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DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE
DELLE MALATTIE LINFOPROLIFERATIVE
CRONICHE
Anna Guarini, Francesca R. Mauro, Alessandro Pulsoni
Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia,
Universit degli Studi La Sapienza - Roma
13
EMATOLOGIA
DIRETTORI DELLA COLLANA
Franco Mandelli, Giuseppe Avvisati
Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia
Universit La Sapienza, Roma
REDAZIONE
P.zza della Vittoria, 15/1 - 16121 Genova
Tel. 010/5458611 - Fax 010/541761
E-mail: edit@accmed.net
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DIREZIONE
Luigi Frati - Stefania Ledda
COORDINAMENTO EDITORIALE
Gabriella Allavena
PROGETTO GRAFICO
Giorgio Prestinenzi
IMPAGINAZIONE
Cristina Carbone, Giorgio Prestinenzi
SERVIZIO STAMPA
EFFE di Ugo Fraccaroli - Via Cesiolo, 10 - 37126 Verona
INDICE
LAPPROCCIO DIAGNOSTICO
SINDROME DI SZARY
LINFOMI INDOLENTI
MIELOMA MULTIPLO
10
MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTRM
11
BIBLIOGRAFIA
12
LE DIAPOSITIVE
ABBREVIAZIONI
ATLL
BCR
B-LPC
EORTC
FAB
FICTION
LAPPROCCIO
DIAGNOSTICO
Lampliamento delle conoscenze sui linfociti ha permesso in questi
ultimi anni di caratterizzare in modo pi specifico le patologie neoplastiche che originano da queste popolazioni cellulari e di classificare pi
accuratamente questi disordini (Catovsky et al., 1990). In particolare,
un corretto inquadramento nosologico dei diversi disordini linfoproliferativi cronici non riveste solo un interesse accademico, ma ha importanti implicazioni sia prognostiche che terapeutiche. Infatti, a una corretta diagnosi differenziale tra i vari disordini linfoproliferativi cronici a
cellule B e T segue oggigiorno un iter terapeutico differenziato per le
diverse patologie. Va in questo senso ricordato come fino a non molti
anni addietro sotto la stessa definizione di malattia linfoproliferativa
cronica venivano raggruppate patologie molto differenti per caratteristiche biologiche, andamento clinico, risposta alla terapia e, in ultimo,
prognosi, che venivano, per, trattate nello stesso modo.
Le diverse patologie neoplastiche linfoidi che riconosciamo attualmente rispecchiano leterogeneit del sistema linfoide e tutti i
disordini linfoproliferativi, sia acuti sia cronici, originano da cellule bloccate nei vari stadi di differenziazione linfocitaria B e T.
La definizione diagnostica dei disordini linfoproliferativi cronici si avvale
di diverse metodiche che permettono una pi precisa caratterizzazione
delle cellule neoplastiche. Possiamo dire che alcune di queste metodologie sono indispensabili alla definizione diagnostica, come ad esempio
losservazione morfologica e la caratterizzazione immunofenotipica con
anticorpi monoclonali di superficie e intracitoplasmatici valutati al citofluorimetro, mentre altre metodologie, come ad esempio lanalisi dei
geni che codificano per le immunoglobuline (Ig) e per il T-cell receptor
(TCR), si rivelano utili quando la malattia in uno stadio iniziale e la
massa neoplastica non ancora significativamente espansa, oppure
ancora quando vi un dubbio tra una patologia maligna e un'espansione reattiva. Altre metodologie aggiungono utili informazioni per un
inquadramento pi accurato, come ad esempio studi di citogenetica o
di genetica molecolare e losservazione al microscopio elettronico delle
cellule neoplastiche.
Nella Figura 1 riportato un algoritmo che suggerisce la sequenzialit
dellutilizzo delle varie metodologie per linquadramento delle diverse
malattie linfoproliferative croniche.
Figura 1
Emocromo
Osservazione microscopica
sangue periferico
Diagnosi
Immunofenotipo sangue
periferico
Sospetto diagnostico
Piccolo
numero
cellule
LGL
(CD3+)
LNH
HCL
Biopsia ossea
Biopsia
linfonodale
Biopsia ossea
Biologia molecolare
LLC
LPC
HCL
HCL variante
Szary
Waldenstrom
1.1
Microscopia
elettronica
Ricerca
componente
sierica
LEMOCROMO
Nelliter diagnostico la valutazione dellemocromo svolge un importante ruolo perch nei disordini linfoproliferativi cronici accanto a pazienti
che mostrano una sintomatologia clinica vi un numero elevato di
pazienti in cui il reperto del tutto occasionale, e assai spesso lunico
dato alterato rappresentato dalla presenza di una linfocitosi assoluta
e persistente. Il valore del numero assoluto di linfociti al di sopra del
quale legittimo porre il sospetto di una patologia linfoproliferativa
cronica leucemica oggetto di dibattito, anche se la maggior parte
degli autori fissa questo limite tra i 35000 linfociti/ml. La stessa cosa
si pu dire per il tempo di persistenza della linfocitosi fissato al di
sopra dei 26 mesi (Catovsky et al., 1990; Catovsky 1997). Tuttavia la
disponibilit di metodiche di biologia molecolare rende possibile la
dimostrazione della clonalit di una popolazione linfoide, sia B che T,
anche quando presente in quantit numericamente contenuta.
