B ) tale che || 1. Se
R esiste v Rn , v 6= 0, tale che B v = v, cosicch |B k v| = ||k |v| |v| per ogni
k N, contraddicendo a). Se invece = + i C esistono f 1 , f 2 Rn tali che il
sottospazio bidimensionale E da essi generato invariante
e la
restrizione di B
ad E nella base { f 1 ; f 2 } rappresentata dalla matrice
. Nella norma di
E , | |E , canonica rispetto alla base { f 1 ; f 2 }, si ha:
|B v|2E = v, B T B vE = (2 + 2 )|v|2E = ||2 |v|2E
v E,
kR k = O (),
D
B0 =
0
0
,
T
dove
1
0
. . .
D =
. . .
. . .
0
0
2
...
...
...
...
...
0
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
0 p1
...
0
0
...
...
...
0
p
e
1
1
...
...
T =
...
...
...
...
0
1
1
0
...
...
...
...
...
...
...
0
0
2
2
...
...
...
...
...
...
...
...
2
2
...
...
...
...
...
...
...
...
0
0
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
. . . r 1
. . . r 1
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
r 1
r 1
0
0
...
...
...
...
...
...
0
0
r
r
0
...
...
...
...
.
...
...
...
r
r
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
111
.
Nel prodotto scalare indotto dalla trasformazione x = S y, x, x 0 = y, y 0 , si ha:
|B x|2
= B x, B x = B y, B y = y, B T B y
p
r
X
X
2
2
=
2i y i2 + (2j + 2j )(y p+2
j 1 + y p+2 j )
i =1
j =1
+ y, (B 0T R + R T B 0 + R T R )y
(B )
(B )
con
q C una costante opportuna. Se > 0 sufficientemente piccolo allora =
max(B ) ||2 +C < 1, cosicch il punto c) segue con | | = | | .
Consideriamo ora il caso generale di una mappa lineare iperbolica.
T EOREMA 5.4. Sia L Mn tale che (L) S 1 = ;. Allora esiste una decomposizione dello spazio delle fasi:
Rn = E + E ,
E = Rn ,
x Q : k (x) Q k 0,
n
o
=
x Q : + x = h ( x) ,
lim k (x) = 0
k+
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
112
D INAMICA IPERBOLICA
dove h sono funzioni di classe C ` tali che h (0) = 0 e Dh (0) = 0, per cui W (Q)
sono variet differenziabili (in particolare grafici di funzioni) tali che T0W (Q) =
E . Si definiscono quindi le variet stabile ed instabile globali di x = 0:
n
o [
.
W + (0) = x Rn : lim k (x) = 0 =
k (W + (Q)),
k+
k0
o [
.
W (0) = x Rn : lim k (x) = 0 =
k (W (Q)).
k+
k0
k
X
L k j + g (x j 1 )
j =1
+
X
L k j g (x j 1 )
k N.
j =k+1
A tal scopo si utilizza lanalogo discreto della formula della variazione delle costanti:
k
X
xk = L k x0 +
L k j g (x j 1 )
k Z,
j =1
.
kxk = sup |x k |,
k0
F (a, x) = L k a +
k
X
L k j + g (x j 1 )
j =1
+
X
L k j g (x j 1 ),
j =k+1
s (x)),
d s e A(s) v(
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
da cui:
D(x) = e A +
113
s (x))Ds (x)
d s e A(s) D v(
.
e dunque L = D(0) = e A . Supponiamo per assurdo che esista (L) tale
che || = 1. Allora possiamo determinare un sottospazio invariante E (unidi ed una norma | | su E tale che
mensionale se R, bidimensionale se 6= )
k
|L v| = |v| per ogni v E e k N. Daltra parte, essendo L k = e Ak ed e At
un flusso iperbolico, la quantit |L k v| deve convergere a 0 oppure divergere
quando k +. Giungiamo cos ad una contraddizione. Concludiamo che
(e A ) S 1 = ;. Quindi x = 0 un punto fisso iperbolico di = , le cui variet stabile ed instabile indichiamo con W (0). Verifichiamo infine che, per ogni
> 0, W (0) = W (0), essendo W (0) le variet stabile ed instabile di x = 0,
punto singolare iperbolico del flusso di fase t 7 t . Linclusione W (0) W (0)
evidente. Viceversa, se x W (0) allora:
lim sup |t (x)| lim sup max |s (k (x))| = max |s (0)| = 0,
t
k s[,]
s[,]
dunque x W (0).
(5.21)
v(0)
= 0, D v(0)
= 0 e 0 (A) R. Sia T il periodo della perturbazione: g (t +
T, x) = g (t , x) per ogni (t , x) R Rn . Il parametro varia in un intorno dello
zero. Assumiamo che tutte le soluzioni siano definite sullintero asse dei tempi
R ed indichiamo t ,t0 (x) la soluzione di dati iniziali t0 ,t0 (x) = x. A tale sistema
.
differenziale possiamo associare la mappa stroboscopica S t0 = t0 +T,t0 , tale che:
S kt0 (x) = t0 +kT,t0 (x)
t 0 R,
k Z.
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114
D INAMICA IPERBOLICA
segue che i punti fissi di S t0 coincidono con gli zeri della funzione:
Z t0 +T
. AT
s,t0 (x)) + g (s, s,t0 (x)) .
G(x, , t 0 ) = e 1I x +
d s e A(t0 +T s) v(
t0
t 0 ) = 0 iperbolico e 7 D x S t0 (x(,
t 0 ))
fisso x(, t 0 ) iperbolico, essendo x(0,
una funzione continua.
.
t 0 )) : t [t 0 , t 0 + T ]} lorbita della soluzione perioSia ora t0 () = {t ,t0 (x(,
t 0 ). Poich 0 (0) = {0} e t ,t0 (x) condica corrispondente al punto fisso x(,
tinua rispetto a , restringendo eventualmente lintorno I , lorbita 0 () giace
nellintorno U di x = 0. Osserviamo ora che, per ogni t 0 [0, T ],
S t0 t0 ,0 = t0 ,0 S 0
(5.22)
.
(infatti t0 +T,t0 t0 ,0 = t0 +T,0 = t0 +T,T T,0 = t0 ,0 T,0 ). Ma allora x 0 =
0)) un punto fisso di S t0 che contenuto in U . Dunque x 0 = x(,
t0 )
t0 ,0 (x(,
0)) e t ,t0 (x(,
t 0 ))
necessariamente. Dunque le soluzioni T -periodiche t ,0 (x(,
coincidono, cosicch t0 () = 0 () per ogni t 0 [0, T ].
In definitiva abbiamo provato che lorbita corrispondente alla famiglia di so t 0 ), t 0 [0, T ], unica, in particolare identiluzioni periodiche di dati iniziali x(,
0), punto fisso della mappa stroboscopica S 0 = T,0 .
ficabile dal dato iniziale x(,
0) e
Nel seguito utilizzeremo la notazione abbreviata = S 0 , x()
= x(,
t 0 ) : t 0 [0, T ]},
() = 0 () = {x(,
omettendo la menzione del tempo iniziale.
O SSERVAZIONE 5.1. Se g (t , 0) 6= 0 le soluzioni periodiche sono sicuramente
distinte dal punto fisso x = 0. Nel caso opposto in cui g (t , 0) = 0 per ogni t R
t 0 ) identicamente nulla. Come esempio di questultimo cala funzione x(,
so si consideri il pendolo matematico con punto di sospensione variabile (cfr.
Esercizio 2.2).
Indichiamo ora con W (, t 0 ) le variet stabile ed instabile del punto fisso
t 0 ) di S t0 . Dalla (5.22) segue facilmente che W (, t 0 ) = t0 + j T,0 (W (, 0))
x(,
per ogni t 0 [0, T ], j Z. Definiamo allora variet stabile ed instabile dellorbita
iperbolica () gli insiemi invarianti (nello spazio delle fasi ampliato):
[ [
. [
W (, ) = {t } t ,0 (W (, 0)) =
{t 0 + j T } W (, t 0 ).
(5.23)
t R
j Z t 0 [0,T ]
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115
0
=0
x ()
x ()
=0
q = q q 3 + f (t , q, q),
q = sin q + f (t , q, q),
(5.24)
= f (t + T, q, q)
per qualche periodo T > 0. Indichiamo con x =
dove f (t , q, q)
(q, v) le coordinate nello spazio delle fasi R2 e sia t ,t0 (x) la mappa soluzione.
Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro la
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116
D INAMICA IPERBOLICA
E
2
1
3
W +(0)
2
3
E+
0
W (0)
curve W + (x())\{
x()}
e W (x())\{
x()}
possono o meno intersecarsi (vedi Figura 5.4). Mostreremo pi avanti, mediante il metodo di Melnikov, che nel caso
k+
(5.25)
La dinamica in prossimit dellorbita () = {k () : k Z} di un punto omoclino trasverso possiede delle propriet notevoli, per analizzare le quali conviene
introdurre dapprima la nozione generale di insieme iperbolico di un diffeomorfismo.
D EFINIZIONE 5.7. Sia un diffeomorfismo di Rn . Il sottoinsieme di Rn
detto iperbolico se soddisfa le seguenti propriet:
i) compatto;
ii) invariante rispetto a , i.e. () = ;
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117
per cui:
D(x)E x = E (x)
|Dk (x)| K k ||
x ,
E x
x k N,
(5.26)
D(p j )E pj = D(p j )D j (p 0 )E = D j +1 (p 0 )E = E pj +1 = E (p
j)
(ove p N = N (p 0 ) = p 0 ). Rimane da dimostrare la stima (5.26). Se k N scriviamo k = i + N h con h la parte intera di k/N ed i = k N h {0, . . . , N 1}. Essendo
DN h (p 0 ) = [D(p 0 )]h ,
Dk (p j ) = D j +k (p 0 )D j (p j ) = D j +i (p 0 )[D(p 0 )]h D j (p j ).
Allora, posto
C = max max kDs (p)k
|s|2N p(p 0 )
ed applicando le stime (5.20) alla matrice D(p 0 ), si ha, per ogni E p+j ,
h
|Dk (p j )| C 2C +
||,
1/N
da cui la stima (5.26) con K = C C 2 /+ e = +
. Analogamente si ragiona per i
vettori E p j .
