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L'ATOMO e le sue particelle

(e forse qualche stringa)


Bench l'ipotesi sull'esistenza di un'unit minima della materia risalga alla filosofia greca (tipo Democrito), la conoscenza della reale struttura dell'atomo una conquista relativimente recente (e cos si scoprir che l'unit minima della materia non cos minima quanto si possa pensare). Ci che oggi chiamiamo atomo (tomoi=senza divisione), lungi dall'essere l'indivisibile di cui teorizzava Democrito, un sistema complesso di particelle subatomiche e forze controbilancianti. La struttura atomica. L'atomo composto da un nucleo a carica elettrica positiva e da uno o pi elettroni a carica elettrica negativa che orbitano attorno ad esso (in realt gli elettroni, seguendo le leggi della meccanica quantistica, non seguono un'orbita ellittica e regolare come i pianeti, ma formano un caotico e irregolare intreccio di scie ad altassima velocit che avvolgono il nucleo atomico in una sorta di nube). Il nucleo atomico, a sua volta, composto da due tipi di particelle: i protoni e i neutroni. I protoni hanno carica elettrica positiva e i neutroni carica elettrica nulla. Visto e considerato che l'atomo ha complessivamente una carica elettrica nulla, i protoni sono sempre accompagnati da un uguale numero di elettroni in modo da annullare a vicenda le rispettive cariche. E interessante sapere come le dimensioni del nucleo siano estremamente minime rispetto al limite delle orbite tracciate dagli elettroni: se paragoniamo le dimensioni di un atomo alle dimensioni di una stanza, il nucleo sar grande pi o meno come una briciola di pane e gli elettroni compiranno le loro orbite rasentando i muri.

L'elettricit e le quattro forze. Da quando l'esperimento determina la validit delle leggi della fisica, sappiamo che cariche elettriche uguali si respingono e cariche elettriche diverse si attraggono. Con buona pace di Hume e del suo scetticismo, i fisici hanno dedotto tale legge dalla ripetuta abitudine della materia a reiterare in modo costante i suoi comportamenti. Si era constatato che, strofinando l'ambra con un panno, il panno stesso veniva attratto dalla materia strofinata: ci era possibile perch gli atomi superficiali dell'ambra perdevano elettroni (pi leggeri dei protoni). L'ambra risultava cos a prevalenza di cariche positive (i protoni erano la maggioranza), mentre il panno, carico degli elettroni sottratti, risultava a prevalenza di cariche negative. La legge dell'attrazione elettrica (da electrum=ambra) poneva e pone tutt'ora un quesito fondamentale: come possono i protoni, che hanno carica elettrica uguale, rimanere uniti tra loro cos saldamente? I fisici hanno dedotto dallo stato della materia l'esistenza di quattro forze determinanti: 1. La prima forza la forza nucleare forte (che fantasia!), la forza che permette ai protoni di rimanere uniti tra loro, la sua azione incollante la pi forte delle quattro, in quanto riesce a tenere uniti l'uno contro l'altro protoni con la stessa carica; 2. La seconda forza la forza nucleare debole (idem), responsabile del decadimento di alcune particelle nucleari (non tutti gli atomi sono stabili al loro interno, capita, per alcuni di essi, che perdano per strada qualche particella e che sprigionino cos dell'energia, oltre a dare origine a nuove particelle), il decadimento di un atomo detto radioattivit; 3. La terza forza la forza elettromagnetica, tiene uniti gli elettroni al nucleo ed pi debole della prima forza; 4. La quarta forza la forza di gravit, la pi debole di tutte, in quanto per essere determinante necessita della presenza di grandi masse di materia (tipo Newton).