Bisogna anche ricordare che i disordini linfoproliferativi cronici non
sono sempre accompagnati da un aumentato numero circolante di
cellule linfoidi. In questi casi, losservazione morfologica, lo studio del
1.2
Laspirato midollare la procedura consigliata per la valutazione dellinfiltrazione da parte delle cellule neoplastiche del tessuto midollare
nella maggior parte dei disordini linfoproliferativi cronici, in particolare
nella HCL, nel mieloma multiplo, nei linfomi, patologie in cui le cellule
della malattia spesso non sono circolanti. Oltre allosservazione
morfologica delle cellule dopo colorazione con May-Grnwald/Giemsa
o con colorazioni citochimiche, possibile procedere alla tipizzazione
fenotipica con anticorpi monoclonali delle cellule neoplastiche. Ancora
pi importante per la definizione diagnostica, indispensabile per alcuni
disordini, la biopsia ossea con la quale possibile anche valutare la
distribuzione delle cellule neoplastiche nel tessuto osseo che spesso
patognomonica delle singole patologie. Di nuovo caratteristica la
HCL, patologia in cui laspirato midollare spesso infruttuoso (puntio
sicca), cos pure nei linfomi per definire lo stadio di malattia. Oggi si
possono utilizzare su preparati freschi di biopsie ossee, tecniche di
tipizzazione fenotipica e molecolare che consentono una accurata
definizione diagnostica.
1.3
LA BIOPSIA LINFONODALE
1.4
LA MORFOLOGIA
Tabella 1
Taglia
Nucleo
Cromatina
Citoplasma
LLC*
piccola
regolare
a zolle
scarso regolare
LPC
media
regolare
nucleolo
addensata
medio regolare
HCL
media
regolare
indentato
mediamente
addensata
abbondante
capelluto
HCL
variante
media
regolare
nucleolo
addensata
abbondante
capelluto
SLVL
piccola
regolare
addensata
medio villoso
FL
piccola
clivato
addensata
indentata
molto scarso
MCL
media
irregolare
indentato
addensata
medio
irregolarmente
1.5
Nella caratterizzazione dei disordini linfoproliferativi cronici lelemento pi utile alla definizione diagnostica sicuramente lanalisi
del fenotipo eseguita con gli anticorpi monoclonali che possono
reagire sia contro gli antigeni esposti sulla membrana cellulare che
contro quelli espressi a livello citoplasmatico e nucleare (Catovsky,
1997; Jennings et al., 1997; Knuutila, 1997; Matutes et al., 2000).
La disponibilit degli anticorpi monoclonali ha offerto un vantaggio sia
per la velocit di esecuzione che per laccuratezza della valutazione di
un notevole numero di cellule. Il citofluorimetro permette di quantizzare lintensit, come MIF (median intensity fluorescence), e la densit,
utilizzando biglie coniugate con quantit note di fluorescina, di espressione degli antigeni.
possibile la caratterizzazione degli antigeni espressi in membrana su
cellule ottenute da sangue intero o dopo separazione su gradiente di
densit; inoltre, la disponibilit di anticorpi coniugati con differenti
fluorocromi permette la valutazione contemporanea di pi antigeni con
una maggiore accuratezza nella definizione delle popolazioni. cos
possibile fissare e lisare delicatamente le cellule mononucleate e marcarle per gli antigeni citoplasmatici e nucleari utilizzando anticorpi
fluorescinati e anche combinarli con quelli che marcano gli antigeni di
superficie. La contemporanea marcatura di pi antigeni si rivela utile
nel follow-up del paziente per il monitoraggio della malattia residua.
Considerando lelevato numero di anticorpi monoclonali a disposizione, necessario operare una scelta per definire il pannello di reagenti
minimo ma sufficiente per garantire una accurata diagnosi differenziale
senza ricorrere a un uso esagerato di anticorpi, che devono essere
utilizzati solo nel contesto di programmi di ricerca intesi a valutare lespressione e lutilit di un numero pi allargato di antigeni.
1.5.1
Sono numerosi gli anticorpi che riconoscono le cellule B e caratterizzano antigeni che si esprimono a stadi differenziativi diversi e poich le
neoplasie B derivano da cellule congelate in un certo stadio maturativo
possibile definire le patologie e il momento della loro espansione.
Come precedentemente riportato, tra gli anticorpi che reagiscono con
la maggior parte delle cellule B devono essere ricordati il CD22 che
caratterizza la linea linfoide B nei suoi diversi momenti maturativi. Il
CD22 si trova nel citoplasma delle cellule B pi indifferenziate e successivamente durante la maturazione cellulare viene esposto sulla
membrana. Lantigene CD79b rappresenta una delle due catene polipeptidiche, l'altra il CD79a, unite sulla superficie delle cellule alle Ig
di membrana a formare il complesso recettoriale B (B-cell receptor,
BCR). Sia il CD22 sia il CD79b sono presenti nel citoplasma a testimoniare l'origine B della malattia, ma sono poco espressi sulla membrana
di cellule di LLC, mentre al contrario sono generalmente espressi nei
linfomi leucemizzati e molto intensamente espressi in alcuni linfomi
come ad esempio il linfoma mantellare. Altra caratteristica delle neoplasie croniche B la positivit nel citoplasma e sulla membrana cellulare delle Ig. La densit di espressione di membrana si rivela assai utile
nella diagnostica differenziale tra la LLC e gli altri disordini linfoproliferativi cronici a cellule B. Infatti, nelle cellule di LLC vi caratteristicamente una bassa espressione di Ig di superficie che contrasta con
quanto osservato nelle altre patologie croniche B.
