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(GR) (IT) T! "#$%&'()*+*,- ,.- */- %+%/- 0 Il male, dunque, che pi ci spaventa, 12-+*,3 ,415- #!3 6783, 9:$';::# <*+- la morte, non nulla per noi, perch 75- 67:=3 >7:-, 0 12-+*,3 o4 2#:)*$-, <*+- quando ci siamo noi non c' lei, e quando c' lei non ci siamo pi noi. '5 0 12-+*,3 +#?, *@1' 67:=3 ,4% 9)7(-. (Epicuro, Lettera sulla felicit (a Meneceo), (125) traduzione di Angelo Maria Pellegrino, Stampa alternativa, Milano 1992.)
Epicuro (in greco: AB%,C#,3, Epkouros) (Samo, 10 febbraio 341 a.C. Atene, 271 a.C.) stato un filosofo greco antico, discepolo di Nausifane e fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'et ellenistica e romana, l'epicureismo, che si diffuse dal IV secolo a.C. fino al II secolo d.C., quando, avversato dai Padri della Chiesa sub un rapido declino, per essere poi rivalutato secoli dopo dalle correnti naturalistiche dell'Umanesimo, del Rinascimento e dal razionalismo laico illuminista. In particolare gi nel '600 Pierre Gassendi, nel suo Syntagma philosophiae Epicuri (1649) (Compendio della filosofia di Epicuro), interpretava la filosofia epicurea in senso cristiano e se ne serviva per respingere l'astratta metafisica cartesiana. Proponendolo come maestro di vita e di morale, attingeva al suo pensiero nella polemica antiscolastica e antiplatonica. Nelle discussioni circa la nuova visione scientifica dell'universo affermava che l'atomismo epicureo, ponendo il vuoto, fosse l'unica filosofia compatibile con la realt scientifica che si andava allora delineando.
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febbraio) del terzo anno della 109 Olimpiade sotto l'arcontato di Sosigenesull'isola di Samo, figlio di Neocle, un maestro di scuola, e di Cherestrata, una maga, fu chiamato Epicuro (che significa "soccorritore") in onore di Apollo (questo era uno degli epiteti del dio). Frequent la scuola di Panfilo seguace del pensiero platonico, e successivamente quella del democriteo Nausifane a Teo, localit sulle coste dell'Asia Minore. All'et di 32 anni fond la sua scuola prima a Mitilene e a Lampsaco ed infine ad Atene nel 306. La scuola era dotata di un giardino dove i discepoli, tra i quali anche donne, come la famosa etera Leonzia, e persino schiavi, seguivano le lezioni del maestro. Sebbene fosse assertore della non partecipazione alla vita sociale e politica sostenne il governo macedone. La filosofia della scuola del "giardino" era in polemica con le dottrine socratiche e platoniche, con l'aristotelismo ma anche con le scuole minori come i cinici, i megarici, i cirenaici e con lo stoicismo, l'altra grande scuola ellenistica, che stava iniziando a diffondersi proprio in quel periodo. Epicuro mor ad Atene di calcoli renali, all'et di 70 anni circa.
Mor di calcoli renali dopo quattordici giorni di malattia, come scrive Ermarco nelle lettere. Ermippo riferisce che Epicuro in punto di morte, entrato in una tinozza di bronzo piena di acqua calda, chiese del vino puro e lo bevve d'un fiato. Dopo aver raccomandato agli amici di non dimenticare il suo pensiero, spir. Noi abbiamo scritto per lui questo epigramma: "Siate felici e memori del mio pensiero," furono le ultime parole di Epicuro agli amici. Entrato nel calore della tinozza, con uno stesso sorso bevve vino puro e il freddo della morte. Tale fu la sua vita e tale la sua fine.[9]
Epicuro ancora in vita aveva invitato i suoi discepoli a festeggiare il suo compleanno e aveva stabilito nel suo testamento che si continuasse a celebrarlo il decimo giorno di Gamelione e che il ventesimo giorno di ogni mese gli epicurei si riunissero tra di loro per ricordare lui e il suo intimo amico Metrodoro. Questa ricorrenza, poi chiamata la "festa delle Icadi", Plinio il Vecchio scrive come fosse ancora celebrata nel I secolo d.C. Questa sacralit del personaggio si ritrova nelle espressioni di Lucrezio che chiamava Epicuro un Dio e nel II secolo d.C. Luciano di Samosata si