P ROPOSIZIONE 5.8. Sia un punto omoclino trasverso per il punto fisso iperbolico x = 0. Allora la chiusura dellorbita per ,
.
= () {0},
() = {k () : k Z},
un insieme iperbolico di .
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118
D INAMICA IPERBOLICA
x .
(y + , y )
1 0
(0, 0) =
,
0 1
(x + , x )
diminuendo eventualmente il valore di 0 , questa trasformazione definisce delle nuove coordinate y = (y + , y ) nellaperto Q 0 , rispetto alle quali (vedi Figura
5.6):
W (Q 0 ) = {y Q 0 : y = 0}.
Indichiamo ancora con il diffeomorfismo come funzione delle nuove coordinate. Quindi:
a y + + F (y + , y )
(y) = (y + , y ) =
,
b y +G(y + , y )
con |a| < 1, |b| > 1 e le funzioni F,G tali che F (0, 0) = 0, G(0, 0) = 0, DF (0, 0) = 0,
DG(0, 0) = 0. Inoltre, essendo W + (Q 0 ) positivamente invariante, G(y + , 0) 0
in Q 0 . Analogamente, essendo W (Q 0 ) negativamente invariante e (0, 0) = 0,
restringendo eventualmente Q 0 in modo tale che 1 (W (Q 0 )) {y : y + = 0}, si
ha anche F (0, y ) 0 in Q 0 . La matrice jacobiana di quindi:
a + D y + F (y + , y )
D y F (y + , y )
.
.
D(y) =
D y =
D y + G(y + , y )
b + D y G(y + , y )
y
In particolare, posto N0 = N 0 , poich k W + (Q 0 ) W (0) per k N0 , si ha:
a + D y + F (k )
D y F (k )
D(k ) =
k N0 .
(5.27)
0
b + D y G(k )
Analogamente, poich k W (Q 0 ) W + (0) per k N0 ,
a + D y + F (k )
0
D(k ) =
k N0 .
D y + G(k )
b + D y G(k )
(5.28)
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119
1
W +(0)
2
3
N0
E+
W (0)
[0, 0 ].
(5.29)
non dipende dalla particolare scelta di N0 e rappresenta il modulo della pendenza della direzione E k . Quindi dobbiamo dimostrare che
lim k = 0.
(5.30)
k+
|a| + ( ) 1,
|b| ( ) > 1.
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120
D INAMICA IPERBOLICA
.
Allora, utilizzando la (5.27), per ogni k > N = N ,
k
N
(|b| (
))kN
N
(|b| (
N
))kN
(|b| (
))kN
+ ( )
+ ( )
+
kN
X
j =1
(|b| ( )) j
1
1 (|b| ( ))1
( )(|b| ( ))
.
|b| ( ) 1
N
(|b| (
))kN
k N ,
Fissando ora k tale che N (|b| ( ))N k < /2 otteniamo che k < per
ogni k k , il che dimostra il limite (5.30) per larbitrariet nella scelta di .
Dimostriamo infine la stima (5.26), restringendoci al caso di E x+ , essendo
laltro del tutto simile. Fissiamo un numero (|a|, 1) e scegliamo 1 (0, 0 ]
.
tale che |a| + ( 1 ) (|a| + )/2 e, posto N1 = N 1 ,
| | 2 (|a| + )2 /4 22 ( 1 )
|+ |
2(|b| + ( 1 ))2
E +k : 6= 0,
k N1 ,
k > N1 .
(a + D y + F (k1 ))+
k1
|k | =
+
(|a| + ( 1 ))2 |+
|2 + 22 ( 1 )|+
|2 + 2(|b| + ( 1 ))2 |
|2
k1
k1
k1
s
(|a| + )2
(|a| + )2
+
2
2
2
2
+ 2 ( 1 ) |k1 | +
2 ( 1 ) |+
|2
k1
4
4
|k1 |,
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121
(x j )
(x j1)
(x j+1)
x j+1
xj
x j+2
k < N1 .
Daltra parte,
|N1 | kDN1 k (k )k |k |
k = N1 , . . . , N1 .
2N1
k
1
| j +k | C | j |,
C=
max kD( j )k
,
j =N1 ,...,N1
i Z.
p i +1 = (p i )
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122
D INAMICA IPERBOLICA
Se inoltre:
lim |q i +1 (q i )| = 0
i +
risp. lim |q i +1 (q i )| = 0
(5.31)
risp. lim |p i q i | = 0 .
(5.32)
allora:
lim |p i q i | = 0
i +
i Z,
x i = D(q i 1 )x i 1 + f i (x i 1 ),
(5.33)
essendo:
.
f i (x i 1 ) = (q i 1 + x i 1 ) D(q i 1 )x i 1 (q i 1 ) + (q i 1 ) q i .
Notiamo che:
f i (0) = (q i 1 ) q i ,
D f i (x i 1 ) = D(q i 1 + x i 1 ) D(q i 1 ).
i ) | f i (0)| < i Z,
i i ) sup kD f j (x j 1 )k 0 se sup |x j | 0.
j Z
(5.34)
j Z
.
|y| = sup |y i |.
i Z
Cerchiamo la soluzione dellEq. (5.33) in tale spazio (infatti se p = q + x ombreggia la sequenza limitata q allora x E ). Riscriviamo lEq. (5.33) nella
forma:
(1I L)x = F (x),
(5.35)
dove:
.
(Lx)i = D(q i 1 )x i 1 ,
.
F (x)i = f i (x i 1 ).
In particolare, L un operatore lineare e continuo su E , F una funzione derivabile con continuit, essendo (DF (x)y)i = D f i (x i 1 )y i , e lEq. (5.34) diventa:
i ) |F (0)| < ,
(5.36)
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123
(5.37)
{e ()
} {e j } verifichi la condizione:
j
0 ,
||<
L = A + :
AE = E ,
lim kk = 0,
0
n
le basi {e j
(q i )
}, {e j
((q
))
1
1
N
(q i 1 )k | = 0
lim sup | kA 1
i N A i N +1 A i k kD
0 i Z
Qi
j =i +N
A j k = kDN (q i 1 )k, k
Qi
j =i N
A 1
k=
j
1
sup kA i +N A i +N 1 A i k kDN (q i 1 )k < ,
4
i Z
1
1
1
N
sup kA 1
(q i 1 )k < ,
i N A i N +1 A i k kD
4
i Z
cosicch:
|y + |
|y |
,
|A N y |
(0, 0 ).
(5.38)
2
2
Ne segue che loperatore 1I A invertibile per (0, 0 ). In effetti lequazione
(1I A)x = g si decompone nella coppia di equazioni:
(1I A)x + = g + ,
(5.39)
(1I A)x = g .
|A N y + |
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124
D INAMICA IPERBOLICA
(5.40)
k=1
k=0
Le stime (5.38) implicano la convergenza assoluta delle serie in (5.40), ed immediato verificare che i vettori x cos definiti sono soluzione del sistema (5.39).
La convergenza inoltre uniforme poich, posto
C = N sup{kDr ()k : , |r | N },
si ha:
+
X
|A k g + | =
+
1
X NX
|A r (A N ) j g + | C
+
X 1 j
|g + | 2C |g + |,
2
j =0 r =0
j =0
k=0
+
+
N
1
+
X k
X X r N j
X 1 j
|g | 2C |g |.
|A g | =
|A (A ) g | C
2
j =0 r =0
j =0
k=0
Quindi loperatore 1I A invertibile su E ed inoltre:
k(1I A)1 k 4C .
Consideriamo ora lequazione (5.37), che riscriviamo nella forma seguente:
.
(1I B )x = (1I A)1 g ,
B = (1I A)1 .
Fissiamo 1 (0, 0 ) tale che:
1
(0, 1 ).
2
Allora loperatore 1I B invertibile, essendo:
+
+
X k
X 1 k
1
1
(1I B ) =
k(1I B ) k
= 2,
B ,
k=0
k=0 2
kB k 4C kk <
per cui lequazione (5.37) ammette lunica soluzione x = (1I B )1 (1I A)1 g . In
altri termini, per ogni (0, 1 ), loperatore 1I L invertibile ed inoltre:
k(1I L)1 k 8C .
(5.41)
2) Soluzione del problema non lineare. Per (0, 1 ) lequazione non lineare
(5.35) pu ora essere riscritta come equazione di punto fisso della mappa:
T :E E
Sia B = {x E : |x| }. Mostriamo che esiste 0 > 0 tale che, ad ogni (0, 0 )
corrisponde una scelta di = () per la quale:
1
T (B ) B ,
|T (x) T (y)| < |x y| x, y B ,
(5.42)
2
da cui, per il principio delle contrazioni, esiste ununica sequenza x B tale
che x = T (x ), e quindi p = q + x lunica -ombra-orbita della -pseudoorbita q.
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125
Sia
|F (x) F (y)|
.
J () = sup
.
|x y|
x,yB
x6= y
lim J () = 0.
xB
(5.43)
Le stime (5.42) seguono ora dalle (5.43) scegliendo 0 > 0 tale che:
J () <
e fissando
1
16C
(0, 0 )
.
= () = min 1 ;
16C
n
o
n
o
.
.
E = y E : lim y i = 0
risp. E = y E : lim y i = 0 .
i +
C OROLLARIO 5.12. Sia un punto omoclino trasverso del punto fisso iperbolico x = 0 del diffeomorfismo . Sia quindi = () {0}. Per ogni intorno V di
ed U di esistono infiniti punti periodici di in V le cui orbite sono contenute
in U .
D IMOSTRAZIONE . Sia 0 come nel Teorema 5.11 e (0, 0 ) tale che:
[
B () V,
B (k ) U ,
(5.44)
kZ
k Z : |k| N .