Normalmente presenti sulla cellula B sono gli antigeni CD19 e il CD20;
quest'ultimo antigene ha un diverso livello di espressione nelle diverse
patologie, basso nella LLC ed elevato in alcuni linfomi, particolarmente
nel linfoma follicolare, e nella HCL.
Un altro antigene molto studiato per la definizione della cellula B,
soprattutto in passato, l'HLA-DR, cos come lFMC7 che di solito
assente nella LLC mentre fortemente espresso nella leucemia prolinfocitica cronica B (B-LPC) e nella HCL. Molto utile nelliter diagnostico il CD23, essendo sempre positivo nella LLC. Altro antigene che
caratterizza lo stadio della cellula il CD10, essendo espresso in cellule B immature, e risultando tipicamente presente sulle cellule del
linfoma follicolare.
Molta rilevanza da attribuire a un altro antigene il CD5 che non
caratteristico della cellula B, ma ne evidenzia, nell'individuo normale,
una piccola popolazione in associazione con gli antigeni CD19 o
CD20; considerando che la LLC tipicamente CD5 positiva, intuitivo
l'importante impatto diagnostico di questo antigene, che tra le diverse
patologie B risulta positivo solamente nelle cellule del linfoma mantellare, che per sono CD23 negative.
Vi sono poi alcuni antigeni caratteristici e quindi diagnostici di determinate patologie, quali il DB44 e il CD103, positivi nelle cellule di HCL, e
il CD11c che per anche positivo nel linfoma splenico a linfociti villosi (SLVL). Va altres ricordato lantigene CD25 (catena a del recettore
dellinterleuchina 2, IL-2) che tipicamente positivo, con unelevata
densit di espressione, nella HCL classica, mentre la forma variante
CD25 negativa.
Lantigene CD38 pur non essendo un antigene di linea ed esprimendo
lo stato di attivazione cellulare si rivelato assai prezioso nella diagnostica in quanto caratterizza la cellula plasmocitoide anche in assenza
di altri marcatori della cellula B. Inoltre, nella LLC lespressione del
CD38 stata associata a un decorso clinico pi aggressivo e a una
configurazione non mutata delle catene variabili delle Ig.
Alla luce di quanto qui sinteticamente riassunto, nella Tabella 2
riportata la risposta a un numero selezionato di antigeni caratterizzanti
Tabella 2
CD22
CD79b
CD23
FMC7
CD5
slg
LLC
++
++
LPC
++
++
++
HCL
++
++
++
HCL
variante
++
++
SLVL
++
++
++
++
FL
++
++
++
++
MCL
++
++
++
++
++
1.5.2
Lanalisi dellimmunofenotipo dei disordini T non pu avvalersi di anticorpi monoclonali capaci di discriminare le differenti patologie n di
marcatori immunologici in grado di definirne la monoclonalit come la
restrizione delle catene leggere delle Ig per i disordini linfoproliferativi
cronici B. Le patologie croniche T sono sempre CD3 positive e TdT
negative. Gli altri antigeni pi frequentemente studiati sono il CD2,
quasi sempre espresso, e il CD7, spesso negativo nei disordini linfoproliferativi cronici T. Fatta eccezione per le espansioni di linfociti granulari (LGL) CD3 + , il CD4 espresso in tutti i disordini linfoproliferativi
cronici T, leucemia prolinfocitica cronica a cellule T (T-LPC), sindrome
di Szary, linfomi cutanei a cellule T e la adult T-cell leukemia lymphoma (ATLL) non presente nel nostro paese. In alcuni casi di T-LPC le
1.6
LA BIOLOGIA MOLECOLARE
Tabella 3
10
Tabella 4
1.7
PCR
Campione cellulare
Campioni freschi
o congelati
Campioni freschi,
congelati, fissati
Quantit di DNA
1015 mg/reazione
0.1 mg/reazione
Tempi di esecuzione
12 settimane
13 giorni
Limiti di sensibilit
Falsa negativit
Rara
Falsa positivit
Rara
LO STUDIO CITOGENETICO
11
12
Tabella 5
1.8
LA MICROSCOPIA ELETTRONICA
Lo studio morfologico con tecniche di microscopia elettronica pu fornire ulteriori conferme di un sospetto diagnostico di alcuni disordini
linfoproliferativi cronici. La microscopia elettronica permette, infatti, di
mettere in evidenza caratteristiche della cellula patologica che la
microscopia ottica pu solo suggerire, oppure che limmunofenotipo
pu far ipotizzare. Ad esempio, permette di dimostrare lesistenza dei
villi sulle cellule neoplastiche nella diagnosi di un SLVL oppure pu
confermare le protrusioni filamentose citoplasmatiche delle cellule della
HCL, come pure evidenziare il nucleo cerebriforme delle cellule della
sindrome di Szary. In microscopia elettronica possono essere altres
utilizzate anche tecniche di citochimica o di immunocitochimica per
una migliore caratterizzazione delle cellule patologiche.
Certamente, le indagini in microscopia elettronica di un preparato cellulare non sono necessarie per un corretto inquadramento etiopatogenetico di un disordine linfoproliferativo cronico, ma possono, in alcuni
casi, offrire una pi precisa documentazione per la diagnosi.