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riferiva al maestro come divino sacerdote della verit e liberatore di coloro che ne seguono le dottrine Dei numerosi testi originali di Epicuro ci stato tramandato pochissimo. Diogene Laerzio ci riferisce che molte delle opere epicuree perdute erano trattati di alto livello scientifico, volti ad affrontare in modo sistematico lo studio della natura come il Della Natura (il titolo sar poi ripreso da Lucrezio per il suo poema) in 37 libri (dei quali sono stati ritrovati frammenti nella villa dei papiri di Ercolano, dove visse il filosofo epicureo Filodemo di Gadara la cui biblioteca fu riportata alla luce negli scavi del 1750) e Degli Atomi e del vuoto. Andato perduto anche il Del Criterio che probabilmente era un testo di logica. Quanto ci resta sono tre lettere e varie raccolte di frammenti, materiale fra l'altro, a carattere divulgativo, come dice lo stesso Epicuro e questo rende difficile la ricostruzione precisa della sua dottrina. Quasi tutto quello che abbiamo lo dobbiamo proprio a Diogene che nella sua Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi include citazioni, aforismi e le tre epistole dottrinali complete: La Lettera ad Erodoto in cui esprime il suo pensiero sulla fisica. La Lettera a Meneceo che tratta di etica. La Lettera a Pitocle sulla conoscenza. Le Massime capitali, estratto divulgativo dalle opere maggiori. Lo Gnomologio Vaticano epicureo, altra compilazione divulgativa. Lo stesso Diogene Laerzio riferisce di altre lettere, riportandone frammenti: una, ad esempio, indirizzata a Leonzia, un'altra alla madre Chesestrata, dove si tratta dei sogni. Frammenti di questa lettera sono stati parzialmente ritrovati nelle iscrizioni fatte riprodurre da Diogene di Enoanda, epicureo del II o III secolo d.C., su una parete del portico della sua citt natale. Assieme a questa lettera si sono scoperti fino al 1987, 209 frammenti, in particolare della Fisica e dell'Etica. Esistettero anche epistole inviate a Polieno di Lampsaco, come attesta Lucio Anneo Seneca.
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Tuttavia la maggior parte delle informazioni sulla filosofia epicurea ci viene dalle fonti indirette. Merita una menzione particolare Cicerone che nel suo trattato De finibus bonorum et malorum fa esporre da un interlocutore (Torquato) una descrizione sistematica del pensiero di Epicuro e dei suoi discepoli, grazie al quale viene alla luce uno spessore filosofico non evidente nei frammenti a noi pervenuti. Inoltre il poema latino De rerum natura di Lucrezio ci restituisce un'immagine fondamentale della filosofia epicurea, sebbene non si possa trascurare l'indubbia componente di originalit dell'autore, che pi pessimista rispetto ad Epicuro. In ogni caso nel rifarsi alla tradizione indiretta bisogna ricordare che queste opere, per quanto attendibili, presentano una componente di parzialit dovuta al coinvolgimento sociale e politico degli autori, sia che l'intento fosse polemico (Cicerone) o celebrativo (Lucrezio) che deve essere tenuto in considerazione se si vuole cercare di comprendere il pi possibile il pensiero originale di Epicuro.
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volta infinito. Questa concezione del moto degli atomi avrebbe comportato l'impossibilit dell'incontro degli atomi e la loro aggregazione nei corpi. Epicuro allora introduce nella sua teoria il fenomeno della deviazione (parenklisis, declinazione, inclinazione) casuale che interviene nella caduta in verticale degli atomi facendoli deviare dal loro percorso verticale determinandone cos collisioni in base alle quali questi possano aggregarsi originando i corpi estesi. Su questa sorta di pioggia degli atomi l'intervento della deviazione pu interrompere il fenomeno naturale che si stava formando dando luogo ad un altro diverso effetto. Nella causalit meccanica e deterministica della natura Epicuro salva cos l'elemento della casualit nella formazione degli eventi naturali. La sensazione e la prolessi[modifica | modifica sorgente] Importante anche la teoria della sensazione che il filosofo tratteggia. Gli stimoli sensoriali dei corpi sono il prodotto di "simulacri" (pellicole atomiche che si distaccano continuamente dai corpi conservandone la configurazione) che toccano gli organi di senso del soggetto percipiente, in particolare la vista. Scrive Epicuro:
La visione che in tal modo otteniamo, sia della forma, sia delle sue affezioni, per un atto di apprensione della mente o dei sensi, la forma stessa del corpo solido risultante dalla presenza compatta del simulacro o dai residui di esso.[19]
Nel processo conoscitivo l'uomo si avvale della prolessi, un'anticipazione delle future conoscenze originata dalle particolari esperienze sensibili fatte in
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Epicuro avverte che la sensazione che ricaviamo con la prolessi di per s sempre vera (ad esempio un ramo che immerso nell'acqua appare spezzato) l'errore dipende dal giudizio successivo che noi le attribuiamo.