(5.45)
q j +N h = j
N 1
N
j,h Z : j =
,...,
,
2
2
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126
D INAMICA IPERBOLICA
j = N , . . . , N , h = 0, 1,
q j +(2N +1)h = j
q = {q i }i Z :
qi = 0
i : i < N oppure i > 3N + 1,
una -pseudo-orbita. Esiste quindi una -ombra-orbita p di q e, per la condizione (5.44) sul parametro , si ha p 0 V e (p 0 ) U . Inoltre, valendo banalmente i limiti in (5.32),
lim p i = lim q i = 0,
|i |+
|i |+
(5.46)
Indichiamo con Q linsieme delle soluzioni che possiedono infiniti zeri. A ciascuna soluzione q() Q corrisponde ununica sequenza infinita di tempi,
{t k }kZ
lim t k = ,
t k < t k+1
k Z,
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127
per cui:
q(t k ) = 0 (mod 2) ,
q(t ) 6= 0 (mod 2)
t {t k }kZ .
k) > 0
+1 se q(t
: Q {1; 1}Z : k (q()) =
k) < 0
1 se q(t
T EOREMA 5.14. Se > 0 piccolo a sufficienza si verifica quanto segue. Per
ogni sequenza {1; 1}Z esiste una soluzione t 7 q(t ) dellEq. (5.46) tale che:
k (q()) = k
k Z.
Inoltre la curva di fase di tale soluzione rimane vicina alla separatrice per tutti i
tempi.
D IMOSTRAZIONE . Indichiamo con x = (q, v) le coordinate nello spazio delle
fasi R2 e sia t ,t0 (x) la mappa soluzione. Sia la mappa stroboscopica:
. 2
.
T=
Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro
x()
possiede un punto omoclino trasverso () prossimo, con tutta la sua orbita (()), alla separatrice. Possiamo ora costruire infinite -pseudo-orbite in
= (()){x()},
e quindi -ombra-orbite vicino , in modo da poter sceglie
re, ogni volta che arriviamo in prossimit del punto fisso x(),
se andare avanti o
tornare indietro. Queste -ombra-orbite sono contenute in un intorno tubolare
della separatrice, di larghezza infinitesima per 0. Daltra parte, su ciascun
intervallo [kT, (k + 1)T ], la dinamica a tempo continuo con piccolo rimane
vicina a quella (sul corrispondente livello di energia) con = 0. Dunque la soluzione rimane vicina alla separatrice non solo ai tempi kT , ove kT,0 = k , bens
per ogni tempo t R.
: x(0) x(T ),
x R2 ,
g (t , x) = g (t + T, x),
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128
D INAMICA IPERBOLICA
x2
=0
t
T
0
W +(0) = W (0)
x2
t0
x1
x (, t 0 )
=0
T
W + (,)
x (,0)
W (,)
x1
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129
. +
d J v(()), g ( + t 0 , ()) ,
M (t 0 ) =
0 1
essendo J =
. Se esiste uno zero semplice dellintegrale di Melnikov, al1 0
lora per ogni sufficientemente piccolo esiste unintersezione trasversa (, t 0 )
W + (, t 0 ) W (, t 0 ) per ogni t 0 [0, T ].
q(t )
4 arctan e t
(t ) =
=
,
)
q(t
2/ cosh t
da cui:
Z
M (t 0 ) =
2 sin[( + t 0 )]
= 2 sin(t 0 )
cosh
2 cos()
.
cosh
+
ad intersecare . Sia ora +
(t , t 0 ) [risp. (t , t 0 )] la soluzione tale che (t 0 , t 0 )
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130
D INAMICA IPERBOLICA
W (, t0)
(0)
x (,t0)
+
(t0 , t0)
(t , t )
0 0
J v((0))
0
0
W + (, t0)
v((0))
+
2
+
(t , t 0 ) = (t t 0 ) + q (t , t 0 ) + O ( ),
t [t 0 , +),
(t , t 0 ) = (t t 0 ) + q (t , t 0 ) + O ( ),
t (, t 0 ],
(5.47)
+
J
v((0)),
(t
,
t
)
(t
,
t
)
0
0
0
0
.
,
d (t 0 ) =
|v((0))|
essendo
1
J v((0))
1
0 1 v 1 ((0))
v 2 ((0))
=
=
|v((0))| |v((0))| 1 0 v 2 ((0))
|v((0))| v 1 ((0))
(t , t 0 ) = J v((t t 0 )), q (t , t 0 ) ,
si ha:
(t 0 , t 0 ) + (t 0 , t 0 )
+ O (2 ).
|v((0))|
Daltra parte, dallEq. (5.47) ed essendo = v(),
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131
+
(t , t 0 ) =
d s J v((s t 0 )), g (s, (s t 0 )) ,
t
Z t
(t , t 0 ) =
d s J v((s t 0 )), g (s, (s t 0 )) .
Quindi (t 0 , t 0 ) (t 0 , t 0 ) = M (t 0 ) e
d (t 0 ) =
M (t 0 )
+ O (2 ).
|v((0))|
+
(, ) = (, ), ovvero esiste un punto omoclino W (, ) W (, ).
Unanalisi pi accurata mostra inoltre che M 0 (t 0 )/|v((0))| fornisce (a meno di
errori O (2 )) la differenza tra le pendenze delle direzioni tangenti a W (, ) e
W + (, ) nel punto omoclino . Quindi se M 0 (0 ) 6= 0 lintersezione trasversa.
Infine, come gi osservato, = {t ,t0 () : t R} unorbita omoclina asintotica
nel futuro e nel passato a (). In particolare esiste un punto omoclino trasverso
(, t 0 ) W + (, t 0 ) W (, t 0 ) per ogni t 0 [0, T ].
5.8. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi geometrici della teoria delle equazioni differenziali
ordinarie. Roma: Editori Riuniti, 1989.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector fields. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dynamical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.
5) S. Wiggins. Introduction to applied nonlinear dynamical systems and
chaos. (Texts in applied mathematics 2) New York : Springer Verlag,
2003.
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CAPITOLO 6
x D,
(6.1)
.
Br (z) = {x Rn : |x z| r },
B r (z) = {x Rn : |x z| = r }.
D EFINIZIONE 6.1. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellequazione differenziale (6.1). Allora essa detta stabile se per ogni > 0 tale che B (x 0 ) D esiste
(0, ] tale che t (x) B (x 0 ) per ogni t 0 ed x B (x 0 ).
O SSERVAZIONE 6.1. Nella definizione di stabilit abbiamo apparentemente
assunto che tutte le soluzioni di dato iniziale x B (x 0 ) esistono globalmente nel futuro. In realt ogni soluzione pu avere lintervallo massimale di esistenza limitato nel futuro solo se essa esce da ogni compatto K D in un tempo finito. Dunque richiedere che t (x) B (x 0 ) per ogni t J x R+ implica
automaticamente che J x R+ = R+ .
O SSERVAZIONE 6.2. La propriet di stabilit dellequilibrio x 0 equivale alla
propriet di continuit uniforme nel tempo della soluzione rispetto al dato iniziale nel punto x 0 . Pi precisamente equivale a richiedere che esista un intorno
U di x 0 contenuto in D tale che t (x) esiste globale nel futuro per ogni x U ed
inoltre:
lim sup |t (x) x 0 | = 0.
xx 0 t 0
133
134
B (x 0)
B (x 0)
x0
x0
B (x 0)
B (x 0)
Equilibrio stabile
t +
x B (x 0 ).
t +
x B (x 0 ).
.
B(x 0 ) = x D : J x R+ = R+ , lim t (x) = x 0 .
(6.3)
t +
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135
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136
x0
x0
Pozzo
Sorgente
yx t t
0
La soluzione t ,t0 (x) detta asintoticamente stabile se stabile ed inoltre lintorno U pu essere scelto in modo tale che
lim |t ,t0 (y) t ,t0 (x)| = 0
t +
y U.
t 0 x U.
(6.4)
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137
x, v(x) Ax
x0
|x|2
= 0.
x U
t [0, ).
In particolare | (x)| |x| < per tutti i tempi t [0, ), il che implica = +.
Infatti, se fosse < +, la funzione t 7 |t (x)| avrebbe una discontinuit in
t = . In conclusione U positivamente invariante e sussiste la stima (6.4).
Si osservi che per lequivalenza delle norme la disuguaglianza (6.4) implica
lesistenza di una costante K > 0 tale che:
|t (x) x 0 | K e t |x x 0 |
t 0 x U.
= 2 sin ,
> 0.
(6.5)
0
1
A=
,
2
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138
p
i cui autovalori sono = [ 2 42 ]/2. Essendo < 0 concludiamo
che (0, 0) una posizione di equilibrio asintoticamente stabile.
q = U 0 (q) q.
O SSERVAZIONE 6.6. Il Teorema 6.3 fornisce un criterio sufficiente di stabilit
asintotica. Mostriamo con un semplice esempio che tale criterio non necessario. Consideriamo il campo vettoriale in R2 ,
x1
x 2 a(x 12 + x 22 )x 1
, a > 0.
,
x=
v(x) =
x2
x 1 a(x 12 + x 22 )x 2
Chiaramente x =0 una
posizione di equilibrio del sistema. La matrice jaco0 1
biana D v(0) =
, cosicch le curve di fase dellequazione linearizzata
1 0
x = D v(0)x sono (oltre lorigine) circonferenze di centro lorigine corrispondenti a moti circolari uniformi di velocit angolare = 1. Dunque lorigine un
centro per tale dinamica (un equilibrio stabile non asintoticamente) e le ipotesi
del Teorema 6.3 non sono verificate. daltra parte facile mostrare che x = 0
una posizione di equilibrio asintoticamente stabile per la dinamica non lineare.
Infatti, se x(t ) = (x 1 (t ), x 2 (t )) una soluzione non nulla del sistema, allora:
d
|x(t )|2 = 2[x 1 (t )x1 (t ) + x 2 (t )x2 (t )] = 2a[x 1 (t )2 + x 2 (t )2 ]2 = 2a|x(t )|4 ,
dt
da cui, integrando per separazione delle variabili,
|x(t )|2 =
|x(0)|2
.
1 + 2a|x(0)|2 t
(6.6)
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139
E2
B (0)
C (b)
C (a)
E1
(b)
C = C (a)
U C
y E1.
z E2.
v 1 (y, z)
A1 y
f 1 (y, z)
v(x) =
= Ax + f (x),
Ax =
,
f (x) =
,
v 2 (y, z)
A2 z
f 2 (y, z)
con f (x) infinitesimo di ordine superiore al primo. In particolare, per ogni > 0
possiamo determinare > 0 tale che:
| f (x)| |x|
x B (0) D.