13
LEUCEMIA LINFATICA
CRONICA
La leucemia linfatica cronica (LLC) rappresenta la forma di leucemia
di pi frequente riscontro nell'adulto rappresentando da sola il 30%
circa di tutte le leucemie dell'adulto nellEuropa orientale e
nell'America del nord.
2.1
QUADRO CLINICO
2.2
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
E IMMUNOFENOTIPICHE
15
16
buisce un punteggio
FMC7
di uno in presenza di
kol
2.3
17
2.4
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Un problema di diagnosi differenziale si pone nei confronti di altre sindromi linfoproliferative leucemiche quali la LPC, il SLVL, la fase leucemica di alcuni linfomi non-Hodgkin: il linfoma linfocitico, il linfoma follicolare, il linfoma mantellare. Ognuna di queste differenti malattie linfoproliferative caratterizzata da un proprio quadro clinico e da proprie
caratteristiche citomorfologiche e immunofenotipiche che consentono
agevolmente di distinguere queste forme leucemiche dalla LLC.
Quando possibile sempre indicata per un corretto inquadramento
diagnostico la valutazione istologica su tessuto infiltrato da malattia.
La biopsia linfonodale e quella osteomidollare consentono generalmente la definizione della diagnosi. Nella tabella 2 sono riportate le caratteristiche immunofenotipiche che caratterizzano alcune malattie linfoproliferative croniche con cui pu porsi il problema di una diagnosi differenziale.
2.5
CARATTERISTICHE CITOGENETICHE
E MOLECOLARI
18
zione del cariotipo in circa la met dei pazienti affetti da LLC (Juliusson
et al., 1990). La presenza di alcune alterazioni del cariotipo identifica
infatti sottogruppi di pazienti a diversa prognosi (Dohner et al., 1995).
Osservando il decorso clinico e la sopravvivenza dei pazienti in rapporto
alle caratteristiche citogenetiche stato infatti attribuito un significato
prognostico sfavorevole alla presenza di alterazioni quali la 17q e la
17p , mentre pazienti con 13q e +12q possono essere considerati a
prognosi pi favorevole. Non stato finora identificato un marker molecolare specifico per la LLC. Bench nella LLC non vi siano alterazioni
strutturali del gene Bcl-2 la proteina Bcl-2 risulta eccessivamente espressa nell 85% dei casi (Hanada et al., 1993) e questo potrebbe avere un
ruolo nellalterare i meccanismi che regolano il processo di apoptosi.
Il gene del retinoblastoma, il c-myc, l'espressione della proteina p-53,
l'eccessiva espressione della p27 sono state osservati in pazienti con
prognosi sfavorevole (Cordone et al., 1998; Vrhovac et al., 1998). Dati
recentissimi di due studi concordano nellindicare che pazienti con
configurazione germline dei geni per la sintesi delle catene pesanti
delle Ig (geni IgV) hanno una prognosi significativamente peggiore
rispetto a quelli che presentano invece la presenza di mutazioni somatiche (Damle et al., 1998; Hamblin et al., 1998). In uno dei due studi
stata, inoltre, riportata una correlazione tra lespressione dellantigene
CD38 e la configurazione germline non mutata dei geni IgV.
2.6
19
2.7
Tabella 7
20
Stadio
II
III
IV
Tabella 8
Stadio
21
LEUCEMIA
PROLINFOCITICA
CRONICA
La leucemia prolinfocitica cronica (LPC) una malattia linfoproliferativa che nel 80% dei casi sostenuta dalla proliferazione monoclonale
di linfociti B e nel 20% dei casi di linfociti T aventi le caratteristiche
morfologiche del prolinfocita. Per la diagnosi morfologica di LPC viene
richiesto che almeno il 55% dei linfociti abbiano le caratteristiche del
prolinfocita (Bennett et al., 1989).
3.1
QUADRO CLINICO
3.2
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE,
IMMUNOFENOTIPICHE E CITOGENETICHE
23
Tabella 9
B-LLC
B-LPC
Caratteristiche
morfologiche
Caratteristiche
immunologiche
SmIg +
CD5 + 95%
CD20 +
CD23 +
FMC7
SmIg ++++
CD5
CD20 ++++
CD23
FMC7 ++++
Caratteristiche
cliniche
Et mediana 65
Rapporto maschi/femmine 2:1
Splenomegalia
Linfocitosi < 100000/ml
Anemia e
trombocitopenia < 15%
Et mediana 70
Rapporto maschi/femmine 2:1
Splenomegalia ++++
Linfocitosi > 100000/ml
Anemia e
trombocitopenia > 80%
24
LEUCEMIA A CELLULE
CAPELLUTE
La leucemia a cellule
Figura 3 HCL
capellute o tricoleucemia, conosciuta
con lacronimo HCL
(hairy cell leukemia)
una entit clinicopatologica ben definita caratterizzata
dalla proliferazione
di cellule B mature
con lunghe protrusioni citoplasmatiche riconoscibili al
microscopio ottico,
ma molto pi evidenti al microscopio
a contrasto di fase e
al microscopio elettronico (Catovsky et al., 1990, Matutes et al.,
1994a) (Figura 3).