Cos non direi che la vista ci inganna quando da una grande distanza vede una torre piccola e rotonda, da vicino grande e quadrata, ma che verace, sia quando loggetto appariva piccolo e di quella particolare forma, poich veramente era tale essendosi consunti i contorni dei simulacri durante il movimento attraverso laria, sia quando invece grande e di forma diversa, poich anche allora aveva tali caratteri; poich loggetto non era lo stesso in ambedue i casi. Questo infatti lasciato alla falsa opinione, pensare che la cosa che causava rappresentazioni fosse la stessa, sia vista da vicino che da lontano.[21]
Il linguaggio[modifica | modifica sorgente] Riallacciandosi alle teorie di Prodico di Ceo, dei sofisti e di Platone nel suo Cratilo, Epicuro ritiene che il linguaggio abbia aspetti naturali ed insieme convenzionali. Rimanendo nell'ambito del suo atomismo egli pensa che, come accade per i corpi che sono diversi a seconda degli atomi che li hanno formati, cos dall'incontro di "atomi linguistici", che esistono per natura e che sono gli stessi per tutti gli uomini, nascano diversi linguaggi che si formano per convenzione. In particolare egli ritiene che ogni sensazione si possa esprimere in un suono, in soffio che batte. In base alle varie situazioni in cui gli uomini "soffiano" gli atomi linguistici, si verificano cos diversi suoni che, convenzionalmente, formano nomi che sono diversi pur provenendo dalle stesse sensazioni. Non esistono quindi linguaggi inferiori come espressione di mancata
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civilizzazione, non ci sono lingue "barbare" ma queste sono tutte rappresentazioni della stessa razionalit che alla base dei differenti modi convezionali di esprimersi degli uomini.
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sperimentali. Dice Epicuro nella Lettera a Pitocle: non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ci che l'esperienza sensibile richiede. Questa sar poi la base teorica della scienza sperimentale.
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cattivi e impotenti, non possibile). Gli dei possono e vogliono; ma poich il male esiste allora gli dei esistono ma non si interessano dell'uomo. Questa la conclusione che Epicuro considera vera: gli di sono indifferenti alle vicende umane e si chiudono nella loro perfezione. Tali considerazioni di tipo fisico, cosmologico e teologico spingono Epicuro a considerare la felicit come coincidente con l'assenza di paure e timori che condizionano l'esistenza in modo negativo. Ritiene inoltre che il male derivi dai desideri che, se non appagati, generano insoddisfazione e quindi dolore. Questi possono essere artificiali e naturali (necessari e non necessari). inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli di si disinteressino dell'uomo che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena. Il tetrafarmaco o quadruplice rimedio[modifica | modifica sorgente] Epicuro ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la felicit liberandosi da ogni passione irrequieta.
Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura[29]
Propone quindi un "quadrifarmaco", capace di liberare l'uomo dalle sue quattro paure fondamentali:
Mali Terapia Paura degli dei Gli dei sono perfetti quindi, per non contaminare la loro natura divina,
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e della non si interessano delle faccende degli uomini mortali e non impartiscono vita dopo loro premi o castighi. la morte Paura della Quando noi ci siamo ella non c', quando lei c' noi non ci siamo pi[30] morte Mancanza Esso facilmente raggiungibile seguendo il calcolo epicureo dei bisogni del da soddisfare piacere Se il male lieve, il dolore fisico sopportabile, e non mai tale da offuscare la gioia dell'animo; se acuto, passa presto; se acutissimo, Dolore conduce presto alla morte, la quale non che assoluta insensibilit. Per fisico quanto riguarda mali dell'anima Epicuro afferma che essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e dagli errori della mente, contro i quali ci sono la filosofia e la saggezza.
Epicuro ritiene che il sommo bene sia il piacere (edon). necessario comprendere a fondo questo termine; Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere: Il piacere catastematico (statico). Il piacere cinetico (dinamico). Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo pi insoddisfatto di prima. Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi. Il piacere catastematico invece durevole, e consta della capacit di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve
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essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.
Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri n naturali n necessari, ma nati solo da vana opinione.[32]
Epicuro elabora una specie di catalogazione dei bisogni che se soddisfatti procurano eudemonia (letteralmente "star insieme a un buon demone", "serenit"): Bisogni naturali e necessari, come ad esempio bere acqua per dissetarsi: questi soddisfano interamente poich essendo limitati possono essere completamente colmati. Bisogni naturali ma non necessari: come ad esempio per dissetarsi bere vino, certo non avr pi sete ma desiderer bere vini sempre pi raffinati e quindi il bisogno rimarr in parte insoddisfatto. Bisogni n naturali n necessari, come ad esempio il desiderio di gloria e di ricchezze: questi non sono naturali, non hanno limite e quindi non potranno mai essere soddisfatti. Da qui nacque l'accusa dei padri della Chiesa cristiani che Epicuro suggerisse uno stile di vita rozzo e materiale indegno dell'uomo. In realt Epicuro non indica quali debbano essere i bisogni naturali e necessari da soddisfare poich demandato alla ragione dell'uomo stabilire quali per lui siano i bisogni essenziali, naturali da soddisfare. Per Cesare, ad esempio, pu essere ininfluente il bisogno di mangiare e bere mentre per lui veramente naturale e necessario soddisfare il suo ineliminabile desiderio di gloria. Epicuro paragona la vita ad un banchetto, dal quale si pu essere scacciati all'improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate pi raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed pronto ad andarsene appena sar il momento, senza alcun rimorso. Il piacere catastematico profondamente legato ai concetti di atarassia e aponia.