.
.
Fissiamo > 0 tale che = 4 > 0. Consideriamo il cono C = {x : |y|1 > |z|2 }
.
e poniamo C = C B (0) (vedi Figura 6.4). Mostreremo che C espulsivo, ovvero che per ogni x C la soluzione t (x) si muove dentro C fino ad attraversare
la frontiera B (0) in un tempo finito. Dunque in particolare x = 0 instabile.
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140
Si consideri la funzione:
1 2
|y|1 |z|22 .
2
La derivata di W lungo una soluzione x(t ) che giace in C pu essere stimata
come segue (omettiamo la dipendenza esplicita dal tempo):
W (x) =
d
1 z, z
2
W (x) = y, y
dt
= y, A 1 y1 z, A 2 z2 + y, f 1 (y, z)1 z, f 2 (y, z)2
|y|21 |z|22 2|x| | f (x)| |y|21 |z|22 2|x|2
t [0, ).
= 2 sin ,
0.
= (, 0) data dalla
La linearizzazione attorno alla posizione di equilibrio (, )
matrice
0
1
A= 2
,
p
i cui autovalori sono = [ 2 + 42 ]/2. Essendo + > 0 (anche se = 0)
concludiamo che (, 0) una posizione di equilibrio instabile.
6.3. Il metodo diretto di Liapunov
La dimostrazione del Teorema 6.3 si basa sullesistenza di una norma che
decresce lungo le soluzioni vicine alla posizione di equilibrio. Lidea di A. M.
Liapunov di utilizzare altre funzioni per controllare le propriet di stabilit.
Sia v C 1 (D; Rn ) il campo vettoriale che appare nellEq. (6.1) e W : U R
la
una funzione differenziabile definita su un aperto U D. Indichiamo con W
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141
B (x 0)
B (x 0)
x0
Dal segno di W si pu cos determinare se la funzione W cresce, decresce o rimane costante lungo le soluzioni. Il punto fondamentale che per determinare
non necessario conoscere le soluzioni (da cui il termine metodo diretto).
W
T EOREMA 6.5. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellEq. (6.1). Supponiamo che esista una funzione continua W : U R definita su un intorno U D
di x 0 , che sia differenziabile in U \ {x 0 } e tale che:
1) W (x 0 ) = 0 e W (x) > 0 per x 6= x 0 ,
(x) 0 in U \ {x 0 }.
2) W
Allora x 0 stabile. Se inoltre:
(x) < 0 in U \ {x 0 },
3) W
allora x 0 asintoticamente stabile.
D IMOSTRAZIONE . Fissiamo > 0 tale che B (x 0 ) U e poniamo
.
= min{W (x) : x B (x 0 )}.
.
Per lipotesi 1) su W > 0. Per la continuit di W linsieme V = {x B (x 0 ) :
W (x) < } un insieme aperto di Rn , ed inoltre esso contiene x 0 poich W (x 0 ) =
0. Dunque esiste > 0 tale che B (x 0 ) V . Per ogni x B (x 0 ), x 6= x 0 , poniamo
.
= sup{t > 0 : s (x) B (x 0 ) s [0, t ]}.
Dimostriamo che = +. Ragioniamo per assurdo ed assumiamo < +.
Essendo B (x 0 ) D, la soluzione t (x) prolungabile oltre e per continuit
(x) B (x 0 ), da cui W ( (x)) . Daltra parte, per lipotesi 2), W (t (x))
decrescente per t [0, ). Quindi W (t (x)) W (x) < per ogni t [0, ). Si
giunge cos ad una contraddizione poich la funzione t 7 W (t (x)) avrebbe
una discontinuit in t = . Quindi ogni soluzione che origina da punti in B (x 0 )
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142
t +
x B (x 0 )
Essendo z B (x 0 ) U , esiste un tempo t > 0 tale che s (z) definito e contenuto in U \ {x 0 } per ogni s [0, t ]. Daltra parte, per continuit,
lim W (t +tk (x)) = lim W (t (tk (x))) = W (t (z)).
k+
k+
Una funzione W che soddisfa le condizioni del Teorema 6.5 detta funzione
di Liapunov per il punto singolare x 0 . In particolare detta funzione di Liapunov
in senso stretto se anche la condizione 3) del teorema soddisfatta.
C OROLLARIO 6.6 (Teorema di Lagrange-Dirichlet). Consideriamo un sistema
meccanico descritto dalla lagrangiana:
=
L(q, q)
1
A(q)q
+ b(q), q
U (q)
q,
2
(6.7)
q = v
(q, v) Rd ,
v = F (q, v)
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143
essendo:
F (q, v) = A
U
A
1
A
(q)
(q) + v,
(q) v v,
(q)v + B (q)v ,
q
q
2
q
b j
b i
(q)
(q).
q j
q i
(6.8)
x 0 (0).
0=
F (x())
= F (x),
=0
d
ortogonale ad ogni vettore x 0 (0) tangente ad F 1 (c) in x.
Quindi F (x)
Chiaramente x 0 una posizione di equilibrio dallequazione (6.8) se e solo
se F (x 0 ) = 0, ovvero se x 0 un punto critico della funzione F . Osserviamo
infine che:
= |F (x)|2 ,
F (x) = F (x), x
cosicch F (x) 0 per ogni x D ed F (x) = 0 se e solo se x una posizione di
.
equilibrio. Ne segue che se x 0 un minimo isolato di F allora W (x) = F (x)
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144
x = 3y(z 1)
y = x(z 1)
z = (x 2 + 1)z 3
Dimostrare che la posizione di equilibrio (0, 0, 0) stabile determinando una funzione di Liapunov. tale equilibrio asintoticamente stabile? [Suggerimento: Cercare la funzione di Liapunov nella forma W (x, y, z) = ax 2 + b y 2 + c z 2 per opportuni valori di a, b, c > 0.]
6.4. Insiemi limite e bacini di attrazione
Sia x 0 una posizione di equilibrio asintoticamente stabile dellEq. (6.1).
Tutte le soluzioni che originano da punti appartenenti al suo bacino di attrazione, vedi definizione (6.3), sono di fatto identificabili, asintoticamente nel tempo,
con la stessa soluzione stazionaria. quindi importante poter valutare il bacino di attrazione di una posizione di riposo. In questa direzione va il teorema
di stabilit di Barbashin-Krasovskii, che dimostreremo in questa sezione. Prima di discuterlo premettiamo alcune definizioni e propriet supplementari sui
sistemi autonomi di cui avremo bisogno in seguito.
Sia x D ed indichiamo al solito con t (x), t J x , la soluzione massimale
del problema di Cauchy di dati iniziali 0 (x) = x. Definiamo:
.
+ (x) = {t (x) : t 0} semiorbita positiva per x
se R+ J x ,
. t
(x) = { (x) : t 0} semiorbita negativa per x se R J x ,
.
(x) = {t (x) : t R}
orbita per x
se R = J x .
Osserviamo che + (x) [risp. (x)] positivamente [risp. negativamente] invariante. In particolare:
t ( (x)) = (t (x)) (x)
t 0.
.
L (x) = y D : {t k }, t k +, tale che lim tk (x) = y .
k+
.
L (x) = y D : {t k }, t k , tale che lim tk (x) = y .
k+
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145
L EMMA 6.8. Gli insiemi L (x) ed L (x) sono chiusi in D ed invarianti. Inoltre,
se la chiusura della semiorbita + (x) [risp. (x)] un insieme compatto contenuto in D, allora L (x) [risp. L (x)] un insieme non vuoto, compatto e connesso,
tale che:
lim y k = y D.
k+
k+
y i = lim tk (x) B i ,
k+
i = 1, 2.
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146
Infine, supponiamo per assurdo che il limite (6.9) sia falso. Allora esistono > 0 ed una successione di tempi divergente {t k ; k N} per i quali si ha
dist tk (x), L (x) > per ogni k N. Per compattezza possiamo estrarre una
sottosuccessione convergente. Detto y il limite di tale sottosuccessione, per la
t +
x P .
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147
C OROLLARIO 6.10 (Problema lagrangiano con forze dissipative). Consideriamo un sistema meccanico descritto dal sistema differenziale del secondo ordine:
d L L
=
+Q(q, q),
d t q q
definita come in (6.7) e le forze addizionali Q
dove la lagrangiana L(q, q)
2
d
d
C ( R ; R ) sono delle dissipazioni complete, ovvero tali che:
Q(q, 0) = 0 q ,
v,Q(q, v) < 0 q v 6= 0.
(6.10)
q = v
(q, v) Rd ,
v = F (q, v) + A 1 (q)Q(q, v)
Posto W (q, v) = E (q, v) U (q 0 ) con E (q, v) lenergia meccanica totale del sistema, si ha in tal caso:
(q, v) = v,Q(q, v).
W
Dallipotesi (6.10) segue che W una funzione di Liapunov, cosicch (q 0 , 0)
una posizione di equilibrio stabile. Purtroppo W non una funzione di Liapu (q, 0) =
nov in senso stretto, ovvero non vale lipotesi 3) del Teorema 6.5. Infatti W
0 per ogni q . Per dimostrare la asintotica stabilit utilizziamo allora il teorema di Barbashin-Krasovskii. Fissato > 0 consideriamo il sottoinsieme dello
spazio delle fasi:
.
D = {(q, v) Rd : W (q, v) }.
Chiaramente D positivamente invariante poich W non cresce lungo le soluzioni. Indichiamo con P la componente connessa di D che contiene il punto
(q 0 , 0). Essendo q 0 un minimo isolato, se scelto sufficientemente piccolo
allora P un intorno chiuso e limitato di (q 0 , 0) tale che:
F (q, 0) = A 1 (q)
U
(q) 6= 0
q
(6.11)
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0<<2
P (0)
2
>2
P (0)
2
E SEMPIO 6.5. NellEsempio 6.2 abbiamo mostrato che la posizione di equilibrio (0, 0) del pendolo matematico piano con attrito, descritto dallEq. (6.5)
asintoticamente stabile. Possiamo ora utilizzare il Teorema 6.9 per valutare
parte del bacino di attrazione. Riscriviamo lEq. (6.5) nella forma:
= v,
v = 2 sin v.