I Quark. Non tutte le particelle che compongono l'atomo sono particelle elementari, ci vuol dire che alcune particelle sono a loro volta composte da altre particelle pi piccole. In particolare il protone e il neutrone sono composti da tre particelle dette quark. Potrebbe essere interessante sapere che il nome di tali particelle preso da un passo del Finnegans Wake di James Joyce, e sarebbe la contrazione di question mark, ovvero punto interrogativo. I quark sono in tutto sei, essi si distinguono per massa e carica elettrica. 1. Quark Up (quark su), detto anche quark-u. Ha massa di 9 per 10 alla meno 30, ovvero 9 preceduto da 30 zeri, carica elettrica pari a due terzi di quella del protone. 2. Quark Down (quark gi), detto anche quark-d. Ha massa di 1.8 per 10 alla meno 29, carica elettrica pari a meno un terzo di quella del protone. 3. Quark Strange (quark strano!), detto anche quark-s. Ha massa di 3.5 per 10 alla meno 28, carica elettrica pari a meno un terzo di quella del protone. 4. Quark Charm (quark incanto!?), detto ache quark-c. Ha massa di 2.3 per 10 alla meno 27, carica elettrica pari a due terzi di quella del protone. 5. Quark Bottom (quark sotto), detto anche quark-b. Ha massa di 7.7 per 10 alla meno 27, carica elettrica pari a meno un terzo di quella del protone. 6. Quark Top (quark sopra), detto anche quark-t. Ha massa di 3.1 per 10 alla meno 25, carica elettrica pari a due terzi di quella del protone. Il protone costituito da 3 quark, 2 di tipo up e 1 di tipo down, il neutrone da 1 di tipo up e 2 di tipo down.

Se qualcuno vorr prendersi la briga di calcolare la somma delle rispettive cariche dei quark, si accorger che nel caso del protone la carica risultante equivale al valore intero della carica protonica, mentre per il neutrone, la somma delle tre cariche dar come rislutato zero, ovvero l'annullamento della carica. I quark vengono tenuti insieme tra loro dalla forza forte, la stessa che lega tra loro protoni e neutroni. I quark inoltre decadono, a causa della forza debole. Essi a volte si traformano da up a down e viceversa, cambiando in questo modo anche i protoni, i quali diventano neutroni e viceversa. Il loro decadimento produce altre particelle, tra le quali i bosoni e gli antineutrini (ci definito decadimento beta, comportamento radioattivit scoperto da Fermi nel 1933). L'esistenza dei quark che non appartengono alla famiglia primaria degli up e dei down stata dedotta da altri processi di decadimento, i quark sembra si possano osservare sempre accoppiati, ecco perch ad un quark up corrisponde sempre un quark down, ad un strange un charm, e ad un bottom un top. La speranza di venirne a capo, ovvero le stringhe. Cos' la teoria delle stringhe se non un tentivo di venire a capo all'infinita suddivisione della materia in particelle? Questa teoria ancora in corso di sviluppo (per alcuni la vera rivoluzione scientifica del terzo millennio casualmente iniziata nel secondo), cerca di considerare le particelle da un nuovo punto di vista: per la teoria delle stringhe, le particelle non sarebbero oggetti puntiformi ma dei lacci, delle cordicelle vibranti. Quest'ipotesi nasce dall'esigenza di trovare una teoria elegante, ovvero una teoria che possa mettere un po' d'ordine nell'infinita parata di particelle e iterazioni che si sono trovate davanti i fisici nel corso del '900 e che spieghi ogni fenomeno fisico partendo da alcuni semplici assunti. Alcuni ipotizzano che le stringhe non siano nemmeno corde, ma tubicini, cavi al loro interno, attorno ai quali si trovino arrotolate su

se stesse dimensioni spazio-temporali ignote e inaccessibili e che le stringhe possano essere sia di tipo aperto che chiuso (ad anello). In ogni caso, dimostrare la loro esistenza e le loro propriet di base significherebbe semplificare di molto (almeno al livello teorico) la complessit dei modelli atomici e subatomici contemporanei, certamente una sfida affascinante.

Albert EINSTEIN: Relativit ristretta e generale


Maxwell teorizza le onde elettromagnetiche Nel 1864 lo scienziato inglese James Clerk Maxwell scopre che le leggi che governano l'elettricit e il magnetismo sono cos connesse tra loro da implicare l'esistenza di onde elettromagnetiche: una carica elettrica (ad esempio un elettrone) che oscilla nello spazio genera un campo elettromagnetico che si propaga sottoforma di onda. Le onde elettromagnetiche hanno una velocit pari a quella della luce, la luce stessa un'onda elettromagnetica (le onde di ampiezza superiore a un mentro sono onde radio, quelle nell'ordine di qualche centimetro sono microonde, attorno al decimillesimo di millimetro sono infrarossi. La luce ha una frequenza tra 40 e 80 milionesimi di millimetro, a frequenze inferiori ultravioletto, raggi X e raggi gamma). Il problema dell'etere A questo punto la fisica dell'epoca imponeva di trovare un elemento attraverso il quale le onde elettromagnetiche potessero propagarsi. Tutti i movimenti ondulatori dovevano propagarsi in qualche