4.1
QUADRO CLINICO
4.2
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE,
IMMUNOFENOTIPICHE E MOLECOLARI
25
26
delle HCL (Cawley et al., 1980; Dunphy et al., 1996; Zinzani et al.,
1990). Le caratteristiche generali sono simili, anche se frequentemente
i pazienti sono pi anziani ed meno marcata lincidenza nei maschi. I
pazienti presentano una importante splenomegalia che d spesso sintomi clinici, hanno alla diagnosi un numero di globuli bianchi circolanti
nella maggioranza dei casi >10000/ml. sempre possibile aspirare il
midollo osseo, che presenta uninfiltrazione variabile tra il 580%. La
biopsia ossea mostra sempre la presenza di uninfiltrazione nella maggior parte dei casi interstiziale.
La diagnosi differenziale con la classica HCL basata fondamentalmente sull'osservazione morfologica e sulle differenze di positivit ai
marcatori di membrana. Infatti, le cellule neoplastiche si presentano
con una morfologia simile a quella dei prolinfociti, un nucleo rotondo
con nucleolo evidente e un citoplasma abbondante con numerosi villi.
Limmunofenotipo ricalca quello della HCL classica, eccetto che per la
negativit per il CD25.
Lo studio della biologia molecolare mostra lespressione del trascritto
del gene c-myc, che qualcuno mette in relazione con la resistenza
della HCL variante alla terapia con IFNa (Sainati et al., 1990; Lehn et
al., 1986).
Le conoscenze sulla citogenetica di questa patologia sono scarse;
sono state segnalate anomalie numeriche e strutturali, anche se raro
il coinvolgimento del cromosoma 5 a differenza di quanto osservato
nella HCL classica.
27
LINFOMA SPLENICO
A LINFOCITI VILLOSI
Il linfoma splenico a linfociti villosi (SLVL) rappresenta una patologia
linfoproliferativa la cui identit stata definita solo recentemente
(Catovsky et al., 1990; Melo et al., 1987). Ha unincidenza che stata
valutata essere il 10% delle malattie linfoproliferative B leucemiche ed
classificato tra i linfomi non-Hodgkin a basso grado di malignit.
5.1
QUADRO CLINICO
5.2
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE,
IMMUNOFENOTIPICHE E CITOGENETICHE
29
5.3
30
LEUCEMIE A LINFOCITI
GRANULARI
Secondo quanto suggerito da Loughran (Loughran et al., 1993) e
anche recentemente dalla "Revised European-American Lymphoma
Classification" (Harris et al., 1994) delle leucemie a linfociti granulari,
anche denominate come large granular lymphocyte (LGL) leukemias,
vanno considerate due diverse entit in rapporto al tipo di derivazione
cellulare: LGL a fenotipo T CD3 + e LGL a fenotipo NK.
6.1
6.1.1
QUADRO CLINICO
6.1.2
La diagnosi di queste patologie si basa sull'osservazione di una linfocitosi persistente, sostenuta dalla presenza di linfociti con nucleo rotondo o reniforme e ampio citoplasma contenente granuli azzurrofili
(Figura 4). Il numero assoluto di queste cellule si attesta di solito su
valori superiori a 2000/ml, ma sono descritti anche casi caratterizzati
da un numero inferiore di linfociti granulari (Semenzato et al., 1997).
Il fenotipo immunologico delle LGL pi comunemente osservato
31
caratterizzato dalla
positivit per gli antigeni
CD3,
CD8,
CD16, CD57, TCRab.
In alcuni casi, stata
osservata la positivit
per l'antigene CD4 in
assenza o in presenza della positivit per
l'antigene CD8 e in
casi ancora pi rari
sono state osservate
forme a fenotipo
CD3+, CD8, CD4.
La natura clonale
delle LGL dimostrabile mediante analisi molecolare (Southern blot o PCR) che mette in
evidenza la presenza del riarrangiamento dei geni TCRb o TCRg.
Il quadro ematologico pu essere caratterizzato frequentemente da
granulocitopenia grave (45%), piastrinopenia (20%), anemia (48%). In
alcuni casi, anemia e piastrinopenia possono riconoscere un'eziologia
di tipo autoimmune. Granulocitopenia e piastrinopenia possono essere
anche lespressione di una condizione di mielodisplasia. Quote variabili
d'infiltrazione midollare da parte di LGL sono documentabili all'aspirato midollare e alla biopsia osteomidollare. Lo studio proteico pu rilevare la presenza di una proteina monoclonale o anche di una ipergammaglobulinemia di tipo policlonale.
Figura 4 LGL
6.1.3
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Espansioni di linfociti granulari di tipo non clonale, e quindi con configurazione germinale dei geni del TCR, sono state descritte in associazione a patologie di tipo diverso; tra queste, soprattutto le infezioni di
tipo virale, in particolare le infezioni da virus dell'epatite B e C. Non
infrequenti le forme non clonali secondarie a malattie autoimmuni, a
malattie linfoproliferative e di tipo neoplastico.
6.2
Sono state descritte due condizioni diverse aventi fenotipo NK, la linfocitosi cronica a fenotipo NK e la leucemia a linfociti granulari a fenotipo
NK.
32
33
LEUCEMIA LINFATICA
CRONICA T
La leucemia linfatica cronica a T linfociti (T-LLC) una forma estremamente rara di cui si solo recentemente ammessa l'esistenza (Hoyer
et al., 1995; Wong et al., 1996). Rappresenta l1% delle leucemie linfatiche croniche a linfociti piccoli e maturi.