Lenergia meccanica totale
E (, v) =
v2
+ 2 (1 cos )
2
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149
(6.12)
[t n , t n + ] [t k , t k + ] = ; k 6= n.
0
n(t
X) Z tk +
d s v 2 (s)
k=0 t k
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150
q = v,
q = U 0 (q) q
,
v = U 0 (q) v
dove U C 2 (R). Supponiamo che t 7 q(t ), t [0, T ], sia una fase di moto progressivo e poniamo q 0 = q(0), q 1 = q(T ). Esiste allora ununica funzione invertibile q 7 t (q), q [q 0 , q 1 ], tale che q(t (q)) = q, quindi t 0 (q) = 1/v(t (q)), per ogni
q [q 0 , q 1 ]. Posto
.
v(q) = v(t (q)),
. 1
E (q) = v 2 (q) +U (q),
2
q [q 0 , q 1 ],
si ha:
E 0 (q) =
1
d
E (q(t ), v(t ))
t 0 (q) = E (q, v(q))
= v(q),
t =t (q)
dt
v(q)
(6.13)
che fornisce unequazione del primo ordine (non autonoma) cui deve soddisfare
lenergia come funzione della posizione durante una fase di moto progressivo.
Analogamente si dimostra che, durante una fase di moto retrogrado,
p
E 0 (q) = 2[E (q) U (q)].
E SERCIZIO 6.2. Dimostrare che la soluzione dellequazione del pendolo con
attrito di dati iniziali (, ) appartiene al bacino di attrazione della posizione di
equilibrio (0, 0) per ogni sufficientemente piccolo. [Suggerimento: Utilizzando
lOsservazione 6.8, mostrare che per piccolo la soluzione entra in un tempo finito
nellinsieme P (0) costruito nellEsempio 6.5.]
E SERCIZIO 6.3. Dimostrare che per ogni intero positivo n e per ogni posizione
iniziale del pendolo con attrito esiste una velocit iniziale v 0 tale che la corrispondente soluzione tende alla posizione di equilibrio stabile compiendo esattamente n rotazioni complete prima di iniziare le oscillazioni smorzate attorno alla
suddetta posizione.
E SERCIZIO 6.4. Sia t
7 t (x), (t , x) R Rn , un flusso di fase. Dimostrare le
seguenti identit:
\
\
\[
t (+ (x)) =
+ (t (x)) =
L (x) =
s (x),
t 0
L (x) =
\
t 0
t 0 st
t 0
t ( (x)) =
\
t 0
(t (x)) =
\[
s (x).
t 0 st
.
E SERCIZIO 6.5. Sia F C 1 (Rn ; R) tale che F 1 (, c] = {x Rn : F (x) c}
compatto per ogni c R. Si assuma inoltre che F (x) 6= 0 a meno di un insieme
finito di punti z 1 , . . . , z k . Dimostrare che allora, qualunque sia il dato iniziale
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0 3 0
p
y,
z)
. (x,
A=
(0, 0, 0) = 1 0 0
=
(A) = {0, 3i },
(x, y, z)
0 0 0
non sono applicabili i criteri di stabilit riconosciuta dalla parte lineare. Consideriamo la funzione W (x, y, z) = ax 2 + b y 2 + c z 2 ; si ha:
(x, y, z) = 2ax x + 2b y y + 2c z z = 2(3a b)x y(z 1) 2c(x 2 + 1)z 4 .
W
(x, y, z) = 2c(x 2 + 1)z 4 . Quindi W (x, y, z) = a(x 2 + 3y 2 ) +
Se 3a = b allora W
2
cz con a, c > 0 una funzione di Liapunov: positiva tranne che in (0, 0, 0) e
(x, y, z) 0. Dunque (0, 0, 0) stabile. Tale equilibrio non pu essere asintoW
ticamente stabile. Infatti il piano cartesiano di equazione z = 0 un insieme
invariante per la dinamica e le equazioni del moto su tale piano si riducono al
sistema:
x = 3y
y = x
che sono le equazioni di un oscillatore armonico ( y +3y = 0). In particolare tutti
i moti su questo piano (eccetto la soluzione stazionaria (0, 0)) sono periodici.
Concludiamo osservando che i moti che non si svolgono sul piano z = 0 sono da
questo comunque attratti. In effetti:
d 2
z = 2(x 2 + 1)z 4 2z 4 ,
dt
per cui, integrando la disuguaglianza,
z 2 (t )
z 2 (0)
,
1 + 2t z 2 (0)
ovvero z 2 (t ) 0 per t +.
S OLUZIONE E S . 6.2. Consideriamo la fase di moto progressivo t 7 (t ), t
[0, t ) tale che:
((0), v(0)) = (, ),
.
t = sup{t 0 : E ((s), v(s)) 22 s [0, t ]}.
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2
+
2
q
d y 2[22 2 (1 cos y)],
d y 2(1 + cos y)
0
[, ).
2
Supponiamo per assurdo che > 0 per ogni > 0. Allora, nel limite 0
p
R0
giungiamo alla contraddizione d y 2(1 + cos y) 0. Quindi per sufficientemente piccolo esiste 1 < tale che E (1 ) < 22 , ovvero ((t 1 ), v(t 1 )) P (0)
con t 1 = t (1 ).
S OLUZIONE E S . 6.3. Sia 0 [, ) la posizione iniziale. Dobbiamo determinare v 0 > 0 in modo tale che la soluzione di dati iniziali (0 , v 0 ) entra nellinsieme invariante P (n) definito in (6.12). Dal risultato dellEsercizio 6.4 segue che
possiamo scegliere > 0 tale che la soluzione di dati iniziali ((2n 1), ), che indichiamo con t 7 ((t ), v(t )), entra nellinsieme P (n) in un tempo finito. Tale
soluzione prolungabile su tutto lasse reale dei tempi. Inoltre, essendo
inf E ((t ), v(t )) = E ((0), v(0)) =
t 0
2
+ 22 ,
2
kU k 22 ,
si ha:
inf v(t ) = inf
t 0
t 0
p
2[E ((t ), v(t )) U ((t ))] .
Ci implica in particolare che (t ) per t , cosicch esiste sicuramente un tempo t 0 < 0 tale che (t 0 ) = 0 . La velocit iniziale richiesta
allora v 0 = v(t 0 ). Infatti la soluzione t (0 , v 0 ) = ((t + t 0 ), v(t + t 0 )), di dati
iniziali (0 , v 0 ), compie esattamente n rotazioni complete prima di iniziare le
oscillazioni smorzate attorno alla posizione di equilibrio n = 2n = 0 (mod 2).
S OLUZIONE E S . 6.4. Consideriamo il caso dellinsieme -limite, laltro caso
analogo. Le seconde due uguaglianze sono ovvie poich, per la propriet di
gruppo del flusso di fase, t (+ (x)) = + (t (x)) = st s (x). Sia ora y L (x) e
t k % + tale che tk (x) y. Per ogni t > 0 la sottosuccessione {tk (x); t k t }
contenuta in t (+ (x)) e converge a y. Dunque y t (+ (x)) per ogni t 0.
Viceversa, sia y t (+ (x)) per ogni t 0. Comunque scelto un intero positivo
k > 0 possiamo allora determinare un tempo t k > k tale che |tk (x) y| < 1/k.
Dunque y L (x).
S OLUZIONE E S . 6.5. Essendo F non crescente lungo le soluzioni, linsieme
F 1 (, x] positivamente invariante, cosicch la soluzione t (x) rimane confinata in un compatto e dunque si prolunga globalmente nel futuro. Ragionando
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153
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CAPITOLO 7
> 0,
(7.1)
con a(t ) una funzione periodica del tempo. LEq. (7.1) descrive le piccole oscillazioni di sistemi meccanici i cui parametri variano periodicamente nel tempo,
quali ad esempio il moto di unaltalena. Se a(t ) = cos(t ) essa prende il nome
di equazione di Mathieu e rappresenta la linearizzazione intorno alla posizio = (0, 0) dellequazione del pendolo matematico piano con il
ne di riposo (, )
punto di sospensione oscillante (vedi Esercizio 2.2). Mostreremo come almeno
nel caso di coefficienti quasi costanti ( 1) possibile stabilire dei criteri di
stabilit.
7.1.1. Mappa stroboscopica. Consideriamo pi in generale il problema differenziale:
x = v(t , x),
x Rn ,
(7.2)
dove la funzione v C 1 (R Rn ; Rn ) dipende periodicamente dal tempo, ovvero
esiste T > 0 tale che v(t + T, x) = v(t , x) per ogni t R. Supporremo che tutte le
soluzioni sono definite sullintero asse dei tempi R. Indichiamo con t ,t0 (x) la
soluzione di dati iniziali t0 ,t0 (x) = x. Osserviamo che:
1) x 7 t ,t0 (x) un diffeomorfismo per ogni t , t 0 R;
2) t ,t0 = t ,s s,t0 per ogni t , s, t 0 R;
3) t +T,t0 +T = t ,t0 per ogni t , t 0 R.
Le propriet 1) e 2) sono conseguenza immediata del teorema di esistenza ed
unicit. La 3) segue dalla periodicit di v. Infatti, posto (t ) = t +T,t0 +T (x), si
ha:
) = v(t + T, (t )) = v(t , (t )),
(t
(t 0 ) = x,
da cui (t ) = t ,t0 (x).
Fissiamo da ora in poi t 0 = 0 (non limitativo, poich possiamo sempre ri , x) = v(t 0 +t , x)).
durci a questo caso considerando il nuovo campo vettoriale v(t
Definiamo mappa stroboscopica o applicazione di Poincar la funzione:
.
g C 1 (Rn ; Rn ) : g (x) = T,0 (x).
155
156
n Z s R.
(7.3)
g 1 (x) = g (x),
g 2 (x) = g (g (x)),
...,
g k (x) = g (g k1 (x)).
Si osservi che alcune orbite possono non essere definite globalmente nel futuro,
poich pu essere g (x) D per qualche x D. Se invece g un diffeomorfismo
allora ogni orbita definita globalmente su tutto Z, ponendo g k (x) = (g 1 )k (x).