elemento: le onde del mare si propagavano attraverso l'acqua, le onde sonore attraverso l'aria. Visto che le onde elettromagnetiche non potevano propagarsi nel vuoto si invent un elemento per l'occasione, l'etere, prendendo il nome in prestito da Aristotele. In questo modo le onde avrebbero avuto una velocit assoluta in relazione all'etere ma relativa in rapporto agli osservatori. Gli scienziati si misero da subito alla ricerca dell'elemento, l'etere doveva avere caratteristiche particolari: doveva essere allo stesso tempo abbastanza denso da permettere il passaggio delle onde e talmente rarefatto da non rallentare la corsa della Terra con il suo attrito. L'esperimento di Michelson e Morley Nel 1887 Albert Michelson ed Edward Morley si proposero di verificare l'esistenza dell'etere misurando le diverse velocit di due raggi di luce provenienti da fonti diverse. Secondo la teoria, la luce avrebbe avuto una velocit relativa nelle diverse direzioni di propagazione. In particolare la velocit di un raggio di luce che fosse partito dal sole in direzione perpendicolare all'osservatore e quella di un raggio obliquo rispetto alla sua posizione non sarebbero coincise. Il primo raggio avrebbe avuto una velocit pi elevata. L'esperimento dimostr l'opposto: i raggi di luce, qualsiasi direzione di propagazione avessero, avevano tutti la stessa velocit. Relativit speciale Nel 1905, Albert Einstein, allora impiegato all'Ufficio Brevetti svizzero, propose l'idea di abbandonare l'idea dell'etere e quella di un tempo assoluto. Nella relativit speciale (o ristretta) solo la velocit della luce ha un valore assoluto, al contrario del tempo, che diventa relativo. In particolare la luce, nel vuoto, viaggia sempre a velocit costante (circa 300.000 km al

secondo), qualsiasi sia la posizione di uno o pi osservatori in relazione ad essa. Conseguenze: 1. Il tempo diventa relativo: per oggetti in moto il tempo risulta rallentarsi. 2. Contrazione delle lunghezze: gli oggetti, misurati quando sono in movimento, risultano contrarsi. 3. Velocit limite: qualsiasi oggetto dotato di massa non pu eguagliare la velocit della luce, tantomeno oltrepassarla. Tempo relativo Il concetto di tempo relativo il primo che si scontra con la normale esperienza quotidiana, in cui il tempo sembrerebbe assoluto e le velocit indubbiamente relativa. In realt gli effetti del rallentamento del tempo per i corpi in movimento valgono comunque anche a velocit pi basse, solamente che gli effetti, seppur misurati e dimostrati, sono molto meno evidenti rispetto agli effetti misurabili su corpi viaggianti a velocit relativistiche. Un esempio: poniamo il fatto che un uomo in bicicletta (10 km/ora) e un altro che guidi una macchina (100 km/ora) vedano passare un treno che viaggi a 200 km/ora. All'uomo in bicicletta sembrer che il treno vada pi veloce rispetto a lui di quanto non lo sia per l'uomo in macchina. Questi vedr il treno andare pi lento di quanto non l'abbia visto il ciclista. Tutto questo perch il treno non ha una velocit assoluta. Ma cosa succede quando la sua velocit diventa assoluta anche rispetto al moto del ciclista e dell'autista? Essi vedono il treno muoversi alla stessa velocit, ne consegue che l'autista dovr rallentare il suo tempo per "sincronizzarsi" col ciclista e concordare con lui sulla velocit dei vagoni.