7.1
QUADRO CLINICO
7.2
35
LA SINDROME DI
SZARY
8.1
QUADRO CLINICO
8.2
CARATTERISTICHE CITOMORFOLOGICHE,
IMMUNOFENOTIPICHE E MOLECOLARI
possibile osservare nel sangue periferico due tipi di cellule leucemiche: cellule pi grandi denominate cellule di Szary e cellule di dimensioni pi piccole dette cellule di Lutzner (Catovsky et al., 1990). Le cellule mostrano scarso citoplasma e nucleo indentato spesso convoluto
con aspetto cerebriforme soprattutto nella variante cellulare di dimensioni maggiori. Questi aspetti della morfologia nucleare possono essere pi facilmente documentabili alla microscopia elettronica.
L'infiltrazione midollare di solito limitata. Lesame istologico delle
lesioni cutanee rivela la presenza di infiltrati linfocitari tipicamente epi-
37
38
LINFOMI INDOLENTI
I linfomi a piccole cellule, solitamente caratterizzati da un decorso clinico indolente, rappresentano circa il 40% di tutti i linfomi nonHodgkin. Comprendono un gruppo eterogeneo di entit clinico-patologiche sempre meglio definite negli ultimi anni grazie al miglioramento
delle tecniche immunologiche, citogenetiche e molecolari.
9.1
QUADRO CLINICO
9.2
PROCEDURE DIAGNOSTICHE
La biopsia linfonodale rappresenta la procedura diagnostica principale. Agobiopsie e agoaspirati delle tumefazioni linfonodali
sono da scoraggiare in quanto il campione limitato pu non comprendere lesioni focali, non consente lesame dell'architettura del
linfonodo e limita la possibilit di utilizzare procedure diagnostiche pi
elaborate. Nel caso di malattie caratterizzate allesordio da infiltrazione midollare o del sangue periferico, utili indicazioni diagnostiche possono venire dallesame citomorfologico, immunofenotipico e molecolare su campioni ottenuti in queste sedi.
Lestensione della malattia deve essere valutata con un accurato
esame fisico, con luso di una diagnostica per immagini (ecografia,
TC, RMN, ecc.) e con una biopsia osteomidollare. Un'accurata stadiazione della malattia di importanza fondamentale in quanto latteggiamento terapeutico e la prognosi sono differenti negli stadi localizzati
rispetto agli stadi pi avanzati. Nella Tabella 10 sono elencate le pro-
39
Tabella 10
Anamnesi accurata ed esame obiettivo con particolare attenzione alla presenza o meno di sintomi B, fattori di rischio per HIV, infezioni, terapia immunosoppressiva, malattie autoimmuni
Emocromo con piastrine e formula leucocitaria
Esami ematochimici di routine, comprendenti LDH, acido urico, creatinina,
VES, b2-microglobulina, ecc.
Ecografia delle stazioni linfonodali superficiali e delladdome, TC total body
Esame citologico, immunofenotipo, citogenetica, ricerca di specifici riarrangiamenti genici sul materiale patologico ove indicato
Agoaspirato e biopsia osteomidollare
Esofagogastroduodenoscopia nei pazienti con interessamento dellanello del
Waldayer o sintomi addominali
Esame citologico e immunofenotipico su eventuali liquidi del terzo spazio
(pleura, peritoneo)
Procedure radiologiche specifiche se indicate (scintigrafia con gallio, Rx o
RM di segmenti scheletrici, ecc.)
Tabella 11
Stadio
I
Definizione
Interessamento di una singola stazione linfonodale o di una singola
sede extranodale (IE)
II
III
IV
Sintomi
sistemici (B): Febbre > 38, sudorazione notturna, perdita di peso del 10%
negli ultimi 6 mesi
40
9.3
CLASSIFICAZIONE
Tabella 12
9.4
41
9.5
LINFOMA LINFOPLASMOCITICO/IMMUNOCITOMA
Dal punto di vista clinico poco frequente (12% dei linfomi nodali),
caratteristico dellet avanzata, pu coinvolgere il midollo osseo, i
linfonodi, la milza e talvolta il sangue periferico. Pu essere associato
a produzione di una paraproteina IgM nel siero e in tal caso possono
essere presenti le manifestazioni cliniche della macroglobulinemia di
Waldenstrm (sindrome da iperviscosit, vedi oltre). Pu essere
accompagnato da anemia emolitica autoimmune o crioglobulinemia.
Soprattutto in alcune regioni italiane stata riportata una frequente
associazione con linfezione da virus dellepatite C, tanto da far ipotizzare un possibile ruolo patogenetico del virus in questa variet di linfoma (Mazzaro et al., 1996).
Il quadro istologico caratterizzato da un'infiltrazione di tipo diffuso,
senza pseudofollicoli, o talvolta proliferazione nellarea interfollicolare.
Gli elementi patologici sono rappresentati da linfociti linfoplasmocitoidi
(con abbondante citoplasma basofilo), ma sono presenti anche piccoli
linfociti e plasmacellule. Talvolta possono essere osservati anche rari
immunoblasti, cellule epitelioidi e mastociti.
Limmunofenotipo si caratterizza per la forte espressione citoplasmica
e di membrana delle Ig (usualmente IgM, raramente IgA o IgD), positivit
dei marker pan-B, negativit del CD5, CD10 e CD23, CD43 . Lo studio
dellimmunofenotipo importante per distinguerlo da altre forme di
linfoma a piccole cellule che possono talvolta presentare una maturazione in senso plasmocitico (linfoma a piccoli linfociti, linfoma follicolare).