D EFINIZIONE 7.1. Il punto fisso x 0 della mappa g C 1 (D; Rn ) detto stabile
se per ogni > 0 tale che B (x 0 ) D esiste (0, ] tale che g n (x) B (x 0 ) per ogni
n N ed x B (x 0 ). Esso detto asintoticamente stabile se stabile ed inoltre il
parametro pu essere scelto in modo tale che
lim g n (x) = x 0
n+
x B (x 0 ).
|t ,0 (x) t ,0 (x 0 )|
s[0,T ] nN
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157
0
1
y = 2 (t )y
0
1
x = A (t )x,
A (t ) =
.
2 [1 + a(t )] 0
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158
0
1
Per 1 la matrice A (t ) vicina alla matrice costante A 0 =
. Cer2 0
chiamo i valori dei parametri 2 e T per i quali la soluzione nulla di x = A 0 x
fortemente stabile. Per applicare il corollario precedente dobbiamo calcolare
B = P T,0 = e A 0 T . Osservando che A 20 = 2 1I e procedendo come nellEquazione
(2.20), si ha:
cos(T ) 1 sin(T )
A0 T
1
e
= cos(T )1I sin(T )A 0 =
.
sin(T )
cos(T )
Essendo |Tr B | = 2| cos(T )|, concludiamo che tutti i punti del semiasse 0, ad
eccezione dei punti = k/T , k = 0, 1, . . ., corrispondono a sistemi fortemente stabili. In particolare, per tali valori di , la soluzione nulla stabile anche
per il sistema (7.1) purch il parametro sia scelto sufficientemente piccolo. In
effetti si pu dimostrare che (generalmente) la regione di instabilit
nel piano
(, ) si avvicina allasse in corrispondenza dei punti (, ) = 2k/T, 0 . Questo fenomeno detto della risonanza parametrica. Ad esempio, nel caso dellequazione di Mathieu, dove a(t ) = cos(t ) e quindi T = 2/, si ha instabilit
nellintervallo:
2
2
<<
.
4+
4
Altrimenti detto, scelto > 0 comunque piccolo la soluzione nulla instabile se
|/2| < (8+2)1 . Esiste una regione di instabilit anche in corrispondenza
degli altri valori di risonanza parametrica, ovvero = , 3/2, . . ., ma meno
estesa.
7.2. Criteri di asintotica stabilit per sistemi dinamici discreti
Nel seguito avremo bisogno di stabilire la asintotica stabilit di punti fissi
di una mappa g C 1 (D; Rn ). Analogamente al caso dei flussi esiste un criterio sufficiente che si basa sullanalisi della linearizzazione di g intorno al punto
fisso.
Il criterio di asintotica stabilit nel caso in cui g = B L(Rn ) fornito dal Teorema 5.3 sulle contrazioni lineari. Il seguente corollario di quel teorema fornisce
un criterio sufficiente per il caso non lineare.
C OROLLARIO 7.5. Sia x 0 un punto fisso di g C 1 (D; Rn ). Supponiamo che
D g (x 0 ) sia una contrazione lineare. Allora esiste un intorno aperto U di x 0 , la cui
chiusura U contenuta in D, tale che:
i) U positivamente invariante, ovvero g k (U ) U per ogni k N.
ii) Esistono (0, 1) ed una norma | | in Rn tali che:
|g k (x) x 0 | k |x x 0 |
k N x U.
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159
.
.
se |x x 0 | . Quindi, posto U = {x Rn : |x x 0 | < } e = + 1 (0, 1) si ha
|g (x) x 0 | |x x 0 | per ogni x U .
7.3. Cicli e loro stabilit
Le curve di fase del flusso generato da un campo vettoriale v C 1 (D; Rn )
possono essere costituite da singoli punti, essere diffeomorfe ad una retta, oppure ad una circonferenza. In questultimo caso la curva di fase viene detta ciclo
ed lorbita di una soluzione periodica non banale.
Il ciclo detto stabile secondo Liapunov se per ogni intorno aperto U di
compattamente contenuto in D (quindi U U D) esiste un intorno V di
tale che t (V ) U per ogni t 0. Il ciclo detto asintoticamente stabile se
stabile ed inoltre lintorno V pu essere scelto in modo tale che:
lim dist(t (x), ) = 0
t +
x V.
(7.5)
Analogamente al caso delle posizioni di riposo, associamo ad ogni ciclo asintoticamente stabile il suo bacino di attrazione, definito dallinsieme aperto:
.
B() = x D : J x R+ = R+ , lim dist(t (x), ) = 0 .
t +
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160
x
0
g(x)
S0
S
Questa funzione anche detta mappa del primo ritorno: infatti (x) esattamente il primo tempo in cui la soluzione che origina da x S 0 torna sulla sezione S (vedi Figura 7.1). Chiaramente g (0) = 0, ovvero lorigine un punto fisso
del sistema dinamico discreto definito da g . Si osservi che in generale g non
definita su tutto S.
T EOREMA 7.6. Se D g (0) una contrazione lineare allora lorbita asintoticamente stabile.
D IMOSTRAZIONE . Sia U un intorno aperto di . Indichiamo con || una norma su Rn tale che la sua restrizione alliperpiano H (contenente la sezione locale
S) coincide con la norma | | adattata alla contrazione D g (0) L(H ). Per il Corollario 7.5 ed utilizzando la continuit del flusso rispetto ai dati iniziali esiste
.
> 0 tale che, posto B = {x H : |x| < }, le seguenti condizioni sono verificate:
1) t (x) U per ogni t [0, 2T ];
2) B S 0 e (x) 2T per ogni x B ;
3) esiste (0, 1) tale che |g (x)| |x| per ogni x B .
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161
V
S0
[ t
.
(B ).
V = {t (x) : x B , t 0} =
(7.6)
t 0
N
X
(g j 1 (x)).
j =1
N
t +
k+
x B .
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162
Allora, utilizzando la continuit del flusso rispetto ai dati iniziali, per ogni x B ,
t +
lim
t +
u
k+ u[0,2T ]
da cui segue il limite (7.5) con V definito come in (7.6), e dunque la asintotica
stabilit del ciclo.
O SSERVAZIONE 7.2. Sia un ciclo asintoticamente stabile ed x nel bacino di
attrazione di . Esiste quindi un tempo t 0 0 ed una funzione t 7 z t , t t 0
tale che:
lim |t (x) z t | = 0.
t +
t +
Diciamo in tal caso che x possiede periodo asintotico T . In altri termini, le traiettorie vicine ad un ciclo asintoticamente stabile si comportano, per tempi grandi,
come se avessero lo stesso periodo del ciclo.
O SSERVAZIONE 7.3. Nel caso in cui D g (0) una contrazione lineare si pu
dimostrare unulteriore propriet delle orbite attratte dal ciclo : esse vanno in
fase con il moto di un punto su , ovverossia:
x Rn : lim dist(t (x), ) = 0
t +
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163
S
x2
x0
A2
g(x 1 )
x1
A1
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164
I sistemi meccanici unidimensionali non presentano cicli limite. Pi in generale, se un sistema piano possiede un integrale primo che non costante su
nessun insieme aperto dello spazio delle fasi allora esso non pu esibire un ciclo limite. Infatti, supponiamo per assurdo che esista un ciclo limite e sia
H (x) lintegrale primo di cui sopra. Posto c = H (), si avrebbe, per continuit, H (t (x)) = c per tutti gli x tali che = L (x) oppure = L (x), giungendo
cos ad una contraddizione poich linsieme di tali x un aperto. Si osservi che
un analogo ragionamento permette di stabilire che tali sistemi non possiedono posizioni di equilibrio asintoticamente stabili. In relazione ai sistemi meccanici unidimensionali, lintegrale primo in questione ovviamente lenergia
meccanica.
Daltra parte la presenza di una dissipazione completa ha leffetto di rendere asintoticamente stabili le posizioni di equilibrio stabili isolate, aprendo
tutti i cicli intorno ad esse. In effetti non pu sopravvivere alcun ciclo: lenergia
meccanica diminuisce strettamente lungo le soluzioni non stazionarie, per cui
non possono esistere soluzioni periodiche non banali. Nella prossima sezione
mostreremo un esempio di sistema piano con un ciclo limite asintoticamente
stabile, lequazione di Van der Pol.
La disposizione delle curve di fase nel piano notevolmente pi semplice
che in spazi di dimensione maggiore. Questo conseguenza del fatto che una
curva separa localmente il piano ma non lo spazio. Il seguente teorema mostra come le orbite del piano siano attratte da oggetti geometrici relativamente
semplici.
T EOREMA 7.8 (Teorema di Poincar-Bendixson). Sia v C 1 (D; R2 ) un campo
vettoriale sul piano con punti singolari isolati. Supponiamo che la semiorbita
+ (x) sia limitata e la sua chiusura contenuta in D. Allora L (x) deve essere uno
dei seguenti tipi di insieme: 1) un punto singolare; 2) un ciclo; 3) lunione di punti
singolari e curve di fase ciascuna delle quali tende ad uno di questi punti singolari
per t (eventualmente lo stesso).
Si possono dedurre interessanti conseguenze da questo teorema. Ad esempio, un compatto K D positivamente invariante contiene necessariamente
almeno un punto singolare od un ciclo limite.
Lingrediente fondamentale nella dimostrazione del Teorema 7.8 si fonda
sulla nota propriet delle curve chiuse, immagini continue di una circonferenza,
di separare il piano in due regioni disgiunte, di cui una limitata e laltra illimitata (questo risultato, noto come Lemma di Jordan, lo abbiamo tacitamente gi
utilizzato nella dimostrazione della Proposizione 7.7, asserendo lesistenza delle regioni finite , A 1 ed A 2 ). Per tale motivo il teorema si estende a superfici
bidimensionali quali la sfera, dove questa propriet ancora valida, ma non a
superfici di genere pi alto, quali il toro T2 . Ad esempio, nel caso del flusso lineare su T2 con frequenze razionalmente indipendenti, abbiamo visto che tutte le curve di fase sono dense, cosicch linsieme limite positivo di ciascuna di
queste coincide con lintero spazio delle fasi.