A sua volta il ciclista rallenta il suo tempo per "sicronizzarsi" con una persona ferma, ipoteticamente seduta ai lati della strada. Altro esempio: se nell'esperienza normale la velocit data dal rapporto tra distanza percorsa e tempo di percorrimento (ad es. 20 km orari), se diventa assoluta la velocit dovr per forza di cose diventare relativo uno dei due fattori rimanenti: nella fattispecie, il tempo. Contrazione della lunghezza Gli oggetti in movimento si accorciano nella direzione del moto. Questo effetto, previsto dai calcoli teorici, difficilmente verificabile. In pratica, un corpo che viaggi a velocit prossime a quella della luce tenderebbe a contrarsi fino a scomparire. Velocit limite: E=mc Un oggetto provvisto di massa non pu superare o eguagliare la velocit della luce, questo per il risultato dell'equazione E=mc (E=Energia, m=massa, c=costante, o velocit della luce), che definisce l'uguaglianza tra massa ed energia. All'aumentare della velocit aumenta la massa dei corpi, all'approssimarsi della velocit della luce la massa di un corpo tende all'infinito, quindi, per spostarsi, avrebbe bisogno di una quantit infinita di energia, il che sarebbe impossibile. Relativit generale La relativit aveva risolto parecchi problemi, fra i quali la mancata rilevazione dell'etere. Ora mancava una teoria che potesse mettere d'accordo relativit e gravit newtoniana. La teoria di Newton spiegava che tutti i corpi esercitano una certa attrazione in ragione della loro massa, pi grande la massa, pi grande l'attrazione. L'attrazione gravitazionale sar tanto minore quanto i corpi saranno lontani tra loro. In particolare l'attrazione

gravitazionale tra due corpi diminuisce in ragione del quadrato della loro distanza. Gli effetti gravitazionali dovevano per forza essere istantanei e questo contraddiceva la relativit, in cui niente pu superare la velocit della luce. Dopo vari tentativi di far concordare le due teorie, Einstein propose nel 1915 una nuova teoria, conosciuta come relativit generale. Dopo il tempo venne ridefinito anche lo spazio. Einstein sugger che lo spazio non fosse lineare, bens curvo, incurvato dalla gravit prodotta dalle masse dei corpi celesti. Conseguenze della relativit generale 1. Nello spazio tridimensionale le orbite dei corpi ci appaiono curve perch incurvate dalla massa dei corpi dominanti, nello spazio quadridimensionale le orbite mantengono una traiettoria retta. Le orbite ellittiche sono quindi soltanto la proiezione tridimensionale di orbite rettilinee quadridimensionali. 2. Anche i raggi di luce si incurvano assieme allo spazio, in prossimit di una massa la luce viene deviata dalla gravit (effetto che la base della teoria dei buchi neri). 3. In prossimit di una massa anche il tempo subisce una distorsione e rallenta. Grazie alla relativit generale si potuto correggere la durata della rivoluzione di Mercurio, la massa del sole rallenta, seppur di poco, il tempo di rivoluzione previsto dai calcoli di Newton.

MECCANICA QUANTISTICA
La comprensione della meccanica quantistica sembra, a prima vista, una questione parecchio complicata. Anche ad un secondo sguardo, tuttavia, le cose non sembrano cambiare di molto. Di certo si pu dire che la meccanica quantistica riguarda il comportamento della materia a livello atomico e subatomico. Possiamo dire, in via preliminare, che con essa l'atomo perde molto della sua certezza matematica a favore di una maggiore incertezza statistica. Plank e la sua costante. Pare che tutto sia cominciato con la scoperta di uno studente di fisica di nome Max Plank, il quale scopr nel 1900 che le radiazioni emesse da un corpo caldo non sono emesse in modo continuo ma in pacchetti, ovvero in quanti ( bene sapere che scaldare la materia equivale ad agitarne gli atomi e provocare il desiderio di fuggire in alcune particelle). Questa scoperta apr un mondo del tutto nuovo, almeno nell'ambito della fisica. Fino a Plank si credeva che le radiazioni fossero un fenomeno costante e frazionabile a piacere, come una normale grandezza numerica, dopo Plank si dovette tener conto che l'energia (la radiazione) non viene emessa costantemente ma quantizzata in pacchetti. In sostanza l'energia non solamente un onda che si propaga in modo continuo e in tutte le direzioni, l'energia viene emanata a proiettili, ovvero in quanti predefiniti dello stesso valore. Per usare un altro esempio, il quanto assomiglia molto al vagone di un treno, dove il treno rappresenta la quantit di energia complessiva e ciascun vagone il quanto costante in cui suddivisa. La costante di Plank esprime il valore fisso e non frazionabile in cui l'energia di una radiazione divisa. L'onda della radiazione si esprime in frequenza, maggiore la frequenza (pi corta la lunghezza dell'onda) maggiore l'energia racchiusa in un quanto.