Dal punto di vista molecolare sono presenti il riarrangiamento dei
geni per le Ig e mutazioni somatiche. Nel LLP stata descritta la
t(9;14) (p13;q32) coinvolgente il fattore di trascrizione specifico delle
cellule B, PAX-5 e il locus delle catene pesanti delle Ig.
Nel corso della malattia si pu raramente osservare una trasformazione in linfoma a grandi cellule B (solitamente immunoblastico).
9.6
LINFOMA MANTELLARE
42
43
9.7
LINFOMI FOLLICOLARI
Rappresenano la variet pi frequente fra i linfomi indolenti e comprendono circa il 30% di tutti i linfomi non-Hodgkin. Clinicamente si presentano soprattutto in individui anziani, ma non sono infrequenti anche
nel giovane adulto. Nella maggior parte dei casi alla diagnosi la malattia si presenta gi in stadio avanzato, con interessamento linfonodale,
della milza, del midollo osseo; raramente coinvolge sedi extranodali. Il
decorso estremamente indolente, ma, con le strategie terapeutiche
attualmente a disposizione, tuttora incurabili. La mediana di sopravvivenza di 79 anni. Nel corso della malattia la trasformazione in linfoma B a grandi cellule frequente (fino al 60% dei casi).
La diagnosi morfologica relativamente semplice per il tipico aspetto
follicolare (nodulare). Gli elementi cellulari possono essere di piccolamedia taglia con nucleo inciso e scarso citoplasma (centrociti) o di
grandi dimensioni con nucleo rotondo, nucleoli, e citoplasma basofilo
(centroblasti). Gli elementi di piccole dimensioni sono di solito predominanti. In base alla percentuale di cellule di grandi dimensioni i linfomi
follicolari (FL) possono essere suddivisi in 3 gradi; pur essendo tale
suddivisione discutibile per la scarsa riproducibilit fra diversi osservatori (sarebbe probabilmente pi opportuna una suddivisione in 2 soli
gradi), nella recente classificazione WHO stata conservata cos come
era stata introdotta nella precedente REAL classification per non introdurre elementi di confusione:
Lo studio dellimmunofenotipo mostra: positivit per le Ig di superficie, positivit per i marker pan-B, CD5 , CD10 + , CD23 , CD43 , positivit per la proteina espressa dal Bcl-2 e dal Bcl-6. La proteina Bcl-2
pu essere presente in altre variet di linfomi indolenti, ma non nelle
forme reattive.
Dal punto di vista citogenetico e molecolare la t(8;14)(q32;q21)
presente nel 7095% dei casi di linfomi follicolari; in questa traslocazione il locus Bcl-2 viene a trovarsi giustapposto al gene che codifica
per le catene pesanti delle Ig. Ne consegue l'iperespressione della
proteina Bcl-2, che verosimilmente gioca un ruolo nella trasformazione
neoplastica del clone cellulare in quanto dotata di azione anti-apoptotica. Altri eventi genetici sono comunque necessari per la trasformazione neoplastica.
Oltre alla t(8;14) si osserva il riarrangiamento dei geni per le Ig, con
44
9.8
45
46
MIELOMA MULTIPLO
10
Il mieloma multiplo una patologia relativamente frequente: rappresenta l12% di tutte le malattie tumorali e circa il 15% delle emopatie
maligne. Lincidenza in Italia di 5.7 casi ogni 100000 abitanti nei
maschi e 5.0 nelle femmine. una malattia dellanziano, con una et
mediana alla diagnosi riportata fra i 6570 anni. Origina dalla trasformazione neoplastica di una cellula B attraverso una serie di eventi solo
in parte noti, fra cui lattivazione di oncogeni o linattivazione di geni
oncosoppressori.
Tabella 13
30 %
35 %
20 %
15 %
47
tumorale e alla produzione di fattori umorali capaci di stimolare lattivit osteoclastica (IL-1b, linfotossina, TNFa), responsabile delle
caratteristiche lesioni osteolitiche visibili con la radiologia convenzionale. Possono essere isolate, multiple, talora disseminate a tutte le sedi
ossee contenenti midollo rosso. Limpiego della RMN rende inoltre
visibili lesioni pi fini, con aspetti tipo sale e pepe, e rimaneggiamento
diffuso della matrice ossea. La demineralizzazione ossea diffusa e le
lesioni osteolitiche possono essere complicate da fratture patologiche
con conseguente dolore osseo, deformit, limitazioni funzionali talora
notevolissime. Conseguenza del riassorbimento osseo anche lipercalcemia: se lieve (<12 mg/dl), generalmente asintomatica; se moderata (1215 mg/dl), comporta astenia, adinamia, nausea; se grave (>15
mg/dl), lipercalciuria provoca insufficienza renale acuta e disidratazione potenzialmente fatali se non trattate prontamente.
Altri sintomi possono essere conseguenza di complicanze diverse: sintomi neurologici possono derivare da compressioni sul midollo spinale
o altre strutture nervose a seguito di crolli vertebrali; una neuropatia
pu presentarsi in caso di amiloidosi secondaria a mieloma: la sindrome del tunnel carpale generalmente legata ad amiloidosi del retinacolo fibroso dei flessori del polso con compressione del nervo mediamo. descritta anche una polineuropatia sensitivo-motoria progressiva nel 35% dei pazienti con mieloma.