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165
Le peculiarit del caso piano si esplicano in alcune propriet delle sezioni trasversali locali, che sono il contenuto della seguente proposizione e del
successivo corollario.
P ROPOSIZIONE 7.9. Sia v C 1 (D; R2 ) ed x D tale che sia definita la semiorbita + (x). Supponiamo che esista un punto regolare y L (x) (i.e. v(y) 6= 0) e sia
S una sezione trasversale locale di v in y. Allora:
1) per ogni N > 0 esiste un tempo t N > N tale che t N (x) S;
2) y lunica intersezione di L (x) con S.
D IMOSTRAZIONE . 1) Per il teorema della funzione inversa (vedi la dimostrazione del teorema della scatola di flusso), la mappa (, t ) 7 t (), (, t ) S R,
un diffeomorfismo locale intorno a (y, 0) (ovvero (, t ) sono coordinate locali). In
particolare esiste un intorno U di y tale che per ogni z U esiste un unico tempo (z) per cui |(z)| < 1 e (z) (z) S U . Daltra parte, essendo y L (x), per
ogni N > 0 esiste N > N + 1 per cui N (x) U . Il punto 1) quindi dimostrato
con t N = N + (z), z = N (x).
2) Osserviamo preliminarmente che il numero di intersezioni con S di ogni
arco chiuso e limitato dellorbita + (x) al pi finito. Infatti, se esistesse una
successione di tempi k < + tale che y(k ) interseca S per ogni k N,
si avrebbe:
allora, poich y = (x) S,
[coefficiente angolare di S] =
2k (x) y2
2k (x) y1
k N,
k (x) y2
v 2 ( y)
= lim 2k
,
k+ (x) y1
v 1 ( y)
2
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166
v(y)
v(y)
S
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167
d ir d vr
F ir , vr ,
,
= 0.
dt dt
Tra le caratteristiche pi semplici ricordiamo:
1) la resistenza R: (i R , v R ) tali che v R = Ri R ;
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168
L
RLC parallelo
RLC serie
d vC
dt
Le correnti che circolano nei rami di un circuito sono legate tra loro attraverso una legge di conservazione, nota come legge di Kirchoff: essa stabilisce che la
somma algebrica delle correnti dei rami che concorrono in un nodo nulla.
Consideriamo a titolo di esempio i circuiti RLC serie e parallelo descritti in
Figura 7.5.
Nel primo caso, essendo i R = i L = i C , tutte le grandezze si esprimono in funzione della corrente i = i R . Derivando rispetto al tempo lidentit v R +v L +vC = 0
otteniamo unequazione del secondo ordine per la corrente:
di
d 2i
i
+R
+ = 0.
2
dt
dt C
Quindi levoluzione
della corrente quella di un oscillatore lineare smorzato di
p
pulsazione 1/ LC e fattore di smorzamento R/L. Analogamente, nel caso del
circuito RLC parallelo, essendo ora v R = v L = vC ed i R + i L + i C = 0, troviamo
lequazione per v = v R :
d 2v 1 d v v
C 2+
+ = 0.
dt
R dt L
I due circuiti sopra considerati non possono presentare cicli limite, e pi in
particolare il fenomeno delle autoscillazione (quando, indipendentemente dalle condizioni iniziali, il sistema rilassa sempre su un moto periodico fissato).
Anche lassenza della resistenza R (che responsabile dello smorzamento) ovvero nel caso dei semplici circuiti LC serie o parallelo si ottiene al pi un oscillatore armonico, dove tutto lo spazio delle fasi coperto da orbite periodiche.
Per ottenere un dispositivo autoscillante necessario inserire nel circuito RLC
un elemento non lineare. Classicamente questo ottenuto mediante un triodo
(vedi Figura 7.6). Nel triodo la corrente anodica i A (elettroni emessi dallanodo) passa attraverso una griglia (che ha il compito di accelerare gli elettroni) e
tale corrente tutta raccolta dal catodo. Attraverso il ramo di griglia non passa corrente (i M = 0): linduttanza M connessa alla griglia ha il solo compito di
L
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iA
169
iC
anodo
i
vG
griglia
C
catodo
di
i
1
di
d 2i
+ f M
= 0.
(7.7)
L 2 +R
dt
dt C C
dt
Poniamo per semplicit M = R = L = C = 1. Introducendo le variabili
x=
di
,
dt
y = f (0) i ,
x = y G(x)
y = x
(7.8)
con G(x) = x f (x) + f (0). Posto g (x) = G 0 (x) il sistema (7.8) equivalente
allequazione del secondo ordine:
x + g (x)x + x = 0,
(7.9)
G (0) 1
biana in tale punto
. Quindi lorigine delle coordinate una sor1
0
.
gente se G 0 (0) < 0 ed un pozzo se G 0 (0) > 0. Inoltre, definito W (x, y) = (x 2 + y 2 )/2,
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170
si ha:
(x, y) = xG(x),
W
(7.10)
da cui segue che nel caso in cui la funzione G(x) monotona crescente (si ricordi
che G(0) = 0), lorigine delle coordinate punto singolare attrattivo con bacino
di attrazione lintero piano. In questo caso il circuito detto passivo: qualunque siano le condizioni iniziali, esso dissipa la sua energia e tende a spegnersi
(come nel caso dei circuiti lineari RLC serie e parallelo).
Supponiamo ora che G 0 (0) = 1 f 0 (0) < 0. In altri termini la caratteristica del
triodo tale che esso, per piccoli valori di x (= dd it ), fornisce al circuito pi corrente di quanta ne dissipa la resistenza, cosicch (0, 0) una sorgente (il circuito
non si spegne mai). Daltra parte, poich il triodo si satura (ovvero f (x) limitata), per grandi valori di x la dissipazione dovuta alla resistenza domina e tutte
le orbite rimangono presumibilmente limitate. Sotto alcune ipotesi aggiuntive
sulla funzione G(x) mostreremo che in tal caso esiste un ciclo limite stabile. Tale
ciclo unico ed quindi un attrattore globale: tutte le condizioni iniziali, purch
diverse dalla posizione di equilibrio (0, 0), sono attratte da esso.
Dora innanzi assumeremo che la funzione G(x) goda delle seguenti propriet:
i) G(x) = G(x);
ii) G(x) + se x +;
iii) esiste > 0 tale che G() = 0, G(x) < 0 per x (0, ), G(x) crescente per x > .
Un caso particolare ed importante quello dellequazione di Van der Pol:
x = x + k(1 x 2 )x,
k > 0,
(7.11)
ed indichiamo con I, II, III e IV le regioni del piano da esse delimitate come in
Figura 7.7.
P ROPOSIZIONE 7.11. Ogni soluzione del sistema (7.8) definita globalmente
nel futuro. Inoltre ogni traiettoria non stazionaria attraversa ripetutamente le
curve y + , G + , y e G passando in senso orario attraverso le regioni I, II, III e IV.
D IMOSTRAZIONE . Dalla direzione del campo vettoriale si deduce che ogni
soluzione che al tempo iniziale si trova sulla curva y + [risp. G + ] deve entrare
necessariamente nella regione I [risp. II]. Consideriamo ora una soluzione t 7
(x(t ), y(t )) con dato iniziale (x 0 , y 0 ) contenuto nella regione I. Sia K il compatto
delimitato dallorigine (0, 0), dalle curve y + , G + e dalla retta y = y 0 . Poniamo:
T = sup{t > 0 : (x(s), y(s)) K s [0, t ]}.
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171
y=G(x)
y+
IV
III
II
y
Essendo y(t ) min{G + (x) : x > 0} per ogni t [0, T ), concludiamo che T < +
necessariamente. Dunque la soluzione abbandona K in un tempo finito. Ma
per la direzione del campo vettoriale sulla frontiera di K ci avviene necessariamente attraversando G + , ovvero entrando nella regione II. Consideriamo ora
una soluzione t 7 (x(t ), y(t )) con dato iniziale (x 0 , y 0 ) contenuto nella regione
) < 0 ed y(t ) y 0 x 0 t fintanto che la soluzioII. Dal sistema (7.8) ricaviamo x(t
ne giace nella regione II. Ci significa che essa non pu esplodere in un tempo
finito senza prima abbandonare tale regione. Sia quindi:
T = sup{t > 0 : (x(s), y(s)) II s [0, t ]}.
Vogliamo dimostrare che T < +. Assumiamo per assurdo che T = +. Allora x(t ) ed y(t ) sono monotone decrescenti su tutto lasse positivo dei tempi.
Giungiamo ad una contraddizione se mostriamo che (x(+), y(+)) y . Osserviamo dapprima che se fosse y(+) = la prima equazione in (7.8) impli
cherebbe lassurdo x(+)
= . Se fosse x(+) > 0 dalla seconda equazione
in (7.8) si avrebbe y(+) = e quindi nuovamente un assurdo. Infine, essendo lorigine delle coordinate una sorgente segue che y(+) < 0. In conclusione
(x(+), y(+)) y .
La dimostrazione delle analoghe affermazioni per le regioni III e IV del
tutto simile.
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172
y
y=G(x)
a
T
(a)
P
x
(a)
T*
Dalla proposizione precedente rimane definita la mappa : R+ R tale che (a) lordinata della prima intersezione con il semiasse y della curva
soluzione di dati iniziali (0, a).
P ROPOSIZIONE 7.12. Se a sufficientemente grande allora |(a)| < a.
Lesistenza di unorbita periodica ora un semplice corollario della proposizione precedente e del teorema di Poincar-Bendixson. Osserviamo preliminarmente che la simmetria della funzione G implica che se t 7 (x(t ), y(t )) soluzione del sistema (7.10) allora anche t 7 (x(t ), y(t )) soluzione. Ne segue che,
fissato a sufficientemente grande, si hanno gli archi di traiettoria e come in
Figura 7.8. Allora la regione finita P delimitata dalle curve , e dai segmenti T ,
T positivamente invariante. Essendo lunico punto singolare una sorgente, il
teorema di Poincar-Bendixson garantisce lesistenza di unorbita periodica in
P.