L'energia cambia in quantit, ma per essere emessa viene racchiusa sempre nel medesimo quanto, della stessa dimensione (non importa quante persone vi siano in un vagone, il vagone rester sempre della stessa lunghezza). Molti furono gli ostacoli ad una effettiva comprensione della scoperta di Plank (ed Einstein dette una mano a Plank nel chiarirne le conseguenze), la teoria si impose molto lentamente nell'ambito scientifico e molto lentamente diede i suoi primi frutti nelle applicazioni successive. Il dualismo onda-particella. Una prima conseguenza derivante dalla formulazione del quanto fu la scoperta che la luce, oltre a comportarsi come onda, e quindi essere soggetta a fenomeni di rifrazione (le onde di luce si intrecciano e si sovrappongono come onde nel mare), si comporta anche come particella (la particella di luce viene chiamata fotone). Questa scoperta non manc di suscitare perplessit e resistenze. Malgrado la sua evidenza, provata da innumerevoli esperimenti, vi sono ancora oggi fisici che non si sentono troppo sicuri di ci. Il punto sta nel fatto che onde e particelle, nella visione comune, sembrerebbero due entit contrapposte: le prime si irradiano a piacere e non sembrano avere problemi di frazionabilit, in quanto fenomeno costante e uniforme; le seconde sono per eccelenza entit quantizzate, nel senso che l'energia costretta solamente in certi intervalli (non possibile dividere un elettrone in due, l'energia emessa in modo particellare ha come valore minimo sempre e comunque quella di una particella). Il problema del dualismo sembra in realt non sussitere, il dualismo apparente un problema di interpretazione: la luce, in sostanza, a seconda del tipo di esperimento, soddisfa sia la dimostrazione ondulatoria (dell'onda) sia quella particellare (della particella): quando i fisici domandano alla luce se essa sia un'onda, la luce risponde di si, quando le chiedono se essa sia una particella, anche questa volta la luce risponde di si.

Una soluzione definitiva la fornirebbe un esperimento che interroghi la luce su untrambe le questioni contemporaneamente, il problema che a tutt'oggi sembrano sussitere limiti fisici ineludibili all'esecuzione di tale esperimento.

Heisenberg e il principio di indeterminazione. Un'altra bella spallata alle certezze di una fisica deterministica (ovvero sicura di poter predire sempre, a partire da stati presenti certi, qualsiasi stato futuro) la diede nel 1926 il fisico tedesco Werner Heisenberg. Egli introdusse in fisica l'indeterminazione delle grandezze. Il suo principio di indeterminazione, infatti, sosteneva che non possibile sapere contemporaneamente e con certezza la posizione e la velocit di una particella. In sostanza, pi sapremo con precisione la posizione di una particella, meno sapremo della sua velocit, e viceversa. Questo apparente paradosso, in realt niente di meno che una certezza, la conseguenza di comportamenti naturali ineliminabili. Per provare la posizione o la velocit di una particella, infatti, occorre spararle contro un fascio di luce. Ma la luce, come abbiamo visto, non neutra, bens composta da fotoni, ciascuno con una carica di energia tanto pi alta quanto pi alta la frequenza dell'onda di luce. A questo punto, il fotone che colpir la particella non potr che perturbare la traiettoria e lo stato della particella colpita: l'energia del fotone interferir con lo stato della particella e la cambier nella traiettoria e nella velocit. Ecco perch, indipendentemente dal procedimento usato per l'esperimento, i limiti naturali propri delle onde luminose, non permetteranno mai di spiegare a fondo il reale stato della materia. Conseguentemente a ci, la meccanica quantistica non potr pi avvalersi delle leggi della fisica classica: Heisenberg, Schrodinger e