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Importante quindi l'amicizia, intesa come reciproca solidariet tra coloro che cercano insieme la serena felicit.
Di tutte le cose che la sapienza procura in vista della vita felice, il bene pi grande l'acquisto dell'amicizia.[35] L'amicizia trascorre per la terra annunziando a tutti noi di destarci per darci gioia l'un con l'altro.[36]
L'amicizia sostituisce in un certo modo i rapporti sociali poich Epicuro contesta l'identificazione dell'uomo con il cittadino anche se riconosce l'utilit per la societ delle leggi, che vanno rispettate poich calpestandole non si pu avere la certezza dell'impunit e quindi rimarrebbe il timore di un castigo che turberebbe la serenit per sempre. La politica un inutile affanno e l'uomo dovr invece essere contento del vivere appartato secondo la concezione epicurea del "vivere nascostamente" ("vivi nascosto", in greco antico D21: E$F)+3, lathe biosas) Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto ad una interpretazione superficiale del concetto epicureo di "piacere", ha portato nei secoli ad una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'edonismo egoistico con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica illuministica e morale: insegna a rifiutare ogni superstizione o pregiudizio in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialit. L'etica epicurea quindi, come l'utilitarismo, stata anche definita consequenzialista poich identificherebbe il bene a seconda degli effetti dei propri comportamenti. Questa interpretazione stata contestata poich si
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fonderebbe su una singola frase della Lettera a Meneceo non ripresa negli altri testi epicurei.
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31.
^ Giovanni Reale, Il pensiero antico, Vita e Pensiero, 2001, p.383 ^ Lucrezio, De rerum natura, vv. 1 e sgg. ^ Luciano, Aless., 61 ^ In Enciclopedia Treccani alla voce "Diogene di Enoanda") ^ Seneca, Epistole a Lucilio, 18, 9. ^ De finibus bonorum et malorum I, 5-6 ^ Vol. Herc. coll. alt. VIII 58-62 fr. 1 ^ Il termine clinamen, l'equivalente latino della parola greca, compare con un significato pi chiaro, nel II libro (verso 292) del De Rerum Natura di Lucrezio che scrive: "... id facit exiguum clinamen principiorum." precisando col termine inclinazione quanto gi affermato ai versi 243-262. ^ Lettera ad Erodoto, 43 ^ Lettera ad Erodoto 50 ^ Diogene Laerzio 10.33 ^ Sesto Empirico (adv. mathem., VII 204-209 = 247 Usener) in Francesca Guadalupe Masi, Epicuro e la filosofia della mente. Il XXV libro dellopera "Sulla Natura" , Academia Verlag, 2006 ^ In Francesco Adorno, La fisica di Epicuro - Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche ^ Lettera ad Erodoto, Intr. e 1 ^ Lettera ad Erodoto, ibidem ^ Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Volume 1, Unione tipograficoeditrice torinese, 1946, p.172 ^ Lettera a Pitocle 86, 87 ^ Lettera ad Erodoto, 63 ^ Framm. 374 Usener (in Manuale di filosofia. Dalle origini a oggi, ed. Lulu.com p.60) ^ Mass. capit., 11 ^ Il male, dunque, che pi ci spaventa, la morte, non nulla per noi, perch quando ci siamo noi non c' lei, e quando c' lei non ci siamo pi noi. (Lettera a Meneceo) ^ Lettera a Meneceo in Elena Maggio, Il senso della vita. La filosofia classica
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ed ellenistica, Armando Editore, 2003 p.59 ^ Lettera a Meneceo, 127 ^ Julia Annas, La morale della felicit in Aristotele e nei filosofi dell'et ellenistica, Vita e Pensiero, 1998 p.265 e sgg ^ Sent. Vat., 23 ^ Mass. Cap. 27 ^ Sent. Vat. 52 ^ Manuale di filosofia Dalle origini a oggi, ed. Lulu.com, p.65 ^ Manuale di filosofia Dalle origini a oggi, ibidem ^ Julia Annas, La morale della felicit in Aristotele e nei filosofi dell'et ellenistica, Vita e Pensiero, 1998 p.459 e sgg.
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