Nella Tabella 14 sono riportate le indagini necessarie per un corretto
inquadramento diagnostico del mieloma. I criteri diagnostici proposti
dal South Western Oncology Group nel 1975 sono tuttora utilizzati
(Tabella 15).
48
Tabella 14
Studio proteico
Elettroforesi sierica
Immunofissazione
Dosaggio Ig
Elettroforesi e immunofissazione
urine
Emocromo
Chimica clinica
Albumina
Creatinina
Calcemia
b2 microglobulina
LDH
Proteina C reattiva
Agoaspirato e biopsia
osteomidollare
Diagnostica per immagini
Rx dello scheletro
RMN
Tabella 15
Criteri maggiori
49
10
Tabella 16
Antigene
Plasmacellule normali
Mieloma
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
sIg
cIg
CD10
CD19
CD20
CD23
CD38
B-B4
CD56
CD54
CD49e (VLA5)
CD49d (VLA4)
HLA-DR
CD44
Han PC1
50
Tabella 17
IgG
IgA
IgD
IgE
Catene leggere
Mieloma
61 %
19 %
2%
17 %
52 %
37 %
0.6 %
0.03 %
51
10
10.6 STADIAZIONE
Tuttora utilizzata la stadiazione di Durie e Salmon (Durie et al., 1975)
che si propone di calcolare la massa tumorale in base a semplici parametri clinici (Tabella 18) identificando 3 stadi di diverso significato
prognostico.
Tabella 18
Stadio
Criteri
tutti i seguenti:
Emoglobina > 10.5 mg/dl
Calcemia < 12 mg/dl
Assenza di lesioni osteolitiche
o unica lesione
CM ridotta:
IgG < 5.0 g/dl
IgA < 3.0 g/dl
BenceJones < 4g/24 ore
II
III
52
Massa cellulare
stimata (x 1012/m2)
< 0.6
0.61.2
> 1.2
10
53
MACROGLOBULINEMIA
DI WALDENSTRM
La macroglobulinemia di Waldenstrm (MW) deriva dalla proliferazione
clonale di un elemento cellulare B con maturazione in senso plasmacellulare capace di sintetizzare IgM, le cui attivit biologiche sono
responsabili della maggior parte dei caratteristici sintomi clinici. La
macroglobulinemia di Waldenstrm corrisponde a livello linfonodale al
linfoma linfoplasmocitico/immunocitoma della REAL classification e al
linfoma linfoplasmocitico della classificazione WHO (vedi sopra).
Lincidenza della malattia circa un sesto di quella del mieloma.
Lincidenza aumenta progressivamente con let (Groves et al., 1998).
Sono stati descritti numerosi casi di aggregazione familiare della
malattia, o associazione con altre malattie linfoproliferative (Linet et al.,
1993) tanto da far ipotizzare una qualche forma di predisposizione
genetica. Tuttavia legami con specifiche alterazioni genetiche non
sono a tuttoggi noti.
55
11
Tabella 19
Sintomi
Segni
Astenia
Emorragie
Dimagrimento
Sintomi neurologici
Disturbi visivi
Fenomeno di Raynaud
44
44
23
11
8
3
Epatomegalia
Splenomegalia
Anomalie del fundus oculi
Adenopatie
Anomalie neurologiche
Porpora
38
37
37
30
17
15
ropatia periferica (presente nel 17% circa dei casi) dovuta in circa la
met dei casi a una attivit anticorpale diretta contro una glicoproteina associata alla mielina (MAG) (Ropper et al., 1998)
crioglobulinemia di tipo I: si riscontra nel 729% dei pazienti, ma
sintomatica solo nel 50% di essi. La precipitazione nei piccoli vasi
soprattutto in seguito allesposizione al freddo produce il fenomeno
Manifestazioni cliniche
della macroglobulinemia di Waldenstrm
Tabella 20
56
57
11
Tabella 21
Emocromo
Esame microscopico
del sangue periferico
Elettroforesi serica e urinaria
Immunofissazione serica
Viscosimetria
Fondo dellocchio
Ricerca e tipizzazione
crioglobuline
Fattore reumatoide
PT, PTT
Agoaspirato e biopsia
osteomidollare
Immunofenotipo su midollo
o sangue
TC total body
Biopsia linfonodale
RMN del rachide /
segmenti scheletrici
PCR (primer specifici per
la regione variabile)
Anemia, piastrinopenia
Rouleaux, elementi patologici circolanti
Ricerca CM
TipizzazioneCM
Ricerca iperviscosit
Alterazioni microcircolatorie
Ricerca crioglobuline tipo I e II
Frequente nella crioglobulinemia tipo II
Ricerca anomalie coagulative
Ricerca infiltrazione midollare
Ricerca/tipizzazione cellule neoplastiche
Ricerca organomegalie, linfomegalie
Diagnosi istologica
Ricerca lesioni osteolitiche
Monitorizzazione della malattia
58
59
11
BIBLIOGRAFIA
12
61
62
63
12
Si ringrazia Schering-Plough S. p. A.
Divisione di Biologia Molecolare
per il sostegno offerto
per la realizzazione del volume
Depositato Min. San. 24/10/2000
MATERIALE PROMOZIONALE
VIETATA LA VENDITA
Finito di stampare nel mese di dicembre 2000
Servizio Stampa
EFFE di Ugo Fraccaroli - Verona