Dirac fonderanno quindi la nuova fisica, non pi fondata su certezze matematiche determinate, ma su nuove equazioni quantistiche, in cui lo stato della materia, lungi dal rappresentare una certezza, non pu che essere un'ipotesi. Ogni particella, in meccanica quantistica, non ha posizione e velocit determinate ma vive uno stato quantico, ci come dire che ogni qualvolta si troveranno di fronte una particella, i fisici dovranno trascinare nei calcoli ogni possibile traiettoria della particella, e in questo, la particella verr a trovarsi spesso nella posizione di vera e propria onda. Bisogna infatti aggiungere che possibile limitare lo stato quantico entro degli intervalli, primo fra i quali il prodotto dell'incertezza della posizione della particella per quello dell'incertezza della sua velocit, il quale non potr mai essere inferiore alla constate di Plank.

COME FUNZIONA LA SPETTROSCOPIA


(ovvero la luce della materia)
Che cos' lo spettro (non un fantasma...) Come gi accennato, fu Newton il primo scienziato moderno ad approfondire gli studi sulla luce. Newton scopr che la luce bianca che proviene dal Sole, se passata attraverso un prisma, viene scomposta a ventaglio e se ne possono distinguere tutti i colori che la compongono. Che la luce venga rifratta evidente nel classico esempio della matita immersa in un contenitore pieno d'acqua: la sua forma si spezza, proprio perch l'acqua agisce da prisma e rifrange l'immagine. Come mai succede questo? Newton volle dimostrare come i colori dello spettro non siano creati dal prisma stesso (come

sosteneva Cartesio), ma che la luce che colpiva il prisma avesse gi in s tutti i colori che ne scaturivano. Leg assieme due fili di diverso colore, uno rosso e uno blu, e not come i due fili osservati attraverso il prisma non fossero pi continui tra loro, ma l'immagine di uno era pi bassa rispetto a quella dell'altra. I due fili, visti attraverso il prisma, non erano pi sulla stessa retta perch il prisma spostava (rifrangeva) l'immagine di un colore pi di quello dell'altro. La comparsa delle righe nere Nel 1802, W. H. Wollastron, inglese, grazie ad una pi precisa osservazione dello spettro solare, not che al suo interno comparivano delle righe verticali nere. Tuttavia non ebbe la costanza di approfondire l'argomento. Nel 1914 fu un giovane ottico tedesco, J. Von Fraunhofer, a capire che le righe nere avevano una loro regolarit, e che in ogni porzione di colore proveniente dalla luce del sole erano presenti sempre ben determinate righe scure, delle medesima grandezza e nella medesima posizione. Fu invece Gustav Kirchhoff, tedesco di Heidelberg, a dare una spiegazione alla natura delle righe nere. Kirchhoff scopr che i gas incandescenti ad alta pressione che compongono il sole emettono uno spettro di luce continua (ovvero diffusa), mentre i gas incandescenti a bassa pressione, che si trovano sulla sua superficie, emettono uno spettro discontinuo. Esempio di spettro continuo. L'originale luce bianca solare scomposta uniformemente in tutti i colori. I gas ad alta pressione emettono radiazioni diffuse.

Esempio di spettro non continuo I gas incadescenti a pi bassa pressione emettono radiazioni che si concentrano molto vicine tra loro. Ad esempio, il sodio caratterizzato da due linee vicine nella banda del giallo. Queste due linee sono "l'impronta digitale" del sodio. La lunghezza d'onda degli elementi a bassa pressione (immagine B) entra in interferenza con quella degli elementi ad alta pressione (immagine A), e, sovrapponendosi e annulandosi a vicenda, creano l'effetto visivo delle righe nere. Le applicazioni pratiche Visto che ogni elemento emette onde di luce che formano una caratteristica e personale righatura, gli scienziato usano la spettroscopia per identificare gli elementi che compongono le stelle, le galassie, i pianeti, e in generale ogni corpo celeste che emetta luce e quindi radiazioni (la luce una radiazione elettro-magnetica, ricordate?). Ecco svelato il mistero di come facciano i nostri amabili scienziati a sapere cos tante cose dell'universo senza averle ma toccate con mano! Potenza della luce...

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