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VALORI BORGHESI E Risalta allora la contrapposizione radicale di due visioni del mondo
SPERPERO opposte, di due modi di vivere incompatibili. Gesualdo giudica secondo
ARISTOCRATICO i valori borghesi, che si fondano sulla laboriosità, sulla capacità di far
fruttare le ricchezze e di produrre altri beni, in un processo senza fine.
Ciò che la sua prospettiva mette impietosamente in luce nella vita
aristocratica è invece la sterilità, l'improduttività, lo sperpero di beni
senza alcun frutto, che ai suoi occhi ha qualcosa di insensato e
sacrilego.
All'angoscia per lo spreco si unisce il disprezzo del borghese
produttivo per il ceto dei servitori, ai suoi occhi solo una massa
di parassiti che ozia e si ingrassa di quella ricchezza
sperperata. Questo disordine, questo ozio sono anch'essi la
LA MORTE DI MASTRO-DON GESUALDO negazione dell'ideale di lavoro accanito, ostinatamente
indirizzato a un fine, che è proprio del borghese.
L'INAUTENTICITÀ DELLA
VITA DEL PALAZZO
L'occhio acuto di Gesualdo coglie inoltre la falsità, l'inautenticità di
quel mondo e dei suoi rituali, che sono impostati su una recita di
facciata, come quando i servi corrono al loro posto per ossequiare il
duca che esce di casa, salvo poi far ricominciare il caos e la baraonda
appena egli volta le spalle.
Un altro tema fondamentale di questo passo è il rapporto di
Gesualdo con la figlia. Gesualdo ha il culto dei valori familiari, dei
sentimenti autentici e dei moti generosi. Amerebbe trovare nella
figlia affetto e intimità, e da parte sua vorrebbe entrare
nell'animo di lei, conoscerne i segreti per alleviare le pene che
LA MORTE DI MASTRO-DON GESUALDO intuisce dal suo aspetto turbato, ma trova dinanzi a sé un muro
impenetrabile. Questa incomunicabilità fra padre e figlia è il segno
del fallimento di chi, pur credendo fondamentalmente nella famiglia
e negli affetti, ha finalizzato tutta la sua vita alla conquista della
«roba», finendo per trascurare proprio la famiglia.
L'INCOMUNICABILITÀ Anzi, per preservare la «roba», Gesualdo ha condannato la figlia
FRA all'infelicità, impedendole di sposare l'uomo amato e obbligandola a
unirsi con il duca de Leyra, che le ha assicurato il titolo nobiliare
PADRE E FIGLIA prestigioso. Così, nella freddezza e nel distacco della figlia, finisce
per raccogliere ciò che egli stesso ha seminato. Nell'ottica di
Gesualdo questa incomunicabilità è ricondotta a un dato di natura: è
l'incomunicabilità fra il sangue plebeo dei Motta e quello
aristocratico dei Trao (anche se il personaggio cerca di scacciare con
fastidio il pensiero che Isabella non sia veramente sua figlia).
Nell'ultima pagina il punto di vista muta e il protagonista è visto
dall'esterno, da una prospettiva estranea. Questa svolta è un tocco
geniale da grande narratore: affidando la morte di Gesualdo all'occhio
indifferente e annoiato di un servo, insensibile sino alla disumanità,
Verga trova il modo più efficace per far sentire il fallimento umano di
LA MORTE DI MASTRO-DON GESUALDO
Gesualdo, che muore in assoluta solitudine, e più in generale per
esprimere una visione desolatamente pessimistica sulla possibilità dei
GESUALDO MORENTE rapporti umani.
VISTO DALL'ESTERNO