D IMOSTRAZIONE DELLA P ROPOSIZIONE 7.12. Decomponiamo larco di traiettoria dal punto A = (0, a) al punto D = (0, (a)) nei tre archi orientati, 1 = AB ,
2 = BC e 3 = C D, essendo B e C le intersezioni della retta x = con il suddetto
arco (vedi Figura 7.9). Ricordando che W (x, y) = (x 2 + y 2 )/2, si ha:
1
|(a)|2 a 2 = W (0, (a)) W (0, a) =
2
Z
1
dW +
Z
2
dW +
dW.
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173
y=G(x)
1
p
C
(a)
D
F IGURA 7.9.
Osserviamo che la curva 1 [risp. 3 ] il grafico di una funzione y 1 (x) > G(x)
[risp. y 3 (x) < G(x)], con x [0, ]. Dalla (7.10) ed essendo x = y G(x) si ha:
Z
Z
Z
Z
xG(x)
xG(x)
.
dx
dx
dW + dW =
+
.
I (a) =
y 1 (x) G(x)
G(x) y 3 (x)
0
3
0
1
La curva 2 invece il grafico di una funzione x 2 (y) , y [y 3 (), y 1 ()]. Dalla
(7.10) ed essendo y = x,
Z y 1 ()
Z
.
d y G(x 2 (y)).
dW =
J (a) =
2
y 3 ()
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174
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
175
5) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathematics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
6) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. A series of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.
Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008
APPENDICE A
i ( + h) i ()
d i
.
() = lim+
.
h0
dt
h
t (, ).
d |(t )|
)|.
(A.2)
d t |(t
Siano ora t , t 0 (, ). Integrando ambo i membri della (A.1) ed utilizzando (A.2)
otteniamo:
Z t
(A.3)
|(t )| |(t 0 )| d |()|
t0
178
Consideriamo ora il caso generale in cui non necessariamente (t ) 6= 0 nellintervallo aperto (, ). Ovviamente le stesse argomentazioni restano valide in
ogni possibile sottointervallo [1 , 1 ] dove (t ) 6= 0 ed eventualmente (1 ) = 0
oppure (1 ) = 0. Si conclude quindi che la disuguaglianza (A.3) vera in tutto
[, ] anche nel caso generale.
Rt
Ponendo (t ) = t0 f ()d dalla (A.3) segue in particolare:
Z t
Z t
d f () d | f ()| .
(A.4)
t0
t0
. v i
(t , )
,
D v(t , ) =
x j
i , j =1,...,n
2
[0, 1]
v i
M = max max
(t , x) : (t , x) [t 1 , t 2 ] K .
i , j =1,...,n
x j
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Allora
2
d
v i (t , p()) nM 2 |x y|2
d
e quindi
x, y K .
t [t 1 , t 2 ],
L EMMA A.3 (Lemma di Gronwall). Siano F i C 0 ((1 , 2 ); R), i = 1, 2, 3 tre funzioni positive e sia t 0 (1 , 2 ). Supponiamo che in questo intervallo sia soddisfatta la disuguaglianza:
Z t
(A.6)
F 1 (t ) F 2 (t ) d s F 1 (s) + F 3 (t ).
t0
Z t
d s F 2 (s) + F 3 (t )
d F 3 () exp
F 1 (t ) F 2 (t )
t0
(A.7)
t0
d s F 2 (s)
(A.8)
ricaviamo
Z t
) exp d s F 2 (s) F 3 (t )
(t
t0
e quindi (essendo (t 0 ) = 0)
(t )
t
t0
d F 3 () exp
t0
d s F 2 (s) .
Z t
v(t )
d F 3 () exp
d s F 2 (s) ,
t0
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b
m = min a;
.
M0
Si consideri
.
W0 = J m (t 0 ) S b (x 0 ).
(A.9)
) = v(t , (t )) t J m (t 0 )
(t
(t 0 ) = x 0
(A.10)
cio una soluzione (locale, in W0 ) del problema di Cauchy. Inoltre tale soluzione
unica.
D IMOSTRAZIONE . Cominciamo con il dimostrare lesistenza di una soluzione. Definiamo applicazione di Picard la mappa T che associa ad ogni funzione
C 1 (J m (t 0 ); S b (x 0 )) la funzione T definita da
Z t
(T )(t ) = x 0 + d s v(s, (s)),
t J m (t 0 ).
(A.11)
t0
Osserviamo che linsieme C (J m (t 0 ); S b (x 0 )) lasciato invariante dalla applicazione T . In effetti T evidentemente differenziabile ed in particolare (T)(t ) =
v(t , (t )); inoltre, utilizzando (A.4),
|(T )(t ) x 0 | M 0 m b
t J m (t 0 ),
2 = T 1 = T 2 0 ,
...
k = T k1 = T k 0 .
.
= max{|e(t )| : t J m (t 0 )}.
|1 (t ) 0 (t )| d s |1 (s) 0 (s)| ,
t0
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|1 (t ) 0 (t )| d s e(s) |t t 0 |.
(A.12)
t0
(A.13)
t0
|2 (t ) 1 (t )| L d s |1 (s) 0 (s)|
t0
|k (t ) k1 (t )| L k1
Ma allora la serie
0 (t ) +
|t t 0 |k
.
k!
(A.14)
(A.15)
[k (t ) k1 (t )]
k=1
Si ha inoltre
lim k (t ) = lim (T k1 )(t ) = x 0 +
t
t0
d s v s, lim k (s) .
k
(A.17)
t0
Ma allora anche soluzione del problema di Cauchy (A.10). Infatti la continuit di implica che il secondo membro della (A.17) una funzione differenziabile; dunque anche differenziabile. Possiamo quindi derivare ambo i membri
della (A.17) ed otteniamo = v(t , (t )); essendo (t 0 ) = x 0 ne segue che la
soluzione cercata.
Rimane da dimostrare lunicit della soluzione, quanto meno nellintervallo
J m (t 0 ). Questo risultato una immediata conseguenza del Lemma di Gronwall.
Supponiamo che oltre alla esista unaltra soluzione del problema di Cauchy
con gli stessi dati iniziali. Posto
.
(t ) = (t ) (t ),
si ha
) = v(t , (t )) v(t , (t )).
(t
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Ne consegue
Z t
|(t )| L d s |(s)| .
t0
L d |z()| ,
t0
da cui:
Z t
Applicando il Lemma di Gronwall segue che |z(t )| |z(t 0 )|e L|t t0 | . Daltra parte:
Z t 0
|(t , t 0 , x 0 ) (t 0 , t 0 , x 0 )|
d |v(, (, t 0 , x 0 ))| M 0 |t t 0 |,
t
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(t , t 0 , x) = v(t , (t , t 0 , x)),
t
la derivata parziale rispetto al tempo una funzione continua nel complesso
delle variabili (t , x). Derivando formalmente lequazione differenziale rispetto
ai dati iniziali si ricava che la matrice jacobiana
i
.
(t , t 0 , x)
X (t ) = D(t , t 0 , x) =
x j
i , j =1,...,n
soluzione della seguente equazione lineare omogenea non autonoma (detta
equazione delle variazioni):
X (t ) = A(t )X (t )
(A.18)
X (t 0 ) = 1I
ovvero, pi esplicitamente,
n
X (t ) = X A (t )X (t )
i,j
i ,k
k, j
k=1
X i , j (t 0 ) = i , j
avendo posto
v i
.
(t , (t , t 0 , x))
.
A(t ) = D v(t , (t , t 0 , x)) =
x j
i , j =1,...n
Lesistenza ed unicit della soluzione del problema di Cauchy (A.18) per |t t 0 | <
, piccolo a sufficienza, conseguenza del Teorema A.4, applicato al campo
2
vettoriale lineare V (t , X ) = A(t )X su Rn (identifichiamo qui in maniera canoni2
ca le matrici n n con i vettori di Rn ). Indichiamo dunque con X (t ) tale soluzione e dimostriamo che effettivamente la matrice jacobiana D(t , t 0 , x) esiste
e coincide con X (t ). Utilizzando la forma integrale dellequazione differenziale
per (t , t 0 , ) si ha, per ogni x, h tali che |x x 0 | < e |x x 0 h| < ,
Z t
e quindi, poich X (t ) = 1I +
Rt
t0 d s
A(s)X (s),
(t , t 0 , x + h) (t , t 0 , x) X (t )h
Z t
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=
d D v(s, (s)) (s, t 0 , x + h) (s, t 0 , x) ,
0
.
.
essendo (s) = (s, t 0 , x + h) + (1 )(s, t 0 , x). Definito (t ) = (t , t 0 , x + h)
(t , t 0 , x) X (t )h, otteniamo:
Z t
Z 1
(t ) =
d s (s, h) +
d D v(s, (s))(s) ,
(A.19)
t0
(s, h) =
d D v(s, (s)) D v(s, (s, t 0 , x)) X (s)h.
(A.20)
Osserviamo ora che D v(s, x) ed X (s) sono funzioni continue delle loro variabili.
Ne segue in particolare che, applicando il Lemma di Gronwall alla (A.19), esiste
una costante 0 < C t < tale che
|(t )| C t sup |(s, h)|,
sI t
Altrimenti detto, la mappa x 7 (t , t 0 , x) differenziabile ed inoltre la sua matrice jacobiana coincide con X (t ). Rimane da dimostrare la continuit della mappa
(t , x) 7 D(t , t 0 , x). Poich essa soluzione del sistema differenziale (A.18), questa conseguenza del seguente teorema, la cui dimostrazione lasciata come
esercizio.
T EOREMA A.8. Supponiamo che il campo vettoriale differenziabile v dipenda
da un parametro R. Se v C 0 (; Rn ) allora per ogni (t 0 , x 0 , 0 ) la soluzione locale (t , t 0 , x, ) dellequazione x = v(t , x, ) di dati iniziali (t 0 , t 0 , x, ) =
x una funzione continua nel complesso delle variabili (t , x, ) per |t t 0 |, |x x 0 |,
| 0 | sufficientemente piccoli.
[Suggerimento: si confronti con lequazione differenziale y = V (t , y), essendo V : Rn+1 il campo vettoriale di componenti V (t , y) = (v(t , x), 0) ove
y = (x, )].
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